Cronache Parallele

di Diamante_rosso_fragola
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Anna: - il pc e la vita quotidiana ***
Capitolo 2: *** Eleonora VS Regni Rinascimentali: ***
Capitolo 3: *** La nascita di Diamante ***
Capitolo 4: *** MentaSelvaggia VS il mondo: Ma perché capitano tutte a me?! ***
Capitolo 5: *** Diario di Viaggio ***
Capitolo 6: *** Anna e l'assicurazione ***
Capitolo 7: *** La Repubblica Ambrosiana ***



Capitolo 1
*** Anna: - il pc e la vita quotidiana ***


Capitolo 1




Anna si svegliò. Non sapeva che ore fossero, non sapeva se fuori piovesse o ci fosse il sole. Beh, a dire il vero il rumore della pioggia non lo sentiva. Quindi, sapeva che almeno non pioveva. Cioè, lo avrebbe saputo se se lo fosse chiesto.

 

Era quasi due mesi che era a casa senza lavoro. Gli ultimi anni aveva sempre dato il massimo, in un mese una volta era anche arrivata a fare tre lavori insieme. Alla fine dei vari contratti la risposta era sempre la stessa: “non ti rinnoviamo” oppure: “Vorremmo tanto assumerti ma non ne abbiamo la possibilità al momento, per cui tanti saluti” ma lei tempo neanche un mese e già lavorava da un'altra parte. Così facendo aveva fatto pochissime vacanze negli ultimi quattro anni, ma non era quello il punto.

 

Era sfibrata. Era stanca di vedersi sempre mettere da parte quando la salute l'abbandonava, o quando lei non serviva più. Pensava di avere diritto a riposarsi un poco, dopo anni di duro lavoro... l'ultimo lavoro lo aveva perso per via della salute.

Il mal di schiena era stato insopportabile quel mese, e aveva il mal di testa fisso tutti i giorni. Forse era la posizione alla scrivania, china sul computer, che le faceva venire tutti quei dolori...

 

Aveva avuto due brutti incidenti che le avevano rovinato la schiena, e di riflesso la cervicale le si infiammava praticamente tutti i giorni aggravando i suoi mal di testa che comunque aveva fin da quando era piccola.

 

Ma non era nemmeno quello il problema peggiore. In fondo, a novembre si era decisa (lavorava ancora a novembre) e aveva comprato un materasso ortopedico costosissimo, che le avrebbe sicuramente giovato.

 

 

Il fatto era che almeno da quattro anni soffriva di depressione grave.

Essendo orgogliosa e combattiva, aveva provato da sola a reagire all'esaurimento nervoso che aveva avuto pochi mesi prima del suo matrimonio. Ma le era stato impossibile. Aveva cambiato completamente zona ed era lontana dalla sua famiglia, dai suoi amici, dai boschetti pieni di verde che tanto le scaldavano il cuore... per andare ad abitare in un paesino sperduto alle porte di Milano.

 

Il senso di solitudine che arrivava a provare le toglieva il fiato. La suocera non riusciva a perdonarle di averle “rubato il figlio” per cui alla disperata solitudine si aggiungeva un senso di rifiuto con conseguente rabbia che certo non aiutava. Il marito, sebbene più grande di lei, si era come paralizzato davanti alle responsabilità che avere una famiglia tutta sua comportava, essendo sempre stato in una campana di vetro creata con amore soffocante dai suoi genitori; per cui Anna aveva dovuto prendere le redini della sua nuova famiglia in attesa che il marito si risvegliasse dall'empasse.

 

Tutto questo mentre si sentiva avvolgere sempre più in un'oppressiva cappa nera che le aveva tolto ogni barlume di vita. Non riusciva più nemmeno a sorridere. Sebbene riusciva a fare una chiaccherata in cui era apparentemente serena, era sufficiente toccare uno dei punti sensibili che tanto la facevano soffrire per farla scoppiare in un pianto senza possibilità di ricevere conforto.... nulla la faceva stare meglio. Non aveva nemmeno la forza di curare la casa, appena tornava tra quelle quattro mura si sentiva svuotare di ogni scintilla vitale, di ogni intenzione, e rimaneva a fissare il disordine impotente. Si sentiva impazzire. In tutto quello, il marito le stava accanto come poteva, ma erano più le volte che si demoralizzava lui e lei doveva provvedere a tirarlo su di morale, preferibilmente dando al marito un'alternativa rispetto allo shopping (lui ragionava così: sono depresso, devo comprarmi qualcosa!! ma se lei cercava di insegnargli cosa fosse un bilancio famigliare lui improvvisamente cambiava argomento dicendo di sentirsi un fallito) che non le volte che lui riuscisse davvero a farla stare meglio.

Passarono così tre anni; al quarto lei capì che semplicemente non poteva curarsi da sola. Prese un appuntamento col suo medico di base, ci fece una bella chiaccherata dove scoppiò a piangere più volte e il medico le prescrisse dei farmaci. L'incubo era iniziato.

 

 

Il primo farmaco era troppo forte. Le dava senso di vertigini, sentiva perdere il controllo del proprio corpo, si sentiva svenire. Fu così che le vennero i primi attacchi d'ansia. Fortissimi. Come naturale conseguenza, andando in iperventilazione, dopo un attacco si sentiva completamente priva di energie e frastornata.

Fu così che le prescrisse anche un ansiolitico... troppo forte anche quello.

Non si capiva cos'era peggio: il senso di annichilimento dovuto all'attacco d'ansia o il completo abbattimento delle energie dovute al farmaco. Una volta stette così male che la suocera dovette venire a pulire casa al posto suo. Orgogliosa com'era, Anna cercava di alzarsi dal letto per fare la sua parte di mestieri, ma inevitabilmente dopo due secondi si accasciava a terra perché era troppo debole per stare in piedi. Subito dopo scoppiava a piangere per quanto si sentiva impotente e umiliata dal suo stato di salute, mentre il marito accorreva a consolarla.

 

Sua suocera non l'aveva mai vista così e si spaventò parecchio. E iniziò ad ammorbidirsi.

 

Il medico le prescrisse un altro farmaco, con un altro ansiolitico.

 

Ma era troppo blando. Anna se ne stava ormai rinchiusa in casa, terrorizzata all'idea di uscire e incontrare gente, terrorizzata anche solo all'idea di dover guardare qualcuno negli occhi e parlarci. E le crisi d'ansia erano una nube minacciosa che potevano presentarsi da un momento all'altro.

 

Uno di quei giorni in cui pensava che solo l'oblio della morte potesse essere una soluzione, venne a trovarla una nuova conoscente. Mentre si parlava del fatto che lei non stesse bene, l'amica fanatica sostenitrice dell'omeopatia disprezzava i farmaci che lei assumeva e si mise a leggere il foglietto illustrativo del farmaco. Con gesto teatrale esclamò “Omioddiooo...” Con indifferenza Anna chiese “Che c'è?” “Aumento dello stato depressivo e pensieri suicidari... che brutta roba!” e si rimise a snocciolare le proprietà benefiche del tiglio.

 

Anna non diede a vedere nulla. Ma come la signora uscì prese il foglietto, che non aveva letto per non impressionarsi, e lo lesse avidamente.

 

“Effetti negativi: in caso di peggioramento dello stato depressivo e insorgenza di pensieri suicidari persistenti contattare immediatamente il medico” Anna prese subito in mano il telefono: “Marco, portami subito al pronto soccorso!”

 

Al pronto soccorso le cambiarono immediatamente farmaci e la reindirizzarono al cps più vicino. Anna nemmeno sapeva cosa fosse un cps fino a quel momento, ad ogni modo ubbidiente prese un appuntamento. Al cps le confermarono i farmaci con una piccola variazione sulla quantità di ansiolitico, e le chiesero quali fossero le ragioni di un disagio simile.

 

Anna con estrema lucidità spiegò a tutto tondo la situazione, i preparativi estenuanti del matrimonio che praticamente aveva organizzato da sola, a soli ventun anni per via dell'indifferenza dei suoi genitori e l'ostruzionismo dei suoceri, litigando con il mondo per ogni minimo particolare. L'esaurimento nervoso; le liti e incomprensioni con la famiglia del marito, le nuove responsabilità che si era ritrovata ad affrontare praticamente da sola perché lontana da tutto e da tutti, l'incidente d'auto avuto solo quattro mesi dopo del matrimonio che destabilizzò non solo la sua salute ma sopprattutto le finanze di famiglia, il dover affrontare tutto questo senza il sostegno pratico del marito, spaventato dal mondo reale forse più di quanto non lo fosse lei. Tutto quello che la dottoressa ebbe a dire fu: “complimenti, le è chiara la situazione quindi. Ci lavori su e ci rivediamo tra sei mesi” Anna non fu per niente d'accordo. Per tre anni ci aveva “lavorato su” da sola. Decise quindi di rivolgersi a un medico privato, e forte delle diatribe avute con l'assicurazione (aveva dovuto mettere in mezzo un avvocato, nonostante il marito andasse in panico e le rinfacciasse che ora non solo avrebbero dovuto pagare per le sue visite mediche ma avrebbero dovuto pagare anche l'avvocato se lei non fosse riuscita a spuntarla) sapeva bene come scegliere un medico anche senza passaparola.

 

Fu così che a novembre, mentre ancora lavorava, contattò una psichiatra. Dopo alcuni primi colloqui, fu inserita in una terapia di gruppo nel mese di Dicembre. Lei a novembre aveva perso il lavoro per via della sua salute precaria, ma invece di tornare subito nella mischia decise di richiedere il sussidio di disoccupazione: aveva diritto anche lei ad avere un minimo di riposo.. e si sarebbe concentrata sul curarsi.

 

Cosa che ovviamente fu un po' traumatica. Le prime sedute, a sentire i guai degli altri in cura come lei, si chiese cosa facesse lì. Lei non aveva una vita così incasinata come l'avevano alcuni, era solo molto molto triste. Poi, col tempo, si rese conto di non essere poi così “tanto meglio”, ma che tutti sguazzavano nello stesso fango, a volte con dinamiche molto simili. Si ritrovava a dire a se stessa, che se nel mondo ci fosse stato un sufficiente numero di buoni amici non ci sarebbe stato bisogno di psichiatri, perché le chiaccherate che si facevano nella seduta di gruppo le ricordavano le chiaccherate accorate che faceva con le sue amiche di un tempo, dove ci si raccontava anche i particolarì più cupi e si cercava insieme di trovare una soluzione. E anche se una soluzione non c'era, lei cercava con tutte le sue forze di far stare meglio chi aveva davanti. Fu per questo che in parecchi erano affezionati a lei... nel posto dove era cresciuta.... tanto che quando lei si trasferì alcune cose in sua assenza precipitarono... ma non poteva più risolvere i problemi di tutti, ora ne aveva di seri lei e avrebbe dovuto sbrigarsela da sola.

 

La psichiatra si complimentò con lei per il suo intuito e per la sua capacità di autoanalisi. Le disse che era una psichiatra mancata e questo la inorgoglì per un po'. Ma a parte questo intenso lavoro interiore che avveniva una volta a settimana... la sua realtà era che passava l'intero giorno chiusa in casa senza nessuno che le telefonasse, nessuno che andasse a trovarla, nessun contatto insomma. Spesso non apriva nemmeno le persiane alle finestre.

Ogni tanto però prendeva degli impegni con un'amica, una signora che abitava nella via parallela alla sua e con la quale si erano subito sentite in sintonia. Questa signora aveva l'età di sua madre, e lei aveva a sua volta una figlia dell'età di Anna. Prendeva spesso degli impegni con lei, anche solo per uscire di casa, ma ogni volta era una lotta tra la voglia di non mettere piede fuori della soglia e la voglia di non dare buca. Ogni volta che doveva uscire di casa si scatenava un vero e proprio conflitto interiore costellato di sensi di colpa, paure, ansie e senso del dovere.

 

Ma di fatto le restava un sacco di tempo passato in penosa solitudine, chiusa in una casa messa nel bel mezzo del nulla. Fu così che pensò che forse un videogioco di quelli che piacevano a lei, quelli in cui si costruisce qualcosa piuttosto che demolire, l'avrebbe aiutata a passare delle ore piacevolissime. Ma, cresciuta dai suoi genitori nella cultura della parsimonia, essendo che non lavorava e percepiva un sussidio ridotto, si sentiva in colpa all'idea di comprarsi un videogioco per il pc. Decise quindi di iscriversi a uno di quei giochi gratuiti online.

 

Accese il computer e digitò la parola “giochi gratuiti online” su Google. Saltando i giochi flash, che generalmente non la prendevano più di tanto, si imbattè in alcune diciture: “gioco di ruolo online”.

Lei era cresciuta in mezzo a una tribù di fratelli tutti maschi. Sapeva bene cosa significasse. “ottimo!”, si disse,“Sarebbe un bell'esercizio di scrittura, e poi mi sono sempre piaciuti i giochi basati sull'invenzione e sul 'facciamo finta'”

 

Ridigitò su Google la parola 'gioco di ruolo gratuito', scartò quelli di guerra (lei aveva sempre preferito costruire piuttosto che distruggere, anche se non era digiuna dei giochi di strategia e non era proprio una frana), si imbattè in uno fantasy (che scartò) in uno di fantascienza (che la ispirava molto: aveva l'aria di essere proprio una sfida di scrittura, ma forse proprio la sua complessità la scoraggiò) e infine si imbattè in uno storico. Ambientato nel Medioevo. Lei aveva sempre apprezzato molto la storia, e il periodo medievale la affascinava. Aveva deciso: e fu così che si iscrisse a un gioco di ruolo online.

 

 

 

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Capitolo 2
*** Eleonora VS Regni Rinascimentali: ***


<< Cosa ne dici di partecipare un Gioco di Ruolo? >>

<< Un che? >>

La faccia di Eleonora, con la bocca storta e lo sguardo lievemente schifato, fecero sorridere con un’incredibile autocontrollo la sua amica.

<< Sì. Ti piace la storia, no? Questo a cui sto giocando io. Provaci ti mando il link. Al massimo puoi farti morire. >>

Eleonora non ci pensò su molto. A ben vedere non ci pensò proprio su. Accettò e basta.

Che poi fosse morta dopo meno di una settimana e fosse corsa dalla sua amica più infuriata che dispiaciuta, fecero capire all’altra che avrebbe continuato: a Eleonora, infatti, non le erano interessate le proposte di entrare nell’esercito da chi doveva dargli da guida, non gli era neanche interessato che un altro personaggio si era lamentato per quarantacinque minuti con lei perchè un'altra giocatrice gli aveva fregato della lana per dispetto (anche se il sospetto che fosse morta di noia, c’era), ciò che non poteva sopportare era di essere morta, di NON averlo deciso lei e, soprattutto, di non averci ancora capito niente!

Il fatto poi che non poteva collegarsi in università... era un’altra delle cose che non capiva, ma quella era un’altra storia.

Ed Eleonora già lo sapeva: a quel gioco non sarebbe sopravvissuta.


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Capitolo 3
*** La nascita di Diamante ***


Alessandria, 1459

 

Diamante, una morettina dallo sguardo sognante, era stata cresciuta da una donna misteriosa che viveva nella foresta, selvaggia e libera come un lupo. Tra i lupi infatti aveva diversi amici, in particolare Akira e Keres, due lupacchiotti svegli e vivaci.

 

Una notte sfortunata, dei briganti attaccarono il loro rifugio e uccisero la povera donna che le aveva fatto da madre, mentre Diamante dietro suo ordine fuggiva col favore delle tenebre.

 

La bambina trovò riparo in un vicino monastero, dove le suore la maltrattavano e la oberavano di lavori quasi da schiava; Diamante era una bambina dal temperamento libero e quasi selvaggio, per cui un luogo così rigido e austero non poteva che starle stretto: chiese quindi due pezzi di pane e cinquanta ducati (ritenuti il giusto salario per gli anni che aveva passato in quel posto triste) e si diresse alla città più vicina: Alessandria.

 

Alessandria è una città di confine, l'ultima città del Ducato di Milano prima della Repubblica Genovese e la Svizzera. Questo ne fa un luogo dove è facile incontrare briganti francesi, genovesi e milanesi o tipi loschi appartenenti a gruppi mercenari (il che significa quasi sempre guai) spesso mandati da emissari genovesi, ma a volte anche indipendenti.

 

Fu così che uno dei suoi primi giorni di vita Diamante incontrò un tipo molto scostante che parlava solo francese. Si definiva figlio di una strega, per cui per forza di cose dannato. Diamante, ritenendo di avere dei punti in comune con la sua storia, decise che sarebbe stato bello avere un fratello brigante figlio di strega. Cercò quindi di convincerlo ad accettarla come sorella, ma questi non voleva sentire ragioni: “io odio mio fratello perché piangendo non mi permise di sentire le ultime parole di mia madre mentre moriva”

 

Diamante insisteva: “Ma è perfetto, non ci vedremo mai vorrei solo poter dire che tu sei mio fratello”

l'altro: “No! Io non voglio avere famiglia! Sono figlio di strega lo vuoi capire?”

Io sono cresciuta coi lupi, ci sta a pennello”, rispondeva lei cocciuta. Intanto traduceva il profilo di quel tipo, ci stava mettendo un po' perché in francese era un po' arrugginita...

 

Andò a finire che lei dovette rassegnarsi, e si recò in un'altra taverna dove c'era una signora che con fare materno le insegnava come muovere i primi passi in città. La signora vide che Diamante aveva il broncio e le chiese cosa non andava:

 

Credevo di aver trovato uno che sembrava perfetto come fratello... invece non mi ha voluta”

Ma chi è?”

Nel mentre che parlava con lei, Diamante proseguiva con la traduzione del profilo di quello che si rivelò un brigante che aveva ucciso e ammazzato a destra e sinistra. Man mano che traduceva riferiva alla signora che pian piano inorridiva.

 

Ma tu vorresti essere sorella di un tipo così?”

E ma non ero ancora riuscita a tradurre il suo profilo!”, esclamò lei. La signora scoppiò a ridere e le chiese se voleva essere sua figlia. Cosa che proseguendo il gdr fu reso così:

 

Iniziò la gavetta nella città, ma mentre si riposava in taverna dal duro lavoro per coronare il suo sogno, e cioè diventare una ricca mercante, una signora blasonata lanciò un urlo nel riconoscere un tatuaggio familiare... un tatuaggio che Diamante portava fin da piccola. La nobildonna farfugliò una storia incredibile: anni fa lavorava per lei una balia che non poteva avere figli, e che si era così affezionata alla piccola bambina che era appena nata in famiglia Casanova, una delle famiglie più importanti di Alessandria, da rapirla per crescerla come propria... e quella bambina era Diamante!

La nobildonna commossa abbracciò a sé la figlia un tempo perduta.

 

Alessandria era una città piena di allegria. La prima volta che entrò in taverna, incontrò Yuna che cantava una canzone della Nannini e quella che sarebbe diventata sua sorella dire “Ma io non lo so, cantare queste canzoni moderne nel 1459” Sua sorella, di nome Pikkiatella, era appena diventata sindaco grazie a una rivolta appoggiata dal Duca: il sindaco regolarmente eletto era impossibilitato a svolgere i suoi doveri. Si avvicinava quindi il periodo della votazione e Diamante girava per la taverna urlando “pikki for president” Pikki dal canto suo nemmeno aveva fatto pubblicità alla sua candidatura, ma presa da parte la sorellina si mise a spiegarle il senso civico:

qua tutti ci diamo una mano, la crescita di tutti fa crescere anche i singoli. Certo, uno potrebbe mettere il mais al mercato a un prezzo esorbitante e guadagnarci molto, ma così non aiuta certo la comunità a crescere e se la comunità non cresce pure la possibilità del singolo di crescere resta limitata. Ricordati sorella: la comunità prima di tutto”

 

Diamante ascoltava con occhi sgranati e pensava: mi piace un sacco questo posto!

 

Intanto da bimba pestifera non stava mai ferma. In particolare quando entrava un giovane soldato dell'esercito imperiale di nome Paz si scatenava: gli tirava pizzicotti, gli faceva pernacchie, gli correva intorno fino a fargli girare la testa. Come questo osava ricambiarle un dispetto ecco che lei diceva:

 

Maaammmaaaa! Paz mi fa i dispetti” e correva a rintanarsi dietro le sottane materne. Al che la madre:

 

PAZ! LASCIA STARE LE MIE FIGLIE!!” E Diamante se la rideva.

Ma è lei che ha iniziato!” obiettava il malcapitato

Ma se io sono un angioletto!” esclamava serafica la bimba, al che Paz replicava che anche lui diceva sempre di essere un angioletto, forse che forse aveva trovato la tipa giusta per lui!

Diamante replicava che non si sarebbe messa con nessuno, gli faceva una pernacchia e scappava via.

Sua madre rideva e diceva di avere una figlia proprio scalmanata, al che Diamante rispondeva: e adesso sono solo bimba, pensa a quando divento adolescente!!

 

 

Quei primi giorni incontrò anche un altro tizio, un certo Alyon, molto taciturno e con un pessimo taglio di capelli. Diamante da bimba estroversa ed entusiasta qual'era disse di voler diventare una ricca mercante, sogno che confessò di avere anche lui: si misero dunque a fare progetti su progetti e a studiarsi la cartina.

 

Ogni città aveva una sua specifica risorsa; le risorse in tutto erano tre: pesci, legna e frutta. Ragionavano quindi che per fare bene il lavoro del mercante bisognava commerciare queste tre risorse. Diamante accantonò quindi l'idea bislacca di fare la fortuna vendendo palle di neve e si concentrò sull'ubicazione geografica delle diverse risorse. Adocchiò Genova.

 

Mamma, io andrò a vendere la legna a Genova!”

Ma sei impazzita!”, replicò la madre

Perché??”

Hai scelto proprio una città che è tutt'altro che tranquilla!” disse lei alzando gli occhi al cielo: Genova e Milano erano da sempre nemiche e le frontiere erano costantemente chiuse. Con riluttanza Diamante mise da parte il progetto Alessandria-Genova.

 

 

16-02-1459

 

Arrivò il passaggio di livello. Paz fece e ricevette dispetti come al solito, solo che in più la ubriacò: il suo regalo di “compleanno” era la sbronza. Diamante rise come una matta ma ci restò male quando Paz le disse che l'esercito imperiale era chiamato a soffocare una rivolta in una città lontana, patteggiata da mercenari quasi sicuramente inviati da Genova. Il viaggio da solo lo avrebbe tenuto lontano quasi due settimane, figurarsi la guerra in sé.

 

Diamante allora, un po' per dispetto, mise civettuola la testa sulla spalla di Alyon che si dichiarò “felice”, mentre il capitano di Paz, Jane, gli diceva: “questa ti si fidanza mentre stai via!” e Paz in tutta risposta a Jane: “Strunz!”

 

Fu così che Paz partì per il fronte.

 

Mamma Paz è partito ma io volendo che si sbilanciasse un po' di più (perché mi piace) ho cercato di farlo ingelosire con Alyon.. solo che ora mi sa che ho fatto colpo su Alyon!

 

Scrisse Diamante.

 

Figlia mia ma che casini mi combini?? O.o

 

Rispose la madre.

 

Il giorno dopo Diamante era in taverna con Alyon a progettare il suo primo viaggio, ora che era cresciuta poteva farlo e non stava più nella pelle, quando entrò uno che lei non aveva mai conosciuto. Lei solare come sempre gli andò incontro, lo salutò e si presentò come aspirante mercante, prensentando anche Alyon. Gli parlò del viaggio che aveva in mente e quello nuovo, Fernando, chiese: “E con i briganti come farete?”

Diamante rimase spiazzata.

 

I briganti? Che briganti?”

 

al che Alyon intervenne spiegando che durante il viaggio c'era l'evenienza di incontrare briganti.

 

E come ci si può difendere?”

Serve la forza, che la si prende attraverso la carne” disse Alyon

Ma come Alyon, lo sapevi e non mi hai detto niente?? E ora come facciamo? Io sono debole!”

Io sono molto forte, se vuoi mi offro come guardia del corpo”, aggiunse Fernando.

Diamante scoppiò a ridere

Sarai il mio bodyguard?”

Fernando, inorgoglito dalla domanda, rafforzò il concetto: “Certo, guarda che muscoli che ho, sono stato nell'esercito!”

 

Ma guarda questo, cerca di far colpo con il vecchio e sorpassato cliché dell'uomo nerboruto. Ma in fondo, stare al gioco non costa nulla!

 

Diamante mise una mano sul bicipite di Fernando ed esclamò civettuola: “oh, è vero, sei proprio forte!”

Non ci servono i tuoi muscoli”, rispose all'improvviso Alyon.

Ehi, guarda un po', è geloso! - pensò fra sé e sé Diamante – mi sa che gli piaccio davvero allora.

certo che ne abbiamo bisogno! Io sono nata da poco e anche tu. Lui invece è molto più forte e ci può proteggere. Allora Fernando, posso considerarti dei nostri?”

Se a voi fa piacere, sì”

Perfetto bodyguard!”, disse lei sorridendo.

 

Qualche giorno dopo le fu riferito che il municipio stava organizzando un viaggio di commercio, il cui capo sarebbe stata sua madre. Diamante entusiasta chiese di entrare anche lei nel gruppo dei mercanti, avvisò Alyon che già sapeva e già si era aggregato, e le venne in mente quello nuovo che si era proposto da fare da scorta. Accidenti come si chiamava??? Un nome strano... ah, sì, Fernando!!

 

Scrisse due righe chiedendo a Fernando se era ancora dell'idea di accompagnarli, non l'aveva più sentito e magari aveva fatto altri progetti. Invece lui rispose che ricordava perfettamente la sua offerta e li avrebbe accompagnati volentieri. Diamante tutta felice andò dalla mamma a riferire che si sarebbe aggregato a loro un tizio molto forte che li avrebbe protetti durante il viaggio.

 

La madre sorrise ma non le disse nulla: Diamante era troppo giovane per sapere che probabilmente quel tizio era come forza allo stesso livello di sua madre, e che se si era offerto in quel modo per un viaggio, era sicuramente perché Diamante, senza rendersene conto, aveva fatto colpo su di lui. Ma non disse niente: da mamma saggia, lasciò che le cose prendessero il loro corso...

 

 

Fu così che pochi giorni dopo essere diventata livello uno, Diamante intraprese il suo primo viaggio in compagnia di sua madre, Alyon, Fernando, e un'amica di nome Lucia. Contemporaneamente, sua madre iniziò a dirigere il diario di viaggio.

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Capitolo 4
*** MentaSelvaggia VS il mondo: Ma perché capitano tutte a me?! ***


A braccia conserte, MentucciaSelvatica guardò Maxim svegliarsi.
Alla vista di quegli occhi azzurri da gatto che lo guardavano strampalato, MentucciaSelvatica abbozzò un sorriso.
L’aveva conosciuto qualche mese prima, e ci era finita a botte, prima che a letto.
Ovviamente.
L’uomo, fiducioso del suo aitante aspetto da uomo di fatica, non si era lasciato spaventare dal suo sguardo altero e aveva criticato la pelle con cui erano fatti i suoi stivali, non sapendo che era la pelle delle sue prime pecore e che MentucciaSelvatica avesse pianto infinite lacrime per ottenerla.
Il fatto che le avesse dato dell’alcolizzata incompetente aveva fatto il resto e Maxim si era ritrovato il grosso e cocciuto capo alessandrino della donna su quel piccolo naso bergamasco.
Giurargli odio eterno, per MentucciaSelvatica, era stato inevitabile!
Alcolizzata si, incompetente no!
<< È già mattina? >> chiese Maxim allungando la mano verso di lei.
MentucciaSelvatica la prese con la sua.
<< Sì. E tu dovevi partire ieri. >>
L’uomo alzò le spalle in risposta.
<< Un giorno dovresti dormire con me sotto le stelle, fuori dalle mura… È un’esperienza che lascia di stucco. Riempie la vita di un senso nuovo. >>
<< Oh, Maxim…! Ti ho già detto di no: ci abbiamo già provato, ma quei due monaci maniaci mi inquietano troppo. >>
<< Non sono cattivi… Un giorno potremmo seguirli… magari gli facciamo anche uno scherzo: sono sicuro che non se la prenderanno: sono dei bravi ragazzi. >>
<< Non dubitavo fossero amici tuoi, sai? >>
<< Io sono amico di tutti. >>
<< Come no… Dai, o perderai il tuo passaggio. >>
Maxim sorrise di rimando.
<< Detesto darti ragione. >> dispose lui alzandosi e mostrando alla donna il suo copro nudo.
<< Lo so. Ogni tanto lo detesto anche io. >>
 
***
 
MentaSelvaggia non credeva alle sue orecchie.
Era passato meno di una settimana da quel 28 aprile del 1459, anno in cui era stata (coattivamente) costretta dal suo (purtroppo) beneamato sindaco Pikkiatella ad assumere un ruolo disgraziato come quello del Tribuno e già se ne pentiva amaramente.
Certo, per l’occasione gli era stato regalato un formidabile Cappello con la Piuma, ma ora capiva che Pikkiatella era riuscita a distrarla con la possibilità di fare il solletico…
Questa me la paga…
Era a mala pena riuscita a comprendere quale fosse la chiave della porta di quel polveroso ufficio che la sua prima cittadina si era precipitata da lei e, tra una birra e l’altra – perché, sì: aveva deciso che l’arduo lavoro di aprire quella serratura meritasse almeno una decina di boccali di birra nella taverna più vicina – che aveva dovuto difenderla in sede Milanese da accuse di diffamazione.
Accuse che in molti avevano già consigliato di rispondere con un accusa di riservatezza per aver divulgato senza permesso una corrispondenza privata.
<< Come scusa? >> chiese MentaSelvaggia sentendo una vena della tempia punsalre pericolosamente << E cosa diavolo sarebbe questa… >>
<< Mano Nera Mentuccia, MA-NO NE-RA. >>
<< Eh! Quella cosa lì!>>
Picchiatella si sistemò una ciocca di capelli neri dietro l’orecchia: era il primo cittadino, sapeva come sembrare calma per quanto fosse inasprita.
<< È un’organizzazione paramilitare che mira a derubare e saccheggiare. >>
<< E in cosa li avresti diffamati? >>
<< In niente: dicono che nel tuo messaggio ai giovani rampolli di Alessandria dici loro di stare attenti e di prediligere, piuttosto, una carriera nell’esercito… >>
<< E come farebbe lui a sapere che ai nostri ragazzi rifilo avvertimenti simili? >>
<< Un infiltrato. >>
<< Che signori. Dai veri cavalieri di altri tempi. Immagino possano anche estrarre Excalibur… E… ma perché non è così coraggioso da venirmi a parlare, o anche solo spedirmi un messaggio… e… ma, Pikki, scusa, si può sapere che diavolo è quel messaggio che mando ai Pulcini? >>
<< I che? >> chiese l’altra donna guardandola stralunata dopo essersi scolata un altro boccale.
<< I Pulcini: i piccoli allievi che mi rifili, donna… e ora dove vai? >>
Chiese MentucciaSelvatica vedendo il suo sindaco alzare gli occhi al cielo e, con scatto felino, precipitarsi fuori dalla Taverna.
<< Torno a dirgliene quattro al Foro, metà dei principali esponenti di Alessandria mi sta dando manforte: nessuno tocca il nostro Tribuno! Vuoi venire anche tu? >>
<< Qual è il foro? Gliene scrivo una anche io… >>
<< Basta che non ci rimani male… però io, mia madre, Fle e tutti gli altri alessandrini ti abbiamo difeso, eh! E soprattutto, non lasciare il tuo ruolo. >>
<< Tranquilla: ho troppa paura di te. >>
<< Brava ragazza… >>
A quella frase, MentucciaSelvatica rise, seguendola nel Foro Milanese, sede di ogni conversazione politica del Ducati, dove una decina di Piccioni Viaggiatori arrivava e lasciava le sue missive.
MentucciaSelvatica ci mise un po’ a trovare la sua discussione, ma grazie a Pikkiatella, riuscì ad arrivare presto al luogo dove era stata perpetrata la denuncia del suo fantomatico misfatto.
Il messere in questione, così importante che Lidiafragola continuava a dimenticarsi il nome, l’aveva accusata di viltà, di diffamazione e di tane altre cose che, per quanto Lidiafragola non fosse una bella persona, non era di certo.
La donna sorrise, e scosse la testa.
Vile? Proprio no: ci provasse quello a macellare tutte quelle pecore!
Diffamatrice? Anche meno!
Tutti quelli che avevano risposto concordavano con fatti provati dalle sentenze degli ultimi anni dove questo gruppo, i Manonera, avevano assalito viandanti e scippato pure delle vecchiette.
Lidiafragola sospirò e si lasciò presagire un mezzo sorriso, che non fece presagire niente di buono alla sua prima cittadina.
Subdola?? Ah! I pavidi lo sono e parlano alle spalle. Io le cose le dico in faccia!
 
 
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Buongiorno.
Sono stata interpellata e quindi intervengo.
Comincio subito col dire che trovo assurdo che per due giorni mi si parli alle spalle dicendo che io sono la pavida: credo che sia da omuncoli piccoli e senza spina dorsale fare una sceneggiata napoletana non solo lontana dalle terre partenopee, ma anche in assenza della persona da mortificare.
Una persona con un briciolo di dignità, per lo meno, lo farebbe.
 Noterete tutti che è oltremodo infantile, puerile e patetico aggredire qualcuno senza avere manco il coraggio di richiedere una replica, potrete capire perché penso sia comico, se non grottesco, stare attenti al rimanere ben lontani dalle terre e dai suoi tribunali che potrebbero essere l’unico luogo dove – in caso se ne avesse diritto – si potrebbe avere giustizia.
Vorrei anche far presente lo spessore emotivo (anche perché è ben chiaro ai più che di denuncia non si tratta, è solo di un bambino con un ego inversamente proporzionato a quello che ha tra le gambe – che è tutto, fuorché ciclopico) di chi pratica questa lagnanza per i mio scandaloso comportamento: guardatemi! Sono così intimidita che sono venuta a rispondere direttamene...
Bene signor Pavido, io sono il Tribuno: dimmi qualcosa.
O hai bisogno della mamma che ti tiene in braccio?
È ironico poi che il messaggio da me perpetrato sia, in effetti, un messaggio automatico precedentemente scritto in molteplice copia dal mio predecessore, ma… signori: io lo terrò scritto.
Posso aver peccato di ignoranza, ma non pecco certo di stupidità:
non posso permettere che i miei protetti si fidino e affidino le loro vite a un invertebrato simile che non ha neanche il coraggio di venire a parlare con una persona che in primis è disarmata e che poi anche solo a sapere di far qualcosa di poco democratico avrebbe quantomeno verificato…
Spero di essere stata chiara.
Ora, certo, mi rimetterò alla volontà del mio sindaco, ma state sicuri che se è per me, preferisco di gran lunga avvisare che seguire un uomo senza spina dorsale e che ha la capacità di lamentarsi persino inferiore alle mie pecore quando non do loro da mangiare, che di permettere che affidino la loro vita a un omuncolo di così bassa lega.
Che parli pure, non sa neanche strutturare un’accusa come si deve, invertebrato!
 
Saluti a tutti (tranne a chi ha una vita così misera di seguire un uomo così inferiore e a quest’ultimo).
MentucciaSelvatica, tribuno di Alessandria.
 
Ps: consiglio anche al mio accusatore di guardare bene il dizionario: sulla raffigurazione della pavidità c’è un suo ritratto, non un mio. Per qualunque cosa, io rimango ad Alessandria. Il mio ruolo di Tribuno, che non intendo lasciare, mi impone di rimanere in città: se è l’uomo intrepido che pensa di essere… scusate, la frase è troppo irreale perché possa essere completata: non riesco a smettere di ridere!
 
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Nessuno rispose alla lettera lasciata da MentucciaSelvatica.
Solo nella sua taverna la gente cominciò a guardarla scuotendo leggermente la testa.
Una cosa era sicura: non l’avrebbero più fatta indispettire… almeno per i prossimi mesi, anche solo fino a quando non era sarebbe arrivata al suo peso-forma normale: era un po’ ingrassata, ma nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo: le sue testate erano formidabili! Figuriamoci coi chili di troppo!
Solo Pikkiatella ebbe il coraggio di dirle qualcosa: MentucciaSelvatica doveva assolutamente rimpolpare la sua squadra di Tutor – gli insegnanti dei giovani rampolli di Alessandria, ruolo che nessuno voleva svolgere – e aggiungere assieme alla Mano Nera anche tutti i gruppi di banditi esistenti al mondo.
La risposta di MentucciaSelvatica fu breve e semplice:
<< Eccheccacchio.  >>
Non sapeva bene il perchè, ma MentucciaSelvatica sentiva dietro di se una voce di donna che rideva... e rideva..

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Capitolo 5
*** Diario di Viaggio ***


Diario di Viaggio

 

La madre di Diama postò passo passo le varie tappe del viaggio: Pavia, Novara, Milano, Como e via tornando indietro...... una volta arrivati a Novara Lucia postò nel diario un dipinto di loro cinque. Commentando l'immagine, Fernando disse:

 

guardate bel fio quello davanti vestito d'azzurro..!!” (infatti era vestito tutto d'azzurro eccetto il mantello e gli stivali, che erano bianchi, e il fodero della spada e un cappello marroni). Diama non perse tempo a replicare (una volta saputo del Diario di Viaggio):

 

Fernando quel cappello è orribile!!!

 

ti avevo detto di mettere l'elmo.... mannaggia 'sti ragazzi non ascoltano mai una donna (che sarei io) dal gusto raffinato.

 

Resoconto mio del viaggio: Pavia desolatissima, divisa da fazioni, mi fa una tristezza..... vado a pescare sul lago e mi ritrovo son uno stivale vecchio e rotto. Se pesco un altro giorno mi sono rimediata un paio di stivali! E invece ripartiamo.....

 

Novara! Ancora più deserta di pavia, ma più spensierata. Conosco un mucchio di gente, tra cui un certo Arcontes che è tutto matto ma mi fa ridere! il suo passatempo preferito è fare una grigliata negl'inferi o fare le acrobazie sulla trave.... gli hobby sono hobby.

 

vado nel frutteto di novara e mi ritrovo con due fichi secchi. Almeno ho la pappa!!!!

 

e domani....... domani........ A MILANO!!!!!”

 

3 Marzo

 

 

Ed eccomi qui, dopo aver pescato uno scarpone nel lago di Pavia e colto 2 fichi secchi nel frutteto di Novara, a prepararmi per il lungo viaggio fino a milano.

 

Per tanti giorni MamyFairy è stata triste e non si è fatta vedere molto, ma stasera l'ho vista ed era già più allegra.

 

E mentre indago su dove mi è sparita la firma, chiacchero fino a notte fonda con Alyon, che ho scoperto che s'intende persino di opera lirica! Chapeau!!

Una volta anche con Fernando, che qui saluto! Grazie bodyguard!

 

Ah, mamma, vedi che sono stata brava Podo mi aveva chiesto di restare con lui a Pavia ma io sono stata ubbidiente e ti ho seguito.... merito un premio?”

 

La vicenda di Podo era stata questa: lui ogni tanto si “addormentava” in taverna e Diama per verificare se dormiva davvero mostrava la gambetta. Il ragazzo faceva sempre la faccia stralunata, al che Diama esultava: “lo sapevo che fingevi di dormire!!!”

Ecco perché mamyFairy le rispose severissima:

 

Brava che me l'hai fatto ricordare, Podo mi ha raccontato certe cose!! A casa Facciamo i conti!”

 

Diama, per tutta risposta:

 

 

 

ma cos'ho fatto????

 

io sono un angioletto ^_^”

 

5 Marzo

 

Nel viaggio per andare a Como Diamante era troppo euforica per dormire: saltellava quà e là davanti a sua madre. All'improvviso Fairy la rimproverò in modo molto brusco, e allora Diamante si rintanò sul carro mogia mogia. Ma dormire era comunque impossibile: Alyon e Fernando dormivano (tsè, la guardia del corpo che dorme) della grossa e russavano talmente forte che nemmeno i lupi amici di Diama avevano il coraggio di avvicinarsi.

 

partì allora lo scherzo:

 

Si avvicinò furtiva ad Alyon, che russava a bocca spalancata facendo un rumore assordante....

 

Diamante avvicinò un pezzetto di legno, da cui scese silenzioso un ragno nero nero: si calava da un filo di ragnatela e Alyon inspirando lo avvicinava sempre di più all'ugola....

 

ma poi espirava, e il ragno veniva sollevato in avanti tra i ridolini soffocati di Diamante.

 

All'improvviso il carretto prese un sasso!

Il ragno cadde dal pezzo di legno.... dritto nelle fauci di Alyon!!

 

Oh no porca miseria bisbigliò Diama, al che sua madre si girò a controllare:"tutto bene cara?"

 

Alyon ingoiò nel sonno e si girò dall'altra parte

 

"benissimo mammina"

 

Diamante a Como rimaneva estasiata dalla vista romantica mozzafiato.... il lago... le montagne.... tutto bello davvero.

Inviò anche un messaggio a sua madre avvisandola che la legna che costava un poco inferiore a quella che vendeva lei era la sua, infatti le era rimasto solo un carico di legna e voleva liberarsene, senza fare come a Novara....

 

Ma dico la mamma non vede che la legna che metto sul mercato io è veramente poca??? Credo che il gioco del ribasso di Novara fosse da imputare proprio a questo: io mettevo la legna un poco inferiore al prezzo suo per avere la speranza di venderla, lei vedeva il mio prezzo e abbassava, allora io, squattrinata e bisognosa dei soldi della legna, abbassavo, poi lei abbassava di nuovo......

 

ma chi credi che possa avere della legna da vendere????? NOI!!!!

 

dai su mammina che finalmente l'ultimo pezzo di legna mio è stato venduto, a Novara (dove sono senza legna) riuscirai a vendere parte di quella che ti è rimasta.

 

Tornando a Como....

 

La sera, sdraiata sul carro, Diamante guardava la brillantezza delle stelle e i giochi di luce della luna....

e sospirava presa dai pensieri che affollavano la sua mente.

 

Quel viaggio era stato bellissimo.

 

Aveva avuto l'opportunità di conoscere sua nonna, Susanna, scoprendo di somigliarle come una goccia d'acqua. Ma non aveva conosciuto solo sua nonna: anche tanta, tanta gente, tanti amici, e diversi corteggiatori.

 

Da ragazza 15enne qual'era, tutte quelle attenzioni la lusingavano, la riempivano di adrenalina, ma la confondevano anche. Eppoi pensò a sua madre, e le sfuggì un sorriso.

 

Decisamente non le aveva dato modo di annoiarsi...

 

lei tornò a sospirare. Quanto può confondere un abbraccio!

 

 

La madre rispose: “Non c'è solo Alessandria come città di foresta!!! E non siamo gli unici mercanti noi!!! Ma mandare un messaggio prima no???”

 

A como Diamante ebbe modo di conoscere una persona molto carismatica, uno svizzero che era in città per stare accanto all'amica, una cugina di Fernando. “Amica”... Diamante faceva il tifo per lui, si vedeva lontano un miglio che tra loro due c'era feeling. Si erano conosciuti perché lui aveva partecipato alle guerre di indipendenza dall'Impero da parte della Svizzera, e lei quale giornalista l'aveva intervistato. Diama restò incantata a sentirlo parlare delle sue avventure vissute per donare la libertà alla sua terra.

 

Fece però anche un incontro poco felice. Un tizio entrato in taverna le mise da subito gli occhi addosso, e fin qui un po' tutti lo avevano fatto. Ma iniziò ad “asciugarla” perché lei si mettesse con lui. Diamante non voleva essere scortese, ma il tizio si faceva davvero insistente e cominciò a dire che si sarebbe aggregato al gruppo di Diamante così non si sarebbero lasciati più. Inutile descrivere l'espressione che fece Diama in quel momento.

 

Alyon, che qualche sera prima si era lasciato andare a un abbraccio che tanto le aveva fatto sperare, era presente alla scena ma non mosse un dito. Diama allora gli chiese aiuto sussurrando. Allora anche il tizio inopportuno si mise a sussurrarle e lei imbarazzatissima non sapeva proprio cosa fare.

Quando Fenomeno uscì dalla taverna, rimase il risentimento di Diama verso Alyon: possibile che non aveva mosso un dito in sua difesa??

Inviperita gli chiese il motivo di tale mancanza, al che lui rispose:

Sembrava ti piacesse”.

Lo sgomento di Diamante era alle stelle. Che cosa poteva far pensare che avesse gradito una persona così inopportuna? Forse che si erano sussurrati? Ma che significava dopotutto, lei non aveva dato corda in nessun modo a quel tizio e come osava Alyon insinuare il contrario? Indispettita gli disse che gliel'avrebbe fatta pagare con uno scherzo dei suoi, e lui ribatté che se ne sarebbe andato a dormire al centro del lago su una barca tutto solo. “Vedrai se non ti raggiungerò pure lì!”, disse lei.

 

8 Marzo

 

Alyon aveva noleggiato una barca, e solitario remò fino al centro del lago. Buttò l'ancora, si infilò sotto la spessa coperta, e mentre fissava le stelle pensava:"qua Diamante non riuscirà a raggiungermi tanto facilmente"

 

stava per addormentarsi col sorriso sulle labbra quando cominciò a sudare freddo. Con un gesto convulso portò le mani alla pancia. "OH NO!"

 

Diamante si sentiva un pochino cattivella per aver riempito di gutalax il Como Lake, il drink preparato da Andrea, che stava bevendo Alyon. MA non si lascia un'amica in difficoltà senza fare nulla. Gli amici si difendono, già! pensò lei con amarezza.

 

Ora si ritrovava con un presunto fidanzato-cozza che non la mollava un attimo. Mentre faceva i bagagli per la partenza, le stava tra i piedi e continuava a ripeterle: mi regali emozioni come nessun altra" "sono sicurissimo che sei la donna giusta per me" "mi prenderò cura di te"

 

Ma quando mai Diamante aveva chiesto qualcuno che la curasse???

 

mica era malata!!!

 

"Devo trovare un modo per liberarmi di lui senza umiliarlo troppo" pensò tra sé e sé.

 

Nel leggere qualcuno commentò: “Oddio Diama, un po' da curare lo sei!”

Commentò pure Paz: “Non è che quando giocavi al ribasso con la legna eri in questo stato?” E di seguito aveva postato un bello screen della prima sbornia di Diamante.

 

Sua madre, commentando lo scherzo ad Alyon, disse:

 

Non sapeva cosa fare con quella ragazza!! Era davvero iperattiva!

Poi ritornando dal lago vide una foto per terra.... la prese e..... per poco non svenne..... c'era sua figlia completamente ubriacaaaaaa!!

"Qui urge una punizione esemplare!!!!"

 

 

Restava comunque il problema Fenomeno.

 

Si scervellò per trovare una soluzione senza essere sgarbata, Ma alla fine le venne un'idea. Uscì dalla taverna, si travestì da uomo e rientrando vide che già il “fenomeno” chiedeva a mamyFairy se per caso la figlia era “caduta” o meno. Rientrando, La ragazza camuffata da uomo mascellone esclamò:

Sono spiacente, ma credo di essere troppo maschiaccio per voi!”

Fu quando il Fenomeno rispose:

Ma no cosa dite, mi piacete anche così!”

Che Diama iniziò a sudare freddo.

Solo dopo dieci minuti di conversazione si svelò l'arcano: Fenomeno non si era nemmeno accorto di star parlando con un uomo, ma alla fine realizzò e chiese:

Ma siete sempre stato uomo? Com'è che vi ricordavo femmina?”

 

Archiviato il caso Fenomeno, restava in sospeso la rabbia con Alyon. Gli disse di essere arrabbiata con lui, lui parve non battere ciglio ma alla fine quando erano rimasti in taverna solo Fern, Alyon e Diama disse di non essere ancora andato a dormire perché voleva risolvere. Fernando quindi si mise in un angolo fingendosi addormentato, ma sotto sotto seguiva la scena con grande interesse.

 

Diama disse ad Alyon quanto si era sentita abbandonata quando, dietro una richiesta esplicita di aiuto, lui si era rifiutato di fare qualsiasi cosa per venire in suo soccorso.

Ma cosa avrei potuto fare?”, si difese lui.

Io mi sarei finto il suo ragazzo”, rispose Fern. Era proprio quello a cui avevo pensato, pensò Diama.

Esatto, avresti potuto fare così. Insomma era il minimo che potevi fare, in nome della nostra amicizia!”

E qui Alyon si fece serio.

è ovvio che l'amicizia c'è e non cambierà, perché a parte le persone che si ruolano qui si va oltre e ci si affeziona al player che c'è dietro. La mia amicizia non cambierà mai per te, sarà che sono affezionato alla tua bocca semiaperta, ai tuoi occhi sognanti, ma non dubitare mai della mia amicizia”

 

e detto questo, senza dare il tempo di salutare, se ne andò.

 

.

 

Diamante era rimasta senza parole. Colpita e affondata. Piacevolmente senza parole, oserei dire. Ma non voleva rischiare di prendere un granchio. Si rivolse quindi all'amico che sì, appena lo aveva conosciuto aveva avuto la sensazione di piacergli, ma che poi non aveva più fatto la minima avance per tutto il viaggio, quindi pensò che si era sbagliata nei suoi confronti o che fern avesse cambiato idea nei suoi.

 

Che ne pensi?”

 

E' innamorato”, rispose Fern, gettando Diama in paradiso.

Lo credi davvero?”

E' da prima che partissimo che lo è!”

Come fai a dirlo?”

Beh, appena ci siamo conosciuti ho flirtato a mala pena con te e lui è stato subito geloso. E' ovvio che gli piaci.”

Cosa dovrei fare secondo te?”

Non mi sembra il tipo da farsi avanti, per cui se vuoi dovrai farlo tu”

Ok, domani mi dichiarerò... ti farò sapere com'è andata!”

Va bene”

Buonanotte... e grazie.”

 

Il giorno dopo Diama chiamò Alyon in una taverna vuota, e gli chiese di baciarla.

Lui dapprima restò in silenzio, poi la baciò a bruciapelo e disse:

Non ho sentito niente”

Diama, che già si stava andando a un abbraccio, restò interdetta. “Ma come, non hai sentito niente?” e tra sé e sé pensava: che è, una femminuccia?

Eh, è che... credo... di preferire la tua amica”

Il mondo le cadde addosso.

Ma come 'credi'? La preferisci oppure no?”

non lo so....”

 

dopo una conversazione così deludente, tornarono nella taverna con tutti gli altri. Lei però era diventata stranamente silenziosa, e stava ben attenta a non parlare ad Alyon- l'umiliazione era stata troppa- aveva dato il primo bacio a uno che “credeva” di preferire la sua amica Lucia. Che senso aveva allora la mezza dichiarazione fatta il giorno prima?

 

Milano, 9 Marzo 1459

 

Diamante era ancora ferita per il trattamento ricevuto, cercava comunque di far presente ad Alyon che sì faceva la bimba pestifera, ma questo non significava che fosse anagraficamente piccola d'età anche la player. Insomma, bruciava forte.

Entrò Fern. Lei gli sussurrò subito l'esito disastroso della dichiarazione, e lui per tutta risposta... la fece ridere. La fece ridere davvero, di cuore. A fine serata lui gli chiese se, visto che con Alyon non era andata, poteva corteggiarla.

Lei, ancora confusa, disse “Credo di sì”.

 

 

Diamante non vedeva l'ora di tornare ad Alessandria. Le era piaciuto viaggiare, ma da quando erano arrivati a Como per lei il viaggio diventava sempre più sgradevole.... all'inizio incontrando un certo Eburneo e Pierluigi, poi con il presunto fidanzato.... e altro ancora.

 

Ora Diama non vedeva l'ora di rivedere la sua gente, la sua casa, per smaltire tutta la tristezza di quei giorni.

 

Mentre piangeva silenziosamente nel carro che si dirigeva a Pavia, Diama avvertì dei fruscii nella foresta a lato della strada: i suoi amici lupi!

 

improvvisamente la ragazza sentì il cuore batterle forte, e il richiamo della foresta a lungo sopito cominciò a urlarle in petto. Lei era cresciuta praticamente in solitudine, sola con la madre e i lupi, e non era abituata a gestire lo stress che deriva dalla vita sociale. L'istinto le gridava forte discendere dal carro e correre verso i lupi che la chiamavano, ma cedere a quall'istinto significava recare un dispiacere alla sua adorata mammina....che in quei giorni stava ritrovando il sorriso..

 

Pavia, 10 Marzo 1459

 

Diamante aveva vagato tutto il giorno come un'ameba. Quel “Non ho sentito niente” le aveva annientato l'autostima. “Caspita, faccio questo effetto?” si chiedeva.

 

Reincontrò Podo. “Podo non è che mi baceresti?”

Ma siamo cugini. Non si può! Eppoi ora mi sono fidanzato”

Ah, siamo cugini??”

Ecco io lo sapevo, tutte le mie parenti si innamorano di me”, sospirò lui

Beh a dire il vero non è che sono innamorata... volevo solo un bacio per capire se bacio da schifo o meno”

Ma ormai Podo era partito per la tangente e dissertava su quante cugine aveva fatto cadere ai suoi piedi.

Massì lasciamoglielo credere”, si disse lei.

 

A sera conobbe però un giovanotto interessante: Alistair. Affezionato alle sue pecore, siciliano nel sangue, e strasimpaticissimo. Quando Venne anche Fern in taverna, la conversazione virò sul (molto poco gdr) programmare videogiochi, cosa che persino Diamante aveva fatto anche se con un linguaggio dell'anteguerra, Diama parlò anche del suo racconto che stava scrivendo da anni, e col suo entusiasmo non solo si autoconvinse che avrebbe dovuto continuarlo, ma spinse anche Fern a dire che avrebbe rispolverato i suoi libri di programmazione.

Poi Alistair andò a dormire e restarono in taverna solo Fern e Diama. Lei non perse tempo, lo guardò e gli disse:

Mi daresti un bacio?”

passò un attimo di silenzio. Sufficiente a farla sentire molto stupida.

 

Aveva già detto, pentita:”Se non vuoi fa niente..”

Che lui l'aveva presa tra le braccia. Le si avvicinò lentamente e le diede un lungo bacio.

 

Wow- pensò- è esattamente come mi ero immaginata il bacio con Alyon. Peccato che non viene da lui.

 

scusami”, disse poi fern “è che non credevo alle mie orecchie quando me l'hai chiesto, per questo ci ho messo un po'”

 

Passarono la serata a scambiarsi tenerezze, peccato che ogni volta Diamante doveva concentrarsi a scrivere “Fernando” invece di “Alyon”. E mentre Fernando diceva “Ma lo sai che mi fai impazzire davvero?” lei pensava che in fondo era tutto uno sbaglio.

 

 

Diama salì sul carro in attesa della partenza.... coi capelli arruffati ;p

 

A Pavia quel giorno non si respirava per niente una bella aria, ma era comunque contenta di aver conosciuto suo nonno, la gnocca pazza di pavia e la sua compare, e Alistar_ll,un giovanotto simpaticissimo col quale aveva chiaccherato tutto il pomeriggio.

 

Aveva avuto modo anche di salutare il cugino Podo, che le aveva presentato la nuova fidanzata.

 

Tutto sommato le dispiaceva terminare il viaggio. Aveva provato emozioni molto intense, sia positive che negative; conosciuto tantissimi amici e qualcuno che avrebbe preferito non incontrare, ma si sa, i viaggi sono anche questo! La sua mente brulicava ancora di tantissimi pensieri quando, lentamente, dolcemente, si addormentò.

 

Arrivati ad Alessandria, Diama ricevette la lettera di Alistair. Diceva di prendersi cura di Fernando. Lei tranquilla rispose che Fernando sapeva benissimo badare a sé stesso. Solo molti mesi dopo seppe che Alistair la stessa lettera l'aveva mandata anche a Fernando dicendogli di prendersi cura di lei. Ma se Fernando rispose, e cosa, questo non lo seppe mai.

 

Quella sera Quando Fernando entrò e iniziò a raccontare di alcune sue vicende rl, Diama sapeva bene che fare. Già solo quei discorsi le parevano talmente infantili... Durante il viaggio a Como aveva avuto modo di vedere dal suo profilo la sua età reale: 21 anni. Lei nella realtà ne aveva 26. Quella differenza le pareva già le pareva un abisso, senza contare che non trovava corretto stare con uno e pensare a un altro.

 

Ti devo parlare”, gli disse.

Lui sembrò presagire, perché si fece serio.

Io non posso stare con te e pensare a un altro, non sarebbe corretto nei tuoi confronti”, fu il succo del discorso.

Lo immaginavo”, disse lui chiuso in un orgoglioso silenzio, mentre pensava di preparare un cappio per Alyon.

Diama lesse quel pensiero nei suoi occhi e si preoccupò:

Non gli farai del male... vero?”

Tranquilla, me ne vado, parto oggi stesso per Milano. Basta che non mi capiti davanti!”

Parti? E con chi?”

Da solo”

Da solo?”, le tornarono in mente i discorsi sui briganti. “Ma non sarà pericoloso?”

Non mi importa. E poi so badare a me stesso, una volta ho fatto fuori due briganti mentre viaggiavo da solo.”

mi dispiace, ma non riesco a smettere di pensare a lui anche se non mi vuole”

oh, ti vorrà! Eccome se ti vorrà!”

 

E detto questo lasciò la taverna.

 

Il senso di colpa di Diama (che vabbé soffre di sensi di colpa cronici) la spinse a scrivere una lettera qualche giorno dopo. Diretta a Fern.

 

Spero che tu riesca a trovare quello che stai cercando”

 

Fern inaspettatamente le rispose una lettera abbastanza lunghetta, ma il cui senso era:

 

Grazie, ma a dire il vero non so nemmeno io cosa sto cercando. Per ora sono a Milano e ho reincontrato alcune mie vecchie conoscenze.”

 

Nel frattempo Diama si vide ricoperta della carica di Tutor, ovvero era incaricata di accogliere i nuovi e aiutarli a muovere i primi passi in città, come aveva fatto sua madre con lei; fu reclutata nella difesa cittadina volontaria e inoltre venne nominata da Pikkiatella Custode del Camposanto.

 

Diamante si sentiva tutta emozionata e importante per il compito affidatole dalla sorella.............. ...... ..... è vero, l'aveva beccata mentre cercava la palla che era finita nel camposanto, ma forse non se n'era accorta.

 

Ora tutta impettita incedeva con passo solenne, reggendo un cero acceso che prima o poi avrebbe capito dove doveva mettere.

Intanto pensava a tutti quei nomi, a quelle vite, a chi ancora li piangeva....

 

Quello era il cimitero delle persone importanti di Alessandria, e Diama non poté fare a meno di chiedersi se pure lei avrebbe lasciato il segno...... oppure no....

 

....era talmente concentrata che non si era accorta di aver urtato col piede un cero acceso a una tomba vicino al passaggio. Il cero si rovesciò, e il fuoco attizzò un cespuglio piantato a fianco della tomba.

 

Diama era così concentrata sui suoi pensieri profondi che se ne accorse solo quando una poderosa fiammata s'impossessò dell'arbusto.

 

Lei strabuzzò gli occhi, e lentamente si girò....

 

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRRRRRGHHHHHHH

 

AL FUOCO!

 

Pronta prese un innaffiatoio, lo riempì d'acqua e spense le fiamme che divoravano l'arbusto. Rimase un po' basita a guardare il cespuglio annerito che fumava, e riuscì solo a pensare:

 

"beh, se non altro questo segno resterà per un bel po'......"

 

 

Si iniziò a parlare di un nuovo viaggio per il municipio: questa volta nella repubblica genovese. “Ah ma allora si può andare anche lì! Che bello!” Pensò Diama. La prima cosa che le venne in mente fu di scrivere a Fern.

 

So che molto probabilmente sei in collera con me e non ne vuoi sapere. Però stiamo organizzando un altro viaggio, se vuoi unirti a noi mi può fare solo piacere”.

 

Ancora una volta inaspettatamente, la risposta fu affermativa. Sarebbe tornato indetro da Milano e li avrebbe raggiunti prima che loro partissero.

 

Nel frattempo ad Alessandria l'atmosfera si era fatta un po' pesante per Diamante. Alyon non si capiva che voleva fare, dava proprio l'impressione dell'eterno indeciso o peggio, di quello che lanciava il sasso e nascondeva la mano. Diamante iniziava a non soffrire più un atteggiamento del genere ma inspiegabilmente trovava un muro di indifferenza da parte degli altri alessandrini, e una protezione nei confronti di Alyon, che la lasciavano disorientata; non capiva come mai lei non aveva il diritto di sentirsi presa in giro – e quindi di arrabbiarsi- dopo un trattamento del genere. Al contrario quando reagiva in questo modo erano gli alessandrini che se la prendevano con lei e si sentiva dire che esagerava... non riusciva a capire come mai. Anche se nel frattempo si era messa assieme a uno che però lasciò dopo due giorni: era un deficiente a suo dire. Un altro invece le vendette un'ascia sperando di guadagnarci qualcosa di più dei soldi, e si offrì pure lui di aggregarsi al gruppo del municipio. Ma di tutti questi solo uno colpì la sua attenzione: un certo Tommaso, tipo molto dolce e anche poetico in certi frangenti. Poi si scoprì che era fidanzato. Lui disse che era in crisi da tempo con la fidanzata perché lei si faceva vedere troppo poco, e che l'avrebbe lasciata presto. “Ahia”-pensò Diama- “Se questo flirta con me ora che è fidanzato con un'altra, non si farà problemi a farlo anche nel caso in cui la fidanzata sia io... se invece è vero che sono in crisi eccetera, che la lasci e dopo se ne può anche parlare.”

Fu così che lei si disse rammaricata di non averlo incontrato prima, che ora partiva per un viaggio e se al ritorno lui fosse stato single le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio.

 

29 Marzo, nodo tra Alessandria e Genova

 

Era ancora notte quando Diama silenziosa si alzò ed andò ad accarezzare quelli che un tempo erano stati suoi compagni di branco. Akira e Keres, i due magnifici lupi, la seguivano sempre e vigilavano su di lei. Diama si accovacciò per terra, schiena contro il carro, i due lupi sdraiti ai suoi piedi, a rimirare le stelle.

Era assorta nei suoi pensieri, quando Akira ringhiò sommessamente. Diama si girò verso il carro, e individuò Luca. Accortosi che Diama si era alzata, aveva preso la sua fiaschetta e aveva pensato bene di raggiungerla.

"Buona Akira..." sussurrò la ragazza mentre Luca soppraggiungeva con un sorriso a 32 denti: "cicchetto???"

 

30 Marzo, Genova

 

Dopo i bagordi notturni, Diama si recò a pesca.... per coincidenza, lei e Luca si ritrovarono nello stesso fazzoletto di mare!!!

 

"Ma allora mi perseguiti!" scherzò lei.

 

Concluso ottimi affari al mercato, verso sera fece un salto in taverna, dove reincontrò Paola, che salutò calorosamente. Scoprì persino che Paola aveva fatto da madrina a Fernando!!!

 

Quant'è piccolo il mondo!

 

Due chiacchere e di filato a coricarsi sul carro di Fernando: era stata una giornata lunga e ricca di emozioni, e come chiuse le palpebre il mondo dei sogni si impossessò di lei.

 

 

Diamante era un po' triste di aver lasciato Savona, la città che non dorme mai dalle taverne sempre piene, dove era stata accolta benissimo. Inoltre, era stata la prima città dove nessuno ci aveva provato con lei, ed era decisamente un sollievo! Certo, i savonesi avevano tutti nomi strani! aveva incontrato anche una Savonese che parlava inglese, e Diama aveva potuto mettere alla prova le sue conoscenze ;p

 

ma chissà come sarebbe terminato quel viaggio un po' strampalato....

 

Una sera si ritrovarono tutti in taverna: Alyon, Lucia, Fernando e Diamante. Riflettendo su come, nonostante varie peripezie, erano ancora tutti uniti come nel primo viaggio, Diama fece una bella riflessione sull'amicizia e tutti promisero di restare uniti.

 

Quella sera Diamante aveva la sensazione di aver dato inizio a un qualcosa di importante... i cinque amici unirono le mani in un patto, ma lei sentiva che era un qualcosa di più.... un'amicizia che resisteva agli urti più duri e li teneva ancora uniti..... con un brivido che le correva per la schiena, capì che tutto quello che stava succedendo quella sera significava qualcosa di più grande.....

 

Savona, 7 Aprile 1459

 

Diama a Savona si stava trovando bene... era pure riuscita a riappacificare due innamorati che per vecchi rancori non stavano più insieme.... love is in the air.....

in attesa di ricevere le partecipazioni di nozze Diama si ritrovò a dover fare i conti con i suoi sentimenti, con le sue situazioni irrisolte. Qualcosa scattò dentro di lei vedendo i due innamorati che nonostante gli sbagli e le incomprensioni ancora si volevano, e capì che aveva sofferto abbastanza. Capì che non doveva essere troppo buona e testarda allo stesso tempo rimanendo in un limbo indefinibile..... era giunta l'ora di reagire, diamine!

 

in fondo anche lei si meritava un po' di dolcezza, dopo tutta l'indifferenza che l'aveva tenuta in uno stato precario tra frustazione e sconforto per quasi due mesi. Finalmente era pronta a vivere esperienze nuove, esperienze finalmente positive!

 

"Tra dire e il fare c'è di mezzo il mare".... recita un proverbio. Ma Diamante stavolta avrebbe lottato per qualcosa per cui ne sarebbe valsa la pena. Con questa promessa nel cuore e un sorriso finalmente sereno sulle labbra si addormentò, stringendo a sè un fiore di campo....

 

In poche parole, vedendo come quei due si volevano ancora nonostante tutto, Diama se ne uscì con la frase “Alyon è un cretino” detto così, come sfogo, nella taverna piena. Fernando era appena entrato e fece in tempo a sentire:

Questa sì che è una novità”, fu tutto quello che disse.

 

Savona, 9 Aprile 1459

 

Savona, la città che non dorme mai..... ricorderò sempre le nottate fino alle 2 del mattino sorseggiando doppie camomille!!!!

 

Qua mi sento a casa. Ho conosciuto davvero tanta gente che mi ha accolto come fossi una di loro..... se un giorno per qualche motivo vorrò lasciare Alessandria, ho già una seconda patria che mi aspetta....

 

l'altro ieri c'era un po' di tensione per via dell'eradicazione di un cittadino, e ilarità per il rifiuto del titolo nobiliare a un altro cittadino che ne aveva fatto richiesta.... un tizio poco serio che spesso diverte la città con le sue sparate.... e loro mi rendono partecipe di tutto come se fossi cittadina anche io, sento già di essere affezionata a molti di loro. Qua non è insolito avere le taverne piene anche nel pomeriggio o di notte tarda. In tanti hanno visto l'alba sorgere, alle 4 del mattino, chiaccherando amabilmente tutti insieme.

 

Io stessa ho partecipato a discussioni letterarie (chanson de geste, ciclo bretone, fino a parlare di ken follet) avvenute tra l'una e le 2 di notte. Da delirio ma bellissimo!

 

La segretaria del sindaco ha una taverna letteraria dove accoglie tutti pacatamente, con discussioni intelligenti e umorismo non scontato. Lei si definisce una sognatrice con un piede ben ancorato a terra. Mi mancherà il suo piacevole sarcasmo.

 

A dire il vero Diama fu lì per lì per trasferirsi, la trattenne unicamente il fatto che aveva il mandato del municipio da consegnare.

 

 

Alessandria, 16 Aprile 1459

 

Tornati ad Alessandria, le ragazze furono prese dall'organizzazione della festa di Primavera e Tommaso era ancora fidanzato.

 

Una sera, Alyon si mise tra Diama e Lucia, e per un istante esitò. Erano tutti presenti a guardare la strana scenetta. Fece per chiedere il permesso di accompagnare al ballo una delle due, quale ancora non era dato sapere, ma poi si fermò a mezz'aria. Diama intanto pensava: è un invito a un ballo, non una richiesta di matrimonio! Un po' di spina dorsale!

 

Come Alyon si ritrasse, troppo impacciato per dare voce ai suoi desideri, senza indugio si fece avanti Fern.

 

Diama, posso avere l'onore di portarti al ballo?”

 

Diamante rimase sinceramente sorpresa dalla proposta. Non immaginava lontanamente che lui pensasse ancora a lei in quel modo.

 

Sarebbe davvero un onore per me accompagnarti!”, rispose.

 

Subito dopo, alyon prese il coraggio a due mani e chiese la stessa cosa a Lucia. Quando Lucia, dopo aver accettato, lasciò la taverna, Diama gli chiese a bruciapelo se l'esitazione di prima era dovuta al dubbio su chi invitare o se era solo timidezza.

 

Solo timidezza” disse lui.

Ma mica le stai chiedendo di sposarti!”, replicò stizzita la ragazza. Non sopportava più la debolezza di quell'uomo.

Quando anche lui lasciò la taverna, lei e Fern restarono soli. Lei, con la solita schiettezza di sempre, gli disse:

Ma tu... vorresti ancora stare con me?”

Sì.”

Non credevo di avere ancora possibilità con te, dopo come ti ho trattato l'ultima volta”

tranquilla, in rl non ti avrei dato una seconda possibilità, dopo come mi hai usato”.

Quelle parole la ferirono.

Non ti ho usato, e mi dispiace che tu lo pensi”

Lui parve intenerirsi a quelle parole.

Beh, ora non importa”

D'altra parte, per me sei piccolo, nemmeno io ti darei una possibilità in rl”, replicò.

A me sono sempre piaciute le ragazze più grandi, ma non così tanto in effetti...” in quel momento lei seppe che lui aveva visto il suo di profilo.

Ad ogni modo, io sono sposata in rl e non voglio che nessuno si metta tra me e mio marito”

E chi si vuole mettere tra di voi”, quelle parole la rincuorarono.

Allora siamo d'accordo, resta solo qui, siamo insieme solo per gioco.”

sì, siamo d'accordo”

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Capitolo 6
*** Anna e l'assicurazione ***


Fingendosi una bimbetta spensierata attraverso il gioco, Anna riscontrava di sentirsi meglio. A volte le capitava di accendere il pc con un senso di oppressione tale da sentirsi schiacciare; quando lo spegneva invece si era fatta qualche risata con degli amici che frequentavano la chat chiamata taverna.

 

Passò così qualche mese, e la ricerca del lavoro le fruttò un'occupazione presso una nota compagnia assicurativa. All'inizio era molto perplessa all'idea di aprire Partita Iva come venne richiesto, ma i ragazzi che tennero il corso furono abili a presentare la cosa in modo accattivante.

 

Al corso parteciparono una trentina di persone, tra le quali si instaurò un cameratismo tipico di queste situazioni. Si rideva molto e Anna, come suo solito, era molto partecipe.

 

Terminato il corso, Anna si vide assegnata a un gruppo di lavoro; il capogruppo era una donna sulla trentina molto curata; il resto erano ragazzi tutti sui vent'anni.

Anna già in fase di colloquio aveva fatto presente che non avrebbe proposto quel tipo di prodotto ad amici e parenti, che avrebbe cercato clienti al di fuori, e quel che le venne risposto era che di fatto non era quel tipo di assicuratore che stavano cercando.

 

La realtà fu ben diversa.

 

Anna si attaccò al telefono come solo lei sapeva fare: anni di call center le avevano insegnato a comporre i numeri senza nemmeno guardare la tastiera, e spesso non riattaccava nemmeno la cornetta. Tutto questo fervore scatenava l'ilarità del ragazzo più appariscente del gruppo, figlio di gente benestante e i cui appuntamenti glieli trovava la madre, fin troppo entusiasta che il figlio lavorasse. Avendo contatti così altolocati, non gli riusciva difficile stipulare polizze abbastanza cospicue; questo era sufficiente per essere trattato con condiscendenza dalla capogruppo.

 

Anna invece faticava a fissarsi degli appuntamenti: dall'ufficio aveva accesso a internet ma solo al sito delle pagine gialle; siccome tutti avevano accesso solo a quel sito per reperire contatti, era ovvio che si trattava di gente tartassata da telefonate di quel genere. Nonostante questo riuscì ad avere una media di due appuntamenti al giorno.

 

Inoltre era appena uscito un prodotto apposta per le madri, più un piano di accantonamento apposito per i figli. Un prodotto che era molto ignorato, forse perché ancora troppo nuovo.

 

Anna non ebbe esitazioni e si mise a contattare tutti gli asili privati di Milano.

 

Fioccarono gli appuntamenti e gli invii di mail.

 

Al primo appuntamento ci andò con la capogruppo, ma la proprietaria dell'asilo, una signora sulla cinquantina, replicò in malo modo che voleva solo dei depliant da lasciare alle madri e nulla di più.

 

Fu sufficiente: la capogruppo iniziò a far saltare gli appuntamenti successivi di Anna, oppure la mandò da sola o con un altro ragazzo, il penultimo arrivato.

 

Così, fresca fresca di corso, con il ragazzo che dopo di lei era il più inesperto, andarono a un appuntamento con la responsabile di un numero considerevole di asili milanesi.

 

Anna parlò con competenza ed entusiamo, a tal punto che la signora si disse interessata a organizzare un incontro con tutte le dipendenti per proporre il prodotto e anche di pubblicizzarlo con le madri. Poi fece la fatidica domanda: quanto costa?

 

Anna si ritrovò in imbarazzo. Non lo sapeva. Chiese aiuto al ragazzo che l'accompagnava, ma lui ne sapeva ancora meno di lei. La tabella, vero, era riportata, ma nessuno le aveva mai mostrato come leggerla. Si tolse dall'empasse dicendo che si sarebbero riaggiornate con i prezzi precisi, dopotutto era un prodotto nuovo.

 

Una volta usciti da quell'asilo, però, la frustrazione prese il soppravvento. Se solo ci fosse stato qualcuno più esperto, avrebbe subito chiuso la trattativa con quella signora, ne era più che certa.

 

Cominciò a vedere l'ufficio con un'altra ottica. Lei faceva mille telefonate e veniva un po' derisa per questo dagli altri ragazzi, che dal canto loro passavano il tempo in ufficio a giocare al cellulare. Ufficio in cui si era obbligati a rimanere fino a tardi, e anche due sere a settimana, appunto, per telefonare. Cosa che lei faceva già tutto il giorno, ma gli appuntamenti così ottenuti le venivano puntualmente boicottati.

 

Non volevano appuntamenti da mercato, ma da conoscenza. Anche se le era stato detto il contrario.

 

E il primo pagamento non te lo facevano se prima non si apriva Partita Iva, ma aprire Partita Iva con la premessa che non le veniva permesso di lavorare come poteva, non le sembrava il massimo.

 

Considerando che aveva davanti ancora mesi di disoccupazione, che sicuramente era più alta dello stipendio che avrebbe preso lavorando nell'assicurazione, decise di dimettersi.

 

E lo fece a modo suo. Ovviamente mandando un messaggio tagliente alla capogruppo, quando la fece chiamare dal suo rampollo preferito per deriderla del fatto che stava andando a casa prima a causa di un malore (un attacco d'ansia per intenderci).

 

 

“non si fa” fu la decisione generale quando descrisse l'accaduto al gruppo d'ascolto.

“Lei è brava ed è ovvio che nessuno la manda via, per quanto possano renderle la vita difficile”, disse la dottoressa, “Ma facendo così si fa terra bruciata!”

 

Le venne in mente quando nel gioco online fece lo sclero da paura con uno che in teoria era uno zio di Diamante.

 

Forse doveva imparare a controllarsi un po' di più.

 

Nel frattempo, un ricordo tormentoso tornò ad affacciarsi nella sua mente....

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Capitolo 7
*** La Repubblica Ambrosiana ***


Il Sacro Romano impero Germanico era un organo che sovrintendeva diciotto ducati e repubbliche. Il ducato, o repubblica, aveva dodici consiglieri che amministravano il commercio e l'economia, le miniere e i porti, il tribunale, l'esercito, la sicurezza. I dodici consiglieri venivano eletti dal popolo in base ai seggi conquistati dai vari partiti; i consiglieri eleggevano il duca (o doge nel caso di una repubblica). A capo di questi piccoli stati c'era l'Imperatore, Raboude De Ligne. 
 
Nonostante questa apparente unione, tra i vari stati c'erano giochi di potere, azioni di guerriglia, spionaggio e attacchi più o meno velati nelle piazze e nei forum. Ogni stato aveva una propria ambasciata per perorare rapporti più o meno pacifici tra stati dello Stesso Impero o anche di extra-imperiali.  Ora che il potere dell'Imperatore si stava rafforzando, però, le azioni di guerra dovevano rendersi più subdule e studiate, per scongiurare l'intervento dell'esercito imperiale negli affari interni. Per esempio, tra Milano e Genova c'erano state diverse guerre in passato, tra le quali le guerre padane, la cui vincitrice si rivelò Milano. Milano fu sul punto di annettere Genova tra i suoi confini, ma al momento di farlo Mariajolanda, la zia di fernando, che all'epoca era duchessa di Milano, bloccò le azioni militari e stipulò un trattato di pace tra i due stati. Poco dopo divenne lei stessa genovese e si mise assieme al generale delle armate nemiche. Per questo da allora si guadagnò il nome di “duchessa traditrice”, il casato a cui apparteneva venne degradato da nobile a borghese, e Milano e Genova dovevano fare i conti con un trattato di pace che evidentemente stava stretto a molti, dal momento che si cercavano spesso i pretesti per far sciogliere il trattato all'altro Stato in modo da avere la scusa per attaccarlo. 
 
Nella primavera del 1459 in particolare, la scena politica milanese era tutta in subbuglio. Ancora bruciava il tradimento della Duchessa Ippolita, la massima carica del Ducato: era fuggita con cinquantamila ducati, frutto del lavoro di tutti i cittadini nel corso degli anni, e per sfuggire alla giustizia si era aggiunta alle file dei One-Amesha, il più terribile esercito mercenario allora conosciuto.
 
Gli One-Amesha ora occupavano Modena, ancora intenzionati a muovere verso Milano.
 
Per questo l'esercito imperiale del Sacro Romano Impero Germanico, le Aquilae Imperatoris, a cui apparteneva Paz, erano accorse proprio a Modena, intente a scalzare quel nugolo di farabutti, e per consegnare la Duchessa traditrice alla giustizia. Anche l'esercito ducale, la Compagnia Militare Milanese (abbreviata in  CMM), era accorsa, pur lasciando un esercito a difesa del confine ad Alessandria.
 
In realtà gli One-Amesha furono assoldati dalla repubblica di Genova per creare scompiglio nel Ducato di Milano, e ora il capo dell'esercito mercenario cercava di corrompere i regnanti milanesi per barattare una rivalsa sulla Repubblica infrangendo quindi il trattato di pace in vigore tra i due stati. Solo l'intervento Imperiale riportò un po' di calma: gli Amesha furono messi in fuga verso la Croazia, Ippolita (l'ex duchessa) fu processata a Modena grazie al trattato di cooperazione giudiziaria stipulato precedentemente tra il ducato di Modena e il ducato di Milano; l'Imperatore indagò per verificare la veridicità del coinvolgimento genovese nella questione Amesha, cosa che fu dimostrata largamente durante il processo; trattandosi quindi di una palese violazione del trattato di pace alla Repubblica fu imposta una multa piuttosto ingente da versare al Ducato di Milano. 
 
E ora torniamo ad Alessandria.
 
Ad alessandria era rimasto di guarda un esercito delle CMM, il cui capo era Umberto, uno zio alla lontana di Diamante. Ogni giorno faceva festa insieme alla nipote nella taverna municipale, dove Diamante era stata promossa a taverniera dalla sorella, nel frattempo divenuta sindaco. Le ubriacature erano all'ordine del giorno e si rideva parecchio! 
 
Diamante, essendo che era sempre presente e molto attiva, fu subito investita di molti impegni: la difesa cittadina volontaria, il progetto tutor, dove un Tribuno femmina, tale Mentaselvaggia, le diceva quale nuovo nato accogliere per fornire le eventuali informazioni di cui avesse bisogno; inoltre Pikkiatella, sempre molto attenta agli affari cittadini, stava sempre sul chi va là nel tenere d'occhio chi entrava e chi usciva dalla città: la possibilità di un attacco al municipio era sempre aperta e quindi Diamante la aiutava come poteva vagliando le intenzioni di chi entrava in taverna. 
 
In quel periodo Diamante conobbe anche Mescalina, un'alessandrina molto impegnata in politica che le diede le prime dritte su come intraprendere quella carriera: “Diventa ambasciatrice. I migliori politici sono stati, prima di diventare uomini di Stato, ambasciatori” 
Fu così che Diama divenne ambasciatrice presso la Croazia. Nello stesso periodo, vedendo che era molto attiva sul forum ed esprimeva pensieri in linea con il suo partito, Umberto le propose di entrare nel Movimento Imperialista, un partito fondato da lui stesso. Diama si sentì molto onorata e accettò senza riserve, dal momento che il suo primo voto andò proprio a quel partito. In quel periodo Diama aveva molto su cui documentarsi, la storia del Ducato, la storia delle relazioni internazionali, e ogni qualvolta in taverna entrava un personaggio ferrato in materia lei lo tempestava di domande. Fu per questo che il capo del'esercito genovese le disse che sarebbe stata perfetta come giornalista, ma sul momento Diama non valutò quella professione più di tanto.
 
 
Una mattina però, un'agghiacciante verità scosse i cittadini milanesi. Il castello di Milano e sette delle nove città del Ducato furono attaccate e prese con la forza durante la notte.
 
Il clima si fece teso e il forum scoppiò di insulti da parte dei nuovi membri del consiglio (presi tra coloro che avevano partecipato al golpe) verso i governanti milanesi destituiti, che risposero ovviamente a tono. La costituita repubblica ambrosiana sosteneva di essere lì per volere dei veri milanesi, cosa puntualmente smentita da personaggi noti nella vita pubblica del ducato. 
Le autorità ducali (quelle destituite) comunque non persero tempo: si mossero per verificare la natura degli aggressori al ducato, e si rivelarono tutti opere della Creatura Senza Nome, ovvero corpi senz'anima sicuramente frutto di qualche stregoneria. Dopo aver ripulito le casse ducali e aver mandato in rovina le miniere, il fuggi fuggi di queste creature fu palese. Erano dirette a Genova, e per arrivare a Genova la tappa obbligatoria era Alessandria.
 
Alessandria fu una delle città risparmiate dall'attacco, ma Pikkiatella temeva  che fosse solo questione di tempo, e l'arrivo in città di tanti stranieri sembrò confermare i suoi timori. Entrò a perdifiato in taverna e chiese chi poteva quel giorno difendere la città: lo sgomento fu generale quando si accorse che tutti erano già impegnati in altri lavori e non potevano rendersi utili.... “è una tragedia annunciata”, disse sconsolata.
 
Il gelo cadde in taverna. 
 
Fern diede un pugno nel muro da tanto si sentiva impotente, e Diamante andò a rifugiarsi tra le sue braccia, un po' per alleviare la tensione del suo ragazzo e un po' per cercarne protezione. I presenti non riuscirono a trattenere un “oh che carini” nel vedere una scena così tenera, ma la distrazione durò solo un attimo. Pikkiatella aveva già in mente cosa fare: non potendo garantire il rinforzo dei difensori, mise tutti i soldi del municipio in diversi mandati, che affidò alle persone più fidate della città. Non lasciò nemmeno una briciola nelle casse della città, nemmeno un boccone di pane, nulla.
 
Anche se carichi di adrenalina, i presenti andarono infine nelle loro proprie case a cercare di prendere sonno.
 
Il mattino seguente, Pikkiatella si svegliò alle cinque del mattino per verificare se ci fossero stati attacchi notturni: nulla. 
 
La città era salva. 
 
Le Creature senz'anima furono prese in blocco per tutto il ducato e gettate nei roghi, come si deve fare alle opere frutto di stregoneria. Alcuni che erano riusciti a raggiungere i conventi però sfuggirono alla giustizia divina, diversi dei quali trovarono rifugio nei conventi alessandrini.
 
Pikkiatella li avrebbe controllati per mesi, verificando se osavano mettere il naso fuori del convento per creare ulteriori danni. 
 
I milanesi, constatata l'entità del danno (una cifra a sei lettere di ducati venne razziata) non ebbero altro da fare che rimboccarsi le maniche e ricostruire ciò che avevano perduto. 
 
Nelle settimane successive giunse finalmente il messo di Genova per pagare la multa dovuta al ducato di Milano. Tutti ormai erano convinti che gli stregoni erano mandati da Genova. Forse fu per questo che Mattwhite, vedendo Diamante in taverna così disposta al dialogo, le fece diverse importanti rivelazioni: 
 
“A Genova c'è qualcuno che sta cercando di provocare una rivolta con Milano”
 
Diama, attenta come sempre, iniziò a prendere appunti senza farsi vedere; intanto serviva al messo genovese da bere e continuava a fare domande.
 
“In che senso?”
 
“Già l'ha fatto una volta in passato”
“Ma chi?”
“Dovete sapere madama, che Genova è divisa in due gruppi. Uno che non si risparmia nei colpi bassi, e un altro che invece è deciso a sostenere la legalità dell'Impero. Ora al governo c'è il secondo gruppo, ma il primo cerca ancora di far scoppiare la guerra tra Genova e Milano... ci hanno provato con gli Amesha...”. 
Diamante Impallidì.
“Ma scusate, voi stesso avete detto che ci sono genovesi che vogliono la guerra con Milano... cosa mi dice che non siano tutti d'accordo?”
“Attenzione madama... non vogliono che Genova dichiari guerra a Milano... ma il contrario”
“E.... e perché?”
“Così che il gruppo che non è al potere possa dichiarare guerra all'altro”
“Scusatemi, ma perché dei genovesi vorrebbero dichiarare guerra a voi?”
“Dovete sapere che ci sono persone che da anni cercano di avere il potere e non ci riescono, e allora cosa fanno: ci fanno attaccare dando la colpa a noi che siamo al governo, così sono legittimati nel destituirci”
La perplessità sul volto di diamante invitò il genovese a proseguire:
“Prendiamo quelli che hanno attaccato il castello di Milano”
“Si sono proclamati repubblica Ambrosiana”, osservò Diamante
“da noi nessuno ne sa nulla; pensavamo fossero Amesha, sia per un discorso fatto da una che si chiamava Vitellina e che usava lo stile di Caleblost, il comandante degli Amesha... che è stato assoldato da questi genovesi per attaccarvi. So addirittura che questi genovesi sarebbero disposti a darvi una città con il porto, tipo Spezia, che a voi farebbe comodo perché un porto sul mare non lo avete, tanto a Spezia nessuno li vota... ma i vostri governanti sono degli allocchi...” 
“E perché sarebbero degli allocchi?” Chiese Diamante, concentrandosi per non far trapelare la sua indignazione ma sembrando ingenua come una bimba.
Ma il genovese, ormai ebbro per il troppo vino, crollò in un sonno profondo. 
 
Diamante non esitò a girare tutte le informazioni che aveva recuperato a Mescalina, che faceva parte del Consiglio Ducale. Le dissero che quelle informazioni non facevano che confermare quello che già sapevano, e si complimentarono con lei per il servizio reso. 
 
La sua attività come spia ducale era appena iniziata.

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