Una storia come tante

di Lenn chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao

Ciao!!!!^^ E’ un’eternità che non mi faccio sentire…e quindi eccomi qui con una nuova storia! (il nuovo cap di quell’altra è ancora in lavorazione!) E’ un po’ che avevo l’idea in mente ed ora l’ ho messa per iscritto!!

Allora, c’è da dire che sarà un fic breve, di solo un paio di cap! All’inizio volevo fare una one-shot ma poi mi sono accorta che veniva troppo lunga e ho preferito dividerla in due! Come dice il titolo questa è…una storia come tante! Insomma, non è niente di originale, ma mi piaceva l’idea di vedere la mia coppietta preferita in una situazione più o meno normale! Spero vi piaccia! Buona lettura!!^^

 

 

Il sole si sollevava lentamente all’orizzonte, mentre i suoi primi raggi andavano a rischiarare il buio della notte appena trascorsa. Le stelle cominciavano a spegnersi una dopo l’altra annunciando la nascita imminente di una nuova giornata, e con essa il ridestarsi dell’intera città.

Il suono monotono di una sveglia ruppe il silenzio di un appartamento al quarto piano che si affacciava su una delle vie del centro di Tokyo.

Kai, senza nemmeno aprire gli occhi, allungò un braccio verso il comodino accanto al suo letto, cercando la radiosveglia a tentoni con gesto meccanico, come faceva ormai ogni mattina, e zittendola non appena trovò il pulsante giusto. Sospirò, finalmente quel fastidioso trillo era cessato. Si costrinse ad aprire gli occhi e spostò lo sguardo sul display digitale dell’orologio: segnava le sette precise.

Si sollevò su un gomito facendo vagare le sue iridi ametista attraverso tutta la stanza, finché non si soffermò sulla finestra. Il cielo non sembrava promettere nulla di buono, il sole infatti, nonostante cercasse di mettercela tutta per brillare indisturbato, stava per essere minacciato da nuvole grigie di pioggia. D’altra parte era dicembre inoltrato.

Si voltò verso la persona che riposava al suo fianco e che pareva essere stata del tutto indifferente al suono spacca timpani della sveglia. La guardò mentre dormiva beatamente, a pancia in sotto, con il viso rivolto nella direzione opposta alla sua, e nel silenzio ascoltò il ritmo regolare dei suoi respiri. Vide che con un braccio stringeva forte a sé il cuscino, così come un bambino di cinque anni poteva stringere il suo orsacchiotto di peluche; la sua testa invece era poggiata direttamente sul materasso.

Kai si avvicinò a lei, spostandole i capelli castani dalla nuca e poggiando dolcemente le labbra sul suo collo. Sorrise appena quando la sentì muoversi e mugugnare qualcosa di incomprensibile.

-Buongiorno…- biascicò Hilary, con la voce ancora impastata di sonno, mentre apriva lentamente gli occhi e incrociava quelli del russo.

-Buongiorno- le rispose lui, a sua volta. –Possibile che la sveglia su di te non sortisca alcun effetto? Eppure un tempo eri tu quella che veniva a buttarci fuori dal letto, precipitandosi all’alba a casa di Takao- continuò.

-Un tempo non avevo un marito che sentiva la sveglia al mio posto- ribatté levandosi a sedere e sbadigliando sonoramente. Si passò una mano tra i capelli, lasciandoli poi ricadere arruffati e ribelli sulla fronte. Teneva gli occhi ancora semichiusi, come facesse fatica ad aprirli del tutto; a quanto pareva gli ultimi strascichi di sonno non l’avevano ancora abbandonata.

Kai si incantò a fissarla, non riuscendo a non pensare quanto fosse bella appena svegliata. Aveva le gote leggermente arrossate, e indossava un pigiama di pile azzurrino, con un papero con la sciarpa disegnato sul davanti, che faceva un buffo contrasto con il suo viso. Sorrise: sembrava una bambina.

Le afferrò un braccio, tirandola a sé dolcemente, lasciandosi ricadere sul letto, con lei sopra. Le accarezzò una guancia e senza attendere oltre la baciò. Sentì lei ricambiarlo e, rendendo il bacio più profondo e passionale, ribaltò in un attimo le posizioni. Poi si separò da Hilary, guardandola in silenzio, vedendola rivolgergli un sorriso. Amava i suoi sorrisi, lo facevano sentire incredibilmente vivo.

La baciò sul collo, facendola rabbrividire di piacere al contatto delle sue labbra e dei suoi caldi respiri sulla pelle di lei. Lo squillo del telefono però li interruppe, rimbombando ed echeggiando nel silenzio assorto della camera.

-Il telefono- disse la ragazza, separandosi da Kai.

-Lascialo suonare- mormorò sulla sua bocca, riavvicinandosi di nuovo a sua moglie. La baciò dolcemente mentre sentiva le braccia della brunetta cingergli il collo. Giocò con le sua labbra, perdendosi nuovamente nella passione di quel bacio, inebriandosi del profumo che emanava la pelle della mora.

-Potrebbe essere importante- ribadì Hilary, staccandosi a fatica dal marito. Il telefono infatti, continuava a squillare incessante.

Il russo si allontanò di malavoglia, lasciandosi stancamente andare sul materasso e sbuffando contrariato. Chi diavolo era che chiamava a quell’ora? Sospirò e scese dal letto, dirigendosi in bagno.

Hilary intanto rispose al telefono, scoprendo che dall’altra parte del filo c’era la voce di Takao. Si stupì di saperlo sveglio a quell’ora, lui che fin da ragazzino se poteva se ne stava a letto fino a mezzogiorno.

-Buongiorno, Hilary! Come va la giornata?- domandò.

-Ehm…bene, calcolando che per me non è ancora iniziata, visto che sono ancora a letto- gli rispose, poggiandosi con la schiena allo schienale del letto.

-Dormivate ancora tu e Kai? So che solitamente vi alzate presto la mattina- le disse, in tono quasi di scusa.

-Infatti…ci eravamo appena svegliati- lo rassicurò.

-Bene! Allora, venite a cena da me venerdì sera?-

La ragazza sorrise, comprendendo il motivo per cui l’amico si fosse svegliato così presto e soprattutto il perché le sembrava così entusiasta. Il venerdì successivo sarebbe stata la vigilia di Natale. Takao diventava ancora più allegro del solito quando si avvicinava il Natale, come un bambino impaziente di trovare i regali sotto l’albero.

-Ci saranno anche tutti gli altri, non potete mancare!- sembrò quasi implorarla.

-Non preoccuparti, Takao. Certo che veniamo!- gli rispose la brunetta, a cui si era trasmesso un po’ dell’entusiasmo del giapponese.

-Perfetto! Allora vi aspetto per le sette e mezza. Puntuali!-

“Lui che viene a dire a me di essere puntuale. Questa si che è bella!” pensò Hilary mentre abbassava il ricevitore.

La sua attenzione fu poi richiamata da qualcosa di bianco, simile ad una piccola palla di pelo, che si strusciava allo stipite della porta della stanza.

-Shine! Sei sveglia anche tu? Vieni qui, bella!- la chiamò la ragazza. La gattina osservò per qualche istante la sua padrona, immobile, poi miagolò e in un attimo si ritrovò sopra al letto con un salto. Si lasciò accarezzare senza troppi complimenti, stendendosi sul materasso a pancia in sopra. La brunetta prese a grattarle il ventre e Shine iniziò a fare le fusa. Era una gatta molto bella, aveva appena un anno, Hilary e Kai infatti l’avevano presa qualche mese dopo essersi sposati. Era agile e scattante, aveva un pelo liscio e morbido del colore del latte, e due grandi occhi azzurri. Solo la punta dell’orecchio destro aveva una piccola macchia nera. Per il resto era neve candida.

-Chi era al telefono?-

La giovane sollevò lo sguardo su suo marito, appena uscito dal bagno. –Era Takao- gli rispose continuando a giocare con la gattina, sorridendo all’espressione scettica che era comparsa sul volto del ragazzo.

-Voleva sapere se venerdì sera andiamo a cena da lui. Io gli ho detto che ci saremo…vero?-

Kai si passò l’asciugamano, che teneva poggiato intorno al collo, sulla testa, asciugandosi i capelli e mugugnando qualcosa che assomigliava molto ad un:-Se proprio ci tieni…-

-Dai, tanto lo so che fa piacere anche a te!- ribatté lei, mettendosi seduta sul letto a gambe incrociate.

Il russo finì di vestirsi, stando attento a non acciaccare Shine che nel frattempo era scesa dal letto andandosi a strusciare contro le gambe del suo padrone.

La camicia portata fuori dai pantaloni con sopra una giaccia lasciata sbottonata, e la cravatta, gli davano un'aria formale ma non troppo inquadrata. Hilary pensò che stesse incredibilmente bene vestito così. Le piaceva da morire anche quando, ancora adolescente, portava quegli strani vestiti e quell'inseparabile sciarpa, ma doveva ammettere che quel rigorismo nel vestire cui lo costringeva il suo lavoro, risaltava al massimo il suo fascino, ormai adulto.

-Non vai in facoltà?-

La domanda di Kai fece tornare la ragazza con i piedi per terra. Sulle sua guance comparve un lieve rossore; era rimasta incantata a fissarlo come le capitava quando ancora non stavano insieme! Scosse la testa, dandosi mentalmente della stupida. Non era più una ragazzina ormai. Però non riuscì a non pensare a quanto lui fosse maledettamente bello.

-Ho solo una lezione più tardi- gli rispose, lanciando una rapida occhiata all’orologio. Erano appena le sette e mezza e il suo corso iniziava alle undici. Con la macchina impiegava circa mezz’ora a raggiungere l’università, aveva ancora tutto il tempo che voleva a disposizione.

Si alzò dal letto e corse verso suo marito, gettandosi tra le sue braccia e poggiando la testa sul suo petto.

-Cosa c’è?- le chiese lui, sorpreso da quella improvvisa reazione.

-Non andare al lavoro. Resta un po’ qui con me- gli disse. Il ragazzo sospirò prima di risponderle:-Sai che non posso. Devo andare-

-Ma io ti amo!- protestò la brunetta.

-Anche io- Kai le poggiò le mani sulle spalle, avvicinandosi al suo viso. –Ma questo non toglie che io debba andare comunque al lavoro-

La ragazza incrociò le braccia al petto e mise il broncio. –E va bene- si rassegnò infine.

Il russo la guardò per qualche istante. Quell’espressione crucciata sul suo viso lo faceva impazzire. Avrebbe voluto attirarla a sé e baciarla fino allo sfinimento, ma sapeva che se lo avesse fatto avrebbe rischiato di non uscire più di casa. Perciò cercò di darsi un contegno. Salutò la moglie con un semplice bacio sulla fronte e poi si avviò verso la porta d’ingresso dell’appartamento.

 

Poco più di un’ora dopo Kai, nel suo ufficio, si chiese perché non avesse accettato la richiesta di sua moglie di restarsene a casa. Con la schiena poggiata alla poltrona e le braccia incrociate al petto osservava la coppia, che aveva preso posto davanti alla sua scrivania, litigare furiosamente. Era una tra le tante coppie che erano venute da lui per chiedere il divorzio. O per meglio dire, il marito voleva il divorzio, ma la moglie non sembrava essere della stessa opinione. Lui l’accusava di aver avuto una relazione con un altro nel periodo in cui si era dovuto recare all’estero per tre mesi per cause di lavoro. Lei continuava a negare, nonostante l’evidenza dei fatti desse ragione al marito.

-Sei incinta di tre mesi, per la miseria! E visto che io sono rientrato a Tokyo solo da due, è chiaro che questo bambino non può essere mio!-

-Ti ho già detto che io non sono stata con nessun altro! Quante volte devo ripetertelo?- protestò la moglie.

-Certo! Allora sei rimasta incinta per opera dello Spirito Santo! Ma fammi il favore!- l’uomo si alzò dalla sedia, cominciando a passeggiare nervosamente per la stanza.

-Il medico si sarà sbagliato a dire che sono incinta di tre mesi!- ribatté la moglie, seguendo l’altro con lo sguardo.

-Il medico si sarà sbagliato?!- ripeté lui, voltandosi di scatto. –Il medico si sarà sbagliato?! No, ma dico, l’ha sentita?- fece, rivolgendosi questa volta a Kai, mal celando una risata di scherno nei confronti della compagna.

Il russo si limitò ad alzare un sopracciglio, mantenendo un’espressione apatica che forse avrebbe potuto far intendere che avrebbe preferito trovarsi da un’altra parte in quel momento.

-Siamo stati da due medici! Due!- continuò l’uomo, lasciando perdere l’opinione del suo avvocato, tornando a sedersi.

-E tutte e due hanno detto la stessa cosa. Ora voglio vedere se hai davvero il coraggio di dire che erano entrambi degli incompetenti!- disse in chiaro tono provocatorio, lanciando alla moglie uno sguardo che di certo non si sarebbe potuto definire amorevole.

Kai poggiò la testa su una mano domandansi, per l’ennesima volta, perché avesse scelto di fare giurisprudenza. Certo, aveva avuto subito successo come avvocato, aveva aperto uno studio pochi mesi dopo aver conseguito la laurea, ottenuta in tempi relativamente brevi, ma spesso faticava a trattare con le persone, nonostante cercasse di essere il più professionale possibile. Non che fosse mai stato bravo nelle relazioni sociali.

Guardò la coppia che continuava a litigare, incurante della sua presenza. Non gli era mai piaciuto occuparsi di divorzi, anche perché l’ottanta per cento delle volte uno dei due coniugi non era d’accordo. E a quel punto poteva succedere di tutto: litigate furiose, pianti disperati, silenzi esasperanti. C’era tutto quello che serviva per mettere in scena uno di quegli sceneggiati strappalacrime costruiti su tradimenti e incomprensioni.

Tirò un sospiro di sollievo quando il suo cliente e la moglie uscirono dal suo ufficio. L’uomo gli aveva detto di fargli recapitare direttamente a casa i documenti per il divorzio e che per allora avrebbe sicuramente convinto anche la compagna a firmare, e a quel punto avrebbe concluso l’atto alla presenza di un notaio. Kai sperò che fosse davvero così, l’idea di trovarseli nuovamente davanti a litigare non lo attirava per niente.

Gettò una rapida occhiata all’orologio, aveva ancora mezz’ora prima del prossimo appuntamento. Si alzò da dietro la scrivania e prese la sua giacca dall’attaccapanni. La infilò aprendo la porta per richiudersela alle spalle una volta uscito dal suo studio. Aveva bisogno di un caffè.

 

-Accidenti! Se lo avessi saputo non avrei perso tempo per venire fin qui!- imprecò Hilary mentre ingranava la retromarcia. Si voltò per controllare la strada dietro di lei e quando vide che era tutto tranquillo uscì dal posteggio. Mezz’ora di macchina da casa sua all’università per scoprire che il professore del corso di psicologia infantile, che avrebbe dovuto seguire quel giorno, era dovuto assentarsi per motivi di salute e nessuno aveva potuto sostituirlo. Così la lezione era stata rimandata. E ora cosa avrebbe fatto? Non le andava di tornare a casa, anche perché sarebbe stata da sola, visto che Kai lavorava fino al pomeriggio…

“Beh, però potrei pranzare con lui!” pensò sorridendo. Capitava raramente che pranzassero insieme durante la settimana, tra lavoro e università erano entrambi quasi sempre impegnati.

Si fermò al semaforo rosso. L’ufficio del ragazzo non era molto distante e lo avrebbe raggiunto in pochi minuti, quindi dato che non erano nemmeno le undici e mezza decise di approfittare del tempo che la separava dall’ora di pranzo per comprare gli ultimi regali di Natale. Appena scattò il verde imboccò la strada per il centro commerciale.

Ne uscì fuori circa un’ora più tardi piena di pacchi e pacchettini, cha caricò nel portabagagli dell’auto. Come al solito si era lasciata trasportare dall’entusiasmo dello shopping. Fortuna che poteva permetterselo. Certo, lei andava ancora all’università, ma proveniva da una famiglia piuttosto benestante, senza contare che Kai, oltre a lavorare come avvocato, aveva una grande eredità sulle spalle. A volte lo prendeva in giro dicendogli che lo aveva sposato solo per soldi. Ma lui non se la prendeva mai, o almeno così sembrava. Comunque non lasciava trasparire il fatto che “provocazioni” del genere lo toccassero.

Hilary arrivò davanti all’ufficio del russo pochi minuti più tardi. Parcheggiò la macchina ed entrò nel portone del palazzo, sperando che Kai non fosse già uscito per il pranzo. Non lo aveva avvertito, voleva fargli una sorpresa. Salì al primo piano dell’edificio e suonò alla porta accanto alla quale era infissa una targa con su scritto: “Avvocato Kai Hiwatari”, di fianco ad altre due con il nome di un procuratore e di un magistrato, che occupavano le altre stanze dell’appartamento.

L’ultima volta che era stata lì era stata ricevuta dalla segretaria, una signora prossima alla pensione, ma che si era dimostrata molto gentile con lei. Hilary si aspettava di trovare di nuovo l’anziana donna dietro alla scrivania della sala d’aspetto, ma si sbagliò di grosso. Quella che si trovò di fronte fu un’affascinante donna bionda sulla trentina. Evidentemente l’anziana signora era molto più prossima alla pensione di quanto sembrasse.

La brunetta la studiò per qualche istante. Aveva un fisico che pareva essere stato modellato col centimetro, e non mancava di mostrarlo, a giudicare dal modo in cui era vestita; un seno dalla curve mozzafiato infatti, sembrava lottare per non esplodere fuori dalla maglietta aderente, lasciata intravedere dalla generosa scollatura della giacca.

La segretaria accavallò le gambe, ed Hilary poté notare che indossava una mini gonna che se fosse stata di qualche centimetro più corta si sarebbe potuta scambiare per una cinta.

"Se va in giro nuda attira di meno l'attenzione..." pensò la brunetta.

-Ha un appuntamento?- le domandò la donna cercando di assumere un’aria professionale.

-Sono venuta per Kai, ma non sono una sua cliente-

-Ah, ho capito! Sei una delle tante fan di Kai! Mi dispiace deluderti ragazzina, ma questo non è il luogo adatto per chiedergli un autografo!- si passò una mano tra i capelli con gesto da star di Hollywood, ridendo in un modo che Hilary paragonò al verso di un’oca a cui le stavano torcendo il collo.

-Non sono una ragazzina…ho ventitre anni! E di certo non ho bisogno di un appuntamento per poter parlare con mio marito!- ribatté la giovane, irritata.

-Oh, ma allora tu devi essere Hilary! Ho sentito molto parlare di te…io sono Tamara Johnson. Ero curiosa di conoscerti, sai?-

Tamara si alzò dalla scrivania, avvicinandosi alla brunetta. La guardò aggrottando la fronte e inclinando appena la testa da un lato, studiandola come fosse uno strano quadro futurista. Vide che indossava una gonna lunga fino a metà polpaccio, un paio di stivaletti marroni senza tacco, che le arrivavano fino a poco sopra la caviglia, e un maglione colorato, non troppo stretto. Portava i capelli sciolti, lunghi fino alle spalle, scalati in modo che le incorniciavano perfettamente il viso.

La donna pensò che quella fosse il tipo di ragazza che probabilmente gli uomini avrebbero giudicato “carina”. Anzi, sicuramente. Ma dubitava che avrebbero potuto trovarla sexy o attraente, almeno non quanto trovavano sexy e attraente lei.

Uno strano sorriso si delineò sulle sue labbra, un sorriso che sembrava essere carico di ambigua soddisfazione, come di qualcuno che aveva appena raggiunto lo scopo che si era prefissato.

-Aspettami qui, vado a vedere se Kai ha tempo per te, tesoro- disse, mentre spariva sculettando verso l’ufficio del russo.

-Vado a vedere se Kai ha tempo per te, tesoro- ripeté Hilary, facendole il verso. Ma chi si credeva di essere quella? Si sedette sbuffando su una delle poltrone della stanza. Quanto non sopportava le donne come lei. Si lasciò andare sullo schienale della sedia prendendo a fissare un punto indefinito della moquette del pavimento. Restò imbambolata fino a quando un suono di campane non la riscosse da quel suo stato di trance. I rintocchi dovevano provenire dalla Chiesa della zona, situata nelle vicinanze.

Guardò l’orologio, era l’una, ciò significava che erano più di cinque minuti che “quella” era entrata nell’ufficio di Kai, quanto ci metteva a dirgli che fuori c’era sua moglie che lo aspettava?

Si alzò, avviandosi verso la stanza del russo. Spinse la porta leggermente socchiusa e decise di entrare, non le andava di aspettare oltre. E poi se Kai fosse stato impegnato con un dei suoi clienti avrebbe mandato via anche la segretaria che invece non era ancora uscita…anzi, forse fu proprio questo a spingere Hilary a varcare la soglia di quella porta.

Ciò che vide però la lasciò un po’ sconcertata e impalata sull’uscio. Tamara era piegata sulla scrivania di Kai, gli avambracci poggiati sul tavolo e per un motivo che la brunetta giudicò ignoto si era tolta la giacca. Neanche a dire che facesse caldo. Era dicembre e la temperatura fuori andava sotto lo zero. Senza contare che la maglietta che indossava era talmente fina ed aderente che poteva essere considerata come una seconda pelle. E sicuramente chiunque fosse stato dall’altra parte della scrivania, attraverso quella scollatura, avrebbe avuto una panoramica complessiva del “paesaggio”.

Il ragazzo comunque non sembrava averci fatto molto caso, era impegnato a scrivere su dei documenti e non degnava di uno sguardo la sua segretaria.

-Oh, tesoro!- fece Tamara con la sua voce stridula appena si accorse della presenza della giovane. –Stavo per venire a chiamarti. Ho detto a Kai che lo stavi aspettando!-

“E c’era bisogno di togliersi la giacca per farlo?” pensò la giapponese mentre la donna le passò accanto, uscendo dall’ufficio.

-Come mai non sei in facoltà?- le chiese il marito, senza staccare gli occhi dalle carte di cui si stava occupando.

-Il professore che doveva tenere il corso è dovuto assentarsi e non c’era nessuno che potesse sostituirlo- gli spiegò in breve.

-Speravo di poter pranzare con te…sempre se non sei troppo impegnato. Possiamo prendere la mia macchina- continuò. Il russo ripose i fogli nel cassetto della sua scrivania, poi sollevò lo sguardo sulla brunetta. 

-Andiamo- le disse alzandosi. -Ma a piedi, qui vicino c’è un ristorante. La settimana scorsa ci sono stato per un pranzo di lavoro-

-Ah, quindi porti a pranzo tua moglie dove sei già stato con i tuoi colleghi? Tu si che sai essere romantico, Kai!- scherzò lei.

-Si mangia bene- ribatté.

-Ah beh, allora…va bene!- gli sorrise.

-E poi lo sai che non sono un tipo romantico-

-Si…lo so- sospirò appoggiandosi al suo braccio. Uscendo il ragazzo lasciò detto alla segretaria di lasciargli i messaggi direttamente sulla scrivania del suo ufficio, se mai qualcuno avesse chiamato per lui.

-Come vuoi, Kai- disse, allontanandosi un poco con la sedia dal tavolo, per poi accavallare le gambe con la chiara intenzione di metterle in bella mostra.

-Ci penso io, tu vai pure tranquillo…mi ha fatto davvero piacere conoscerti, Hilary- fece poi, rivolgendosi a quest’ultima. La brunetta si sforzò di sorridere pensando intanto quanto fosse ipocrita e sfacciata la donna che aveva di fronte.

 

-Allora, si può sapere cos’ hai?- Kai si fermò, voltandosi verso Hilary.

-Niente…- gli rispose la ragazza.

Il russo continuò a fissarla in silenzio, non credendo alla sua risposta. Sapeva che c’era qualcosa che le dava pensiero, glielo leggeva in faccia. Inoltre era rimasta zitta per quasi tutto il pranzo, e questo non era da lei.

La brunetta abbassò gli occhi, non sopportando oltre il peso dello sguardo indagatore del marito. La verità era che non riusciva a levarsi dalla testa la segretaria di Kai, quella Tamara. Non sopportava il modo in cui si comportava. Non le piaceva per niente.

-Perché non mi hai detto che in ufficio hai una nuova segretaria?- gli chiese.

-Non credevo ti potesse interessare- rispose lui, semplicemente.

“Non mi interesserebbe se fosse una cozza” pensò. Bionda, occhi scuri da gatta seducente, fisico statuario, femminilità e fascino. Lei al confronto non era niente.

Tornò ad affiancare il russo, lanciandogli delle rapide occhiate di tanto in tanto. Avrebbe tanto voluto chiedergli se trovava quella donna attraente, magari più di lei. Ma non aveva il coraggio di domandarglielo. Era ovvio che trovasse bella quella donna, qualsiasi uomo sano di mente l’avrebbe giudicata tale.

In fondo era normale. Lei stessa trovava belli anche altri uomini, infatti quando uscivano nuovi film con protagonisti i suoi attori preferiti, costringeva Kai a portarla al cinema a vederli. Ma un conto era rimanere affascinati dalla bellezza di qualcuno che sapevi di non poter mai incontrare, e un conto era avere quel qualcuno davanti agli occhi, dal vivo; e magari pronto a saltarti addosso mezzo svestito.

Improvvisamente le tornò in mente la scena di poco più di un’ora prima, quando Tamara si era piegata sulla scrivania di Kai con chiara aria provocatoria.

-Ma certo che mi interessa!- sbottò ad un tratto. –Penso che sia pieno diritto di una donna sapere se un’altra ci provi spudoratamente con suo marito!-

Il ragazzo si fermò, voltandosi nuovamente verso Hilary. –Si può sapere che stai dicendo?- le domandò, non capendo dove l’altra volesse arrivare.

-Sto dicendo che la tua segretaria ci sta provando con te, Kai!-

-La Johnson? Ma per favore!- ribatté, sopprimendo a stento una risata di scherno. 

-Oh, andiamo Kai! Ma se oggi quando è entrata nel tuo ufficio, ti ha praticamente sbattuto in faccia tutto quel davanzale che si ritrova sul davanti!- protestò Hilary.

-Non ti pare di esagerare?-

-No, affatto! Quella vuole che le salti addosso! E’ così evidente!-

-L’hai vista solo per cinque minuti…come fai ad esserne sicura?-

-Sono una donna, certe cose le so- gli rispose, incrociando le braccia al petto. Sapeva di potersi fidare di Kai, ma non si fidava per niente di quella Tamara. E sapeva anche che le donne come lei, quelle che credevano di poter avere tutto, spesso alla fine, quel tutto lo ottenevano; senza preoccuparsi del “come”.

Il russo guardò la ragazza, ripensando a quanto gli aveva appena detto. A dire la verità non aveva mai prestato troppa attenzione a quello che faceva la sua segretaria. Certo, doveva ammettere che era una bella donna, ma nient’altro. Ed era anche sicuro che la brunetta stesse esagerando, anche se dalla sua espressione sembrava seriamente convinta del contrario.

Le si avvicinò, posandole le mani sui fianchi.

-Anche se fosse vero…- esordì abbozzando un sorriso -C’è solo una persona a cui io voglio saltare addosso…aspetta solo che torni a casa e…- fece in tono malizioso, prendendo a baciarle il collo.

Hilary chiuse gli occhi rabbrividendo a quel contatto. Sorrise mentre si stava per lasciare andare tra le braccia di suo marito, dimenticandosi per un attimo quello che stava dicendo.

-No!- esclamò dopo qualche secondo, allontanando il ragazzo da lei. –Guarda che dico sul serio!-

Kai alzò gli occhi al cielo. -Cosa vuoi che ti dica? Che tu sei l’unica al mondo che voglio, che nemmeno nei miei sogni ho pensato di andare con un’altra, e che morirei piuttosto che passare un solo secondo con una donna che non sia tu?-

-Beh…sarebbe carino…ma so che non lo faresti mai- sarebbe stato troppo romantico per il grande Kai.

Il russo le prese la mano sinistra, passando le dita sopra la fede che portava all’anulare.

-Sull’altare ho promesso che ti avrei amato per tutta la vita. Non lo avrei mai fatto se non ne fossi stato certo…e non intendo rompere quella promessa-

Hilary gli sorrise dolcemente, incrociando i suoi occhi. Occhi in cui amava perdersi, occhi che ricercava come prima cosa la mattina appena si svegliava, e come ultima la sera prima di addormentarsi. Come poteva resistergli?

Intrecciò la mano con quella del ragazzo e camminarono in silenzio fino sotto l’ufficio.

 

TO BE CONTINUED…

 

 

E qui termina il primo cap!! Del secondo ne ho scritto già la metà quindi non tarderò a pubblicare!! Conto di postarlo in una, due settimane al massimo!!^^ Intanto fatemi sapere se questo vi è piaciuto! Ovviamente è solo l’inizio, il vivo della storia arriva con il prossimo e ultimo capitolo!!

A presto e buone feste!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nemmeno un quarto d’ora dopo Kai varcò la soglia della porta dell’appartamento di Tamara, preceduto dalla donna

Hola!!!! Eccomi qui con il nuovo capitolo!! Questa volta il ritardo non è solo colpa mia però!! Mi è saltato internet per più di un mese e la cosa mi stava facendo saltare i nervi, poi ho avuto gli esami e il computer potevo appena guardarlo da lontano ç_ç…ma ora è tutto risolto!!^^ (o almeno lo spero…). Comunque…vi lascio al nuovo cap. che però non è l’ultimo come avevo detto!! Stava venendo troppo lungo quindi l’ho spezzato ulteriormente in due…perciò questo è il penultimo!!!^^ Buona lettura!!!^^

 

 

Ventidue dicembre. L’atmosfera natalizia aveva ormai invaso l’intera città. Stelle e luci colorate erano appese in ogni angolo delle grandi strade commerciali. I negozi si apprestavano a vendere gli ultimi articoli regalo e musica di festa riecheggiava per le vie.

Kai guardò l’orologio: le cinque e mezza. Non vedeva l’ora di tornarsene a casa. Fortunatamente rimaneva ancora un giorno poi sarebbero cominciate le feste. Non che fosse mai andato pazzo per le ricorrenze, ma si era stancato di lavorare e doveva ammettere che una pausa gli era più che gradita. Senza contare che avrebbe potuto stare un po’ di più con Hilary. Ultimamente aveva avuto molto da fare, a volte aveva anche dovuto portarsi delle pratiche a casa dal lavoro.

Accese il computer, gli rimanevano da stampare dei documenti e per quel giorno aveva finito. Ma le cose non andarono come le aveva previste. Sul monitor del portatile gli apparve una finestra di dialogo che lo avvertiva che la stampante non rispondeva ai comandi. Provò di nuovo ma ottenne lo stesso risultato. Sbuffò, probabilmente si era guastata.

-Masaki e Kinomoto sono già andati via?- domandò alla sua segretaria, uscendo dal suo ufficio.

Tamara alzò gli occhi su Kai, sfoggiando un sorriso seducente. –Dieci minuti fa. Perché?-

-Dovevo stampare un documento ma la mia stampante è rotta. Pensavo di usare la loro-

A quanto pareva però doveva rinunciare. Quando andavano via dal lavoro i suoi colleghi chiudevano l’ufficio a chiave e la portavano con sé. Non poteva nemmeno stampare il file a casa perché il computer era ad aggiustare. Sembrava proprio che non avesse molta fortuna con gli apparecchi elettronici.

-Beh…se vuoi…- esordì la donna alzandosi in piedi. –Casa mia è a dieci minuti da qui, puoi venire a stamparlo da me-

-Non fa niente, lo chiederò domani ad uno dei mie colleghi-

-Ma né Masaki né Kinomoto verranno domani. Si sono presi un giorno di ferie per allungare le vacanze di Natale- gli annunciò Tamara.

-Davvero- proseguì poi –A me non crea alcun problema. Vedrai che non ci metteremo molto- gli disse cercando di convincerlo.

Kai gettò una rapida occhiata alla finestra. Nonostante fosse ancora pomeriggio il cielo era buio come a tarda sera. –D’accordo- accettò infine, non accorgendosi del sorriso soddisfatto che era comparso sul volto della donna.

 

Nemmeno un quarto d’ora dopo Kai varcò la soglia della porta dell’appartamento di Tamara, preceduto dalla donna. Si guardò intorno, scorgendo velocemente il grande salone sul quale dava direttamente l’ingresso. “Una casa piuttosto grande per viverci da soli” pensò.

-Vivo qui insieme a mio fratello- Tamara sembrò leggere nella sua mente. –Ma oggi lui non c’è. E’partito per le vacanze di Natale insieme alla sua ragazza- continuò, facendo accomodare il suo ospite sul divano.

-Vuoi del caffè?- gli chiese e senza nemmeno dargli il tempo di rispondere, si avviò verso la cucina con l’intenzione di andare a prepararlo. Sparì oltre la porta del soggiorno prima che Kai potesse dirle che non ce ne era bisogno. Non voleva trattenersi troppo, giusto il tempo che serviva per stampare il file.

Evidentemente Tamara era di tutt’altro avviso. Mentre riempiva la macchinetta con il caffè, e la metteva sul fuoco, pensava ad un modo per farlo rimanere a casa sua il più a lungo possibile. Poi si sporse appena oltre la soglia, senza farsi vedere, quel tanto che bastava per scorgere il russo seduto sul divano, con le braccia incrociate al petto, intento a studiare con sguardo serio i quadri appesi al muro del salotto.

“Come può un uomo essere così bello? Ed è ricco, per giunta…” pensò, tornando a spostare lo sguardo sulla caffettiera. Abbassò la fiamma al minimo e sorrise soddisfatta. Così il caffè avrebbe impiegato di più a prepararsi. Si passò una mano tra i capelli biondi e, sicura di sé, tornò nel salone.

-Allora…ti piace la mia casa, Kai?- gli chiese con voce troppo seducente per essere una semplice domanda disinteressata.

-Carina-

-Beh, sai…-

-Ti dispiace se stampiamo quei documenti?- le domandò, interrompendo quella conversazione sul nascere.

Tamara lo fissò scettica. -Ma…il caffè…-

-Lo prenderemo dopo- disse deciso. La donna restò basita per qualche istante di fronte alla sua freddezza. Poi una mal celata espressione di disappunto si manifestò sul suo volto. –Come vuoi-

Gli fece strada verso una piccola stanza, dove c’era spazio per un computer, un vecchio armadio e una finestra. Era irritata dal fatto che lui non la degnava neppure di uno sguardo. Non era abituata a farsi trattare così dagli uomini. Solitamente gli bastava sfoggiare un sorriso seducente, per ottenere da loro quello che voleva. Difficile incontrare qualcuno che sapeva resisterle, davvero difficile.

-Prego, è tutto tuo- si rivolse a Kai, accennandogli al computer.

“Poco male” pensò, mentre vedeva il suo capo sedersi davanti l’elaboratore elettronico. Sarebbe stata una sfida più interessante. Si chiedeva soltanto come poteva una ragazzina semplice e scialba come Hilary essere riuscita a sposare uno come Kai.

-Kai…per caso tu ed Hilary avete un figlio?- gli chiese all’improvviso.

-No- le rispose.

Lei parve riflettere su quella risposta. Nemmeno a dire che Hilary fosse rimasta incinta e l’avesse costretto a sposarla. Non riusciva proprio a capire.

-Allora…da quanto tempo tu ed Hilary siete sposati?-

-Un anno e tre mesi-

-Oh…- esclamò. -Vi siete sposati molto giovani. Solitamente i matrimoni così precoci non resistono a lungo-

-Stavamo insieme da molto tempo- gli diede come unica spiegazione. Il loro matrimonio andava benissimo e sinceramente non vedeva il motivo per cui doveva rendere conto a qualcuno di questo.

Kai inserì il compact disc nel lettore e attese che si caricasse. In un attimo gli si aprì il documento davanti agli occhi e l’attimo dopo stava già andando in stampa. In pochi minuti una piccola pila di fogli uscì dalla stampante. Il russo prese a sfogliare rapidamente ogni pagina.

-Bene…c’è tutto- sentenziò. –Grazie- aggiunse poi alzandosi dalla sedia.

-Figurati, Kai! Sono sempre a tua disposizione- il tono della donna e soprattutto il suo modo di protendere avanti il petto lasciava chiaramente alludere a ben altro.

-Credo che il caffè sia pronto- ribatté Kai, senza staccare gli occhi dai documenti.

 

Aveva ragione. L’aroma del caffè si era diffuso per tutta la casa fino a raggiungere i loro nasi. Tamara era andata in cucina, pregando il suo ospite di tornare ad accomodarsi in salotto. Aveva riversato il liquido in due tazzine e aspettato che si freddasse, poi aveva poggiato i bicchieri sul tavolo del salone, prendendo posto vicino a Kai.

Doveva inventarsi qualcosa. Nessun uomo che era entrato in quella casa, a parte suo fratello, ne era uscito come se avesse appena fatto visita ad un suo vicino d’appartamento. Non sopportava l’idea di uscirne sconfitta, lei aveva sempre ottenuto tutto quello che voleva.

Mentre portava la tazza alla bocca osservò il suo capo. Notò che indossava una camicia a maniche lunghe bianca, piuttosto semplice, una con cui era solito venire al lavoro. Suo fratello ne aveva una simile.

Un sorriso ambiguo comparve sulle sue labbra. Aveva finalmente trovato l’idea che stava cercando. Curiosa di vedere se avrebbe funzionato non aspettò oltre per metterla in pratica.

Finì in fretta il suo caffè e si alzò dal tavolo, urtandoci contro volontariamente, quel tanto che bastò per far rovesciare la tazzina di Kai, ancora piena per metà. Il caffè finì addosso al ragazzo.

-Oh, Kai! Mi dispiace tanto! Sono proprio maldestra! Non era bollente, vero?- fece fingendosi terribilmente dispiaciuta.

-No, era tiepido- replicò l’altro alzandosi in piedi.

-Mi dispiace davvero! Ti laverò io la camicia per scusarmi!-

-Non ce n’è bisogno-

-No, insisto! E’ colpa mia se si è macchiata!- Tamara si diresse velocemente nella camera del fratello, uscendone poco dopo con in mano una camicia simile a quella che portava il ragazzo.

-Indossa questa e lasciami la tua. Domani te la riporterò pulita- gli disse, mettendogli in mano l’indumento.

-Ma…-

-Puoi cambiarti in bagno. O in una delle camere. Dove vuoi- dichiarò la bionda, senza lasciargli il tempo di finire la frase.

Kai parve rassegnarsi. La donna lo vide entrare in bagno e chiudere la porta dietro di lui. Sorrise trionfante. La prima parte del suo piano aveva funzionato.

Spostò lo sguardo verso l’attaccapanni vicino alla porta d’ingresso. Appesa ad uno dei pomelli c’era la giacca del suo capo. Si avvicinò e mise la mano in una delle tasche. Vuota. Passò all’altra e ne estrasse un cellulare. Il cellulare di Kai.

Si affrettò a nasconderlo tra i cuscini del divano non appena sentì la porta del bagno aprirsi.

-A quanto pare avevo visto giusto. Tu e Pete avete la stessa taglia- disse quando vide Kai con addosso la camicia del fratello. Era molto simile a quella che il ragazzo portava poco prima. A parte la rifinitura delle maniche…e quel piccolo particolare che distingueva tutti gli indumenti di Pete, anche se non risaltava immediatamente all’occhio.

Tamara pensò che forse la moglie avrebbe potuto accorgersi di quella sottile differenza…ma se così non fosse stato ci avrebbe pensato lei stessa a fargliela notare.

-Bene…allora domani ti riporterò la tua camicia pulita. E scusami ancora- gli ripeté prima di accompagnarlo fino alla porta. Lo salutò e Kai ricambiò con un lieve cenno.

Quando fu sola si sedette sul divano e raccolse il cellulare di Kai, nascosto tra i cuscini. Lo osservò con noncuranza mentre ripensava alla messa in scena che aveva architettato. Certo doveva ammettere che visto dall’esterno quello era proprio un piano stupido, e quasi patetico. Ma spesso erano proprio i piani più stupidi a funzionare…e l’ennesimo sorriso di soddisfazione comparve sulle labbra della donna.   

 

Hilary si portò una mano alla bocca sbadigliando sonoramente, mentre annoiata faceva zapping tra i programmi della televisione. Non trasmettevano niente di bello a quell’ora. La verità era che non sapeva cosa fare. Aveva passato tutto il giorno a leggere, pulire la casa, preparare la cena, cercando di far passare il tempo, ma i minuti sembravano scorrere a rilento. I corsi all’università erano sospesi per le vacanze di Natale, così aveva passato tutto il giorno a casa, da sola.

Guardò fuori dalla finestra, il cielo buio come a notte fonda. Sospirò, Kai non era ancora rientrato…

Proprio in quel momento però sentì scattare la serratura della porta d’ingresso. In fretta si alzò dal divano, spense la televisione e si precipitò sull’uscio, gettando le braccia intorno al collo del marito, appena rientrato.

-Ciao amore! Mi sei mancato tanto!- lo salutò, poggiando la testa sul suo petto.

-Sono solo andato al lavoro- ribatté lui.

-Si, ma oggi sono rimasta a casa tutto il giorno e mi sono annoiata a morte senza di te…-

Kai abbozzò un sorriso, portando una mano sotto il mento della ragazza, sollevandolo quel tanto che bastava per incrociare i suoi occhi. Lentamente si avvicinò al suo viso, sfiorando le sue labbra in un lieve bacio. Un bacio breve e semplice. Hilary non sapeva il perché, ma le piaceva da morire quando la baciava così.

-Come mai sei rientrato così tardi? Ti aspettavo più di un’ora fa- gli chiese quando si separarono.

Il russo la fissò per qualche istante, in silenzio. Parve riflettere prima di risponderle. –Ho preferito rimanere di più in ufficio a terminare il lavoro, piuttosto che portarmelo a casa-

-Ho capito- annuì la ragazza. –Almeno adesso avremo tempo solo per noi- gli disse sorridendo. Si allontanò da lui, rivolgendogli uno strano sguardo.

-Cosa c’è?-

-Ti va di fare un bagno…con me?- gli propose, un guizzo di malizia nella voce.

-E’ una proposta interessante…- ribatté lui, mal celando un sorrisino compiaciuto.

La brunetta rise. –Bene. Allora io vado a preparare il bagno. Ti chiamo quando è pronto- disse avviandosi nella stanza accanto.

Kai la seguì con lo sguardo finché non scomparve oltre la soglia. Sospirò appena. Non gli piaceva averle mentito ma non poteva rivelarle la verità sul perché aveva fatto tardi. Se gli avesse detto che era stato a casa di Tamara, come avrebbe reagito Hilary? Si ricordava perfettamente quanto gli aveva detto su quella donna il giorno prima. Ed era chiaro che non le piaceva per niente.

Scosse la testa, aveva fatto la cosa migliore. In fondo non era successo niente e lui non aveva niente da nascondere.

 

Il pomeriggio del giorno dopo, il pavimento del salotto della casa di Kai ed Hilary era cosparso di pacchi e pacchettini.

-Vediamo un po’…questo è per Max, e questo per Rei…- fece la ragazza, indicando due scatole di diversa grandezza avvolte con carta natalizia.

-E quello di Takao?- si domandò guardandosi intorno, non trovando il regalo per l’amico. Stava preparando i regali da portare la sera successiva, per la Vigilia, quando avrebbero festeggiato tutti insieme. Si alzò da terra, dirigendosi nella sua camera e aprì l’armadio di fronte al letto.

Ispezionò gli scaffali uno ad uno, ma la sua ricerca non diede i frutti sperati.

-Eppure ero certa di averlo messo qui…- si portò una mano al mento, pensando a dove potesse aver messo il pacchetto, quando il campanello della porta interruppe le sue riflessioni.

Andò ad aprire, aspettandosi di trovare Kai sulla soglia che tornava a casa dal lavoro, ma le sue aspettative furono deluse. La persona che si trovò di fronte era l’ultima che si aspettava di vedere. Il sorriso che aveva riservato per il marito sparì immediatamente dalle sue labbra.

-Ciao Hilary! Scusa il disturbo!-

-Ciao- ribatté lei, senza entusiasmo. Tamara Johnson. Che diavolo era venuta a fare a casa sua?

-Kai è in casa?- domandò la bionda, sfacciata.

-No, Kai non c’è- e non ci sarà mai per te, avrebbe voluto aggiungere.

-Oh…non è ancora tornato? Io ho staccato prima dall’ufficio oggi, ma a quest’ora pensavo di trovarlo a casa-

Hilary continuò a fissarla senza dire una parola.

-Beh, non importa, ero venuta per riportargli questa…ma posso anche darla a te- continuò la donna porgendole una busta.

La brunetta la prese in mano, scettica. Posò un’ultima volta lo sguardo sulla Johnson, prima di spostarlo sulla busta e aprirla, per controllare il suo contenuto. Rimase sorpresa di trovarci dentro un indumento bianco. Una camicia.

-Kai l’ha lasciata a casa mia…oh, e non preoccuparti, l’ho già lavata io!- disse come fosse la cosa più naturale del mondo, fingendo di non accorgersi dell’espressione confusa che era comparsa sul volto di Hilary. Poi si avviò come se niente fosse verso le scale del pianerottolo.

-Aspetta!- la voce della giovane la bloccò sul primo gradino. Le sue labbra provocanti si incurvarono in un sorriso maligno. Si voltò appena.

-Quando…quando è stato a casa tua Kai?- le domandò la brunetta.

-Ieri pomeriggio…perché?- ribatté l’altra.

-Non…non è possibile. Kai mi ha detto che è rimasto di più in ufficio perché non voleva portarsi il lavoro a casa-

-Sono sicura che ti ha detto così, tesoro…- le rispose Tamara, con un sorriso e un tono di voce chiaramente allusivo.

-Cosa stai cercando di insinuare?- l’espressione di Hilary passò in un attimo da confusa a dura e fredda.

-Penso che tu l’abbia capito benissimo…- ridacchiò la Johnson, lisciandosi con la mano i suoi capelli biondi.

-Sei solo una bugiarda-

-Davvero? Eppure quella se non sbaglio è proprio la camicia di Kai- indicò con un dito l’indumento che la brunetta teneva in mano.

Hilary guardò la camicia. Era vero, era uguale a quella di Kai. Uguale. Ma questo non significava che fosse necessariamente la sua.

-Potresti averne comprata una uguale, per quanto ne so, dicendomi che in realtà è la sua. Come stai facendo adesso-

-Oh! Mi credi davvero così meschina?- fece la bionda portandosi una mano al petto, fingendo di essersi offesa, enfatizzando la battuta per darle un’aria palesemente teatrale.

-Anche di più- replicò la giovane, stringendo gli occhi castani a due fessure. –Senza contare che quando Kai è tornato a casa ieri sera, ce l’aveva la camicia-

-Beh sai…io vivo con mio fratello e lui è un tale disordinato…nella fretta di rivestirsi, Kai deve aver scambiato la camicia di mio fratello per la sua, vestono in modo molto simile…-

Hilary sembrò vacillare sotto l’effetto delle parole della donna. Per un attimo si sentì mancare il fiato, ma pochi secondi dopo tornò a respirare regolarmente. Non poteva crederci, non poteva essere così. Quella donna voleva solo ingannarla.

-Non ci credo. Kai non farebbe mai una cosa simile- affermò decisa.

La Johnson ridacchiò nuovamente in modo stridulo. –E perché no, scusa? Perché ti ama? Tu continua pure a credere nelle favole se vuoi…in fondo sei poco più che una bambina!-

-Vattene!- le urlò contro la ragazza.

Tamara però, invece di andarsene salì di nuovo sul pianerottolo avvicinandoci ad Hilary, squadrandola dall’alto in basso.

-Kai può avere tutte le donne che vuole, mentre tu…beh, guardati…l’ho appena detto: sei poco più che una bambina-

La brunetta afferrò con forza la porta di casa con la chiara intenzione di sbattergliela in faccia, ma la donna di fronte a lei la bloccò con una mano poco prima che potesse chiuderla del tutto.

-Un’ultima cosa…mio fratello si chiama Pete-

Dopodichè un boato assordante risuonò per tutto il palazzo.

 

Hilary rimase con la schiena appoggiata alla porta d’ingresso. Immobile, in silenzio. Sui vetri delle finestre intanto cominciarono a scendere piccole gocce di pioggia, prima lente poi sempre più veloci. La brunetta restò in quella posizione fino a che la pioggerella non si trasformò in un vero e proprio temporale. Poi, quasi i suoi piedi si muovessero da soli, si avviò verso la camera da letto.

Entrando nella stanza sussultò non appena scorse la camicia bianca di Kai poggiata sullo schienale della sedia della scrivania. Quel giorno ne aveva indossata un’altra per andare al lavoro.

La osservò da lontano per qualche istante, non riuscendo a far niente per impedire alle parole di Tamara di vorticarle ancora per la mente.

 

“Nella fretta di rivestirsi, Kai deve aver scambiato la camicia di mio fratello per la sua”

 

Hilary scosse la testa, doveva levarsi dalla mente le parole di quella donna. Tamara voleva Kai e a quanto pareva era disposta a tutto per averlo. Anche a raccontarle sfacciatamente bugie con lo scopo di confonderla e insinuarle il dubbio che il marito potesse tradirla. Non doveva caderci.

 

“Kai può avere tutte le donne che vuole, mentre tu…beh, guardati…”

 

Pur non volendo, le parole di quella donna continuavano a riecheggiare nella sua testa trascinandola lentamente verso la sedia sulla quale era poggiato l’indumento. Prese in mano la camicia studiandola. Non le sembrava molto diversa da quella che Kai indossava di solito. Istintivamente le sue dita finirono sul colletto, rivoltandolo…

Un lampo squarciò il cielo, illuminandolo per un istante come se fosse giorno, seguito subito dopo dal rombo scrosciante di un tuono.

Hilary rimase paralizzata, ma non per il lampo o per il tuono, ma per due semplici lettere ricamate sul colletto della camicia: P.J.

 

“Un’ultima cosa…mio fratello si chiama Pete”

 

Pete Johnson.

Si sedette sul letto continuando a fissare la camicia. Non poteva crederci, Kai non poteva averle fatto questo. Doveva esserci una spiegazione, doveva per forza essere così.

In fretta prese il telefono e compose il numero del cellulare del ragazzo, attendendo che rispondesse. Uno squillo. Due squilli. Tre squilli.

-Si, pronto?- sentì una voce risponderle dall’altra parte. Una voce di donna. La “sua” voce.

Attaccò il telefono che le scivolò tra le dita andando a finire a terra. Hilary non si preoccupò di riprenderlo, troppo shockata.

Restò a fissare il vuoto davanti a lei, in silenzio, immobile, per quella che le parve un’eternità, mentre la sua mente non riusciva a pensare a niente. Poi si alzò da terra, infilò il cappotto e si diresse verso la porta d’ingresso, aprendola per richiudersela immediatamente alle spalle, lasciando l’appartamento nel buio più totale.

 

Tamara, dall’interno della sua macchina, vide Hilary uscire in gran fretta dal portone del palazzo ed entrare in un auto grigia metallizzata parcheggiata a pochi metri di distanza. La vide azionare il motore, e poco dopo, sfrecciarle accanto, senza accorgersi della sua presenza, per imboccare una via secondaria.

Rimase a guardare per qualche istante l’angolo in cui la brunetta aveva svoltato, mentre i tergicristallo si muovevano avanti e indietro sul parabrezza, davanti ai suoi occhi, cercando di asciugare il vetro dalla pioggia che continuava a cadere ritmicamente.

Spostò poi lo sguardo sul cellulare che aveva in mano, quello a cui aveva risposto poco prima, quello che aveva sottratto alla giacca di Kai il giorno precedente.

-Che sbadata…ho dimenticato di restituirle anche questo…- disse, mentre sul suo volto compariva un sorriso soddisfatto.

 

Hilary parcheggiò la macchina e scese dall’auto senza preoccuparsi di prendere l’ombrello. Pioveva a dirotto ma non le importava. Oltrepassò il cancello di casa Kinomiya e percorse sotto l’acqua il vialetto che la separava dalla porta della villa. Suonò il campanello ed attese che qualcuno venisse ad aprirle.

-Hilary! Che ci fai qui? La Vigilia è doma…- Takao si bloccò, non concludendo la frase. La ragazza che aveva di fronte era completamente bagnata dalla testa ai piedi e aveva un’espressione vuota in viso.

-Cosa è successo?- domandò preoccupato.

-Posso…posso entrare?- fu tutto ciò che la brunetta riuscì a dire.

Il giapponese le fece spazio per lasciarla passare e le andò subito a prendere un asciugamano per asciugarsi. Faceva freddo e se rimaneva bagnata rischiava di prendersi un malanno. Le preparò anche del tè caldo mentre lei, seduta su una delle sedie della cucina, guardava come in trance la pioggia che batteva sui vetri della finestra. Non le chiese niente, limitandosi a gettarle delle occhiate ogni tanto.

Le porse la tazza con il liquido bollente e si sedette di fronte a lei.

Hilary la prese tra le mani mormorando un sommesso -Grazie- mentre lentamente se la portava alle labbra. Soffiò appena sul suo contenuto e ne bevve un sorso. Poi poggiò il bicchiere sul tavolo, in silenzio.

-Hilary…cosa è successo?-

La ragazza si riscosse appena, ma non rispose.

-Se non ti va di parlarne non sei costretta…ma sei venuta fino a qui e…poi da quanto ci conosciamo? Dieci anni? Non pensi di poterti fidare di me?- le sorrise cercando di rassicurarla.

La giovane sollevò lo sguardo sull’amico per poi riabbassarlo subito dopo. Tornò a fissare il contenuto della tazza e sentì improvvisamente riempirsi gli occhi di lacrime.

-Si tratta di Kai…io…io credo…che abbia un’altra- disse, cercando di non far tremare la voce.

-Cosa?! Ma che dici, Hil! E’ impossibile, e questo lo sai!- ribatté Takao, scioccato da quell’ultima affermazione.

-Ah, davvero? E perché?- replicò cercando di essere sarcastica. Cosa che non le riuscì affatto.

-Perché lui ti ama! Non capisco…perché pensi questo?-

Hilary gli raccontò ogni cosa. Del fatto che la sera prima era rientrato tardi, dello scontro avuto con Tamara, della camicia, della voce della donna che aveva risposto al cellulare di Kai.

L’amico l’ascoltò senza interromperla. Gli sembrava impossibile che Kai avesse fatto una cosa del genere. Sapeva benissimo quanto lui amasse Hilary, bastava osservare il suo comportamento per accorgersene. Per quanto potesse sembrare freddo all’apparenza, c’era qualcosa nei suoi gesti, di appena accennato, ma che contribuiva a raddolcire quella sua immagine impassibile che da anni si portava dietro. Più volte l’aveva sorpreso a guardare la ragazza, e poteva giurare di non averlo mai visto rivolgere a nessun altro lo stesso sguardo.

La brunetta si asciugò gli occhi rossi con la manica del maglione, tirando su col naso.

Eppure, stando a quanto gli aveva appena detto Hilary, i fatti parevano affermare il contrario.

Takao si alzò, andando a sedersi accanto alla compagna. –Dovresti parlare con Kai e farti spiegare come stanno esattamente le cose- le disse, posando una mano sulla sua.

-Lo so…ma ho paura. Se lui mi dicesse che…che ha davvero un’altra e non vuole più saperne di me…io non saprei…- disse con la voce spezzata.

-Io non saprei cosa…- non riuscì a concludere la frase perché un singhiozzo le arrivò alle labbra. Abbracciò l’amico, ricominciando a piangere. Aveva bisogno di sfogarsi e Takao glielo lasciò fare. Le accarezzò dolcemente la testa aspettando che si calmasse.

-Va meglio adesso?- le chiese quando la ragazza smise di singhiozzare. Hilary annuì appena.

-Io non sapevo dove andare...non volevo rimanere a casa ad aspettare che tornasse Kai-

-Puoi rimanere qui per stanotte, se vuoi- propose il ragazzo.   

-Grazie, sei gentile. Tu aiuti sempre tutti…lo hai sempre fatto…-

-Già! Forse dovrei cominciare ad andare in giro con un mantello!- scherzò. Anche la brunetta abbozzò un sorriso. Si separò da lui, allontanandosi appena. I loro visi si trovarono a pochi centimetri di distanza e i loro nasi quasi si sfioravano.

Si guardarono negli occhi in silenzio, poi Hilary si sporse leggermente verso di lui finché le loro labbra si toccarono soltanto, in un delicato bacio.

Takao poggiò le mani sulle spalle dell’amica allontanandola dolcemente da sé. –Hil…Hilary…sei sconvolta adesso…- le disse in un sussurro.

-Finiresti per fare qualcosa per cui poi ti pentiresti…- continuò, alzandosi dalla sedia.

-E tu? Ti pentiresti?- domandò lei.

Il ragazzo non le rispose, rimase in silenzio, immobile a fissare un punto indefinito davanti a sé.

-Vado a sistemare la mia stanza. Puoi stare lì per stanotte, io dormirò in palestra-

La ragazza lo vide sparire oltre la soglia della porta. Poggiò un gomito sul tavolo, portandosi una mano alla fronte. A forza di piangere le era venuto un forte mal di testa e si sentiva sfinita.

 

-Takao?- si appoggiò allo stipite della porta della camera del ragazzo, guardandolo preparare il letto. Non sapeva cosa dirgli esattamente, si era comportata da stupida. Mettersi a baciare uno dei suoi migliori amici non era certo il modo per risolvere la situazione. Il problema riguardava solo lei e Kai e nessun altro.

-Senti…mi dispiace per prima. Io non so davvero cosa mi abbia preso…- fu tutto ciò che riuscì a dire.

-Sei confusa e sei stanca- le disse il moretto. –Adesso non preoccuparti per questo-

-Ma io…-

-Dovresti avvertire Kai. Chiamalo e digli che questa notte rimani a dormire da una tua amica. Domani parlerete con calma- le mise in mano il telefono e la lasciò sola nella stanza.

Hilary rimase a guadare la porta dietro alla quale Takao era sparito, poi si avvicinò al letto sedendosi sul materasso. Fissò il ricevitore per qualche secondo, come fosse indecisa sul da farsi. Non voleva chiamare a casa. Se Kai avesse risposto non sarebbe stata capace di dire niente. E poi perché doveva avvertirlo? Per non farlo preoccupare? Se davvero l’aveva tradita con quella donna probabilmente a lui non importava più niente di lei adesso…

Con mani tremanti compose il numero, impiegandoci un’eternità. Portò il telefono all’orecchio trattenendo il fiato. Attese un po’ prima di tirare un sospiro di sollievo. Le aveva risposto la segreteria telefonica, Kai quindi non era ancora rientrato a casa. Lasciò il messaggio in segreteria, rendendole la cosa più semplice.

Si sdraiò sul letto, era stanca, ma non riuscì ad addormentarsi. I pensieri la tormentavano. Con gli occhi spalancati fissò il soffitto pensando che era trascorso molto tempo dall’ultima volta che aveva dormito in quella casa, insieme agli altri ragazzi. Ormai erano cresciuti…si divertiva sempre a stare insieme a loro, sotto quel tetto, lo stesso tetto sotto cui Kai ed Hilary erano tornati insieme. Il giorno in cui lui le aveva chiesto di sposarlo…

 

TO BE CONTINUED…

 

 

Ed eccoci alla fine…cosa succederà?? Niente anticipazioni, lo scoprirete alla prossima puntata!! :-P Con l’ultimo capitolo!! (questa volta sul serio!!!). Bene…aspetto vostri commenti, quindi fatevi sotto!!! Intanto ringrazio tutti quelli che continuano pazientemente a seguirmi e che leggono, e in particolare chi ha commentato lo scorso cap!!: Kayx_chan; lexy90; Hilly89; Hilaria; ValeHiwatari; gabbiano9173; !!!!! Grazie e alla prossima!!!^^

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Un anno

Hola! Dite la verità, non mi aspettavate così presto!!! Questa volta non ci ho messo tanto ad aggiornare, no?? Sono contenta!! So che voi stavate sicuramente brindando pensando che sparissi per un altro po’…e invece…questa volta no!! :P

Scherzi a parte, con questo capitolo finisco davvero la fic!! Spero vi piaccia!! A voi la lettura e il giudizio finale!! (oddio, “giudizio finale” fa un po’ troppo drastico…^^’ ) ehm…

 

 

Un anno. Erano trascorsi esattamente dodici mesi da quando Kai ed Hilary si erano lasciati, dopo una storia durata quattro anni, cominciata nel pieno della loro adolescenza.

C’è chi dice che le relazioni che si instaurano a quell’età difficilmente si protraggono a lungo. Probabilmente fu questo il motivo della loro rottura, il bisogno di cambiamenti che accompagna il naturale processo di crescita, quel periodo della vita in cui cominci a mettere in dubbio ciò a cui credevi fino a poco tempo prima, e ti rendi conto che forse la frase “Quando si ama è per sempre” è soltanto una favola. Una bella favola per bambini.

-Nella vita ci si prende e ci si lascia- era la frase di rito di Hilary, quando qualcuno le domandava il perché lei e Kai si fossero lasciati.

Rimanere amici era difficile, e forse solo un’illusione. Ma entrambi si sforzavano di esserlo, d’altra parte tutti i loro amici erano in comune e non avrebbero potuto evitarsi in eterno. Una condizione dettata dalla necessità.

Una condizione che se non ci fosse stata li avrebbe divisi per sempre.

Era un caldo lunedì di Maggio, i fiori erano tutti sbocciati, e le rondini attraversavano in volo il cielo.

Hilary era andata nella cucina di villa Kinomiya, trovandoci anche Kai, occupato a bere. Per un momento si fermò sulla soglia della porta rimanendolo a guardare in silenzio. Poi, esitante, si avvicinò a lui.

-Fa caldo oggi, eh?- gli domandò per non sentirsi troppo a disagio.

Il russo annuì poggiando il bicchiere nel lavello, una volta finito di bere.

-Ero venuta a prendere lo zucchero, Takao ha fatto un caffé completamente amaro!-

Il ragazzo la fissò in silenzio per qualche istante, prima di spostarsi per permetterle di aprire lo sportello della credenza.

Hilary si alzò in punta dei piedi per raggiungere il contenitore dello zucchero, ma involontariamente urtò contro il sacco della farina, posto accanto ad esso, facendolo cadere.

-Oh…oh, mi dispiace Kai, non l’ho fatto apposta!- si scusò mentre il ragazzo davanti a lei era ricoperto di farina dalla testa ai piedi. Il sacco che la conteneva si era rovesciato per intero su di lui, prendendolo in pieno.

-Adesso prendo un asciugamano e…mmfffhh!- si portò una mano davanti alla bocca, sforzandosi di non scoppiare a ridere, ovviamente invano. La sua risata si sparse per tutta la cucina.

-Scusami! Scusami Kai, ma…ah ah ah! Sei così buffo! Mi sembri un pupazzo di neve!- si giustificò mentre gli spolverava via la farina dalle spalle, continuando a ridere.

-Non certo per opera mia- ribatté il blader, incrociando le braccia al petto.

-Beh… ti ho già detto che mi dispiace- fece la brunetta, prendendo un asciugamano. Si avvicinò a lui cominciando a pulirgli delicatamente il viso. Gli passò prima il panno sulla fronte, poi scese sul naso, sulle guance e poi sempre più giù vicino alla bocca. Quella bocca che così tante volte l’aveva baciata…si riscosse, indietreggiando all’improvviso, quasi spaventata, come preoccupata che quei pensieri potessero arrivare fino al russo. Lui lo notò.

-Cosa c’è?- le chiese.

-No…niente…- mentì Hilary, tornando a riavvicinarsi. Non stavano più insieme, doveva metterselo nella testa. Doveva dimenticarlo.

Forse a quell’ora lo avrebbe già fatto se non avesse pianto per lui ogni notte, durante i primi mesi dalla loro rottura; e se avesse tolto dal suo comodino l’unica foto che aveva di loro due insieme. A Kai non era mai piaciuto essere fotografato.

Abbozzò un sorriso mentre adesso passava l’asciugamano sulla testa di Kai, cercando di togliergli la farina dai capelli, e non si accorse che su di loro era calato un silenzio irreale. Solamente il suono dei loro respiri era appena udibile…e sincronizzato.

Kai guardò la brunetta, a pochi centimetri dal suo viso, che non si accorse del suo sguardo. Era così bella…lo era sempre stata. E pensare che lui non glielo aveva mai detto…non era esattamente un tipo da frasi romantiche…

Fu con questi pensieri che si ritrovò ad afferrare i polsi della brunetta, bloccandola dolcemente. In un attimo le sue labbra furono su quelle di lei, in un bacio delicato e breve.

Si separò poco dopo, ma senza allontanarsi, rimanendo vicino al viso della ragazza che lo guardò sorpresa. Non le diede però nemmeno il tempo di parlare perché la baciò di nuovo.

Hilary lasciò cadere in terra l’asciugamano, lasciandosi andare all’emozione che sentiva crescere in lei sempre più forte.

Kai la sentì corrispondere e spostò la presa dai suoi polsi alle sue mani, portandole poi sul proprio petto e stringendole a sé.

Quando si separarono si guardarono negli occhi in silenzio, per qualche istante.

-Mi sei mancato tanto Kai…- gli disse la ragazza, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. -Perché ci siamo lasciati?- gli domandò.

Il russo la abbracciò.

-Io non me lo ricordo più…- gli disse, lasciandosi cullare dalle forti braccia del ragazzo.

-Nemmeno io…-

-Allora, forse, era un motivo stupido-

-Sicuramente- le sussurrò prima di baciarla ancora. Hilary gli circondò il collo con le braccia e Kai le cinse la vita. Questa volta il bacio fu molto più passionale dei precedenti, di una passione che cresceva di volta in volta, incontrollabile, insaziabile, quasi volessero rifarsi di tutti quei baci che non si erano scambiati durante quell’anno.

Si separarono a fatica, entrambi col respiro affannato.

-Ti amo tanto…non ho mai smesso di amarti- gli confessò la brunetta. Il ragazzo la osservò per qualche istante prima di parlare.

-Mi vuoi sposare?-

-Cosa?- gli chiese, quasi senza fiato, credendo di aver capito male.

Kai le prese il viso tra le mani. –Siamo stati lontani un anno, Hilary. Abbiamo perso troppo tempo. Vuoi recuperare questo tempo? Mi vuoi sposare?-

Gli occhi di Hilary si riempirono nuovamente di lacrime.

-Si! Si, certo che ti voglio sposare!-

 

Alle sette precise il suono di una sveglia si azionò all’istante. Kai si svegliò immediatamente, quasi di soprassalto, e il momento dopo il trillo era cessato. Shine, che si era accoccolata sul suo petto, sbadigliò e si stiracchiò, scendendo poi dal letto con un agile salto.

Istintivamente, con gli occhi ancora semichiusi, Kai allungò un braccio accanto a lui, sul lato del letto che solitamente occupava Hilary, ma tutto ciò che tastò fu un materasso vuoto. Si voltò e impiegò qualche secondo a ricordare che quella notte la ragazza non era rientrata a casa. Lo aveva avvertito che sarebbe rimasta a dormire da un’amica. Si levò a sedere e come prima cosa, ancora prima di alzarsi, prese il telefono dal comodino e compose il numero di sua moglie. Si portò il telefono all’orecchio ma dopo pochi secondi sentì soltanto una voce registrata che gli diceva di riprovare a chiamare più tardi perché in quel momento il numero non era raggiungibile. Come la sera precedente.

Kai pensò che c’era qualcosa che non quadrava, perché Hilary teneva il cellulare spento? E poi era strano…era uscita altre volte con le sue amiche, ma da quando erano sposati non aveva mai passato la notte fuori casa, non senza di lui almeno. Senza contare che lo aveva avvertito con un semplice messaggio lasciato in segreteria e questo non era da lei. Non era neppure passata a salutarlo…voleva sbagliarsi, ma aveva una brutta sensazione addosso…sensazione che lo aveva assillato anche per tutta la sera, impedendogli di dormire tranquillamente. Non si era nemmeno spogliato prima di mettersi a letto.

Si riscosse quando sentì echeggiare il campanello della porta. In fretta attraversò il salone e si diresse all’ingresso, sperando che si trattasse di Hilary.

Le sue speranze però furono vane, ma la persona che c’era dall’altro lato della soglia lo lasciò piuttosto stupito, non si aspettava di trovarselo davanti a quell’ora.

-Che ci fai qui?- gli domandò.

-Posso entrare?- gli chiese Takao.

Kai lo lasciò passare, richiudendo la porta alle sue spalle. Poi si voltò verso l’amico attendendo una qualche spiegazione sul perché si trovasse lì, la mattina presto della Vigilia di Natale.

-Senti…sono venuto qui per Hilary…- esordì il giapponese, decidendo che fosse meglio non perdersi in inutili giri di parole.

-Le è successo qualcosa?- fece l’altro, preoccupato.

-No, sta bene…almeno fisicamente…comunque è a casa mia in questo momento-

-Cosa ci fa a casa tua?- domandò, più confuso che mai.

-Ha dormito da me…-

-Perché ha dormito da te? Mi aveva detto che stava da una sua amica- ribatté ricordandosi il contenuto del messaggio in segreteria.

-In effetti le ho suggerito io di dirti così…- gli rispose. Il russo guardò Takao senza capire. Lo vide abbassare lo sguardo a terra e sospirare, come se dovesse fare o dire qualcosa di particolarmente difficile. Talmente tanto che non riusciva nemmeno a guardarlo negli occhi. Si avvicinò a lui, costringendolo a risollevare lo sguardo, fermandosi a pochi centimetri di distanza, lanciandogli un’occhiata glaciale e minacciosa che lo trapassò da parte a parte.

-Cosa diavolo stai cercando di dirmi?-

Il tono di quella domanda fece rabbrividire impercettibilmente il suo interlocutore. Non aveva urlato, anzi la sua voce assomigliava di più ad un sussurro, o ad un sibilo letale.

-So a quello che stai pensando…- trovò il coraggio di dire. –Hilary è rimasta da me questa notte, è vero…ma non è successo niente tra noi…anzi…non sono certo io quello che tradisce le persone a cui tiene-

Quell’affermazione lasciò Kai spiazzato. Che intendeva dire?

-Certo, sempre se tu tieni ancora a lei…o non te ne importa più niente di Hilary?-

Il russo continuò a guardarlo senza capire.

-Dimmi perché Kai…perché devi rovinare tutto in questo modo?-

-Ma si può sapere che diavolo stai dicendo?- ribatté Kai alterato a quello che per lui era un discorso del tutto privo di senso.

-L’altro ieri sei andato a casa di quella donna…Tamara- disse l’altro, semplicemente.

-E tu come fai a saperlo?-

-Allora è vero!- esclamò Takao. –E sei anche un bugiardo, che non mantiene…le promesse- sussurrò abbassando lo sguardo.

Glielo aveva giurato. Gli aveva giurato che non avrebbe mai fatto soffrire Hilary, il giorno stesso del loro matrimonio. Il giapponese non poteva crederci, come poteva Kai aver fatto una cosa del genere? D’accordo, forse quello era un problema dal quale avrebbe dovuto starne fuori, perché non lo riguardava direttamente. Ma lui odiava veder soffrire i suoi amici. Specialmente Hilary. Ci aveva pensato per tutta la notte, ma alla fine aveva deciso di andare a parlare direttamente con Kai. In un modo o nell’altro doveva fare qualcosa.

-Takao, per favore…- fece il russo, riuscendo a mantenere a fatica un tono di voce controllato. –Mi vuoi spiegare che cosa sta succedendo? E tu…che stai dicendo?-

-Dovresti saperlo meglio di me cosa sta succedendo…sei tu in fondo che sei stato con un’altra donna!-

-Che cosa?!-

-Hilary mi ha detto tutto…- dichiarò. Gli disse che il pomeriggio prima era andata a casa sua, sotto shock, e gli aveva raccontato ogni cosa. Della camicia su cui aveva trovato ricamate quelle iniziali, di quello che Tamara Johnson le aveva detto a proposito di lei e Kai.

Il russo guardò l’amico incredulo. –Cosa…non è possibile! Io non sono mai stato con…sono stato a casa della Johnson, è vero, ma non per il motivo che pensi tu!-

-Ah, davvero?- ribatté l’altro in tono ironico.

-Si, davvero- lo gelò Kai, lanciandogli uno di quegli sguardi seri e penetranti che solo lui sapeva fare. Takao vacillò sotto quell’occhiata. –Ma…non capisco, allora…-

Prima che potesse finire la frase, il russo prese a spiegargli come erano andate esattamente le cose. Del caffè che Tamara gli aveva versato sulla camicia e del fatto che si era offerta di lavargliela dandogli momentaneamente in cambio quella, praticamente identica, del fratello.

Il suo interlocutore lo ascoltò in silenzio riconoscendo che le parole del ragazzo avevano senso e potevano quadrare perfettamente con la situazione che si era venuta a creare.

Quando Kai ebbe finito, Takao lo guardò per qualche istante prima di domandargli:-E’ la verità?-

-Si-

-Allora perché non hai detto ad Hilary che eri stato a casa di Tamara?-

-Ad Hilary non è mai piaciuta quella donna. Pensavo potesse fraintendere e non volevo farla preoccupare- gli rispose in breve.

-Così hai ottenuto esattamente quello che volevi non accadesse. Se non peggio- concluse il giapponese.

-Già…avrei dovuto dirglielo subito invece-

-Beh…sta a casa mia adesso. Corri da lei e spiegale come stanno le cose- gli suggerì l’amico.

-Si…ma non ora. Prima c’è una cosa che devo fare- Kai si avviò a grandi passi verso la porta d’ingresso, si infilò il cappotto ed uscì di casa.

-Kai, dove stai andando?- gli urlò dietro Takao. La sua domanda però non ottenne risposta, il russo era già entrato nell’ascensore, lasciandolo solo nell’appartamento. 

 

Non poteva credere che quella donna fosse arrivata a tanto. Cosa diavolo voleva? Doveva smettere di interferire con le loro vite. Ricordò quello che Hilary le aveva detto pochi giorni prima riguardo a lei…a quanto pareva aveva ragione a non fidarsi, aveva ragione a dire che non le piaceva per niente. E lui era stato uno stupido a non dare troppo peso alle sue parole, e soprattutto a non dirle la verità quando era andato a casa di Tamara. Avrebbe evitato tutto questo.

Scosse la testa, ormai era inutile piangere sul latte versato. Avrebbe detto una parolina, non molto piacevole, alla Johnson e poi sarebbe andato dritto a casa di Takao, per spiegare ad Hilary come stavano esattamente le cose. Sperando che lei avesse almeno voluto parlargli. Altrimenti sarebbe rimasto davanti alla porta di villa Kinomija fino a quando lei non si fosse decisa.

Qualsiasi cosa pur di riportarla a casa.

Ma non dovette andare troppo lontano. Tamara Johnson lo attendeva sotto il portone.

-Stavo cercando proprio te- le disse appena se la trovò di fronte.

-Davvero?- fece la bionda, compiaciuta.

Kai si avvicinò alla donna, squadrandola con espressione dura. –Cosa ti è saltato in mente di venire qui, ieri, e di dire tutte quelle cose ad Hilary?- le domandò in tono minaccioso.

-Perché? Se l’è presa?- ribatté fintamente dispiaciuta. –In fondo ho detto solo la verità-

-Erano tutte menzogne invece-

-Beh…a parte il fatto che lei è poco più che una bambina-

-Non ti conviene giocare col fuoco. Non ti azzardare a interferire mai più con le nostra vite. Se mi arrabbio posso diventare pericoloso…soprattutto quando si tratta di Hilary- dichiarò.

-Andiamo Kai, tu puoi avere di meglio che quella ragazzina. Lo sai benissimo- replicò Tamara, per nulla intenzionata a cedere.

-Lei è il meglio…per me-

La sua risposta, breve e concisa, lasciò la bionda incapace di ribattere subito. Non poteva crederci. Il suo fascino non aveva avuto alcun effetto? Era un boccone amaro da mandare giù.

-Non posso crederci…ami sul serio quella ragazzina?- domandò stupita.

-Si, amo sul serio “quella ragazzina”- le rispose senza pensarci un secondo. –E adesso vattene. E non farti trovare più sotto casa mia, sono stato chiaro?- continuò, con un’espressione che non ammetteva repliche.

-Come vuoi Kai…quando però ti accorgerai di aver bisogno di una donna, una vera donna, sai dove trovarmi-

-Non ti verrò mai a cercare-

Tamara si morse un labbro con un’espressione stizzita che non si preoccupò di nascondere. Non poteva aver perso. Non poteva essere stata battuta da una ragazzina, era assurdo.

Sollevò gli occhi verso Kai e fu allora che vide, oltre la sua spalla, uscire da una macchina grigia appena parcheggiata una ragazza dai capelli castani. Hilary.

Gli angoli della sua bocca si piegarono in un sorriso sghembo. –Questo è da vedere- ribatté, mentre a grandi passi si avvicinava al russo. Gli prese il viso tra le mani e lo baciò con forza.

Successe tutto molto velocemente e il ragazzo non ebbe nemmeno il tempo di reagire.

-Kai…- fu una voce che conosceva bene a farlo staccare violentemente dalla donna. Si voltò, e incontrò lo sguardo shockato e ferito della moglie.

-Hilary…- aveva visto. Aveva visto e aveva equivocato.

-Hilary, non è come…- fece un passo verso di lei, ma la brunetta indietreggiò, continuando a guardarlo con occhi delusi e vicini al pianto. Poi gli diede le spalle e cominciò a correre, lontano da lui.

-Hilary! Fermati!- la chiamò, invano.

-Oh, povera piccola…ora cosa le dirai? “Non è come sembra”? Chissà se ti crederà-

Kai si voltò verso Tamara, lo sguardo glaciale e penetrante. Dalle labbra della bionda sparì immediatamente il sorriso malizioso.

-Dopo le vacanze di Natale non azzardarti a tornare in ufficio…sei licenziata- le intimò, tagliente. Non aveva gridato, il suo tono non era irato, eppure c’era qualcosa nella sua voce…paradossalmente le avrebbe fatto meno paura se le avesse urlato contro.

La Johnson trovò infatti a stento le parole per ribattere:-Non…non puoi farlo. Sono stata impeccabile dal punto di vista professionale. Non puoi licenziarmi per motivi personali. Se lo fai…ti posso denunciare!-

Questa volta fu il turno di Kai sorridere soddisfatto. –Fallo pure. Sono uno dei migliori avvocati della città…è la tua parola contro la mia-

E senza attendere oltre si precipitò ad inseguire Hilary.

 

La ritrovò poco dopo, che ancora correva.

-Hilary, fermati!- la raggiunse e la afferrò per un braccio, costringendola a fermarsi.

-Lasciami!- ribatté la ragazza, col respiro corto. Aveva corso più in fretta che aveva potuto, ma il russo era più veloce di lei.

-Lasciami spiegare- le disse. La brunetta non si voltò, cercando di divincolarsi dalla sua stretta, invano. Non voleva starlo a sentire, non voleva ascoltare le sue spiegazioni, ciò che aveva visto parlava da solo.

-Hilary, ti prego…voltati-

La moglie si calmò, ritenendo inutile ogni tentativo di liberarsi dalla presa del ragazzo. Lentamente si girò verso di lui, tenendo gli occhi abbassati, non avendo il coraggio di guardarlo in faccia.

-E’ tutto un equivoco- sentì l’altro dire.

-Certo…è quello che dicono tutti- ribatté incrociando le braccia al petto. –Ma non sono una stupida Kai, so quello che ho vist…-

-Non sai niente invece!- esclamò, interrompendola bruscamente. Hilary sussultò. Poche volte aveva alzato la voce con lei.

Il russo sospirò poggiando le mani sulla spalle della ragazza, sperando di riuscire a farle sollevare lo sguardo.

-Ascolta quello che ho da dire. Se dopo ciò vorrai ancora andartene…allora io ti lascerò andare-

La brunetta incrociò gli occhi di Kai aspettando che parlasse. Il ragazzo si allontanò da lei iniziando a spiegarle come stavano esattamente le cose.

Hilary lo ascoltò in silenzio, rendendosi conto che le cose che lui le stava dicendo coincidevano perfettamente con quanto era successo. E dentro di lei si faceva spazio una nuova consapevolezza…era stata davvero un stupida. Però c’era una cosa che non le tornava…

-Ma adesso…perché lei era sotto casa nostra? Ti ho visto mentre la stavi baciando…-

-No- le rispose. –Volevo andare da lei per dirle che doveva smettere di interferire con le nostre vite…ma l’ho trovata sotto casa nostra, non so cosa volesse. E’ stata lei a baciarmi. Io volevo allontanarla ma tu sei arrivata prima che potessi avere il tempo di farlo…e sei scappata via, così ti ho inseguito-

La ragazza rimase in silenzio, non sapendo cosa dire.

-L’ho licenziata- fece Kai.

-Davvero?-

-Si- le rispose, passandole una mano tra i capelli. –Mi credi?-

Hilary lo guardò negli occhi in silenzio. Qualcosa di freddo e bagnato si posò sul suo naso sciogliendosi, pochi istanti dopo, in acqua. Sollevò lo sguardo al cielo. Numerosi fiocchi di neve avevano preso a scendere. Aveva cominciato a nevicare.

La ragazza tornò ad incrociare le iridi ametista del marito. Le aveva domandato se lei gli credeva. Sentì i suoi occhi bruciare mentre si rese conto che quelli della persona che amava non potevano mentire.

-Si…- sussurrò in risposta, cominciando a piangere. –Sono stata una vera stupida! Scusami…è solo che…Tamara è così bella, attraente, provocante…io invece…-

-Tu- le disse prendendole il viso tra le mani –tu devi smetterla di paragonarti ad una come lei. Non ha senso. Hilary, io ti amo. Tu vinci su tutti i fronti…smettila di sentirti così insicura-

La brunetta annuì, tirando su col naso. –Kai…io però, devo dirti una cosa-

Prese un profondo respiro prima di continuare. Non sapeva come avrebbe reagito, ma sapeva di doverglielo dire. Non voleva avere segreti con lui.

-Quando sono rimasta a dormire a casa di Takao…io e lui…io…l’ho baciato- gli confessò. Chiuse gli occhi prima di continuare.

-Io…io ero confusa. Credevo che tu fossi stato con quella donna, e volevo fartela pagare in qualche modo. Mi dispiace…-

Kai la abbracciò dolcemente, stringendola contro il suo petto. –Shhhh…va tutto bene- la zittì.

-Normalmente ucciderei chiunque osa anche solo sfiorarti…ma penso che per questa volta posso fare un eccezione-

Hilary abbozzò un sorriso. –Ti amo tanto- sussurrò, mentre l’abbraccio del ragazzo si faceva più forte.

-Andiamo a casa ora. Takao ci aspetta questa sera per cena- le disse lui.

La brunetta annuì.

Kai si tolse la giacca coprendo se stesso e la ragazza sopra la testa, riparandosi dai fiocchi di neve che li andavano a bagnare.

-Andiamo?- le domandò con un sorriso.

-Andiamo- rispose lei, ricambiando.

 

THE END

 

 

Salve gente!! Finish della fic!! Spero vi sia piaciuta!! E spero che voi lasciate un commentino, anche piccino piccino, per darmi un’impressione generale e completa della storia!! Così mi regolo anche io su come è venuta!!

In ogni caso ringrazio tutti quelli che sono arrivati fino alla fine e i commentatori del cap precedente: Siana^^; Hilaria (eccomi qui, hai visto?? Questa volta non sono sparita per molto!! Spero di riuscire ad aggiornare presto anche la mia altra fic!!); Hilly89 (davvero hai letto tutte le mie fic e le hai salvate in una cartella?? Sono commossa!! ^///^); Ria (allora, secondo te la segretaria ha avuto quello che si meritava??); ValeHiwatari^^.

Bene…ora non mi rimane altro che salutarvi e rivedervi alla prossima fic!! A proposito…squillate le trombe…sto riprendendo a scrivere “La linea illusoria dell’orizzonte”!! L’avevo un po’ mollata tra mancanza d’ispirazione e problemi vari…ma adesso la sto riprendendo!! (non si fa pubblicità!! Nd.tutti) (ma la mia è pubblicità occulta…così nessuno la vede!!^^nd.me) (…nd.tutti). Ok, sto cominciando a delirare, quindi è meglio se vi lascio!!

Un bacione e alla prossima!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

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