Amore proibito.

di Truccatrice di sogni_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I capitolo. ***
Capitolo 2: *** II capitolo. ***
Capitolo 3: *** III capitolo. ***
Capitolo 4: *** IV capitolo. ***
Capitolo 5: *** V capitolo. ***
Capitolo 6: *** VI capitolo. ***
Capitolo 7: *** VII capitolo. ***
Capitolo 8: *** VIII ***



Capitolo 1
*** I capitolo. ***


 

 I capitolo: 

 

Era una routine, Oceano dopo la scuola amava liberare la sua mente davanti al mare che aveva sotto casa.
Abitava a Los Angeles, trasferita lì con i genitori per via di lavoro, in una casa che in pochi si potevano permettere. Aveva diciasett'anni, ma aveva già le idee chiare, voleva passare la sua vita nel mare, arrivando all'oceano. Oceano, una ragazza bassina, magra, occhi celesti, capelli lisci corti che gli arrivavano al collo di colore biondo scuro.
Ragazza sensibile, molto.. dolce, per niente forte, non orgogliosa, non tanto simpatica, aveva paura della vita, della gente.. aveva paura di amare.
Diciasett'anni, non aveva amici, non aveva mai amato e tanto meno avuto un fidanzato.
Studiava nella scuola privata di Los Angeles, la più famosa. Faceva il liceo di arte e spettacolo, era al quarto anno.
I suoi compagni la soprannominavano 'la pecora nera', perchè il nero regnava in lei, non avendo nessuno con chi parlare se ne stava in classe, seduta al terzo banco vicino la finestra, e da essa si poteva notare la sua casa affacciata sul mare. Figlia unica, i suoi genitorni facevano l'avvocato ed erano fuori casa quasi sempre ritornando la sera tardi, e lei era costretta a starsene sola.
Mancavano pochi mesi alla fine della scuola, era noiosa, lei preferiva studiare biologia marina, ma i suoi genitori volevano che diventasse una 'star', ma lei non voleva..

                                                                                              -

<< Ashley, guarda quella sfigata lì.>> disse Katy indicando Oceano.
<< Katy, dirgli sfigata è dirgli poco.>> disse con un sorriso 'malefico'.
<< Stai pensando quello che penso io?>> disse Katy guardanto Ashley, che accennò un sì.
Ashley, diciot'anni, una delle ragazze più belle di quel liceo, faceva il quinto. Alta, magra con un fisico invidiabile, occhi azzurri e capelli lunghi lisci, biondi. Si vestiva in modo stravagante. Tutti andavano pazzi per lei.
Katy, la sua amichetta, il suo cagnolino. Stessa età di Ashley, bassina, un pò più robusta, capelli neri corti, occhi color nocciola.. carina, si.
Era l'ora della ricreazione, mentre Oceano stava sul suo banco, Katy ed Ashley le andarono incontro.
<< Ciao.>> disse Ashley, con un sorrisino stampato in bocca -sarcastico e troppo fuori luogo-.
<< Ciao>> rispose Oceano con voce delicata.
<< Come mai tutta sola? Non hai amici? Ah, è vero.. le pecore nere non hanno amici.>>
Oceano strinse i pugni su un foglio che stropicciò. Erano tre anni, quasi quattro che la tartassavano, non ne poteva più, voleva reagire, ma non ce la faceva.
<< Non rispondi?>> subito scoppiò una gran risata dalla loro bocca.
<< No, non meritate risposta.>> esclamà Oceano.
<< Oh Katy, la piccola Oceano si è imparata a rispondere. era ora.>>
Ashley si avvicinò sul suo banco, prese il quaderno in cui stava disegnando e glie lo scaraventò a terra.
<< Ciao.. piccola Oceano.>>
Si allontanarono, ed Oceano raccolse immediatamente il quaderno e lo mise nella borsa.
Per fortuna che mancava solo un'ora e poi finalmente c'era il wee-kend.
La campanella della ricreazione finì.
Ultima ora; italiano.
La professoressa di italiano entrò in classe, i suoi alunni si alzarono -salutandola-.
<< Bene ragazzi, continuiamo a parlare di Dante.>>
Oceano, amava Dante, ad ogni spiegazione di ogni canto amava intrufolarsi nei canti ed essere la protagonista.
Tipo, il primo canto.. quando Dante si risvegliò in un selva oscura in cui non c'era via d'uscita e per uscire doveva attraversare tre mondi diversi: inferno, purgatorio e paradiso.
Anche lei voleva risvegliarsi in un altro mondo, forse quello uguale a Dante o forse un mondo diverso fatto di rose e fiori.. lei si accontentava anche di risvegliarsi in un inferno,
quello non era niente in confronto alla sua vita.  La sua vita era in bilico, da una parte il bianco, dall'altra il nero.. al centro il grigio.
Dopo i lunghi viaggi con Dante, la campanella suonò. Prese la sua borsa ed uscì da scuola. Due passi, e si ritrovava a casa. Posò lo zaino sulla sedia vicino alla porta, andò al bagno, si struccò, si lavò le mani e si infilò il costume.
Scese in spiaggia, il freddo della sabbia gli faceva venire i brividi, e lei li amava. Andò verso la riva, vedeva i pesciolini nuotare, erano liberi.. voleva essere libera anche lei, ma non poteva.
Non sapeva nuotare molto bene, ma l'acqua era l'ultima cosa che la spaventava.. entrò in quell'acqua tiepida, quasi fredda. Gli arrivava al ginocchio, ma decise di proseguire.
.

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Capitolo 2
*** II capitolo. ***


II capitolo:

Il wee-kend lei lo odiava, non sapeva con chi passarlo.
Scese giù dal letto ed andò a cena.
<< Piccola come stai?>> le chiese la madre.
<< Bene.>>
Odiava perfino i suoi, non c'erano mai e lei era -come- cresciuta da sola.
Si sedette a tavola, per cena c'era un brodino caldo della nonna, blhè.
Lo fisso per qualche istante.
<< Non mangi?>> gli domandò il padre. << No.>> rispose lei.
<< Oceano, ma come mai sei strana?>>
<< Non sono strana, questo è il mio carattere.. ah è vero, voi non lo conoscete il mio carattere, voi non mi conoscete.>>
<< Perchè dici così?>>
<< Dico così perchè non ci siete mai, solo lavoro e lavoro per voi.>>
<< Non parlare così>> disse il padre.
<< Non ho fame. vado sù.>>
<< Tu non vai da nessuna parte>> disse il padre alzandosi e bloccandola per un braccio.
<< Lasciami, mi fai male.>>
La mano del padre si posò con violenza sul volto della figlia, al distacco gli occhi di lei diventarono dei ghiacciai.
Il padre lasciò il suo braccio e lei si precipitò in camera a piangere fra le lenzuola bianche. Sommersa dalle lacrime si addormentò.
Il risvegliò fù una botta al cuore, andò verso lo specchio, sulla sua guancia era inciso un tondo rosso gonfio. Lo accarezzò.
Scese giù i suoi non c'erano -meglio così- si preparò la colazione, cereali e latte.
Fece i compiti di italiano e si precipitò in spiaggia.
Il Sabato era nuvoloso, ma un bel giro in spiaggia non glie lo toglieva nessuno. Prese l'asciugamano, e andò verso la riva. Sistemò l'asciugamano ed entrò in acqua.
Si buttò e cominciò a nuotare, tra pesciolini di varie dimensioni..
Davanti a lei c'era l'oceano quello vero, quello immenso che portava -non si sà dove- forse verso l'infinito. Ma qual'era l'infinito dell'oceano? Esisteva?
L'acqua scivolava sulla sua pella, la 'ferita' sul suo volto faceva male, ma stando dentro l'acqua gli passava tutto.
Uno scoglio, era vicino a lei.. il sale aveva lasciato una riga a metà scoglio, che segnava dove arrivava l'acqua. Quel giorno l'acqua superò la linea, la marea si stava alzando, ci sarebbe stato un mare mosso.. doveva sbrigarsi ad uscire. Si aggrappò allo scoglio, con la tentazione di salirci. Così fece, era curiosa.. era in piedi su di esso, il vento accarezzava i suoi capelli, l'acqua cominciava ad alzarsi. Oceano alzò gli occhi, verso la scuola, verso la finestra della sua classe.. gli veniva spontaneo.
Fu un lampo. Un volto sulla finestra della sua classe, un'ombra si vedeva in lontananza. Non capiva chi era. Si stroppicciò gli occhi e li riaprì, l'ombra non c'era più. Scese e corse verso casa, aveva paura.
Cominciò a piovere, il mare cominciò ad essere mosso e superava lo scoglio. Si fece una doccia e si mise in tuta sul divano, abbracciandosi un cuscino. Guardò la tv. Mentre fuori c'era la tempesta,
lei era dentro che tremava, non per via di quella pioggia che batteva sulle finestra, ma tremava per quell'ombra vista nella sua classe. Si tormentava, pensando che era solo frutto della sua immaginazione, ma lei quel volto lo conosceva, forse..
Si rannicchiò su sè stessa, mentre le immagini scorrevano su quella tv nera enorme.
Non sapendo che fare chiuse gli occhi.. Si addormentò.
Dopo una mezz'oretta qualcosa le fece aprire gli occhi.
Un rumore proveniva dalla porta d'ingresso, qualcuno la stava graffiando, come un gatto, ma non poteva essere un gatto, perchè il rumore proveniva dall'alto della porta.
  Si alzò, era impaurita.. quel qualcuno stava lottando per aprire la porta, la spingeva su e poi giù. Si sentì un << tic>> che valeva a dire che.. la porta si stava aprendo.

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Capitolo 3
*** III capitolo. ***


III capitolo:

Oceano zompò dal divano.
<< Mannaggia alla piog.. Oceano.>> era la madre.
<< Mamma..>> tirò un respiro di sollievo.
<< Tutto bene?>> le chiese.
<< Sisi.. stavi litigando con la porta?>> le chiese lei.
<< Si, non trovavo le chievi.. ti ho spaventata?>>
<< Pochino.>>
<< Scusa tesoro, mi ero dimenticata il cellulare, ci vediamo stasera.>>
Oceano salutò la madre con un cenno di mano.
Bene, un altro week-end passato nella casetta che affacciava sul mare, col tempo che rompeva ogni minimo programma e costringeva la gente ad abbuffarsi davanti la tv.
Oceano prese un pacchetto di patatine nello scaffale vicino alla cucina.
Cominciò a mangiarle davanti alla tv che trasmetteva immagini di film vecchi -ancora in bianco e e nero- . Dopo un pò richiuse il pacchetto e lo ripose nello scaffale, guardò l'orologio che segnava le 18:26.
Guardò fuori dalla finestra, era buio, la tempesta era finita, ma c'erano ancora le ultime goccioline che cadevano sulle finestre. Si mise un paio di jeans ed una maglietta e decise di uscire, si per una volta voleva vedere il mondo dietro la sua casa.
Non prese un ombrello uscì così, senza niente.
Percorse la via principale che portava al centro di Los Angeles, dove là c'era -anche con la tempesta- vita.
Anziani che portavano fuori i loro cani, bambini che correvano di quà e dillà per acchiappare per primi la palla lanciata dai grandi, cani rifugiati sotto gli alberi, il cielo era nero, le nuvole non mancavano.. erano il cuore del cielo per Oceano.
In fondo a lei non gli mancava niente, i suoi amici l'hanno tradita, gli amori mancavano si, ma erano il suo ultimo pensiero.
Una goccia scese sul suo volto, sfiorò la parte -rossa- si asciugò subito senza farsi notare.
Davanti a lei c'era il mondo, era libera. Arrivata in centro si fece un paio di giri, ma senza saperlo si ritrovò davanti ad una via buia.
Il buio non la speventava.. anzi.
Decise di affrontare quella via, bottiglie di birra ai bordi della strada.
Davanti a lei, tre uomini.. ubriachi. Lei li fissò per un paio di minuti, quando uno di loro se ne accorse.
Capelli grigi, quasi bianchi.. barba lungo il mento. Robusto, molto.. basso.
<< Hey ragazzina, cosa guardi?>>
Oceano non rispose, tremava. 'Chi mi ha portato qui?' pensava.
Fece uno, due passi indietro. L'uomo, posò la bottiglia enorme di birra e andò verso lei.
<< Hai paura?>>
Oceano mandò la saliva in gola. Si, aveva paura.. ma non rispose.
Faceva dei passi indietro quando sentì un muro dietro la sua schiena.
'Cazzo.' sussurrò.
Non era un muro, era un altro uomo che l'aveva murata. Non lo guardò in faccia, ma lo sentiva.
Il baffuto, andò sempre più verso di lei, le prese un braccio.
<< Lasciami>> disse.
<< Paura? Non devi avercela..>>
Successe tutto in un secondo, si ritrovò scaraventata a terra.
Davanti a lei, i tre uomini che scappavano, senza un motivo.. o forse un motivo c'era.
Sul suo braccio, un segno. Non riusciva a decifrarlo.
Era un graffio, con dei piccolissimi numeri: 013.
Cosa stavano a significare?
Mentre fissava quei numeri, qualcosa spostò i suoi capelli, come un filo di vento.. come se qualcuno fosse passato ma senza che lei se ne accorgesse.
Vide in lontananza un'ombra, la stessa della finestra. Si alzò, corse verso di essa.. ma lei, era sempre più lontana. Si fermò, cadde a terra, con lo sguardo su quei numeri, e con le lacrime sugli occhi..

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Capitolo 4
*** IV capitolo. ***


 IV capitolo:

'Cosa mi ha salvata? Cosa?' si ripeteva con la testa fra le mani e i gomiti appoggiati sulle ginocchia.
Lì sulla spiaggia abbriacciata dalla sabbia e dal vento che le sfiorava i capelli.
I numeri erano scomparsi dal suo braccio, era rimasto solo quel graffio, quasi invisibile, però.
Alzò la testa verso il mare, le onde erano piccolissime, l'acqua era limpida.
Ripensava a quali erano i suoi errori, faceva le sue riflessioni alzando la sabbia con la mano e stringendola fino a farla scomparire.

'La vita dovrebbe essere un dono,
 ma perchè con me è diventata un incubo?'


La sua vita è iniziata il 13 novembre del 1994, lei nasceva e qualcun'altro perdeva il posto in questo mondo. Suo nonno, mancato all'età di 80 anni, per una malattia. L'ultimo suo desiderio, dopo anni passati in mare, che suo o sua nipote fosse chiamata/o 'Oceano'. Era un nome da maschio, e tutti si aspettavano che a nascere fosse stato un genito maschio, ma non fu così.
Era una femmina, e le diedero quel nome lo stesso.
Oceano, fu odiata per questo, lei non aveva colpa.. tutti si aspettavano un maschio, un ragazzo che ereditava la passione per il mare dal nonno, che ostacolava tutti per arrivare al centro dell'oceano.
Lei di questa sua passione, non disse nulla a nessuno, teneva essa soltanto per sè, forse i suoi genitori avevano capito qualcosa -forse-.
Il suo passato era qualcosa da non ricordare, si cominciò a vestire di nero all'età di quatordici anni, per la gente era piccola, ma lei si sentiva troppo -fin troppo- grande.
Non amava la discoteca, non amava la vita di sera, preferiva starsene da sola a fissare dalla sua finestra la vita dell'elemento più importante al mondo, l'acqua.
Non aveva amici proprio per questo, non le piacevano e lei non piaceva a loro. Per non parlare dei ragazzi, appena lei passava davanti a loro, essi non facevano altro che ridere e sussurrare 'che sfigata' e piangeva, perchè quello che sussurravano i suoi cotanei è ciò che pensava anche  lei.
Il destino cosa farà di lei? Crescendo, cambierà vita? Chissà.

-

La Domenica non sembrava passar mai, il traffico intasava la città di Los Angeles.
Erano le quattro, e il tempo non sembrava passare più. Si mise sul letto della sua camera, davanti a lei aveva uno specchio a muro e a dire la verità, la notte era inquietante.
I suoi erano di sotto, forse a leggere il giornale o forse a vedere la tv.
Si sdraiò, ripensava a ciò che le era successo, un'ombra che la perseguitava -poteva essere-, un fantasma? nah.
Un volto, riconosciuto si, ma non si ricordava chi fosse.

'E se un'ombra prende il possesso della mia vita,
 ben venga. L'ombra è nera, si intona con la mia vita.'

Un'ombra, un numero. Quei numeri stampati sul braccio, cosa valevano a dire?
Il tempo di fuori era bello, il sole aveva sconfitto quella tempesta.
Non aveva voglia di uscire, aveva paura di ciò che le poteva capitare -un'altra volta-, per questo prese un blocchetto e una penna nera. Cominciò a scrivere ciò che le passava per la mente, prima riga:


'Caro diario, anzi cara vita, potresti essere più delicata con me?
Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo, dal primo giorno in cui sono nata una nuvola nera si è presa i miei colori,
la mia voglia di sorridere e perfino te, la mia voglia di vita, di vivere. Cara vita, non ho mai desiderato niente, ho una passione, ma poco importa.
La vita dovrebbe  rimanere la cosa più bella che ho, ma continuando così rimane la cosa più estenta alla mia morte.
Non ho paura di essa, anzi a dire la verità mi fà più paura la vita che riserva cose che la morte non ha. Vita, ci sentiamo la prossima volta, forse su questo blocchetto scriverò qualcosa di bello. Prometto una cosa, se tu non cambi, io combatterò non contro la morte, ma con la morte.'

Alzò lo sguardo, quasi incoscentemente, davanti a lei la determinata scena;
Uno specchio, in cui era riflessa, a destra in alto.. tre numeri: 013, scritti in rosso, in un secondo quell'ombra passò veloce. Scese dal letto scaraventando il libretto per terra e andò verso lo specchio, toccando la scritta, ma appena si alzò, essa scomparve. Qualcosa sbattè contro la sua finestra, si voltò e andò verso di essa.. Lasciando alle spalle, quel blocchetto con inciso.. la sua promessa.

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Capitolo 5
*** V capitolo. ***


V capitolo:

'Dov'è scritta la nostra fine?
Sul blocchetto in cui riportiamo la nostra giornata?
 Oppure in qualche luogo sperduto lontano da dove viviamo?'

Era davanti alal finestra, piegò lentamente la maniglia e l'aprì. Non era niente di particolare, un uccello stava creando il nido per i suoi cuccioli.
Era una rondine mamma, che aveva occupato il davanzale della finestra di Oceano.
Era bellissima, sulla la parte delle ali era nera, sotto invece era tutta bianca e il suo becco era arancione, quasi come quelle dei cartoni.
Guardò Oceano, senza fare nulla, non ebbe paura e continuò a creare il suo piccolo nido che presto accoglieva i suoi piccoli.
Chiuse la finestra, lasciando fuori il lavoro della piccola rondine, e raccolse il blocchetto caduto. Aggiunse una parte:

'Vorrei essere un uccello, loro si che sono liberi.
Non hanno il problema di lottare contro la vita - solo in qualche caso- volano liberi tra gli alberi, tra la pioggia, tra la neve..
volano liberi sull'acqua e quando gli và la toccano, la sfiorano e si rialzano in cielo lasciando nel vento goccioline che ricadranno giù.'

 

Chiuse il blocchetto e lo mise in un cassetto, dentro la scrivania.
Scese dai suoi, come sempre trovò sui padre seduto sul divano a leggere il giornale, e sua madre in cucina a preparare la cena.
Guardò l'orologio, erano le cinque. Decise di farsi un bagno.
Andò in camera, indossò il costume e si precipitò in acqua, sotto gli occhi dei genitori che la guardavano per la prima volta entusiasti.
Entrò, l'acqua era freddina, dopo la tempesta si era freddata, un paio di giornate di sole e si sarebbe riscaldata. Si bagnò la pancia, le braccia, il petto e si buttò.
Nuotare era come volare per lei.
Davanti a lei c'era lo scoglio, quello con la riga di sale. Andò vicino ad esso, e puntò lo sguardo sulla finestra della scuola.
Nessun'ombra, nessun sospetto. Pensava che tutto quello che gli era accaduto fosse solo la sua mente.
Si staccò dallo scoglio e ritornò a nuotare. Un pò più avanti, vide qualcosa che prese la sua attenzione, delle bollicine.
Andò verso esse, piano, piano. Arrivando al punto di non taccare con i piedi -e tanto meno con le punte- sul fondo.
Era vicino le cosidette 'bollicine', guardò il fondo, vide i suoi piedi e qualcosa che brillava.
Fece un respiro profondo e mise la testa sott'acqua, lasciando gli occhi aperti.
Quell'oggetto era sempre più distante da lei, come se non voleva essere preso. Le mancava il fiato, due secondi e  ritornò in superficie.
Si passò una mano davanti alla faccia, riaprì gli occhi e vide intorno a lei, un liquido nero che stava infestando la sua zona.
<< Ma cos'è?>> Disse impaurita.
Cominciò a nuotare verso la riva, non sembrava mai essere vicina, fin quando arrivò sana e salva.
Si guardò il corpo, addosso aveva un liquido nero, viscido.
Cos'era? Sembrava inchiostro, chissà forse di un polpo. Si asciugò e andò a farsi una doccia.
<< Oceano, che cos'è quella cosa che hai addosso?>> le chiese la mamma.
<< Non lo sò, stavo nuotando quando qualcosa ha spruzzato questo liquido.>>
<< Vatti a fare una doccia.>>
Andò in bagno, si tolse il costume ed entrò nella doccia. Mise un pò di bagno schiuma  nella mano ed iniziò a strofinarsi sempre più forte. Sul fondo della vasca, l'inchiostro nero spariva.
Uscì dalla doccia e si asciugò.
Andò in camera sua e si sdraiò sul letto, passando le ore prima di cena a pensare.
Chiuse gli occhi.
<< Oceaano, è pronto.>> Sbalzò dal letto e andò a cena. Dopo cena ritornò in camera, preparò la borsa e i vestiti per il giorno successivo di scuola. Si mise a letto, era presto, ma era stanca.
Chiuse gli occhi di nuovo e si addormentò.
Lunedi. La sveglia suonò puntuale, ore  sette e mezza.
Si alzò dal letto, andò a fare colazione e si preparò, uscì da casa e si precipitò a scuola.
Le lezioni passarono velocemente.
Nessuna traccia di Katy ed Ashley.

Tre giorni dopo:
Erano tre giorni che tutto sembrava andare perfettamente, gli oggetti neri che apparivano ogni tanto, le ombre e le scritte erano sparite -per il momento-.
Mercoledì, la giornata passò in fretta come le altre. Era felice, per una volta e decise di andare a fare un giro.
Erano le nove e mezza di sera, la genta a quell'ora usciva. Passeggiava, tranquilla, come una ragazza che per la prima volta si sentiva felice.
Si fermò al semaforo, doveva attraversare. Il semaforo era verde, per le automobile. Nell'arco di un minuto, diventò rosso, si guardò avanti e cominciò a camminare sulle strisce.
Si trovava al centro, un clacson in lontananza suonò, si voltò.. una macchina color blu metallizzata stava andando contro di lei.
Si fermò immobile, prima si trovava al centro.. e dopo? Non sentì più niente, solo un rumore assordante di una macchina che andò contro un muro. Sentì solo l'asfalto.. nient'altro.

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Capitolo 6
*** VI capitolo. ***


VI capitolo:

Delle mani freddi, scorrevano sul suo collo. Una puzza di fumo, le fece fare una smorfia, del nero era nei suoi occhi.
Aprì lentamente gli occhi, al primo impatto un'immagine bianca, poi la realtà.
<< Hey, tutto bene?>> si voltò. Era un ragazzo, moro, occhi marroni.
<< E tu chi sei? cosa mi è successo?>> disse allontanandosi dalla presa di quel ragazzo che l'aveva raccolta.
<< Non voglio farti niente, stai bene?>>
<< Si, sto bene.. >> disse respirando a fatica.
<< Sicura?>>
<< Si.>> rispose lei.
Si alzò, ma perse l'equilibrio e cadde un'altra volta a terra.
<< Tu non stai bene, ragazza.>>
<< Si invece.>> Si rialzò e si appoggiò al muro. << Cos'è successo?>> continuò.
<< Stavi attraversando la strada quando questa macchina è passata col rosso.>>
<< E perchè sono ancora viva?>>
<< Ti ho salvato io, buttandoti a terra.>>
<< E perchè non ho nemmeno un graffio, è impossibile questa cosa. Sono morta?>>
<< No, non sei morta, non hai nemmeno un graffio perchè..>> non finì. Ad interrompere quella conversazione fu la polizia.
<< Scusate, signorina è ferita?>>
<< Nono.>>
<< Bene, se con i giorni gli deve far male qualcosa, vada all'ospedale. Intanto ci dia i suoi dati.>>
<< Certo..>>
Dopo aver dato alla polizia i suoi  dati, prese la sua borsa caduta a terra e si allontanò.
<< Aspetta..>> quel ragazzo gli corse dietro.
<< Cosa vuoi?>>
<< Ti ho salvato la vita, e.. nemmeno un 'grazie'?
<< Era meglio che mi lasciavi morire lì.. era molto meglio.>>
<< Oceano, fermati.>>
<< Come fai a sapere il mio nome?>> disse voltandosi verso quel ragazzo, rimanendo incantata. La prima volta, non gli fece nessun effetto.. riguardandolo non riuscì a respirare.
<< Lo sò, e basta.>>
<< Vaabene>> disse prolungando la parola. << Il tuo, qual'è?>>
<< Mi chiamo Simon, piacere.>> disse offrendogli la mano, lei ricambiò.
<< Piacere.. mio.>>
<< Sei strana, sai?>>
<< Ma se neanche ci conosciamo, come fai a dire che sono strana?>>
<< Al primo impatto, sembri strana>>
<< Senti, mi hai salvato la vita, grazie te ne sarò grata ma ora lasciami stare>>
<< Come vuoi, ci vediamo, ciao.>>
Oceano fece 'ciao' con la mano e corse verso casa. Entrò a casa, e andò diretta nella sua cameretta. Dopo un paio di minuti sua madre la chiamò, doveva parlargli.
<< Oceano, cosa ti è successo?>> Le chiese << Ci ha chiamato la polizia, tutto bene?>>
<< C'è bisogno che vi chiami la polizia per sapere cosa mi è successo? Uscite e davanti a voi vedete quello che mi è capitato.. dai andiamo vi faccio vedere il replay.>>
<< Scusaci..>> disse sua madre, piangendo.
<< Mamma, evita quelle lacrime da coccodrillo!>> disse risalendo in camera.
Prese il blocchetto dove cominciava a scrivere ciò che le capitava:

'Vita, eccomi qui, erano tre giorni che non mi succedeva più niente, ma mi sbagliavo.
Stavo quasi per morire, per perdere te. Mi sono ritrovata sull'asfalto sporco e freddo, quasi investita da una maledetta macchina.
Chiamiamola sfiga, chiamiamola come ci pare, ma mi sono stufata.
I miei genitori mi chiedono come va solo quando mi succede qualcosa, per avere la loro attenzione, dovrei essere al punto di morte?
Se vogliono questo, non ho problemi. Un ragazzo mi ha salvato la vita.. Simon, mi ricordo benissimo il suo nome, mi ricordo anche il suo sguardo.
Era bello, molto. Mi ha salvata, non sono riuscita a dirgli grazie, ho sentito una specie di brivido molto forte scontrandomi con i suoi occhi.
Chissà se lo rivedrò, chissà.. in un'altra occasione.
Ciao vita, a presto.'


Rimise il blocchetto nel cassetto, aprì la finestra per vedere se la piccola rondine aveva fatto i suoi cuccioli.
Erano nati, erano piccolissimi, più piccoli di un pugno, erano in tre e piangevano, la loro mamma era andata a trovare a loro del cibo.
Oceano scese in cucina, prese un pezzo di pane e ci fece delle briciole, e risalì.
Diede a quei tre uccellini le briciole, e passò il pomeriggio, quel brutto pomeriggio così.

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Capitolo 7
*** VII capitolo. ***


VII capitolo:

Iniziava un altro giorno di scuola, tra compiti a sorpresa e le prese in giro delle oche del quinto.
Oceano, si dirigeva verso scuola, la campanella suonò, entrò.
Si mise -come ogni giorno- seduta sul suo banco, quello vicino alla finestra che le permetteva di vedere il mondo fuori.
<< Buongiorno ragazzi.>>
La voce del professore Michess, professore di storia e letteratura.
<< Buongiorno>> il coro della classe che dava il suo buongiorno ad egli.
<< Ragazzi, c'è un nuovo compagno di classe, che dovrebbe arrivare a minuti>>
Si sentivano i bisbigli dei ragazzi.
Oceano, stava disegnando -o almeno ci provava- un delfino, quando..
'toc- toc!'
Alzò lo sguardo, e fissò la porta.
Si senti un paio di 'avanti', la porta si aprì. Oceano ebbe un colpo fisso, al petto.
Entro un ragazzo, moro, abbastanza alto, occhi marroni ed un neo accanto all'occhio destro.
Corporatura magra, con muscoli.
<< Salve>> sussurrò quel ragazzo. La sua voce era forte, acuta.
<< Buongiorno signor Doll, prego entri.>>
Il ragazzo chiuse la porta alle sue spalle, si avvicinò al professore.
<< Si presenti alla classe>>
<< Ciao a tutti, io sono Simon Doll, ho diciasette anni e sono il vostro nuovo compagni di classe>>
Oceano, al sentire quelle parole, tremò.. gli cadde la matita che aveva tra le mani, per terra. Gli occhi dei compagni e di Simon erano rivolti verso lei -per un attimo- la raccolse subito.
Guardò Simon, che gli fece un sorriso, sembrava quasi per dire 'non ti sei liberata di me'.
<< Signor Doll, scelga un banco.. >>
Vicino ad Oceano, c'era un posto libero, ma non era l'unico. Simon scelse l'ultimo banco -vicino ad un secchione della classe-.
Oceano guardò avanti a sè, distolse lo sguardo da Simon, mentre lui, non faceva altro che fissarla.
Lei sentiva il suo sguardo pesante su di lei, non si voltò per evitare figuraccie.
 Continuò a disegnare, mentre il professore spiegava - o almeno credeva di farlo- al nulla. i compagni erano quasi tutti rivolti al nuovo arrivato, tranne Oceano.
Le tre ore della mattina, passarono.. suonò la campanella della ricreazione.
Oceano, era sicura che Simon, dopo il suonò della campanella sarebbe andato da lei, quindi mise i fogli nel quaderno e velocemente li infilò nello zaino.
Ma lui era stato più veloce di lei.
<< Ciao>> disse.
Oceano, si voltò. Mandò giù la saliva e sussurrò un 'ciao' a mezzabocca.
<< Non sapevo che andavi in questa scuola>>
<< Strano, sapevi il mio nome, e non sapevi che andavo in questa scuola!>>
<< Ancora arrabbiata per quella faccenda? Ti ho salvato e non sei contenta?>>
<< No! Per niente!>>
<< Te lo dirò fino alla fine, sei strana ragazza>>
<< Te lo dirò fino alla fine, affari miei, ora se vuoi scusarmi>> disse Oceano, uscendo dalla classe.
<< La prossima volta, ti farò morire!>>
Oceano si voltò.
<< Non ci sarà una prossima volta>>
<< Se proprio ne sei convinta>> Oceano a quelle parole corse al bagno.
Si mise seduta a terra, con le mani fra i capelli.
Quando vedeva quel ragazzo sentiva qualcosa dentro. Non sapeva spiegare tutto ciò, lo odiava.
La campanella suonò, rientrò in classe. Simon era sul suo banco, con attorno tutte le ragazze possibili di quella scuola, c'erano perfino Ashley e Katy, odiose anche loro.
Delle risatine da oche provenivano da quel banco, Oceano si voltò. Simon la stava fissando, mentre faceva finta di ascoltare i discorsi delle ragazze in preda per la sua bellezza.
Era bello si, non aveva dubbi, ma aveva qualcosa che gli altri non avevano.
Il professore rientrò, cominciò a spiegare. Altre tre ore passarono, era l'ora di uscire. La campanella suonò, Oceano prese tutto e uscì da scuola. All'uscita di scuola, vide Simon con Ashley, lei gli stava dando un bigliettino, sarà stato il suo numero di telefono. Oceano, continuò a camminare, quando al suo fianco sbucò Simon.
<< Vai a casa?>>
<< No vado a farmi un giro per la California>>
<< Che ironia, quest'oggi, eh.. Oceano?>>
<< Ancora devi dirmi come hai fatto a sapere il mio nome>> chiese lei, camminando.. allungando sempre di più il passo.
<< L'ho letto.. nella tua carta d'identità>>
<< Ma se l'avevo dentro alla borsa>>
<< L'ho presa per sapere chi eri, in caso eri morta>>
<< Oh bhè certo, prima mi salvi, poi guardi il mio nome in caso ero morta>>
<< Se sapevo che volevi morire, ti lasciavo lì>>
<< Senti, non mi va di parlare di questa cosa, ci vediamo domani ok?>>
<< Dove abiti?>>
<< Qui>> disse Oceano, indicando la sua immensa casa.
<< Wow, che bella, complimenti.. a domani!>>
Simon se ne andò, Oceano rientrò a casa. Posò lo zaino, e la sua routine giornaliera cominciò!
Dopo una nuotata, si fece la doccia ed andò in camera a controllare i cuccioli di rondine. Si affacciò alla finestra, non c'erano più. La mamma li dovrebbe aver portati via.. chissà dove.

Affacciata a quella finestra, Oceano ripercorreva la sua vita, guardando attentamente quelle onde piccole che davano sulla sabbia, e cercando in quell'acqua ciò che stava cercando da tempo.

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Capitolo 8
*** VIII ***


VIII capitolo

L'acqua nel bel mezzo della giornata diventò nera, gli scogli anche. Tutto sembrava essere negativo perfino i granchi che camminava nella sabbia.
Oceano era nel bel mezzo dell'acqua, davanti a sè il buio.
L'acqua cominciava a salire quasi a sfiorare il suo naso, oltrepassando la sua bocca, sentiva l'acqua entrare in bocca, e andare giù nei polmoni, giù in tutto il corpo. Urlava, o almeno ci provava, qualcosa bloccò le sue gambe tirandola verso il basso, verso l'abisso.
I suoi occhi uscirono fuori dalle orbite, in lontananza vide qualcuno. Qualcuno, vestito di nero, qualcuno che conosceva. Urlava 'aiuto' e quel qualcuno sembrava sentire. Corse verso di lei, dalla riva corse verso lei. Mentre il suo corpo stava cedendo, quel qualcuno la prese per un braccio, e le liberò le gambe portandola a riva.
Oceano aprì gli occhi, e si trovò davanti a sè.. Simon!

-

<< Oddio>> disse svegliandosi e respirando a fatica.
Guardò l'orologio, ore sette e un quarto, la sveglia non aveva suonato. Balzò dal letto e si diresse in bagno, si preparò tutta e andò a fare colazione.
Un cornetto, di giornata e poi diretta a scuola. Ripensava al sogno, Simon da quando era comparso, lasciava un qualcosa dentro ad Oceano.
La campanella era già suonata, Oceano corse verso la sua classe e bussò.
<< Avanti>> disse la professoressa Martoni, di scienze.
<< Scusi il ritardo>> La professoressa guardò l'orologio e l'appuntò nel registro.
<< Signorina, abita qua vicino, come mai questo ritardo?>>
<< Non mi è suonata la sveglia>>
Una risata collettiva vagò in quella classe, si mise seduta sul suo banco, tirò fuori il libro e il quaderno.
Dopo un paio di minuti, si ricordò che con lei in classe c'era anche Simon, si voltò e lo trovò lì che scriveva gli appunti dalla lavagna.
Si rigirò verso il suo quaderno, Oceano quasi sempre sentiva dei brividi, delle farfalle allo stomaco, qualunque cosa che non ha mai sentito in diciasette anni della sua vita.
Nella sua vita non era mai comparso un ragazzo, un uomo, oltre suo padre chissà, se era -come si dice- la volte buona.
Lei era testarda, lei voleva stare da sola, però nessuno e tanto meno Simon gli poteva far cambiare idea.
<< Ragazzi, oggi si esce tre ore prima perchè manca la porfessoressa di arte>>
Alla classe scappò un urlo liberatorio.
Valeva a dire che mancava solo un'ora alla fine della giornata, che passava in fretta tra una spiegazione di roccie vulcaniche e di ammasso di nuvole e gas.
Un'ora dopo esatta, la campanella suonò, si precipitò all'uscita.
Alle sue spalle c'era Simon che la seguiva, quel giorno -strano- non si erano rivolti neanche una parola, per vari motivi, la porfessoressa di scienze era tosta e non permetteva un fiato, e poi perchè la ricreazione non ci fu.
<< Ciao, eh>> sussurrò Simon. << Ciao>> continuò lei, allugando il passo.
<< Brutto sogno?>> Oceano inchiodò, e si voltò verso Simon toccandosi i capelli.
<< Scusa?>> chiese lei. << Hai fatto un brutto sogno, per stare col muso tutta la giornata?>>
<< Pff, ora ti interessa anche quel che sogno>>
<< Bhè..>>
Oceano riprese a camminare, toccandosi quei lunghi capelli, quando se li toccava valeva a dire che era imbarazzata.
Dovrà passare un'altra giornata da sola, erano le dieci, a malapena.
Si fermò, inchiodò un'altra volta, si voltò verso Simon.
<< Ti piacerebbe...>> cosa doveva dire? << ti piacerebbe.. vedere la mia casa?>>
Era impazzita, sul volto di Simon sbucò un sorriso e lei riprese a camminare, diventando rossa.
<< Certo>> disse superandola e sorridendo.
Arrivarono a casa, Oceano prese le chiavi ed aprì il portone. Fece un segno a Simon per dire 'prego entra' lui così fece e girovagò per la casa scrutando ogni particolare.
Oceano posò la borsa sulla sedia e seguì Simon.
<< No, non ci credo!>> disse Simon.
<< Cosa?>>
<< Hai.. hai.. hai il mare, sotto casa?>>
<< Oceano, precisiamo>> precisò lei.
<< Certo>> disse lei sorridendo. Era imbarazzata più di ogni altra cosa, poi non aveva fatto niente di male, aveva solo fatto entrare nella sua casa un ragazzo, un suo compagno di classe.
Oceano seguì Simon sulla spiaggia, togliendosi le scarpe. Lui fece lo stesso, si alzò i jean più sù delle caviglie, e andò in acqua.
<< Sei fortunatissima, davvero>>
<< Già>> disse lei.
Oceano si mise seduta sulla sabbia, guardando Simon gicoare e correre sull'acqua.
<< Oceano, parlami un pò di te>> le chiese lui.
<< Di me?>> disse lei sbarrando gli occhi. Non amava parlare della sua vita e tanto meno di lei.
<< Si, di te.. dai, ti prego>> gli disse lui come se sapeva già la risposta.
<< Ok, da dove comincio? Da qui. Sono nata il 13 Novembre del 1994, quando io nascevo qualcuno perse la vita, mio nonno.
Tutti si aspettavano un maschio, soprattutto i miei genitori, ma in quella stanza d'ospedale sono nata io, si una piccola femminuccia che prese il nome dalla passione del nonno;
Oceano.
Sembrava  tutto perfetto quando ero piccola, ogni attenzione era rivolta a me, ma all'età di dieci anni i miei genitori, i miei parenti cominciarono a odiarmi, perchè mi vestivo sempre di nero, perchè ero sempre sola, perchè non avevo la stessa passione del nonno. Crescendo, sono venuta ad abitare qui, in questa città, in questa meravigliosa casa -che neanche mi merito- a contatto con l'acqua, con l'oceano la passione di cui tutti parlavano si faceva sempre viva.>>
Fece una pausa, giocherellando con la sabbia. Ricominciò..
<< Sono sette anni che abito qui, e sette anni che mi succedono cose strane, che non ti sto a raccontare sennò non finerei più.>>
<< Raccontami qualcosa, di ciò che ti è accaduto, ti prego>> la pregò lui.
<< Ok, ma non tutto..>> fece un respiro e cominciò << All'età di dodici anni, sono andata alle medie, alla scuola nella via principale, all'uscita di scuola ogni mamma veniva a prendere suo o sua figlia, la mia no. Quindi andavo dalla via principale a qui, a piedi, quindi potevo incontrare gente non molto affidabile.
Un giorno di Dicembre, uscivo da scuola e in una via mi fermò un signore, un barbone. Era bassino, aveva la barba lunga bianca, quasi grigia, un cappello di paia tutto rovinato e un bastone tra le mani. Mi disse incrociandomi, testuali parole 'Morirai presto, Morirai presto' ero piccola avevo solo docidi anni, corsi a casa dai miei genitori in lacrime, loro andarono in quella via ma non trovarono nessuno e diedero la colpa alla mia immaginazione.>>
<< Ah, scusami se ho insistito, non volevo>>
<< No, tranquillo, ormai sono abituata a raccontare le mie strane storie>> disse e continuò
<< Ora, raccontami qualcosa di te>>
Simon, guardò l'orologio ed esclamò: << Diamine, devo scappare è tardissimo>> si infilò le scarpe e si ribassò i jean, diede un bacio in guancia ad Oceano e se ne andò lasciando lei che si accarezzava la guancia e lo guardava andare via, senza dire niente.

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