Bravery

di xlovedrew
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Chapter 1. He ate my heart ***
Capitolo 3: *** Chapter 2. Go Away ***
Capitolo 4: *** Chapter 3. I miss him ***
Capitolo 5: *** Chapter 4- Memories ***
Capitolo 6: *** Chapter 5-Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

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Prologo

Vorresti essere ciò che desideri, ma non puoi, la società non te lo permette.
Vorresti vivere liberamente, ma la società te lo impedisci.
Vorresti amare la persona che più brami, ma la società ti ostacola anche in questo.
Cerchi di essere coraggioso, cerchi di andare contro regole e stereotipi, ma è troppo difficile.
Troppo difficile perché la società è così grande e tu così piccolo: è come se un topo combattesse contro mille tigri.
Troppo difficile perché hai paura. Paura che lo sforzo risulti inutile; paura che lo sforzo ti renda solo; paura di far male a qualcuno.
Eppure nella vita devi essere coraggioso, altrimenti vieni schiacciato, ma, si sa, il coraggio non è da tutti. Solo gli stupidi sono coraggiosi, perché –infondo- per andare contro qualcosa di enorme bisogna essere stupidi. Bisogna essere stupidi anche per amare, perché l’amore fa male, talmente male da essere piacevole.
Se per essere stupidi, bisogna essere coraggiosi e se per amare bisogna essere stupidi, allora per amare bisogna essere anche coraggiosi.
Quindi sì, l’amore è coraggio


******

Okay, eccomi qui, sta volta con una fanfictionslash già finita.
Quindi dovrete, questa volta, giuro che la porto a termine. :) 
Una recensione o premere quel bottone sopra con su scritto 'mi piace', 
sarebbe davvero una cosa gradita.
Sooooo, recensite, baby! :) 

Lot of love, NanaDrew.

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Capitolo 2
*** Chapter 1. He ate my heart ***




Chapter  1-He ate my heart


Una chiamata stravolse il pomeriggio mio e di Harry, ormai pieno di idee stuzzicanti grazie alle quali quel pomeriggio sarebbe diventato indimenticabile. Idee andate in fumo, ma il pomeriggio rimase ugualmente impresso.
I manager convocarono me ed Hazza, soli, per parlare di “lavoro”. Raramente parlavamo di lavoro, visto che ormai decidevano tutto loro, quindi, non ci volle molto, prima che capissimo il vero motivo.
«Ragazzi, qui le fan prendono troppo sul serio la vostra “storia”» virgolettò l’ultima parola il nostro manager. Guardai Harry, che continuava a scarabocchiare imbarazzato su un foglio, senza fiatare.
«Ascolta» mi rivolsi a quello più comprensivo nei nostri confronti, con uno sguardo abbastanza disperato «Cercheremo di fare di tutto per non farlo notare. Non so, passerò più tempo con Eleanor, e Harry potrebbe uscire con qualcuna, tipo la sorella di Danielle...» gesticolai un po’.
«Ci dispiace, ma dovete dividervi, non vi giocate solo la vostra reputazione, ma anche quella della casa discografica e questo non lo possiamo permettere» affermò con un tono che non accettava una risposta negativa o repliche.
«Harry» interpellai il riccio che era rimasto zitto per tutto il tempo, mi rivolse uno sguardo che non tradiva la ben che minima  emozione, come se non stesse provando nulla, come se l’unico a cui si stava sfracellando il cuore fossi io. Nulla. «Non dici niente?» chiesi mentre mi massaggiavo le tempie per rilassarmi.
«Cosa posso dire Lou? Loro hanno ragione, anche se mi costa ammetterlo» mi fissò negli occhi. Ancora nessuna emozione. La tensione si fece alle stelle in quella stanza e, dopo aver sganciato la bomba, i manager uscirono dalla stanza, lasciandoci in due.
In tutta calma pronunciò una frase accuratamente pensata e chissà da quanto tempo aspettava a dirla, «Tutto questo non è corretto e forse è meglio seguire il loro consiglio, dovremmo finirla qui» concluse alzandosi.
«Dimmi che scherzi» sussurrai guardandolo profondamente negli occhi. Di nuovo quella schifosa espressione che non si era levato per tutto il “colloquio”, indifferenza, non lasciava trasparire nulla ed era così irritante. Si limitò al silenzio, si limitò a zero parole. Presi coscienza del fatto che –forse- non era attaccato a me nello stesso modo in cui io lo ero a lui, altrimenti avrebbe combattuto o almeno ci avrebbe provato.
«Perfetto Styles» mi diressi verso la porta, prima di aprirla e uscire mi rivolsi una seconda volta a lui, donandogli la vista del mio didietro «Sii felice» detto questo, uscì.
Camminai verso il primo parco londinese e mi sedetti su una panchina. Mi sentì improvvisamente solo, intendo davvero solo. Privo di spalle su cui piangere, privo di sorrisi per cui vivere, privo di amore... Semplicemente solo, ed era una sensazione tremendamente frustrante a cui non ero abituato. Non ho mai visto questo lato di me, un lato così triste e depresso, forse perché fino ad allora avevo Harry al mio fianco, pronto a farmi sentire amato, a farmi sorridere, a farmi sentire vivo; invece, mi aveva liquidato con un “loro hanno ragione”. Mio dio.
A cosa servono i fan, i soldi, le macchine e tutto il resto, se alla fine non hai l’amore?
Alla luna serve un cielo a cui aggrapparsi; ai raggi un sole a cui dare luce; ai rami un albero a cui essere attaccati e a me un Harry Styles che mi dia la forza, era semplice.
La cosa peggiore di tutte, erano i pensieri smielati, stupidi, tristi da adolescente, che mi nascevano. Ero davvero così patetico?
Stranamente mi scese una lacrima, il che non aveva senso: le quindicenni piangono, no i ventenni; i cuori infranti piangono, no le anime sperdute in cerca d’amore. L’asciugai e misi la testa fra i capelli, strozzai un urlo, solo per sfogarmi. Ero arrabbiato e deluso. Ero debole e invece, dovevo essere forte, perché i ragazzi sono forti. Perché bisogna essere forti a questo mondo per sopravvivere.  
Non riuscivo a stare in quello stato, era deprimente e fastidioso in tutti i sensi, decisi di chiamare Zayn, come saggia decisione.
Composi velocemente il numero.
«Pronto?» mi rispose dall’altro capo una voce con tono allegro. Mi fece sorridere.
«Zayn, sono Louis, potresti raggiungermi?»
«Dove sei?» chiese preoccupavo, avendo notato il mio tono distaccato e non-da-Louis-Tomlinson.
«In un parco vicino allo studio di registrazione»
«Credo di aver capito, ci vediamo all’entrata!» si affrettò a chiudere la chiamata, senza darmi la possibilità di rispondere. Mi avvicinai all’entrata del parco, attendendo Zayn e controllando ogni minuto l’orario dal cellulare. Concedo qualche autografo e foto, come sotto consiglio dei manager, bisogna lusingare molto le fan, far capire loro che sono importanti, tenerle a bada, ecco.
Intravidi un moro in lontananza che camminava verso di me. Mi venne in contro, abbracciandomi. Che sapesse ogni cosa?
«Tranquillo si sistemerà tutto» affermò rispondendo alla mia domanda non posta.
«Non si sistemerà niente, Zayn, nulla!» mi lamentai.
«Non è il luogo adatto, Lou» indicò con lo sguardo delle fan urlanti. Tirai un sospiro e seguì il moro. Arrivammo in un umile caffè, distante dal centro di Londra.
Pensi che parlare con un migliore amico possa risolvere qualcosa, ma no, non è così. Le cose non si aggiustarono, parlare con Zayn mi fece solo più male, sfogarmi lo fece.
Sputai tutto fuori, tutti gli insulti dedicati a lui, ai manager, ma quelli peggiori furono rivolti ad un ragazzo castano, con occhi celesti, che porta magliette a righe e che si chiama Louis Tomlinson. Sì, alla fine ero il peggiore di tutti, quello che ha creduto in una cosa anormale e fuori dal comune. Ho sbagliato a fare i calcoli, il fatto che sia il mio migliore amico, non significa che sia anche un buon fidanzato per me.
Rimasi un intero pomeriggio in compagnia di Zayn, cercando di trattenermi, scappava una risata, ma nulla in più, ritornai a casa con una pesante emicrania.
Sinceramente, non avevo voglia di condividere il tetto con lui, non sentivo più casa mia un posto tranquillo in cui starmene al sicuro.
Forse perché lì ci fu il primo bacio con Harry.
Al contatto con quel pensiero, mi scattò il flashback.

Eravamo in camera sua, come ogni santa volta in cui ci annoiavamo. Un normale pomeriggio, passato ad annoiarci, tra le risate fragorose di due migliori amici, normali. Solo che, inconsapevolmente, noi non eravamo normali. La prova di questa teoria che mi portavo avanti da un po’, fu un bacio. Diavolo, fu un errore, ci sfiorammo accidentalmente le labbra, ignari di ciò che avrebbe provocato. Da lì, scattò qualche forza che incoraggiò il riccio che era steso vicino a me.
Finimmo per scambiarci saliva, in un normale pomeriggio.
Fu imbarazzante, finché non finì per provare qualcosa, qualche emozione –probabilmente- celata sotto tutto questi strati di pelle, muscoli e roba varia, che mi fece venire la pelle d’oca. Mi innamorai di quel bacio a tal punto da volerne un altro, un altro ed un altro ancora. Mi ci drogai, fino a finire sotto le coperte, mentre mi strusciavo voglioso su di lui.
Un normale pomeriggio, entrato nella top-ten dei pomeriggio migliori della mia vita.


Mi diressi al piano superiore, spiai camera sua dalla serratura, mi ridussi a così poco. Avevo bisogno d’affetto, di lui, ma non c’era. Come non c’era stato quel pomeriggio, come non c’era quella sera.
Rimasi in camera mia, sveglio fino alle tre, ma la porta d’ingresso non si chiuse, come non si aprì. Non seppi a che ora tornò, cosa fece, quante se ne fece. So solo che stavo malissimo, che mi addormentai rannicchiato, usando come pigiama il pantalone di una tuta.
       

********

Eccovi il primo capitolo, gente.
Sto ufficialmente amando Larry, oddio. Ferfuerddjdb, grande passo per me, essendo una specie di hater. Comunque, vedo che la storia è seguita da alcuni, vi ringrazio. Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Una piccola recensione non potrebbe farmi che piacere.
Bye loves.

Lot of love.
-NanaDrew. xxx       

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Capitolo 3
*** Chapter 2. Go Away ***




Chapter 2- Go away


Una settimana dopo

«Louis, se non esci da quel fottuto bagno e non mi spieghi che hai in meno di trenta secondi, sfondo la porta!» mi urlò Liam da dietro la porta del bagno. Pulì con un po’ di carta igienica la bocca umida e posai la mia figura davanti allo specchio, giusto per rendermi conto quanto schifo facessi, su una scala da uno a dieci.
Pessima cera, occhiaie dovute alla stanchezza, mani tremanti e un grumo di vomito che scendeva e saliva con l’intento di impossessarsi del mio povero stomaco e devo dire che ci stava riuscendo alla grande. Buttai un po’ d’acqua sulla faccia e mi spettinai i capelli con le mani umide. Ero uno straccio, uno straccio in un angolo dimenticato, per giunta.
«Liam, va via, dannazione!» gli sbraitai contro. Come se la colpa fosse la sua, come se questa schifo sensazione che mi portavo sul cuore da una settimana, fosse colpa sua.
«No, cazzo, esci da questo bagno!» mi rispose urlando, a sua volta. Ormai c’era poco da fare, non si sarebbe mai convinto, quindi girai la chiave e aprì la porta, donandogli il patetico spettacolo di un ventenne con il pigiama della coca-cola, fisicamente rovinato e con una barba da cinque di pomeriggio, nonostante fossero appena le otto di mattina.
«Louis, ma stai bene?» domanda stupida, James. Tu che dici?
«Direi proprio di no» risposi ritornando sul letto della stanza accanto «Tranquillo, è solo un po’ di influenza» lo rassicurai.
«Un’influenza di una settimana, Lou? Okay, so che non parlerai, quindi, il mio numero ce l’hai. Esco con Danielle, ma puoi chiamarmi quando vuoi e vengo, chiaro?» mi limitai ad un sì con la testa e tornai sotto le coperte.
Questa “influenza” andava avanti da una settimana; quando mi sarebbe passata?  Solo quando lui, sarebbe ritornato tra le mie braccia.  Sapevo che non sarebbe mai successo e –alla fine- doveva essere lui quello che stava male, ma ero io quello con i kili di lenzuola sulla testa, quello che vomitava a tutte le ore. Sono io, non lui.
Lui era quello che si stava scopando qualche troietta che non avrebbe pagato a causa del suo terribile fascino, quello che non si curava dell’orario e rimaneva in uno squallido bar fino a tardi. Lui era quello tranquillo della situazione.
Sentì la porta d’ingresso chiudersi e pregai che non fosse nessuno della band, nessun amico, parente, conoscente, nessuna Eleanor, nessuno che mi cercasse. In realtà speravo che fosse solo vento o la mia immaginazione. Poi il pensiero che Harry fosse tornato dopo una notte durata troppo, mi saltò addosso senza permesso, così facendo mi fece salire totalmente il vomito che non aspettava altro. Corsi direttamente in bagno, incrociando il suo sguardo. Mi ci chiusi dentro e passai una buona mezzora tra lamenti di dolore soffocati e lacrime dovute al troppo sforzo e ai sentimenti che rinascevano ogni volta che pensavo ai suoi occhi. Passai quella mezzora sperando che se ne importasse qualcosa, che bussasse e che mi chiedesse qualcosa sulla mia salute, ma –evidentemente- non se ne fregava. Il mio ex migliore amico se ne fregava altamente di me e questo mi fece risalire un altro cumolo di vomito. Uscì traballante dal bagno, poco mancava che cadessi.
Ritornai sul letto, accesi il pc, intento a passarci la giornata. Iniziai a twittare qualche cavolata, cercare foto e video di fan che mi facessero tornare un po’ il sorriso e messaggiai con i primi della rubrica.
Lo schermo si illuminò facendomi notare il nome di Zayn tra i messaggi.
“So ciò che stai passando, quindi ti vengo a prendere tra un’ora, voglio trovarti pronto. Usciamo e ci divertiamo, non accetto un no, poi film e pop-corn. Muoviti, idiota. :)x” Zayn era l’unico del gruppo a sapere qualcosa e l’unico che sapeva che lui sapeva ero io. Un circolo vizioso. Ma credo che tutti sospettassero qualcosa.
Sapeva tutto dell’infatuazione di Harry, sapeva che i manager l’avevano assunto Eleanor per coprire la relazione con Harry, sapeva che, allo stesso modo, avevano costretto me ed Harry a cessare le fusioni in pubblico che erano scambiati per gioco, ma a loro irritava troppo e sinceramente non capisco perché, la vita era la nostra. Ma fui solo in quella battaglia –chiamiamola così- contro i manager. Il mio innamorato, migliore amico, compagno di avventure e chi più ne ha più ne metta, si tirò indietro. Uscì fuori con un “Scusa Lou, ma hanno ragione, è sbagliato. Il nostro mondo non ce lo permette.” Cercava solo di coprire quanto fosse vigliacco, stupido e superficiale.
Misi i primi pantaloni, abbinati alla prima maglia a righe che trovai e mi diressi in bagno. Qui mi lavai e vesti, spruzzai un leggero profumo e, quando arrivai alla barba, decisi di non rasarmi troppo, lasciandone un po’ che mi dava un non-so-che di sexy, come piaceva ad Hazza.
Tornai in camera solo per mettermi gli occhiali. Uscì dalla porta senza fiatare, notando il suo sguardo che mi seguiva.
Mi sedetti su una panchina nel bel mezzo di un parco al centro di Londra, un posto poco furbo se sei un cantante con milioni di fan.  Attesi venti buoni minuti, prima di vedere il mio compagno di band dirigersi verso di me. Ci alzammo e camminammo per diversi minuti, senza fiatare. È strano, ma con lui mi trovo bene anche se non parlo.
«Lou, allora, ti sei ripreso?» mi chiede senza essersi accorto delle occhiaie che nascondevo dietro i ray-ban.
«Sì» mentì, «Tu come stai?» sorrisi.
«Avanti, puoi dirmi la verità» disse mentre si aggiustava il ciuffo, usando come specchio il contenitore dei tovaglioli.
«Come vuoi che stia Zayn? Non ci parliamo nemmeno più, sembra che a lui non freghi niente. L’unico che sta male qui sono io e mi sembra di sprofondare senza lui, è così dannatamente frustrante... » buttai tutto fuori e ottenni una sensazione peggiore della nausea.  
«Vieni qui, Lou» mi affrettai ad affondare tra un suo abbraccio, una delle poche cose che mi facevano sentire meglio, «Passerà tutto, risolverete, io ti aiuterò. Per favore, non distruggerti con questa depressione, meriti di sorridere»
«Ci sto provando, ma è difficile. Senza di lui, mi è difficile sorridere» ammisi. Rimanemmo in silenzio, in quell’abbraccio che mi scaldava e mi rilassava.
«Avanti, amico, sei Louis Tomlinson, non puoi deprimerti!» disse scuotendomi un po’ e facendomi ridere.
«Giusto, non era in programma un film?» chiesi curioso.
«Spera solo che Liam non si sia dimenticato di prenotarlo» attaccai una risata cristallina che attacco lo stomaco con una sensazione che me lo face alleggerire e mi fece sentire più leggero.
«Avanti, andiamo a casa» mi spronò ad alzarmi e a seguirlo verso la macchina.
Arrivati a casa sua, ci dirigemmo in salotto, dove aspettammo Liam, mentre giocavamo con i pop-corn appena fatti e profumati. Arrivò con la sua buona mezz’ora di ritardo, scusandosi appena.
Il film iniziò, scelsero un horror e non so chi dei tre tremasse di più. Il film finì solo a mezzanotte e leggendo i titoli di coda, anch’essi scritti con uno stile inquietante e pieno di sangue, tirai un sospiro di sollievo.
«La prossima volta che scelgo un horror, voi bloccatemi, okay?» disse il povero Payne che ancora tremava, facendo scattare una dolce risata dalla bocca di Zayn. Rimanemmo un altro po’ sul divano a parlare, come normali amici non famosi, come amici che si conoscevano da vent’anni. Mi sentì bene e spensierato, non pensai a niente per tutta la serata e fu una sensazione che mi era mancata.
Decisi di tornare a casa solo all’una di notte, per evitare di trovarlo in giro per casa nudo, come era solito fare o semplicemente per evitare le sue iridi verdi, ma non ci riuscì. Entrato in casa mi accolse un Harry senza maglietta e pantaloni e non potti fare a meno di ammirare la sua immagine e provocare in lui un sorriso strafottente e sghembo. Scostai subito lo sguardo. Mi irritai quando la tranquillità occupò il suo sguardo e mi passò davanti per andare in cucina, lasciando una scia di profumo, del suo profumo la quale mi inebria le narici.
Quel suo menefreghismo mi faceva soffrire così tanto, così decisi di parlargli.
«Perché lo fai Harry?» gli chiesi irritato. Perché mi provocava tanto dolore? Che gli avevo fatto? Perché sembrava mi odiasse? Lui sapeva tutto, ciò che passavo, ciò che pensavo e forse sapeva anche ciò che avrei fatto. Lui mi conosce a memoria, ecco perché eravamo tanto uniti.
«Fare cosa Louis?» chiese innocente, facendo finta di niente, cosa che fece salire ancor più la mia rabbia repressa.
«Lo sai» mi contenni freddo.
«Io non faccio niente, Louis» sorrise sghembo. 
«Sei un bastardo» mugugnai tra i denti, incazzato nero ormai.
«E perché mai? Non ho fatto nulla di male» affermò prima di fare spallucce.  
Che voglia di prendere quel cazzo di faccino a pugni che avevo, «Perché diavolo ti comporti così? Come se fossi tu quell’offeso? Come se tu fossi la vittima? Non sei tu che ha queste schifose occhiaie e che rimane chiuso in casa a deprimersi! Sei così irritante, dio mio, ma che hai che non va?» gli sbraitai contro per poi riprendere fiato e lo guardarlo negli occhi che iniziarono ad assumere una minima emozione, preoccupazione forse. Parlando a tono normale dissi «Stai ferendo colui che dicevi di amare» conclusi tremando.
Era così strafottente, diavolo. Ma che aveva di sbagliato?
«Louis...» tentò di dire qualcos’altro, ma sapendo che mi avrebbe solo fatto star peggio, lo anticipai.
«Va al diavolo Harry, dannazione. Non puoi tornare tardi la sera, se sai che ti aspetto. Non puoi scoparti chi vuoi, ci sto male, perché non lo capisci?! Non puoi girare nudo per casa, solo per provocarmi!» gli strillai contro.
«Se permetti è anche casa mia» puntualizzò pronto.
«Hai ragione» mi arresi e andai in camera mia. Presi la mia amata valigia grigia posata sotto il letto e aprì i cassetti, mettendo in disordine completamente la stanza. Presi tutti i vestiti, pantaloni, intimo, scarpe, oggetti finché la mia valigia si colorò di magliette a righe, pantaloni e cappelli di lana grigi.
Il suo verde si irrigidì mi guardava fare le valigie e iniziò ad inumidirsi.
«Cosa fai?» domandò con voce tremante.
«Non si vede? Faccio le valigie e vado via» affermai.


*********

Eccovi il secondo. Ve l'ho dovuto accorciare, perché era davvero, davvero, davvero, DAVVERO lungo. Tipo cinque pagine, quindi scusate se è troppo lungo, ma ho fatto il possibile per accorciarlo. :) 
Vabbè, ringrazio a chi ha messo la storia tra i preferiti, chi la segue e a chi piace.
Lasciate una piccola recensione e diverrete i miei nuovi idoli. (?) lol

Okay, vabbè. Mi dileguo. 

Lot of love.
-NanaDrew. xxx

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Capitolo 4
*** Chapter 3. I miss him ***






Chapter 3-  I miss him


«Tu non puoi» affermò con lo sguardo fermo, «Dove andrai?» si preoccupò. Solo allora, solo alla fine di tutto, solo quando lo lasciai davvero andare, lui si preoccupò.
«Dai miei» chiusi la valigia e mi diressi fuori, colpendo accidentalmente la sua spalla. Scesi con calma le scale, mentre dentro morivo pian piano.
“Avanti Harry, fermami. Bloccami, chiedimi scusa. Sii coraggioso per una volta e fammi tornare tra le tue braccia, perché è l’unica cosa di cui abbiamo bisogno entrambi. Quindi, non fare il masochista codardo e vieni ad abbracciarmi, andiamo Harry!”, pensai, invece mi lascio andare via. Via dalla sua vita, dal suo cuore, via da lui. Varcata quella soglia che divideva il giardino dall’asfalto, persi tutto. O meglio, tutto ciò consideravo importante: lui. Mi sembrava di essere diventato la persona più povera del mondo, povera d’amore e di forze. Senza ragioni per cui lottare.
Quel piccolo riccio era diventato il mondo, il mio tutto. Come cambiano le cose e in quanto poco tempo, poi! In nemmeno una settimana.
Ero la persona più povera e più bisognosa d’amore, cavolo.  
Passai la notte a guidare per Doncaster. Acceleravo in modo indirettamente proporzionale ai km che diminuivano ed ogni volta mancava così poco ad un incidente.
Liquidai le domande dei miei con un ‘Volevo un po’ di tranquillità’ e concludevo affermando che avevo sonno, anche se ero consapevole che non avrei dormito quella notte.
Posai la valigia ai piedi del letto, ne estrassi solo l’amato pigiama della coca-cola e mi accoccolai sotto le coperte.
Nemmeno un giorno lontano da lui e già mi mancava da morire. Già avevo voglia di tornare da lui e perdonargli tutto, ma non ne ero capace. Non ero capace perché sapevo che, se fossi tornato, sarei stato male, ancora, perché alla fine mi sarei ritrovato di nuovo distrutto, perché a lui non importa va, a lui andava bene così, purché non infierisca con il suo mondo.
La mia suoneria impedì ai miei pensieri di ferirmi ulteriormente, in modo masochista. Il display illuminò la parte della stanza buia in cui mi trovavo, con il suo nome.
Qualcosa mi diceva che dovevo rispondere, ma il mio buon senso, diceva di star fermo, che la musichetta era rilassante, che era meglio ascoltare quella canzoncina, piuttosto che la sua voce.
Dopo il quinto squillo si arrese e mi lasciò dormire. Avevo solo bisogno di riposo, lontano da tutto: fan, manager, lontano da Liam, Niall, Zayn e da Harry. Lontano dai giornali, da foto, paparazzi, da interviste, un po’ di tempo per me. Avevo solo bisogno di questo.
Chiusi gli occhi, tentai di prendere sonno per quanto...Tre ore? Forse più, ma non ci riuscì. Il suo sorriso continuava ad occupare la mia mente e i suoi occhi erano la causa per cui il mio cuore batteva in modo non regolare. Diventò la ragione di quella nottata in bianco e pian piano mi pentì di non aver risposto. Il ricordo della sua voce iniziò a diventare sempre più sbiadito e irritate. Irritante perché la sua voce, così sicura e soave, mi iniziava a mancare come non mai.
Forse la consapevolezza di riuscirlo a vedere almeno una volta al giorno, era il motivo per cui nei giorni precedenti non caddi nella più completa depressione, cosa che invece accadde quella notte.
Non ero frustrato, deluso o incazzato, ero semplicemente triste. Continuavo a rigirarmi nel letto, sperando di sentirmi dire “Boo, sta fermo!” oppure “Lou, sto cercando di dormire, dannazione!”, con tanto di no-chalace, come al suo solito. Invece no, in quel momento ero solo, solo in una stanza buia, eppure sentivo che era lì il luogo in cui dovevo stare. Era come un piccolo angolo di mondo che mi aiutava a pensare e in quel momento c’erano solo pensieri tristi.
Mi addormentai solo alle 5 di notte, mentre controllavo che il mio cellulare non avesse ricevuto altre chiamate, mentre speravo in quella suoneria.
Mi addormentai con la consapevolezza che sarebbe stata un’impresa ardua fare a meno del mio Harry, visto che, da quando ci siamo visti la prima volta, l’uno non riesce a fare a meno dell’altro, ma dovevo riuscirci. Per il mio bene, per il mio povero cuore. Dovevo riuscirci. Eppure mi serviva lui, mi serviva amore.  

Purtroppo i miei amati compagni di musica, mi fecero dormire poco e appena alle nove di mattina, probabilmente appena anche Zayn riuscì a svegliarsi, mi chiamarono.
«Pronto?» sussurrai con la voce impastata da sonno e tristezza.
«Dove diavolo sei?» mi sbraitò un Zayn preoccupato dall’altro capo.
«A Doncaster, da i miei» annunciai mentre mi strofinai gli occhi cercando di non addormentarmi nel pieno della telefonata.
«Potevi avvisare, stronzo! Niall è quasi svenuto, a Liam è salita la febbre e per poco io non andavo dalla polizia!» mi fece sentire terribilmente in colpa.
«L’ho detto ad Harry...» tentai di giustificarmi.
«Chi? Lo stesso Harry Edward Styles che non riesce nemmeno a parlare e che ha gli occhi gonfi?» non sembrava molto una domanda, ma comunque necessitava di una risposta.
«Credo di sì...» mugugnai.
«Ma che diavolo vi prende a tutti, qui?» urlò la voce di Liam, il quale, a quanto pare,  prese il telefono.
«Liam, voglio solo un po’ di riposo» collaudai la scusa che avrei usato con i miei.
«Louis, capisci che non puoi partire senza dirci niente? Che siamo una band? Che siamo uniti e che tutto ciò che fa uno pesa su tutti?» chiese incazzato, «Riposo? Nel bel pieno della settimana? Abbiamo interviste, servizi fotografici, incontri con le fan! Siamo pieni!» urlò a tal punto che dovetti allontanare il telefono dall’orecchio, altrimenti avrei perso i timpani.
«Fate tutto senza me» mi limitai a dire.
«Ma che cazzo dici! No, dobbiamo fare tutto insieme!» cercò di farmi ragionare, ma non con scarsi risultati.
«Daddy, scusami, ma proprio non ci riesco» la voce iniziava a tremare e le meningi a pulsare, segno che da lì a poco le lacrime avrebbero avuto la meglio, «Per favore, capisci, solo un po’ di pausa, due giorno okay?» due giorni sarebbero stati pochi, lo so, ma erano comunque quarantotto ore.
Si arrese,  «Almeno dicci che ti è preso, siamo tutti preoccupati qui, soprattutto Harry. Quel riccio non riesce nemmeno a parlare, poverino» a quelle parole qualche strana sensazione prese a pugni il mio cuore già malconcio.
«Davvero?» riuscì a dire tra la sorpresa.
«Sì, torna presto, perché qui cadiamo tutti se non ci sei» ammise sincero.
Sorrisi malinconicamente, «Mi mancate anche voi, voglio solo una piccola paura da tutto, ma torno, promesso».
«Due giorni» disse prima di riattaccare.
Le gambe stanche di stare stese, mi costrinsero ad alzarmi, di mala voglia. Mi aggiustai i pantaloni rossi e scesi in cucina. Preso dalle abitudini di “casa One Direction”, preparai una colazione a tutta la famiglia e la misi in tavola. Qualche minuto dopo, mentre ero intento a litigare con un biscotto che non volva affondare nel latte caldo, mia madre entrò in cucina e, sorpresa, si sedette di fronte al suo primogenito, regalandomi un sorriso stupendo, anche se era appena sveglia.
«Buongiorno tesoro» mi schioccò un bacio sulla fronte.
«Giorno mamma» le sorrisi dolcemente.
Sorseggiò un po’ di caffè e poi mi guardò. Sapevo cosa voleva dire o meglio, chiedere, così le risposi senza darle la possibilità di domandare, «Voglio solo un po’ di riposo da tutto, sono semplicemente stanco».
«Sicuro di non aver litigato con nessuno?», perché le mamme devono accorgersi sempre di tutto?
«No, con i ragazzi tutto okay...».
«Eleanor?» mi ero dimenticato completamente di lei.
«Ci amiamo» finsi.
«Okay e che riposo sia» sorrise ancora autoconvincendosi.
«Mamma, torno in camera» le stampai un bacio sulla guancia e andai.
Tornai in camera, dove mi lavai e mi cambiai. Composi il numero di Eleanor, visto che non sentivo la mia “ragazza” da troppo tempo.
«Eleanor?» risposi pronto alla chiamata aperta.
«Lou?» chiese sorpresa e lo sarei stato anch’io. Insomma, se colui che si spaccia per il mio ragazzo, non si facesse sentire per più di una settimana non sarei solo sorpreso, ma anche incazzato.
«Sì, sono io...» dissi timidamente.
«Oddio, tesoro! Che fine hai fatto? Mi sono preoccupata!»
«Scusami, impegni vari...» mi giustificai.
«Potevi avvisare che saresti partito, però».
«Scusami...»
«Tranquillo, allora, come stai?» domando spontanea.
«Bene», mentì ancora, «Tu?»
«Bene, solo che mi manchi un po’».
Mi lasciai scappare una smorfia dolce dalla bocca «Anche tu, amore»
«Sei dai tuoi?» le risposi con un mugugno di approvazione.
«Peccato...» confessò.
«Perché?» chiesi stranito.
«Avevo voglia di vederti» ammise.
«Dai, tesoro, mi manchi anche tu. Appena arrivo a Londra vengo da te» dissi prima di sentire il mio nome quasi strillato da mia madre ancora in cucina. «El, scusa devo andare, ciao amore» chiusi la chiamata.
«Dimmi!» dissi dopo averla raggiunta.
«Io vado a fare la spesa, metti in ordine camera tua e sveglia le tue sorelle» mi ordinò.
Quando le mie sorelle furono sveglie, mia madre tornò e con lei Mark, la casa divenne un totale caos, chi gridava, chi cercava vestiti o collane, chi preparava qualcosa che sfami un’intera famiglia e chi, come me, restava sull’uscio della porta del soggiorno intento a guardare incantato tutto quel disordine che mi era mancato. La normalità di una famiglia, il dover litigare con una sorella per il troppo tempo in bagno, il guardare tua madre che urla perché ha dei figli troppo disordinati, tutto questo mi era mancato. Non lo avrei mai barattato nemmeno con mille tour, diecimila fan, milioni e milioni di concerti. La normalità mi era mancata e sorrisi al pensiero che quei due giorni sarebbero stati i migliori due giorni della mia vita da artista.
La mia previsione si rivelò esatta, passai le successive quarantotto ore in giro per negozi con le mie sorelle, costretto a tenere buste enormi e che sembravano moltiplicarsi ad ogni passo che compivo, a volte passavo ore su divano a guardare un film con mia madre intenta ad accarezzarmi i capelli o guardando una partita di un qualsiasi sport con il mio patrigno. A volte scappava qualche autografo o fan, a volte dovevo sorridere ad un paparazzo nascosto dietro una macchina, ma quella normalità mi aveva privato di tutto quello stress accumulato.
Purtroppo quando si sta così tanto bene il tempo passa fin troppo velocemente e, prima che mi potessi accorgere che i due giorni erano scaduti, posai poco delicatamente la valigia nel cofano.
Abbracciai tutti promettendo che sarei tornato presto o, almeno, appena mi fossi liberato da tutti i miei nuovi impegni di lavoro. Quando mia madre sciolse l’abbraccio, quasi piangendo, mi lasciò una sensazione di vuoto a cui pensai per tutto il viaggio.
Presi il cellulare e composi il numero della mia ragazza.
«Pronto?» dalla voce inzuppata di sonno capì di averla svegliata e provai una leggera tenerezza.
Ricominciai con la solita sceneggiata: “amore mio” “mi manchi anche tu” ecc... Tutta la copertura che, allora, andava avanti da un anno e che serviva a non far scoprire me ed Harry.
«Amore, buongiorno!»
«Ciao amore» disse lentamente e sottovoce.
«Sto venendo da te» le annunciai appena entrai a Londra.
«Perfetto, allora vado a vestirsi» disse svegliandosi tutto d’un tratto e provocandomi una risata.
«Grande! Prima che qualche poliziotto mi veda, ti lascio. Ciao amore» riattaccai.
Prima di andare da Eleanor, passai dallo studio di registrazione, per avvisare tutti del mio arrivo, incontri il mio manager, ultima persona che avrei voluto vedere.
«Ho saputo che sei andato via dalla casa tua e di Harry» disse privandomi del saluto.
«Sì» risposi freddo ed incazzato.
«Devi tornare, i fan potrebbero sospettare qualcosa». Il mondo che mi era piombato sotto i piedi senza preavviso, era stupendo. Essere conosciuto in tutto il mondo, lo era, ma non potevo fare o essere ciò che volevo. Ero un burattino e i fili erano rappresentati da uno stupido contratto.
«Non posso» opposi resistenza, ma alla fine dovetti arrendermi, perché non potevo combattere contro qualcosa di più grande solo, non potevo proprio.
Fui costretto a tornare a casa da Harry, a subirmi ancora tutti i gridolini strozzati di quelle puttanelle che solo lui riusciva a portarsi a casa. Sembrava che Dio non volesse darmi pace. 




*******

Oddio, sì, odiatemi! Fate bene! çç sono un disastro con la pubblicazione (probabilmente anche con la scrittura lol). Pubblico troppo volocemente, lo so, me lo dicono in tanti. E poi il banner e il titolo centrano davvero poco con il capitolo. Scusate se lo trovate troppo lungo o troppo corto, capitemi, ho sonno e voglio pubblicare velocemente perché ho altro lavoro da pubblicare. 
Vaaaaaabbè, amo le Larry, sìsì. :') Sono stupendi, anche se li vedo più distanti nell'uktimo periodo. Damn! Ma quanto mi diverto a fare i banner? Ahahahaha :') Alcuni sono davvero teneri. lol 
Comunque, tornando alla storia. :) Grazie a cui legge, a chi la segue e a chi l'ha messa tra i preferiti. Significa tanto. :) 
Spero sia stato di vostro gradimento. Se potete o volete recensite. 

Lot of love,
-NanaDrew.

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Capitolo 5
*** Chapter 4- Memories ***




Chapter 4- Memories


Liam bussò violentemente alla porta, urlando a squarcia gola da dietro la porta.
«Liam, cazzo aspetta!» sbraitai a mia volta al ricciolino.
«Louis, dobbiamo essere in scena tra cinque minuti!» avvisò con un tono di voce decisamente alto.
Sbuffai e scocciato mi costrinsi ad uscire.
«Contento?»
«Molto!» rispose pronto.
Quella fu probabilmente l’intervista più lunga e snervante dalla storia delle interviste.
Non parlammo dei One Direction, no, parlavamo di “amore”, quindi di Perrie, Eleanor, Danielle e dell’immancabile “Larry” che ormai sembrava perseguitarmi. Non capivano? Era tutto finito, basta. Basta domanda scomode, basta stupidi video, basta supposizioni, basta tutto, ne avevo le scatole piene.
«Diteci di più quella vostra bromance» chiese eccitata l’intervistatrice.
«Non c’è nulla da dire» rispondo facendo spallucce e anticipando Harry.
«Avanti, lo abbiamo capito che ci nascondete qualcosa!» ci stuzzicò.
«Non c’è nulla da nascondere. Io sto con Eleanor, la amo, amo solo lei. Non nascondiamo nulla, smettete di fare queste domande. Sono etero, con Harry è solo un gioco tra amici, chiaro?» conclusi notevolmente irritato, ammutolendo tutti i presenti e coloro che ci guardavano.
«Okay, torniamo dopo cinque minuti di pubblicità» annunciò sorridendo la moretta che ci stava intervistando. Appena parte lo spot su una crema per il corpo, tolsi scocciato il microfono e mi ritirai in camerino, sentendo i ragazzi preoccuparsi. Mi guardai allo specchio notando la vena del collo pulsare incazzata quanto me e a momenti scoppiava.
Sentì la porta chiudersi e aprirsi da una mano molto tranquilla, per poi vedermi Harry alle spalle e la sua figura apparirmi allo specchio. Quella figura, io e lui, era così perfetta, dannazione! Non ci voleva un genio per capire che eravamo nati incastrarci in una coppia perfetta e stare insieme, per sempre. Il problema è che a volte non bastano i geni, non bastano le magie, non basta desiderarlo con tutto se stessi per amare Harry, perché nel nostro mondo nulla è mai abbastanza, soprattutto se si tratta di amore sincero ed incondizionato.
«Sai, avresti potuto evitare tutta quella sceneggiata» sussurrò al mio orecchio.
«Levati dalle palle Styles, sono già incazzato di mio» grignai spostandomi da lui.
«Avanti Louis, voglio solo... chiarire» ammise timorosamente.
«Potevamo chiarire davanti ai manager, una settimana fa, ora è tardi per le parole» conclusi.
Forse prese la mia ultima frase troppo sul serio: mi prese per un braccio, mi girò poco delicatamente verso di lui e mi spinse, incastrando il mio corpo tra un muro pallido e il suo corpo. Incastrò le sue gambe tra le mie, facendomi sentire le sue curve intrappolate tra dei jeans troppo stretti per quest'ultime.
«Staccati Hazza, avanti» gli chiesi mentre iniziavo a sudare freddo per la poca distanza.
«So che non è ciò che vuoi Boo» soffiò sulle mie labbra il suo sapore fresco di menta che tanto amavo.
«Harry...» sussurrai mentre sfiorava le mie labbra con le sue. Mi zittì.
Strofinò i nostri nasi e si avvicinò a me, unì le nostre bocche e iniziò a giocare con la lingua, creando un gioco di amore e passione. Mi lasciai andare, posando le mani sul suo petto, mentre lasciavo scivolare su e giù le sue dal mio volto e al mio collo. Mi morse il labbro inferiore, provocandomi un flebile e sussurrato gemito, per poi riprendere il contatto con la mia bocca.
Ripresi lucidità, la quale mi diede un po’ di maturità, quel poco che basta per capire che tutto ciò era un errore.
«No, Harry...» lo allontanai insicuro dal mio corpo e mi scostai da lui, andando dietro le sue spalle.
Rimase sorpreso, in modo negativo. Deluso e forse anche triste.
«Lou...» disse dopo essersi girato e avermi puntato addosso uno sguardo che mi fece nascere dei sensi di colpa che sembravano volermi torturare. Si avvicinò leggermente, provocando un passo indietro involontario da parte mia.
«No, Harry, non è giusto» abbassai lo sguardo.
«Cosa non è giusto Boo?» chiede perplesso.
«Lo sai...» mi limitai.
«No, Boo, è giusto. È sempre stato giusto!» esclamò. Mi alzò il volto dal mento, facendomi, così, scontrare con un sorriso tanto dolce quanto sincero.
«Sei stato tu il primo a dirlo!» lo contraddissi.
«So i miei errori e li ho capiti. Loro non hanno ragione, loro non possono separarci, perché tu hai bisogno di me come io di te, perché ti amo come tu ami me» sorrise dolcemente, «Perché l’uno è il futuro dell’altro. È sempre stato così, dal primo giorno in cui ci siamo incontrati. Avanti, non puoi far sparire tutto. Tutti i ricordi». Ricordi: probabilmente è quella una delle parole chiave di tutta la mia vita. Mi nutro di ricordi, amo farlo. Ricordare tutto. Ricordare la prima audizione ad X-Factor, il primo disco, il primo album. Il ricordare quanto è stato divertente girare ‘What Makes You Beautiful’ con le grida di paura del povero Zayn. Quando la band si unì, le prime fan e autografi. Le foto, i sorrisi, le risate, gli schiaffi. Ricordare il primo incontro con Harry, quando diventammo migliori amici e poi amanti. Questi sono i ricordi più preziosi che custodisco. Ma non era così in quel momento. In quel momento il solo parlare di “Larry” mi faceva venir voglia di prendere tutti a schiaffi ed urlare; perché? Perché faceva dannatamente male.
Le mie labbra presero una smorfia di tristezza e malinconia, «Sbagli, tu non hai bisogno e non mi ami come io ti amo, perché io ho più bisogno di te, rispetto a come tu hai bisogno di me, perché io ti amo di più, Harry e non possiamo passare un futuro a nasconderci dal mondo, non è un futuro quello» conclusi a malincuore.
«Non puoi dire questo Lou...» disse mentre una lacrima si scioglieva sulla sua pelle. «Io sono il tuo futuro, io ho bisogno di esserlo. Lo dirò a tutti, solo che necessito di tempo...» si asciugò una seconda lacrima.
«Harry, non capisci?» sorrisi malinconicamente, «Non capisci che è tardi? È tardi per noi, è tardi per il nostro amore, è tardi. Loro non ce lo permetteranno e tu li lascerai fare».
«Non è...»
«È la verità e tu lo sai» affermai convinto prima che lui potesse finire, «Non posso combattere da solo contro qualcosa di così grande e tu non sei abbastanza coraggioso, perché alla fine non mi ami così tanto...»
«Non puoi dubitare di questo!» mi sbraita contro con le lacrime su cui ormai aveva perso il controllo.
«Ah sì, Styles? Allora dimmi, se mi avessi amato avresti avuto il coraggio di combattere con me? Se mi avessi amato avresti avuto il coraggio di non farmi tornare a casa dei miei? Se mi avessi davvero, e dico davvero amato Harry, a quest’ora staremmo litigando o staremmo abbracciati come al nostro solito? E se tu mi avessi davvero amato avresti trovato il coraggio di dirlo a tutti?» davanti alle mie domande non ottenni risposta, forse perché quest’ultima era troppo scontata, forse perché la sua verità lo avrebbe ferito troppo, forse perché non c’era nemmeno bisogno di rispondere per sapere.
«Ti prego Louis, non andare via dalla mia vita, non lasciarmi solo, amore» supplicò lacrimando, «Io ti amo, Louis e di questo ne sono certo. Il coraggio qui non c’entra, è tutta questione d’amore» asserì serio.
«Sbagli mio bel riccio, l’amore è coraggio», ripresi fiato «Rimarrò sempre il tuo migliore amico, se vorrai, ma non possiamo permetterci il lusso di amarci» conclusi uscendo dalla stanza e da quell’amore che era diventato peggio di un labirinto, di cui non trovavo l’uscita e un po’ speravo non ci fosse, perché –infondo- amavo stare in quel labirinto, amavo il suo odore, anche quando sudava rimaneva irresistibile. Amavo Harry, ma non era giusto ciò che mi stavo facendo, l’unica soluzione era uscire dal labirinto.

********

Eeee buonsalve a tutti voi. :3 Sono particolament felice. (?) ahahaah okay, ma che caz..? Vabbè, okay, sto blaterando cose insesante.
Avete visto? Ieri Louis s'è incazzato per il fatto della Larry, damn. Quindi adesso tutto chiuso? Cazzo, non sono una directioner (anche se stravedo per Liam, pussate via, è mio!), ma io amo quei due. çç ahahahaha ci sono rimasta davvero male, ma vabbè, vita loro.
Coomunque, do u like? Ve gusta? Vi piciucchia? Vi fa schifo? Insomma, che ne pensate? Avrete capito che da questo capitolo la storia prende il nome. Niente male, no? :) A me piace un pochetto, è l'unico capitolo che mi ha davvero coivolta della storia, ahahah appena ho finito di scrivere ho twittato a Louis ed Harry credendo che fossero miei amici. lol Sono psicopatica. Anyway, spero sia stato di vostro gradimento e spero recensiate.
Sono arrivata seriamente al quinto capitolo? Cielo. Questa FF la pubblicai tempo fa, ma la eliminai perché non riuscivo a finirla e ora che mi sono accorta che nel file del pc c'è scritto THE END, quasi mi deprimo. Mi mancherà scrivere di questi due. Sono una coppia bellissima, migliori amici o amanti che siano.
Comunque, basta a rompere. Un bacio a tutte e spero recensiate, ma ancor più che vi sia piaciuta. :)

Lot of love.
-NanaDrew. xxx

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Capitolo 6
*** Chapter 5-Epilogo ***





Epilogo.


Sei anni dopo...

L’amore è coraggio 
e, dopo tre alquanto lunghi e sofferti anni, anche Louis Tomlinson ha trovato abbastanza coraggio per essere stupido ed amare. Ha trovato il coraggio per amare qualcuno che non porti il nome di Harry Edward Styles; una persona che non avrebbe mai pensato di amare così tanto, talmente tanto da sposarla.
Ora mi trovo di fronte alla scena più tenera di tutta la storia, vedo un uomo, perché ormai Louis si può davvero definire tale, che è sull’altare, tramante e vestito come un cameriere o, in modo più ironico, come un pinguino. Si sta torturando le mani, accarezza la barba leggermente accennata, mentre cerca disperatamente uno sguardo amico che lo rassicuri e quasi si sorprende quando lo trova in due occhioni color smeraldo che lo squadrano dolcemente e gli sorridono. Harry gli mima un ‘Respira amico’. Mai avrebbe immaginato di trovare l’appoggio di Harry in questo matrimonio, ma ormai anche per lui era storia chiusa, alla fine si era rivelata un semplice innamoramento, anche se è stato l’innamoramento più sentito della loro vita. Harry si frequenta da circa un anno con una tipa, una certa Lynn o una cosa simile, forse l’unica brava ragazza di cui il signor Styles si sia mai innamorato.
Louis continua a farsi male le mani, mentre aspettava la sua bella sposa. Non ostante la tensione dello sposo, c’è così tanta tranquillità in quella chiesa, una pace assurda e rilassante.
Poi quell’accumulo di parenti, amici e coppiette punta tutta l’attenzione su una stupenda ragazza dai lunghi capelli castani raccolti in una acconciatura, incastrata tra una coroncina che manteneva un lungo velo bianco proprio come il vestito. Un vestito semplice, senza spalline, dei ricami al lato del corpetto e su l’unico ripiego della gonna abbastanza gonfia. Con passo a ritmo della classica marcia nuziale, mantenendo un bouquet di fiori bianchi tra le mani e stretta al braccio di suo padre, entra nella chiesa quasi piangendo. Louis sembra un principe, con uno smoking davvero troppo serio per quel Louis Tomlinson che si divideva tra magliette a righe e tom, che aspetta la sua stupenda principessa elegante come al solito, come lo era tre anni fa, la sua principessa, quella giusta.
«Lo voglio» le sorride.
«Lo voglio» gli sorride, a sua volta.
Una croce d’oro diventa testimone di uno dei baci più belli al mondo, più romantici e dolci.
Tutti gli invitati e gli sposi, ovviamente compresi, si dirigono in una lussuosa sala, abbellita da bianco e argento, tanto raffinato quanto delicato. Gli sposi aprono le danze con un lento e romantico valzer, per cui Louis si è esercitato per mesi, così tutte le coppie li seguono a ruota. Louis lascia Eleanor nelle mani del nuovo suocero e si dirige fuori ad ammirare uno splendido arancione che sporca l’azzurro del cielo.
Da lontano, vedo Harry, anche lui molto elegante con un immancabile papillon, raggiungere il suo migliore amico.
«Ciao neo-sposo» sorride alle sue spalle. Louis si gira e non riesce a non abbracciarlo per l’emozione.
«Ciao migliore amico di questo neo-sposo».
«Allora come ci si sente ad essere sposati?» domanda posandosi sulla ringhiera.
«Come in paradiso» ammette sincero, «Anche se non avrei mai immaginato di sposare qualcuno che non sia tu».
«Già, ho immaginato il nostro matrimonio per lungo tempo» dice tristemente.
A volte passavano notti ad immaginare chi avrebbe fatto da testimone o da damigella, che piatto portare per primo e come concludere al meglio il ricevimento e loro in questo momento se ne stanno ricordando con davvero tanta malinconia.
Ma no, Louis non vorrebbe avere Harry al suo fianco, perché trova tutto così perfetto. Lei, gli invitati, il suo smoking, il suo migliore amico, per fino le posate lo sono.  Sente che quello è il suo destino, sente che il fato ha scelto quella strada per lui sin da quando incrociò gli occhi di Eleanor per la prima volta. Lui lo sente.
«Avanti, non deprimiamoci Hazza, sai che questa è stata la scelta migliore» cerca di consolarlo.
«Ma io non sono depresso, Boo. Sto benissimo, insomma, la band va ancora alla grande, il mio migliore amico si è sposato ed ho una ragazza stupenda, sto benissimo!».
«Lynn è perfetta per te, quand’è che vedrò anche te con la fede?» domanda felice giocherellando con la fede nuova e lucida.
«Non so, appena tu ed Eleanor andate via, le chiedo di venire a vivere con me» gesticola un po’, cercando di mascherare l’evidente vuoto che procurerà il trasloco di Louis da quella casa.
«Mi mancherà vivere con te, Harry, davvero» ammette la sua angoscia. Lui ed Eleanor hanno deciso di prendere una casa insieme, cosa giusta, solo che Louis sentirà davvero tanto la mancanza del suo solito coinquilino. Si è così tanto abituato a tutti i suoi orari che ora immaginare altri orari gli pare impossibile. A chi dirà di mettersi qualcosa addosso almeno quando ci sono gli ospiti? Chi andrà a trovare di notte perché consapevole della sua paura? Di chi godrà la voce leggermente coperta dall’acqua che cade pesantemente sulla piattaforma della doccia? Sentirà la mancanza di tutto questo a tal punto che i primi giorni sentirà echi inesistenti in quella casa.
«Anche a me, Tommo, ma questo è un altro libro, dobbiamo essere più maturi. Devo abituarmi alla scomodità dei pantaloni in casa, a dormire da solo durante i temporali, a farmi la colazione da solo e chi lo sa, magari un giorno avremo una casa insieme, io, tu, Lynn e Eleanor, più qualche marmocchio» sorride all’immagine che gli si è creata nella mente.
«Allora muoviti Harry, muoviti a sposarla, ad abituarti; muoviti, perché ho voglia di cucinare per quattro la mattina»
sciolgono quella conversazione con un abbraccio che sembra interminabile ed Harry, come al suo solito, ne approfitta per palpare quell’invitante sedere che Louis si ritrova, e quest’ultimo ride di gusto, perché ha appena appreso la consapevolezza che potranno passare mesi, giorni e per fino anni, ma loro rimarranno gli stessi. Rimarranno gli stessi di sempre, i soliti migliori amici, i soliti compagni di band che non cambieranno mai, gli eterni idioti: rimarranno il pervertito Harry e lo stupido Louis.
Rimarranno uniti dalla Larry Stylson, che non cesserà mai di esistere, forse non saranno più amanti, tuttavia vi assicuro che potrebbero perdere tutto, per fino i loro capelli ai quali una direzione non si trova, ma avranno per sempre la loro amicizia. Una delle amicizie più belle al mondo.


THE END. 

********

Okay, finish, the end, addios, finita. :) E anche questa è andata. Dio quanto mi mancheranno e spero di tornare a scrivere su di loro. 
Spero sia stata di vostro gradimento e, visto che ci sono alcuni che la seguono, non è che potreste darmi un'opinione, preferibilmente sincera, sulla storia attraverso una recensione? :) Vi aspettavate un finale diverso? Bhè, in realtà c'è. ahahaah, ma non credo di pubblicarlo.
Vabbè, io mi dileguo, alla prossima gente. :) 
P.S: *^* Avete visto che tenero il banner? Oddio lo amo. Poi bho, quei disegni. Awww!
Lot of love. 
-NanaDrew. xxx

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