Spring Is Here, Again

di Eugenie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lithium ***
Capitolo 2: *** "C'è un motivo, per cui sei giunta qui." ***
Capitolo 3: *** Rodolphus al banchetto ***



Capitolo 1
*** Lithium ***



Lithium




"Throw down your umbilical noose so I can climb right back."

Nirvana, Heart Shaped Box

 

Passi rapidi, passi leggeri... passi d'impazienza.
Bellatrix Black saliva le scale con palpabile eccitazione, calpestando tutti quelli che non erano alla sua altezza.
Calpestando chiunque.

Lo sapeva. L'aveva sempre saputo. Era lei, lei che sarebbe stata scelta. Lei, che sarebbe stata convocata; quel giorno.
Era sempre stato chiaro. Scontato, quasi. 

Più in fretta, più in fretta.
Non finiscono più, queste scale?

"Bella, ti sta aspettando... è appena tornato."
"Sì... sì lo so. Mi sta aspettando. Sta aspettando proprio me, capisci? Non te, non voi, nessun altro: me."

Avrebbe potuto scivolargli accanto senza nemmeno sfiorarlo, ma oltrepassandolo lo urtò. Non ricordava il suo nome, non si era mai neanche data la pena di impararlo.
Perché perdere tempo curandosi di qualcuno che non le sarebbe mai stato utile?

Attraversò la sala immensa, attraversò l'eco di decine di voci che non udiva nemmeno. Sussurri, mormorii... non era il momento di preoccuparsene.

La mia curiosità è per le urla assordanti, la mia attenzione è per l'infinito frastuono dentro di me.

Giunse di fronte all'immenso portone intarsiato. Si fermò.
Raddrizzò le spalle, benché non ne avesse alcun bisogno: camminava sempre a testa alta, fissando le iridi scure sui volti di tutti quelli che incrociava. Squadrandoli, giudicandoli, disprezzandoli, biasimandoli.
Sollevò la mano destra, rapidamente, e afferrò il battente di ottone. Inspirò forte, e batté con forza.
Aspettò.
Aspettò ancora. E ancora.

"Entra, Bellatrix."

E Bellatrix entrò. 

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Capitolo 2
*** "C'è un motivo, per cui sei giunta qui." ***


"C'è un motivo, per cui sei giunta qui."
 




"We all want something fair, my heart."

Nirvana, Tourette's

 

Lord Voldemort era in piedi accanto ad un lungo tavolo di legno massiccio, su cui era poggiata una teca.
Vi posò le mani sopra, sollevò il coperchio e -per la prima volta da quando Bellatrix aveva fatto capolino dalla porta- alzò lo sguardo.
Sorrise distrattamente.

La donna raggiunse in fretta il suo Padrone e abbassò in fretta il capo, per poi ricomporsi dopo qualche istante.

"Mio Signore," esordì con voce ferma, "Sono giunta qui non appena..."
Non finì la frase; la sua attenzione era stata catturata dall'oggetto che Voldemort aveva appena svelato.
Era avvolto in un panno nero, ma la forma lasciava pochi dubbi sulla sua natura. I grandi occhi scuri di Bellatrix si accesero di vivido interesse.
Voldemort non mancò di notarlo.

"C'è un motivo, per cui sei giunta qui."
Scostò un lembo di tessuto, e lo sguardo di lei scintillò quasi quanto il manico d'oro che faceva ora capolino dal panno.
La coppa di Tassorosso.
"Sì," rispose Bellatrix laconica.

Adesso era nelle mani del Signore Oscuro, che la guardava con amorevole reverenza.
Tuttavia, per quanto ne apprezzasse l'unicità, non era a causa del tesoro di Tosca Tassorosso che sul volto di Lord Voldemort era comparsa un'espressione a dir poco insolita.
Un sorriso fugace, e poi la solita durezza tornò a insinuarsi tra le rughe del suo viso.

"Quello che ti sto affidando, è un oggetto di inestimabile valore. Sì, ovviamente questo lo sai. Ma dentro a questa meraviglia, Bellatrix, al suo interno... c'è la mia anima. Vi ho

racchiuso un frammento del mio essere, e ora lo affido a te."

Bellatrix non poté fare a meno di sgranare gli occhi. Aveva sentito parlare di pratiche di quel tipo, ma sapeva che erano estremamente rischiose.
Sapeva anche che Voldemort si era spinto più in là di chiunque altro in una costante ricerca dell'immortalità, ma mai aveva pensato che si sarebbe addentrato così a fondo nei

meandri della Magia... nessun altro di sua conoscenza si era mai azzardato ad intraprendere un percorso così distruttivo e logorante per l'anima.
Era intimorita, ma cercò di scacciare via quella sensazione. Non poteva permettersi di apparire poco sicura di sé.
D'altra parte, quella punta di incertezza non riuscì a frenare l'entusiasmo che la pervase.
Certamente ammirava con tutta sé stessa l'ardire e la grandezza del suo Padrone, che aveva osato più di chiunque altro per perseguire i suoi scopi altissimi.
Soprattutto, però, si sentì pervadere il cuore, i polmoni, lo stomaco e ogni parte del corpo da un orgoglio viscerale e impagabile.
Aveva scelto lei, e lei soltanto come custode della sua anima.
Non poteva chiedere di più; lacrime di profonda gioia minacciavano di offuscarle gli occhi. Le ricacciò indietro senza indugio.

"Mio Signore, grazie. Non vi deluderò, lo sapete."
Veloce, concisa. Odiava chi si rivolgeva a Voldemort con toni supplichevoli e adulanti, odiava chi perdeva tempo prostrandosi ai suoi piedi.
Ecco cos'era per lei, l'adulazione: una perdita di tempo.

"Non ho alcun dubbio."

Nel frattempo, la coppa di Tassorosso era tornata nel suo scrigno.
Bellatrix si scoprì a stringerlo convulsamente prima di nasconderlo sotto il mantello.

Si guardarono per qualche istante, lo sguardo compiaciuto di Voldemort fisso in quello determinato di Bellatrix.
Un cenno del capo, e lei seppe che era giunto il momento di andare.

 

 

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Capitolo 3
*** Rodolphus al banchetto ***


Rodolphus al banchetto

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Rodolphus salì le scale a balzi, con impazienza, non sapeva se più per la frustrazione che sua moglie non l'avesse avvisato o per l'eccitazione che gli faceva ribollire il sangue nelle vene. 
Erano tutti ammassati lungo l'immenso corridoio, un basso vociare e qualche occhiata nervosa per lui. 
Gli sembrava di aver preso parte ad un insolito convivio, un convivio in cui gli ospiti devono guardarsi bene dal destare l'attenzione dell'ospite. 
E così facevano i Mangiamorte, così si comportavano gli invitati a quell'assemblea di umanità deviata che si proponeva di decidere le sorti e la rovina di chiunque fosse troppo pericoloso. 
O anche solo un po', davvero. 
Chiunque potesse rendersi protagonista di qualche episodio di rovina per loro e il loro Signore, doveva essere zittito, per necessità.
Ed era con questi pensieri in mente che Rodolphus si aggirava tra facce conosciute e mai familiari, era con questi pensieri in mente che rimandava il momento in cui avrebbe dovuto fare i conti con lei. 
Ma era troppo frustrante, era troppo fastidioso...
 
Si aspettava che non si girasse neppure, aveva imparato a conoscerla, ora. Si aspettava che proseguisse imperterrita tra i mantelli scuri e pesanti e che lo oltrepassasse senza degnarlo di uno sguardo, deliberatamente. 
 
E così fece, Bellatrix Lestrange, ma giunta di fronte a lui si bloccò. Alzò lo sguardo, e piantò i suoi occhi scuri dentro a quelli di Rodolphus, in profondità... lo trafisse. 
E ancora, era pronto ad uno scoppio d'ira, che uscisse dopo essere stata stipata dentro di lei per troppo tempo.
E ancora, si sbagliava. 
 
Il nero delle iridi di Bella era offuscato dalle lacrime, lacrime che le appannavano lo sguardo e rendevano la figura di suo marito una macchia di intimità in mezzo a quelli che dicevano di essere suoi amici, ma che, lo sapeva, erano lì solo per avere un pezzo succulento del suo banchetto.
 
E Bellatrix era felice, felice per la prova di fiducia e amore che custodiva gelosamente sotto il mantello, e felice per quella macchia gioiosa di fronte a lei a cui, lo sapeva, non si sarebbe mai abituata.

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