Easy to fall, easy to break.

di willbefearless
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue. ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***



Capitolo 1
*** Prologue. ***


Prologo
 

lately I’ve been waking up alone
The pain splatter tear drops on my shirt
I told you I’d let them go


-Hazel

Cercai stancamente di tenere gli occhi aperti, mettendomi a sedere in modo più composto ed osservando il quaderno di matematica, zeppo di quelli che per me adesso erano solo geroglifici.
"Tesoro, noi andiamo allora" la voce di mia madre, dolce ma allo stesso tempo preoccupata, mi risvegliò dal mio stato di catalessi. Sentii la sua mano sulla mia guancia, e chiusi gli occhi a quel tocco.
"Sì, siamo già in ritardo. Puoi prepararti qualcosa di veloce, oppure ci sono gli avanzi della cena di ieri." sopraggiunse mio padre, mentre entrambi  prendevano le giacche.
Sospirai rumorosamente, poi annuii abbastanza energicamente per quanto mi fosse permesso, per farmi vedere dai miei genitori.
"Comportati come si deve. Ti vogliamo bene, Hazel."
La porta sbattè violentemente, provocandomi una fitta allucinante alla tempia. Portai le mani chiuse a coppa sul viso,  e chiusi un attimo gli occhi. Non ne avevo parlato con i miei, ma dopo essere tornata dalla breve vacanza mi sentivo ancora più stanca, fiacca e, se possibile, meno atletica del solito.
Mi portai con passo leggero nello studio, e presi la mia amata chitarra, l'unica cosa che mi fossi mai azzardata a chiedere per il mio quindicesimo compleanno ai miei genitori.
Da un anno, lei era letteralmente la mia migliore amica. Lasciai scorrere le dita sulle corde, sentendomi felice, appagata come mai in quei lunghi mesi di monotonia estiva. Le note di "Give me love" riempirono la stanza, seguite poco dopo dalle parole, che fluivano veloci dalle mie labbra.

Maybe tonight I’ll call you
After my blood, turns into alcohol
No, I just wanna hold you

Give a little time to me
We’ll burn this out
We’ll play hide and seek
To turn this around
And all I want is the taste
That your lips allow



-Harry


Il quaderno era ancora li, bianco ed immacolato come sempre, ed i compiti delle vacanze erano stati trascurati.
Mi buttai di peso sul mio letto, facendo scricchiolare le assi invecchiate, e gettai uno sguardo veloce alla mia camera. Le pareti erano scolorite, le stesse di quando, a cinque anni, scelsi che quella sarebbe stata la mia camera. L'unica differenza da allora, era il letto, sostituito con uno più grande, ed il portatile che aveva trovato posto sulla mia scrivania ingombra.
Mentre pensavo ad una strategia per convincere i miei a farmi cambiare anche il resto della camera, una voce che sicuramente non apparteneva a nessuno della mia famiglia mi colpì. Era melodiosa, cantava le note du Give Me Love di Ed Sheeran. Nonostante la voce avesse un che di angelico alle mie orecchie, suonava triste, quasi malinconica.

" - Lascia la mia palla, lasciala ti ho detto! - stava piagnucolando una bambina, dondolando le treccine bionde. Il suo sguardo era posato sulle mani di Harry, che le aveva rubato la palla e aveva cominciato a spingerla per tutto il parco.
- Se la vuoi, vieni a prendertela Haz! - le urlò ridendo, facendosi inseguire dalla piccola, che ormai piangeva, un pò per l'affanno un pò per la sua povera pallina rosa.
- Sei un bambino cattivo, Harold. Con te non giocherò mai più, non mi rivedrai più. Addio - disse Hazle in tono melodrammatico, come facevano le persone nei film dei grandi. Si riappropriò della palla, e si allontanò. Harry credeva che stesse scherzando, erano migliori amici per la pelle da anni, ma lei non ricomparve. Quella fu l'ultima volta che Harry vide Hazel, la bambina dalle trecce bionde. "


Scossi la testa di colpo, cercando di fare ordine. Cos'era quello? Un flashback? Un ricordo? No di certo. Non ricordavo nessuna bimba del genere, ed un visetto così grazioso chiunque avrebbe faticato a dimenticarlo. Come aveva detto si chiamasse? Non ricordavo.
Avrei voluto saperne di più, chiedere ai miei genitori, ma non avrei ottenuto nulla: quando lavoravano erano entrambi intrattabili.
Intanto, la voce della ragazza aveva smesso di cantare, anche se la chitarra continuava a suonare una melodia triste.
Infilai velocemente le scarpe, presi la giacca ed uscii, seguendo solo quella melodia. Mi fermai davanti ad una villetta, abbastanza vicina alla mia: bianca, con una porta verde ed un bel numero dodici  inciso in pittura dorata. Presi un respiro, e bussai.
Nei cinque secondi che aspettai, la chitarra smise di suonare, e dei passi si affrettarono alla porta che si aprì di scatto. Nel momento esatto in cui la porta si era aperta, la mia bocca aveva fatto lo stesso, disegnando una ridicola 'O'.
La ragazza sulla veranda avrà avuto sedici anni; i capelli biondi le ricadevano morbidi sulle spalle, aveva la carnagione chiara, grandi occhi azzurri e labbra rosee e delicate. Nonostante tutto, i suoi occhi esprimevano una tale malinconia, tristezza, che non riuscii a rimanere lì un attimo di più. Me ne scappai letteralmente, e sentii un "vaffanculo" mentre la porta si chiudeva.
Mi guardai indietro, ma di lei nessuna traccia. Cosa mi era successo?


Salve!
sappiate che sono nuova, e che l'omicidio è illegale(?) quindi,
posso solo scusarmi per questa cosa orribile. Nei prossimi migliorerà un pò, promesso.
La protagonista com'è di viso? Lo scoprirete appena caricherò il banner, intanto..
mi farebbe piacere, boh, una recensione anche per mandarmi a fanculo come fa Hazel con Harry, lol.
Non so che dire, quindi..grazie a chi è passato, a chi ha letto e a chi recensirà.
Ci vediamo al prossimo capitolo!
xoxo, Alice.

 


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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


Capitolo uno.
 

There's a lady who's sure,
All that glitter is gold
And she's buying a stairway to Heaven


-Hazel


Il cielo sopra di me,  non illuminato dal sole, ancora grigio, era carico di pioggia.
Erano le cinque del mattino, ed io me ne stavo seduta in veranda con la testa tra le mani, l'unicca compagna la mia solita stanchezza, fiacchezza. Afferrai di scatto il mio iPod dal dondolo lì accanto, abbandonandomi alla musica, e lasciando che le gocce di pioggia che avevano cominciato a scendere insistentemente mi cadessero sul viso, sui vestiti, tra i capelli.
"C'è una donna sicura che sia oro tutto quel che luccica, e sta comprando una scala per il Paradiso. quando vi arriverà sa
che se tutti i negozi sono chiusi con una parola può ottenere ciò per cui è venuta".
Mi arricciai una ciocca di capelli al dito - ormai fradicia per essere sfuggita al cappuccio. Staiway to Heaven, Led Zeppelin. Il più delle persone che frequentavano la mia scuola non sapevano nemmeno chi fossero quei geni della musica, della musica vera.
Quelle poce parole della prima strofa, mi facevano sempre pensare a mia madre. Così sicura di se, di poter avere tutto, sicura che la felicità si misuri in oro, ed oggetti materiali. Lei e mio padre erano avvocato e banchiere, e anche se il lavoro non li rendeva presenti, era certa che la mia allegria si poteva comprare con un'iPod, delle scarpe nuove o uno spartito di musica a settimana. Si chiedeva spesso perchè non fossi felice, quando sapevo mi avrebbe procurato tutto quel che desideravo. A volte la trovavo seduta con aria punta, a fissarmi in modo molto eloquente, come se si stesse chiedendo "Perchè a me, lei?perchè a me la figlia strana?".
Lasciai cadere qualche lacrima sul mio viso già bagnato, prima di strofinarlo violentemente con la manica della felpa. Le case intorno a me, la mia compresa, erano immerse nel buio, nella quiete che caratterizza l'alba. Perchè a lei? Ormai me lo domandavo anche io. Ero sempre stanca, triste per ragioni a me sconosciute, presa da quella musica che lei avrebbe definito "perdita di tempo e di denaro". La musica, però, mi manteneva in vita.
"Già sveglia?" una voce sconosciuta risuonò fastidiosa al mio orecchio disabituato, anche se l'intonazione era gentile, e il tono ridotto ad un sussurro.
"Chi sei?" chiesi, guardinga. Era lo stesso ragazzo che la sera prima, dopo aver bussato era scappato senza una parola.
 Il suo sguardo imbarazzato mi fece capire che stava pensando alla stessa cosa, tuttavia proseguì nel migliore dei modi. "Sono Harry, la mia famiglia si è appena trasferita in una delle villette qui a fianco e tua madre ci ha invitati a cena oggi" spiegò, chiedendomi con lo sguardo il permesso di entrare. Benchè infastidita la modo brusco con il quale ero stata strappata alle mie riflessioni, e soprattutto alla canzone, annuii appena.
"Sai, a questo punto credo toccherebbe a te presentarti." scherzò Harry,sedendosi accanto a me. Da vicino poteva sembrare un bel ragazzo; a giudicare dall'espressione un pò troppo piena di se, però, dedussi che ne fosse piacevolmente consapevole. Non vedevo l'ora che si togliesse dalle scatole, e mi lasciasse alle mie cupe riflessioni.


-Harry

Cercai di osservare meglio la ragazza, senza urtare ulteriormente il suo umore. Mi guardava visibilmente scocciata, con la stessa tristezza che aveva dimostrato nel nostro breve incontro serale, quel tipo di malinconia che ti entra dentro, fin nelle ossa, e ti fa sentire quasi egoista per esserti lamentato dei tuoi problemini da niente.
Guardata da più vicino, sembrava quasi strano che una ragazza così bella potesse essere triste. Bellezza, per me, era sinonimo di felicità.
Le labbra piene, di una tonalità di rosa particolare, erano incastrate perfettamente sotto un naso diritto e preciso. Ad aumentare la mia convinzione che sembrasse una barbie dall'espressione riuscita male, gli occhi azzurri, incastonati perfettamente nel viso perfetto e incorniciati da ciglia chiare, erano umidi e lucidi.
"Sono Hazel Blake. - mormorò a labbra strette - e non credo ti convenga fare amicizia con me.  L'unica amica che sono riuscita ad avere di qui a cinque anni, è stata la musica" chiuse gli occhi, e li strofinò decisa con la felpa. Quando rialzò lo sguardo, il suo viso era una maschera rigida di fredda indifferenza che mi agghiacciò.
"C'è sempre una prima volta. - dissi a bassa voce, sorridendole. - e poi tu hai parlato di un'amica. Magari avere un amico non sarà tanto male".

" - Non ti preoccupare, ci sono qui io! - disse coraggiosamente il bimbo, prendendo per mano la piccola Hazel. La camicia da notte le andava grande, e l'orsacchiotto tenuto sotto il braccio penzolava tristemente.
- Io ho paura! Io sono strana, io non ho amiche! All'asilo tutti si allontanano da me - pianse, e di slancio abbracciò Harry, che indeciso sullo svolgimento le diede dei piccoli colpetti.
- Allora, da oggi in poi sarò io tuo amico - decise il ragazzino, prendendola per mano e portandola a dormire con se."


Avevo avuto di nuovo uno di quei flashback.
Hazel, che fino a tre secondi fa si era decisa a far fiorire qualcosa di simile ad un sorriso, mi guardava con un sopracciglio alzato. La sua espressione di educata curiosità stava facendo in pezzi la sua maschera di autocontrollo, e sicuramente era un miglioramento, anche se non volevo pensasse fossi pazzo.
"Ho avuto un calo di pressione" minimizzai, con un gesto della mano. Hazel balzò in piedi, facendo scivolare viail cappuccio che rivelò la lunga treccia completamente bagnata.
Guardò verso la sua casa, buia ancora, e sospirò afflitta poco prima che la porta si aprisse, ed apparisse quella che chiaramente era sua madre.
Una Hazel invecchiata, solo così la si poteva descrivere. L'unica differenza stava nell'età, e nel colore scuro dei capelli.
"Hazel, cosa ci fai già sveglia? Fila in camera tua! - ordinò la donna con tono imperioso, vibrando di rabbia ma matenendo la voce bassa - e tu, non so chi tu sia ma è meglio che torni a casa" mi congedò.
Volsi un'ultimo sguardo alla ragazza mentre mi allontanavo, ma lei non si girò. Tuttavia, mi sentii quasi sicuro di affermare che avesse ricambiato piano il mio saluto.
In un modo o nell'altro, avrei conosciuto meglio Hazel Blake.




Buongiorno, sono le 5.53 quindi scusatemi per l'orribile capitolo che ho avuto il coraggio di postare.
Sono stata troppo frettolosa, lo so, ma avevo voglia di sfogarmi scrivendo. La canzone
che ho preso in questione è di uno dei miei gruppi preferiti, Led Zeppelin, e si chiama Stairway To Heaven.
Bene, vorrei chiarire alcune cose. Hazel ha il viso di Dreama Walker, lei e Harry hanno entrambi sedici anni.
Hazel è depressa, ed un motivo c'è, ma si spiegherà più in la.
In tanto..cosa sono questi continui flashback di Harry? perchè gli arrivano solo quando la mente lo collega ad Hazel?
Vi siete già fatti qualche idea?
Spero di sì, e spero che recensirete(?)
Al prossimo sventurato affrettato capitolo.
xoxo, Allie.

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


Capitolo due.


 
Hazel
 
Sedevo per terra, le braccia appoggiate al davanzale della finestra. Aveva piovuto tutto il giorno, e stava piovendo ancora adesso, quindi era, in poche parole, il mio prototipo di giornata perfetta. Il paesaggio davanti a me era rimasto immutato per ore: le strade bagnate, le finestre delle villette a schiera chiuse, neanche un'anima viva in giro. Io in prima persona mi sentivo parte di quella giornata grigia e quasi morta. Erano i giorni come questi che mi facevano sentire capita, quando non ero l'unica spossata dalla tristezza, ma c'era il cielo a piangere con me, e la terra ad accogliere la sua tristezza. Ma la mia, di tristezza, chi mai avrebbe voluto accoglierla?
"Mamma?" chiamai, con voce tremante. 
La sentii che si affrettava a raggiungermi, picchiando leggermente il parquet con le sue scarpe, ovviamente alte.
"Dimmi pure, bambina." La guardavo raggiungermi, allungando una mano come per farmi una carezza ma poi ritraendola all'ultimo momento, perdendomi nell'azzurro dei suoi occhi. Erano così simili ai miei... eppure non potevo immaginare qualcuno più diverso da me. Quei pozzi color del cielo nei giorni estivi sembravano sempre sinceri, uno specchio sull'anima di una persona che invece sincera non era. Se c'era qualcosa che ci accomunava, era probabilmente il fatto che entrambe eravamo maestre nel nascondere i nostri pensieri. Non c'era chiave per leggerli, nessuna parola, nessun sorriso. Solo una maschera di rigida compostezza.
"Niente, è che... - sospirai, abbassando il tono volutamente. - quel ragazzo, stamattina. Ho avuto l'impressione di averlo già visto da qualche parte, di conoscerlo anche bene, ad essere sincera. - scossi la testa, spostando nuovamente lo sguardo sulla pioggia battente al di là della finestra. - è una stupidaggine, no?"
Mia madre si irrigidì, stringendo le labbra in un'espressione glaciale, neanche la avessi offesa, o avessi detto qualcosa di volgare.
"Cosa vai a pensare? Hazel, tu sei la mia luce, il mio capolavoro... ma devo ammetterlo, a volte non ti capisco proprio. Te ne stai tutto il giorno chiusa in una stanza, con un paio di cuffie nelle orecchie oppure suonando quella chitarra.. vorrei solo che tu fossi felice, che uscissi, facessi nuove conoscenze." e detto ciò si allontanò, chiudendosi la porta alle spalle. L'avevo irritata, offesa senza sapere come. Harry... non seppi come, in che modo, ma capii di volerlo conoscere.

Harry.

Chiusi il libro di trigonometria di scatto, serrando contemporaneamente gli occhi. Un pomeriggio intero a cercare di decifrare cose che, comunque sia, non mi sarebbero servite e non mi interessavano: a me interessava la musica, il mezzo di espressione per eccellenza, quella che ti dava la libertà di buttare via le maschere. Ma per i miei genitori era una scelta troppo instabile, quindi dopo il liceo mi sarei dovuto iscrivere all'università e combinare qualcosa di buono della mia vita. Ma quello che volevo io? 
"Dovresti studiare. - mia sorella Gemma era in camera mia, e mi guardava con un sopracciglio alzato. - o vuoi finire come l'anno scorso? Quest'anno farai il terzo, Harry, non puoi permetterti distrazioni e..."
"Sì, certo, certo. Ho studiato tutto il pomeriggio, Gemma. Ho gli occhi fuori dalle orbite." la bloccai, senza darle il tempo di continuare la frase. La verità era che, anche volendo, non sarei riuscito a concentrarmi. Nella mia mente vorticavano indistinte parole, tra le quali spiccava il nome "Hazel Blake", associato a due occhi bellissimi e terribili, limpidi, ma tormentati. Mia sorella si lasciò scappare uno sbuffo, ma non disse nulla, lasciandomi solo con i miei pensieri incompiuti. Guardai fuori. Pioveva ancora, ed io non ne potevo più di restare in casa, stava diventando asfissiante. Il mio sguardo si spostò per tutto l'isolato, fermandosi sulla casa di Hazel. E mi venne un'idea, della quale probabilmente mi sarei pentito, ma che adesso sembrava la cosa migliore da fare.


Fermo sotto casa di Hazel, fermo sotto la pioggia, fermo sotto un cielo buio che sarebbe stato l'unico spettatore di quello spettacolino che mi ero preparato. Scavalcai il cancello del giardinetto, passando in rassegna tutte le finestre, finché non la vidi: era lì, seduta con la chitarra in grembo, a guardare fuori pensierosa. Mi piegai, raccogliendo un sasso, lanciandolo contro il vetro senza troppa forza. Hazel sussultò, sembrò risvegliarsi, guardò giù di scatto ed aprì la finestra.
"Harry! Che cavolo ci fai lì?" sbottò. Mi strinsi nelle spalle, sorridendo nonostante la brutta sensazione dei vestiti bagnati addosso.
Presi uno dei cartoncini bianchi che avevo sotto il braccio. A grandi lettere nere, in stampatello, c'era scritto "COME STAI?". Lo alzai, facendo in modo che la ragazza lo vedesse. Hazel sgranò gli occhi, sorpresa, li strinse subito dopo cercando di leggere, infine si aprì in quello che avrebbe potuto essere un sorriso quasi sincero. 

" - Hazel, Hazel guarda! - urlò il bambino, spingendosi forte sull'altalena. Hazel lo guardava sgomenta: la piccola bocca rosea formava una 'O' di sorpresa. Harry si spingeva alto, sempre più alto, toccando con i piedi le foglie dell'alto melo dei vicini, carico di frutti. 
- Scendi di lì, ho paura Harry! E se ti vedesse qualcuno? - gli gridò la bambina, guardandosi intorno. Harry per tutta risposta si lanciò proprio mentre stava in alto, ridendo come un matto ed afferrando un ramo di quel melo. Si dondolò per un pò, poi si  issò sopra, staccando uno dei succosi frutti dell'albero.
- Harry! Se non vieni immediatamente giù io.. - Hazel si stritolò le manine, cercando una buona minaccia, senza sapere che la sua vocina stridula rendeva il suo tentativo di sembrare una persona seria alquanto buffo. L'amico si strinse nelle spalle, continuando a sorridere, poi saltò giù, scavalcando il cancelletto che divideva le due case per tornare dalla bambina. Diede un morso alla mela, poi la porse ad Hazel, che nonostante tutto si aprì nella parodia di un sorriso."



Un altro flashback. Rivolsi uno sguardo alla ragazza che in quel momento si stava sporgendo dalla finestra, incurante della pioggia che le bagnava i capelli ed i vestiti. Chi sei davvero, Hazel Blake?




Dopo più di un anno di pausa, ho ritrovato "l'ispirazione" e la voglia di scrivere. La verità è che mi ero fermata perché in questa storia - sembrerà una cosa strana, impossibile - c'è troppo di me. La verità è che non mi aspetto che qualcuno recensisca, ma se avrete voglia di farlo, libere di riempirmi di insulti come più vi garba. La verità é che Hazel, nonostante tutto, mi era mancata. Che questo sito mi era mancato, che mi era mancato scrivere e che prometto di continuare a farlo. Non so davvero cosa dire, quindi lascio a voi la parola.
Alice, x.







 

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