Stardust. di tunechi (/viewuser.php?uid=176816)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 1 *** CAPITOLO 1 ***
Justin’s.
“Detention”
Questo era ciò che c’era scritto su quella specie
di cartellino che la
professoressa di biologia aveva osato attaccarmi alla maglietta. Classe
delle
punizioni, se possiamo chiamarla così. Non male come primo
giorno.
Sbattei sonoramente le nocche sulla porta perfettamente laccata di
azzurro
aspettando di poter entrare.
“Avanti.” Sentenziò
una voce femminile proveniente dall’interno.
“Lei deve essere…”
In quei pochi secondi in cui attesi che il tipo la
donna seduta alla
cattedra nominasse il mio nome per intero mi guardai intorno.
La classe era mezza vuota ma riuscii a scorgere gli occhi di molti
puntati su
di me. Non era una sensazione sconosciuta, d’altronde ero
nuovo, me lo sarei
dovuto aspettare.
“Bieber, Justin Bieber, non è
così?” Disse la professoressa
dopo
aver scorso una lista piena di nomi.
Annuii deciso, almeno del mio nome ero sicuro.
Mi fece cenno di sedermi, così attraversai rapidamente la
lunghezza della
stanza con l’intenzione di accaparrarmi uno degli ultimi
posti, dove speravo
avrei cazzeggiato per le due ore successive
L’aula era popolata quasi interamente da ragazze, non credevo
fosse così,
insomma, dalle mie parti sono i maschi i casinisti che finiscono in
posti come
questi…
Sentii bussare ma non rivolsi neppure minimamente lo sguardo alla
porta, sfilai
il cellulare dai jeans e (tentando di non farmi scoprire
dall’insegnante)
cominciai a giocare a Fruit Ninja nascondendomi dietro
l’astuccio.
“Cooper! Ci si rivede a quanto pare…
Entri pure, il prossimo ritardo verrà
segnalato alla presidenza, è avvertita.”
“L’unica cosa che potrebbe segnalare dovrebbe
essere il suo peso al dietologo…”
“Come si permette, io…”
“Mi spedisce dritta nell’aula di detenzione? Beh,
troppo tardi.”
Brutte ma simpatiche, le ragazze di qui.
Continuai ad ascoltare le due fino a quando chiusi
l’applicazione e mi voltai
per la prima volta verso la ragazza dalla parlantina sciolta,
ritrovandomi a
perdere la parola e il buon senso.
La prima ragazza carina in questa scuola (dopo l’insegnante
di sostegno di Eric
Norris a biologia, quella non era affatto male, mmh).
Carina… Forse un aggettivo troppo riduttivo, era
assolutamente perfetta.
Indossava una maglia nera che faceva intravedere gran parte
dell’addome e un
paio di jeans rigorosamente attillati che concedevano ben poco
all’immaginazione.
Finalmente una ragazza che non veste solo
di rosa (colore che io odio).
Mi attraeva, eccome se mi attraeva.
I suoi occhioni blu mi attraevano.
I suoi lunghi capelli biondi mi attraevano.
Quel nasino all’insù mi attraeva.
E il suo stile, beh, quello mi attraeva dannatamente troppo.
Iniziai a smanettare con l'iPhone, ma era davvero difficile riuscire a
concentrarsi fra la paura di essere scoperti e i rumori presenti in
quella
stanza, così bloccai il cellulare e mi misi a guardare fuori
dalla finestra, in
qualche modo avrei dovuto far passare il tempo.
“Tu devi essere
il solito perfettino figlio di papà che capita qui per caso,
mi sbaglio?” Mi voltai all’istante
verso la ragazza che mi aveva rivolto la parola, quella
ragazza.
Era seduta proprio al mio fianco, ciò significava
che fra tutti i banchi
vuoti aveva scelto me.
Lo so, è un pensiero idiota, non riesco
neppure a spiegarmelo, sono
nervoso e non sono abituato a questa sensazione.
“Decisamente, e potrei ritenermi
offeso ora, sai?”
Madison’s.
“Allora chi
sei? Non ti ho mai visto prima.” Gli
domandai.
“Tu chi vorresti che io fossi?” Mi
rispose il ragazzo prima di
scoprire quella sua bianchissima dentatura apparentemente perfetta.
“Non lo so, non ti conosco.”
“Ed è meglio così,
fidati.” Commentò il biondo
scuotendo la testa.
“Cosa intendi dire scusa?”
“Diciamo solo che non sono il tipo che una ragazza
dovrebbe avere come
amico.” Rispose con lo sguardo perso nel
vuoto.
“Ehi biondino, stai parlando con Madison Cooper, renditene
conto.” Mi
pavoneggiai facendo trafilare dell’ironia.
“E tu potresti essere usata e gettata via come un
fazzolettino di carta,
stai parlando con Justin Bieber, renditene conto.” Rispose
prima di
sfoderare un sorriso malizioso.
“Oh cazzo, l’ennesimo seduttore sfornato
male!” Esclamai roteando gli
occhi.
“Attenta a come parli, Cooper.”
“Ti prego, finiscila Bieber.”
Quelli furono forse i sessanti
minuti peggiori della mia vita, il tempo trascorse molto più
che lentamente, a
causa del silenzio imposto dall’insegnante slash balena che
ci sorvegliò per il
resto del tempo.
Alla fine dell’ora mi diressi subito alle macchinette, in
cerca di qualsiasi
cosa fosse commestibile, la fame a dir poco mi assaliva dopo tutte
quelle ore
di prigionia trascorse senza cibo a scuola.
***
“Avanti
bello.” Imprecai prima di
sferrare un leggero calcio a quella macchina mangia
soldi.
“Cazzo.” L’unica
che aveva mangiato era la macchinetta, i miei
soldi però.
“Novellino, disse la ragazza che non sapeva comprare
una merendina alle
macchinette.” Mi girai di scatto e mi
ritrovai quel Justin a pochi
centimetri di distanza.
“È colpa della macchinetta, quando
succede non mangiano neppure i giocatori
di football cosa stai cercando di insinuare?”
“Mmh, niente. Piuttosto… Che mi daresti
se riuscissi a far scendere i tuoi
soldi?” Mi propose malizioso.
“Niente perché non ci
riusciresti.” Feci spallucce e mi voltai
dandogli la schiena. Lo sentii ghignare, si stava forse prendendo gioco
di me?
All’idea mi fece ribollire il sangue.
“Ok, se ci riesco però scelgo io, sei
avvisata.” Mi
minacciò.
“Va bene, se non ci riuscirai però mi
pagherai la merenda per un mese,
sei avvisato.”
Dopo essersi concesso una risatina snervante, si avvicinò a
quell’ammasso di
latta e assestò un colpo deciso ad un lato.
Deve essere un idiota, se proprio deve colpire la macchinetta
dovrebbe farlo
da davanti.
Diede un altro colpo, giusto poco più in basso e il
risultato fu il medesimo.
“Ritirati, Biebe…” Non
riuscii a terminare la frase che dalla
macchinetta sgorgarono decine e decine di monetine.
“Come cazzo ci sei riuscito?” Gli
chiesi euforica mentre lo aiutai
a raccogliere gli spiccioli a terra.
“Sono un canadese cresciuto nel Bronx, tutto questo
è nel mio DNA.” Ammise
prima di farmi l’occhiolino.
Canada…
Anche io ero canadese. A dire il
vero quasi tutta la mia famiglia lo era, ma da quando… Da
quando è morta mamma,
mio padre ha deciso di trasferirsi in California e io ovviamente
l’ho dovuto
seguire.
Un
susseguirsi di ricordi si fecero spazio
nella mia mente, tentai di scacciarli via scuotendo il capo, ma fu
piuttosto
difficile.
“Ah, Canada…” Queste
furono le uniche parole che mi uscirono dalla
bocca prima di quell’interminabile ed imbarazzantissimo
silenzio.
Avevamo già raccolto quasi tutte le monetine quando
sbadatamente le nostre mani
si sfiorarono, nell’intento di raccogliere i medesimi ultimi
spiccioli in
terra.
“Vacci piano novellino.” Dissi
ancora a capo chino per nascondere
l’imbarazzo.
Lui scoppiò soltanto in una leggera risata.
“Mi devi un favore sai?” Mi
ricordò interrompendo quell’orribile
momento.
“Credo tu abbia ragione… Allora? Che ti
devo?” Era stato gentile,
infondo. Questo glielo dovevo.
“È una sorpresa… Una sorpresa
che si vede solo con gli occhi chiusi. Non
fare domande, ti prego.”
Ancora un po’ dubbiosa chiusi gli occhi come mi disse, ero
quasi sicura che la
sua “sorpresa” consistesse in uno scherzo
bastardissimo ma l’istinto mi diceva
di fidarmi.
In quel corridoio della scuola il silenzio era quasi tombale, se ne
erano
andati tutti da ormai un pezzo, tutti tranne Justin me e qualche
bidello.
All’improvviso, un piccolo dettaglio
mi fece rabbrividire, era
come se una scarica di adrenalina mi avesse perforato la spina dorsale
e il
cervello fosse andato in standby per qualche secondo.
Il respiro di qualcuno, sicuramente di Justin era sempre più
pesante e vicino.
Feci per cercare di capire cosa avesse in mente, ma mi resi conto di
conoscere
alla perfezione le sue intenzioni, e nonostante questo non mi mossi, lo
lasciai
fare come un’emerita cretina.
Nel giro di pochi attimi le labbra di quel ragazzo si erano
già posate sue mie,
che le seguivano esperte, mentre una sua mano era già
intenta ad accarezzarmi
la guancia.
Dopo qualche secondo, il cervello si decise a dare finalmente segni di
vita e
io misi fine a quel contatto che non ci sarebbe dovuto mai essere.
“Ah… Suppongo facciate così
nel Bronx, giusto?” Dissi alzando il
sopracciglio sinistro.
“Tu…? Beh, sì, cioè
giusto.”
“In difficoltà, novellino? Sappi che se vuoi
giocare io sono più brava di te.”
Justin’s.
L’avevo appena
baciata, senza chiederle il permesso, così, di punto in
bianco.
Nessuno schiaffo, nessun calcio nei gioielli… Non sembrava
affatto una facile
nonostante questo, non ai miei occhi.
Questa ragazza mi intrigava da pazzi, era troppo complicata e
misteriosa, e non
la conoscevo da neppure un giorno.
“Io? In difficoltà? Gioco da quando ero
ancora un feto, ragazzina… E non a
carte.”
“E sentiamo… A cosa, ai power
ranger?” Mi
provocò lei.
“No, un gioco da tavolo che preferisco giocare a letto, ma se
preferisci il
tavolo non c’è problema, mi
piacciono le posizioni strane.” Le
feci l’occhiolino ma di tutta risposta lei mi rise in faccia.
“Non fare il puttaniere con me, tanto non attacca,
ci sono tante troiette in
questo istituto, e io non faccio parte di quella
categoria.” Era
piuttosto agitata, nervosa, non lo so.
No piccola, non ti scaldare.
Abbozzai un leggero sorriso, poi
le
sussurrai: “Per questo mi attiri.”
***
hi
beautiful ladieesssssss.
spero davvero
che vi piaccia questa ff perché è quello lo scopo
per cui
l'ho scritta, non avrebbe senso continuare altrimenti, no? uù
è per questo che vi chiedo di lasciare una ppppiccola
recensione, giusto per
farmi sapere cosa ne pensate. *occhidolci* (?)
accetto anche le critiche negative, anche se spero che non faccia
così tanto
cagare çç,
se non
riceverò recensioni o se ne
riceverò solo di negative abbandonerò la
storia... davanti ad un monastero di
suore... sotto la pioggia... e la grandine...
no ok tornando serie, il banner sopra
l'ho
fatto io quindi non lo fottete anche perché non è
che sia chissà che cosa.
al prossssimo capitolo.<3
-valeria.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** CAPITOLO 2 ***
Justin’s.
La
vidi imprecare contro la macchinetta, che probabilmente le aveva
mangiato i
soldi per l’ennesima volta. Era così
buffa… Ma allo stesso tempo estremamente
sensuale.
Era decisamente eccitante avere quella visuale del suo fondoschiena ma
il fatto
di non poterlo toccare era davvero frustrante.
“Credo che tu ti sia appena
aggiudicata
il titolo di novellina, Cooper.” Le sussurrai a
pochi centimetri
dall’orecchio.
Credo non si fosse accorta della mia presenza alle sue spalle, non se
lo aspettava,
fece infatti cadere a terra
un paio di
monetine, probabilmente dallo spavento, poi si voltò
all’improvviso tentando di
ricomporsi imbarazzata.
“Chi sei tu per dire che sono io la
novellina? Perché non torni in Canada, pft, odio
quel posto.” Incrociò le
braccia sul
petto, poi mi diede le spalle, senza rivolgermi più parola.
Continuava a premere a caso i tasti della macchinetta, ma invano,
perché quell’ammasso
di ferraglia sembrava deciso a non cedere.
“Ti sei svegliata male o hai le
mestruazioni?” Azzardai.
“Oh cazzo, perché per voi maschi, se una ragazza
è nervosa deve per forza avere
il ciclo?” Mestruazioni.
Ora è sicuro.
“Non c’è un perché,
è così è basta.”
Madison’s.
“Non
è colpa mia, ci sono due fidanzatini davanti alle
macchinette e non sono ancora
riuscito a prendere niente, te la porto fra qualche minuto la
merenda.”
Agghiacciai all’istante. Justin se ne accorse e
cercò di trattenere le risate.
Idiota.
“Non ho più
fame.”
“Aspetta Cooper, ti sei dimenticata
i
soldi a terra!” Sentii i suoi passi dietro di me,
con tutta probabilità mi
stava inseguendo con quella sua camminata da pinguino. L’idea
mi fece scappare
un sorrisino idiota che decisi abolire all’istante. Quel tipo
non lo conoscevo
neppure e tentava in tutti i modi di prendersi gioco di me…
Beh, non bastava
questo?
“Credi me ne possa fottere qualcosa di quei due
spiccioli?” Gli risposi
acida.
“Ehi si può sapere che ti
prende?” Inarcò
il sopracciglio sinistro provocando così delle piccole
fossette sulla fronte.
Sembra quasi sia fatto di ceramica,
come può essere così… Oddio no, che diavolo di pensieri, mi sento
il cervello esplodere, e non riesco a capire perché ho
questo strano
presentimento che le mie guance siano color porpora in questo istante.
Dannazione, mi odio, è ufficiale.
“Niente, non mi
prende niente.” Sbottai
nervosa.
Continuavo a camminare svelta per i corridoi con il biondino a fianco.
Nessuno dei
due scuciva una parola e stavo quasi per invitarlo a lasciarmi sola
quando
interruppe i miei pensieri.
“Sei un cubo di rubik, io non
riesco
a…” Lo interruppi
all’istante, alzando il tono della voce in modo da
sovrastare la sua: “Senti, se non ti
vado bene lasciami perdere, non ho bisogno di te, novellino.”
Non so perché
reagii in quel modo. Ero nervosa quella mattina… Solite
discussioni con papà.
All’improvviso scoppiò in una leggera
risata, poi disse: “Io amo i cubi
di rubik.”
Quell’espressione seria e risoluta sul mio volto
scomparve, per dare spazio
ad un dolce sorriso. Era sincero, almeno questo lo avevo capito.
Continuava a guardarmi, come se si aspettasse una risposta, o meglio,
la
pretendesse.
“Ora è meglio se vada a lezione, fra poco finisce
l’intervallo e inglese
avanzato mi aspetta… A dopo Justin.”
Dissi
prima di regalargli uno dei miei migliori sorrisi, uno di quelli
sinceri,
d’altronde era stato carino nei miei confronti.
“Aspetta!” Sentii afferrarmi il polso e
fui costretta a girarmi.
“Che
c’è?” Lo guardai stranita.
“Anche io ho inglese avanzato,
adesso.”
“Ah, perfetto.” Roteai gli occhi e lo
afferrai per l’indice della mano,
trascinandomelo per i corridoi sotto lo sguardo attonito di molti.
Mi voltai verso Justin scorgendo il suo sorriso malizioso stampato in
viso,
così mi decisi a mollare la presa.
“Chi
è
il ragazzo che sta con la Cooper?”
“Però, mica male il biondino, ma chi
è?”
“Tette, culo, tette, culo, tette, Cooper.” Patetico.
Scossi energicamente il capo già chino prima di entrare
finalmente in aula.
Presi posto e
Justin mi affiancò in quel banco vuoto, come se
fossi stata io a chiedergli esplicitamente di farlo.
“Vedo che sei molto
apprezzata… Dai
ragazzi di questa scuola intendo.”
“Beh, non mi interessa di ciò che pensano gli
altri sul mio conto.” Feci
spallucce e cominciai a scarabocchiare sulle pagine ancora candide del
mio nuovo
quaderno degli appunti. Avrei fatto di tutto pur di non incontrare il
suo
sguardo, perché ogni volta che succedeva, accadevano cose
strane in me…
“Non ti fa piacere… piacere?” Mi
chiese stupito.
“Non piacere a certi ragazzi. Mi guardano come se…
Non lo so, mi sento sotto
pressione e le mie insicurezze vengono a galla, e io odio quando
accade. È così
strana come cosa?” Oddio
cosa ho
detto. A chi l’ho detto e soprattutto perché
l’ho fatto?
“Suppongo di no.” Rispose sicuro.
In quel momento ebbi paura che andasse a spifferare quello
che gli avevo
confidato al resto della scuola, poi trovai il modo di scacciare via
quel pensiero.
“Cosa c’è che non va allora?” Gli
chiesi curiosa. Lui mi dava del “cubo di
rubik”, ma forse non si rendeva conto di quanto misterioso e
difficile da
comprendere poteva essere.
“Beh… Troppi ragazzi che ti ronzano intorno,
dovrò trovare un modo per far
capire agli altri che sei una mia preda.”
Calcò bene sulla penultima parola e poi si
voltò verso la finestra a
fissare qualcosa a me impercettibile.
Io? Una sua preda? Avvampai
all’istante. Solitamente io ero la ragazza stronza, mi
piaceva anche fare la
parte della dura, però quel fottuto biondino mi stava
facendo andare in merda.
Svuotai la mente da tutti quegl’inutili pensieri e risposi: “Ehi, frena novellino, io non sono la
preda
di nessuno, tantomeno tua.”
“Pensavo fossimo arrivati alla fase
Justin, novellino mi sa tanto da pivello…” Sbuffò
prima di passarsi una
mano fra le ciocche color del grano.
“Beh non è quello che sei?” Lo
provocai.
Si concesse un breve ghigno, poi si voltò verso di me con
sguardo serio, e molto
lentamente si avvicinò sempre di più.
Dio, il mio cuore. È come se abbia
appena
afferrato le valige gridando “Io parto per i Caraibi,
gente!”.
Mi sta per baciare per la seconda volta, ok, ora ne sono certa. E non
sono
l’unica ad essersene accorta, Cher, (mia acerrima nemica,
nonché capo
cheerleader) è appena entrata in classe, e a quanto pare
è più sorpresa di me dal
gesto del biondo a pochi centimetri da me.
Justin, già… I
nostri nasi si
sfiorano, voglio dire, per quale motivo un ragazzo si avvicina in quel
modo ad
una ragazza? Per canticchiarle la Macarena?
E perché diavolo non dico niente? Da una parte vorrei
stampargli una cinquina
in viso, a costo di farmi male ad una mano, mentre dall’altra
mi ripeto “Ancora
due secondi e lo faccio”. Peccato che quei due secondi stiano
durando fin
troppo...
“Suppongo di non esserlo
per te.” Tenne
lo sguardo fisso sul mio viso per
tre secondi buoni (si, conto i secondi,
problem?) fino a quando il professor Brown irruppe in classe
come di sua
abitudine. Justin si ricompose con calma, come se avesse previsto tutto
nei
minimi dettagli, mentre il mio cuore aveva appena deciso di andarci di
corsa ai
Caraibi, annientando la mia povera cassa toracica.
Non riuscivo a capire se il mio battito fosse così
accelerato a causa del
professor Brown che era entrato all’improvviso, o del
biondino che mi ritrovavo
a fianco. Mi sarei odiata in entrambi i casi, quindi cercai
di smetterla di pensarci e concentrarmi sulla lezione appena
iniziata.
Esatto, cercai, perché
mi fu davvero
impossibile non sentire lo sguardo di Justin pesarmi addosso come un
enorme
macigno. E la cosa peggiore poi, fu che non gli dissi nulla, feci come se non
l’avessi notato, mentre dentro di me desideravo ardentemente risultare il
più bella e interessante possibile ai suoi occhi. Patetica.
L’ora trascorse lentamente, la lezione noiosa del
professor Brown non rese
il tutto più semplice, anzi…
Era strano, non conoscevo quasi nulla di lui, eppure mi
sentivo
dannatamente attratta da quel ragazzo, e nonostante i tentativi che
feci per
allontanarmici, mi ritrovai sempre in quello stesso banco ad inglese
avanzato,
o alle macchinette, con la sola speranza di ritrovarmelo dietro.
Perché? Non ne
idea, e intendiamoci, non ci tengo a saperlo.
Lunedì,
Martedì,
Mercoledì,
Giovedì…
Una
settimana dopo.
“Ieri
le cheerleader stavano già mettendo gli artigli addosso a
Justin, quanto odio
quelle arpie...” Sbottai
infilandomi anche la seconda scarpa.
La mia migliore amica mi guardò subito con aria stranita,
poi alzò un
sopracciglio in segno interrogativo.
“Cioè, non pensare che mi
piaccia, ti
sbagli Becky, è solo che mi da fastidio questa loro
possessività nei confronto
di tutti i ragazzi carini della scuola.” Mi
giustificai.
Ok ho detto davvero “ragazzi
carini”
riferendomi anche a Justin? Voglio evaporare.
“Pensare che ti piaccia? Io non
l’ho mai
fatto, tu invece?” Chiese lei maliziosa.
“Stai scherzando, spero.”
“Non è affatto male il
ragazzo, se non
ci pensi tu potrei anche…” La interruppi.
“Becky!”
Esclamai con gli occhi
sgranati dallo stupore.
“Ok, scherzavo! È tutto
tuo,
tranquilla.”
“Non è che è tutto mio, è
che…”
“È tutto chiaro, non aggiungere altro
Madison.” Mi interruppe lei prima
di farmi l’occhiolino.
Era per questo che l’amavo, dannazione mi conosceva meglio di
quanto io
conoscessi me stessa!
Raccolsi
lo zaino da terra e insieme a Becky mi diressi a
scuola, non a conoscenza di quanto sarebbe stato sconvolgente
ciò che mi
aspettava…
***
hi
ladiesss.
prima di ogni cosa vorrei ringraziare tutte le faighe che hanno letto,
recensito o aggiunto ai preferiti questa ff, per me significa il mondo.
fdvnjhvnf. c: grazie mille davvero.
non voglio farvi perdere troppo tempo, sappiate però che presto succederà una cosa un
po’… scioccante. (?) fra justin e madison
ovviamente.
non anticipo altro, alla prossima belle, recensite e fatemi
sapere cosa ne
pensate, se no non continuo. uù
-valeria.
ah,
questa è una foto di come mi immagino la bellissima Madison Cooper. c:
ovviamente
questo è Justin.
uù
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1231133
|