Il ciondolo d'oro

di SylviaGi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nick McKey ***
Capitolo 2: *** Aspide ***
Capitolo 3: *** Angus McKey ***



Capitolo 1
*** Nick McKey ***




Nick McKei
 
Kelly si trovava su quel treno da molte ore ormai. 
Era seduta accanto al finestrino e silenziosamente ammirava scorrere il  panorama selvaggio che molte volte aveva descritto nei suoi romanzi. Praterie aride e  deserte che un tempo,  in sella al suo roano, aveva percorso in lungo e in largo. Nessuno le avrebbe creduto se l'avesse raccontato: a soli vent'otto anni, Kelly Joe conosceva ogni angolo di quella terra. 
Il vecchio seduto di fronte a lei dormiva con la testa piegata in avanti.
Ogni tanto si svegliava, dava un’occhiata intorno e poi si riaddormentava nella stessa scomoda posizione.
La signora accanto al vecchio era vestiva così elegantemente, che Kelly aveva scosso il capo quando ne aveva scrutato i dettagli: New Orleans, aveva dedotto. Troppo fuori luogo in quella terra afosa.
Leggeva un romanzo ben rifinito e il suo elegante cappello alla moda le teneva seminascosto il viso imbrattato di cipria, mentre le mani curate coprivano gelosamente il titolo e l’autore del libro che Kelly aveva cercato più volte di scoprire.
Si limitò quindi a guardare dal finestrino le praterie infinite, macchiate dai rari cespugli verdi che non bastavano a colorarne il paesaggio ocra.
Non sapeva quanto mancava alla mia meta. A RedCity non era mai stata. Ma sicuramente non sarebbe stata diversa da tutti gli altri paesi che aveva visto nell'ovest, con le costruzioni in legno scolorite dal sole e attraversata da un'unica strada polverosa.
La ferrovia era ancora in costruzione e forse non sarebbe nemmeno giunta fino a destinazione con il treno. 
Si lasciava cullare dal vagone che scorreva lento sulle rotaie, con un rumore così monotono che avrebbe addormentato chiunque.
Ecco perchè tutti i passeggeri intorno a lei se ne stavano zitti ed intontiti ad aspettare, accaldati da un afa a cui Kelly aveva fatto ormai l'abitudine. 
Aveva acquistato una casa nei dintorni di RedCity tramite un'agenzia: non l'aveva neppure vista, ma nel disegno allegato all’atto di vendita appariva accogliente.
Una casa. Kelly non aveva mai avuto una casa. Le spaventava di più l'idea di mettere radici in un posto, che il pensiero di come fosse in realtà ciò che aveva già acquistato.
Il treno ad un tratto emise un fischio acuto ed assordante. I passeggeri si svegliarono sollevando un improvviso chiacchierìo.
Anche il vecchio seduto di fronte a Kelly si svegliò, notò che il treno aveva rallentato, e gli venne spontaneo chiedere:
“Siamo arrivati?”.
Kelly guardò dal finestrino: tre uomini a cavallo stavano parlando con il macchinista del treno. 
Si sporse fuori, tentando di sentire la conversazione, ma disturbata dal vociare dei passeggeri.
Un minuto dopo, il treno si rimise in cammino e i tre uomini a cavallo si allontanarono.
Un capostazione in una divisa impolverata e matida di sudore entrò nel vagone e spiegò a gran voce:
“Purtroppo la ferrovia non è ancora finita. Il treno non arriverò fino a RedCity. Quindi dovrete prendere le diligenze. Spiacente signori”.
A quell’affermazione tutti brontolarono dando vita ad accese discussioni, tranne l’elegante signora seduta di fronte a Kelly, che si era rimessa a leggere ignorando completamente la notizia.
Il vecchio scelse quindi di far conversazione con Kelly:
“Deve andare a RedCity signorina?”.
“Si. E voi?”.
Il vecchio sorrise:
“Anche io. Tutta questa gente si sta lamentando perché la ferrovia non è finita, ma fino a poco tempo fa questo viaggio lo facevo tutto in diligenza. Certo che ... quando scendevo, avevo tutte le ossa rotte”.
Rise, contento di aver trovato compagnia:
“E arrivavo a RedCity sempre senza soldi. Ogni volta c’era qualche bandito che la rapinava. Poi ho imparato a nascondere il denaro nelle scarpe. Oggi i banditi stanno diventando rari come le diligenze …”.
Kelly ascoltava volentieri le parole del vecchio, ma la signora elegante alzò gli occhi al cielo, disturbata dalla conversazione.
“Vuole chiudere il becco?” sbottò all’improvviso richiudendo con uno scatto il libro.
Il vecchio restò sbigottito dal suo comportamento, e riappoggiandosi al sedile con la schiena sussurrò:
“Anche le signore gentili sono diventate rare …”.
Ricevette una pericolosa occhiata da sotto il cappello, ma l’uomo continuò coraggioso:
“Siamo su un treno ... diamine. Non in una biblioteca”.
E il treno rallentò di nuovo.
La donna ripose il libro nella sua raffinata borsa e si preparò ad indossare la mantellina.
Kelly riguardò dal finestrino e vide una stazione: erano arrivati.
I passeggeri si prepararono a scendere.
Il vecchio si alzò, e sollevando brevemente il cappello in un segno di saluto disse, prima di avviarsi nel corridoio:
“La ringrazio per la compagnia signorina. Arrivederci”.
“Si scendee!” gridò il capostazione percorrendo rapidamente il vagone per controllare che nessuno stesse ancora dormendo.
Si soffermò, ad aiutare Kelly a prendere la valigia, poi scomparì in fretta nel vagone successivo.
Kelly scese dal treno.
La stazione era nuovissima e profumava di legno fresco. Una bella insegna scolpita diceva HolyLand.
Un uomo calvo ad uno sportello gridava esasperato:
“Mi dispiace signori! Ci sono solo due diligenze per il momento! Ne arriverà un’altra tra un’ora. Qualcuno adesso e qualcuno più tardi!”.
Le persone che stavano lì si divisero borbottando, correndo alle diligenze poco lontane.
“Calma gente! Calma!” gridava un vetturale “Al massimo ce ne stanno sei qui dentro!”.
Kelly decise che non era il momento di prendere la diligenza: avrebbe preso quella che sarebbe arrivata più tardi.
Girò attorno alla stazione, scoprendo una taverna. Si mosse per raggiungerla, mentre il suo lungo vestito sfiorava la terra arida e sollevava la polvere. Un vestito. Lei non aveva mai indossato vestiti, se non in determinate situazioni. Ma i tempi dei pantaloni erano finiti per Kelly. 
Il suo sguardo si staccò dai suoi stivali per osservare l’esterno della locanda.
Con la mano libera aprì la porta e diede un’occhiata dentro.
Molti uomini e donne stavano mangiando sui diversi tavoli.
Entrò, mentre il vento le richiuse la porta sbattendola, facendola sobbalzare di colpo: i clienti si voltarono a guardarla e per un attimo Kelly mi sentii a disagio.
Per fortuna una voce conosciuta la chiamò:
“Salve signorina! Scommetto che anche lei ha deciso di prendere la prossima diligenza”.
Il vecchio del treno, ora era seduto ad un tavolo vicino.
“Venga … se vuole farmi ancora compagnia …”.
Kelly si sedette al suo tavolo, guardandolo mentre stava finendo un piatto di fagioli dall'aria invitante.
“E’ meglio fare il pieno prima di riprendere il viaggio. Avete avuto la mia stessa idea”.
Una donna robusta si avvicinò asciugandosi le corpulente mani nel proprio grembiule:
“Fagioli o minestra?” domandò.
“Fagioli” le rispose Kelly senza pensarci.
Nonostante la gente attorno parlasse, la parola fagioli risuonò  in tutto il locale. 
“E’ la prima volta che va a RedCity?”.
“Si”.
La tavoleggiante arrivò con la fondina di legno, un bicchiere e un cucchiaio infilano in quest’ultimo.
“Io vado spesso a RedCity” continuò il vecchio “Sono di Tombstone. La conoscete?”.
“Si, la conosco”.
“E’ una bella cittadina, nonostante il nome lugubre”.
Kelly sorrise: 
"Ha un grande cimitero" ricordò.
“Ma a RedCity c’è tutto. La banca, il barbiere, i negozi, la falegnameria … e ci sono i miei unici due figli” aggiunse tutto fiero, versandosi da bere.
Mentre Kelly mangiava con gusto i fagioli, il vecchio non smise mai di parlare. 
Raccontò che era vedovo e che sua moglie morì di parto mettendo alla luce il suo ultimo figlio. Disse che non voleva lasciare Tombstone proprio perché sua moglie era sepolta là, nel grande cimitero.
Ma si recava spesso a RedCity a trovare i figli.
Kelly amava sentir parlare gli sconosciuti, ma non era abituata a raccontare nulla di sè: stavolta fece un'eccezione. Spiegò che aveva comperato una casa che si trovava a pochissima distanza dal paese, in un luogo chiamato “Yellowground”. Poi notò che si era fatto tardi e disse:
“Sarà meglio avviarci se non vogliamo perdere la diligenza”.
Il vecchio si alzò mettendosi il cappello che aveva appeso allo schienale della sedia e si diresse al banco.
Kelly lo seguì in fretta preparando il borsellino, ma quando lui lo vide, lo respinse con una mano tremolante:
“No. Voglio offrire io”.
Pagò la cena.
L’idea di continuare il viaggio con lui a Kelly piaceva. Il vecchio le era simpatico.
Si diressero all’uscita, lei con la valigia in mano.
“Mi piacerebbe aiutarla …” si scusò l’anziano uomo “Ma se alzo un solo piccolo peso, mi si spezzano le braccia”.
Aprì la porta e uno sparo di pistola tuonò all'improvviso dall'esterno.
Kelly lasciò la valigia di colpo. Le venne d'istinto cercare la propria arma, poi ricordò che non aveva più addosso la sua pistola.
Il vecchio si accasciò lì, sulla porta.
Si chinò su di lui, vedendo del sangue allargarsi sulla sua camicia.
Si guardò attorno in fretta, poi si allungò per aprire la valigia e prendere l'arma, ma vide due uomini allontanarsi velocemente, in sella ad un cavallo bianco e uno nero.
Avevano sparato al vecchio a sangue freddo, di proposito, e si domandò il perché, infuriata dentro.
Sollevò la testa dell’uomo che stava disteso a terra: con un enorme sforzo il vecchio riaprì gli occhi.
“Volevo … fare un sorpresa ai miei figli …” disse con un filo di voce roca “Non mi aspettavano neanche stavolta … Questa sarà la mia ultima sorpresa”.
Fece un lieve sorriso che il dolore gli tolse subito.
“Se un giorno li conoscerete … dite loro di non andare a Tombstone … che tanto … non ho più nulla”.
Kelly vide di sfuggita la diligenza arrivare.
“Ve lo prometto” fece in tempo a dire, poi il vecchio si abbandonò al suo sonno profondo, morendogli tra le  braccia.
Si alzò imprecando. Era tanto che non lo faceva. Non era una cosa da signora imprecare. 
Ma nessuno intorno a lei pareva interessarsi a quello che era appena successo. 
In quella stazione, punto d’appoggio della nuova ferrovia, la gente si preoccupava  a continuare i loro viaggi, ignorando tutto il resto. 
Tre persone salirono sulla diligenza. 
Kelly dovette muovermi. 
Abbandonò il vecchio dov’era, avviandosi.  
Il vetturale le prese la valigia per caricarla sul tetto. Lei nemmeno se ne rese conto.
Salì a bordo ancora confusa. Non vide nemmeno le tre persone sedute accanto a lei.
Perchè uccidere un povero vecchio? A quale scopo? 
Lo guardò dal piccolo finestrino della diligenza: il vento sollevava la polvere da terra e lo vedeva appena, ancora steso sull’uscio della taverna.
Finalmente due signori con il grembiule da cucina uscirono dal locale e sollevarono il suo corpo senza vita, portandolo via. 
Dannazione. Bestemmiò ancora tra sè. Avrebbe dovuto rimanere lì, comunicare che il vecchio veniva da Tombstone e che probabilmente avrebbe voluto essere sepolto là, accanto alla moglie. 
E chi si sarebbe preso la briga di condurlo a Tombstone? Nessuno ad HolyLand. 
E la diligenza partì.
Lo scalpitio dei quattro cavalli sollevò un gran polverone e Kelly perse di vista la taverna.
“Scusi … lei sa quanto manca ancora per RedCity?” le chiese una signora.
Kelly non riuscì a rispondere.
Qualcun  altro  rispose: una voce maschile.
“Arriveremo a RedCity per il tramonto”.
Mise a fuoco l’uomo, mentre guardava l’ora da uno splendido orologio tascabile.
Ai suoi piedi aveva una valigetta nuova in pelle marrone.
“Lei è un dottore?” le domandò la stessa signora con aria curiosa.
“Come ha fatto a capirlo?” chiese lui stupito.
La donna dagli occhi troppo chiari, quasi sbiaditi, sorrise maliziosamente mostrando una dentatura alquanto irregolare:
“L’ho capito dalla sua valigetta: anche il mio dottore ne ha una uguale. Vero Maria?”.
L’amica seduta accanto a lei fece si con la testa rapidamente, poi tornò a guardare fuori dal finestrino. Sembrava la imbarazzasse avere un’amica così  buffa.
“Sarà il nuovo medico di RedCity?” domandò ancora la signora.
“Si. Voi sarete una mia paziente?”. 
Lo chiese in modo così affascinante che la donna arrossì.
“Oh magari dottore … Purtroppo vado a RedCity solo per trovare mia sorella Janet. Voglio presentarle Maria … E’ stata così gentile ad accompagnarmi”.
Maria si voltò facendo un sorriso di circostanza.
La strada era diventata alquanto dissestata. Si udivano le ruote scendere nelle buche, dando scossoni seccanti, e dovette rallentare.
Kelly tornò in sè, dimenticando per un istante il vecchio, lo sparo, i due uomini a cavallo. 
Tornando lucida. Aveva visto morire un sacco di gente sotto i propri occhi: una persona in più non l'avrebbe turbata.
Intravide all'orizzonte un uomo a cavallo. Si stava avvicinando rapidamente e Kelly notò che aveva il volto semicoperto da un fazzoletto. A quanto pare le emozioni non erano finite.
Prese rapidamente il proprio borsellino, e lasciò solo qualche spicciolo: i soldi di valore li infilò in fretta in uno stivale, sotto gli occhi curiosi del dottore e delle due donne, che la guardavano stupiti.
“Guai in vista” spiegò Kelly, nello stesso istante in cui si udirono spari di pistola, che fecero strillare Maria e la sua amica.
I cavalli nitrirono spaventati e il vetturale fermò la diligenza.
“Fai scendere tutti!” gridò il bandito smontando da cavallo.
Il vetturale si apprestò immediatamente ad aprire lo sportello.
Kelly fu la prima a scendere, per niente impaurita, seguita dalle due donne e per ultimo il dottore.
Il bandito teneva la pistola spianata su tutti loro.
Fissò la giovane donna da capo a piedi, ed altrettanto fece Kelly con lui, notando l’abbigliamento scuro, gli alti stivali neri, un corpo praticamente perfetto.
Lui allungò la mano libera, facendole cenno di consegnargli il borsellino.
Kelly lo slegò dal polso e glielo diede. 
Le sue dita si fecero largo tra la fessura della stoffa, allentando la corda sottile che lo teneva chiuso.
Trovò solo le monetine, l’atto di vendita della casa ed un fazzoletto.
“Solo questi?” chiese mentre sbirciava il foglio di carta.
“Come vede ... ho speso tutto" rispose Kelly, gettando uno sguardo all'atto.
Il fuorilegge curvò le sopracciglia all'inaspettata risposta della donna, appena visibili sotto il cappello dalle larghe tese. Aveva lunghi capelli scuri, semi coperti dal fazzoletto che gli nascondeva per metà il volto abbronzato. E due occhi verdi dallo sguardo penetrante: si accorse che Kelly lo stava fissando.
Si tenne gli spiccioli e le ridiede il borsellino. 
Ricavò qualcosa di sostanzioso dalle tasche del dottore, poi rapinò anche le due signore: quest’ultime gli consegnarono stupidamente anche i gioielli che indossavano, tremando come foglie.
L’uomo tornò da Kelly soddisfatto, e rimase per un istante a guardarla da capo a piedi. Quella donna non aveva la benchè minima paura di lui. Si chiese chi fosse, nonostante ora conoscesse il suo nome. Dopo aver abbassato le lunghe ciglia in segno di un insolito saluto, il bandito si diresse al suo cavallo, rimontandolo e galoppando lontano.
Non appena il fuorilegge si allontanò, le due donne si misero a litigare tra di loro.
Maria dava la colpa all’amica per averla convinta a venire con lei.
Il dottore cercò di calmarle inutilmente, poi il vetturale rifece salire tutti all’interno della diligenza.
La rapina mise tutti di cattivo umore, e per il resto del viaggio più nessuno parlò.
Kelly per non pensare alla morte del vecchio ad Holyland, concentrò i suoi pensieri sul bandito che li aveva appena derubati. 
Non lo avevo visto in faccia completamente, ma le era piaciuto. Come spesso lei faceva, essendo scrittrice di romanzi, iniziò a fantasticare trame ed eventi ad occhi aperti, utilizzandolo come protagonista.
 
 
Il dottore non aveva sbagliato quando aveva detto che sarebbero arrivati a RedCity per il tramonto.
Quando scese dalla diligenza Kelly si sentì stanchissima.
Prese la valigia che il vetturale mi porse dal tetto e si accorse che le due signore ed il medico si erano già allontanati.
Si avviò per la strada polverosa, notando gli edifici più in mostra: la banca, l’emporio, la chiesa, e finalmente il Saloon. L’Hotel era al piano superiore di quest’ultimo.
Decise che avrebbe cercato una stanza per dormire, e l'indomani si sarebbe recata a Yellowground in cerca della sua casa.
Aprì le ante di legno ed entrò nel Saloon, trovandomi davanti una sala ampissima piena di gente.
Per lo meno, pulito. Pensò.
Ignorando qualche ubriaco che tentò di bloccarle il passaggio, si diresse al banco chiedendo al barista:
“Avete una stanza per stanotte?”.
L’uomo smise di asciugare i bicchieri per ascoltarla meglio: proprio in quel momento la musica del vecchio pianoforte attaccò e tre ragazze salirono su di un palco a ballare. 
Alzavano i loro vestiti colorati, mostrando per pochi istanti i loro mutandoni. Portavano buffi cappellini dalle piume colorate e graziose scarpe dai tacchi alti, ma alquanto consumate. Una buffa, ma discreta imitazione di un can can francese.
Ballavano, sorridevano, ed il pubblico gradiva pienamente lo spettacolo.
“Ho la stanza” rispose il barista quasi gridando, cercando di farsi udire sopra il vociare nel locale “Si faccia accompagnare da Connie. E’ la ragazza con i capelli rossi. Attenda qui quando ha finito”.
Kelly attese paziente, guardando il balletto e ricordando per un istante una ragazza che aveva conosciuto molti anni prima che faceva lo stesso lavoro, ma non ricordava più il nome. Qualche minuto dopo tutto finì. Tra gli applausi e i fischi, la ragazza dai capelli rossi si avvicinò al banco:
“Bill! Dammi un doppio whisky” ordinò al barista, ma lui le porse una chiave.
“Mostra la stanza a questa signorina” e indicò Kelly con il capo.
La ragazza la guardò, prese la chiave ma disse:
“Dopo! Adesso ho sete”.
Si prese da sola la bottiglia di whisky posata sul banco e si versò il liquore in un bicchiere.
Ne bevve un sorso, poi tornò a guardare la donna di fronte a lei:
“Come ti chiami?” le domandò formalmente.
“Kelly Joe. Tu devi essere Connie”.
“Già” fece lei sedendosi sull’alto sgabello “Connie la rossa”.
Si voltò a guardare le sue colleghe nella sala:
“Quella bionda in braccio a quel cowboy è Debbie. Quella con i capelli neri che sta parlando con il pianista è Sam. Come vedi siamo un trio molto colorato. Tu hai conosciuto la rossa. Piacere Kelly”.
Le strinse simpaticamente la mano, e Kelly sorrise.
Bevve ancora un sorso del suo whisky:
“Sei nuova qui a RedCity. Non sei una faccia conosciuta ...” indagò Connie.
“Mi vedrai spesso, perchè ho comprato una casa a Yellowground”.
Connie fece una smorfia:
“Yellowground?" riflettè rapidamente "Dev’essere a sud di RedCity, nell’arida prateria. Non mi sembra un bel posto però …”.
Kelly non fu turbata dalle parole della ballerina. Non le importava se la casa era in mezzo al niente, l'importante  che ci fosse.
Ripensò all’agenzia che gliel'aveva venduta. Dicevano tutti che era formata da persone serie e la gente ne paveva parlato bene; non potevano averla imbrogliata.
Un cowboy dai baffi sottili iniziò a girarle intorno, sempre più vicino.
“Stai attenta” le sussurrò subito Connie con il bicchiere tra le labbra per non farsi sentire “Questo è il più grande guastafeste di RedCity”.
Kelly lo ignorò completamente, ma lui domandò a Connie:
“Ehi rossa! Chi è la tua amica?”.
“Si chiama Kelly Jack” gli rispose Connie sbuffando e guardando il fondo del suo bicchiere.
“Kelly …” fece eco l’uomo continuando a fissarla.
Kelly notò che intorno a lei si fece uno strano silenzio.
La ballerina mollò il bicchiere sul banco:
“Lasciala stare Jack. Vattene via”.
Intervenne anche il barista:
“Ehi Jack! Non voglio ancora casini nel mio locale”.
Ma l’uomo si avvicinò così tanto alla donna, che lei riuscì a sentirne l’odore di whisky uscirgli dalla bocca. Fece un inevitabile smorfia di disgusto, poi indietreggiò di un passo, ma Jack l'afferrò di scatto stringendola a lui con prepotenza. A Kelly mancò il respiro e tentò di liberarsi spintonandolo inutilmente. 
Se fosse entrata in quel locale come era abituata a fare, in pantaloni, cinturone e pistola, nessuno si sarebbe avvicinato a disturbarla. Maledì i suoi nuovi abiti da donna indifesa.
“Lasciala Jack!” ordinò una nuova voce autoritaria.
L’ubriaco nemmeno si voltò:
“Stai zitto Angus!”.
Con rapidità l'uomo che era intervenuto si avvicinò: voltò Jack dinnanzi a sé e gli piantò un pugno nello stomaco che lo stordì, poi un altro in faccia che lo fece piroettare contro un tavolo.
Il giovane era alto, biondo, con i lineamenti del viso forti e decisi ma armoniosi, le spalle larghe.
Nonostante i pugni poderosi appena ricevuti, Jack non sembrò abbattuto: si preparò a caricare contro il suo avversario.
Bill attirò l’attenzione di Connie:
“Conducila nella sua stanza prima che la situazione degeneri”.
Connie stavolta non se lo fece ripetere e  prese per un braccio Kelly trascinandola su per le scale.
“No aspetta … Voglio vedere come va a finire” protestò lei.
La ragazza non si fermò:
“Lascia perdere. Io questo spettacolo l’ho visto fin troppo spesso”.
“Pure io, ma i personaggi sono diversi".
Connie aveva la particolarità di gesticolare parecchio con le mani mentre parlava:
“Allora sai come finisce: il buono fa uscire il cattivo dal Saloon minacciandolo con la pistola”.
Arrivarono davanti alla stanza e Kelly ricordò la valigia.
Connie alzò gli occhi al cielo sbuffando:
“Ok, tu rimani qui. Non ti muovere. Vado io a prenderla”.
Kelly aspettò, indecisa se ubbidirle o no. 
“Visto?” fece la ragazza tornando immediatamente con la mia valigia “Il buono ha buttato fuori il cattivo”.
"No, non ho visto" brontolò Kelly. 
Connie le sorrise e posò la valigia a terra accingendo ad aprire la stanza.
Kelly non potè fare a meno di chiederle:
“Chi è il cowboy che mi ha difesa?”.
“Angus McKey. E’ uno dei più bravi con la pistola qui a RedCity. Tempo fa faceva il pistolero per conto di uno. Poi ha smesso. Si dice che prenderà il posto dello sceriffo Perkins tra qualche mese”.
“Non l'ho nemmeno ringraziato …”.
La ragazza entrò nella camera con la valigia e Kelly vide il letto sospirando.
“Ora fatti una bella dormita. Avrai modo presto di rivedere il tuo salvatore se rimarrai a RedCity”.
La salutò facendole l’occhiolino e richiudendosi la porta alle spalle.
Kelly cercò nella valigia qualcosa da indossare per la notte e finalmente si sdraiò sul letto.
Non fece in tempo a ripensare alla morte del vecchio, al bandito della diligenza, al biondo Angus: si addormentò subito profondamente.
 
 
Il mattino dopo la svegliarono i rumori e le voci che provenivano dalla strada.
Kelly si alzò e si avvicinò alla finestra scostando la tenda bianca ricamata: vide per la prima volta RedCity di giorno, illuminata da un sole ancora tiepido. Vide carri e cavalli andare avanti e indietro nella loro quotidianità, donne che entravano ed uscivano dai rari negozi a fare compere, i bambini che correvano con i libri a scuola, e uomini che scaricavano tronchi da un carro alla falegnameria del paese.
Un paese uguale a tutti gli altri, constatò. 
Lasciò la tenda e si lavò nel catino. La sua brocca era colma d’acqua.
Dopo essersi sistemata i capelli e vestita, riprese la  valigia e lasciò la stanza.
Scese le scale e vide subito Bill al bancone che gentilmente la salutò:
“Buongiorno signorina. Dormito bene?”.
“Benissimo grazie”.
A quell’ora del mattino aveva solo due clienti seduti ad un tavolo in un angolo.
Kelly chiese il conto e pagò. Poi si diresse all’uscita.
Ma appena fuori vide due cavalli legati alla stanga che attirarono subito la sua attenzione: uno bianco e uno nero.
Diede un’occhiata oltre la vetrata, guardando i due uomini seduti all’interno.
Erano loro: gli assassini del vecchio ad Holyland.
Si spostò lungo il marciapiede di legno, cercando di trattenere l’agitazione, urtando un signore e scusandosi prima di chiedergli:
“Dove posso trovare lo sceriffo?”.
“Proprio in fondo al paese” indicò.
Kelly si mise a correre sotto i portici, battendo i suoi stivali sulle lunghe assi.
Giunse a perdifiato davanti all’edificio con l’insegna “Sheriff Office”, ma un biglietto sulla porta diceva “Torno Subito”.
Voltò su me stessa, sospirando amaramente. La brutta abitudine di non farsi gli affari suoi non era scomparsa. Ogni volta che si occupava di faccende non sue, ne rimaneva inevitabilmente coinvolta. Si guardò attorno sperando di veder tornare lo sceriffo. 
Nel portico della casa vicina, un uomo si dondolava pigramente su di una sedia a dondolo. 
La vide, ed alzò con due dita il cappello dalle tese rialzate, guardandola curioso.
Lei lo riconobbe: era Angus McKey.
“Cerco lo sceriffo” gli disse in fretta.
Lui capì che la donna era agitata. Si alzò dicendole:
“Non c’è. E’ andato dal nuovo medico. Cos’è successo?”.
Kelly riprese fiato, spiegando:
“Ci sono due assassini al Saloon. Ieri a Holyland hanno ucciso un vecchio”.
Angus rientrò in casa in fretta e ne uscì imbracciando un fucile.
“Andiamo” esclamò scendendo dal portico e dirigendosi al Saloon.
Kelly lo seguì come un’ombra, faticando a stargli dietro: Angus era alto, deciso e veloce.
“Come sai che sono due assassini?” le chiese senza voltarsi.
“Li ho visti con i miei occhi. Hanno sparato a sangue freddo ad un vecchio che stava in mia compagnia”.
Quando giunsero al Saloon i due uomini ne stavano uscendo.
“Sono loro?” chiese Angus senza diminuire l’andatura, raggiungendoli.
“Si”.
I due uomini guardarono sorpresi il biondo che ora stava puntando il fucile di fronte a loro.
“Alzate le mani signori” intimò Angus.
“Che diavolo vuoi?” chiese uno dei due.
Angus non si fece impressionare. Con tono ironico rispose:
“Vi porto un momento dallo sceriffo”.
I due si guardarono per un istante.
Angus puntò meglio la canna del fucile facendo loro alzare  le mani.
“E per quale motivo?”.
“Si dice che avete ucciso un uomo ieri”.
Kelly si nascose inutilmente dietro Angus: si sentì per un istante al centro dell’attenzione.
Una pistola spuntò all’improvviso nelle mani di uno dei due: senza esitare costui sparò.
Angus McKey venne colpito ad un braccio e Kelly gridò indietreggiando, sbattendo contro la parete esterna del Saloon.
I due assassini salirono in fretta a cavallo e si allontanarono al galoppo.
Angus si strinse il braccio con una smorfia sofferente, lasciando quasi cadere il fucile.
Kelly si avvicinò a lui, volendo controllare la ferita, faticando a togliergli la mano con cui la copriva.
“Fammi vedere” pretese.
Gli alzò la manica della camicia insanguinata, notando che il braccio era stato colpito di striscio. 
Questo significava che non c’era la pallottola all’interno. Niente di grave dunque.
“Andiamo dal dottore” suggerì ugualmente.
“Non ce n’è bisogno … è solo un graffio”.
“Non fare storie … Vieni, ti accompagno”.
Si avviarono. Kelly non sapeva dove abitava il dottore, così si ritrovò a seguire Angus nuovamente, camminando al suo fianco.
“Ieri sera mi hai difeso da quel Jack, ora volevi catturare da solo quei due delinquenti. Ma chi sei? L’eroe di RedCity?”.
Angus sorrise lievemente.
Lei ne approffittò per ringraziarlo:
“Comunque grazie …”.
Angus sollevò il viso a guardarla, e Kelly gli scoprii gli occhi castani, splendidi.
“Sei la nuova maestra?”.
Alla sua domanda, lei rise:
“N … no”.
“E allora? Chi sei?”.
Il  tono di voce di Angus era alquanto diretto. Se non fosse stato per le occhiatine che lui ogni tanto le mandava mentre camminavano, Kelly lo avrebbe insultato.
“Mi chiamo Kelly Joe”.
“Ben arrivata a RedCity Kelly Joe”.
Erano giunti a casa del dottore.
Angus vi entrò senza bussare.
Nel salotto all’interno c’era il medico che stava parlando con lo sceriffo, un uomo di una certa età, con i capelli e i baffi bianchi. 
Il dottore non appena vide la giovane donna esclamò:
“Ci rivediamo signorina … che è successo?”.
Guardò il braccio sanguinante di Angus e si apprestò a dargli un’occhiata veloce.
“Gli hanno sparato” spiegò in fretta.
“Vieni, per di qua” disse il dottore ad Angus, conducendolo in un’altra stanza.
Kelly rimase sola con lo sceriffo. Lui si presentò:
“Piacere. Sceriffo Perkins. Chi è stato a sparare a McKei?” volle sapere.
“Due uomini, al Saloon”.
“Dove sono adesso?”.
“Sono fuggiti. Angus ha tentato di portarli da voi”.
Lo sceriffo scosse il capo bevendo un sorso dal suo bicchiere, con fare indifferente.
“Saranno ormai lontani adesso …” disse “Quando imparerà Angus a farsi gli affari suoi?”.
Alla sua ultima frase Kelly brontolò tra sè:
"A quanto pare Angus mi assomiglia".
"Cosa?" chiese lo sceriffo, che l'aveva udita farfugliare qualcosa.
"Nulla" tagliò corto lei, infuriata dentro per il comportamento menefreghista dello sceriffo.
Rimasero in silenzio ad aspettare. 
Dopo un lungo quarto d’ora McKey ed il dottore uscirono dall’ambulatorio.
Angus aveva il braccio bendato.
“Va meglio ora?”.
Non rispose a Kelly, si rivolse allo sceriffo con tono irato:
“Non farà niente per catturare quei due delinquenti?”.
Perkins terminò il suo whisky senza rispondergli.
Angus alzò la voce:
“Ci sono due assassini là fuori che hanno già ucciso un uomo e nemmeno si muove? Almeno faccia disegnare il volto di quei due su di un manifesto!”.
“Senti McKey!” sbottò Perkins arrabbiandosi “Sono anni che faccio questo mestiere e so benissimo quando mi devo muovere. Tu piuttosto: non sei ancora il mio sostituto!”.
Angus si ritrovò a fissare esterrefatto lo sceriffo.
“La ringrazio Dottor Dean” disse, senza nemmeno guardare il medico, ancora con lo sguardo puntato su Perkins “Arrivederci”.
Kelly seguì Angus fuori dall’abitazione.
Era infuriato: camminava svelto e a capo chino, silenzioso.
Lei dovette correre per affiancarlo:
“Ti do ragione Angus … io la penso come te”.
Sbucarono sulla Main Street.
Angus sembrò calmarsi quando raggiunse la sua casa e si fermarono sotto il portico.
A disagio, Kelly chiese:
“Io devo andare a Yellowground. Conosci qualcuno che mi ci può portare?”.
“Vai alla falegnameria e chiedi al signor Darfon”.
Il suo tono di voce era freddo e spiccio, alquanto distaccato.
Capendo che non era il momento giusto per fare conversazione, Kelly si preparò a salutarlo:
“Va bene… grazie di tutto … a presto”.
Fece per avviarsi, ma Angus la richiamò:
“Kelly …”.
“Si?”.
Sostenne il suo sguardo sorpreso, dicendole:
“Mi dispiace di non essere riuscito a catturare quei due …”.
“Non fa niente, almeno tu ci hai tentato. Ti hanno solo preso alla sprovvista. Conosco la tua fama e mi hanno detto che sei in gamba”.
Lo lasciò così, dirigendosi alla falegnameria dopo averlo salutato. Ritrovò la sua valigia fuori dal Saloon.
Si diresse ad un uomo che stava intarsiando un'anta:
"Il signor Darfon?".
L'uomo dai lunghi baffi sollevò lo sguardo sulla donna:
"Si?".
"Avete qualcuno che mi può portare a Yellowground?".
"Yellowground" ripetè l'uomo pensieroso "Nick".
Si voltò a guardare l'interno della falegnameria, urlando:
"Nick! Dannazione! Dove sei?".
Ne uscì un ragazzo quasi correndo, con folti capelli corti chiari, che si asciugava le mani in un panno.
"Scusatemi signor Darfon ... eccomi".
Alzò finalmente il viso e vide la donna. Pensò avesse più o meno la sua età. 
Si ritrovò curioso e sorridente. 
"Quando ti chiamo devi rispondere subito! Ora porta questa signorina a Yellowground. E vedi di non trattenerti a lungo". 
Nonostante la predica, il ragazzo continuò a sorridere:
"Ciao. Io sono Nick" si presentò alla donna prendendole la valigia "Da questa parte". 
Kelly lo seguì. C'era un carro lì vicino, con il cassone vuoto e scoperto.
"Nervosetto il tuo capo eh?" gli disse lei complice. 
Nick si strinse nelle spalle:
"Che ci vuoi fare? E' fatto così ..." sollevò la valigia per posarla nel cassone "... ma gli fa comodo che io abbia un carro" aggiunse "Questo è mio". 
Lo disse con orgoglio, aiutando Kelly a salire a cassetta. 
Quando la raggiunse sedendosi vicino a lei, impugnò le redini e con un ampio sorrise le disse: 
"Sai ... sei la prima ragazza che vedo in giro senza un cappellino". 
"Detesto ... i cappellini. Non servono a nulla. Gli Stetson al contrario evitano polvere e sole negli occhi, e riparano dall'acqua". 
A Nick venne d'istinto cercare il suo cappello dalle tese rialzate dietro cassetta. Lo prese e se lo mise in testa, ridendo di gusto:
"Io dico che un bel cappellino non ti starebbe male. Ci sono donne a RedCity che non attendono un altro regalo da un uomo". 
Anche Kelly rise:
"Tu non provare a regalarmene uno e io lo utilizzerò come un porta agrumi".
Nick rise ancora di più, scuotendo il capo e dando il via ai cavalli. 
Poche volte gli era capitato di trovarsi così a suo agio con una sconosciuta.
"Allora ... ce l'hai un nome?" le chiese.
"Kelly". 
"Da dove vieni Kelly?". 
Lei si voltò a guardare alla sua destra.
"Da ogni dove ..." rispose, smettendo di sorridere. 
Nick la scrutò attentamente quando si rivoltò, capendo che la domanda l'aveva messa a disagio. 
Quindi optò per drammatizzare.
"Bè ... è un bel posto". 
E Kelly tornò a sorridere.
Erano usciti dal paese e stavano percorrendo una strada deserta. 
Il giovane Nick non resistette a farle un'altra domanda:
"Dunque ..." iniziò con tono ilare "Ho scoperto che ti chiami Kelly, che odi i cappellini e che vieni da ogni dove. Ultima domanda e poi giuro che non te ne farò più. Che ci vai a fare a Yellowground? Non c'è niente in quel posto". 
"Una casa" rispose subito Kelly "Ho comprato una casa lì". 
"Non ricordo ci sia una casa". 
Nick fece rallentare i cavalli, riflettendo e guardandosi attorno.
"Siamo già a Yellowground ..." la informò in tono grave. 
Kelly si levò in piedi, scrutando l'orizzonte, vedendo solo prateria e rare piante.
"Aspetta" esclamò all'improvviso Nick "Ora ricordo ... c'è una casetta qui vicino".
Attese che la donna si sedesse per far ripartire il carro e lasciare la strada, addentrandosi della prateria.
"Tieniti forte ..." l'avvertì riferendosi alle buche "Eccola, parlavo di quella" e fermò il carro indicando una casetta.
Ancora una volta Kelly si alzò, e sorrise:
"Si, dev'essere quella".
Saltò giù dal carro e quasi correndo la raggiunse.
Nick la seguì curioso.
La casa aveva un bel portico e Kelly ne salì gli scalini. 
Non riuscì ad aprire il catenaccio della porta, e Nick venne in suo aiuto. Riuscì ad aprire la porta.
Lei entrò e vide la cucina quasi completamente arredata.
Qualche vagabondo ci aveva fatto tappa perchè c'erano resti di passaggio.
Si guardò attorno curiosa e perplessa, mentre Nick era rimasto sulla porta, appoggiato allo stipide: 
"Non è male ..." osò dire stringendosi nelle spalle  "Una volta sistemato qualche asse del pavimento e aggiustati i serramenti, dovrebbe migliorare". 
"Già" si limitò a dire Kelly.
"Io do un'occhiata qui fuori" fece Nick allontanandosi.
Kelly controllò le altre due stanze. Una camera piccola e un'altra molto più grande. Vide il letto in ferro battuto e una tinozza in perfetto stato. 
Ma polvere e ragnatele ovunque. 
Ci avrebbe messo mesi a ripurirla, pensò.
Nick ritornò con la sua valigia, che posò accanto al tavolo.
"Sei fortunata" disse con un sorriso "Hai l'acqua".
Le indicò la pompa fuori, all'esterno, ma Kelly nemmeno la vide. 
Il suo sguardo cadde su due cavalli che si stavano avvicinando: uno bianco e uno nero, e rispettivi cavalieri. 
Richiuse la porta di botto, facendo sobbalzare il ragazzo.
"Hei. Che c'è?" chiese lui sorpreso e ignaro.
"Abbiamo già visite" rispose Kelly accellerando il respiro. 
"Chi?".
Nick fece per accostarsi alla finestra, ma Kelly lo strattonò.
"Non lo farei se fossi in te" lo avvisò "Sono due assassini e io la loro scomoda testimone di un delitto". 
"E vogliono farti fuori, giusto?".
"Probabile che siano qui per questo, si". 
Si udì una voce fuori gridare:
"Sappiamo che sei lì dentro senorita! Vieni fuori tu o entriamo noi a prenderti?". 
Kelly si precipitò alla sua valigia, aprendola freneticamente.
"Che vuoi fare?" chiese Nick preoccupato.
"Difendermi" trovò la sua pistola e il fucile ripiegato. Con uno scatto chiuse quest'ultimo con fare esperto, dopo aver controllato che fosse carico "Sai sparare?".
Nick era rimasto stupito nel vedere ciò che la donna aveva in valigia. 
Prese la pistola che Kelly gli porse:
"Non porti il cappellino ... ma in compenso ..." ironizzò ancora sconvolto "Si, so sparare".
"Bene" fece lei passandogli le munizioni "Così non sprecheremo pallottole".
Kelly si posizionò alla finestra, aprendola lentamente senza esporsi.
"Andatevene!" gridò.
"E no senorita!" rispose uno di loro fuori, divertito "Abbiamo qualcosina di cui parlare". 
La canna del fucile di Kelly appoggiò sul piano della finestra, lentamente.
Nick era posizionato accanto alla porta, ma si era incantato a guardare la donna a pochi passi da lui. Non aveva visto niente di simile in vita sua. Lei non aveva il benchè minimo timore, al contrario, sembrava si divertisse. 
La vide sollevarsi piegando il capo sul fucile, spostando l'arma con una rapidità assurda, mirando e premere il grilletto in un batter d'occhio. 
Il colpo risuonò violento nella cucina. Fuori si sentì imprecare.
Nick si spostò alla finestra della stanza vicina e sbirciò all'esterno.
Uno dei due uomini era accasciato a terra, con una mano sulla spalla sanguinante.
"Perdiana! L'ha colpito" esclamò a bocca aperta. 
"Andatevene ho detto!" ripetè Kelly "O non esiterò a sparare di nuovo".
L'uomo rimasto in piedi alzò le mani in segno di resa:
"Va bene!" gridò "Ce ne andiamo! Ma non finisce qui, lurida puttana!". 
Aiutò il suo compagno a montare a cavallo, poi si allontanarono al galoppo, scomparendo all'orizzonte. 
Kelly posò il fucile sul tavolo e guardò Nick avvicinarsi:
"Grazie per l'aiuto" lo derise con un sorriso. 
Il ragazzo era ancora sottosopra e non sorrideva più. 
Lasciò la pistola accanto al fucile, dicendo serio:
"Non so chi sei ... Kelly, ma hai spaventato anche me". 
Si mise le mani nelle tasche a disagio, avvicinandosi all'uscita. 
La donna fece un profondo sospiro, spiegando rapidamente.
"Il mio nome è Kelly Joe. E fino a qualche mese fa mi aggiravo senza una meta. Ho viaggiato per il Texas, Mexico, Utah, fino in Montana. Ho imparato a difendermi ed ho visto cose che nemmeno potrei descriverti. Non sono nessuno Nick ... solo una pioniera che ha perso la famiglia prima di sapere dove stavo andando". 
Nick l'ascoltò con attenzione, poi chiese:
"Oggi perchè sei qui?". 
Kelly si ritrovò a guardarlo negli occhi solari prima di rispondere sinceramente:
"Perchè è giunta l'ora di vivere da qualche parte, di provare a dormire in un letto mio".
Nick abbassò lo sguardo sul pavimento, e decise di ritrovare il suo umorismo:
"Dimmi che sei in cerca di marito".
Lei rise di botto, poi alzò le spalle dicendo:
"Può darsi ...". 
Lo guardò aprire la porta:
"Devo andare, altrimenti il signor Darfon mi farà la predica".
Kelly si ricordò che doveva pagarlo e cercò il proprio borsellino.
"No aspetta ...".
Nick scosse il capo, poi le sorrise dolcemente prima di andarsene:
"A presto ... Kelly".
 
Cominciò a mettere a posto la casa.
Spalancò porte e finestre.
Gettò in un angolo tutte le cianfrusaglie che non le servivano.
Prese secchio e stracci e pulì.
Tolse le ragnatele. Non ebbe nemmeno il tempo di pranzare. 
Appese il fucile accanto alla porta. 
Nel pomeriggio Nick tornò. 
Rimase sulla porta a guardare il meraviglioso lavoro che la donna aveva fatto.
"Ha già cambiato aspetto. Complimenti. Hai fatto miracoli". 
Lei si asciugò la fronte imperlinata di sudore con un braccio:
"Come mai non sei al lavoro?".
"Io sto lavorando" fece lui ridendo "Sono venuto per prendere nota del materiale occorrente per aggiustarti il pavimento".
"Va bene" acconsentì Kelly con un sorriso, invitandolo ad entrare "Ma quando torni in paese vengo con te. Ho una lunga lista anch'io ... per l'emporio".
"Ricordati le munizioni" fece Nick chinandosi su di un asse sconnesso "Quei due non tarderanno a farti visita un'altra volta".
"Già annotate". 
Il ragazzo fece i suoi calcoli a mente, poi si rialzò per suggerirle: 
"Fossi in te avviserei lo sceriffo comunque".
"Già fatto. Ma Perkins non ha mosso un dito". 
Nick scosse il capo:
"Non mi stupisce. Quell'uomo non vede l'ora di godersi la sua vecchiaia".
Kelly diede uno sguardo alla tinozza nella camera e pensò di farsi un bagno prima di recarsi in paese.
Il suo aspetto era davvero ridotto male.
"Puoi rimanere il tempo di farmi un bagno?".
"Non c'è problema. Controllo i serramenti intanto ...".
"Bene".
Kelly prese il secchio ed uscì a prendere l'acqua. Riempì la tinozza quel poco che bastava per lavarsi. 
Mentre in fretta s'insaponava non poteva fare a meno di pensare al giovane che si aggirava in casa sua.
Nick era dolcissimo e davvero simpatico. Si accorse che mentre faceva il giro delle finestre per controllarne lo stato, lui si era soffermato per un attimo a quella della camera, sbirciandola all'interno nella tinozza. Ma il ragazzo era troppo discreto per approffittare della situazione. Kelly aveva notato che si era allontano rapidamente. Uscì dalla tinozza, si asciugò e guardò il suo vestito ridotto come uno straccio. Quindi frugò nella valigia.Vide i suoi pantaloni di sempre, e la camicia color panna. Resistette alla tentazioni d'indossarli, e prese l'ultimo vestito marrone che aveva con sè. Indossò quello, i suoi unici stivali a cui era affezionata, poi uscì dalla camera raccogliendo i capelli in fretta. 
"Sono pronta ... andiamo". 
Nick la stava aspettando sul portico. 
Sul carro diretti in paese, i due chiacchierono allegramente.
Kelly si sentiva a suo agio con Nick e iniziò a raccontargli tutto ciò che le passava per la testa.
E per Nick era un vero piacere scoprirla.
"...quindi ti mantieni scrivendo romanzi".
"Esattamente. Ogni settimana vado in banca a prelevare i miei ricavi e diritti. Ho scritto ben diciotto romanzi e ho praticamente raccontato tutto ciò che ho vissuto, visto e conosciuto". 
"Per sapere il tuo passato dovrei leggerli pure io" fece Nick "Ma sono troppo pigro per farlo".
Kelly si ritrovò a guardarlo attentamente, studiandone il profilo. 
I suoi lineamenti erano dolci, e per un momento le venne voglia di tuffare le mani nei suoi capelli arruffati. 
Si era tolto il cappello e lei glielo aveva preso mettendoselo in testa. 
Nick non aveva replicato: aveva sorriso socchiudendo gli occhi, guardandola mentre indossava qualcosa di suo. Una sensazione che gli piacque tantissimo. 
Giunsero a RedCity, e scesero dal carro fuori dall'emporio.
Kelly quando entrò iniziò a guardare la merce esposta, accorgendosi che non c'era nessuno dietro il banco. 
"Signor Barrymore!" chiamò Nick allegramente raggiungendola, poi le disse "E' sordo, ma dice di non esserlo". 
"E non gridare accidenti!" esclamò un'ometto uscendo dal retrobottega "Non sono mica sordo".
Kelly e Nick si misero a ridere di gusto.
Poi lei acquistò di tutto: accessori per la cucina, due lampade a petrolio, stoffa, sapone, cibo, coperte, scatole di proiettili. 
Non trovò i fiammiferi, perchè il signor Barrymore li aveva momentaneamente esauriti. 
Pagò il conto, mentre Nick caricò la merce sul carro. 
"Ti prometto che a lavoro compiuto avrai una bella mancia" le disse lei uscendo. 
Lui si riprese il suo cappello comunicandole:
"Faccio un salto dal signor Darfon a caricare il materiale per il pavimento. Vuoi venire anche tu o preferisci fare un giro nel frattempo?". 
Kelly pensò ad Angus e rispose:
"Vai pure. Ti raggiungo tra un po'".
Nick annuì e salì a cassetta spostando il carro. 
Kelly si diresse alla casa di Angus. 
Le sembrò doveroso fargli una visita dopo quello che lui aveva fatto per lei.
Bussò alla sua porta sperando che ci fosse.
Sentii qualcuno muoversi all'interno e subito dopo Angus le aprì. Indossava solo i pantaloni. 
Di colpo imbarazzata Kelly arrossì:
"Ciao ... Passavo di qui e volevo sapere come stai".
Angus le fece un lieve sorriso: 
"Vieni ... entra" la invitò.
Lei entrò in casa, fortemente a disagio:
"Sono di fretta, perchè dovrei ...".
Angus la interruppe:
"Stavo cercando di cambiarmi la fasciatura. Un'impresa da solo ...".
Kelly spostò lo sguardo sul tavolino al centro del salotto. C'erano bende e un catino di acqua sporca di sangue. 
"Ti aiuto ..." buttò lì, ingoiando saliva visibilmente.
Un camino spento troneggiava alla parete.
"Siediti ..." le disse lui, poi si accorse che sul divano c'erano dei vestiti che si affrettò a spostare "Scusa il disordine". 
Kelly si sedette e Angus accanto a lei, porgendogli il braccio ferito.
"Sei poi andata a Yellowground?" chiese. 
"Si. La casa che ho comperato per fortuna esiste" farfugliò Kelly prendendo una benda pulita e cercando di non guardare il petto dell'uomo che le stava così vicino.
Aveva un colore abbronzato,  muscoli virili, e le spalle larghe. Traspirava calore da ogni parte del corpo.
Evitò di guardarlo anche in viso, perchè Angus era davvero bello: a capo chino, con i capelli lunghi che gli coprivano in parte il volto, e gli occhi semi chiusi a fissare le sue mani che iniziavano a bendargli il braccio.
"Quindi ti sei stabilita qui ... in questo paese sperduto nel niente". 
"Non è diverso dagli altri Angus ... e poi tra un po' arriverà il treno. Porterà più gente e commercio". 
"Ci sono tante altre città ben più importanti: Kansas City, New Orleans ...". 
Kelly fece una smorfia:
"No. Preferisco ancora le praterie". 
Angus rimase per un attimo in silenzio, a guardarla lavorare. Poi disse:
"Che non sei una maestra già lo so ...".
Kelly sorrise lievemente:
"Neanche un'infermiera se è per questo" e si rese conto che la fasciatura non era venuta un gran chè.
"Sempre meglio di quella che stavo cercando di fare io" la consolò lui.
Angus aveva un modo di parlare che a Kelly piaceva moltissimo.
Faceva scorrere le parole lentamente,  per questo lui appariva sempre calmo, ma la faceva sentire a disagio.
Ora che aveva finito di aiutarlo, lui alzò finalmente il viso, incontrando lo sguardo chiaro di lei. 
Per un attimo di perse in quello sguardo: imbarazzato ma sensuale.
Gli era piaciuto sentire il tocco delle sue dita sulla propria pelle. 
Avrebbe voluto trovare una scusa per intrattenerla ancora, ma non gli venne in mente nulla. 
La porta si spalancò di colpo e Angus alzò brevemente gli occhi al soffitto scocciato, quando Nick entrò sorridendo chiedendo:
"Angus abbiamo ancora quella scorta di fiammiferi in ...". 
Lasciò la frase sospera nell'aria quando vide Kelly seduta sul divano.
"Kelly ... che ci fai qui?" e il suo sorriso si spense. 
Fortemente a disagio, la donna spiegò:
"Sono venuta a controllare la ferita di Angus".
"Quale ferita?" Nick guardò Angus e vide il braccio fasciato "Che ti sei fatto ancora?". 
Lui si alzò e riordinò distrattamente il tavolino:
"Due uomini, stamattina al Saloon".
Ora Nick guardò Kelly e lei annuì:
"Gli stessi uomini" lo informò.
Anche se non voleva farlo trasparire, Nick restò turbato nel vedere Kelly accanto ad Angus. Si spostò di cattivo umore a cercare qualcosa nei cassetti di una credenza. 
La donna intuì che pure Nick abitava lì e si ritrovò a guardarli entrambi e a fare confronti. Si assomigliavano, anche se Nick era più giovane di Angus.
"Ma ... voi due siete fratelli?" chiese infine. 
Rispose Nick, con un:
"Si ... purtroppo". 
E all'improvviso le sorse un dubbio:
"Vostro padre abitava a Tombstone?". 
Nick rinunciò a cercare nei cassetti e si soffermò a guardare con attenzione Kelly.
"Si, perchè?".
Angus la fissò serio, e disse cupo:
"Come sarebbe a dire ... abitava". 
Kelly andò nel panico:
"Ecco io ... l'ho conosciuto sul treno. Stava venendo qui ...". 
Angus chiuse gli occhi, collegando i pezzi e intuendo:
"Continua" le ordinò.
"Ma a Holyland ...".
Kelly non potè proseguire.
Con il braccio sano Angus scaraventò tutto quello che c'era sul tavolino contro la parete in un solo gesto.
Il rumore fece sobbalzare la donna e mandò Nick su tutte le furie: 
"Cosa!" e alzò la voce perchè non capiva "Ma a Holyland cosa!".
"Quei due ..." balbettò Kelly "Lo hanno ucciso fuori dalla taverna".
Nick la guardò esterefatto:
"Forse ... non era nostro padre ...".
"Mi ha raccontato che aveva due figli qui a RedCity, e che era vedovo e ... di dirvi di non andare a Tombstone, che tanto non aveva più nulla". 
A Nick salirono le lacrime agli occhi, ma il suo dolore si tramutò in rabbia. Si voltò al fratello, che dava loro le spalle, le mani aggrappate al camino e gli chiese a denti stretti:
"Chi erano quei due Angus?".
Lui non rispose e Nick strinse così forte i pugni da far sbiancare le nocche, riformulando la domanda:
"Erano uomini di Ruper? Erano loro?".
Angus non si voltò mentre finalmente rispose:
"Non lo so, ma può darsi ...". 
"Chi è Ruper?" chiese Kelly.
Nick assunse un tono sarcastico:
"Un uomo spregevole. E Angus lavorava per lui. Il mio fratellone sa sparare troppo bene per fare il falegname". 
Angus si voltò ed affrontò il fratello, puntadogli un dito contro:
"Ti ricordo che sei stato tu a convincermi di mollarlo su due piedi". 
La voce di Nick diventò fioca: 
"Ed ha scelto il modo peggiore per costringerti a tornare da lui". 
Angus aprì un cassetto vicino e ne tirò fuori un cinturone con una pistola: se lo allacciò alla vita.
"Che hai intenzione di fare?" chiese Nick guardandolo, e sperò che non tornasse davvero a lavorare per lui.
Angus tirò giù dalla parete un fucile e lo gettò al fratello:
"Andiamo a dare una lezione a quel bastardo". 
Nick prese l'arma al volo: annuì con un lieve sospiro. 
"Kelly. Prendi pure il mio carro e tornatene a casa" disse alla donna, ma lei obiettò subito:
"Non ci penso nemmeno. Io voglio venire con voi". 
"E' fuori discussione" fece Angus infilandosi una camicia e calzando il cappello "Nick ha ragione. Tornatene a casa". 
"No" insistette lei "So sparare bene anch'io e quei due uomini sono stati a casa mia stamattina. Voglio essere sicura che non torneranno più". 
Angus sbuffò infastidito e Nick prese le sue difese:
"Non sta mentendo Angus ... Kelly sa sparare bene sul serio". 
Restò per un momento a guardarla scettico, e lei decise:
"Passiamo un salto a casa mia. Prendo le mie armi e poi ci avviamo". 
Angus abbassò lo sguardo e si avviò:
"Aspettiamo a slegare i cavalli dal carro dunque". 
Nick e Kelly lo seguirono.
 
Sembrava che Kelly si stesse recando ad una festa. 
Le sorrideva l'idea di continuare a fare ciò che aveva sempre fatto: andare in cerca di guai. 
L'adrenalina che lei pensava di evitare accasandosi, l'aveva di nuovo provocata, e questo non poteva che renderla eccitata.
Piombò in casa dirigendosi in fretta alla sua valigia, indossando i pantaloni e la camicia, sentendosi di nuovo se stessa, ridando forma al suo Stenton e calzandolo, mentre i due fratelli fuori preparavano i cavalli. Prese la pistola e li raggiunse. Angus quando la vide la guardò sorpreso ma non disse nulla. Nick invece fece un lieve sorriso pensando che quella doveva essere la vera Kelly Joe.
Le fece posto sulla sua sella e lei non esitò ad infilare lo stivale nella staffa e a  salire per sedersi davanti a lui. Angus tirò le briglie e voltò il suo cavallo avviandosi.
Cavalcarono lontano dalla strada. Nick non sapeva dove si trovava il covo di Ruper e si limitò a seguire Angus.
Per qualche minuto, dimenticò la morte del padre, perchè avere Kelly seduta davanti, stretto contatto, lo mandò in visibilio. Lei aveva i capelli sciolti spettinati che le scendevano sulla schiena e potè sentire il profumo della sua pelle. Non resistette nel sfiorarle i fianchi mentre con le redini in mano gestiva il cavallo. Angus non aveva fatto una piega quando lei era salita accanto a lui: questo significava che poteva continuare a corteggiarla.
"Mi aveva offerto la cena".
La voce di Kelly lo riportò alla brusca realtà:
"Cosa?".
"Tuo padre ... Mi aveva offerto la cena ad Holyland".
Nick non disse nulla. Alzò lo sguardo sul fratello davanti a loro. Parlavano a bassa voce: non poteva sentire chiaramente ciò che si stavano dicendo.
"Ti conosco poco Nick, ma hai un animo buono" continuò Kelly "Non ti sei nemmeno arrabbiato con tuo fratello, al contrario, lo stai seguendo per aiutarlo ancora ...". 
Ancora una volta Nick tacque, ma si  rattristò. Si appoggiò a lei con un sospiro, sfiorandole la spalla con il mento, chiudendo per un istante gli occhi. 
Kelly lo lasciò fare. Gli ricordò Devid O'Hara, il giovane ragazzo biondo che per accompagnarla in una delle sue avventure, aveva perso la vita. La sua dolce immagine le apparve davanti, così viva che non si accorse di essersi voltata ad accarezzare il viso di Nick. Quando incontrò i suoi occhi castani, si rese conto che stava commettendo un grosso sbaglio. Ritirò la mano immediatamente:
"Scusa".
"E di cosa?" chiese lui con un filo di voce, lo sguardo addolcito su di lei. 
Kelly lo sentì eccitarsi contro il proprio fondoschiena. Le sfuggì un sorrisino e lui inevitabilmente arrossì.
Virile e sensibile.
"Ci siamo ..." le parole di Angus attirarono la loro attenzione "Meglio lasciare qui i cavalli". 
C'erano grandi rocce e una collina che a quell'ora, stava prendendo un colore rossastro. 
Si arrampicarono tra le rocce. 
Angus si voltò un paio di volte per vedere se Kelly era in difficoltà, ma poi notò che se la stava cavando benissimo.
"Passando di qui ... non ci vedranno arrivare" comunicò.
Un istante dopo, Angus fece cenno a Kelly e a Nick di non fiatare.
Si appiattì all'ultima roccia, guardando giù. Loro lo imitarono.
Kelly vide una baracca più in basso, e fuori stesi a terra, c'erano i corpi di tre uomini.
Regnava un silenzio surreale.
"Sono morti ..." sussurrò Nick.
Angus si alzò:
"Rimanete qui. Scendo io". 
Anche Kelly si alzò:
"Io scendo con te. Nick rimarrà a coprirci se qualcosa andrà storto".
Angus finse di non averla udita e iniziò a scendere.
Non appena raggiunsero i tre cadaveri, Angus ne rivoltò uno con uno stivale.
Scosse il capo incredulo:
"Carlos ... e quelli sono Paz e Coy". 
Aveva la pistola in pugno, e pure Kelly adesso.
Lei alzò di poco la tesa del suo cappello con la canna della propria pistola:
"Tuoi ex compari immagino ..." osò dire.
"Già ...". 
Angus si spostò lentamente verso la porta della baracca rimasta spalancata.
Entrò attento, seguito dalla donna.
C'era una piccola cassaforte a pochi passi da loro, aperta.
Angus ne controllò il contenuto: solo fogli, praticamente ripulita.
Kelly sentì un lieve rumore provenire dalla scrivania in fondo all'unica stanza.
Si mosse cauta, scoprendo un uomo robusto vestito di nero seduto a terra. 
Aveva una brutta ferita alla pancia e dalla bocca gli uscivano rivoli di sangue.
"Angus ..." chiamò Kelly e lui la raggiunse vedendolo. Restò immobile a guardarlo, impassibile.
L'uomo tossì e sputò sangue, alzando lo sguardo sull'uomo che gli si piazzò di fronte:
"Mc ...Key" riuscì a dire a stento.
"Ruper". 
"Come mai ... sei qui?". 
"Ero venuto per piantarti una pallottola in pancia, ma a quanto pare ci ha pensato qualcun'altro. Chi è stato?". 
Non c'era ironia nelle sue frasi. Angus era serissimo.
"I miei ... ultimi due acquisti. Tu te ne sei andato e io ho dovuto rimpiazzarti. Vigliacco tu, e bastardi loro". 
"Sono gli stessi che hai pagato per far uccidere mio padre?".
"Si ... Se ti muovi, fai in tempo a beccarli ... sono appena andati via" e tentò di sorridere ma gli costò caro, perchè spirò così.
Angus si voltò imprecando.
Poi si diresse alla porta.
A grandi falcate si avviò giù per il sentiero. 
Kelly fece cenno a Nick di scendere prima di continuare a seguirlo.
I sassi rotolarono durante la loro discesa, poi sbucarono ad uno spiazzo dove scoprirono uno dei due assassini che stava richiudendo una borsa sul proprio cavallo nero. 
L'uomo vide Angus e la donna avvicinarsi. Disse tranquillamente:
"Ci rivediamo ..." prima di impugnare una pistola e puntarla su di loro con un sogghigno.
Kelly indietreggiò lentamente. Probabilmente li avevano sentiti arrivare, e si chiese dove fosse il secondo uomo. 
"Si, ma stavolta sono più preparato" fece Angus. 
Fu di una rapidità incredibile. Sollevò la pistola tendendo il braccio ferito e fece fuoco. 
Lo sparo echeggiò nella vallata con un boato.
E subito dopo un'altro.
Kelly aveva scorto il secondo uomo sbucare da dietro una roccia, quello a cui lei aveva già sparato quella mattina. Non esitò un secondo. Stava colpendo Angus alle spalle e lei premette il grilletto centrandolo in pieno petto.  
Angus si era voltato a guardare l'uomo crollato a terra, poi si soffermò su Kelly che riponeva la sua pistola.
Non le disse nulla, ma lei lesse nel suo sguardo: c'era un grazie, e anche ammirazione. 
Angus staccò gli occhi dalla donna solo quando vide il fratello raggiungerli. Si dedicò a controllare la borsa  rimasta sul cavallo nero.
"Bè ... direi che avete fatto in fretta" fece Nick con un sorriso di soddisfazione "Bravissima Kelly. Non avevo dubbi che te la saresti cavata alla grande". 
I complimenti di Nick la misero a disagio.
Preferì il silenzio del fratello maggiore. 
E si chiese il perchè. 
Restò immobile a guardare Angus montare sul cavallo nero, tirandogli le briglie e facendolo girare su stesso. 
"Ci vediamo a casa Nick" disse lui, prima di allontanarsi al galoppo. 
Solo allora Kelly si voltò e affiancata dal giovane tornò indietro. 
 
Il tramonto era ormai calato.
Nick era al fianco di Kelly, in sella al cavallo che di solito montava Angus.
La sbirciava da nascosto, ammiradone il viso angelico sotto lo Stenton marrone scuro. Le piaceva, e tanto, ma nel contempo c'era qualcosa in lei che lo faceva sentire inferiore. Era avvolta da un passato troppo vissuto, e la riteneva più in gamba di lui. Amaramente pensò che l'avrebbe vista meglio al fianco di suo fratello, ad un ex pistolero, che accanto ad un semplice falegname. Ma era bella, ammaliante, e poche ragazze fino ad allora lo avevano intrigato così. 
"Sei pensieroso".
Interruppe i suoi pensieri, Kelly, e Nick sorrise lievemente.
"Ti aiuterò a scaricare la merce dal carro" tergiversò lui "Poi andremo alla festa di benvenuto del dottor Dean, mangiando a sbaffo tutto ciò che troveremo sui tavoli. Che ne dici?".
Kelly rise:
"Un'idea allettante". 
Fecero galoppare i cavalli per arrivare prima a Yellowground. 
Mentre Nick portava la merce in casa, Kelly abbandonò di nuovo la camicia e i pantaloni per indossare il vestito marrone. Non si raccolse i capelli, poi aiutò Nick a rimettere i cavalli al carro.
Quando giunsero in paese si accorsero che era illuminato da numerose lanterne accese, che la gente aveva affollato l'esterno e l'interno della sala dei convegni, un posto che Nick spiegò, veniva spesso usato per riunioni, festeggiamenti e tanti altri eventi.
Nick lasciò il carro alla falegnameria, poi prese per mano Kelly conducendola allegramente tra la folla.
Lui era ilare, parlava e sorrideva con tutti, con chiunque gli capitasse a tiro. Kelly capì che era davvero benvoluto in paese. Una giovane donna lo prese sotto braccio e lo condusse dal dottor Dean, circondato a sua volta da un gruppo di persone. 
Connie la rossa sbucò dal nulla e si palesò davanti a Kelly salutandola amichevolmente e chiedendole:
"Ho saputo che ti sei stabilita a Yellowground. Allora ... è davvero brutto come immagino quel posto?".
"No" le sorrise Kelly "E' solo un po' isolato".
Connie non era vestita da ballerina da Saloon quella sera, ma con un abito ugualmente appariscente.
"Ti ho vista arrivare con Nick McKey. Se sei interessata a lui ti consiglio di tenertelo stretto perchè è molto corteggiato".
Lo indicò con il mento tra il gruppo poco più lontano, ancora con la giovane donna sotto braccio.
Aveva un profilo perfetto, e un sorriso travolgente.
Kelly scosse il capio con una lieve smorfia:
"Non lo so Connie" le confidò "E' tanto caro ma ...".
"Ma non sei attratta da lui" dedosse Connie.
A lei piaceva la compagnia della rossa. Fin dal primo momento che l'aveva conosciuta le andò a genio. Probabilmente un giorno sarebbero diventate grandi amiche. 
Connie si era appena riempita la bocca di tartine quando continuò a dire gesticolando animatamente:
"Nick è troppo socievole e buono. Sicuramente lo vedi di più come un amico che come un futuro compagno".
"Può essere ... si. Anche se è davvero carino".
Kelly era contenta che Connie fosse lì a tenerle compagnia, perchè non conosceva ancora nessuno a RedCity e Nick l'aveva in qualche modo involontariamente accantonata. Si sarebbe sentita a disagio senza Connie vicina. Prese anch'egli l'ennesima tartina e quasi le andò per traverso perchè Angus passò dinnanzi a loro e le lanciò uno sguardo inaspettato ed intenso, prima di uscire dalla sala.
Connie restò a bocca aperta ed assunse un'espressione divertente:
"Mamma mia come ti ha guardata Angus!" esclamò dandole una gomitata complice "Dopo una simile occhiata tu dovresti seguirlo fuori Kelly".
"Non ... avrei nulla da dirgli".
"Non dovevi mica ringraziarlo per averti difesa al Saloon?".
"Già fatto".
Connie le versò rapidamente due bicchieri di liquore e glieli porse:
"Allora portagli semplicemente da bere. Non ti dirà di no. Pensa che io in tanti anni sono riuscita a dirgli quattro parole e solo perchè ero ubriaca".
Kelly non potè fare a meno di ridere. Prese i bicchieri ed uscì a cercarlo. 
Ma di Angus non c'era più traccia. Delusa tornò dentro e riposò i bicchieri. Connie si era allontanata e Nick si avvicinò. Il suo umore era cambiato. Sembrava triste. 
"Che è successo?" gli chiese Kelly preoccupata. 
"Nulla" rispose brevemente lui senza guardarla negli occhi, uscendo.
Lei lo seguì e non appena fu all'esterno lo scoprì in un angolo con la schiena appoggiata alla parete di un edificio vicino, i pollici infilati nella cinta dei pantaloni, il capo chino.
Si avvicinò adagio, chiamandolo debolmente:
"Nick ...". 
Lui alzò il viso, e Kelly si accorse che stava piangendo.
"Ho cercato di non pensarci ..." si giustificò subito lui "Ma poi mi hanno chiesto di mio padre e io forse ... ho realizzato solo ora ...".
Kelly annuì con un sospiro, ricordando:
"Quando è stato ucciso il mio ... non ho avuto il tempo di realizzare. Ho dovuto pensare a come mettermi in salvo per giorni. Una festa non può cancellare il tuo dolore adesso".
Nick si asciugò una lacrima con un polso, sentendosi all'improvviso ridicolo.
Ma Kelly capì che avrebbe pianto a dirotto se non ci fosse stata lei. Gli fece tenerezza e lo abbracciò con affetto.
Nick si aggrappò a lei e la strinse forte a sè.
Oltre la spalla del giovane, Kelly scorse in lontananza la casa dei McKei, e l'ombra di Angus sul terrazzo immobile a guardarli. Poi a capo chino l'ombra si dileguò nella notte.
Kelly lasciò Nick, chiedendogli:
"Ti va di riaccompagnarmi a casa? Sono stanca".
"Certamente"  e insieme si diressero alla falegnameria. 
Nick non era più in vena di corteggiamenti. Lasciò Kelly a Yellowground dicendole che sarebbe tornato da lei l'indomani, per lavorare, poi andò a casa, silenzioso e triste. 
 
Il mattino dopo Nick giunse di buon ora. Kelly aveva appena preparato una limonata e gliene offrì un bicchiere prima che lui prendesse dal carro gli attrezzi di lavoro. 
"Angus si è recato ad Holyland" la informò "Con i soldi di Ruper farà in modo di pagare qualcuno che lo aiuti a portare il corpo di nostro padre a Tombstone". 
Lei ascoltò e la notizia le provocò un brivido.
"Non sarà un compito facile per Angus ...".
"Già ...". 
Nick scolò il bicchiere, poi si mise al lavoro. 
A metà mattinata Kelly lo raggiunse per chiedergli se poteva usare il carro per recarsi un salto in paese a prendere della stoffa: voleva fare delle tende e Nick non le disse di no.
"Sarò qui per l'ora di pranzo" le promise lei "Così cucinerò qualcosa da mangiare anche per te". 
"No dovrai disturbarti" spiegò Nick "Quando lavoro per qualcuno mi porto sempre il pranzo da casa. Darfon non vuole che approfitto dell'ospitalità dei clienti" e le aveva indicato una cesta all'ombra di una pianta vicina.
Così Kelly si recò in paese. Lasciò il carro fuori dall'emporio ed entrò, trovandolo come sempre vuoto.
Prima di chiamare il signor Barrymore nel retrobottega curiosò le varie stoffe. Le sfuggì lo sguardo oltre la finestra e vide  un uomo in sella ad un cavallo nero passare al trotto. 
Lasciò le stoffe per aprire la porta e guardare fuori: Angus smontò da cavallo ed entrò  in casa. 
Il signor Barrymore comparve in quell'istante nella bottega e Kelly comprò in fretta la stoffa che fortunatamente aveva già scelto. Poi attraversò la strada posando gli stivali sul terrazzo di casa McKey.
La voce di Angus si udì all'interno quando lei stava per bussare alla porta rimasta semi aperta.
"Puoi fare meno casino quando arrivi? Butterai giù il terrazzo un giorno o l'altro". 
Kelly ignorò l'affermazione e bussò lievemente facendo capolino.
Angus quando la vide si giustificò subito dicendo:
"Scusami ... Ho visto il carro di mio fratello qui fuori e credevo fosse lui". 
"No ... Nick è a casa mia ... ad aggiustarmi il pavimento". 
Kelly oramai era nel salotto e Angus se ne stava seduto sul divano, con i gomiti posati sulle ginocchia divaricate, tra le mani un vecchio cappello impolverato. 
Lei lo riconobbe quel cappello. 
"A quanto pare sei riuscito a far portare tuo padre a Tombstone".
"Si" Angus posò stancamente il cappello sul tavolino "Il tizio che ho pagato non ha preteso che lo accompagnassi fin là".
"Sei sicuro che arriverà fino a Tombstone?".
"Non credo gli convenga arrivare a destinazione senza di lui" tagliò corto, facendole intendere che lo aveva minacciato "Non ero in vena di molte trattative mentre scavavo in quella fossa". 
"Immagino".
Ci fu un imbarazzante silenzio tra i due: poi Angus si alzò per raccogliere una borsa da cavallo, aprendola e prendendo qualche banconota.
Gliele porse:
"Sono i soldi di Ruper. E' giusto che una parte siano tuoi".
"No Angus. Lo considerate un risarcimento per la perdita di vostro padre. Io non c'entro nulla". 
"Non fare storie" l'ammonì lui mettendoglieli in una mano "Tu c'entri eccome". 
Se non fosse stato per Kelly, i fratelli McKey nemmeno avrebbero saputo che fine aveva fatto il loro padre. Se non fosse stato per Kelly, forse lui stesso non sarebbe stato lì in quel momento: non aveva dimenticato che gli aveva salvato la vita al covo di Ruper, ma Angus era troppo orgoglioso per dirlo. 
Lei accettò il denaro, poi trovò il coraggio di dirgli:
"Non credo che passerò ancora a disturbarti in futuro, Angus ... ma mi farebbe veramente piacere se qualche volta verresti tu ... a disturbare me". 
La guardò negli occhi azzurri e per un attimo si perse in quegli occhi.  Kelly aveva pronunciato quelle frasi con voce tremante e Angus capì che l'invito era dettato da qualcosa di più della semplice cortesia. 
Si sentì lusingato, ma assunse un tono distaccato per difesa:
"E' mio fratello quello interessato a te Kelly. Io ho già fatto abbastanza danni alla mia famiglia". 
Lei si sentì spiazzata dalle sue parole. Non riuscì più a dire nulla.
Lentamente, amareggiata, uscì di casa. 
 
Quando Kelly tornò a Yellowground trovò Nick addormentato sotto l'albero dove probabilmente aveva pranzato. C'era il cesto vuoto accanto a lui e un libro ancora aperto sul suo petto, sopra la camicia quasi completamente sbottonata. 
Prima si soffermò a guardargli il viso rilassato e dolce, poi gli prese il libro per posarlo vicino, leggendone il titolo: "Vento del nord". 
Nick si svegliò in quel momento. 
"Non posso crederci!" esclamò lei stupita "Stai leggendo i miei romanzi! Avevi detto che eri troppo pigro per farlo".
Nick si riprese il libro gelosamente alzandosi. 
"Sono tutti alla biblioteca" farfugliò.
"Sei andato alla bibliteca per cercare i miei libri?".
"Si, e non credevo di trovarli". 
Kelly indicò il romanzo:
"Quello è il n. 10. Non dirmi che ne hai letti già nove".
Nick si accarezzò il capo a disagio:
"Li ho letti". 
All'improvviso a lei venne da ridere, ma il ragazzo era serio, mentre chiese rivolgendosi al libro che aveva in mano:
"Kelly ... davvero hai visto tutta questa gente morta? Intendo ... la tribù Cherrokee". 
Anche lei si fece seria.
"Si, l'ho vista".
Lui cercò i suoi occhi e quando li trovò le disse:
"Hai provato a salvarli ... ti stimo per questo". 
"Non ci sono riuscita".
L'argomento la stava turbando molto.
Nick posò il libro a terra, poi sollevò una mano per accarezzarle una guancia.
La guardò dolcemente e si avvicinò ancor più a lei.
"Ho letto come è stato ucciso tuo padre. Indiani ... Pawnee per la precisione".
Giunse a cingerla alla vita, attirandola a sè.
Kelly era imbarazzata, ma sentì il calore che emanava il suo corpo. Abbassò lo sguardo sulla sua camicia aperta, sul suo petto liscio ed abbronzato. Nick le sollevò il mento con un dito. 
Poi socchiuse gli occhi, prima di baciarla. Sentì le sue labbra consensenzienti, e continuò a baciarla con una tenerezza infinita. Kelly gli tuffò le mani nei capelli dalle morbide onde fanciullesche, appoggiandosi a lui, e per un attimo desiderandolo. Ma poi tentò di ritrarsi, lasciando la sua bocca e accorgendosi che lui era già in balìa di una passione incontrollabile. 
"Nick ... no" riuscì a sussurrare lei. 
Nick non la lasciò. Nemmeno la sentì. Kelly dovette indietreggiare, lasciandolo. 
Finalmente lui capì, e fece un sospiro esasperato.
"Mi dispiace tanto Nick ... " mormorò la donna passandosi nervosamente una mano tra i lunghi capelli. 
"Non dirmi che c'entra mio fratello" fece lui. 
"No ..." e si accorse che stava mentendo. 
Ma non gliel'avrebbe detto. 
Dopo la frase udita da Angus, non avrebbe messo in cattiva luce il fratello agli occhi di Nick. 
E nemmeno si sarebbe messa a fargli la corte dopo aver chiarito la situazione. 
Angus la intrigava, ma non era questo il periodo per dimostrarglielo ancora.
"Tu mi piaci Nick ..." tentò di giustificarsi lei, prendendo spunto dalle parole di Connie la rossa "Ma ti vedo più come un amico che come un compagno. Un amico speciale ... che non intendo illudere". 
Kelly pensò che se non avesse conosciuto Angus, forse si sarebbe concessa a Nick.
Lo vide rassegnarsi, mentre si allacciava la camicia. 
"Non importa ..." disse semplicemente lui, ma con il broncio.
"Mi dispiace ...".
"Ho detto che non importa".
Raccolse le sue cose per riporle sul carro, allontanandosi la lei.
Kelly si sentì triste: forse l'avevo perso pure come amico.
Ma Nick si voltò e le fece un sorriso di conforto dicendole:
"Pretendo una torta quando ho finito di sistemarti anche i serramenti. Ma non dovrai dirlo al signor Darfon, chiaro?". 
Kelly sorrise, dopo aver fatto un sospiro di sollievo.
"Non sono capace di fare di torte, ma giuro che ce la metterò tutta". 
Nick scosse il capo ridendo. Non era più imbronciato, ma ilare come sempre. 
La guardò mentre saltellando lo raggiunse, prendendo le stoffe dal carro, poi si mosse per rimettersi al lavoro, contento di non aver almeno rovinato la loro amicizia.

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Capitolo 2
*** Aspide ***


"Buongiorno Kelly. Ho molto da fare stamattina ... può passare dallo sceriffo per favore?".
Oramai era diventata un'abitudine. Quando Kelly passava dinnanzi al Saloon, Bill ne usciva per bloccarle la strada e per chiederle di portare il cesto della colazione all'ufficio dello sceriffo. 
Utilizzava addirittura le stesse frasi e immancabilmente Kelly rispondeva di si.
"Va bene Bill. Torni pure al suo lavoro. Ci penso io".
Con la spesa da una parte e il cesto dall'altra, Kelly si diresse alla prigione in fondo al paese. 
Diede come al solito un'occhiata alla casa dei McKey vicina, poi entrò nell'edificio.
"Buongiorno sceriffo Perkins" salutò la donna e l'uomo si alzò dalla scrivania per andarle incontro a prendersi il cesto.
"Anche stavolta Bill ha mandato voi ... dovrò parlargli uno di questi giorni".
"Non importa sceriffo. Non mi dispiace passare di qui". 
L'uomo fece un sorrisino sotto i baffi brizzolati:
"Una fortuna che questa prigione confini con la casa di Angus, non è vero?".
Non era la prima volta che lo sceriffo faceva battute a riguardo: da tempo si era accorto dell'interesse della donna nei confronti di McKey. Ma ogni volta Kelly negava. 
"Mi piace vedere i manifesti dei ricercati" disse lei avvicinandosi alla parete tapezzata di carta. 
Ce n'era uno fresco fresco quella mattina. Kelly lo guardò attentamente. Il viso del bandito raffigurato era semi coperto da un fazzoletto ma lei lo riconobbe. Un brivido la percorse.
"Questo è l'ultimo bandito da rinchiudere?" chiese senza staccare gli occhi dal foglio appeso.
"Rinchiudere?" ripetè beffardo lo sceriffo mentre mangiava alla scrivania "Quello bisognerebbe impiccarlo. Aspide si fa chiamare ed è il nome giusto. Striscia sotto le mani di tutti gli sceriffi ed è velenoso come un serpente". 
La taglia stampata diceva tremila dollari. 
"E' stato visto nel territorio di mia competenza" continuò Perkins irato "E mi toccherà dargli la caccia". 
"Io l'ho già visto quest'uomo" disse finalmente Kelly togliendo lo sguardo dal manifesto "Tempo fa, tra Holyland e RedCity". 
"Può darsi ..." sorvolò Perkins "Sto aspettando i miei uomini per dare un'occhiata in giro. Se lo troviamo, lo rivedrà in quella gabbia, prima che venga portato a Riverton per essere impiccato. Ha rapinato banche, diligenze, rubato bestiame e lo accusano perfino di omicidio. Date retta a me ... non appena giungete a casa, sprangate porta e finestre". 
Kelly guardò la prigione in fondo alla stanza, ancora vuota, poi si diresse all'uscita.
"Arrivederci sceriffo" lo salutò senza aggiungere altro, poi si avviò verso casa.
 
Non si era ancora decisa a comperare un cavallo e Kelly continuava a fare a piedi la lunga strada che separava RedCity da Yellowground. Superato il ranch dei McDonald, che si trovava nel mezzo, sapeva di essere quasi a casa.
Quando arrivò, posò la spesa sul tavolo e sprangò la porta. 
Non aveva paura per ciò che le aveva detto Perkins, ma preferì non rischiare.
Pochi istanti dopo udì lo scalpitìo di diversi cavalli fuori e la voce dello sceriffo chiamarla:
"Kelly Joe esca per favore!".
Lei guardò prima dalla finestra, poi apparì sul portico.
"Abbiamo appena saputo che Aspide si aggira qui intorno ..." comunicò Perkins circondato dai suoi uomini.
"Io non ho visto nessuno" fece lei. 
"Continueremo per questo sentiero per vedere se ci sono tracce, poi torneremo a farle visita" la rassicurò lui "Nel frattempo stia chiusa in casa". 
Kelly annuì e li guardò allontanarsi, poi rientrò, richiudendosi la porta alle spalle.
Aprì il primo cassetto della credenza per controllare che la sua pistola fosse ancora lì, poi iniziò a mettere al posto la spesa.
Quando si voltò ebbe un sobbalzo perchè un uomo era fermo al centro della stanza.
Kelly rivide dinnanzi a sè la faccia sul manifesto e non appena realizzò, indietreggiò lentamente verso il cassetto che aveva aperto poco prima.
"Non lo farei se fossi in te" l'avvisò l'uomo in tono severo.
Ma Kelly non lo ascoltò ed aprì il cassetto. Era quasi riuscita a prendere la propria arma, quando lui le fu addosso cingendola da dietro e allontanandola dalla credenza.
Alla donna sfuggì un grido e Aspide le tappò la bocca con una mano, facendola respirare appena.
"Non gridare" le ordinò all'orecchio "Se stai buona, io ti lascio". 
Kelly tentò di far si con il capo.
Lui le liberò la bocca voltandola per guardarla in viso.
Aspide non aveva la faccia semi coperta dal fazzoletto, e lei per un attimo s'incantò a fissargli gli occhi verdi e la corta barba scura. 
Il bandito le fece un mezzo sorrisino ironico:
"Ci rincontriamo".
Kelly si liberò dalle sue mani forti con uno strattone e rimase ferma a testa alta ad affrontarlo:
"Che diavolo vuoi da me?".
Aspide si spostò lievemente a guardare oltre la finestra, tenendola ugualmente sott'occhio.
"Non è carino che una signorina imprechi" disse beffardo, poi aggiunse tornando serio e rivoltandosi "Un cavallo". 
"Non possiedo cavalli". 
"Qualcuno qui intorno?". 
"Nessuno". 
Il bandito perse la pazienza che fin'ora lo aveva tenuto calmo. Tirò fuori la pistola e gliela puntò contro:
"Non dire le bugie". 
Kelly non si fece intimorire e spiegò:
"Non c'è nessuno qui intorno". 
"Vorrà dire che mi condurrai da qualcuno, e alla svelta".
Si allungò per afferrarle un braccio e spingerla verso la porta.
Lei protestò:
"Lo sceriffo tornerà indietro da un momento all'altro, non ...".
"Zitta" la interruppe lui concendola sul portico e poi sul sentiero, tenendole la pistola puntata al fianco "Prima mi condurrai da chi possiede un cavallo e prima ti lascerò libera, quindi smettila di blaterale e inizia a farmi da guida". 
S'incamminarono verso RedCity. Il primo posto che avrebbero incontrato, pensò Kelly, sarebbe stato il ranch dei McDonald.
Aspide la faceva camminare davanti, tenendola sotto tiro. Nel frattempo le ammirava il portamento fiero, e le curve armoniose. "Gran bella preda" pensò. 
Giunsero al ranch e Kelly glielo indicò:
"Il ranch dei McDonald" disse. 
S'intravedevano i recinti,  un uomo in sella ad un cavallo, la casa e capi di bestiame sparsi.
Aspide afferrò ancora Kelly costringendola a camminare al suo fianco a passo svelto.
"Avevi detto che mi avresti lasciata libera" protestò lei irata.
"Quanti sono in famiglia?" chiese lui ignorando la sua affermazione.
Kelly non rispose.
"Ti ho fatto una domanda".
"Ci sto pensando" fece nervosamente Kelly "In cinque mi sembra ... più due bambini".
Ormai vicini, Aspide addocchiò un paio di cavalli legati all'esterno dei recinti.
Se l'uomo a cavallo si sarebbe voltato, li avrebbe visti arrivare.
"Sei in grado di legare una sella ad una groppa?". 
Alla domanda del bandito Kelly s'irritò:
"Per chi mi hai preso? Per una donzella da sala da the? Certo che ne sono in grado!".
"Allora dimostramelo. Là c'è una sella, e lì c'è un cavallo". 
Le indicò la sella lasciata su di un recinto, poi sollevò la pistola: per obbligarla ad ubbidire, e per difendersi non appena l'uomo poco lontano li avrebbe scoperti. Aspide aveva notato che era armato di cinturone e pistola. 
"E cerca di fare più in fretta che puoi" aggiunse.
Kelly si mosse a prendere la sella, la mise sul cavallo e con fare esperto iniziò ad allacciare le cinghie.
Lo scalpitìo del cavallo diventato nervoso attirò l'attenzione dell'uomo all'interno del recinto.
Si voltò e dopo aver visto la coppia voltò con uno strattone improvviso il proprio cavallo.
Aspide si mosse lesto. Sciolse le redini e montò in sella allungando una mano a Kelly.
"Monta!" le ordinò, faticando a trattenere l'animale.
"No". 
L'uomo nel recinto estrasse la pistola galoppando nella loro direzione.
Il bandito non ebbe più tempo. Si voltò sulla sella puntando la sua arma e facendo fuoco sul cowboy, che venne disarcionato cadendo rovinosamente a terra.
Kelly rimase a bocca aperta, allibita.
"Monta ti ho detto!" la incitò più severamente Aspide, tendendole di nuovo la mano.
Lei esitò, poi vide la signora McDonald sulla soglia di casa con i due bambini dietro la gonna: imbracciava un fucile e la sentì gridare:
"Ladri assassini!". 
Sparò, e Kelly fu costretta a prendere la mano di Aspide, salendo con lui sul cavallo dietro.
Un altro colpo partì dal fucile della donna. 
Kelly dovette aggrapparsi alla vita del bandito perchè il cavallo, spaventato, s'impennò prima di partire al galoppo. 
Un ultimo sparo e i due erano già dietro la collina. 
 
Aspide si allontanò il più possibile, ma con due persone in sella, l'animale non potè fare molta strada. 
Quando rallentò, Kelly tirò un sospiro di sollievo. 
"Voglio scendere" disse. 
Lui dovette fermare il cavallo completamente perchè la donna saltò giù con un balzo.
"L'hai ucciso!" lo aggredì subito Kelly, mentre anche lui smontava "L'hai ucciso per un cavallo!".
"No. L'ho ucciso perchè ci avrebbe sparato addosso".
"Non potevi semplicemente minacciarlo?".
Aspide s'incamminò tirando appresso l'animale. Kelly restò immobile e il vento della prateria le passò tra i capelli e le vesti.
"Muoviti" le disse lui senza voltarsi.
"A che ti servo ancora? Non sei un uomo di parola!". 
"Non lo sono mai stato. Tu comunque sei bugiarda e disubbidiente". 
Kelly lo seguì a pugni stretti. 
"Voglio tornare a casa!". 
"No. Almeno fino a quando sarò fuori dalla giurisdizione dello sceriffo Perkins". 
"Cosa?".
Aspide si voltò appena a guardarla:
"Hai sentito bene ... Kelly Joe". 
Lei restò sorpresa nel sentire il proprio nome.
"Come sai come mi chiamo?" poi riflettè velocemente "Ah già ... lo sceriffo a casa mia".
"No. L'ho letto sull'atto di vendita di casa tua ... qualche tempo fa". 
Ancora più sorpresa, Kelly gli chiese:
"Ti sei ricordato il mio nome da quel giorno?". 
"Non solo il nome, anche l'indirizzo". 
"E quindi sapevi benissimo che c'ero io in quella casa".
"Se invece di nascondere i tuoi risparmi avessi nascosto quell'atto, forse oggi non mi sarei nascosto proprio a casa tua". 
Kelly assunse un'espressione di cera. Non credette alle sue orecchie.
Camminava al fianco di lui, togliendosi nervosamente i capelli che il vento continuava a sbatterle sul viso.
E non riuscì più a dire nient'altro. 
Il sole le batteva caldo sul capo, e lei maledì di non avere il suo cappello in testa.
Nemmeno Aspide parlò ancora, per più di un'ora di cammino. 
Poi avvistarono una vecchia stalla e si diressero là. 
Non appena fu all'ombra, Kelly si lasciò cadere a terra, esausta, posando la schiena ad una mangiatoia, chiudendo gli occhi per un istante. Quando li riaprì vide il bandito raccogliere una corda in un angolo e avvicinarsi a lei.
"Che hai intenzione di fare?" gli chiese preoccupata.
Aspide le s'inginocchiò di fronte:
"Legarti".
"Non è necessario. Sono talmente stanca che non andrei da nessuna parte".
Ma l'uomo le circondò la vita con la corda, poi le mani e infine la legò al recinto vicino alla mangiatoia.
Kelly lo aveva guardato bene da vicino mentre la stava legando. Il suo cappello a larghe tese che teneva basso sul viso a malapena le faceva vedere i suoi occhi verdi, e i capelli corvini lunghi fino alle spalle gli davano un tocco selvaggio. 
Aspide si sentì osservato per tutto il tempo. Era evidente che la donna era attratto da lui, ma per il momento non intendeva verificarlo. La lasciò sola, poi uscì dalla stalla, risalì in sella al cavallo e si allontanò al galoppo.
Ovviamente Kelly tentò invano di liberarsi, ma i nodi erano troppo stretti. 
Il tempo trascorse lento e alla fine si addormentò. Quando si destò, si accorse che il bandito non era ancora tornato. Cominciò a pensare che forse lo sceriffo lo aveva catturato e andò nel panico immaginando che nessuno l'avrebbe mai cercata lì, in una vecchia stalla abbandonata. Con un enorme sforzo tentò ancora di liberarsi, imprecando duramente contro la corda. Riuscì solo a girarsi lievemente e a dare calci alla mangiatoia. 
Finalmente il portone si aprì e vide comparire Aspide tirandosi appresso il cavallo all'interno.
"Dove diavolo eri finito?" sbottò lei. 
"Hai temuto per la mia incolumità?".
"No. Per la mia!" gli rispose pronta Kelly.
Aspide fece un tiepido sorriso appoggiando a terra una sacca da cavallo e una borraccia. Poi si spostò a slegarla. 
"Dimmi quanto manca al mio rilascio perchè non so fino a quando potrei sopportare questa situazione" fece Kelly massaggiandosi le mani intorpidite.
"Sei in gamba" le rispose lui "Non strilli, non piagnucoli e non mi riempi d'insulti. Direi che te la stai cavando benissimo". 
"Per gli insulti ... aspetta a dirlo". 
Lo guardò mentre apriva la sacca e ne tirava fuori del cibo. 
"Dove hai trovato questa roba?". 
Aspide non le rispose e le passò della carne secca che lei afferrò bruscamente.
"Non intendo essere legata di nuovo, chiaro?".
"Non sei tu che decidi. Non alzare troppo la cresta". 
Il tono della sua voce era basso, appena udibile, e Kelly si trattenne dal cominciare ad insultarlo.
Mangiò ancora qualcosa, poi bevve avidamente un lungo sorso d'acqua dalla borraccia.
Per Aspide non c'era più tempo da perdere. Si alzò a caricare la borsa sul cavallo, la corda e la borraccia.
Stancamente Kelly lo seguì fuori.
"Cavalcheremo" l'avvisò facendosi da parte per farla salire in sella.
L'idea di guardarle le gambe mentre montava a cavallo gli piaceva. 
E lei ubbidì, per niente a disagio quando la gonna le si alzò.
Peccato, pensò Aspide, che non aveva tempo per sedurla. 
Salì dietro di lei, e per non pensarci spronò subito il cavallo.
 
La prateria divenne ancor più desertica. Non si vedevano altro che colline vuote e qualche albero sparso qua e là. Il sole si era spostato alle loro spalle, e il corpo di Aspide faceva ombra su di lei. Kelly si sentiva il viso arrossato, e spesso stanca. A volte si abbandonava davanti a lui, lasciandosi cullare dal passo lento del cavallo, appoggiandosi al suo petto che profumava di cuoio. 
"Il tuo manifesto non ti rende giustizia" parlò dopo tanto silenzio. 
"Ah no?".
Anche Aspide si sentiva annoiato e udirla dire qualcosa lo risvegliò dal suo torpore.
"Sembri molto più cattivo ...". 
"A quanto sta la mia taglia adesso?".
"Tremila dollari".
Kelly lo sentì fare un fischio lieve:
"Caspita ...". 
Ci fu ancora silenzio tra loro, poi Kelly osò chiedergli:
"Come ci si sente a dover sempre fuggire per non morire?".
"Sempre all'erta". 
"Ce l'hai un nome vero?".
"Si, ma non ti serve saperlo".
Kelly rinunciò a fare conversazione.
Forse era troppo stanca per combattere con lui. 
"E tu ce l'hai un uomo?".
La sua inaspettata domanda la fece trasalire, ma rispose sincera:
"No". 
"Una zitella dunque".
Kelly s'infuriò:
"Non sono una zitella!".
Si voltò addirittura a guardarlo in viso e incontrando il suo sguardo canzonatorio non si sentì meglio. Tornò a dargli le spalle:
"Tu non sai niente di me!". 
Aspide tacque, ma dopo un breve attimo disse ancora:
"Sei comunque una zitella". 
Ricevette una forte gomitata nello stomaco. 
Anche se stavano giocando, il bandito la rimproverò:
"Non rifarlo".
Kelly ubbidì, stanca e incredibilmente paziente.
 
La donna si era appena appisolata tra le sue braccia quando Aspide decise di farla scendere. L'aiutò a smontare da cavallo, ancora intontita:
"Non ti legherò stavolta" le disse "Ma dovrai promettermi che rimarrai sotto questo grande albero ad aspettarmi". 
Kelly si guardò attorno e non vide altro che prateria deserta.
"Tu sai dove siamo vero?" gli chiese.
"Perfettamente" la tranquillizzò. 
"Bene, perchè mi sto fidando del tuo orientamento".
Il bandito stava ancora attendendo una sua conferma.
Lei stancamente gli rispose seccata:
"Dove credi che io scappi? Non so più dove sono e non saprei dove andare".
Aspide annuì poi galoppo via. 
Kelly si sedette esausta, ma quando si rese conto di essere finalmente sola, ritrovò lucidità.
Avrebbe potuto fuggire. Forse lui l'aveva lasciata lì di proposito, o forse la stava solo mettendo alla prova.
E' vero che non sapeva dove si trovava, ma se avrebbe riflettuto un attimo, non avrebbe fatto fatica guardando il sole che stava calando, a sapere la direzione da prendere. Iniziò a camminare avanti e indietro, intorno all'albero, indecisa sul da farsi. 
Fece in tempo a soddisfare i suoi bisogni, poi quando decise di avviarsi, vide Aspide tornare. 
Si sentì avvilita e tanto tanto stupida. 
Lui lasciò il cavallo per sedersi sotto l'albero. Svuotò le tasche, contando banconote.
Era evidente che le aveva appena rubate.
"Come sai dove c'è vita in questo posto deserto?" gli chiese allibita lei.
Il bandito le indicò un punto lontano:
"Là in fondo passa la strada principale". 
E Kelly si sentì ancor più stupida. 
"Hai rapinato un'altra diligenza?".
Aspide lisciò i dollari senza risponderle.
Tra i soldi c'era anche una catenina d'oro che con le dita respingeva ogni volta che gl'intralciava il denaro.
Alla fine la sollevò ammirandola alla luce. Ne pendeva un ciondolo con la lettera A che oscillava sotto la sua grande mano.
Poi la racchiuse con un solo gesto in un pugno, rialzandosi soddisfatto.
"Muoviamoci. Tra poco sarà notte". 
E Kelly sospirò amareggiata. 
 
La notte era giunta e solo la luna piena illuminava la loro via.
Finalmente Aspide avvistò una fattoria abitata e silenziosamente si fermò accanto al fienile.
Ne aprì adagio l'enorme portone, invitando Kelly ad entrare, e portando dentro anche il cavallo.
Gli diede da bere, poi si tolse cappello e stivali sdraiandosi sul fieno. Kelly lo imitò, chiudendo gli occhi.
Erano distesi supini in fondo al fienile. Il chiarore della luna che entrava da una finestra  lasciava che i due si vedessero, seppur poco..
Kelly lo chiamò piano e con un filo di voce:
"Aspide".
"Mm". 
"Come sei diventato un fuorilegge?".
L'uomo si voltò sul fianco, appoggiando il capo sotto un suo braccio, cercando di vederla, mentre spiegò: 
"Avevo sedici anni quando ho rubato per la prima volta. Ci lavoravo in quell'emporio. Mi sono ritrovato senza lavoro e con la reputazione rovinata". 
"E perchè lo hai fatto?". 
"Perchè avevo freddo" sorrise lievemente nel dirlo poi aggiunse "E perchè il padrone dell'emporio era un vecchio taccagno che mi sfruttava pagandomi una miseria". 
"Non poteva andare diversamente?".
"Certo. Avrei potuto farlo fuori quel taccagno ...". 
Kelly rise, il più adagio possibile. 
Stavano parlando sottovoce, per il timore che qualcuno potesse sentirli. 
Aspide provò una sensazione strana sentendo la sua risata sommessa. 
Era la prima volta che un suo ostaggio rideva ad una sua battuta.
Sollevò il capo puntellandosi con un gomito e la guardò distesa supina sul fieno. 
"Tu non sembri un ostaggio" disse, e si accorse che stava dicendo ciò che stava pensando. 
Kelly voltò lievemente il viso a cercare i suoi occhi:
"So addattarmi a qualunque situazione" spiegò "E' un buon metodo per salvarsi la pelle". 
La sua presunzione lo irritò un poco.
Il bandito assunse un tono diverso, mentre le chiese con voce calda togliendosi la camicia e stendendola sul fieno sotto di lui: 
"Cosa faresti se volessi approffittare di te ora, con la forza?". 
Kelly si portò le mani sopra la testa, e impassibile rispose:
"Probabilmente non mi metterei a gridare rischiando di svegliare qualcuno e beccarmi una pallottola nel cuore della notte".
Aspide pensò che quella donna era davvero intelligente. Non ci sarebbe stata nessuna soddisfazione nel prenderla con la forza: gli sarebbe piaciuto conquistarla lentamente, far si che lei gli cadesse tra le braccia perchè lo desiderava, e non per adattarsi alla situazione. 
"Hai mai pensato di costituirti e rifarti una vita?".
Alla sua domanda, lui abbassò lo sguardo:
"E' troppo tardi ... se mi prendono m'impiccano". 
Kelly si girò sul fianco avvicinandosi un po' di più a lui. 
Nella penombra gli scrutò il viso dai lineamenti mascolini, il naso sottile e perfetto, le labbra carnose tra la barba. Sollevò una mano per spostargli delicatamente i capelli neri dalla fronte:
"Sai ...E' un vero peccato che tu sia un bandito". 
Al diavolo! Imprecò lui dentrò di sè. Se lei continuava a comportarsi così, lui l'avrebbe rivoltata sul fieno e fatta sua andando contro i suoi propositi. 
L'eccitazione gli premette contro i pantaloni e il respiro gli si accellerò. 
Quella donna era talmente forte che avrebbe potuto dominarlo anche a letto. 
Una cosa allettante, ma poco maschilista.
E Kelly si era persa nel suoi occhi verdi, che all'improvviso erano nel panico. 
Si accorse di averlo turbato. Ritirò la mano con cui era arrivata al punto di accarezzargli una guancia, dicendogli:
"Non volevo provocarti ... scusami".
"Lo hai già fatto" fu la risposta secca di lui. 
E' vero. Kelly se ne rese conto. Ma Aspide era così affascinante, con un corpo così virile ... 
Maledì i suoi pensieri osceni. E maledì lui per averle dato della zitella. Era una zitella: una zitella che ardeva di avere un uomo accanto. Si sedette sul fieno, dandogli le spalle, pensando che non sarebbe riuscita a dormire accanto a lui, nonostante la stanchezza. 
E vide calare dinnanzi al proprio viso il ciondolo con la A. Sentì il metallo freddo posarsi sul suo collo, poi le sue mani grandi che le spostarono dolcemente i capelli e aspettò che lui glielo allacciasse dietro. 
Kelly sentì un brivido percorrerla in tutto il corpo. Toccò il ciondolo e si voltò a lui disperata. 
Fece per alzarsi ma lui l'afferrò per la vita, attirandosela vicina e ritrovandosi ad un soffio dalle sue labbra. 
Le sue mani sottili e bianche si posarono sul suo torace abbronzato: il tocco e il contrasto lo fecero impazzire. 
La baciò con prepotenza, invadendole subito la bocca facendola gemere, togliendole il respiro.
Le strappò il vestito per liberarle i seni e stringerli sotto le proprie mani. Le premette la parte eccitata contro il bacino, facendole capire quanto la desiderasse.
Kelly combattè a suo agio contro la forza di lui, ad armi pari. Gli leccò spudoratamente il petto, i capezzoli, gli percorse i muscoli tesi sfiorandoglieli con i polpastrelli, sentendolo vibrare sotto il suo tocco. E lasciò che lui l'adagiasse sul fieno, che la sormontasse con il corpo bruciante.
Non ricordò l'ultima volta che aveva fatto l'amore, ma si chiese perchè la passione che la stava travolgendo in quel momento non era sbocciata con Nick McKey. 
Aspide la fece sua, e fu impetuoso, passionale. La fece godere diverse volte prima di accasciarsi su di lei accaldato e completamente appagato. Tutta la sua forza poi si spense, rimanendo inerte con il capo sul suo seno, addormentandosi nella pace più assoluta mentre lei gli accarezzava pigramente i lunghi capelli. 
Kelly riuscì a riposare molto dopo, perchè all'improvviso non si sentì più la donna forte di prima. 
 
Il sole entrò dalle fessure del fienile e la svegliarono. Si mise seduta alla ricerca di Aspide e lo trovò poco più lontano, ad infilarsi gli stivali in fretta. 
"Abbiamo dormito troppo" le disse lui sottovoce "Dobbiamo andarcene, e alla svelta". 
Si udirono passi avvicinarsi ed il portone si spalancò.
Il sole accecò di colpo Kelly che dovette abbassare lo sguardo.
Un contadino entrò appoggiando ignaro una forca alla parete di legno. 
Poi vide la donna sul fieno, quasi svestita e spalancò la bocca sorpreso:
"Che mi prenda un colpo!" esclamò, poi un tonfo e cadde a terra. 
Dietro di lui, Aspide lo aveva colpito con il calcio della pistola. 
Kelly si ricompose il vestito e si avvicinò al contadino svenuto controllando la ferita. 
"Lo hai quasi ammazzato!" disse in preda al panico. 
"Andiamo!" ordinò il fuorilegge prendendo le redini del cavallo.
Lei restò immobile e lo sfidò:
"No. Sono stanca di seguirti". 
Aspide l'afferrò brutalmente e la spinse fuori dal fienile:
"Non metterti a fare storie adesso".
La issò sul cavallo, poi salì velocemente dietro di lei dando un colpo di staffe alla pancia dell'animale.
Kelly era infuriata:
"Quel contadino era disarmato. Non era necessario dagli una botta in testa". 
"Oh piantala!" l'ammonì lui zittendola.
Dopo un lungo pezzo di strada, giunsero alla riva di un fiume. Aspide fermò il cavallo, smontò e tirò giù la donna facendola quasi cadere. Di pessimo umore le disse:
"Se vuoi rinfrescarti fallo! Ma in fretta". 
Lei alzò il mento in segno di sfida. Non s'incamminò verso il fiume, ma dalla parte opposta.
"Dove credi di andare?" le urlò dietro lui.
"A casa!". 
Kelly udì i passi di Aspide raggiungerla. La caricò sulle spalle in malomodo e lei gridò:
"Lasciami vigliacco!".
"La tua tattica di adattarti alle situazioni è sparita? Non hai ancora visto con chi hai a che fare tu". 
La condusse al fiume poi la gettò letteralmente nell'acqua. 
L'impatto la fece gridare ancora, prima di rialzarsi seccata e completamente fradicia.
"Va' al diavolo!" gli urlò contro.
Lui se ne stette sulla riva con le mani ai fianchi, a punzecchiarla:
"Credevo di averti soddisfatta stanotte. Come mai sei così nervosa?". 
"Non voglio più avere niente a che fare con te!" le rispose arrabbiata Kelly uscendo faticosamente dall'acqua. Il vestito le si era appiccicato addosso.
Non voleva affezionarsi ad un uomo simile, ad un fuorilegge. Ogni volta che pensava alla loro notte di passione sentiva ancora i brividi di eccitazione. E questo la stava distruggendo.
All'improvviso scorse lontana una diligenza. Stava passando sulla strada principale e Kelly si mise a correre più che poteva, agitando le braccia e gridando per attirare la sua attenzione. 
Aspide imprecò, poi montò a cavallo e la raggiunse in un batter d'occhio. L'atterrò rismontando da sella mentre l'animale era ancora in corsa.
Caddero rovinosamente tra l'erba. Lui le salì sopra, tappandogli la bocca con una mano. 
Kelly, distesa, spalancò gli occhi incontrando i suoi, socchiusi dalla rabbia.
"Non darmi più noie donna perchè potrei arrabbiarmi sul serio" le sussurrò a denti stretti. 
Poi le lasciò libera la bocca.
"Lo sceriffo Perkins è un uomo vecchio e stanco" disse, più calma "Non ti darà la caccia fino al confine. Lasciami andare Aspide ...". 
Alla sua supplica, lui si riaddolcì. Abbassò lo sguardo sui suoi seni, che al ritmo del suo respiro si abbassavano e si alzavano velocemente. 
"Non posso" rispose in un sussurro. 
Esasperata, Kelly si abbandonò sotto di lui. Aspide posò la fronte sul suo petto, inerte.
E lei gli cinse il collo, abbracciandolo e stringendolo a sè. 
"Ti detesto per quello che sei ..." gli mormorò, poi lo vide ritrarsi, prendere le sue mani dolcemente e portandogliele sopra la testa, inchiodandogliele sull'erba.
La baciò con ardore, contraccambiato, poi si staccò dalle sue labbra per dirgli con un filo di voce:
"E tu mi stai portando sulla forca ...". 
Dovette fare uno sforzo per alzarsi e tenderle la mano:
"Coraggio" la invitò  "Non manca molto. Poi ti lascerò andare". 
 
BrightHomes. Il cartello di legno sulla strada in cima alla collina aveva scolpito il nome dell'aglomerato di case stotto di loro. Aspide prese qualche banconota e le diede a Kelly:
"Tieni. Vai all'emporio e compera cibo e coperte. Ci serviranno per accamparci all'aperto". 
Lei lo fissò esterefatta:
"Mi lasci scendere in paese da sola?".
"Si". 
"Potrei non tornare più ...". 
Aspide guardò oltre la piccola valle e indicò un punto lontano:
"Io ti aspetterò là". 
"Potrei non tornare più" ripetè lei. 
"Tornerai". 
"Come fai a dirlo?". 
"Perchè se no torni verrò io a riprenderti, anche se sarebbe un'inutile perdita di tempo". 
Lui si mosse sul cavallo, aggiungendo:
"Non ci sono sceriffi o uomini di legge laggiù, solo gente semplice. Non sprecare il fiato a raccontargli qualcosa". 
"Tremila dollari potrebbe far comodo anche alla gente semplice". 
Ebbe l'ultima parola, e Kelly si avviò lentamente a scendere la collina.
 
Comprò il cibo e le coperte. 
Incontrò pochissime persone che la guardarono sospettose e diffidenti.
Questo la fece desistere dal raccontare con chi stava e dal nascondersi in paese. 
Aspide l'avrebbe trovata in un batter d'occhio e si sarebbe arrabbiato. 
Risalì la collina dalla parte opposta, arrabbiata con sè stessa perchè stava tornando da lui. 
Lo raggiunse nel punto stabilito e gli consegnò le coperte. Lui le legò alla sella con la corda mentre lei riempì le borse di cibo.
Poi scorse una sua mano con il palmo rivolto verso l'alto che aspettava.
"Che cosa vuoi?" gli chiese lei a muso duro, ancora infuriata.
"Il resto".
"Và al diavolo" fu la sua risposta.
Aspide ridendo la invitò a risalire a cavallo.
 
Quando scese la sera il fuorilegge decise di accamparsi tra diroccati muri di un rudere senza il tetto.
Dopo aver cenato, la temperatura scese notevolemente e Kelly iniziò a sentire freddo. 
Si spostò a raccogliere rami secchi.
"Che cosa stai facendo?" le chiese Aspide, seduto sulla sua coperta.
"Voglio accendere un fuoco".
"Niente da fare. Attira l'attenzione".
Kelly mollò i rami a terra, esasperata. 
Tornò a sedersi accanto a lui.
Lo guardò mentre stava pulendo la sua pistola.
"Io non credo che lo sceriffo Perkins ti stia seguendo fin qui".
"Gli sceriffi sono molto prevedibili. Per questo sono convinto che Perkins mi sta alle calcagna. Ma non ci sono solo uomini di legge Kelly ... dimentichi i cacciatori di taglie". 
Già. Non ci aveva pensato ... i cacciatori di taglie. 
Kelly si rannicchiò le ginocchia sotto il mento.
"Potresti tagliarti la barba e i capelli, utilizzare un nome tuo, trovare lavoro in un ranch sperduto nel nulla e avere una vita normale". 
Aspide alzò lo sguardo dalla sua arma e la fissò per un istante negli occhi azzurri. 
"Perchè ti sta così a cuore il mio futuro?". 
La domanda la prese in contropiede e lei si strinse nelle spalle non sapendo cosa rispondere.
"Ti turba l'idea di vedermi penzolare un giorno da una corda?".
"Può darsi ...". 
Aspide ripose la sua pistola, poi si sdraiò nella sua coperta, in silenzio. 
Kelly lo imitò, vicina a lui. Lo cinse alla vita, accostandosi al suo petto, mentre lui le circondava le spalle in un abbraccio.
Sentì l'odore della sua pelle riempirle le narici: un odore di cuoio e polvere da sparo.
"Domani ..." disse piano lui "Domani potrai tornare a casa". 
Il cuore di Kelly prese a battere più veloce. 
Una bella notizia, se non fosse per il fatto che poi non l'avrebbe più rivisto. 
Aspide si scostò per sollevarle delicatamente il mento e guardarla in viso: 
"Ehi ... come mai non ti sento esultare?". 
Kelly decise di essere sincera:
"Credo che mi mancherai ...". 
Lui rise piano, tenendola stretta a sè, poi si sollevò per toccarle il ciondolo d'oro che aveva al collo. L'iniziale del suo nome sulla sua pelle lo rese fiero:
"Anche tu ..." mormorò.
Le scostò i capelli spettinati dal viso, accorgendosi che quella donna lo stava in qualche modo annientando, poi scese a baciarla a piccoli sorsi, guardandola ogni volta chiedere gli occhi e perdersi. 
Sentì un improvviso rumore sospetto e Aspide si staccò da lei di scatto, impugnando la pistola e guardandosi attorno attento.
Sgattaiolò fuori dalle coperte, rimanendo in ginocchio.
Nello stesso istante in cui uno sparo partì dal buoio, Aspide si gettò a terra, riparando Kelly.
Lei gridò, spaventata davvero. 
La voce dello sceriffo Perkins si udì chiara. 
"Aspide! Arrenditi! Sei circondato!". 
Al fuorilegge sfuggì una risatina nervosa. 
Circondato ... erano in quattro in tutto quando li aveva visti a Yellowground. 
Agguantò Kelly per il collo, sollevandola senza delicatezza e posizionandola dinnanzi a sè.
Lei sbigottita non riuscì a rendersi conto che cosa stava succedendo, ma di una cosa era certa: se lo sceriffo avrebbe sparato ancora, lei sarebbe stata colpita.
Ma Perkins uscì allo scoperto, seguito dai suoi uomini.
"Miss Kelly Joe ..." sussurrò sbalordito quando la vide. 
Bastò a distrarli. Aspide spinse violentemente la donna da parte e sollevò la pistola svuotando il tamburo.
Sparò su tutti e quattro senza un attimo di esitazione, con una rapidità sconcertante. Nessuno di loro ebbe il tempo di premere il grilletto. Kelly guardò i corpi senza vita di Perkins e dei suoi tre uomini, poi Aspide che riponeva la pistola ancora fumante. 
Le gambe le tremavano così tanto che non riuscì a rialzarsi subito. 
"A ... avrebbero potuto colpirmi ..." balbettò "Tu mi hai usata come scudo!".
Con voce sorprendentemente calma, Aspide le disse: 
"Puoi tornartene a casa adesso".
"Ah è così? Ora che non ti servo più tanti saluti?".
"Esatto. Era quello che volevi no?". 
Kelly si strappò infuriata il ciondolo dal collo e lo gettò con forza accanto alle coperte.
Aspide chiuse per un istante gli occhi a quel gesto.
"Vattene" le disse "Ritorna a BrightHomes e poi prendi la diligenza per RedCity".
Lei si alzò e riguardò i corpi stesi attorno a loro. 
Si mise sconvolta una mano sulla fronte girando su sè stessa:
"Santo Cielo ... li hai uccisi tutti ...".
Kelly allargò le braccia incredula, guardando Aspide mentre arrotolava le coperte e s'infilava in tasca il ciondolo d'oro. Poi il fuorilegge montò a cavallo e trattenne l'animale alle briglie: guardò la donna sotto di lui, per l'ultima volta, ancora un istante, infine lasciò che il cavallo lo conducesse lontano da lei.
 

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Capitolo 3
*** Angus McKey ***


Kelly stava leggendo nel suo portico quando vide il carro di Nick arrivare. Si alzò per riceverlo, contenta di rivederlo e lui la raggiunse sorridendo, allegro come sempre. 
"Ciao Kelly".
"Ciao Nick. Vuoi un po' di limonata?".
Come era solito fare, Nick si servì da loro. Ripose poi la brocca sul tavolino traballante lentamente, per paura di romperla, e si sedette nella poltrona vicina dando un lungo sorso al bicchiere, prima di chiederle:
"Ma che fine avevi fatto? Sono tre giorni che dalla falegnameria non ti vedo passare". 
Nick non si preoccupava di far trasparire l'interesse che aveva ancora per Kelly, nonostante sapesse di non essere contraccambiato.
Kelly sorrise nel rispondergli:
"Avevo intenzione di andare in paese proprio oggi. Ho la credenza vuota".
"Hai saputo dello sceriffo Perkins? Lo hanno trovato morto nei paraggi di BrightHomes insieme ai suoi uomini".
Lei chiuse gli occhi, non volendo sentire altro, ma Nick aggiunse:
"E' stato un ricercato di nome ...".
"Lo so chi è stato" lo interruppe Kelly. 
Non voleva risentire il suo nome ed il suo intervento brusco insospettì il giovane.
"E da chi lo hai saputo?".
Lei abbassò lo sguardo, posando il libro sul tavolino:
"C'ero anch'io" confessò.
Nick la guardò sorpreso:
"Cosa?".
"Sono stata l'ostaggio di quell'uomo per due giorni. Ecco perchè non mi hai vista in paese".
Nick si alzò facendo traballare il tavolino:
"Che cosa ti ha fatto quel bastardo?".
"Niente. Come vedi sono a casa sana e salva".
"Kelly servono testimoni. Tu te ne stai qui a casa quando tutta la città vuole sapere com'è stato ucciso Perkins. E lo zio dei McDonald? Sua sorella ieri al funerale pregava vendetta". 
Sentire questo la fece tremare:
"E dunque è morto davvero ..." sussurrò. 
Nick era sbalordito:
"Tu c'eri ... Hai assistito a tutto questo e te ne stai in disparte senza fare nulla?". 
Ora Kelly s'innervosì:
"Che cosa dovrei fare? Non è stata un'esperienza piacevole. Mi da fastidio solo parlarne".
"Vieni in paese e racconta quello che hai visto". 
"No". 
Nick si mise a girare in tondo sul portico, cercando di calmarsi:
"Va bene ... non è stata un'esperienza piacevole, te lo concedo, ma la gente a RedCiy è infuriata. Con la tua testimonianza potresti aiutare a catturare quell'assassino".
"Non posso ... non voglio esserne immischiata".
Lui gesticolò animatamente aggredendola:
"Hai rischiato la pelle per salvare un'intera tribù d'indiani e non alzi le chiappe per aiutare il tuo paese?".
Kelly lo fissò attonita:
"Perchè ti accanisci così tanto su di me Nick? Qual'è il vero problema?". 
Lo guardò passarsi nervosamente una mano sul viso, prima di udirlo dire:
"Hanno eletto un nuovo sceriffo. Angus". 
"Oh no ...". 
"E sia lui che il sindaco vogliono soddisfare gli abitanti di RedCity".
Ci fu un attimo di silenzio tra i due, poi Kelly disse tristemente:
"Non posso pensare ad Angus contro quel fuorilegge. Aspide è pericolo".
Nick la fissò negli occhi:
"Per questo lo devi aiutare". 
 
Non appena Nick se ne andò, Kelly rimase immobile per infiniti minuti a fissare il vuoto.
Cos'è che le faceva più paura? L'incolumità di Angus o la cattura di Aspide?
Entrambe. 
Sperò che il bandito fosse ormai lontano e che Angus non avrebbe più potuto raggiungerlo. 
Era quasi sul confine della giurisdizione di RedCity, e quindi non era sicuramente più nei dintorni.
Ma le sorse un dubbio. E se Aspide fosse ancora nel territorio per causa sua? 
Ricordò le sue parole "E tu mi stai portando sulla forca" e un brivido la percorse. 
Forse il fuorilegge era ancora in zona. 
Decise di recarsi in paese. Era l'unico modo per restare aggiornata sulla situazione.
Non si accorse nemmeno della strada che percorse a piedi.
All'emporio comperò qualcosa a casaccio e quando ne uscì, vide Angus fuori dalla prigione.
E anche lei fu vista da lui. 
Avrebbe tanto voluto andargli vicino con un sorriso e dirgli "Ehi bella quella stella sul gilè" invece si recò da lui a capo chino, salutandolo con uno sforzo:
"Ciao Angus".
"...Kelly". 
Le prese gentilmente la spesa, posandogliela all'ombra, ma il suo gesto non l'aiutò a sentirsi più serena. 
"Così sei il nuovo sceriffo di RedCity" farfugliò.
"Nel periodo sbagliato" fece lui "Quando tutto il paese vuole che io prenda quell'Aspide. Il suo manifesto è ancora appeso al muro, ma con una taglia più alta".
Angus finì con la messinscena e guardò la donna dritta negli occhi:
"Mio fratello è appena andato via". 
Kelly sospirò amareggiata:
"Angus io ...". 
"No ascoltami tu. Farò questa cosa con o senza il tuo aiuto perciò risparmiami la predica. Ma se sai anche la più piccola cosa su quel bastardo, io ti chiedo di dirmela, per affrontarlo nel modo giusto. Se invece non vorrai dirmi nulla, lo affronterò lo stesso. Non ho paura e questo lo sai bene". 
"Vorrei che non fossi tu sceriffo ...".
Si appoggiò alla parete esterna dell'edificio. 
Fece un lungo sospiro, prima di chiedergli:
"E' ancora in zona?".
"Si". 
Kelly si sentì quasi mancare. 
Poi scosse il capo, decidendo di dirgli a raffica:
"E' veloce. Intelligente. Una mira perfetta. Lui non aspetta. Lui spara. Devi prenderlo e basta. Non hai tempo di giocare con lui: un'istante in più e sei già morto". 
Angus l'ascoltò attentamente. Poi le chiese:
"Ti ha fatto del male?". 
"No".
Lei non si sentiva fiera di ciò che aveva appena fatto. Ma pensò che tra non molto Angus sarebbe partito rischiando la sua vita:
"Quando parti?".
"Stasera".
Kelly annuì tristemente, poi si riprese la spesa, desiderosa di tornare a casa al più presto. 
"Stai attento Angus" e si allontanò sulla strada.
 
Il mattino dopo in paese Kelly scoprì che tra gli uomini di Angus c'era anche Nick. La notizia la scosse al tal punto che non tornò a casa. Si diresse al Saloon, avvicinandosi in fretta a Bill: 
"Connie è di sopra?".
Lui fece si col capo. 
Salì le scale e cercò la stanza dell'amica. Bussò ripetutamente.
"Ma chi è che bussa in questo modo?".
"Kelly!".
Connie le aprì subito:
"Mi hai fatto prendere un colpo".
Guardò Kelly entrare impetuosa nella sua stanza in disordine, scavalcando i vestiti che vi erano sul pavimento e giungendo rapidamente alla finestra.
"Non guardare il disordine" si scusò abitualmente lei, poi le chiese preoccupata  "Ehi, ma che succede?".
"Posso rimanere qui fino al ritorno di Angus e dei suoi uomini?".
Connie sorrise, tranquillizzandosi:
"Non vuoi perderti lo spettacolo vero? Certamente, ma stai tranquilla. Sai quant'è bravo Angus no? Tornerà con quel fuorilegge sano e salvo. Non devi agitarti".
Kelly non la stava più ascoltando. Vide un gruppo di persone radunarsi in strada.
Spalancò la finestra per sentire.
"Il nuovo sceriffo ha preso Aspide! McKey ha catturaro l'assassino!".
Il suo cuore ebbe un sobbalzo, mentre Connie rideva soddisfatta:
"Hai visto? Io già lo sapevo. Vieni, andiamo a vedere".
Si precipitarono fuori dalla stanza e giù per le scale. Raggiunsero di corsa la prigione, circondata da un'infinità di gente. Connie si fece largo curiosa tra la folla tenendo una tremante Kelly per mano.
Tra le persone, Kelly individuò Angus mentre riceveva onori e complimenti dal sindaco e dai cittadini; Nick più lontano si stava apprestando a legare i cavalli innervositi e stanchi. E poi vide Aspide, tirato giù in malo modo da cavallo, con le mani legate dietro la schiena, finire con il viso tra la polvere della strada. Cercò di alzarsi ma qualcuno gli diede un calcio e lui finì ai piedi di Connie.
"Finalmente ti hanno preso viscido serpente!" lo insultò Connie dall'alto.
Aspide alzò il viso impolverato e la penetrò con lo sguardo.
"Taci, strega" le sibilò a denti stretti.
E poi vide Kelly al suo fianco.
Vide quanto stava male. Tutti intorno a lei stavano esultando, lei no, era zitta e triste.
Lo trascinarono via e Aspide non tolse gli occhi dalla donna nemmeno un istante, fino a quando scomparì all'interno della prigione.
Nick arrivò tutto contento tra Kelly e Connie:
"Avete visto ragazze?" si vantò "Lo abbiamo preso".
A Kelly vennero le lacrime agli occhi e non riuscì più a restare.
Sconvolta corse via sotto gli occhi di tutti.
 
Pianse nella sua cucina. Perchè era contenta che i fratelli McKey erano tornati incollumi, ma non lo era per Aspide. 
Perchè diamine non era andato oltre confine? Angus lo aveva sicuramente catturato nei paraggi perchè era rimasto fuori per troppo poco tempo. Non poteva rimanere senza far niente. Doveva fare qualcosa.
Tornò in paese, e fuori dalla prigione oltrepassò la poca gente rimasta, spingendo inutilmente la porta dell'edificio. Si sollevò sulle punte per vedere qualcosa dai vetri e Angus all'interno la vide. Si mosse ad aprirle e a farla entrare. Richiuse la porta a chiave. 
Kelly si accorse della presenza del sindaco, poi voltò lo sguardo alla cella, scoprendola vuota.
"Dov'è Aspide?" chiese. 
Angus gl'indicò il pavimento:
"Nelle celle di sotto".
"Quando lo impiccherete?".
"Domattina alle nove precise". 
A Kelly mancò per un attimo il respiro, poi gettò tutto d'un fiato:
"E non gli farete nemmeno un processo?". 
Il sindaco si rivolse ad Angus:
"Chi è questa signorina?".
"Kelly Joe è stata l'ostaggio di Aspide" spiegò.
La donna parlò a raffica:
"Lo sceriffo Perkins mi raccontava che tutti i fuorilegge che prendeva venivano spediti a Riverton. La città è grande e ha spazio per fare regolari processi prima di un'impiccagione. Se per una volta RedCity vuole farsi giustizia da sola poichè Aspide la riguarda da vicino, perchè non fare le cose fatte in grande? Abbiamo la sala dei congressi. Possiamo benissimo esserne all'altezza". 
Angus si sedette alla scrivania:
"La gente vuole fare giustizia subito. Abbiamo rinchiuso Aspide nelle celle sotto perchè abbiamo fatto fatica a tenere tutti fuori di qui".
Il sindaco intervenne a dire la sua:
"Un nuovo sceriffo in gamba, un perfetto assassino, un regolare processo e infine un'impiccagione ... Potremo telegrafare per avere giudici e avvocati. Attirare l'attenzione anche dei giornali ... Non è una brutta idea". 
L'uomo fece un sorrisino compiaciuto e si diresse alla porta:
"E' un'ottima idea. Non m'interessa cosa dirà la gente, tanto si tratta di rinviare la corda al collo a quel bandito solo di qualche ora. Faremo un processo. Vado subito a spedire i telegrammi. E chissà che un giorno RedCity possa avere un giudice tutto suo" guardò Angus prima di dirgli "Domattina alle nove invece di un impiccagione ci sarà un processo".
Uscì in fretta e Angus si alzò per richiudere la porta a chiave.
Poi di voltò a Kelly: 
"Perchè lo hai fatto? E non dirmi che è la regola ...". 
Lo sguardo duro di Angus non la intimorì.
"Ha diritto ad un processo, innocente o colpevole".
"Non prendermi in giro". 
Angus si spostò verso la scrivania, ma le parlò ancora con tono grave:
"Tutta la città vuole un'impiccagione e tu vuoi uno stupido processo?". 
"Posso dire la mia siccome ho visto tutto quello che è successo". 
"E' stato Aspide ad uccidere Perkins?" chiese Angus a bruciapelo.
"Lo ha fatto per leggittima difesa" buttò lì Kelly.
Angus scosse il capo incredulo e restò ancor più basito quando Kelly disse:
"Voglio vederlo". 
Lo aveva detto con il cuore che le martellava nel petto, con la speranza che Angus non le dicesse di no.
"No".
Lei lo supplicò:
"Ti prego Angus ... solo un minuto". 
E lui intuì tutto quanto. 
Si avviò verso la scala che scendeva ai sotterranei e Kelly lo seguì al volo.
Le celle erano poco illuminate, fresche. 
Angus si avvicinò a quella centrale:
"Hai visite. Ma solo un minuto" annunciò, poi si rivolse alla donna a bassa voce "Se hai bisogno ...  io sono di sopra ...". 
Li lasciò soli. 
Kelly vide Aspide tra le sbarre. Stava appoggiato con la schiena al muro, le gambe distese, e quando la vide sollevò le ginocchia per appoggiarci sopra i gomiti.
"Hai fatto un gran bel discorsetto ... di sopra" le disse.
"Hai sentito tutto?".
"Sai essere convincente quando vuoi". 
"E' l'unica cosa che ho potuto fare al momento ...".
Lui la interruppe:
"Non dovevi fare nulla, non voglio assistere a nessun processo". 
"E' la sola piccolissima speranza che hai per salvarti". 
Aspide si alzò avvicinandosi alle sbarre per poter parlare a bassa voce, e lei fece altrettanto aggrappandosi alla cella con entrambe le mani. 
La guardò, mentre in un solo minuto lei voleva dirgli tutto quanto. 
"Non potrò mentire sotto giuramento".
"Non te lo avrei mai chiesto".
"Ma tenterò l'impossibile. Io ... non voglio vederti al centro di quella piazza ...". 
"Bè ... non sei obbligata ad assistere allo spettacolo". 
Kelly divenne all'improvviso triste immaginandosi la scena.
Il fuorilegge le vide gli occhi riempirsi di lacrime. L'aggredì per farla smettere.
"Non puoi metterti a piangere per un uomo che conosci appena, Kelly".
Alla sua affermazione, lei ribattè a disagio:
"Siamo stati ... insieme per due giorni ...".
"Non è stato abbastanza. E non dimenticare che ti ho usata come scudo mettendo a repentaglio la tua vita". 
"Non l'ho dimenticato ...".
"E allora piantala di frignare".
Aspide continuava a fissarla e Kelly abbassò lo sguardo, prima di chiedergli con voce tremante:
"Perchè sei rimasto in questo territorio?".
"Che cosa vuoi sentirti dire? Che sono rimasto per rivederti?".
Ci era riuscito fino a quel momento a parlare con lei con un tono duro e distaccato. 
Ora cedette. La guardò dritta negli occhi, infilando una mano tra le sbarre per posarla protettiva sulla sua guancia, sotto il suo orecchio.
Le mormorò convincente:
"Promettimi che non mi seguirai all'inferno se riuscirai in qualche modo a salvarmi".
Kelly trasalì al suo tocco e fece si col capo.
Poi fuggì via, risalendo la scala turbata, e senza salutare Angus tornò a casa disperata.
 
Quella sera Kelly ricevette l'inaspettata visita di Connie e Nick. 
Li accolse in cucina, chiedendosi il perchè di quella strana comparsa.
Non tardò a scoprirlo, perchè Connie intavolò il discorso subito:
"Angus ci ha detto che hai convinto il sindaco a fare un processo ad Aspide".
"Non c'è voluto molto ... a convincerlo" puntualizzò Kelly.
Connie le era seduta vicina e le disse amichevolmente:
"Se salterà fuori che quell'uomo è innocente saremo ben felici di non assistere ad alcuna impiccagione".
"Innocente?" a Kelly sfuggì una risata nervosa e Connie chiese confusa:
"Vuoi dire che Aspide è colpevole?". 
Nick ebbe uno scatto d'ira ed alzò la voce:
"Ma allora perchè hai voluto un processo? Se è un assassino perchè non vuoi che venga giustiziato?". 
A Connie non piacque la reazione di Nick e lo invitò gentilmente a sbollire la rabbia fuori sul portico.
Lui uscì sbattendo la porta.
Kelly abbassò lo sguardo tristemente.
La sua amica le prese le mani e cercò di guardarla in viso mentre le chiese dolcemente:
"Kelly ... Perchè difendi quell'uomo?". 
Lei titubò, poi disse tutto d'un fiato gesticolando nervosamente:
"Mi piace ... e tanto. Non ho potuto farci nulla ... Mi è piaciuto dalla prima volta che l'ho visto, ancora prima che io arrivassi qui". 
Connie lasciò le sue mani e fece un sorriso:
"Angus ci ha visto giusto ..." accennò.
"Che c'entra Angus? Vi ha mandato lui?".
"No, no" spiegò in fretta Connie "Si è solamente accorto che hai un interesse per il bandito. Noi siamo qui perchè vogliamo starti vicina e capire".
"Non spifferatelo ai quattro venti per favore" la pregò Kelly.
"Non diremo niente stai tranquilla, ma muoio di curiosità adesso. Tu piacci a lui?".
Kelly arrossì violentemente:
"Adesso non cominciare a farmi domande di cui non conosco le risposte".
"Andiamo Kelly ... a me puoi dirlo. Cos'ha fatto quell'uomo per farti perdere la testa?".
"Niente ... decisamente niente".
"Io lo detesto perchè mi ha chiamata strega".
La maniera con cui Connie lo disse fece ridere di gusto Kelly.
La sua amica si alzò soddisfatta:
"Ora ce ne andiamo. Ti auguro tanto che Aspide non venga impiccato. In caso contrario Kelly, avrai tutto il mio appoggio".
Nick rientrò con il broncio e Connie sorridente lo portò via.
 
Ore nove. Kelly si recò alla sala dei convegni, affollata fuori da gente che protestava.
Per fortuna in pochi sapevano che il processo lo aveva voluto lei.
Riuscì ad entrare e a sedersi in seconda fila.
Tra la gente presente, lei riconobbe la signora McDonald, ancora vestita a lutto.
Appoggiato alla parete in piedi, stava il contadino che Aspide aveva colpito con il calcio della pistola: teneve tra le mani un vecchio cappello e lo attorcigliava nervosamente.
Se fuori si udivano grida di protesta, dentro la sala c'era un lieve brusìo. 
Davanti alle prime file era stata costruita una pedana, dove troneggiava una scrivania e un paio di sedie.
Poco più lontano un banco di scuola era pronto per il cancelliere.
Nella prima fila opposta alla sua, Kelly vide il sindaco seduto accanto ad Angus. 
L'uomo stava parlando animatamente allo sceriffo, ma Angus sembrava non lo stesse ascoltando. Voltava spesso lo sguardo su di lei. E nei suoi occhi Kelly lesse tanta delusione. 
Un uomo vestito elegantemente si aggirava guardando fisso la porta da dove sarebbe entrato il giudice.
Kelly intuì che doveva essere un avvocato, ma non ne vide altri. E non vide nemmeno Connie e Nick.
Finalmente il cancelliere si alzò e nella sala si fece silenzio. Il processo ebbe inizio.
"Presenti in sala l'avvocato George Gadon, il sindaco di RedCity Henry Dollar, lo sceriffo Angus McKey e il sottoscritto Jim DuLain. Entrino in sala il giudice Luis Patrics e l'imputato Aspide.
La porta di aprì e il giudice entrò sedendosi nella poltrona dietro la cattedra.
Dovette ordinare il silenzio piccchiando il suo martello quando due uomini scortarono Aspide facendolo sedere in un angolo.
Il fuorilegge alzò lo sguardo su tutta la folla, cercando Kelly.
Non appena la trovò, la donna lesse l'espressione del suo viso.
Guarda cosa mi stai facendo fare. Mi sento un idiota.
Il cancelliere continuò, leggendo su di un foglio:
"L'imputato Aspide, nome di battesimo sconosciuto è accusato di: quattro rapine a diligenze, furto di cipo e merce in sette empori, furto di due cavalli in due ranch, per aver trattenuto un ostaggio e per l'omicidio di sei persone. Questi sono gli ultimi dati risalenti agli ultimi anni. Non abbiamo informazioni di più addietro".
Il cancelliere ripose il foglio e si risedette aggiungendo:
"Venga a testimoniare la signora Patricia McDonald".
Rigida e seria, la donna si alzò per avvicinarsi alla sedia posizionata accanto alla scrivania del giudice.
DuLain le mise la mano sinistra sulla Bibbia e le fece alzare l'altra:
"Giuri di dire tutta la verità ... dica lo giuro" si sbrigò e lei giurò.
L'avvocato parlò immobile a lato della sala:
"Signora McDonald ... ci racconti cosa è successo".
"Mio fratello stava cavalcando l'ultimo cavallo che aveva comprato. Io stavo in cucina quando ho sentito un colpo di pistola. Ho guardato dalla finestra ed ho visto mio fratello disteso a terra nel recinto. Ho preso il fucile e sono uscita: ho visto Aspide e quella donna".
Kelly fu indicata.
Nella sala si levò un leggero chiacchierìo.
La signora McDonald continuò:
"Ho sparato due colpi ma i due erano già in sella ad un mio cavallo e sono fuggiti via". 
"Quindi non ha visto l'imputato sparare su vostro fratello ..." indagò l'avvocato.
La donna non seppe cosa rispondere. Alla fine ammise di non averlo visto, ma aggiunse irata:
"E' ovvio che è stato lui".
"Conoscete la donna che stava con l'imputato?". 
"Di vista".
"E' salita volutamente a cavallo con Aspide?".
"Ha esitato, ma poi è salita".
"Va bene signora McDonald, può riaccomodarsi in sala".
Il cancelliere annunciò:
"Il signor Mike Nicholson".
L'uomo del fienile si mosse.
DuLain lo fece giurare e lui si sedette.
L'avvocato gli chiese di raccontare ciò che aveva visto.
Il contadino strinse a sè il cappello, dicendo:
"Bè avvocato ... Io non ho visto quell'Aspide. Sono entrato nel mio fienile come faccio tutte le mattine ed ho visto una ragazza tra il fieno. Poi qualcuno mi ha colpito qui ... alla nuca, e sono svenuto".
S'indicò il punto dolente ed aspettò che l'avvocato dicesse qualcosa.
"Guardate bene la signorina in seconda fila, là. Sapreste dirmi se c'era lei nel fienile?".
Nicholson guardò con attenzione la persona indicata dall'avvocato, socchiudendo gli occhi:
"Si, mi pare lei. Anche se quando l'ho vista io era semisvestita".
La sala alzò un'improvviso mormorìo. Kelly si sentì al centro dell'attenzione e scrutò prima Aspide, che fece un lieve sorriso ironico, e poi Angus che scosse il capo incredulo chiudendo per un istante gli occhi.
Gadon lo ringraziò e lo invitò a lasciare la sedia dei testimoni.
"La signorina Anne March" chiamò il cancelliere.
Kelly guardò una donna più vecchia di lei alzarsi e raggiungere il giudice. Si sedette e dopo aver giurato parlò a raffica:
"Ero sulla diligenza BrigthHomes - RedCity quando quel bandito l'ha assalita. Oh si ... era lui ne sono certa. Ha rapinato i soldi a tutti i passeggeri, anche i miei, poi ha visto il ciondolo d'oro che portavo al collo, con la mia iniziale, è l'ha preteso. Se l'è messo in tasca, e io ora voglio sapere se posso riaverlo". 
Il giudice si rivolse ad Aspide:
"Ha ancora il ciondolo della signorina March?".
Aspide esitò per un istante, poi rispose:
"No. L'ho venduto".
"Possiamo sapere a chi?".
"Ad un ciarlatano di passaggio. Mi ha reso bene". 
"Mi dispiace signorina March" fece il giudice "Immagino avesse un valore affettivo".
Anne March s'infuriò dicendo:
"Spero che lo impicchiate quel farabutto!".
La gente parlò in confusione e il giudice dovette ristabilire la calma.
Il cancelliere si alzò chiamando:
"La signorina Kelly Joe".
E Kelly si mosse, sentendo le proprie gambe tremare.
DuLain si avvicinò a lei con la Bibbia:
"Giuri di dire la verità, solo la verità, nient'altro che la verità. Dica lo giuro".
Kelly restò stupida dal fatto che il cancelliere pronunciò la formula intera con lei. Giurò.
Anche l'avvocato si mosse a camminarle davanti.
"Signorina Joe ... Lo sceriffo McKey mi ha detto che siete stata voi a dargli consigli su come catturare Aspide".
Kelly rimase di marmo. Guardò l'intera folla dinnanzi a sè, poi vide Aspide alzarsi di scatto dalla sua sedia.
Le guardie lo trattennero con forza.
"Lurida puttana!" gli urlò contro.
Siamo pari, pensò Kelly nel panico, tu hai giocato con la mia vita e io ho giocato con la tua.
Magra consolazione, perchè in realtà Kelly si sentì una vera carogna agli occhi di Aspide.
L'imputato fu rimesso a sedere e lei potè parlare:
"Sono stata con lui per due giorni" spiegò.
"Dove vi ha catturata Aspide?".
"Si palesò all'improvviso a casa mia, chiedendomi se avevo un cavallo. Gli risposi di no, ma sapevo che al ranch dei McDonald ce n'erano molti ...". 
"E cos'è successo al ranch?" la interruppe l'avvocato.
"Ci siamo avvicinati ad un cavallo, poi un cowboy ci ha visto ed ha impugnato una pistola. Se Aspide non gli avrebbe sparato ci avrebbe colpiti di sicuro. Poi la signora McDonald è uscita di casa con un fucile. Ha sparato, io ho avuto paura e sono salita a cavallo con l'imputato".
"Ha preferito fuggire con un bandito a cavallo piuttosto che allontanarsi di corsa?".
"La signora McDonald ha sparato tre colpi rischiando di colpirmi. Non due come ha dichiarato lei prima. Tre. Aspide in quel momento mi ha salvata. Non avrei fatto in tempo ad allontanarmi a piedi, o a ripararmi".
"Quindi secondo voi ... Aspide avrebbe ucciso quel cowboy per legittima difesa?".
"Quell'uomo ci avrebbe sparato, sicuramente".
"Ma lui stava rubando il cavallo, è esatto?".
"Credo fosse questa la sua intenzione ... si". 
"Che cosa ci facevate nel fienile del signor Nicholson?".
"Eravamo stanchi ed era molto tardi. Abbiamo deciso di dormire lì".
"Chi ha colpito il signor Nicholson quando entrò nel fienile il mattino dopo?".
"Quando il portone si è aperto il sole mi ha accecata ...".
L'avvocato la interruppe di nuovo:
"E Aspide dov'era in quel momento?".
"Si stava infilando gli stivali".
Ad Aspide sfuggì un sorrisino. Com'era brava Kelly a tergiversare sulle cose. Non c'era nessun altro nel fienile a parte loro. Ma intuì che l'avvocato non intendeva metterla alle strette. 
"Chi ha rapinato la diligenza con a bordo la signorina March?".
"Non lo so ... non c'ero".
La gente parlottò tra sè e l'avvocato chiese:
"Dove si trovava allora?".
"Sotto una pianta".
Qualcuno rise e Gadon abbassò le sopracciglia ripetendo:
"Sotto una pianta?".
"Esatto. Sotto una pianta".
"Aspide l'ha lasciata da sola?".
"Si".
"Legata suppongo".
"No". 
"E non è fuggita?"
"Avevo perso l'orientamento". 
L'avvocato fece una breve pausa, prima di chiederle:
"Arriviamo al momento cruciale ... Come sono stati uccisi lo sceriffo Perkins ed i suoi uomini?".
Nella sala si fece assoluto silenzio. 
"Era notte fonda quando sono arrivati. Io e Aspide stavamo ... quasi dormendo. Qualcuno ha cominciato a sparare al buio. Aspide si è alzato ed ha risposto al fuoco". 
"Uccidendoli tutti?".
"Si".
"Avrebbe potuto arrendersi ...".
"Loro aveva già iniziato a sparare per primi" e lo disse quasi arrabbiata.
"Un'ultima domanda. Ostaggio significa: persona trattenuta dal nemico. Signorina Joe, vi siete sentita un ostaggio?".
Kelly esitò, poi rispose sincera e mesta:
"No" poi si voltò a guardare Aspide, aggiungendo "Mi ha sempre trattata ... bene". 
A parte sul finale, ricordò amareggiata Kelly.
"Ho finito vostro onore" terminò finalmente Gadon.
Kelly tornò al suo posto.
Il cancelliere prese la parola:
"Non abbiamo le testimonianze di vetturali, dei commercianti, del proprietario di ranch Phitterson ... Abbiamo finito". 
Kelly fece un sospiro. Tutto sommato non era andata così male, pensò. 
Si voltò a guardare Angus, che stancamente si era passato una mano tra i capelli biondi.
Il giudice rileggeva gli appunti del cancelliere, mentre nella sala la gente chiacchierava.
Connie e Nick riuscirono ad avvicinarsi a Kelly. Nick rimase in piedi di lato, mentre Connie si accostò all'amica facendole un sorriso di conforto. Le prese la mano quando il giudice alzò la voce, e gliela strinse.
"Dunque ..." cominciò "Alla base delle testimonianze appena udite, vorrei fare personalmente qualche domanda all'imputato Aspide prima di stabilire la mia sentenza". 
Aspide alzò lo sguardo sull'anziano giudice, lievemente stupito. 
"Avete rapinato voi quattro diligenze?".
Il bandito non esitò a rispondere:
"Si".
"Avete rubato voi in sette empori?".
"Si". 
"Avete sparato voi per primo a ranch Phitterson?".
"No". 
Kelly strinse forte la mano a Connie, mentre il giudice faceva le sue domande una dietro l'altra.
"Avete sparato voi per primo al ranch dei McDonald?".
"Si".
"Avete sparato voi per primo allo sceriffo Perkins e ai suoi uomini?".
"No".
"Avete trattenuto la signorina Joe contro la sua volontà?".
Aspide voltò lo sguardo su di lei, guardandola mentre stringeva la mano all'amica. Rispose:
"Più volte la signorina Joe mi ha supplicato di lasciarla tornare a casa. E non l'ho fatto". 
Il giudice emise la sentenza:
"Dichiaro l'imputato Aspide colpevole! Per i reati commessi pagherà la sua pena mediante impiccagione" e così dicendo battè il suo martello più forte.
 
I presenti avevano esultato, tranne Kelly, Connie, Nick e Angus. 
Connie aveva abbracciato l'amica con affetto:
"Mi dispiace tanto Kelly ...". 
Nick si era spostato per chiedere qualcosa al fratello.
Aspide fu portato via.
Poco dopo Nick tornò indietro, dicendo alle donne:
"Lo impiccheranno stasera al tramonto. Costruiranno il patibolo oggi pomeriggio".
Lo sguardo di Kelly era disperato.
Connie diede un'occhiata di sfuggita ad Angus poi si rivolse all'amica:
"Chiedigli se te lo fa vedere un'ultima volta ...".
"No" e Kelly si alzò "Voglio andare a casa". 
"Vuoi che venga con te?" si offrì Connie premurosa.
"No ... grazie". 
Si allontanò, lasciando rammaricati i suoi amici. 
 
Kelly attese il primo pomeriggio. Il momento più caldo, più tranquillo.
Non poteva permettere che Aspide venisse impiccato. Avrebbe fatto qualunque cosa per salvarlo. 
Si recò alla prigione, in quel momento deserta fuori, dopo aver oltrepassato la piazza dove alcuni uomini stavano già costruendo il patibolo sotto il sole cocente. 
Quando entrò nell'edificio, Kelly si accorse subito che Aspide era stato rinchiuso nella cella dell'ufficio. 
Lo guardò di sfuggita, con il cuore che le batteva all'infuriata, rivolgendosi poi allo sceriffo.
Angus non fu contenta di vederla:
"Che cosa vuoi ancora Kelly?" le chiese stancamente.
Non c'era nessun altro nell'ufficio e Angus si stava riponendo scartoffie dietro la scrivania.
Non avendo ottenuto risposta, lo sceriffo alzò il viso sulla donna, scoprendola armata di pistola. 
"Liberalo" gl'intimò Kelly puntandogliela contro.
Angus non si scompose. Fece solamente un sospiro scocciato:
"Lascia perdere Kelly" le consigliò "Metti via quell'arma e facciamola finita". 
"No. La facciamo finita come voglio io".
Aspide guardò la donna con orgoglio, e fece un tiepido sorriso soddisfatto. 
Angus si alzò lentamente dalla scrivania:
"Non voglio farti del male Kelly" l'avvisò.
"Potrei fartene io. Liberalo ho detto!".
"Non hai il coraggio di uccidermi".
"Questo è vero. Ho intenzione di ferirti solamente, ma la mia mira potrebbe sbagliare in questo momento". 
Angus non sembrava arrabbiato, ma deluso.
Kelly lo tenne attentamente sotto tiro:
"Prendi le chiavi!" gli ordinò.
Lui prese le chiavi.
"Ti stai cacciando in un guaio molto grosso, lo sai questo vero?".
Kelly non lo ascoltò. Era impaziente di vedere la cella aperta.
"Non farmi scherzi Angus. Sono troppo nervosa. Una piccola mossa sbagliata e premo il grilletto". 
Stavolta fu lo sceriffo a non ascoltarla. Mise la chiave nella toppa e la girò:
"Non credevo saresti arrivata a tanto" disse spalancando la cella.
Aspide ne uscì. 
Kelly continuò a tenere a bada lo sceriffo ma parlò al bandito:
"Prendi il suo cavallo qui fuori e vattene!" gli ordinò. 
"Pure ..." fece Angus.
Il fuorilegge esitò sulla porta.
Per un istante Aspide pensò di chiedere alla donna di fuggire con lui. Ma Kelly gli tarpò ogni intento dicendogli seccamente:
"Non ti seguirò all'inferno Aspide. Vattene ti ho detto". 
Non udendo ancora aprirsi la porta alle sue spalle, Kelly si ritrovò ad urlare:
"Vattene per Dio! Esci da quella maledetta porta!".
Quando finalmente Kelly sentì la porta sbattere e lo scalpitìo del cavallo allontanarsi, abbassò l'arma sollevata. 
Angus gliela strappò di mano seccato:
"Dai qui stupida idiota!". 
Non lo guardò in volto mentre s'infuriava:
"Lo sai cos'hai fatto? Lo sai?".
Si, ho liberato Aspide, pensò lei. 
Angus la prese per le spalle scuotendola:
"Che cosa dovrei farti io adesso?".
L'afferrò per un braccio e la spinse violentemente nella cella.
"Che divaolo hai nel cervello?" la insultò. 
La chiuse dentro e in quel momento il sindaco entrò nell'ufficio, ignaro di tutto:
"Allora McKey. Abbiamo quasi finito di ..." la sua frase restò sospesa nell'aria, quando si accorse che Aspide non era più in prigione e che al suo posto c'era la donna.
"Che è successo?" chiese sbiancando.
"Aspide è fuggito" comunicò lo sceriffo allontanadosi dalla cella.
"Che cosa?" fece il sindaco ancora incredulo "E tu dove diavolo eri?".
"Di sotto". 
Kelly guardò di scatto Angus. 
"E che cosa aspetti? Raccogli i tuoi uomini e riprendilo!" gli ordinò il sindaco.
"Non è una buona tattica e lo sai" tagliò corto Angus.
L'uomo indicò severamente Kelly nella cella:
"E' stata lei?".
"Non ne ho le prove. Dice che Aspide l'ha minacciata con la pistola di aprirgli la cella".
Stupefatta dalle parole di Angus, Kelly rimase a bocca aperta.
Stava mentendo spudoratamente. 
Il sindaco era disperato:
"E che cosa faccio io adesso? Tra qualche ora ci sarà un sacco di gente in quella piazza e chi impicchiamo? Lei?".
Angus abbassò il capo:
"Mi dispiace Henry".
"Non posso crederci!".
Nella stanza di fece silenzio.
Con un filo di voce Angus chiese:
"E di lei che ne facciamo?".
Con una lunga falcata il sindaco spalancò la porta:
"Duemila dollari di cauzione o se ne resta lì per due mesi!" urlò infuriato "Una sola, piccola cortesia a quella vipera e ti licenzio!" concluse andandosene.
Angus si sedette alla scrivania posandovi sopra i gomiti. Si mise le mani nei capelli e rimase così, fino a quando Kelly gli chiese:
"Perchè hai mentito Angus?".
"E tu perchè hai fatto fuggire Aspide?" fu la sua risposta "Ti ho difesa per la stessa ragione che ti ha spinto a liberare quell'uomo".
Kelly indietreggiò nella cella e si sedette lentamente. Le sue parole l'atterrarono.
Si sentì all'improvviso stanca e si raggomitolò chiudendo gli occhi.
Non voleva sentire le grida di protesta della gente, non aveva più la forza di affrontare Angus. 
Pregò che il sonno l'accogliesse subito, mentre serena pensava ad Aspide ancora libero. 
 
Lo sceriffo svegliò Kelly al tramonto. Era uscito a prendere la cena, aveva aperto la cella per posagliela accanto, poi l'aveva richiusa dirigendosi alla scrivania.
Kelly si guardò attorno ancora assonnata, ricordando dove si trovava. Prese la ciotola ed iniziò a mangiare senza appetito.
Udì la voce di Angus:
"Ho parlato con Nick e Connie. Unendo i nostri risparmi non arriviamo a mille dollari".
"Non importa ... sconterò i due mesi" fece lei. 
"Connie ha detto che passerà domani a portarti qualcosa ... che so un libro, della biancheria ...".
"Mm ... bene". 
Angus si preparò a stendere una coperta su di una branda in un angolo dell'ufficio:
"Non posso dormire a casa quando c'è un prigioniero. Mi toccherà dormire qui per due mesi di fila" brontolò. 
Spense i lumi, poi si sdraiò sulla branda, mettendosi le braccia dietro la nuca. 
"Non mi svegliare se non riesci a dormire" l'avvisò.
"Va bene".
Passarono ore e Kelly non fece altro che rimanere straiata sulla vecchia branda a guardarsi intorno.
Dedicò interi minuti ad ammirare Angus, che dormiva a poca distanza da lei. I suoi lineamenti forti e decisi erano rilassati ed armoniosi, il suo petto si alzava ed abbassava al ritmo di ogni suo respiro.
Angus. Aveva sempre avuto un debole per lui, ma probabilmente Kelly non era mai stata contraccambiata perchè per diverso tempo, lui non aveva mai fatto nulla per avvicinarla, anche se piccoli segnali nei suoi comportamenti ogni tanto le avevano fatto credere il contrario. 
Ripensò ad Aspide, ormai chissà dove. 
Aveva mantenuto la sua promessa. Non lo aveva seguito. 
Per Kelly l'importante era che lui fosse sano e salvo, anche se lontano da lei. 
Si strinse sulla branda iniziando a sentire freddo cercando almeno di appisolarsi. 
In piena notte sentì Angus alzarsi ed aprì gli occhi vedendolo avvicinarsi alla cella: tra le mani aveva una coperta.
"Tieni ..." le disse facendola passare tra le sbarre "Ma ricordati di ridarmela domattina. Non ho voglia di sentire ancora prediche dal sindaco".
Kelly si alzò per prenderla, ringraziandolo. 
"Come mai non dormi?" gli chiese. 
Angus non le rispose: rimase in silenzio appoggiato alle fredde sbarre con una spalla, una scatola di fiammiferi che rigirava di continuo in una mano. 
"Non ho più sonno ... ti va di parlare un po'?".
Kelly annuì, poi colse l'occasione per dirgli:
"Grazie ... per tutto ciò che hai fatto per me". 
"Tu per Aspide hai fatto molto di più". 
Si spostò a prendere una lanterna e ad accenderla. 
La tenue luce tremolante illumininò debolmente la stanza.
Angus l'appoggiò sul pavimento, e si sedette lì, rimanendo appoggiato alla cella e non alzò mai lo sguardo su di lei mentre parlava:
"Sai ... mi sono ritrovato ad apprezzare per una sola cosa quell'Aspide: è riuscito a farti perdere la testa. Lo stimo per questo". 
Anche Kelly si sedette, accanto a lui, ma oltre le sbarre.
"Ci saresti riuscito anche tu, se solo lo avessi voluto" disse amaramente. 
"Sai benissimo perchè non mi sono esposto" si giustificò lui "Non volevo fare un torto a Nick".
"Io e Nick siamo solo amici" spiegò Kelly "Tuo fratello sa benissimo che non provo nient'altro che affetto per lui". 
"Si. Mi sono accorto da un po' che Nick si è serenamente rassegnato ... e quando finalmente ho pensato che  potevo farmi avanti, è spuntato fuori un bandito che mi ha portato via la donna che ho creduto di avere già in pugno. Alquanto scocciante direi ...".
Kelly fece una pausa, prima di dire brevemente:
"Io non sono innamorata di Aspide. Ne ero solo attratta". 
Ad Angus sfuggì una breve risata nervosa: 
"Andiamo Kelly ... Non prendermi in giro. Ho visto come lo guardavi al processo, o come sei fuggita da qui dopo che gli hai parlato ... e ci sei stata pure a letto" abbassò il capo aggiungendo affranto "Non ho creduto alle mie orecchie quando quel contadino ha raccontato di averti vista semisvestita nel suo fienile".
Kelly si sentì a disagio. Non aveva scusanti, e non riuscì più a dire nient'altro. Ma di una cosa era certa.
Angus le piaceva. Le era sempre piaciuto, e non intendeva perderlo.
Lo guardò alzarsi e spostare la lanterna sulla scrivania. 
Si alzò anch'essa, aggrappandosi  alle sbarre che la dividevano da lui.
"Angus" lo chiamò debolmente "Ho qualche speranza che tu possa volermi ugualmente al tuo fianco?".
Rimase sospesa al silenzio che seguì la sua domanda guardandolo voltato di spalle, immobile accanto alla scrivania, e all'improvviso tutto ciò che aveva fatto per Aspide le sembrò banale e privo di senso. Si rese conto che l'avrebbe fatto anche per lui, o per Nick, o per chiunque le stesse a cuore.
Ma nè con Nick, nè con Aspide lei aveva desiderato il suo futuro. Con Angus si, ora più che mai.
Lo vide spostare lentamente una mano sul piano della scrivania, afferrare le chiavi della cella e stringerle forte in un pugno, prima di voltarsi e avvicinarsi alle sue sbarre. 
Guardò il suo capo biondo chino sulla toppa, mentre apriva la cella.
"Che stai facendo?" gli chiese con un filo di voce vedendolo entrare.
Angus si avvicinò a lei guardandola finalmente negli occhi poi sollevò le mani per catturarle il viso, per accarezzarglielo delicatamente con i pollici, prima d'inumidirsi le labbra e scendere a baciarla.
Il corpo di lei s'incurvò al suo, mentre Angus abbassò le mani per poterla abbracciare e stringere, continuando a baciarla, invadendo la sua bocca, sentendola gemere di piacere. 
La fece indietreggiare fino ad imprigionarla contro il muro, e con dolce prepotenza la tenne contro di sè, obbligandola a sentire il suo desiderio. Lei lo respinse lievemente staccandosi dalle sue labbra, prendendo fiato, e poi chiese in un sussulto:
"Questo sarebbe un si?".
"Al diavolo Kelly ... sono stanco di aspettare" le rispose lui con voce roca.
E tornò a baciarla con foga, perdendosi in lei completamente.
 
Connie stava dormendo nel suo letto semisommerso da vestiti già indossati, quando udì un strano rumore che la svegliò.
Ancora assonnata prese la lanterna sul comodino e l'accese, facendo luce nella camera.
Non vide nulla di anormale attorno a lei, ma per niente convinta si alzò infilandosi una vestaglia.
Poi si accorse che la finestra era aperta. Si mosse per richiuderla, e quando si voltò cacciò un grido acuto nel vedere un uomo al centro della sua stanza. Aspide le tappò rapidamente la bocca:
"Non urlare per favore" la pregò lui sottovoce e Connie quando lo riconobbe si calmò, tornando a respirare liberamente.
"Che ... che cosa vuoi?" gli chiese quasi balbettando. 
"Sei l'unica che ho visto consolare Kelly. Ho dedotto che sei sua amica". 
"Si, lo sono" sussurrò lei.
Aspide indietreggiò per sollevare una borsa da cavallo che aveva posato su di una sedia. Gliela mostrò spiegandole:
"Qui dentro ci sono tremila dollari. Sono i soldi per la sua cauzione". 
Connie iniziò a tranquillizzarsi e le sfuggì un timido sorriso.
Guardò il bandito capendo, riconoscente.
Lui annuì, oltrepassandola per dirigersi alla finestra da dove era entrato.
Ma Connie gli chiese:
"Devo dire qualcos'altro a Kelly?". 
Aspide esitò per un istante, poi s'infilò una mano in tasca prendendo qualcosa.
Tornò dalla donna.
"Si. Dille che quando riceverà questo, io sarò ormai lontano".
Connie guardò il ciondolo d'oro con l'iniziale e sorrise stringendolo al petto.
Guardò Aspide con occhi quasi sognanti:
"Lo farò" gli promise, poi lo seguì con lo sguardo mentre saliva sul davanzale della sua finestra.
Lui le sorrise tra i vetri aperti, mentre le disse:
"Grazie ... strega" poi scomparve nel buio della notte. 
 
 
                   Fine

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