Nell'occhio del Lupo

di ourevel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Minacce Incombenti ***
Capitolo 2: *** Nuovi Arrivi ***
Capitolo 3: *** Fuga nel Tempo ***
Capitolo 4: *** Trip Time ***
Capitolo 5: *** Lacrime Amare ***
Capitolo 6: *** Ospiti Inattesi ***



Capitolo 1
*** Prologo - Minacce Incombenti ***


Prologo – Minacce incombenti
 
Helen stava correndo più veloce di quanto avesse mai fatto in vita sua.
Svoltò un angolo.
Non ce la faceva quasi più, ma doveva accelerare.
Le erano dietro. Poteva sentire i loro bassi ansati poco distanti, il ticchettio dei loro artigli sul selciato della città vecchia.
Disperata, si guardò attorno. Una pila di barili era poggiata ad una parete poco distante.
Agitando la corta bacchetta che stringeva in mano, li fece rotolare rumorosamente dietro di lei.
Forse li avrebbe rallentati un po', giusto il tempo di trovare un nascondiglio. Almeno il tempo di farla ragionare su cosa fare.
Non funzionò. Dopo qualche attimo sentì nuovamente il rumore dei suoi inseguitori.
Era al limite, doveva fermarsi.
Ansimante, si nascose a prendere fiato dietro una grossa cassa, in angolo ad una modesta casetta in argilla.
Due grosse figure le passarono oltre, oscurando per una frazione di secondo la flebile luce della luna e gettando in ombra la ragazza. Non parvero scorgerla.
Questa aspettò alcuni secondi poi, il più silenziosamente possibile percorse il vicolo alle sue spalle.
In meno di un minuto sbucò in una piccola piazzetta a ridosso della porta occidentale.
Di guardie cittadine, nemmeno l'ombra.
Un basso ringhio fu chiaramente udibile nella notte. Proveniva da sopra di lei.
Di scatto, Helen si girò a osservare l'origine di quel suono: erano lì, che l'osservavano rabbiosi.
Dalle lunghe fauci insanguinate, stava colando una densa bava puzzolente, che grondava a terra in grosse gocce.
Dai loro musi deformi e allungati, ricoperti di pelo corvino lucido, le bestie osservano la ragazza con i loro occhi color topazio che già ne stavano pregustando il sapore della carne e del sangue. La luce dell'astro notturno si rifletteva su di essi, facendogli riflettere bagliori sinistri.
Un ululato squarciò il silenzio che permeava la città addormentata.
La giovane cominciò a tremare violentemente, mentre indietreggiava dal piccolo edificio in mattoni dove erano appollaiati gli esseri.
Ne sarebbe bastato anche solo uno per svolgere con efficienza il loro compito, ma evidentemente volevano essere sicuri.
La ragazza strinse in un pugno l'amuleto che portava al collo: un semplice disco d'oro, con inciso sopra un intricato pentacolo e alcuni ingranaggi metallici fissati sul retro, che giravano incessantemente producendo un ticchettio ritmico ed ipnotizzante.
Due grosse lacrime le rigarono il viso già gonfio dal pianto, mentre si preparava alla fine.
Dietro di sé udì una porta sbattere.
“Helen!” si sentì chiamare da una voce familiare. Una flebile speranza si aprì un varco nel suo cuore.
Gettando un'ultima occhiata ai due esseri, che avevano spostato la loro attenzione sulla nuova comparsa, si girò di scatto e prese a correre verso il fondo della piazzetta, dove due uomini le stavano tenendo aperta la porta di una piccola costruzione.
Quello più a destra aveva estratto dalla cinta un lungo pugnale, che mandava caldi riflessi della torcia sostenuta dal secondo.
“Marcus! William!” gridò a sua volta la ragazza, sentendo le bestie atterrargli dietro “Aiuto!”.
Gli esseri erano grandi praticamente il doppio di lei, non che ci volesse molto data la sua bassa statura, ma quegli esseri superavano comunque abbondantemente i due metri.
Marcus puntò il pugnale verso di lei “Giù! Ora!” gridò.
“Igne sancta, daemonium fugit... Sagitta magica: series Igne!” pronunciò rapidamente.
Come la ragazza udì l'avvertimento, si buttò a terra il più rapidamente possibile. Cinque saette infuocate le passarono sopra la schiena, andando a schiantarsi nel petto della bestia più vicina a lei, che rotolò a terra emettendo latrati di dolore, col pelo in fiamme.
Il secondo essere si fermò spaventato di fronte alla reazione di quell'uomo con la cicatrice, e rapido scorse lo sguardo dalla sua preda al suo compagno, evidentemente indeciso sul da farsi.
Dopo qualche istante, decise infine di ignorare il suo simile e riprendere l'inseguimento, quasi volando sui quattro lunghi arti, i cui due anteriori erano estremamente simili a delle mani.
Intanto la giovane si era rialzata ed aveva ripreso la corsa verso la casa.
Marcus la raggiunse con uno scatto e si frappose tra lei ed il mostro.
Con un lampo di luce, il mago si rivestì di una lucente armatura bianca mentre il pugnale che stringeva in mano si tramutò in una lunga spada infiammata di guizzi color zaffiro.
La bestia sembrò avere un ripensamento nel vedere il cavaliere, ma ormai era troppo vicina per scappare.
Con un urlo, il gallese si avventò sull'essere, aprendogli un profondo squarcio nel fianco e facendolo ruzzolare poco distante.
Rapidamente lo raggiunse e gli piantò la lama in un arto, inchiodandolo dolorosamente a terra.
“Chi vi manda?” domandò secco, la voce resa metallica dall'elmo “Cosa volete da Helen?”.
“Eheheh...” gorgogliò con voce roca la creatura, sbavando saliva mista a sangue “Ti piacerebbe saperlo, eh 'cavaliere'?” sputò l'ultima parola con disprezzo, quasi anche il solo pensarla gli causasse rigetto.
“Sappi solo che... deve morire.” annaspò, respirando sempre più a fatica “Così come è morto il Vecchio... ahrahrahr!” il corpo muscoloso fu scosso da una serie di violenti spasmi, ad accompagnare quella che doveva essere la sua ultima risata.
Poi, il corpo della bestia giacque immobile, senza vita.
Con uno strattone, Marcus estrasse la lama dal cadavere “Fa nulla.” disse rivolto a questi “Vorrà dire che sarà il tuo degno compare a collaborare.”.
Ma come volse lo sguardo dove era caduto il secondo mostro, si rabbuiò.
Il corpo era infatti scomparso, solo un alone nero sul pietrisco della piazza ricordava dove stava bruciando.
Dandosi un veloce sguardo attorno, si affrettò a rientrare in casa, sul cui uscio erano rimasti ad osservare il giovane uomo e la ragazza.
Un altro lampo. L'armatura del gallese era scomparsa.
“E' vero ciò che ha detto? Il Vecchio è morto?” chiese preoccupato rivolto ad Helen, evidentemente finita e scossa.
Lei annuì, riprendendo a singhiozzare, ma ormai non aveva più lacrime.
Lo sguardo di Marcus si addolcì.
La giovane era in abiti da notte, scalza. Tutta la parte destra della sua ampia veste era a brandelli e lorda di sangue, ma lei non pareva ferita.
Delicatamente la trasse a sé e la strinse in un forte abbraccio, mentre lei piangeva il suo dolore sulla spalla del mago.
Quando sembrò essersi calmata un poco, l'uomo la staccò tenendola per le spalle.
“Devi fuggire. Dove non ti possano trovare,” le disse serio “L'hai sentito anche te. Non avranno pace finché non ti avranno scovato e privato della vita.”.
“No!” scosse la testa la ragazza “Devo restare! Servo all'Ordine!”.
“Appunto per questo!” ribadì Marcus “Se ti uccidono, come puoi pensare di portare aiuto alla Lama Celeste? E poi... gliel'hai promesso.”.
Lei abbassò lo sguardo, portandosi le mani al pendente.
“E' vero... ma...!” iniziò a ribattere.
“Attivalo.” la interruppe il mago “Con lui sarai al sicuro!”.
Gli sorrise “Avvertilo di ciò che è accaduto: non ne rimarrà indifferente, credimi!”.
Helen sembrava indecisa.
Dopo circa un minuto di riflessione, un ululato risuonò in lontananza.
“Presto! Stanno arrivando!” la incalzò il mago.
“Va bene! Ma promettetemi che sopravviverete!” decise la ragazza, allungando una mano.
“Certo! Per chi ci hai presi?” sorrise William dalla finestra “Non saranno certo quei due o tre lupacchiotti a metterci in difficoltà, vero signor Marcus?”.
“Parole sante, ragazzo mio! Ora tieni! E fa buon viaggio!” disse alla ragazza mettendole in mano un blocchetto di fogli e una fiala contenente un liquido rosso tirati fuori da una tasca interna della sua mantella.
Incerta, la giovane ripassò mentalmente le istruzioni che le erano state insegnate da colui che le aveva donato l'amuleto.
Facendo un profondo respiro, stappò la boccetta e si strofinò le mani col contenuto, per poi prendere in mano l'amuleto e leggere dal blocchetto di fogli che aveva nell'altra mano:
“Practe bigi nair... Venite ad me, spiritus temporis et spatii! locus iste ostendit quod non est suam originemad terram! Condita quod cum eo et portandum eam securus in saecula! Voca intemporis!”.
Un ampio pentacolo rosso si formò velocemente sotto i suoi piedi, mentre un ampio manto nero comparso dal nulla l'avvolgeva dolcemente.
Come si trovò imbozzolata in quello strano e morbido materiale si sentì incredibilmente stanca, più di quanto già non fosse.
-Solo per qualche secondo... per riprendere le forze...- si disse mentre scivolava nel sonno.

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Capitolo 2
*** Nuovi Arrivi ***


Capitolo 1 – Nuovi arrivi
 
“Accidenti! Un'altra cittadina è stata aggredita e massacrata da creature magiche nell'arco di una notte!” esclamò sorpreso Negi, osservando lo schermo del pc, mentre scorreva le colorate pagine web di Magic-net sorseggiando una calda tazza di tè.
“E' spaventoso!” continuò “Non sapevo ci fossero così tanti attacchi all'anno! E negli ultimi tempi sono aumentati esponenzialmente!”.
Il ragazzo smise di bere, allibito.
“Mhm... ricordo che anche il nonno se ne lamentava, qualche tempo fa.” disse pensierosa Konoka, impegnata a tirar fuori dall'armadio un gran numero di abiti.
“Ehm... professore... dovrebbe scendere a far le valigie pure lei! Tra poco dovremo partire...” Ako fece timidamente capolino sul soppalco, sbirciando cosa stesse facendo il ragazzo.
“Oh! Certo, Ako. Ora scendo.” con una capriola ed una leggera spinta delle braccia, il professore si proiettò oltre la piccola ringhiera affianco della scaletta dove era la ragazza e, sfiorando il soffitto, atterrò in piedi di fronte alla porta, dalla quale in quel momento stava entrando Asuna.
La giovane emise un gridolino di sorpresa, e come si riprese dallo spavento sferrò un duro colpo di nocche sulla nuca del coinquilino.
“Non azzardarti a rifarlo, intesi?! Mi hai fatto prendere un colpo!” esclamò.
“Scusa, scusa...” rispose divertito Negi, massaggiandosi la testa “Te Asuna, sei pronta?”.
“Certo!” gonfiò il petto la ragazza, mostrando una grossa borsa sul punto di scoppiare “Certo che è stata gentile la capoclasse ad invitarci nuovamente sulla sua isola!”.
Si stiracchiò “Però, onestamente, ci voleva un po' di relax! Voglio dire... tra il festival, viaggi nel tempo, vampiri, senza offesa, Ako...” specificò “Insomma! Finalmente si stacca la spina!” spiegò contando sulle dita gli inconvenienti e le fatiche di quelle ultime settimane.
“Mhm... effettivamente è vero.” riconobbe il mago “ Anche se devo dire che il mare di Bisanzio era veramente favoloso d'estate. Conoscevo un paio di posticini poi...” divagò il ragazzo, perso nei ricordi.
“Oh! La borsa!” si ricordò, tornando al presente ed affrettandosi a preparare la valigia.
“Quindi... questa volta verrà pure il Master?” chiese incuriosito, mentre tirava fuori da un cassetto alcuni costumi.
“A quanto pare. Da quando ha trovato una maniera per uscire dal campus, il suo umore e la sua sopportazione sono decisamente migliorati!” rispose Asuna.
In quel momento bussarono alla porta: era Setsuna, in divisa scolastica e con una piccola borsa in spalla.
“Secchan!” la riprese imbronciata Konoka “Non avrai intenzione di venire così?!”.
“C-così come?” chiese stupita la ragazza, guardandosi “Ho qualcosa che non va?”.
“Tutto!” esclamò la sua protetta “mica siamo più in periodo scolastico! Siamo in vacanza, capito? Va-can-za! Su, fila in camera, che te la faccio IO la valigia!” finì spingendola a forza verso il suo alloggio, tra le debole proteste della shinmei e le risatine degli altri occupanti della stanza.
“Eh sì! Mi mancava proprio questa vita!” sospirò Negi.
“Fermo fermo fermo!” lo fece sobbalzare la voce di Asuna “Non avrai mica intenzione di portarlo, quello?” chiese indicando il pugnale di Negi, saldamente appeso alla cinta del ragazzo.
Questi lo guardò stupito “Certo! E' il simbolo del mio ordine, non posso separarmene!” spiegò semplicemente.
“Oh, sì che puoi! E lo farai! Non esiste che tu ti porti un'arma in aereo! E non frignare! Per questa settimana niente stranezze!” disse seria, con sguardo minaccioso.
Si avvicinò rapidamente al ragazzo e fece per sfilargli l'arma, quando questa iniziò a brillare fortemente.
“Eh?” si fermò stupita Asuna “E questo cos'è? Una specie di antifurto?”.
“No...” sbiancò Negi, come si accorse del fenomeno “No! Perché ora?”.
Si volse verso la compagna “No... non è un antifurto. E' un incantesimo che sta venendo attivato, presto! Allontanati!”
sbalordita, la ragazza ubbidì.
Come si fu scostata dal mago, un grosso pentacolo cremisi si disegnò ai piedi di quest'ultimo, facendo crepitare l'aria lì attorno.
Piccole saette sferzarono l'appartamento, mentre con un rumore sordo uno strappo di notevoli dimensioni si apriva a mezz'aria anzi, nell'aria stessa sopra il cerchio magico.
Una sacca nera come la notte fuoriuscì lentamente dallo squarcio, depositandosi delicatamente a terra.
Con un piccolo lampo, la frattura nella realtà si chiuse, lasciando al suo posto solo un intenso odore di bruciato.
Pure il cerchio magico sbiadì fino a scomparire, così come il sacco, che rivelò il suo contenuto.
Asuna lo scrutò incuriosita e sconcertata.
Al centro della stanza giaceva una ragazzina di non più di quindici anni, piccola e minuta, tanto da essere di poco più grande alle gemelle Narutaki.
Aveva i tratti dolci e fini, la pelle sfumata da un'intensa abbronzatura dorata. Dai lati della testa, seminascoste da un'impressionante e voluminosa chioma ramata, spuntavano due graziose orecchie con forma leggermente appuntita.
Indossava una semplice veste bianca, o almeno così doveva essere in origine, dato che al momento era quasi completamente lacera nella sua parte destra e con grosse chiazze di sangue essiccato a macchiarla.
Anche le mani affusolate, come svariate delle rilucenti ciocche, erano tinti di quel rosso sporco.
Al collo, un piccolo e bizzarro amuleto emetteva un continuo e costante ticchettio, quasi fosse un orologio in miniatura.
“He-Helen?” Negi fece un passo idietro, pallido in viso “Perché...?”.
Ako, che aveva assistito a tutta la scena, lo fissò stupita “Helen?” le gettò un rapido sguardo “Quell'Helen?” chiese al professore.
“S-sì.” annuì il mago.
Gli occhi della giovane vampira erano incollati al corpo della ragazza a terra “E'... è coperta di s-s-sa...” non terminò la frase che prese a sudar freddo, mentre due lunghe ed affilate zanne le spuntavano dalla bocca aperta.
“N-no!” esclamò portandosi le mani al viso “Io... vado a chiamare il professor Takahata!” disse volando fuori dalla stanza.
Il mago si era nel frattempo ridato un contegno e, lentamente, si accostò alal ragazza, inginocchiandosi a controllare che stesse bene.
“Ne-Negi...?” chiese sbalordita Asuna, affiancandosi all'amico “La conosci?”.
Il ragazzo annuì, mentre finiva di assicurarsi della salute della giovane.
“Lei è... come posso spiegarlo?” disse rialzandosi “Ecco...” sembrava imbarazzato da quella situazione.
“Sarebbe... anzi, era... più di un'amica... quella... quella che potremo definire una fidanzata... anche se non in termini così ufficiali...” borbottò a bassa voce il ragazzo, rosso in volto “Ma neanche quello... insomma! Te l'avevo detto che era difficile da spiegare!” continuò con voce sempre più flebile.
Asuna rimase di sasso. Un silenzio tombale scese nella camera.
Dopo un lungo minuto, nel quale Negi si adoperò per sistemare la nuova arrivata sul divanetto con una coperta sopra e tirar fuori da un cassetto un piccolo set da alchimista, la spadaccina riprovò “E... come... come vi siete conosciuti?”.
Il mago cominciò a tramestare con vari ingredienti ed il piccolo calderone “Presente quando vi ho raccontato da dove provenisse la mia cicatrice? Bhe... è stata lei a curarmi prima che morissi dissanguato. È un membro dell'ordine, anche se non combattente. È la nostra guaritrice, tipo Konoka, anche se molto meno potente. In compenso è decisamente più abile. Nel passato, padroneggiare l'arte dell'erboristeria e la magia della vita, cioè gli incantesimi curativi, con tale abilità è una dote estremamente rara e preziosa.”.
Aveva nel frattempo finito di preparare un infuso molto simile a quello con cui Eva li aveva fatti rinvenire dal viaggio temporale, almeno così suppose la ragazza coi codini, ricordandone il colore.
“Ecco... Asuna? Mi daresti una mano?” le chiese, avvicinandosi al divano.
La giovane aiutò Negi a far bere alla ragazza addormentata la pozione, per poi tornare a sdraiarla.
“Tra qualche minuto si riprenderà. Comunque cosa stavo dicendo? Ah sì! Come ti ho detto le persone come lei erano decisamente importanti per la società magica dell'epoca, figurati per un ordine militante come il nostro. Allo stesso tempo, essendoci dimostrati io e Kotaro molto capaci, rimanevamo comunque reclute. Fummo dunque assegnati alla sua protezione.” disse indicandola “Già la conoscevamo, da quando Marcus ce la presentò al nostro arrivo a Bisanzio, e questo rese decisamente più piacevole il nostro compito, forse anche troppo. Era... è una ragazza così vivace, intelligente, curiosa... era un piacere starle accanto e anche lei non sembrava disprezzare la nostra. Soprattutto la mia. Spesso mi accompagnava nelle ricerche per la formula, nonostante non le abbia mai detto la verità sulle mie origini. Comunque sia, finimmo per trovarci spesso soli, e di certo non mancavano mai gli argomenti di discussione o cose da fare, e diciamo che questo non ci dispiaceva affatto. Non guardarmi così! Non ho mai fatto nulla di ciò che pensi! Mai e poi mai mi sarei permesso! E poi dovevo tornare al mio tempo, non potevo permettermi relazioni così profonde con gente che non avrei mai più rivisto... o almeno così credevo. Evidentemente ho sbagliato in entrambe le cose...” disse amareggiato fissando Helen.
Asuna aveva uno sguardo ferreo “Ah! Ora capisco! Mentre noi ci facevamo massacrare da un maledettissimo vampiro nelle catacombe di Istanbul per recuperare i TUOI indizi e riportarTI a casa, tu hai avuto pure tutto il tempo per fare il cascamorto con una ragazzina di un altro tempo, che per tua ammissione non avresti dovuto rivedere mai più?” gli sbraitò contro irata, per poi buttarsi su una sedia lì vicina.
“Chi avrebbe fatto cosa?” fece capolino Konoka, di ritorno dalla camera dell'amica, con una grossa valigia al seguito.
“No! Signorina, la prego! Tolga quel costume!” la raggiunse Setsuna, rossa in viso.
“Uh?” esclamò però come notò la nuova presenza nella camera.
“Scusa, Asuna... ma chi è la ragazza sul divano? È una tua amica?” entrò la principessa di Kyoto, ignorando la protesta della compagna.
“No!” rispose scontrosa lei “Ma pare conoscerla bene Negi!”.
“Dai Asuna... non fare così...” disse Negi esasperato “Stai esagerando ora... è vero che ho sbagliato, ma ora ho al possibilità di rip...”.
“Che succede ragazzi?”.
Sulla porta era comparso trafelato Takamichi, seguito a ruota da Ako.
Il ragazzo rinunciò a far ragionare la coinquilina scuotendo la testa, proprio non riusciva a capire cosa pensasse.
“Ah! Takamichi! Grazie per essere venuto. Bhe... per rispondere alla tua domanda, possiamo dire che la storia di Istanbul non si sia affatto conclusa.”.
“In che senso, scusa?” chiese perplesso l'uomo, avicinandosi.
“Nel senso che lei è Helen Keresi di Bisanzio, guaritrice dell'Ordine della Lama Celeste.” disse indicando la ragazza, che aveva iniziato a sbattere gli occhi assonnata. Due grandi occhi di un verde intenso ed allo stesso tempo cangiante, con infinite sfumature e riflessi.
“Oh! Si sta svegliando!” osservò Konoka, affiancandosi al divanetto.
Helen si tirò su di scatto, osservandosi impaurita attorno.
“Do-dove sono?” chiese con voce flebile. Nonostante l'evidente timore, aveva una voce dolce e musicale, notò stizzita Asuna.
Non riusciva a capirne il motivo, ma la presenza di quella giovane le procurava un inspiegabile senso di irritazione e fastidio.
“Calma!” le disse avvicinandosi il giovane mago “Sei tra amici!”.
La ragazza lo fissò per qualche istante spaesata poi, con grosse lacrime agli occhi si gettò al collo del professore, stringendolo con forza.
“Negi!” pianse “Ha funzionato davvero! Sono da te!” stava tremando “Sono salva...” sussurrò.
“S-s'...” annaspò il professore, cercando di allontanarla “Sei... qui, sì. Però ora lasciami... non respiro!”.
Gentilmente, Negi si staccò Helen di dosso e la poggiò sul divano, avvolgendola con la coperta.
“Anch'io sono estremamente felice di vederti.” continuò “Ma come mai sei qui? Voglio dire... non c'è bisogno di te all'Ordine?”.
La ragazza sembrava sul punto di rispondere, ma subito chiuse la bocca come notò le altre facce nella stanza.
“Sì... scusa, Negi. Solo una domanda... ma dove siamo? È così... strano, qui! E chi sono queste persone? No, aspetta! Alcune le riconosco! Voi siete la signorina Izumi e la signorina Sakurazaki! Non siete cambiate per nulla da quando siete partite!” disse mentre si asciugava gli occhi.
Sembrava essersi ripresa abbastanza.
“Giusto! Giusto! Perdonami se non ci ho pensato! Partiamo dalle presentazioni: l'uomo dietro di me è il professor Takahata, la ragazza che ti sta sorridendo alla tua destra è Konoe Konoka, mentre quella seduta col broncio è Kagurazaka Asuna.” sorrise il giovane.
“Piacere di conoscerti!” la salutò allegramente Konoka, mentre Asuna si limitava ad uno sbuffo.
“Riguardo al luogo... bhe... è meglio se te ne parlo con più calma quando ti sarai riposata e ripresa. Sembra siano successe parecchie cose dalla mia partenza, e hai un'aria a dir poco traumatizzata.” continuò serio Negi.
“Ma...” Helen non sapeva cosa rispondere. Era evidentemente spaesata in quell'ambiente evidentemente così diverso da quelli a lei familiari, circondata da volti nuovi o che a malapena conosceva.
“Vieni Helen, ti chiami così, giusto?” la invitò Konoka porgendole una mano “Sei tutta sporca... ti accompagno ai bagni, così ti rinfreschi e ti rilassi, ok?”.
La ragazza lanciò un'occhiata dubbiosa a Negi, che rispose con un cenno d'assenso.
“Di loro ti puoi fidare, stai tranquilla. Come tornate, prometto che ti spiegherò tutto.” le disse.
Con aria stanca e passo incerto la giovane seguì allora la nipote del preside fuori dalla camera, lanciandosi un ultimo sguardo alle spalle.
“Ako...” chiamò Negi, facendo sobbalzare la ragazza “Posso chiederti gentilmente di chiedere alla capoclasse da parte mia se si può posticipare la partenza a domattina? E magari avviseresti pure le altre ragazze che erano a Istanbul di venire qui? Qualcosa mi dice che la presenza di Helen qui non porti buone nuove.”.

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Capitolo 3
*** Fuga nel Tempo ***


Capitolo 2 – Fuga nel tempo
 
“Perdonami Negi, ma penso che ci vorrà un po' di tempo affinché io possa comprendere appieno le tue parole. Naturalmente ti credo, ed ho inoltre avuto prove di quanto tu mi abbia detto, quando sono andata in quelle meravigliose terme, ma ciò non rende le cose più... 'facili'.”.
Helen era nuovamente seduta sul divanetto dell'appartamento di Negi, con indosso una maglia di Konoka, che le ricadeva così lunga sull'esile corpo da fungerle pure da gonna.
Come era rientrata dai bagni aveva un'aria meravigliata, e con interesse aveva ascoltato il racconto del professore su quella realtà, il viaggio nel tempo e tutte le spiegazioni che il mago si sentì in dovere di dargli.
Man mano che ascoltava, l'espressione si era fatta più seria, e in certi punti aveva evidenti difficoltà ad immaginare concetti moderni quali auto o computer, ma comunque non interruppe mai il discorso.
"Ovviamente!” rispose con un sorriso Negi “Sarebbe strano il contrario. Ti prego inoltre di perdonarmi per averti tenuto all'oscuro della verità.” continuò serio.
La ragazza annuì, poi si osservò intorno, scrutando i volti che la circondavano.
“Ora...” intervenne Kotaro, affiancandosi all'amico “Ci potresti dire come sei arrivata qui? E soprattutto perché?”.
“Alla prima domanda posso rispondere io.” la anticipò Negi “Vedi quell'amuleto che ha al collo? È un manufatto che ricrea gli effetti di evocazione del pactio, attivandolo con la giusta formula. Come catalizzatore è necessaria una fialetta di sangue della persona dalla quale si vuole arrivare, in maniera che l'incanto abbia un 'punto di riferimento' da cercare. Ammetto che è una spiegazione alquanto blanda, però spiega a grandi linee il funzionamento dell'oggetto. Immagino che Helen abbia usato il mio, di sangue, che le avevo consegnato insieme all'amuleto dopo l'attacco dei goblin, ricordi? Mai però mi sarei aspettato che funzionasse anche a livello temporale, ma in fondo immagino abbia senso, non essendo io più presente nella sua epoca...” spiegò il mago, con evidente interesse in quel particolare ed inaspettato funzionamento “Ma devo dire di essere comunque incuriosito e preoccupato per il motivo che ti ha spinto ad utilizzarlo.” continuò rivolto a Helen.
La ragazza inspirò profondamente, cercando di placare l'ansia che l'aveva assalita nel richiamare alla memoria i dolorosi ricordi di poche ore prima.
“Hai ragione ad esserlo. A Bisanzio è il panico tra i cavalieri, ormai. Io... io sono stata aggredita in casa da due Figli della Luna! Loro... hanno ma-massacrato mio padre davanti a me!” due grosse lacrime le rigarono il volto, ma con voce tremante continuò “P-poi hanno cominciato a inseguirmi per la città. Mi volevano uccidere! M-Marcus e William mi hanno soccorso, poi mi hanno spedito qui mentre le bestie magiche ricevevano i rinforzi! Temo per la loro vita!” finì in un sussurro.
“I-il Vecchio è morto?” chiese conferma allibito Negi “E hanno attaccato pure te?”.
Guardò Kotaro preoccupato, poi tornò a posare lo sguardo sulla giovane.
“Io... non so che dire... Mi... mi dispiace...” disse sedendole affianco e avvolgendola in un caloroso abbraccio.
Anche le altre ragazze erano rimaste senza parole. Tutte si strinsero attorno alla giovane, cercando di consolarla calorosamente.
Takamichi, anch'esso presente, si mise dietro Negi.
“Scusa, ma chi sarebbe questo 'Vecchio' che hai nominato prima?” gli chiese pensieroso.
“E' il fondatore dell'Ordine, nonché suo membro più anziano. È lui ad avere l'ultima parola su ogni decisione presa dai cinque Maestri, i membri più virtuosi delle Lame. O almeno così era fino ad oggi.” il ragazzo strinse i pugni, mentre una smorfia lo tradì facendo trasparire una profonda tristezza “Gli dovevamo molto. È lui che ci ha concesso di diventare membri, e sempre lui ci ha permesso di proseguire le nostre ricerche facendoci accedere alla sua biblioteca privata. Ci ha concesso talmente tanta fiducia da affidare a noi, due stranieri novizi, la vita della sua unica figlia. La sua morte è un duro colpo per tutti i membri, oltre che per l'onore dell'Ordine stesso, ceh non è stato capace di salvarlo.” spiegò.
“Non... non è tutto!” continuò Helen, asciugandosi gli occhi “Nell'ultima settimana è scomparso pure il Gran Maestro Joseph. È stato ritrovato solo il suo pugnale spezzato all'ingresso della Grande Cisterna.”.
“Pure lui...” il ragazzo rimase immobile qualche momento.
“Stanno attaccando i nodi vitali delle Lame!” realizzò infine Negi “Vogliono distruggerne le basi!” esclamò sconvolto.
Tutti lo fissarono stupiti. Anche Kotaro ed Helen rimasero perplessi di fronte a quell'affermazione improvvisa.
“Non capite?” si alzò in piedi il mago allargando le braccia “Prima il Vecchio, la persona con maggiore importanza all'interno delle Lame Celesti, poi Joseph, comandante militare e massimo esponente di tattica, e ora te, Helen!” disse indicandola “Unica e vitale guaritrice interna! Qualcuno sta velocemente tagliando le teste all'Ordine, gettandolo nel caos! Posso solo immaginare cosa speri di ottenere, con tali scellerate azioni!” abbassò le braccia “Chi mai potrebbe mai volere tutto ciò?” chiese con voce spenta.
“Chi potrebbe sapere tutto ciò, piuttosto. Non avevi detto che siete un ordine segreto?” lo corresse allora Takamichi, con una mano al mento.
“Bhe... ci saranno altri esterni a conoscenza del segreto, ne!” propose Chao.
“No...” scosse la testa Helen “Voi eravate l'unica eccezione.”.
“Allora qualcuno non manteneva il silenzio.” disse semplicemente Chachamaru “Ci deve essere un infiltrato, una spia.”.
“Questo è assurdo! Una spia di chi, poi? Chi vorrebbe mai sabotare, o peggio, distruggere un'organizzazione del genere? Per quale malato motivo un membro vorrebbe negare all'umanità l'unico organo che può efficientemente difenderlo da minacce magiche?” chiese Negi.
Un silenzio di tomba calò nella camera. Nessuno sapeva rispondere a quegli interrogativi.
I minuti passarono lenti nel tardo pomeriggio, accompagnati solo dal frinire delle cicale all'esterno dell'edificio.
“Devo tornare!” disse improvvisamente Negi “Bisogna fermare tutto ciò!”.
“Ben detto moccioso!”.
La voce di Evangeline fece sobbalzare tutti i presenti dentro la stanza.
“Ma-master?” si voltò sorpreso il mago.
La vampira era sulla soglia della porta appena spalancata: sembrava furente.
“Master?” gli fece eco stupita Helen, gettando uno sguardo alla biondina, per poi riposarlo sul ragazzo “Ma che dici! Lei è la picc...”.
“E' lungo da spiegare...” la interruppe questi.
“Sarà meglio di no, moccioso!” fraintese Eva, portandosi davanti al professore con poche ampie falcate “Anche se effettivamente potrei dilettarmi ad ascoltare le tue patetiche scuse prima di appenderti per quella tua linguaccia fuori dal cottage!”.
“Padrona... si calmi!” intervenne Chachamaru, inutilmente.
“Ora, piccolo maghetto che non sei altro, mi spieghi per filo e per segno perché sono le sette del pomeriggio, dico, LE SETTE, e ancora non mi trovo su un aereo diretto ai tropici! POI mi spieghi cosa ci fa qui LA MIA partner e dopo, solamente dopo, perché in questa stanza è riunita quasi META' classe!” sbraitò la ragazzina addosso a Negi.
“Ma come si permette?!” si stupì Helen fissando sbalordita Eva “Negi, perch...”.
“Mhm?” la bambina, accorgendosi della sua presenza, la degnò di uno sguardo per la prima volta da quando era entrata “E tu chi saresti?”.
La fissò meglio, stringendo gli occhi “No... non dirmelo. Tu... tu sei la ragazzina di Bisanzio.” un sorrisino gli si stampò in volto “Sì... mi ricordo ti te... Eri quella cotta per il moccioso!”.
Il viso di Helen divenne dello stesso colore dei suoi capelli, mentre silenziosa abbassava lo sguardo.
Tutte le presenti, eccezion fatta per Asuna, emisero versi stupiti.
Un tonfo sordo segnò lo svenimento di Nodoka, fino ad allora rimasta in silenzio poco distante, subito accorsa da Yue e Ako.
“Ebbene, ragazzino, vedo che la lista delle spiegazioni si allunga... ti conviene cominciare...” ghignò malefica la piccola vampira.
Deglutendo, il ragazzo espose il più rapidamente ed efficientemente possibile la situazione, evitando di dilungarsi e coperto da un leggero strato di sudore freddo.
“...Quindi intendevo porre fine alle vicende nel passato, non al... al...” il ragazzo la guardò perplesso “Voi cosa avevate capito, Master?”.
“Non ha più importanza, moccioso.”.
Evangeline aveva ascoltato tutto senza proferir parola, con espressione sempre più cupa.
“Per questa volta te la sei cavata, Negi Springfield, ma non abusare della mia pazienza. Ora, se ho capito bene, tu sei venuta sin qui in cerca di asilo in pratica, o sbaglio?” chiese rivolta alla ragazza del passato.
“S-sì... possiamo dir così.” borbottò questa.
“E sia. Domani partirai con noi! Chachamaru! Vai subito al cottage e prepara una valigia per la signorina Keresi, i miei abiti direi che sono all'incirca della sua taglia. E sentiti onorata di avere la mia protezione!” si volse poi verso Negi “In quanto a te portati dietro le tue ricerche. Se devi tornare nel passato, fallo come si deve, stavolta!”.
Detto questo uscì senza voltarsi, seguita dall'androide, che si profuse in un profondo inchino di scuse per la scortesia della sua padrona.
“Phew... ero convinto fosse giunta la nostra ora, amico!” sospirò Kotaro battendo una pacca sulla spalla del compagno.
“Eheh... pure io...” ridacchiò ancora nervoso il mago.
“Forza ragazze!” li richiamò Takamichi “Nelle vostre stanze, ora! La capoclasse mi ha avvisato poco fa per messaggio: la partenza è domani alle quattro, quindi fate le valigie e lasciate riposare Helen, su!”

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Capitolo 4
*** Trip Time ***


Capitolo 3 – Trip Time
 
“... ti ho detto che è qui!” una vocina destò Asuna dal suo sonno agitato, dove un esercito di piccoli Kamo le stava letteralmente divorando il costume mentre nuotava in un'acqua stranamente viola. Allo stesso tempo a qualche metro da lei, un grosso essere peloso dagli occhi color topazio l'attendeva con un enorme palloncino a forma di cuore stretto in un artiglio.
Un brivido le percorse la schiena al solo pensiero del sogno appena fatto.
“Ecco, vedi? È lì!” la vocina, terribilmente debole e acuta, si ripetè.
“Presto! Dobbiamo dirlo al Capo!” le rispose una seconda voce, altrettanto flebile.
Asuna si guardò intorno, ancora assonnata.
Ako dormiva tranquillamente nel suo letto mordicchiando il cuscino, così come Konoka, che però il suo lo stava avvinghiando con tutto il corpo e ricoprendo di baci. Sul soppalco, Negi si stava rigirando più e più volte nel suo futon, come in preda ad incubi. La ragazza aveva notato preoccupata che gli accadeva spesso da quando era tornato dal passato.
Helen invece, riposava beatamente, o più probabilmente distrutta, sul divano.
Guardò il cellulare: erano le due e mezza.
“Presto! Nascondiamoci! Quella in alto si è svegliata!” esclamò la prima vocina.
Kagurazaka tornò a guardare la stanza in tempo per vedere due piccole figure sgattaiolare fuori dalla finestra aperta.
Accigliata, si sporse dal letto per osservare meglio, ma null'altro si mosse nella stanza.
“Bha...!” bofonchiò stropicciandosi gli occhi “Maledizione! Ho ancora in mente quello schifosissimo sogno... su, vediamo di dormire un'altra mezz'oretta... e senza topi stavolta!” si ripropose ributtandosi sul cuscino.
 
* * *
 
“Helen! Guarda che puoi aprire gli occhi!” la voce di Negi la chiamò nuovamente dal sedile accanto al suo.
“No!” scosse la testa la ragazza “Tutto ciò non è naturale! Neanche con la magia si va così veloci!” si ostinò.
“Uff...” il giovane professore si accasciò sul sedile, arrendendosi.
Aveva un'aria distrutta. Due profonde occhiaie gli segnavano il volto.
Era da un'ora ormai che la giovane era venuta a conoscenza delle peculiari e moderne funzioni del Jet privato della famiglia Yukihiro, e dalla partenza, non una sola volta aveva voluto aprire gli occhi, serrati per la paura.
“Ha ragione Negi, Helen! Non hai nulla di cui spaventarti!” Konoka le si affiancò al sedile, sorridendole come sempre.
“Di-dite davvero?” chiese dopo qualche attimo di silenzio.
“Certo!” le rispose la nipote del preside, convincendola.
Lentamente, Helen schiuse le palpebre e si guardò attorno. Non stavano né precipitando né tanto meno era successo nulla di preoccupante.
Diversamente dalla precedente vacanza, erano decisamente meno le alunne presenti: la maggior parte della classe era in vacanza con la famiglia.
Nodoka e Yue riposavano in quello che sembrava un sonno agitato, Mana stava lucidando metodicamente le sue armi, mentre Ako e Setsuna erano tranquillamente perse nel mondo dei sogni nei rispettivi sedili.
Allo stesso modo Asuna, dormiva con la testa appoggiata a quella della capoclasse, anch'essa intenta a recuperare ore di sonno, con Takamichi nel sedile di fronte, nello stesso stato.
Era stato invitato anche lui su richiesta di Negi, dato che a sua detta era da un bel po' che non si prendeva una pausa dal lavoro.
Kotaro ed Evangeline stavano osservando frementi il paesaggio che correva sotto di loro, mentre Chisame riposava sul proprio sedile, con Chachamaru che la osservava pensierosa da quello affianco.
Chao stava invece sistemando un grosso orologio, pericolosamente simile al Cassiopea, con un'espressione soddisfatta.
“Guarda che spettacolo Helen!” la invitò Negi, dal suo fianco, indicandole il finestrino.
La ragazza si mise a cavalcioni del giovane, usandolo come appoggio per sporgersi a osservare. Ciò che vide la lasciò senza fiato: un'immensa distesa di onde blu scorreva sotto di lei, mentre in lontananza si potevano scorgere numerose isolette dall'aspetto paradisiaco.
Un forte desiderio di tuffarsi in quella natura incontaminata, di poter giocare con le onde e raggiungere a nuoto uno di quei piccoli paradisi naturali la pervase, facendole scorrere un brivido d'eccitazione lungo la schiena.
Sentiva quel richiamo dal profondo del suo essere, un impulso tanto improvviso quanto inaspettato che la spaventò non poco: mai le era capitato prima.
“Tutto bene?” si preoccupò Negi, sentendola fremere.
“S-sì, tutto a posto. E'... è magnifico...” gli sussurrò in risposta la ragazza.
Dopo qualche secondo, Negi le mise un braccio sulle spalle e la tirò a sé, mentre si lasciava andare sul sedile.
“Yhaaawn!” sbadigliò stringendola.
“Ne-Negi!” lo chiamò lei, cercando di liberarsi, ma il mago non poteva sentirla: era già profondamente addormentato con un'espressione beata in volto.
Con un sorriso, Helen smise di muoversi e gli poggiò la testa al petto.
Quello strano viaggio stava iniziando a piacergli, pensò mentre chiudeva gli occhi.
 
* * *
 
Arrivarono a destinazione in tarda mattinata.
Esattamente come le ragazze si ricordavano, l'isola era ricoperta di una lussureggiante macchia di foresta tropicale, con l'unica traccia di civilizzazione costituita dagli chalet in cui erano destinate ad alloggiare .
“Grazie infinite ancora capoclasse, per averci nuovamente invitato qui!” ringraziò Negi esibendosi in un leggero inchino, mentre le altre scendevano assonnate dall'aereo.
“Ma si figuri!” rispose imbarazzata la ragazza “Grazie a lei per essere venuto piuttosto!”.
“Comunque sia, se c'è qualcosa che posso fare...” si propose il professore, passandosi una mano tra i capelli.
“Assolutamente! L'unico vostro obbligo è rilassarvi! Avete la cera di uno che non dorme da giorni, senza offesa!” gli impose la bionda esponente della famiglia Yukihiro puntandogli un dito al petto.
“Negi!” si sentì chiamare da terra. Era Helen, corsa fuori come si erano posati al suolo, che con aria eccitata continuò “Guarda! Guarda! È meraviglioso!”.
“Sì, arrivo!” rispose ad alta voce “Scusami...” disse poi facendo per allontanarsi dalla giovane.
“Mi perdoni...” Ayaka lo trattenne per una manica “Potrei sapere chi è quella ragazza? Voglio dire... non l'ho mai vista a scuola, ed è senza ombra di dubbio straniera, dato che non parla una parola di giapponese. Ora, non vi sono stati problemi a portarla, si figuri, ma ci terrei a conoscerla un po' meglio... naturalmente se ciò non le è di dis...”.
“Certamente!” Negi tornò a voltarsi verso la capoclasse “Il suo nome è Helen Keresi, ed ha perfettamente ragione nel dire che non è giapponese: viene da Istanbul. L'ho conosciuta i giorni dopo il festival, quando vi è stato...'l'incidente.'”.
La faccia della capoclasse assunse un'aria decisamente stupita. Per qualche attimo, il professore soppesò cosa dirle della ragazza, optando infine per la pura e semplice verità, anche se non completa. In fondo non se la sentiva di mentire spudoratamente alla giovane, sua studentessa e persona decisamente degna di fiducia, a suo parere.
“Dunque... cosa posso dire... devi sapere che negli ultimi giorni quella povera ragazza è stata vittima di una terribile tragedia: qualcuno le ha ucciso il padre, suo unico parente in vita. Ma non solo. A quanto pare, quello stesso qualcuno la sta cercando per motivi sconosciuti per farle fare la stessa fine. Non sentendosi sicura nel rimanere nella città, è diciamo 'fuggita' nel posto più lontano possibile: il Giappone, dove appunto le avevo detto che risiedevo. Non so ancora perché abbia deciso di venire da me, comunque sia come ho sentito la storia, mi è venuta naturale l'idea di nasconderla. E l'offerta che ci aveva fatto era la maniera più semplice che mi è venuta in mente per far perdere le sue tracce. Mi dispiace non avertene parlato prima, ma non ce ne è stato materialmente il tempo.” finì di spiegare il ragazzo.
“Non si preoccupi professore! Quella povera fanciulla può rimanere quanto vuole, e posso garantirle che avrà tutto ciò di cui necessita!” dichiarò commossa la capocalsse dopo qualche attimo di silenzio.
“O-oh! Grazie mille, capocalsse!” esclamò Negi stupito “Allora vado!”.
 
* * *
 
“Y-Yue...”.
“Sì, Nodoka?”.
“Secondo te non sono una bella coppia?”.
“... Chi, scusa?”.
“Lo sai...”.
“Ah, loro... No.”.
“C-come?”.
“Ho risposto di no.”.
“?”.
“Nodoka! Non è ancora detto nulla! Possiamo ancora combattere! Possiamo...”.
“Ma lei è così bella...”.
“Senti...”.
“E allegra...”.
“...sì, ma...”.
“E lui ci parla così liberamente...”.
“...”.
Per qualche minuto risuonò solo l'infrangersi delle onde sulla spiaggia, accompagnato da allegre risate.
“S-scusa...”.
“Per cosa? In fondo hai detto la verità...”.
“S-sì... ma io non lo p-posso... non lo posso accettare!” le ultime parole furono quanto di più simile ad un urlo fosse mai uscito da quella bocca.
Yue fissò con occhi sgranati l'amica. Era paonazza in volto, con però un'espressione estremamente determinata scolpita in viso.
Erano sdraiate su di un ampio telo ai limiti della soffice spiaggia sabbiosa dell'isola, all'ombra di un'alta palma intente ad osservare i loro compagni qualche decina di metri più in là.
Al momento sembravano estremamente impegnati in un'accesa partita di beach volley. A guardare i forti colpi di palla che volavano ed i balzi prodigiosi compiuti, difficilmente si sarebbero potuti definire umani, quei ragazzi, senza esclusione della capoclasse, desiderosa di attirare le attenzioni del professore sul suo nuovo bikini.
“W-wow, Nodoka!” un lieve sorriso increspò le labbra della piccola bibliotecaria “Questo è lo spirito giusto!”.
Con uno scatto si tirò in piedi.
“E allora combattiamo!” esclamò decisa.
“S-sì!” Nodoka mostrò il suo sostegno alzando decisa un braccio.
“Spero per voi che ci riusciate...” una voce alle loro spalle le fece sobbalzare. Sbiancando, le due si voltarono: era Asuna.
“A-Asuna...” balbettò Yue “Da quanto...?”.
“Non preoccupatevi. Non gli dirò nulla.” disse sedendosi accanto a loro. Sembrava preoccupata per qualcosa.
Nodoka osservò l'espressione crucciata dell'amica per qualche secondo.
“C-c'è qualcosa che non va? Po-possiamo aiutarti?” chiese debolmente.
“No... tranquilla. Mi preoccupa solamente quello stupido di Negi... Guardatelo! Sembra uno straccio! Eppure si ostina a fare tutto come se nulla fosse! Ora che aveva una vera occasione di riposare, arriva quella lì...” scosse la testa in direzione di Helen, impegnata a schizzare acqua sugli altri ragazzi, che risposero al fuoco con pari entusiasmo.
“Uff... poi devo avere dei maledetti problemi d'udito!” finì.
“Perché?” chiese sbigottita Yue “Come mai lo dici?”.
“Perché è da quando siamo scesi dall'aereo che sento delle maledettissime vocine !”.
Le due bibliotecarie si scambiarono uno sguardo stupito.
“Vocine?” chiesero all'unisono.
“Sì, e mi stanno facendo diventare matta! Sempre dietro a commentare! Stamattina pensavo fosse solo un sogno, ma dopo che le ho risentite...”.
“E... e cosa dicono?” domandò allora Yue, scrutando il volto dell'amica in cerca di tracce d'ilarità.
Ma questa sembrava realmente stupita e preoccupata.
“Ma che ne so!” rispose scocciata “Parlano criptica mente. Sembra abbiano trovato qualcosa che cercavano, ma non hanno mai detto cosa! E poi parlano di questo 'Capo'! Capo qui, Capo lì, anche adesso stanno dicendo che deve arrivare qualcuno inviato da lui!”.
Le ragazze rimasero in silenzio qualche secondo, tendendo al massimo le orecchie, ma gli unici rumori che giunsero loro furono lo sciabordio delle onde e lo stridio dei gabbiani.
“Io non sento niente...” asserì Yue “Da dove verrebbero queste vocine?” chiese allora.
“Mhm...” Asuna rimase in ascolto alcuni istanti, poi con un leggero cenno del capo indicò una piccola zolla d'erba una decina di metri più in là, ai margini di una macchia di palme.
“Ma non c'è niente!” le sussurrò Yue, confusa.
“Lo so! Ma le voci vengono di lì!” ribatte Kagurazaka.
“Possiamo unirci a voi, ragazze?” le chiamò qualcuno dalla spiaggia. Era Negi, con affianco Helen.
“Scusate il disturbo, ma ho bisogno di una pausa!” disse allegro “Tu torna pure agli altri, Helen. Qualche minuto e vi raggiungo.”.
La ragazza lo guardò apprensiva, ma decise di non commentare. Rapidamente, tornò dagli altri.
“Tutto bene, Negi?” chiese la coinquilina, vedendolo provato.
“Ho solo... bisogno di riprendere fiato.” asserì con un sorriso tirato il ragazzo, stendendosi tra le compagne.
Le occhiaie erano aumentate, l'espressione era più che affaticata.
“Professore...” Nodoka gli si sporse sopra, osservandolo meglio.
“... non ha affatto una bella cera.” concluse per lei Yue, distogliendo lo sguardo.
Ancora non riusciva ad abituarsi alla cicatrice del docente, totalmente visibile sulla pelle umida del ragazzo in costume.
“Ma che dite!” esclamò scherzosamente lui, provando a tirarsi su.
Ma venne trattenuto da Asuna, che con un tirone lo fece tornare sdraiato.
“Diciamo che tu hai dei problemi, e ancora ti rifiuti di dirceli!” gli disse picchiettandogli ad ogni parola un dito sulla fronte.
“Hey!” si sorprese fermandosi e poggiandogli l'intero palmo nello stesso punto “Ma stai bruciando!” asserì preoccupata.
“Ma... no.” rispose debolmente il ragazzo, chiudendo gli occhi “Sto... benis... si...” non terminò la frase.
“Oi, Negi! Niente scherzi!” esclamò la ragazza, scuotendolo senza successo “Sveglia!”.
“vado a chiamare Konoka!” scattò in piedi Yue “Arrivo!” e corse via.
“Oh! Guarda! Uno è caduto! Ora è tutto mooolto più semplice!” disse una vocina poco distante da Asuna.

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Capitolo 5
*** Lacrime Amare ***


Capitolo 4 – Lacrime Amare
 
Negi aprì lentamente gli occhi. Si sentiva leggermente stordito, ma tutta la stanchezza che l'aveva pervaso fino a quel momento era totalmente scomparsa.
Per la prima volta da qualche settimana a quella parte si sentiva veramente riposato, sveglio. Vivo.
Alzandosi a sedere, si guardò attorno.
Si trovava in un morbido letto bianco, probabilmente in uno degi chalet dell'isola.
Dalle finestre socchiuse, filtrava una dolce e fresca brezza, che muoveva lentamente le ampie tende, facendo sembrare la scena surreale.
Un solitario raggio lunare illuminava una poltroncina a circa un metro da lui, sulla quale stavano tranquillamente riposando Kotaro e Helen, accoccolata sulle gambe del ragazzo.
Un lieve sorriso increspò le labbra del mago, davanti alla pace di quella scena. Diversi ricordi gli affollarono la mente, riportandolo a Bisanzio.
Un lieve cigolio indicò che la porta si stava aprendo.
Con lenti passi, Asuna si portò di fianco al letto.
“Stai bene?” chiese semplicemente, in un sussurro.
“Sì.” rispose Negi allo stesso modo, senza voltarsi.
“Davvero?” la voce della ragazza ne tradiva la preoccupazione.
“Davvero.” asserì il giovane, voltandosi a guardarla negli occhi.
Lei gli si sedette accanto. Sembrava sul punto di dovergli dire qualcosa, ma poi parve avere un ripensamento.
Dopo una lunga pausa di silenzio, continuò: “Non farmi mai più prendere spaventi del genere! Non farlo mai più a nessuno.” indicò i loro compagni addormentati “Ti sono sempre stati accanto, le altre sono andate via poco fa.”.
Un ombra le calò sul volto, dopo aver pronunciato quelle parole.
“Grazie...” disse Negi, abbassando lo sguardo “E scusa...”.
“Non devi ringraziarci, credimi...” iniziò a rispondere la ragazza.
La porta venne nuovamente aperta.
“Oh! Negi! Ti sei ripreso vedo!” lo salutò Takamichi, con un sorriso sorpreso in volto “Come va?”.
“Bene.” rispose il ragazzo “Ma vi prego, ditemi... cosa avevo?”.
“Ecco...” iniziò il collega.
“Professore...” l'uomo incrociò lo sguardo di Asuna. Sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
Dolcemente, le carezzò il viso con una mano, prima di sedersi anche lui affianco al mago.
Tirò un profondo respiro: “Dunque... come dire... a quanto pare, su di te ha fin'ora agito una potente tossina di origine arcana, causa probabile dei tuoi malori in queste settimane. Helen non ha saputo però dire con precisione quando tu l'abbia assunta, data la tua elevatissima resistenza magica. Essa ha rallentato l'effetto del veleno fino ad oggi, dove evidentemente sei arrivato al limite. Ha però assicurato che non è successo nel passato: quando eri con lei eri il ritratto della salute, ha detto. Ora, vedi... è molto importante capire quando e come tu sia entrato in cont...”.
“Negi!” qualcuno balzò addosso al ragazzo, rispedendolo disteso ed interrompendo il discorso di Takamichi.
“Calma Helen!” esclamò il ragazzo, staccandola “Sto bene ora!”.
Calde lacrime gli bagnarono il volto, provenienti dalla giovane.
“... Helen?” chiese serio.
“Non è vero.” singhiozzò lei, in risposta.
“Cos...?”.
“Non è vero!” ripeté lei con un debole urlo, zittendolo.
Negi rimase interdetto. Confuso, volse un'occhiata interrogativa a Takamichi ed Asuna, che abbassarono lo sguardo.
“M-ma che dici! Guarda che sto benissimo!” esclamò il ragazzo, allargando le braccia.
“Negi...” la mano salda di Kotaro gli strinse con solidarietà la spalla. Anche il suo amico aveva stampata in volto un'espressione tetra.
Lentamente, scosse la testa.
“Non stai bene... ti senti così solo grazie ad alcuni miei infusi. M-mi dispiace!” scoppiò a piangere la guaritrice, lasciandosi cadere sul suo petto “Non sono riuscita ad estrarre il veleno! Il tuo corpo l'aveva già assorbito da tempo...”.
Altre lacrime gli bagnarono il pigiama che qualcuno gli aveva infilato.
Il mago ci mise qualche momento a comprendere le parole della ragazza.
“Quindi...” deglutì impallidendo “Mor...”.
“Non dirlo!” lo fermò con un urlo Asuna, stringendo i pugni “Tu vivrai! Lo farai perché troveremo l'antidoto! Hai capito?” terminò la ragazza con scintillanti striature sotto gli occhi.
“Asuna...”.
Un rumore di vetri infranti squarciò il silenzio creatosi, seguito da un grido acuto.
“Konoka!” esclamò Negi, riconoscendo la voce della coinquilina.
Un lungo ululato sovrastò le sue parole.
Gli occhi di Helen si fecero vitrei nel sentire quel lugubre suono “No...! non di nuovo!” gridò accucciandosi con le mani sulle orecchie.
Con uno schianto, la porta dello chalet venne letteralmente sparata via dai suoi cardini, finendo addosso al gruppo, che la evitò buttandosi di lato.
Subito dopo, dal buco appena creato entrarono due massicce figure ricoperte da una folta pelliccia scura.
Scintillanti occhi color topazio scintillarono maligni sotto il riflesso dell'enorme luna piena presente quella sera.
Asuna indietreggiò un passo, evocando il suo artefatto.
“Ne-Negi... cosa sono?” domandò spaventata.
“Licantropi.” rispose semplicemente lui rialzandosi “Forse ne hai sentito parlare come Lupi Mannari.” spiegò.
Una potente aura magica lo avvolse.
“Chi siete, Figli della Luna? Cosa volete da questi Figli dell'Uomo?” chiese poi a gran voce anteponendosi, insieme a Kotaro, ai suoi compagni.
Con voce gutturale, molto più simile ad un ringhio che ad una lingua parlata, la prima delle creature iniziò a ridacchiare, mentre avanzava all'interno su due soli dei quattro potenti arti.
“Sei in errore, Negi Springfield...” rispose ponendosi di fronte al mago “Ma non vale la pena mostrarti il tuo sbaglio... non vivresti abbastanza per comprenderlo!”.
Senza dare tempo al mago di replicare, la creatura sferrò un potente colpo con una zampa artigliata, mirando al capo del giovane.
Negi si abbassò in tempo per evitare l'attacco, che fendette il vuoto appena creatosi.
Con un calcio basso, il ragazzo colpì una gamba dell'essere, facendogli emettere un grugnito di dolore.
“Asuna!” chiamò allungando una mano, mentre si rimetteva eretto.
La ragazza, pronta al combattimento, lo guardò stupita.
“La spada! Non ho un'arma!” gli spiegò il ragazzo, evitando pure la seconda creatura, che finì distesa sul letto, sfondandolo.
“Ah... ok!” acconsentì allora lei, passandogli la pesante lama.
Il mago l'afferrò con ambo le mani, ed usandola a mo' di scudo, iniziò a parare i colpi della bestia che aveva di fronte, mentre l'altra veniva ingaggiata da Kotaro e Takamichi.
Era dura reggere a quei colpi: il mannaro era forte, anche se non quanto il Conte.
Purtroppo lo era però abbastanza da tenerlo inchiodato sulla difensiva, e lui non riusciva a raccogliere abbastanza energie, né spirituali né magiche, da poter ribaltare la situazione.
Qualcosa gli sfiorò un orecchio e si frantumò sul naso della bestia: Asuna, gli aveva lanciato con tutte le sue forze un vaso di fiori recuperato da un tavolino lì vicino.
Approfittando dell'attimo di distrazione del licantropo, il ragazzo lo allontanò con un potente colpo di piatto, facendolo cadere a ridosso di una parete e subito affiancandolo con la punta della spada volta alla gola dello sconfitto.
“Ora...” disse il ragazzo, leggermente affannato “Saresti così gentile da rispondere ad alcune domande?”.
La voce di Negi era calma e ferma, quasi fosse naturale, se non abituale, quel genere di situazione.
Nel frattempo pure l'altra creatura era stata resa innocua, anche se in maniera più violenta: la sua testa era infatti entrata ad essere parte integrante della parete, dopo un colpo ben mirato di Takamichi.
La creatura rimase in silenzio, lo sguardo carico di un odio insano e profondo, oltre che pieno di disprezzo, puntato su Negi.
Un forte uggiolio si sentì provenire dall'esterno, in seguito ad una lunga sequenza di colpi di armi da fuoco.
“Mi sa che siete proprio capitati male...” scosse la testa Kotaro, ironico.
“...E che sei rimasto soltanto tu...” completò il mago subito dopo,dopo essersi portato una mano alla fronte.
“Setsuna assicura dell'incolumità delle altre ragazze che erano con lei. Le altre erano col Capitan Tatsumiya...” rassicurò i presenti, dopo un breve ascolto telepatico.
“Sai... credo ti convenga collaborare.” disse atono il giovane, tornando a rivolgersi al licantropo “Quindi, perché non cominci rispondendo alla mia precedente domanda? E come fai a conoscere il mio nome?”.
“Sei presuntuoso Cavaliere.” ringhiò in risposta quello “Diciamo che hai giocato con forze di troppo più grandi di te, ed hai perso, anche se ancora non lo sai.”.
Poi, dopo aver inspirato profondamente, quello che pareva un sorriso, scoprì le lunghe zanne dell'essere “Ahr! Ma questo è inutile dirtelo, vero? Già sai che la tua fine è vicina, o sbaglio?” latrò.
“Quanto?” chiese tetro il mago, senza voltarsi.
“S-se continua a questo ritmo... e senza sforzi eccessivi da parte tua... direi al massimo... un... un mese...” rispose con voce tremante Helen, che nel frattempo si era nascosta dietro Kotaro.
“Ahhh... che dolci parole odono le mie orecchie!” esclamò fingendo estasi il licantropo “Ti consiglio di goderteli, questi ultimi giorni, sempre che tu ci riesca! Posso solo consigliarti di non avvicinarti alla Città dell'Editto, a meno che tu non voglia porre fine alle tue sofferenze!”.
Negi chiuse gli occhi un secondo e inspirò a fondo.
“Rispondi alla domanda... Chi ti manda? Chi siete? Qual'è il vostro obbiettivo?” riprovò, con voce minacciosa ”Come ci avete trovato?”.
“Ahrahr! Un mago non rivela mai i suoi trucchi o sbaglio, Cavaliere?” rispose beffardo aggirando nuovamente la domanda.
“Sono le tue ultime parole?” chiese inespressivo allora il ragazzo.
“Sì. Fai ciò che devi. Io ho fallito, ma ti avverto! Da oggi non avrete più pace! Il nostro Signore ricorda ogni affronto, Figlio dell'Uomo!” proferì solenne l'essere chiudendo gli occhi.
Senza una parola e con volto neutro, Negi affondò la lama, mentre le ragazze distoglievano lo sguardo.
Con una formula sussurrata, i due corpi si consumarono in pochi attimi avvolti da una crepitante fiamma celeste, senza lasciare traccia della loro presenza.
Con passo lento, il mago si avvicinò alla sedia più vicina, la rialzò, e vi si lasciò cadere sopra, seduto a fissare il nulla.
“Un mese, eh?” ripeté ad alta voce, con con lo sguardo perso.
Due leggere macchie si formarono sul parquet ai piedi del ragazzo, mentre grosse lacrime scorrevano lentamente dai suoi occhi.
“Negi...” Asuna si sentiva malissimo. Non poteva far altro che rimanere impotente ad osservare la disperazione malcelata dal suo coinquilino, anzi, dal suo amico.
Anche gli altri presenti non sapevano cosa dire o fare. Tutto sembrava inopportuno.
“Moccioso!” in quel momento, Evangeline irruppe nella camera con Chachamaru al seguito, in pieno assetto da battaglia.
Come videro la scena però, abbassarono boccette ed armi.
“Eh-ehy! Aspetta! Perché stai piangendo?” chiese la vampira, esterrefatta.
“Eva...” le rispose Asuna “Dobbiamo dirti una cosa...”.

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Capitolo 6
*** Ospiti Inattesi ***


Capitolo 5 – Ospiti inattesi
 
Tutto sommato Eva non l'aveva presa così male, riconobbe Asuna con un sospiro.
Certo, aveva strillato, minacciato Helen di morte almeno tre volte e lei ancora di più per non aver garantito la sicurezza del suo Magister, non che Negi lo fosse ancora, tra parentesi.
Aveva più volte preteso conferme di quanto sentito, ed ogni volta aveva dato una sonora lavata di capo al giovane mago, per la sua disattenzione ed avventatezza.
Ma alla fine si era calmata. Non era ancora finito congelato nessuno e questo aveva tranquillizzato non poco Kagurazaka, anche se immaginava che il vero motivo di quella mancanza fosse l'impossibilità di praticare magie avanzate al di fuori dell'istituto da parte della ragazzina bionda.
La vampira sapeva essere terribile quando era furiosa.
Al momento, Eva era in piedi al centro di quello che rimaneva dell'arredamento dello chalet, fissando Negi con viso totalmente inespressivo, mentre gli altri presenti tenevano lo sguardo basso.
“Dunque...” riprese con tono neutro la ragazzina “... Non hai proprio idea di dove tu possa essere stato intossicato?”.
Il ragazzo scosse per l'ennesima volta il capo, sconsolato.
“No, Master. Come ti ho detto, in queste settimane non è successo assolutamente nulla, se non la fine delle lezioni... ma non penso sia stato il brindisi col personale magico dell'istituto.” a quelle parole accennò un sorriso forzato.
“Allora deve essere successo subito dopo il nostro arrivo.” asserì Kotaro, dal fondo della stanza.
“Negi...” intervenne pensierosa Asuna “sembra assurdo pure a me... ma non potrebbe essere stato il Conte? Voglio dire... in fondo sei stato l'unico ad essere ferito da Herbert, insieme ad Ako che... bhe... diciamo che non conta.”.
“Mhm...” Negi rifletté qualche istante su di ciò “Potrebbe anche essere, in effetti. Anche se non vedo che ragione potesse avere Herbert di usare magie intrise di tossine magiche...”.
“Moccioso... non ti basta il fatto che ti odiasse con tutto se stesso? E poi considera che era pazzo. Fuori.” lo contraddisse Eva.
“Solitamente un antidoto si ricava da una parte del veleno stesso...” interruppe tutti Helen “Lo stesso si può fare con quelli magici, a rigor di logica. Non avendo campioni di tossina, non possiamo estrapolare nulla se non dall'essere stesso che l'ha generata.”.
Tutti la guardarono con aria interrogativa, cercando di assimilare quanto appena detto.
Dopo qualche attimo, la ragazza gli venne in aiuto.
“Del sangue! Serve del sangue del vampiro. E' lì che la magia scorre più potente. Ne avete raccolto per campionamento vero?”.
I presenti si guardarono con aria interrogativa, poi fecero segni di diniego con la testa.
“Allora siamo daccapo.” si rabbuiò la giovane.
Dopo qualche attimo di silenzio però si riscosse, con una nuova luce negli occhi “Probabilmente c'è un posto dove possiamo cercare, però...”.
“Però cosa, ragazzina?” sbottò Eva “Vieni al dunque!”.
“E' un grande atlante della magia e dell'erboristeria, probabilmente il più completo esistente. Il problema... è che si trova nel mio studio a Bisanzio!”.
“In bocca al nemico...” Negi, che era scattato in piedi sentendosi riaccendere in petto una fiammella di speranza, si fece ricadere sulla sedia.
“Sarebbe un impresa anche solo arrivarci, a quanto ci ha detto il licantropo...”.
“Di sicuro non lo vedo possibile in questo momento. Questo misterioso tizio che orchestra tutte queste creature ha troppe informazioni su di noi! Di lui invece non sappiamo nulla, come tra l'altro delle sue vere intenzioni!” intervenne Takamichi “Perché vorrebbe uccidere i membri dell'ordine? Te ne sai qualcosa, Eva?” chiese rivolto alla ragazza.
“No... nulla.” rispose questa, scuotendo la testa.
“Professore! Tutto bene?” dalla porta spalancata irruppero in quel momento le rimanenti ragazze presenti sull'isola. Nessuna era ferita, ma Ayaka era svenuta sulle spalle di a Mana.
Quest'ultima, allo sguardo interrogativo dei compagni spiegò con un sorriso “Sta bene... Semplicemente diciamo che un lupo di due metri che irrompe in casa sbavando non è la vista più rassicurante del mondo...”.
 
“Quindi? Che facciamo?” domandò Kotaro, tornando in argomento, dopo che Negi ebbe spiegato la situazione.
“Non lo so.” rispose semplicemente il giovane mago “capitano, lei sa darci qualche informazione in più?
“Mhm...” rifletté Tatsumiya “Ho già avuto a che fare con licantropi in passato, ma non erano neanche paragonabili a questi... erano decisamente meno... come dire... 'invasati' e assolutamente meno organizzati. Ci potrei scommettere che sono sotto il comando di una qualche organizzazione più ampia rispetto ad un piccolo branco.” rispose.
Con la coda dell'occhio, la mercenaria notò Asuna che con lenti movimenti costanti e faccia indifferente aveva chiuso tutte le finestre, per poi avvicinarsi furtivamente ad un comodino in fondo alla stanza.
“Ma che diav...?” iniziò perplessa a chiederle Mana, ma si interruppe quando la ragazza le gesticolò di ignorarla.
“B-bhe...” riprese il discorso dal punto in cui l'aveva troncato, stupita “Non saprei che aggiungere, se non che non sono a conoscenza di organizzazioni con tali bestie tra i loro ranghi...”.
“AH-AH! PRESO, MALEDETTO!” urlò Asuna improvvisamente, tenendo le mani alte di fronte a sé, come se stesse stringendo qualcosa.
“E' inutile che urli come una ragazzina: tanto non ti mollo!” continuò, per poi girarsi verso i suoi compagni, che la stavano osservando quasi fosse pazza.
“Hey! Che c'è? Ho preso una di quelle maledette vocine! Ahi!” scosse le mani “Mi ha morso!” una serie di minuscole goccioline di sangue si formarono sull'indice della ragazza.
“A-Asuna... ma di che stai parlando? Che vocine?” chiese perplesso Negi.
“Ah! È vero che voi non le sentite...” rispose la giovane alzando gli occhi al cielo “Capito, pulce? È meglio per te se ti rendi sia visibile che udibile entro i prossimi dieci secondi, se non vuoi ritrovarti ridotto in poltiglia! E piantala di imprecare!” disse ricominciando a scuotere la mani, con rinnovato vigore.
“...k... OK! Ora smettila, dannata mocciosa!” gradualmente, tra le mani della ragazza comparve un piccolo essere dalle fattezze umane. Anzi, sembrava in tutto e per tutto un ragazzino in miniatura, se non ci fossero state quattro ampie ali da libellula a spuntargli dalla schiena. I capelli erano di un verde intenso, che fecero tornare in mente a tutti i colori di un prato in primavera, il suo unico capo d'abbigliamento era un costituito da una sottile veste azzurra, di quella che sembrava seta.
“Che carino...” mormorò Konoka, affiancandosi a Setsuna “Non trovi Secchan?”.
Asuna smise di agitare l'esserino, che emise un sospiro di sollievo.
“Come diavolo hai fatto a prendermi?” chiese irritato, come si fu ripreso “Nessuno dovrebbe poter superare le nostre barriere...”.
“Ti ho sentito.” rispose secca Asuna “A te e ad il tuo compare. Non avete idea di quanto siano irritanti le vostre battutine!”.
La creaturina fece una faccia esterrefatta “Ci hai sentiti?” sembrava realmente sorpresa “Ma come...?”.
“Scusa, ma penso che qui le domande le dovremmo fare noi.” intervenne Negi, dopo l'attimo di stupore, richiamando nel frattempo Miyazaki “Perdonami Nodoka, ma potresti passarmi il diario?”.
Timidamente, lei lo evocò e glielo consegnò.
“Innanzitutto, trovo sia molto scortese non presentarsi, anche se credo che siamo ormai solo noi a non conoscere il tuo nome, signor...” continuò il mago, aprendo l'artefatto.
“Non vedo perché dovrei dirvelo!” rispose beffardo il ragazzo in miniatura, ma si pentì quasi subito di quella risposta: fitte di dolore lo attraversarono mentre le dita di Asuna stringevano metodicamente la presa.
“Ok! Ok! Parlo! Ma smettila! Mi stai schiacciando!” digrignò quando fu al limite “Sono... Wollak... Orikssen!” annaspò.
“Bene, Wollak Orikssen.” ricominciò Negi, inespressivo “Suppongo tu sia un folletto, o sbaglio? E dimmi... cosa ci fa un essere magico delle foreste come te all'interno di un'abitazione umana nei mari del sud, invisibile e con un incantesimo del silenzio attivo? Sai, se dovessi guardare alla prima impressione, direi che non mi sto facendo una gran idea di te...”.
Un rapido sguardo al libro confermò le sue parole.
Anche il folletto dovette leggere alcune righe dalla sua posizione sopraelevata, dato che sbiancò probabilmente intuendo il funzionamento dell'artefatto.
“Mhm... capisco...” il mago annuì lievemente, scorrendo gli occhi sul testo “Fammi dunque capire... sei qui per tua iniziativa, o fai parte di qualche organizzazione precisa, come i due che sicuramente hai visto prima?”.
Negi non ottenne nient'altro che un silenzio ostinato e rabbioso.
“Comprendo...” il mago si soffermò a leggere un grosso paragrafo “La Stirpe, eh? Che nome altisonante...”.
“Maledetto...” digrignò i denti l'esserino, provando a liberarsi dalla stretta che lo stringeva “Ecco perché vi odio...”.
“Ci odi?” chiese stupita Yue, fino ad allora rimasta in silenzio a sorseggiare la sua bevanda al caffè-mango, in un angolo della stanza.
“Ovviamente! Così come dovrebbe fare ogni creatura magica sana di mente! Siete semplicemente... inutili! Irrispettosi, primitivi, violenti, incoerenti... meschini! Tu, moccioso! Ti ho mai accordato il permesso di frugare tra le mie memorie? E te, maledetta umana, ti sei mai chiesta in quella testolina se avresti potuto uccidermi con questa tua stretta ferrea?” sbraitò con occhi ardenti Wollak.
Il suo risentimento si riversò come un torrente in piena sui presenti, sconvolti da un rancore anzi, proprio un odio, così genuino e profondo.
Le ragazze indietreggiarono un passo di fronte a quelle accuse così dirette.
“Siete esattamente come allora... non una virgola di differenza, se non qualche ammennicolo tecnologico in più, per poter distruggere più rapidamente il mondo e i suoi figli!” terminò sputando sulla mano che lo stringeva.
Anche Negi era rimasto interdetto da quella furente reazione “Senti, Wollak...” cominciò a dire.
“NON.OSARE.PRONUNCIARE.IL.MIO.NOME!” lo interruppe ad alta voce il folletto.
Anche la stretta di Asuna si era allentata quel che bastava da permettergli di liberare le braccia.
Il mago continuò imperterrito “Perché tutto questo rancore? Cosa ti è accaduto?”.
“Oh... Ora finge interesse” fece sarcastico Wollak “Ci tieni a saperlo? Bene, ti accontento. Nel periodo che per voi umani corrisponde a otto secoli or sono, nel cuore di una grande foresta in Europa, sorgeva un grosso insediamento di folletti. La vita era pacifica ed armoniosa con la natura. Noi rispettavamo la terra e lei ci ripagava coi suoi frutti e la sua benevolenza. Un giorno, una giovane Figlia dell'uomo incappò per errore nel villaggio mentre era alla ricerca di erbe e radici e noi l'accogliemmo con gioia, secondo i nostri usi. Più volte ella ci fece visita nelle lune successive, e ad ogni occasione imparavamo qualcosa sulle reciproche razze. Noi insegnammo a lei come ricavare maggiori frutti dal terreno e lei ci insegnava come utilizzare impacchi e decotti, noi le insegnavamo come richiamare le arti arcane e lei ci illustrava le tecnologie dell'epoca. Poi, ad un certo punto, non si presentò più al villaggio, come invece era ormai era suo solito in tali giornate. Aspettammo vari giorni, poi finalmente la vedemmo sbucare dalla vegetazione: stava piangendo. Si volse agli arbusti da dove era arrivata e disse qualcosa, indicandoci. Poi, dal verde iniziarono ad uscire altri uomini, che con urla rabbiose e armi in metallo cominciarono a seminare morte e distruzione. Nel giro di poche ore non esisteva più nulla del villaggio, e quasi altrettanto dei suoi abitanti. Eravamo rimasti in una manciata, reduci di quegli scellerati di atti di violenza ingiustificata, senza più una casa, senza più una vita. In lacrime, cercammo l'umana per chiedere spiegazioni, ma come questa ci vide, fuggì lontano da noi, senza volgere una sola volta lo sguardo alle vite che aveva distrutto.”.
Il folletto raccontò tutto con calma, ed espressione via via più triste, come se il ricordo di quella storia ardesse ancora vivido nella sua memoria.
“Ci aveva traditi! Aveva fatto distruggere il villaggio! Aveva fatto uccidere innumerevoli folletti! Il tutto senza una singola schifosissima spiegazione, o parola di conforto! Nulla!” riprese con rabbia “Aveva appreso ciò che le interessava dal mio popolo e poi si era sbarazzata di noi!”.
I ragazzi avevano ascoltato in silenzio, con espressione cupa ed afflitta nella parte finale.
“Non tutti gli umani sono così...” intervenne Kotaro, quasi sussurrando “Anche io la pensavo come te fino a poco tempo fa, ma...”.
“Che vuoi saperne tu, Demone! Tu sei traditore quanto quella ragazza ai nostri occhi! A quelli della Stirpe Magica! Guardati, così come vi dovete guardare voi altre creature magiche qui dentro: collaborate, vivete con gli umani! Tu addirittura sei divenuto un Cavaliere!” lo zittì Wollak.
“Voi siete pazzi...” impallidì Negi, che nel breve scambio di battute aveva continuato la sua lettura “Non potete farlo...”.
“possiamo eccome! Non ascoltate i vostri 'telegiornali'? Siamo ovunque...” sorrise sadico l'esserino “La stirpe riuscirà finalmente nel suo intento...”.
“Di cosa stai parlando, moccioso?” chiese Eva.
“Vogliono...” deglutì il mago.
“... far scomparire dalla faccia del pianeta ogni singolo Figlio dell'uomo!” terminò per lui Wollak, esultando.
 
-continua-

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