-Of all the ways to be happy, I chose you-

di vale563
(/viewuser.php?uid=141767)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -Run away ***
Capitolo 2: *** 2 – Rifugio ***
Capitolo 3: *** 3 -solitudine. ***
Capitolo 4: *** 4 -Dubbi. ***
Capitolo 5: *** 5 -Risveglio. ***
Capitolo 6: *** 6 -In any way ***
Capitolo 7: *** 7 -Goodbye My Lover ***
Capitolo 8: *** 8 – E se … ***
Capitolo 9: *** 9 -It's Time ***
Capitolo 10: *** 10 – Rischiare. ***



Capitolo 1
*** -Run away ***


“Mamma, andiamo?”La chiamai, irritata. Erano due ore che le facevo questa stessa domanda, stavamo rischiando di perdere l’aereo.
“Si, ho quasi finito dolcezza. Dammi altri due minuti.”
“Certo…” Dissi sotto voce.
Era al telefono con il suo nuovo “Boy” come diceva lei. Nella sua lunga lista, lui, che numero era? Forse il centesimo.
“Mamma! Ti muovi?”
“Eccomi, eccomi.” Disse, scendendo dalle scale a passo felpato con il suo vestitino attillato.
“Sono due ore che ti aspetto! E poi non dobbiamo andare ad una festa, un jeans e una felpa andavano benissimo.”
“Scusami scricciolo, ma lo sai che non esco senza i miei vestitini.”
“Si,ok. Ora andiamo.”
Era la prima estate che passavo a New York e soprattutto con mio padre.
Non ci vedevamo da quando avevo quanto? 6 anni?
In fondo mi faceva piacere rivedere Charlie …
Ci imbarcammo nel volo diretto a New York per un soffio. 
Io e mia madre ci sedemmo, e ovviamente non mancavano uomini sposati che le guardassero il sedere e lei che godeva. Forse è per il suo spirito così … Libero, che non è durata nessuna delle sue relazioni, almeno non più di una settimana.
Non avevo particolarmente voglia di sentire musica in quel momento, ma di certo non potevo subirmi mia madre che flirtava con l’uomo seduto affianco a lei, così mi misi le cuffie nelle orecchie e alzai il volume al massimo.  Ma ci mancava solo la Hostess: “Mi scusi? Signorina.” Tolsi la cuffia dall’orecchio destro, “si?”
“Mi scusi, ma non può usare quell’apparecchio. Mi dispiace.”
“Oh, si figuri, lo rimetto a posto … “
Bene, quanto mancava all’atterraggio?
Per fortuna dopo circa un’ora, dopo aver ascoltato i discorsi stupidi che faceva mia madre, riuscì ad addormentarmi e mi risvegliai all’atterraggio quando sentì un vuoto nello stomaco.
Passammo per il check-in e uscimmo, finalmente, dall’aeroporto.
Prendemmo un taxi e dopo circa mezz’ora arrivammo all’appartamento dove abitava Charlie.
Abitava in un condomino, il quartiere non sembrava male, era circondato da molti alberi e più avanti avevo intravisto, mentre passavamo con il taxi, un parco con delle panchine. Sarebbe stato il mio rifugio, ne ero sicura.
Presi la mia valigia dal bagagliaio e andai a salutare mia madre che si trovava ancora nel taxi. Lei era diretta a New Orleans dal suo “Boy”.
“Sei sicura di voler passare qui l’estate? Sei ancora in tempo per venire con me!”
E passare un estate insieme al suo nuovo ragazzo mentre facevano cose orrende? No, grazie!
“Tranquilla mamma, starò bene. Qui mi sembra carino. Vai pure.” Dissi e le stampai un bacio sulla guancia.
“Va bene, però ci sentiamo tutti i giorni telefonicamente, ok scricciolo?”
“Si, mamma. Ciao!” Gli chiusi la portiera del passeggero e la salutai con la mano mentre si allontanava.
Quando svoltò l’angolo, esultai.
Trascinai la mia valigia al portone e citofonai dove c’era il cognome “Stewart”, rispose una donna e rimasi perplessa, avevo suonato alla persona giusta?
“Pronto?”
“Ahm, mi scusi devo aver sbagliato persona.”
“Oh, nono cara, sei Bella?”
“Si, sono io …”
“Sali, ti apro. Devi salire al terzo piano. Purtroppo non c’è ancora un ascensore. La valigia è molto pesante?”
“No, no ce la faccio!” Risposi, non c’era bisogno di dirmi a che piano si trovava l’appartamento, almeno di quello mi ricordavo ancora. Comunque o ero ancora stordita per  il viaggio o davvero c’era una donna a casa di mio padre. In fondo … Anche lui era un uomo. Sarebbe stato strano se in tutto questo tempo non avesse avuto nessuna storia. Ma lo stesso provavo un non so che di strano …
Arrivai alla porta e c’era davvero una donna abbastanza alta, la ragazza standard di mio padre insomma. Dalla foto che mio padre mi aveva mandato un mese prima, dove ritraeva lui in divisa da “capo poliziotto”, lei sembrava più giovane di lui di almeno 6 anni.  Però ancora non capivo perché mio padre non mi aveva detto di avere una fidanzata … Non si fidava di me? Che cosa ridicola.
“Ciao Bella, io mi chiamo Madison.” Si presentò porgendomi la mano.
“Piacere, preferisco essere chiamata Isabella.” Non era vero. Odiavo essere chiamata con il mio nome per intero, mi aveva solo irritata la sua veloce confidenza nei miei confronti.
“Ah, ok. Prego entra, la valigia la porto io, tranquilla!”
Entrai, e rimasi scioccata. E’ proprio vero quando si dice che la donna cambia l’uomo, ma anche la casa!
Si vedeva che c’era un tocco femminile rispetto a 11 anni fa.
“Ti piace? L’abbiamo messa a nuovo da poco tempo.”
“Da quando state insieme, insomma.” Dissi.
Mi guardava come se non avesse capito: “Intendo che anche tu e mio padre state insieme da poco tempo.”
“Oh, no. Stiamo insieme da 3 anni. Ma solo pochi mesi fa l’ho convinto a ristrutturare qua e là!”
La sua vocetta mi stava iniziando ad irritare.
Quindi stavano insieme da tutto questo tempo e lui nelle sue e-mail non ha mai trovato lo spazio per dirmelo?
In tutti questi anni ci siamo scritti tutti i giorni milioni di e-mail. Così, per non perderci. Ma in fondo, Charlie, non ha mai alzato il culo per venirmi a trovare. E adesso capivo perché negli ultimi tempi le sue lettere erano sempre meno dettagliate, corte e prive di “mi manchi”, aveva qualcuno che lo distraeva da me.
Mentre io passavo giorni a sentire la sua mancanza .
“Beh, che ne pensi?” Continuò lei vedendo che non parlavo e continuavo a guardarmi in giro.
Ma non le diedi retta e la mia attenzione fu catturata da una foto.
La foto ritraeva me lui e la mamma sulla spiaggia quando avevo 3 anni. La presi e la tirai fuori dal riquadrato per rileggere la scritta che c’era dietro. La ricordavo a memoria perché avevo una copia di quella foto anche io.
Con tutto l’amore di mamma e papà, per la nostra figlia adorata. Ti vogliamo bene.”
“E’ molto bella questa foto.”
Attirò di nuovo l’attenzione su di lei e io alzai gli occhi al cielo.
“Voleva metterla nel cassetto, sono stata io a consigliargli di metterla su questo scaffale in vista.”
Volevo strappare quel suo sorrisetto dalla bocca e ficcarlo nella tazza del bagno.
“Capisco perché ti piace così tanto.” Dissi acida, volevo continuare la frase ma per sua fortuna arrivò Charlie.
“Madison? Bells?” Chiamò lui entrando. Ebbe una strana reazione, lei, quando senti come mi chiamò Charlie. Che goduria.
“Charlie!” Esultai andandogli incontro.
Ci abbracciamo e lui mi strinse a se, quando sciolse l’abbraccio diedi un’occhiata maligna a Madison.
Io non ero una persona cattiva, ma lei riusciva a svegliare quel mio lato.
“Ma tu guarda quanto sei cresciuto. Speravo di prenderti in braccio. Ma ho tralasciato il fatto che ormai sei una signorina.” I suoi occhi brillavano. Se avesse potuto si sarebbe messo a piangere.
“Sono contenta di essere qui papà!” Ma il mio sorriso sparì quando sentì che Madison si stava avvicinando.
Ero felice di essere lì, si. Ma con LUI.
“Hai conosciuto Madison, penso. Non … Non ti ho detto nulla prima che arrivassi un po’ perché avevo paura e un po’ perché volevo farti  una sorpresa. Sai, è difficile riuscire a descrivere bene in un e-mail  una persona! Non le avrebbe reso giustizia.”
“Oh, tesoro.” Disse lei e si baciarono.
Stavo per vomitare.
“Già, capisco.” Dissi, in tono sarcastico.
“Bhè, signore.  Andiamo. Passeremo una giornata insieme!”
“Evviva.” Dissi, con finto entusiasmo. Ma lui non se ne accorse, continuava a mangiarsela con gli occhi.
Non ero gelosa. Ma avevo la ferma convinzione di meritare mio padre tutto per me quell’estate.
 
Detto fatto, passammo tutta la giornata insieme. Per mia meritata fortuna, però, Madison dovette saltare la cena per un  urgenza di lavoro. Disse che faceva la stagista di non so cosa ed era una collaboratrice di un’associazione anti droga, sinceramente, non mi interessava.
Restammo soli, io e Charlie. Era un’abitudine per me chiamarlo per nome e  non papà. Era un’abitudine presa da piccola. E a me piaceva più così. Mi sembrava di avere più confidenza. Invece chiamarlo papà era una cosa troppo formale, faceva troppo “Papà e figlia”, mentre il nostro rapporto andava bene oltre, ci confidavamo tutto, anche se eravamo molto distanti eravamo aperti l’uno all’altro.
Certo che, però, mi dispiaceva che mi avesse tenuto all’oscuro di Madison.
“Quindi, Madison!” Dissi, aprendo il discorso.
“Si, Madison. Spero tu non ci sia rimasta troppo male, Tesoro.”
“No, è solo che … Non so. Mi sarei aspettata un drogato in casa tua, piuttosto  che una donna.” Scoppiammo a ridere.
“Lo so, non me lo aspettavo più neanche io, Bells. Neanche io.” Guardava attraverso il vetro del ristorante in cui stavamo mangiando, ed era assorto in uno strano miscuglio di pensieri.
Poi continuò: “Sarei sempre tu la mia piccola donna, comunque.” Disse, prendendomi la mando.
“Questo è ovvio!” Scherzai e ridemmo appena. Da vicino era più difficile per me e mio padre scambiarci segni d’affetto. In 11 anni lo avevamo fatto solo per e-mail.
“Sono contenta di essere qui, non avrei mai preferito restare un’altra estate con mamma e vedere ogni mattina un ragazzo nuovo che gironzolava nudo per casa! La tua e-mail in cui mi chiedevi di passare l’estate con te mi ha letteralmente salvata!” Dissi, ma mi accorsi che stavo ridendo solo io. Forse devo aver detto qualcosa di sbagliato. Lo vidi diventare rosso di rabbia. Dimenticavo sempre che non bisognava scherzare così con lui.
“Cosa c’è? Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No,no. Non sei tu. Bells, è vero quello che hai appena detto?”
“Cosa?”
“I ragazzi di tua madre … “ Disse agitando la mano per non continuare la frase.
“Oh, ahm, si. Ma non ci faccio troppo caso … Più che altro scherzavo … “ Mi interruppe.
“No, tu devi farci caso invece! Perché non è un comportamento maturo da parte di tua madre!” Disse alzando un po’ il tono.
Vide che ne ero rimasta mortificata: “Scusa, non ce l’ho con te.” Mi accarezzo la mano e io la ritrassi appena.
“Se non stessi con Madison penserei che la tua è stata una reazione di gelosia.” Dissi abbassando lo sguardo.
“Infatti non è così. Ti fa mancare qualcosa? Perché se ti tratta male io non ci metto nulla a fare una telefonata al mio avvocato …” Lo interruppi, “ No non mi fate mancare nulla, a parte l’avvocato! Sono contenta di aver sprecato un’altra cena a parlare di avvocati, è quello che fate da quando sono nata!” Dissi sbattei il tovagliolo nel mio piatto, mi alzai e me la svignai. Non potevo sopportare una parola di più.
Sapevo che sarebbe finita così. Non sapevo tenere la bocca chiusa.
Tornai a casa e mi misi subito nel letto dopo una doccia. Quando tornò, Charlie, entrò nella mia stanza e feci finta di dormire mentre mi accarezzava.  E dentro di me desideravo solo alzarmi e abbracciarlo.
Poi dieci minuti più tardi lo sentì gridare al telefono con la mamma.
Ovvio.
“No ascoltami tu bene! Se porterai un altro dei tuoi stronzi a casa con Bella presente, giuro che ti farò togliere l’affidamento! Spero di essere stato chiaro!” Lo sentì attaccare il telefono.
Quella era solo una delle tante cose che si dicevano al telefono.
Sprofondai nel letto, ed era come sprofondare in un enorme guscio dove mi rifugiavo sempre per piangere e per racchiudere tutti i miei incubi e il mio enorme vuoto. Chissà se un giorno avrei potuto dimenticare tutto questo. Ma ci speravo, ci speravo ogni singolo giorno con tutta la forza che avevo. Tanto, ormai, la speranza era tutto ciò a cui potevo aggrapparmi, tutto ciò che mi teneva in piedi. Mi addormentai e mi lasciai cullare dai miei sogni, sogni belli, quasi impossibili. Avrei dimenticato tutto, si.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2 – Rifugio ***



La mattina seguente mi svegliai ed ero completamente senza fiato. Feci un sogno strano, ma bellissimo. Sognai un volto, un ragazzo bellissimo, con un sorriso che mi scaldava il cuore, riuscivo a distinguere perfettamente le linee del suo volto e i suoi occhi di un azzurro intenso che mi fissavano come se avessero visto un angelo. Ma l’angelo era lui, ne ero sicura. Ma era solo un sogno …
Comunque sia, mi alzai, mi preparai sia fisicamente che mentalmente a chiamare mia madre per darle spiegazioni e chiederle scusa. Ma mi stupì.
“Scricciolo, tu non hai nessuna colpa, l’hai detto spontaneamente, ed è anche logico perché per te deve essere diventata una cosa normale. Ma tuo padre ha ragione: Non lo è. Ed io ti prometto che non vedrai mai più un uomo girare per casa. Ora scusami, tesoro, ma ho iniziato il mio nuovo lavoro e non vorrei essere licenziata!” Disse. Era diversa, strana. Un lavoro? Da quando lavorava? Cercava di sembrare entusiasta del lavoro ma sapevo che non era così.
“Mamma da quando hai un lavoro?”
“Da oggi, scricciolo. Non posso dipendere economicamente da tuo padre per tutta la vita.” Fece una risata isterica
“Mamma, tu sei un’ottima mamma. Non devi vergognarti di nulla.” Capì che avevo colto nel segno perché la sentì singhiozzare.
Ci salutammo e io mi sentivo peggio di prima.
Accesi il computer, ignorai tutti i messaggi dei miei amici e iniziai a scrivere un e-mail a mia madre. Forse così sarebbe stato più facile farle capire che le volevo bene e che ero fiera di lei, non mi importava dei ragazzi  che portava a casa, avevamo un rapporto troppo aperto, più da amiche, perché si vergognasse di portare a casa qualcuno.  Anzi ero contenta di avere una mamma così giovanile e che era ancora capace di attrarre così tanto gli uomini. Certo non mi faceva piacere che nessuno gli bastasse ma speravo che un giorno trovasse quel quell’uomo che tutte le notti, prima di dormire, mi diceva di sognare.
Finito di scrivere andai in cucina.
Trovai Madison vicino ai fornelli con addosso solo un camicia di mio padre.
Ecco che risaliva l’irritazione. Sentivo i miei capelli che si alzavano, immaginavo di assomigliare a Goku.
Quando mi vide sembrava avesse visto un fantasma.
“Oh, Buongiorno Isabella, scusami per come sono conciata, non sono abituata ad avere qualcun altro in casa oltre tuo padre. Vado a cambiarmi!” Disse, lasciando il caffè sul fornello.
“Non sono abituata ad avere qualcuno in casa oltre tuo padre.”  
Ma sentitela, come se fosse lei la padrona di casa. Mio padre avrebbe potuto cacciarla quando e come voleva.
Tolsi il caffè dal fuoco, mi versai del latte nella tazza e ci aggiunsi il caffè.
“Che sbadata avevo lasciato il caffè sul fuoco, grazie Bella!” Disse, tornando in cucina.
La guarda torva.
“Oh, Isabella.”
Le feci un sorriso, così andava meglio. Mi sentivo un po’ la regina che era tornata al castello e faceva tornare tutto in regola, facendo capire ai servi qual’era il loro ruolo.
“Charlie è a lavoro?” Chiesi.
“Si, credo tornerà verso le sei. Nel frattempo ti va di andare a fare shopping? Ho la giornata libera, e potrei farti vedere tutti i negozietti più carini!”
Magari avrei potuto farle consumare tutta la carta di credito. Non ci pensai un minuto di più.
“Si, certo. Vado a mettermi qualcosa di carino.” Dissi, cercando di imitare la sua voce. Ma dubito che ci fece caso.
Dopo esserci preparate uscimmo e iniziò  davvero a mostrarmi dei negozi carini.
Come promesso, le feci spendere un mucchio di soldi. Era stata lei e dirmi che il denaro non era un problema e ne approfittai.
Mi invitò a prendere una fetta di torta in un bar e accettai.
Ci sedemmo e iniziammo a chiacchierare, in verità lei iniziò a parlare.
“Allora, com’è stare lontano dalla Florida e da tua madre?” Chiese.
“Bene e male.” Risposi fredda.
“Capisco. Spero ti troverai bene anche qui.” Disse sorridendo.
“Se sparissi ogni volta che c’è Charlie, mi troverò sicuramente bene.” Dissi acida.
“Noto una certa antipatica nei mie confronti, Isabella.”
“Oh, allora ce l’hai un cervello.” Dissi sarcastica.
“Ok, allora stammi a sentire. Non lascerò che tu mi insulti più di così. Sono sempre una donna più grande di te, non scordartelo mai! Devi portarmi rispetto solo per questo. Se ti sono antipatica, mi dispiace ma non m’importa. Però se hai deciso di venire qui e sprecare fiato per insultarmi non perdere altro tempo. Piuttosto pensa a Charlie, che sei qui per lui.” Fece una pausa poi continuò, “Isabella, io non sono tua nemica. Non voglio prendermi il tuo posto nel cuore di tuo padre, a stento posso avere un ruolo nella sua vita. Io non ho bisogno di entrare nelle tue grazie per far contento tuo padre, non sono quel tipo di donna e già ne abbiamo discusso io e lui prima che tu arrivassi. Io pensavo potessimo diventare amiche. Ma se un po’ di shopping e quattro chiacchiere per dimostrartelo non ti bastano, credo che da oggi fino alla fine dell’estate possiamo anche solo ignorarci, ma ripeto, voglio rispetto. Come io ho rispettato te fin dall’inizio.” Disse alzandosi, in breve tempo spari.
Le sue parole mi avevano colpito. Sapevo di essere stata stronza, ma essere incalzata così mi faceva rabbia.
Perché aveva ragione. Lo sapevo.
Uscì dal locale anche io e iniziai a camminare non avendo una meta precisa. Imboccai la strada verso casa e mi ricordai del piccolo parco che c’era proprio lì vicino.
Ci andai e mi sedetti su una delle panchine. Come speravo, divenne un rifugio. Si stava bene. Era tutto così calmo.
Dopo circa un’ora arrivò una ragazza che rimase impalata quando mi vide.
“Ciao …” La salutai. Non sapevo che altro dire, era in piedi di fronte a me e mi fissava.
“Ahm, scusami. Ti chiederai perché continuo a fissarti.” Disse, abbassando lo sguardo.
“In effetti, si.” Dissi sorridendo appena.
“Scusami e che … Nessuno a parte me si è mai seduto su quella panchina da quando avevo più o meno 5 anni.”
“Quindi è una specie di tua proprietà?” Dissi scherzando.
“Si, diciamo così.” Ridemmo.
“Ah prego siediti, me ne stavo giusto andando.” Dissi.
“No, figurati. Se vuoi restare resta, spero non ti dispiaccia avere un po’ di compagnia però.” Disse.
“Figurati.” Dissi sorridendo e si mise a sedere al mio fianco.
“Piacere io sono Alice!” Si presentò.
“Piacere, Bella.”
“Bel nome! Sei nuova di qui?”
“Si, sono arrivata qui ieri.”
“Ah, ecco. Sai ho notato che sei nuova, conosco più o meno tutti in questo quartiere.”
“Vivi qui da quando sei piccola?” Chiesi.
“Si, con mio fratello.” Disse e io annuii
“Sono rimasta stupita nel vedere te seduta qui perché come ti dicevo sono l’unica a scegliere questa panchina. Di solito le persone di questo quartiere scelgono una panchina più in vista, magari dove c’è sole. Questa è sempre deserta e da questo lato del parco c’è sempre poca affluenza di persone.  Io invece l’ho scelto da subito, rispecchia un po’ la mia anima. Ci vengo sempre quando ho bisogno di rilassarmi o pensare o anche restare sola. E credo proprio che tu la pensi come me, no?” Disse, aveva un bel sorriso. Uno di quei sorrisi che appartengono solo alle persone che sanno cosa vuol dire soffrire. Aveva la mia stessa età, si vedeva.
“Si, infatti. E’ così. Pensavo potesse essere il mio rifugio per questa estate, ma credo che potremmo condividerlo.” Dissi e ridemmo.
“E dimmi, Bella. Da dove vieni?” Mi chiese.
“Vengo dalla Florida! Lo so, sono al quanto pallida per vivere in una zona piena di sole.”
“Ma figurati, non sei pallida. Con un po’ di trucco saresti perfetta! Hai un bel viso, sono sincera” Si aprii in un altro dei suoi dolci sorrisi. Alice mi stava diventando simpatica. Era anche lei una bella ragazza, aveva dei capelli corti castani, occhi verdi truccati con una matita nera e aveva un po’ di fard sugli zigomi giusto per dare un po’ di colorito al viso.
“Grazie, credo tu sia l’unica a pensarlo.” Dissi arrossendo.
“Ma dai!” Ridemmo.
“Mi è venuta un’idea! Ti va di venire a casa mia questo pomeriggio? Potrei mostrarti qualche cosmetico per dare il colore giusto al tuo viso! Sai, questa è la mia passione. Sogno di diventare una truccatrice eccezionale, una di quelle che trucca le star! Lo so forse ti sembro un po’ banale. Ma è quello che faceva mia madre.” Pronunciando l’ultima frase comparve un velo di tristezza nei suoi occhi.
E quella tristezza che vedevo nei miei ogni volta che i miei genitori si urlavano contro. Così decisi di accettare anche se queste cose non mi piacevano affatto.
“Certo! Perché no.” Dissi sorridendo.
“Bene! Dammi il tuo numero, così più tardi ti chiamo e ci aggiorniamo!” Disse felice. Ero contenta perché ero riuscita a toglierle quella tristezza dagli occhi. Mi sentivo appagata perché sentivo di aver compiuto una buona azione, in quell’istante mi ricordai che ne dovevo compiere un’altra di buona azione. Dovevo chiedere scusa a Madison.
Ci scambiammo i numeri di telefono e tornai a casa con la coda tra le gambe. Non ero brava a chiedere scusa ma da qualche parte dovevo iniziare!
Entrai in casa e la trovai di nuovo ai fornelli. Stava cucinando per entrambe, me ne accorsi da come aveva apparecchiato. Nonostante fossi stata davvero crudele con lei questi primi due giorni aveva ancora la forza di cucinare anche per me.
Mi guardò e mi sorrise: “Ah, ciao. Scusami se ti ho abbandonata al bar. Dovevo sbollire la rabbia.”
“Non ti preoccupare”, dissi. Rimase stupita del mio tono gentile.
“Senti, Madison …” Continuai. “Volevo chiederti scusa. So di essere stata antipatica e anche un po’ stronza. Ma non sapevo come comportarmi. Sei stata inaspettata per me. Tu come la prenderesti se andassi a passare l’estate da tuo padre con la convinzione di restare soli e poi trovassi una donna all’improvviso al suo fianco? Però, prometto che proverò a conoscerti meglio.” Mi fissò commossa. Si asciugò gli occhi e disse: “Un po’ stronza?”
“Stronza!” Dissi,ridemmo e ci abbracciammo.
Si, sarebbe stata una bella estate.
 
 



Note Autrice: Ecco il secondo capitolo della mia seconda storia, protagonisti, ovviamente, sempre Bella e Edward. XD Mi ispirano parecchio, non posso farci nulla.
Spero non vi annoi, fatemi sapere cosa ne pensate! *-*
Baci, vale!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3 -solitudine. ***


3 -solitudine. (Venerdì pome)
 
Come promesso, Alice, mi chiamò. Mi diede il suo indirizzo e fummo entrambe felici di sapere che abitavamo talmente vicino da poterci salutare dal balcone.
Alle 17 sarei dovuta essere a casa sua ed erano ancora le tre, decisi di accendere il computer.
Andai diritta a guardare la posta: La mamma aveva risposto.
Ciao, tesoro.
La tua lettera mi ha commosso. Ma come ti ho già detto per telefono: non devi preoccuparti. Ho tutto sotto controllo. Io sono stata egoista, in questi anni ho sempre pensato a soddisfare i miei di desideri, senza pensare che forse, tu, soffrissi per il mio comportamento. Anzi, ora mi rendo conto che molto spesso ti ho messo in imbarazzo, si. Ti vergognavi di me quando c’erano i tuoi amici, me lo ricordo bene. E solo ora posso chiederti scusa, scricciolo. Ma io ti voglio bene e sei la cosa che più conta per me. Sei l’unico regalo che la vita mi ha fatto e lo stavo consumando. Ti prometto che quando tornerai sarà tutto diverso, forse dovrei dire che sarà tutto più bello, magnifico! Voglio che sia serena, ecco. Ora pensa a divertirti con tuo padre, ci sarà tempo per parlare. Mi manchi tanto, scricciolo. Ti voglio bene.
Con affetto, la tua mamma.

Mia madre è sempre riuscita a cogliere nel segno. Mi conosceva fin troppo bene, e mentirei se dicessi che molte volte non mi è stata d’aiuto. E’ sempre riuscita a darmi ottimi consigli.  Anche sul sesso.
Molto spesso mi raccontava che sono arrivata molto presto e che non per questo io ero un errore, ma è sempre stata sincera: Avrebbe voluto aspettare.
Anche per avere modo di conoscere meglio Charlie, per poter crescere.  Così,magari, ci sarebbero state meno incomprensioni tra di loro.
Anche per questo, in Florida, ero l’unica diciassettenne, nella mia scuola, ad essere ancora vergine. Anche le matricole arrivavano al primo anno dicendo che lo avevano già fatto. Io la trovavo una cosa squallida e ridicola. Che sfizio c’è a dimostrare di non essere più vergini? Insomma, era ripugnante e poco maturo. Ma forse ero io ad esser fatta male. Io, però, credevo ancora nelle tradizioni. Non quella di aspettare il matrimonio, ma la persona giusta.  Si, la persona giusta.  Non volevo fare la parte della Madonna ma neanche quella della sgualdrina! Volevo semplicemente aspettare … Per non commettere errori, come i miei genitori. Aspettare un figlio non è mai un errore, farlo con la persona sbagliata secondo me lo è. E’ sempre stato importante per me mantenere tutto in ordine. La mia camera, le mie cose, la mia vita. E non me ne sono mai vergognata.
Comunque sia, scrissi un’altra lettera a mia madre. Questa volta più breve:
Grazie, mi manchi. ti voglio bene anche io.”
Prima di spegnere controllai le altre e-mail.
Tutta gente che fingeva di essere mia amica. Ma tanto anche io fingevo.
Il tempo non passò molto, come speravo.  Decisi si farmi un sonnellino, magari avrei rivisto quel volto …
 
 
Mi risvegliai zuppa di sudore, guardai l’ora e quella volta, come se il tempo si volesse fare beffa di me, passò troppo velocemente! Ero in ritardo e puzzavo di sudore. Feci una doccia veloce, lasciando prima un messaggio sul cellulare ad Alice per dirle che avevo avuto un contrattempo e che avrei fatto un po’ tardi.
Sperai che lo doccia potesse aiutarmi a svegliare e a rendere la mia faccia più presentabile. Ma tanto, avrei fatto brutta figura con i genitori comunque.
Mi vestii alla svelta e uscii di casa lasciando un post-it sul frigo a Madison.
Attraversai la strada e dopo nemmeno due palazzi, svoltato l’angolo, arrivai da Alice.
Non era un palazzo come mi aspettavo. Era una piccola villetta circondata di verde, in mezzo a tanti palazzi. Che cosa strana. Mi fece ridere.
Suonai e sentì dire da Alice: “Vado io!”
Aprì la porta e mi saluto con un gran sorriso: “Bella!”
“Ciao, Alice!”
“Vieni, entra.”
“Wow, molto carina la casa. In Florida è più o meno così anche a me.”
“Già, sembra strano in un quartiere pieno di palazzi. Venne ai miei genitori l’idea.”
“Molto sarcastici.” Dissi.
“Si.”
“Sei sola?” Chiesi.
“In verità no, ma è come se lo fossi. Non preoccuparti.”
“In che senso?”
“C’è solo mio fratello. Noi viviamo da soli …” Aveva smesso di sorridere.
“Oh, scusa. Non volevo farmi gli affari tuoi. E solo che sono un tipo molto timido quindi …” Mi interruppe.
“Quindi volevi sapere come presentarti ai miei genitori, tranquilla! Non avrai questo problema con me!” Disse, sorridendo appena.
Non era pronta ad aprirsi del tutto con me, era evidente.
“Vieni, andiamo nella mia camera!”
Salimmo le scale. Era davvero grande la casa, anche molto raffinata per due fratelli.
“Vieni, da questa parte.”
La sua camera si trovava a destra, ma la mia attenzione fu catturata da una camera a sinistra mezza aperta.
Era la tipica camera da letto di due genitori, ma avevo la strana sensazione che fosse del fratello. Forse perché intravidi nel letto una ragazza poco più grande di me mezza nuda che dormiva?
Deve essere un don Giovanni questo fratello.
Feci finta di niente ed entrai nella camera di Alice.
Era arredata davvero bene, non da bambinette viziate come avevo temuto, era più … Classica, ecco.
Mi piaceva, aveva quel minimo di tocco femminile che non era  eccessivo. A colpire molto entrando nella stanza erano le tende di un colore rosa pallido con sopra dei ricami floreali. A destra c’era una scrivania di legno, legno vero però. Mentre a sinistra c’era un enorme finestra con  un davanzale all’interno ricoperto da un enorme cuscino, quella scena scaturì nella mia mente un’immagine: Lei, di notte, che non riusciva a prendere sonno e si rannicchiava li su quel davanzale a guardare fuori dalla finestra. Poi mi accorsi che non era lei nella mia immagina. Ero io.
“Tutto bene?” Mi fece tornare alla realtà.
“Si, stavo notando che la tua stanza è davvero molto bella. Ti rispecchia molto, credo. Ogni stanza, infondo, rispecchia noi stessi.”
“Vero! Qualche volta se ti va puoi restare a dormire qui. Come vedi i letto è abbastanza grande!”
Mi voltai a guardare il letto, in effetti non era un letto singolo ma matrimoniale. Che goduria avere un letto così grande, pensai.
Alice scambiò il mio silenzio come un modo per rifiutare l’offerta.
“Ahm, scusami. Mi sono lasciata prendere la mano. Pensi che sia pazza. Ti conosco solo da oggi e ti chiederai perché sto correndo troppo!”Disse, un sorriso finto sul suo viso.
“Oh, nono. Non volevo rifiutare la tua offerta. Stavo osservando il letto e … Si, insomma, ti stavo invidiando!” Dissi e ridemmo.
“Allora, vado in bagno a prendere tutti i miei strumenti! Non ti muovere, faccio subito!”
Disse e sgattaiolò via.
Inizia a guardare le foto che aveva sugli scaffali di un enorme armadio.
C’erano lei e i suoi genitori. Notai che non c’era suo fratello nelle foto. Solo tante foto di lei e i suoi genitori …
Mentre presi un quadretto che ritraeva lei più piccola in braccio a suo padre, sobbalzai.
“Alice!” Era un ragazzo a torso nudo. In un attimo mi si mozzo il fiato in gola. Era lui. Il volto del ragazzo del mio sogno. Mi cascò il quadretto dalle mani a terra e il vetro si frantumò in mille pezzi, ma io rimasi immobile a fissarlo senza respirare, sembrava lui facesse altrettanto. Era bellissimo. Lo stesso colore bronzeo dei capelli che avevo visto nel mio sogno, il suo viso immacolato e quegli occhi che mi penetravano dentro fino a scaldarmi.
Solo quando Alice tornò mi chinai a riprendere i pezzi di vetro e a scusarmi per la mia sbadataggine, ma lui mi fermò: “No, ferma. Non toccare il vetro ti farai male. Ci penserà la nostra cameriera più tardi.”
“Scusami, Alice. Mi è scappato di mano.” Dissi mortificata, ignorando il fratello.
“Non preoccuparti Bella! Ne ho tanti di quei quadretti!” Mi rassicurò.
“Più tosto”, continuò lei, “Cosa ci fai nella mia stanza, Ed?”
“Sono vento a dirti che non rimango a cena.”
“Ma come, anche questa sera?”
“Ho alcune cose da fare, mi spiace.”
Mentre parlavano, io fissavo ancora i pezzetti di vetro per non guardarlo. Che imbarazzo. Ero proprio una stupida.
“Se tu non ti scopassi una ragazza al giorno! Forse non avresti così tanto da fare!” Disse Alice.
Il suo tono arrabbiato mi fece concentrare sulla loro discussione.
“Alice, non mi sembra il momento!” Dissi lui a denti stretti e guardandomi.
“Ma si, vattene. Abbiamo da fare!” Disse, spingendo il fratello fuori dalla stanza e chiudendogli la porta in faccia.
Alice si accasciò per terra strisciando sulla porta e iniziò a piangere.
“Hei, Alice?” Mi avvicinai a lei.
“Scusami, Bella. Non volevo che tu vedessi queste cose.” Disse, singhiozzando.
“Tranquilla. Succedono anche a me queste cose. Dai, vieni.” Dissi e l’abbracciai.
 
Quando si calmò, iniziò a raccontarmi la sua storia.
“I miei genitori morirono in un incidente stradale 3 anni fa. Per fortuna Edward, mio fratello, era già maggiorenne, così non fui costretta ad andare in un orfanotrofio. Si prese lui tutte le responsabilità. Intendo sia di me che del lavoro di mio padre. Mio padre era un’importante capo consulente finanziario.
Tutti conoscevano mio padre e per Edward non è stato difficile prendere il suo posto, tutti lo stimavano.
Solo che dopo un anno di prova, Edward, non è stato reputato in grado di gestire la situazione. Non era ancora maturo abbastanza da gestire un simile lavoro e ciò che lo ferì di più, furono le parole del migliore amico di nostro padre. Disse che lui non aveva la stessa stoffa di nostro padre. Così iniziammo ad affondare, iniziammo a fare debiti su debiti. Poi l’anno scorso iniziò a ritirarsi tardi la notte, la mattina si alzava tardi e con una donna diversa. Tutti i debiti poco a poco venivano saldati.”
“E come?” Chiesi.
“Non lo so, è questo il problema, Bella. Io non so perché e come. Lo hai sentito stesso tu. Non cena più con me da una vita. Ed io mi sento così sola.”
“Non hai nessun’ parente da qui potreste andare?”
“Si, ci sono parenti che ci hanno offerto ospitalità finché entrambi non avessimo formato le nostre famiglie e ce ne fossimo andati. Ma lui è orgoglioso, soprattutto dopo quello che gli disse il migliore amico di mio padre. Ha iniziato ad essere molto più chiuso, arrabbiato, anche con i nostri genitori … “ Fece una pausa. “Vedi, prima che i miei morissero, lui, aveva un bellissimo rapporto con mio padre. Sognava di diventare come lui e prendere le redini dell’azienda e sentirsi dire che non è all’altezza lo ha umiliato. E come se non si sentisse più parte della nostra famiglia. Ha anche bruciato tutte le foto sue che lo ritraevano con me e con i miei genitori. Sono sicura che lui mi odia.” Iniziò a piangere.
“No,no,no. Non devi dire così. Sono sicura che tuo fratello ti vuole bene! Altrimenti non si sarebbe preso cura di te. Ti avrebbe mandato via.”
“Sono sicura che se adesso potesse, lo farebbe, Bella. Lo farebbe.”
Parlammo per più di due ore, poi per non lasciarla da sola la invitai a cenare da me e grazie a Charlie e Madison si divertì. Volevo alleviare per un po’ il suo dolore. Mi fece tanta pena quel pomeriggio. Era una ragazza tanto solare quanto triste e sola. In una situazione come la sua non so se sarei riuscita a resistere come faceva lei. Fatto sta che avevo preso a cuore Alice e volevo aiutarla ad essere un po’ più serena.
Per quel che potevo insomma. 



Angolo autrice: Salve :3 Rieccomi con il terzo capitolo. Che ne dite? 
Dalle poche recensioni non sembra interessarvi molto :( 
Spero non sia così.. :) 
Fatemi sapere cosa ne pensate perfavore.. <3
Baci, Vale ^^ <3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4 -Dubbi. ***



 Era strano conoscere qualcuno che aveva problemi più gravi dei miei. Si, insomma, in tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare che fossi la sola ad avere dei problemi enormi con i miei genitori. Vedere Alice così fragile, indifesa, mi ha fatto aprire gli occhi. Al mondo non esisto solo io. C’è chi non può  permettersi una casa, chi non ha i genitori, c’è chi non può permettersi addirittura la vita …
Mentre io dei genitori, bene o male, ce li ho. Ho una casa, anzi due, Charlie e Renè non mi fanno mancare niente. Posso mangiare, bere, dormire. Posso uscire e divertirmi.
Stavo iniziando a sentirmi in colpa perché sapevo che in tutto questo tempo ero stata un po’ egoista.
Ma il passato non si può cambiare. Però si può fare qualcosa per il futuro, no? Si può migliorare, cambiare. Ed io volevo migliorare e cambiare.
E inizia a migliorare proprio con Alice.
Ormai era finito luglio. Era il primo di Agosto.
Dopo tante cene imbarazzanti, con il fratello di Alice, ero riuscita a sciogliermi un po’ e sembrare simpatica.
“Oh andiamo! E’ solo un gioco, Bella!” Disse Edward.
“Edward ha ragione.” Disse Alice scrollando le spalle, come sempre dava ragione al fratello.
“Avete proprio deciso di farvi gli affari miei!” Dissi ridendo.
“Ti prego!” Mi implorava Alice, e lei sapeva che non potevo resisterle con quella faccia da cucciolo.
“E va bene.” Dissi e feci una pausa. Era imbarazzante. Stavamo giocando ad obbligo, giudizio, verità e confronto. Avevo scelto verità e mi avevano incastrata per bene. Mi avevano chiesto a che età ho dato il mio primo bacio. Ecco. “Non ho mai baciato nessuno.” Continuai.
“Cosa?” Disse Alice spalancando la bocca.
“Chi l’avrebbe mai detto!” Disse Edward sfoderando quel sorriso. Si, quel sorriso sghembo. Morivo ogni volta.
Sentendo la risata stridula di Alice tornai al presente e arrossii. Che c’era di male. Non avevo avuto ancora il mio primo bacio e allora?
“Non fa niente, ti perdoniamo! Vero, Ed?” Mi voltai verso di lui che mi guardava con uno sguardo dolce, ma non capii il motivo finché a fine serata  Alice stanchissima si addormentò sul divano e lui si offrii di accompagnarmi a casa e sotto il portone mi ha baciata. Si, mi ha baciata, mi ha sorriso e poi è andato via. Non aveva imboccato la strada di casa però. Non ci badai più di tanto, ero ancora sotto shock.
Era stato il bacio più dolce e forte che avessi mai potuto avere. E’ stato bellissimo. Nel letto continuavo a rigirarmi senza trovare pace. Volevo continuare a baciarlo, ancora e ancora …
Era ormai un mese, ovvero da quando ero arrivata ed avevo conosciuto Alice e lui, che non facevo altro che pensare a lui, ad immaginarmi tra le sue braccia … E quella sera è come se si fosse avverato un sogno.
Anche se un mese prima, quando Alice mi raccontò tutto, ero andata da lui a fargli capire che il suo comportamento era egoista e ci furono molte discussioni accese tra di noi. Ma io non mi arresi e feci bene. Perché, lui, iniziò a passare più tempo con sua sorella e riuscì a capire la mia ostinazione e mi chiese scusa. Da quel momento ebbe un comportamento più adeguato sia nei confronti di Alice … Che nei miei.
Però non capivo cosa significasse quel bacio. Gli piacevo? Oppure lo aveva fatto perché gli facevo pena …
Ma no, sapeva che sarebbe stato il mio primo bacio e sapeva che per me era importante, non avrebbe osato …
O forse si.
Ero maledettamente confusa. Pensai a lui tutta la notte, come tutte le altre notti in fondo, e non chiusi occhio.  Quando ci riuscii, suonò la sveglia. Dovevo andare a mare con loro quella mattina. Oddio, che imbarazzo provai al solo pensiero che lui mi vedesse in costume.
Cercai di svegliarmi per bene, andai in cucina e trovai la colazione già pronta. Madison mi aveva comprato dei cornetti e c’era un post-it sul frigo. Si scusava se anche quella mattina non faceva colazione con me.
Eravamo diventate molto amiche nell’ultimo mese io e lei. Ero riuscita a cogliere un’altra facciata del suo carattere che mi piaceva molto.
Mi accorsi che era tardi, andai in fretta a prepararmi e mi misi ad aspettare la loro citofonata.
Quando arrivarono, feci le scale un gradino dopo l’altro. Mi vergognavo troppo.
Poi presi fiato ed uscii dal palazzo.
Edward era alla guida e portava un paio di occhiali, di fianco a lui, al lato del passeggero, non cera Alice.
Una ragazza che si chino a baciarlo mentre lui mi dava un occhiata.
Sentì in quel momento come una freccia che mi colpiva diritto al cuore.
Dietro l’auto, Alice, mi faceva segno di sbrigarmi. Così feci gli ultimi gradini, ingoiai il nodo che avevo in gola ed entrai nell’auto sorridente salutando tutti e facendo finta di niente. Nemmeno Alice, in fondo, sapeva della mia cotta per il fratello e soprattutto del bacio della sera prima.
“Bella, lo sai che Lauren sta da un mese con mio fratello? Non la trovi una cosa grandiosa?” Disse Alice euforica e Edward mi controllo dallo specchietto retrovisore. Forse si aspettava che svenissi o mi mettessi ad urlare. Ma peggio per lui, non avrei fatto nessuna bambinata del genere. Che stupida sono stata a credere che anche lui ricambiasse i miei sentimenti. Stavano da un mese insieme e lui che fa? Mi bacia?
 Comunque sia Lauren era la ragazza che stava d’avanti insieme a Edward. Molto carina, capelli biondi, viso perfetto, fisico da modella. Si, avevo capito il personaggio.
Arrivati in spiaggia  ognuno mise la propria asciugamano a terra. Almeno dell’asciugamano non mi sarei vergognata. Era semplice, grande abbastanza per me e grigia.
Tutti si spogliarono, e stavo letteralmente sbavando quando Edward si tolse la maglia. Ma appena si voltò verso di me abbassai lo sguardo facendo finta di cercare qualcosa nella borsa.
“Non ti spogli, Bella?” Chiese lui.
“Ahm … “Non sapevo cosa dire. No che non mi volevo spogliare!
“Lasciala in pace, amore. Magari si vergogna di te.” Disse Lauren, con quella sua schifosa vocetta a papera.
“Si, mi spoglio subito, cercavo una cosa nella borsa.” Dissi con la sua stessa vocetta e io e Lauren ci guardammo torve.
Inizia a togliermi i pantaloncini, almeno il mio lato B mi piaceva.
Sentivo lo sguardo di Edward fisso su di me. Per fortuna nell’ultimo mese ero riuscita ad abbronzarmi un po’ e non sembrare pallida.
In fine tolsi anche la maglia. Presi Alice per un braccio e la trascinai a mare con me. E anche in quel momento sentivo lo sguardo di Edward addosso. Sarebbe stata proprio una bella giornata.
Una volta a mare Alice iniziò a ridere.
“Cosa c’è?” Le chiesi, sorridendo.
“Ma hai visto la faccia che ha fatto Lauren quando le hai detto che ti spogliavi? Mio Dio, e non hai visto nemmeno la faccia che ha fatto mentre guardava Edward sbavare su di te?” Stava continuando a ridere.
“Ma smettila, non è vero … “ Dissi.
“No, ti giuro. Stava sbavando. Senti, io conosco mio fratello!” Disse e io arrossii
“Lo so che ti piace Edward, e sarei contenta se lui stesse con te. Sarei più tranquilla, no?” Disse ridendo, poi continuò, “però … Bella. Sarei egoista se ti dicessi che sarei solo contenta. Perché, si, è vero io starei più tranquilla. Ma sono sicura che mio fratello di farebbe soffrire. Voglio che tu questo lo sappia. Lo hai visto stesso tu. Cambia ragazza a momenti. Dio solo sa perché sta con questa oca da un mese. Quindi, stai attenta, ok? Ci tengo a te.”
Le sue parole mi avevano commossa, così l’abbracciai forte.
“Hei, voglio un abbraccio anche io!” Disse Edward entrando in acqua.
“No, per te non ci sono abbracci fratellone!” Disse Alice e iniziammo a schizzarci con l’acqua.
“Hei, Bella. Io salgo!” Disse Alice dopo un po’.
“Arri …” Edward mi interruppe.
“Aspetta, ti va di parlare?”
“Dimmi … “ Ero sulla difensiva.
“Ecco, per quanto riguarda il bacio di ieri.”
Non dissi nulla, aspettai che continuasse.
“Bhè, mi dispiace se forse ti ho illusa.” Disse.
Un misto di dolore e rabbia mi fecero dire una bugia.
“Oh, non ti preoccupare. Non mi sono illusa. Più tosto avevo paura che tu ti fossi illuso. Vedi, non era vero che non avevo mai baciato nessuno. Stavo solo scherzando, credevo lo avessi capito. Anzi in Florida ho anche qualcuno che mi aspetta …. “ Lasciai la frase in sospeso e scrollai le spalle per dargli più peso.
Non disse nulla, continuava a scrutarmi.
“Allora, tutto chiarito, no?” Continuai sorridendo.
“S … i … “ Disse lui. Mi voltai e me ne andai lasciandolo li.
Non se lo aspettava. Da un lato ero contenta, non volevo che vincesse lui. Da un altro lato però … Volevo scoppiare a piangere.
Mi stesi sulla mia asciugamano che si trovava a fianco a quella di Alice.
Si accorse che qualcosa non andava.
“Hei, Bells … Cosa succede?”
“Hai completamente ragione tu, Alice. Su tutto. Tuo fratello mi farebbe solo soffrire.”
Continuava a guardarmi, sapeva che non era tutto.
“Ci siamo baciati ieri sera.” Continuai io.
“Cosa? Quando se sono stata tutto il tempo con voi?” Strabuzzò gli occhi sorridendo.
“Quando ti sei addormentata sul divano si è offerto di accompagnarmi e sotto casa mi ha dato un bacio.”
“O mio Dio! Deve averlo fatto perché ieri hai detto che non hai mai baciato nessuno! Questo significa che gli piaci! Allora avevo ragione!” Disse felice.
“No Alice, il problema è un altro. Poco fa quando te ne sei venuta sulla spiaggia mi ha parlato. Voleva far finta che non è successo niente, capisci? Ed io ho inventa una scusa, una bugia. Gli ho detto che non era vero che non ho baciato mai nessuno e che in Florida ho già un ragazzo che mi aspetta.” Ero sul punto di piangere.
“Sei un genio! E lui?”
“Lui niente. E’ rimasto lì. Non se lo aspettava.”
“E ci credo! Sei la prima che gli resiste!” Disse ridendo. Poi continuò, “dai, non preoccuparti ti terrò il gioco nel caso mi chiede qualcosa. Però tu non stare così, altrimenti scoprirà che non è vero nulla.”
“Zitta, zitta che sta arrivando.”
Quanto era bello … Lo guardavo mentre saliva sulla spiaggia.
Da amici non sarebbe potuta  funzionare. quando si prova un attrazione così forte … E’ impossibile.
Come avrei fatto a dimenticarlo una volta tornata in Florida?
Domanda ancora più dura: Sarei riuscita a tornare in Florida?


Angolo Autrice: Tadà! :D Che ve ne pare????
Lo so, lo so. Non ci sono ancora indizi su qual'è il mistero che avvolge Edward. Ovvero il suo misterioso lavoro xD
Però vi prometto che sarà svelato nel prossimo capitolo! Quindi non smettete di seguirmi u.u

Un bacio, Vale <3

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5 -Risveglio. ***



 Pov Edward.
 
“Allora, Ed. Che mi dici? Come sta tua sorella?”
“Come se t’importasse. Dimmi cosa vuoi che faccia questa volta e finiamola.”
Quel grassone stava spaparanzato su quella poltrona, come sempre, a fumare il suo sigaro con quel chiwawa posseduto.
“Ed, se continui con questo atteggiamento, non andremo molto d’accordo. Lo sai, vero?”
Non dissi nulla.
“C’è da fare questa consegna al porto. E’ roba da poco, ma gli scagnozzi di Del Santos amano fare casino. Quindi prendi questa.” Mi porse una pistola.
“No, lo sai. I patti parlano chiaro, niente sparatorie. Io faccio solo consegne.”
“No,no, no. Edward, tu fai quello che ti dico di fare. E io ora ti sto dicendo di prendere questa cazzo di pistola e fare la consegna!”
Ero un maestro nel far arrabbiare Big Mike.
“Adesso vattene, ti chiamerò io per dirti quando e dove.” Disse.
Uscii da quella stanza e mi diressi verso casa.
Conobbi Big Mike per caso. Dopo la morte dei miei genitori tutto stava andando a rotoli e non sapevo come mantenere mia sorella. Ero a pezzi. Avevo solo 18 anni. Una sera decisi di entrare in un locale, così, per svagarmi un po’. Big Mike si avvicinò a me e mi disse: “Hei, ragazzo. Ti va di fare soldi?”
Come potevo rifiutare, in quel periodo ne avevo bisogno. Avevo accumulato molti debiti e lui si era offerto di saldarmeli tutti a patto che lavorassi per lui.
Una volta che finisci in questo circolo vizioso … Non puoi più  uscirne. E’ come la droga, che mi trovo a consegnare ogni notte. E’ sbagliato, ma mi promette dieci mila dollari a settimana.
Ho bisogno di Big Mike come lui ha bisogno di me. Ho imparato presto a fare un lavoro pulito e questo a lui sta bene. Ma non mi ero mai avvicinato alle armi. Era nel patto. Io dovevo fare solo consegne e niente di più.
Quella notte, la pistola che portavo addosso mi faceva sentire pesante, per la prima volta mi faceva sentire colpevole. Non avevo mai rimpianto quel “lavoro”, ma quella pistola mi fece notare quanto fosse terribile.
Andai nella mia stanza e inizia a piangere come un bambino.
Mi sentivo vulnerabile, molto fragile e parecchio solo.
In quell’istante pensai a Bella.
Il suo sorriso, il suo viso tenero. Mi sono sentito un po’ bastardo quando le dissi che quel bacio è stato un errore. In verità non era così. Desideravo baciarla. Farla mia.
Non mi è mai capitato con nessuna ragazza.
Ma comunque lei non aveva bisogno di un ragazzo come me, assolutamente.
Ero la persona sbagliata. Poteva frequentare mia sorella quanto le pareva, ma dovevo iniziare a stabilire dei confini tra me e lei, non volevo assolutamente, in nessun modo, metterla in pericolo o farla soffrire.
Il mattino seguente mi svegliai stordito e accesi subito il telefono. Un messaggio di Big Mike.
La consegna era prevista per quella sera alle undici. Diavolo.
Non ero preoccupato. Mi sentivo solamente troppo colpevole. Quella pistola la sentivo bruciare nel mio cassetto.
Tutti mi avrebbero perdonato se avessi confessato. Avrebbero capito le mie intenzioni e il mio problema, ma la mia coscienza non lo avrebbe fatto. Lei non perdona mai.
Ma non potevo smettere.
Scesi a preparare la colazione, ma sentii dei rumori provenire dalla stanza di Alice e mi affrettai a vede cosa stava succedendo.
“Alice!” Mi catapultai nella sua stanza, ma mi accorsi che si stava solo prendendo a cuscinate con Bella.
“Bella?” Dissi, dopo un attimo. Poi continuai, “che ci fai qui?”
“Oh, ieri abbiamo passato la giornata insieme e le ho chiesto di farmi compagnia per la notte. Tu non c’eri quindi …” Lasciò la frase in sospeso.
“Capisco. Bhè io sto preparando la colazione, quando volete scendere, scendete.” Dissi, poi guardai meglio bella. Indossava un pigiama niente male …
“Hei Bella, carino il pigiama.” Dissi e le feci l’occhiolino, la vidi arrossire. Adoravo le sue guance rosse.
Ma spezzai di nuovo i confini. Che idiota che sono.
Dopo circa dieci minuti scesero e le preparai la scodella, i cereali e il latte.
“Allora che avete fatto di bello ieri?” Dissi.
“Niente.” Dissero in coro.
Rimasi in attesa per capire che stava succedendo.
“Alice.” Chiamai mia sorella.
“Ehm, ok. Abbiamo invitato un po’ di amici.” Disse sorridendo.
“Quali amici?” Dissi.
“ Dei ragazzi che …” La interruppi.
“Cosa? Dei ragazzi? Ma dico sei impazzita? Senza il mio permesso e mentre io non c’ero?”
“Bhè se la metti cosi tu non chiedi mai il permesso quando porti qui una delle tue puttanelle per scopartele!”
Le diedi uno schiaffo.
“Tu non sei mio fratello, ti odio! Hai capito? Ti detesto!” Disse.
Anche se mi dispiaceva, non potevo permettere che mi mancasse di rispetto. In assenza dei miei genitori dovevo occuparmi io di mia sorella e dovevo insegnargli i principi fondamentali.
“Era proprio necessario?” Disse Bella.
“Tu non ti azzardare a giudicare. Anzi, cosa direbbe tuo padre se lo sapesse? Cavolo! Pensavo che fossi un po’ più matura!”
“Ah, io dovrei essere quella più matura tra me e te? Ma ti senti?”
“Senti, Bella. Tu non sai minimamente cosa vuol dire perdere all’improvviso i genitori e doversi occupare di una ragazzina con gli ormoni in fermento. Hai idea? Io credo proprio di no. E’ una cosa difficilissima per me, e come diventare padre a 16 anni, capisci? Quindi non venirmi a fare la predica perché sto cercando di essere un buon esempio per Alice!”
Stava per piangere.
“Ma sentiti. Mi sembra un po’ tardi per rinfacciare queste cose, non credi Edward? Se non volevi occuparti di tua sorella, perché non te ne sei andato lasciandola da sola? Magari adesso sarebbe anche più felice! E poi, tu vuoi darle il buon esempio? Ma fammi il piacere, Edward! Tu che porti le tue sgualdrine ogni notte quando c’è tua sorella! Quindi non credo che tu sia proprio un buon esempio per lei. E tanto per chiarire quelli che sono venuti ieri erano miei amici di infanzia! E se avessi aspettato te lo avrebbe detto anche lei!
Ma tu come sempre fai la cosa giusta, no?
Sai una cosa Edward? Credevo tu fossi migliore di tutto questo e invece sai che penso? Che sei proprio uno stronzo.”
In parte aveva ragione, non ero mai stato un buon esempio per mia sorella. Ma qualcosa dentro ma dalla sera prima stava cambiando, come se mi fossi svegliato da un brutto sogno. Ma la realtà sembrava ancora peggio. Mi stavo rendendo conto per la prima volta che stavo perdendo anche Alice.
Sbollita la rabbia andai in camera di mia sorella.
“Posso entrare, Alice?” Dissi, in maniera più dolce possibile.
“Che vuoi?” Era ancora in lacrime.
“Voglio parlare. Solo … “ Specificai.
“Entra …”
Entrai e mi sedetti sul letto a fianco a lei.
“Mi dispiace, per lo schiaffo, per quello che ho detto, per tutto. Hai ragione tu.” Iniziai.
Aspettai, ma non disse nulla. Allora continuai: “Sai, quando ero piccolo e facevo qualcosa di sbagliato, avevo sempre paura che papà mi prendesse a schiaffi. Ma sai una cosa? Non lo ha mai fatto. Mi guardava semplicemente in un modo che sapeva fare solo lui. Mi attraversava l’anima e feriva più di qualsiasi altra parola o gesto, poi mi faceva promettere che non lo avrei più fatto e infine mi abbracciava ed io scoppiavo sempre a piangere. Vorrei essere come lui, Alice. Vorrei sapermi comportare con te come faceva lui con me. Ah e poi la dolcezza infinita della mamma … Ti veniva voglia di proteggerla per quanto sembrava fragile. Vorrei saper essere anche come lei. Ma ho perso le speranze già da parecchio. Non sarò ma come loro.” Dissi guardando attraverso la finestra le nuvole bianche che formavano una specie di orso.
“Non è vero. Tu me li ricordi molto, Ed. Davvero … “
“Ah, Alice. Devo essere stato davvero odioso in questi 3 anni. Me ne sto rendendo conto solo ora. Sono un idiota.”
“Io non ti odio, dicevo per finta. Ero arrabbiata con te. Però se mi dai un altro schiaffo ti odio sul serio!” Disse e ridemmo.
“Dai, vieni qui, piccola. Scusami.” Dissi e la strinsi a me.
“Ti voglio bene, Ed.”
“Non voglio perderti sorellina, ho deciso di prendermi cura di te perché voglio farlo e lo farò.”
Rimanemmo abbracciati.
Guardando fuori dalla finestra ripensai a quello che avrei dovuto fare quella sera. Mi assalì una nausea terribile. Come potevo pretendere che mia sorella non si cacciasse nei guai quando io ero il primo a farlo.
Non esisteva un modo per tirarmi fuori dal quel giro.
Chi poteva aiutarmi?
Poi mi rivenne di nuovo in mente il viso di Bella. Mi ricordai che dovevo delle scuse anche a  lei.
L’ho ferita parecchio.
“Ora devo chiedere scusa anche a Bella.” Dissi ad Alice sciogliendo l’abbraccio.
“Dovrai inventare qualcosa di grandioso per farti perdonare.”
“Ah, lo sai non sono bravo in queste cose. Mi aiuteresti?”
Mi consigliò di prenderle un mazzo di fiori ed essere sincero. Niente di nuovo insomma.
Andai a comprarle un mazzo di rose profumate. Alice mi disse che le piacevano quelle bianche. Così mi venne l’idea di comprarne solo tre. Tre per ogni sbaglio che avevo fatto per lei.
1 per averla baciata.
2 per averla presa in giro
3 per averle dato la colpa del mio comportamento immaturo.
Andai sotto casa sua e suonai il citofono.
La feci scendere. Miracolosamente accettò.
Aprì il portone e rimase in silenzio.
“Io non sono bravo con le parole …” Mi interruppe.
“Ah, prima sei stato bravissimo. Mi hanno fatto scappare le tue parole.”
“Lo so, sono stato un idiota, non ho avuto cuore. Non dovevo ferire te. L’unico colpevole sono io. Anzi, oltre a chiederti scusa, devo dirti grazie. Perché grazie a te io mi sono svegliato. Mi hai fatto rendere conto che stavo perdendo il bene più prezioso: Alice.
Sono venuto qui con tre rose bianche, sono sincero, Alice mi ha detto che sono le tue preferite. Tre rose perché ho tre motivi per cui chiederti scusa e perché da quando ti ho conosciuta ho sbagliato tre volte con te. La prima volta quando ti ho baciato, la seconda perché ti ho fatto crede di averti preso in giro e non è cosi e poi, infine, ho scaricato le mie colpe su di te. Quindi scusa per essere stato uno stronzo vigliacco immaturo. So che non puoi perdonarmi. Non avresti neanche nessun interesse. Però ci tenevo a scusarmi.”
Prese le tre rose dalle mie mani e le annusò.
“Ah, sono vere. Bravo, se erano finte te lo scordavi il perdono.”
Ridemmo.
Era così semplice essere felici con lei. Potevi toccare il cielo con un dito. Avevo sempre una voglia irrefrenabile di condividere ogni istante con lei, quasi come se fosse l’ultimo. La portai a casa mia e mangiammo insieme ad Alice. Tutto era tornato normale …
Tutto tranne dentro di me. Bella mi piaceva, anche troppo. Ma il cellulare che vibrava nella mia tasca era la mia parte oscura che mi diceva di tornare alla realtà: Per me non c’era un futuro con lei se volevo proteggerla da me stesso.
Risposi a Big Mike.



Angolo autrice: Salve gente! :D
Lo so, lo so. Ci ho messo troppo tempo prima di agiornare questa storia, ma non ho avuto troppo tempo a mia disposizione. >.<
Spero che questo capitolo via piaccia, un bacio e al prossimo capitolo :) 
Vale. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6 -In any way ***


Pov Bella.


Quando Edward venne da me a chiedermi scusa ero furiosa. Ma la sua dolcezza spazzò via tutto.

Mi è sembrato un fratello dispiaciuto e molto stanco. Ma soprattutto un ragazzo che è stato costretto a maturare troppo in fretta.

E poi non era vero che non avevo nessun interesse a perdonarlo. Ce l’avevo e come l’interesse …

Ero innamorata di lui.

Ma era già il 3 Agosto, quell’estate stava passando troppo in fretta.

Avevo paura che tutto, una volta tornata in Florida, scomparisse.

Ma non volevo pensarci. Tutto stava andando bene, Avevo fatto pace con Edward, non volevo rovinarmi la giornata con il mio solito pessimismo.

Quella giornata però non l’avrei visto.

Mio padre voleva che andassi a cena con lui e Madison insieme ai suoi amici. Voleva stare un po’ con me, visto che passo la maggior parte del mio tempo a casa Cullen, cioè la casa di Alice e Edward.

Charlie mi ha raccontato che li conosceva bene. Soprattutto i genitori.

Quando sono venuti a mancare è stato il primo ad offrirgli il suo aiuto.

Mi ha detto che i Cullen erano sempre stati una famiglia molto forte e non si è stupito nel vedere il loro figlio maggiore alzarsi le maniche e mettersi a lavorare per mantenere sua sorella.

Anche se sostiene che molte volte non bisogna essere orgogliosi ed è bene accettare l’aiuto di qualcuno che non vuole nient’altro che il tuo bene. “Ma i Cullen sono fatti così.” Disse.

Madison interruppe il corso dei miei pensieri entrando nella mia stanza.

“Posso entrare?”

“Sei già dentro, Madison.” Dissi scherzando.

“Hai ragione.” Sorrise, poi continuò: “Volevo darti questo.” Mi porse uno scatolone largo e piatto.

“Cos’è?” Chiesi.

“Aprilo, credo che ti possa piacere.”

Lo aprii e trovai un vestito stupendo.

“Oh mio Dio, Madison!” Esclamai. “Ma è stupendo!” Continuai.

“Pensavo che potevi metterlo per la cena di questa sera. Faresti un figurone con gli amici di tuo padre. Li farai morire di invidia!” Ridacchiammo.

“Ceto che lo metterò!” Dissi. Poi rinsavii e mi resi conto che quel vestito doveva essergli costato un occhio della testa.

“Ma … Madison. Io non posso accettare. E’ una marca importante questa.” Dissi, guardando il cartellino.

“Sciocca, ma che dici? Ti ho comprato questo vestito perché volevo farlo. L’ho visto in vetrina e ho pensato subito a te. Se non avessi potuto comprarlo non lo avrei fatto, non credi?”

“Dio, grazie Madison. E’ bellissimo.” Dissi. E arrossi pensando a Edward che sbavava vedendomi con quel vestito. Ma il mio sguardo tornò subito triste ricordandomi che non ci saremmo visti.

“Che c’è?” Chiese Madison vedendo la mia espressione cambiare.

“No nulla è che … “ Lasciai la frase a metà. Ho sempre un blocco quando devo parlare dei sentimenti.

“Si tratta di un ragazzo?” Disse con sguardo da volpe.

“Si.” Ammisi, sorridendo appena.

“Oh, capisco. Vorresti che ti vedesse con questo vestito, vero?”.

“Si. Perché è meraviglioso!”

“Chi? Il vestito o il ragazzo?”

Ci pensai su un secondo e poi risposi: “Tutti e due!” E ridemmo.

“Se vuoi puoi invitarlo!” Disse.

L’idea era stupenda ed era venuta anche a me. L’avrei fatto subito se non fosse per il fatto che Madison non sapeva di chi si trattava. Non potevo invitare Edward per due motivi:

1 perché lui era più grande e non sapevo se Charlie avesse accettato il fatto.

2 perché … Edward, non sapeva che io fossi innamorata di lui. Anzi, mi considerava una ragazzina sciocca e immatura. Aveva chiarito subito quel giorno in spiaggia, dopo il bacio. Ciò mi fece capire che non ci sarebbero stati più momenti come quelli perché io non ero adatta per lui. Non provava niente per me ne ero sicura.

Il secondo motivo mi è sembrato quello più valido da raccontare a Madison.

“Ecco non posso. Io non piaccio a lui.”

“Ma scherzi? A quale ragazzo tu non piaceresti, Bella? Ti sei guardata bene allo specchio? Sei bellissima. E non lo dico perché sei la figlia del mio attuale compagno ma perché è la verità!”

“Grazie, Madison.” L’abbracciai.

“Pensaci, ok? Ah, al trucco ci penso io, ok? Ci vediamo dopo!” Disse, schizzando via dalla mia stanza.

Che donna. Sono fiera di mio padre.

Mi venne in mente Renè e decisi di chiamarla.

Dopo tre squilli rispose. “Hei, mamma.” Dissi.

“Tesoro! Come stai?”

“Bene, e tu mamma?”

“Tutto tranquillo, scricciolo. Solo che mi manchi molto.” Disse in tono triste.

“Anche tu mamma.”

“Bhè, manca poco no?” Disse e qualcosa dentro di me mi fece venire voglia di vomitare. L’argomento “Tornare a Casa”, non era proprio tra i miei preferiti ultimamente.

“Già …”

“Qualcosa non va, scricciolo?” Disse. In quel momento mi venne un idea geniale e decisi di parlargliene subito.

“Mamma, hai mai preso in considerazione l’idea di venire a vivere qui … A New York?”

“Cosa?”

“Si insomma, vivere qui. Così starei anche vicino a Charlie e potrei vederlo più spesso … “

Rimase in silenzio. Iniziai a contare i minuti e quel silenzio iniziava ad innervosirmi.

“Mamma?”

“Si, scricciolo. Ora sono … Sono un po’ occupata e … E … Ti richiamo io più tardi, ok? Un bacio, Amore. Ti voglio bene.” Non mi lasciò nemmeno il tempo di replicare. Stava piangendo. Ma perché?

Non le avevo detto niente di che, no? Forse ha frainteso qualcosa.

Ero sempre la solita. Pensa prima di parlare, bella! Pensai.

Non ero mai stata spaventata così tanto del mio futuro come in quel periodo.

Non pensavo che un semplice ragazzo e una migliore amica potessero fare una cosa del genere.

Se fosse stato per me avrei preferito restare per sempre con loro.

Non che non volessi bene a Charlie e Renè, ma sentivo che qualcosa di me apparteneva a quella famiglia, più specificamente ad Alice e Edward. Non riuscivo ancora a capire perché e questo mi disturbava. Mi rendeva insicura, molto insicura. E mi faceva fare stupidaggini come quella di dire a mia madre che volevo trasferirmi. O almeno glielo avevo fatto intendere. E lei aveva capito subito il messaggio.

Erano le sei e per le otto dovevo essere pronta. Avevo bisogno di rilassarmi così andai nel bagno di Charlie, quello che si trovava nella sua stanza che ovviamente condivideva con Madison. Ci andai perché il suo bagno aveva la vasca, in quel momento avevo proprio bisogno di un bagno caldo. La doccia mi avrebbe solo innervosito di più.

Aprii l’acqua e iniziai a spogliarmi. Misi un dito nella vasca per vedere se l’acqua era calda al punto giusto, poi mi voltai e vidi la mia immagine nuda riflessa nello specchio. Rimasi immobile per un secondo poi con una mano iniziai a percorre tutti i lineamenti del mio corpo. Devo ammettere che non sono proprio niente male. Pensai tra me e me. Scacciai subito quel pensiero e mi immersi nella vasca. Dopo nemmeno dieci minuti ero già rilassatissima e chiudendo gli occhi, vidi il volto di Edward e in un lampo sul mio viso comparve un sorriso ingenuo. Iniziai a far viaggiare la mia mente che iniziò a proiettare delle immagini di me e lui nella vasca insieme. Oddio, cosa mi stava succedendo? Non era da me pensare a certe cose. Ma lui riusciva a farmi quell'effetto. Non era la prima volta che pensavo a Edward in quei termini, ho immaginato anche di peggio. Si, lo ammetto: Molto spesso mi immaginavo a fare sesso con Edward. Fatto sta che ero rilassatissima.. Ma a rovinare tutto fu Charlie che entro in bagno senza bussare.

“Papà!” Urlai e lui schizzò fuori.

Lo sentivo fuori la porta che stava blaterando qualcosa e continuava a chiedermi scusa. Intanto io uscii subito dalla vasca, misi l’accappatoi ed usci furiosa dal bagno e corsi diritta in camera mia.

Feci sbollire la rabbia e dissi a mio padre che non importava. Dovevo avvertirlo che avrei occupato il suo bagno.

Comunque sia, detto fatto. Madison mi trucco. Ed era stata davvero brava. Non era stata eccessiva, un po’ di trucco come piaceva a me. Un po’ di matita, un ombretto che si addiceva alla mia carnagione e un filo di rossetto.

Poi infilai il vestito che mi andava a pennello. Arrivava a metà gambe e mi lasciava scoperte le spalle abbronzate. Madison mi prestò una sua collana che si intonava con il vestito, di un verde smeraldo bellissimo che mi dava delle belle forme, soprattutto al seno, e i tacchi leggermente alti.

Poi mi sistemo i capelli prendendone due ciocche dalle tempie e fermandomele dietro la nuca con un fermacapelli brillantinato.

Una volta che fummo tutti pronti, uscimmo e andammo al ristorante dove ci aspettavano tutti.

Arrivati, tutti sembravano ansiosi di conoscermi perché facevano una faccia entusiasta quando si presentavano a me.

“Oh questa è la tua adorabile figlia! Sai, Bella. Tuo padre parlava in continuazione di te prima che arrivassi! Sono felice di conoscerti!” Disse una signora un po’ bassina, con i capelli raccolti.

“Piacere mio, Signora.” Era la mia solita risposta per tutti.

Una volta seduti a tavola aprirono molti discorsi, fino a che non iniziarono a rivolgermi domande su quale college avevo puntato.

“Ecco, in verità … Io … “ Non sapevo che dire, faceva parte dell’argomento “Futuro”e al momento era la cosa più insicura della mia vita.

“Oh, mia figlia sta ancora valutando le varie possibilità. Non diamole fretta”, disse Charlie scherzando. Mi aveva salvata. Aveva capito che mi trovavo in difficoltà ed è intervenuto. Se non fosse stato mio padre lo avrei sposato senza pensarci due volte.

Tra tutte quelle domande e quelle persone mi iniziò a venire un capogiro, iniziai a vedere poco bene, mi mancava il fiato, come se per tutta la serata non avessi fatto altro che correre.

“Scusate, vado a prendere una boccata d’aria.” Tutti mi guardarono come fossi un’aliena, ma appena mi allontanai li sentì riprendere il discorso che stavano facendo.

Una volta fuori dal ristorante, mi sentii già un po’ meglio. Anche se il lampeggiare snervante del nome del locale, “The Moon”, iniziava davvero ad irritarmi.

Dopo circa dieci minuti riconobbi dall’altro lato della strada Edward.

Era vestito in maniera sportiva, come se stesse facendo una corsa, stava parlando con un uomo più grande di età ma più basso di statura e molto, molto grasso. Poi vidi un cosa che non avrei voluto vedere: Edward stava dando una pistola a quell’uomo.

I conti mano a mano stavano tornando. Ecco perché faceva sempre tardi la notte. C'era qualcosa di losco.

Subito mi fu tutto chiaro. Edward era finito in un brutto giro.

Una nausea fortissima mi colpii lo stomaco. No, non poteva essere vero. Il mio Edward …

Dovevo saperne di più.

Vidi che l’uomo si allontanò dandogli una pacca sul braccio mentre Edward rimaneva lì, fermo.

Decisi di chiamarlo.

“Hei, Edward.” Si volto subito verso di me. In un attimo attraversò la strada.

“Bella, che ci fai qui?” Disse, mentre si guardava in torno, con aria circospetta.

Io mi attinsi solo a fissarlo con aria estraniata.

“Sono qui con mio padre e degli amici.” Dissi poi, fredda.

“Ah giusto, la cena. Me lo hai detto.” Disse e iniziò a fissarmi come se solo in quell’istante si fosse reso conto di chi aveva di fronte.

“Sei … Bellissima questa sera.” I suoi occhi brillavano. Era sincero.

Non potei fare a meno di sciogliermi.

“Grazie … “ Dissi imbarazzata.

Continuava a fissarmi con quel sorrisetto divertito, si stava facendo un film mentale …

“Smettila!” Dissi, dandogli un colpetto sulla spalla.

“Scusa.” Disse colpevole e fece il sorriso che adoravo: il suo sorriso sghembo.

In quel momento mi venne da piangere …

“Hei, Bella? Che succede?” Voleva abbracciarmi ma mi spostai.

“Perché?” Gli chiesi.

“Cosa?”

“Perché avevi una pistola, Edward?”

“Abbassa la voce.” Disse, in maniera brusca. Tornò di nuovo il suo sguardo circospetto.

Non capivo perché piangevo, era solo il mio modo di reagire, ma Dio quanto desideravo non essere così stupida ma più forte.

“Bella, non è come pensi, davvero. Devi stare tranquilla. Quella pistola non era vera. E poi non sono cose che ti riguardano.” Disse ridendo. Non erano cose che mi riguardavano? Mi riguardavano eccome.

“Smettila di mentire!” Alzai il tono di voce.

“Hei, che succede?” Intervenne mio padre.

“Charlie, buona sera.” Disse Edward in maniera formale.

“Ciao, figliolo.” Rispose al saluto di Edward, accigliato. “Che succede, Bella?” Disse, rivolgendosi a me.

“Niente, papà. Niente. Sono cose che non mi riguardano.” Dissi, fulminando con lo sguardo Edward.

 

 

Tornammo a casa, e per tutto il resto della serata, dopo il mio incontro con Edward, ero stata apatica.

Mi chiusi subito in camera mia.

Inutile dirlo: Piansi tutta la notte.

Non sapevo nemmeno perché. Credevo che ormai eravamo arrivati ad avere più confidenza. Perché voleva nascondermi qualcosa? Sapevo che ciò che mi nascondeva era qualcosa di brutto, ma io volevo saperlo. Dovevo saperlo. Non volevo si mettesse nei guai. Avevo così paura di perderlo.

Forse … Dovrei solo rassegnarmi. Tanto in un modo o nell’altro lo avrei perso lo stesso. Sarei tornata in Florida.

Si, era questo quello che mi faceva piangere: Lo avrei perso. In qualunque modo.




Angolo autrice: Salve! :D Come va? Visto lo scarso successo del precedente capitolo, spero che almeno questo catturi la vostra attenzione xD Comunque sia grazie a tutte le persone che mi seguono :) Spero che questa storia vi continui a piacere e che non vi delusa :) 
Un bacio, vale. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7 -Goodbye My Lover ***


Il mattino seguente sentivo tutto così lontano da me che dovetti uscire per prendere una boccata d’aria.
Andai al parco e mi sedetti sulla panchina dove conobbi Alice, con le cuffie nelle orecchie ascoltando: We might as well be strangers dei Keane.
Iniziai a piangere, di nuovo. Tutta la notte non era bastata.
Se quel giorno non avessi conosciuto Alice, ora, non starei cosi. Non le sto dando la colpa. Non è colpa sua se suo fratello nasconde un segreto e non è nemmeno colpa sua se io me ne sono innamorata.
Perché l’amore deve fare così male? E perché proprio a me?
Le altre ragazze della mia età mi passano d’avanti con i loro ragazzi e sembrano felici. Allora perché io piango? E poi sarà sempre così? O in Florida sarà ancora peggio?
Credevo proprio che tornarmene a casa fosse quello che mi ci voleva, anche se prima di quel giorno ne avevo avuto solo paura. Se prima non volevo dimenticarlo, in quel momento era la cosa che desideravo di più al mondo. E solo tornandomene a casa ci sarei riuscita. Così presi una decisione.
Tornai a casa e chiamai mio padre. Gli chiesi se potevamo incontrarci un attimo.
Accettò, e decidemmo di incontrarci nel locale dov’eravamo stati la sera precedente.
Arrivai per prima e mi sedetti nel posto più vicino alla vetrina del locale e mi misi ad aspettare.
Intanto sentii il mio cellulare vibrare nella tasca sinistra dei miei jeans e sapevo anche chi era: Edward.
Era la millesima chiamata. Ma non volevo parlargli perché sapevo che mi sarei lasciata andare e che sarei stata troppo fragile e non avrei trovato più il coraggio di andarmene, di tornare a casa. Era meglio così. Avrei salutato Alice, ma niente contatti con Edward. Dovevo togliermelo dalla testa.
Arrivò Charlie e ordinammo solo un caffè.
“Allora, di cosa volevi parlarmi?” Disse, sorridendo.
“Ecco … Non so da dove iniziare. Però devo. Ricordi cos’è successo ieri sera?”
“Si, hai litigato con Edward e sei stata giù tutta la serata.” Disse, il suo sorriso era scomparso.
“Appunto. Vedi papà … “ Mi interruppe.
“Ti sei innamorata di lui.” Disse abbassando gli occhi. Lo feci anche io, sentii che le lacrime stavano tornando.
“State insieme, è questo che vuoi dirmi giusto?” Disse. Magari. Pensai.
“No, Charlie.” In quell’istante si accorse che stavo piangendo e mi prese la mano.
“Hei, Bells. Che succede? Ti ha fatto qualcosa?”
“No, no. Charlie … “ Ritrassi la mia mano, altrimenti non sarei riuscita a continuare. “Charlie, voglio tornare a casa. Ma non per colpa tua. Perché io vorrei starti sempre vicino, ogni giorno. Sto benissimo con te e Madison. Ma ora ho solo bisogno di tornare da mia  madre, in Florida. Capisci, vero?” Dissi tutto d’un fiato.
Lui mi guardò per un minuto interminabile. Stava combattendo contro i suoi pensieri. Poi si alzò e lo feci anche io e mi strinse tra le sue braccia. “Oh, Papà.” E feci uscire a dirotto le mie lacrime bagnando tutta la sua camicia.
 
Tornati a casa, informai anche Renè del mio ritorno prematuro. Almeno lei fu la persona che riuscì a rendere felice. Anche se non gli avevo spiegato i motivi per cui tornavo. Meglio, meritava un po’ di felicità dopo le orribili cose che le avevo fatto.
Iniziai a cercare un volo per la Florida su internet. Per fortuna ce n’era uno in giornata.
Non volevo rischiare di restare lì una giornata e cambiare idea il giorno dopo. Dovevo andarmene subito.
Comprai il biglietto via Internet e poi iniziai a fare le valigie con Madison che bagnava tutti i miei vestiti con le sue lacrime.
“Insomma, devi proprio andare eh?” Disse.
“Già … “
“Ma dai, Bella. E’ solo un ragazzo … “ Disse.
“Madison, è appunto questo il problema capisci? Per me non è solo un ragazzo. In questi due mesi io mi sono affezionata troppo a lui. Mi sono innamorata, e non poco. Ma ieri sera mi sono accorta, anzi, mi ha fatto rendere conto che per lui questi due mesi non sono stati così importanti come per me. Per lui rimarrò una semplice amica e niente più. Una ragazzina che non vuole che si intrometta nella sua vita privata. E io non posso farcela a stare qui un altro mese e vederlo.”
“E Alice?” Disse.
“Le ho mandato un messaggio. Tra poco dobbiamo vederci al parco. Tanto il volo parte alle sette di questa sera.”
“Le mancherai molto. In realtà ci mancherai molto a tutti, Bella.”
“Anche tu mi mancherai, Madison. Dico davvero. Sei una donna estremamente paziente, con me, con mio padre, con tutti.” Dissi sorridendo.
“E poi sei dolce, raffinata, intelligente, sei la donna giusta per mio padre insomma. Ed io, anche se ci ho messo troppo a capirlo e ti chiedo scusa, sono estremamente contenta che tu sia la compagna di mio padre. E si, ti voglio bene.” Continuai e ci abbracciammo tra un mare di lacrime.
“Sappi che ci sarò sempre, Bella. Chiamami qualunque problema tu abbia. Anche se per questo hai già una madre e un padre. Ma sappi che qui hai un’amica di cui ti potrai sempre fidare. Qualunque cosa accada.”
Finito di preparare le valige insieme a Madison mi preparai ad affrontare Alice e una nuova ondata di lacrime.
Arrivai al parco e lei era già seduta lì. Ci rimasi un po’ male a vederla da sola, una pulce malefica, nella mia testa, mi aveva fatto sperare che ci fosse anche Edward. Ma era meglio così.
“Hei, solitaria.” La chiamai.
“Bella! Eccoti!” Disse alzandosi e venendomi incontro.
Ci abbracciammo.
“Allora? Come mai tutta questa urgenza?”
“Alice, sediamoci.” Dissi.
“O, o. Quel tono non mi piace. Lo so, è perché ieri hai visto Edward e ti ha fatto arrabbiare di nuovo! Scusalo qualsiasi cosa abbia detto ok? Davvero, Bella. Ormai lo sai com’è fatto.” Fece una risatina isterica.
“Si lo so, Alice. Ma non è per quello che ha detto che me ne vado.”
Il suo sorriso scomparve, “che significa me ne vado?”
“Torno in Florida, Alice.” Dissi.
Aspettai che la notizia gli fosse ben chiara poi continuai: “ Non è per causa tua che me ne vado. Ma perché … Ho fatto una cosa che non avrei dovuto fare. Mi sono innamorata di tuo fratello. E per me, lo sai, è una cosa nuova. Non mi sono mai interessati i ragazzi. Sei stata la prima persona a saperlo. Sai, non mi confido mai con nessuno. E per me è difficile lasciarti qui. Ma devo, Alice. Devo perché non sono coraggiosa quanto te e mi dispiace … “ Mi interruppe e si alzò bruscamente.
“No, no, no, no! Non dirmi quanto ti dispiace! Non farlo! Cosa ti costa restare un altro mese, Bella!?”
“Tanto, Alice. Tanto. Se io non me ne vado ora, non me ne andrò più! E in Florida ho una madre che si sente sola. Io devo tornare alla mia vita quotidiana, non vivrò sempre qui lo stesso, Alice.”
Fece per andarsene ma poi si fermò si volte in lacrime verso di me, mi alzai, mi corse incontro e ci abbracciammo.
“Mi mancherai tanto, Bella. Ti scriverò tutti i santi giorno, lo giuro.”
“Mi mancherai un sacco anche tu, Alice. E giuro che se non mi scriverai ogni santo giorno vengo a prenderti a calci.” Ridemmo.
“Quando parti?” Mi chiese sciogliendo l’abbraccio.
“Questa sera alle sette.” Dissi.
“Bhè, abbiamo ancora un po’ di tempo … “ La interruppi.
“No, Alice. No. E’ meglio se ci salutiamo qui. E già dura dirsi addio.
“Ma questo non è un addio. Ci rivedremo, Bella. Ne sono sicura. Ti verrò a trovare durante l’inverno, e tu verrai a trovare me quando puoi, magari nei giorni di festa. Mi farebbe piacere conoscere la donna che ti ha messo al mondo, sai.”
“Oh si, la pazza.” Dissi e ridemmo.
Ecco, quella era la cosa che mi sarebbe mancata di più: Ridere insieme a lei.
Era la cosa più semplice, spontanea, libera, al mondo.
“Alice, vorrei chiederti un ultimo favore, se posso.” Dissi.
“Spara!” Finse un sorriso.
“Non dire nulla a Edward. Per favore. Se lo vedessi sarebbe peggio.”
“Certo, Non preoccuparti.” Un altro abbraccio.
“Grazie di tutto Alice, Davvero.” Lei ricambiò senza scogliere l’abbraccio.
“Allora a presto.” Disse, allontanandosi con un sorriso forzato.
“Si, a presto.” Dissi, salutandolo e vedendola allontanarsi mi si strinse un nodo alla gola e non ne capii il senso.
 
Come sempre il tempo si fece beffa di me e si fecero subito le sette.
Edward continuava a chiamarmi, finché arrivammo all’aeroporto e lo spensi, tanto lo avrei dovuto fare lo stesso una volta salita sull’aereo.
Mi accompagnò solo Charlie, Madison odiava gli addii e già stava piangendo a dirotto quando uscimmo di casa.
“Allora sei proprio sicura?” Disse ad un certo punto Charlie.
“Si, papà. E’ la cosa giusta.”
“Ma a me sembra una cosa assurda. Sprechi un mese che potremmo passare insieme per un ragazzo? Sei sicura che non mi nascondi nulla Bells?”
Non sapevo cosa risponde. Sai papà, ho visto Edward con una pistola in mano e mi sono spaventata capendo che tipo di lavoro faceva il caro ragazzo gentile ed educato di cui mi sono innamorata. Pensai.
Ma il problema non era fondamentalmente l’averlo visto con una pistola. Era immaginarsi tutto quello che c’era dietro che spaventava. Mio padre li catturava i tipi come lui e io me ne ero innamorata invece. E poi Alice. Cosa avrebbe fatto se avesse perso anche suo fratello in un modo così disgustoso?
Ovviamente non conoscevo i particolari del “lavoro” di Edward, ma la sera precedente mi era tutto chiaro. Ecco come venivano saldati i debiti, facendo lavori sporchi, e Dio solo sa cosa faceva. Con tutta me stessa mi sforzavo di sperare che non avesse ucciso nessuno. Non riuscivo proprio ad immaginarmelo mentre fa fuori un padre che sta tornando a casa dalla sua famiglia solo perché a commesso un torto a qualche mafioso, ad esempio. Lui era il mio Edward.
“Bells?” Charlie richiamò la mia attenzione.
“No, papà. Non c’è niente sotto, davvero.” Mi sforzai di sorridergli e di sembrare credibile.
Poi al microfono qualcuno annunciò il mio volo.
“Bhè, fa buon viaggio allora piccola.”
“Grazie di tutto, Charlie.” Dissi in lacrime. Quanto mi sarebbe mancato mio padre …
Mi strinse di nuovo tra le sue braccia e non potei fare a meno di macchiargli di nuovo la camicia. “Mi mancherai!” Dissi.
Mi avviai verso il mio imbarco e come una stupida mi voltai per vedere se qualcuno stesse correndo a fermarmi, come succede nei film. Ma lui non c’era. Vidi solo mio padre che commosso mi salutava con la mano.
Salì sull’aereo e poco dopo si alzò in volo facendomi provare un vuoto dentro. Ma questa volta i vuoti erano due, uno per l’aereo e un altro per la parte di me più importante che avrei lasciato a New York.
Mi lascai andare sul sedile e chiusi gli occhi. Rividi di nuovo il suo sorriso.
Si, avrei dimenticato tutto.

Angolo autrice: Eccomi! :D scusate l'attesa ma ... E' iniziato settembre xD quindi ho molte cose da fare. Ma non mi sono dimenticata della storia, figuriamoci, e tantomeno delle persone che seguono questa storia :).
Spero, come sempre, che il capitolo vi piaccia!
Si, Bella torna in Florida. o.O Sono pazza? Chi lo sa ... 
Voi che ne pensate? U.U Fatemi sapere!!!! 
Un bacio, Vale. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8 – E se … ***


“Smettila, Jusper!” Era ormai più di un’ora che continuava a schizzarmi l’acqua del mare addosso.
“E dai, Bella! Ridi un po’! E’ estate!”
“Ma mi sto divertendo, anzi, mi divertirei di più se la smettessi, grazie.” Gli dissi sorridendo.
“Bella, puoi ingannare tutti ma non me. Ti conosco da troppo tempo. Quindi concedimi il lusso di sapere quand’è che menti!” Scherzò.
“E’ solo che …” Mi interruppe.
“Non l’hai ancora dimenticato.”
“Esatto.” Dissi, poi continuai, “si, è così! Non l’ho dimenticato. E mi sono stancata di fingere di averlo fatto.”
“Nessuno ti ha chiesto di farlo.” Eravamo in riva al mare ed era tardo pomeriggio, i raggi del solo avevano smesso di arrostirci la pelle e ci accarezzavano come piume delicate mentre, piano, ci sdraiavamo per farci colpire debolmente dalle onde del mare. Ci trovavamo nel sud della Florida, a Palm Beach.
Jusper era un vecchio amico che conobbi quando avevo più o meno 10 anni, eravamo entrati subito in sintonia. Ma purtroppo dovetti dirgli addio troppo presto, perché due anni dopo si trasferì con i suoi nonni a Manhattan. L’ho ritrovato in Florida subito dopo il mio ritorno da New York l’anno scorso …  
E’ stato come vedere la luce dopo il buio. E’ stato davvero la mia salvezza. Se non ci fosse stato lui mi sarei catapultata subito in depressione. Lui è sempre stato sincero con me e mi ha subito detto che stavo esagerando e che stavo ingigantendo le cose: 1- Edward era solo un ragazzo, e che probabilmente, si. Aveva degli affari loschi. 2- Di amiche come Alice ne avrei trovate a migliaia.
Lui sostiene che io mi sia in un certo senso … Dimenticata della mia vita e avessi deciso di far parte della loro. Di quella dei Cullen. Perché la mia non ero in grado di affrontarla. E mi sono ritrovata a sbattere  contro un problema più grande di me.
Jusper mi disse subito che avevo sbagliato. Dai problemi non si scappa, li si affrontano e li si risolve.
“Lo so, ma … Sento tutto così lontano da me! Come se stessi vivendo la vita di qualcun altro. Di qualcun altro, Jusper. E non è me. Io non so chi sono, non lo so più ormai.”
“Invece, secondo me tu lo sai.” Disse, serio. Aveva smesso di sorridere e non me ne ero accorta.
“No …”
“Lo sai. Perché tu sei la ragazza che hai lasciato a New York. Ecco chi sei. Tu sei ancora lì! E non hai ancora il coraggio di andare lì e riprenderti. Di riprendere tutta la tua vita. Cavolo, è passato un anno Bella. Volevi aspettare, per staccare un attimo la spina. E ti si può capire. Hai provato tante emozioni in soli due mesi. Ma adesso non c’è più niente per cui aspettare. La tua vita non tornerà da New York qui da te. Sei tu che devi andare, Bella. Fermati un attimo e riflettici. Io non credo tu voglia essere una masochista per tutta la vita … “ Disse alzandosi. Dopo un po’ sparì e rimasi sola in quell’immensa spiaggia.
Aveva completamente ragione. Ma era facile a parole …
Edward non mi aveva più cercata. Neanche Alice lo fece più, dopo che ignorai le sue e-mail dove mi diceva che le mancavo e voleva che tornassi. Non capii nemmeno io il motivo del mio silenzio. Di fronte alle sue e-mail, ogni volta che volevo rispondere non riuscivo a scrivere niente. Le mie mani rimanevano sospese a mezz’aria ad un centimetro dalla tastiera del mio PC.
Mi alzai e feci un tuffo.
Sott’acqua sembrava tutto così lento, come se il tempo, le ore, i minuti, non esistessero.
C’erano solo gli abitanti del mare che gironzolavano intorno a me. Era una sensazione piacevole, rilassante. Sgombrava la mente da tutti i pensieri che da un anno a quella parte mi risucchiavano in un vortice di dolore che mi buttava sempre più giù, schiacciandomi come un insetto insignificante.
Ero sospesa sott’acqua, sul mio volto era dipinto un sorriso, poi la mia mente proiettò un’immagine. Un’immagine che non vedevo da un bel po’, ed era anche per quel motivo che stavo male. Avevo paura di essermi dimenticata del suo viso, del suo sorriso, delle sue mani, dei suoi occhi, della sua voce vellutata …
Il mio angelo …
Era di nuovo lì di fronte ai miei occhi e mi sorrideva e teneva le braccia distese come se volesse abbracciarmi. Si stava avvicinando sempre di più …
Poi sentì qualcosa tirarmi un braccio e l’immagine di Edward svanì nel nulla e iniziai ad agitarmi.
Non riuscivo a respirare.
Ma ciò che volevo era cercarlo. Continuavo ad agitare le mani e nella mia mente dicevo: “Edward! Edward! Dove sei? Non andartene!”
Poi svenni e mi ritrovai in ospedale con mia madre che dormiva appoggiata al mio lettino.
Si svegliò perché mossi la mano che teneva sotto la sua guancia.
“Tesoro!” Disse.
“Mamma, cos’è successo?” Chiesi spaventata.
“Stavi affogando, scricciolo. Ma cosa ti è venuto in mente? Se quel giovanotto non ti avesse visto tuffarti e non risalire a galla non so … Non so cosa … “ Singhiozzava.
“Io stavo … Stavo vedendo una cosa, ecco.” Mi giustificai.
“Stavi vedendo una cosa? E’ tutto ciò che hai da dire?”
“Scusa mamma.” Dissi e abbassò l’armatura.
“Lo so che hai passato un anno terribile, ma non devi mai, mai, mai commettere atti del genere, capito?”
“Non volevo suicidarmi, davvero. Ero solo … Affascinata dal fondale e senza rendermene conto mi sono ritrovata troppo in profondità e non riuscivo ad arrivare a galla e così … Sono svenuta. Ma hai detto che mi ha tirato su qualcuno, giusto?”
“Si, un ragazzo … Ti ha vista e ti ha portata a riva e ha chiamato l’ambulanza.”
Edward. Pensai.
“E com’era fatto? Era alto? Occhi azzurri? Slanciato?”
“Hei, hei, hei. Vacci piano, tesoro. Non era alto, non aveva gli occhi azzurri e tantomeno non era slanciato, anzi. Era più muscoloso che alto.” Disse ridacchiando.
“Ah … “
“Che c’è, sei delusa?” Disse alzando un sopracciglio.
“No,no. Credo che dovrei ringraziarlo.” Dissi.
“Si, devi. Lavora al bar sulla spiaggia, domani mattina lo troverai sicuro.” Disse sorridendo.
“Mamma, voglio andare a casa … “ Dissi esausta.
Mi abbracciò e in un lampo esaudì il mio desiderio.
 
Che stupida che ero stata a credere che fosse stato Edward a salvarmi.
Si trovava a New York, come diavolo avrebbe fatto? Stupida.
Mi misi al computer e aprì il programma per scrivere una lettera ad Alice.
Una pagina completamente bianca.
Forse mi rispecchiava.
Si, io ero come una pagina bianca.
Quando avrei iniziato a scrivere ad Alice? Quando avrei trovato il coraggio, soprattutto, di scrivere di me?
E di riempire contemporaneamente quella pagina e il mio vuoto?
C’erano tante domande, alle quali non sapevo dare risposta. In fondo nessuno lo sa fare …
Arrivano con il tempo.
 
Il mattino seguente andai al bar della spiaggia dove stavo quasi per morire il giorno prima.
“Scusami, lavori da solo qui?” Dissi ad un ragazzo alto e biondo. Non poteva essere lui, tornando a casa dall’ospedale, mia madre, mi aveva detto che il ragazzo era bruno.
“No, ma se vuoi posso aiutarti io dolcezza.” Disse il ragazzo, squadrandomi dalla testa ai piedi.
“Ahm … “ Abbassai lo sguardo.
“Ric, smettila di fare … “ Si interruppe non appena mi vide.
“Ciao.” Dissi. Doveva essere lui. Muscoloso, bruno …
“Ciao … “ Ricambiò lui.
“Ah, ho capito. Bhè ti lascio solo, amico.” Disse il ragazzo biondo rivolgendosi all’altro, “ehi, dolcezza. Se lui non dovesse soddisfarti …” Disse lasciando la frase a metà, rivolgendosi a me questa volta, facendomi l’occhiolino.
“E smettila!” Disse il ragazzo bruno spingendolo fuori dal piccolo bar.
“Scusalo …” Era molto carino.
“Ahm, piacere. Io sono Bella. Credo che sia stato tu a salvarmi ieri, vero?” Dissi.
“Ah, si. Ciao. Io sono Jake.” Mi strinse la mano. Stava fingendo di non ricordarsi.
“Ti volevo ringraziare.”
“Ah, ma figurati. Dovere.” Era imbarazzato.
“No, no. Davvero. Se non fosse stato per te … Sarei morta, probabilmente.”
“Bhè, allora, mi faccio i complimenti per aver fatto sì che non accadesse …” Mi guardò diritto negli occhi.
“Eh già.” Riuscì a dire. “Bhè, allora io vado. Te ne sarò sempre grata.” Dissi, feci per andarmene ma mi fermò.
“Aspetta!”
“Si?”
“Ecco, mi chiedevo … Ti và di uscire con me questa sera? Oggi c’èuna festa qui in spiaggia. Sarà … Divertente.”
Ero sorpresa di ricevere un invito.
Volevo accettare, ma non era il momento. Dovevo stare da sola. C’erano delle decisioni che dovevo prendere.
“Ecco … Questa sera ho da fare. Scusami.”
“Ah, ok. Va bene. Non fa nulla. Sarà per un’altra volta.” Disse. Sapevo che c’era rimasto male. Sorrideva con quei suoi denti bianchissimi, ma riuscivo a percepirlo. Non so come, ma ci riuscivo.
In fondo, dovevo sdebitarmi con lui in qualche modo. Non solo mi aveva salvato, aveva anche accettato la mia buca.
Così mi voltai di nuovo e andai verso di lui, che dietro lo scaffale stava preparando delle ordinazioni.
“Sai, in fondo, credo di potermi liberare …” Dissi.
Alzò la testa, facendo cadere qualcosa, e mi sorrise. Aveva un sorriso caloroso. Mi scaldò l’anima.
“Dici davvero?” Disse.
“Si, certo. A che ora?” Chiesi.
“Bhè, se la metti così … Anche subito!”’
“Cosa?” Mi voltai e guardai la spiaggia. Era piena di persone. C’era chi faceva uno schiuma party, chi entrava nelle vasche idromassaggio. Gente che si divertiva, insomma.
Dovetti ammettere che era più affollata del solito. Me ne ero resa conto solo in quel momento.
“Scusa, ma cosa si festeggia?” Gli chiesi
“Tutto o niente! E’ questo il bello. Festeggi e ognuno ha un motivo tutto suo oppure non ce l’ha e festeggia lo stesso divertendosi qui! Guardati intorno. E’ un paradiso. Di quale motivo hai bisogno per festeggiare?”
Aveva ragione. In quel momento ogni suono, ogni colore, lo percepivo in maniera diversa. Mi arrivava più intensamente.
Come se fino a quel momento avessi vissuto in una palla di vetro dove non arrivava niente.
Sentivo perfino il battito nel mio cuore che via via, tamburellava sempre più forte.
Guardavo le persone intorno a me che si divertivano e ognuno era lo specchio dell’altro. Erano tutti simili perché erano felici.
Qual’era il mio specchio? E dov’era?
Mi voltai e vidi Jake sorridermi e lo feci anche io.
Ecco, forse avevo trovato il mio specchio.
“Già, hai ragione.” Dissi e dentro di me sentivo crescere qualcosa.
Qualcosa di forte e potente, qualcosa di nuovo.
Avevo voglia di vivere.
 


Angolo autrice: Ciao! :D Eh, si. Bella è tornata in Florida ed è trascorso un anno, nel corso di questo anno ha ritrovato il suo vecchio migliore amico: Il nostro Jusper. <3 (lo amo<3) Ed è iniziata una nuova estate, dove bella sente ancora dentro di lei la presenza di Edward ed Alice...
Però arriva Jacob, quindi non poterva mancare un triangolo! Le farà scoprire nuove emozioni ...
Ma......... ?

C'è sempre un ma! 
Un saluto! <3

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9 -It's Time ***


Ecco qui. Devo chiedere scusa per non aver continuato questa storia, ma idee zero. Mi ero completamente bloccata. Ma, segno della grande forza della musica, grazie ad una canzone che si trova alla fine della storia, che vi prego di ascoltare dopo aver letto il capitolo, ho ritrovato l'ispirazione :) Non so se vi piacerà, forse sarete delusi! Ma vi prego di avere pazienza, per chi segue ancora questa storia!
Un bacio.
Vale. :)





9 - It's Time

Mi piaceva parecchio Jake. Era una persona affidabile, anche troppo. Lui mi aveva salvato la vita in tutti i sensi … Ma non era lui il mio futuro, lo sapevo. Sapevo che un giorno avrei dovuto fare i conti con il mio passato. Era passato un altro anno, e nonostante tra me e Jake ci fosse più di un’amicizia, rifiutavo di stare ufficialmente con lui. E direi di aver fatto bene …
 
Un anno dopo l’incontro con Jake …

“Credo tu stia ingigantendo le cose.” Era ormai più di un’ora che stavamo discutendo. Non ne potevo più, Jake era la persona più dolce dell’universo quanto testarda.

“Ti sbagli! Ormai è un anno Bella, un anno. Non sei abbastanza sicura adesso che io e te stiamo bene insieme? Che motivo hai di tenere ancora tutto nascosto? Ormai è estate e sai una cosa? Mi piacerebbe andare in spiaggia mano nella mano con la mia ragazza! Credi che stia ancora ingigantendo le cose?”

Beh, non aveva tutti i torti. Ma come potevo spiegargli che i nostri sentimenti erano diversi? Io ero ancora troppo insicura, lui troppo innamorato, io scambiavo ancora i suoi occhi con quelli di qualcun altro, lui … Sempre innamorato.

Io volevo bene a Jake, davvero tanto. Era indispensabile per me, mi faceva stare bene, per questo avevo bisogno di lui. Ma nella mia mente continuava ad esserci una sola idea di lui: Una fase.
Lui per me era sola una fase. Sapevo che se glielo avessi detto se ne sarebbe andato, non potevo sopportarlo. Per questo mi sentivo ancora più in colpa. Ero una spregevole egoista.
Ma ormai era arrivato il momento di mettere in chiaro le cose. Se mi voleva bene anche lui, come diceva, allora non se ne sarebbe andato, giusto?
“Jake, io … tu … Non possiamo.”
“Cosa non possiamo?”
“Continuare così.” Dissi.
“Lo so! E’ quello che sto dicendo anche io!”
“No, io non intendo quello che stai cercando di dirmi, Jake …”
“Di cosa parli?”
“Non posso stare con te, Jake …” Quelle parole uscirono dalla mia bocca come fuoco.
Continuava a fissarmi con sguardo confuso, io non sapevo che altro dire. Lasciai che le mie parole facessero effetto.
“Fammi capire, mi stai lasciando?” Disse dopo un po’.
“Non ti sto lasciando davvero, Jake. Lo hai detto stesso tu che la nostra non è una vera e propria relazione … “
“Si ma questo non significa che non ci sia stato niente! Che io non abbia provato niente!” Era furioso. “Stai dicendo che io ho passato un anno della mia vita ad inseguire una persona che non ha mai ricambiato?”
Dovevo essere sincera: “No, Jake. Io ho provato qualcosa per te, all’inizio. Ma non era quello che hai provato tu … Mi dispiace. Io non ti ho preso in giro. Io ho ancora bisogno di te, credimi! Dimmi che possiamo restare buoni amici, ti prego!”
Il suo sguardo non era più luminoso come quando lo incontrai un anno fa. Gli avevo spento il fuoco che aveva dentro? Che mostro che ero …
“Dispiace a me, Bella. Non a te.” Detto questo, si alzò dal mio letto e andò via.
Mi alzai anche io e lo  insegui e tentai di abbracciarlo ma mi scaraventò via. Si chiuse la porta d’ingresso alle spalle e non sapevo che fare.
Se ne era andata via un’altra parte di me. Come sempre riuscivo a perdere tutto ciò di cui avevo bisogno..
Jake non aveva nessuna colpa..
Sono stata io ad essere mostruosamente egoista.
Ma ciò che accadde mi fece aprire gli occhi: Dovevo tornare a New York.
Presi la macchina che mi è stata regalata per il mio diciottesimo compleanno da Charlie e Renè e corsi da Jusper.
Bussai alla porta e aprì lui: “Tu? Cosa ci fai qui a quest’ora? Dovevamo vederci più tardi.” Disse, era ancora in pigiama. Doveva essersi svegliato da poco.
“Si, lo so.. Devo dirti una cosa.” Lo guardai diritta negli occhi.
Ad un tratto si fece più serio: “No. Hai deciso?”
“Si, andrò a New York per aggiustare le cose.”
“Bella, non so se le potrai aggiustare sul serio.” Disse.
“Ma come, sei stato tu a dirmi che dovevo andare lì a riprendermi la mia vita!”
“Lo so, ma questo te lo dissi un anno fa, e quello che ti è successo era accaduta l’anno precedente ancora.. Penso tu sappia fare i conti.” Disse, mentre lo seguivo per tutta la casa..
“Si, ok. Sono passati due anni e allora? Cosa cambia?”
“Tutto Bella, tutto. Forse per te non è cambiato niente perché quell’esperienza ti ha cambiata profondamente, voglio dire, era il tuo “primo amore”.. Ma non puoi pensare che le cose per Edward e Alice non siano cambiate, sarebbe da egoisti. Infondo anche loro hanno sofferto e se volevi aggiustare le cose potevi farlo un anno fa, quando c’era ancora tempo. Ora andare lì e voler aggiustare le cose mi sembra rischioso, avventato e anche doloroso se posso permettermi.”
“E’ per questo che verrai con me.” Dissi tutto d’un fiato.
“Cosa? Sei impazzita?” Disse sgranando gli occhi.
“Ti prego, ci ho messo troppo tempo per capirlo, lo so.. Ma adesso sono qui, di fronte a te e ti sto implorando di aiutare me, la tua migliore amica, perché è profondamente disperata e afflitta dal dolore perché sa che è stata una stupida!” Dissi.
Ci fu un breve silenzio tra di noi mentre ci guardavamo negli occhi.
“Ok, va bene. Ma ad una condizione..” Disse e mi aprii in un gran sorriso.
“Spara!”
“Se entro un mese nulla sarà concluso e vedrò che tu non stai facendo il possibile, me ne torno a casa, chiaro? Game over!” Disse e gli saltai addosso.
Preparammo le valige, saremmo partiti stesso quella sera.
Nel pomeriggio facemmo solo milioni di telefonate per affittare un appartamentino nel centro di New York, non potevamo andare a stare entrambi a casa di Charlie, ormai eravamo adulti e vaccinati, ovviamente l’impresa sembrava impossibile ma ci riuscimmo.
“Un’anziana signora è stata gentilissima e ci ha dato il permesso di usare un suo appartamentino che ha conservato per sua figlia! Al momento però lei non c’è e possiamo starci quanto ci pare, almeno fino a che non troviamo qualcosa di meglio.” Disse Jusper. Ero felicissima, per il momento.
“Bene! Ora avviso mio padre, cosi ci aiuterà con le valige e la sistemazione della casa!” Dissi e feci per andarmene, poi mi voltai e dissi: “Ah, Jus ..Grazie, sei una persona incredibile!”
Finite le telefonate e l’organizzazione, salutammo i nostri familiari e iniziammo a caricare borse e borsoni nella mia auto, poi arrivò Jake..
Stava attraversando il vialetto con le mani in tasca a testa bassa.
Appena la alzò e vide me e Jusper caricare le borse nell’auto il suo viso divenne un punto  interrogativo.
Si avvicinò e lo salutai come se non fosse successo nulla: “Hei!”
Ho anche pensato di tenerlo all’oscuro di ciò che avevo programmato ma a quel punto sarebbe servito a poco.
“E questo che significa? Stai partendo?” Disse, ancora arrabbiato..
“Si, Jake. Sto … Sto partendo.”
“Bene, lo avresti fatto senza dirmelo ovviamente. Tanto sono così importante.” Disse, forse più a se stesso.
“Bèh, io qui ho finito … Vado dentro, così … Parlate.” Disse Jusper dopo aver caricato l’ultima borsa.
“Grazie Jus … “ Dissi, poi mi voltai verso Jake che mi fissava furioso. “Jake, ti avrei chiamato. Lo sai …”
“No, no che non lo so! Ormai non so più niente di te, Bella! E come se avessi costruito delle idee su una persona, idee sbagliate! Ho passato un anno della mia vita a convincermi che tu fossi quella giusta! E una mattina mi ritrovo tutto crollato: idee, progetti, desideri, amore! Amore, Bella.
Perché mi stai facendo questo?”
Ormai avevo iniziato a piangere.
“Non lo so, Jake. Non lo so, cosa vuoi che ti dica? Io lo so che tu hai ragione ad avercela con me, so quanto ti ho ferito, e non voglio che tu continui a pensare che io sia stata falsa, perché non è così! Non lo è, Jake…
Io … Io sto andando a New York. Starò … Lì. Per un po’ starò lì.”
“New York?” Disse confuso, poi il suo viso si rilasso e iniziò a ridere, isterico.
“Adesso capisco. Tu stai tornando da lui, non è così?”
“Jake, ci sono tante cose che tu non sai …” Mi interruppe.
“Bèh, dimmele allora! Dimmele e così potrò capire, no?”
“Jake io sono ancora innamorata di lui! Non l’ho mai dimenticato, ok? Non volevo dirtelo per non farti del male! Perché sapevo che dicendotelo te ne saresti andato ed io non voglio, Jake! Non voglio perché tu sei troppo importante per me! In quest’anno non  hai fatto altro che essere presente nella mia vita, completamente! Sei diventato un punto di riferimento, sostegno! Ma io ho bisogno di tornare da lui ora, avrei dovuto farlo prima, ma avevo paura … Ora so cosa voglio, cosa devo fare. Lo so è tardi ed ho combinato un pasticcio ma adesso devi lasciarmi andare, Jake. Devi compiere quest’ultimo atto di coraggio. Devi farlo per me …”
“Ho già fatto troppe cose per te. Ho rinunciato alla mia vita per te. Mi sono azzerato per te. Mi hai sempre detto che con me avresti potuto dimenticarlo, ricordi? Quella sera sulla spiaggia. La prima volta che ci conoscemmo e ti invitai ad uscire. Me lo ricordo ancora, Bella. Ricordo tutto ciò che mi hai detto. Tutte illusioni, come vedo …
Torna pure da lui. Però voglio che tu sappia che io non ti aspetterò, non starò qui a piangermi addosso. Non più Bella.” Disse, poi fece per andarsene ma lo fermai.
“Jake! Ti prego …” Dissi, in lacrime.
Fece una smorfia e sparì nel buio, illuminato dai lampioni.
Mi inginocchiai a terra. Non avevo mai ferito nessuno e ora mi ritrovavo con tre persone sulla coscienza: Edward, Alice e ora anche Jake.
Ero divisa. Mi trovavo in un bivio.
Se fossi andata a New York avevo qualche speranza di ritrovare l’affetto di Edward e Alice ma avrei perso Jake …
Se avessi deciso di restare avrei salvato l’affetto di Jake, ma avrei perso per sempre ogni speranza di ritrovare Edward e Alice.
Non so cosa, forse quel soffio di vento fresco improvviso in piena estate o la luce del lampione che mi illumina a intermittenza, mi ha fatto prendere una decisione.
Dovevo crescere, ormai ero adulta. Dovevo prendermi la responsabilità delle mie azioni.
Nella vita per avere qualcosa devi rinunciarne ad un’altra. Non importa quanto importante sia, quanto sia doloroso rinunciarci. Bisogna soffrire, sporcarsi le mani e anche il cuore, a volte …
Ma se la meta è un traguardo attraente, allora, ne vale la pena.


http://www.youtube.com/watch?v=gJEoxeW7JvQ

  

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10 – Rischiare. ***


E’ una piacevole sensazione quella del vento fresco che ti accarezza il viso in piena estate, me la ricordo ancora bene. Ero appoggiata al finestrino aperto e mi lasciavo cullare dal vento mentre Jusper guidava, all’alba, tra le strade di New York. Avevamo impiegato più di un’ora a trovare un autonoleggio subito dopo sbarcati all’aeroporto.
Ed era ormai più di mezz’ora che cercavamo in vano l’appartamento della gentile signora che ci aveva permesso di starci anche tutta l’estate.
“Jus, te lo ripeto: dovevamo svoltare a sinistra all’incrocio precedente. Stai rifacendo lo stesso percorso di prima.” Dissi, parecchio esausta per il viaggio.
“Ma che dici,so quello che faccio.” Disse, sbadigliando.
“Certo, l’hai detto anche un’ora fa.” Ridacchiai.
Jusper era una persona estremamente buon quanto cocciuta, anche per questo spesso mi faceva ridere. Lui sosteneva una cosa, io ci andavo contro e alla fine chi aveva ragione ero sempre io.
Dopo altri cinque minuti, parcheggiò.
“Credo che sia meglio fermarci qui e aspettare l’orario giusto per chiedere indicazioni alla padrona di casa.” Altro sbadiglio.
“Già.” Dissi noncurante.
Appoggiai di nuovo la testa sul finestrino: “Dovresti chiuderlo, sai.” Disse Jusper.
“Perché?”
“Se ci addormentiamo potrebbero passare dei ladri, ti potrebbero rubare.” Disse e ridemmo.
Risi, ma mi mise anche un po’ di inquietudine quindi mi alzai per chiudere davvero il finestrino e lui sghignazzò.
Lo guardai, poi distolsi lo sguardo. Mentre voltavo la testa per guardare il finestrino chiudersi, vidi una figura molto familiare e il mio cuore si fermò. Aveva le mani in tasca, una sigaretta quasi finita in bocca e lo sguardo stanco, come se non dormisse da una vita. Aveva metà camicia dentro i pantaloni e l’altra metà fuori e portava una scollatura a V. Non era ubriaco, lo avrei notato. Camminava a passo felpato mentre attraversava la strada. Era sempre bellissimo, anche in quelle condizioni orrende.
Senza fiato chiamai Jusper che appena mi vide scatto a sedere: “Hei, che succede? Non ti senti bene?”
Mi passò le mani sul viso e asciugo le lacrime che non mi ero accorta di versare.
“Guarda …” Feci, con un filo di voce, indicando il ragazzo che spariva nel vialetto.
Ma non fece in tempo a vederlo, non sapevo se fosse stato meglio così o no, magari se lo avesse visto in quelle condizioni mi avrebbe riportata direttamente a casa con il primo volo, non approvando il “tipo”.
Si forse è stato meglio così, perché Edward non era quel ragazzo …
“Non vedo nulla.” Disse.
Mi asciugai le lacrime che non riuscivo a trattenere: “E’ lui, Edward! E’ passato, proprio qui! Devo andare!” Feci per aprire la porta ma mi fermò.
“Ferma, sei impazzita! Qui non c’è nessuno, sono le cinque del mattino!”
“Jus, è passato di qui, te lo assicuro, era lui!Non sono matta!”Dissi, anche se per un attimo lo credetti.
“Ok, va bene. Anche se fosse … Non puoi farti prendere dalle emozioni! Ricordi quello che abbiamo detto in aereo? Niente colpi di testa, devi riflettere. Altrimenti manderai a monte tutto un’altra volta.”Fece una pausa, poi continuò: “E poi, non ti offendere, ma hai visto in che condizioni sei? Si spaventerebbe.” Disse, scherzando. Strappandomi un sorriso.
“Dai, ora siamo qui. Hai tutto il tempo che ti serve. Quindi fai un pisolino e appena svegli andremo a cercare la nostra casa. Promesso.” Disse.
Si, la nostra casa …
Non so dire se Edward era davvero passato d’avanti ai miei occhi oppure era stato solo frutto della mia immaginazione. Il forte desiderio a volte porta alla pazzia …
Ci pensai molto fino a che il sonno non mi trovò e mi ci tuffai dentro perfettamente.
 
5 ore dopo …

Mi risvegliai sentendo Jusper parlare con qualcuno e sentendo il motore acceso dell’auto. Avevo tutte le ossa intorpidite così feci un movimento alla volta per non rischiare di spezzarmi qualcosa.
Vidi Jusper al telefono e appena vide che mi stavo stiracchiando mi fece l’occhiolino.
Jusper era un ragazzo molto bello, anche affascinante. Mi stupivo sempre del fatto che non avesse trovato ancora una ragazza, oppure mi stupivo anche di come mai tra noi non ci fosse mai stato niente.
“Ben tornata nel mondo della realtà!” Disse, appena terminò la telefonata.
“Buongiorno …” Dissi, ancora stordita. “Chi era al telefono?” Continuai.
“Oh, i nostri genitori. Ho detto a tua madre che stiamo bene e che stavi dormendo.” Disse parcheggiando l’auto.
Così mi voltai verso il mio finestrino e guardai fuori. Eravamo in un lungo viale sterrato di alberi, con tanti palazzi e negozi.
“Dove siamo?” Chiesi dopo un po’.
“Benvenuta a casa!” Disse Jusper, sorridendo.
“Hai trovato la casa?” Mi  illuminai.
“Certo dolcezza, ne dubitavi?”
“Sei grande, Jus!” Dissi e scendemmo dall’auto.
Così dopo aver parlato con la proprietaria della casa, e tutte le altre formalità, iniziammo a sistemarci in casa aiutati anche da Charlie quando ci raggiunse, quasi si commosse nel rivedermi.
“Allora ragazzi, quanto tempo pensate di rimanere?” Disse mio padre, raggiante.
Io e Jusper ci guardammo e lui subito capì che non avrei risposto.
“Ahm, speravamo di restare qui tutta l’estate.” Disse, cercando di sembrare il più normale possibile.
“Ah, fantastico! Ci divertiremo!” Charlie sembrava felice di vederci, anche se era la prima volta che conosceva Jusper di persona. Fino a quel momento gli avevo parlato di lui solo nelle nostre lunghe e-mail, e gli avrò mandato si e no due foto di lui con me. Anche se non lo aveva ammesso credeva e sperava che ci fosse qualcosa tra di noi, ma questo perché lui non sapeva il vero motivo per il quale ci trovavamo a New York …
“Sai, Bella. Madison non vede l’ora di vederti! Questa notte ho dovuto farle una tisana per farla rilassare.”
Risi e ricambiai.
Dopo qualche ora, la casa era già bella che sistemata e Charlie andò a prendere Madison al lavoro, per portarla a quella che sarebbe stata per tutta l’estate casa mia e di Jusper, e a comprare cinese per pranzo mentre io e Jusper a turno ci facevamo la doccia.
Mentre mi asciugavo i capelli Jusper entrò nella mia stanza.
“Stai bene?”
“Si.” Gli sorrisi. Stavo mentendo.
“Davvero?” Chiese e crollai.
Mi presi il viso tra le mani e iniziai a piangere con tanto di convulsioni, lui si avvicinò a me e mi abbracciò.
“Di cosa hai paura?” Mi chiese dopo essermi calmata.
“Di fallire, di tornare a casa a mani vuote, anzi di tornare a casa e basta.”
“Se tu vuoi restare qui, puoi farlo. Anche se ciò che hai progettato non andrà in porto. Lo sai, no?”
“Si, ma io voglio che vada in porto.”
“Bella, tu sai che non puoi pretendere, puoi provarci, ma in ogni caso tu dovrai andare avanti. E’ per questo che siamo qui, ricordi? Ritrovare la tua vita, in un modo o nell’altro.”
Annuii e mi diede un altro abbraccio consolatorio, poi tornai ad asciugarmi i capelli.
Quando arrivarono Madison e Charlie mi sentì un po’ meglio. Madison era sempre bellissima forse anche di più, e il suo abbraccio mi aveva rasserenata. Invece le battute di Charlie continuavano a farmi ridere, anche quelle vecchie di cento anni.
Io e Jusper eravamo affamatissimi e spazzammo via il cibo cinese in un lampo. Poi giocammo a carte e infine verso le sei di sera facemmo una passeggiata. Avevo messo un jeans e una semplice maglietta e al piede le mie solite converse, ma mi lasciai truccare leggermente da Madison che tornò a dirmi che dovevo far risaltare i miei occhi verdi.
Poi guardai Jusper che mi capì subito: “Beh noi vorremmo cercare un po’ di nostri coetanei!” Disse, dando una pacca sulla spalla a Charlie. I due si erano trovati subito e questo mi faceva piacere, Charlie trovava simpatico Jusper e lui viceversa.
Dopo altre risate, decidemmo di accompagnarli prima a casa e percorrendo quel tratto di strada così familiare mi venne quasi da piangere, ma cercai di trattenere le lacrime. Lasciamo Madison e Charlie giù, al portone della grande palazzina e mi sedetti sullo scalino, certa che Madison e Charlie fossero già saliti.
Jusper si accucciò accanto a me: “Hei.” Disse.
“Mi sembra ieri che percorrevo questa stessa strada per raggiungere Edward ed Alice. Capisci, sono ad un passo da me e non mi sembra vero.” Dissi.
Lui si limitò ad annuire, sapeva che era il mio momento.
Con un dito indicai il mio rifugio: il mio parco.
“Lì ci andavo spesso con Alice, era il nostro piccolo mondo dove ci raccontavamo tutti. Questo Edward non lo sapeva. Infatti ogni volta che rientravamo a casa ci diceva sempre la stessa cosa: “ Ma dove vi siete cacciate, vi ho cercate da per tutto!” E noi eravamo nascoste lì, vicino insomma.” Dissi sorridendo.
“Non so se posso farcela, Jusper. Sento che il coraggio mi sta abbandonando, come l’ultima volta che sono stata qui.”
“Puoi farcela, Bella. Sono qui.” Disse.
Ci guardammo negli occhi, gli presi la mano e ci incamminammo verso casa di Edward ed Alice.
Prima di girare nel vialetto dove avremmo trovato la casa, mi fermai. Guardai di nuovo Jusper, lui mi strinse più forte la mano e poi finalmente girammo l’angolo, ed eccola lì …
Immensa e maestosa …
Mi venne da piangere, quanti ricordi.
Con calma ci avvicinammo alla porta, la luce era accesa. Iniziai a tremare.
“Dai, bussa. Io ti aspetterò lì.” Disse, indicando la panchina di fronte.
“Ok.” Dissi, feci un lungo respiro, lasciai la mano di Jusper che andò ad acquattarsi di fronte come promesso e suonai il campanello.
Mi venne voglia di scappare, come fanno i bambini per scherzo: bussano il campanello e poi scappano ridendo. Con la differenza che io sarei scappata piangendo.
Vidi una sagoma arrivare, sentivo il mio cuore martellare, abbassai il viso e chiusi gli occhi.
Poi la porta si aprì.
“Si? Posso aiutarla?” Una donna anziana, sulla settantina mi apri la porta.
Rinsavì e risposi alla donna: “Ahm, mi scusi io … Cercavo … Cercavo, Edward?” Dissi, confusa.
“Oh, no cara. La famiglia Cullen non è più qui.” Disse con voce dispiaciuta e io diventai pallida.
“In che senso non è più qui?” Dissi spaventata e l’anziana signora vedendo la mia faccia preoccupata si affrettò a sorridere: “No, cara. Non ti spaventare, si sono solamente trasferiti! Hanno messo in vendita la casa e così ne ho approfittato.” Disse.
“Ah, trasferiti.” Dissi e rimasi li ferma sul ciglio della porta.
“Cara, ti senti bene?” Disse la donna dopo un po’.
“Ahm, si … Certo. Mi scusi per il disturbo, ma sa dirmi dove sono andati?”
“Precisamente non so dirti, però probabilmente li trovi a Forks, lì hanno degli zii. Poveretti, sono rimasti orfani e il fratello maggiore stava andando in disgrazia. Aveva cominciato a frequentare brutte persone e così mi hanno detto che uno zio, appunto, di Forks li ha convinta a venire via di qui. Ma tu sei un’amica, tesoro?”
Non riuscivo a credere a ciò che la signora mi stava dicendo …
“Si, si … Un … Una vecchia amica. Grazie per l’informazione e scusi ancora per il disturbo.” Dissi.
“Oh, no. Figurati. Arrivederci.” Disse, torno in casa e chiuse la porta.
Mi voltai, ma non riuscivo a muovermi, poi sentì la porta riaprirsi, quel suono così familiare … Anche quello mi ricordava Edward.
“Ah, che fortuna. Sei ancora qui!” Mi voltai di scatto e sorrisi leggermente alla donna minuta.
“Tieni, cara. Questo è il numero che il giovanotto mi ha dato per poterlo rintracciare nel caso ci fossero stati problemi con la casa, ho pensato che poteva servirti.” Disse. Che donna gentile.
“Non so come ringraziarla signora, è stata davvero gentile e utile …” Dissi, ma forse non ero stata abbastanza convincente.
“Ti vedo parecchio persa, ragazza. Posso fare qualcos’altro per te?” Disse.
“Ahm, si. Pregare. Preghi per me, signora. La ringrazio ancora, buona serata.” Dissi, lei ricambiò ed entro subito in casa, come se avesse paura dei ladri. Io scesi i gradini e feci una corsa verso Jusper.
“Allora? Già di ritorno … “ Disse, come se fosse un brutto segno, infatti lo era.
Mi sedetti accanto a lui e gli raccontai tutto ciò che avevo saputo.
“Cavolo. Un bellissimo buco nell’acqua.” Sembrava arrabbiato e triste quanto me.
“Però … “ Dissi.
“Però?”
“La donna mi ha dato un recapito telefonico.”
“Di Edward?”
“Si.”
“Chiamarlo non è una buona idea, non per farti sentire ancora peggio ma … Potrebbe attaccare.” Disse Jusper.
“Nessun dispiacere, l’ho pensato anche io.” Dissi.
“Che hai intenzione di fare?” Chiese lui, dopo un po’.
“Beh, ti ho trascinato fin qui inutilmente, ti ho costretto ad abbandonare il progetto di un’estate da sballo, il minimo che possa fare è farti godere l’estate e poi tornare a casa e … “
“Dimenticare tutto?” Precisò.
“Quella è l’idea.” Dissi.
“Beh, sembra un idea sensata se non fosse per il fatto che sembrerebbe anche suicida!” Disse, il suo tono era duro.
“Non ti capisco, che vuoi che faccia?” Dissi, altrettanto dura.
“Reagisci Bella! Non restare chiusa nella tua palla di vetro! Non soffocare le tue emozioni! Lui è a Forks? Corri da lui! Se davvero vuoi una cosa devi prendertela! Non c’è bisogno che ti dica quello che devi fare. Tu sai che vuoi farlo ma ti lasci soffocare dalle tue paure. Ecco in cosa siamo diversi io e te. Le cose non si risolvono dimenticando.”
Lo guardai e non sapevo che dire perché ero pienamente d’accordo.
“Ok, mettiamo caso che io voglia andare da lui a Forks …”
“Tu VUOI andare a Forks, Bella!” Mi interruppe.
“Si, ma come faccio! Cosa dico a Charlie? E a mia madre? Ci hai pensato? ‘ Hei, mamma! Hei, papà! Vado a Forks perché sono innamorata di un ragazzo!’ e poi dove diavolo è Forks!”
“Che t’importa? Sei adulta, e gli adulti non sempre sono responsabili. Anzi se vuoi saperlo, alcuni non lo sono affatto.”
“E’ assurdo, mi piaceva di più la mia idea.”
“No, non è assurdo! E a te non piace la tua idea! Ti sembra solo più facile, ma nella vita non è tutto facile, Bella. Nel mondo c’è chi ha più problemi di te e tu invece ti fermi ad uno stupido ostacolo.”
Restammo in silenzio, poi dopo un po’ la grinta mi trovò e mi alzai in piedi di scatto.
“Ok, va bene! Vado a Forks!” Dissi e Jusper si aprì in un sorriso luminoso.
“Ma tu vieni con me!” Dissi.
Giusto il tempo di vedere il suo sorriso scomparire e fare un espressione sconfitta e mi voltai per correre a casa a fare le valigie.
Non sapevo quale scusa inventare con la mia famiglia e quella di Jusper, una cosa la sapevo però:
Avrei trovato Edward ed Alice, costi quel che costi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1232574