Got to love you

di minestrina3
(/viewuser.php?uid=227306)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Disclaimer: i personaggi tratti non mi appartengono e i fatti descritti sono frutto della mia fantasia.  Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare una rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo.


Il sole sembrava sciogliersi nell’Oceano, un altro giorno se ne andava e cominciava la sua giornata di lavoro. Eva guardò un gabbiano afferrare un’aringa all’orizzonte mentre componeva matematicamente un numero sul display del suo iPhone.
- Pronto Sonja? Ricordati che la serata del 16 Agosto DEVE essere mia! Non ammetto imprevisti, la sogno da così tanto tempo! Cerca di fare il possibile per piazzarmi lì, me lo devi!- supplicò. Una voce metallica al di là della linea le rispose di non preoccuparsi, che avrebbe sfruttato tutte le sue conoscenze.
Eva rientrò nell’attico di Miami dove alloggiava il suo cliente; l’agenzia le aveva lasciato le chiavi di casa, visto che il proprietario non sarebbe rincasato prima della undici. Voleva preparagli qualcosa di  meraviglioso che valesse i 1500 euro spesi e qualcosina in più, come mancia.
Ma Eva non aveva altro pensiero che la sera del 16, in cui avrebbe conosciuto il figlio del primo ministro inglese. Era una tecnica vecchia come il mondo, ma sempre valida, andare a letto con il padre per poi sposare il figlio; e poi, per una bella ragazza come lei sarebbe stato un gioco da ragazzi. Nel pensare a cosa si sarebbe messa, a come avrebbe acconciato i capelli, al tipo di trucco che avrebbe usato, non si accorse del tempo che trascorreva silenziosamente. All’improvviso entrò il suo cliente ed Eva dovette concentrarsi sul suo lavoro.

***

Eva scaraventò con quanta forza aveva in corpo il suo pettine contro lo specchio del bagno, che andò in mille pezzi.
- Me lo avevi promesso, cazzo! Cosa significa “hanno cambiato idea”?- singhiozzò, accasciandosi sui vetri infranti. Non poteva svanire così, come fumo, l’occasione della sua vita.
- Eva, non è colpa mia… Davvero. È che ti hanno ritenuta più adatta a quell’altro… al dj..- tentò di scusarsi Sonja, chinandosi a consolare la sua collega. – Dai Ev, pensa al lato positivo: vai a ballare, ti diverti per una sera… e poi questo qua dovrebbe essere un tipo simpatico a quanto dicono!- sdrammatizzò. Eva la guardò severamente e in un lieve sussurro di rassegnazione disse:- Ma poi, chi cazzo è questo Skrillex?-








Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***


Eva atterrò in Italia a mezzanotte meno dieci. Una jeep nera la condusse alla discoteca dove avrebbe suonato il suo cliente. E pensare che a quell’ora sarebbe dovuta essere a Londra con il primo ministro invece era a Riccione al Cocoricò. I bodyguard sistemarono i suoi bagagli in una stanzetta priva di illuminazione, poi la condussero in console. Il locale era già affollatissimo: masse di ragazzi urlante e scalpitanti che cercavano di farsi strada a suon di gomitate così da essere in prima fila; un odore acre di marijuana e centinaia di camerieri che cercavano di farsi strada tra la gente per raggiungere i tavoli. E lei lassù nel posto più tranquillo ed esclusivo, con il suo tubino nero e i tacchi Loubutin rossi, che desiderava essere da tutt’altra parte meno che là.
Si sedette su divanetto ed aspettò che arrivasse il suo cliente. Dovette essersi addormentata perché quando riprese conoscenza, un ragazzo sui 25 anni con i capelli lunghi per metà, stava manovrando la console muovendo ossessivamente la testa.
- Mi scusi, è lui Skrillex?- chiese ad un bodyguard, sperando che la risposta fosse negativa.
Essa non poté che essere positiva ed esasperata si tornò a sedere sul divanetto. Sarebbe stata una notte molto lunga; chissà che genere di perversione avrebbe dovuto soddisfare, le venne il vomito, ma tentò di trattenersi. Dovette fare appello a tutte le sue forze per alzarsi e concentrarsi sulla musica; ormai aveva capito che ogni musicista diventa più gestibile se si elogia la sua musica. Ma quella non era musica, era più uno sbattere di pentole, accompagnato dal miagolio di un gatto in agonia.
Due ore dopo finì il concerto e potè vedere il suo cliente in faccia: non era brutto, anzi aveva il suo fascino, dovuto in gran parte da un simpatico paio di occhiali da nerd. Non appena il ragazzo incrociò il suo sguardo parve illuminarsi e la raggiunse in un batter d’occhio.
- Tu devi essere Eva, giusto?- le chiese sorridente. Non aspettò la risposta, ma aggiunse:- Vorrai scusarmi, faccio qualche foto e sono subito da te.-
Eva non riuscì a parlare, tanto era rimasta colpita dalla gentilezza di quel ragazzo. Lo guardò ammaliata firmare autografi e fare foto; ogni tanto si voltava e le sorrideva con fa un bambino con la madre.
Dopo una mezz’ora Skrillex la prese per mano e la condusse su una Cadillac nera; prima di partire volle tornare indietro e caricare personalmente le valigie di lei sulla macchina.
- Non ti dispiace vero se dormo un po’ durante il tragitto?- domandò, sbadigliando. La ragazza negò con un gesto del capo.
- Posso appoggiarmi a te?- chiese sistemando la testa nell’ incavo della spalla di lei. Quando la macchina partì lui già dormiva.
In pochi minuti raggiunsero l’hotel ed Eva accarezzò dolcemente i capelli del ragazzo per svegliarlo, dopotutto se quella notte doveva esserci del contatto fisico tanto valeva iniziare subito. Furono condotti nella suite imperiale; due stanze dal letto, un salottino, un’anticamera, un bagno con doccia e Iacuzzi e una terrazza con piscina privata. Skrillex chiese il permesso di assentarsi un attimo per lavarsi; Eva ne approfittò per “mettersi comoda”. Si tolse il tubino nero e rimase con un reggiseno di pizzo rosso, goupiere e perizoma rossi. Si sdraiò sul matrimoniale ad acqua ed attese. Quando il ragazzo uscì dal bagno e la vide scoppiò in una fragorosa risata.
- Puoi anche evitare lo spettacolino da pornostar, sai?- scherzò. Eva lo guardò accigliata, chiedendosi cosa dovesse fare.
- Per stasera niente sesso…- aggiunse lui. La ragazza spalancò incredula la bocca. Cosa voleva fare con lei di così importante da pagare 2000 euro in contanti? Il ragazzo prese posto accanto a lei con in mano un blocco per appunti e una penna.
- Mmm… sei piccola e fragile, sembri fatta di porcellana. Quanti anni hai?- chiese annotando delle cose sul blocco. Eva non rispose, quel tipo la confondeva.
- Timidezza, eccitante… allora… partire con un suono timido e fragile, un suono di porcellana…-
Perfetto, quello Skrillex era del tutto pazzo. Eva voleva scappare il più lontano possibile da lui, a stava spaventando. Ecco, le si stava avvicinando pericolosamente. Il ragazzo le posò una mano sulla gamba.
- Ma tu tremi!- esclamò – Vuoi una tuta per coprirti, qualcosa?-

Eva scosse il capo, non stava facendo il suo lavoro, non andava bene. La situazione doveva cambiare subito.

- Non ho freddo… anzi, starei meglio se potessi togliermi anche questa biancheria.- cercò di usare la voce più sexy del suo repertorio, ottenendo però scarsissimi risultati. Skrillex rise ancora, le passò una mano tra i capelli e le sussurrò all’orecchio.
- Sei bellissima ma non posso! Stanotte dovrai aiutarmi a scrivere una nuova canzone…-
Quello era troppo: come poteva lei aiutare a produrre uno sbattere assordante di pentole?
- Belle quelle di stasera…- disse per parlare un po’ con quello sconosciuto matto da legare.
- Oh grazie molte! Gentilezza… mm…-
- Perché proprio stasera devi scrivere una canzone? Insomma, io potrei…-
- Perché stasera mia va! È come quando voi donne avete i momenti buoni per fare shopping, capisci? È un momento buono per comporre.-
- E io a cosa ti servo?-
- Sei la mia modella, voglio scriverti in musica… e per farlo ti devo osservare…-  si accovacciò su di lei e prese a delinearne i contorni del viso con un dito. Il ragazzo sbadigliò profondamente.
- In realtà posso continuare anche domani, sono molto stanco ora. E se dormissimo un pochino?- biascicò mentre si sistemava tra le lenzuola. Eva lo raggiunse e precipitò nel mondo dei sogni.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***


Sognò di essere immersa in una vasca di acqua fredda; istintivamente aprì gli occhi e si ritrovò nel blu della piscina. Quando tornò in superficie scandagliò la suite in cerca dell’unica persona in grado di averla scaraventa in acqua. Quando i suoi occhi incontrarono la faccia sorridente, molto simile ad un manga giapponese, del ragazzo, tutta la frustrazione per aver perso l’occasione di una vita, per essere una puttana di altoborgo, per non avere una vita normale, per essere una diciannovenne sfigata esplose in un urlo disperato.
- Ma tu sei un pazzo! Io adesso me ne vado, non ce la faccio più!- Eva si avviò a raccogliere tutte le sue cose; la rabbia la faceva inciampare e vagare per la stanza come un’anima disperata – Credimi, tu non sei normale! Ti manca qualche rotella!-
Skrillex tentò di bloccarla in tutti i modi.
- E ti  dirò di più…- continuò Eva a pochi centimetri dalla faccia del ragazzo – le tue canzoni mi fanno schifo, tu mi fai schifo, io non volevo nemmeno essere qui… io…-
Quel fiume di parole fu interrotto dal ragazzo, che azzerò la distanza tra le loro labbra; Eva non ricordava di aver mai ricevuto un bacio più coinvolgente da nessuno prima d’ora.
- Non credere che questo bacio cambi le cose…- biascicò ricercando le labbra di lui ancora una volta. Ma Skrillex sembrava avere altri piani, dal momento che saltellò verso il block notes abbandonato sul letto.
- Rabbia, sorpresa, amore… lo sapevo di aver fatto la scelta giusta!- esultò – Ora ho tutto ciò che mi serve, puoi tornare a dormire se vuoi… o andartene.- aggiunse freddo come il marmo.
A eva mancò il respiro, cosa significava tuto questo? Non poteva finire così, ora aveva bisogno di andarefino in fondo, di scoprire chi era veramente quello Skrillex. Eppure non riuscì ad obbiettare nulla; raggiunse il letto e vi ci si buttò sopra, rannicchiandosi in un angolino.
Si accorse che quel tipo, senza dire nulla, era riuscito a leggerle il cuore, certo in un modo strano e piuttosto inconsueto, ma comunque da colpirla ed affascinarla. Ma non era tutto, lui aveva trovato amore dentro di lei. Dovevi essersi sbagliato, anzi, sicuramente si era sbagliato: lei non amava più da molto tempo; lei non poteva permettersi l’amore.
Eva cominciò a piangere in silenzio, ma qualche singhiozzo sfuggitole tradì le sue lacrime. Sentì presto il materasso abbassarsi accanto a lei e un paio di braccia forti accoglierla.
- Forse sono un po’ strano, ma non sono cattivo. Se vuoi andartene sei libera di farlo… hai detto che volevi essere da un’altra parte, io posso portarti là, ho un jet…- le sussurrò all’orecchio. Eva aprì gli occhi e si trovò davanti un paio di occhi neri e un viso dispiaciuto incorniciato solo in una metà da lunghi capelli corvini.
- Non voglio andarmene… vorrei dormire, da sola se non ti dispiace.- affermò, voltandosi dall’altra parte. Skrillex abbandonò il letto e lei si abbandonò ad un sonno profondo.
Il mattino seguente Eva raccolse le sue cose e salì sulla macchina inviata dall’agenzia. Appena prima che partisse, il ragazzo le corse incontro.
- Lasciami il tuo numero… quello vero. Vorrei ricontattarti… sempre se non…-
- Non mi dispiace, tieni..- sorridendo gli pose un bigliettino con scritte delle cifre. – Come ti chiami veramente?-
- Sonny. Sonny Moore.-
- Addio Sonny Moore. O arrivederci…- Eva tirò sù il finestrino e partì.
***
Se uno è un disadattato sociale, non importa quanti soldi abbia. Eva si chiese cosa si immaginasse questo cliente quando partorì l’idea di perdere la verginità a 40 anni con una prostituta. Ovviamente non era successo nulla, non poteva succedere nulla; il lato positivo fu che per farsi perdonare, Gim, le aveva regalato una carta prepagata.
Ad Agosto New York era presa d’assalto dai turisti, che come piccole formiche si spostavano da times square a central park, armati di macchine fotografiche, zainetti per il pranzo al sacco e smartphone per fare il check-in, convinti di far morire d’invidia gli amici.
Bloomberg’s però era relativamente vuoto, cioè perfetto per un’intensa seduta di shopping therapy. Stava girando a caso tra gli scaffali alla ricerca dell’abito perfetto, quando le squillò il telefono: numero sconosciuto.
- Pronto, Eva-
- Ciao, sono Sonny…-
Sonny, il nome le era famigliare ma non riusciva a fare mente locale.
- Skrillex, il dj, il ragazzo con le rotelle fuori posto…- aggiunse, notando l’esitazione della ragazza.
- Sonny!- esclamò Eva, rammaricandosi di essersi potuta scordare uno dei ragazzi più affascinanti che avesse mai incontrato.
- Tu adesso in che parte del mondo ti trovi?- domandò leggermente imbarazzato.
- New York… avevi bisogno di qualcosa?-
- Ehm… veramente no, volevo sentirti. Insomma, ci siamo lasciati un anno fa… e io ho finito la tua canzone.-
Eva roteò gli occhi al ricordo di come lui si fosse impossessato dei suoi sentimenti senza chiedere il permesso.
- E se sei nella grande mela posso essere lì entro sera…- continuò.
- Sonny, teoricamente dovrei lavorare ma… bè il mio cliente è… si. Empire Hotel, sulla 42°. A mezzanotte. Devo andare, a dopo.- Eva buttò giù.
Perché aveva accettato di rivederlo? In privato poi. Era vietato nel modo più assoluto frequentare un cliente e lui doveva rimanere tale. La ragazza indugiò sui tasti; doveva richiamarlo e annullare tutto, lo sapeva, e allora perché non lo stava facendo? Ma dopotutto, pensò, era come un incontro di lavoro: dovevano concludere quello che avevano iniziato in Italia.
***
Sonny aspettava su una poltrona nella hall; si torturava nervosamente le mani e lanciava continue occhiate all’orologio. Era vestito con una maglia nera, una giacca nera e un paio di pantaloni dello stesso colore, come a Riccione, si ricordò la ragazza. Si avvicinò silenziosamente e quando fu dietro di lui tossì leggermente. Quando il ragazzo si girò, Eva poté giurare di avergli visto gli occhi illuminarsi prima che sulla sua faccia esplodesse un sorriso bellissimo.
- Eva…- disse raggiante.
- Sonny..- la ragazza si sentì notevolmente imbarazzata, non capendo la simpatia che il ragazzo provava per lei.
- Sei bellissima…-
Non potendo rispondere altrettanto, Eva tentò di cambiare discorso e togliersi dall’imbarazzo.
- Ehm, la canzone? È venuta bene?-
Il volto del ragazzo si rabbuiò e volse lo sguardo in basso.
- Gia, si… andiamo. Te la faccio ascoltare subito…- mugolò. Lei lo seguì fuori dall’hotel su una limousine bianca.
- Ecco.- disse premendo un tasto di un telecomando. La macchina si riempì di una musica strana, ma Eva rimase allibita: era lei. Sembrava che ogni nota corrispondesse ad un momento della sua vita; riconobbe la felicità dell’estate; la rabbia delle litigate con i genitori; l’ansia delle verifiche a scuola e la paura dell’amore. Quando finì Eva rimase senza parole.
Sonny non la guardò nemmeno, le scivolò accanto ed aprì la portiera.
- Giusto, la mia musica ti fa schifo … io ti faccio schifo. Scusa il disturbo, puoi fuggire.-


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


 Eva capì di aver fatto un errore gravissimo a non dire niente; quello si ricordava di ogni parola uscita dalle sue labbra. È vero, quella musica non le andava particolarmente a genio, ma chi la suonava era qualcosa di tremendamente unico e geniale.
- N-no, io… tu non… cioè..- balbettò imbarazzatissima.
- Non devi sentirti in imbarazzo, puoi andare e non mi rivedrai mai più.-
- Senti, la canzone è… incredibile. Ma come fai?-
Gli occhi di Sonny si spalancarono.
- Ti piace la mia canzone?-
- E come potrebbe non piacermi? Sono io!-
Il sorriso che fece quel ragazzo in quel momento rimase nella memoria di Eva per tutta la vita. La tristezza sparì dal suo volto e lui si rianimò.
- Davvero? Oh bè, questo cambia tutto!- esclamò – Ti va di venire a bere qualcosa con me?-
Eva lo guardò spiacente.
- Devo tornare su… al lavoro… io…-
- Oh certo tu sei… tu lavori! Certo, certo…-
- Però dobbiamo tenerci in contatto… anzi, appena sono libera ti chiamo io!- Eva si era decisa ad approfondire quel rapporto, dopotutto aveva dimostrato di conoscerla meglio di chiunque altro. Sonny le aprì la portiera e la ragazza uscì.
- Ciao Sonny, a presto…-
- Che dolce suono hanno queste parole…-

***

Finalmente il suo cliente si era deciso a lasciarla andare; in fondo non lo aveva lasciato insoddisfatto, ma lei aveva trascorso l’esperienza più traumatica di tutta la sua carriera.
Non appena uscì dall’hotel prese il cellulare, cercò nella rubrica il nome “Sonny Moore” e premette il tasto verde. Squillava, ma lui non rispondeva; forse non aveva voglia di sentirla, forse in quelle due settimane su era riempito di impegni o forse gli era successo qualcosa o chissà. Ma a lei cosa importava? Non era poi così necessario che lui le rispondesse, insomma… lo chiamava così, per parlare.
Mise di nuovo il telefono nella borsa e si avviò per le strade di New York. Non aveva ricevuto nessuna richiesta di lavoro; era lontano da casa e non aveva un posto dove dormire; forse per questo aveva bisogno di Sonny, adesso doveva trovare un hotel. Ripensandoci, però, poteva usare i soldi guadagnati per tornare a casa, in Tennessee, e farsi una vacanza.
Le squillò il telefono: era B. il suo capo.
- Ehi B.-
- Eva. O meglio, figa-d’-oro.-
- Sempre carino… senti, avevo pensato di prendere due settimane di ferie…-
L’uomo all’altro capo della linea rise, producendo un fastidioso rumore metallico; poi si fece serio.
- Stai scherzando? Sai quanti soldi mi fai fare? Tutti ti vogliono! E poi, i tuoi vantaggi te li devi guadagnare, bimba.-
- Ma quali vantaggi B.? sono la tua servetta, dì la verità…-
- Eva, che borsa hai?-
La ragazza guardò la sua Birkin magenta, ottenuta dopo un’estenuante attesa di nove mesi.
- La Birkin…-
- Esatto, non è un vantaggio? Un lusso? Sai che posso rimandarti sulla strada quando voglio, vero?-
Eva si ricordò delle notti passate in squallidi motel sulla statale est di New Orleans, con uomini cattivi e senza cuore. Rabbrividì.
- D’accordo, niente vacanza…-
- Ma visto che sei la mia gallinella dalle uova d’oro e io ti voglio bene, ti do la possibilità di sceglierti il prossimo cliente.-
Eva rise, conosceva il procedimento: lui le avrebbe detto alcuni luoghi e lei avrebbe dovuto scegliere.
- Opzioni: Igor Gurnuski, Mosca. Fernado Sanchez, Ibiza. Peter Wayen, Perth.-
Mosca, troppo freddo; perth, troppo lontano; rimaneva Ibiza. A Ibiza c’era l’Amnesia, la discoteca, e quindi maggiori probabilità di incontrare Skrillex.
- Ibiza- proclamò.
 La telefonata si chiuse.

***

Raggiunse Ibiza nella notte. Il suo cliente non sarebbe venuta a prenderla, ma aveva l’indirizzo dell’hotel.
Il posto era bello, di gran classe, come tutti gli hotel in cui era stata; era sul mare e con ogni probabilità aveva una spiaggia privata.
Entrò nella hall stile impero, con le pareti dorate e cascate d’acqua ad impreziosire l’ambiente. La camera era la 65b, un bangalow sulla spiaggia: esclusivo.
Lo steward la fece entrare, augurandole un buon soggiorno. Nel bagna c’era qualcuno, Fernando Sanchez sicuramente. Si avvicinò e si appoggiò sullo stipite della porta.
- E’ arrivata la sua bambolina Mr. Sanchez…-
Dal vetro della doccia sbucò una faccia famigliare, incorniciata da fradici capelli neri.
- Eva, ancora con lo spettacolino?-





Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***


 - Sonny-
La ragazza era al settimo cielo, non riusciva a crederci, di sicuro stava sognando. Si stropicciò gli occhi per sicurezza, ma quel volto sorridente era ancora la.
Il ragazzo uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano in vita. Corse ad abbracciare Eva.
- Devo togliermi i tacchi, tappetto- scherzò lei. Sonny le fece la linguaccia e le diede un bacio sulla guancia. – Da quando ti chiami Fernando Sanchez?- chiese.
- Da quando ho capito che per passare un po’ di tempo con te devo essere tuo cliente.- asserì mentre si vestiva.
Non aveva tutti i torti.
- Allora ho fatto bene. Pensa se sceglievo l’australiano o il russo…-
Sonny rise di gusto.
- Non sarebbe cambiato nulla, perché ero comunque io.-
Quel ragazzo la stupiva ogni secondo di più. Si andò a sedere sul letto e chiuse gli occhi, rilassata.
- Cosa vuoi fare questa volta? Scrivere una canzone?-
- No. Passare del tempo con un’amica.-
Eva si sollevò di scatto: aveva detto amica? Si erano visti due volte e lei era già un’amica? Non aveva mai avuto veri amici da quando faceva la prostituta, temeva di non ricordarsi più le regole dell’amicizia.
Nell’amicizia non c’è sesso; nella sua vita, invece, era la cosa più importante.
- Amica… e cosa fa un’amica?-
Sonny sollevò un sopracciglio, notevolmente sorpreso dalla domanda.
- Parla, ma soprattutto ascolta!- e sfoderò uno dei suoi sorrisi. Si sedette sul letto a gambe incrociate davanti a lei.
- Eva, come sei diventata… perché hai scelto questo lavoro?- domandò. La ragazza arrossì ed abbassò lo sguardo; nonvoleva ricordare il suo passato, il perché era stata costretta a prostituirsi, le faceva male.
- Mi dispiace, io non…- Sonny era agitato, pensava di aver sbagliato a tirare fuori quell’argomento, avrebbe dovuto aspettare che fosse lei a fare il primo passo. Decise che d’ora in poi sarebbe stato un tabù.
- Non fa niente, Sonny..-
- Allora ascolta: domani suono e sono un po’… agitato.-
Eva non potè trattenere una risata che cercò di camuffare con un colpo di tosse.
- Non ci credo. Il grande Skrillex agitato?! Non è possibile…-
Il ragazzo le tirò un cuscino.
- Io mi agito sempre, ci tengo a fare bella figura.- mise il broncio.
- Tu non puoi fare brutta figura, sei troppo amato dai tuoi fans! Ti considerano un genio: li hai stregati!-
- Davvero?-
- Sì, ho fatto le mie ricerche su Internet. E devo dire che proprio non li capisco: le tue canzoni sono uno sbattere di pentole e padelle!-
Il ragazzo rise di gusto.
- Devi rivedere le tue affermazioni, bella. Solo due settimane fa ti piacevo!-
- Mi piace solo la mia canzone!- rispose stizzita. Scoppiarono a ridere insieme.
- Cosa ti va di fare?- chiese Sonny.
Eva finse di pensarci posando gli indici sulle tempie.
- Una battaglia con i cuscini!- esclamò, saltando in piedi. Il ragazzo si fece serio.
- Bene, ma sappi che morirai.-
La ragazza gli fece il verso ed afferrò un cuscino.
- C’mon baby!-
Sonny prese un cuscino e si lanciò sulla ragazza; lei abilmente riuscì a schivare l’attacco e lo colpì alla schiena.
- Uno a zero! E andiamo!- trionfò.
La battaglia fu epocale: cominciarono a volare piume d’oca ovunque, il letto era completamente disfatto e una povera lampada perse la vita nello scontro. I due giovani si sedettero esausti ma contenti al centro della stanza e si guardarono intorno.
- Domani le cameriere avranno molto lavoro…- notò lei. Sonny scosse la testa.
- No. Domani mi uccideranno.-
 Eva rise e gli diede una pacca sulla spalla. Era bello avere un amico dopo così tanto tempo, con lui stava bene, era felice e si sentiva libera.
Si addormentarono abbracciati: lui appoggiato al petto di lei; lei appoggiata al braccio di lui.
Il giorno successivo lo trascorsero in piscina tra scherzi e chiacchiere. Dopo cena il ragazzo annunciò di volersi ritirare in meditazione prima della serata.
- Ehm, Sonny? Posso chiederti una cosa?- lo fermò la ragazza.
- Spara!-
- Come devo vestirmi sta sera?-
Il ragazzo sbiancò. Lui non aveva mai avuto questo problema, il suo gruppo di soli uomini non aveva mai avuto questo problema.
- Ehm… sinceramente non lo so. Non ho mai fatto caso a come si vestissero le donne lì… io suono e basta…-
- Ho capito, mi inventerò qualcosa..-
Eva optò per un paio di jeans, una magliettina e il suo inseparabile paio di tacchi rossi. Skrillex uscì dalla camera nella quale si era rinchiuso con una camicia grigia a scacchi, un jeans nero e il suo paio di inseparabili occhiali da nerd.
- Ma i colori non fanno parte della tua vita?- domandò la ragazza notando la monocromia del guardaroba del dj.
- No. Sono già abbastanza evidente con gli occhiali e i capelli!- replicò lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***


 Quella volta andò molto meglio rispetto all’Italia: Eva si divertì a scatenarsi, nei limiti concessi dai suoi tacchi vertiginosi; a fare foto con gente sconosciuta e a scherzare con Sonny, che sembrava un’altra persona. Quando salì in piedi sulla console e si buttò sulla tra la folla, la ragazza credette davvero che quello li avesse qualcosa che non andava nel cervello. Era pazzo, completamente. Tirò un sospiro di sollievo quando lo vide ritornare sano e salvo.
Una volta usciti decisero di andare a fare colazione insieme agli “omini”, come li chiamava Skrillex, il suo gruppo. Erano ragazzi simpatici e di gran lunga meno pazzi del ragazzo; in effetti, si occupavano loro delle cose importanti e serie dietro ogni spettacolo.
- Ci farebbe bene un tocco femminile, dopotutto…- asserì il più grosso dei cinque. – Che ne dici di unirti a noi… per sempre?-
- Oh sì, sarebbe bellissimo!- la supplicò Sonny con la voce impastata dall’alcool. Eva gli sorrise; avrebbe tanto voluto accettare ma sapeva bene che B. non l’avrebbe mai lasciata andare via. Lei era sua. In realtà non avrebbe dovuto legarsi così tanto al ragazzo, così sarebbe stato più facile dirsi addio, una volta giunto il momento. Anzi, avrebbe fatto meglio ad andarsene quella notte stessa, così Sonny avrebbe sofferto il meno possibile.
- Io non posso… il mio lavoro n-non…-
- E’ vero. Sei sempre una prostituta, non è che…-
Sonny si alzò di scatto, afferrò l’amico per la collottola e lo minacciò con un sibilo:
- Se ti azzardi ancora a parlare del suo lavoro ti uccido!-
- Scusa amico, calmati.- disse spaventato.
- Andiamo, sei un po’ ubriaco. Torniamo in hotel…- Eva lo prese per mano e lo condusse in macchina.
Arrivati al bungalow, Sonny crollò sul divano, lei preparò le valigie. Appoggiò sul tavolo la lettera, nella quale spiegava perché era fuggita e perché lui non avrebbe più dovuto cercarla; si avvicinò a lui e gli diede un bacio sulla fronte per l’ultima volta.
Il ragazzo aprì gli occhi e la baciò. La baciò come nessun’altro prima d’ora.
Doveva andarsene, eppure non si muoveva. Lo stringeva sempre più forte a se; lo baciava con sempre più passione; non lo fermò quando le tolse la maglietta e nemmeno quando le slacciò il reggiseno. Ma lei lo sapeva che stava sbagliando, che non sarebbe dovuta finire così, che lei stava per abbandonarlo. Ma non lo fermò. Mai.

***
Lo lasciò lì, sul divano. Lei si rivestì e giurò di sparire per sempre dalla sua vita.






Note dell'autrice: va bene, questo capitolo è cortino... però è il secondo in un giorno, devo dire che sono molto inspirata. Allora, credo sia il più bello che abbia mai scritto fino ad ora e mi farebbe piacere trovare un po' di recensioni. Potete tirarmi anche dei pomodori e dirmi che piuttosto che scrivere farei meglio a darmi all'ippica.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***


 DueDDkjdk
Due anni dopo



Partecipare ai Grammy Awards era sempre stato il suo sogno fin da bambina. Era come dire: “ce l’ho fatta: sono qualcuno!”
Peccato che lei si trovasse i solo grazie ad un favore concessole da uno dei suoi numerosissimi clienti; ma non le importava perché lei si trovava comunque lì, avvolta nel suo Valentino blu oltremare che la faceva sentire una principessa.
Si avvicinò al suo tavolo e si sedette al posto contrassegnato con il suo nome, stampato in lettere dorate.
“Miss Eva Fox”
Rigirò il biglietto tra le dita pensierosa; avrebbe voluto che ci fosse stato scritto il suo vero nome, non quello d’arte, ma non poteva desiderare la Luna dopotutto.
Poco dopo un vecchietto con dei lunghi baffi e una divisa da generale si sedette accanto a lei, seguito da una donna e da un ragazzo sui trent’anni. L’uomo si presentò come il Duca di Lancaster e famiglia; lei come un agente di moda.
La cena si svolse magnificamente fino al secondo, quando il duca cominciò ad elencare i benefici che aveva tratto dal golf negli ultimi anni; Eva colse l’occasione per guardarsi intorno e la sua attenzione fu subito catturata da un ragazzo seduto qualche tavolo più in là.
Era vestito di nero, aveva un paio di occhiali da nerd e lunghi capelli ricci. Anche senza vedere la testa rasata a metà Eva lo riconobbe; notò che accanto a lui sedeva una ragazza dai capelli biondo platino e che si tenevano per mano. Volse lo sguardo altrove e liberò un sorriso; era felice che Sonny avesse trovato una persona che lo amasse sinceramente, che potesse amarlo quanto meritava, perché era una persona stupenda e doveva essere amato.
- Signorina, a lei piace il golf?- la voce squillante del Duca la riportò alla realtà.
- Oh, si. Lo adoro…- mentì. Ma chi voleva prendere in giro: lei amava quel dj pazzerello, non poteva sopportare di vederlo con un’altra donna; ma non c’erano altre possibilità, lei doveva rimanere sola. Era scritto nella sua vita: essere di tutti e di nessuno, solo di B.
- Mi vogliate scusare…- disse con le lacrime agli occhi prima di alzarsi per andare a prendere una boccata d’aria.
Una volta uscita fuori, lasciò sfogare il suo pianto e si appoggiò ad un palo.
- Eva…-
Riconobbe la voce del ragazzo; doveva averla seguita quando le era passata accanto.
- Sonny ti prego vattene!- singhiozzò.
- Eva… sei qui.-
- Sonny ti ho detto di andartene. Fa finta di non avermi mai visto!- urlò tra le lacrime.
- Io devo andarmene? E tu cosa hai fatto due anni fa?- replicò, alzando il tono di voce.
- Lo sai perché me ne sono andata.-
- Perché sei una puttana? È così che ti definisci?-
- Si, merda! Sono una prostituta del cazzo! Non posso avere degli amici e né tanto meno una storia con un ragazzo!- Eva si girò di scatto e lo guardò negli occhi: non sembrava arrabbiato né triste. C’era solo delusione nel suo sguardo.
- Tu vali molto di più di quanto tu possa credere. Eva, per favore, sii ragionevole. Non voglio interferire con la tua vita incasinata, voglio solo esserti amico. E farti vedere che sei una bella persona in fondo.- disse.
Eva rimase in silenzio di fronte a lui. Il ragazzo fece per tornare dentro.
- Aspetta…- mugolò lei. – Mi dispiace, avevo paura di farti del male. Credevo che tu prima o poi mi chiedessi di… cambiare. E, come ti ho spiegato, non posso. Ma voglio essere tua amica.-
Sonny si girò sorridente e corse da lei; la sollevò e la fece girare in aria, riempendole la faccia di baci umidicci.
- Cara, cara, Eva… mi sei mancata!- urlò, rimettendola giù.
- Certo… e mentre ti mancavo hai trovato la ragazza…- scherzò lei, stuzzicandolo con il dito.
Il ragazzo sorrise imbarazzato.
- Sì, si chiama Ellie ed è… bè è carina, no?-
- Molto carina!-
- Però tu sei meglio…- sussurrò abbastanza forte da farsi sentire. Eva ridacchiò e lo squadrò dalla testa ai piedi.
- Sono troppo per un tappetto come te, tesoro!- disse schioccando le dita.
Tornarono dentro ridendo, come due amici di vecchia data.
Quella sera Skrillex vinse un Grammy, ma non andò a festeggiare con Eva. Nonostante questo le sapeva che parte del cuore del ragazzo sarebbe sempre stata sua.




Spazio autrice: Eccoci qua. Questo capitolo segna un punto di svolta nella FF: da qui in avanti si entrerà nel vivo dell'azione e del mistero.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***


 I sei mesi successivi furono i più strani e i più belli della sua vita: lei e Sonny si sentivano per telefono quasi tutti i giorni e ogni tanto si vedevano e passavano il weekend insieme; lui le presentò Ellie, lei Sonia; lei dormiva con lui in hotel, lui nel suo appartamentino di emergenza a Londra; il venerdì sera, se erano insieme, si andavano ad ubriacare in un pub e poi barcollavano per le strade cantando canzoni d’amore sdolcinate. Ellie non creava particolari problemi, dato che era quasi sempre in giro per il mondo con il suo tour e la ragazza imparò a volerle bene.
Ma il suo amore per il ragazzo continuava ad ardere imperterrito, pronto a scoppiare non appena Eva avesse abbassato la guardia.
Una sera uscirono da un locale particolarmente ubriachi; la ragazzi si sedette su una panchina poco distante e il ragazzo  si sdraiò, appoggiando la testa sulle sue gambe.
- Abbiamo esagerato questa volta, Ev..- biascicò. La ragazza gli regalò un sorriso da ebete mentre gli accarezzava amorevolmente i capelli.
- Non abbiamo limiti…-
- Sembra una cosa molto romantica detta così…- chiuse gli occhi e si immerse nel tutto della Natura, come sosteneva lui quando non voleva ammettere di essere completamente fatto.
- E non lo è?-
-Ev, avvicinati…- le sussurrò. Lei ridusse pericolosamente la distanza tra loro, doveva stare attenta e controllarsi: le labbra di lui la chiamavano.
- I was born to tell you I love you!- canticchiò felice. La ragazza sospirò, trattenendo una lacrima che cercava di far capolino da i suoi occhi.
- Non scherzare, che poi ti credo… ricordati di Ellie.-
- Già… Ellie…-
Sonny si alzò e barcollò verso casa, seguito da Eva.
Il giorno dopo la ragazza ripartì: doveva raggiungere un cliente a Bangkok; prima che partisse, Sonny le ragalò una collanina d’oro bianco con appese una E e una S.
- Così non ti scorderai della nostra amicizia.- spiegò.

***

Quando tornò Eva chiamò il ragazzo. Dalla voce sembrava felice, ma le disse che non poteva parlare e che l’avrebbe richiamata lui.
Passò una settimana e lui non si fece sentire. La ragazza riprovò a chiamarlo.
- Pronto?-
- Sonny? Sono Eva!-
- Ev! Come stai?-
- io bene… te piuttosto! Non mi consideri più…-
- Oh bè, sono stato, sono molto impegnato…-
- Usciamo uno di questi giorni?-
- Ev, io parto domani per Budapest… c’è un festival e..-
- Non ti preoccupare, chiamami appena riesci. Ti voglio bene.-
La ragazza chiuse la chiamata.
Sonny non l’aveva mai trattata così, c’era sempre per lei. Stava macchinando qualcosa, ne era certa; ma cosa?
Penso che qualunque cosa fosse, Ellie ne sarebbe stata al corrente; perciò non vide altra soluzione che chiamarla.
- Ellie, sono Eva…-
- Eva…ciao..- la ragazza non sembrava felice di sentirla.
- Mi chiedevo, hai notato qualcosa di strano in Sonny ultimamente? Come se avesse in mente qualche cosa?-
Ellie rise istericamente.
- Dovresti saperlo meglio tu, visto che siete così amici!- Eva non capiva – Oh, non te l’ha detto? Siamo in crisi…-
- Ehm, mi dispiace…-
- Senti, qualsiasi cosa abbia in testa… se non la sai tu, significa che deve restare segreta. Dannazione…- l’ultima parola la sussurrò appena, ma Eva sentì.
- Ellie quando.. da quando le cose tra di voi non vanno?- azzardò
-Facciamo così… incontriamoci. Sei a Londra vero?-
Lei ed Eva si misero d’accordo per incontrarsi sotto il Big Bang alle cinque meno un quarto, il giorno dopo.
Quell’orologio l’aveva sempre affascinata; era così imponente e maestoso, era il capo della città, la dominava dall’alto, la controllava. Nulla poteva sfuggire allo scoccare delle sue ore. Era lui il padrone del tempo di Londra, del tempo dell’uomo. Il Big Bang.
Ellie era dimagrita rispetto all’ultima volta che l’aveva vista; cercava di nascondersi sotto un felpone grigio e un cappotto, ma era tradita dalle sue gambe così scheletriche che Eva si domandò come facessero a reggerla in piedi.
- Non provare a dirmi che mi vedi in forma, so che non pensi questo.- sentenziò senza nemmeno salutarla. Eva si sentiva a disagio; era ovvio che Ellie la considerava la causa di tutti i suoi mali.
Entrarono in un bar per il thè delle cinque, da brave londinesi. Eva notò che anche lo sguardo della ragazza, quello che Sonny elogiava tanto, era spento.
- Tutto è iniziato un mese fa…- cominciò – Eravamo a Los Angeles, quando Sonny incontrò un suo ex compagno di liceo. Si sono messi a parlare e il giorno successivo lo hanno trascorso tutto insieme. All’inizio pensavo che fosse una cosa carina, dopo tanto tempo… incontrarsi e ritornare buoni amici come una volta. Ma il rapporto tra loro divenne… morboso. Quando non telefonava a te, chiamava lui e non mi diceva mai di cosa parlassero. Per lui ero diventata invisibile. Capii che era una cosa a cui Sonny teneva, perché non l’avevo mai visto così allegro e pieno di vita… ma non mi considerava più. Capisci? Non una carezza, un bacio… per non parlare del sesso. Niente. Adesso ha detto che andava a Budapest per un festival, ma…-
- Non c’è nessun festival…- indovinò Eva.
Ellie confermò con un cenno del capo. Piangeva.
- Non voglio che Sonny si immischi in affari loschi… non voglio che gli succeda nulla. Ma non ce la faccio più: questa storia mi sta distruggendo. Sta distruggendo il mio corpo, la mia mente, la mia carriera. Non posso più continuare.- per la prima volta in tutto il pomeriggio; Ellie guardò Eva negli occhi – Prenditi cura di lui. Amalo come lo amo io. Ti prego…-
La ragazza rimase impietrita da quella richiesta; si sentì uno schifo per aver sempre giudicato male Ellie, quando lei non aveva fatto altro che sacrificarsi per amore di quel ragazzo.
- Promettimi che lo farai. Promettilo!-                              
- Prometto..-
Bevvero il loro thè in silenzio; non avevano bisogno di altre parole.
- Eva, posso chiederti una cosa?-
La ragazza annuì.
- Come sei diventata una prostituta?-
Avrebbe preferito non rispondere, ma glielo doveva. Almeno quello.
- All’età di 16 anni mio papà ci abbandonò… e mi mamma cadde in depressione. Ero io a dovermi occupare di tutto: la casa, mio fratello più piccolo. Un anno dopo mia mamma si uccise e noi rimanemmo soli. Mio fratello non superò la cosa e cominciò a drogarsi… io lavoravo come cameriera tutto il giorno. Una sera vennero in casa degli amici di mio fratello, due rumeni credo. Scherzavano e ridevano, ma io avevo paura. Stavano per andarsene quando uno si girò di scatto e mi afferrò il braccio…- Eva cominciò a piangere, non riusciva ad andare avanti. – Mi… mi trascinarono in macchina con loro e mi portarono in una casa con altre ragazze. “Ti voleva bene tuo fratello da scambiarti con 5kg di Coca!” mi schernivano. Mi misero sulla strada e passai i mesi più brutti della mia vita. Poi venne B. mi vide nella casa comune e credo mi abbia… comprata. Ma in fondo è stato meglio così: non ero più sulla strada, avevo una casa tutta mia, comincia a frequentare posti di classe… certo, ero e sono comunque una prostituta, ma così è anche accettabile. Alla fine ho incontrato Sonny e in lui ho trovato l’amico che non ho mai avuto.-
Dopo quel racconto Eva tornò a casa. Sonja l’aspettava sul divano, intenta a fumare un pacchetto intero di sigarette.
- Ti ha cercata Sonny…- le riferì. La ragazza corse in camera e tirò fuori il cellulare.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


Il ragazzo cominciò a toccare i suoi soprammobili: li alzava, se li rigirava tra le mani e li rimetteva al proprio posto. Ad Eva questa cosa dava leggermente fastidio; erano le sue cose e nessuno doveva toccarle, nemmeno lui.
- Questo chi è?- chiese. Teneva in mano una foto che ritraeva lei e B.
- Un amico. Dai, lascia stare..- urlò, cacciandosi di nuovo sotto al letto. Doveva assolutamente riordinare quel buco, non era possibile perdere un iPhone. Eppure era convinta di averlo preso con se prima di uscire.
- Guarda che è qua!- le disse il ragazzo. Eva sbucò da fuori e vide il suo telefono al sicuro sul comodino.
- Oh… allora possiamo tornare al ristorante!-
 La ragazza si rimise la giacca ed uscì.
- Certo, intanto abbiamo perso il tavolo!- la inseguì Sonny.
- Pazienza! Andiamo in pizzeria!- rispose, infilandosi in un taxi.
- Possibile che tu sia così… scollegata?-
- Scollegata?-
- Sì! Abbiamo cercato il telefono per un’ora… ed era sul comodino!-
Io ho cercato! Smettila di lamentarti!-
Arrivati in pizzeria si sedettero ed ordinarono.
- Insomma per una volta che avevo prenotato in un ristorante carino… perché finiamo sempre in posti squallidi io e te?- continuò a lamentarsi lui. Eva gli fece il verso e sorrise.
- perché nei posti carini dovresti portarci Ellie! La tua morosa!- lo rimproverò. Sonny corrugò la fronte.
- Eh, in effetti non l’ho mai portata fuori come si deve, ecco…-
- Dovresti farlo invece!-
- Hai mai pensato di smettere?-
- Smettere cosa?-
- Di fare la… di lavorare.-
- Sonny, cambiamo argomento.-
Quella sera non fu diversa dalle altre: uscirono dalla pizzeria a fatica, reggendosi l’un l’altra.
- E’ proprio vero che gli amici si vedono nel momento del vomito e delle lacrime!- esclamò il ragazzo sghignazzando.
- E questo è sicuramente un momento del vomito!- replicò lei in una smorfia.
Doveva smetterla, essere più responsabile; il giorno dopo sarebbe dovuta partire e non poteva tardare.
Raggiunsero l’appartamento miracolosamente indenni; lei si buttò sul letto completamente vestita e il ragazzo le si sedette accanto.
Cominciò a percorrere il contorno della sua spina dorsale con un dito.
- Hai una bella schiena…-
Eva entrò nel panico: non doveva finire come a Ibiza, tanto più che lui questa volta era fidanzato.
- Sonny…-
A quanto pare lui interpretò il suo mugolio come una richiesta di andare avanti, dal momento che le sollevò la maglia e cominciò a lasciarle dei piccoli baci sulla pelle. Non che a lei dispiacesse, ma non poteva tradire Ellie così.
- Sonny ti prego..-
Il ragazzo sembrava non volersi fermare; anzi, dalla schiena passò al collo con un abile gesto. Eva si girò per contrastarlo, ma non fece altro che aprirgli la strada verso le sue labbra. Lei cercava la sua bocca, avida dei suoi baci, e lui glieli concedeva mentre le accarezzava dolcemente il corpo.
- Sonny… Ellie…-
- Non lo verrà mai a sapere…-
 Quelle labbra sul suo corpo la mandavano in estasi; Sonny era così delicato, sembrava un angelo. Lo voleva, lo desiderava e al diavolo la sua morosa: per quella notte era suo. Ad un certo punto il ragazzo si fermò, quasi volesse chiedergli il permesso di proseguire.
- Continua…- sospirò lei.
E in un attimo fu come essere tornati su quel divano ad Ibiza.

***

La luce del Sole inondò la stanza. Eva aprì gli occhi e si trovò davanti il viso beato del ragazzo. Sfiorò leggermente le  sue labbra e si alzò; la testa le girava da far paura mentre nella sua mente si mescolavano le immagini della notte passata. Andò in bagno, si rivestì ed infine guardò il cellulare: 9.40.
- Porca puttana!- esclamò terrorizzata. Scattò sul letto e scosse Sonny con una mano mentre con l’altra afferrava delle creme sul comodino.
- Cazzo Sonny, svegliati!-
Il ragazzo si agitò, si stropicciò gli occhi e si girò dall’altra parte perseverando nel suo dormire.
- Coraggio!- imprecò buttandolo giù dal letto.
- Cosa c’è?- protestò.
- Ho perso l’aereo! Quelli mi fanno fuori! Muoviti!- gridò.
- Subito! Chiamo Nick così prepara il jet!-
Eva intanto correva per l’appartamento sbattendo vestiti alla rinfusa in valigia. Pochi minuti dopo erano su un taxi, diretti al aeroporto militare.
- Eva… ieri notte..-
- Ero ubriaca, non mi ricordo nulla…- disse lei, intuendo che la cosa dovesse rimanere segreta per non compromettere i rapporti del ragazzo con Ellie.
Sonny mimò un grazie con le labbra e lei salì sul jet.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***


All'aeroporto la stavano aspettando. Se ne era accorta troppo tardi, l'avevano vista. Un uomo basso, grasso, con una spruzzata di capelli grigi unti e l'aria di uno che ha cattivi rapporti con la doccia, e un'altro alto, in forma, con un grande cappello da cowboy.
Eva si diresse a testa bassa verso di loro.
-Seguici.- le ordinarono.
La condussero in un capannone vuoto chissa' dove e la fecero sedere su una sedia.
-Chi e'?!- la intimidi' B. mentre il cliente gli osservava da lontano.
-Chi e' chi?!- lo sfido' la ragazza.
B. Le sferro' uno schiaffo che la fece vacillare; i suoi occhi si riempirono di lacrime. Sapeva che sarebbe finita cosi', era solo questione di tempo.
-Ma chi credi di essere, eh? Credi di poter fare quello che vuoi, puttanella da quattro soldi?!- urlo', afferrandola per i capelli e sollevandole la testa. I suoi occhi si posarono sulla collanina regalatale da Sonny.
-Oh... E' S... S... Skrillex! Quel dj!!- esclamo' trionfante.
Eva non riusciva più a pensare lucidamente; conosceva quel tipo di persone, gli avrebbero fatto del male. Scosse la testa ripetutamente.
-N-no. N-non e' l-lui...- singhiozzo'.
-Ah no? E come e' che Sonja ti ha visto mentre te lo scopavi ieri notte?-
La ragazza sbarro' gli occhi. L'aveva tradita, la sua compagna l'aveva tradita.
-Non e' come... Io...-
Un altro schiaffo raggiunse la sua guancia.
-Non devi vederlo mai più! Sono stato chiaro?!-
Eva annui'.
-Ora soddisfa il tuo cliente...- aggiunse con un sorriso beffardo.
L'uomo basso si avvicino' minaccioso a lei; ''Passera' in fretta...'' Si disse per farsi coraggio e chiuse gli occhi in attesa del suo destino.

***

Eva odiava quella specifica zona di Heatrow: un semplice corridoio diviso in due da una barriera; la parte sinistra conduceva i passeggeri che lasciavano Londra al loro imbarco; quella destra, invece, conduceva i passeggeri che andavano a Londra verso l'uscita. E a meta' del tappeto queste due categorie si incontravano, per pochi istanti, scambiandosi uno sguardo pieno di aspettative per il futuro. Chi arrivava in cerca di un futuro nella City e chi l'abbandonava per un posto più colorato.
Lei percorreva la parte destra a testa bassa, trascinando il suo trolley mollemente. Non andava in cerca di fortuna, tornava alla sua vita schifosa: avrebbe dovuto cambiare numero, casa e anche acconciatura di capelli... Forse anche nome. Magari sarebbe potuta tornare al suo vero nome, Alice Hope.... No, era un'idea stupida: il suo nome doveva rimanere un segreto.
Giunta a meta' sollevo' lo sguardo e ne incontro' uno ben noto. Due occhi neri chi la guardarono con malinconia, capendo che quello era un addio per sempre. Eva torno' a guardare avanti, senza voltarsi quando quegli occhi gridarono disperati il suo nome.
A Londra splendeva il sole, cosa strana in quel periodo dell'anno. La ragazza entro' in casa; Sonja per sua fortuna non c'era. Ando' in bagno a rinfrescarsi, si spoglio, si guardo' allo specchio e sfioro' con le dita il lungo taglio che la percorreva da sotto il seno fino all'ombelico. Si immerse nella vasca e mise la testa sotto l'acqua.
Il telefono comincio' a squillare alle nove di quella sera e non smise fino a mezzogiorno seguente. Eva lo aveva messo in silenzioso, perche' Sonny Moore non doveva più fare parte della sua vita.
In quei giorni la ragazza fece tutto quello che si era ripromessa di fare: cambio' casa, si taglio' i capelli e se li coloro' di nero con riflessi blu; non riusci' pero' a cambiare numero, dopotutto sperava ancora di rivedere quel ragazzo che si era ancorato al suo cuore.
Provo' in tutti i modi a rimuovere quella parentesi di nome Sonny dalla sua vita e ricominciare da capo, come se non l'avesse mai conosciuto, ma e' risaputo che la lontananza non fa che aumentare un amore sincero. Non riusciva più a fare il suo lavoro, pensava sempre e solo a lui, si chiedeva cosa facesse, come stasse, se sentiva la sua mancanza, se con Ellie si era sistemato tutto. I suoi clienti cominciarono a lamentarsi e B. ando' su tutte le furie più volte in quelle settimane.
Quando le dissero che il figlio di un famoso imprenditore americano l'aveva assunta per festeggiare i suoi 21 anni penso' stessero scherzando. Lei non faceva la coniglietta sexy che spunta dalla torta di compleanno, lei era a un livello superiore.
-Tu sei al livello che dico io. E io dico che tu domani parti, vai a Los Angeles e fai lo spettacolino.- la rimprovero' B.
Eva sbuffo' e non pote' trattenere una lacrima; che affioro' con il ricordo di Sonny.
''Non c'e' bisogno di fare lo spettacolino..'' Le diceva; in quell'occasione nessuno glielo avrebbe detto, nessuno.






Note dell'autrice: mi scuso sinceramente per l'attesa che avete dovuto subire a causa della mia disorganizzazione cronica. Purtroppo sono stata subissata da svariati impegni, tuttavia sono riuscita a condurre in porto questa FF che credevo senza speranza. Spero vi piaccia... a breve arriveranno anche gli altri capitoli.
Grazie per il sostegno che mi avete dato :)

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***


La casa era enorme, sembrava un castello. Vi era una grande scalinata all'ingresso che conduceva alle camere; queste erano più grandi dell'appartamento che condivideva con Sonja; vi erano anche una cucina professionale, una sala cinema, una sala fitness con piscina terapeutica riscaldata, un' enoteca, una taverna e tre salottini.
La sua stanza si trovava nella torretta degli ospiti; era disposta su due piani ed era composta da un salotto e un bagno al primo piano; una stanza da letto, una stanza guardaroba e un bagno gigantesco.
Eva pensò che avrebbe potuto vivere lì per sempre. Ma non appena ebbe formulato questo pensiero, qualcosa in lei le disse che ora il suo cuore non inseguiva più il benessere economico, bensì desiderava seguire fino in capo al mondo un ragazzo.
E Alice Hope, non Eva, Alice, una ragazza originaria del Texas, sapeva di che ragazzo si trattava.
Una domestica la avvisò che avrebbe dovuto essere pronta per le undici, nel frattempo la casa sarebbe stata a sua disposizione.
-L'atmosfera in giardino è magnifica!- le consigliò l'anziana.
Eva uscì dalla torretta. Il giardino sembrava un parco naturale, sia in bellezza che in estensione; vi erano delle indicazioni e lei seguì il sentiero che portava al laghetto per la pesca.
Quel posto era un cocktail perfetto tra romanticismo e autocelebrazione di sè.
-Sei la nuova ragazza di Chris?-
Un ragazzo sulla trentina, alto, biondo, occhi azzurri, fisico perfetto, l'aveva affiancata. I capelli gli cadevano sul viso, sostenuti da una spessa montatura marrone; l'abbigliamento era un po' trasandato, ma poco importava su quel corpo.
Eva arrossì: non poteva certo definirsi come la fidanzata.
- Più o meno...-
-Non mi stupisce che sia riuscito a conquistare una bella ragazza come te; dopotutto è di Chris che stiamo parlando...-
Lei abbozzò un sorriso, era simpatico il ragazzo.
-Tu invece sei..-
-Il fratello, Tom, quello brutto...-
-Be' non si direbbe...-
-Certo. Ovviamente Chris è più simpatico, più figo, più popolare, più intelligente, ha la battuta pronta... E' perfetto.-
-La perfezione è negli occhi di chi guarda...-
-Filosofica... Ma se sei qua vuol dire che Chris ti ha conquistata...-
-Non credo che conquistata sia la parola più adatta al mio caso...-
-Comunque io credo di averti già vista da qualche parte...-
-Non credo proprio...-
-Ma sì, sono sicuro... Ad Ibiza forse?-
-Magari ci siamo incontrati in un bar, sono stata parecchie volte ad Ibiza... Ma scusami io non mi ricordo affatto di te..-
-No, non in un bar... Dove?-
-Per quel che mi riguarda potremmo esserci visti ovunque ad Ibiza!-
Il ragazzo ci pensò un'attimo, poi esclamò:
-Affatto! Tu eri in console all'Amnesia, con Skrillex!-
Eva sbarrò gli occhi.
-No. Non è possibile! Io odio Skrillex...-
Si girò e fece per andarsene, ma il ragazzo la seguì.
-Dai, lui ti abbracciava ogni tanto... Io mi ricordo.-
-Senti, ti stai confondendo con un altra ragazza. Io non ho mai visto, nè tanto meno conosciuto questo Skrillex... Ora se vuoi scusarmi, devo andare.-
Corse in camera sua e si sedette sconvolta sul letto.
Perche' aveva negato tutto? Di cosa aveva paura? Di essere assalita dai paparazzi? Il suo lavoro raramente la portava ad un pubblico così giovane, i suoi clienti non conoscevano Skrillex, era ancora anonima. Doveva solo superare la serata.
La domestica le porto la cena e una scatola con l'abbigliamento per la serata: un completino sexy rosa leopardato, molto fetish.
-Il signor Chris vuole che lei e l'altra ragazza sbuchiate dalla torta sulle note di Happy Birthday e poi che facciate un balletto improvvisato sulla canzone successiva!-
-Non c'è problema.-
-Ha un'ora...-


***

Entrarono nella torta finta; si stava stretti ed era buio. Appena sentirono la canzone uscirono e fecero il loro spettacolino. Ma la seconda, come tutte le successive, era di Skrillex. Chris era un fan del dj e l'avrebbe riconosciuta a momenti, era solo questione di tempo.
Per fortuna era troppo ubriaco e questo non avvenne; si dimenticò addirittura di lei e questo le permise di uscire a prendere un po' d'aria.
Si sedette sulle scale ed estrasse il cellulare dallo stivale. Compose il numero di Sonny, che aveva imparato a memoria, ma non schiacciò il verde.
-Mi dispiace Sonny...- pensò ad alta voce.
-Lo sapevo che eri sua amica.-
Tom l'aveva seguita e prese posto accanto a lei. -Quello che non sapevo era che tu sei la... ragazza immagine della festa.-
Ad Eva le sfuggì un sorriso, perchè nessuno l'aveva mai definita ragazza immagine.
-Sei simpatico Tom...-
-Anche tu...- esitò
-Eva.- la ragazza gli porse la mano.
-Eva... Bel nome!-
Se solo avesse potuto sapere che non era il suo vero nome.
-Allora Eva, ti va di fare una folle fuga con me?-
La ragazza lo guardò stupita.
- Certo!- acconsentì.





 Note dell'autrice:  bene, da qui in avanti si fa sul serio... e le cose si "scalderanno" in ogni senso possibile (a buon intenditore poche parole) ... putroppo devo avvisarvi: siamo in dirittura d'arrivo...

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***


Tom la prese per mano e la fece salire su una Jeep verde scuro; accese il motore e partiì. La portò in città e si fermò davanti ad un cinema. Eva era commossa; non era mai stata in un cinema, forse da bambina, ma aveva rimosso molti dei ricordi della sua infanzia.
-Un cinema? Non ci sono mai stata!-
Gli occhi del ragazzo si splancarono increduli.
-Mai, mai? Non ci credo!-
-Davvero! Che film andiamo a vedere?- domandò. Nella sua voce c'era l'entusiasmo di una bambina, gli occhi le brillavano e pensò di non essersi mai sentita così bene prima d'ora. Guardò Tom: era carino e gentile con lei, ma le sue attenzioni non le facevano che desiderare di poter vivere una vita normale con Sonny. Il ragazzo le ricordava il dj in un modo incredibile; la stessa sete di vita era negli occhi di entrambi, ed entrambi erano allegri e spensierati, ma solo Sonny Moore aveva saputo vedere in lei qualcosa che nemmeno Eva stessa ricordava di avere: lui aveva guardato negli occhi, fin dal primo momento, Alice Hope.
-Mha, pensavo Project X!- rispose.
-Senti, prima vorrei...-
Doveva essere sincera con Tom, mettere le cose in chiaro subito. Non poteva e non voleva illuderlo un minuto di più.
-Dopo, altrimenti ci perdiamo l'inizio!!- la trascinò in sala, impedendole di spiegargli tutto.
Si divertirono un mondo ed impiegarono il viaggio di ritorno a commentare il film. Giunti sotto casa, Eva si decise a parlare e gli raccontò tutto: dall'inizio della sua 'carriera' a quel momento.
Tom rimase qualche secondo in silenzio, quasi volesse assimilare per bene tutte le informazioni.
-Fammi capire: tu sei innamorata di lui; lui è innamorato di te (perchè da quello che mi hai detto è così) ma tu cerchi di stargli il più lontano possibile?-
-Si! NO!! No, no... Cosa mi fai dire? Sonny non e' innamorato di me... Sonny ha Ellie, la ama e... E poi io non posso innamorarmi.-
Tom rise rumorosamente, poi tornò serio.
-Eva, tu hai paura di amare e usi il tuo lavoro come scusa. Se non avessi paura troveresti la forza di ribellarti.-
La ragazza scosse la testa, mentre numerose lacrime cominciarono a rigarle il viso.
-Oh, andiamo! Non farai la bambina piagnona! Sai che ti dico? Andiamo da un'altra parte!-
Il ragazzo rimise in moto il motore e ripartì.
La portò in un locale gremito di gente. Non si riusciva a muoversi; respirare pareva impossibile e la folla era come impazzita per il dj.
Eva conosceva quel tipo musica; Eva conosceva quelle canzoni; Eva conosceva quel dj.
Fulminò Tom con lo sguardo.
-Ti odio.- sibilò. Il ragazzo le rispose con un sorriso a trentadue denti. La prese per mano e la condusse sotto la console.
- Vai a parlarci!- urlò per sovrastare la musica.
-Non mi faranno mai entrare! Aspetto che si butti!!-
-Cosa?!-
-Aspetto che si butti!-
-Oh, va bene!-
Qualche minuto dopo, Skrillex si mise in piedi sulla console e si lasciò cadere. La ragazza fu abbastanza agile da scivolare vicino al suo orecchio e sussurrargli.
-Sono qui!-
Il ragazzo si mosse di scatto e perse l'equilibrio. Accadde tutto molto in fretta: la folla lo ricoprì, i bodyguard si lanciarono in suo soccorso ed Eva fu spinta via bruscamente.
Skrillex fu tratto in salvo, ma non tornò a suonare.
-L'ho perso...- mormorò la ragazza a Tom.
-Non fa niente...- le mise un braccio attorno alla spalla ed uscirono.
Stavano per salire in macchina quando Eva sentì urlare il suo nome. Si girò e vide Sonny cercarla come un disperato; si commosse.
-Sonny!- urlò e si precipitò ad abbracciarlo. Lo strinse a se più forte che mai, promettendo a se stessa che questa volta non l'avrebbe mai più lasciato. Mai più.
 -Quanto mi sei mancato, puffetto!-
Il ragazzo le prese il viso tra le mani e le diede un bacio sulla fronte.
-Non farlo mai più! Non ci provare neanche ad abbandonarmi cosi!-
Eva scosse la testa e si rifugiò ancora tra le sue braccia.
-Vieni, ti voglio presentare una persona!- gli disse. -Ecco: lui è Tom! Mi ha portato qua...-
Sonny e il ragazzo si guardarono e scoppiarono a ridere insieme. Il moro gli diede una pacca sulla spalla e lo abbracciò. La ragazza era confusa; si conoscevano? Come era possibile?
-V-voi vi conoscete?-
-Si! Faceva tutto parte del piano, scusa Eva..- rispose Tom. La ragazza lo fulminò poi sorrise.
-Stronzo!- gli diede una pugno amichevole sul petto poi lo abbracciò -Grazie Tom!-
La ragazza volse lo sguardo verso Sonny, il quale le rispose con un sorriso solare. Lui era decisamente il suo Sole; quando lei era triste pensava al suo volto allegro; quando voleva della dolcezza la trovava nei suoi occhi, quando desiderava gioia la cercava nel suo sorriso.
-Adesso torni con me vero?- le domandò il ragazzo.
-Ho le mie cose..-
-Qui!- concluse Tom. Eva si girò sbalordita e vide il ragazzo con due borsoni in mano. -Una piccola aggiunta di riguardo nel piano.- spiegò lui, strizzando l'occhio.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***


-Non guardare!-
Eva avanzava ad occhi chiusi, stringendo sempre più forte la mano del ragazzo, che la guidava. -Ci siamo quasi...-
Camminarono ancora per qualche secondo, si fermarono.
-Ecco... Ascolta...-
La ragazza sentiva un brusio in sottofondo e lo stridio dei gabbiani. Nient'altro.
-Apri-
Si trovò davanti all'Oceano, immenso. Non era ancora sorto il sole, ma il cielo si stava preparando ad accoglierlo scacciando una ad una le stelle. Era su una spiaggia. Si girò verso Sonny.
-E' l'Oceano...-
Il ragazzo sorrise.
-Voltati...-
Dietro di lei la ragazza trovò una casetta proprio sulla spiaggia: una veranda con delle sedie e un tavolino dava il benvenuto agli ospiti.
-E' casa tua?- domando' stupita.
Sonny annuì -Mio nonno adottivo la costruì circa 80 anni fa e i miei l'hanno rimessa a posto.-
-Ma è stupenda!-
Il ragazzo si strinse nelle sue spalle e con i piedi giocherellò con la sabbia.
-Bè, non è poi un gran che... Io non torno mai qua. Però tu per me sei speciale e...-
Si interruppe. La ragazza lo incoraggiò a proseguire con un sorriso.
-E volevo renderti parte della mia vita, come fanno i bambini.-
-Sonny è un pensiero dolcissimo..- disse lei appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Vuoi entrare?-
Eva annuì.
Tutto era silenzioso in quella casa e i due ragazzi defilarono in camera di Sonny in punta di piedi.
Era una cameretta piccolina, con un letto appoggiato alla parete, una finestra, una libreria, un armadio e una scrivania con un mixer sopra.
- E' un po' piccolina ma...-
- Questo è stato il tuo primo...- Eva mimò il gesto del dj.
Sonny rise e annuì.
- E questa e' una Polaroid? Una vera Polaroid?- esclamò prendendo in mano una Polaroid per istantanee.
-Si... Ma è vecchissima...-
La ragazza lo guardò sconvolta.
- Tu-tu hai questa considerazione per una Polaroid? Cioe'... Signore! Vediamo se funziona: sorridi!-
Scattò una foto e pochi secondi dopo la teneva tra le mani. Sonny sembrava un pesce lesso e questo suscito' l'ilarità della ragazza.
-Vediamo se tu vieni meglio!- la sfidò risentito.
Da quel momento scoppiò una sorta di guerra all'ultimo scatto: Eva realizzò il sogno di fare un servizio fotografico con una Polaroid, Sonny dovette soccombere alle richieste artistiche della ragazza.
Crollarono sul letto un'ora più tardi.
Intorno alle quattro Eva si svegliò e rimase ad osservare il ragazzo che dormiva tranquillamente; la sua mano delicata delineò i contorni del suo volto, soffermandosi sulle labbra morbide. All'improvviso gli occhi di Sonny si aprirono e sorridendo la baciò. Le sue braccia la circondarono, facendo aderire i loro corpi, i suoi baci erano dolci e soffici, le mani curiose si insinuarono sotto la maglia di lei e corsero lungo il suo corpo. Poco dopo i vestiti giacevano per terra, i due ragazzi erano sempre più vicini.
-Son..- mugolò lei. Lui la baciò.
-Shh, ti amo.- rispose. Lei sorrise e quelle due anime perse si unirono in uno sguardo.


***

Doveva resistere, doveva correre più veloce di loro. Se fosse riuscita a raggiungere quella porta sarebbe stata salva, doveva solo correre.
Gli scagnozzi di B. le stavano alle calcagna, la volevano uccidere, era logico. Dopotutto, lei aveva cercato di abbandonare il lavoro, licenziarsi aveva detto a B. Lui subito aveva riso, poi con un'espressione grave sul volto aggiunse: -Te ne pentirai... Un giorno.-
Quel giorno era arrivato.
Afferro' il pomello della porta e la spalanco': era salva. Come mise un piede al di la' della soglia, senti' uno sparo.
Il mondo sembro' rallentare. Eva si volto' e vide Sonny rovinare a terra privo di vita, mentre i muri della citta' crollavano uno dopo l'altro.




Note dell'autrice: non ci sono note. Volevo scrivere una bella scena ma niente... non riesco ad entrare nell'intimità di questi due personaggi. E' più forte di me.

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***


La ragazza urlo'.
-Eva, Eva.. Calmati! E' stato solo un brutto sogno!- esclamo' allarmato il ragazzo, accovacciato su di lei.
Cerco' di far tornare il respiro regolare, di calmarsi, ma il volto freddo del suo amico la perseguitava.
-Ho sognato che...- la paura le bloccava le parole in gola. Era tutto cosi' realistico, poteva accadere veramente, forse sarebbe successo.
-Calma, va tutto bene...- Sonny la circondo' tra le sue braccia e la coccolo', passandole di tanto in tanto una mano sui capelli.
Eva di rifugio' nel suo petto e si concentro' sui battiti del suo cuore vivo. Il sogno era stato rivelatorio: ora doveva scegliere definitivamente tra Sonny e B.
-Se ti perdessi non so cosa farei...- sospiro' lei.
Il ragazzo le scocco' un dolce bacio sulla fronte.
-Perche' dovresti perdermi?-
-Possono esserci tanti motivi...-
-Non pensiamoci!- la interruppe -Ora sono qui e tu sei con me... Rilassati, tesoro...-
Eva punto' il suo sguardo negli occhi del ragazzo, marroni, profondi.
-Ti a..aspetto a colazione?-
Non se la senti' di rivelargli il suo amore; dopotutto, lui aveva la sua vita con Ellie e lei il suo lavoro. Cosi' dovevano andare le cose e cosi' sarebbero andate. Aveva scelto.
Il ragazzo la guardo' perplesso.
-Mi aspetti a casa mia?-
-Hai capito, dai...-
Eva scrollo' le spalle e si alzo'; prese dalla valigia un vestito bianco e usci' dalla porta.
Segui' il corridoio principale fino alla sala, poi segui' il profumo di frittelle fino alla cucina. Li trovo' una donna sulla cinquantina, con i capelli rossi, indaffarata ai fornelli, la quale non si accorse del suo arrivo. Ma all'improvviso sbuco' da sotto il bancone un bambino biondo di circa nove anni, con la faccia tutta sporca di crema al cioccolato.
-Sei la ragazza di Sonny?- esclamo'. Eva colta alla sprovvista arrossi' ma fu salvata dalla donna, che si accorse di lei.
-Oh.. Oh...- balbetto' pulendosi le mani nel grembiule e porgendole la destra -Io sono Francis, piacere di conoscerti!-
La signora Moore era molto ospitale e cordiale, fece sentire subito a suo agio la ragazza.
-Piacere Eva...- sorrise.
-Ehi, non mi hai risposto!- fece notare il bambino, che per tutta risposta si prese un buffetto dalla madre.
-Adam, non sono domande da fare!- lo rimprovero', mentre tornava ai fornelli -E figurarsi se Sonny porta a casa una ragazza!- aggiunse, abbastanza forte da farsi sentire. Eva scoppio' a ridere e si rivolse al ragazzino.
-No, sono solo un'amica...-
-Ti pareva..- borbotto, ritornando ai suoi giochi sotto il bancone.
-Allora Eva, ti piaccione le frittelle?- domando' Francis.
-Le adoro!-
-Ottimo!- esclamo' passandole un piatto stracolmo di frittelle ricoperte da sciroppo d'acero.
In quel momento li raggiunse Sonny, il quale prese posto al bancone accanto a Eva.
-Hai gia conosciuto mia mamma...-
-Gia' ed e' una donna molto simpatica!- asseri'.
-Non come qualcuno che diventa famoso e non si fa più vivo per anni!- la donna lancio' un'occhiataccia al figlio, tramutandola subito in un abbraccio affettuoso -Mi sei mancato bambino mio- disse, stampandogli un bacio in fronte. Il ragazzo nascose il viso arrossato nel pigiama.
-Dai, mamma...- borbotto'.
-Sonny, ho finito il burro! Ti va di arrivare all'angolo a prenderlo? Cosi fai vedere ad Eva l'isolato.-
-Vengo anch'io!- propose il bambino.
-No, Adam. Tu rimani con me!- asseri' Francis, mentre serviva le frittelle ai due ragazzi.
Quando ebbero finito di mangiare, uscirono di casa. Era una stupenda giornata di sole e fuori non c'era anima viva: il quartiere residenziale di Los Angeles era più tranquillo di quanto Eva si aspettasse. Si stava guardando intorno curiosa, ma ad un tratto la sua attenzione fu catturata da una Porches nera anni '50, targata Francia; conosceva quella macchina e cio' significava solo una cosa: l'avevano trovata. Ci avevano impiegato meno tempo del solito, forse l'avevano sempre tenuta d'occhio.
-Sonny, ho dimenticato in camera il cellulare... Vai avanti, ti raggiungo...- disse Eva, cercando con lo sguardo B. Il ragazzo la guardo' perplesso
-Ma se non sai nemmeno dove si trova il negozio!-
-Lo trovero', non ti preoccupare...-
-D'accordo..- si avvio', mentre Eva fece marcia indietro. Non appena egli si fu allontanato, due uomini sul metro e novanta le comparvero davanti.
-Vi seguo.- anticipo' lei; la condussero alla macchina e le dissero di salire. Al posto di guida c'era, come sospettava B.
-Allora topolina, cosa ti avevo detto?- domando' simulando un tono gentile. Eva cercava di non guardalo negli occhi e di mantenere una certa freddezza, ma tremava dalla paura.
-Di non vederlo mai più.-
-Gia'... Allora com'e' che sei qui?!-
Eva non rispose. Uno schiaffo' colpi' la sua guancia, facendola pulsare dal dolore.
-Allora?!?- ripete' B.
-U-Un cliente...- mugolo' lei. L'uomo rise.
-Certo. Adesso torni a casa, raccogli le tue cose e vieni con me. Non provare a scappare: ti aspetto fuori.-

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***


Quando rientrò in casa Moore Eva fu abbastanza furba da non farsi vedere; raccolse le sue cose in silenzio; scrisse un biglietto a Sonny e se ne andò, abbandonando la speranza di rivedere l'amore della sua vita.
Sul biglietto, appoggiato al letto insieme all'anello che la madre della ragazza le aveva lasciato prima di morire, c'erano scritte queste parole:
"We fell in love with gravity and I'll really miss you. All my love. Eva''

***

Eva non tornò a Londra, a casa sua; fu portata in Francia, a St. Tropez, per fare la spogliarellista in un noto locale; viveva in una casa a dir poco fatiscente con altre tre ragazze, due delle quali dipendenti da cocaina. Era un bordello: ogni notte giravano ragazzi diversi, molte volte violenti, che picchiavano le sue compagne e distruggevano la casa; lei si rinchiudeva nella sua stanzetta a chiave ed evitava il contatto umano per quanto le era possibile. Le sue colleghe la ritenevano una pazza fatta uscire dal manicomio per qualche idea perversa di B. e non avevano tutti i torti, dal momento che non parlava più con nessuno, non mangiava più e di notte, urlava il nome di un ragazzo invocando il suo perdono.
Ad un certo punto prese la febbre, ma nessuno si prese cura di lei; dissero a B. Della sua malattia e lui ordinò di lasciarla da sola in attesa che guarisse o che morisse. Guarì.
Lo stress a cui era sottoposta si portò via gran parte della sua bellezza e la ragazza cominciò a temere l'idea che potessero rimetterla sulla strada da un momento allìaltro. Tuttavia questo non avvenne e lei continuò ad essere una spogliarellista.
Una mattina, mentre era distesa sul suo letto a pensare, sentì le sue coinquiline spettegolare sulle ultime notizie; non che la cosa le interessasse (le voci le scivolavano addosso come acqua, non la colpivano) ma quando udì il nome di Ellie Goulding si fece più attenta.
-La cantante inglese dichiara: "In fondo Sonny Moore non e' mai stato mio".- lesse una ragazza. Eva scattò in piedi e corse, come una pazza, ad afferrare la rivista.
Guardò il titolo come in trance "Il dj Skrillex e la cantante Ellie Goulding: starcrossed lovers oppure la solita cottarella da vip?"
-Ehi!- sbottò contrariata la mora a cui aveva sottratto il giornale.
-Scusa Cassidy...- biascicò tornando in camera sua.
-Mi chiamo Cassy!-
Si chiuse la porta alle spalle.
E così si erano lasciati; la giornalista sospettava un tradimento, credeva ci fosse un'altra donna e a quanto pareva aveva trovato conferma nelle dichiarazioni di Ellie, la quale era uscita a testa alta con un nuovo singolo.
Almeno così non si sentiva in colpa; ora, doveva rivedere Sonny.
La ragazza si vestì in fretta e furia ed uscì. Si diresse furtivamente in posta dove inviò un telegramma a casa Moore, in California; li pregava di riferire a Sonny un messaggio.

***

Qualche mese dopo il tour mondiale di Skrillex fece tappa a St. Tropez, nel locale dove lavorava Eva.
La ragazza doveva fare il suo mestiere, in fondo alla sala, sul bancone del bar. Tuttavia riusciva a vedere la consolle e in cuor suo sperava di poter raggiungerla prima della fine dello spettacolo.
Seduti al bar c'erano due uomini di mezz'età, calvi, che la fissavano sorseggiando un drink e scambiandosi qualche parola all'orecchio di tanto in tanto. Lei ballava come ogni sera attaccata al suo palo, anche se quei due la mettevano in soggezione: non le staccavano gli occhi di dosso. Intanto Sonny suonava e si preparava per il gran finale; chissà se sapeva che Eva era a solo pochi metri da lui.
John, il barista, le allungò un bicchiere d'acqua.
-Bevi, avrai sete..-
La ragazza lo ringraziò con lo sguardo e ingurgitò il contenuto tutto in un sorso. La musica si fermò, il dj prese il microfono e dedicò la canzone seguente ad una donna speciale che gli aveva cambiato la vita. Partì la canzone, la sua canzone, quella che Sonny aveva scritto per lei. Una voce di donna cantò, cantò le parole della lettera che aveva scritto: "We fell in love with gravity and I'll really miss you. All my love...". Eva doveva andare, raggiungerlo, dirgli che lei era li. Ma improvvisamente le luci del locale cominciarono a darle fastidio; le venne un mal di testa allucinante; percepiva tutto ovattato e il suo corpo non rispondeva ai comandi. Provò a muovere qualche passo sul bancone, la vista si annebbiò e cadde.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***


Quando si risvegliò la testa le faceva ancora male e non capiva dove si trovasse; sentì Cassy in lontananza lamentarsi con B. e il campanello suonare. La porta si aprì e una voce roca urlò:
-Mani in alto, polizia!-
Ci fu un gran trambusto; voci, urla, vetri rotti; lei stava immobile dov'era incapace di muoversi.
-Eccola, è lei. E' li.- senti' urlare e poi tutto torno' scuro.

***

Apri' gli occhi e la luce del neon l'acceco'. Ci mise un po' a mettere a fuoco una stanza dalle pareti gialline. Era sdraiata su un letto, con un morbido materasso e delle lenzuola profumate di pulito; l'aria aveva un odore strano, di disinfettante, cio' le fece credere di essere in un ospedale.
Non si ricordava gran che', solo che avrebbe dovuto raggiungere Sonny, dirgli che lo amava, sperare in un suo perdono, ma c'era stato un contrattempo e chissa' adesso lui dov'era.
Volto' la testa lentamente e lo vide seduto su una poltroncina, la testa chinata in basso, intento a sfogliare le pagine di un giornale.
La ragazza provo' a parlare, ma dalla sua bocca non usci' altro che un gemito.
Il ragazzo sollevo' lo sguardo: i suoi occhi erano vuoti. Dov'era la solita gioia, il solito lume che li illuminava? Ora vi era solo rammarico e delusione.
Torno' a concentrarsi sul giornale. Eva si volto' dall'altra parte e chiuse gli occhi, desiderando di non aprirli mai più.
***
Per un giorno intero Sonny non le rivolse la parola; stava sempre accanto a lei, parlava con i medici, firmava permessi, ma non una parola per lei usciva dalla sua bocca. In effetti Eva non si sentiva ancora abbastanza forte per reggere un confronto, non era nemmeno a conoscenza del perche' fosse in ospedale: nessuno glielo diceva.
La mattina seguente si sentiva molto meglio e provo' a mettersi seduta sul letto. Quando un'infermiera bionda e grassa entro' , le rivolse un gran sorriso e si accinse a cambiarle la flebo.
-Stiamo molto meglio vedo!- esclamo'. La ragazza' annui'.
-Ma perche' sono qui?-
-Bambina mia, ti ha portata la polizia. Eri quasi in overdose e denutrita! In fin di vita insomma!- spiego' la signora prima di sparire fuori dalla porta.
Denutrita? Non le sembrava di aver smesso di mangiare; drogata? Com'era possibile? Non aveva mai... A meno che John non le avesse messo qualcosa nel bicchiere. Bastardo.
E B.? La stava sicuramente cercando; quanto tempo sarebbe passato prima che la trovasse? Doveva sparire, non voleva più fare la prostituta.
Stava per staccarsi la flebo quando entro' Sonny.
-Che fai?- domando'. La ragazza lascio' perdere e lo fisso', con lo sguardo' più in colpa che fosse riuscita a trovare.
-Nulla..- mormoro'.
-Non mentirmi: stavi cercando di scappare, di nuovo...- sospiro' lui. Eva abbasso' lo sguardo e torno' a sdraiarsi sul letto. -Adesso puoi smettere di scappare- aggiunse -B. E' in galera.-
La ragazza lo sguardo' stupita. Come era possibile? Come faceva a sapere di B.?
-C..come?- balbetto'.
-Sono stato io, cioe' ho collaborato...-
Lei era ammutolita; si sentiva vuota, persa, un pesce fuor d'acqua, lei non era nulla senza B.
-Non capisco...-
-Ho intuito (tanto tempo fa) che B. era il tuo capo, che tu eri la sua servetta, il suo fiore all'occhiello. Io non potevo liberarti, lui non ti avrebbe mai lasciata. Cosi' quando incontrai il mio amico della CIA che mi disse di essere sulle tracce di un commerciante di ragazze... Colsi la palla al balzo. Presi il suo numero dal tuo telefono quando..-
-Quando credetti di averlo perso...- completo' Eva sempre più scovolta.
-Gia'. Per tre volte eravamo sul punto di prenderlo, ma lui sfuggiva. Io ti cercavo, perche' sapevo che B. si sarebbe fatto vivo per riaverti. Ma quando tu te ne andasti da casa mia, credetti di aver fallito. Non avevamo più sue tracce e io non avevo più le tue. Ed ecco che, come una benedizione, arrivo' la tua lettera: ti avevo trovata (e avevo trovato il tuo locale). Organizzai una serata e mandati due uomini a tenerti d'occhio, a seguirti. Devo dire che l'idea di B. di drogarti per tenerti lontana da me ha facilitato tutta l'operazione.-
La ragazza taceva. Era libera. Ma la liberta' le faceva stranamente paura.
-Ora cosa faccio?- sussurro'.
Il ragazzo le si avvicino' e le prese la mano; se la porto' al volto e la bacio' dolcemente.
-Vieni via con me! Stai con me e non te ne vai più...-
Eva gli diede una carezza delicata; si ricordo' di quando lo aveva conosciuto, un ragazzo un po' strano ma tenero.
- Ti amo Sonny Moore.-
-Ti amo Ev..- il ragazzo le diede un bacio sulla bocca, di quelli che si danno i bambini alle prime armi, il vero primo bacio. -C'e' una cosa pero' che devi sapere Son..-
-Dimmi tutto amore mio..- le prese la mano tra le sue e la bacio' dolcemente.
- Il mio vero nome e' Alice Hope, vengo da una piccola cittadina del Texas...- la ragazza racconto' la sua storia per filo e per segno, senza interruzioni. Quando ebbe finito aspetto una risposta da Sonny.
Lui la guardo' per qualche secondo; non aveva parole di conforto ne' la voleva commiserare o avere pieta' di lei; la abbraccio' più forte che pote' e le scocco' un bacio sulla guancia.
- Alice, ti prometto che la tua vita sara' migliore d'ora in poi... Anche perche'...- si interruppe. La ragazza gli passo' una mano tra i capelli e lo incoraggio' ad andare avanti.-Anche perche', se tu vorrai, puoi essere Mrs. Alice Moore...- estrasse una scatolina dalla tasca dei jeans, la apri' e le mostro' un anello, tra i più luminosi che lei avesse mai visto. - Vuoi sposarmi?-Con le lacrime agli occhi la ragazza annui e assaporo' quel giorno come l'inzio della sua vera vita.

FINE

Note dell'autrice
: it's over. Un po' mi viene da piangere. Non avrei mai pensato di riuscire a concludere questa pazza avventura iniziata in un caldo pomeriggio di Agosto. Vorrei ringraziare tutti quelli che mi hanno seguito e mi hanno spitno a continuare a postare. Un grazie speciale va a Kim_Leyna che ha recensito praticamente ogni singolo capitolo. Ma il grazie più grande va alla mia amica Benny, nonchè fan numero uno di Skrillex, che fin dal principio mi ha minacciato di morte se non portavo a termine questa piccola storiella. Grazie mille, un bacio. Minestrina.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1233223