Il passato che ritorna di saramichy (/viewuser.php?uid=113160)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Telefonate che cambiano la vita ***
Capitolo 3: *** Inviti a cena ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Prologo
Finalmente mi sono
decisa a postare
la mia prima storia originale, non credo di essere tanto brava, ma
spero che qualcuno di voi abbia voglia di leggere la mia storia e di
darmi la sua opinione.
Prologo:
Steven Holmes era ormai un giovane attore di successo, ma aveva molti
lati oscuri nel suo passato, primo tra tutti l'amore che aveva nutrito
per la splendida Karen Gibbs, diventata da poco lo sceriffo della
cittadina di Hartford, la loro città natale.
Steven si era allontanato da casa subito dopo il primo anno di college,
dopo aver tradito Karen con la sua ex compagna di liceo: Jennifer
Wilson. La relazione tra i due era durata l'arco di una notte, ma al
ragazzo era costato l'amore e l'amicizia di Karen, la quale si era
sentita tradita ed aveva perso completamente la fiducia in lui.
Steven si era quindi deciso ad andarsene a Los Angeles ed aveva
chiaramente tagliato i ponti con il proprio passato, tranne sentire
più volte la settimana il suo miglior amico: Justin Watson.
Justin era stato il miglior amico di Steven fin dai tempi del liceo ed
i due avevano finito per innamorarsi della stessa donna: Karen. I tre
avevano passato alcuni anni separati, principalmente perché
la
ragazza non sapeva decidere con chi dei due ragazzi stare e questo
rendeva molto alta la tensione tra i tre. Quando, alla fine, Karen si
era decisa a scegliere Steven, Justin aveva tagliato i rapporti con
entrambi, salvo poi tornare a parlare con i due dopo aver trovato il
vero amore: Janet Carey.
Justin si era innamorato di una ragazza che frequentava il loro liceo
ed alla fine i due si erano sposati. Janet, però, era
morta dando alla luce la loro bambina e da quel momento il ragazzo si
era ritrovato più solo che mai. Aveva abbandonato anche lui
Hartford, perché lì aveva tutti i ricordi legati
alla
moglie e si era stabilito a Los Angeles, a casa del suo migliore amico.
I due avevano convissuto per un po' di tempo ma, quando Justin aveva
trovato lavoro, si era deciso ad acquistare una casa per lui e la
bambina. Da quel giorno erano passati esattamente sette anni e la
telefonata che Steven ricevette, avrebbe cambiato la sua vita per
sempre.
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Capitolo 2 *** Telefonate che cambiano la vita ***
telefonate
Telefonate che cambiano la vita
Era l'una di notte del trentuno agosto, la luna piena
rischiarava il
profilo addormentato di Steven, il quale aveva di nuovo fatto tardi ad
una delle feste per promuovere il suo nuovo film. All'improvviso, la
quiete che pervadeva la stanza da letto del ragazzo venne interrotta
dallo squillo del telefono e Steven si alzò di scatto, come
se
fosse stato scottato. In un primo momento, fece fatica a capire dove si
trovava e persino a mettere a fuoco la stanza del suo attico al quinto
piano di uno dei palazzi di Los Angeles poi, finalmente, raggiunse la
cornetta e rispose. Dall'altro capo del filo, la voce squillante del
suo migliore amico lo salutò, come se non fosse veramente
così tardi e non lo avesse disturbato nel bel mezzo del
sonno.
«Ciao, Steve, sono io. Ho urgentemente bisogno di
parlarti.»
Steven, probabilmente, aveva pensato ad uno scherzo di cattivo gusto,
fatto dalla persona che più contava al mondo per lui ma,
appena
sentì il tono d'urgenza nella voce di Justin, si mise in
ascolto
e all'erta.
«Sono completamente sveglio, dimmi.»
Il suo tono non traspariva di certo la preoccupazione che invece aveva
il suo sguardo, se Justin aveva telefonato a quell'ora di notte doveva
essere successo qualcosa di molto grave, altrimenti avrebbe potuto
benissimo aspettare la mattina dopo e parlarne a colazione, visto che
la facevano insieme da circa vent'anni.
«So di averti fatto preoccupare, vista l'ora, ma voglio che
tu mi
faccia un favore, Steve. Devi tornare assieme a me ad Hartford, voglio
tornare a casa.»
La richiesta per Steven era alquanto sconcertante; ricordava bene i
giorni passati ad Hartford e non voleva assolutamente tornare indietro,
il passato doveva rimanere dietro alle sue spalle e, tornare nella
cittadina dove aveva vissuto, avrebbe significato riaprire vecchie
ferite mai del tutto scomparse.
«Stai scherzando, vero? Non posso tornare ad Hartford con te,
se
vuoi vedere la tua famiglia e portargli Maddie, puoi farlo, ma io non
vengo insieme a te.»
La sua voce stavolta non ammetteva repliche, era stato deciso molto
tempo prima che non sarebbe più tornato e discuterne adesso
era
l'ultima cosa che volesse fare, ma il suo amico aveva davvero bisogno
di una mano.
«Sai meglio di me che i miei genitori non abitano
più
là, non ho nemmeno un posto dove andare perché
loro hanno
venduto la villa e poi c'è dell'altro.»
L'ultima parte della frase era quasi stata sussurrata e Steven si era
reso conto che Justin non gli aveva ancora rivelato la
verità,
così decise di affrontare seriamente l'argomento.
«C'è dell'altro, lo sento dalla tua voce. Justin?
Mi
ascolti? Dimmi la verità, perché vuoi tornare a
casa?»
Il silenzio dall'altra parte lo scosse, non gli era mai successo di
sentirsi così sulle spine, nemmeno quando Karen aveva dovuto
decidere chi dei due fosse la sua metà. Quando, alla fine,
Justin si decise a parlare, il gelo lo avvolse in una terribile morsa.
«Sto male, Steve. Mi hanno diagnosticato un tumore ed io
voglio
morire ed essere sepolto vicino a Janet, ma tu devi promettermi che ti
prenderai cura di Maddie per conto mio.»
Le parole di Justin avevano colpito Steven in pieno petto, non aveva
mai pensato di poter perdere il suo migliore amico, colui che era quasi
più di un fratello e di sicuro il pensiero di dover crescere
la
sua figlioccia non gli aveva mai sfiorato il cervello, almeno fino a
quel momento. Non riusciva più a connettere le idee e a
trovare
una risposta sensata da dargli, così decise di
sdrammatizzare la
situazione a modo suo.
«Justin, non credo che sia una buona soluzione. Dovremmo
rimanere
qui ed io ti pagherò i migliori medici di Los Angeles,
possiamo
cercare di farti guarire, lo dobbiamo fare, soprattutto per
Maddie.»
Il ragazzo in linea scosse la testa, anche se lui non poteva vederlo.
Erano mesi che si affidava ai migliori medici della città e
tutti avevano dato lo stesso responso: solo sei mesi di vita. Ad un
certo punto si risolse a dirgli l'intera verità.
«Steve, ho già contattato tutti i migliori medici
e mi
hanno detto che ho solo sei mesi di vita, voglio viverli nella mia
città e aiutarti a prendere il mio posto di padre. Dimmi che
ci
penserai.»
Steven ebbe così il colpo di grazia e, ripensando alla sua
vita,
fece un ultimo tentativo di dissuasione verso l'amico, ormai morente.
«Sai che una volta tornati là non sarà
semplice
viverci, giusto? Non abbiamo più messo piedo da anni
là e
i nostri amici, soprattutto Karen, potrebbero esserci ostili. Sei
proprio sicuro?»
Aveva una voce supplichevole, sembrava essere lui quello che aveva
bisogno di aiuto e non Justin.
«Non è poi così tanto tempo che non
vediamo Karen, è venuta al battesimo di Maddie, ti ricordi?
Perché dici che non ci accoglieranno bene, hai per caso
fatto qualcosa di sbagliato a Karen, di nuovo?»
Ora Justin era davvero preoccupato, aveva un piano in testa,
ma se Steve si intestardiva e non lo seguiva, tutto sarebbe finito in
una bolla di sapone e le sue ultime volontà sarebbero andate
a farsi benedire.
«No, non è successo niente. Farò come
desideri, domani torneremo a casa.»
Steven aveva risposto troppo rapidamente e senza alcuna inclinazione
alla domanda, anche se sapeva di aver mentito spudoratamente. Ricordava
molto bene il giorno del battesimo di Maddie; era stato proprio allora
che si era giocato la sua ultima chance con Karen e tutto era andato
storto.
*****
Flashback - Quattro anni
prima
Era uno splendido giorno d'estate, Maddie aveva un vestitino bianco
delizioso che Janet aveva scelto apposta per lei, anche se ormai non
c'era più. Justin aveva impiegato mesi a decidersi a
battezzare la sua splendida bambina, perché il dolore per la
perdita della moglie lo aveva sfinito e Steven era sempre stato accanto
a lui, giorno e notte.
Quel giorno, tutti erano
contenti e si erano dati da fare per mantenere un buon rapporto tra
loro, senza tornare a rivangare i vecchi rancori. Perfino Karen era
venuta, visto che era stata nominata madrina ed aveva sorriso e parlato
con lui, proprio come tanto tempo prima, ma la sera era arrivata
inesorabile e con essa anche i loro vecchi modi di fare.
Steven aveva bevuto più del lecito e Karen
l'aveva riportato in hotel, lo aveva messo a letto e alla fine i due
avevano finito per fare l'amore.
La mattina dopo, Karen si era svegliata e resa conto di quello
accaduto, perciò lo aveva lasciato ancora addormentato,
senza farsi più trovare e Steven aveva deciso di dare un
taglio netto al passato.
Da quel giorno, aveva smesso di essere Steven Holmes ed era diventato
solo la grande star Steve H.
Fine Flashback
*****
Karen era diventata
sceriffo da poco meno di tre mesi, ma le sue abitudini non era cambiate
poi tanto da allora. Si alzava sempre alle sette di mattina e preparava
la colazione per sé e Doug, poi andava al lavoro. Anche
quella mattina, la routine era la stessa, solo che appena sveglia
ricevette una telefonata da parte del suo migliore amico: Colin Wilson.
Era strano dirlo a voce alta, ma il suo migliore amico era il fratello
della persona che aveva rovinato la sua vita, nonché marito
della sua migliore amica fin dai tempi del liceo: Lisa Hale.
Lei e Lisa avevano condiviso tutto, la scuola, le amicizie, i segreti
più intimi ed erano sempre inseparabili. La loro amicizia
aveva durato per anni interi e nessun ragazzo era mai riuscito a
dividerle e nemmeno ci aveva provato.
Quando il telefono squillò, Karen si precipitò a
rispondere, anche se non si aspettava la rivelazione che Colin le
avrebbe fatto.
«Ciao, Karen. Ti ho svegliato?»
Karen scosse la testa, era tipico di Colin iniziare il discorso con una
domanda così irrilevante, ma gli rispose lo stesso.
«No, sai bene che mi alzo presto per preparare la colazione.
Dimmi, avevi qualcosa di urgente da comunicarmi?»
Il tono era scherzoso, ma anche un pochino sorpreso, non capiva come
mai Colin avesse telefonato a quell'ora, soprattutto perché
lo avrebbe visto in ufficio tra mezz'ora, dunque doveva avere qualcosa
di importante da dirle.
«Senti, Karen. Io non so proprio come dirtelo, ma devo farlo.
Lisa è d'accordo con me e... Oddio come faccio. Ti prego non
prendertela con me, ma Steven ha deciso di tornare a vivere ad
Hartford.»
Il silenzio che accompagnò questa sua rivelazione convinse
Colin che Karen aveva preso una bella scossa, quindi
continuò a parlare.
«Stamattina mi ha telefonato e mi ha comunicato la notizia,
con lui tornano anche Justin e Maddie.»
Parlare non funzionava a smuovere la conversazione, visto che Karen si
era trincerata dietro un mutismo inconsueto.
«Karen, mi senti? Mi dispiace, è una notizia
inaspettata, ma credevo che tu dovessi saperlo, così puoi
prepararti meglio al suo arrivo e dovresti mettere al corrente anche
Doug.»
In quell'istante, qualcosa dentro Karen saltò come una molla
e lei decise di rispondere.
«Zitto, Colin. Non intendo dire proprio niente a Doug, mi hai
capito? Anche voi dovete rimanere zitti, me la caverò, in
fondo Steven starà qui per poco tempo, qualche settimana al
massimo e poi riprenderà il suo lavoro a Los Angeles, posso
sopravvivere a tutto questo.»
Il sospiro all'altro capo del telefono, fece innervosire ancora di
più Karen che attaccò verbalmente il ragazzo.
«Cosa c'è che non va, Colin? Dimmi la
verità, so che c'è dell'altro.»
Il ragazzo decise che era meglio darle retta e risponderle.
«Forse non hai capito proprio bene, Karen. Steven e Justin
tornano a casa, per sempre, non per due settimane.»
Karen si era irrigidita all'improvviso, la verità era
diventata alquanto difficile da sopportare, ma proprio allora Doug
comparve in cucina e lei decise di porre fine alla telefonata.
«Ti saluto, Colin. Ci vediamo tra mezz'ora in ufficio e mi
raccomando non dire niente a nessuno, ci penserò io al
momento opportuno.»
Ancora nessuno sapeva che le cose si sarebbero complicate alquanto
all'arrivo dei ragazzi nella cittadina e la vita di nessuno sarebbe
stata più quella di prima.
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Capitolo 3 *** Inviti a cena ***
inviti
INVITI A CENA
La mattina del primo settembre, Steven si era svegliato in preda
all'ansia, non che la notte precedente avesse realmente preso sonno
dopo la telefonata di Justin. Aveva continuato a pensare alla loro
adolescenza, rigirandosi nel letto che gli era sembrato ad un
tratto enorme, e a quanto tempo avessero sprecato litigando per la
stessa donna. Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando
sentì
suonare il campanello di casa. Doveva ammettere che, nonostante fosse
malato, Justin continuava ad essere in perfetto orario, infatti, erano
le sei in punto: l'ora della colazione.
Andò ad aprire e, quello che si ritrovò davanti,
era un
uomo pronto al trasloco. Ai piedi di justin si trovavano decine di
bagagli, mentre in braccio teneva la piccola Maddie. Alla sua vista,
Steven lo accolse con un abbraccio, sperando di infondergli un po' di
coraggio e serenità e lo condusse in casa.
«Vieni avanti e accomodati. Facciamo colazione e poi
partiamo, con calma.»
Justin era sorridente, forse l'idea di tornare a casa lo allietava
nonostante la malattia, e cercava di essere sereno soprattutto per non
turbare la tranquillità della piccola.
«Sai, non pensavo che l'avresti presa così bene.
Credevo
di dover combattere di più per riportarti a casa, anzi a
dirla
tutta, pensavo di dovertici trascinare. Grazie, mi hai risparmiato le
forze, non sai quanto il tuo sacrificio sia importante per
me.»
Steven scrollò le spalle, l'unica cosa che importava adesso
era
la salute del suo migliore amico e lui avrebbe combattuto per salvarlo,
non importava dove fossero.
«Smettila di dire sciocchezze e di farti passare per un
morto, io
non ho ancora intenzione di rinunciare a salvarti e non lo
farò
finché tu sarai proprio giunto alla fine. Mettiti l'anima in
pace, anche se torniamo a Hartford, tu andrai a farti curare lo stesso,
sono stato abbastanza chiaro?»
Justin era lieto di poter contare su qualcuno così tanto, ma
sperava di non dover lottare per poi morire lo stesso.
«Va bene, farò come vorrai. Adesso,
però, lasciamo
stare e pensiamo ad altre cose più felici. Che ne dici se
stasera organizziamo una cena con i nostri vecchi amici ad
Hartford?»
Steven era dubbioso, non credeva veramente che qualcuno sarebbe stato
contento della loro ricomparsa in città, ma alla fine si era
lasciato convincere da Justin e aveva telefonato a Colin per avvertirlo
del loro imminente arrivo.
*****
A casa Wilson, le mattine
erano la parte
peggiore della giornata. Lisa si svegliava e preparava la colazione,
poi andava ad alzare il figlio di tre anni e il marito; insieme si
dirigevano in cucina e consumavano la colazione, poi accompagnavano il
piccolo all'asilo o dai nonni e infine andavano a lavorare. Era,
insomma, una corsa ogni mattina per poter completare i loro incarichi.
Colin era diventato vice-sceriffo quando Karen aveva assunto il grado
di sceriffo e doveva lavorare sodo, soprattutto perché lei
era
un capo inflessibile ed intransigente. Lisa, invece, aveva una boutique
di alta moda, un lavoro che le era costato sudore, fatica e tanti
sforzi economici.
Quel primo settembre, mentre la famiglia era riunita a tavola, il
telefono aveva squillato e Colin aveva alzato il ricevitore, salvo poi
restare sbalordito per le notizie al di là della cornetta.
«Pronto, qui è casa Wilson, con chi
parlo?»
Steven si era fatto una risata mentalmente. Ricordava perfettamente
Colin, era persino stato geloso di lui e della sua amicizia con Karen
un tempo poi, una volta conosciuto meglio, era diventato il suo
confidente. Si preparò, quindi, ad affrontare un uragano.
«Ciao, Colin. Sono Steven, ti ho chiamato per annunciarti il
mio
ritorno in città. Io, Justin e la piccola Maddie torniamo ad
abitare ad Hartford.»
Si era aspettato silenzio dall'altra parte, ma Colin sembrava
entusiasta della cosa, invece.
«Davvero tornate ad Hartford? Quando? Per quanto tempo?
Dobbiamo assolutamente vederci!»
Steven era rimasto paralizzato, la felicità nella voce di
Colin
si poteva udire fin da miglia di distanza, mentre si era
convinto
che i suoi amici fossero arrabbiati con lui.
«Partiamo subito dopo colazione, saremmo lì per le
tre o
le quattro del pomeriggio e pensavamo di dare una cena stasera per
festeggiare il nostro ritorno, voi naturalmente siete invitati e
dovresti farmi un piccolo piacere... Puoi invitare anche Karen? Ne
saremmo tutti onorati, il vecchio gruppo al completo, che ne
dici?»
Era sicuro che Colin si sarebbe messo a ridere, dicendo qualche
fesseria o proclamando che Karen aveva altri impegni ma, con sua somma
sorpresa, il ragazzo gli aveva risposto che ci pensava lui a Karen.
«Stai tranquillo, penso io ad avvisare Karen. Ci vediamo per
le
otto e mezza, allora? Immagino a casa tua, visto che i genitori di
Justin hanno venduto la casa.»
Steven si era tranquillizzato ed almeno aveva evitato di dover parlare
lui con Karen, personalmente. Certo, se fosse stata a cena il problema
non si sarebbe risolto, ma aveva tempo fino alle otto per esorcizzare
la sua enorme paura.
«Si, per le otto e mezza da me va benissimo. Ci vediamo
presto Colin e non vediamo l'ora di rivedervi tutti.»
L'ultima parte della frase era la sacrosanta verità, lui non
riusciva ad immaginare come si sarebbe comportato, ma voleva rivederli,
o meglio, voleva rivedere lei.
Riagganciato il ricevitore, Colin si girò verso sua moglie
e,
con un sorriso a trentadue denti, annunciò la notizia.
«Steven, Justin e la piccola Maddie tornano a casa, ci hanno
invitato stasera a cena e credo che intendano rimanere.»
Il viso di Lisa era una maschera mista di sorpresa, felicità
e
preoccupazione; Colin sembrò accorgersi che qualcosa non
andava
e parlò prima che lo facesse lei.
«Dobbiamo telefonare a Karen e dirglielo.»
Lisa annuì, sovrappensiero e decise di dire la sua.
«Credo di sì. Ma ci pensi? Il nostro gruppo che
torna
unito dopo tutti questi anni, anche se stento a credere che Steven sia
cambiato. Telefona tu a Karen, dovrebbe essere già
alzata.»
La telefonata ebbe dei risvolti imprevisti e, alla fine, il povero
Colin si era pure dimenticato di dirle della cena.
«Karen mi sembrava davvero agitata, mi ha detto che non
dobbiamo
parlare di Doug per nessun motivo. Quando arrivo in ufficio non voglio
nemmeno pensare a come prenderà l'invito a cena, a volte le
sue
reazioni mi fanno un po' paura.»
Lisa si avvicinò al marito e lo baciò, cercando
di tranquilizzarlo.
«Vedrai che andrà tutto bene. Karen è
cresciuta e
con il tempo capirà che non può tenere i due
separati.
Adesso andiamo, il lavoro ci aspetta.»
Nessuno dei due si aspettava quello che sarebbe successo durante la
cena.
*****
Dopo la telefonata di
Colin, Karen si
era messa all'erta. Sembrava fosse stata punta da una tarantola
velenosa ed era arrivata al lavoro ben prima del previsto,
rinchiudendosi nel suo ufficio.
Svariati minuti dopo, era apparaso Josh sulla porta e non aveva perso
tempo nel cercare di farsi dare un appuntamento; erano anni che il
poliziotto la perseguitava con inviti su inviti e lei aveva sempre
declinato le offerte perché aveva Doug e quella mattina non
era
diversa dalle solite.
«Buongiorno, Karen. Come va stamattina?»
Karen gli aveva sorriso, incoraggiante come sempre.
«Tutto bene, grazie Josh. Vedo che stamattina ti sei alzato
prima del previsto anche tu.»
Josh fece spallucce e decise che forse era il momento buono per tentare
un altro approccio.
«Già, che cosa ne dici di uscire a cena con me
stasera? Così, giusto per parlare di lavoro.»
Karen sogghignava, era sicura che ci avrebbe riprovato di nuovo e lei
teneva duro, soprattutto perché non voleva far arrabbiare il
suo
uomo.
«Lo sai che non posso, Josh. Ho Doug e lui mi basta per
adesso.»
Josh sorrise.
«Lo so, ma tentar non nuoce, giusto?»
All'improvviso, dietro Josh, apparve Colin che era appena entrato in
ufficio e si era diretto dal suo superiore.
«Buongiorno ragazzi, siete di nuovo qui ad amoreggiare? Non
credete che dovreste uscire insieme e sapere finalmente se le cose tra
voi potrebbero funzionare?»
Karen scosse la testa e lo accolse con un caloroso saluto.
«Buongiorno Colin, sei in ritardo stamattina.»
Colin guardò l'orologio e rispose.
«Diciamo piuttosto che sei tu ad essere in anticipo, comunque
dicevo sul serio, anche se voi due non mi rispondete mai.»
Karen decise allora di prendere in mano la situazione.
«Lo sai perché non voglio uscire con Josh e lo sa
anche
lui, comunque più in là si potrebbe anche
vedere.»
Congedò il ragazzo con la mano e fece accomodare il suo
amico in
ufficio. Il ragazzo era terrificato, doveva dirle che Steven l'aveva
invitata a cena, ma aveva paura della sua reazione.
«Devo dirti una cosa, ma ricordati che l'ambasciator non
porta
pena, quindi evita di fare delle scenate. Steven mi ha telefonato
stamattina e questo lo sai già, ma non mi hai fatto finire
prima
al telefono e lui ha chiesto se stasera possiamo andare tutti a cena a
casa sua.»
Sganciata la bomba, Colin attendeva solo la reazione di Karen, che non
si fece pregare molto.
«Va bene, andiamo, ma credo che porterò alla cena
con me Josh, così soddisfo la tua
curiosità.»
Colin sorrise, non si era aspettato di avere una risposta
così
immediata e soprattutto tranquilla. Quello che Karen non voleva si
sapesse, però, sarebbe stato l'argomento scottante della
serata
e gli imprevisti, si sa, a volte possono movimentare le riunioni tra
vecchi amici.
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