The little Lies have different Shades of White

di Morgaine You
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Everything in your Eyes ***
Capitolo 2: *** Lemon Trees and Ravens ***
Capitolo 3: *** The Beauty, the Beast and the Hunter ***



Capitolo 1
*** Everything in your Eyes ***


The little Lies have different Shades of White

 

 

“Maledizione Ji Yong, si può sapere dove hai la testa?”
Taeyang era furioso.
 Tae non era mia stato un tipo paziente, ma da un paio di settimane il muro di silenzio che Ji Yong si era costruito intorno a se lo irritava oltre ogni possibile immaginazione.
Quella mattina, mentre facevano colazione tutti insieme nel loro piccolo appartamento di Seul, Ji Yong aveva accidentalmente urtato una scodella che, cadendo rumorosamente a terra, era andata in mille pezzi.
“Non l’avevo notata”
Questo era stato l’unico commento del ragazzo biondo.
Il tono era il solito; piatto, incolore.
Sotto lo sguardo impietosito degli altri suoi compagni, si era limitato a raccogliere i cocci, poi se n’era andato.
Se ne andava a leggere, diceva.
 
Questa passione per la lettura era nata da troppo poco per poter definire Ji Yong un vero lettore.

Quando non si impegnava a comporre, girava per la città, il berretto calato sugli occhi languidi e tristi, e s’intrufolava in tutte le librerie che riusciva a scovare, persino quelle più piccole e sconosciute.
La scena si ripeteva ogni volta con meticolosità: uno sguardo veloce agli scaffali, lo scambio di un paio di veloci frasi con la commessa, l’acquisto e l’uscita; senza voltarsi, come se per le strade non ci fosse che lui, ritornava a casa.

 

DaeSung, un giorno, mentre cercava di sistemare quel poco che era rimasto di quella che una volta era la camera che divideva con Ji Yong, spinto dalla crescente curiosità, aveva preso in mano uno dei tanti libri sparsi sul pavimento; erano diventati veramente ingombranti, quegli ammassi cartacei.

Si stupì quando lesse i titoli di quei libri.
Niente horror, niente azione, niente avventure poliziesche.

 I volumi erano tutti alquanto brevi, e tutti, o così gli era sembrato, rigorosamente dello stesso autore.

Amleto, Come vi piace, Riccardo III, Macbeth..
Anche DaeSung conosceva Shakespeare; bhe, infondo tutti lo conoscevano.
Una volta anche lui aveva letto, ai tempi della scuola, una sua opera.
Romeo e Giulietta forse era il titolo; ma non se lo ricordava poi così bene.
Come poi Jiyong riuscisse a comprendere quel linguaggio complicato e arcaico, DaeSung proprio on lo capiva.
Il suo amico era sempre diretto con le parole, a volte anche un po’ sfrontato e poco elegante.

 Mentre rimetteva in ordine, un libro gli cadde a terra, aprendosi nel mezzo.

Oh, guardatevi dalla gelosia, mio signore. È un mostro dagli occhi verdi che dileggia il cibo di cui si nutre. Beato vive quel cornuto il quale, conscio della sua sorte, non ama la donna che lo tradisce: ma oh, come conta i minuti della sua dannazione chi ama e sospetta; sospetta e si strugge d'amore!” *

 

 Quando Ji Yong tornò nell’appartamento quella mattina, non vi trovò nessuno.

Solo, un biglietto sul tavolo della cucina lo ammoniva di raggiungerli il prima possibile alla casa discografica.
“Cazzo, le prove…”
Preso com’era dai suoi pensieri, quasi aveva scordato l’impegno preso per quel pomeriggio con i compagni; dovevano girare il nuovo video, che sarebbe uscito tra due giorni esatti.
Pochi, troppo pochi per i suoi nervi già a pezzi.
Non avrebbe sopportato di dover mostrare quello che in realtà non era; la canzone parlava d’amore, un amore felice.
E lui non aveva una storia felice da raccontare.

 Scese le scale in fretta, senza curarsi di prendere qualcosa da mettersi addosso; l’autunno avanzava, e il vento diventava ogni giorno più freddo.

Uscendo dal palazzo, notò una macchina nera, con i finestrini abbassati, vicino al marciapiedi.
All’interno riusciva a vedere, nonostante la nebbia che l’avvolgeva, il volto preoccupato di SeungRi.
Oh no, dei, vi prego.

 Cominciò a correre.

Si diresse alla uscita della stretta via, verso la strada, ma senza guardarla.
Inciampò su una pietra invisibile, e cadde a terra, sulle ginocchia, senza volontà nelle membra; un dolore atroce percosse ogni muscolo, ogni punto del suo corpo.
Iniziò a piangere; pianse forte, forse gridò.
Gli occhi gli bruciavano come fuoco, e portandosi le mani alle gambe, le vide sporche di sangue.
Ma non era il dolore dell’incidente  a farlo accartocciare così inerme, nudo, in mezzo alla strada; tentò di rialzarsi, voleva scappare da quella casa, dai suoi compagni, da quelle piccole bugie dette giorno per giorno, ingoiate come le pillole amare dei malati.
Non sentiva più alcun rumore; ad un tratto pensò di essere morto.
Allungo un braccio, e la mano si sporcò del fango dovuto agli acquazzoni stagionali.
Le grumosità della terra si insinuò fin sotto le sue unghie, e un piccolo pezzo di vetro, resto di una balorda serata di qualche accattone, gli procurò un ferita nel palmo destro.
No, non era morto; era fin troppo vivo.
Un rumore di clacson lo risvegliò dal torpore.
Una voce roca, proveniente dall’automobile che aveva imboccato quella stessa via, gli intimava di togliersi dalla strada; Ji Yong sentì anche qualche bestemmia.
Non aveva la forza di alzarsi, e forse non l’avrebbe mai trovata.
Si spostò, con un movimento sgraziato, di lato, finendo nella pozza di fango, tra i vetri rotti e i resti della triste pioggia dell’alba.

 Non gli importava di alzarsi; stranamente, la fitta che pulsava nel suo ginocchio gli procurava un certo sollievo interiore, gli alleviava la pena che, ormai da troppo tempo, portava nel cuore.

Alzò gli occhi al cielo, e si perse tra le immensità di esse.
L’armonia che quella giornata autunnale gli trasmetteva, l’odore d’erba bagnata, la sporca strada sterrata sotto di lui, gli fecero desiderare di rimanere lì per sempre.
Ma, purtroppo, non è affatto vero che siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e Ji Yong sapeva, sapeva che prima o dopo avrebbe dovuto affrontare quella realtà che ormai da troppo tempo evitava, nascondeva.
E quella realtà aveva un nome e un cognome.

 “JI YONG!”

L’urlo roco e rotto dal pianto di SeungRi, a poca distanza da lui, sembrò rompere le barriere del tempo.
Da quanto tempo si trovava disteso lì, a terra?
“Ji Yong, cosa diamine ti è preso? Volevi ammazzarti? Se fosse arrivata una macchina in velocità… cosa… parlami, piccolo bastardo!” SeungRi aveva preso il biondo per il colletto della maglia, e lo strattonava violentemente.
L’altro, gli occhi vacui ancora rivolti verso un punto indefinito sopra di lui, si rifiutava di guardarlo.
“Guardami, Ji Yong, cazzo! Sono io, mi riconosci? Diamine, parlami!”
Ji Yong finalmente si voltò verso di lui.

 SeungRi non aveva mai visto una tale espressione negli occhi del suo amico.

Tratteneva a stento le lacrime, ma era anche arrabbiato; eppure, c’era qualcos’altro nei suoi occhi, un guizzo d’orgoglio che gli ricorda un animale ferito, in attesa che i segugi del cacciatore lo vengano a prendere come trofeo.
Ma quelll’animale sapeva di aver lottato prima di morire.

 SeungrRi mollò un poco la presa; forse strattonarlo in quel modo non era stato la mossa giusta.

In risposta, Ji Yong gli assestò un violento pugno sul volto.
Un gesto improvviso, impulsivo, senza una ragione precisa.
Un rivolo di sangue uscì dal labbro inferiore di SeungRi che, paralizzata dall’assurdità di quel gesto, non reagiva.

 “S-Scusa SeungRi, non so cosa mi sia preso…”

“Sta’ zitto”
Le parole di SeungRi risuonavano come tamburi alle orecchie di Ji Yong.
“Sta’ zitto, non voglio più sentire le tue stronzate”

 Smettila SeungRi, ti prego.

“Anzi, ti dirò di più. Non farti più vedere finchè non risolvi questo tuo problema con il mondo intero. Non so cosa ti stia succedendo, e sai, non lo voglio neanche sapere. Ci stai trattando come degli estranei, delle pezze da piedi; e non abbiamo fatto nulla per meritarci questo trattamento. Quindi, se hai ancora intenzione di essere il leader del gruppo, comportati come tale”
SeungRi fissò il ragazzo biondo per qualche secondo, prima di voltarsi; non aveva più nulla da dirgli, ormai, e le prove erano già iniziate.
Salì in macchina, e premette il pedale dell’acceleratore in un modo così violento che i pneumatici lasciarono delle scure tracce sull’asfalto.
Ji Yong si scontò per lasciarlo passare.

 Una leggera pioggia si mescolava ora con le lacrime, lacrime dovute a quella realtà da cui Ji Yong aveva tentato inutilmente di scappare.

 

 

 

 

 

 

 -Spazio Autrice-

Allora…avevo in mente questa storia da tempo, ma solo oggi, leggendo un libro sulla guerra civile spagnola (?) mi è venuta l’ispirazione.
E’ la mia prima FF sui Big Bang, quindi abbiate pietà.
Per  i nomi, ho usato quelli originali per DaeSung e G-Dragon, mentre per Taeyang e SeungRi ho dovuto usare quelli più conosciuti, perché quello di Tae suonava malissimo, mentre quello di Seu si sarebbe confuso con l’originale di TOP, che apparirà nel prossimo capitolo e per cui userò l’originale
*Frase tratta dall'Otello, di William Shakespeare, primo e unico con questo nome.
 

Jo Gates, mia piccola patatinah. Ti avevo detto(trollandoti) che avrei scritto qualcosa sui BB. E ora, Boom Shakalaka BD. Spero ti sia piaciuto il primo capitolo, e se vorrai leggere i prossimi ne sarò colo che felice. Ti voglio bene.

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Capitolo 2
*** Lemon Trees and Ravens ***


Nel tepore confortante della doccia di casa sua, i pensieri di Ji Yong fluivano via come il vapore prodotto dall’acqua calda.
Ji Yong non si sarebbe mai perdonato per quel gesto sconsiderato, dettato dalla pura rabbia; e SeungRi stesso, non lo avrebbe mai perdonato.
Aveva colpito il ragazzo che amava; e come vero era il suo sentimento, tanto vero era, ora, il disprezzo chr SeungRi provava per lui.
L’aveva vista nei suoi occhi poco prima, quella scintilla di disgusto misto ad incredulità.
 
Ji Yong si accasciò sul pavimento di marmo bianco della doccia, e pianse; pianse per l’ennesima volta quel giorno.
Acquattato in un angolo, l’acqua che gli scorreva sulla pelle, cercava di dimenticare: dimenticare tutto, i ragazzi, le prove, il freddo autunno che imperversava, le lunghe passeggiate solitarie.
Dimenticare le lunghe ore passate a scrivere i testi che li avevano resi famosi, gli urli isterici di Seung Hyun quando sbagliava un passo, i tatuaggi di Taeyang, la depressione di Daesung.
E, ovviamente, dimenticare SungRi.
Il solo pensiero lo torturava; da tempo sognava di poter accarezzare il suo volto, passandogli con tocco leggero una mano fra i suoi capelli, che Ji Yong considerava meravigliosi.
Quale dolce peso sentiva sullo stomaco al suono della sua voce; ma l’avrebbe ascoltata all’infinito, se mai gli fosse concesso.
L’istinto predatore gli guidava i pensieri; e, nei suoi pensieri, SeungRi gli apparteneva.
Ma la mente, fredda e calcolatrice, controllava le sue azioni.
E ora Ji Yong doveva uscire, dalla quella doccia, se non voleva veder spuntare le branchie.

 Appena si distese sul letto, sentì un rumore di chiavi inserite nella serrature; conosceva ormai a memoria quel rumore sgraziato e metallico.

Un forte scalpiccio di stivali, una sedia che si sposta.
La porta della sua camera si aprì lasciando entrare una forte luce, che lo abbagliò; non fece neanche in tempo ad alzarsi che già Daesung gli era balzato sopra, sul letto.
Perfetto, è la fine. SeungRi gli avrà raccontato tutto.
 
“Ji Yong, per l’amor del cielo, hai preso il raffreddore?”
Daesung si strusciava affettuosamente sulla sua maglietta, sotto lo sguardo stupito di Ji Yong.
“Come?”
“Sì, SeungRi ci ha raccontato che, quando è venuto a prenderti in macchina, tu eri a letto con la febbre.
Sembrava così preoccupato! Noi abbiamo continuato le prove, ma poi eravamo in pensiero per te, e siamo tornati in fretta portandoti qualcosa da mangiare!”
 
Ji Yong sorrise.
Sorrise per la stretta soffocante di Daesung, che non sembrava volerlo lasciare, e per le schifezze da supermercato che Taeyang aveva scelto con cura, conoscendo perfettamente i suoi gusti.
Ma, soprattutto, il fatto che SeungRi non avesse parlato agli altri della loro conversazione ben poco civile della mattinata, lo rese più leggero, e nel profondo nel suo animo sapeva che forse, forse una speranza c’era ancora.
 
Entrando in cucina, Seung Hyun sedeva al tavolo intento a compilare dei fogli.
Non lo salutò nemmeno; solamente, alzando velocemente lo sguardo dalle carte, gli scocco un’occhiata austera, quasi volesse incolpare Ji Yong di qualcosa che andava oltre la sua conoscenza.
“Dov’è SungRi?”
 
 
Il tetto della palazzina era piatto, e nelle afose giornate estive ci si poteva stendere a godere dei raggi del sole.
Molte piante trovavano posto in quel piano aggiunto e scoperto della palazzina.
Vi erano due limoni, molti bonsai, e qualche basilico profumato; sul lato sinistro della terrazzina, così veniva comunemente chiamata, due vecchi signori, ormai morti da tempo, vi avevano collocato una comoda panchina verde.
SeungRi amava quel luogo.
Quando voleva stare solo ci andava sempre; spesso si addormentava su quella panchina, e si risvegliava infreddolito nel mezzo della notte cadendo sullo sporco pavimento.
Il vento era più forte lì in alto, ma questo non era un problema; SeungRi sopportava facilmente il freddo, e non si ammalava praticamente mai.
Quando  lo vedeva più nella sua stanza, o davanti alla televisione, Ji Yong sapeva dove trovarlo.
 
Dall’ultimo piano, il loro, una rapida sala a chiocciola portava alla terrazzina; Ji Yong la percorse velocemente, non preoccupandosi di poter inciampare di nuovo.
Le ferite alle gambe gli bruciavano ancora, ma erano ben poca cosa.
Doveva parlargli, non poteva trovare più scuse, lo aveva fatto già per troppo tempo.
 
Arrivò sul terrazzino, silenziosamente: il vento continuava a soffiare, ininterrottamente.
Alcune foglie roteavano nell’aria come appese a cielo attraverso fili invisibili.
Poi lo vide.
Vide SeungRi appoggiato alla balaustra in ferro che dava alla strada; le sue spalle, contratte, rivelavano una mente turbata.
Non poteva vederlo in faccia, ma era sicuro che non stesse guardando nulla di particolare.
Semplicemente, fissava il vuoto, e sarebbe rimasto lì, in quella posizione, per ore, se avesse voluto.
 
Ji Yong si guardò intorno. Come al solito, non c’era nessun’altro lì.
Si avvicinò al ragazzo moro piano, quasi a non volerlo disturbare.
Alzò una mano in direzione di SeungRi; avrebbe voluto appoggiarla sulla sua spalla, toccare il tessuto che avvolgeva il suo corpo.
Si bloccò a mezz’aria; esitava.
Cosa gli avrebbe detto poi?
Doveva confessare, confessare che il vederlo ogni giorno e non poterlo abbracciare, toccare, lo stava rendendo pazzo.
E lui come avrebbe reagito? Non gli avrebbe creduto, l’avrebbe deriso, o forse..
“Ti aspettavo”
La voce di SeungRi ruppe l’incantesimo; il tempo sembrava essersi fermato per entrambi.
SeungRi si girò, e si trovò faccia a faccia con Ji Yong, che lo fissava perso a pochi centimetri da lui.
Il labbro era ancora ferito, all’altezza del pugno della mattina.
“Vorrei delle spiegazioni. Perché sono stanco. Stanco di dover sempre fare da intermezzo tra te e Taeyang quando litigate, o con gli altri quando c’è qualche problema”
“Ora, voglio sentirmelo dire apertamente. Vuoi lasciare la band, non è così? Conosco i tipi come te, Ji Yong. Quando si stancano di qualcosa, non hanno il coraggio di affermarlo, e si rinchiudono in se stessi”
“No, SeungRi, non è affatto così! La verità è che..”
“Sta zitto. Ti mostri forte e spudorato, eh? In realtà dentro sei solo un vigliacco. Ricorda che la band non sei tu. Ci siamo anche noi. Anzi, da ora, saremo solo in quattro”
Così dicendo, prese la giacca che aveva appoggiato alla balaustra, e si diresse verso la porta.
Ji Yong era impietrito.
Non aveva saputo rispondere alle false accuse di SeungRi, e ora lui se ne stava andando, per sempre.
 
Non, non avrebbe mai permesso che finisse così.
 
Il sangue sembrò scorrergli nuovamente nelle vene, dopo essersi fermato per quegli istanti infiniti.
Afferrò SeungRi per la maglietta, strappandogliene il lembo inferiore.
Il ragazzo moro, accortosi quasi all’improvviso di quello che stava accadendo, si voltò di scatto, pronto a dare una lezione fisica e definitiva a quel bastardo che insisteva nella sua stupida recita.
Chiuse il pugno destro con forza, le unghie a ferirgli il palmo.
Si preparò a colpire in pieno volto Ji Yong, ma le sue labbra vennero catturate da quelle dell’amico.
Finirono a terra; ma Ji Yong non mollò la presa, e bloccò a terra il suo maknae.
Il pavimento era freddo, ma il corpo di SeungRi emanava un calore tale che Ji Yong non sentì quasi il freddo marmo sotto di loro.
Ji Yong serrò le sue labbra con ancora più forza a quelle del ragazzo moro.
Niente l’avrebbe portato via da lui, mai.
E, stranamente, SeungRi non si muoveva; quando Ji Yong aprì gli occhi, si accorse che l'altro lo fissava, dolcemente.
Quello sguardo gli fece mancare il fiato; era peggio di un pugno allo stomaco.
Richiuse gli occhi; SeungRi gli aveva aperto i recessi più nascosti della sua bocca, senza che lui lo chiedesse.
Ji Yong ad un tratto si  fermò, e alzò leggermente quel che restava della maglia di SeungRi.
“Che fai?”
“Voglio…voglio sentire il calore della tua pelle”
Ji Yong posò la mano sul ventre del più giovane, sentendolo vibrare leggermente al suo tocco.
Dei, quella pelle era come la seta.
Una seta bianca, leggera, che si può facilmente disfare.
 
Ji Yong aiutò SeungRi ad alzarsi, e, quando gli prese la mano, non riuscì a trattenere le lacrime.
“Lo capisci, ora?” quasi non si accorse di urlare “Capisci quello che fino ad ora non sono riuscito a dirti?”
Gli occhi di SeungRi erano fissi nei suoi, e lo imploravano di perdonarlo per non aver saputo capire.
“Ogni singolo giorno, per tanto, troppo tempo, venivo all’alba nella tua stanza, di nascosto. Tu dormivi profondamente, e io passavo le ultime ore di semi oscurità a guardarti. Accarezzavo con lo sguardo i tuoi lineamenti, e allineavo il tuo respiro al mio.
Ma poi arrivava il giorno, e con la luce del sole non potevo permettermi di passare le ore accanto a te.
Così me ne andavo il più lontano possibile, in città, lontano da te”
Appoggiato al petto di SungRi, Ji Yong sfogò tutta la sua rabbia per aver ferito l’amico, la sua unica ragione di vita.
Sfiorò con il dorso della mano il suo labbro gonfio, adagiando un’altra volta poi, delicatamente, le labbra sulle sue.
“Mi dispiace. Non avrei mai dovuto ferirti, amore mio. Non so veramente cosa mi fosse preso; ero accecato dalla rabbia, dalla frustrazione, e non sono riuscito a fermarmi nemmeno davanti a te. Non permetterò mai a nessuno, soprattutto a me stesso, di toccarti di nuovo”
A quelle parole, SeungRi cadde sulle ginocchia, e baciò delicatamente le ferite di Ji Yong, ancora insanguinate e sporche.
Voleva solo guarirlo con tutto l’amore che poteva dargli.
 
Se una macchina fotografica avesse potuto catturare quel momento, sicuramente SeungRi avrebbe tenuto quella foto sotto il cuscino, la notte, in ricordo di quel giorno così umido e freddo, in cui la sua vita era cambiata per sempre.
“Andiamo a casa” gli aveva detto Ji Yong, accarezzandogli i capelli.
“Sì, andiamo”
 
Chiudendosi la porta della terrazzina alle spalle, Ji Yong ebbe come la sensazione di essere osservato; guardò nuovamente intorno a se, ma non c’era assolutamente nessuno.
Neppure quei deliziosi merli dal manto corvino che normalmente affollavano il tetto.
Eppure, non si sentiva tranquillo; sentiva come una presenza, pronta ad afferrarlo alla sua prima distrazione.
Non aveva notato la finestrella del piccolo edificio che permetteva di accedere alla terrazzina.

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Capitolo 3
*** The Beauty, the Beast and the Hunter ***


TIC. TAC.
Le lancette dell’orologio azzurro della cucina segnavano le quattro del pomeriggio.
Una fitta pioggerellina rigava le finestre del palazzo conosciuto per avere una terrazzina con alberi di limoni popolata da corvi.
L’appartamento dell’ultimo piano, quel pomeriggio, era stranamente silenzioso.
La cupa armonia di quel giorno grigio d’autunno sembrava rispecchiarsi nell’animo dei cinque coinquilini.
Il televisore trasmetteva uno di quei banali programmi di cucina occidentali che solitamente erano seguiti dalle anziane sole o dalle coppiette annoiate.
Ma, in quell’appartamento dell’ultimo piano, andava a vuoto.
Taeyang, sdraiato sul divano davanti a quella scatola elettronica, era ormai caduto da quasi mezz’ora in un sonno profondo.
 
La moca del caffè fischiò più volte, ma nessuno potè evitare che il liquido amaro fuoriuscisse.
Nella stanza che dava alla strada infangata, Daesung osservava Ji Yong piegato sulla scrivania, intento a comporre il loro nuovo singolo.
Una canzone d’amore, aveva detto.
Una canzone d’amore dove i due amanti avrebbero trovato, finalmente, il loro lieto fine.
Finalmente, dopo un periodo di interminabile lontananza.
Il movimento della mano di Ji Yong ricordava a Daesung il dolce cullare delle onde del mare.
Poteva sentire la brezza sul suo viso e l’aria salmastra che tanto gli piaceva.
La sabbia sotto i piedi era fresca e liscia.
Forse, dopo aver terminato il tour, si sarebbero potuti concedere una vacanza.
 
Ji Yong sorrideva; sorrideva come non era stato capace di fare per tanto tempo, e forse Daesung l’aveva notato.
Avrebbe voluto salire in cima alla torre più alta della città, e gridare il suo amore per SeungRi.
E SeungRi, dalla piccola finestra del palazzo con una terrazzina con alberi di limoni popolata da corvi, gli avrebbe risposto.
Ma qualcosa, gli impediva di andare a cercare quella torre alta; Ji Yong aveva paura.
Paura che se avesse parlato ad altri dei suoi sentimenti, questi sarebbero svaniti come la neve ai primi raggi di sole primaverile.
Aveva assaggiato il dolce nettare dell’amore, e non sarebbe stato capace di rinunciarvi.
Trovò rifugio nella musica: tradusse l’ondata di emozioni che lo avevano da poco travolto in parole, parole che avrebbero raccontato la storia di due innamorati lontani, ma tenaci, capaci di resistere alle mille sfumature del tempo.
E sorrideva pensando a quelle labbra rosse, a quella pelle di seta, e alle impercettibili vibrazioni di essa.
Avrebbe voluto correre da SeungRi, abbracciarlo, toccarlo ancora, ma no, non poteva.
Non sapevo per quanto tempo sarebbero riusciti a nascondere un tale affaire, ma questo non lo preoccupava molto; si fidava degli altri tre compagni, avevano condiviso con loro anni di fatiche e successi, e sicuramente non li avrebbero abbandonati ora.
E intanto sorrideva.
 
SeungRi uscì dalla doccia con non poco sforzo.
Solo un bagno caldo era riuscito a calmare i fremiti del suo corpo, ancora sensibile al tocco di Ji Yong.
Il suo respiro si era appena fatto regolare, e il marmo freddo del pavimento lo riportò alla realtà.
No, non era un sogno.
Da tempo aveva notatogli sguardi carichi di tristezza di Ji Yong e, una mattina, lo aveva sorpreso in camera sua, ma non aveva detto nulla.
Non poteva certo immaginare quanto quel ragazzo aveva sofferto.
 
Ancora immerso nel vapore afrodisiaco della stanza, cercò di afferrare l’asciugamano.
Quando vide una mano emergere dall’ombra per porgerglielo, il suo cuore sussultò.
“Ah, Seung Hyun, sei tu..”
Seung Hyun era appoggiato con la schiena alla porta del piccolo bagno, i capelli in disordine e le braccia conserte.
“Hai bisogno di qualcosa?” gli chiese, coprendosi l’inguine con il morbido pezzo di stoffa bianca, ma non ricevette risposta.
SeungRi iniziava a sentirsi a disagio; gli occhi dell’altro non lo lasciavano un istante.
Il più giovane tentò di ignorarlo, ma quando tentò di uscire, Seung Hyun gli bloccò la strada con un braccio, e chiuse a chiave l’uscio.
“Che ti prende, Sung-“
Seung Hyun rapidamente capovolse le loro posizioni, e SeungRi si ritrovò egli stesso con le spalle all’uscita.
Iniziava a mancargli il respiro.
“Cosa ti ha fatto quello?”
Lo sguardo di Seung Hyun era iniettato di sangue.
Il maknae era impietrito; fissava l’altro, ma non trovava la forza per reagire.
“Dimmelo SeungRi, cazzo, ti ha toccato? Dimmelo, per l’amor del cielo!”
“T-Tutto questo non ha niente a che fare con te, Seung Hyun”
Finalmente, dopo alcuni interminabili secondi, SeungRi riuscì ad affrontare lo shock iniziale, ed a controbattere alle irruenti parole dell’amico.
 
Amico? No, da tempo Seung Hyun non era più un amico per lui.
Una sera, durante il tour estivo, sotto un tetto di brillanti stelle, forse la notte di San Lorenzo, gli aveva confessato si essersi innamorato di lui, ma SungRi l’aveva rifiutato.
Da allora si erano evitati; o meglio, SeungRi fingeva che non fosse successo nulla, eppure sulle sue spalle gravava un forte senso di oppressione costante.
Seung Hyun lo seguiva in ogni suo movimento, badando di tenersi lontano, per far capire a SeungRi di non aver ancora risolto la spinosa questione.
Un’ombra; un’ombra sottile, percepibile sono da lui, questo desiderava Seung Hyun.
 
“SeungRi, vi ho visti, prima, nella terrazzina. Cosa voleva da te, eh?”
Era appena stato catturato dall’ombra.
“Come ti ho appena detto, questa faccenda non ti riguarda minimante. I miei sentimenti per te non sono cambiati, in questi mesi. Sei un amico, nulla di più. Non potrò mai amarti”
SeungRi vide il volto dell’altro sbiancare leggermente, per poi contrarsi in una smorfia di acceso odio; l’aveva afferrato per un braccio, poco prima, e quella forte presa non accennava a diminuire.
Era forte, Seung Hyun, più forte di quanto si fosse mai immaginato.
“SeungRi, potrai non amarmi mai, ma non ti permetterò di andare da lui!”
Seung Hyun stringeva ora il gracile collo di SeungRi  nella morsa della sua mano destra, e, solo quando alcuni lividi scuri iniziarono a comparirgli sotto il mento, lo lasciò.
SeungRi cadde a terra, quasi esanime e non si accorse che l’altro aveva aperto la porta e se n’era andato, lasciandolo lì, solo e nudo, riverso sul pavimento.
Gli doleva tremendamente la testa, e, d’un tratto, non distinse più i suoni provenienti dall’esterno.
Bianco.
Il mondo si era mutato in una vasta distesa di colore bianco.
 
Taeyang sentì l’uscio di casa sbattere violentemente, e si svegliò di soprassalto.
Alla televisione continuavano insistentemente a trasmettere quel noioso programma di cucina, e nessuno si sarebbe alzato per vedere da dove proveniva quell’odore di caffè bruciato.
 
Il rumore sordo proveniente dall’atrio scosse anche Ji Yong.
Desung, accovacciato sul letto, si limitò a voltarsi di lato.
Il ragazzo biondo uscì dalla stanza, ma non vide nulla di strano; solo, il grave silenzio che era piombato tra quelle quattro pallide mura era angosciante.
Sentiva che era accaduto qualcosa.
Con la coda dell’occhio vide una leggera luce filtrare dalla porta semiaperta del bagno, nella penombra; la luce era fioca, e pallida.
Tentò di entrare, ma qualcosa glielo impedì, forse un oggetto caduto dal disordinato armadietto di Taeyang.
Accese la luce e, quando vide quel raccapricciante spettacolo, si sentì mancare.
 
SeungRi era steso a terra, accartocciato su se stesso come una larva appena nata; delle piccole macchie di sangue si mischiavano all’acqua fuoriuscita dalla doccia.
Ansimava, SengRi, e blaterava parole incomprensibile all’orecchio umano; delle chiazze violacee sporcavano il suo bel corpo all’altezza del collo e dell’avambraccio sinistro.
Ji Yong deglutì.
Si inginocchiò accanto all’amato, dimenticando le lacerazioni alle ginocchia, e gli prese delicatamente il volto tra le mani.
Gli occhi di SeungRi erano aperti, e quando incontrarono quelli del suo compagno, si distesero sensibilmente, pur mantenendo un’espressione si latente paura.
“SeungRi..oh, dei..che ti è successo..cosa ti hanno fatto?”
Ji Yong abbassò la voce, in modo che gli altri non entrassero e vedessero quella triste scena.
Accarezzandogli il braccio ferito, si impose di non piangere.
Si sfilò la maglietta e aiutò SeungRi, ancora semi-incosciente, a rivestirsi.
Tossiva sommensamente, e non riusciva a reggersi in piedi.
Preso da un improvviso impeto di rabbia e dolore, Ji Yong se lo caricò sulle spalle, e per quanto potesse pesare, per nulla in quel maledetto mondo lo avrebbe lasciato cadere.
 
Raggiunsero la stanza di SeungRi, posta a sinistra di quella di Daesung e Ji Yong; di Taeyang e Seung Hyun non vi era traccia.
Ji Yong spostò con un unico gesto coperte e vestiti, e adagiò gentilmente l’altro sul letto.
Andò in cucina per prendere del ghiaccio, e quando vide il caffè sparso a terra non si fermò a pulire.
La pioggia era cessata.
 
SeungRi si riprese un poco solo un’ora dopo.
Ji Yong era rimasto al suo fianco tutto il tempo, tamponandogli la fronte con un panno bagnato e ascoltando i lamenti provenienti dal suo inconscio, asciugandogli le lacrime dopo ogni incubo.
“Ji Yong..”
“SeungRi! Riesci a parlare?”
“Credo di sì…mi fa molto male la gola..”
Si toccò i segni violacei sul collo, e si riproposero ai suoi occhi quei pochi, orribili minuti nel bagno.
“SeungRi…chi ti ha fatto tutto questo?”
La domanda diretta sorprese SeungRi, che prontamente si voltò in un’altra direzione.
“SEUNGRI! Ascoltami, per una volta. Devo sapere chi ti ha ridotto in quel modo!”
Ji Yong si era alzato in piedi, e camminava avanti e indietro percorrendo la stretta stanza da un lato all’altro.
“Taeyang? E’ stato lui, piccolo bastardo… Lo farò a pezzi… O forse Daesung? No, impossibile, era con me.. possibile che..”
“Seung Hyun”
Ji Yong si fermò, dando le spalle a SeungRi.
“Seung Hyun. E’ stato lui”
Si voltò verso il ragazzo biondo, ma non riusciva a vederlo in volto; vide però i le nocche delle sue mani diventare bianche, contratte in una poderosa stretta.
 
SeungRi percepiva la carica di sentimenti contrastanti a cui stava andando incontro Ji Yong; Seung Hyun era sempre stato il suo migliore amico.
Ma sapeva che neanche per il suo migliore amico, questa  volta, avrebbe avuto pietà.
“Ji Yong, parlami..”
 
“Ji Yong, parlami..”
Ji Yong sentì a malapena quelle tre parole quasi sussurrate; suonavano come quelle preghiere recitate dai marinai nelle notti di tempesta.
Venivano pronunciate al vento, e così il vento le trascinava con se.
Si guardò le mani. Cosa avrebbero potuto fare, quelle mani?
Avrebbero punito il colpevole di quell’atto infame.
Cosa si nascondeva dunque dietro la maschera impassibile quale era il volto di Seung Hyun?
Ji Yong si chiese da quanto tempo veniva ingannato.
Si era lasciato trasportare dal suo sorriso amichevole e dal falso cameratismo di quel gigante dalla battuta pronta.
Come aveva potuto essere così ingenuo?
Si convinse di essersi fatto distrarre da SeungRi; non trovava altra spiegazioni.
Si avvicinò alla finestra, gli occhi attenti a captare il minimo movimento intorno alla strada; era buia, il sole era in procinto di tramontare.
I vetri, leggermente appannati e ancora rigati dalla precedente pioggia, offrivano una vista spettacolare: sembrava che quella sfera incandescente piangesse; e piangeva perché poteva immedesimarsi in Ji Yong, e sentirsi tradita due volte.
Tradita dalla bestia che non aveva rivelato la sua reale natura, e dalla preda che l’aveva protetta.
 
Ji Yong con un pugnò ruppe la finestra, e migliaia di frammenti trasparenti si sparsero sul pavimento e fuori, sul davanzale.
A quell’ennesimo rumore, Deasung e Taeyang accorsero nella camera, esasperati.
“Ji Yong?! Si può sapere cosa stai combinando? Perché hai rotto la finestra?”
Taeyang prese per le spalle il ragazzo biondo e lo prese per le spalle, scuotendolo.
“Hai forse fumato? Non riesco proprio a capirti”
“Fermati, Taeyang!”
Daesung si era intanto seduto sul letto accanto a SeungRi, notando le sue ferite.
“Credo ci dobbiate delle spiegazioni”
Calmo e pacato, Daesung sapeva come gestire queste situazioni; ma, questa volta, neanche lui sarebbe stato preparato ad affrontare il racconto del maknae.
 
Passarono dieci minuti, o forse molto di più; il buio era calato sulla città,e di nuovo l’appartamento del terzo piano era immerso in un silenzio innaturale.
Daesung sedeva ancora vicino a SeungRi, accarezzandogli le gambe; Taeyang, in piedi appoggiato alla parete piena di poster, non aveva aperto bocca per tutto il tempo.
Ji Yong era abbandonato a terra, con le gambe malconce circondate dalle braccia.
Si sarebbe detta la scena di un quadro, una di quelle tele del periodo romantico collezionate in ville lussuose.
Non era riuscito a trattenere le lacrime stavolta.
Più SeungRi proseguiva con quel triste racconto di violenze, più lui sentiva qualcosa scavare nelle sue viscere, e un vuoto incolmabile formarsi nella sua mente.
 
Tutto il mondo è un teatro e tutti gli uomini e le donne non sono che attori: essi hanno le loro uscite e le loro entrate; e una stessa persona, nella sua vita, rappresenta diverse parti...*  Ma quale autore sarebbe mai stato in grado di scrivere un copione così imprevedibile e inaspettato?
 
“Dobbiamo trovare Seung Hyun”
La voce calda di  Taeyang ruppe il gelo tra loro.
“E poi?”
Daesung pose l’unica domanda a cui nessuno voleva rispondere.
SeungRi e Ji Yong incrociarono i loro sguardi, e entrambi rivelavano una profonda,inconsolabile tristezza.
“Poi…si dovrà scegliere”
 
Allo spuntare della luna i quattro uscirono dalla palazzina.
Le luci lungo le strade erano a malapena sufficienti, e i gatti miagolavano affamati intorno al quartiere.
Lo cercavano, ma nessuno voleva pronunciare il suo nome; ma non dovettero andare lontano.
Seung Hyun se ne stava seduto su una panchina vicino alla fermata dell’autobus numero 52, a pochi metri dalla loro abitazione.
Teneva la testa bassa, e fumava una sigaretta; per terra giacevano decine di mozziconi di sigaretta.
“Vado a parlargli”
“No SeungRi, andrò io”
Ji Yong avanzò di qualche passo, lasciandosi gli altri tre compagni alle spalle.
Toccava a lui, lo sapeva; era la sua battaglia, doveva affrontare una delle sue paure.
Ma per SeungRi avrebbe fatto qualunque cosa, anche abbandonare il suo migliore amico.
 
Seung Hyun sentì dei passi, e voltandosi verso destra vide una piccola figura avvicinarsi.
Quando la luce notturna gli illuminò il viso, riconobbe Ji Yong.
Si alzò in piedi, di scatto, e l’ennesima sigaretta gli scivolò dalle mani.
Deglutì Seung Hyun, ma la sua gola era secca; quella silohutte  quasi indistinta che si avvicinava a lui gli ricordava gli spiriti che vagavano per la notte in cerca di pace, ma raramente la trovavano.
Dal suo sguardo gelido intuì che doveva aver scoperto quello che era accaduto tra lui e SeungRi.
“Ji Yong, ascolta, mi dispiace, non volevo fare nulla a SeungRi. Mi conosci, non farei del male ad una mosca. Ero solo sorpreso di avervi visto insieme nella terrazzina, e-“
Seung Hyun non fece in tempo a finire la frase che Ji Yong gli assestò un un pugno allo stomaco, che rinchiudeva in se tutta la delusione e il disprezzo accumulati per lui in poche ore.
Seung Hyun si piegò a terra, proteggendosi con le lunghe braccia.
Tossì, e insieme alla saliva vide qualche goccia di sangue.
“Bastardo”
Un colpo al fianco sinistro lo fece boccheggiare nuovamente.
“J-Ji..”
“Alzati, razza di codardo!”
Ji Jong prese Seung Hyun per il colletto della felpa, e sbattendolo addosso alla cabina della fermata.
Il dolore lancinante alla nuca fece temere a Seung Hyun di perdere i sensi.
“Guardami negli occhi, Seung Hyun. Guardami. Ti rendi conto di quello che hai fatto? Hai rovinato tutto. La nostra vita, la nostra carriera, la nostra amicizia. Non potrò mai più fidarmi di te, lo sai questo? Ti mostri puro e innocente agli altri, ma dentro sei marcio, e nero come la pece. La tua gelosia non è stata fermata dalle barriere del buon senso; non hai saputo accettare quel no di SeungRi, e per questo hai deciso di perseguitarlo. Hai idea di come si senta ora? E di come mi sento io? Mi hai tradito, Seung Hyun, non hai saputo controllare il tuo desiderio per una persona che non potrai mai avere, e questo, questo è ciò che meriti!”
Ji Yong mollò bruscamente la presa su Seung Hyun che finì nuovamente a terra; il braccio sinistro forse era rotto.
“Ora te ne andrai, lontano da tutti, e soprattutto lontano da SeungRi. Se ti azzarderai a toccarlo, o solamente cercarlo un altro volta, ti trascinerò in tribunale con la forza, se necessario, e ne risponderai alla giustizia”
Il ragazzo biondo lo continuava a fissare dall’alto.
Silenzio.
Vorrei non averti mai conosciuto.
Ji Yong sembrò volersi voltare, e andarsene, ma non appena Seung Hyun riuscì debolmente a rialzarsi, si gettò nuovamente contro di lui, spingendolo indietro; Seung Hyun, sentendo mancare sotto i piedi l’appoggio del marciapiede, cadde in mezzo alla strada.
 
Fu un lampo.
Ji Yong non aveva visto la macchina arrivare, ne l’autista si era minimamente accorto delle due figure al lato della strada.
La macchina, un vecchio modello anni ’90 dal colore rosso vermiglio, non potè evitare Seung Hyun, che non fece in tempo ad alzarsi.
Un rumore sordo raggiunse Daesung, Taeyang e SeungRi, che ancora di trovavano a qualche metro dalla fermata dall’autobus numero 52.
Dei fari abbaglianti, il grido rotto di Ji Yong; ma nessun gatto ora, miagolava più.
Il mondo si era fermato, il vento aveva smesso di soffiare, e le persone di respirare.
Ma il rivolo di sangue che sgorgava copioso dalla nuca di Seung Hyun, quello no, non voleva seguire le regole del mondo.
 
In pochi minuti, una piccola folla si era radunata intorno al corpo esanime di Seung Hyun, e la polizia aveva portato via il conducente della macchina.
Le sirene dell’ambulanza risuonavano lontane, e la giornalista della televisione locale cercava di raggiungere quelle quattro sagome inginocchiate intorno al corpo.
Daesung si guardava intorno, ma non vedeva nulla; le lacrime gli offuscavano la vista, i singhiozzi non gli permettevano di parlare.
Taeyang aveva abbracciato SeungRi, comprendo gli il volto, impedendogli di guardare.
Ji Yong, incurante del liquido rossastro che gli macchia i vestiti, aveva appoggiato la testa di Seung Hyun sulle sue ginocchia.
L’espressione di Seung Hyun era serena, sotto la liquida maschera scarlatta.
Ji Yong si chiese se fosse riuscito finalmente a liberarsi dai fantasmi della sua anima.
Appoggiò un orecchio, delicatamente, al suo petto.
Ma non sentì nessun battito.
Arrivò l’ambulanza, ma Ji Yong non accennò a volersi muovere.
Tutto l’odio che provava per il compagno ora si era trasformato in un rimorso che gli serrava le viscere.
In un impeto di collera, non era riuscito a trattenersi, e, ora, non gli restava che piangere.
Piangere per l’unico vero amico che era riuscito a conquistare nella sua vita, e che, per sfortuna o per destino, si era trasformato in un nemico.
L’amore, sincero per uno, travolgente per l’altro, li aveva portati in una galleria profonda e tetra, di cui non avevano scorto la fine.
L’orrore è reale, la vita umana un sentiero ombroso di cui non si conoscono i pericoli, e raramente gli dei aiutano chi vi si perde.
Urlò Ji Yong, urlò tutto il suo dolore contro il cielo notturno, ma le nuvole fitte gli impedirono di raggiungerlo.
E,intanto, ricominciava a piovere.
 
 



 
-Angolo Me-
Il finale di questa storia mi procurerà gli incubi per un mese, ne sono certa.
*Questa frase è tratta da Come vi piace di William Shakespeare.
Spero che non siate rimasti delusi, Arigatou!
Scusate, ma ora devo scappare a scuola guida çAç
Non imparerò mai a guidare. *FACEPALM

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