La chiave del Futuro

di ThePhylos
(/viewuser.php?uid=225964)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Consegne di ordini ***
Capitolo 3: *** Passaggio a Sud Est ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO
La sesta era iniziò quando la Lega degli Estrattori di Minerali (LEM), che ormai da 200 anni governava nel continente Roccioso, dichiarò guerra al Consiglio della Libertà (CDL). Questo nome venne coniato più un secolo prima, quando la rivoluzione nel continente Boschivo subì un’improvvisa battuta d’arresto e il popolo venne chiamato alle urne, eleggendo il CDL con un plebiscito. Partito fondato sulle idee democratiche dei filosofi del tempo, appena saliti al potere i suoi membri stesero una nuova costituzione per il continente, basata su ideali di giustizia ed eguaglianza. Negli anni a seguire, i personaggi più in vista nel panorama economico-politico del Boschivo divennero i proprietari delle multinazionali, andando così a modificare i sani valori del governo; corrompendo e straziando il popolo, resero l’amministrazione continentale un cumulo di marciume utile solo a cogliere buone occasioni per guadagnare.
La storia dell’ascesa al potere della LEM fu molto più lineare; la fine della quarta era giunse con una catastrofe naturale, la pioggia di meteoriti del 298 E4. La popolazione mondiale subì un grave calo ma, mentre nel continente nord-orientale, ovvero il Boschivo, non vennero colpite le città più popolose, il blocco meridionale vide la totale distruzione della sua più grande metropoli, Tarkron. Le strutture della LEM rimasero per lo più intatte trovandosi nel sottosuolo, ed essendo l’unica organizzazione con la disponibilità di materie prime e di finanze per rimettere in sesto un intero continente, si fece carico di formare un nuovo governo, dopo aver ricostruito la capitale.
Nell’anno 199 E5, venne scoperto un enorme giacimento di un materiale sconosciuto, al confine tra i due continenti, esattamente sotto al monte di Mezzo. Le reti televisive comunicarono in principio che fu una scoperta casuale di un geologo; nel giro di pochi anni tuttavia, la versione ufficiale cambiò diverse volte. Ambo i regimi si interessarono a questa sostanza chiamata “èstakron” (in onore delle due capitali, Tarkron ed Estàrias) e nei due anni successivi la comunità scientifica mondiale si dedicò allo studio e all’utilizzo della medesima . L’Ek aveva una natura bio-metallico-sintetica, con infinite applicazioni, praticamente in ogni campo conosciuto all’uomo. Alcuni filosofi paragonarono quella sostanza al “seme di Dio” o alla “Chiave del Futuro”, due nomi per indicare lo stesso concetto, in chiave religiosa e laica. Un'altra linea di pensiero sosteneva che la Chiave fosse un oggetto mitologico, e non una sostanza. Sta di fatto che nelle caverne risalenti alla prima era, già si potevano trovare delle raffigurazioni di questa leggenda, rappresentata come una “luce” che aveva il potere di illuminare ogni antro e di purificare ogni male.
Certo è che la Chiave era parte integrante della mitologia dei continenti, e non di certo un oggetto realmente esistente! Di fatti, nelle ere successive, furono assai pochi i riferimenti al cimelio, fatta eccezione per un tomo, risalente con buona probabilità alla fine della seconda era, e talmente rovinato da rendere il suo contenuto quasi incomprensibile. Nelle poche parti centrali ancora recuperabili, le allusioni ad una chiave con poteri incredibili mandarono i dibattiti filosofici e teologici verso ipotesi mai considerate. Alcuni individui in cerca di gloria addirittura si avventurarono nelle lande inesplorate a caccia del mitico oggetto. La fine della quarta era, corrispondente con l'anno della pioggia di meteoriti, deviò l'attenzione popolare dalla leggenda, orientandola verso la risoluzione di problemi più pratici. Il primo cinquantennio della quinta era vide l'impegno collettivo nella ricostruzione dei danni provocati dal disastro, specialmente per la capitale del Roccioso, Tarkron. Nel frattempo, l'economia faticò a ripartire, facendo sprofondare il globo nella crisi economica. La LEM, grazie alla possibilità di dare lavoro alla gente, riportò nel giro di pochi decenni il continente meridionale al suo antico splendore; il Boscoso cadde in depressione, e il malcontento generale crebbe nel giro di pochi anni sfociando nella rivoluzione, da cui emerse il CDL. Grazie al carisma e allae capacità politico-economiche dei suoi membri, il partito diede speranza al popolo; venne eletto tramite regolari votazioni alle urne, risollevando le sorti di Estarias e delle sue province.
Nel 201 E5 il clima politico tra i due continenti sfiorò il disastro e fortunatamente, l’intervento di un gruppo pacifista delle Isole Comuni attutì le pressioni diplomatiche evitando spargimenti di sangue. Nonostante questa intromissione da parte degli abitanti Comuni, in genere indifferenti agli affari continentali, molte fazioni economiche continuarono a premere per entrare in conflitto, appropriandosi il merito della scoperta epocale, e quindi rivendicando ogni diritto sul giacimento.
La situazione mondiale nel 204 E5 divenne insostenibile: i continenti iniziarono a porre dazi sul commercio, le linee stradali vennero interrotte da dogane, oltrepassabili solo con le autorizzazioni giudiziarie o con permessi costosissimi; nei pressi del Giacimento iniziarono a verificarsi attentati e nel 205 inevitabilmente vi fu la dichiarazione di guerra. Così iniziò la sesta era.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Consegne di ordini ***


Consegne di ordini

L’ultimo scoppio di arma da fuoco echeggiò solennemente nel cielo di Shintaris, ormai pervaso dai colori del tramonto di Maggio. Le vette ricoperte di alberi intorno al paese fortificato erano sfumate di un rosso-arancio caldo e rilassante, e nell’etere si potevano gustare delle stupende tonalità di viola; il paesaggio  contrastava la guerra che incombeva sullo splendido mondo da più di 4 anni. 
Sendhel era appostato sulle mura rocciose esterne, una sottile brezza gli accarezzava il volto e i lunghi capelli castani, smuovendoli leggermente, il fucile ancora spianato in direzione della strada, e scrutava il confine degli alberi in cerca di nemici quando sentì chiamare il suo nome. Riconobbe la voce e salutò Ferios, distogliendo l’attenzione dal campo di battaglia.
‘Dai scendi da lì. Per oggi speriamo sia finita…  Cerios ci vuole parlare.’
‘Va bene’ disse Sendhel, saltando giù dalla barricata. ‘Ho sentito qualcuno urlare durante la battaglia, ci sono feriti?’
‘Datian si è preso una pallottola di striscio… se la caverà’.
Così i due si avviarono verso il centro del villaggio. Camminando nelle stradine asfaltate, la memoria di entrambi tornò al tempo in cui vivevano tranquillamente in quell’allegro paesello montano; così raggiunsero la casa di Cerios, grande fautore della resistenza, ai tempi dello scoppio della guerra. Era il loro leader indiscusso. La sua era l’unica casa le cui finestre non erano sprangate con assi di legno; sulla terrazza addirittura vi erano dei fiori che davano un tocco di colore e tranquillità alla dimora, un tempo molto accogliente. 
Quando arrivarono in piazza, Cerios, seduto in terrazza, sbuffando nuvolette di fumo bianco dalla sua pipa, lì incitò a raggiungerlo. Varcarono l’arco di pietra che coronava l’ingresso giungendo al corridoio interno; era ampio e lungo, donava un pensiero di tranquillità e distensione.  Dopo aver salito le scale di marmo rossiccio, si diressero verso la terrazza.
‘Complimenti, e speriamo che Datian si riprenda in fretta; questi Rocciosi non ci danno tregua’.
Entrambi annuirono e subito Ferios, con fare sbrigativo: ‘Ci hai mandati a chiamare capo?’
‘Esatto. Il gruppo di Orel ha catturato dei Rocciosi armati giù a Frandaris, e avevano con loro gli ordini di servizio. Dovevano riunirsi ad un gruppo più numeroso nella città distrutta, per attaccare il polo orientale della nostra resistenza.’
‘Stanno per attaccare Valiris?’ Chiese Sendhel, con tono preoccupato. ‘La settimana scorsa hanno distrutto il loro avamposto!’
Cerios aggrottò la fronte e annuì, dopo di che consegnò ai due una lettera e disse loro di leggerla. Aggiunse che entro il giorno successivo doveva essere consegnata a Ghert, il capo di Valiris. 
‘Vi dovete preparare, difendete il polo orientale ad ogni costo.’ Ma subito aggiunse: ‘Ah, Datian ieri è arrivato alla vedetta del Grand’Albero. Ha detto di aver visto movimento sul sentiero per Valiris; fate attenzione.’
Congedati, Sendhel e Ferios si separarono per riposare quella notte e partire la mattina seguente alle prime luci. A letto, la mente di Sendhel iniziò a macinare pensieri a ruota libera, privandolo del sonno.
‘Valiris… Valiris… è da più di un anno che non ci vado… chissà Amber e Ghilber… il sentiero non è più sicuro… a scuola facevano sempre i deficienti, chissà come stanno quei due… ho messo tutto nello zaino? La lettera è al sicuro? …’
La mattina seguente, una pesante linea di mal di testa lo tormentava, il fragore dei ragionamenti notturni lo aveva intontito fino al punto di non accorgersi, uscendo di casa, che Ferios era già seduto sulla panchina a lato dell’ingresso. Raggiunsero la fontana nella piazza del paese, dove Sendhel immerse la testa per riprendersi; si scrollò di dosso le gocce dai capelli e respirò a fondo. 
I colori chiari e limpidi del cielo azzurro, unito alle poche stelle, bianche e splendenti, che ancora si vedevano prima del sorgere del sole, contrastavano sul verde scuro delle creste montuose ricoperte di abeti e pini.
L’aria fresca e rinvigorente pervase ogni alveolo polmonare di Sendhel, riscuotendolo del tutto dal torpore che stentava a lasciare la presa. ‘Incamminiamoci, o arriveremo dopo il tramonto.’ Disse, guardando negli  occhi Ferios. L’altro annuì, così si misero gli zaini in spalla e, indossando i fucili a tracolla, si diressero verso i boschi a sud-est di Shintaris. Ogni passo verso Valiris pesava come i quattro anni di guerra nella loro casa, che avevano già sopportato.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Passaggio a Sud Est ***


Passaggio a Sud Est
 
Il sentiero s’inerpicava stretto e sinuoso, a tratti ricoperto di sassi, circondato da una fitta vegetazione, composta principalmente da faggi, noccioli, frassini e sempreverdi, i cui tronchi erano avvolti dalle spire di edera rampicante. Le radici degli alberi erano di intralcio alla marcia dei due, affardellati dagli zaini e dalle preoccupazioni per la battaglia imminente. Il rischio di perdere Valiris tormentava entrambi.
Dopo aver attraversato un ghiaione, la traccia condusse, sempre in salita, verso la vedetta di Grand’Albero. Un abbondante spiazzo erboso accolse i giovani, pronto a calmierare il loro fiatone, al cui centro era situata la postazione alta almeno trenta metri, costruita su un enorme noce secolare. Sull’immenso tronco era stata fissata una scala a pioli, per raggiungere la postazione costruita tra i rami. Seduti sulle assi inchiodate alle diramazioni, i due consumarono il loro pasto, osservando il paesaggio circostante. I panini farciti con il formaggio e il salame autoctono avevano un sapore ancora più squisito, dopo la lunga camminata.
Immense distese di alberi e cespugli li circondavano a perdita d’occhio, ma le vecchie strade asfaltate erano ancora perfettamente riconoscibili tra il verde foglia. In lontananza, verso sud ovest, si poteva scorgere la Città distrutta, Toliaris, a cui giungeva il fiume della vallata di Shintaris. Tutt’intorno a loro, le catene montuose formavano una muraglia apparentemente chiusa e invalicabile. A Sud-Est, si poteva scorgere il loro sentiero scendere, fino ad una cresta montuosa, dietro cui si trovava la loro meta.
Inghiottito l’ultimo boccone del suo pranzo, Sehdhel si alzò e bevette abbondantemente dalla sua borraccia verde scuro. Dopodiché andò ad appoggiarsi su un ramo che sosteneva e avvolgeva la piattaforma, tastando accuratamente la corteccia ruvida e secca del legno, scrutò a lungo il cielo, mentre un’espressione amareggiata compariva sul suo volto. 
Cosa ti stiamo costringendo a sopportare? Ci hai donato qualcosa di talmente raro e prezioso…’ 
Ferios interruppe il ragionamento ad alta voce di Sendhel, incitandolo a riprendere la marcia, in modo da arrivare a Valiris prima di sera. Entrambi si ricordarono di quanto detto da Cerios, ma osservando attentamente la zona circostante attraverso il binocolo, non notarono nulla di sospetto.
Così iniziò la loro discesa verso il polo orientale. Camminarono per un’ora circa, poi si fermarono per dissetarsi. Rimettendo la borraccia nell’apposita tasca dello zaino, Sendhel udì un rumore distinto nella boscaglia, come se qualcuno avesse calpestato e spezzato dei rami. 
Fer, hai sentito?’ Chiese sussurrando.
Si ho sentito, sarà stata una volpe’.
Per scrupolo, controllarono il sottobosco circostante, non trovando nulla di sospetto. Così ripresero la marcia, ma il peso che gravava in fondo alle loro menti, la terribile sensazione di essere osservati si fece pressante, opprimente. Spontaneamente iniziarono ad appoggiare i piedi lentamente, senza fare rumore, pronti a cogliere il men che minimo bisbiglio. Proseguendo, lanciarono entrambi sguardi che saettavano tra i tronchi, andando a perdersi nel buio.
Un altro passo, per quanto leggero e posato, irruppe fragoroso nei loro timpani, mettendoli in allerta. Le mani di Sendhel scivolarono lentamente dalla tracolla all’arma automatica, fino a tastare e stringere il metallo lucido dell’impugnatura. Cercando di sembrare il più normale possibili, non interruppero il loro cammino, ma entrambi erano pronti, accarezzando i grilletti dei loro fucili, a fare fuoco, appena individuata l’origine del rumore.
Dopo neanche un minuto, un terzo, e più distinto suono li fece scattare. Voltandosi di scatto con le armi pronte, videro un’ombra allontanarsi rapidamente dalla loro posizione. Fulminei, lasciarono gli zaini e corsero in quella direzione. L’ombra svelò il Roccioso che li pedinava, costringendolo a scappare. Si girò di scatto, sparando due colpi di pistola che si conficcarono in un tronco. I Boschivi si separarono, ad un cenno di Sendhel. Ferios imbracciò il fucile e premette il grilletto; l’inseguitore, ora inseguito, cambiò bruscamente rotta, sentendo i proiettili alla sua destra. Corse un’altra ventina di metri, e si ritrovò Sendhel di fronte, con il fucile spianato nella sua direzione. Fermo di colpo, provò ad alzare la pistola verso il Boschivo, che fece fuoco prima di lui. Il Roccioso crollò a terra, privo di vita.
‘Una spia!’ Esordì Sendhel.
Ferios lo raggiunse in un attimo, correndo. ‘A quanto pare. Copriamolo con rami e foglie, e andiamocene alla svelta, potrebbero essercene altre.’
Gli presero la pistola e i caricatori, ma non trovarono documenti sul cadavere; tornarono al sentiero e ripresero a camminare, dopo aver recuperato gli zaini.
La spia, e tutti gli altri rocciosi… sono qui a causa mia.’ Disse Sendhel, con aria infinitamente triste.
Sen… non puoi accusare te stesso di aver scatenato la guerra.’
‘Io ho scoperto il giacimento di Ek, è colpa mia se oggi così tante persone soffrono e muoiono!’ 
‘No, non è colpa tua se gli uomini sono avari.’
Ferios non ricevette risposta, sapeva benissimo cosa pensava l’altro. Nulla di ciò che poteva dire gli avrebbe fatto cambiare idea. Dieci anni prima, Sendhel aveva scoperto per caso il giacimento di Ek, e dallo scoppio della guerra, si era fatto carico morale di tutto quello che era accaduto al mondo e alla gente. La sua unica salvezza era la speranza di trovare il modo di rimettere tutto a posto, un giorno.
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1235271