life goes on.

di __lookatusnow
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** tears are not enough. ***
Capitolo 2: *** is hard to accept reality. ***
Capitolo 3: *** life wanted to give me a present. ***
Capitolo 4: *** when you have nothing, you have nothing to lose. ***
Capitolo 5: *** her eyes,the infinity. ***
Capitolo 6: *** thank goodness i had him. ***
Capitolo 7: *** i need an hug. ***
Capitolo 8: *** damn,his lips. ***



Capitolo 1
*** tears are not enough. ***



«capitolo uno»         «tears are not enough»

L'aria gelida che entra dal finestrino posteriore leggermente aperto mi sveglia percorrendomi il viso delicatamente,il paesaggio fuori si sta facendo più dettagliato,il sole sta sorgendo.
Mio padre sta guidando la sua mercedes classe a lungo l'autostrada che divide casa nostra dal cottage hospital di misson,i suoi occhi umidi sono fissi sulla strada,una lacrima scende sul suo viso.
Grace,mia sorella maggiore,è già là dalla sera prima,nella stanza 226 del secondo piano,ad aspettare.
Ormai quella strada la sapevo a memoria,potevo percorrerla perfino ad occhi chiusi,sapevo che c'era qualcosa che non andava, sapevo cosa non andava.
Tutto ebbe inizio a settembre di due anni fa,quando fu riscontrata su mia madre una forma di cancro al cervello. I dottori le avevano detto che se si fosse curata,se si fosse sottoposta a chemioterapie ce l'avrebbe fatta,poi il cancro si è esteso,e adesso nessuno sapeva come sarebbe andata a finire.
Da quel giorno diventai un'altra persona,non avevo più amiche,non avevo nessuno su cui contare,la mia vita si era frantumata in mille pezzi come quella di tutta la mia famiglia.
Le porte a vetri si aprirono non appena mio padre ci si piazzò davanti,quella grande sala d'attesa dove di solito ci sono tantissime persone è quasi deserta,sono solo le sei del mattino.
Ci dirigemmo insieme verso l'ascensore,entrammo.
Mio padre posò una mano sulla mia spalla,immobile,come una statua.
Io mantenni la testa bassa,pietrificata.
C'era silenzio,così tanto silenzio che si potevano sentire anche i nostri pensieri,non volava una mosca.
Le porte si aprono,ecco quel corridoio,il corridoio più lungo che avevo mai visto,la stanza 226 si trova in fondo.
Vedemmo una sagoma vicino alla porta,seduta,con la testa fra le mani,era Grace.
« Ho parlato con i dottori » disse con un filo di voce.
Io mi sedetti,non volevo ascoltare quelle parole,mio padre invece rimase immobile a fissare mia sorella.
« Le restano solo due settimane di vita. »

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Capitolo 2
*** is hard to accept reality. ***


 
«capitolo due»         «is hard to accept reality.»
 
La frazione di secondo dopo quella frase ebbe il tempo di farmi crollare il mondo addosso.
Le gambe mi tremavano,mi sarebbe bastato un battito di ciglia per far scivolare sulle mie guance tutte le lacrime,mi alzai.
Mio padre era diventato pallido in viso,il suo sguardo vagava nel vuoto,ma neanche una lacrima.
Si sedette accanto a mia sorella,io me ne andai.
Correvo,correvo per quel corridoio infinito,correvo via dalla realtà,via da quel dolore.
Mi fermai ansimante davanti alla vetrata che dava sul giardino,la feci scorrere ed uscii da quella struttura che odiavo tanto.
L'erba era fresca,un po' bagnata,aveva piovuto durante la notte,ma mi sedetti per terra lo stesso,anzi,mi distesi proprio.
Il cielo era azzurro,non c'era neanche una nuvola,il sole all'orizzonte aveva un colore giallo/rossiccio,gli uccelli cinguettavano sui rami degli alberi ed io ero lì,ad osservare tutto ciò,con gli occhi ricolmi di lacrime.
Alzai il braccio e feci penzolare il braccialetto d'argento che mamma mi aveva regalato per il mio quattordicesimo compleanno,poi chiusi gli occhi.
Come sarebbe stata la mia vita senza di lei? senza quella persona che mi ha dato la vita,che mi ha portato in grembo per nove mesi e che si è presa cura di me fino a che non sono diventata grande?
Avevo un vuoto dentro l'anima,il mio stomaco si stava lacerando e il mio cuore aveva i battiti accellerati.
 
Camminai per il giardino fino a che mio padre non mi fece cenno con la mano di tornare dentro.
Parlammo con i dottori,ma io non volevo ascoltare,erano così precisi,usavano parole scientifiche,facevano giri di parole continui,ma non potevano capire cosa provavamo,sia io che la mia famiglia.
Capii solo che il cancro si era esteso nel cervello di mia madre,le terapie le sarebbero servite solo a guadagnarsi qualche giorno di vita,non ce l'avrebbe fatta comunque.
Mio padre chiese al dottore se avevamo l'opportunità di andarla a trovarla,ma ce lo negarono,così tornammo a casa.
Una volta il macchina,appoggiai la testa sul sedile e mi portai le mani sul volto.
Mi accorsi solo allora che non avevo più il braccialetto al polso. 
 

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Capitolo 3
*** life wanted to give me a present. ***


« terzo capitolo»    «life wanted to give me a present»

Uno stupido braccialetto,nessuno si sarebbe messo a piangere per un braccialetto,io invece si.
Quella non era solo una banalissima catenina d'argento con tanti ciondoli luminosi,quella era l'unica cosa che mi rimaneva ormai di mia madre,quella era l'unica cosa che ormai me la faceva sentire vicina,perchè Dio me l'avrebbe portata via presto,forse troppo presto.

A nessuno importava delle mie lacrime,mia sorella fissava la strada,immobile,come una statua di cera,mio padre invece,anche lui concentrato sulla strada,teneva le mani sul volante e ogni tanto si grattava la barba.
Mi domandavo cosa sarebbe successo dopo che mia madre sarebbe morta,che fine avrebbero fatto le cene di famiglia della domenica sera,l'odore di caffè alle sette di mattina che svegliava tutti,la biancheria tesa in giardino,il profumo che mia mamma si metteva ogni volta che doveva uscire di casa.
Tutto questo dove sarebbe andato a finire?

Arrivammo a casa,ma appena varcai la porta d'ingresso sentii una sensazione strana,come se in quella casa non ci avessi mai messo piede prima di allora.
Lasciai la porta aperta e salii le scale,mi buttai sopra il letto,le lenzuola profumavano di rose.
Decisi che la mattina seguente sarei tornata in ospedale,sarei andata a cercare il mio braccialetto e se i dottori me lo avrebbero permesso sarei andata a trovare mia madre,tutto questo da sola.

Fortunatamente la giornata passo velocemente,chiusa nella mia stanza a rivedere tutti i vecchi film che avevo in dvd,la cena a base di carote e bistecche di maiale e i venti minuti di tv prima di andare a letto,tutto così banale.
«Tessa,vai a buttare la spazzatura per favore?»
«Vado. »
Fuori faceva freddo,ma il freddo che  avevo dentro al cuore non poteva di certo batterlo.
Rientrai in casa e andai in camera mia,ormai era diventato il mio rifugio,presi una coperta pesante e mi raggomitolai nell'angolo del letto che poggiava al muro.
Osservavo il soffitto,osservavo ciò che mi circondava,e mi domandavo come mai Dio voleva portare via mia madre così presto. Non trovai risposta,così mi distesi.
 
Quella notte non riuscii a dormire,mi sentivo così vuota,inutile,abbandonata,niente avrebbe colmato il vuoto che avevo nel cuore,assolutamente niente.
 
Arrivò la mattina,non dissi niente a nessuno di ciò che avevo in mente di fare,mi limitai a lasciare un fogliettino sul tavolo con scritto che ero uscita a farmi una corsetta,poi me e andai.

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Capitolo 4
*** when you have nothing, you have nothing to lose. ***


«quarto capitolo»    «when you have nothing, you have nothing to lose»

Come ci sarei arrivata laggiù da sola?
Come avrei fatto a trovare il braccialetto in mezzo a tutti quei fiori colorati che dipingevano il prato di tanta allegria da sola?
Come avrei fatto a vedere mia mamma in quelle condizioni da sola?
Da ora in avanti avrei fatto tutto da sola.
Lo scricchiolio delle foglie calpestate dai miei passi,il venticello che si infrangeva sul mio volto,le lunghe maniche della felpa che ospitavano le mie gelide mani al calduccio,dopo aver camminato per circa mezzo kilometro arrivai alla fermata degli autobus,controllai la tabella degli orari e mi rallegrai quando mi accorsi che c'era un pullman che mi avrebbe portata proprio davanti all'ospedale.
Sarebbe passato alle 6 e 45,mancavano solo dieci minuti.
Mi sedetti in una panchina poco più in la,le strade si stavano animando,un gruppetto di anziane stava passeggiando al ritmo di una tartaruga e io ero lì,da sola,con gli occhi rossi e il naso freddo.
Il pullman arrivò in anticipo,così stette un po' lì alla fermata e poi partì.
Dal finestrino potevo vedere il paesaggio la fuori,il sole che stava sorgendo,era solo l'inizio di una nuova giornata,ma già ero esausta.

Ecco quel piazzale,ecco quella porta a vetri,e quel giardino,tutte quelle piccole finestre che gli si affacciano sopra,perchè ero di nuovo lì,perchè? mi domandai.
Entrai dentro e mi diressi direttamente in giardino.
Non mi accorsi che stavo piangendo,le mie lacrime salate mi stavano rigando il volto,non avevo neanche la forza di asciugarmele.
Mi misi a cercare il braccialetto invano,le lacrime continuavano a scorrere sulle mie guance,caddi a terra.
Restai lì,immobile,non avevo la forza di rialzarmi,mi rigirai e basta,rivolgendo il mio sguardo al cielo,era così infinito.
«Per caso cercavi questo?»
Quella voce mi fece stringere il cuore per un secondo,sobbalzai.
«Cercavi questo braccialetto?»
Mi alzai di scatto,non mi ricordai che avevo il viso ricolmo di lacrime,si notarono.
Era proprio il mio braccialetto,quello che mi aveva regalato mia madre.
«Si,è quello che stavo cercando.» dissi balbettando.
Me lo porse e io lo afferrai,lo strinsi forte al petto,mi sentivo meno sola adesso.
«Ti ringrazio davvero,non saprei come avrei fatto senza il tuo aiuto,ti sono debitrice.»
Sorrise,quel sorriso mi trasmetteva tanta sicurezza.
«Non ringraziarmi,l'ho trovato per caso prima,mentre stavo passeggiando qua intorno,ti aiuto a rimetterlo al polso?»
Feci cenno di si con la testa,prese il braccialetto e me lo avvolse intorno al polso,le sue mani erano così delicate,la sua pelle così morbida,cos'era? un angelo.
 
 «Mi chiamo Justin.» 
 
«Tessa.» dissi,mentre un raggio di sole percorreva il suo volto e metteva in risalto quegli occhi tanto grandi e tanto profondi.
«Perchè sei qui? Cosa ci fai?» disse sedendosi a terra.
«Mia madre ha il cancro,ieri ci hanno chiamati per dirci che è peggiorata,le restano solo due settimane di vita,volevo vederla.» dissi,e le lacrime ricominciarono a scendere.
«Mi dispiace davvero,capisco cosa provi,mia madre è nelle stesse condizioni della tua,solo che lei ce la sta facendo.» si avvicinò e mi asciugò le lacrime.
 
 «Spero davvero ce la faccia,nessuno si merita questo dolore.» 
 
Mi alzai,si alzò pure lui.
«Vuoi che ti accompagni a trovarla?» mi chiese.
«Mi farebbe molto piacere.»

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Capitolo 5
*** her eyes,the infinity. ***


«quinto capitolo»    «her eyes,the infinity»

"Avevamo una cosa in comune,ma era comunque uno sconosciuto. Eppure mi sentivo come se io quel ragazzo lo conoscessi da una vita,come se fosse il mio migliore amico,sempre disponibile ad ascoltarmi,ma sapevo amalapena il suo nome.
Justin? Si,Justin,un nome bellissimo."

L'erba era ancora bagnata,c'era la stessa aria del giorno prima,probabilmente quell'aria lì c'era ogni giorno.
Avevo una fitta allo stomaco,non sapevo se i dottori mi avrebbero permesso di vedere mia madre,da una parte lo speravo,dall'altra speravo invece che mi avessero rispedito a casa a suon di calci.
Volevo vedere mia madre,ma allo stesso tempo non volevo vederla in quelle condizioni.

Un dottore era in fondo al corridoio,proprio davanti alla porta della stanza 226,aumentai il passo,Justin mi stava dietro a stento.
Raggiunsi il dottore.
Aveva una certa età,i segni del tempo rigavano il suo volto,i capelli e la barba bianca facevano la loro scena,ma sembrava un medico alla mano.
«Sono Tessa,Tessa Bretch,la figlia della signora Margareth Harris,vorrei entrare per vedere mia madre,posso avere l'autorizzazione da parte sua?»
«Signorina,le regole parlano chiaro,i minori non possono entrare se non accompagnate da un maggiorenne,le conviene tornare a casa,mi dispiace.»
«Ma io....» Fu interrotta.
«Posso accompagnarla io,sono maggiorenne,ho anche i documenti.» Disse Justin mostrando la carta d'identità al dottore.
Ci pensò un attimo,poi disse «Okei,avete la mia autorizzazione,potete entrare,ma solo per un quarto d'ora,tenetevelo bene a mente.»
«Grazie,grazie davvero dottore.» Rivolsi a Justin un sorriso a trentradue denti,lui mi avvolse un braccio tra i fianchi e ricambiò il sorriso.
Dannazione,era perfetto.
Poggiai la mano sulla maniglia della porta,la abbassai dolcemente e spinsi in avanti.
La,accosto alla finestra,in quel letto dalle lenzuola bianche e profumate era distesa mia madre,stava dormendo.
Non indossava la parrucca,era così dolce.
Mi avvicinai al letto,Justin rimase sulla soglia della porta,le ginocchia mi tremavano.
Presi una sedia e mi sedetti di fianco a lei,così delicata e fragile,poggiai la mia mano sulla sua,brividi gelidi mi percorsero la schiena.
«Ciao mamma,sei bellissima,lo sai? Era da tanto che non ti vedevo,avevo bisogno di farlo. Mi manchi tanto,manchi tanto a tutti,sai? Papà e Grace sono a casa,non sanno che sono qui,non mi avrebbero mai lasciata venire da sola,ma dovevo farlo.» singhiozzai «Avevo bisogno di te.»
La sua mano si mosse e sgattaiolò via dalla mia presa,i suoi occhi si aprirono lentamente,mi videro.
«Tesoro,come stai?» Mi domandò con un filo di voce.
«Io sto bene.» Stavo piangendo,non stavo bene per niente.
Alzò la testa e si mise a sedere sul letto,era debole,lo vedevo,potevo vederlo dai suoi occhi,da quegli occhi azzurri come il mare,potevo vedere il suo dolore.
«Abbracciami.» Disse,e si avvicinò a me.
Aprii le braccia e l'afferrai stretta a me,mi mancavano i suoi abbracci,mi mancava tutto di lei,mi mancava lei.
Ci distaccammo e mi baciò la fronte,poi mi rimisi a sedere.
«Te l'hanno detto i dottori,vero?» Disse abbassando lo sguardo.
«Si,me l'hanno detto.» Singhiozzai di nuovo,questa volta non riuscii a trattenere le lacrime.
«Qualunque cosa succeda Tessa,tu rimarrai sempre la mia bambina,e io tua madre,Dio,la distanza,il paradiso non ci divideranno,io sarò sempre al tuo fianco,ogni volta che alzerai gli occhi al cielo e vedrai il sole o le stelle,io sarò lì,accanto a te,non me ne andrò mai,è una promessa.»
Scoppiai a piangere,mi afferrai la testa tra le mani,non potevo crederci,non poteva succedere tutto questo.
Justin si avvicinò a me,aveva gli occhi lucidi.
Mi appoggiò una mano sulla spalla,ma in quel momento non ci feci caso.
«Chi è questo bel giovanotto?» Disse sorridendo,aveva così tanta forza perfino di sorridere,dio.
«Si chiama Justin mamma,l'ho conosciuto prima proprio qui,all'ospedale,anche sua madre si trova qui.»
«Piacere mio.» Disse sorridendo e porgendo la mano a mia madre come segno di presentazione.
Il dottore irruppe nella stanza.
«Il tempo di visita è finito,le porte si chiuderanno a breve,siete pregati di uscire dalla stanza.»
Mia madre mi sorrise e tornò a distendersi sul letto.
Le baciai la fronte e le sorrisi.
«Ci vediamo presto.» Disse,poi socchiuse gli occhi,le sfiorai di nuovo la mano e poi io e Justin uscimmo.
Quella fu l'ultima volta che la vidi.

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Capitolo 6
*** thank goodness i had him. ***


«sesto capitolo»    «thank goodness i had him»


"Quello sguardo perso nel vuoto,quelle labbra che ormai avevano perso il suo colore naturale,quella pelle troppo bianca,ma pur sempre morbida,ecco come ricordavo adesso mia madre. Non era più quella giovane donna dai lunghi capelli,dalla pelle abbronzata e dalle labbra quasi rosse,adesso era diversa. Solo due cose non erano cambiate in lei,il sorriso,e la forza."

Uscii da quella stanza,non sapevo che la volta dopo che ci avrei rimesso piede,sarebbe stato quando mia madre se ne era ormai andata.
Justin mi teneva per mano,era così premuroso nei miei confronti nonostante fossi solo una sconosciuta per lui,come dopotutto lui lo era per me.
Ero distrutta,distrutta emotivamente,così mi sedetti.
«Fa male vederla in quelle condizioni,fa davvero male,non oso immaginare come sarà la mia vita dopo che lei se ne sarà andata,già è una merda di per se,non riesco ad immaginarmelo.»
Si sedette vicino a me,lo guardai negli occhi.
Stava per dirmi qualcosa,tra le sue labbra si era aperta una fessura microscopica che si richiuse subito.
Stette in silenzio per qualche secondo,poi si avvicinò a me,e mi diede un abbraccio.
Non era un semplice abbraccio,di quelli che si danno ad un amico,ad un genitore,ad un parente,era un abbraccio diverso,non saprei come spiegarlo.
Mi stringeva così forte da farmi quasi male ma allo stesso tempo sentivo la sua pelle delicata a contatto con la mia,ero in paradiso.
Ci distaccammo solo dopo pochi secondi,poi mi sorrise.
«Nessuno ti capisce più di me,fidati,se hai bisogno di qualcuno con cui parlare,di una spalla su cui piangere,io ci sono.»
Stavo quasi per piangere ma no,non dovevo farlo,non dovevo sembrare una piagnucolona,una sentimentale,dovevo sembrare dura,forte,ma non lo ero.
Si alzò di scatto.
«Che ne dici se ce ne andiamo da qui? Ti va un gelato? Ti accompagno io a casa e intanto ci fermiamo a mangiare qualcosa,ti va?»
Accettai subito,avevo bisogno di staccare un po la spina.
«Accetto volentieri.»
Percorremmo quel corridoio che sembrava non finisse mai e finalmente ci trovammo fuori da quella struttura.
La sua chevrolet blu parcheggiata nel piazzale splendeva al sole,all'interno c'era profumo di ambre magique,a osservar bene ce n'erano due o tre appesi qua e la.
Mise in moto,mi allacciai la cintura.
«Sai guidare bene vero? Mi posso fidare?» Dissi ridendo sottovoce.
«Adesso lo vedrai,ma stai tranquilla,puoi fidarti.» Rise sotto i baffi,poi partì.
Devo dire che non guidava male,apparte il fatto che tutte le buche che gli capitavano le prendeva in pieno.
Arrivammo dopo neanche cinque minuti davanti ad un bar/gelateria,dalla vetrina potevamo intravedere torte,dolci,crostate e schifezze varie. Avevano un aspetto invitante.
Entrammo e mi offrì un gelato,cioccolato e fragola,i miei gusti preferiti.
Anche lui prese lo stesso,solo che al posto della fragola ci mise fior di latte. In argomento di gusti non andavamo molto d'accordo.
Ci accomodammo fuori,in un tavolino proprio di fianco alla porta d'ingresso,noi due,da soli.
«Oltre a tua mamma,che mi dici della tua famiglia?» Disse Justin per rompere il ghiaccio,ma non avevo voglia di parlare di quell'argomento.
«Mio padre è il capo della stazione di polizia,mentre mia sorella Grace è laureata in medicina,ho rapporti abbastanza buoni con loro,ma non mi confido quasi mai con nessuno dei due,non mi va di parlare dell'argomento 'famiglia'.»
«Come vuoi.» Disse dando piccoli morsetti al gelato.
Mantenemmo il silenzio per un paio di minuti.
«Queste sedie sono scomode,meglio se ce ne andiamo.» Dissi alzandomi velocemente dalla sedia e riafferrando la borsa da terra.
Si alzò anche Justin,e in poco tempo eravamo già in macchina.
«Vuoi che ti porto direttamente a casa?» Disse,erano quasi le 9.
«Meglio di si,sennò mio padre inizierà ad agitarsi non vedendomi tornare.»
Mise in moto la macchina.
Per tutto il tragitto mantenni il silenzio più assoluto,lui fece lo stesso,stetti con la testa appoggiata al sedile tutto il tempo,con gli occhi chiusi,pensando al nulla.
«Dove vuoi che ti lascio?» Disse non appena fummo arrivati all'incrocio principale.
«Vai a diritto,lasciami pure dove ci sono quelle panchine,laggiù,vicino a quei cespugli.» Indicai con precisione la strada mentre raccapezzavo la mia borsa e il mio golf grigio da terra.
Avrei voluto che il viaggio di ritorno fosse durato di più.

«Ti ringrazio per il passaggio,e di tutto il resto,mi sei stato molto d'aiuto,non so come ringraziarti.» 
Mi sorrise,dio,amavo quel sorriso.
«Potresti cominciare dandomi il tuo numero di telefono,almeno possiamo sentirci ogni tanto.» Disse con un tono di sfacciataggine,mi piacque.
Una volta dettato il numero aprii la portiera,scesi e lo salutai con la mano,lui ricambiò mandandomi un bacio,mi sciolsi.

Una volta chiusa la portiera lui ripartì,non so verso dove,ma se ne andò.
Adesso aveva il mio numero,poteva contattarmi quando voleva,io intanto,aspettavo già un suo messaggio.

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Capitolo 7
*** i need an hug. ***


«settimo capitolo»    «i need an hug»

"La mia mente era così gonfia di pensieri,che neanche mi ero ricordata che domani,si proprio domani,sarebbe stato il mio primo giorno di scuola.
Si,primo,perchè la scuola che frequentavo prima era troppo distante da casa mia,quindi ho dovuto per forza cambiare.
Merda."


Non c'era nessuno in casa. 
'E se fossero venuti a cercarmi?' Ebbi un attacco di panico improvviso,ma fortunatamente un fogliettino blu sopra la tavola riuscì a calmarmi.
"Siamo andati a fare la spesa,torniamo verso mezzogiorno"
Potevo stare in pace per tre bellissime ore,stupendo.
Salii in camera saltando qualche scalino e gettai il telefono violentemente sul letto.
Il computer era acceso,lo schermo no.
Pigiai il pulsante di accensione e apparve una pagina internet.
"Come imparare a fare le pulizie di casa".
Mi si strinse lo stomaco,pensai a mio padre,che d'ora in avanti avrebbe dovuto tenere la sua famiglia sulle spalle,senza più l'aiuto di mia mamma,rabbrividii.
Dovevo assolutamente aiutarlo,come questo momento era difficile per me,lo era altrettanto per lui,questo ancora forse non lo avevo capito.
Spensi il computer,scesi giù e mi misi a pulire un po' la cucina,ancora in disordine e sporca dalla sera precedente.
In poco tempo,la cucina e il salotto furono in ordine,ero orgogliosa di me.
Ero intenta a prendere l'aspirapolvere quando sento squillare il mio cellulare dal piano di sopra.
"E' lui,è lui" pensai,e in una frazione di secondo ero arrivata in camera mia.
Non mi sbagliavo.
«Si?!»
«Tessa sono io,Justin. So che potrò sembrare assillante ma volevo chiederti una cosa.» Sospirò.
«Dimmi tutto!» Stavo sbraitando dalla felicità.
«Posso passare da te oggi,in giornata? Sai,non so cosa fare da solo in casa,pensavo che un po' di compagnia di sarebbe stata d'aiuto,sempre se ti va.»
Smisi di respirare.
«Oddio,si,sarebbe bellissimo,accetto volentieri,vieni quando vuoi.» 
«Allora passo oggi verso le 3,okei? Un bacione.»
Riattaccò.
Feci un salto enorme fino ad arrivare a toccare il soffitto con la punta delle dita,ebbi un momento di felicità dove tutte le brutte cose che stavano capitando nella mia famiglia svanirono nel nulla,ma poi purtroppo,riapparirono.
«Tessa siamo a casa!» Sentii una voce dal piano di sotto rompere il silenzio.
«Vedo che hai rimesso apposto la cucina,brava ragazza,ora si che si ragiona.»
Scesi le scale.
«Pensavo avessi bisogno di un aiuto,e sono stata felice di dartelo,da ora in avanti se avrai bisogno di qualcosa o del mio aiuto fammelo presente.» Dissi avvicinandomi verso di lui,volevo abbracciarlo.
«Sei una figlia davvero adorabile,spero tanto che in questo brutto momento i nostri rapporti migliorino,vorrei che diventassimo una famiglia più unita.»
«Lo diventeremo.»
Mi abbracciò.
Era da tanto che non abbracciavo mio padre,neanche mi ricordavo quale fosse stata l'ultima volta che lo avessi fatto,o se lo avessi mai fatto.

Levammo la spesa dalle buste e la sistemammo nei rispettivi scompartimenti.
«Pà oggi viene mio amico a casa mia.» Dissi trattenendo il respiro,non era mai venuto nessun ragazzo a casa mia,apparte mio cugino.
«Un tuo amico? Chi è? Dove lo hai conosciuto?» Mi fece una serie di domande stile quarto grado,mi venne l'angoscia.
«Si,si chiama Justin,l'ho conosciuto stamani a....» mi interruppi violentemente «....al parco,mi ha raccontato che anche sua mamma ha un cancro e si trova allo stesso ospedale dov'è mamma,è così simpatico e oggi mi ha chiesto se volevo un po' di compagnia,così ho accettato,fine della storia.» Sorrisi ad ebete.
«Io oggi devo andare a portare la macchina dal meccanico,posso fidarmi a lasciarvi da soli?» Assunse uno sguardo minaccioso.
«Si papà,mi conosci,puoi stare tranquillo,fidati.» Presi la farina per posarla sullo scaffale ma mi sfuggì di mano e cadde a terra.
«Sei un disastro.»

Erano le due e mezza.
«Tes vado dal meccanico,Grace è andata a casa di Hanna,tornerà verso le sei,non farci trovare nessuno in casa per favore,e fai la brava.» 
«Okei papà.» Risposi dal divano,poi uscì.
Sarebbe arrivato tra meno di mezz'ora,cavolo.
Salii in camera,mi piazzai davanti allo specchio,dovevo assumere un aspetto decente,anzi,molto decente.
Dopo aver passato troppo,troppo tempo davanti a quello specchio scesi giù,l'orologio segnava le tre.
Porca puttana.
Mi sedetti sul divano per cercare di combattere l'ansia,ma non feci in tempo ad accomodarmi che suonarono alla porta.
Era arrivato.

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Capitolo 8
*** damn,his lips. ***


«ottavo capitolo»    «damn,his lips.»

"Tutti quei pensieri che mi vennero in mente nell'attraversare quel piccolo tragitto che separa il divano dalla porta d'ingresso mi fecero sorgere mille dubbi. Avevo paura ad aprire la porta,ma allo stesso tempo non vedevo l'ora che mi abbracciasse dolcemente,avevo paura a farlo entrare in casa mia,o addirittura in camera mia,ma nonostante tutto,sapevo che con lui sarei stata bene,mi potevo fidare,anche se non lo conoscevo molto.
Aprii."


«Hei Justin,vieni,entra.» Dissi rivolgendogli un sorriso smagliante pensando dentro di me dove lo trovavo tutto quel fottuto entusiasmo dato che stavo entrando quasi in una crisi di ansia.
Mi abbracciò forte,poi varcò la soglia della porta.
«Hai una casa bellissima.»
«Questo lo pensi solo tu.»
Scoppiammo a ridere,e non mi accorsi che eravamo troppo,troppo vicini.
«Ti va qualcosa da mangiare? Del gelato? Una cioccolata calda? Magari,che ne so,ti va di vedere un film? Sai ho comprato da poco una tv nuova e ci sono tanti canali dove vedere film,sempre se ti va,a-accomodati.» Stavo entrando in paranoia.
«Hei hei calma,respira» disse ridendo «del gelato andrebbe benissimo,e anche per l'idea del film,per me è ok.» Si sedette sul divano.
«Fai come se fossi a casa tua,vado a prendere del gelato.»
Cristo,ma cosa sto dicendo,neanche lo conosco ed ho il coraggio di dirgli 'fai come se fossi a casa tua'? Tessa,mantieni la calma,torna dilà e siediti accanto a lui,fai la simpatica..
Ah giusto,il gelato.
Tornai in salotto dopo due minuti con una vaschetta enorme di gelato gusto cioccolato e yogurt,gli diedi il suo rispettivo cucchiaio e mi sedetti sul divano,accanto a lui.
«Allora? Ce lo guardiamo un bel film?» Disse avventando il cucchiaio nella vaschetta nel tentativo di prendere un po di gelato.
«Certo,cosa vuoi vedere?» 
«Bho,vedi un po tu cosa c'è.»
Afferrai il telecomando con molta fatica e iniziai a girare per i canali,alla ricerca di qualcosa di decente.
Di decente però,non c'era un cazzo.
Abbandonai le speranze e lasciai su un canale che stava trasmettendo uno di quei giochi in cui se hai un culo enorme vinci dei soldi.
«Eheh,mi sbagliavo sul fatto della vasta scelta dei canali che offre la mia 'bellissima' televisione,perdonami.» Sorrisi imbarazzata mentre tenevo un cucchiaio pieno di gelato al cioccolato in mano.
Sorrise. «Tranquilla,in realtà non mi importa molto del film,sono già felice di essere qui,con te
Mi si gelò il sangue nelle vene.
«Sono lusingata,davvero,anchio sono felice che tu sia qui,con me.» 
Eccome se ero felice,eccome.
Mi accomodai meglio sul divano,appoggiai la testa sulla sua spalla,chiusi gli occhi.
Ero così concentrata nel contemplare la morbidezza della sua pelle che non mi accorsi che lui aveva appoggiato la sua testa sopra la mia.
Mio Dio.
«Devo dirti una cosa Tes.» Si spostò di un centimetro.
Mi aveva chiamata Tes,mi aveva chiamata Teeees.
«Cosa?» Mi fece preoccupare.
Si avvicinò a me,sentivo il suo respiro,lo sentivo addosso,eravamo così vicini che i nostri corpi potevano fondersi in uno solo.
«Sei bellissima.»
Il mio cuore smise di battere per un secondo,forse più di uno,ma rimasi cosciente di tutto ciò.
Non sapevo cosa rispondere,cioè si,lo sapevo,ma non sapevo come dirlo.
«Dici davvero?» Cristo santo,che domanda da coglioni.
«Si,sei bellissima,in tutto,in quello che fai,in quello che dici,io,io sono preso da te dalla prima volta che ti ho vista,e più passa il tempo più lo sono,dovevo dirtelo.» Sospirò.
Mi stavo per sentir male,ma mi avvicinai ancora di più a lui,era già tanto se ancora non ci eravamo baciati.
«Anche tu sei bellissimo» dissi sussurrando,anche se in casa c'eravamo solo noi due «non so come ma mi sembra di conoscerti da una vita,ho fiducia in te anche se non ti conosco molto,mi sento al sicuro quando sono con te,forse perché tu mi capisci,insomma,non so come spiegartelo,è una sensazione strana.»
Gli avevo detto tutto quello che provavo,ora stava alla sorte.
Alla faccia della compagnia,pensai.

All'improvviso sentii un brivido percorrermi tutto il corpo fino ad arrivare alle labbra,sentii le sue labbra rosee appoggiarsi dolcemente sulle mie,una mano percorrermi la schiena.
Ci stavamo baciando,un bacio vero e proprio,le mie labbra contro le sue,ero in un altro mondo,quel bacio sapeva di zucchero filato.
Stavo tremando,ma lasciai scorrere coraggiosamente la mia mano destra attorno al suo collo,mi sentivo così bene ma allo stesso tempo stavo per svenire dall'agitazione.
Aprii leggermente gli occhi per vedere se lui li aveva aperti,ma non era così.
Le sue labbra erano così morbide,non volevo staccarmi più,a costo di morire soffocata.

Il mio desiderio di non mollare più la presa fu distrutto quando mio padre aprì la porta d'ingresso.
Ci allontanammo l'uno dall'altra e osservammo mio padre imbarazzati.
Lui era lì,immobile fuori dalla porta,ci osservava incredulo.
Ero nella merda,anzi,eravamo nella merda.

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