The only exception.

di subside_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** - Introduction and characters. ***
Capitolo 2: *** 1. We're too young to care. ***
Capitolo 3: *** 2. When it all began... ***
Capitolo 4: *** 3. Welcome to Sydney. ***
Capitolo 5: *** 4. Lola ***
Capitolo 6: *** 5. Louis ***
Capitolo 7: *** 6. Madison ***



Capitolo 1
*** - Introduction and characters. ***


"Non importava quanto male facesse, non importava quante sfide avessero perso, o quante occasioni avessero mancato. Non importava che avessero rimpianti che bussavano alle porte del cuore così forte da farle a pezzi, non importava se nessuno riusciva a capirli o se un dolore al ginocchio avrebbe vanificato gli sforzi di una vita intera. Loro erano adolescenti, e l'unica cosa che dovevano fare era vivere al massimo delle loro possibilità."
 

Melanie Stewart.




 

Lola Bennett.




 

Madison Wood.


 


 

Ashley Jones.


 

Amelie Brown.


 

Zayn Malik.


 

Harry Styles.


 

Liam Payne.


 

Niall Horan.


 

Louis Tomlinson.




 

James Mcfly.
(fingete abbia gli occhi color cioccolato)

 

 

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Capitolo 2
*** 1. We're too young to care. ***


1. We're too young to care.


 

 

«Scusate l’interruzione...».
Il ragazzo dagli occhi azzurri salì sul piccolo palco della palestra, addobbato con fiori scarlatti e striscioni colorati, e prese il microfono, rivolgendosi agli studenti che avevano interrotto il loro ballo scatenato per prestargli attenzione.
Due, fra le decine e decine di ragazze presenti, lo fissavano con occhi lucidi e il cuore tremante.
Ciò che differiva maggiormente l’una dall’altra era il sorriso che abbondava sulle labbra di Eleanor, ed il fatto che fosse del tutto assente sul volto di Melanie.
Il ragazzo si schiarì la voce prima di iniziare a parlare.
«Innanzitutto vorrei ringraziarvi tutti per il titolo di Re del ballo, e vorrei dire, qui, davanti a tutti, quanto io ami la mia Reginetta. Gliel'avrò ripetuto così tante volte da risultare forse noioso, ma ogni volta quel sentimento diventa sempre più grande. L'amo perchè è incredibilmente bella, in ogni suo gesto, anche se spesso non se ne rende conto. L'amo perchè ha un sorriso meraviglioso, e solo a vederlo sorrido anch'io. L'amo perchè riesce a farmi ridere e far ridere lei è ciò che mi rende più felice. L'amo perchè per me è perfetta così com'è, e non c'è niente in lei che vorrei cambiasse. Ho fatti errori, tanti, forse troppi, ma se sono ancora qui, insieme a lei, è perchè l'amore che provo verso Eleanor è più forte di qualsiasi altra cosa. Questa la dedico a lei».


 



I ragazzi alle sue spalle cominciarono ad intonare la base mentre sguardi di dolcezza venivano rivolti alla bella, alta e slanciata ragazza in lacrime che porta il nome di Eleanor Calder.
Il ragazzo sul palco le sorrise poco prima di prendere a cantare, la sua voce melodiosa risuonava in tutto l’edificio, su quelle che, Melanie riuscì a riconoscere, erano le note di Look after you. 
Un brivido percorse tutta la lunghezza della sua schiena mentre teneva lo sguardo fisso sul ragazzo di fronte a se, i cui occhi, però, erano rivolti nella direzione opposta.
Eleanor non riuscì a trattenersi, portò le mani alla bocca mentre sorrideva felice, le lacrime le sfiorarono le labbra. Cinque o sei persone le si avvicinarono sorridenti per abbracciarla.
Anche Melanie prese a piangere, ma nessuno si avvicinò a lei per consolarla. Nessuno le prestava attenzione, erano tutti presi da quella coppia tanto perfetta, il Re e la Reginetta del ballo di fine anno. I suoi amici, i soli e unici che avrebbero potuto comprenderla, erano chissàdove a fare chissàcosa, ma di certo non erano a quella festa: odiavano gli abiti da cerimonia e odiavano il fatto di dover restare impalati a fissare un amico a cui era stato fatto un lavaggio del cervello e un'ochetta che sbatteva le mani mentre le infilavano la coroncina da perfettina del cazzo tra i capelli. 
In realtà nemmeno lei sapeva perchè era lì, pensava che ormai fosse abbastanza forte da fregarsene ma si era sopravvalutata. Si maledisse per aver dato ascolto a sua madre e al suo noioso racconto di quanti rimorsi avesse per il suo ballo di fine anno che le era stato tragicamente rovinato dal suo cuore infranto che le aveva impedito di godersi quella che sarebbe stata la più bella della sua vita. 
La verità era che quello, per Melanie, era un incubo dal quale avrebbe voluto svegliarsi all'istante. Le sarebbe bastato ritrovarsi a fumare una sigaretta insieme agli altri, non chiedeva altro. 
Certo, c'era Lily lì con lei, ma dopotutto Lily non poteva sapere...
L'unica cosa che le restava da fare era far finta di nulla mentre sentiva le guance inumidirsi. 
Qualcun altro lì intorno tirò su col naso, ma non era la stessa cosa.
Non lo era per niente.
Finita la canzone un grande applauso si levò dalla platea di studenti, il ragazzo pronunciò un «Ti amo» al microfono prima di consegnarlo al batterista e poi correre incontro alla sua ragazza.
La gente intorno a lei si spostò per fargli spazio, lui la cinse tra le sue braccia e le schioccò un bacio sul naso. 

 


 

«Ti amo anch’io»,rispose lei in un sorriso, con voce tremante per il pianto appena placato.
Di nuovo, tutti applaudirono la dolcezza di quella coppia.
«Mel, ma che fai? Piangi anche tu?» Lily interruppe i pensieri della ragazza, avvicinandosi a lei col suo lungo vestito verde smeraldo. Ingenuamente, pensava piangesse dall'emozione.

 

Melanie abbassò il viso cercando di nascondere le lacrime e si passò un braccio sugli occhi per asciugarli.
Prima che proferisse parole, un braccio cinse le sue spalle e la ragazza si ritrovò col viso affogato nella camicia bianca di qualcuno. Il profumo di cannella le fece immediatamente riconoscere il soggetto.


 

«Eh già, è molto emotiva, la mia Mel! La porto fuori, magari si calma», disse con una risata Zayn Malik.
Lily annuì sorridendo, poi tornò a godersi la festa.
Il moro trascinò a passo svelto Melanie fuori dalla palestra cercando di non dare a vedere i violenti singhiozzi che scuotevano il petto di quest’ultima.
Era minuta, fragile, gli sembrava che un movimento troppo brusco avrebbe potuto spezzarla, e allora si preoccupò di essere il più delicato possibile.
Una volta nel giardino della scuola, camminò per qualche minuto fino a raggiungere una zona abbastanza nascosta. 

 


 

«Hey…»sussurrò allontanandola dal suo petto e prendendole il viso solcato dalle lacrime tra le mani.
«Ti… ti ho sporcato la camicia»singhiozzò lei.
Zayn sorrise.
«Non importa».
«Che ci facevi alla festa? Vestito così poi...» disse Mel in un flebile sussurro. Era la prima volta che vedeva Zayn in smoking.
«Mi dona, non è vero?» fece il moro mostrando all'amica tutto il suo fascino. Lei non potè far a meno di sorridere quando notò le Converse grigie che stonavano terribilmente col resto dell'abito.
«Ti tenevo d'occhio.» tornò poi serio.  
La ragazza alzò lo sguardo, cercando di non lasciar cadere altre inutili e stupidissime lacrime.
«Come stai?» disse poi flebilmente il moro.
Domanda stupida, pensò subito dopo.
Lei alzò le spalle e si decise finalmente a fissarlo negli occhi, accennando un flebile e bugiardo sorriso. Doveva essere forte, per lei, per lui. Doveva sorridere, anche se avrebbe voluto piangere così forte da prosciugarsi.
«Va meglio», mentì.
«Ma smettila» controbattè Zayn. Era il suo migliore amico, sapeva riconoscere una bugia.
Il sorriso scomparve dalle labbra di Mel che cominciò a mordicchiarsi violentemente il labbro inferiore, combattendo contro le lacrime.
«No, va… va tutto bene, davver-»non riuscì a terminare la frase perché senza che nemmeno se ne accorgesse si era ritrovata tra le braccia del ragazzo, che la stringeva forte a sé.
Il suo respiro caldo le scuoteva leggermente i biondi capelli stravolti quasi quanto lei.
Non fu una bella mossa, non lo fu affatto.
Melanie non resisteva mai agli abbracci.
E così si lasciò andare, pianse, pianse così forte che quando finì si sentiva svuotata, completamente.
«Le avrebbe dette a me, quelle cose! Lo aveva giurato, porca puttana!» gridava Melanie, disperata, sul petto del ragazzo. Disperazione si era trasformò subito dopo in frustrazione, il suo tono di voce divenne così basso che sembrava quasi stesse implorando il ragazzo di darle una mano a sentirsi all'altezza. 
«Me lo aveva giurato... Cosa c'è di sbagliato in me, Zayn? Perchè non sono mai abbastanza per nessuno?».
Zayn avrebbe voluto rientrare in quell'odiosa festa e prendere a cazzotti colui che aveva osato causare a Mel tanto dolore. Indurì la mascella e cercò di mantenere la calma. 
«Non dirlo nemmeno per scherzo, Melanie. Non c'è niente che non va in te e se c'è qualcuno che non è abbastanza, quello è lui. Non è abbastanza per te. Meriti molto di meglio di un ragazzo viziato, immaturo e bugiardo» sottolineò col tono di voce l'ultima parola, perchè quella caratteristica aveva ferito anche lui. E tanto. 
Mel notò che aveva impastato il bianco della camicia col nero del suo mascara. 
Prese i lembi della giacca nera di Zayn e li strinse forte. Digrignò i denti contro il suo petto. Le tremava ancora la voce, ma si era sfogata, ed ora era soltanto piena di rabbia.
«Lo odio», biascicò.
«Come?»chiese il ragazzo.
«Lo odio»,ripetò lei a voce più alta.
«Non riesco a sentire»,finse ancora lui.
«Ho detto che lo odio!»,Melanie alzò il tono di voce.
«Gridalo»,fece il moro, provocandola.
La ragazza sogghignò, rispondendo alla provocazione.
«LO ODIO»,urlò subito dopo.
La sua voce era contrastata dall’assordante musica proveniente dalla festa a qualche metro di distanza.
«Più forte»la incitò lui, divertito.
Melanie cominciò a ridere. Prese tutto il fiato che aveva in corpo e rivolse il viso verso le stelle mascherate dalle luci della città. 
«IO-ODIO-LOUIS-TOMLINSON!».
Zayn la applaudì prima di ridere insieme a lei.
«Esatto baby! E merita forse una splendida ragazza come te? »
«NO, CAZZO, NON MI MERITA. L’UNICA COSA CHE MERITA SON DUE CALCI NEL CULO. LUI E QUELLA PUTTANELLA DELLA RAGAZZA».
Zayn rotolava dalle risate.
«Sono Eleanor e mi hanno ficcato un palo su per il culo»le fece il verso lei mentre camminava inarcando la schiena, imitando la mora nella sua camminata posata e controllata.
Il ragazzo aveva le lacrime agli occhi.
Poi controllò l’orologio e freneticamente bloccò la scenetta di Mel.
«Aspettami qui, torno subito»le raccomandò prima di scappare via. La ragazza, confusa, si sedette sul morbido fascio d’erba verde, fregandosene di poter rovinare l’elegantissimo vestito chiaro che la madre le aveva accuratamente scelto e costretto ad indossare, eccitata più lei che la figlia stessa.
Si liberò anche di quei fastidiosi tacchi cento, poi si sdraiò allacciando le mani dietro i boccoli biondi, e fissando il cielo notturno.

 


 


Le piaceva così tanto, la notte.
Le faceva tornare in mente così tanti ricordi. La ferivano, è vero, tagliavano il suo cuore come spine, ma erano così belli che il gioco valeva la candela.
Prima che potesse però perdersi nuovamente in quei tristi pensieri, Zayn tornò con entrambe le mani occupate da una scatola bianca e una bottiglia di champagne.
Melanie si mise a sedere, sorridendo all’amico che le si affiancò.
«Credevi forse che me ne sarei dimenticato?». Posò la scatola bianca e ne sollevò il coperchio. Una torta al cioccolato un po’ pasticciata fece capolino. ‘Buon Compleanno piccola Mel’ era scritto con smarties colorati.
«Buon diciottesimo compleanno»le sussurrò in un orecchio. Melanie si sporse per vedere meglio la torta con un sorriso a 32 denti.
«Non è il massimo ma… l’ho fatta col cuore.»ridacchiò il moro.
Melanie lo guardò stupita.
«L’hai fatta tu?»
«Beh… si può dire di sì»,rispose con tono soddisfatto.
La bionda alzò un sopracciglio.
Zayn sbuffò.
«E va bene, Harry mi ha dato una mano»,confessò.
Il riccio se la cavava piuttosto bene ai fornelli, ma Zayn avrebbe potuto dare fuoco ad un’intera casa.
Melanie tirò un sospiro di sollievo.
«Menomale! Non volevo morire proprio il giorno del mio compleanno»lo prese in giro divertita.
Per tutta risposta, Zayn le portò via la torta che la ragazza stava per agguantare.
«Ah si? Allora non mangiarla, potrei averla avvelenata».
Melanie cercò invano di recuperarla.
«Non mi faresti mai una cosa del genere», replicò lei.
«Tu dici?»la stuzzicò lui.
«Mhh mhh» annuì la ragazza, sicura di sé.
Zayn scosse il capo ridendo, poi posò la torta e tirò fuori dalla stessa scatola bianca due calici. Ne diede uno all’amica, poi prese la bottiglia.
«Insieme»,le disse prima di stapparla.
Melanie poso le sue piccole mani su quelle calde del ragazzo e con i pollici cominciò a far forza contro il tappo in sughero, senza però nessun risultato.
Zayn scoppiò a ridere.
«Hai la forza di una farfalla»,la prese in giro. Lei gli fece una linguaccia, poi riprovò a spingere e questa volta, aiutata dall’amico, il tappo volò via con un colpo secco e rumoroso.

 


 


La schiuma dell’alcolico cominciò a scivolare sulle mani di Zayn che svelto ne versò solo un sorso nel bicchiere di Mel e quasi riempì il suo.
«Ma guarda te ‘st’ubriacone!»rise Melanie prendendo possesso dello champagne e versandosene quanto bastava.
Zayn rise, poi alzò il calice verso quello della ragazza, che fece lo stesso.
I bicchieri si sfiorano in un delicato ‘tin’, sulle voci dei ragazzi che pronunciarono un «cin cin» unanime.
Bevvero tutto d’un sorso, veloci divorarono la torta che, nonostante la forma confusionaria e la scritta quasi incomprensibile, aveva un sapore da leccarsi le dita.

Ma riuscirono a mangiarne solo un pezzo ciascuno, perché furono interrotti da un gruppo di ragazzi che si avvicinavano cauti e silenziosi alla coppia di amici.
Mel non se ne accorse, mentre Zayn la teneva occupata in un insensato chiacchiericcio, tentando di mascherare lo schiamazzo dei passi sull’erba.
Lola le coprì gli occhi con una benda, Melanie sussultò dallo spavento provocando le risate fragorose di Niall e Madison alle sue spalle.
Fu quello che li tradì, la risata del biondo era inconfondibile.
«Niall? Ma che cazz…?»chiese confusa la bionda.
Zayn si mise da parte, tenendo le distanze dalla migliore amica di Melanie. Dopotutto, non gli era ancora passata e faceva male da morire.
Lola cercò di evitarlo, aiutò l’amica ad alzarsi e le sussurrò in un orecchio: «Credevi davvero che quell’orrenda torta sarebbe stato il nostro unico regalo? Diavolo Mel, compi diciotto anni!»
Zayn storse il naso, ma non controbattè, cosa che invece non si trattenne dal fare Harry.
«Hey, guarda che quella torta ci è costata un’intera giornata di duro impegno e lavoro!»puntualizzò il riccio.
Madison si sporse per osservarne il risultato.
«Certo, senza ombra dubbio», commentò sarcastica.
«Dai, andiamo», ricordò Liam al gruppo, prendendo Amelie sotto braccio e avviandosi alla macchina.
Si incamminarono verso l’auto, fecero sedere Mel tra Madison e Niall, che si stuzzicavano a vicenda, Harry alla guida e Lola accanto.
Zayn preferì andare con Liam, Amelie e Lily, acquisto dell'ultimo minuto.
Parcheggiarono pochi minuti dopo in un piccolo parco tutto organizzato per Mel. La ragazza scese dall’auto accompagnata da Lola che la trascinò fino al cancello arrugginito.
Le tolse la benda, la ragazza strizzò gli occhi infastiditi di esser rimasti coperti per troppo tempo.

 


 


Quando li riaprì comparve davanti a lei un percorso di candele colorate che portavano all’interno del parchetto. Appese qua e là tra gli alberi, c’erano delle foto dei ragazzi, tutti insieme. Ce n’erano tantissime, Madison amava fotografare. 
Era uno spettacolo magnifico da guardare.
La riccia tirò fuori la sua Canon e fece qualche scatto all’espressione emozionata della festeggiata.
Aveva gli occhi lucidi e le veniva voglia di piangere, tanto era bello quello che aveva davanti.
Lola la incoraggiò a proseguire.
Camminava lenta lungo quel caldo e luminoso percorso, seguita dai ragazzi che sorridevano fieri del proprio lavoro.
Ogni tanto scappava una risata per qualche foto buffa, o un groppo in gola per aver notato l’accuratezza con cui avevano scelto le foto.
Lui non era in nemmeno una di quelle immagini.
Infondo era meglio così, quello era il suo giorno, non c’era motivo di rovinarselo ricordando quel passato ormai dimenticato.
Dimenticato si, ma non da lei.
Raggiunse un piccolo spazio circolare al centro del quale centinaia di candele formavano la scritta ‘AUGURI MEL. TI VOGLIAMO BENE’.
La ragazza non riuscì più a trattenersi, e scoppiò a piangere trovando rifugio tra le forti braccia di Liam.
«Oh, piccolina»le sussurrò sorridendo.
Si sentiva fottutamente bene, dopo tanto tempo era felice, perché si rese conto di avere gli amici migliori del mondo, e non le serviva altro.
«ARRIVA LA BIRRAAAAAAA!»gridarono in coro Lola e Niall, portando decine di bottiglie.
Un applauso di approvazione si alzò dal gruppo di ragazzi.
Tirarono giù un bicchiere, poi un altro, e un altro ancora.
Si divertivano così tanto che, finito il primo giro, Harry si allontanò per qualche secondo e tornò con altri alcolici.
Si scolarono anche quelli, lavando via, insieme alla loro sobrietà, tutti i brutti pensieri e i mille problemi che affollavano la vita di quei comunissimi adolescenti. 
Bevvero, fumarono, ballarono, cantarono, gridarono, risero, mangiarono, si presero scherzosamente a botte, si stuzzicarono, si presero in giro, si divertirono fino all’alba, quando, esausti, si addormentarono davanti a un piccolo falò accesso con pochi legnetti trovati nelle vicinanze.



          
 


 
Louis, Eleanor, Lola, Zayn, i parenti, gli amici, la musica, il ballo, la scuola, il lavoro, il college, il trasferimento, i genitori, i nonni, gli ex, i ladri, i professori, l'esame, il ballo di fine anno, la reginetta, il basket, l'università… non contava più nulla, quella notte. C'erano solo qualche birra, una torta di compleanno e tante, tante risate.
Quella notte, l’unica cosa che importava, era vivere.



 

 

 

 




 

 

 

awgrshrwksmsal hola babeeeees.

ok, ehm, questa è la mia nuova fan fiction, ho voluto provare a fare qualcosa di diverso, e come avrete potuto notare, in questa storia i One Direction NON SONO i One Direction (?) non so se mi spiego. sono solo cinque coglionazzi drogati e ubriaconi.
no scherzo lol solo ubriaconi lalalala
un'altra cosa che ci tengo a precisare è che questa è una storia basata su fatti realmente accaduti.
si, ok, basta fare la tragica, non c'è stato nessun ballo di fine anno e nessuna sopresa per i miei diciotto anni (o forse ci sarà? bho. conoscenti prendete appunti), però diciamo che mi impersonifico parecchio nel ruolo di Mel.
bene, la smetto di fare la cogliona.
fatemi sapere se può piacervi e se vale la pena continuare perchè io mi ci sto gasando un sacco (come potete notare dall'accurata scelta delle immagini -ci ho messo due giorni intere per trovarle, vi ordino di congratularvi è.è).
questo però comporta un rallentamento nella pubblicazione dei capitoli, voglio che siate a conoscenza di ciò.
detto questo, ringrazio la mia Vale che mi ha aiutato nella scelta delle foto. peeeeensava che avrebbe avuto l'esclusiva, eheh. ma non è detto che visto che sei la mia migliore amica devi avere gli spoiler, pft. ok la smetto davvero, mi dileguo. bye c:

ps. continuo dopo un minimo di 5 recensioni, appunto per vedere se vale la pena continuare :)
 

 

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Capitolo 3
*** 2. When it all began... ***


2. When it all began... 


Un anno prima.


  
 

Superarono il cancello della scuola salutandola come una vecchia amica, sul volto di ognuno di loro un largo sorriso era il chiaro segno del loro entusiasmo. Si recarono verso le propria case dandosi appuntamento all’aeroporto alle 4.
Quella sarebbe stata la loro prima vacanza insieme, tutti insieme, ed erano eccitati come non mai.
Ce ne avevano messo di tempo per organizzare il tutto, per convincere genitori un po’ scettici riguardo alla cosa, ma ormai era fatta, il biglietto era prenotato e il loro aereo sarebbe decollato di lì a poche ore. 
Sapevano tutti che quella vacanza sarebbe servita ad ognuno di loro. Avevano bisogno di scappare per un po’ dalla realtà, di rifugiarsi in un posto che non era la loro città, che non conservava ricordi e rimorsi, di stare in contatto con qualcuno che non li conosceva, e a cui avrebbero potuto mostrare le persone che volevano davvero essere. Dovevano scappare dall’abitudine.

***


 

Lola entrò in casa, si chiuse la porta alle spalle e si diresse velocemente al piano di sopra. La sua stanza era già rassettata, così come l’aveva lasciata quella mattina. Prese lo spazzolino e le ultime cose da mettere in valigia, pronta già da settimane, prima di chiuderla definitivamente. Quando si rialzò, trovò la madre appoggiata allo stipite della porta che la fissava a braccia conserte.
«Ciao, mamma» la salutò, prima di superarla e dirigersi al bagno. La donna la seguì rivolgendole un sorriso.
«A che ora devi essere in aeroporto? » chiese alla figlia intenta a sciacquarsi il viso. Si asciugò velocemente col telo bianco lì accanto prima di rispondere.
«Tra un’ora mamma, te l’ho detto ieri» fece Lola seccata. Probabilmente non lo ricordava perché era ubriaca. Di nuovo.
«Oh» borbottò la donna. Voleva solo essere una buona madre, ma evidentemente era troppo debole ed era troppo tardi per pensarci.
Dopo aver lavato i denti, la ragazza si diresse al piano di sotto per prendere un bicchiere d’acqua.
La donna arrivò poco dopo.
«Vuoi che ti accompagni?» chiese gentile la madre.
«Per finire come l’ultima volta? No grazie, preferisco evitare di finire schiantata contro un muro. Passa a prendermi Melanie con suo padre» replicò Lola.
Un brivido freddo percorse la schiena della signora Bennett quando ripensò a quella volta in cui si mise irresponsabilmente alla guida dopo aver alzato troppo il gomito. Ma non era stupida, quel giorno non aveva bevuto un goccio, in caso Lola le avesse chiesto un passaggio. Ma la ragazza non credeva di certo che le ammaccature dell’auto fossero dovuto a tamponamenti esterni. Quella donna sarebbe finita per uccidersi, prima o poi.
Ripose la bottiglia d’acqua nel frigo e fece per varcare la soglia della cucina quando la madre la prese per un braccio e la fece voltare verso di lei.
Fissavano la figlia con occhi lucidi e imploranti.
«Mi mancherai tesoro» disse in un sussurro. La voce le tremava.
La ragazza sentì un groppo annodarsi in gola mentre guardava quella donna farsi piccola piccola. Forse avrebbe voluto abbracciarla, ma era intimorita dalla reazione che avrebbe potuto avere Lola, e decise di aspettare che fu la figlia ad avvicinarsi.
Ma Lola non si mosse di un millimetro.
«Non tanto quanto ti mancherebbe l’alcool, non è così?» la ragazza sputò quelle parole con freddezza e distacco. Vide la donna davanti a sé scoppiare in un pianto silenzioso ma disperato. Le faceva male vedere la propria madre in quelle condizioni, ma l’aveva voluto lei. 
Era stanca di dover fare l’adulta, stanca di dover sorvegliare su di lei quasi fosse una ragazzina. Era lei l’adolescente, era lei quella che doveva mettersi nei guai, era lei che doveva ricevere rimproveri.
Proprio in quel momento, l’auto del padre di Amelie parcheggiò nel vialetto fuori casa di Lola.
Prese la sua valigia e si diresse verso l’ingresso.
«Ciao… e non… non fare stronzate. Lasciami star tranquilla, in questi due mesi» dicendo questo, si chiuse la porta alle spalle, lasciando al suo dolore la donna al suo interno.  

***

Arrivato a casa, Liam trovò già tutto pronto per il viaggio. La valigia gli era stata sistemata nel corridoio d’ingresso e i genitori lo attendevano in salotto, davanti al televisore.
«Ciao tesoro»lo salutò sorridente la madre.
«Ciao. Vado a farmi una doccia veloce» fece il ragazzo prima che tirassero fuori di nuovo lo stesso, noioso discorso. Ma il padre lo fermò prima che potesse salire le scale.
«Figliolo… vieni qui, ho una cosa da dirti».
Liam sbuffò, tornando in salotto.
«Papà me l’hai ripetuto centinaia di volte…» disse annoiato.
«Non si sa mai. Sai bene che il prossimo anno avrai la possibilità di classificarti per i mondiali di basket, e non puoi permetterti di oziare per due mesi interi senza-» il ragazzo lo bloccò prima che potesse concludere la frase.
«Ti ho detto che mi terrò in allenamento e rispetterò la dieta, papà, quante volte devo ripetertelo?» Liam era stanco di sentirsi ripete sempre le stesse cose. Tregua, chiedeva soltanto una tregua da tutto quello stress.
«Tesoro, tuo padre lo fa per il tuo bene. Sappiamo bene che non sopporteresti la delusione di esser stato scartato» si intromise la madre.
«Non lo sopporterei io, o non la sopporterebbe papà?»  li sfidò lui. La madre fissò preoccupata il marito.
«Certo che non lo sopporterei». Liam alzò lo sguardo al cielo, sollevato che finalmente il padre si fosse reso conto della reale condizione delle cose.
Ma il signor Payne continuò.
«Non potrei mai sopportare di vedere i sogni di mio figlio infranti» il ragazzo scosse la testa arrendendosi alla testardaggine del padre.
«Certo, come no» svelto si diresse al piano di sopra, gettandosi sotto un getto d’acqua fredda.
Il basket gli piaceva, giocare lo faceva sentir bene, ma di certo la sua vita non girava attorno ad una palla. I mondiali erano importanti per lui, ovvio, ma questo non significava che la sua vita dovesse dipendere da quello. Dopotutto aveva solo diciotto anni, e voleva poter fare le cose che fa un ragazzo di diciotto anni, senza preoccuparsi di poter danneggiare la sua ‘arma da gioco’: se stesso. 
Il solo pensiero che sarebbe stato due mesi lontano da tutto quello, lo rincuorava parecchio.

***


 

I genitori di Amelie l’attendevano davanti alla sua valigia già pronta. La ragazza rientrò in casa sorridente, salutando i signori Brown con un bacio sulla guancia.
«Entusiasta?» le domandò la madre, con un sorriso.
«Da morire!» rispose con energia lei.
Anche il padre sorrise, era contento per la sua bambina.
«Te lo sei meritata»  si congratulò lui accarezzandole i capelli.
«A proposito. Hai dimenticato di mettere in valigia i libri. La mamma te li ha sistemati insieme al resto» fece il padre calmo.
Amelie prese un lungo respiro, cercando di mantenere la calma.
«Dio papà, non posso staccarmi da quei libri per un po’? Dopotutto sono in vacanza!» sbuffò la ragazza.
«Tuo padre non ha mica detto che devi studiare tutto il giorno, tutti i giorni! E’ solo per tenere la mente in allenamento. Non vorrai rientrare e aver dimenticato tutto, no?» spiegò la signora Brown con tranquillità.
La mora annuì sconfitta.
«No, certo che no».
I genitori di Amelie si aspettavano troppo da lei. Ottimi voti, comportamento impeccabile. Era così stanca di dover essere perfetta in tutto. Voleva soltanto, per una volta, non dover essere costretta a fare sempre la cosa giusta. Voleva liberarsi completamente la mente. Sbagliare. Cadere. Rischiare.
Quei due mesi coi ragazzi le sembravano la via di fuga migliore. 
Mise in spalla la borsa e si diresse all’ingresso, poi si rivolse ai genitori nella stanza accanto .
«Andiamo?» 

***

  

 

Niall non tornò a casa. Si mise a correre per strada, sperando che sua sorella non si fosse addormentata.
Poco dopo entrò nell’edificio, muovendosi a passo svelto. Fu inondato dal caratteristico odore degli ospedali, e quasi sentiva freddo per la temperatura troppo bassa tenuta dai condizionatori.
Si diresse subito verso la stanza 320.
Per sua fortuna, Ròis era ancora sveglia. Quando vide entrare il fratello, il suo viso si illuminò.
«Niall!» lo accolse con entusiasmo la piccola.
«Ehy sorellina» il biondo le sorrise, lasciandogli un piccolo bacio sulla fronte.
«Come stai?» le chiese.
«Meglio! E tu? Eccitato per il viaggio?»  la ragazzina era quasi più entusiasta di lui all’idea.
Anzi, in realtà Niall era divorato dalla preoccupazione.
«Già» rispose con un sorriso forzato.
Ròis si mise a sedere.
«C’è qualcosa che non va? Non mi sembri poi tanto felice di partire» chiese preoccupata la biondina.
«Infatti non lo sono, Ròis» confessò il fratello.
Lei lo guardò accigliata.
«Ma come? Vai in vacanza per due interi mesi coi tuoi amici e non sei felice?» la bambina sembrava non capire.
«Lo sarei, se questo non comportasse starti lontano per tutto questo tempo…»
Niall andava a trovare sua sorella in ospedale tutti i giorni, e il fatto che non avrebbe continuato quell’abitudine lo preoccupava non poco. Temeva che, al suo rientro, lei non ci sarebbe stata più. Questo pensiero lo tormentava. Si sentiva quasi in colpa.
«Ascoltami bene, brutto idiota. Tu tra quaranta minuti esatti prenderai quell’aereo e trascorrerai la vacanza più bella della tua vita, mi hai capito? Non pensare a me. Sto bene, davvero. Chiedi all’infermiera se vuoi. Sto migliorando. Il cancro non si sta più espandendo, e le chemio stanno dando buoni risultati»
Il biondo si soffermò a guardare la sorella. I capelli le erano quasi tutti caduti, ne erano rimasti pochi e la loro lunghezza non andava oltre le orecchie. Eppure era incredibilmente bella.
I suoi occhi azzurri erano da togliere il fiato, sembrava quasi che parlassero, ti mettevano il buon’umore. E il sorriso non mancava mai sul suo viso, nonostante stesse affrontando tante brutte cose.
Era così piccola, pensò Niall. Aveva solo quindici anni. Non meritava tanto dolore. Sarebbe dovuta essere in giro con un paio di amiche o con qualche ragazzino, non su di un letto d’ospedale.
Le accarezzò dolcemente una guancia, ricambiando lo sghembo sorriso che riempiva le labbra di Ròis.
«Ti voglio bene, lo sai nanetta?» le disse con tenerezza.
«Nanetta io? Ma ti sei visto?» lo prese in giro lei.
Niall rise piano.
«Ora dai, vai. Non vorrai perdere l’aereo!» lo spronò la bambina. Proprio in quel momento fece rientro in stanza sua madre, che salutò con un abbraccio il figlio e tornò a sedersi accanto alla piccola.
Niall si avvicinò al lettino, avvolse le sue braccia attorno alla sorellina e la strinse forte al suo petto.
«Ci rivediamo tra due mesi, allora».

***


 

Louis percorreva la strada di casa a passo lento. Teneva le mani in tasca e lo sguardo basso, perso nei suoi pensieri.  Era contento di fare quel viaggio, contento di allontanarsi un po’ da quel posto. Aveva troppi ricordi. Ogni angolo di città gli ricordava lei. Un nascondiglio condiviso, un commento divertente, una promessa futura. Non sopportava il dolore di dover rivivere nei propri ricordi momenti trascorsi insieme ad Eleanor che non sarebbero più tornati indietro.
Non riusciva a credere che dopo tutto quello che avevano passato insieme, dopo tutto quello che si erano detti, dopo tutti i progetti che avevano fatto sul futuro, lei l’avesse mollato per un altro. Era devastante, e l’unica cosa che desiderava fare era partire e lasciarsi alle spalle la sua storia con El.
Prima che rientrasse in casa, sentì il telefono vibrargli in tasca.
Lesse il nome del migliore amico sul display e rispose sorridendo.
«Oh, coglione»
«Prendo la mia roba e passo da te, va bene?»
«Ti aspetto a casa»
«Ciao cazzone»
«Ciao, non fare tardi!» 

 

***

  

 

Quando Madison rientrò in casa, un forte odore di cacao le riempì le narici. La ragazza capì subito che la nonna le aveva preparato i suoi biscotti preferiti, quelli che amava tanto fin da bambina.
«Ma cos’è questo profumino?» gridò sorridente dall’ingresso.
L’anziana signora ridacchiò dalla cucina.
«Te ne ho preparati qualcuno in più, così puoi portarli in viaggio» spiegò.
Madison baciò affettuosa la nonna, prima di rubare dal vassoio un delizioso biscotto e gustarlo velocemente.
«Sei un amore, nonna» disse baciandola di nuovo.
La signora sorrise, sfornando altri biscotti.
«Ma quanti ne hai fatti?» disse ridendo la ragazza.
«Ne siete in tanti, no?»rispose la signora.
Madison le sorrise. Si era preoccupata persino dei suoi compagni.
La andò ad abbracciare mentre posava i biscotti in un altro vassoio.
«Sei la nonna migliore del mondo, lo sai?» le disse appoggiandosi sul suo petto come fosse una bambina.
«E tu sei la nipote più ruffiana del mondo» ridacchiò accarezzandole i capelli.
Madison rise piano.
«Scusa se ti lascio sola…»ripetè poi, forse per la duecentesima volta.
«Ti ho detto che non devi preoccuparti. La dottoressa Parker penserà a me. Tu devi solo divertirti» la rassicurò lei.
«Dai, corri a lavarti o farai tardi»

 

***

  

 

Harry fu più che sollevato di andar via di casa per due mesi.
Entrò in casa svelto, e con altrettanta fretta voleva andar via. Si spogliò velocemente ed entrò in doccia. Quando ebbe finito si diresse a passo svelto nella sua stanza. Mentre metteva le ultime cose in valigia, il padre entrò in camera spalancando la porta.
«Non si usa più nemmeno salutare?» disse con aria severa.
Il ragazzo non rispose, continuando le sue faccende.
«Allora?» l’uomo aspettava una risposta che non arrivava.
Stanco si avvicinò al riccio prendendolo per il colletto della maglia.
«Oh, ti ho fatto una domanda!» gli gridò in faccia. Il ragazzo si scrollò le mani del padre di dosso, mantenendo il suo sguardo, duro.
«Ciao.» rispose freddo. Poi tornò a sistemarsi i bagagli.
«Ti conviene non farmi incazzare perché potrei stracciarti quel biglietto da un momento all’altro» gli intimò l’uomo.
«Ma non rompermi le palle» rispose Harry nervoso.
La mano pesante del signor Styles colpì la gota del ragazzo, il cui viso fu strattonato di lato. Il respiro di Harry divenne irregolare dal nervosismo, perse l'equilibrio e si appoggiò al muro per non cadere. Strinse i pugni così forte che gli sembrava potesse strapparsi la pelle, cercando di mantenere la calma.
«Non osare mai più rispondermi così. Sei solo un piccolo stronzetto, non mi fai di certo paura perciò ti conviene tenere la bocca chiusa, prendere la tua roba e portare il tuo culo fuori da questa casa. Sarà un sollievo non averti tra le palle per due mesi» il tono di voce del padre di Harry era duro e freddo, privo di sentimenti.
Il riccio fece come gli era stato detto senza dire una parola. Non per paura, solo per poter andar via da quel posto più velocemente.
Prese la sua valigia e si diresse svelto verso l’uscita.
«Credimi, sono più sollevato io di non dovermi ritrovare davanti uno schifo di uomo come te» replicò al padre prima di chiudersi la porta alle spalle e dirigersi a passo svelto verso l’aeroporto poco distante da lì.
I lividi che coloravano la sua schiena e le sue gambe facevano un male cane, e fu contento che, per due mesi, nessun’altra sedia sarebbe stata rotta addosso a lui.

***


 

Zayn tornò all’istituto, si sciacquò svelto il viso e si lavò i denti, poi chiamò Louis.
Lo avvertì che sarebbe passato da lui, poi prese la sua roba e lasciò svelto l’edificio.
Il moro nemmeno ce l’aveva, una famiglia. Era stato abbandonato e viveva in quell’istituto da diciassette anni, ormai. Gli avevano permesso di andare solo perché aveva ormai raggiunto la maggiore età e perché, ovviamente, era riuscito a pagarsi tutto da solo con i soldi guadagnati fino a quel momento. 
Arrivò a casa di Louis qualche minuto dopo. Prima che potesse suonare al campanello, la porta d'ingresso si aprì e il castano andò sorridente incontro all'amico. 
Alle sue spalle, il padre lo seguì portando i bagagli.
«Allora ci siamo.» disse elettrizzato

«Ci siamo.»confermò il moro passando la sua valigia al signor Tomlinson che la stava sistemando nel cofano.
«E mi raccomando» precisò poi Zayn fissando l'amico dritto negli occhi. «Senza pensieri.»
Louis gli sorrise annuendo col capo e, dopo essersi scambiati un'amichevole pacca sulla spalla, entrarono in auto e si diressero all'aeroporto. 
 











 

Sono arrivata ad un massimo di 4 recensioni e la cosa mi preoccupa çç 
Provo ad andare avanti e vediamo che succede. Grazie a chi ha recensito, messo nei preferiti o nelle seguite già dai primi capitoli. Siete ahfkdjlef. 
Allora, come vi sembra? La storia, la trama (per quanto ancora confusionaria, ovviamente sarà tutto più chiaro in seguirto), i personaggi, le diverse situazioni familiari... Fatemi sapere c:
A presto, taaaaaanti baci. xx

Confesso che ho avuto delle difficoltà a trovare le immagini, ecco perchè fan così schifo e.è perdonatemi.

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Capitolo 4
*** 3. Welcome to Sydney. ***


3. Welcome to Sydney.



Melanie aspettava quel momento da mesi, ormai. Si era impegnata al massimo perfino a scuola per ottenere il consenso dal padre. Essendo ancora minorenne, lui era piuttosto riluttante riguardo alla cosa, ma alla fine si era convinto.
Lei quasi non riusciva a crederci. Il signor Stewart era sempre così possessivo quando si parlava della sua piccola Mel che le sembrava impossibile il fatto che avesse accettato a lasciarla partire per due mesi senza il suo assiduo controllo.
Ma ne era contenta, senza dubbio. Dopotutto le avrebbe fatto bene un po’ di libertà e di sicuro non si sarebbe continuamente irritata per il comportamento della madre che insisteva a voler entrare nella vita privata di Mel come fosse sua coetanea.
Tornò a casa, il padre era seduto al tavolo della cucina a braccia conserte, forse riflettendo sulle brutte cose che sarebbero potute accadere alla figlia.
La bionda gli scoccò un bacio sulla guancia come per rassicurarlo, prima di recarsi al bagno.
La madre era in camera sua a sistemargli la valigia.
«Mamma, l’ho già preparata ieri» disse annoiata la ragazza mentre si infilava la biancheria.
«Voglio solo controllare che sia tutto apposto.» replicò subito la signora Stewart.
Mel alzò gli occhi al cielo e si infilò anche i jeans e la t-shirt.
Pronta, tornò in cucina trascinando il suo bagaglio
«Andiamo, pà? Lola ci aspetta.» il padre di Melanie la guardò sconfitto, prima di alzarsi e aiutarla a mettere in auto la sua valigia, seguito dalla moglie sorridente.
 
Arrivati fuori il vialetto di casa Bennett, Lola stava già venendo incontro alla grossa Chevrolet nera. Mise a posto anche il suo bagaglio e si accomodò sui sedili posteriori con un gran sorriso.
«Non vedo l’ora di partire» confessò all’amica.
«Ci pensi? Due mesi, solo noi, nessun pensiero, nessun problema. Ancora non ci credo.» rispose subito Mel.
Arrivarono dopo poco all’aeroporto dove c’erano ad aspettarle già Madison insieme alla dolcissima nonna, Amelie e Liam con i genitori, Niall col padre, e Harry.
«Zayn e Louis?» chiese Lola dopo aver salutato tutti i presenti.
L’attenzione di Mel, che fino a qualche secondo prima fissava distrattamente la gente che si dirigeva svelta da una parte all’altra dell’aeroporto, fu subito catturata.
«In ritardo come al solito.» rispose la rossa scuotendo il capo.
«Che ti aspettavi?» ridacchiò Harry.
Niall poggiò la sua chitarra a terra e fissò l’orologio.
«E menomale che son quelli più vicini…» disse preoccupato, rimettendola in spalla.

Soltanto pochi minuti dopo si intravidero i due ragazzi che ridevano avvicinarsi insieme al signor Tomlinson.
«Ehilà» salutarono sorridenti.
 

 



 

«Dai, idioti, andiamo a fare il check-in» disse con un sorriso Mel. 
Si diressero al banco e dopo aver consegnato i documenti e appoggiato i bagagli sul nastro trasportatore, ricevettero i biglietti e poterono passare ai controlli di sicurezza.
Infine, raggiunsero il loro gate.
«Bene, quindi dovremmo salutarci adesso…» ricordò loro il signor Horan.
Ci furono una serie di abbracci e qualche lacrima, ma le cose principali che ciascun genitore ripeteva ai propri figli –la signora Stewart si occupò di Lola mentre il signor Tomlinson di Harry- furono centinaia di raccomandazioni. Insistevano sull’essere prudenti, non ubriacarsi, non fare tardi la notte e non cacciarsi nei guai.
I ragazzi annuirono e subito dopo si rivolsero sguardi furbi e frecciatine.
Sapevano che, in realtà, si sarebbero ubriacati, sarebbero tornati all’alba e quasi sicuramente si sarebbero cacciati in qualche guaio, ma per il momento era meglio tranquillizzare gli adulti.
Mostrarono i loro biglietti alle guardie di sicurezza e si imbarcarono sul loro volo per Sydney.


 

  

Il viaggio fu abbastanza lungo ma nessuno dei ragazzi si annoiò. Presero qualche birra e cominciarono a chiacchierare, tanto che il tempo sembrò persino passare veloce.
Il primo sbarco fu a Francoforte, dove dovettero aspettare un’ora per prendere il volo successivo.
Imbarcati anche sul secondo aereo, in undici ore arrivarono a Singapore. Nell’attesa dell’ultimo viaggio, fecero un lungo giro per l’aeroporto di Singapore, che era immenso e pieno di boutique occidentali. All’esterno c’era un’aria calda e umida tipica dell’Asia, ma i ragazzi decisero di non allontanarsi e rimasero in aeroporto per il resto delle due ore.

 

Presero anche l’ultimo volo, e rimanevano solo sette ore prima di sbarcare finalmente nella splendida Sydney.
Durante l’ultimo viaggio, Lola, che per tutto il tempo aveva preso posto accanto a Mel, chiese a Louis di lasciarla per un po’ vicino a Zayn. Così il castano si accomodò a lato della bionda, leggermente imbarazzata e piena di istinti omicida verso l’amica.
I due si sorrisero ma erano troppo stanchi per fare casino, per cui si abbandonarono alla musica che echeggiava nel reparto.

 


 

 «Dio, non prenderò più un aereo per il resto dei due mesi.» sussurrò d’un tratto Louis. Mel sorrise.
«Siamo in due.» rispose tranquilla.
Non era intimidita dalla sua presenza, si conoscevano da tempo ormai, ma ultimamente –soprattutto dopo che lui e Eleanor si erano mollati- cominciavano a farle piacere le attenzioni che il ragazzo le dava di tanto in tanto.
«Allora, come va con Eric?» la prese in giro lui.
«Ti prego non parlarmi più di quell’essere bavoso» disse disgustata la ragazza.
Eric era l’ultimo ragazzo con cui Mel era stata e di cui se ne pentì immediatamente dopo esser ritornata a casa con l’intera zona intorno alla bocca ancora umida della sua saliva.
Louis rise forte.
«Dai, non dev’essere stato tanto male» disse tra una risata e l’altra.
«Credimi, lo era. Mio dio» Mel si strinse nelle spalle con un’espressione di disgusto.
Risero insieme, poi la curiosità di Mel e la necessità di assicurarsi che l’amico stesse bene prese il sopravvento. Tornò seria.
«E tu? Come stai?» chiese cercando di essere cauta.
Lo sguardo del ragazzo era perso nel vuoto, ma poi si voltò verso l’amica rivolgendole un sorriso.
«Tutto bene.»disse tranquillo.
Mel alzò un sopracciglio.
«No, davvero. Non voglio più pensarci. E’ soltanto una troia, solo che io l’ho capito troppo tardi.» il tono di voce di Louis era calmo e controllato. Mel gli sorrise teneramente, e il ragazzo si soffermò ad osservare la bionda in ogni suo tratto.
I capelli scompigliati, gli occhi color smeraldo, le lentiggini che addolcivano ancora di più il nasino all’insù e la carnosa bocca a cuoricino. Ricambiò il sorriso sovrappensiero.
«Ordiniamo due birre?» propose la ragazza dopo minuti di silenzio.
«Ma si dai, magari aiutano a far passare il tempo.»
Non ci volle molto affinchè quelle ‘due birre’ divennero quattro e poi sei.
«Ehi, vi state dando voi due, eh?» fece il biondino che spuntò dal sedile davanti.
I due gli risero in faccia e, scuotendo il capo, Niall tornò a sedersi.
Non erano ubriachi, riuscivano a sopportare tre birre ciascuno, erano solo molto più sciolti.
Dopotutto, Louis era sempre stato il più pazzo del gruppo e vederlo così giù non stava bene a nessuno.
«Troia? Quella è una vera e propria puttana! Non mi importa più nulla di lei, figurati. In questo momento magari si starà facendo scopare dal suo amato Josh.» disse ridendo insieme a Mel.
«Dici che gliel’ha già data?» domandò la ragazza divertita.
«Ma sicuro! Già da un pezzo, secondo me.» fece Louis.
«Minchia, è una brava ragazza, dicono!» replicò sarcastica lei. Il castano scoppiò a ridere.
«Si, certo, infatti mi ha fatto aspettare ben due settimane…wow!» ridacchiò.
Louis si alzò, traballò un po’, poi alzò la birra come per brindare.
«Meglio così, no? Almeno posso godermi le australiane.». continuò poi il ragazzo e Mel scosse il capo sorridendo.
«ESATTAMENTE!» urlò Harry due sedili più avanti, da cui si intravedeva solo il suo braccio che teneva alzato con in mano la sua bionda.
«Ve lo scordate.» intervenne Lola ridacchiando. «Non voglio puttanelle in casa mia.»
«Mi stanno bene anche le verginelle» rispose Louis con un largo sorriso.
«Io preferisco roba più violenta, dovrai adattarti Lola cara»contestò il riccio.
«Sticazzi! Te ne vai in hotel, preferisco evitarmi l’orrore di sentirti orgasmare.» fece Mel tirandogli addosso un pezzo di carta arrotolata.
Niall scoppiò a ridere.
«Io Harry lo vedo un tipo da sadomaso» disse scatenando le risate di tutti i ragazzi, Harry compreso.
«Se vuoi provare, biondino… son sicuro che saresti abbastanza soddisfacente.» rispose il riccio leccandosi le labbra e facendogli un occhiolino.
«Puoi dirlo forte» ricambiò il biondo scoccandogli un bacio volante.
«Evitatemi traumi adolescenziali, per favore. Preferisco non venire a conoscenza di certi dettagli» intervenne Lou.
Le persone nei sedili vicini ai loro li guardarono male e i ragazzi scoppiarono a ridere, nascondendosi poi dalla vergogna. 
Il resto del tragitto proseguì tra risate, prese per il culo e tanto divertimento, finchè non crollarono dal sonno e le quattro ore del restante viaggio passarono in un attimo.

 

      

 
Si svegliarono quando erano ormai atterrati e si ritrovarono con la testa che sembrava potesse scoppiare da un momento all’altro. Era l’alba e tirava un fresco venticello che solleticava loro la pelle.
Doloranti e frastornati, entrarono in aeroporto e decisero di fermarsi al bar per un caffè.
Sydney era meravigliosa, il posto più bello che avessero mai visto, pensarono tutti.



 

Un taxi li accompagnò all’indirizzo che avevano segnato.
La casa non era né troppo grande né troppo piccola, in compenso però aveva una grande piscina in giardino. All’esterno, un anziano signore dai capelli grigi li stava aspettando per la consegna delle chiavi e il resto delle faccende di cui si occuparono gli uomini della casa, mentre le donne si dedicarono alla visita dell’appartamento.
Era molto carino nel complesso, ordinata –sapevano che sarebbe rimasta così ancora per poco- e attrezzata di tutte le comodità.
Quando il signore andò via, i ragazzi si catapultarono all’interno della casa e corsero a scegliersi le stanze.
Ce n’erano cinque, ma loro volevano occuparne soltanto tre. Lola e Zayn presero l’ultima in fondo a sinistra, mentre Liam e Amelie si appropriarono della stanza di fronte. Gli altri cinque decisero che avrebbero dormito insieme in una sola camera, per cui spostarono due letti dalle stanze vuote per riempire quella che era la più grande dell’appartamento.
Sistemati anche i bagagli nelle rispettive stanze, le ragazze cominciarono a fare ordine in cucina, posizionando negli appositi mobili il cibo e tutto il resto, mentre i maschi corsero dritti in piscina.

 


Finite le faccende domestiche, Lola, Madison, Melanie e Amelie li raggiunsero.
«Siamo qui da due ore e amo già questo posto» fece enfatica la mora, abbracciando Liam.
«Abbiamo già deciso il programma per oggi.» le informò Zayn.
«Sentiamo.» chiese curiosa Mel.
«Oggi si fa quel che volete e stasera andiamo in discoteca» rispose subito Louis.
«Dettagliato!» fece sarcastica Lola.
«Non è così, idiota!» intervenne turbato il biondo. «Prima si mangia, poi fate quel che volete e stasera discoteca» precisò, causando a tutti i ragazzi un’espressione da ‘era ovvio’.

 

(Più tardi...)

 

Due taxi li accompagnarono alla discoteca più vicina e i ragazzi entrarono nel locale.
«Stasera non voglio ubriacarmi, non mi va» disse Melanie mentre si faceva spazio tra la folla insieme agli altri per raggiungere il bar.
«Oh, nemmeno io.» replicò Lou. «Un quattro bianchi» chiese poi al barista.
Le sue intenzioni, infatti, erano ben altre.
Non ci volle molto affinchè la sobrietà degli altri quattro ragazzi sparisse via lasciando il posto al delirio, seguiti poi da Lola e Madison.
L’obiettivo di Lou era invece quello di trovare qualcuna con cui passare la serata.
E sembrò averla trovata quando si avvicinò ad una bionda alta e snella.

 

«Ciao» gridò il castano nell’orecchio della ragazza, che si voltò verso di lui sorridendogli.
«Hey» rispose lei.
Le intenzioni del ragazzo erano quelle di corteggiarla un po’ prima di portarla in un posto isolato ma quella doveva essere la sua serata fortunata. Capì immediatamente, dallo sguardo che la ragazza gli rivolse, che non aveva bisogno di nessun tipo di approccio: era già sua.
Con una mano le solleticò tutta la lunghezza del braccio fino a raggiungere le sue dita, poi trascinò via la bionda di cui non conosceva nemmeno il nome.
Uscirono dal locale senza dirsi una parola e andarono sul retro buio e desolato.


 

 

 

Louis la spinse contro il muro freddo baciandola con foga e solleticandole la coscia scoperta che poi prese e portò intorno al suo bacino.
I loro respiri si fecero sempre più affannosi e i loro corpi sempre più vicini, spinti l’uno contro l’altro.
Il ragazzo si allontanò dalle sue labbra per baciargli il collo lasciando tracce della sua saliva, lei attorcigliava le sue mani tra i capelli di lui, inarcando la schiena e sollevando il capo.
A nessuno dei due importava conoscere l’altro, così come entrambi volevano soltanto farsi consolare tra le braccia di un estraneo per non pensare ad altro che al desiderio che avevano e che in quel momento stavano placando.
Quando ebbero finito, si ricomposero e Louis riaccompagnò la ragazza nel locale, salutandola con un sorriso quasi innocente per poi tornare al suo gruppo di amici.
Quando lo videro tornare, Liam e Harry fischiarono come per complimentarsi. Louis scosse il capo, rise e andò ad ordinare un cicchetto.
Lola si sedette sfinita accanto a lui.
«Oh dio, non mi sento più le gambe» disse allegramente.
«Sei la solita alcolizzata» la prese in giro. Per un momento prese a sudare freddo rendendosi conto di non aver pesato bene le parole. Sapeva che la madre di Lola aveva problemi con l’alcool e non era il caso di darle dell’alcolizzata.
«Non sono ubriaca, coglione!» rispose la ragazza alzandosi, ma traballò e si aggrappò alla sedia per non cadere. Louis la prese per un braccio e la fece risedere. Probabilmente era troppo ubriaca per prendersela, e ad ogni modo sapeva che l'amico non avrebbe voluto essere offensivo.
«Si, come no. Ora andiamo a casa, eh?»
Lola ridacchiò divertita.
«Tanto tu ti sei fatto la tua bella scopata e sei apposto, no?» disse ridendo come una stupida.
«Uhm, si, è stata abbastanza soddisfacente…» disse vago il ragazzo.
«Ma vaffanculo!» disse lei scoppiando a ridere e cercando invano di tirargli uno schiaffo sulla spalla.
Louis rise, poi si alzò e aiutò l’amica a fare lo stesso.
Si avvicinò a Mel che era la prima persona sobria che si era ritrovato davanti e si avvicinò al suo orecchio.
«Direi che è meglio rientrare, prima che uno di loro vomiti».
Quando la ragazza riconobbe gli occhi color del cielo di Louis, sentì una botta al petto, poi  annuì sorridendo e andò a riferire la cosa ad Amelie.
Uscirono traballanti dal locale, Zayn, Madison e Niall cantavano e Harry quasi litigava con la sua bottiglia di birra vuota, mentre Lola non si reggeva nemmeno in piedi e si aggrappava a Louis. Liam aveva scambiato Amelie per sua madre e continuava a ripeterle che non si sentiva affatto bene e che il giorno dopo non sarebbe andato a scuola.
Chiamarono due taxi e fecero rientro a casa, sfiniti.
Le due coppie si chiusero nelle loro stanze e probabilmente sprofondarono nel sonno quasi immediatamente, così come avevano fatto gli altri tre.
Melanie tirò un sospiro di sollievo.

 

«Bene, vado a cambiarmi» sussurrò poi a Lou, che annuì mentre la ragazza si dirigeva al bagno.
Si infilò il pigiama e quando tornò in stanza trovò il castano a petto nudo, con indosso solo i pantaloni, coricato sul letto che avevano deciso fosse di Mel e le braccia incrociate dietro la nuca.
La ragazza si avvicinò al letto cercando di non far rumore.
«Quello è il mio letto» disse piano fissandolo con aria di sfida.
«Lo so. Ti va di dormire assieme?» domandò il ragazzo tranquillo.
Melanie si irrigidì e le gambe cominciarono a tremarle, il cuore batteva così forte che a momenti sarebbe potuto scappare via dal suo petto. Cercò di mantenere la calma e sembrare del tutto normale.
«Ma che cazzo ti sei fumato?» chiese poi.
Louis alzò gli occhi al cielo.
«Non voglio portarti a letto, tranquilla.»la rassicurò lui mettendosi a sedere.
Mel fu stupita dalla calma e naturalezza con cui l’amico parlava della cosa. Lei, al contrario, stava morendo d’imbarazzo.
«Io ho fame, e tu?» il castano interruppe i suoi pensieri contorti.
«Tazza di latte?» propose lei.
Louis sorrise alzandosi in piedi.
«Perfetto» rispose prendendole il viso in una mano, baciandole una guancia e dirigendosi in cucina.
La ragazza prese un lungo respiro prima di seguirlo.

 

Bevvero il latte caldo a bordo piscina, sdraiati sul lettino a fissare le stelle. Cominciava a fare piuttosto freddo e quando Mel si strinse nelle spalle massaggiandosi velocemente le braccia per scaldarsi, Louis si tolse la sua felpa e la avvolse intorno a lei.
«No, tranquillo… così avrai freddo tu.» cercò di dire.
«Nah, sono abituato a peggio» fece lui distratto. «Vieni qui» le disse prima di avvolgere un braccio intorno alla sua spalla e stringerla a sé per tenerle caldo. Mel appoggiò la sua testa sul petto dall’amico, abbandonandosi a quel momentaneo benessere, e si addormentò così.
Louis la osservò mentre dormiva, pensando che era la ragazza più dolce che avesse mai conosciuto. Più dolce persino di Eleanor.
Si maledisse per aver fatto quel paragone perché non appena il nome della sua ex ragazza attraversò i suoi pensieri, questo fu seguito da numerosi ricordi.
Strinse Mel ancora più forte, come per aggrapparsi a lei per sfuggire alle lacrime, e prese sonno anche lui.































 

Sciaaaaaaao :) Scusate se ci ho messo troppo tempo a pubblicare il terzo capitolo, in realtà lo avevo finito già da un pò ma mi seccava mettermi a cercare le immagini. Poi è cominciata pure la scuola quindi diventa tutto più complicato, infatti credo che dal prossimo capitolo o saranno ridotte o non ci saranno proprio più, perchè è difficile trovare una foto che rappresenti proprio quello che stavi cercando di descrivere.
Ad ogni modo, poi si vedrà, per il momento, ecco qui il terzo capitolo. Che ve ne pare? 
Non vorrei essere stata troppo volgare, volevo solo rendere l'idea di com'erano fatti i ragazzi. Spensierati, con un'esagerata voglia di libertà, affiatati, anche un pò scurrili -le ragazze comprese-, ma proprio per evidenziare il fatto che non sono le solite ragazze che 'ommioddio hai detto una parolaccia! quanto sei poco femminile!' no, loro sanno essere camioniste, eleganti, maschiacci e provocanti allo stesso tempo. 
E' questo che vorrei riuscire a rendere. Spero il 'messaggio' sia arrivato :)
Ps. su twitter ho cambiato nickname, adesso sono @amoressja :)

 

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Capitolo 5
*** 4. Lola ***


Ciaaaao! :) Lo so, ci ho messo una vita per pubblicare questo capitolo ma giuro che la mia ispirazione era pari a 0. Ora credo di averne di nuovo un po' e sono riuscita a scrivere qualcosina, per cui grazie a chi continuerà a seguire la storia! Mi farebbe davvero piacere se lasciaste una recensione, così, per sapere cosa ne pensate. Buona lettura :) Ps. passate a controllare "Introduction and Characters" quando trovate qualche personaggio nuovo che forse potrei averlo aggiunto :)

4. Lola


Lola fu la prima ad aprire gli occhi il mattino successivo. Si alzó piano dal letto provando a non fare rumore, ma non appena mise i piedi per terra avvertì un terribile mal di testa. Dovette aspettare qualche minuto prima di mettersi in piedi. Si diresse dolorante in cucina e aprì il frigo, tirandone fuori una bottiglia di latte fresco. Bevve qualche sorso prima di intravedere qualcuno dalla vetrata che affacciava sul giardino. Si avvicinò a passo lento, cercando di focalizzare per bene. Louis era addormentato a pancia in giù su di un lettino e accanto a lui, distesa su di un fianco, c'era Mel. Lola sorrise spontaneamente, prima di tornare a bere il suo latte. Guardò l’orologio: erano le 12.45. Qualche minuti dopo la raggiunse il moro, anche lui frastornato dai postumi della sbornia.
 
"Mi scoppia la testa" mormoró Zayn con la voce impastata dal sonno.
 
 Lola offrì la bottiglia al ragazzo, che la prese e la avvicinò alle labbra tenendo gli occhi ancora chiusi. La ragazza gli schioccò uno schiaffo sul sedere.
 
"Sveglia!" gridò prima di andare a disturbare gli altri.
 
Entrò nella stanza incasinata aprendo tutte le tende, provocando mormorii infastiditi da parte dei ragazzi.
 
"Su, in piedi! Non siamo mica venuti in vacanza per dormire!"
 
Qualcuno che proprio non riusciva ad emettere alcun tipo di suono comprensibile, tipo Niall, le tirò addosso il proprio cuscino e ficcò la testa sotto le lenzuola. Qualcun altro, invece, come ad esempio Harry, le urlò contro di "non fracassare i coglioni".
Solo Madison sembró dar ascolto all'amica e si alzò.
 
"Grazie della comprensione, Mad" sospirò Lola.
 
"Devo pisciare" tagliò corto la rossa correndo verso il bagno.
 
Lola alzò gli occhi verso il cielo prima di arrendersi e tornare a passo svelto in cucina, dove trovò Zayn addormentato con la faccia sul tavolo.


 
"Che massa di pensionati" sbuffò prendendo il telecomando e buttandosi sul divano, cercando qualcosa di interessante in tv.
 
Qualche minuto più tardi, Louis aprì gli occhi. La sua guancia sinistra aveva preso la forma della rete bucherellata del lettino sul quale aveva dormito, e gli provocava fastidio. Provò a massaggiarsela ma si accorse che qualcosa gli teneva ferma la mano. La sua, infatti, era intrecciata a quella di Melanie accanto a lui. Il modo in cui dormiva la ragazza era così tenero, gli ricordava una bambina. Era accovacciata sul fianco destro, con le ginocchia che quasi le arrivavano al petto, e la mano che non stringeva la sua le faceva da cuscino sotto una guancia.
E’ adorabile, pensò Louis. Portò la mano libera fino alla sua guancia e le accarezzò delicatamente uno zigomo, e probabilmente il suo tocco freddo svegliò anche Mel.
Appena la ragazza stropicciò gli occhi il castano ritirò immediatamente la mano, appoggiandola sul proprio fianco.
 
"Buongiorno" sussurrò provando a sembrare naturale.
 
Melanie sorrise del fatto che Louis si trovasse in imbarazzo.
 
"'Giorno" ricambiò sorridendo.
 
La bionda fece per strofinarsi gli occhi, ancora assonnata, ma poi li aprì per guardare Lola che si avvicinava a loro a passo svelto.
 
"Ah, grazie al cielo almeno voi siete svegli!"
 
Ma Mel cambiò lato e richiuse nuovamente gli occhi.
 
"Teoricamente io starei ancora dormendo" contestò Louis, anch'egli ad occhi chiusi.
 
Avvertì i passi della ragazza allontanarsi e sorrise soddisfatto. Sorriso che fu sostituito quasi subito da un forte sospiro, quando risentì i passi avvicinarsi.
 
"Lol, ti hanno mai detto che sei una romp-" il ragazzo non ebbe modo di finire la frase visto che si ritrovò sotto un getto d'acqua gelido, che lo fece scattare in piedi, insieme a Mel accanto a lui.
 
"MA CHE CA...LOLA!" gridò la ragazza.
 
"Cazzo, vaffanculo Lol!" imprecò Louis.
 
Questa volta fu la ragazza dai capelli azzurri a sorridere soddisfatta.
 
"Bonjour" cantò, prima di rientrare in casa.
 

***


 
Per le tre del pomeriggio erano tutti svegli, ma era comunque troppo tardi per pranzare, per cui si arrangiarono con qualche spuntino.
 
"Oggi che si fa?" chiese Amelie masticando il suo snack.
 
Zayn e Liam, che erano totalmente immersi nella loro playstation appena montata, nemmeno sentirono la mora, che era impaziente di conoscere i piani per la giornata.
Nemmeno Louis, che leggeva una rivista sportiva, si preoccupò di proporre qualcosa.
 
"Io direi di provare la roba del posto" optò il riccio.
 
"Merda, si" lo accordò Niall. "Cazzo di lupi antidroga dell'aeroporto"
 
"Sono cani, Niall. Pastori tedeschi" precisò Madison.
 
"Ma li hai visti? Sono delle bestie!".
 
La rossa alzò gli occhi al cielo.
 
"Io sono d'accordo con Harry. Ho sentito dire che qui hanno erba buona" intervenne Lola.
 
Zayn e Mel si voltarono contemporaneamente a guardarla.
 
"Che c'è?" chiese la ragazza.
 
"Sai che non dovresti fumare" la rimproverò il moro.
 
Lola soffriva d'ansia e attacchi di panico e la sigaretta, o soprattutto uno spinello, la facevano agitare troppo e la cosa non le faceva per niente bene.
 
"Che palle, è solo un po' di marjuana" sbuffò la ragazza. "Non ho una crisi da... Quasi tre mesi" lo informò dopo averci pensato su.
 
"Perchè non fumi da più tre mesi. Se ricominci, ricominceranno" fece Mel con tono autoritario.
 
"Non fare la stupida, Lol" intervenne Louis senza alzare lo sguardo dal giornale.
 
"Ma tu che vuoi?" disse seccamente Lola. "Non ricomincerò, voglio solo provare. Fidatevi" rassicurò poi l'amica e il ragazzo.
 
"Bene, grande. Chiamo Lucas e mi faccio dare informazioni" avvisò Harry prima di prendere il telefono e uscire in giardino.
 
Rientrò pochi minuti dopo, con un'enorme sorriso stampato sulla faccia.
 
"Stasera si viaggia!" informò gli altri entusiasta, battendo il cinque al biondino.
 
"Perfetto!" commentò Lola.
 
Schioccò un bacio sulla guancia di Zayn, poi avvicinò le sue labbra al suo orecchio.
 
"Vado a fare una doccia" sussurò prima di avviarsi verso le camere da letto.
 
Il moro rimase per qualche minuto con lo sguardo perso nel vuoto, poi si decise a seguirla. Entrò nella sua stanza, prese un paio di boxer e si diresse verso il bagno. La porta era stata rimasta aperta, l'acqua scorreva e la ragazza aveva appena chiuso l'anta della doccia. Zayn la sentì ridere. Chiuse a chiave la porta, si tolse svelto le scarpe e tutti gli indumenti che aveva indosso ed entrò. Lola gli sorrideva, era già completamente bagnata, mentre lui si inumidiva sempre di più. Premette con foga le sue labbra contro quelle della ragazza, spingendola contro le mattonelle fredde che le fecero inarcare la schiena. La mano che le teneva il viso scivolò dalla sua spalla fino a suoi fianchi e finì sulla sua coscia, prima di stringerla e portarla intorno al suo bacino. Lola si aggrappò a Zayn mentre lui le entrava dentro, provocandole dolce gemiti di piacere.


Schiuse le labbra per lasciare uscire il fiato che le diveniva pesante mentre il ragazzo appoggiò una mano al muro e spinse con più foga. L'acqua continuava a scivolare sulle loro pelli calde e Lola affondò le unghie nella schiena del moro facendogli alzare il viso verso l'alto dal piacere. Quando tornò a baciarla, Lola era quasi al culmine del piacere. Zayn la seguì poco dopo.

Esausti, si lasciarono scivolare a terra, sedendosi ad incastro, la schiena di Lola contro il petto di Zayn e le sue gambe intorno a quelle di lei. Il moro le baciò delicatamente il collo, spostandole i capelli da un lato.
 
"Non fumare, stasera" mormorò al suo orecchio.
 
Lola si voltò a guardarlo.
 
"Amore ti ho detto che va tutto bene. Non devi preoccuparti" provò a rassicurarlo.
 
"E invece mi preoccupo, ok? Tu non... Non ti sei vista in quelle condizioni, non sai quanto è stato terribile vederti star male e non poter fare niente!"
 
Lola prese la saponetta, distogliendo il suo sguardo da quello di lui, e prese ad insaponarsi lentamente una gamba.
 
"Non mi succederà niente, stavolta" mormorò.
 
"Non puoi saperlo" rispose piano Zayn.
 
"Si invece, lo so, io non..."
 
Il moro le tolse il sapone dalle mani e alzò il suo viso, costringendola a guardarlo.
 
"Fallo per me. Per favore." supplicò.
 
La ragazza si perse ad osservare la bellezza stupefacente della persona che aveva di fronte. La preoccupazione che in quel momento riempiva gli occhi di Zayn le faceva stringere il cuore.
Si girò verso di lui inginocchiandosi fra le sue gambe e lo baciò di nuovo, questa volta più dolcemente.
 
"Va bene" sussurrò poi lasciandogli un leggero bacio sulle labbra.
 
 Zayn le sorrise e le sistemò le ciocche bagnate e scompigliate dietro l'orecchio. Poi riprese la saponetta e la fece voltare di nuovo, cominciando ad insaponarle il corpo.
 

***


 
“Ma come ci arriviamo al club?” chiese Melanie mentre si infilava le scarpe.
 
Tutti i ragazzi erano già pronti mentre le ragazze finivano di prepararsi.
 
“Passa a prenderci Lucas” rispose il riccio.
 
“E dove ci mettiamo tutti?” intervenne Amelie.
 
“Porta un amico con un’altra auto. Ho pensato a tutto babe”
 
Harry fece un’occhiolino alla mora, che alzò lo sguardo verso il cielo. Liam gli diede una gomitata.
 
“Scusa amico” disse Harry ridendo. “Allora, ce la fate o no?” incitò poi le ragazze.
 
Lucas arrivò qualche minuto più tardi, i ragazzi lo salutarono con enfasi e lui presentò loro James, il ragazzo che avrebbe dovuto accompagnarli. Lucas era un loro vecchio amico di scuola, con “i soldi che gli uscivano dal culo”, così come lo aveva definito Niall. Si era trasferito a Sydney due anni prima con i genitori ma di tanto in tanto tornava negli Stati Uniti per un saluto. Era abbastanza alto, fisico scolpito, biondo e occhi color miele. James invece era l’opposto, aveva i capelli scuri e gli occhi di un azzurro intenso,  molto meno muscoloso dell’amico. Era piuttosto carino.
 
“Allora, andiamo?” fece Lucas.
 
Lola, Zayn, Harry e Niall andarono con quest’ultimo, gli altri con James. La citta’ era illuminata dalle luci notturne che scorrevano mentre l’auto avanzava tra le strade affollate. Non ci misero tanto ad arrivare al locale, riconoscibile per la musica assordante e la folla di gente in fila per entrare.  Lucas parcheggiò ma prima di scendere dall’auto si voltò verso i sedili posteriori, rivolgendosi a Niall e Harry.
 
“C’è troppa gente qui, entreremo dal retro. Mark ci sta già aspettando, ci farà entrare e poi statemi dietro, vi porto dal tizio di cui vi ho parlato”
 
Il biondo parlò chiaramente e una volta accertatosi che gli amici avessero capito scese dall’auto e si unì al resto dei ragazzi che erano arrivati con James. Percorsero il perimetro del locale e una volta davanti la porta del retro, Lucas bussò contro freddo ferro nero.  Qualcuno schiuse la porta.
 
“Hey Mark. Ho portato degli amici” fece Lucas sorridendo all’uomo in penombra. Il grosso uomo di colore annuì e li lasciò entrare, richiudendo la porta dietro le spalle di Louis, che era l’ultimo.
Una volta all’interno, la musica era così forte da spaccare i timpani. C’era un sacco di gente, qualcuno ballava divertito, altri pomiciavano, qualcuno vomitò proprio mentre passò Amelie.
 
“Che schifo” imprecò la ragazza.
 
Seguirono Lucas in mezzo alla folla sudata, lo sballo generale era evidente. Proseguirono lungo la sala ed entrarono poi in un'altra stanza meno caotica, riservata ai fumatori. I divanetti erano sparsi qua e là per la stanza ed erano quasi tutti occupati. Quello che doveva essere “il tizio” salutò Lucas con una pacca sulla spalla. Si chiamava Joe, era piuttosto temerario, robusto e tozzo. Aveva una barba folta e qualche dente d’argento, e fissava le ragazze con desiderio. Prese da una valigetta contenente sacchetti pieni d’erba e li mostrò ai ragazzi. Questi, tranne Zayn e Lola, gli diedero la giusta somma di denaro e presero la loro dose.
 
“L’avete mai assaggiata, da queste parti?” domandò Joe.
 
I ragazzi scossero il capo.
 
“Oh, beh, è roba pesante. Vi piacerà sicuramente” sogghignò.
 
“Con quello che l’abbiamo pagata minimo deve farmi arrivare su Venere” sussurrò Niall. Joe lo guardò male, probabilmente l’aveva sentito.
 
Squadrò il resto dei ragazzi, soffermandosi a fissare il seno prosperoso di Lola.
La ragazza lo incenerì con lo sguardo e si voltò verso Zayn, che le strinse la mano e contrasse la mascella.
 
“Andiamo” disse a denti stretti, prendendo la mano della ragazza e guidandola di nuovo nell’altra sala, dove si mischiarono tra la folla in movimento. 



 
Poco dopo si unirono gli altri, già tutti fatti. Risero, risero da morire, si divertirono e ballarono fino a stancarsi, ma non si fermarono. A parte Lola.
 
“Devo andare al bagno” gridò in un orecchio a Zayn.
 
“Vuoi che ti accompagni?” le chiese lui.
 
“No, no, tranquillo”
 
“Va bene, allora vado a prendere qualcosa da bere”
 
Lola annuì prima di lasciargli un bacio sulla guancia ed allontanarsi. Zayn si diresse al bancone. La ragazza, invece, proseguì dalla parte opposta alla direzione indicata dall’insegna “WC”. Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno si fosse accorto di lei, poi entrò nuovamente nella sala fumatori che si era decisamente svuotata. C’erano solo quattro persone adesso. Camminò a passo svelto lungo la stanza raggiungendo la poltrona su cui sedeva Joe.
 
“Ehy, bellezza” la provocò lui, ma l’unica cosa che provocò a Lola fu il disgusto.
 
“Ciao. Vorrei.. Ne compro una” disse accennando alla sigaretta che teneva fra le labbra l’uomo tarchiato.
 
Lui la fissò, dal basso verso l’alto. Lola si maledisse per aver indossato una gonna. Incrociò le gambe provando a nascondersi.
 
“Allora?” fece lei.
 
“L’ho finita” rispose, e la delusione si fece spazio sul volto della ragazza. “Ma i ragazzi possono andare a prendertene in macchina” continuòpoi.
 
Lola ci pensò su un secondo. Fissò gli uomini che si erano alzati ed avevano affiancato Joe, ancora seduto sulla sua poltrona. Prese un lungo respiro prima di parlare.
 
Va bene, ma dovete sbrigarvi” disse poi.
 
Joe sghignazzò e i due uomini lo imitarono.
 
“Avete sentito? Veloci” ordinò poi l’uomo, strizzando l’occhio.
 
Uno dei due bravi di Joe passò accanto a Lola sfiorandole un braccio e le si avvicinò all’orecchio.
 
“Come un fulmine” sussurrò prima di allontanarsi. Lola fu scossa da un brivido di terrore.
 
“Colin, vieni anche tu”
 
I tre lasciarono la stanza e Lola si accorse che era rimasta completamente sola con Joe. La cosa non le piaceva per niente. Si allontanò cercando di non dare nell’occhio, e si sedette su uno dei divani più lontani dall’uomo. Questi rise sotto i baffi. Estrasse dalla tasca della giacca un pacchetto di sigarette e se ne mise una tra le labbra appena libere dallo spinello che aveva spento sotto i piedi. Si alzò, e l’accese. Lola strinse forte il rivestimento del divano, sperando che quei tre facessero in fretta. Forse non sarebbe proprio dovuta andare, Zayn la stava sicuramente cercando. Joe camminava lentamente verso di lei.
 
“Perché sei spaventata, piccolina?” chiese con la sua voce rauca.
 
L’uomo tarchiato cominciò ad avanzare verso Lola, che scosse la testa e si spostò di poco sul divano per allontanarsi. Joe  rise di nuovo.
 
“Sei così bella…” mormorò a pochi metri da lei.
 
A quel punto non riuscì più a resistere e scattò in piedi, le gambe le tremavano mentre indietreggiava.
 
“Non osare toccarmi, pervertito!” gridò con voce titubante.
 
Joe sghignazzò avvicinandosi sempre più: sapeva che era in trappola, la porta era dietro di lui e non l’avrebbe lasciata passare. Lola continuò ad indietreggiare finché non sbattè contro il muro. A quel punto sentiva le lacrime che le pizzicavano gli occhi.
 
“Sei mia, adesso” disse l’uomo con tono divertito.
 
Il sorriso di Joe era spaventoso. Lola provò a scappare dal lato destro ma Joe la bloccò e la spinse di nuovo contro la parete. La ragazza sentì le guance inumidirsi.
 
“Ti prego” sussurrò debolmente.
 
Ti piacerà, vedrai” fece l’uomo, accarezzandole i fianchi.
 
Lola provò a scrollarselo di dosso ma ottenne l’esatto contrario. Joe le teneva fermi i polsi contro il muro in una prese così stretta da farle male, mentre lui premeva il suo corpo contro quello della ragazza. Provò ad avvicinare le sue labbra a quelle di lei, ma si voltò e baciò le sue guance bagnate.
 
“La-lasciami!” gridò lei, e cercò con tutte le sue forze di respingerlo. Ma non ci riuscì.
 
“AIUTO!” gridò allo stremo delle proprie forze.
 
Joe ridacchiò, prima di lasciare uno dei duo polsi e scendere con la mano sul suo sedere, stringendoglielo con forza.
 
Credi che qualcuno possa sentirti?” le sussurrò in un orecchio.
 
La musica della stanza accanto rimbombava nelle orecchie di Lola. La mano dell’uomo si mosse su tutto il fianco della ragazza, poi si allontanò dal suo corpo per arrivare ai propri pantaloni. Si sbottonò la cintura mentre Lola piangeva e gridava aiuto.
 
“Ti farò sentire bene”
 
Lola chiuse gli occhi. Non voleva vedere. Non voleva sentire. Voleva solo non essere lì, voleva aver dato ascolto a Zayn e non essere andata via da lui per una fottuta canna. 
Le mani di Joe erano sulla sua coscia, salirono fino all'inguine e Lola spinse in dietro il bacino per ritrarsi dalla sua lurida mano. Pensò che poteva dargli un calcio alle palle, ma le sue gambe erano incastrate fra quelle di lui. Poteva tirargli un morso, ma indossava la giacca per cui non avrebbe fatto molto effetto. La mano libera della ragazza cercava di spingerlo via ma era troppo debole per un uomo così robusto.

"Vaffanculo" sputò lei quando lui rise per la goffaggine con cui Lola si stava divincolando. 

"Non fare la cattiva, ragazzina" sghignazzò lui. 

Chiuse di nuovo gli occhi, mentre le lacrime le rigavano il viso. Joe stava per abbassarle le mutandine quando qualcuno forzò la porta.

"Lola, sei qui?" 

La voce di Zayn allietò Lola, era come trovare un porto dopo esser stati in pieno oceano per secoli. 

"ZA-" Mark tentò di chiudere la bocca alla ragazza sperando che, nell'angolo buio in cui si trovavano, il moro non si accorgesse di loro. Ma era troppo tardi. Zayn si voltò di scatto e vide l'uomo che stava cercando di violentare la sua ragazza. 

"CHE CAZZO STAI FACENDO, PORCO?" gridò il ragazzo prendendo Mark per la giacca e spingendolo via da lei. L'uomo tarchiato inciampò nei suoi passi e cadde, mentre Lola corse a rifugiarsi tra le braccia di Zayn, tra le quali scoppiò in singhiozzi.




Il moro la strinse così forte a se che quasi non respirava, ma non le importava. Aveva avuto così tanta paura. Le baciò i capelli sussurrandole di calmarsi, ma poi la sua attenzione fu catturata dall'uomo che si stava rimettendo in piedi. Sciolse l'abbraccio di Lola e si avvicinò con rabbia a Joe, colpendolo con violenza in pieno viso. L'uomo cadde all'indietro e si portò le mani sul naso gocciolante, ma Zayn non aveva intenzione di fermarsi. Gli diede un calcio nello stomaco facendolo piegare su se stesso e ne approfittò per dargli una ginocchiata sul volto. 

"SEI UN PEZZO DI MERDA. UN FOTTUTO PEZZO DI MERDA" 

Continuò a prenderlo a calci mentre Joe era ormai quasi completamente ricoperto di sangue. Si piegò a cavalcioni su di lui e prese a prenderlo a cazzotti con una rabbia che faceva orrore. 

"Basta, Zayn... Basta!" 

Lola gli si avvicinò provando a fermarlo ma Zayn la allontanò. 

"Vai via Lola" le ordinò lui, ma la ragazza lo prese per le spalle tirandolo indietro e allontanandolo dal corpo inerme di Joe. 

Solo a quel punto Zayn si rese conto che avrebbe potuto ammazzarlo. L'uomo a terra era bagnato in una pozzanghera di sangue, il viso era lesionato dai colpi del moro e sembrava che nemmeno respirasse. 
Lola gli si avvicinò appena per assicurarsi che fosse vivo. A quanto pare lo aveva fermato in tempo. 

"Andiamo via. Per favore" lo supplicò in lacrime. Zayn si asciugò con un braccio il sudore dalla fronte e si rimise in piedi. Lo sguardo che rivolse a Lola sembrò incenerirla.

"Perché sei venuta qui?” le chiese con durezza.
 
“Volevo… avevo bisogno di liberare un po’ la mente…” sussurrò Lola.
 
“Ma che cazzo hai al posto del cervello, eh?" le gridò infuriato. 

La ragazza pianse ancora più forte.

"Scusa, io non..." 

"Fanculo".

Zayn lasciò la stanza, mischiandosi tra la folla e lasciando la ragazza sola col corpo semi-morto di Joe. Era sconvolta, non riusciva a smettere di singhiozzare. Corse via da li più veloce che poteva, si fece largo tra la gente cercando disperatamente un viso conosciuto. Intravide Melanie che ballava allegramente con Niall e Louis e le corse incontro. 

"Mel! MEL!" gridò tra un singhiozzo e l'altro. 

Stupita Melanie accolse l'abbraccio improvviso dell'amica, che la strinse forte mentre piangeva sulla sua spalla.

"Ehi, ehi, calmati" le sussurrò lei. 

I due ragazzi chiesero spiegazioni, ma Mel non fu in grado di dargliela.

"Shhh, calma Lol. Vieni, andiamo fuori." 

Accompagnò Lola fuori il locale, era così sconvolta che non riusciva nemmeno a tenersi in piedi. Trovarono Harry e Lucas accanto all'auto che cercavano di rimorchiare due ragazze.

"T-t-torniamo" singhiozzò Lola. 

Melanie annuì. 

"Hey, Harry" gridò all'amico mentre gli si avvicinava. Il riccio allontanò la mano dalle chiappe della bionda di fronte a lui e si voltò in direzione delle amiche. Quando lui e Lucas videro Lola si ricomposero e le si avvicinarono, il trucco sciolto contribuiva a stravolgerle il viso solcato dalle lacrime 

"Che ha combinato?" chiese Harry.

"Non lo so, ma è meglio se rientriamo" fece Mel.

"Ma.." provò ad obiettare Lucas indicando la sua rossa che si stava spazientendo.

"Lucas!" lo rimproverò Mel.

"Okay, okay. Vado a cercare gli altri"

***

"Ciao Lucas. Grazie del passaggio. Ciao James!" 

Lola era riuscita a calmarsi durante il tragitto. Zayn andò con James e quando rientrarono era ancora arrabbiato con lei. Lola si sedette sullo sgabello attorno all'isolotto in cucina mentre Alison le prendeva un bicchiere d'acqua fresco. 

"Mio Dio Lol... Mi dispiace da morire" 

Madison la abbracciò ma Lola scosse la testa.

"È colpa mia. Non sarei dovuta andare" 

Zayn la guardò per qualche secondo prima di tornare a fissare il vuoto.

"Non dire così" disse Ali.

"Brutto porco bastardo" imprecò Niall.

"Cazzo meno male che Zayn è arrivato in tempo..." intervenne Harry.

"Già..." sospirò la ragazza.

Louis si avvicinò al divano su cui era seduto il moro. 

"Hey amico, andiamo un po' fuori, eh?" propose il castano allungando una mano per aiutarlo ad alzarsi. 

Zayn lo fissò, prima di accettare e seguire l'amico in giardino. Lola osservò i due uscire. Appoggiò i gomiti al tavolo e si portò la testa tra le mani. Aveva combinato un casino. Mel le si avvicinò, accarezzandole per un po i capelli.

"Andiamo a letto, che ne dici?" propose la bionda.

"È stata una serata da dimenticare".
 

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Capitolo 6
*** 5. Louis ***


               5. Louis



               “Come stai?” chiese Louis mentre si sedeva accanto al moro.
Quest’ultimo estrasse un pacchetto di sigarette dalla tasca interna del suo giubbotto di pelle e se ne infilò una tra le labbra. Si tamponò le tasche dei jeans alla ricerca di qualcosa che non trovò, ma quando rialzò lo sguardò vide la mano di Louis che gli porgeva l’accendino.
                “Grazie” mormorò accendendosela e prendendo un lungo sospiro. Il respiro gli tremava.


                “Vuoi?” chiese poi all’amico offrendogli una sigaretta.
Il castano scosse la testa, e Zayn rimise il pacchetto in tasca sbuffando ghirigori di fumo.
                “Cazzo, perché dev’essere sempre così fottutamente cocciuta?” grugnì poco dopo.
Louis ridacchiò sommessamente.
                “E’ fatta così”  sospirò.
                “Si ma non si rende conto di quello che fa. Avrei potuto ucciderlo, Lou…” replicò Zayn in un misto di disgusto e spavento.
                "Io non... non riuscivo a fermarmi... continuavo a colpirlo e volevo che smettesse di respirare..."
Louis fissò l'amico spaventato da se stesso. Le sopracciglia gli si erano incurvate e teneva i pugni serrati sopra le ginocchia. Sapeva quanto dolore gli aveva causato il suo essere impulsivo, sapeva che i compagni di scuola lo allontanavano e sapeva che era stato espulso ben due volte per aver avuto un comportamento violento: lui c'era. Lui era l'unico ad essere rimasto.  E Zayn aveva promesso, a Louis e a se stesso, di non fare più a botte con nessuno.      
                "E' stato necessario Zayn. Nessuno te ne sta facendo una colpa, anzi. Hai salvato Lola"
             "Si ma si sarebbe potuto evitare. Per cosa? Per una cazzo di canna?” sbottò il moro esasperato.
Louis si coricò sulla distesa di prato verde del giardino della loro casa e incrociò le braccia dietro la sua testa. Si soffermò ad osservare le stelle che quella sera erano leggermente più visibili.  Non fu in grado di dare una risposta all’amico. Probabilmente solo Lola poteva, probabilmente non era nelle condizioni di consolare qualcuno. Zayn aveva bisogno di sfogarsi, e lui era lì per quello, c’era sempre per lui, ma la verità era che aveva bisogno che qualcuno ci fosse per lui. Si voltò a fissare l’amico assorto nei suoi pensieri, mentre osservava le increspature dell’acqua della piscina distante pochi metri da loro.
                “Zayn”
Louis chiamò il moro che prese l’ultimo tiro e gettò la sigaretta alle sue spalle. Si voltò a guardarlo con aria interrogativa.
                “Si?”
No, non ce la faceva a parlarne. Non poteva. Voleva rimuovere tutto, doveva rimuovere tutto, tutti si aspettavano che lui lo avesse già fatto. Zayn si aspettava che lui fosse forte, e doveva esserlo soprattutto per lui. Il castano si alzò in piedi, seguito dallo sguardo di Zayn.
                “Credo che dovresti parlarne con lei” disse, prima di voltarsi e rientrare in casa, lasciando l’amico in preda alla confusione.
 
C’era una sola cosa di cui Louis avesse bisogno in quel momento. Una sola persona che riusciva a distoglierlo da tutti i suoi pensieri. Si diresse verso la camera da letto e bussò piano, quando non sentì risposta entrò e la luce proveniente dal corridoio illuminò fievolmente la stanza. Lola e Melanie erano rannicchiate l’una accanto all’altra nello stesso letto, gli occhi di Lola erano incorniciati da una macchia nera causata dalla matita sciolta durante il pianto. Melanie le teneva una mano, ma non dormiva. Sollevò piano il capo, chiudendo gli occhi in due fessure per il fastidio della luce.
                “Mel” sussurrò Louis.
                “Che c’è?” fece lei.
                “Ho bisogno di parlarti”
Le sopracciglia della ragazza si inarcarono in un’espressione stupita mentre fissava l’amico sulla porta. Tirò un sospiro e lasciò gentilmente la presa di Lola. Scivolò piano giù dal letto e, mentre camminava verso l’uscita, si legò i capelli in una coda. Louis la guardò mentre gli si avvicinava. Indossava una canotta aderente  bianca che metteva in evidenza le sue forme e dei pantaloncini cortissimi che scoprivano le sue lunghe gambe vellutate. Sorrise sotto i baffi prima di prenderle la mano e trascinarla in giardino.
Questo era completamente deserto, di Zayn era rimasta soltanto la cicca di sigaretta che ancora emanava soffi di fumo.
                “Mi spieghi che succede?” chiese la ragazza confusa.
Louis arrivò fino all’ombra del grande salice che si innalzava nell’angolo destro del giardino, spingendo delicatamente Mel contro la sua quercia. Appoggiò le mani ai lati della sua testa e le si avvicinò. Il respiro gli si fermò mentre i battiti cardiaci di entrambi aumentavano a dismisura. Agganciò gli occhi della ragazza coi suoi rivolgendole uno sguardo che era insieme passione e desiderio. Anche Mel smise di respirare.
Poi Louis la baciò, e a quel punto i corpi dei ragazzi si incastrarono l'uno nell'altro come se fossero fatti per stare insieme. Le labbra si sfioravano alla ricerca l'una dell'altra mentre Louis prendeva tra le mani il volto della ragazza e lo premeva con ancora più insistenza contro il suo. Melanie intrecciò le dita fra i morbidi capelli del castano e tirò qualche ciocca facendo ritrarre appena Louis e sul suo volto spuntò un'espressione di divertimento.
                "E questo che significa?" chiese Mel interrompendo il bacio.
                "Significa che sei bella" rispose il ragazzo continuandole a lasciare baci delicati sulle labbra.
                "E che mi piaci" continuò, provocando un evidente rossore sulle guance di Mel che sperò con tutta se stessa che il buio della notte sapesse nascondere.
                "E poi significa che ho bisogno di te"
Quando pronunciò queste parole, Louis si allontanò dal volto della ragazza per poterne osservare l'espressione. Melanie sapeva che in quel periodo della sua vita Louis fosse particolarmente fragile, e le andava bene poter curare le sue ferite. La preoccupazione sul viso di lui lo rendeva così dolce che avrebbe voluto stringerlo così forte da spazzargliela via, ma il fatto era che aveva paura. Paura di come sarebbe potuta andare. Paura di rimanere delusa. Aveva paura perché sapeva l’influenza che aveva Louis su di lei, influenza che non aveva avuto mai nessuno nei suoi confronti, e aveva paura di quello che sarebbe potuta diventare.
Melanie accarezzò una guancia del ragazzo mentre osservava i suoi lineamenti perfetti. I suoi occhi erano di un azzurro intenso, che sembravano penetrargli nella pelle e guardarla dentro. Si sentiva nuda ogni volta che le rivolgeva quello sguardo, lo sguardo di chi cerca di interpretare l'espressione su un volto. Le sue labbra sottili si schiusero per facilitargli la respirazione che stava divenendo sempre più difficile mentre attendeva che Melanie parlasse. La bionda arrossì di nuovo.
                "Io sono qui" mormorò poi.
Louis tirò un sospiro quasi di sollievo e la strinse contro il suo petto, avvolgendo le braccia intorno al suo collo. Melanie piegò le sue dietro la sua schiena e strinse tra le dita la maglia bianca che indossava il ragazzo. 
                "Grazie" sussurrò lui baciandole la fronte, prima di rivolgerle un sorriso che lei ricambiò  spontaneamente.
                "Ora però se non ti dispiace sto morendo di freddo, quindi se mi hai detto tutto quello che avevi da dirmi..." sdrammatizzò Melanie indicando l'interno.
                "Si, credo di averti detto tutto" rise il castano.
                "Bene, allora buonanotte" lo salutò lasciandogli un bacio sulle labbra e si diresse verso l'interno.
Sul viso di Louis comparve un sorriso che non riuscì a trattenere mentre osservava la ragazza allontanarsi. Gli piaceva, e gli piaceva davvero tanto.
                "'Notte" mormorò tra sé e sé.
 

***

 
Da quella notte Louis e Melanie cominciarono ad essere coinvolti in una complicità quasi unica. Una di quelle complicità che si ha tra due migliori amici. Non si può dire che Louis e Melanie si fossero messi insieme, a guardarli dall'esterno nessuno avrebbe detto che ci fosse stato del tenero tra di loro. Scherzavano e si prendevano in giro come avevano sempre fatto e la notte, quando avevano freddo o quando si sentivano soli, passavano del tempo insieme. Non ci fu nessun’altro bacio né altri comportamenti che lasciavano intendere che ci fosse qualcosa di più. Non se lo dissero, ma capirono che prima di iniziare qualcosa di nuovo avevano bisogno di chiudere col passato. E Melanie era la medicina migliore contro le malattie di Louis. Stavano aspettando, aspettando che fosse il momento giusto per cominciare. Nessuno lo sapeva a parte forse Lola e Zayn che avevano intuito qualcosa, ma probabilmente non sospettavano nemmeno che si fossero baciati.
 
               
Quella sera i ragazzi decisero di passare la serata in centro. Come al solito, Lucas e James li
passarono a prendere e li accompagnarono nella zona più affollata di Sydney. Una volta arrivati,
l’attenzione delle ragazze fu quasi immediatamente catturata dai centinaia di negozi che, con le loro vetrine colorate, sembravano gridare “GUARDACI”. Per cui, volendosi risparmiare lo strazio di assistere a quattro ragazze in preda allo shopping, le strade dei ragazzi e delle ragazze si divisero.
Lucas, James, Louis, Zayn, Harry, Liam e Niall camminarono per minuti interminabili, cogliendo l’occasione per adocchiare qualche australiana carina. Poi Liam propose di cambiare menù.
                “Ehi Lucas, qual è il miglior bar dei dintorni?” chiese all’amico che rispose dopo essersi consultato con James.
                “Il Nightmare, di sicuro”
             “Che ne dite se passiamo a bere qualcosa?” propose poi il ragazzo.
                “Si, anch’io ho la bocca asciutta” intervenne il riccio.
E così, in meno di quindici minuti, i sette si ritrovarono nel locale.


Era un posto esteticamente abbastanza elegante, ma per nulla formale. La gente si sfidava a chi beveva più alcolici in trenta secondi e Niall avrebbe giurato di aver visto una pasticca sciogliersi in un cocktail. Le poltrone in pelle erano disposte in cerchio attorno a tavolini di vetro e i ragazzi occuparono quelli più vicini alla vetrata che affacciava sull’esterno. Le cameriere si muovevano velocemente per il locale, chiamate una volta da uno e una volta da un altro, e sembravano non aver notato la mano alzata di Louis che cercava di richiamare la loro attenzione.
                “Fanculo, vado al bancone. Giro di birra?” chiese agli altri, che concordarono unanimi.
Il castano si diresse verso la cassa estraendo il portafogli dalla tasca posteriore dei jeans. Mentre attendeva che le quattro persone davanti a lui si sbrigassero tamburellava col piede sul pavimento, anch’esso di vetro.
                “Sette birre grandi” ordinò quando fu il suo turno. Il cassiere annuì e digitò i prezzi sulla tastiera della cassa.
                “Bevi tanto, eh?” sussurrò una voce alle spalle di Louis. Questi si voltò di scatto e si trovò davanti la bella donna bionda che gli aveva dato il benvenuto la prima sera che arrivarono a Sydney che gli rivolgeva un ampio sorriso.
                “Ehi…” fece per salutare leggermente imbarazzato, dal momento che non conosceva nemmeno il suo nome.
                “Ashley” intervenne in soccorso lei, sorridendo.
                “Louis” si presentò il castano accettando la mano che la ragazza gli aveva offerto.
Ashley fece un cenno indicando qualcosa dietro le spalle di Louis e quando si voltò vide che il commesso gli stava porgendo lo scontrino.
                “Fammi anche un gin tonic” aggiunse poi il ragazzo prima di cingere con un braccio i fianchi della bionda e portarla accanto a lui. Ashley fece un risolino divertito.
Louis portò i due scontrini al cameriere dietro il bancone che li prese e chiese il numero del tavolo.
                “Ventiquattro” rispose il ragazzo.
Il cameriere annuì prima di rivolgersi ad un altro cliente. Quando Louis tornò al tavolo insieme ad Ashley, i ragazzi rimasero sopresi e colpiti allo stesso tempo. Sopresi perché non si aspettavano che Louis riuscisse ad agganciare una ragazza in così poco tempo, colpiti perché la bellezza di Ashley era disarmante, per non parlare dei suoi vestiti aderenti che lasciavano ben poco all’immaginazione.
                “Ragazzi, vi presento Ashley” fece Louis sogghignando per la reazione degli amici, che la salutarono calorosamente.
             “Una… mia intima amica”
I ragazzi risero e Ashley diede un colpetto sulla spalla del ragazzo, divertita.
                “Ti dai da fare, eh Louis?” commentò ridendo Lucas.
Il castano sorrise e scosse la testa. Proprio in quel momento, una cameriera arrivò con un vassoio e le loro ordinazioni. Louis prese la sua birra e offrì il gin tonic ad Ashley che lo ringraziò educatamente, poi salutò gli altri con un “ci vediamo dopo” e accompagnò la ragazza fuori dal locale.
                “Non pensavo ti avrei mai rivista” disse il castano mentre i due si incamminavano verso il lungo mare.
             “Nemmeno io” mormorò la ragazza sorseggiando il suo drink.
Prima di scendere in spiaggia, Louis ed Ashley si tolsero le scarpe. La sabbia era fredda e morbida mentre carezzava i loro piedi nudi. Lo spettacolo che offriva il mare che rispecchiava il chiarore della luna piena era indescrivibile. Le onde si infrangevano sulla riva con così tanta delicatezza che a stento si udivano. Quando furono abbastanza lontani dalla strada, i due si sedettero sulla distesa dorata ad ammirare lo spettacolo che avevano davanti.
             “E’ splendido, non è vero?” commentò Ashley, gli occhi fissi sull’infinito blu davanti a loro.
             “Già..” disse Louis fievolmente.
             “Hai mai fatto il bagno a quest’ora?” chiese la ragazza, voltandosi verso di lui.
Il castano scosse il capo senza distogliere lo sguardo dal mare.
                “No?” chiese di nuovo con più insistenza, come se non fosse possibile che il cenno del ragazzo equivalesse ad una risposta negativa.
Louis guardò la sua espressione sbalordita e sorrise lievemente.
                “No” confermò con leggerezza.
             “Ma è inconcepibile! Devi assolutamente provare!” e dicendo così posò il bicchiere ormai vuoto sulla sabbia, prese una mano del ragazzo e lo tirò a sé con forza, costringendolo ad alzarsi.
Louis rideva cercando ci non lasciarsi trascinare.
             “No, dai, adesso no” provò a dissuaderla, ma fu invano.
 Insistente, Ashley continuava a tirarlo verso l’acqua.
                “Non dirmi che hai paura?” lo stuzzicò poi fermandosi di colpo e fissandolo con aria di sfida.
Louis scosse il capo.
                “Io non ho paura di niente, tesoro” ammiccò mentre la bionda gli faceva il verso.
                “E’ che non ho il costume” abbozzò il ragazzo.
                “E allora?”
Ashley alzò le sopracciglia come se l’affermazione di Louis fosse la più stupida del mondo. Alzò gli occhi al cielo prima di avvicinarsi al castano e cominciare a sbottonargli la camicia.
                “Tanto non hai nulla di cui vergognarti, no?” sussurrò la bionda cercando palesemente di provocarlo.
E, palesemente, Louis non riuscì a resistere. Sorrise e avvicinò le sue labbra a quelle della ragazza premendo con foga mentre lei gli toglieva di dosso la camicia. Lui fece lo stesso sfilandole per il capo la canotta azzurra, e procedendo poi con gli short. Anche i suoi jeans scivolarono velocemente via. Senza interrompere il bacio, Ashley era riuscita ad attirare Louis verso la riva e ora i loro piedi venivano bagnati dall’acqua tiepida del mare. Quando il ragazzo se ne accorse scosse il capo sogghignando.
                “Sei proprio una stronza, lo sai?”
Ashley gli fece l’occhiolino prima di sfilarsi le mutandine e il reggiseno con naturale semplicità e correre incontro all’irresistibile freschezza che il mare emanava. Quando raggiunse una zona abbastanza profonda si immerse completamente risalendo in superficie coi capelli bagnati che le cadevano lungo le spalle nude e un enorme sorriso a riempirle il viso.


                “Non mi raggiungi?” gridò al ragazzo che era rimasto immobile a guardarlo, incantato dalla sua bellezza. Questi si guardò attorno per accertarsi che non ci fosse nessuno prima di far scivolare i boxer lungo le gambe e dirigersi esitante verso la bionda che lo incitava a sbrigarsi.
Sentire l’acqua calda che mano a mano bagnava la sua pelle era una sensazione migliore di quanto si aspettasse. Prima di raggiungere Ashley si tuffò a capofitto per assaporare a pieno quella sensazione di libertà e spensieratezza. Quando risalì si trovò a pochi metri di distanza dalla bionda, che lo aspettava sorridente.  Le si avvicinò annullando la poca distanza e i loro corpi bagnati si sfiorarono facendo rabbrividire la loro pelle. Il castano avvolse le sue braccia intorno ai fianchi di Ashley  al di sotto del livello del mare e fece poi scivolare una mano sul suo sedere, stringendoglielo un po’ e mordendosi divertito un labbro.
La ragazza gli fece una linguaccia prima di saltargli in braccio con facilità, visto che l’acqua la rendeva incredibilmente leggera.
                “E’ la notte delle nostre prime volte”  sussurrò Ashley a Louis, che sentiva il suo respiro sulla pelle.
Lui la guardò interrogativo.
                “Il tuo primo bagno a mezzanotte… la mia prima volta in acqua…” mormorò lentamente, avvicinando mano a mano che parlava le sue labbra a quelle del ragazzo. Sfiorò il sorriso di Louis, prima che lui la baciasse delicatamente.
E per la seconda volta da quando erano arrivati in Australia, Louis e quella ragazza sconosciuta fecero l’amore come se si conoscessero da tutta la vita, perché era così che si erano sentiti per quel poco tempo che avevano passato insieme. Nessuno dei due conosceva la storia dell’altro, e forse questo permetteva loro di essere loro stessi senza timori e preoccupazioni, permetteva loro di lasciarsi andare, condividendo le stesse colpe.
 





***

 
                “Ehi miss intelligenza, adesso come ci asciughiamo?” chiese il ragazzo mentre lui e Ashley ritornavano in spiaggia.
                “A questo non ci avevo pensato” borbottò lei mentre si infilava la biancheria intima.
Louis alzò gli occhi al cielo facendo attenzione a non toccare la sabbia con altre parti del corpo al di fuori dei piedi. Odiava quando gli si appiccicava addosso.
Si rivestirono velocemente, inumidendo tutti i vestiti. Ashley tirò fuori il cellulare dalla borsetta che aveva camuffato in mezzo ai vestiti e fissò lo schermo. Con la coda dell’occhio, Louis riuscì a vedere che le erano arrivati due messaggi da parte di un certo Bill. Senza nemmeno visualizzarli, Ashley li cancellò. Poi rimise il telefono in borsa e la appoggiò dietro di se, distendendosi su di essa come fosse un cuscino.
                “Chi è Bill?” domandò Louis imitandola.
                “Che fai, mi spii?”
Ashley lo fissò, divertita dalla sua espressione seria.
                “E’ il mio fidanzato” continuò poi, rivolgendo lo sguardo in alto verso il cielo stellato.
Le sopracciglia di Louis si inarcarono. Che quella ragazza potesse avere un ragazzo non ci aveva neanche mai pensato. Ma dopotutto non sapeva niente di lei. Così come lei non sapeva nulla di lui.
                “Sa che lo tradisci?”
             “Credo abbia cominciato a sospettare qualcosa, ma non ha il coraggio di mollarmi”
             “E nemmeno tu”
Louis si voltò verso la ragazza. Sentendosi osservata, Ashley ricambiò lo sguardo del castano, che la scrutava a fondo. Gli sorrise flebilmente, poi tornò a fissare le stelle, e Louis non ricevette risposte. Rimasero in silenzio per un po’, ognuno immerso nei propri pensieri.
Louis si chiedeva se il fatto che Ashley fosse fidanzata avesse cambiato le cose. Dopotutto tra loro c’era solo sesso, nessun tipo di rapporto. Eppure si sentiva diverso, come se adesso tutto quello che era successo tra di loro fosse completamente sbagliato. Si sentiva in colpa, perché sapeva cosa voleva dire vedere la propria donna insieme ad un altro, sapeva quanto faceva male. Probabilmente, se avesse saputo di Bill prima, non l’avrebbe mai portata in spiaggia. Lui l’aveva fatto per divertirsi, perché Ashley l’attraeva e per non pensare a nulla e di sicuro anche lei l’aveva fatto per lo stesso motivo, ma lei aveva qualcuno a casa che l’aspettava, qualcuno che si chiedeva perché stesse facendo così tardi, qualcuno tormentato dal pensiero che lei potesse essere nel letto di qualcun altro. Lui, invece… lui ce l'aveva qualcuno a casa ad aspettarlo?  Non era sicuro di conoscere la risposta. Forse l’unica colpevole non era solo Ashley. Forse lui era colpevole quanto lei.
                “Sai perché non ho mai fatto il bagno di notte?”
Louis interruppe il silenzio, mentre il vento  mite soffiava tra i loro capelli.
                “Perché?” chiese la bionda sinceramente incuriosita.
                “Quando avevo quattordici anni il mio migliore amico annegò” disse piano il castano.
Ashley si voltò verso di lui con aria preoccupata, ma non commentò. Lo lasciò continuare.
                “Si chiamava Charlie e condividevamo praticamente tutto. Non ricordo nemmeno quanti guai combinavamo ogni giorno… era come un fratello per me. L’estate dei nostri quattordici anni la trascorremmo insieme. Insistemmo per tutto l’anno coi nostri genitori che alla fine si convinsero a portarci nello stesso villaggio. La notte di ferragosto ci permisero di trascorrerla in spiaggia insieme a tutti gli amici che c’eravamo fatti lì. Eravamo tipi solari, stavamo simpatici a tutti. Organizzammo un enorme falò, e ci divertimmo, ci divertimmo un sacco. E bevemmo. Eravamo insieme a quelli più grandi per cui per non sentirci piccoli bevemmo tanto. Non eravamo tanto abituati all’alcool, a quattordici anni sapevamo divertirci con cose ben più semplici. Poi Charlie vide una scogliera e gli venne l’idea di tuffarsi da lì. “Dai, vieni, è una figata” mi gridava, ma io mi sentivo troppo male per seguirlo. Così mi accasciai sulla sabbia, guardandolo allontanarsi verso le rocce. Fu l’ultima volta che lo vidi. Persi i sensi, e li perse anche lui, solo che lui era in acqua e nessuno si accorse di lui. Io ero troppo ubriaco per accorgermene, ero troppo ubriaco per alzare il culo e andarlo a salvare. Da allora a malapena faccio il bagno di giorno.”
Per tutto il tempo in cui Louis aveva parlato, non aveva distolto lo sguardo dal blu della notte nemmeno una volta. Solo quando ebbe finito si voltò verso Ashley.
                "Grazie" mormorò sotto voce.
Non lo aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno a Zayn, ma Ashley l'aveva aiutato a combattere le sue paure e intoltre aveva l’opprimente bisogno di sfogarsi con qualcuno. 
La bionda gli si avvicinò cautamente e gli lasciò un bacio sulla guancia, poggiandogli la mano sul petto e accarezzandolo piano.
                “Mi dispiace” sussurrò al suo orecchio, mentre gli baciava la spalla.
Louis le sorrise, portando una mano sulla sua guancia e accarezzandola con il pollice, e le baciò dolcemente la fronte.
                “Credo che debba rientrare” mormorò piano il castano.
La bionda annuì e si mise in piedi, seguita da Louis. Ad un certo punto, Ashley prese a ridere all’improvviso.
Louis la guardò come se fosse pazza.
                “Che c’è?”        
             “Il bicchiere. Mi sono portata via il bicchiere del locale”
Louis fissò il bicchiere vuoto che Ashley teneva tra le mani e rise insieme a lei.
                “Hai rubato un bicchiere, vergogna!” scherzò prendendo la sua bottiglia e gettandola nel bidone più vicino. Ashley lo raggiunse che ancora rideva.
                “Devo buttarlo?” domandò tenendo il bicchiere sospeso sopra la pattumiera.
                “No, tienilo per ricordo” fece sarcastico Louis.
                “Vivo con Bill, non posso” rispose seria. “Tienilo tu” e glielo porse.
Louis sorrise.
             “Guarda che stavo scherzando”
             “Io no. Così ti ricorderai di me”
Il ragazzo rimase per un po’ a fissare il bicchiere che Ashley gli stava porgendo. Non aveva il suo numero, ne sapeva dove abitava, non conosceva nulla di lei e probabilmente di lì a qualche settimana sarebbe stato distante da lei tre continenti. Per cui accettò quella specie di regalo, rendendo felice la ragazza.
Ma era sicuro che non gli serviva quel bicchiere per ricordarsi di lei: sapeva che non l’avrebbe mai dimenticata.
 

***

 
                “Sicura che non vuoi che ti accompagni a casa?” chiese forse per la duecentesima volta Louis.
                “Si, tranquillo, dirò a Bill di passarmi a prendere qui” lo rassicurò Ashley.
                “Sicura?”
             “Ti dico di sì. Guarda, è già che chiama”
Ashley mostrò la chiamata in arrivo di Bill sul cellulare e la cosa parve rassicurare un po’ Louis. Annuì e le lasciò un leggero bacio sulle labbra.
                “Addio” sussurrò mentre la bionda rispondeva al telefono. Lei gli sorrise, poi lui si voltò e si incamminò verso l’uscita. Prese il cellulare e chiamò Zayn.
                “Ma dove cazzo sei?” sbottò il moro.
                “Fuori al Nightmare, no?”
             “Ce ne siamo andati un’ora fa, coglione. Ti passiamo a prendere, non ti muovere” e dicendo così staccò il telefono. Louis sorrise, prima di rimettere il telefono in tasca e appoggiarsi contro il muro.
Dopo qualche minuto, un auto nera accostò proprio di fronte il locale. Pensava fosse Lucas, poi si ricordò che lui non aveva un Audi, e non era nera. Poi capì. Ashley uscì dal locale passandogli accanto e si diresse a passo svelto verso l’auto. Entrò e baciò Bill con leggerezza prima di tornare comoda al suo posto e allacciarsi la cintura. Mentre l’uomo accelerava, la bionda fece un occhiolino a Louis che sorrise appena, poi scomparse nel traffico.
 
L’auto successiva fu quella giusta. Dall’interno, Lucas fece cenno al castano di entrare.
                “Passato una bella serata?” chiese Louis quando si fu accomodato.
                “Non tanto quanto la tua” ironizzò Harry divertito.
In meno di mezz’ora le due auto di Lucas e James erano parcheggiate davanti all’appartamento dei ragazzi.
                “Ciao fiamma” salutò James riferendosi a qualcuno che Louis non riuscì ad identificare.
                “Ciao coglione!”
Madison chiarì i suoi dubbi. Il moro rise, poi fece inversione e sfrecciò via, seguito da Lucas.
                “Mi sono perso qualcosa?” chiese Louis stuzzicandola.
                “No ti sei perso tu!” sbottò la rossa infastidita. “Ma che fine avevi fatto? E perché hai un bicchiere vuoto in mano? Sembri un idiota”
                “Affari” rispose lui con aria da sbruffone.
Madison roteò gli occhi, poi rientrò in casa insieme a tutti gli altri.
Louis si recò in camera da letto dove sistemò il bicchiere nella sua valigia, ma non poteva ancora andare a dormire. C’era una cosa prima che doveva fare. Tornò in cucina, si avvicinò a Mel e le prese una mano, trascinandola verso l’esterno. Nessuno ci fece granché caso, stanchi e assonnati com’erano.
                “Che altro succede?” domandò la ragazza nervosa. Si era preoccupata per Louis, nessuno sapeva dove fosse e non rispondeva al telefono, tra l’altro i ragazzi non volevano dirle il motivo per cui si era allontanato da loro.
                “Sono stato con una ragazza, stanotte”  confessò il ragazzo deciso.
                “Volevo che lo sapessi da me e non… dagli altri”
Melanie rimase sbigottita, tutto si aspettava tranne che quello. Per una frazione di secondo, si poteva leggere chiaramente la delusione nei suoi occhi, ma il secondo dopo fu sostituita da un finto sorriso rivolto all’amico.
                “Beh sono… sono contenta che ti 'godendo le australiane'” abbozzò continuando a sorridere, riportando le parole del castano di qualche giorno prima, in aereo.
                “Scusa”
L’espressione di Louis era sinceramente dispiaciuta, per nulla convinto delle congratulazioni della ragazza.
                “Ma scherzi? E per cosa?” fece la ragazza con apparente tranquillità.
                “Perché ti ho baciato quella sera e perché non credo di essere pronto”
Il ragazzo si sentiva maledettamente in colpa. Sapeva che stava ferendo i sentimenti di Melanie e l’ultima cosa al mondo che voleva era farle del male.
                “Ma non devi scusarti, è tutto ok, davvero”
Mentiva. Louis lo sapeva.
                “Meriti il meglio, Mel, lo giuro”
             “Lo so” rise la ragazza, provando a sdrammatizzare.
                “Dai, stai tranquillo. Amici come prima?”
Louis la attirò a sé in un abbraccio silenzioso. Le voleva bene, le voleva bene davvero, ma non si sentiva all’altezza di iniziare una nuova relazione. Aveva paura di ferirla, aveva paura di non esserle fedele, e non voleva che questo accadesse.
Mentre Louis la stringeva, Mel sentiva gli occhi pizzicare. Col mento poggiato nell’incavo del collo del castano, sbatteva velocemente le palpebre per impedire alle lacrime di uscire fuori. Ma non avrebbe resistito a lungo. Quando sciolse l’abbraccio, tornò a sorridere come se nulla fosse.
                “Ora però sto morendo di sonno. Buonanotte sciupafemmine” ironizzò la bionda.
Louis non rise. La lasciò andare via, alle sue spalle. Melanie corse. Nessuno se ne accorse. Si chiuse in bagno, e si lasciò finalmente andare a tutto il dolore che per troppo tempo aveva tenuto dentro.










Okay credo di non aver mai scritto così tanto in un solo capitolo, in questo periodo l'ispirazione è alle stelle ahah
Grazie a chi segue la storia, a chi recensisce e a chi l'ha messa nei preferiti, anche se le recensioni stanno calando sono ottimista e spero ne verrà fuori una bella storia. 
Per il momento qualche idea ce l'ho, anche perchè come ho detto alcune parti della relazione di due personaggi (indovinate quali?) l'ho "vissuta" in prima persona per cui per quanto riguarda il loro svolgimento, so già tutto lalala
Diverso è invece per tutti gli altri, per i quali dovrò improvvisare...spero di non creare casini ahah
Au revoir xx :) 
             

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Capitolo 7
*** 6. Madison ***


               “Si, nonna, sto mangiando”
Madison scosse il capo ridendo mentre passeggiava avanti e indietro per la camera da letto al telefono con la nonna.
                 “Adesso mi passi la dottoressa Parker, per favore?”chiese con gentilezza.
                 “Ciao nonna, ti voglio bene”.
Dopo qualche minuto, la rossa salutò la donna all’altro capo del telefono.
                 “Come sta?”chiese preoccupata.
La risposta della dottoressa sembrò rincuorarla perché tirò un sospiro di sollievo, sedendosi sul letto più vicino come se gli mancassero le forze.
                “Mi sono spaventata da morire” borbottò più a se stessa che al telefono.
In quel momento la porta si aprì e ne entrò Amelie, che si tolse le scarpe per infilare le ciabatte.
                “Si, ok. La richiamerò la settimana prossima per sapere come procede. Arrivederci” salutò Madison e riattaccò.
La mora parve intuire con chi l’amica stesse parlando e si sedette sul letto accanto a lei, con le gambe incrociate.
                “Allora? Cos’era?” chiese spostandole una ciocca di capelli dal viso e portandola dietro il suo orecchio.
                “Niente, solo un po’ di bassa pressione” mormorò sovrappensiero.
                “Visto? Te l’avevo detto che non c’era da preoccuparsi. Tua nonna è una tipa tosta, se la caverà”
Madison si voltò verso l’amica che le sorrideva confortante, e ricambiò il sorriso annuendo.
Qualche istante dopo il telefono di quest’ultima vibrò sulla sua coscia sinistra. Sul display comparì la scritta “un nuovo messaggio in arrivo”. Quando la ragazza lesse il nome del mittente, un sorriso spontaneo andò a riempire le sue labbra carnose.
Amelie, che aveva scorto quel sorriso sommesso, la fissò con le sopracciglia inarcate e un sorriso accusatorio sul viso.
                “C’è qualcosa che devi dirmi?” chiese dopo aver incrociato le braccia al petto.
Madison rise appena, scuotendo il capo.
                “No, Amy, non c’è niente da dire. E’… soltanto… J—m-s” borbottò in modo volontariamente incomprensibile.
                “Chi?”
La ragazza sbuffò divertita.
                “James” ripetè poi con più chiarezza, dopo essersi schiarita la gola.
                “Lo sapevo!” fece l’amica entusiasta.
                “Ma sapevi cosa? Siamo amici e basta. Tra l’altro è di un fastidioso assurdo, mi da ai nervi”
Amelie trovò divertente il fatto che James fosse “irritante” per Mad visto che l’aveva capito da giorni che lui le piaceva.
                “E perché sarebbe fastidioso?”chiese stendendosi dietro di lei.
                “E’ troppo sicuro di se, è arrogante, presuntuoso, orgoglioso e super preciso” rispose lei porgendole il telefono come per provare che aveva ragione.
Il messaggio diceva:
 

Sono quarantotto ore che non ci vediamo e lo so che stai morendo dalla voglia di vedermi.’

 
La mora scosse il capo sorridendo, e restituì il cellulare all’amica.
                “Chi si somiglia si piglia, no?”
Amelie si rialzò e si diresse verso il corridoio sotto lo sguardo accigliato di Madison.
                “Che cosa vorresti dire?”
                “Magari non sarai presuntuosa, ma sei arrogante, orgogliosissima e potrebbero incoronarti miss perfettina”e dicendo così lasciò la stanza, dando all’amica qualcosa su cui riflettere. Madison ci ragionò su per qualche secondo.
                “Ma non era ‘gli opposti si attraggono’?” gridò senza però ricevere alcuna risposta.
 
 


***



 
 
                 “Io esco”annunciò Madison ai ragazzi mentre prendeva la borsa dall’appendiabiti e sistemava ordinatamente al suo interno la sua copia delle chiavi di casa e il borsellino. Il resto delle persone nel salotto dell’appartamento la guardarono stupiti.
                 “Dove vai?”chiese Lola, che stava sgranocchiando una barretta di cioccolato.
                 “Non eri a dieta tu?”deviò abilmente la rossa. 
L’amica alzò le spalle indifferente, dando un altro morso alla barretta. Fu il riccio a tornare sull’argomento.
                 “Con chi è che esci, Mad?”chiese senza smettere di smanettare col joystick della playstation.
                 “Un… amico” rispose vaga.
Non se la sentiva di dire a tutti che stava frequentando James, anche perché non faceva che ripetere quanto quel ragazzo la irritasse ogni volta che ne aveva la possibilità.
                “Madonna quanto siete ficcanaso!”intervenne in suo soccorso Amelie.
                “Lasciatela stare”
Zayn, che per tutto il tempo se n’era stato per fatti suoi a fumare la sua sigaretta, prestò orecchio alla conversazione che aveva attirato la sua attenzione per un particolare motivo.
                “Credo sia normale informarsi su chi voi ragazze frequentate in questo posto” si intromise mentre Harry stava per controbattere. Tutti si voltarono a fissarlo: da quando aveva litigato con Lola si estraniava quasi sempre dal gruppo, rimanendo in disparte a fumare o a fissare il vuoto. Avevano cercato di parlargli, di capire il motivo di tanta freddezza, ma non c’era stato niente da fare. Soltanto Louis, in disparte, riusciva a farlo sciogliere un po’. Questo rendeva a Lola ancora più spaventosa l’idea di andargli a parlare, che temeva per la reazione che avrebbe potuto avere, per quel che le avrebbe potuto dire, o fare. 
                “Abbiamo constatato tutti quanto può essere pericoloso allontanarsi da soli, no?” continuò poi, facendo abbassare lo sguardo di Lola distante qualche metro da lui.
                “Certo” ammise Alison comprensiva.
                “Ma possiamo stare tranquilli. Io so chi è, è una brava persona, ci si può fidare”.
                “Allora è ok”concluse il moro.
Lo sguardo di Madison saettava da Zayn a Lola mentre pensava che avrebbe dovuto far qualcosa: non potevano andare avanti così. Ad ogni modo, non era quello il momento di trasformarsi nella dottoressa stranamore: nella borsa il cellulare vibrò di nuovo, segno che James era arrivato fuori l’appartamento.
                “Bene, allora vado. A dopo” salutò velocemente mentre lasciava la stanza.
                “Ahia” bofonchiò Niall che era stato afferrato da Liam e costretto a starsene seduto sulla poltrona perché, non appena la rossa ebbe chiuso la porta alle sue spalle, fece per alzarsi pronto a spiarla.
                “A cuccia bello” scherzò il ragazzo.
                “Rompipalle” borbottò il biondo, imbronciato.
L’Audi nera del ragazzo era parcheggiata davanti al vialetto della casa, e James la aspettava appoggiato alla portiera del passeggero con le gambe incrociate ed entrambe le mani nella tasca dei jeans.
Madison gli andava incontro a passo svelto mentre il cuore le batteva forte in petto. Era di una bellezza disarmante. Inoltre non erano mai stati da soli, e la cosa la innervosiva parecchio.

               “Buonasera” salutò il moro con un sorriso beffardo sulla faccia.
               “Ciao” rispose con lo stesso tono lei.

James si avvicinò alla ragazza baciandole una guancia per salutarla prima di aprirle la portiera e invitarla ad entrare.
                “Galante” fece lei accomodandosi sul sedile.
Attese che il moro raggiungesse il posto di guida tamburellando col piede sulla moquette per scaricare la tensione.
                “Cos’era quel tono stupito?” chiese il ragazzo mentre si metteva comodo sul proprio sedile.
                “Nulla, solo non ti facevo un tipo così educato”
James sorrise.
                “Non mi conosci bene, allora”.
                “Non ti conosco per niente, James”puntualizzò la rossa.
                “Eppure sei nella mia macchina, adesso”.
James mise in moto l’auto e partì mentre Mad alzò gli occhi al cielo.
                “Che vuoi farci, non ho saputo resistere al tuo immisurabile fascino” fece sarcastica mentre cercava, invano, di accendere lo stereo. Solo dopo vari tentativi James si decise a darle una mano, premendo l’unico tasto che alla ragazza non era venuto in mente di premere.
                “Lo so” mormorò sogghignando. 
Madison si lasciò scappare un sorriso mentre scuoteva la testa. Cosa ci faceva in quell'auto con l'individuo più presuntuoso della Terra proprio non lo sapeva. Rimasero in silenzio per qualche minuto mentre James sfrecciava per le strade di Sydney verso una meta sconosciuta alla rossa. Non c'era stato modo di convincerlo a rivelarle dove l'avrebbe portata.
                "Mi piace stupire le ragazze con cui esco"aveva detto. Così Madison si limitava ad osservare i cartelli stradali cercando di intuire qualcosa. Ma l'unica cosa che capì, era che era un posto piuttosto lontano e il silenzio stava cominciando a diventare imbarazzante. Madison ci avrebbe messo la mano sul fuoco che lo faceva apposta, a non iniziare un dialogo, come se ci trovasse gusto nel creare una certa tensione.
                "Quanto manca?" chiese dopo circa venti minuti dalla loro partenza.
                "Siamo quasi arrivati" rispose il moro senza staccare lo sguardo dalla strada, sorridendo quando sentì la rossa sbuffare.
Poco dopo, infatti, Madison vide avvicinarsi una piccola spiaggia al centro della quale torreggiava un simpatico bar stile hawaiano, di forma circolare. Ad esso era collegato, con un percorso di legno che si addentrava fin dentro al mare, un piattaforma, anch'essa circolare, sulla quale erano disposti diversi tavoli e, a lato, un capanno che doveva essere la cucina del ristorante/pizzeria.
                "Che bel posto" commentò Madison sotto lo sguardo soddisfatto di James.
                "Ti piace?"
                "Tanto"
Dopo aver chiuso l'auto, James prese la mano della ragazza e si incamminò verso il ponticello, mentre le guance di lei diventavano di un colorito leggermente rossastro. Prima di entrare nell'area circolare, un elegante signore li accolse salutandoli educatamente e chiedendo poi se e sotto quale nome avessero prenotato.
                "Mcfly" si annunciò il moro.
L'uomo controllò la lista e quando trovò la voce desiderata annuì facendo cenno ai ragazzi di accomodarsi al tavolo 6.
Tenendo ancora la mano di Madison, James la accompagnò al tavolo spostandole la sedia per lasciarla sedere. La ragazza ne rimase sbalordita.
                "Ma tu chi sei? Cosa ne hai fatto di James Mcfly?"
Fece sarcastica mentre lui, ridendo, si accomodava di fronte a lei.
                "Diciamo che anche James Mcfly ha i suoi lati positivi"
                "Ah, pensavo fossi un caso perso"scherzò.
                "Simpatica" borbottò James in una smorfia.
                "Lo so"
Il tono soddisfatto con cui Madison si era vendicata della presunzione di James lo fece sorridere spontaneamente. In quel momento una ragazza dai capelli neri raccolti in una coda alta si avvicinò, con chiaro disappunto da parte della rossa. Era evidente, dal modo in cui camminava e si pavoneggiava e da com'era vestita -camicia bianca ultra scollata e gonna a tubino nero sopra al ginocchio, che voleva che tutti gli occhi dei maschi della sala fossero ben puntati sulle sue tette.
Per nulla immune a quell'ammaliante richiamo, James pareva essersi concentrato su un punto fisso sul corpo della mora, che si era fermata proprio davanti a loro due: a Madison non servì seguirne la traiettoria per inquadrarne il soggetto.
                "Vuole ordinare?"domandò la ragazza con voce provocante tanto quanto la sua persona. Parlò al singolare come se James fosse da solo, e in effetti sembrava non aver nemmeno fatto caso alla presenza di Madison: guardava soltanto lui, compiaciuta dall'effetto che aveva sul ragazzo.
                "Tu sei la cameriera?" chiese irritata la rossa, provocando un sommesso ghigno da parte di James.
Solo a quel punto la ragazza si accorse di lei. Si voltò a fissarla squadrandola con lo sguardo dalla testa ai piedi. Il suo sopracciglio destro si alzò quando notò l'abbigliamento del tutto casual e provocante nemmeno la metà della metà del suo.
                "Si, perchè?"
Il netto cambiamento del suo tono di voce fu palese.
                "Non dovreste avere un grembiule, un corpetto o che so, lì sopra?" chiese facendo cenno verso il suo seno prosperoso, con espressione di disgusto sul viso.
                "Queste non sono cose che ti riguardano" replicò la cameriera che aveva cominciato ad infastidirsi.
                "E il fatto che tu stia sbattendo le tue tette in faccia al mio ragazzo la consideri una cosa che mi riguarda?"
Lo sguardo di James, che si spostava da una ragazza all’altra seguendo di buon gusto l’accesa discussione, saettò su Madison non appena udì quelle parole. La ragazza rimase a fissare la cameriera con aria di sfida mentre quest'ultima si ricomponeva senza darle risposta e si decideva a prendere il block notes. Anche Madison si ricompose, assumendo una posizione più rilassata.
                "Meglio" sorrise.
                "Ordinate o no?" chiese poi, chiaramente infastidita.
                "Una pizza margherita"
La calma e tranquillità con cui Madison parlava sembravano irritare maggiormente la cameriera, che prese un lungo respiro per mantenere la calma.
                "Tu che prendi, tesoro?" si rivolse poi al ragazzo che cercava di trattenere le risate in un tremolio di labbra. Tossì per schiarirsi la voce.
                "Lo stesso" mormorò senza distogliere lo sguardo, ammiccante, da Madison.
Cercando di far finta di nulla, la rossa rivolse un altro sorriso alla cameriera.
Questa segnò tutto e, alzando gli occhi al cielo, si allontanò come una furia, entrando nel grande capannone alla loro sinistra. Soddisfatta, Madison abbandonò la sua espressione da 'la mia vita è perfetta e tutte mi invidiano'mentre James si lasciò andare ad una risata divertita.
                "Il tuo ragazzo?"chiese poi agganciando il suo sguardo come in una morsa.
Impercettibilmente, gli occhi di Madison saettarono sulle sue mani che giocherellavano col calice in vetro. Non riusciva a mantenere un contatto visivo con lui per troppo tempo.
                "Era per farla rosicare" alzò le spalle mentre passava all'esplorazione delle posate.
La mano di James raggiunse velocemente il mento della ragazza, alzandolo di poco e costringendola a guardarlo.
                "Puoi guardarmi negli occhi quando mi parli, per favore?"
Madison fu presa alla sprovvista. Rimase per qualche secondo senza fiato, osservando il cioccolato degli occhi di James che la fissavano in attesa di una risposta.
                "Io guardo quel che mi pare", rispose acidamente, allontanandosi dalle sue dita calde, prima che James scuotesse il capo sorridendo.
                “Mi piace” disse poi, osservando i suoi comportamenti.
Mad fissò il ragazzo, scaricando la tensione sulle gambe, invisibili allo sguardo scrutatore di lui.
                “Cosa?” chiese cercando di rimanere impassibile.
                “Come ti comporti quando sei gelosa. Come posso dire, mh…”
James si prese qualche secondo per trovare le parole giuste mentre Madison lo guardava con le sopracciglia sollevate.
                “Difendi il tuo territorio” concluse poi.
La rossa gli scoppiò a ridere in faccia.
                “Difendo il mio territorio? Non hai trovato niente di meglio?”lo prese in giro.
James rise, scuotendo il capo come risposta.
                “Tu non sei territorio mio e quella non era una scenata di gelosia” continuò tornando a fissare il calice.
                “Ah no? E allora cos’era?” la sfidò lui.
                “Fastidio. Quella tipa mi infastidiva”
                “Perché sei gelo-”        
                “No”sbottò prima che il ragazzo concludesse la frase.
                “Mi infastidiva a prescindere, punto”
James alzò le mani come a dargliela vinta prima di prendere il menù poggiato sul tavolo e borbottare:
                “Se lo dici tu…”              
                “Credo di odiarti”farfugliò la ragazza incrociando le braccia al petto.
James rise.
                “E’ già qualcosa”
In quel frattempo, un cameriere arrivò servendo le due pizze ai ragazzi. La gustarono continuando a scherzare e stuzzicarsi e, talvolta, anche lanciandosi frecciatine che terminavano con una risata. Dopotutto, Mad doveva ammettere che Aly aveva ragione: avevano parecchie cose in comune, e per quanto gli atteggiamenti di lui la irritassero, la compagnia di James era piacevole.
Terminata la loro cena, James richiese il conto e, insieme a Madison, si allontanò dal ristorante dirigendosi verso la spiaggia. Stava per prendere le chiavi dell’auto quando la ragazza lo bloccò.
                “No, non mi va di stare in macchina. Ti va di camminare un po’?”
James si guardò intorno come per riflettere su dove sarebbero potuti andare. Fissò l’abbigliamento della ragazza, creandole un leggero disagio, poi annuì.
                “Allora vieni, ti porto in un posto”.
I due si incamminarono verso il vialetto che portava alla strada, seguendo poi un percorso alternativo che, invece, sboccava su una scogliera. Proseguirono barcollando sul sentiero in salita fino a raggiungere un’altura che si innalzava sul mare sottostante.
                “James” chiamò la ragazza in un borbottio.
Il ragazzo si voltò verso di lei con aria interrogativa.
                “Soffro di vertigini” lo informò inarcando le sopracciglia.
James rise dell’espressione preoccupata che la ragazza aveva stampata sul volto.
                “Stai tranquilla, ti aiuto io”
Si arrampicò sulla roccia raggiungendone la cima abbastanza alta, poi allungò una mano in soccorso alla rossa. Con molta cautela, la ragazza l’afferrò e, facendo attenzione a dove incastrava i piedi, si lasciò trascinare  sulla zona piatta su cui James sedeva.
Quando finalmente anche Mad si fu seduta, tirò un sospiro di sollievo.
                “Se cadevo giuro che ti ammazzavo” bofonchiò tenendo gli occhi chiusi.
                “Aprili” disse in una risata lui.
Madison fece come le era stato detto.
                “Wow” riuscì soltanto a dire.
 Il panorama che le si parò davanti era qualcosa di mozzafiato. Le luci della città in lontananza sembravano tanti piccoli puntini luminosi, che contornavano la distesa blu dello spettacolare mare australiano. La musica dei locali facevano da sottofondo a quell’insieme armonioso di forme e colori. 
Lo stomaco della ragazza si contrasse quando si soffermò ad osservare l’altezza a cui erano arrivati senza che se ne fosse nemmeno accorta, ma in qualche modo la presenza di James accanto a lei e la mano che non le aveva lasciato nemmeno per un secondo le infondevano sicurezza.
                “Vengo sempre qui quando ho bisogno di riflettere” mormorò il moro osservando la sfocata linea dell’orizzonte.
                “E’… rilassante” commentò la ragazza prendendo un lungo respiro dell’aria fresca che si respirava lassù.
                “Appaga i sensi” continuò.
Quando si voltò verso James, notò che anche lui la stava fissando. Arrossì appena, abbassando lo sguardo per un secondo prima di raggiungere di nuovo i suoi occhi.
                “Ti ho già detto che sei bellissima?” si complimentò, facendo aumentare il rossore sulle sue guance e spuntare un sorriso sulle sue labbra.
Incapace di reggergli lo sguardo, Mad si soffermò sulle increspature delle onde che s’infrangevano sulle rocce sotto di loro.
                “Non ne hai avuto il tempo. Eri troppo occupato a ripetermi quanto sei perfetto” ironizzò lei sorridendo.
Ma prima che se ne rendesse conto, le dita di James scivolarono velocemente sotto il suo mento, facendola voltare verso di lui, e le sue labbra si avvicinarono a quelle della ragazza sfiorandole con accurata delicatezza. La baciò dolcemente, avvicinando piano il suo corpo al suo per avvertire maggiore contatto. La mano della ragazza raggiunse una guancia di James mentre l’altra andò a circondare il suo collo, venendo coinvolta sempre di più in quel bacio improvviso. Il cuore le batteva forte dopo quel gesto avventato ma delicato. Dopotutto, James l’aveva avvisata: gli piaceva stupire.
                “Quanto stavi aspettando questo momento da 1 a 10?” sussurrò il ragazzo tra un bacio e l’altro, palesemente divertito.
Madison lo allontanò scuotendo il capo.
                “Coglione”
James scoppiò a ridere, mentre la rossa si alzò e fece per scendere dall’altura, prima che si accorgesse di quanto fosse precipitosa.
Il ragazzo tossì alle sue spalle.
                “Hai bisogno di me, per caso?” chiese punzecchiandola.
                “No!” sbottò lei.
Ma la verità era che moriva dalla paura di scivolare e cadere giù. Diede un’altra occhiata verso il basso come se non fosse già abbastanza spaventata, ma pur di non dargliela vinta decise che, una e volta e per sempre, avrebbe affrontato le sue paure.
Sotto lo sguardo divertito di James, che si era alzato e le si era avvicinato, pronto ad aiutarla in caso fosse scivolata o quant’altro, Madison scelse con attenzione un punto su cui poggiare il piede da usare come perno per scendere poi giù. Una volta incastrato per bene, si fece coraggio e fece peso su di esso, cercando di incastrare poi il secondo piede. La roccia si sgretolò leggermente, facendo andare a vuoto la sua gamba sinistra che cercava un appiglio, e James le afferrò un braccio per aiutarla.
                “Ce la faccio da sola” bofonchiò la ragazza.
Mettendoci un tempo decisamente troppo lungo per scendere una roccia nemmeno troppo alta, Madison riuscì a raggiungere il sentiero viva e vegeta.
                “Tadan” canticchiò allargando le braccia.
James rise e con un’agile salto impiegò meno di un secondo a raggiungerla.  Il sorriso soddisfatto sparì all’istante dalle labbra di Mad.
                “Esibizionista” borbottò, intraprendendo a passo svelto la strada del ritorno. Il moro la seguì, circondando le sue spalle con un braccio e prendendola in giro.
Qualche minuto più tardi si ritrovarono nell’auto, diretti verso l’appartamento di Madison e i ragazzi.
L’unico suono che echeggiava nell’abitacolo, era quello emesso dallo stereo. Da quanto aveva capito, a James non piaceva chiacchierare mentre era alla guida, e anche lei aveva bisogno di un po’ di tempo per ripercorrere quella serata che aveva preso una svolta decisamente inaspettata. Per quanto fosse stata attratta da James, non avrebbe mai immaginato che si sarebbe creata quel tipo di affinità tra loro due, o che si sarebbe trovata tanto bene a passare del tempo assieme a lui. Contrariamente a quanto aveva pensato la prima volta che lo aveva visto, James le appariva adesso come un ragazzo molto profondo. Eppure era stato difficile constatarlo: lo mascherava bene. Non sapeva perché, ma ogni suo gesto, ogni suo comportamento, aveva un che di misterioso. Questo l’affascinava e spaventava allo stesso tempo. Cosa nascondevano quegli occhi color cioccolato che tanto le mettevano soggezione?
Madison si voltò a fissarlo mentre lui teneva d’occhio la strada di fronte a sé. I capelli leggermente stravolti dal vento gli davano un’aria sbarazzina, in contrasto con l’espressione dura che manteneva sul viso.            
                “Mi piace stupire le ragazze con cui esco” le parole di James riecheggiarono nella sua mente, come a ricordarle di farle una delle domande che più bramava di fargli.
                “Allora…” iniziò mentre sceglieva le parole da usare, attirando l’attenzione del ragazzo. Madison si ritrovò nel panico: non sapeva come chiederglielo.
                “Ehm… ci sono… voglio dire, credi ci sia bisogno… cioè. Non è che mi piaccia particolarmente fare scenate di gelosia, capisci?”
Lo sguardo confuso di James si rivolse alla ragazza accanto a lui: la guardò facendole chiaramente capire che non aveva afferrato il concetto.
Madison prese un respiro prima di iniziare a parlare.
                “Credi che ci sia bisogno di altre scenate di gelosia? Cioè, non credi. Ce n’è bisogno?”
                “Madison, mi stai chiedendo se frequento altre donne?”  arrivò in suo soccorso il ragazzo.
                “Esatto” confermò sollevata e al contempo imbarazzata dalla risata che James si lasciò sfuggire.
                “No. E tu?”
Madison scosse il capo. Non sapeva nemmeno se lui si fosse accorto di quella risposta silenziosa, ma non importava: conosceva già la risposta.
                “Siamo arrivati” annunciò James, qualche minuto più tardi.
                “Vuoi entrare?” gli chiese lei prima di aprire la portiera.
                “Se c’è un secondo fine dietro questa domanda…”  
Madison alzò gli occhi al cielo.  
                “Ci sono i ragazzi, idiota” replicò mentre James ridacchiava.
                “Lo so, stavo scherzando. Credo sia meglio di no. Magari la prossima volta”
La ragazza annuì, d’accordo con lui. Non era il caso di farsi vedere insieme proprio in quel momento, così all’improvviso.
                “Allora vado…” mormorò leggermente imbarazzata.
James le sorrise per rassicurarla, prima di avvicinarsi e baciarla dolcemente.
                “Buonanotte” sussurrò.
                “Notte”
Mad scese dall’auto, si chiuse la portiera alle spalle e si diresse velocemente verso il cancello. Prese le chiavi dalla borsa e lo aprì, e solo quando James si fu accertato che fosse entrata, mise in moto l’auto e andò via. 






***







 
 
Lola, Melanie e Amelie trascinarono Madison nella camera da letto, sbattendo fuori Harry che si stava rivestendo. Con suo grande disappunto, il riccio si rinfilò l'asciugamano e si diresse imbronciato verso il bagno.
                "Racconta" ordinò Melanie all'amica.
La rossa rise, prima di cominciare a parlare di quanto si fosse trovata bene con James, del posto carino in cui l'aveva portata, del mini-litigio con la cameriera e dell' "escursione" sulle rocce.
Le ragazze ascoltarono sinceramente incuriosite, intervenendo di tanto in tanto con i loro commenti sarcastici o ironici e con qualche domanda di chiarimento.
                "Quindi adesso siete ufficialmente una coppia?" tagliò corto Amy quando Madison ebbe concluso la sua storia.
                "Non ne ho la più pallida idea" sospirò.
                "Credo di no... no?" intervenne Lola ricevendo un'occhiata in casgnesco dalla mora.
Madison alzò un sopracciglio.
                "Voglio dire" si giustificò subito lei. "Lui è australiano, e tu inglese. Come farete a mantenere un relazione?"
                "Quanto sei confortante!" sdrammatizzò Mel.
                "Dico solo la verità!"
                "No, ha ragione" mormorò la rossa. "Continuare sarebbe un vicolo cieco. In verità non ci avevo nemmeno pensato..."
                "Fuggi finchè sei in tempo, allora" suggerì Melanie.
La ragazza sorrise sommessamente, tenendo lo sguardo basso sulle proprie mani. Sapeva che la cosa migliore da fare sarebbe stata interrompere tutto quel che stava nascendo prima che diventasse più grande di loro, ma in realtà le sarebbe piaciuto continuare a frequentare James. Cercando di mascherare il dispiacere della soluzione a cui i loro ragionamenti avevano condotto, azlò di botto la testa rivolgendosi a Lola.
                "A proposito" richiamò l'attenzione delle ragazze. "Come va con Zayn?"
La ragazza fu colta alla sprovvista e appena quel fatidico nome lasciò le labbra di Madison qualcosa si mosse dentro di lei. Prese un respiro profondo, indietreggiando fino ad appoggiarsi alla testata del letto.
                "Non va" rispose sottovoce.
                "Quando ti deciderai a parlargli?" fece Amelie forse per la centesima volta da quando avevano rotto. Lola fissava il vuoto e non dette all'amica alcuna risposta. Fu Mel a parlare per lei.
                "Ha paura"
                "Oh, vaffanculo Mel"sbottò la ragazza.
                "Paura di cosa?" domandò subito Madison, confusa.
                "Niente, lascia stare. Mi stavo solo sfogando" si giustificò incenerendo la migliore amica con lo sguardo. Questa alzò gli occhi al cielo, prima di alzarsi dal letto di fronte a quello su cui sedeva Lola e raggiungerla. Prese il suo viso tra le mani e la fissò dritta negli occhi.
                "Ascoltami bene. Mi sono stancata di vedervi così. Siete emotivamente distrutti, tutti e due. E non capisco perchè siete così cocciuti. Sai di aver sbagliato, sai di amarlo, sai che lui ti ama, per cui alza il culo e vagli a parlare"
Gli occhi della ragazza si inumidirono e senza che nemmeno se ne accorgesse delle  lacrime calde scivolarono lungo le sue guance. Melanie le catturò col suo pollice, interrompendo la loro corsa verso le labbra di Lola. Le accarezzò con delicatezza i capelli, intenerendo il suo sguardo. 
                "Hey, andrà tutto bene. E' sempre Zayn. Il tuo Zayn. Ok?" sussurrò piano. Altre lacrime sgorgarono fuori dai suoi occhi mentre annuiva lentamente.
                "Mi manca" bisbigliò con voce morzata, quasi mimò con le labbra, incapace di emettere alcun suono. Mel le diede un leggero bacio sulla fronte prima di stringerla forte in un abbraccio.
                "Lo so"
                "Oh, Lola"mormorò Amelie che, seguita a ruota da Madison, le si avvicinò unendosi all'abbraccio. 
Probabilmente sentire le ragazze così vicine era l'unica cosa di cui Lola avesse bisogno in quel momento. Riuscì a percepire tutto l'affetto che provavano per lei e la cosa la rincuorò parecchio. Dopo aver fatto quella stronzata al locale si sentiva così stupida da maledirsi tutte le volte che si guardava allo specchio, e aveva il terrore che tutti gli altri potessero considerarla nello stesso modo in cui si considerava lei: capricciosa, infantile, una che da solo problemi. Per cui avvertire la completa e assidua presenza delle ragazze, ancora al suo fianco, sembrò darle la forza di affrontare la questione con Zayn.
Con lui le cose erano complicate il triplo, perchè era consapevole di quel che aveva fatto non solo a se stessa ma soprattutto a lui. Erano anni che cercava di mantenere l'autocontrollo necessario a non alzare mai le mani, a risultare sempre calmo, pacato. Lei stessa l'aveva aiutato parecchio nei periodi più bui della sua vita, e adesso, in una sola notte, gli aveva fatto vanificare gli sforzi di anni e anni. Probabilmente nel modo in cui picchiava a sangue quell'uomo c'era nascosta la rabbia che per anni aveva represso. Era per questo motivo che temeva la reazione di Zayn: aveva paura che potesse rifiutare lei e le sue scuse, aveva paura che potesse non volerla più. Ma, da giorni ormai, si era resa conto che il modo migliore per conoscere la verità era parlargli.
Sciolto l'abbraccio, Melanie le asciugò le lacrime che avevano inumidito le sue guance.
                "Vai a darti una sistemata" rise l'amica davanti al suo volto stravolto, rubando a Lola un sorriso. Si recò al bagno dove si sciacquò il viso con acqua fredda e rimase qualche minuto a fissare la sua immagine riflessa nello specchio. Sotto ai suoi occhi scuri delle profonde occhiaie solcavano la sua pelle e i suoi capelli erano aggrovigliati in una coda disordinata. La sciolse lasciandoli cadere sulle spalle, poi prese una spazzola dal cassetto sotto al lavabo e li pettinò con cura. Fece un lungo e profondo sospiro, cercando di tranquillizzarsi, ma il respiro le tremava e il cuore batteva forte contro il suo petto. Cercando di non badarci troppo, si incamminò finalmente verso la cucina. Niall e Harry chiacchieravano animatamente riguardo a qualcosa che sfuggì alla ragazza, che dalla vetrata era intenta ad esplorare il giardino alla ricerca del moro. Ma di Zayn nessuna traccia.
                "Dove sono gli altri?" domandò ai ragazzi cercando di apparire vaga.
                "Sono andati a fare un giro" rispose in fretta il riccio prima di tornare alla conversazione con l'amico.
Lola si lasciò cadere sul divano dietro di lei.
                "Grandioso!" mugugnò. 














Hello! :) Ammetto che ci ho di nuovo messo un pò di tempo per pubblicare questo capitolo ma, come potete immaginare, non è stato un gran bel periodo con la storia dei concerti (ai quali non sono potuta andare) e roba varia. Però, anche se in ritardo, ecco qua il sesto capitolo :) Fatemi sapere come vi è sembrato, mi fa sempre un piacere enorme leggere le vostre recensioni. E se avete da fare critiche son ben lieta di farne tesoro per i prossimi capitoli. Spero che il fatto che la storia non abbia un singolo protagonista ma sia incentrata ogni volta su un personaggio diverso non sia troppo confusionario! Beh, direi che questo è tutto haha grazie ancora a chiunque segua la storia, un bacione a tutte B-)

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