Skies, Clouds and Butterflies

di Nymeriah
(/viewuser.php?uid=49457)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scent of Orchids ***
Capitolo 2: *** Fireworks ***



Capitolo 1
*** Scent of Orchids ***


 

Questa storia si colloca all'interno del meraviglioso mondo di You&Me, creato da MiaStonk.
Io ho preso in prestito i personaggi per giocarci un po'!

 



Skies, Clouds and Butterflies

Image and video hosting by TinyPic


 Prima parte: Scent of Orchids




  Nuvole, nuvole, nuvole.
Macchie di bianco accecante al centro esatto del cielo.
Le vedeva tagliare a pezzi il blu cobalto, e galleggiare in aria affrontando il vento. Come uno stormo di gabbiani, che si ferma a riposare sullo scoglio dopo un lungo viaggio, James le sentiva posarsi sulle proprie spalle, quelle nuvole affaticate, e le accoglieva di buon grado fin dentro le ossa. Rabbrividì, e non seppe se fu per il freddo o perché aveva caricato addosso troppe nuvole.
Ma il tremore continuò ancora e si protrasse lungo tutto il suo braccio, che teneva teso in avanti fino allo spasmo.
E la mano aperta, pronta ad afferrare con la sua stretta d’acciaio.
James aveva le palpebre socchiuse, e le labbra sottili piegate per lo sforzo, mentre il vento gli sferzava le guance con tanta violenza da colorargliele di rosso. Un raggio di sole colpì con forza il boccino, e James lo vide scintillare d’oro vivo un secondo prima di chiudere la mano attorno ad esso.
Preso, esultò selvaggiamente dentro di sé. E l’adrenalina gli pompò nelle vene con furia, insieme al trionfante senso di vittoria ed a un certo grado di narcisismo, perché dopotutto lui era il figlio di Harry Potter, e sapeva di valere.
 
Sono il migliore.
 
  << JAMES! Sei un coglione! >>
 
La voce soave di Lisa Wood giunse alle sue orecchie con cotanta grazia che James rischiò quasi di cadere dalla scopa per lo spavento.
 
  << Devi solo prendere un fottuto boccino, razza di idiota! Quanto ti ci vuole? Ti stai facendo una sega lassù?! >>
 
James abbassò gli occhi e tutto ciò che vide fu una distesa di lana bianca e luce; le nuvole lo dividevano dal suolo e lui non riusciva a vedere Lisa, quindi lei non poteva vedere lui, e ovviamente sapere che aveva già preso il boccino da un pezzo.
Sospirò all’ennesimo grido della ragazza.
La voce di Lisa suonava speciale alle sue orecchie: era sempre sprizzante di forza ed energia, spesso sporcata appena da una punta di rabbia; assumeva i colori infantili del capriccio quando voleva ottenere qualcosa, e quelli bassi e seducenti di una donna quando erano soli.
James strinse la presa sul manico della scopa con la mano libera dal boccino, e si chinò in avanti per poi scendere in picchiata verso il campo da Quidditch. Non appena riuscì a intravedere il fisico minuto di Lisa, che si sbracciava in sua direzione e gli faceva gestacci di ogni sorta, abbozzò un sorriso e gli mostrò la mano con il boccino.
Lei s’illuminò d’orgoglio e annuì lentamente con un’aria di sufficienza, che James sapeva essere pura finzione.
Il ragazzo continuò a scendere a velocità spaventosa e virò orizzontalmente solo quando fu a pochi metri dal suolo, proseguendo spedito verso Lisa, che non si spostò di un centimetro. La vide solo chiudere gli occhi con aria serena e i suoi capelli si sollevarono per lo spostamento d’aria, quando James si bloccò a tre centimetri esatti dal suo volto.
 
  << Nato per servirla, Capitano >> esordì con voce trascinata, un sorriso gli aleggiava sul volto.
 
  << Sta’ zitto e baciami, imbecille. >>
 
Ubbidì, come sempre.
Baciare Lisa era prima di tutto una notevole prova di resistenza in apnea, perché lei non si staccava mai prima di sentirsi del tutto soddisfatta, ed era una ragazza con molte pretese. Era inoltre un’esperienza spaventosa e sconvolgente, perché Lisa, ogni volta, gli si aggrappava addosso in quel suo modo totalizzante e un po’ aggressivo, e lui si sentiva catturato. Si sentiva suo. E sentiva di non poter essere nient’altro se non suo.
E infine era meraviglioso, perché Lisa sapeva di vento e muoveva le labbra sulle sue con tanta spontaneità e naturalezza che sembrava non avesse fatto altro per tutta la vita.
 
  << Il Cercatore ci serve in campo, possibilmente vestito! >> ridacchiò Fred, facendo roteare la mazza con poca attenzione, tanto che Roxanne dovette schivarla per evitare un trauma cranico.
 
Quando Lisa lo liberò, per lanciare occhiate furiose in direzione del battitore, James sentì un leggero fastidio all’altezza del petto, come se gli avessero tolto un pezzo, lasciando un piccolo vuoto dentro di lui.
Sorrise comunque e passò il boccino a Lisa con un gesto veloce del polso, prima di spiccare di nuovo il volo.
Volteggiò in aria con un’espressione in volto di placida beatitudine che non era delle più intelligenti, e ovviamente non si accorse del bolide che si stava avvicinando pericolosamente alla sua scopa.
 
  << JAMES! >>
 
L’urlo di Lisa fu l’ultima cosa che udì, prima che un fischio sordo gli riempisse le orecchie mentre cadeva nel vuoto. Quando colpì il terreno, una fitta di dolore scuto gli annebbiò il cervello; era come se migliaia di aghi gli si fossero conficcati nella spalla, facendo tendere ogni muscolo per il dolore. Aprì la bocca per un lamento ma non emise alcun suono; gli stimoli dal mondo esterno gli giungevano stranamente lontani e confusi.
Chiudendo gli occhi, scese nell’incoscienza più profonda.


***


  La mano di Lisa era calda e appiccicosa; avevano mangiato un gelato poco prima e lei era riuscita a farsene colare addosso più della metà. Era una mano piccola, dalle dita magre ed esili, ma stringeva così forte da fargli male. Nonostante le apparenze, Lisa non era mai stata una bambina delicata: quelle manine, che sembravano così fragili, rompevano tutto ciò che toccavano e spesso non lo facevano nemmeno intenzionalmente.
James si girò a guardarla e riconobbe subito la sua tipica espressione corrucciata; teneva le sopracciglia piegate in modo netto e una piccola ruga le si era formata in mezzo alla fronte. Le labbra, sporche di gelato al cioccolato, erano increspate in un broncio adorabile. Ogni tanto tirava su col naso in modo del tutto sgraziato o soffiava per spostare un ciuffetto di capelli biondicci, che la infastidiva cadendo davanti agli occhi chiari e arrabbiati.
 
  << La smetti di fissarmi?! >>
 
James distolse immediatamente lo sguardo, puntandolo sulle proprie scarpe.
Sbuffò, perché si erano slacciate di nuovo, e perché non voleva guardare quelle, ma Lisa.
Voleva guardare Lisa.
Era così concentrato a mantenere gli occhi fissi sul pavimento che andò a sbattere contro qualcosa di grosso e morbido, e fu uno scontro tanto violento che sarebbe caduto se non fosse stato per la presa ferrea di Lisa.
 
  << Guarda dove vai, moccioso! >>
 
Alzò gli occhi e si rese conto che non aveva sbattuto contro una gelatina gigante, come si era immaginato, ma contro un bambino. Più o meno doveva avere otto anni, come lui, ma era molto più alto… e più grosso. Accidenti com’ era grosso! Doveva essere un Mezzo Gigante, come zio Hagrid, ma non aveva la sua stessa espressione gentile. No, sembrava furioso.
 
  << È colpa tua che ci cammini tra i piedi! >>
 
James impallidì.
Lisa nonstava familiarizzando con il Mezzo Gigante, al contrario lo stava insultando. Non che la cosa lo sorprendesse: Lisa non familiarizzava con niente e nessuno, a parte le scope da Quidditch.
 
  << Lis, non credo che… >>
 
L’improvvisa fitta di dolore al naso gli impedì di concludere la frase. Si portò le mani al volto e quando le allontanò trasalì nel vedere una macchia rosso scarlatto bagnargli i palmi.
Rialzò gli occhi, sgranati per la paura, sul Mezzo Gigante e lo vide ghignare.
 
  << Gli hai rotto il naso, stronzo! >> illustrò Lisa con la sua consueta eleganza e si gettò sul ragazzino con un urlo acuto, sferrandogli una raffica di pugni selvaggi.
 
Il Mezzo Gigante però non si scompose minimamente, gli bastò darle uno spintone ben assestato per farla rotolare a terra.
 
  << Lisa! Sdai bede? >>
 
James si fiondò su di lei, ma la bambina si rimise in piedi in un attimo, più agguerrita di prima, e lui dovette afferrarla per le braccia per impedirle di scagliarsi di nuovo sul nemico.
 
  << Solo io posso picchiare Jasmine, hai capito?! Solo io, brutto ciccione! >>
 
  << Sdai calba! Addiabo bia! >>
 
Il Mezzo Gigante emise uno strano suono nasale, che a James sembrò un grugnito, poi cominciò a ridere sguaiatamente e fece un passo avanti. Minaccioso.
Alzò un braccio e la sua mano si levò in alto.
 
  << NO! >>
 
Quando James capì che quel colpo era indirizzato a Lisa, gli si congelò l’aria nei polmoni.
Sentì qualcosa dentro di lui agitarsi, risvegliarsi dopo un lunghissimo sonno, ed esplodere all’improvviso nel petto. L’aria bloccata si scongelò e prese fuoco allo stesso tempo; fu quasi doloroso. Poi accadde qualcosa di inspiegabile: il ramo che pendeva sopra la testa del Mezzo Gigante esplose, e lo stesso fece un sasso ai suoi piedi, quindi fu la volta di un pezzo di muretto che si trovava al suo fianco.
In pochi istanti del ghigno sadico che regnava sul suo volto rimase solo un’ombra e la paura ne prese il posto. Il bambino gridò, coprendosi il volto con le braccia e cominciando a correre alla cieca: inciampò in una pietra e la risata di Lisa si levò alta e cristallina nel cielo terso del primo pomeriggio.
Ma quando Lisa riuscì a liberarsi dalla presa dell’amico e si voltò a guardarlo in faccia, sussultò per la sorpresa; gli occhi di James erano così scuri che il delicato nocciola si era fuso nel nero della pupilla e il suo volto era coperto da una maschera d’odio.
 
  << Jamie? Stai… stai bene? >>
 
Lui non rispose, la rabbia gli annodava le corde vocali, tanto strette da non lasciarlo parlare. Lisa provò a tirarlo su di morale nelle ore successive pestandogli i piedi e facendo battute su quanto i suoi capelli sembrassero un cespuglio maltagliato, ma lui si chiuse in un mutismo ostinato fino a sera. Anche quando furono a casa e i grandi gli chiesero cosa fosse successo, mentre Lisa inventava storie mirabolanti su draghi e Folletti della Cornovaglia, James rimase in silenzio, aspettando che suo padre gli curasse il naso con un Epismendo e poi se ne andò a dormire. Lisa, ovviamente, lo raggiunse subito dopo aver rubato due biscotti dal vassoio di nonna Molly. Divorò il suo in tre secondi scarsi e avvicinò l’altro alla bocca di James, lui fece per aprirla e Lisa allontanò il biscotto, portandolo alle proprie labbra.
 
  << Niente biscotto se non parli >> contrattò lei con aria seriosa e spostò una treccina dietro la schiena.
 
James notò che i suoi capelli erano sporchi di terra, come anche i suoi vestiti, poi spostò lo sguardo sul biscotto e il suo stomaco brontolò.
Lisa rise.
 
  << Voleva farti male >> disse infine lui e lei spezzò la risata a metà.
 
  << Sì, ma la tua Magia Accidentale l’ha mandato via. >>
 
  << Se io non avessi… stava per picchiarti! >>
 
Serrò le palpebre e strinse i pugni, perché la rabbia stava tornando al sol ricordo.
Quel Mezzo Gigante voleva
picchiarla, la sua Lisa, voleva farle malee questo non era ammissibile.
La bambina lo guardò confusa e piegò la testa di lato, come per cercare un’altra prospettiva della situazione, dato che quella attuale non le era chiara.
 
  << È per questo che sei arrabbiato? Ma sei scemo? >>
 
  << Non avresti dovuto metterti in mezzo! Se l’era presa con me! >>
 
  << Appunto! Le stavi prendendo, non potevo lasciare che continuasse! >>
 
  << Perché no? Meglio il mio naso piuttosto che… >>
 
  << Perché sei mio, James! >>

Lui si bloccò con la bocca ancora aperta e l’aria uscì come uno sbuffo invece che sotto forma di parole.
 
  << Tu sei mio, e nessuno ti deve toccare a parte me. >>
 
James la vide avvicinarsi; si sarebbe aspettato un abbraccio, un bacio su una guancia o un qualsiasi gesto d’affetto per coronare quelle parole, che alle sue orecchie suonavano come dolce miele.
Lisa, invece, gli sferrò un calcio nelle parti intime.
E lui vide le stelle, ma non in senso romantico.
 

***


  James sentiva le palpebre pesanti, dovette provare ad aprire gli occhi diverse volte prima di riuscire a tenerli aperti abbastanza da focalizzare la situazione: era in infermeria, e ci mise un minuto buono a ricordarsi perché si trovava lì.
 
Ahia, la spalla.
 
Fece un rapido recap mentale: un bolide ha colpito la mia scopa, sono caduto e ho perso i sensi. Constatò così che almeno il cervello funzionava ancora relativamente bene, e fu un sollievo.
 
  << Jamie? Come ti senti? >>
 
Albus puntava gli occhi spalancati su di lui; il verde smeraldo tremava di premura nelle sue iridi. Il fratellino aggrottò la fronte in un’espressione tesa di preoccupazione, e James cercò di rispondere subito perché gli faceva un po’ tenerezza.
 
  << Come se un Ungaro Spinato mi si fosse seduto sulla spalla >> replicò, e la voce gli uscì più roca del previsto.
 
Albus gli sorrise, annuì come se quella fosse una risposta rassicurante e aiutò il fratello maggiore a mettersi a sedere sul letto. James non poté fare a meno di notare che il tocco di Al era molto più delicato e femminile di quello di Lisa; sembravano le mani affusolate e i gesti morbidi di una ragazza. Ovviamente evitò accuratamente di farglielo notare, perché non voleva imbarazzarlo a morte, cosa che Lisa invece faceva di continuo… e di proposito.
Da seduto poté finalmente guardarsi intorno: nella stanza c’erano altre due persone. Lily era in piedi di fronte al letto, anche lei leggermente preoccupata, si notava dalla leggerissima ruga d’espressione tra le sopracciglia, ma lo nascondeva molto meglio di Albus.
James le sorrise contagioso e lei ricambiò in automatico.
L’altra persona nella stanza era un ragazzo che sonnecchiava su una sedia: un ciuffo castano gli copriva la fronte, le labbra rosse erano dischiuse, e il suo corpo abbandonato completamente allo schienale in modo scomposto.
Russava.
Come un Troll.
 
  << Hai portato anche Nott >> sospirò James, con una punta di insofferenza nella voce.
 
Neanche a farlo apposta, Noah Nott ci tenne a sottolineare la sua presenza borbottando nel sonno qualcosa che James non avrebbe mai voluto sentire.
 
  << Mh… Lily, amo le tue tettine… >>
 
Lily arrossì vistosamente e finse di non trovarsi in quella stanza, mentre il volto di James prendeva velocemente una colorazione tendente al viola.
Da un po’ di tempo Noah Nott seguiva sua sorella come un cane da guardia, e quella faccenda non gli piaceva; Lily era troppo piccola per avere un ragazzo, era innocente ed era la sua sorellina. Lily era un angioletto asessuato, che avrebbe concluso la sua esistenza in un convento, illibata e mai sfiorata dalle mani profanatrici di un uomo.
 
Beh, no… forse l’ultima immagine è poco credibile, si ritrovò a pensare corrugando la fronte perplesso.
 
Albus lo distolse dai suoi pensieri porgendogli un mazzo di fiori colorati, senza una parola. James aprì le mani titubante, guardandolo come se il bolide avesse colpito lui invece della sua scopa.
 
  << Al, mi hai preso dei fiori? Non è che non apprezzi ma… questo è davvero gay! >>
 
Il fratellino alzò gli occhi al cielo e inspirò profondamente, poi parlò piano articolando con chiarezza ogni parola, come se stesse parlando ad un bambino. Tra l’altro un bambino piuttosto stupido.
 
  << Non so chi te li abbia mandati, quando siamo arrivati erano già di fianco al tuo letto. C’è un biglietto però, ma non è firmato. >>
 
James piantò il naso in mezzo ai fiori e inspirò a fondo: erano orchidee dalle delicate sfumature rosa che andavano impallidendo verso un bianco candido. L’odore era delizioso. Aprì il bigliettino, anch’esso rosa e profumato, e lesse il messaggio con crescente curiosità.
 

Caro James,
questi fiori  sono il mio modo di augurarti una veloce guarigione.
Nel caso tu volessi sapere chi è stato a mandarli, dovresti accettare il mio invito:
tra quattro giorni, sulle rive del Lago Nero, alle quattro in punto, io ti starò aspettando.
Tua Ammiratrice Segreta

 
Rilesse il biglietto più volte, cercando di riconoscere la grafia, ma era stata chiaramente camuffata. Aggrottò la fronte con aria perplessa, si trattava forse dell’ennesimo stupido scherzo di Fred? Oppure era una delle tante follie di Rosie?
Pensò che per lui era davvero strano ricevere dei fiori per un’occasione del genere, quasi tutti i suoi familiari e amici avrebbero optato piuttosto per una scatola di cioccolatini, o per un biglietto striminzito pieno di errori di ortografia. Sorrise pensando che quest’ultimo sarebbe stato un gesto tipico di Lisa.
 
La domanda seguente sorse spontanea: << Qualcuno di voi sa che fine ha fatto Lisa? >>
 

***


  Lorcan Scamander era un asociale e, come tutti gli asociali, era un ottimo amico.
Questo perché concentrava tutte le sue capacità di interazione ed energie su pochi eletti, e Lisa Wood era indubbiamente tra i primi posti della lista. La conosceva bene, troppo bene, forse; e sapeva perfettamente dove andarla a cercare quando spariva per i suoi venti minuti di solitudine imbronciata. Lisa per molti versi era come un animaletto: se si sentiva indifesa o spaventata cercava i posti bui e angusti per nascondersi dal resto del mondo.
Lorcan, quindi, voltò l’angolo con sicurezza e camminò a passo svelto per un’altra decina di metri, prima di bloccarsi proprio davanti alla porta dello sgabuzzino delle scope. Si aggiustò il mantello scrollando le spalle, e portò la mano alla bacchetta, dando poi un solo colpetto alla
serratura.
 
  << Alohomora. >>
 
La sua voce fu appena un bisbiglio, subito seguito dal rumore metallico dell’ingranaggio che si sbloccava. Il ragazzo aprì la porta e si appoggiò con la spalla allo stipite in legno, osservando l’esserino raggomitolato per terra in fondo allo stanzino.
Era piccola, Lisa, di corporatura minuta, ma aveva una forza invidiabile e Lorcan l’aveva imparato a sue spese, collezionando lividi in varie parti del corpo. La sua schiena, notò, era magra e ricurva, tanto che poteva addirittura distinguere le vertebre una ad una; i capelli erano un disastro, ogni tanto ci passava una mano, fomentando la rivolta che imperversava su quella testolina scarmigliata, poi lasciava ricadere il braccio a terra a peso morto, e sospirava. Le sue spalle si alzavano e stringevano ad ogni sospiro.
 
  << Non farmi entrare lì dentro, è pieno di ragnatele >> chiarì subito Lorcan, rabbrividendo al sol pensiero, ma lei non si mosse.
 
Grugnì, però; un suono nasale e gutturale al tempo stesso, che lo fece ridacchiare.
Sì, Lisa era davvero un animaletto.
 
  << Jasmine si è svegliato, purtroppo non ha riportato danni permanenti al cervello. Speravamo tutti che la caduta lo migliorasse, ma sembra che ci dovremo rassegnare. >>
 
A quel nomignolo il corpo di Lisa reagì in automatico: la schiena si tese di colpo, diventando rigida come il marmo, e un attimo dopo la ragazza era voltata verso di lui e due occhioni sbarrati, dalle iridi cristalline, lo fissavano con insistenza. Lorcan le fece un ampio sorriso rassicurante, temendo che scoppiasse a piangere da un momento all’altro.
E infatti la vide tirare su col naso e il labbro arricciato prese a tremare in modo adorabile.
Il ragazzo si lasciò scivolare a terra, sconfitto, e aprì le braccia in un tacito messaggio per Lisa, che lo raggiunse a carponi e si abbandonò nel suo abbraccio consolatore.
 
  << È stata colpa mia! >> singhiozzò, stringendo il colletto della sua camicia e strofinando il naso colante sul suo maglioncino.
 
Lorcan storse la bocca, sinceramente inorridito, ma continuò a stringerla e ad accarezzarle pigramente i capelli. Perché era un asociale e un buon amico.
 
  << Colpa tua? Da quello che mi hanno detto non l’hai disarcionato tu. >>
 
L’inflessione della frase si concluse in salita, come se quella non fosse proprio un’affermazione, ma una mezza domanda. Il ragazzo non era sicuro che Lisa non ne fosse capace, ed era certo che avesse provocato diverse commozioni cerebrali a James durante la loro lunghissima e inusuale amicizia, che poi si era inevitabilmente trasformata in una relazione. Altrettanto inusuale.
 
  << L’ho tramortito con il mio fascino irresistibile e lui si è distratto! >>
 
Lorcan inarcò un sopracciglio, stavolta dovette puntellare i palmi sulle spalle di Lisa per scollarsela di dosso, perché doveva guardarla in viso.
Era seria.
Il ragazzo allora con la stessa serietà prese ad agitare le mani vicino alle orecchie di lei, che smise di singhiozzare, mentre la curiosità le attraversava lo sguardo per un attimo.
 
  << Che stai facendo? >>
 
  << Mando via i Gorgosprizzi che ti confondono il cervello. >>
 
  << Oh. >>
 
Fermò le mani, continuando a guardarla con occhio clinico.
 
  << Ti senti più lucida? >>
 
Lisa ci pensò su per un istante, poi il suo viso si illuminò di un sorriso smagliante, che cozzava un po’ con gli occhi ancora gonfi e rossi di pianto.
 
  << Sì! >> gridò alla fine, trionfante.
 
Si gettò di nuovo addosso all’amico e gli stampò un bacio (o una testata, Lorcan non ne era sicuro) sulla fronte.
 
  << Grazie, Lorc! >>
 
  << Sono qui per questo, Scricciolo. >>
 

***


  L’ultimo numero di Trasfigurazione Oggi scivolò dalle sue mani e finì a terra.
James però era troppo stanco per raccoglierlo, piegò la testa di lato sul cuscino e assecondò la stanchezza socchiudendo le palpebre.
Il sonno lo stava cullando già da più di un’ora quando qualcuno entrò in infermeria e raggiunse di soppiatto il suo letto.
Sentì una leggera pressione sulla spalla e un attimo dopo stava gridando dal dolore.
 
  << Ti fa così male? >>
 
Gli parve quasi di sentire un accenno di scuse nel tono di voce di Lisa, ma probabilmente fu solo un’impressione, perché Lisa si scusava con la stessa frequenza con cui faceva i compiti: ovvero mai.
James ignorò la domanda e puntò gli occhi su di lei, studiandola con attenzione.
 
  << Ho mandato Fred a cercarti. È tornato con una che ti somiglia e ha detto: “questo è il meglio che sono riuscito a fare, adios”. >>
 
Lisa lo guardò in silenzio per un minuto che parve infinito, e alla fine commentò con un’aria più adulta del solito: << A volte mi spaventa il fatto che siete cugini. Temo per la tua salute mentale. >>
 
James rise e Lisa si sentì segretamente orgogliosa, perché quella risata gliel’aveva provocata lei, ed era una piccola conquista. Ogni cosa con James era una conquista; lui era il suo campo di battaglia e lei si lanciava all’attacco come un cavaliere senza macchia né paura, fino a che non poteva dichiararlo territorio suo.
 
  << Allora, dov’eri? >> domandò lui, riscuotendola dai suoi pensieri.
 
  << Ero con Lorcan. >>
 
  << Ah. >>
 
Il sorriso che aleggiava ancora sul volto di James si spense all’istante, lasciando un’espressione amareggiata. Rilassò la schiena sul letto e, voltandosi verso il muro, sospirò.
Non sarebbe mai riuscito ad accettare quello che era successo tra Lisa e Lorcan; il fatto che fosse una storia del passato non faceva differenza, ogni volta che li vedeva insieme il respiro gli si mozzava in gola e la mente si riempiva di immagini convulse.
Vedeva le mani di Lorcan vagare sul corpo di Lisa; e la rabbia montava. Vedeva gli occhi della sua donna socchiudersi per il piacere, sotto il tocco di un uomo che non era lui; e la rabbia lo accecava. Vedeva le labbra di Lisa dischiudersi e pronunciare un nome, che non era James…
Ogni pensiero divenne offuscato e strinse i pugni con tutta la forza che possedeva, quando qualcosa scattò dentro di lui. Era una sensazione familiare e straniante al tempo stesso, come se tutto il mondo fosse sbiadito a parte Lisa.
Lei ora era l’unica cosa nitida nella sua mente.
 
  << Cosa c’è? >>
 
Le dita di Lisa si posarono sul suo polso. Erano fredde, o forse era lui ad essere bollente.
 
  << Niente. >>
 
  << Stai tremando. >>
 
La mano di James si mosse, senza che lui se ne rendesse conto, e afferrò quella di Lisa, per tirarla verso di sé in un impeto improvviso. Lei si ritrovò artigliata alla maglietta del ragazzo, gli occhi sgranati per la sorpresa e la bocca semiaperta in una vocale muta. Ma il momento di smarrimento durò solo un secondo, perché lesse negli occhi di James quello di cui lui aveva bisogno, e un sorriso piccante le colorò il viso di malizia. Lisa lasciò andare la presa sulla sua maglietta e si mise a sedere, a cavalcioni sul suo stomaco, con lo sguardo morbido puntato in quello di lui: gli occhi di James diventavano pozze nere senza fondo quando si eccitava, era lava nera quella che fluiva vischiosa dalle iridi alle pupille, gridando il suo desiderio di averla intorno, di averla addosso, di averla
 
  << A chi appartieni, James? >>
 
La voce di Lisa era talmente bassa e trascinata che James sentì il bisogno di serrare la presa sulla sua schiena e attirarla verso di sé, per trattenerla, come se temesse che quella voce potesse abbassarsi tanto da scomparire. Lisa assecondò il suo movimento e piegò la spina dorsale di scatto, attaccando il collo di James con i denti, come avrebbe fatto un animale.
 
  << A te. >>
 
La risposta uscì dalle sue labbra accompagnata da un gemito ed era così ovvia, così giusta, che non dovette nemmeno pensarci. Non che il suo cervello in quel momento fosse in grado di formulare un vero e proprio ragionamento, era più che altro un concentrato di odori, immagini e impulsi. Persino il dolore alla spalla era sparito, completamente assorbito dal piacere. Lisa si arrendeva al suo tocco, come fosse argilla da plasmare, e le mani di James arrivavano ovunque, modellando il suo corpo, impossessandosi della sua anima.
La camicetta della ragazza scivolò a terra e lui strinse i suoi seni caldi: Lisa non portava il reggiseno, sarebbe stata una costrizione e lei non amava sentirsi legata; era libera, era selvaggia. James fece scivolare le mani sotto la sua gonna e cercò la fonte del suo calore; scostò la stoffa delle mutandine per toccare la nuda carne e sentì ogni muscolo del corpo di lei fremere e sciogliersi addosso a lui. Le dita della ragazza si aggrappavano ostinatamente alle spalle di James e le labbra tremavano, tradendo sospiri e gemiti di piacere bruciante.
Fu Lisa a fermarlo, raddrizzando improvvisamente la schiena e artigliando la cerniera dei suoi pantaloni; lo liberò con un gesto sgraziato e osservò la sua intimità, sfiorandola distratta, quasi fosse un gioco. Sbatté le palpebre lentamente, facendo danzare le lunghe ciglia, e inclinò il viso di lato con l’aria divertita di una bambina, poi alzò il mento e i suoi occhi di cristallo si posarono di nuovo in quelli di lui.
Infine si morse il labbro, per trattenere un risolino che suonava malizioso.
James chiuse gli occhi solo per un secondo, e qualcosa scattò.
Un incendio divampò nelle sue membra e il sangue divenne fuoco vivo e pulsante nelle vene.
L’istante dopo le posizioni erano invertite: Lisa era schiacciata contro il materasso; rideva e chiamava il nome di James, lui sopra di lei; le mani grandi e forti ferme sui fianchi della ragazza, il respiro che soffiava caldo sulla sua pelle, le labbra che bagnavano il suo collo, i denti che lo mordevano. Quando James mosse il bacino e fuse insieme i loro corpi, Lisa inarcò la schiena e si aggrappò a lui, tirandogli i capelli senza pietà e muovendo il capo in cerca d’aria, mentre le sue guance si coloravano di piacere.
Nella testa di James tutto era niente: il buio era luce, e luce era Lisa.
Le fiamme continuavano a bruciare alte e spietate, ma ora era piacevole, perché lei era acqua fresca sulle ferite. Era la sua oasi nel deserto, e James non voleva fare altro che inginocchiarsi e bere un sorso d’acqua.
Lei era il cielo, azzurro e infinto, e lui la sua nuvola.
Lei era Lisa, e lui era suo.
 

***

 
  Il manto nero della notte pesava sulle sue palpebre, ma era una sensazione piacevole, che le intorpidiva dolcemente le ossa. La testa, abbandonata sul petto di James, catturava calore e le mani stringevano le lenzuola.
C’era un suono che le batteva nel cervello.
 
Tu-tum.
 
Era forte, era sempre lo stesso e rimbombava vigorosamente, in modo ossessivo.
 
Tu-tum.
 
Come un battito d’ali.
Lisa le sognò, quelle ali grandi, che sferzavano l’aria in modo violento, che catturavano il vento e lo piegavano verso il basso.
Erano le maestose ali vellutate di una farfalla, e avevano un colore accecante; un rosso così intenso, che a guardarle per qualche istante le bruciarono gli occhi.
Lisa alzò lo sguardo e trovò il cielo, trasse un sospiro di sollievo: quella distesa azzurrina era immensa, ci leggeva dentro libertà e serenità. Non era un caso che passasse metà del suo tempo su una scopa, lei ci viveva bene: nel cielo.
Lo osservò a lungo, domandandosi cosa ci fosse di tanto speciale in un’estensione infinita di azzurro, e poi notò che il colore risaltava così bene solo grazie al bianco delle nuvole.
Le nuvole…
Sorrise.
Ma un attimo dopo un rumore le rimbombò nelle orecchie, facendola trasalire.
 
Tu-tum.
 
Lisa guardò allarmata la farfalla; le sue ali battevano sempre più velocemente e crescevano a dismisura, mentre il rosso si espandeva, infettando l’aria attorno di vermiglio.
 
Tu-tum.
 
La ragazza diede le spalle alla farfalla e cominciò a correre, ma il colore correva più velocemente di lei e vibrava verso l’alto, raggiungendo le nuvole.
 
Tu-tum.
 
Lisa provò a gridare, ma non aveva voce.
 
Tu-tum.
 
Si coprì gli occhi e, quando li riaprì, le sue mani stringevano le lenzuola.
La testa era ancora appoggiata sul petto di James, ma le palpebre non pesavano più.
L’incubo aveva portato via il sonno; e lei sudava e ansimava, come se avesse corso davvero.
Ora, a mente sveglia e lucida, riconosceva quel suono…
 
Tu-tum.
 
…era il cuore di James, che pulsava nel suo petto con una forza che era solo sua.
Lisa scivolò fuori dal letto con la leggerezza di un gatto e raccolse i propri vestiti, infilando in fretta la gonna e la camicia. Non sapeva esattamente che ore fossero, ma non poteva rimanere in infermeria fino all’alba o Poppy l’avrebbe svegliata con uno schiantesimo, come minimo. Gli occhi si abituarono quasi subito alla penombra e trovò in fretta le sue cose, si voltò per lanciare un’ ultima occhiata a James e sorrise intenerita: il ragazzo dormiva scomposto, la coperta per metà a terra, la bocca semiaperta. Russava appena.
Lisa ridacchiò, ma quando si piegò per lasciargli un bacio sul naso, la sua attenzione fu catturata da qualcosa che occupava il comodino di fianco al letto.
Un mazzo di fiori.
 
Cosa diavolo ci fa un mazzo di fiori di fianco al letto di James?!
 
Non poteva averglielo portato né Fred, né nessun altro cugino; era un gesto troppo stucchevole per un qualsiasi Weasley. Persino Dominique, pur essendo all’apparenza graziosa come un giglio, aveva comunque il carattere di un bulldogaffamato e quindi non avrebbe certamente pensato ad un dono del genere.
 
L’unico che potrebbe averlo fatto è… Al, gli hai preso dei fiori? Questo è davvero gay!
 
Sospirò, mentre girava attorno al letto per avvicinarsi e annusare distrattamente le orchidee.
Ma quando sfiorò i gambi un biglietto le scivolò tra le dita; lo lesse in fretta, sgranando gli occhi sempre di più ad ogni parola. Le sue iridi saettarono verso il letto e la mascella si serrò, come la presa sul biglietto, che in un attimo divenne un foglio stropicciato.
 
È un’ ammiratrice. Ti ha mandato dei fiori e tu li hai tenuti?!
 
Deglutì un grumo di rabbia e frustrazione. Il primo istinto fu quello di avventarsi su di lui, picchiarlo a sangue e lasciarlo morire in quel letto, senza nemmeno dargli il colpo di grazia, giusto perché soffrisse più a lungo.
Però… l’appuntamento.
 
Ci andrà?
 
Il dubbio le attanagliò lo stomaco e per un attimo sentì il fiato corto. Se gli avesse rinfacciato subito dei fiori non l’avrebbe mai scoperto e invece voleva sapere. Voleva sapere se James si sarebbe presentato, cosa avrebbe fatto e soprattutto voleva sapere chi era quella testa di Troll che osava mandare fiori e bigliettini al suo ragazzo.
Soffocò un urlo contro la manica della camicia ed estrasse la bacchetta, facendo evanescere il mazzo di orchidee con un solo colpo, poi uscì dalla stanza a testa alta, camminando a falcate rabbiose fino a scomparire nella penombra del corridoio.

 

And I hear that crashing sound
As it all falls down.

 
NOTE DELL’AUTRICE:
Giusto per chiarire alcuni punti: sì, Lorcan e Lisa sono stati a letto insieme in passato, ma attualmente sono solo buoni amici.
La seconda parte è già pronta, arriverà presto! :)

Un grazie particolare alla Pazienza di Fede, Grazie Pazienza, ci sei sempre per me U_U
Un altro grazie a Mia, giusto per fare la ruffiana :*
E uno anche a Carmela, che non ha perso la valigia è_é

Tutti i personaggi appartengono a J.K. Rowling, fatta eccezione per Lisa Wood, Elisabeth Warrington, Noah Nott e Izzie Page che sono stati creati da MiaStonk, così come le caratterizzazioni di tutti i pg e i retroscena degli stessi.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Fireworks ***


 



Skies, Clouds and Butterflies

Image and video hosting by TinyPic  

Seconda parte: Fireworks


 
  Albus Potter aveva l’abitudine di studiare leggendo a voce alta.
Sentire la propria voce ripetere i concetti lo aiutava a memorizzare e a non tralasciare particolari importanti. E lui era un tipo scrupoloso nello studio: la precisione e l’accortezza erano doti indispensabili per un bravo pozionista.
 
  << … ah, ecco. L’ultimo ingrediente sono le radici di Asfodelo. >>
 
Afferrò la piuma e la intinse di inchiostro, poi aggiunse una riga alla sua pergamena.
Per mantenersi concentrato e non disturbare gli altri, si rifugiava a studiare sempre negli angoli più remoti della biblioteca. Gli angoli più bui e polverosi, ma dove regnava la calma… il silenzio… la serenità…
 
  << ORSETTO! >>
 
Albus saltò sulla sedia e finì dolorosamente col sedere per terra. Imprecò a denti stretti, aggrappandosi al tavolo per rialzarsi, mentre si massaggiava il didietro.
 
  << Merlino, Lorcan! Ti ho detto che non devi venirmi alle spalle! >>
 
Vide il volto del ragazzo contrarsi nel tentativo di trattenere una risata sguaiata delle sue e, quando aprì la bocca, seppe che non stava per uscirne nulla di buono.
 
  << Non è questo che mi hai detto l’ultima volta che ero alle tue spalle e sono venuto. >>
 
Albus rifletté un attimo sull’affermazione, poi qualcosa scattò nel suo cervello e colse il doppio senso, prendendo velocemente il colore del sole al tramonto.
L’altro gli sorrise trionfante. Era quello il suo scopo nella vita: farlo arrossire fino all’autocombustione, e ci riusciva ogni volta egregiamente.
Al si passò una mano sulla faccia, scuotendo la testa esasperato, poi tornò a sedersi al proprio posto e riprese in mano la piuma, ignorando la presenza del ragazzo.
Ovviamente non passò nemmeno un minuto prima che Lorcan prendesse posto di fronte a lui e cominciasse a dare aria alla bocca.
 
  << Che stai facendo? >>
 
Il Serpeverde alzò gli occhi su di lui per un attimo, poi indicò il libro, che stava leggendo, e la pergamena, su cui scriveva, per sottolineare l’ovvietà della risposta.
 
  << Ma sei davvero Corvonero? Il Cappello era ubriaco quando ti ha assegnato alla Casa degli svegli e pronti di mente? >>
 
 Vide Lorcan sbuffare, proprio come avrebbe fatto un bambino, e poi sprofondare nella sedia, infilandosi le mani in tasca e alzando gli occhi al soffitto.
Albus ritornò al proprio libro, cercando di ritrovare la concentrazione, ma un attimo dopo Lorcan prese a borbottare.
 
  << Le crepe sul soffitto. C’è un’infestazione di Snorticoli Cornuti in biblioteca, le hanno fatte loro. >>
 
Al sospirò (lo faceva spesso in presenza di Lorcan), appoggiando la piuma nel calamaio e chiudendo il libro, poi portò la sua completa attenzione sul Corvonero e notò che aveva un’aria un po’ spenta. Gli sfiorò la mano da sopra il tavolo e lui la strinse immediatamente.
 
  << Qual è il problema, amore? >> domandò Albus, con una voce morbida che gli riservava solo in rari casi.
 
  << Il problema è che mi annoio. Lo so che non ti devo disturbare mentre studi, ma ormai avrò letto tutti i libri babbani di questa biblioteca e, prima di venire da te, sono stato da Lisa, ma ultimamente è intrattabile. Ogni volta che mi avvicino mi morde. >>
 
Si arrotolò una manica per mostrare i segni rossi sul braccio, testimonianza vivida che non stava mentendo, e Albus inarcò un sopracciglio, trattenendosi dal commentare.
Che Lisa fosse fuori di testa non aveva dubbi, ma non poteva mettersi contro tutti i fuori di testa del suo clan, perché i sani di mente erano in minoranza.
 
  << Ho provato anche ad andare da Molly: sta facendo gli occhioni dolci a Izzie sulle rive del Lago Nero e io mi sentivo di troppo >> concluse, arricciando il naso al pensiero.
 
Al lo osservò attentamente: aveva l’espressione di un cucciolo abbandonato in mezzo alla strada senza cibo né acqua. Lui conosceva bene quell’espressione e sapeva che, nonostante le apparenze, non c’era mai da fidasi di Lorcan Scamander.
Ma in quel momento era così adorabile
 
  << E va bene, continuerò a studiare domani. >>
 
Lorcan emise un gridolino di gioia e scattò in piedi, mentre Al rimetteva il libro sullo scaffale.
Nell’istante in sui si voltò di nuovo verso il tavolo, si ritrovò le braccia del Corvonero attorno alla vita, e la sua bocca premuta con forza sulla propria.
 
  << Non qua! Siamo in biblioteca, potrebbe vederci qualcuno! >> bisbigliò, mentre le guance riprendevano quel familiare color fiamma.
 
  << Questa è la sezione di Pozioni. A nessuno piace Pozioni, è sempre deserto qua. >>
 
  << A me piace. >>
 
  << Puoi stare zitto un attimo? Se parli non riesco a baciarti. >>
 
Avrebbe protestato ulteriormente, ma le mani di Lorcan erano già sotto la sua maglietta e sentiva il peso del suo corpo asciutto spingerlo contro lo scaffale, senza dargli via di scampo. Tutto sommato quella situazione aveva qualcosa di… interessante.
Lorcan si accorse immediatamente del suo interessamento e gli piantò la mano sul cavallo dei pantaloni senza troppi preamboli, mentre con le labbra scendeva sul pomo di Adamo, e poi sul collo, dove cominciò a seminare morsi. Albus spinse indietro la testa, appoggiandosi allo scaffale, e squittì di piacere.
 
  << Ally, non posso credere che quello sia un tuo gemito, sei una signorina! >>
 
I due ragazzi s’irrigidirono, voltandosi entrambi verso la voce familiare di Lisa Wood.
Albus aveva l’espressione di chi viene sorpreso a rapinare una banca; Lorcan si limitò ad inarcare un sopracciglio e poi a scrollare le spalle, riprendendo la sua esplorazione nei pantaloni del ragazzo.
 
  << Ehi, Lis! Bello vederti! Ripassa tra un quarto d’ora. >>
 
  << Mi servi tu. Adesso >> replicò lei e gli afferrò il mantello, trascinandolo verso l’uscita.
 
Lorcan tentò di ribellarsi, ma la forza disumana di Lisa era di gran lunga superiore alla sua, quindi si rassegnò presto e lanciò una serie di baci volanti ad Al, che intanto si stava riallacciando i pantaloni, mentre imprecava fantasioso su tutti e quattro i fondatori delle Case contemporaneamente.
 

***

 
  << Mi hai strappato il mantello. >>
 
  << Così la smetti di andartene in giro facendo il figo. >>
 
Lorcan schioccò la lingua al palato, ma non ebbe la sfacciataggine di ribattere.
Invece si grattò la testa, guardandosi attorno, e poi assunse un’aria confusa.
 
  << Lis… >>
 
  << Mh? >>
 
  << Perché ci stiamo nascondendo dietro un cespuglio? >>
 
La ragazza lo fulminò con un’occhiata talmente furente che Lorcan indietreggiò per istinto di autoconservazione. La vide irrigidire i muscoli del viso e serrare la presa sui rametti del cespuglio a cui si stava aggrappando.
 
  << James oggi mi tradirà. >>
 
Il ragazzo inarcò un sopracciglio, perplesso.
 
  <<  È una previsione della Trelawney? Chiedo perché l’ultima che ha fatto a me è stata la morte di mio fratello, ma disgraziatamente Lysander è ancora vivo, se la sua si può chiamare vita. Ieri non stava nella pelle per aver incartato il suo volume di Storia della Magia con una copertina nuova… >>
 
Lisa lo ignorò completamente, continuando a fissare l’orizzonte con l’aria determinata di un condottiero in procinto di andare in battaglia.
 
  << So che lo farà, ma devo scoprire con chi. >>
 
Lorcan sospirò e annuì dandole corda, perché con lei non c’era altro da fare.
James si presentò all’appuntamento con una puntualità spaventosa e questo fece infuriare Lisa ancora di più; l’ammiratrice segreta invece si fece attendere oltre l’orario stabilito. Sbuffando a più riprese, James si sedette sull’ erba, con la schiena ricurva e i piedi a pochi centimetri dalla riva del Lago Nero: aveva l’espressione di chi sospetta un imminente due di picche.
 
Meglio così, pensò, forse era solo uno scherzo di Fred. Da un momento all’altro mi pioveranno in testa Caccabombe e Frisbee Zannuti…
 
Si rialzò, pulendosi distrattamente i pantaloni e, nell’istante in cui fu di nuovo rivolto verso il castello, una chioma selvaggia e vermiglia gli si parò davanti. Due occhi piccoli e tondi color veleno lo fissavano attenti, le labbra piene, a forma di bocciolo appena sbocciato, erano piegate in un sorriso ammirato e gli zigomi morbidi tesi fino allo spasmo, nel tentativo di mantenere quell’espressione artificiosa.
Elisabeth Warrington era una strega, in tutti i sensi.
Era una ragazza di una bellezza inquietante e di un’intelligenza sottile; e sapeva bene come sfruttare queste doti innate per il suo tornaconto personale.
James era caduto nella sua tela di ragno già una volta e non aveva intenzione di rifare lo stesso errore.
Elisabeth era il suo passato e non poteva cancellarlo, ma nel suo futuro c’era solo Lisa.
 
  << James >> sospirò la rossa con voce vellutata, trasportata da quel sentimento d’amore che continuava a sbandierare ai quattro venti, nonostante si fossero ormai lasciati da mesi.
 
  << Beth, come mai sei qui? >> parlò titubante, lanciandosi attorno diverse occhiate allarmate, come se temesse che un Avvincino potesse uscire improvvisamente dalle acque del lago e divorarlo.
 
Se Lisa scopre che sono rimasto solo con Beth…
Deglutì un groppo di paura.
 
Elisabeth gli sorrise nel suo modo ipnotizzante; i capelli riccissimi le danzavano intorno al viso, mentre inclinava leggermente la testa, e mostrava a James qualcosa che aveva tenuto dietro la schiena fino a due minuti prima: un fiore di orchidea.
 
  << Sei stata tu a mandarmi i fiori? >>
 
Lei sbatté le lunghe ciglia un paio di volte e accostò l’orchidea al proprio volto, respirandone a pieni polmoni la fragranza.
 
  << Non l’avevi ancora capito? >>
 
Elisabeth avanzò, con un piede davanti all’altro e un ancheggiare spropositato, e si spinse in punta di piedi accostando le labbra all’orecchio di James: << Credevo che ricordassi almeno il mio profumo… >>
 
James serrò le labbra. Una sensazione di déjà vu gli annebbiò il cervello, mentre ricordava frammenti di vita che aveva strategicamente relegato nell’angolo più remoto della sua mente.
Quel profumo era davvero buono…
La ragazza tese i muscoli dei polpacci e si aggrappò alle spalle di James; lui si accorse solo in quel momento di avere la sua bocca a mezzo centimetro dalla propria e, grazie ai suoi invidiabili riflessi da Cercatore, riuscì a scattare indietro in tempo per evitare il bacio. Si era mosso così velocemente che Elisabeth si ritrovò con le ginocchia a terra e le mani affondate nel terreno melmoso della riva del lago. Il fiore d’orchidea giaceva davanti a lei, i petali sporchi di fango.
 
  << Ti avevo detto di starmi lontano! Se Lisa viene a sapere che… >>
 
La ragazza alzò il capo su James e lo trapassò da parte a parte con un’occhiata degna del più feroce degli Avvincini.
 
  << Lisa Wood - il disprezzo le oscurò la voce, mentre pronunciava quel nome  - Stai ancora con quella sgualdrina? >>
 
  << Come l’hai chiamata?! >>
 
Lei sospirò, alzando gli occhi al cielo. Si rimise in piedi, estraendo la bacchetta da sotto il mantello e ripulendosi vestiti e mani con un rapido Gratta e Netta.
 
  << James, non fare il cavaliere della situazione, lei è tutto fuorché una principessina da difendere. >>
 
Lui s’irrigidì. Quella era una cosa che gli rinfacciava sempre anche Lisa: non era una ragazza come le altre, aveva la forza fisica di un uomo e la lingua più affilata di un dente di Drago. Lisa Wood era ben lontana dall’aver bisogno di protezione. Ma lui non riusciva a farne a meno; era la cosa più preziosa che aveva, come poteva reprimere l’istinto di difenderla?
 
  << È la donna che amo. >>
 
  << Questo è chiaro. Ma tu cosa sei per lei? >>
 
  << Sono il suo ragazzo. >>
 
Elisabeth schioccò la lingua al palato. << Risposta sbagliata: sei il suo zerbino. >>
 
  << Beth! Piantala! >>
 
Lei alzò il mento, canticchiando: << La verità fa male! >> e congiunse le mani dietro la schiena, con l’aria tranquilla di chi sta facendo una serena chiacchierata con il suo ex.
<< Riflettici per un momento, James. Quand’è stata l’ultima volta che le hai detto di no? O che hai preso una decisione senza farti influenzare da lei? O ancora meglio… hai mai preso una decisione da quando state insieme? Io scommetto che ti limiti a fare tutto quello che dice, senza chiederti nemmeno se è quello che vuoi. >>
 
James boccheggiò per un momento, cercando di sputare fuori una risposta, ma le parole gli rimanevano bloccate in gola. Il problema era che sapeva che Beth aveva ragione: nel loro rapporto era Lisa a portare i pantaloni, lui al massimo portava le mutande.
Spesso nemmeno quelle.
 
  << Non sforzarti >> la voce di Elisabeth era tornata vellutata tutto ad un tratto, i lineamenti del viso si erano ammorbiditi. Si protrasse di nuovo in avanti e James fece un altro passo indietro, in bilico sulla sponda del lago. << Sai qual è la risposta, devi solo ammetterlo a te stesso: tu e Lisa non siete fatti per stare insieme. >> 
 
James si morse il labbro, aveva capito il suo gioco: << Beth, quello che stai cercando di fare è inutile. Tra me e te è finita. >>
 
Ma lei lo ignorò, continuando a parlare:  << Lisa Wood non è alla tua altezza. Tu sei il figlio del Salvatore del Mondo Magico, una zotica ignorante come la Wood non può stare al tuo fianco. Si comporta come se tu fossi di sua proprietà, ti mostra in giro come un trofeo, ti usa per soddisfare i suoi capricci, ma sappiamo entrambi che non sei tu la persona da cui va quando ha veramente bisogno di qualcosa. >>
 
Gli occhi di James brillarono di una luce opaca, le mani si chiusero a pugno e l’espressione si fece tesa per la rabbia.
 
  << Scamander. >> ringhiò, pieno di rancore.
Non riusciva a perdonarlo, per quello che era  successo con Lisa e per molto altro, non l’avrebbe mai perdonato.
 
  << Esattamente >> esalò Elisabeth, e portò una mano all’altezza del suo volto, sfiorandogli una guancia con le punte delle dita.
 
James chiuse gli occhi, non aveva più tanta voglia di resisterle. Perché avrebbe dovuto? Lisa non faceva che fregarsene dei suoi sentimenti, faceva ogni cosa come le veniva, e lasciava che fosse lui a preoccuparsi delle conseguenze.
 
  << Andrà tutto bene, Jamie. Adesso ci sono io >> lei mormorò quelle parole con dolcezza, rimettendosi in punta di piedi e avvicinando il viso a quello del ragazzo, che continuava a tenere le palpebre serrate.
Ormai erano così vicini che poteva sentire il respiro dell’altra sulla faccia, ancora qualche istante e…
 
…lo Schiantesimo arrivò dritto al petto di James.
 
Perse l’equilibrio e un attimo dopo si ritrovò faccia a faccia con un vecchio Tritone dall’aria infastidita, che però fu tanto gentile da riportarlo in superficie.
Si trascinò sulla riva del lago, tossendo acqua e sputando imprecazioni. Quando riuscì finalmente a rialzare il capo Elisabeth non c’era più, ma notò qualcuno allontanarsi, con passo tanto svelto quanto furioso, in direzione del castello.
Lisa.
 

***

  Trovarla non fu difficile. Bastò seguire la lunga scia di cadaveri di studenti del primo e secondo anno, che disgraziatamente si erano trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Uno di loro piagnucolò qualcosa, una richiesta di aiuto forse, e James lo guardò stupito: << Ah, non siete morti. Allora non è poi così arrabbiata. >>
Continuò a camminare in direzione dei lamenti e afferrò Lisa per il colletto della camicia, trascinandola via, mentre era intenta a soffocare un ragazzino con le sue stesse mani. Alla babbana.
 
  << Lasciami andare, ne va della tua vita. >>
 
James sbuffò e la lasciò solo quando furono in un’aula vuota: voleva evitare il pubblico, dato che non era certo che Lisa non avrebbe estratto di nuovo la bacchetta e voleva quantomeno evitarle l’espulsione, se era ancora possibile.
 
  << Ti devo parlare >> esordì lui, le mani incrociate al petto.
 
  << Io no. >>
 
  << Mi hai schiantato! >>
 
  << E sono stata buona. Ho pensato di provare l’Anatema Che Uccide, l’unica cosa che mi ha impedito di farlo è che poi finirei ad Azkaban e là non ci sono campi da Quidditch. >>
 
Ci fu un momento di silenzio, in cui James cercò di decifrare l’espressione mortalmente seria di Lisa, per cercare di capire quanto ci fosse di vero in quelle parole.
Deglutì. Non sembrava fingesse.
 
  << L’hai baciata. >>
 
  << Non l’ho fatto! >>
 
  << L’avresti fatto se io non ti avessi Schiantato! >>
 
Il ragazzo scosse la testa, il punto non era quello.  << Quello che ha detto mi ha dato da pensare >> ammise, dopo un attimo di riflessione.
 
Lisa alzò gli occhi al cielo e, con un lamento frustrato, diede un calcio alla parete di gelida pietra.
 
  << Sei un deficiente! È la seconda volta che caschi nella trappola di quell’ Avvincino! >>
 
  << Ha detto cose vere! È vero che mi tratti come se fossi un tuo oggetto! >>
 
  << Perché lo sei! >> disse, poi alzò le spalle, come se la cosa fosse ovvia.
 
James si passò le mani sul volto, esasperato. << No, che non lo sono! Sono una persona con desideri e incertezze e, quando sparisci per ore con Scamander senza avvertirmi, mi fai del male! Perché mi riempi di ordini e prendi le decisioni per entrambi senza mai chiedere il mio parere? Siamo una coppia, no? Dovremmo funzionare in due! >>
 
Lisa increspò le labbra in un ghignetto trattenuto, stava cercando di non scoppiargli a ridere in faccia. << È questo il problema? Io pensavo fosse qualcosa di serio! >>
 
James strinse talmente tanto i pugni che rischiò in conficcarsi le unghie nei palmi delle mani. Mentre le nocche sbiancavano e le sue labbra tremavano, domandò: << Prendi mai qualcosa sul serio? Mi prendi mai sul serio? >>
 
Lei non rispose. Teneva gli occhi fissi su di lui, sulle labbra ancora l’ombra del sorriso di prima, che lentamente appassiva. Non era semplice divertimento quello che le leggeva in faccia: era scherno.
James realizzò che la ragazza si stava prendendo gioco di lui.
 
  << Io voglio essere il tuo ragazzo, Lisa. Non il tuo giocattolo. >>
 
  << Se non ti sta bene come sono fatta, vai a farti consolare dall’Avvincino. >>
 
  << Beth aveva molti difetti, ma era una fidanzata migliore di te. >>
 
James fece un passo indietro, convinto che lei avrebbe estratto di nuovo la bacchetta, ma le mani della ragazza non si avvicinarono nemmeno alla tasca della divisa, rimasero abbandonate lungo i fianchi. Aveva gli occhi sgranati però, e le pupille si erano ristrette, perché non stava più guardando James, ma un punto oltre le sue spalle. Anche lui si voltò nella stessa direzione: le grandi vetrate del castello lasciavano un’ampia visuale di quello che c’era fuori: le nuvole viaggiavano nel cielo più veloci del solito, quasi fossero in fuga.
Quando James si voltò di nuovo verso di lei, Lisa non c’era più.
Al suo posto, solo una nuda parete di pietra.

 

***

  Nelle due lunghissime settimane successive, Lisa evitò James come se avesse qualche strana malattia letale e contagiosa. Il ragazzo non fece molto per tentare di riavvicinarsi a lei; era ancora piuttosto arrabbiato e sapere che Lisa non avrebbe chiesto scusa, nemmeno sotto Maledizione Imperio, non aiutava a seppellire i rancori.
Tuttavia, ripensando a mente fredda a quello che era successo durante l’incontro con Beth, sentiva di aver fatto più o meno la figura del cretino: in primis avrebbe dovuto capire subito che i fiori erano suoi e non presentarsi all’appuntamento; in secondo luogo avrebbe potuto evitare il quasi bacio con una sua ex: su quel punto riconosceva di non essersi comportato nel modo migliore.
Ma Lisa aveva la sua bella fetta di colpa. In quello che Beth aveva detto c’era un fondo di verità e James questa volta non avrebbe sorvolato sui difetti della loro relazione: si era stufato di essere solo un oggetto.
La Sala Comune Grifondoro quella sera era gremita di gente, James camminò tra la folla fino a che non avvistò la cugina. Rose Weasley aveva un’espressione concentratissima; era in piedi al centro della stanza e fissava un punto sul soffitto, dove non c’era assolutamente nulla. Scorpius Malfoy al suo fianco la osservava in silenzio.
 
James si avvicinò cautamente al ragazzo e domandò, indicando la rossa: << Che sta facendo? >>
 
Scorpius scrollò le spalle, con un’aria un po’ disperata, e replicò: << Fissa il soffitto. >>
 
  << Rosie è una che sa come divertirsi! >> esclamò Fred, passando di fianco a loro proprio in quel momento.
Diede una virile pacca sulla spalla di James e si diresse a passo di salsa verso un divano occupato da Samaire Jordan. Le offrì una bottiglia intera di Whiskey Incendiario, da cui lei bevve un lungo sorso, e le si sedette affianco.
James li raggiunse, abbandonandosi sulla poltrona di fronte, e storse il naso non appena i due cominciarono a pomiciare, ignorando la sua presenza.
Si schiarì la gola un paio di volte e Fred si staccò per un istante.
 
  << Hai bisogno di qualcosa? >> domandò, chiaramente scocciato.
 
  << Lisa non mi parla >> si lamentò James e arrossì, quando si rese conto che suonava all’incirca come il piagnisteo di un bambino.
 
Samaire infatti inarcò un sopracciglio e lo guardò impietosita. << Hai provato a strisciare ai suoi piedi e chiederle scusa? >> propose, con il suo solito tono composto.
 
  << No! Ha ferito i miei sentimenti, è lei che deve… >>
 
Prima che riuscisse a finire la frase, Fred rientrò nella parte della Piovra Gigante e avvolse la ragazza con i suoi mille tentacoli, toccandola ovunque.
 
  << Weasley, questo non è un comportamento da tenersi in Sala Comune. >>
 
Lysander Scamander era in piedi di fianco al caminetto, Roxanne gli stava ancorata ad un braccio e ghignava in direzione del fratello.
 
Fred aggrottò la fronte: << Questa non è nemmeno la tua Sala Comune, Scamander. Vai a fare il piedipiatti da un’altra parte! >>
 
  << Un’altra parola e tolgo venti punti a Grifondoro. >>
 
Fred stava per ribattere, ma Roxanne gli fece cenno di tacere e indicò la spilla da Caposcuola sul petto di Lysander, con aria solenne.
 
  << Comportati bene, fratello. Il mio ragazzo è un uomo potente. >>
 
Lysander tossì, cercando di mascherare l’imbarazzo, mentre Fred si alzava sbuffando e trascinandosi dietro Samaire, che ridacchiava continuando a bere dalla bottiglia di Whiskey.
James sospirò, sollevato che lo spettacolino dei due innamorati fosse finalmente terminato; stava per rivolgersi a Roxanne per intavolare una conversazione, ma un attimo dopo la ragazza si gettò sul divano ora libero e tirò giù anche Lysander, cominciando a baciarlo.
 
  << Ma quel divano è stregato?! >> sbottò James, alzandosi in piedi di scatto e allontanandosi dalla coppietta.
 
Lys interruppe il bacio e drizzò la schiena, rimettendosi a sedere. Lanciò un’occhiata a James, che si dirigeva all’uscita, e poi riportò l’attenzione sulla Weasley.
 
  << Hai già aperto un giro di scommesse? >>
 
Roxanne spalancò gli occhioni mostrando un musetto innocente, mentre agganciava le braccia al suo collo e si dondolava.
 
  << Scommesse? Io? Non so di cosa parli, Caposcuola! >>
 
  << R-roxy… >> balbettò lui, distogliendo lo sguardo, e lei rise.  << Intendevo scommesse su Lisa Wood e James Potter. >>
 
La ragazza scosse la testa. << È inutile scommettere su di loro, sappiamo tutti come finirà! >>
 
  << E come? >>
 
Roxanne si leccò le labbra, e con un dito sfiorò quelle di Lysander, poi lasciò andare la presa e cadde di schiena sul divano. Mandò un bacio in sua direzione e replicò con la voce sporca di malizia: << A letto. >>
 

***

  James camminava così velocemente che non si accorse di essere uscito dalla Torre Grifondoro, finché non alzò gli occhi e si trovò davanti il soffitto incantato della Sala Grande. L’incantesimo riproduceva il cielo notturno alla perfezione: la luna lattea rifletteva pallida la luce delle stelle, che scintillavano maestose in ogni angolo buio del firmamento.
 
  << Ehi, Romeo, dove vai? >>
 
James riabbassò il capo: alla sua sinistra, seduta al tavolo dei Grifondoro, c’era Molly Weasley, in compagnia di una biondina che lui conosceva ormai abbastanza bene; si chiamava Izzie Page, era una Corvonero, ed era la ragazza di Molly.
Avvicinandosi al loro tavolo notò che stavano giocando agli Scacchi dei Maghi e i pedoni della rossa erano quasi tutti distrutti e doloranti: Izzie la stava a dir poco stracciando.
Forse per quel motivo fu così entusiasta di far accomodare James e ascoltare i suoi lamenti, o forse era solo la sua indole da capobranco, che la obbligava a intervenire non appena si accorgeva di un ingranaggio difettoso all’interno del sistema.
 
  << Che è successo tra te e Lisa? >> domandò subito, perché ovviamente aveva già capito il problema.
 
James si sedette di fronte a loro. Teneva il capo chino e aveva gli occhi gonfi, come se stesse per scoppiare in un pianto tutt’altro che virile.
 
  << Abbiamo litigato. >>
 
Izzie gli sorrise dolcemente e gli offrì un fazzoletto, mentre l’altra continuava l’interrogatorio.
 
  << D’accordo, ma per cosa? >>
 
  << Ho quasi baciato Beth e Lisa mi ha Schiantato. >>
 
Ci fu un attimo di silenzio. Le due ragazze si scambiarono un’occhiata.
 
  << Ma sei scemo? >> sentenziò infine Molly.
 
  << Mi ha Schiantato! >> protestò lui debolmente.
 
  << È Lisa, che ti aspettavi?! Sei ancora vivo solo perché ad Azkaban non ci sono campi da Quidditch! >>
 
James singhiozzò e Izzie gli sfiorò una mano con una carezza consolatoria, prima di parlare:
<< Cosa ha detto quando le hai chiesto scusa? >>
 
  << Tecnicamente non gliel’ho ancora chiesto. >>
 
  << E cosa stai aspettando? >>
 
Il ragazzo alzò il capo all’improvviso, colto da un impeto di orgoglio. << Perché devo essere sempre io a chiedere scusa?! Beth ha detto… >>
 
A Molly bastò uno sguardo per zittirlo. La rossa sbuffò una mezza risata e si sporse in avanti, spostò un ciuffo di capelli dietro la spalla e parlò sicura: << James, sinceramente… chi se ne frega di quello che ha detto la Warrington! Tu devi chiederle scusa semplicemente perché lei non lo farà mai, e voi non potete lasciarvi con uno stupido litigio come una coppia qualsiasi. Siete Lisa e James. Nessuna discussione, nessun Avvincino dai capelli rossi e nessun quasi bacio possono separarvi.>>
 
Continuò a fissare la cugina negli occhi per un lungo momento, sapeva perfettamente che ogni sua parola corrispondeva a verità. La sua relazione con Lisa era ben lungi dall’essere perfetta, ma erano appiccicati da che avevano cominciato a camminare e non avrebbero mai imparato a farlo separati.
 
A James tremò la voce quando tentò di ribattere ancora: << Lei è prepotente, violenta e possessiva. >>
 
Stavolta intervenne Izzie. Lo scrutò con i suoi occhi brillanti e intelligenti, che sorridevano con lei. << Ci sono molte ragazze carine a Grifondoro, James. Molte di loro non sono affatto prepotenti, violente o possessive. Ma tu le hai mai anche solo guardate? >>
 
  << No. >>
 
  << E perché? >>
 
  << Perché voglio Lisa. >>
 
Molly sorrise e annuì in segno di approvazione.
Era vero. Voleva Lisa.
La voleva subito, tra le braccia, tra le mani, tra le dita. La voleva affianco, la voleva addosso e non poteva più aspettare. Ma non era sicuro che lei volesse lui; era ancora furiosa e probabilmente ferita. L’ultima frase che le aveva rivolto l’aveva colpita direttamente nel suo punto debole: Lisa non si era mai sentita all’altezza di frequentare il primogenito di Harry Potter.
Il ragazzo appoggiò la testa sul tavolo, borbottando. Doveva inventarsi qualcosa che la colpisse, un modo originale di chiederle scusa. Si rialzò di scatto, strofinandosi i capelli in un gesto di frustrazione e quando riaprì gli occhi la risposta era proprio sopra di lui.
Il cielo.
 

***

  James Sirius Potter aveva preso molto dal padre. Il carattere riservato, i capelli indomabili e un leggero difetto alla vista, che lo costringeva ad indossare gli occhiali quando leggeva. Ma aveva anche un secondo nome perfettamente azzeccato; per questo motivo non era strano che conservasse nella sua borsa un’intera serie di fuochi d’artificio, provenienti dai Tiri Vispi Weasley. O che conoscesse almeno venti passaggi segreti diversi per uscire dal castello oltre l’orario del coprifuoco.
Salì sulla sua fidata scopa e spiccò il volo: evitò uno stormo di corvi neri che si confondeva a tratti nell’oscurità notturna e raggiunse silenzioso la finestra del dormitorio delle ragazze dell’ultimo anno. Lisa era seduta ai piedi del suo letto, avvolgeva le ginocchia con le braccia e fissava un punto imprecisato nel pavimento. James controllò le sue compagne di stanza: Molly non era ancora tornata, c’era solo una ragazzetta mora che dormiva in uno dei letti, ma sembrava scivolata in un sonno molto profondo.
Il ragazzo picchiettò debolmente sul vetro e Lisa sussultò, voltandosi a guardarlo. Ora che la luce della luna le illuminava il volto, James poteva vedere le strisce luminose sulle sue guance. Si sentì un verme per averla fatta piangere. Lisa però si alzò in piedi, energica come sempre, e andò ad aprire la finestra. James saltò sul cornicione, riprendendo la scopa al volo e s’infilò nella stanza con l’agilità di un gatto.
La ragazza teneva le braccia conserte sul petto, gli occhi però erano stanchi, nemmeno lei aveva più la forza di litigare. Lui le si accostò e le passò il palmo della mano su una guancia per asciugarla; si chinò poi per bisbigliarle all’orecchio: << Vieni con me. >>
La prese per mano e lei non si preoccupò di essere in pigiama, senza un filo di trucco, e con i capelli di chi aveva appena duellato corpo a corpo con il Platano Picchiatore; non era quel tipo di ragazza. Sarebbe uscita anche in mutande se non fosse stata convinta che qualche Prefetto rompipalle avrebbe tolto parecchi punti alla sua Casa.
Salì sulla scopa senza aprire bocca e circondò con le braccia la vita di James, che cominciò a volare sempre più in alto; vorticava riempiendo tutto lo spazio del cielo con i suoi virtuosismi, tanto che persino Lisa, che era abituata alle peripezie sulla scopa, sussultò un paio di volte e si strinse più forte a lui.
James si fermò solo quando raggiunse la torre più alta. Dopo aver volteggiato attorno al suo tetto appuntito, entrarono nel grande terrazzo della Torre di Astronomia e riappoggiarono i piedi a terra. A Lisa girava un po’ la testa, ma il volo l’aveva rimessa quasi di buon umore.
 
   << Perché siamo qui? >>
 
Il ragazzo sfoderò il più malandrino dei suoi sorrisi; gli veniva bene, ce l’aveva nel sangue.
 
  << Per goderci uno spettacolo pirotecnico. >>
 
  << Un… cosa?! >>
 
Senza aspettare un istante di più, James aprì la sua borsa e mise mano alla bacchetta. Cominciò a lanciare incantesimi con gesti precisi e Lisa alzò gli occhi: il manto nero della notte era squarciato da esplosioni di colori, forme e suoni, tra le più disparate. Draghi verdi, girandole rosa e stelle cadenti argentate si confondevano con le sempiterne costellazioni.
Al centro esatto del cielo bruciava una scritta:
 

Ti amo come sei.
Tuo James.

 
Mentre gli studenti si affacciavano meravigliati alle finestre, i professori sbraitavano in vestaglia qualcosa sul togliere almeno duecento punti a Grifondoro e Pix esultava e canticchiava sulle romantiche gesta del giovane Potter, Lisa si gettò al collo di James ridendo e chiamando il suo nome.
 
  << Sei perdonato! >>
 
  << Adesso dovresti chiedere scusa anche tu per avermi Schiantato e cose così… >>
 
La ragazza inarcò un sopracciglio. << Stai scherzando, vero? >>
 
  << Sì. >> 
 
Lisa gli sferrò uno schiaffetto dietro la nuca mentre lui ridacchiava, e poi abbandonò il capo sul suo petto, continuando a guardare i fuochi d’artificio ancora per qualche istante.
 
  << Questa è la cosa più stucchevole e vomitevole che tu abbia mai fatto per me. >>
 
James sorrise e serrò la presa sui suoi fianchi.  << Prego. >>
 
Si baciarono.
E fu come sempre un’esperienza sconvolgente, ma James ormai l’aveva capito: che Lisa era confusione, era luce accecante, era quella sensazione di vuoto che si prova appena prima di scendere in picchiata con la scopa. Era spaventoso, straordinario e perfetto.
Come un cielo, quando conduceva un’esistenza macchiata solo di nuvole.
 

When it all falls down
The only way is up.



 

NOTE DELL’AUTRICE:
Finita! Era una cosa veloce veloce! 
Non è stato semplice gestire tutti questi personaggi, perché come ho detto fanno parte di una long (che è veramente molto long!), quindi qualche dinamica potrebbe non essere chiara, nel caso chiedete pure in un commento o andate a leggere You&Me: Feels like I'm in love.
La canzone che ha ispirato quasi tutta la fic è questa "Up" di James Morrison: 
http://www.youtube.com/watch?v=2UTvNfk9kqQ

Cooomunque... fatemi sapere che ne pensate ;) alla prossima!

Tutti i personaggi appartengono a J.K. Rowling, fatta eccezione per Lisa Wood, Elisabeth Warrington, Noah Nott e Izzie Page che sono stati creati da MiaStonk, così come le caratterizzazioni di tutti i pg e i retroscena degli stessi.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1233805