Scrivimi di te.

di GiordinHoran
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** mi chiamano 'ronnie'. ***
Capitolo 2: *** -cerco un libro di filosofia. ***
Capitolo 3: *** un bagnino mi salvi dai suoi occhi. ***
Capitolo 4: *** Si chiama Horan; ***
Capitolo 5: *** memories, can kill you. ***
Capitolo 6: *** but he loves her. ***
Capitolo 7: *** -burn. ***
Capitolo 8: *** lost: in the middle of my heart. ***
Capitolo 9: *** Ma quale albero, io voglio incidere le nostre iniziali sul tuo cuore. ***
Capitolo 10: *** vortici d'ebano. ***
Capitolo 11: *** w(he)ed. ***
Capitolo 12: *** Untitled. ***



Capitolo 1
*** mi chiamano 'ronnie'. ***


 Il destino non esiste; esistono le conseguenze.                                                                                                                                                       
Ronnie lo diceva sempre, anche se il suo difetto più grande era non guardare mai oltre il suo naso.

Non si faceva molte illusioni, però sognava. E si sa che di questi tempi il mestiere del sognatore è sempre più difficile.

 



  Mi chiamano Ronnie, da sempre quindi ora non chiedetemi di starvi a spiegare il perchè di questo nomignolo nè tanto meno la storia della mia vita. 
Tre anni fa, io e mio padre ci trasferimmo in campagna dai nonni. Fui costretta a lasciare tutto: scuola,amici.. ma non che la cosa mi importasse tanto dal momento che tutto quello che avevo di importante l'avevo già perso: mia madre.
La seconda cosa che non vi stupirà sarà che ero totalmente disinteressata a ciò che accadesse al di fuori della mia testa, lì c'era tutto quello di cui avevo bisogno, i miei pensieri, le mie emozioni. Due fattori importanti con cui avrei dovuto convivere per il resto della mia vita. 

Non avevo amici eccetto una: la mia chitarra, l'unica che non avrebbe potuto mai tradirmi.

L'unico strumento in cui le sue emozioni trasportate dal suo cervello si fondevano fino ad arrivare alle dita per poi unificarsi un tutt'uno con le corde che vibravano allo sfiorare del  plettro. 

 

La situazione scolastica non l'aiutava, forse insicura, o magari davvero in matematica non era capace. Sulla lavagna leggeva solo numeri, sparsi e inutili numeri.
Odiavo tutto di quell'edificio imponente dall'odore fetidio in cui i genitori rinchiudono i propri figli per svariate ore del giorno. Lì, mi disse mio padre, mi aiuteranno ad ampliare i miei orizzonti con la conoscienza, ma a me sembrava solo che mi stessero frenando.
Chiudendo in una boccia di vetro, costretta a fare lo stesso percorso ogni singolata mattina. Mi stavano trasformando in un pesce, io, nata per essere un delfino.




Bene questa è l'introduzione della mia storia, è piccola ma essenziale a farvi capire chi è VERAMENTE ronnie.
speriamo continuate a seguire le sue avventure
xoxo.

Giordin

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Capitolo 2
*** -cerco un libro di filosofia. ***


Durante il giorno, incontriamo molte persone, incrociamo miriadi di sguardi.

Ma la sera, ci addormentiamo sempre al pensiero degli stessi occhi.



Quella mattina mi alzai controvoglia con gli occhi ancora impastati di sonno e residui di sogni non terminati durante la notte sulle palpebre, l'odore del caffè riuscì a spingermi a stento nella cucina dove c'erano ancora i rimasugli della colazione di papà.
Speravo che almeno la caffeina mi avrebbe svegliato, ma niente, la mia testa era vuota.
Non che  l'abbigliamento fosse uno dei problemi principali ma quella volta era diverso, avevo il bisogno di dare una svolta alla mia noiosa routine quotidiana. Quindi decisi di infilarmi un paio di jeans aderenti delle ballerine nere e una maglietta azzurro pastello larga abbastanza da farmi sentire a mio agio.
Durante il tragitto accesi il telefono, presi le cuffie e me le misi. Non proferii parola durante tutto il percorso, insomma non che non fossi abituata visto che non avendo amiche ero solita andare in giro da sola.
L'aria autunnale, le lente foglie che cadono staccandosi dolcemente dall'albero, un sole freddo che filtra i raggi tra i rami di una maestosa quercia che sembravano ballare a ritmo di una melodia suonata dal vento. Tutto normale, una giornata come le altre. 
Appena varcai la soglia del Liceo quell'idillica ninna-nanna della natura sparì e un brusio noioso di pettegolezzi e risate echeggiava nelle mie orecchie. Benvenuta all'inferno, inizia a sopravvivere.
Io, quel timido pesce rosso rinchiuso in una boccia mi ritrovavo circondata da famelici squali attenti ad ogni mio passo falso, pronti a darmi contro nel caso sbagliassi.
Quei corridoi pieni di speranze, ambizioni future alcune stroncate, altre no. Tra quelle aule c'era il nostro futuro e quelle persone avevano in mano il nostro destino.

[...]

Per fortuna nel giro di sei ore tutto finì, e la campanella tanto aspettata rianimò un fuggi-fuggi generale fuori dalle classi, purtroppo la mia professoressa di filosofia mi aveva assegnato una noiosa ricerca da fare in biblioteca così, non avendo fame decisi di andarci direttamente. Presi lo zaino e me lo caricai su una spalla avviandomi in centro.
Entrata in biblioteca un odore d'inchiostro mi penetrò nelle narici, profumo di storia, d'eroi e grandi imprese. Tra quelle pagine di qualche libro nascosto chissà dove c'era la storia di qualcuno che magari potesse capirmi, essere come me.
-Hey attento, non vedi dove vai? -risposi bruscamente quando sentii colpirmi con forza alle spalle.
-Scusa non ti avevo vista proprio, hai bisogno di aiuto? -
un ragazzo biondo si voltò verso di me con un fare disinvolto che mi fece letteralmente perdere la cognizione della realtà. PIANETA TERRA CHIAMA RONNIE, MI SENTITE PASSO E CHIUDO.
Non so perchè la sua voce provocò in me sensazioni così oscure che io stessa mi rifiutavo di provare, i suoi occhi blu e penetrani come mari cristallini, cieli limpidi, intensi oceani. Mi stupiii di quante meraviglie esistessero nel mondo finchè non mi ricordai che nessuno di loro aveva mai visto i suoi occhi..e la sua bocca? Era perfetta con i capelli biondi che ricadevano a ciuffi sulla sua faccia creando ombre sulle sue guancie rosee.
Gli dissi il nome del libro che stavo cercando e lui con assoluta naturalezza iniziò a recitarmi alcuni versi di quelle meravigliose poesie.
-"Lo scrittore è solo un uomo che da voce alle proprie emozioni in un perimetro di carta in cui verrano racchiuse, poi sta al lettore sprigionarle durante la lettura...sono Niall, tu?
-Mi chiamo Ronnie.





Ok se state ancora leggendo questa storia grazie davvero, questo è il mio primo capitolo effettivo spero vi piaccia.
-Giordin;


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Capitolo 3
*** un bagnino mi salvi dai suoi occhi. ***


Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che è offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso. 
-Marcel Proust


-Quindi vieni spesso, qui?
Mi chiese con tono marcato come se stesse trattenendo qualcosa o dovesse tossire, ma non lo fece. Scandiva bene lettera per lettera e ad ogni sillaba che pronunciava i nostri occhi non si staccarono neanche per un momento. Credo di essere caduta per un po' in uno stato di trance, mordendomi nervosamente il labbro inferiore pensando alla risposta da dargli.
-No. Adesso non ricordo bene perchè dissi quella semplice e stupida parola, sarà la timidezza o il non aver una vera e propria spiegazione a quella risposta  il fatto che non ero solita entrare in una biblioteca.
Non che fossi una di quelle ragazze oche con il cervello pari alla loro taglia di jeans aderenti ovvero, zero solamente non trovavo un libro che mi potesse raccontare e di conseguenza minimamente interessare.
Mi sedetti in fondo alla stanza ampia e silenziosa, c'erano dei tavoli a disposizione e un computer che potevo usare a tariffa oraria. Nell'echeggiare del grande salone sentivo solo il ticchettare delle mie mani su quella tastiera usata e sciupata. Le tende erano rosse e pesanti tanto da dover lasciare la luce accesa anche durante il giorno. Ok, forse sto esagerando e sto paragonando questo posto ad una stanza pari a quella di Hogwarts, ma credetemi. Era così.
Ogni tanto si avvicinava timidamente a me, scostava una sedia e mi chiedeva se stesse andando tutto bene, ovviamente rispondevo si anche perchè la sua presenza mi intimoriva e nel profondo, infastidiva. La verità è che il suo profumo mi stordiva completamente facendomi completamente tralasciare lo studio.
-Senti Niall.. e  proprio mentre stavo per iniziare un discorso finalmente sensato, boom! I libri mi caddero tutti a terra procurando un tonfo tanto da far sussultare tutti nella stanza.
Sarà una coincidenza o magari un po' di fortuna che entrambi ci gettammo piu' rapidamente possibile a raccoglierli e nel rialzarci le nostre mani si incontrarono, fu un gesto involontario ma lui afferò saldamente la mia e mi diede un bacio sulla guancia sussurrandomi di stare attenta.
Ecco, in quel momento il mio stomaco aveva preso a gorgogliare, potevo sentire ancora le sue labbra sulla mia pella, la sua voce lievemente roca nelle mie orecchie.
Scostai i capelli delicatamente con una mano, e sorrisi senza dire nulla.
Erano passate due ore ormai e la mia ricerca era terminata da un bel pezzo, l'unico motivo che mi teneva incollata alla sedia era lui.
Stavo per voltarmi e oltrepassare la soglia della porta quando una voce mi fece immobilizzare sul posto come medusa pietrifica con i suoi occhi chiunque le capiti sotto mano.
-Ci rivedremo!..Non è vero? 
-Certo, ci rivedremo..-
l'agitazione era alle stelle.
-Hey Ronnie! - mi richiamò.
-..si?
-Ciao, eh!
-..ciao Niall, ciao..







*rullo di taaaamburiiiii* Ecco a voi il terzo capitolo della mia storia, e se la state ancora seguendo GRAZIE.
Nei prossimi capitoli ci sarà qualche cambiamento, e i personaggi aumenteranno.
xoxo

Giordin;

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Capitolo 4
*** Si chiama Horan; ***


La vita non è aspettare che passi la tempesta,ma imparare a ballare sotto la pioggia.


Feci una corsa sfrenata per arrivare fino a casa, i capelli scompigliati mi ricadevano sul volto, lasciando ombre a chiazze sotto i miei occhi illuminati dalla luce dei lampioni stradali lungo il viale.
Infilai la chiave nella serratura e poggiato il cappotto sull'uscio della porta,entrai. Un piacevole calore mi percorse il corpo  dalla testa fin alle punte dei piedi, la casa era vuota.
Nell'appartamento aleggiava un silenzio tombale che io stessa non volevo rompere, quindi decisi di prepararmi qualcosa da mangiare e mi buttai sul divano sperando ci fosse qualcosa da vedere.
Lo spettacolo che mi si propose fu deprimente, Talk Show in cui delle ormai dimenticate rockstar parlavano delle loro "vecchie glorie del passato" o melense fiction in cui i due protagonisti si giuravano amore eterno in stile Romeo e Giulietta sotto il vischio, o invenzioni simili.
Guardai l'orologio svariate volte finchè le lancette non segnarono le undici e mezza, domani avevo scuola e avrei dovuto presentare la ricerca per cui avevo tanto lavorato, quindi decisi di andare a letto.
Spensi la luce, mi rannicchiai nel letto e rimboccai le coperte. Fuori continuava a piovere come se il cielo potesse capire il mio stato d'animo e stava scrollando via tutti i suoi pensieri.Mi addormentai nel giro di pochi minuti, con il pensiero dei suoi occhi in testa.

[...]
Quella mattina il sole decise di riposarsi, ed una leggera pioggia accarezzava i campi, leggera scivolava sui vetri delle auto che anche oggi sono incolonnate sulle vie della citta’, esattamente come ieri. Una soffice grigia coperta malinconica avvolgeva il paesaggio ed io mi lasciavo coccolare abbandonata a quella piacevole malinconia.
L'odore dei croissant appena sfornati era talmente forte che sentii dentro me una piacevole dolcezza. Papà era in cucina, quella mattina non avrebbe lavorato visto che aveva recuperato le ore durante la notte.
Mi infilai una felpa che mi copriva fino ai polsi, dei leggins neri e delle converse nere sporche e vissute. Ma infondo mi piacevano per questo.
L'arrivo a scuola non fu diverso da quello della mattina precedente: la signora Marshall che innaffiava le sue rose sempre sorridente, l'anziano signor Ted che mugugnava con i suoi amici fidati di quanto i tempi fossero cambiati e di come si stesse meglio quando si stava peggio. Loro erano eroi, mi raccontava sempre, avevano combattuto affianco della loro patria nella seconda guerra mondiale, ed erano riusciti a tornare tutti interi, certo con qualche graffio. Ma con il cuore più grande, mi diceva.
La lezione cominciò, la professoressa iniziò il suo monologo consapevole che nessuno la stesse ascoltando, ma questo era il suo lavoro e questo doveva fare!
Ad un certo punto la sua spiegazione cessò e qualcosa attirò la mia attenzione. Una voce familiare mi risvegliò dalla mia totale disattenzione, una voce calda ma allo stesso tempo acuta, LA SUA.
Fermo davanti alla porta una figura maschile se ne stava ferma, la professoressa ci incitò a tacere per un momento.
-"Lui è Niall Horan, e da oggi frequenterà il corso di aritmetica insieme a noi."
Il mio cuore si fermò per un momento e potevo percepire l'emozione nel suo sguardo, la stessa emozione forte che provavo io. Le farfalle nel mio stomaco si trasformarono in pterodattili e i polmoni smisero di filtrare aria, solo amore.



Eeecco il quarto capitolo, scusate se ho aspettato due giorni ma sono stata impegnata alla "CACCIA AL FOLLOWER" con i miei idoli, speriamo che il capitolo vi piaccia e che mi perdoniate.

Giordin

 

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Capitolo 5
*** memories, can kill you. ***


Si lasciò sprofondare nel lago, e il peso dei rimorsi fecero da ancora per trascinarla nel fondo.
Morì di ricordi.


Se ne stava lì, fermo e impassibile con gli occhi sbarrati poggiando leggermente il fianco destro sulla porta, aspettando che la professoressa gli trovasse un posto. Scrutava ogni millimetro di quella ristretta e mal ridotta aula. Potevo sentire i suoi occhi, il suo sguardo, penetrarmi dentro come i 'raggi x' di una radiografia.

-Allora ha intenzione di sedersi signor Horan, o vuole passare l'intera lezione appollaiato sullo stipite? sbuffò la professoressa incrociando le braccia e sbattendo il libro per richiamare l'attenzione del biondo.
Senza nemmeno aprire bocca, a passo lento si incamminò verso l'unico banco libero, il terzo a sinistra vicino a quell'arpia di Megan Morgan, il suo profumo faceva mancare l'aria e le sue marcate e di cattivo gusto battutine potevano far ridere solo una ragazza frivola come lei.
La campanella suonò, uscii e mi incamminai verso casa, ero sconvolta, quando qualcuno mi prese per un braccio.
-Hey, hey dove credi di andare? sapevo benissimo a chi apparteneva quella voce, era piu' grave del solito, più profonda.
-Niall, lasciami ti prego. quasi implorai cercando di non guardarlo negli occhi per paura di perdere ancora una volta la concezione con il mondo e perdermi nell'intenso blu dei suoi occhi mare che sembrava combaciare benissimo con i miei, nocciola. Luì sembro accorsene tanto che con disinvoltura mi prese il viso tra le mani in modo da poterci guardare dritto dritto in faccia.
'Vieni con me' mi disse. 
Salimmo sulla sua macchina, sapevo che ci stavamo evidentemente allontando dalla città, ma ero troppo timida anche per chiedere dove stessimo andando.
Scesi, chiusi la portiera e mi ritrovai come catapultata in un univero parallelo, sentii le lacrime scendere, rivivetti quella notte che io stessa mi maledivo ancora di ricordare.
Eravamo in un bosco, se così si puo' chiamare, costellato da pinete. UN LAGO.
Vidi Niall allontanarsi verso la superficie specchiata e cristallina ma non osai muovermi, avevo paura. Per fortuna dopo poco lui tornò indietro stese una grande coperta per terra e mi disse: sdraiamoci qui.'
Mi sdraiai accanto a lui, alzai gli occhi al cielo visibile solo a chiazze per via dei grandi rami delle quercie che sembravano sfiorare le nuvole i colori delle foglie in autunno sembravano mischiarsi perfettamente con l'azzurro del cielo.
'Mia madre morì qui, morì affogata nel lago, non potemmo fare niente per salvarla'. dissi.




Questo capitolo è cortissimo lo so' ma ho dei problemi con il sito, non so perchè a breve cambio la password dell'account scusatemi.

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Capitolo 6
*** but he loves her. ***


"E così, arrivò un vento leggero, e io mi staccai dall'albero a cui finora mi stavo aggrappando,
scivolai via, come una foglia si stacca in autunno."


Quella frase ci paralizzò entrambi per un minuto o forse di più, con noi si fermò il tempo. Eravamo ancora sdraiati sull'erba quando con uno scatto girò la testa verso di me, lasciandomi penetrare dai suoi occhi azzurri, brillavano.
Non capivo se fosse il sole a far splendere i suoi occhi in quel modo, o lui a far splendere il sole. Accennò un sorriso, mi prese la mano, rialzò la sguardo al cielo che faceva combaciare perfettamente i colori.
'Scusa, non volevo. I ricordi spesso se troppo forti, fanno dire le cose bruscamente.' dissi.
'Forse non sono i ricordi ad essere troppo forti, ma noi troppo deboli.' ribattè velocemente girandosi su un fianco, facendo strusciare il dito fra l'erba.
Non sbagliava. Io, normalmente di ferro, in quel momento ero carta. E si sa che quando si è carta, basta un minimo soffio di vento per spazzarti via.
E lui era tornado, bufera, uragano.
Con un gesto si tirò su e si mise a sedere poggiando le braccia e avvicinando il corpo alle gambe, inarcando leggermente la schiena, fece come per schiudere le labbra e poi a bassa voce, come per paura che qualcuno ci potesse sentire disse:
-'Ronnie ti devo dire una cosa. Io mi fido di te, e so che posso parlarti senza problemi, sin da quando ti raccolsi la penna quando ci incontrammo per la prima volta...'  nei suoi occhi passò un ombra,la sua voce sembrava più debole sillaba dopo sillaba.
-'Cosa c'è? Che devi dirmi? brividi leggermi mi percorsero dalla punta dei piedi fino alla testa, avevo paura, paura di una sua possibile domanda, di non avere una possibile risposta.
-'C-c'è...' balbettò 'una ragazza a scuola..ci ho parlato varie volte e penso mi interessi.' 
Sentivo il cuore accellerare come una macchina da corsa prima della partenza. 'Continua..' osai.
'E' del terzo anno come noi, frequentiamo il corso di francese insieme, si chiama..' stava per pronunciare quel tanto odiato nome quando..
'No fermati, non voglio saperlo.' ribattei, alzando la testa per trattenere le lacrime. Non volevo altri nomi ad incasinarmi ulteriormente il caos che avevo in testa, mi bastavano cinque lettere 'SEI TU.' Ma lui non pronunciò quelle parole.
Non so perchè me lo avesse detto, se realmente si fidasse di me o provava piacere nel vedermi star male. Avevo gli occhi lucidi, una pellicola cristallina ricopriva la mia pupilla, il rosso iniziava ad apparire nello sforzo di trattanere un pianto che da troppo stavo tenendo segreto.
-'Niall, andiamo via?' sospirai, sapendo di aver perso l'ultima speranza.
Risalimmo in macchina, appoggiai il gomito sullo sportello e mi girai verso il finestrino, tutto scorreva veloce, il sole stava per calare, lui continuò a parlarmi di quella ragazza senza mai dire il suo nome, di quanto lo colpissero i suoi capelli biondi, i loro occhi così simili e i suoi zigomi poco accentuati, di quanto la sua voce fosse calma e allo stesso profonda mentre lei parlava con lui. 
Le sue parole per me erano come lame, lui era un lanciatore di coltelli pronto a colpire la sua assistente da un momento all'altro.

Ci stavamo innamorando, io di lui. Lui di lei.







Eeeeed ecco a voi un altro capitolo dopo mesi e mesi.
SE CI SIETE ANCORA VI VORREI RINGRAZIARE,credo che la maggior parte siate directioners quindi beh ho scritto questo capitolo un po' in questo periodo che c'è questa faccenda di 'haylor' e boh, ci ho messo in mezzo un po' di trambusto che questa storia mi sta recando.

Giordin vi lovva, lol.
Ciao.

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Capitolo 7
*** -burn. ***


                                                                                                                                                                                                 'I'm the fire, he's my light.'

Dal finestrino i paesaggi scorrevano, cambiavano e mutavano nel giro di pochi minuti, ero toppo imbarazzata per dire a Niall di rallentare, così mi sforzai di focalizzare ogni minimo dettagli seppure a quell'elevata capacità. Quell'albero che qualche istante prima stavo tanto ammirando scompariva in un nano secondo, lasciando solo in me il ricordo di quella figura. 
Tutta la mia vita stava scivolando dalle mie mani ed io non potevo fare altro che vederla andar via così come Niall anche quell'insulso pezzo di vetro mi lasciava alle spalle sfumature di verde e giallo. Il sole tramontava ormai, il suo turno almeno per lui per oggi era finito; era ora di lasciare posto alla notte e alle sue stelle, alle malinconie della sera.
Sembrava che la terra si fosse ribaltata, eravamo da ormai quindici minuti in quella macchina e casa mia ancora sembrava lontana, qualcuno da lassù mi ascolta? Quanto ancora dovrò soffrire stando così vicino a qualcosa che non posso avere?
'Cazzo, ci siamo persi.' Niall sbattè le mani con forza sul volante tanto da farmi sussultare, vedevo il terrore nei suoi occchi. Scese dalla macchina e iniziò a guardarsi intorno, ma niente. Si prese la testa fra le mani, per poi lanciare un'occhiata minacciosa verso il cielo. Credo fermamente che potesse comunicare visivamente con le stelle, visto che due di loro le aveva negli occhi, che brillavano con il riflesso del chiarore di luna.
'Ronnie...dovremmo passare la notte qui.' disse senza proferire altre parole e appoggiandosi di schiena alla quercia vicina. Percepivo il mio cuore rimpicciolirsi ad ogni sua parola, stava scomparendo del tutto.
'Non hai proprio idea di dove possiamo essere?Infondo qui è tutto uguale, potremmo essere dietro casa mia e non accorgersene nemmeno.' Ribattei, mi resi conto solo poco dopo di quanto fosse stupido quello che avevo appena detto tanto che lui si limitò a far cenno di no.
Erano le undici ormai e le ombre della notte iniziavano a farsi sentire, il freddo entrava penetrando nelle ossa e gli inquietanti rumori degli animali notturli, per quella sera sarebbero stati la nostra ninna-nanna.
Niall si alzò di scatto e prese una coperta dal bagagliaio, esclamando con un sorriso malizioso 'Ne porto sempre una di scorta nel caso mi perdessi nel bosco, sai com'è..la tv insegna molto.' 
-Ne hai solo una?
mi limitai a dire. -'Si, di solito le mie avventure notturne le ho sempre immaginate da solo.Mi spiace'. Ridemmo insieme.
'Avvicinati più a me, sennò non basterà per entrambi.' Quella parole mi scaldarono più di quanto cento coperte potessero fare, mi sentivo il fuoco dentro. Io ero come un cerino e lui era la scintilla pronta ad accendermi. 
Infilai la testa nell'incavo del suo collo, l'unico posto in cui avrei dovuto dormire per sempre. Lui mise una mano sulla mia spalla e iniziò a sfregare cercando di generare calore. Ecco le scintille,le scosse elettriche, fulmini allo stomaco.
Senza rendermene conto tirai un gemito, lui fece una risatina. E a quanto pare entrambi trovammo l'un l'altro estremamente eccitanti.

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Capitolo 8
*** lost: in the middle of my heart. ***


"E poi?"
-"E poi era lei ad accendere il mio mondo."
-"Con la stessa intensità di un fuoco?"
-"Più o meno. L'intensità di un fuoco, la potenza di una centrale elettrica."





'Sai accendere un fuoco'? disse Niall di scatto voltandosi verso di me, non ci potevo davvero credere, un'ombra di sconforto mi oltrepassò il viso mentre tutto d'un fiato mi affrettai a rispondergli con un deciso 'No.'
I suoi occhi mi oltrepassarono in un'occhiata perplessa e allo stesso tempo decisa, lo stomaco iniziò a bruciarmi. Io non sapevo come accendere un fuoco, ma lui sapeva come accendere me.
Si alzò togliendomi completamente la coperta da dosso, camminò trascinandosi fino alla macchina, aprì il portabagagli e rovistò attentamente lì dentro per cercare non so cosa. Era bello osservare i suoi movimenti da lontano, i suoi occhi attenti che scrutavano ogni minimo angolo di quella macchina, i capelli che gli ricadevano sul viso pallido reso ancora più chiaro dal bagliore lunare la sua.....
'ECCOLA!' sobbalzai. 'Mh..?' Mi limitai a dire.
'Una Torcia, sapevo di averla. Beh, tornando ai programmi televisivi di cui parlavo prima, quindicesima regola dell'esploratore: portati sempre una torcia perchè è esploratoricamente provato che il compagno con cui ti perderai non ne avrà una.' ribattè con fare soddisfatto e quasi compiaciuto passandosi la torcia da una mano all'altra come un bambino alla vista di un nuovo giocattolo.
'Dai torna a sederti qui, non abbiamo la minima idea di dove possiamo essere il mio telefono è completamente scarico e non prende e..'
-'Sedicesim...'
-'Niall, basta con questo manuale dell'esploratore, non è divertente, piuttosto..ho freddo.' Posò la torcia all'angolo dell'imponente albero e si gettò su di me con un non so che di protettivo, mi strinse forte e portandomi più vicina a lui mi sussurò nell'orecchio di stare calma, che mi avrebbe portata via da lì. Mi stava chiedendo di fare la cosa più difficile che una ragazza innamorata potesse fare: fidarsi di lui.
-'Tu sei speciale, Ronnie.'
-'Ah si? E da cosa..lo hai capito?'
-'Da quella volta in cui ti vidi in biblioteca...non raccolgo mica i libri caduti a chiunque. Tu sei diversa.
' -'Ahah, interessante..tu invece sei il primo.'
-'Il primo?'
-'Non mi innamoro mica di tutti i ragazzi che mi raccolgono i libri.'


[...]

'Scherzavo!'replicai nascondendo che dentro, stavo morendo.

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Capitolo 9
*** Ma quale albero, io voglio incidere le nostre iniziali sul tuo cuore. ***


Sono nata in un libro completamente colmo di pagine,pagine bianche.
Sono nata con l'inchiostro nel sangue,ed è per questo che dalle mie ferite...riuscirò a scrivere una storia, la mia, e gli errori che farò potranno essere cancellati solo dalle mie lacrime, che scioglieranno l'inchiostro, dissolvendolo, e mi permetteranno di ricominciare.Ancora.



Grosse nuvole andarono a coprire il cielo quasi come avessero l'intento di andare a offuscare la forte luce chiara emessa dalla luna. Così come quest'ultima anche gli occhi di Niall si spensero e un'ombra scura si posò su di essi trasformando l'iridi cristalline in blu mare, il colore del mare d'inverno.
Ronnie lo guardava, lo scrutava come se ogni volta fosse l'ultima, non era abituata a chi restava. Lei era abituata a chi cambiava e se ne andava. Le persone che le erano state intorno  erano come i semafori, ogni tanto provavano a cambiare colore, se si rompevano si spegnavano provocando incidenti, ma tanto alla fine di tutto la loro sequenza di colori era la stessa, ogni volta. Senza far nulla, proprio come gli errori ripetuti ancora e ancora, nella speranza che il tempo possa cancellarli.
-"Sai ron, prima ti ho iniziato a parlare di quella ragazza..prima che tu mi bloccassi."
Era incredibile con quanta ingenuità e incosapevolezza il ragazzo ritirasse fuori il discorso.
-"Beh,  hai ricavato un soprannome da qualcosa che già lo era ammirevole, Niall. " ribattè scostando lo sguardo da quello del ragazzo.
-"Diamine, non capisco perchè tu non voglia affrontare il discorso, lo reprimi."
-" Non ho voglia di affrontare la realtà e se c'è una cosa che sto reprimendo sono solo i miei sentimenti. "
disse con un filo di voce ma l'intensità di un ruggito.
Il silenzio piombò tra loro. Ronnie si alzò di scatto portandosi delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Fece una decina di passi, quanti bastassero per arrivare all'albero più vicino e sedersi lì, lontana da Niall.
Tremava, l'umidità della notte si faceva sempre più sentire, il viso rigato da due o tre lacrime che lei stessa non era riuscita a trattenere, gli occhi volti al cielo come aspettasse qualcosa. Una stella cadente a cui esprimere un desiderio o  forse un miracolo. 
Si accovacciò al suolo raccimolando un po' di foglie da cui ricavare un cuscino, si chiuse la felpa e si lasciò cullare del crepitio del fuoco e qualche verso di chissà quale strano animale notturno.
Sentiva le chiome degli alberi muoversi, lo scoppiettare della legna che ardeva, il canto di un gufo vicino ma tutto quello che voleva ascoltare in quel momento erano dei passi, i passi di lui che alzandosi, sarebbe andato a sdraiarsi accanto a lei.
 Avevano  ancora tanto da dire. Tante frasi ripetute mille volte, tanti "aspetta" e "mi dispiace" forse troppo consumati. Tante parole che li  avrebbero uccisi o fatti rialzare. Ma nessuno dei due parlò. Si fissarono senza dire una parola entrambi capirono che per dire addio non servivano frasi, erano bastati i silenzi che nessuno aveva cercato di rompere, per tutto quel tempo. Nessuno voleva parlare perché quell'unica parola, quelle 5 lettere li  avrebbero distrutti. Fece un respiro profondo, lo guardò  ancora più nel profondo, oltre i suoi occhi oceano.
'Buonanotte.'  
disse. E chiuse gli occhi.
 
 

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Capitolo 10
*** vortici d'ebano. ***


"Stava combattendo contro qualcuno più potente di lei, beh, forse più potente no.
Ma sicuramente vestito meglio."



La notte continuava a vegliare sui due ragazzi, seppur ormai contrastata dalle prime luci dell'alba. Il mattino dava i suoi segni, e un incalzarsi di raggi chiari e flebili colorava il cielo.
Un'alternarsi di passi, lo screpitio delle foglie al tatto. Una mano si pose sulla spalla di Ronnie:
-"Ragazzina, ragazzina..." gli occhi le facevano fatica ad aprirsi, aveva avuto un brusco risveglio quella mattina. Mugugnò biascicando qualche parola prima di perdere la battaglia contro la stanchezza e ritornare nelle braccia di morfeo.
Una scossa ancora più forte della precedete percosse il suo corpo.
-"Hey, ragazzina..alzati! Ma dico ti rendi conto di quanto siamo pericoloso rimanere da soli qui nel bosco di notte?"
Ronnie iniziò finalmente a realizzare il tutto e di scatto di alzò urlando contro il pover'uomo che cercava solo di aiutarla.
-"E lei sarebbe? Mi lasci, che ci fa qui?!'
-"Che ci faccio io, pff, questa domanda te la dovrei fare io. Ti ripeto, è pericoloso restare qui solamente ora che è periodo."
-"Periodo di cosa?"

L'anziano mostrò a Ronnie il suo fucile, e solo dopo si rese conto della domanda idiota che aveva posto. Non poteva avere sotto la sessantina, la barba lunga e incolta incorniciavano il suo viso paffuto e roseo. La pancia evidente era strizzata in una camicia a quadri al cui termine era posta una pesante cintura di cuoio nero ben stretta in vita. Era stagione di caccia.
Fece un cenno con la mano indicando con le sue forti mani una macchina appostata non poco lontano da lì. Lei non potè fare a meno di notare che dal finestrino posteriore leggermente abbassato, seppure oscurato, si intravedeva una sagoma maschile dai capelli biondi. Non poteva che essere Niall.
Si tirò a forza verso il veicolo, mentre l'uomo si era già precedentemente incamminato.
-"Manderemo un carrattrezzi dopo a riprendere la macchina..ma come diavolo siete finite qui volete spiegarmelo, dove hanno la testa i ragazzi d'oggi?"
Ci fu un'occhiata reciproca, ma nessuna risposta.
Il viaggio fino alla città fu animato solamente dai borbottii insensati dell'uomo; non appena giunti a destinazione i ragazzi scesero dall'auto, e una volta ringraziato il vecchio cacciatore lo videro scomparire nel giro di pochi minuti.
"Ro..ronnie, scusa è tutta colpa mia."
-"Non mi hai costretta, sia chiaro."
Certo, per Niall sarebbe stato facile una volta arrivato a casa, visto che i suoi erano fuori li avrebbe chiamati con la solita scusa della dormita dall'amico, ma lei. Ronnie. Come sarebbe uscita da quella situazione, quello no, non lo sapeva nemmeno lei.
Fece una corsa verso casa, girò tremolante la chiave e entrò quasi come un ladro, nella sua stessa casa. Vide suo padre accorrere velocemente dal corridoio, e ancora prima che lei potesse dare spiegazioni venne soprapassata da una voce decisa e preoccupata, arrabbiata allo stesso tempo.
"Dove sei stata? Ho chiamato tutti, nessuno aveva la minima idea di dove tu possa essere. Ronnie, hai sedici anni, SEDICI, sei una ragazzina e ti permetti di andare in giro e sparire per un giorno intero.."
"Ma.."
"No niente ma, ho avuto paura di averti perso lo capisci? Non avrei potuto sopportare di aver lasciato andare anche te."
"Oh, si, il vittimismo vedo che è una cosa di famiglia che per fortuna io non ho ereditato. Smettila di tirare fuori la carta della mamma, è inutile non fa più effetto."

Il fatto è che non aveva voglia nè tantomento le parole giuste per riuscire a spiegare al padre quello che era successo la notte precedente, così piuttosto che cercare di evadere dalle sue colpe preferì non parlarne. Trattenne il respiro alzò gli occhi per evitare che le lacrime scendessero involontarie e con passo deciso si avviò verso la sua camera, sbattè la porta e si buttò sul letto. Rimase a fissare il soffitto per svariate ore prima di addormentarsi. Non avrebbe detto a nessuno di quella notta, sarebbe stato il suo segreto. Il loro.
La mattina successiva, si alzò come se nulla fosse tentando di evitare ulteriori domande inutili di suo padre e sviando il discorso varie volte a colazione. Sarebbe stata in punizione per due settimane: senza computer, telefono, o televisione.
Ma che se ne faceva del computer quando tutto quello che cercava era lui.
Che se ne faceva del telefono quando solo incrociando lo sguardo, riusciva a parlargli.
Che se ne faceva della televisione quando il suo 'the end' se lo immaginava con lui.

[...]
La campanella suonò era tornata a scuola, cercando di non dare troppo nell'occhio cercava di capire quale fosse la ragazza di cui Niall stesse parlando. La sua ricerca non durò molto quando nei corridoi passò una ragazza alta e slanciata dall'andatura regolare, i capelli ricci e neri come l'ebano le ricadevano a ciocche sul volto sobbalzando ad ogni suo passo gli occhi da cerbiatta lanciavano frecciatine maliziose a chiunque entrasse nel suo campo visivo. Portava delle scarpe alte, una canottiera con il logo di un famoso gruppo rock e dei pantaloni quasi come cuciti addosso a lei. Il destino volle che in quello stesso momento Niall passò come suo solito per il corridoio del terzo piano, capì che era lei. Lo vide da come lui seguiva i suoi movimenti sinuosi, le sue movenze sensuali ma mai troppo volgari, la scia di menefreghismo che lasciava alle sue spalle ogni volta che passava con le sue cuffiette negli orecchi e gli occhi vispi e sempre attenti. Era bellissima.
 

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Capitolo 11
*** w(he)ed. ***


 
Tu con l'erba.
Io con te. Possono entrambe essere considerate una dipendenza, no?



Solo dopo essere uscita da quel leggero stato di trance Ronnie si accorse che la ragazza aveva in mano un mucchio di fogli colorati che distribuiva a tutti coloro che incrociasse nel suo cammino lungo il corridoio.
-"Hey sto dando una festa per Halloween verresti? I miei sono fuori e ho casa a disposizione." Incalzò lei. Mi soprese come fosse naturale e amichevole il tono della sua voce. Non si adattava per niente all'immagine frivola che si presentava ad un osservatore esterno, nella sua voce c'era una profondità ed una sicurezza di chi sa che con poche parole puo' dare e ottenere tutto.
-"Una festa..?" Parliamoci chiaro, Ronnie non si soprese del fatto che una ragazza come lei potesse organizzare un simile evento, nè quanto la sua vita mondana potesse essere più o meno attiva ma perchè lei? Perchè aveva invitato lei? Aveva i capelli troppo spettinati e la maglietta troppo larga per un determinato giro di gente, era la regola dell'ingiusta piramide sociale scolastica.
-"Si, una festa." ridacchiò "Sai una di quelle in cui, beh, se trovi una bottiglia puoi starci sicura che quella che c'è all'interno non è di certo acqua. Capisci no? Ci divertiremo, ciao!"
Tenne in mano il biglietto per tutte le ore che le restarono e cercò di capire incessantemente quale fosse il trucco, lei non era mai stata ad una festa. Lo stropicciava, lo accartocciava e poi lo fissava per svariati minuti quasi come nell'attesa di una riposta.
La campanella suonò. 13:10.

-Oh Ronnie, non so se sia peggio il francese o il terribile accento che tenta di ricreare la signorina Pisbury..che hai in mano?
-Niente un biglietto..un invito ad una festa.
-Ah, la mega festa da Jordin, ci verrai vero? No aspetta, ci verrò anche io. Ci verremo insieme.
Ecco, questo era uno di quei momenti in cui una sola parola poteva assumere così tanti significati diversi quanti sono le persone. "Insieme." La odiava, odiava il modo in cui Niall l'aveva pronunciata, il valore che le dava, il poco sentimento con cui l'aveva pensata. Cazzo quello non era un vero e proprio stare "insieme" era più un "okay, facciamoci compagnia durante il tragitto", come poteva quel ragazzo non capirlo? Ma lei non disse nulla.
20:30
Convincere il padre non fu difficile, anzi forse era perfino più felice di lei che finalmente non se ne stesse rintanata in camera sua nella sua personale Narnia, chi ci arriva con l'armadio e chi con un paio di cuffiette, diceva lei.
Prese un vestitino corto nero che le segnava nei punti giusti, nonostante il suo fisico non fosse dei migliori sapeva come valorizzarlo. Si mise delle scarpe non troppo alte, un velo di rossetto non troppo scuro, e una linea di eyeliner non troppo marcata. Di fatti era così che si sentiva in quel preciso istante, non troppo bella. Non troppo.
Suonarono alla porta.
-Ronnie è arrivato Ni..oh sei qui. Fatti guardare.."
"Papà smettila mi sono già guardata abbastanza da me."
"Sei fantastica, la mia bambina."
Le diede un abbraccio timido, il che salvò Ronnie da un'imbarazzante risposta o un forza grazie, lei odiava dire grazie.
Era veramente, dannatamente, spropositamente stupenda. Più di lei quanto potesse immaginare, più di quanto si potrebbe raccontare e molto di più di quanto lei si potrebbe sentire.
Niall la guardò e accennò un sorriso malizioso, le prese la mano.
"Andiamo?"
"Si."
La musica alta si sentiva dall'isolato prima, e appena arrivati davanti alla casa si poteva intuire che di certo i soldi non fossero il problema di Jordin, un grande e imponente cancello di ferro battuto nero come i suoi capelli si apriva lasciando intravedere in lontananza una villa su più piani.
Molti dei ragazzi erano già arrivati e la festa era nel pieno del suo svolgimento. Ai lati della piscina vi erano tavoli imbanditi e pieno di bevande super alcoliche, probabilmente, pensò, l'unica cosa che fosse stata sotto i 20° gradi quella sera era la temperatura. Orde di adolescenti sballati e ubriachi si divertivano come potevano o vomitando quei loro quaranta minuti di gloria precedente.
"-Vado a prendere qualcosa da bere okay, Vodka o Rum?"
"-Io.."
"-Okay ho capito, lasciami fare. Torno subito!"
Nel preciso istante in cui Niall lasciò la sua mano Ronnie sentì un grande senso di vuoto come se tutte quelle persone che fino a prima le erano indifferenti, ora potessero attaccarla da un momento all'altro. Senza di lui era così vulnerabile.
Tra la folla scorse su dei vertiginosi tacchi quindici Jordin, una forte fitta allo stomaco. Gli occhi di quella ragazza brillavano di una luce propria, il vestito che non lasciava nulla all'immaginazione, i grandi ricci che le ricadevano sulle guancie rosee e il lucidalabbra che risaltava sotto le luci artificiali delle lampade da giardino. Come poteva competere?
Una voce da dietro la fece sussultare.
"-Tieni bevi, su tutto in un sorso e non fare storie che stasera diventi grande."
"-Niall cosa...cosa c'è nel bicchiere?"
"-Vodka, nulla di che. Mi tieni questa..?"
"-Erba? Cosa cazzo fai ora, fumi erba?"
-Hey, hey tranquilla." Niall prese un accendino dalla tasca sul retro dei jeans e portatosi la canna alla bocca la accese guardando la ragazza con un'aria di disappunto.
"Prendi, aspira, trattieni e chiudi gli occhi. Divertiti con noi Ronnie, dai."


ciao persone, ah. Ho problemi ad impostare il carattere della storia ma idk. 
-GH.
 

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Capitolo 12
*** Untitled. ***


Si portò la canna, l'appoggiò maldestramente sulle labbra, era disgustata. Quell'odore forte le entrava nel naso ma non poteva dire di no davanti a Niall. Dischiuse la bocca, aspirò, sentì il fumo penetrare lungo le narici e scendere fino ai polmoni, come una grande nuvola scura che le aleggiava in corpo. Diede tre colpi di tosse, riaspirò, tossì ancora. Non aveva mai fumato prima d'ora e adesso lo stava facendo con Niall per la prima volta, quel ragazzo era ogni sua prima volta.
Le ore passarono, gli alcolici si dimezzarono e lo stato di coscenza di quei ragazzi calava vertiginosamente ora dopo ora.
-"Andiamo sopra?" Propose il biondo ridendo.
-"Sopra dove?"

-"La camera di Jordin, è libera dai...andiamo."
-"Ma certo fai come fossi a casa tua no ma io dic...andiamo."

2:10.

Salirono le scale ridendo e barcollando, erano entrambi sballati e sbronzi da riuscire a sbattere su cinque delle quattro pareti che formavano il lungo corridoio per arrivare alla camera. La stanza era ampia, sui toni del lilla, con una grande vetrata e un letto pieno di cuscini. Le pareti erano tappezzate di foto che contornavano una grande specchiera.
Niall si buttò sul letto sghignazzando e tirando Ronnie per un polso la costrinse quasi a forza a sdraiarsi accanto a lui.
Dannazione, era tutto quello che aveva sempre desiderato. Erano a distanza di centimetri e nessuno dei due capiva realmente cosa stesse succedendo, erano spaesati e confusi. La testa era vuota, ma quando Ronnie incrociava anche solo per un attimo il suo sguardo ritrovava tutta la sicurezza e consapevolezza che fino a poco prima aveva perso. Avevano quella forma di sempre, il colore blu intenso di sempre screziato da delle chiazze rossastre per via del fumo. I suoi occhi erano cielo, erano del colore del tramonto.

Ronnie non avrebbe potuto sopportare quella lontananza ancora per molto, erano a un palmo l'uno dall'altra ma con i cuori distanti.
Niall prese coraggio e con uno slancio quasi impercettibile, la baciò.
La baciò in una notte autunnale, la baciò impulsivamente, la baciò con la timidezza di un bambino, la baciò come si fa con una persona fragile, la baciò come se dovesse levarle di dosso un po' di preoccupazioni, la baciò con il sottofondo di Heroes proveniente dal piano di sotto quasi come per salvarla. Era lui il suo eroe stanotte?
Con un gesto inconsulto Niall infilò la mano sotto il vestito di Ronnie tirandole delicatamente via le calze, erano brividi. Il contatto, il ticchettio delle sue dita sulla pelle nuda di Ronnie le faceva provare una sensazione che lei stessa aveva dimenticato di provare. Come un vecchio disco, dimenticato ed abbandonato sullo scaffale più alto di una libreria. Uno di quelli a cui bastava ritrovare solo qualcuno che con un leggero soffio levasse la polvere accumulata negli anni e lo facesse suonare ancora, più forte. Un suono nitido.
E ora sarebbe inspiegabile ricreare l'emozione che quei due provarono nel possedersi per la prima volta, era una vera e propria musica: vibrazioni pure. Era un toccarsi, uno sfiorare dolcemente. Niall il musicista e lei la sua arpa.
Tirò un sospiro, poi un gemito, e infine un sorriso. Era piacere reale. Niall le passò una mano tra i capelli, lei gli diede una carezza. Si rigirarono ognuno a pancia in sù a fissare il soffitto, nemmeno si guardarono. Ronnie teneva le mani lungo i fianchi e Niall si era rannicchiato su un fianco, lanciò un'occhiata alla finestra.
"Questa notte è nostra Ronnie."
"Nostra Niall."

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