Her blood.

di Lolles_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La festa. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO






La testa la stava torturando.

Erano giorni ormai che, rinchiusa nella sua stanza, non faceva altro che prendere medicinali su medicinali contro il mal di testa.

Poteva sentire qualsiasi cosa: la pioggia che sbatteva violenta sulla finestra, i passi della madre al piano di sotto, il ramo che imperterrito bussava contro la seconda finestra nella sua camera, lo svolazzare dei suoi due maledettissimi pennuti piazzati vicino alla porta, il lieve suono della radio che stava ascoltando il padre nella stanza accanto alla  sua.

Così si strinse un po’ di più nelle coperte, nella speranza che quei rumori cessassero.

Erano dunque tre giorni che non metteva piede in quella struttura patetica malridotta, comunemente chiamata scuola, sapeva che doveva tornarci prima o poi. E, inoltre non ne poteva più di stare a casa a sentire la madre cinguettargli attorno dicendo quanto era stata incosciente nell’uscire di nascosto.
Sapeva che prima o poi doveva uscire da quella camera.

Ma stranamente ne aveva timore.

Si sistemo di nuovo tra quelle coperte, calde e rassicuranti e, si mise a riflettere per l’ennesima volta:

Non ricordava proprio cosa le fosse accaduto.
Certo ricordava che era uscita a mezza notte in punto, ricordava di essere salita in macchina con Jamie, il suo ragazzo, ricordava anche di essere arrivata alla festa e di aver alzato un po’ troppo il gomito, ma non riusciva proprio a ricordare cosa sia accaduto dopo. Il suo ultimo ricordo risale a quando stava guidando … si! Stava tornando a casa, ma non aveva la minima idea del perché stava guidando lei, visto che era arrivata con Jamie al volante e, lei non aveva una macchina.
Quindi,  non aveva neanche la minima idea di chi fosse la macchina. Però rimembrava che c’era qualcuno con lei…

Ricorda di essere scesa dalla macchina e che goffamente aveva urlato un 'grazie' arrivata alla soglia di casa, poi il buio.
Non ricorda di essere entrata e in realtà non era nemmeno convinta che quella era casa sua.
Semplicemente, la mattina seguente, si era svegliata nel suo letto, con indosso i vestiti del giorno prima.
Era sicura che, chiunque fosse quella sera, poteva facilmente derubarla, o stuprarla o fare di lei ciò che voleva.
Era per questo che appena svegliatasi il giorno seguente aveva controllato dentro la borsa e, c’era tutto. Inoltre era sicura che il suo corpo non era stato toccato ne sconsacrato in nessun modo.
 
 
- ‘Fanculo! – Sputa dalle labbra, tornando al presente e, alzandosi dal letto matrimoniale regalatogli dalla zia lo scorso anno, si prende la testa tra le mani.
- Mi arrendo – sentenzia, stufa, alla fine e, svogliatamente va a fare quella doccia che si raccomanda di fare da tre giorni.
 
Così inizia la seconda settima di scuola di Sara.
Esce dalla doccia e con aria di chi preferisce ammazzarsi, si veste, si trucca e, si dirige in cucina. Come tutti i giorni, prima dell’accaduto, prende una mela dal porta-frutta sul tavolo, schiocca un bacio sulla guancia alla madre, urla un ‘ ciao ‘ sbrigativo al padre, afferra la borsa dall’attacca-panni vicino alla porta ed esce.

 




* Notes

Grazie per aver letto e, se avete critiche o consigli, sono ben accetti!

Alla prossima.

 

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Capitolo 2
*** La festa. ***


La festa





 
 
 
Il vento che mi sbatteva in faccia e, gli occhi socchiusi, mi facevano pentire per l’ennesima volta di non essermi portata un casco con la visiera.
 Mi piaceva fare quel tragitto sul motorino, vedere gli alberi con le foglie gialle, quasi del tutto spogli, i rumori della natura appena svegliatasi, l’odore di pino bagnato, diciamo che erano il mio caffè.
Ad aggiungersi c’era la strada scivolosa quanto bastava per tenermi la testa occupata quindi, il viaggio filò liscio fino a scuola.

Arrivai poco prima del cancello principale dove, parcheggiai il motorino.

Trovai la mia solita cerchia di amici vicino al solito muretto, di fronte alla scuola:
- Finalmente … - esclamò Jamie, lanciandosi sulla mia bocca, gesto piuttosto insolito, strano che manifestasse così evidentemente la mia mancanza visto che lui faceva sempre la parte dell’inaccessibile – sono tre giorni che provo a chiamarti – mi si staccò e attese una risposta
- Lo so, sono sparita, ma ho avuto dei problemi a casa … – so che, a Jamie, in fondo non interessava il vero motivo, gli bastava una scusa plausibile per la mia assenza, in modo tale di apparire un buon fidanzato.
Si può dire che, la nostra era una relazione era di convenienza: io cheerleader, lui capitano di rugby, ma alla fine mi convincevo che, in fondo in fondo ( molto in fondo ), Jamie provasse almeno sorta di attrazione per me, ma non mi interessava sapere quale tipo di attrazione.

Diciamo che lui mi andava bene, mi bastava:
era gentile, mi portava alle feste, grazie a lui, avevo delle amiche e, considerando che i primi giorni dopo il mio trasferimento, quindi tre settimane prima, trascorrevo le giornate sul divano a guardare la Tv e mangiare pop-corn, Jamie e tutto il suo mondo erano una buona distrazione per me, certo, sapevo che non sarebbe durata, prima o poi lui avrebbe preteso la sua parte e, ciò un po’ mi preoccupava; sapevo che non potevo avere sempre le mestruazioni quando stavamo da soli e, poi, non era in grado di fingere bene come lui.

- Ah, ok, ma ora stai bene giusto? Perché ‘sta sera c’è una festa, andiamo tutti da Maicol, non posso perdermela – disse inclinando la voce facendola diventare quella di un bambino a cui hanno tolto il pupazzo preferito.
- Certo, mi sento in forma … ora – risposi, abbassando gli occhi. In verità, odiavo andare alle feste, dovevo muovermi verso le 18:00 per andare a prepararmi dalle mie ‘ amiche ‘, quindi dovevo sbrigare i compiti e le faccende di casa in fretta, poi, quando avevo finito, potevo dire addio al mio sonnellino pomeridiano, inoltre dovevo pregare mia madre per farmi fare le ore piccole e, prendendo in considerazione che non è il fine settimana e, che quindi il giorno seguente devo andare a scuola, avrei dovuto sicuramente uscire di nascosto. E per finire in bellezza, visto i recenti risvolti, le feste non erano esattamente la cosa che preferivo.  Ma sapevo anche che, se non ci sarei andata, Jamie mi avrebbe tenuto il muso per troppo tempo. Bastava non bere e stare appiccicata a Jamie.

- Ottimo allora, do la conferma a Maicol e ti passo a prendere alle 19:00 a casa di chi? – Chiese confuso dalla miriade di amiche che avevo e, di conseguenza alla miriade di volte che cambiano casa per riunirci.

- Facciamo da me questa volta – Carly, si fece largo tra la cerchia. Era una ragazza veramente bizzarra: era capo cheerleader, ma vestiva come una punk, era bassa, con i capelli rossi fuoco, ascoltava musica che spaccava veramente i timpani e, stranamente fuori dal campo era molto goffa, ma, forse, era l’unica che mi era veramente amica.

Le sorrisi con il primo sorriso sincero della giornata – ciao! – Sorrisi di nuovo.

- Ehi! Come stai? Come si dice uhm … chi non muore di rivede eh? Ho una sfilza di cose da dirti, ma prima di tutto: cosa ti è capitato – era una pretesa, non una domanda: si mise in punta di piedi in modo tale da far combaciare i suoi occhi dritti hai miei, mi prese gli avambracci tra le sue mani e non mi diede modo di fuggire.
- Storia troppo lunga … - svagai, cercando di mantenere lo sguardo - … niente di importante, ti racconterò, tu piuttosto non hai una miriade di cose da dirmi – e sorrisi, nervosa.
- Tu non mi convinci. Però per il bene di questa amicizia farò finta di niente … per ora. Comunque hai presente Lollo, si, quello che ti dicevo, ieri siamo andati  … - Carly mi prese sotto braccio e mi lasciò solo davanti all’aula di storia. – Bè qui ci salutiamo, mi raccomando, puntuale, alle 18.00 a casa mia! -  E sorrise, attendendo la mia risposta.
- Non mancherò – risposi sorridendo, mi girai e, sbuffando in previsione della noiosa giornata, entrai in aula.

Presi il mio solito posto all’estrema sinistra della classe e attesi che il professore esordisse con il suo solito ‘silenzio!’, prima di iniziare la lezione.
 
Il professor Miker, batté violentemente due volte la mano sulla cattedra catturando l’attenzione di tutti e fece calare il silenzio nell’aula – ragazzi, non ci facciamo riconoscere già nel primo giorno del nostro nuovo arrivato – sorrise il prof., vedendo che gli occhi di ognuno di noi riempirono l’aula, incuriositi – si chiama Jack, Jack Nelson Patrick Connor – e puntò lo sguardo verso la porta e, allora tutti, ci girammo.
Da quella porta entro Jack, per la prima volta vidi Jack che, con aria cupa e introspettiva entrò in classe.
Non sorrise, non fece cenni di saluto e non disse niente, alzo per un breve attimo lo sguardo e prese posto vicino all’unico banco libero. Il mio.

- Bene ottima scelta signor Connor, ora possiamo iniziare la lezione – chiuse il discorso ‘ nuovo arrivato ’ il professore.

Era vicino a me, ma non lo guardavo, lo sentivo. Lo sentivo davvero, come se una strana energia lo circondasse e arrivasse a me.

Girai per un secondo lo sguardo e, mi stava fissando e, non la smetteva.

Per pochi secondi tenei lo sguardo.

Non mi stava fissando con aria superba o con malizia, mi stava fissando e basta: stava con la schiena ridosso allo schienale della sedia di legno, un braccio che penzolava insieme alla testa piegata da una parte e l'altro piegato sul banco, con aria paurosamente seria.
Girai subito la testa sul mio quaderno e ne studiai attentamente le righe, sicuramente non mi sarei girata di nuovo.

Era bello, di questo ne ero certa, era alto, snello, con i capelli castano, non cortissimi, che calavano sul miele e gli occhi scuri, color nocciola …
Per il resto della lezione non dedi nessuna attenzione al professore o al resto della classe, c’ero io e c’era lui che, ero sicura al 100 %, mi stava fissando, mi sentii a disagio per tutta l’ora e in certi momenti pensavo di sbottargli con un ‘ ma che vuoi ‘, ma evitai. Era soltanto un’ora, poi avrei cambiato classe e avrei fatto in modo di non ricapitare a quel posto.

Però qualcosa di lui, mi incuriosiva.... forse quel non so che di famigliare.

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