Shake up your tired eyes, the world is waiting for you.

di GasPanic
(/viewuser.php?uid=211922)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Need a little time to wake up. ***
Capitolo 2: *** Maybe I don't really wanna know how your garden grows. ***
Capitolo 3: *** Stand by me. ***
Capitolo 4: *** Supersonic. ***
Capitolo 5: *** Where did it all go wrong? ***



Capitolo 1
*** Need a little time to wake up. ***


Helena.

 

 

«Buongiorno,Londra! Sono le 7:30 e state ascoltando Radio One!»

La voce distorta dello speaker sembrava rumorosissima. Rimbombava nella mia testa come se un jet fosse atterrato proprio vicino a casa mia. Mugugnai un 'Vaffanculo' e tesi la mano verso la dannata radiosveglia, i cui grandi numeri rossi parevano abbaglianti in mezzo a tutta quell'oscurità.

«...E ora vi proponiamo il brano di una band molto promettente, che piano piano sta facendo strada, gente! Loro sono gli Oasis con Live Fore...»

Silenzio. Finalmente misi a tacere quell'idiota. Mi rigirai nel letto ancora una volta, decisa ad ignorare la fastidiosa vocina che dentro di me continuava a ripetere di alzarmi. Rimasi a fissare il buio per qualche minuto, affrontando dubbi esistenziali dentro la mia testa. Alla fine però prevalse il buonsenso. Brancolando nel buio della mia camera, procedendo a tentoni, in qualche modo riuscii a trovare la serranda, pur rischiando di inciampare miseramente su Winston, il mio vecchio coniglio di peluche che avevo probabilmente scagliato altrove in preda a un brutto sogno.

Il sole era accecante. Imprecai. Dovevo smetterla di segregarmi al buio in quel modo, sarei diventata cieca o qualcosa del genere. Mi venne in mente mia madre. “Sei peggio di un vampiro, a volte mi fai proprio paura”. Non aveva certo tutti i torti.

Diedi un'occhiata in giro. La mia stanza era un vero disastro: vestiti in terra, qualche romanzo dimenticato sparso qua e là, dischi ovunque. Sul mio letto svettava un enorme poster dei Beatles. Lo guardai con orgoglio, mentre mi infilavo una vecchia t-shirt e dei jeans afferrati a caso dai meandri del mio armadio. Ero pronta per affrontare una nuova, pallosissima giornata.

 

 

 

«Hai intenzione di comprarlo o vuoi startene tutto il giorno a fissare la copertina?»

Sbuffai. «Sei un vero rompipalle, Larry. Lo sai che non ho mai soldi.»

Rigirai tra le dita un'ultima volta 'The Dark Side of the Moon', immaginandolo nella mia collezione di dischi. Lo misi al suo posto con immenso rammarico.

«Toglimi una curiosità» incalzò Larry con tono burbero, mentre io alzavo gli occhi al cielo, «perchè ti trovo ogni giorno a girellare per il mio negozio se poi non compri mai niente?».

Mi aspettavo quella domanda. Larry mi fissava dall'alto del suo bancone con aria di superiorità, i capelli grigi raccolti in un codino e un ghigno sarcastico dipinto sul volto grassoccio. Decisi di stare al gioco e sorrisi di rimando.

«Perchè naturalmente spero che qualcuno prima o poi si decida a regalarmi un disco!». Larry inarcò un sopracciglio, scettico.

«Per quanto mi riguarda, te lo puoi anche scordare. Ed ora, dato che ci sei , potresti anche dare una mano a questo vecchio hippie a scaricare i nuovi arrivi.»

Ero indignata. «Però se ti aiuto pretendo un disco.»

Lui mi voltò le spalle come se niente fosse, scomparendo nel retro del negozio. Non potei fare altro che seguirlo.

 

Quella maledetta pila di dischi rischiava di cadere ad ogni passo. Dovevo posizionarla proprio lì, vicino a 'Orbison, Roy'. Chi fossero questi Oasis, io non lo sapevo. Forse li avevo sentiti nominare quella stessa mattina in radio, anche se probabilmente ero ancora troppo addormentata per prestarci attenzione. Presi un disco e lo osservai. 'Definitely Maybe', non male. In copertina c'erano quelli che supposi fossero i membri della band; uno era sdraiato in terra al centro della stanza, un altro era seduto sul divano e suonava la chitarra, un altro ancora era seduto più in fondo e... «Scusami». Sentii una mano sulla spalla, un tocco leggero. Mi voltai, il disco ancora saldamente stretto tra le mani. Un ragazzo poco più alto di me mi stava fissando. Non potei fare a meno di notare i suoi occhi, di un meraviglioso azzurro limpido. «Sei la commessa? Senti, sono passato per accertarmi che in tutti i negozi sia uscito il nostro album». Lo guardai con aria interrogativa, in parte ammaliata dalla sua persona, e in parte per cercare di capire se stesse dicendo sul serio. Ma lui sembrava convinto.

«Io... Veramente non lavoro qui. Aiuto solo il vecchio Larry sperando che mi regali qualche disco.» Ebbi come l'impressione che non mi stesse affatto ascoltando. Continuava a fissarmi, con una specie di sorriso stampato sul volto. Un bel sorriso. Solo dopo qualche secondo realizzai che non stava fissando me, ma il disco che tenevo in mano. «Quello ti consiglio di comprarlo».

«No che non lo compro. Non ho soldi, e non è roba che fa per me.»

Mi guardò contrariato. Perchè diavolo ci teneva così tanto?

«Aspetta solo qualche settimana e impazzirai anche solo all'idea di poter venire a un nostro concerto.»

Scoppiai a ridere. «Nostro? Aspetta, fammi capire bene. Tu sei uno degli Osis?»

Il mio sguardo indugiò sull'album. Il ragazzo seduto sul divano... Beh, di profilo gli rassomigliava, ma la foto era piccola, e io avevo ancora i miei dubbi.

«Sono Noel» mormorò tendendomi la mano.

«Helena». Gli strinsi la mano, continuando a guardarlo negli occhi, rapita. Cosa mi stava succedendo?

«Ciao, Helena. Sei proprio una bella ragazza, anche se devo dire che i tuoi gusti musicali lasciano davvero a desiderare, a quanto vedo».

Finsi di non aver sentito. «E se tu sei davvero chi dici di essere, si può sapere cosa ci fai qui? In un negozio per comuni mortali a comprare un disco che dovresti avere già?»

Noel alzò gli occhi al cielo. Che gesto antipatico. «Io non sto comprando un bel niente. Passavo di qui e ho voluto accertarmi personalmente che il disco fosse arrivato nei negozi». Continuava a fissarmi. Ancora, ancora e ancora. Che rompipalle. «Non lo sai che è maleducazione fissare la gente?»

Per tutta risposta scrollò le spalle. «Ti andrebbe di uscire con me?»

Lo fulminai con lo sguardo. «No, e poi no. Perchè dovrei?»

«Perchè io sono Noel Gallagher.» disse sorridendo.

«Grazie per l'invito, ma potresti essere anche Dio sceso in terra, non mi importa. Se vuoi però puoi offrirmi qualcosa, comincio ad aver fame. »

Il suo viso si illuminò. In cuor mio speravo che accettasse, perchè era davvero carino.

«Perchè no? Suppongo che questa volta mi dovrò accontentare.»

Cercai di contenere il mio entusiasmo mentre ci dirigevamo all'uscita. 'In fondo non ti piace. Ti attira solo perchè è un musicista'. Per l'ennesima volta, mandai a quel paese la vocina dentro la mia testa, mentre varcavo la soglia con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. 




Saalve Mad Fer :3 Questa è la mia prima ff sugli Oasis, e mi rendo conto che possa sembrare un po' banale ma abbiate pazienza. Buona lettura!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Maybe I don't really wanna know how your garden grows. ***


Noel.

 

Mi fissava, soddisfatta, mentre addentava il croissant fumante che le avevo appena offerto. Con la mano si tormentava un ciuffo di capelli neri, chissà a cosa stava pensando.

-Allora, dove sono le guardie del corpo?

Le cosa? Scoppiai a ridere. Per tutta risposta mi guardò con un'espressione indecifrabile.

-Se conoscessi meglio me e mio fratello sapresti che non ne abbiamo bisogno... Non ancora almeno.

Si sporse sul tavolino, interessata.

-E tuo fratello? Com'è?

Ecco. Mio fratello. Liam.

-E' un coglione. Ma tutto sommato gli voglio bene.

Pronunciai l'ultima frase con titubanza, non ero abituato a dire cose del genere su Liam. Ma lei non mi conosceva, ed era davvero carina.

 

Si alzò improvvisamente, o forse fu questa la mia impressione. Forse mi ero incantato a guardarla per chissà quanto tempo.

-Io devo andare.

Mi resi conto che non avrei mai voluto sentirle pronunciare quella frase.

Le sorrisi di rimando, mentre le porgevo la mano.

-Ti accompagno.

Vidi l'incertezza nei suoi occhi. Non sapeva cosa rispondere, e se ne stava lì impalata a fissarmi con un fottuto sorriso ebete stampato in faccia.

-Guarda che non era una domanda.

Non disse niente, probabilmente aveva paura. Ma io non le avrei fatto niente di male. La sua mano calda incontrò la mia, e insieme ci avviammo in direzione Carnaby st.

 

Helena.

 

Era così strano. Poteva sembrare burbero, e a volte anche montato, ma in qualche modo sapevo che non era così. Continuavo a fissarlo, e sebbene cercassi di darmi un contegno, non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Cosa mi stava succedendo? Adesso mi stavo infatuando di un perfetto sconosciuto proveniente da chissà quale remoto angolo dell'Inghilterra solo perchè mi aveva offerto un croissant? Roba da pazzi. Dovevo andarmene. Mi alzai, senza pensarci.

-Io devo andare.

Mi parve di cogliere uno strano bagliore nei suoi occhi, forse era delusione, chissà. Molto probabilmente mi stavo immaginando tutto, come al solito. Ero una frana nelle relazioni.

Si alzò anche lui.

-Ti accompagno.

Mi stava porgendo la mano. Cosa significava? Rimasi perplessa per qualche secondo, cercando di prendere una decisione.

-Guarda che non era una domanda.

Aveva un sorriso sardonico stampato in faccia. Dovevo fidarmi?

Esitando gli afferrai la mano. Mi piacque quel contatto, probabilmente faceva parte del mio mondo di illusioni.

In silenzio lo guidai verso casa mia, in Carnaby st. 'Un tragitto breve', pensai sollevata.

 

Quel silenzio così opprimente tra noi due mi stava uccidendo. Camminavamo fianco a fianco, come due perfetti sconosciuti quali eravamo. Avevo lasciato andare la sua mano non appena la folla si era un po' diradata. Dopotutto, pensai, non aveva senso tutta quella confidenza, ci eravamo appena conosciuti. E dal momento che lui era una rockstar o qualcosa del genere, probabilmente non ci saremmo più rivisti. Decisi di tempestarlo di domande, anche le più inutili. Per qualche strano motivo volevo infastidirlo, quasi per negare a me stessa quanto mi piacesse, il che era così assurdo!

-Allooora Noel, tu non sei di Londra, vero?

Parve sorpreso, doveva essersi abituato a quell'imbarazzante silenzio.

-No, infatti. Sono di Manchester, ma mi sono trasferito da poco, sai... con la band.

-Fico. Dev'essere bello avere una band.

-Lo è, ma ci sono quei fottuti giorni in cui vorresti mandare tutto a puttane e partire su un'isola lontana, lontano da quell'idiota di tuo fratello.

-Mi pare di capire che non andate molto d'accordo.

Sorrise. Di nuovo quell'inconfondibile, bellissimo ma allo stesso tempo irritante sorriso comparve sul suo volto.

-Sei perspicace.

Scrollai le spalle, pensando a cosa ribattere... Quando mi accorsi di trovarmi a pochi metri da casa mia.

Mi fermai improvvisamente, Noel non se n'era accorto e continuava a camminare osservandosi con particolare interesse le scarpe. Solo dopo qualche secondo si accorse che non ero al suo fianco. Parve allarmato.

Gli corsi incontro.

-Hey, io sono arrivata. Grazie per la bella serata, è stato un piacere conoscerti.

Pervasa da un'ondata di coraggio lo baciai sulla guancia. Nello stesso momento in cui le mie labbra sfiorarono la sua pelle mi sentii avvampare, e pregai che lui non ci facesse caso.

Anzi, non aspettai neanche una sua reazione. Girai sui tacchi e mi avviai velocemente dalla parte opposta della strada, cercando di reprimere l'impulso di guardare indietro. Ma poi lo sentii.

Uno scalpiccio sempre più vicino. Mi stava seguendo.

-Aspetta!

Sentii una mano, la sua mano, afferrarmi l'avambraccio. Mi voltai e piantai i miei occhi nei suoi. Com'erano incredibilmente belli.

-Ci possiamo rivedere? Ti presenterò gli altri. O se vuoi, l'invito a cena è sempre valido!

Ansimava. Ma in quel momento non me la sentivo di fare la sbruffona come il mio solito. Sapevo che non sarei riuscita a resistergli.

-Vada per la band. Sono proprio curiosa di conoscerli!

Sembrò sollevato. Forse gli piacevo davvero.

-Ottimo! Domani sei libera? Ci vediamo qui all'incrocio alle cinque in punto.

Fece per andarsene, lasciandomi di sasso.

-Ah, e grazie per il bacio.

Non poté vedere il mio colorito ormai bordeaux, perchè mi diede le spalle allontanandosi con disinvoltura.

 

 

Bene. Sono tornata con un nuovo capitolo, che è un po' penoso e poco rilevante. Cercherò di rifarmi al prossimo! (?)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Stand by me. ***


Driiiin.

 

Il telefono continuava a squillare. Ancora, e ancora. Ci misi qualche secondo a realizzare che ormai vivevo da sola, e che rispondere al telefono toccava esclusivamente a me.

Imprecando, raggiunsi il fastidioso oggetto, maledicendo chiunque avesse osato svegliarmi a quell'ora del mattino.

Era mia mamma. Telefonata di routine, come stai, come te la cavi, hai scelto l'università, eccetera eccetera. Mi limitai a rispondere a monosillabi, ero delusa: per un istante avevo sperato, anzi, quasi creduto che potesse trattarsi di Noel. Scacciai quel pensiero assurdo dalla testa, dopotutto lui nemmeno ce l'aveva il mio numero. Però quella sera l'avrei rivisto.

Riattaccai il telefono, lanciando uno sguardo seccato all'orologio appeso alla parete della cucina. Le 9:00. Mia madre doveva essersi bevuta il cervello a chiamarmi a quell'ora!

Tornai a letto borbottando, e infilatami nuovamente sotto le coperte tiepide mi addormentai con il sorriso sulle labbra, rallegrata dal pensiero che quella sera avrei conosciuto delle vere rockstar. O quasi.

 

Il rumore di un vetro che si rompe. Credetti di essermelo sognato, ma scattai in piedi comunque.

Purtroppo constatai molto in fretta che non mi sbagliavo affatto. Entrai in cucina. Non sapevo che ora fosse, ma avevo dormito così tanto che mi facevano male le membra, e mi sentivo più stanca di prima. Evitando spudoratamente di guardare l'orologio, notai qualcosa che mi fece raggelare il sangue. Il rumore che avevo sentito...Era la mia finestra che si rompeva. O almeno, in parte.

Qualcuno aveva lanciato un mezzo mattone alla mia finestra. Facendo attenzione a non ferirmi i piedi con i vetri rotti, mi affacciai tempestivamente, sperando di scoprire chi fosse il bastardo pronto a osare tanto. Ed eccolo lì. Poggiato allo scooter, braccia conserte, aria da vero spaccone. Noel Gallagher.

Non sapevo se ridere, arrabbiarmi, insultarlo o gettarmi tra le sue braccia. Nella mia testa turbinavano tantissime emozioni contrastanti, e dovetti respirare a fondo, prima di agire.

-Gallagher!- sbottai dall'alto del mio davanzale al primo piano.

Solo allora parve accorgersi di me, distogliendo a fatica lo sguardo da chissà cosa ci fosse in fondo alla strada.

-Il campanello non si usa più?- continuai. La sua espressione divertita mi rendeva ancora più nervosa.

-L'orologio non si usa più? Ti avevo detto puntuale.- disse, senza perdere un minimo della sua aria imperiosa.

Sgranai gli occhi, terrorizzata. Ma quanto avevo dormito? Mi costrinsi a volgere lo sguardo verso il piccolo orologio della cucina. Le sei meno un quarto. Oh cazzo. Ero in ritardo di ben 45 minuti.

-Non startene lì impalato, sali!- gridai a Noel, che probabilmente non aspettava altro. Il suo viso si illuminò in un sorriso a trentadue denti.

Aspettai sulla porta, mentre i passi sulle scale si facevano sempre più vicini. Sebbene fossi arrabbiata per la finestra, il mio cuore fece una capriola (forse anche due),vedendolo saltare gli ultimi due gradini e varcare finalmente la soglia del mio minuscolo appartamento.

Piantai i miei occhi scuri nei suoi, così incredibilmente azzurri, così dannatamente belli.

Sapevo che non avrei potuto resistergli.

-Scusa il ritardo- mi affrettai a dire. Sentii le mie guance avvampare.

Lui scrollò le spalle. -Scusa per la finestra.- biascicò volgendo lo sguardo al mattone abbandonato sul pavimento.

-Vorrà dire che me la ricomprerai.- dissi, fingendomi seria. In realtà ero troppo contenta di vederlo, cosa che sorprese anche me. Noel rise, chiudendosi la porta alle spalle. Si abbandonò letteralmente su una delle mie poltrone afferrando l'ultimo numero di Rolling Stone che giaceva lì accanto.

-Vado a cambiarmi- annunciai, dando un' occhiata al mio pigiama rosa e celeste. Ridicolo.

Corsi in camera in preda all'ansia. Come ci si vestiva in presenza di una rockband? Senza pensarci indossai una maglietta dei Beatles, quella di Revolver, e un paio di shorts. Ai piedi non potevano mancare le Converse. Sciolsi i capelli, che ricadevano morbidi sulle spalle, eccetto un ciuffo ribelle che, nonostante lo pettinassi in modi diversi, si ostinava a ricadermi su un occhio.

'O la va o la spacca' pensai dando un ultimo sguardo al mio riflesso nello specchio. In fondo, non me ne fregava poi tanto, se quelli della band mi trovassero carina o meno. Non stavo mica andando a vivere con loro.

Trovai Noel a rovistare nella mia pila di vecchi dischi. Teneva in una mano 'Shot of Love' di Bob Dylan e nell'altra 'Rubber Soul' dei Beatles. Fissava compiaciuto quest'ultimo, con un sorriso dipinto nel volto.

-Ti piacciono i Beatles?- dissi, più che altro per farmi notare. Non si era accorto della mia presenza, e si voltò di scatto, affrettandosi a mettere i due dischi al loro posto.

-Cazzo, sì. Adoro i Beatles. Vedo che i tuoi gusti musicali non sono così pessimi come credevo.- aggiunse con un ghigno. Sbuffai, cercando di mascherare una mezza risata.

Mi avviai alla porta con passo spedito. Solo quando ebbi oltrepassato la soglia mi accorsi che lui non mi stava seguendo. Non si era mosso di un centimetro.

-Si può sapere che ti prende?- chiesi, confusa.

-Sei una bomba. Dovrai stare attenta, o mio fratello cercherà di molestarti.- disse, procedendo nella mia direzione.

-Doveva essere un complimento?- il mio tono era una via di mezzo tra il divertito e lo sconcertato.

-Lo era.- rispose lui, tenendo lo sguardo basso.

Ebbi un' improvvisa quanto fortissima voglia di abbracciarlo. Ma mi limitai semplicemente a scendere le scale, prima che lui potesse notare, per l'ennesima volta, l'imbarazzante rossore sulle mie guance.

 

 

Noel.

 

Eccoci, davanti alla porta dell'appartamento che dividevo con quel rompipalle di mio fratello.

Estrassi la chiave dalla tasca. Helena era improvvisamente ammutolita. Mi aveva tempestato di domande stupide per tutto il tragitto, se non fossi stato così fottutamente attratto da lei probabilmente l'avrei piantata in asso seduta stante. Ma invece eccola lì, a fissare incerta una porta a lei sconosciuta. Sentivo la sua tensione, era... tangibile.

-Sei tesa?- mi sforzai di suonare il più naturale possibile. Non volevo rovinare tutto.

-Un po'.- mormorò con un sorriso tirato.

Infilai la chiave nella serratura.

-Noel-, ora sembrava davvero preoccupata.

-Mhmm?

-Stai con me. Non lasciarmi.- la sua voce era poco più che un sussurro. Potevo perdermi in quegli occhi, così scuri, così profondi. Cazzo, era davvero bellissima. Anche quando era preoccupata.

-Stai tranquilla, mica ti mangiano!- cercai di sdrammatizzare.

Mi prese la mano e la strinse forte. Mi limitai a sorridere, facendo scattare la serratura.

Liam era lì che giaceva scomposto sul divano, mezzo addormentato, la mano ancora stretta sul collo di una bottiglia di birra. Che fottuto idiota.

Mi chiusi la porta alle spalle, la mano sinistra ancora stretta in quella di Helena, decisamente più minuta.

Liam si alzò a sedere, con i capelli tutti arruffati e un'espressione a dir poco spenta stampata in faccia.

-Sistemati, abbiamo ospiti.- annunciai con aria importante.

Mio fratello si strofinò gli occhi, e con uno sbadiglio si mise in piedi, seppur barcollante. Aveva una pessima cera. Helena lo guardava con un misto di spavento e curiosità.

Le si avvicinò, con quella camminata stramba che probabilmente non avrei mai capito.

-Liam.- disse semplicemente.

-Ciao, Liam. Io sono Helena.-rispose lei sollevata, mentre gli stringeva la mano.

Liam tornò a buttarsi a peso morto sul divano. Scossi la testa.

-Dove sono gli altri?- chiesi a mio fratello, che sembrava ben determinato a ignorare sia me che la mia amica. Per tutta risposta lui mi fece un cenno con la testa: erano nell'altra stanza.

Senza mollare la mano di Helena neanche per un secondo, mi feci strada tra il disordine del mio appartamento. Entrammo in cucina, dove il resto della band era impegnato a guardare un film in televisione. Mi schiarii la voce per attirare la loro attenzione.

-Ragazzi, vorrei presentarvi Helena.
Timidamente la ragazza strinse la mano di tutti: Guigsy, Bonehead e Tony. Ognuno si presentò a suo modo, ma tutto sommato si stavano comportando bene. Eccetto Liam, ovvio. Quell'idiota se n'era rimasto a sonnecchiare nel suo angolino, col cervello pieno di alchool o di chissà quale sostanza stupefacente. Tipico.

'Ma forse è meglio così', pensai. 'Forse Helena si renderà conto di quanto mio fratello possa essere idiota'. Cullato da quel pensiero, decisi di darci un taglio con chiacchiere e presentazioni varie: volevo trascorrere del tempo con lei, da solo...

 

Helena.

 

Noel se ne stava un po' sulle sue. Stavo giusto cominciando a socializzare con i ragazzi, erano simpatici. Stavano guardando 'The Caveman', un film che io adoravo, non solo in qualità di fan dei Beatles (il protagonista era Ringo Starr), ma anche perchè da sempre mi faceva morire dal ridere.

Proprio quando mi stavo perdendo in un commento forse un po' troppo critico nei confronti degli effetti speciali del film, mi sentii tirare a un braccio. Noel. Mi fece l'occhiolino, facendomi segno di avvicinarmi.

-Sono davvero simpatici!- esclamai alludendo ai ragazzi della band.

-Che ti avevo detto? Mica ti mangiano.- rispose con un sorriso.

I ragazzi esplosero in una fragorosa risata, segno che Ringo ne aveva fatta una delle sue.

-Ti va di fare un giro?- chiese sotto voce.

Scrollai le spalle. -Perchè no?

Il suo volto si illuminò in un sorriso radioso. Per un istante che mi parve eterno, il resto della stanza sembrò sparire. C'era solo lui. Non sentivo più le risate dei ragazzi, né gli schiamazzi della tv. C'erano solo Noel e il suo irresistibile sorriso.

Gli presi la mano, e senza neanche pensarci, senza sapere dove stavo andando, lo trascinai fuori. Liam continuava a dormire. Attraversammo l'atrio, e dopo circa un minuto ci trovammo fuori. L'aria fresca mi sferzò il volto. Noel mi cinse le spalle con un braccio. Camminammo avanti e indietro per quella strada, per circa un'ora, parlando delle nostre vite, dei nostri sogni. E in quel momento capii due cose: primo, il vero Noel Gallagher non era quell'arrogante maleducato che tutti erano abituati a conoscere. Anzi, sapeva essere molto dolce. Secondo, nonostante cercassi in tutti i modi di negarlo a me stessa, quel Noel Gallagher mi piaceva da morire.

 

 

Hey! Eccomi qui con un altro capitolo. Spero che sia un po' più lungo degli altri(vi prego ditemi di sì).

Comuuunque. Helena ha conosciuto Liam, ma non sappiamo ancora le sue impressioni. E non pensate che Liam continuerà per sempre a ignorarla u.u

Vabbè, a voi i commenti! Spero vi piaccia. :) 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Supersonic. ***


Vagammo per ore tra bancarelle, negozietti e saltimbanchi. Quello era il mio mondo. Quella era la mia serata. Lì, con lui. E avrei voluto che non finisse mai.

 

L'orologio segnava l'una meno un quarto. Cazzo, era tardi. Incrociai lo sguardo di Noel, quegli occhi così azzurri, così luminosi. Mi osservava, incuriosito dal mio repentino cambio di espressione.

-Noel, io devo andare.-annunciai esitante. Suonava più come un lamento che come un'affermazione.

Per tutta risposta lui si limitò a sorridere. Ci trovavamo sul Tower Bridge. Passeggiavamo, con una fresca brezza, tipica della fine dell'estate che ci scompigliava i capelli. Sotto di noi, il Tamigi scorreva placido.

Noel mi cinse la vita con un braccio.

-Ti accompagno?- Questa volta era una domanda. Sorrisi. Mi aveva letto nel pensiero.

 

Il bus era praticamente vuoto a quell'ora della notte. Saliti a bordo, oltre all'autista scorgemmo solo quello che sembrava essere un barbone o qualcosa del genere. Feci per sedermi, ma subito Noel mi afferrò la mano, guidandomi verso le scale che conducevano al piano di sopra.

-Adoro il piano di sopra. E' più fico. - annunciò abbandonandosi su un sedile di plastica.

Mi sedetti di fianco a lui, guardandomi intorno. Non c'era nessun altro.

Poggiai la testa sulla sua spalla, non parve dargli fastidio.

-Scusa per mio fratello, è un vero idiota.- disse all'improvviso, cogliendomi di sorpresa.

-Non lo conosco bene, credo sia presto per elargire sentenza.- rise.

-Ma come cazzo parli? Sembri mia nonna!

Lo fulminai con lo sguardo. -Si da il caso che....- ma non ebbi il tempo di finire la frase che una frenata particolarmente brusca ci fece sbalzare in avanti. Sentii il rumore di vari clacson, e l'autista che dalla sua postazione al piano di sotto imprecava.

-Tutto bene?- chiese Noel. Solo in quel momento mi accorsi di essermi aggrappata con tutte le mie forze al suo giubbotto.

-Ehm... Sì- dissi, facendo ben attenzione a tenere le mani a posto nelle tasche dei miei shorts.

Tra di noi piombò il silenzio. Londra scorreva rapida fuori dal finestrino, fermata dopo fermata.

Che imbarazzo. Noel sembrava assorto nei suoi pensieri, mentre scrutava il paesaggio oltre quel vetro. Sarebbe stato sciocco interrompere il filo dei suoi pensieri. In quel momento mi sentivo così dannatamente fuori luogo.

Parve risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti, quando il suo sguardo cadde sulla targa 'Carnaby St'.

-Siamo arrivati.

Ero talmente occupata a contemplarlo che nemmeno me n'ero accorta. Era assurdo: ci conoscevamo da un solo giorno, ed ero già così pazza di lui. Non era da me.

 

Noel mi cinse nuovamente le spalle con un braccio. Mi piaceva stare vicina a lui, mi sentivo al sicuro.

-E quindi anche oggi la nostra serata giunge al termine...- dissi abbracciandolo. Camminavamo lentamente, lungo il grande marciapiede di Carnaby st. C'era qualche senzatetto qua e là, e ci capitava di incontrare qualche punk di tanto in tanto.

-Già. Ma tranquilla, ci rivedremo, piccola. Ricordati che abbiamo ancora una cena in sospeso.

-Per me va bene, l'importante è che lasci in pace la mie finestre, o dovrò chiedere un'ordinanza restrittiva.- Noel scoppiò a ridere divertito, e io con lui. Anche la sua risata era irresistibile.

-Mi piaci, Helena. Anche se ci conosciamo da poco.- disse, carezzandomi il viso. Solo allora mi accorsi che ci eravamo fermati, il portoncino del mio palazzo era proprio là.

-Anche tu mi piaci, Gallagher.- dissi guardandolo negli occhi. Persino nella penombra, mi sembravano dannatamente belli.

-Ti va di venire a un nostro concerto? Venerdì prossimo. Ti ci porto io.

-Sicuro!- risposi entusiasta. Ero proprio curiosa di sentirli, anche se la prospettiva di un altro incontro ravvicinato con Liam non mi entusiasmava per niente. Era un bellissimo ragazzo, è vero, anche più bello del fratello, ma non si era comportato bene. Se n'era rimasto lì a sonnecchiare tutto il tempo; del resto Noel mi aveva detto che era un vero idiota.

-Beh... Buonanotte Noel. Chiamami qualche volta.- dissi porgendogli un biglietto su cui avevo scarabocchiato il mio numero. Noel mi strinse in un abbraccio, dal quale non avrei mai voluto sciogliermi. -Buonanotte, piccola. Ci si vede in giro- mi sussurrò all'orecchio.

-Contaci- dissi, mentre, staccatami da lui, mi dirigevo verso il portoncino.

Lo osservai allontanarsi, girandosi di tanto in tanto con un sorriso dipinto in faccia.

Sospirai, e a malincuore feci scattare la serratura.

 

Noel.

 

-Dove sei stato?- Liam se ne stava lì a fissarmi con la sua faccia da stronzetto e l'aria di chi pretende una risposta.

-Fatti i cazzi tuoi, Our Kid, sei peggio di una vecchia zitella.- lo sorpassai, dirigendomi in camera mia.

-Proprio gnocca la tua amica. Perchè non le proponi di fare da groupie?- capii dalla sua voce che era strafatto. Mi bloccai di colpo. Aveva osato troppo.

Avanzai minaccioso verso di lui, che non si mosse di un centimetro. Anzi, continuava a guardarmi con quel sorriso idiota stampato in faccia, con aria di sfida.

-Lasciala in pace.- sibilai a denti stretti, afferrandolo per il colletto.

Mi guardò a lungo negli occhi, carico di rancore.

-Io sono migliore di te, fratellino, fattene una ragione.- disse aspramente.

-Non saresti qui senza di me. - Strinsi più forte la sua maglietta. Mi sovrastava in altezza, ma ero io il più anziano e lui mi doveva rispettare.

-Mollami, stronzo.- una spinta improvvisa, e mi ritrovai a terra.

Fu in quel momento che la mia parte irlandese prese il sopravvento, e in men che non si dica mi ritrovai a scagliare un destro in faccia al 'piccolo' Liam. Imprecò. Sapevo che odiava essere colpito. Ora avrebbe dato di matto. E così fece.

Una scarica di pugni, sentii il sangue che mi colava sulla faccia ancora prima del dolore. A fatica mi rialzai. Barcollando gli fui nuovamente addosso, dovevo farmi rispettare. Il mio pugno lo mancò di poco. Rovinai a terra; dopo, il buio.

 

Helena.

 

Correvo, senza sapere bene dove stavo andando. L'unica cosa certa era il mio evidente ritardo.

Quella mattina avevo un colloquio di lavoro, fissato per le nove. Uno sguardo all'orologio: le 9 e un quarto. Quella strada aveva un qualcosa di familiare... Solo quando giunsi di fronte a un edificio veramente familiare ne capii il motivo. Il palazzo dove viveva Noel. E... Aspetta. Polizia? Che diavolo era successo? Attraversai la strada, rischiando più volte di essere investita da qualche macchina. Una finestra era rotta. Proprio quella del primo piano, proprio la sua.

-Mi scusi- dissi allarmata- che cosa è successo?

L'agente parve sorpreso: Non mi aveva sentito arrivare. -Una lite, signorina. E' stato gettato un televisore dalla finestra, siamo stati chiamati da alcuni abitanti del palazzo nel cuore della notte.

Mi si gelò il sangue. Una lite? Sorpassai il poliziotto, noncurante dei suoi richiami.

Tutto mi sembrava ormai lontano, il colloquio, il poliziotto... Mi importava solo di Noel.

La porta dell'appartamento era socchiusa, sul pianerottolo in penombra filtrava uno spiraglio della luce del mattino, proveniente dall'interno. 'Al diavolo l'educazione'. Spalancai la porta, aspettandomi di vedere chissà quale disastro. Tutto era perfettamente normale, eccetto, naturalmente la televisione mancante e la finestra rotta. Mi guardai intorno, ero sola.

Decisi di esplorare le altre stanze. Evitai accuratamente, la porta con la parola 'LIAM' scritta a caratteri cubitali. Sospettavo potesse essere lui l'artefice di tutto quel disastro.

Entrai nell'altra stanza. Le serrande erano abbassate, ma potei ugualmente distinguere una sagoma che sonnecchiava sul letto. Noel.

Gli sedetti accanto facendo attenzione a non svegliarlo. Molto semplicemente, cominciai ad accarezzargli i capelli, ancora e ancora.

-H-Helena?- biascicò a un certo punto, la voce impastata per il sonno.

-Sì.

-Cosa ci fai qui?- già, me lo chiedevo anch'io. Ancora una volta, mi sentii fuori luogo.

-Passavo di qui e..Oh, Noel, ma che è successo?- Chiesi preoccupata, notando solo in quel momento l'occhio nero e il labbro spaccato di Noel.

-Liam...Lui...Ha detto un sacco di stronzate, che dovresti fare la groupie. Ho dato di matto.- disse scuotendo la testa.

Quindi Liam aveva parlato male di me e Noel mi aveva difesa. Mi portai una mano alla bocca.

-Ora riposati. Ti serve qualcosa?

Mugugnò un 'no'. Mi chinai su di lui, stampandogli un bacio nella guancia.

-Allora io vado. Chissà in quali guai si è cacciato tuo fratello.

-Non sta a te occupartene. Dormi tranquilla, a lui ci penso io.

-Chiamami per qualsiasi cosa.

 

Liam.

Sbirri. Odiavo gli sbirri. Avevo solo lanciato una fottuta tv dalla finestra, era così grave?

-Può telefonare a qualcuno per la cauzione.- esseri inutili, ecco cos'erano.

Con uno di quelli alle calcagna feci il numero di Bonehead. Evitai di chiedere a Noel, non avrebbe speso un soldo per tirarmi fuori di lì, quello stronzo.

-Pronto-. La voce assonnata di Bonehead mi rispose dall'altro capo del telefono.

-Bonehead, sono nei guai. E' successo un casino, dopo te lo racconto; il fatto è che qualcuno deve pagarmi la cauzione o venerdì niente concerto. Quindi porta qui il tuo culo addormentato, mi servi.

Riattaccai senza neanche dargli il tempo di replicare. Ero furioso. Stava a lui capire dove ero stato portato, perchè ancora non lo sapevo nemmeno io.

Scivolai con la schiena lungo il muro della mia cella, un luogo fottutamente opprimente.

Chiusi gli occhi. Ripercorsi gli eventi di quella notte; io che spaccavo la faccia a Noel, la tv fuori dalla finestra e poi sbirri, sbirri e ancora sbirri. Focalizzai la mia mente sul volto di quella ragazza, Helena. L'amica di mio fratello. Da urlo. Peccato che avesse socializzato col Gallagher sbagliato.

Ma io l'avrei conquistata, ero sempre stato un rubacuori. Sarebbe caduta ai miei piedi, come tutte le altre...

 

 

 

Saaaaalve! Sono finalmente tornata con un nuovo capitolo, che mi ha fatto davvero dannare dato che non sapevo che piega far prendere alla storia. Ebbene questo è il risultato di tante ore di riflessione (?), spero vi piaccia! In questo capitolo non ho potuto fare a meno di immedesimarmi anche nel pover Liam, non so se lo farò anche nei prossimi. Vabbè! Cheers ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Where did it all go wrong? ***


Helena's pov.

E così si erano picchiati a causa mia. E ora Liam era finito 'al fresco'.
'A lui ci penso io', aveva detto Noel. Ma sembrava più una minaccia che una frase rassicurante. E non potevo rimanere indifferente, per quanto Liam potesse starmi antipatico. Non sarebbe nuovamente finita in tragedia a causa mia. Uscita dall'appartamento di Noel, decisi di prendere in mano la situazione.
-Mi scusi- chiesi fermando il primo passante che mi capitava a tiro- dove posso trovare la più vicina caserma di polizia?
-In fondo alla strada giri a destra ed è arrivata- rispose cordialmente lo sconosciuto, un signore stempiato e tarchiato, ma con un'espressione gentile in volto.
-Grazie mille-, mi allontanai svelta, pregando che Liam fosse stato portato lì e non altrove.

-Buongiorno. Posso esserle utile?- Un uomo in uniforme, il tipico caschetto blu dei poliziotti londinesi piantato in testa, mi accolse con un sorriso.
-Sì. E' qui William Gallagher?- chiesi facendo mente locale per ricordare il nome completo di Liam, rivelatomi per caso da Noel il giorno precedente.
-Un minuto solo.- l'uomo scomparve nell'altra stanza. Mi guardai intorno, cercando di non pensare alle conseguenze che avrebbe avuto il mio gesto.
-Sì, è qui.- annunciò, ricomparendo nell'atrio.
-Quant'è la cauzione?- Fortunatamente per una volta mi ero degnata di portarmi appresso il portafogli. Il poliziotto parve pensarci un attimo, inarcando le sopracciglia.
-30 sterline possono bastare.
Tirai un sospiro di sollievo; per qualche istante avevo temuto di non possedere tale somma di denaro. Nella stanza calò il silenzio, mentre frugavo nei meandri della mia borsa in cerca del portafogli.
-Fidanzato?
-Come scusi?- domandai distrattamente, sperando di aver sentito male.
-Il giovanotto là dentro, è il suo fidanzato?- ripeté l'uomo, senza togliersi quel fastidiosissimo sorriso dalla faccia. Per quanto ne sapeva, potevo essere anche la sorella di Liam, che domande.
-No, no. Sono un'amica- mi sforzai di pronunciare quell'ultima parola con più naturalezza possibile. Non sapevo neanche perché stavo pagando per farlo uscire di lì. Probabilmente, sotto sotto, tenevo al futuro di quella band, sebbene li avessi appena conosciuti.

Liam's pov.
Il rumore delle chiavi mi distolse dai miei pensieri. Uno sbirro stava armeggiando con la serratura.
Certo che Bonehead ci aveva messo poco. Sicuramente se l'era fatta sotto, come cazzo avrebbero fatto senza di me? -Gallagher, hanno pagato la cauzione.-
Mi alzai barcollante, le gambe addormentate. Lo sbirro mi guardò con aria truce, senza dire una parola. Naturalmente sostenni il suo sguardo. Non avevo paura di lui.
Mi trascinai fino all'ingresso, continuando a ripensare alle conseguenze di ciò che avevo fatto. Non mi interessava prendere la condizionale. Ma mi chiesi se le cose con la band sarebbero state le stesse. Lo sbirro che mi scortava spalancò la porta davanti a me. E finalmente la vidi. L'amica di mio fratello. Il motivo del nostro litigio. Il nuovo oggetto del mio desiderio. Helena.
Mascherai la mia sorpresa con un sorriso malizioso. Del resto, la cosa mi riusciva benissimo.
-Hey. E così non hai resistito, eh?-
Lei mi fulminò con lo sguardo. Era bella anche con quell'espressione decisamente incazzata.
-Muoviti, e ringraziami. Mi sei costato la bellezza di trenta sterline.
Oh, e così era quello il mio prezzo? Beh, ormai che c'ero, tanto valeva continuare a provocarla.
-Grazie. Ti ha mandato Noel?- di colpo la sua espressione cambiò, velandosi di malinconia, forse.
-No. Lui non sa niente. Ma se non fossi venuta io saresti rimasto a marcire là dentro per l'eternità.
Aveva carattere, la ragazza. -Ho telefonato a Bonehead giusto dieci minuti fa.- puntualizzai, continuando a fissare insistentemente i suoi lineamenti.
-Vorrà dire che le trenta sterline le dovrai restituire a me e non a lui.- Mi guardò con aria di sfida. Probabilmente l'intenzione era quella di allontanarmi. Ma comportandosi così non faceva che aumentare la mia determinazione. Sarebbe stata mia, non di quel coglione di Noel. Lui non la meritava. Ed ero disposto a tutto pur di averla.

-Non penso ti convenga tornare a casa adesso, comunque.- incrociò le braccia, poggiandosi al muro del palazzo dove vivevo con mio fratello. -Perché no?- mi riteneva forse un cagasotto?
-Noel potrebbe dartele di santa ragione- sul suo volto comparve un sorriso divertito.
-Hai solo paura che non ne rimanga di quel nano di merda, dopo che l'avrò pestato per bene.- questa volta fui io a sorriderle strafottente, mentre sul suo viso compariva un'espressione contrariata.
-Oh, io non credo, Gallagher. Fai un po' come ti pare comunque. Scannatevi, se la cosa vi diverte... Io vado a farmi una doccia.- e girò sui tacchi, senza neanche degnarmi di uno sguardo.
-Se vuoi posso farti compagnia!- le gridai dietro, assecondando il pensiero indecente che si era appena insinuato nella mia mente. Per tutta risposta lei si limitò a rivolgermi un dito medio, con l'ombra di un sorriso divertito in faccia. La osservai scomparire dietro l'angolo, diretta chissà dove, e con la certezza che questa volta Ourkid non avrebbe vinto.

Helena's pov
Salii le scale di corsa, ansiosa di entrare nel mio appartamento. L'unico posto in cui potevo sedermi a riflettere senza essere disturbata. Il portoncino si chiuse con un clok sordo alle mie spalle. Bene, ho fatto una cazzata enorme, pensai sprofondando nel vicino divano. Attraverso la porta aperta della cucina lo sguardo mi cadde su quel vetro rotto, sistemato alla buona con un telo attaccato con del nastro adesivo. Sorrisi, dimenticandomi per un attimo dell'errore madornale che avevo commesso. Insomma, non solo avevo pagato la cauzione a quello stronzo di Liam- 30 fottute sterline che per il suo bene mi avrebbe dovuto rendere alla svelta- ma, cosa possibilmente ancora più grave, gli avevo permesso di rientrare in quell'appartamento come se niente fosse, causando probabilmente l'ennesima rissa fatale. Nascosi il viso tra le mani. Cosa diavolo avrebbe fatto Bonehead, se non fossi andata io a pagare la cauzione? E chi lo sapeva, lo conoscevo a malapena. E come se non bastasse Liam, quell'essere così...maledettamente irritante mi aveva messo gli occhi addosso. Il che certamente non aiutò i miei nervi a calmarsi. Mi ci voleva una bella doccia. E una bella dormita.
Pregai solo che Noel si accorgesse il più tardi possibile della presenza del fratello, cosa alquanto improbabile visto il casino che quest'ultimo riusciva a provocare anche stando fermo e zitto.

Chiusi gli occhi, stesa nel letto sotto le lenzuola dopo una calda doccia rigenerante. Ora la mia mente era quasi tranquilla. Quell'azione era ormai una cosa lontana, Liam era solo un'ombra indistinta e....

Driiiiin. Maledizione. Il telefono squillò due, tre, quattro volte. Ma sì, poteva essere chiunque. Un respiro profondo, poi sollevai la cornetta. Sembrava la scena di un thriller o qualcosa del genere.
Pronto?” accennai con un filo di voce, strabuzzando gli occhi nell'oscurità della mia stanza. Anche con quel buio riuscivo a distinguere chiaramente il disordine.
-Dobbiamo parlare-. Dall'altro capo del telefono mi raggiunse la voce di Noel, più perentorio del solito. -Parla, avanti- risposi cercando di ostentare un coraggio che non mi apparteneva.
-No, faccia a faccia. Stasera alle 8. A casa tua- e senza neanche darmi il tempo di replicare, riagganciò. Un fastidioso tu-tu-tu risuonò nel mio orecchio.
Peggio di un dittatore, questo Gallagher. Aveva anche il coraggio di auto invitarsi a casa mia. Sapevo che era lui la parte lesa di tutta quella faccenda, ma non riuscii a trattenere uno sguardo di disappunto mentre mi gettavo a peso morto sul letto. Abbracciai il mio pupazzo Winston. Lui non mi avrebbe mai fatta soffrire, almeno.

 

Salve bella gente. Vi ricordate questa storia? Beh, non la toccavo dall'estate scorsa. Perché mi faceva pena. Poi l'altro giorno l'ho riletta per caso e mi sono detta: perché non tentare di salvare il salvabile? Del resto avevo scritto pochi capitoli, e per quanto possa essere difficile da credere detesto lasciare le cose a metà. Quiiindi, se volete rinfrescarvi la memoria i capitoli sono là. Spero di avervi sorpreso con questa scelta, e spero altrettanto vivamente che il nuovo capitolo vi piaccia! :3 Detto questo vi saluto, recensite se vi va! Cheers. xx (Ah, e la foto di Liam è meravigliooosa.)

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1238058