Amore: nome comune di cosa, maschile, singolare, primitivo.

di Francibella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La leggenda dei Potter ***
Capitolo 2: *** Tu secondo me. Io secondo te. ***



Capitolo 1
*** La leggenda dei Potter ***


La leggenda dei Potter



«La conosci, no?»
«Cosa?»
«La… diciamo leggenda dei Potter.»
«Che cos’è?»
«Sì, insomma, la diceria sui Potter. La sai benissimo. Hai presente, no? Ai Potter piacciono le rosse.»
«Ah quella. Me ne hanno parlato, è una scemenza.»
«Tua mamma e tua nonna…»
«Due. Sai come altro si dice? Una è un caso, due una coincidenza, tre una moda. Perciò siamo solo alla coincidenza.»
«Qualcuno – una giornalista o psuedotale – ha fatto una ricerca. Anche la madre di tuo nonno era rossa. Sono risaliti fino a molti anni fa, forse addirittura secoli. È testato, avete un gene che vi fa prediligere le donne rosse.»
«Perché qualcuno dovrebbe mai fare una ricerca del genere?»
«Perché i Potter fanno notizia.»
Approfittando di un momenti di silenzio, la mano di Alex si infilò nel sacchetto di marshmallow e ne prese alcuni.
«Secondo me è una sciocchezza.»
«Piccolo Al, anche la tua generazione lo sta confermando, sai?»
«Oh, andiamo, Alex, James si... Mio fratello certo non guarda il colore dei capelli delle ragazze con cui sta.»
«E chi ha parlato di James? Parlavo di te, Potter Jr.»
«Io non confermo la regola.»
«Charlie Weedstock, hai presente?» Al annuì silenziosamente, sentendo nell’aria l’odore di sconfitta. Era un colpo basso, anche per Alex, citare la sua ex. Si erano lasciati e ripresi per almeno tre anni. Aveva dovuto beccarla con suo fratello prima di decidersi a mollarla per sempre. E aveva i capelli rossi. Beh, più ramati che… Non erano proprio rosso Weasley.
«Hai ragione tu…»
«Queste parole sono oro per me, Albie bello.»
«Per ora. Hai ragione tu, per ora, Alex. Non mi sono ancora sposato! Ho solo diciassette anni e una ragazza importante alle spalle. Con i capelli rossi, è vero, ma solo una. Posso ancora redimermi. E smetti di storpiare il mio nome, odio quando lo fai.»
«Anche tu lo fai!»
«No, Alex è un soprannome. Albie bello è un insulto. E poi cosa dovrei fare? Chiamarti con tutti i tuoi nomi, che forse nemmeno ricordo?» Alex girò la testa, la tentazione di chiedere ad Albus se ricordasse tutti i suoi nomi era forte. «Alexandra Hope Nott. Dai, sembri un personaggio da soap opera.» Risero insieme e di gusto. Quei nomi – e cognomi – importanti li avevano sempre accomunati. Ma soprattutto li avevano fatti conoscere e diventare amici. «Sai cosa mi piace di te, Alex?» La giovane Nott ringraziò che il buio della stanza nascondesse il rossore che si stava diffondendo sulle proprie guance. «Capisci tutti i miei riferimenti babbani. Non devo mai pensare ah no, sto parlando con una strega, meglio non nominare nulla di babbano.» Alexandra si infilò tre marshmallow in bocca per nascondere la delusione. Le sarebbe piaciuto maggiormente sentire qualcosa che assomigliasse a un complimento, uno vero. Dannatamente, infilarsi tutte quelle caramelle in bocca non fu una grande idea, dal momento che rischiò di soffocare. Per fortuna Albus aveva la bacchetta a portata di mano. «Certo che se soffochi tutte le volte che ti faccio un complimento, dovrò controllarmi!»
«Non era un complimento!»
«Lo era, Alex. E tu – meglio degli altri – dovresti saperlo. Sono cresciuto in mezzo alle mie cugine, che sono bellissime o intelligentissime o simpaticissime. Questi aggettivi mi danno la nausea, sono usati e abusati. Chiunque potrebbe andare da mia cugina Victoire e dirle che è bella, cosa ci vuole? È evidente. Io apprezzo di più i complimenti che nascondono una riflessione. Io posso parlare della tua vasta conoscenza del mondo babbano, mentre un qualsiasi Richard Phinnis può al massimo notare che hai un fisico da copertina o degli occhi che parlano, tanto sono espressivi e profondi. Io posso andare oltre.»
Alexandra sapeva che Albus aveva ragione, che avrebbe dovuto apprezzare tutto ciò, ma non riusciva a nascondere – nemmeno a se stessa – che quando lo sentiva dire queste cose, il suo cuore vibrava. E ne voleva sempre di più.
«Però se ti fa piacere sentirti dire che sei bella, te lo dirò più spesso.»
«Non dire sciocchezze, io non ho bisogno di sentirmi dire che sono bella. Lo so già.»
Risero insieme, come sempre, ma non era la loro solita risata.
Alexandra nascondeva una smorfia di dolorosa consapevolezza.
Albus nascondeva un’espressione dubbiosa.
Forse entrambi stavano per andare fuori da  quel recinto sicuro che avevano inconsapevolmente costruito. Quello dove erano amici e basta. Quello dove non si ponevano domande l’uno sull’altra. Quello dove Alex non era innamorata da anni di Al. Quello dove Al sembrava non accorgersi di nulla.
Rimasero in silenzio per un po’, seduti davanti al fuoco a mangiare marshmallow.
«Alex, come hai fatto a trovare l’articolo sulla leggenda che ai Potter piacciono le rosse?»



 




Hola! Questo è solo il primo piccolo capitolo. Lo so è breve e banale, ma mi andava di iniziare così, in maniera tranquilla. Ho pensato a questa coppia scrivendo una piccola OS su Daphne Greengrass e ho pensato di dare forma ad Alexandra Nott.
Ah già. Alexandra è figlia di Daphne Greengrass e di Theodore Nott. Daphne ho sempre pensato fosse una bella ragazza, perciò anche Alex secondo me è carina. Nulla di straordinario, semplicemente una bella ragazza. Anche se alla fine, non lo siamo tutte a modo nostro?

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Capitolo 2
*** Tu secondo me. Io secondo te. ***


Tu secondo me. Io secondo te.



 

Nei dipinti in prospettiva c’è una cosa che si chiama punto di fuga.
Non sono un’esperta, perciò è inutile che mi dilunghi eccessivamente, diciamo che il punto di fuga è il punto verso il quale tutte le linee del dipinto sembrano convergere.
Uscendo dall’ambito prettamente artistico, nella vita di tutti i giorni io lo vedo come quel qualcosa che ti attrae subito.
Quando guardi un paesaggio, è il primo elemento che ti colpisce.
Il primo dettaglio di un volto che noti.
 E così via.
Entrando in Sala Grande, il punto di fuga dovrebbe essere la sedia ampiamente decorata del Preside.
O il grande dipinto che ricorda le vittime della Seconda Guerra Magica.
Le candele sul soffitto.
Ci sono milioni di cose che potrebbero esserlo.
Per me è un po’ diverso.
Io cerco Albus.
Quando entro il Sala Grande, cerco Albus.
Percorro con lo sguardo il tavolo dei Grifondoro, finché trovo Al.
Sempre in disparte, con lo sguardo assorto. Allora posso sedermi tranquilla.
Al è il mio punto di fuga, in vari sensi.
È la prima cosa che noto quando entro in una stanza.
Ma è il mio punto di fuga, nel senso che è ciò che mi permette di evadere. Dalla mia famiglia, dai miei amici, dai miei compagni di casa, dai compiti. Da qualsiasi cosa.
Ci sono solo due piccoli problemi.
Uno. È sempre pieno di cose da fare. I compiti, i doveri da Prefetto, gli allenamenti di Quidditch, le ripetizioni.
Due. Le sue cugine. Tantissime, una miriade. Per tutte, Al è il classico amico su cui sfogare ogni problema. Lo conoscono da una vita, credono di sapere ogni cosa di lui. Appena hanno un problema, si sfogano con lui. E Albus concede tempo e spazio a tutte.
Sono cattiva, lo so, anch’io prendo del tempo ad Al, ma è diverso.
Io lo amo. Lui non mi ama, so che non mi amerà, perciò me lo deve questo tempo. Me lo deve perché prima o poi soffrirò davvero.
Mi sento come se il rapporto con Albus avesse una data di scadenza. Quando lui si innamorerà per davvero, io dovrò farmi da parte. Le sue cugine no, loro rimarranno con lui per tutta la vita. Io non avrei alcuna giustificazione. Perciò mentre faccio il conto alla rovescia, ne approfitto, traggo il massimo vantaggio da ogni piccolo momento che condividiamo.
E lo urto sulla scopa quando siamo vicini durante una partita di Quidditch. So che il dolore che lui prova in quel momento non è nemmeno minimamente comparabile a quello che sento quando penso che non mi ricambia, ma lo faccio lo stesso. Poi mi scuso e ritaglio altro tempo per noi.
Sostanzialmente io rubo il tempo. All’inizio era difficile, ora è quasi automatico, è la mia ruotine. Mi rendo conto che è sbagliato, perché io dovrei avere una mia vita, che corra parallela a quella di Al, ma purtroppo non ce l’ho. Perciò rubo il tempo.
Al è il mio punto di fuga, anche se so che è sbagliato, scorretto e autolesionista. A volte penso che abbia scoperto tutto, ma poi scuote la testa, come per scacciare un pensiero inopportuno, e sorride.

 
 
 
 
 
Dal un tema di Albus Potter in terza elementare.

Descrivi un tuo amico o una tua amica, che non vedi da un po’ e spiega perché proprio lui o lei.

I miei amici sono anche i miei cugini, principalmente, ma ho anche amici che non sono cugini. Sono tanti, non tantissimi, ma abbastanza. Però i Paciock li ho visti domenica pomeriggio, perciò non sarebbe giusto parlare di loro. Quindi descriverò la mia amica Alexandra Nott. Vedo Alex solo d’estate, perché lei abita in una grande casa, piuttosto lontana da qui. Forse è in Scozia o in Irlanda, non lo so bene. Tutte le estati Theodore e Daphne, che sarebbero i suoi genitori, ci invitano a casa loro (nella loro tenuta, dice mamma) per una settimana. Si sta proprio bene lì, c’è una piscina grandissima e un roseto bellissimo. Alexandra è l’unica figlia femmina dei Nott. Ha i capelli biondi, ma non chiari come le mie cugine francesi, sono quasi marroni. Castano chiaro, mi suggerisce la maestra. Molto chiaro, direi. Poi ha gli occhi scuri, sono sicuro di questo, perché io guardo sempre gli occhi delle persone, dato che tutti guardano i miei. Gli occhi di Alex sono marroni, ma non proprio marroni. Sono come la collana di ambra che ha la mia mamma. Perciò posso dire che sono color ambra? Alex sa fare un sacco di cose, perché è una bambina spericolata e coraggiosa. Io sono abbastanza affezionato a lei. Non è la mia migliore amica (quella è Rose, che sarebbe anche mia cugina, ma non è vietato), però sto molto bene con lei. Dopo le elementari, la mamma dice che andremo nella stessa scuola, dato che anche lei andrà in un collegio come me. E dato che abbiamo la stessa età magari saremo in classe insieme. Mi piacerebbe molto, perché Alex è una tipa forte, risponde a tono anche a mio fratello James. L’unica cosa che non capisco è quando a volte mi prende la mano o si siede sempre appiccicata a me. Vorrei dirle di staccarsi un po’, che fa caldo e non respiro. Ma sono certo che papà lo riterrebbe un comportamento sgradevole e poco da gentiluomo. Perciò non glielo dico. Anzi alla fine mi sono abituato ed è anche piacevole. Mia mamma dice che fra qualche anno mi sentirò uno sciocco ad aver ritenuto queste attenzioni “moleste”. Non capisco cosa intenda, però nel dubbio dico ad Alex che mi piacere che mi abbracci, così poi non potrò pentirmene.













Nda. Sono state apportarte alcune modifiche. Ho cambiato il titolo della storia, perché mi sembrava più adatto. Ma la "leggenda dei Potter" tornerà, non vi preoccupate. Questo capitolo è un unicum, nel senso che solo qui userò la prima persona singolare. Volevo entrare un attimo nella mente dei due ragazzi, per vedere cosa ne pensano. Al prossimo capitolo! :)

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