Come Un Fulmine

di JennySoul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 10-11-2011, Si comincia ***
Capitolo 2: *** His Smile ***
Capitolo 3: *** She's my everything. ***
Capitolo 4: *** My wonder-woman and my Charming prince. ***
Capitolo 5: *** And then...only darkness. ***
Capitolo 6: *** Where's your smile? ***
Capitolo 7: *** Lost In Confusion ***
Capitolo 8: *** Memories and investigation ***



Capitolo 1
*** 10-11-2011, Si comincia ***


CAPITOLO I

10-10-2011

‘’Ok devo stare calma, è solo il primo giorno d’Università, che sarà mai.’’ E’ tutta la mattina che continuo a ripetermelo, ma proprio non ce la faccio a calmarmi. Perché dovrei essere in ansia poi?Iltest d’ammissione, seppur a numero aperto, è andato bene, perché sono così agitata? Ah certo, non dimentichiamoci che la mia facoltà, ‘’lettere e filosofia’’, si trova decisamente attaccata a quella di ‘’economia’’.
Qual è il problema, vi chiederete voi, bè il problema ha un nome ed è Marco.

Marco è il ragazzo che si è preso la briga di rubarmi il cuore, farmi credere di amarmi per poi uccidere ogni mia speranza, ogni mio sogno, calpestando i miei sentimenti e, perché no, sputarci su. L’ultima cosa che voglio è andare in galera, ed è quello che succederebbe se me lo ritrovassi davanti, perché lo ucciderei con le mie stesse mani.

Tra i miei mille pensieri eccomi qua, nel parcheggio dell’università, finalmente arrivata a destinazione. Scendo e mi ritrovo davanti la salita principale, fiancheggiata da piante e piccoli alberelli, intimorita inizio a percorrere la stradina ed una volta arrivata ecco l’ansia che sale, ‘’oddio e ora dove vado?’’. Non voglio chiedere informazioni a qualcuno e rischiare di fare la figura della matricola sfigata. Ci sono due enormi edifici, uno a destra e uno a sinistra, non so in quale dei due ci sono le aule e di conseguenza le lezioni. Sull’orlo di una crisi di nervi, ecco che mi si presenta davanti una ragazza biondissima, con capelli lunghi, palese effetto delle extentions, con un cerchietto di prima classe rigorosamente abbinato alla cinta e alla borsa, mi guarda e con una vocina terribilmente irritante, mentre mi porge un volantino, mi dice
-‘’Ciao, venerdì ci sarà la festa della facoltà di economia, vieni?’’  al suono della parola ‘’economia’’ penso mi abbia fatto tilt il cervello perché con voce altamente scocciata le rispondo con un semplice e cordiale
-‘’ma vaffanculo tu, economia e quel cerchietto di merda’’ e la lascio li a guardarmi un po’ perplessa. Va bene tutto, ma non accetto che appena arrivata, la prima persona con cui io debba parlare, al mio primo giorno d’università, venga a nominarmi la facoltà di Economia, accetto tutto ma questo proprio no.

Superato l’ostacolo iniziale mi decido e svolto a sinistra, ritrovandomi i tavolini del bar da un lato, le panchine e il prato dall’altro. Sempre più amareggiata alzo lo sguardo e vedo un groviglio di persone dirigersi verso varie porte, così decido di andare. ‘’Tentar non nuoce’’ dico tra me e me. Proseguendo dritta mi ritrovo davanti alla segreteria studenti e da li capisco che ho scelto l’edificio giusto, le aule e le lezioni, infatti, si tengono nell’edificio A. Un lieve sorriso inizia ad affiorarmi sulle labbra e si consolida quando finalmente riesco a trovare l’aula T12b, dove avrei seguito la lezione di Letteratura Italiana. Non mi piace essere osservata, ne tanto meno trovarmi al centro dell’attenzione, per questi due motivi decido di sedermi al primo posto libero che trovo, ultima fila, laterale, vicino alla porta.

Respiro, mi piace il profumo di quest’aria nuova, non che l’aria sia particolarmente fresca, anzi, ma mi sento nuova io, sento che finalmente sto prendendo la mia vita nelle mie mani. Il primo pensiero che mi è venuto in mente è
‘’chissà se Marco, in questo momento, è a lezione. Ma soprattutto chissà se anche lui, almeno ogni tanto, mi pensa.’’ Meglio che mi concentri sulla lezione, un modo decisamente migliore di impiegare il mio tempo
.








 

Holaaaa,
Eccomi con una storia tutta nuova...
So che il capitolo è corto, ma è solo l'inizio...
Spero vi abbia incuriosito almeno un pò...

Per la cronaca, vi ho raccontato il mio primo giorno d'università, 
è veramente andato così...

Compresa la sclerata alla bionda... lol
Bè, sta sera aggiornerò, in modo da iniziare a dare una forma alla storia...
Voi fatemi sapere però se ne vale la pena eh...quindi...

RECENSITE...

xx, Fede.

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Capitolo 2
*** His Smile ***


CAPITOLO 2

Dopo un’ora di monologo del professore sull’inferno di Dante, finalmente riesco a scappare da quell’aula piena zeppa di gente. Voglio uscire di qui, il professore è un ciccione noioso, che non riesce a mettere due parole in croce e non si riescono a prendere due righe di appunti di seguito. Ho solo voglia di prendere un caffè, per fortuna mi ha chiamata la mia amica Alessia, è arrivata in facoltà, così avrò qualcuno con cui stare. Sono ancora con le testa bassa, mentre cerco di infilare il cellulare nella tasca interna della borsa, quando mi scontro con qualcosa, o meglio con qualcuno, e finisco para para con il sedere per terra. Credo che il mio viso abbia assunto ogni possibile tonalità di rosso, non ho neanche il coraggio di alzare lo sguardo, ma ecco che mi vedo arrivare una mano in segno d’aiuto per tirarmi su, l’afferrò e mi alzo, decidendomi ad alzare anche la testa. Ed eccolo qua, bello come il sole, lì in piedi che mi guarda con un’aria che è un misto tra ‘’oddio sto per scoppiare a ridere’’ e ‘’ti sei fatta male?’’. La mia mano è ancora lì, aggrappata alla sua, nonostante io abbia riacquistato tutto il mio equilibrio, non riesco a posare lo sguardo altrove, quei suoi fantastici occhi azzurri sono magnetici. Non so quanto tempo sia passato, credo poco meno di un minuto, anche se a me è sembrato un secolo, finalmente mi parla
-‘’Scusami, ti sei fatta male? Ero distratto, stavo rimettendo una cosa in borsa’’ provo a farfugliare qualcosa e alla fine riesco a produrre una frase di senso compiuto, o quasi
-‘’oh no, io non guardavo, perché il telefono, nella borsa, non riuscivo…’’ ok basta, meglio che sto zitta, sennò ‘sto qui sicuro chiama il CTO.
-‘’Comunque piacere, mi chiamo Tiziano’'
-‘’io sono Federica..’’
 -‘’Ti va un caffè?’’
-‘’Ma certo…’’
sorrido come una scema ed insieme ci avviamo verso il bar che avevo visto prima di entrare a lezione. Meglio mandare un messaggio ad Alessia

‘’Ale, imprevisto, gran bel pezzo d’imprevisto… poi te chiamo ’’.

Si offende sempre quando le do buca all’ultimo, ma questa volta avrebbe capito, doveva capire. Tiziano è poco più avanti di me e si gira come per controllare che io ci sia ancora, questo non mi fa di certo poco piacere. Una volta arrivati davanti la cassa lui mi si mette davanti e mi impedisce di pagare, io già sono bassa, lui è un po’, ma solo un pochino, più alto e mi copre tutta la visuale. Non mi dispiace prendermi qualche secondo per contemplarlo in silenzio, capello biondo quasi totalmente rasato, giacchetto di pelle, nero, jeans senza cinta e converse rosse. Distrattamente sento solo la sua voce che dice al cassiere
-‘’Lucià, pagate sti du caffè và’’  e ride, con una risata così contagiosa che non posso far a meno di sorridere. Al bancone a preparare i caffè c’è una ragazza mora, con i capelli lunghi fino a metà schiena, tutti lisci, con un rossetto rosso fuoco e tutto un trucco sugli occhi stile Moira Orfei. Lei subito mi squadra, poi fingendo che non sia lì si gira verso lui e tutta gongolante gli fa  
-‘’Ciao Tì, tutto bene?? Sta tesi è pronta?’’ e ride, la gallina, io alzo gli occhi al cielo, pregando che lui non le dia spago, anche se non ci spero, ma con grande sorpresa si limita a chiederle i due caffè e poi, con mia immensa soddisfazione, si gira verso di me e sorride. In quel momento il collasso è stato evitato per grazia divina ricevuta. Prendiamo il caffè in silenzio, ogni tanto getto un’occhiata su di lui per vedere cosa fa, ma puntualmente mi becca ed io non posso far altro che arrossire e sorridere.

–‘’Ti ringrazio per il caffè, ma ora devo proprio andare.’’ Voglio flagellarmi per questo, ma credo sia il caso di andare, altrimenti Alessia verrà a cercarmi con un fucile a pompa. Lui mi guarda e fa la faccia triste, è così buffo che non posso fare a meno di ridere e come mio solito mi porto una mano davanti al viso, mi sento in imbarazzo quando rido, penso sempre ‘’chissà che espressioni brutte faccio’’. Mi prende la mano e la sposta, levandomi da davanti gli occhi anche una ciocca di capelli che non voleva saperne di stare al posto suo, poi con una voce dolce mi dice 
-‘’Non coprirti quando ridi, hai un sorriso stupendo’’. Io sono debole di cuore, ma mica vorrai uccidermi con queste tue uscite.
-‘’ Grazie… ora devo proprio scappare, o verrò lapidata dalla mia amica che mi aspetta.’’ Lui ride, ed ecco sfiorato di nuovo un collasso.
–‘’Dai vai, non vorrei averti sulla coscienza poi’’ si avvicina e mi da un bacio sulla guancia, si infila i suo Ray Ban a goccia e se ne va.
Io rimango lì a guardarlo che si allontana e si dirige verso l’altro edificio, non ho la più pallida idea di cosa ci sia lì, ne di quello che ci stia andando a fare, ma l’unica cosa che so è che la giornata, apparentemente iniziata malissimo, ha preso una piega decisamente migliore. 

Ancora frastornata dall’incontro imprevisto, finalmente incontro Alessia, che ancor prima di salutarmi inizia subito a far mille domande sull’imprevisto di qui le avevo scritto. Alessia è la mia migliore amica da sempre, è dolcissima, anche se vuole nasconderlo, preferisce mantenere una facciata da dura, raramente le riesce. Sarà quel viso da bambola di porcellana, così delicato, e quei capelli biondi che le incorniciano il volto, quel sorriso sempre stampato in faccia che la fanno apparire tenera ed indifesa, più di quanto non sia in realtà. Mi scappa da ridere a guardarla, il suo abbigliamento ed i suoi modi di fare cozzano con questa sua apparente innocenza. Porta dei jeans chiari strappati davanti, su entrambe le gambe, converse nere, piene di scritte, una maglietta con un teschio brillantinato ed un giacchetto di jeans.  
–‘’Dai andiamo a pranzo e ti dico tutto…’’ lei mi guarda di sottecchi, tira fuori il suo pacchetto di Camel Light, estrae due sigarette ed una me la porge. Mentre fumiamo inizio a raccontarle tutto, dalla stronzetta che voleva invitarmi alla festa di economia, a Tiziano ed il suo magnifico sorriso. 






 

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OCCHI A ME PLEASE.




EHIIII, BABES...


Eccomi, ho deciso di mettere subito anche il secondo, dato che era bello pronto...
Allora, praticamente sto descrivendo la mia Università, lol...

Tiziano esiste davvero ed è davvero così maledettamente ASDFGHJK...
Sì, sono pazza di lui dal primo giorno che l'ho conosciuto...
No, non è la vera storia quella di lui, ma vabbè, pazienza...

Passando a noi...

Nel prossimo capitolo usciranno fuori tante cose riguardo FEDERICA...
e capirete perchè ho messo anche l'elemento ''DRAMMATICO''...
Vi chiedo solo di RECENSIRE anche se per una critica,
perchè almeno capisco se siete interessati alla storia e vale la pena continuare....

xx, Fede.

 

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Capitolo 3
*** She's my everything. ***


CAPITOLO 3

Alessia sembra felice, mi guarda con aria soddisfatta, sputa il fumo dell’ennesima sigaretta e poi mi dice
–‘’Vabbè, ma, quando ce esci?’’ io la guardo come se venisse da un altro pianeta
–‘’Ma che te sei fumata? Ma secondo te, uno del genere esce con me? E poi sarà già fidanzato, ne avrà un milione al seguito e non ha tempo da perdere con me’’ 
–‘’No ma fattelo un film ogni tanto.’’

Alessia ed il suo sarcasmo, non si smentiscono mai. Io non posso fare altro che ridere ed abbracciarla. Cosa sarei senza di lei? Nulla. Avete presente quando una persona vi riempie il cuore così tanto da farvelo straboccare? Bè, lei mi fa quest’effetto. Prima che entrasse nella mia vita, nel I superiore, non avevo molti amici, ero una persona chiusa e non sapevo cosa volesse dire avere un’amica vera, l’amica sulla quale puoi sempre contare. La situazione in casa mia non mi aiutava di certo, mio padre era un alcolizzato. Una sera sì ed una no tornava a casa all’una di notte ubriaco, entrava urlando, chiamando il nome di mia madre a più non posso, finché lei non gli rispondeva. Appena lo contraddiceva, anche nella più banale delle cose, lui si scatenava ed iniziava a picchiarla. La sentivo piangere, cercava di farlo piano per non farsi sentire, ma io, sotto il mio piumone, la sentivo e piangevo con lei, non potevo fare nulla e questo mi spezzava il cuore. Non so perché ma mio padre non mi ha mai picchiata, credo che quella santa donna di mia madre facesse di tutto per non farlo entrare in camera mia, le prendeva tutte lei quelle cinghiate, gli schiaffi ed i calci, ad ogni colpo che le dava a me ne arrivava il doppio.
Alessia mi ha aiutata ad affrontare tutto ciò, a diventare una persona forte e a credere in me stessa. Una notte, il 10 Giugno 2010, avevo 18 anni, la sentii piangere più forte del solito, dopo che lui era andato a letto. Corsi da lei, con il pigiama che mi finiva sotto i piedi, percorsi le scale tutte d’un fiato, arrivai in cucina e la vidi lì, a terra, tra i cocci di un piatto, ed il sangue, che non capivo da dove venisse. Mi gettai su di lei, stringendola a me, cercai di tirarla su per farla sedere. Il sangue usciva da un taglio sul braccio, ma fortunatamente, una volta pulito capii che era meno grave del previsto, decisi comunque di medicarla, darle un’aspirina e metterla nel mio letto. Mi infilai lì con lei, abbracciandola forte, non sapevo che quello sarebbe stato l’ultimo abbraccio, se lo avessi saputo, l’avrei stretta più forte.
Il giorno dopo tornai da scuola felicissima per aver saputo che tutti eravamo stati ammessi agli esami di maturità. Entrai di corsa, gettai lo zaino a terra e andai in cucina e la vidi lì, in una pozza di sangue, tra le braccia di mio padre che piangeva. Mi gettai su di lui gridando ‘’sei un mostro, tu non sei mio padre’’, riuscivo a dire solo questo, mentre lo colpivo sulla schiena con i pugni, mettendoci tutta la forza che potevo, come se quello potesse ridarmi la mia mamma. Chiamai un’ambulanza e la polizia. Mio padre finì in galera per omicidio, io ero maggiorenne e avrei potuto vivere da sola, ma quando mia zia, la sorella di mia madre, mi propose di andare a vivere da lei a viale Furio Camillo, una zona di Roma, accettai.
In tutto questo Alessia c’è sempre stata, mi ha aiutata a farmi forza e studiare per gli esami, dicendomi continuamente
-‘’dai che copiamo tutto da quella secchiona de Proietti’’ e mi strappava un sorriso. Veniva sotto casa quando non le rispondevo al cellulare, perché sapeva che quello di cui avevo bisogna era averla lì, con me. Per questo non potrei mai immaginare la mia vita senza lei. È sempre presente nei miei momenti difficili, come quando ho saputo che mio padre stava facendo ricorso per insufficienza di prove. Non esisteva che uscisse dalla galera, non potevo accettarlo.

Stare con Alessia mi rende sempre allegra, poi dopo l’incontro di oggi, non potevo non essere allegra. Guidando verso casa non riesco a smettere di sorridere, mi sento così idiota, mi ritrovo a sperare di rivederlo il giorno dopo. Arrivo a casa e fortunatamente trovo parcheggio vicino al portone del condominio, scendo dalla macchina canticchiando All the small things  dei Blink182, evidentemente alzo troppo la voce perché la gente si gira a guardarmi, una signora ride ed io mi rendo conto di aver esagerato, così, facendo finta di niente apro il portone e corro dentro. Salgo le scale fino al 7 piano ed entro in casa
–‘’Sono quiiiii’’ urlo per farmi sentire, ma non mi risponde nessuno, allora percorro il corridoio e vedo la luce della cucina accesa, entro e c’è mia zia seduta al tavolino con le mani tra i capelli e la testa bassa, e dall’altra parte del tavolo c’è seduto un uomo che mi da le spalle e non riesco a riconoscere. Mia zia alza la testa e mi guarda con gli occhi arrossati da un precedente pianto, l’uomo si gira verso di me e mi sorride. Le chiavi di casa mi cadono di mano, mi si gela il sangue nelle vene, sento le gambe molli e la testa che gira.  Lui si alza e fa due passi verso di me, io ne faccio altrettanti indietro, poi respiro profondamente e decido di parlare
–‘’Cosa ci fai tu qui?’’ non potevo credere di avercelo lì davanti, dopo un anno, vederlo era l’ultima cosa di cui avevo bisogno. Proprio per questo non sono mai andata, neanche una volta, a trovarlo in prigione, non volevo rivedere la sua faccia mai più. Ma ora eccolo qui, il destino questa volta mi ha giocato un brutto scherzo e lui ne sembra anche compiaciuto, finalmente si decide a rispondermi  
-‘’Sono fuori per mancanza di prove. La morte di Laura è stata catalogata come suicidio.’’ Quelle parole mi perforano i timpani come trombe impazzite, mi bruciano il cuore come una fiamma ossidrica. Non posso credere a quello che mi sta dicendo, mia madre non si è uccisa, non l’avrebbe mai fatto, ne sono certa, lui deve pagare per quello che ci ha fatto. Vedendo che non apro bocca, decide di continuare 
-‘’Io te lo dissi quel giorno, ma tu non hai voluto credermi, ora vedi che sono fuori? Possiamo essere di nuovo una famiglia.’’ No, non ci credo, non lo sta dicendo davvero. A questo punto sento che il cuore sta per esplodere e con tutto l’odio che porto dentro da una vita lo guardo e con voce rotta dall’emozione, e dal pianto che sta per arrivare, gli urlo dritto in faccia quello che ho sempre pensato  
-‘’Noi non siamo mai stati una famiglia. Io e la mamma lo eravamo, tu non hai mai fatto veramente parte della nostra vita, soprattutto della mia e non ci entrerai ora. La mamma non si sarebbe mai uccisa, tu lo sai, lo sai dentro di te che l’hai uccisa tu, devi starmi alla larga, non ho mai avuto un padre e non lo voglio ora. Non sei mai stato degno d’esser chiamato ‘papà’, sparisci dalla mia vita, mi fai solo schifo.’’ Nel frattempo mia zia era venuta vicino a me, ma talmente l’agitazione non me ne ero accorta. Riprendo le chiavi che mi erano cadute e corro via, non posso rimanere un secondo di più nella stessa stanza di quell’essere ripugnante. Scendo le scale di corsa, esco sbattendo il portone e sento dietro di me la portinaia sbraitare come al solito, ma questa volte non mi fermo a scusarmi.
Corro a più non posso, con le chiavi in mano e il cellulare in tasca. Corro fino a quando non inizio a sentire le gambe deboli, stanno per cedere, decido di fermarmi. Senza essermene resa conto sono arrivata al parco della Caffarella, uno dei miei preferiti. È abbastanza distante da casa mia, sono circa 4 o 5 fermate di metro. Respiro, prendo una boccata d’aria e inizio ad entrare nel parco con un passo più lento. Recupero un po’ di fiato, prendo il cellulare e chiamo Alessia ‘’wind…’’. Riattacco. Come al solito starà dormendo e spenge il telefono. Lascio la strada sterrata e decido di sedermi sul prato, sotto il sole non troppo caldo, quel sole d’ottobre che non è poi così caldo ma ti scalda quel poco che basta a farti sentire bene. Mi allungo e chiudo gli occhi, il volto di mia madre è lì, sembra così reale, tanto che provo ad allungare una mano per toccarlo, ma si dissolve. Apro gli occhi e mi tiro su. L’avrebbe pagata, se la polizia non è stata in grado di trovare le prove, le avrei trovate da sola.
Decido di chiamare mia zia per sapere se lui fosse ancora lì, non sopporto l’idea di doverlo vedere ancora, non è accettabile. Fortunatamente zia mi dice che se ne è andato, così decido di tornare a casa, con la metro questa volta. Rientro in casa, lei era lì ad aspettarmi, ci guardiamo in silenzio, poi mi abbraccia e mi sussurra  
-‘’So per certo che Laura non si sarebbe mai tolta la vita, non ti avrebbe mai lasciata da sola. Anche se sai che non sarai mai sola, io e zio Mauro ci saremo sempre per te.’’ Mi stringe ancora più forte, una lacrima mi scende lungo la guancia, so di non essere sola, finalmente vivo in una casa dove so che posso stare tranquilla, posso dormire serena perché non devo aver paura che qualcuno entri in camera mia da un momento all’altro per picchiarmi. Era stata una giornata carica di emozioni, così subito dopo mangiato decido di mettermi nel letto a guardare la televisione, mando un messaggio ad Alessia, che mi aveva richiamata, dicendole che ci saremo viste l’indomani e poco dopo crollo addormentata.







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HOLAAAA...

1- Perdonatemi il ritardo assurdo, ma non sapevo se continuare o no, alla fine ho deciso di provare...
2- Questo capitolo spiega la storia della protagonista e sarà fondamentale per alcuni passaggi successivi...
3- Spero che qualcuno RECENSISCA per favore, anche per dirmi che fa schifo, ma almeno so se vi piace o se è meglio eliminarla...

 Non ho altro da dire, se non pregarvi in turco per una piccola RECENSIONE please...

xx

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Capitolo 4
*** My wonder-woman and my Charming prince. ***


CAPITOLO 4

Mi sveglio all’ultimo momento come sempre e faccio tutto di corsa, ho lezione alle 11 ed io sono ancora in casa alle 10. Di solito ci impiego circa 30 minuti con la macchina, ma oggi non ce l’ho perché è dal meccanico. Benissimo, andiamo con i mezzi pubblici, ci impiegherò solo il doppio del tempo e sono in estremo ritardo. Corro fuori casa, con la borsa a tracolla e le chiavi ancora in mano, attraverso senza guardare e un cretino per poco non mi investe
–‘’Aooo, salime sopra no?’’ è in momenti come questi che viene fuori tutta la mia anima romana, lui scende mi guarda e si scusa velocemente, io cerco di replicare, ma le parole mi muoiono in bocca quando realizzo che il mio ‘quasi’ assassino è in realtà Tiziano. Lui mi guarda e scoppia a ridere, io faccio lo stesso e lo guardo
-‘’Non c’è niente da fare, ci incontriamo sempre così noi, con continui scontri.’’ Ecco la sua voce che mi pervade tutta e mi fa sentire più leggere di una nuvola. Rido.
–‘’Forse dovremmo iniziare ad incontrarci come fanno le persone normali, non credi?’’ gli rispondo, lui mi guarda, fa una faccia perplessa del tipo ‘aspetta che ci penso ’, poi fa 
-‘’Ma la normalità è così noiosa’’ e mi fa l’occhiolino. Improvvisamente mi ricordo che sono sempre più in ritardo e, con mio grande dispiacere, devo interromperlo
-‘’Sai, sono incredibilmente in ritardo e ho lezione tra poco, devo proprio andare’’
-‘’Ma è possibile che vai sempre di corsa tu? Comunque sto andando anche io all’università, ti do un passaggio, così eviti di rischiare ancora la vita’’
. Lui sale in macchina, come a dire ‘non accetto un no’, così lo seguo e ripartiamo veloci.
Lo guardo di sbieco, mamma quanto è bello, devo trovare subito un discorso da intavolare sennò faccio la figura della sfigata che non sa  mai cosa dire. Coraggio.
–‘’Ma tu che corso frequenti?’’ eccola, la prima domanda che mi è venuta in mente, 
-‘’Io faccio lettere, indirizzo giornalistico.’’ Occhi a cuoricino per me, amo il giornalismo, avrei voluto prenderlo anche io. Inizio a fantasticare su di lui che scrive articoli per giornali famosi, mi sembro una scolaretta innamorata del ragazzo più fico della scuola, che inizia a farsi tutte quelle scenette in testa. Per fortuna la sua voce mi riporta sulla terra e mi risveglia un po’
-‘’E tu che fai? A che anno sei?’’
-‘’Io faccio lingue e letterature moderne… Sono al primo anno, tu?’’
lui mi guarda e fa una specie di risata malefica, poi tutto soddisfatto, come a prendermi in giro risponde
–‘’Io a marzo do la tesi… Poi la specialistica me la vado a fare a Londra.’’ Io lo guardo incredula, se è all’ultimo anno deve avere circa 23 anni, non li dimostra, e poi fermi tutti… Londra?? Se ne sarebbe andato quindi e presto, dato che siamo in ottobre. Sembrerà sciocco, ma mi sento come amareggiata, sì ok, lo conosco appena, ma sarà proprio questo, il fatto di non avere tempo a farmi essere triste. Decido di ricominciare a parlare per spezzare un po’ d’ansia che mi pervade
-‘’ E come mai proprio Londra? Sai è la mia città preferita..’’
-‘’ Ci sono andato in viaggio con mio fratello e degli amici, ne sono rimasto incantato, è una città magnifica e per fortuna la nostra università ha accordi anche con Londra. Però ferma ferma, fammi ripensare un po’, primo anno… Mmmmh…. Una matricoletta quindi??’’
e ride. Ok oggi è deciso a prendermi in giro, ma per mia fortuna arriviamo all’università, mentre parcheggia ecco che dalla radio parte ‘’One thing’’ dei One Direction, un nuovo gruppo che sta emergendo in Inghilterra. L’avevo già sentitantita, ma ascoltarla lì con lui mi fa venire i brividi, mi mette a disagio. Proprio sulle note del ritornello, ‘’I need that one thing, that you’ve got that one thing’’, parcheggia e tira il freno a mano, spegne la macchina e scendiamo. Inizio ad incastrarmi seriamente con questo cavolo di Tiziano, ma pare che lui non abbia fatto caso alla canzone e soprattutto, per mia fortuna, alla mia reazione.
Mi accompagna fino all’aula, poi con due baci sulla guancia e un ‘’ci si vede in giro ’’ ci salutiamo. Lo guardo andare via, ripenso ai suoi splendidi occhi azzurri che ogni volta che mi guardano sembrano viaggiarmi dentro, al suo sorriso che automaticamente accende il mio. Cosa mi prende? Non posso essermi presa una cotta per lui, non è per niente fattibile. Con la testa ancora da tutt’altra parte entro nell’aula e mi siedo, vicino ho una ragazza mora, con i capelli corti a caschetto e grandi occhi verdi, quando le chiedo permesso mi sorride e mi lascia passare. Sembra simpatica, per mia fortuna lo è, e infatti passiamo tutta la lezione a chiacchierare.

Esco da lezione con la ragazza appena conosciuta, Elisa, e insieme decidiamo di andare al bar per un caffè. Rido e scherzo ma quando arriviamo nei pressi del bar mi blocco, a tutto pensavo tranne che a questo, tranne che a lui. Divento bianca come un panno slavato, tanto che Elisa mi guarda spaventata, non riesce a capire il mio improvviso cambio d’umore
-‘’Ei, Fede, tutto bene?’’ vorrei risponderle ma non ci riesco, ho un nodo alla gola e le parole mi muoiono in bocca, per mia fortuna vedo arrivare verso di me, correndo, Alessia, anche lei con un’espressione molto preoccupata. Guardo Elisa e cerco di scusarmi, dicendole che il giorno dopo le avrei spiegato tutto, con un bacio veloce sulla guancia ci salutiamo e lei se ne va. Appena mi ritrovo Alessia davanti le lacrime iniziano ad uscire senza sosta, lei mi abbraccia forte, poi mi guarda –‘’Che diavolo ci fa qui?’’
–‘’Non lo so, non ne ho la più pallida idea.’’
Lei mi prende la mano, stringendola forte, ed entrambe ci giriamo a guardare l’uomo che dovrei chiamare ‘’papà’’ . Lui mi vede e si avvicina, io mi asciugo veloce le lacrime, poi guardo Alessia supplicandola di non lasciarmi e per farmi capire che non l’avrebbe mai fatto sento che la stretta della sua mano si fa più decisa, ora mi sento più forte, so che non avrebbe mai lasciato la presa. Lo guardo in cagnesco e mi sbrigo a prendere la parola, prima che lo faccia lui 
-‘’Cosa ci fai qui?’’
-‘’Sono venuto a trovare la mia bambina, non posso? Volevo vedere un po’ dove studi, sono orgoglioso di te, sei intelligente come tua madre.’
’ Un ghigno malvagio gli affiora sulle labbra, vorrei solo prenderlo a pugni, faccio un passo avanti e sento Alessia che mi tiene, sto per perdere la pazienza, lo so
–‘’Io non sono la tua bambina, devi uscire dalla mia vita. E non nominarla mai più, tu non sapevi niente di lei, NIENTE.’’ Non mi rendo conto di aver alzato particolarmente la voce, me ne accorgo solo quando Alessia mi mette la mano che ha libera sulla spalla e mi sussurra
–‘’Stai calma, non ne vale la pena, tu sai chi sei e chi era tua madre, non cadere nel suo tranello, vuole solo farti arrabbiare, andiamocene.’’ Forse ha ragione lei, gli lancio un’occhiataccia e mi giro per andarmene, in quel momento vedo Tiziano al bar, mi si gela il sangue, non avrei mai voluto che vedesse lui. Sento una risata alle mie spalle e a seguire
–‘’Sei proprio come tua madre, codarda. Siete sempre scappate davanti alle difficoltà, tale madre tale figlia. Due nullità, l’unica cosa sensata che abbia mai fatto in vita sua, è stata quella di uccidersi.’’ Mi blocco, il cervello è in black-out, il cuore sta per scoppiare. Mi giro, con le lacrime agli occhi, ma non lacrime di dolore, né di tristezza, lacrime di rabbia, di nervoso. Torno da lui, a due centimetri dalla sua faccia e gli do uno schiaffo, in quel momento tutti quelli che erano nei paraggi si impietriscono e ci guardano, compreso Tiziano. Non mi importa più nulla dei mille occhi che ho puntati addosso, devo levarmi questa soddisfazione
-‘’Tu, tu non devi mai più permetterti di nominarla, tu non sai quanto lei valesse, non sai quello che ha sempre fatto per me e per te, nonostante tu non lo meritassi. Era una gran donna, una donna che ha dovuto subire un marito schifoso come te, che l’ha portata alla morte. Lei non si sarebbe mai uccisa, sei stato tu e presto tornerai a pagare per questo, schifoso. Non deve mai più uscire dalla tua bocca il suo nome.’’ In quel momento mi afferra per un polso, stringendo, inizia a farmi male, provo a strattonare via il braccio ma non ci riesco. Alessia si avvicina subito e gli grida in faccia
–‘’Lasciala subito o chiamo la polizia’’ lui ride, e anche di gusto,
-‘’ah sì? E che gli dici? Che un padre stava rimproverando sua figlia per la mancanza di rispetto? Stanne fuori Barbie.’’ Alessia non sa cosa fare, la gente intorno si allontana e lei non sa a chi chiedere aiuto, lui mi afferra entrambi i polsi e stringe sempre più, in quel momento lo vedo, è lì, c’è lui, il mio principe azzurro personale, getta la sigaretta che aveva in mano e mi strattona via e si mette tra me e mio padre, poi lo guarda con un’aria minacciosa, non avrei mai immaginato che quei suoi fantastici occhi potessero tirar fuori un’aggressività simile.
–‘’Ora, o te ne vai e la lasci stare, oppure invece di chiamare la polizia ci penso io a te. Non credere di farmi paura perché hai più anni di me, non credere di farmi paura perché sei bravo con le parole, tu toccala ancora e poi vediamo cosa ti ritrovi al posto delle mani.’’ Mio padre è paralizzato, in viso è bordeaux dalla rabbia, mi lancia un’ultima occhiata e se ne va, lasciandoci lì a guardarlo allontanarsi. Quando ormai non si vede più, Tiziano si gira da me ed io, d’impulso e senza rendermene conto, gli getto le braccia al collo e lo abbraccio forte e senza volerlo inizio a piangere. Lui mi stringe a sé, facendomi sentire al sicuro, mi accarezza la schiena e mi sussurra all’orecchio –‘’E’ tutto finito, ci sono io, tranquilla’’. Le lacrime iniziano a placarsi ed io cerco di recuperare la calma, si avvicina anche Alessia, ma rimane in disparte come per lasciarci la nostra intimità. Io lo guardo, con gli occhi ancora arrossati,
-‘’Ti ho bagnato la maglietta perdonami’’ lui sorride, asciugandomi la guancia
-‘’Ma figurati… Stai meglio ora?’’ non posso dirgli che quando c’è lui io sto sempre bene, che mi fa battere il cuore a mille e le farfalle nello stomaco fanno la ola quando mi guarda, così mi limito a dirgli
–‘’Sìsì, ora sto bene… Grazie, non avresti dovuto’’. Mi abbraccia e quel suo gesto vale più di mille parole.
Dopo qualche minuto decido che è ora di andare a casa, così lo saluto e mi avvio alla macchina di Alessia con lei, lui mi chiama e mi lascia il suo numero, ribadendo e sottolineando più volte che per qualsiasi cosa avrei dovuto chiamarlo, a qualunque ora del giorno e della notte. Salgo in macchina un po’ rintronata, troppe emozioni diverse tutte insieme. Alessia mette in moto, ma prima di levare il freno a mano mi guarda  
–‘’Sicura di star bene? Vuoi che venga un po’ da te? Vuoi venire tu da me sennò?’’ la guardo con dolcezza, lei, lei è semplicemente la mia wonder woman, lei è il mio tutto
-‘’ Sto bene, davvero. Un po’ rintronata, troppe cose tutte insieme. Però tranquilla, vado a casa, un bagno caldo e mi infilo a letto a riposare.’’ Così alla fine partiamo, ci facciamo il viaggio in silenzio, ascoltando solo un po’ di musica a basso volume. Una volta arrivate a casa mia, la saluto e apro la portiera per scendere, lei mi urla dietro mentre sto per chiudere
–‘’mandagli un messaggioooooo’’ io rido e faccio finta di  niente.
Dovrei mandarlo il messaggio? E per dirgli cosa poi?




 



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Ecoci qui, un nuovo capitolo...
Che ve ne pare?
Oltre a dirmi cosa ne pensate della storia, anche se vi fa schifo, ditemi se va bene la lunghezza dei capitoli..
o se sarebbe meglio farli più lunghi o più corti..
.
Lo manderà il messaggio secondo voi? E cosa succederà dopo?
Non vi dico tutto sennò che gusto c'è? Ma sappiate che il momento davvero drammatico sta per arrivare...
Non ho nulla di particolare da dirvi...
Solo....
RECENSITE... per favoreee.
xx

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Capitolo 5
*** And then...only darkness. ***


Vi ricordate quando alla ''presentazione'' scrissi che uno dei due verrà strappato all'altro? Chissà cosa intendevo...
Buona lettura...



CAPITOLO 5

Mi immergo nella vasca, colma fino all’orlo d’acqua bollente, piena di schiuma. Zia mi aveva chiesto come fosse andata la giornata ed io avevo preferito limitare il discorso ad un ‘’tutto bene, lì è bellissimo’’, per poi andarmene in camera mia. Mentre riempivo la vasca avevo anche mandato il messaggio a Tiziano, un semplicissimo

‘’Grazie mille per oggi, ci vediamo all’uni… Fede’’

poi avevo posato il telefono sulla mensola del lavandino e mi ero abbandonata al puro relax.
Occhi chiusi, testa posata sul bordo della vasca e mi faccio i miei soliti viaggi mentali. Sono così assorta dai miei mille pensieri che sobbalzo quando mi squilla il cellulare. Una chiamata, numero privato, un po’ scocciata alla fine rispondo –‘’Pronto chi è?’’ silenzio, riprovo
–‘’Pronto?’’ ancora nulla,
-‘’Ok ora riattacco, ciao’’
X –‘’Aspetta’’.
Mi si gela il sangue, avrei riconosciuto la sua voce ovunque, sempre e comunque. Ormai sono mesi che non ci sentiamo più, solo in questo momento però mi rendo conto che non ci penso più, non l’ho più fatto da quando ho incontrato Tiziano. Respiro e poi
–‘’M-Marco sei tu?’’ sento un respiro profondo provenire dall’altro capo del telefono
–‘’Sì, ti prego non riattaccare, ho bisogno di parlarti, di vederti, di toccarti’’ un tuffo al cuore,  come può tornare quando finalmente stavo iniziando a dimenticarlo? Quando finalmente non era più il mio unico punto fisso? Lui è ancora lì in linea e il mio silenzio lo fa preoccupare 
–‘’Ei sei ancora lì?’’ sospiro,
-‘’Sì ci sono. Perché mi hai chiamata?’’
-‘’Come devo dirtelo? Mi manchi Fè, vediamoci sta sera, alle 21.30 al nostro solito posto. Un bacio, vieni ti prego.’’ Non andrò da lui, non voglio più vederlo. Non può ogni volta tornare dopo mesi e pensare che io sia pronta a correre da lui. Esco dalla vasca e con gli occhi fissi nel vuoto mi asciugo i capelli, mi metto il pigiama e me ne vado a letto.

Tiro il piumone fino a sopra la testa, chiudo gli occhi, pronta a perdermi nei miei sogni, ma la suoneria mi indica  che mi è arrivato un messaggio, borbotto e lo leggo

–‘’ei affacciati’’.

Inizialmente non leggo di chi è e rimango un attimo perplessa, ma quando vedo che è Tiziano salto giù dal letto e mi affaccio alla finestra in men che non si dica. Apro la finestra e a bassa voce gli chiedo
–‘’ma cosa ci fai qui?’’ lui sorride
–‘’dai matricoletta, hai 5 minuti per scendere…ti porto in un posto ’’
–‘’tu sei pazzo, io sono in pigiama’’
–‘’dai suuu, sono diventati 4 minuti’’
scuoto la testa, chiudo la finestra e corro a vestirmi.
Cosa diamine mi metto? Prendo dei jeans stretti, chiari, leggermente strappati su una coscia, la maglietta di Spongebob blu a maniche lunghe, una felpa con il cappuccio e la zip davanti, semplice e blu come la maglia. Mi arriva un messaggio e mentre impreco lo leggo, è Tiziano

–‘’sei in ritardo baby’’

rido, lanciando il telefono in borsa, corro in bagno e do una pettinata ai miei lunghi e lisci capelli neri, li lascio sciolti e decido di non truccarmi neanche, solo un po’ di mascara e basta. Prendo la borsa, le chiavi di casa ed esco in punta di piedi per non farmi sentire, quando sono davanti a lui mi guarda e sorride
–‘’finalmente, andiamo và’’ io sorrido e gli dico
–‘’andiamo dove?’’
–‘’sorpresa…Sali e zitta’’ io fingo di guardarlo male e lui mi fa una linguaccia. Mi porge un casco ed io un po’ confusa –‘’cosa? E la macchina?’’ lui ride
–‘’sta sera in moto, daiii Sali ’’ mi infilo il casco borbottando e salgo sulla moto, quando sta per partire mi dice –‘’stringiti a me’’ inizialmente un po’ timida metto le mie braccia attorno a lui, poi mano a mano che corre mi sciolgo, fino a lasciar andare la mia testa sulla sua schiena. Dopo un po’ arriviamo e parcheggia, io scendo e mi levo il casco, rimango senza fiato, il Colosseo di notte è bellissimo, ogni volta è come se lo vedessi per la prima volta. Lui mi raggiunge e mi dice
–‘’vieni adiamoci a sedere lì’’ indicando una delle panchine di marmo che ci sono, ci andiamo a sedere ed io gli dico –‘’come mai siamo venuti qui?’’ lui mi sorride, mi prende la mano, si avvicina a me, ma il mio stupido cellulare inizia a squillare, sbuffo e rispondo
–‘’pronto?’’  
–‘’dove sei? Ti sto aspettando da mezzora’’
–‘’Marco non ti ho mai detto che sarei venuta’’
Tiziano mi fissa mentre io continuo a parlare con Marco, che diventa sempre più pesante. Tiziano mi prende il telefono
–‘’senti ora stai rompendo, io la sono andata a prendere a casa, l’ho convinta a salire in moto, l’ho portata fino al Colosseo e stavo per baciarla quando chiami tu e rovini tutto, ok va bene ci può stare, ma ora SCOLLATI’’ riattacca e mi porge il telefono, il lo spengo e scoppio a ridere, lui prende il mio viso tra le mani e mi bacia. Le farfalle nello stomaco impazziscono, per un momento ho paura che il cuore mi schizzi fuori dal petto, ora nulla potrebbe rovinare un momento così, intorno a noi non c'è più nulla, sparisce ogni rumore di macchine che corrono veloci, non ci sono più le luci ad illuminare la strada, nè i clacons impazziti delle moto. Ci siamo solo io e lui, lui ed io, solo noi.

Lascio a malincuore le sue labbra e per un po’ ci guardiamo negli occhi, senza dire nulla, dopo un po’ Tiziano rompe il silenzio
–‘’andiamo a casa che è tardi’’ io rido
–‘’cioè tu mi hai portata fin qui per nulla?’’ lui si avvicina e mi tira a sé, prendendomi dai fianchi
–‘’il nostro primo bacio doveva essere speciale’’ poi le sue labbra si posano ancora sulle mie, io lo abbraccio forte e lo stringo a me. Sento il suo cuore battere con il mio e la sua mano accarezzarmi i capelli, poi con la sua voce calda mi riporta alla realtà
-‘’dai ti porto a nanna bambolina’’ io rido di gusto, poi fingendomi seria
–‘’non chiamarmi bambolina’’  
–‘’ma come no? Guardati, sei una bambolina’’
ridiamo insieme, lui mi prende la mano e ci incamminiamo verso la moto.
Saliamo ma io non ho voglia di mettere il casco, Tiziano parte ed inizia a dirmi
–‘’mettiti il casco ’’  
–‘’no mi da fastidio ’’
continua a sgridarmi come fossi una bambina ed io rido con il vento che mi scompiglia i capelli, senza notare che stiamo arrivando nei presi di un incrocio.

Tiziano si gira per la millesima volta per dirmi di mettere il casco, quando due fari mi acciecano,  
–‘’Tì attento ’’
non riesco a dire altro, la luce svanisce ed intorno a me c’è solo buio.






 

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Eeeecomi qui, con un nuovo capitolo... 
Vi avevo detto che era drammatico no?
Avete visto anche l'entrata in scena di
MARCO... Non sottovalutatelo...
Ah, a
Roma con ''scollati'' si intende ''smettila, sei pesante'' ahhaah...
Nel prossimo scoprirete cosa è successo ad i nostri giovincelli...
Non ho altro da dirvi se non il solito
GRAZIE...e mi raccomando

RECENSITE.

xx

 

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Capitolo 6
*** Where's your smile? ***


 CAPITOLO 6

Apro gli occhi e mi ritrovo in una stanza dalle pareti bianche, vedo una finestra con le tapparelle abbassate ed una luce fioca passarvi attraverso. Mi fa male la testa e sento tutto il corpo indolenzito, provo ad alzarmi a sedere ma subito una fitta al fianco destro mi fa tornare al punto di partenza. Mi fisso con lo sguardo al soffitto e piano piano i pezzi incasinati del puzzle che ho in testa tornano al loro posto, la serata con Tiziano, il bacio, io che non voglio mettere il casco, lui che si gira per sgridarmi e il camion che ci getta a terra. Mi tiro su piano, scoppiando in lacrime, porto le mani sul viso ed inizio a scuotere la testa, dov’è lui? Guardo in giro per la camera e vedo una giacca da donna posata su una piccola poltroncina, poco dopo infatti entra mia zia, gli occhi bassi, una pessima cera ed i capelli in disordine
–‘’Zia’’ la chiamo flebile, cercando di calmare i singhiozzi, lei alza di scatto la testa e nel vedermi sveglia sorride e corre ad abbracciarmi, in quel momento scoppio di nuovo a piangere
–‘’scusami zia, se sono uscita di nascosto, perdonami’’ sussurro tra un singhiozzo e l’altro, lei mi stringe forte a sé facendomi calmare, poi prendo coraggio e le chiedo
–‘’dov’è lui? L’hanno dimesso? Sta bene vero?’’ mia zia abbassa lo sguardo, senza riuscire a dir nulla, in quel momento sento un nodo alla gola, un vuoto alla stomaco e gli occhi iniziano a farsi lucidi, con un filo di voce la richiamo, cercando di convincerla a parlare, sospira e si decide a dirmi qualcosa
–‘’ è in coma, non sanno se si risveglierà’’. Una pugnalata al centro del petto, un’altra ed un’altra ancora, quelle parole mi riecheggiano nel cervello, mi alzo di scatto dal letto ed esco dalla mia camera, senza pensare al fatto che ho una camicia da notte dell’ospedale e sono scalza
–‘’Federica, vieni qui, ti prego ’’ prova a chiamarmi senza risultati
–‘’dimmi dov’è’’ sospira
–‘’ nella stanza 405, su questo piano ’’.
Arrivo nella sua stanza correndo, mi ritrovo davanti ad una porta chiusa, un piccolo vetro mi da la possibilità di guardare all’interno della camera e vedo lui fermo immobile in quel letto, i suoi fantastici occhi che ogni volta mi fanno vibrare l’anima sono chiusi ed a lui sono attaccati numerosissimi fili, collegati a varie macchine. La mia attenzione ricade su un ragazzo seduto su una sedia, accanto al letto, gomiti sulle ginocchia e testa tra le mani, so che lo disturberò, ma io devo entrare. Senza troppi indugi apro la porta ed entro, il ragazzo seduto si gira di scatto, ha gli occhi arrossati e lucidi, proprio come me, mi guarda per qualche istante, soffermandosi sul grande cerotto che ho sulla fronte, dopodiché con un filo di voce
–‘’ciao, sono Alessio, il fratello di Tiziano’’ lo guardo meglio, hanno gli stessi occhi azzurri, entrambi biondi, Alessio ha il viso più rotondo, mentre quello di Tiziano è più allungato
–‘’Ciao, io sono Federica’’ lui annuisce, alzandosi e venendo verso di me
–‘’mi aveva parlato di te, sapevo che sarebbe venuto a prenderti ieri, ha preso la moto perché la macchina ce l’avevo io…l’avevo presa senza neanche chiederglielo, la mia è dal meccanico, ma io volevo uscire’’ fa una pausa, gli occhi tornano a riempirsi di lacrime, sospira e continua a parlare
–‘’se invece di fare l’egoista come al solito, gli avessi lasciato la sua macchina, ora non si troverebbe in questo dannato letto ‘’ lacrime silenziose iniziano a rigargli il viso, lo guardo con sguardo dolce, mi avvicino a lui e lo abbraccio forte
–‘’non è colpa tua, se solo avessi messo quel casco lui non si sarebbe distratto’’ Alessio mi stringe forte a sé, sento le sue lacrime bagnarmi le guance, cerca di calmarmi e quando finalmente ci riesce scioglie l’abbraccio
–‘’vi lascio un po’ da soli’’.
Vado a sedermi in quella piccola sedia, rimanendo a guardarlo in silenzio per un tempo interminabile, con le lacrime che mi bagnano il viso, con la mano tremolante afferro la sua, facendo attenzione all’ago della flebo, inizio a piangere sempre di più, fino a quando i singhiozzi s’impossessano di me. Mi avvicino al suo viso, lasciandogli un bacio sulle labbra, poso la fronte sulla sua e senza neanche accorgermene inizio a parlare
–‘’mi dispiace, mi dispiace così tanto. Ti prego, tieni duro e apri i tuoi occhi, i tuoi stupendi occhi, perché tu non sai quanto siano fondamentali per me, non sai quanto mi faccia star bene il tuo sorriso, non sai quanto, in così poco tempo, tu sia diventato il centro di ogni cosa per me ‘’. Rimango un po’ con lui, tenendogli la mano e guardandolo, senza dire nulla, solo con la speranza che da un momento all’altro possa aprire gli occhi e dirmi che va tutto bene.

UNA SETTIMANA DOPO…

Esco da lezione, saluto tutti e corro verso il parcheggio, Alessia mi sta aspettando per andare in ospedale da Tiziano, come ogni giorno. Arriviamo nel giro di 20 minuti, entriamo e ci dirigiamo verso la sua camera, quando arriviamo vedo la madre di Tiziano abbracciata a suo marito, mentre piange disperata, il cuore smette di battere e corro da loro
–‘cos’è successo?’’ Stefano, senza sciogliere l’abbraccio con la moglie, mi guarda con occhi tristi
-‘’la situazione sta peggiorando, non sanno per quanto ancora resisterà’’ gli occhi si riempiono di lacrime –‘’dov’è Alessio?’’ senza rispondere mi indica con la mano la fine del corridoio, mi giro e vedo la porta anti incendio, corro in quella direzione ed esco, ritrovandomi sulle scale di servizio, mi guardo intorno e vedo un ragazzo seduto su un gradino, probabilmente sta fumando una sigaretta perché si vede del fumo che viene portato via dal vento, senza dire nulla mi siedo accanto a lui, estratto una sigaretta dal mio pacchetto e l’accendo, poso la testa sulla sua spalla e ce ne stiamo per un po’ senza dire nulla. Abbiamo legato molto in questi giorni, stiamo sempre insieme, mi ha portata anche a casa loro e mi ha fatto vedere delle foto di lui e Tiziano da piccoli, Alessio ha un anno in più, da piccoli ne combinavano di tutti i colori, facendo impazzire quella santa di madre che si ritrovano, Alessio mi ha confessato che il minore è sempre stato quello più timoroso, aveva sempre paura che la mamma si arrabbiasse, così il fratello lo prendeva in giro e lo faceva arrabbiare, fino a che non lo convinceva di fare qualche pazzia e puntualmente finivano in punizione. Getta la sigaretta e mi cinge le spalle con un braccio
–‘’vedrai che si riprenderà’’ gli dico con la voce ridotta ad un sussurro
–‘’il dottore dice che potrebbe non svegliarsi più e se anche lo facesse ci sono buone probabilità che abbia perso l’uso delle gambe’’ inizio a piangere e mi stringo al suo petto, lasciandomi cullare dalle sue braccia, rimaniamo così per un po’, poi decidiamo di tornare dentro ed andare a sentire cosa dicono i dottori. Una volta rientrati vedo Alessia parlare con i genitori di Alessio e Tiziano, lui va da loro mentre io senza dir nulla entro in stanza da Tiziano e mi siedo accanto a lui, gli stringo la mano e gli lascio un bacio a fior di labbra, poi come al solito inizio a parlargli
–‘’sai, tuo fratello ieri mi ha fatto vedere le foto di carnevale, quelle dove tu eri vestito a super Mario e lui da Luigi, eri buffo, avevi quel sorriso che ti distingue dalla massa, quegli occhi che brillano. Mi manca quel Tiziano, quello che mi faceva ridere con poco, quello che mi ha difesa da mio padre, quello che con un abbraccio mi fa passare tutto.’’
Rimango per un po’ lì con lui, metto la musica all’iPod ed una cuffia la do a lui, facendo partire ‘’CIAO’’ di Tiziano Ferro, ma sì, allegria portami via.






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Eccoci, non ho granchè da dire...
Solo mi scuso per il ritardo...
Ho aggiornato anche '
'for you I'll be superhuman'', passate se vi va...
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo e cosa accadrà secondo voi nel prossimo...
Un bacioneeee e grazie a chi mi segue...


RECENSITE... 

xx Nanna.

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Capitolo 7
*** Lost In Confusion ***


CAPITOLO 7

UN MESE DOPO

Testa bassa, cuffie nelle orecchie e mani nelle tasche dei jeans. Lo riconoscerei in mezzo a mille persone, mi avvicino a lui a passo svelto e picchiettando con la mano sulla sua spallo lo faccio girare. Mi sorride e mentre si toglie le cuffie dalle orecchie si avvicina per salutarmi
–‘’ ehi dove vai?’’ mi chiede come se non conoscesse già la risposta
–‘’sto andando da tuo fratello’’, rimaniamo in silenzio per qualche minuto, senza sapere cosa dire, rimaniamo a pensare ad i nostri sensi di colpa, a cosa sarebbe successo quella notte SE… ad interrompere il silenzio è Alessio
–‘’vieni, ti porto in un posto ’’
–‘’ma devo andare da lui ’’
provo ad obiettare, ma ormai mi sta già trascinando in macchina per portarmi non so dove.
Dopo circa 45 minuti di viaggio arriviamo ad Ostia, una volta parcheggiato ci incamminiamo verso la spiaggia libera, mi levo le scarpe ed affondo i piedi nella sabbia fredda, chiudo gli occhi e lascio che il vento freddo di Dicembre mi culli. Sento una mano intrecciarsi alla mia e senza neanche aprire gli occhi la stringo forte, lui è diventato il mio unico punto di riferimento, non so cosa farei senza di lui ora.
Ci incamminiamo verso la riva, ancora con le mani intrecciate, ho paura che lasciandogli la mano se ne vada anche lui, non sopporterei di perderlo. Ci sediamo a poca distanza dal mare, la sabbia ci sporca i jeans ma non ci importa, appoggio la mia testa sulla sua spalla e chiudo gli occhi, mentre sento la sua mano che mi accarezza il viso, mi sposta una ciocca di capelli, mettendola dietro l’orecchio. Sento il suo respiro caldo sul viso, le sue braccia mi cingono la vita, stringendomi saldamente a lui, come se avesse paura che potessi scappare, ma lui non lo sa, non sa che non me ne andrei per nulla al mondo da lui, non scioglierei quell’abbraccio mai e poi mai. Sento le sue labbra dolci sulle mie, il sapore di Camel Light appena fumata si mischia con la fragola del mio burro cacao, porto le mie braccia intorno al suo collo, le mani nei capelli, continuiamo a baciarci fino a quando non ci lasciamo cadere sulla sabbia e guardandoci negli occhi rimaniamo lì, senza dire una parola.

Natale, odio il Natale, non so mai cosa regalare e a chi, mi riduco sempre all’ultimo momento e per di più spendo cifre abnormi. Fortunatamente quest’anno il regalo ad Alessia già l’ho fatto, un bel giacchetto di pelle, mi manca Alessio e non ho la più pallida idea di cosa fargli. Ormai sono passate due settimane dal nostro bacio ed io sono più confusa che mai, continuo a pensare a Tiziano e al nostro bacio sotto al Colosseo, poi penso ad Alessio, a quanto mi faccia star bene, a quanto io abbia bisogno di lui e non ce la faccio a dirgli addio. Mi sento così egoista.
Rimango seduta su i gradini di Piazza di Spagna per un tempo indefinito, rifiuto tutte le chiamate, non ho voglia di parlare con nessuno, troppi pensieri, troppa confusione. Non faccio altro che pensare a quella notte, a quel bacio, a quegli occhi che mi impedivano di distogliere lo sguardo, penso a lui e a quell’incidente e non posso non sentirmi dannatamente in colpa. Il vibrare del telefono mi riporta alla realtà, lo prendo e dopo essermi asciugata le lacrime silenziose che erano uscite leggo il messaggio

‘’Dobbiamo parlare, ci vediamo in spiaggia tra un’ora’’

Una stretta al cuore, stringo il telefono tra le mani, ha ragione, dobbiamo parlare, dobbiamo decidere cosa fare, soprattutto io devo decidere cosa fare. Senza pensarci ulteriormente mi alzo, con le mani pulisco i jeans impolverati e mi incammino verso la metro. Arrivo con qualche minuto d’anticipo e decido di farmi una passeggiata sulla sabbia, mi avvio verso gli scogli e senza neanche rendermene conto mi ritrovo a pensare al bacio con Alessio, brividi mi percorrono la schiena, le farfalle mi svolazzano nello stomaco e le gambe tremano. Mi siedo sugli scogli e mi perdo a guardare le onde infrangersi su di essi, il sole viene risucchiato dal mare, il vento mi scompiglia i capelli, portandosi via tutti i brutti pensieri che in questi ultimi mesi mi stanno riempiendo la mente. Mi giro e lo vedo arrivare verso di me, cappello di lana, Ray Ban neri e la solita sigaretta in bocca, mi alzo in piedi e corro da lui, mi blocco a pochi centimetri dal suo viso, butta la sigaretta e si toglie gli occhiali e prima che possa dire qualsiasi cosa lo bacio, stringendolo forte a me, lo bacio come se non ci fosse un domani, come se ogni cosa dipendesse da questo momento, da questo bacio. Lo bacio come se io dipendessi da lui e solo in quel momento mi rendo conto della veridicità di quel pensiero, perché sì, io dipendo da lui.

-‘’Passami la panna’’  mi incita mia zia per la quarta volta a passarle la panna per la torta, quando finalmente gliela passo sospira
–‘’ce l’abbiamo fatta…se mollassi il tuo ragazzo per un attimo avremmo già finito questa benedetta torta’’ scoppiamo a ridere tutti e tre, poi Alessio mi abbraccia, lasciandomi un bacio tra i capelli ed io sorrido, sorrido perché in questi ultimi due mesi lui è stata l’unica persona a rendermi felice, a farmi superare tutti quei sensi di colpa. Non ho dimenticato Tiziano, non potrei mai farlo, lui è sempre presente nei miei pensieri, solo sto imparando a convivere con la sua assenza. Un’assenza che mi brucia l’anima, un’assenza che mi logora dentro, un’assenza con cui forse imparerò a convivere un giorno.

-‘’Signora, abbiamo ottime notizie’’ esordisce il primario dell’ospedale, guardando con aria seria i genitori di Tiziano, sua madre non riesce a contenere l’entusiasmo e con un gran sorriso esclama
–‘’oddio, mi dica tutto la prego ’’ il dottore sorride benevolo
–‘’signora suo figlio adesso è in grado di respirare autonomamente, abbiamo tolto le macchine che precedentemente lo alimentavano, le pulsazioni sono regolari ed il battito cardiaco è piuttosto buono’’ Stefano tira un sospiro di sollievo, Alessio mi stringe tra le sue braccia, lasciandomi innumerevoli baci tra i capelli. Il dottore aggiunge altre parole a cui ne io ne Alessio diamo peso e subito andiamo, mano nella mano, verso la stanza di Tiziano insieme ai suoi genitori. Dopo qualche minuto di chiacchiere allegre, escono tutti, lasciandomi sola con lui, lasciandomi il tempo di metabolizzare i suoi progressi, lasciandomi il tempo di pensare che forse un giorno riaprirà quei suoi fantastici occhi e tornerà a guardarmi e solo a quel pensiero lo stomaco si contorce, gli occhi si inumidiscono ed il cuore prende a martellarmi nel petto.
Se dovesse risvegliarsi, se dovesse chiedermi di scegliere, cosa  farei io? Cosa farei se mi chiedesse ‘’scegli… o me o mio FRATELLO’’ ? Improvvisamente mi sale l’ansia, mi manca l’aria ed inizia a girarmi la testa, recupero la giacca ed il cellulare ed esco di corsa da quella stanza, da quell’ospedale e scappo come una codarda mentre Alessio continua a chiamarmi, tentando di fermarmi.

Mi butto sul letto, sentendo le lacrime scivolarmi lungo le guance, un macigno sul petto mi schiaccia contro il materasso, facendomi sentire un gran peso sul cuore, il cellulare stretto in una mano prende a squillare e pensando inizialmente fosse Alessio rispondo con voce atona
–‘’pronto’’
–‘’bella di papà’’
il sangue si gela nelle vene, il cuore smette di battere ed io schizzo in piedi.
Non lui, non adesso.

Come si dice d’altronde, i guai non vengono mai da soli.

‘’cosa vuoi ?’’ lui ride, prendendosi gioco di me ‘’nulla, sai tra poco è Natale, sai che tua madre ci teneva tanto…’’ il sangue mi sale al cervello ad un ritmo vertiginoso ‘’ hai detto bene, la mamma ci teneva, ma lei ora non c’è più e tu questo lo sai bene’’ ride di nuovo, mi provoca, si diverte ‘’mi dispiace tanto per il tuo amichetto in ospedale’’ ‘’cosa ne sai tu?’’ ‘’ho le mie conoscenze piccola, sennò come pensi che farei a stare fuori ora?’’ lo sapevo, qualcuno deve averlo aiutato a far sparire qualche prova fondamentale di quel giorno, prendo un bel respiro, dovevo aspettarmelo da lui ‘’io e te sappiamo come sono andate veramente le cose e in un modo o nell’altro lo dimostrerò , farò venire fuori tutto e tu andrai dentro per tanto di quel tempo che ti scorderai di come è fatta la luce del sole’’ un attimo di silenzio, poi sento qualcosa dall’altra parte del telefono cadere, come un bicchiere che va in frantumi ‘’sei mia figlia, non me lo dimentico questo, ma è meglio per te se rimani fuori da questa faccenda o dovrò far intervenire qualche mio amico che mi deve molti favori. Sei sangue del mio sangue, non costringermi a tanto.’’ La chiamata si interrompe così, con una sua minaccia lasciata a metà. Devo uscire a fare una passeggiata, devo schiarirmi le idee ed iniziare a tracciare un piano, devo organizzare le mie prossime mosse e chiudere questo capitolo prima di dargli il tempo di fare qualsiasi cosa.







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PERDONATEMI PER LO SCHIFOSISSIMO RITARDO...


Ma tra lavoro e altri casini non ho davvero avuto tempo...
Mi scuso inoltre anche per questo SCHIFUZZO di capitoli,
mi presento dopo una vita con sta robaccia... Non tiratemi i pomodori please...
Venendo a noi...

Tiziano... Che ne sarà di lui
? Vedremo...
Federica? Alessio? Il padre bastardo?
Tante cose da far quadrare, problemi, pensieri... Scelte da prendere...
Io non vi dico nadaaa.... odiatemi... lol
Voi come vorreste che vada o pensate che andrà? Ditemi su u.u
Fatemi sapere cosa ne pensate vi supplico... Se è o meno il caso di andare avanti..
Un bacio gigante a chi c'è ancora, a chi segue, legge e
RECENSISCE...
Adios.

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Capitolo 8
*** Memories and investigation ***


CAPITOLO 8

Eccomi qui, un quartiere che non vedevo da tanto di quel tempo che quasi avevo dimenticato esistesse. Mi avvicino alla porta, ci sono ancora i sigilli della polizia che vietano l’ingresso, la serratura è rimasta invariata e riesco ad entrare senza troppi problemi. In un attimo un fiume di ricordi inonda la mia mente, vedo mia madre cucinare canticchiando allegra, mentre una piccola me fa i compiti seduta al tavolo della cucina, vedo mia madre pulire, sempre con il sorriso, vedo le nostre chiacchiere fatte in salotto, le nostre tazze di thè sul tavolo mentre io prendo lo zucchero e lei i biscotti che mi piacevano tanto.
Salgo al primo piano, mi sembra ancora di sentire il profumo del ciambellone appena sfornato o del minestrone che le piaceva tanto fare nei mesi invernali. Entro nella sua camera, è spoglia, non c’è rimasto quasi niente, ma ancora la vedo lì, nel letto con me accanto, mentre lui era fuori per lavoro. Mi sposto nel bagno e la sento che canta le canzoni dei miei cartoni preferiti mentre mi fa la doccia prima di andare a letto. La vedo in ogni parte di questa casa, ogni cosa, ogni profumo vive nei miei ricordi, LEI vive nei miei ricordi e devo far luce su questa faccenda per far si che non se ne sia andata in vano. Entro nella mia camera, le lacrime ormai scendono libere sulle mie guance, rigandomi il volto. Ogni giorno mi ripassa davanti agli occhi, diciotto anni dentro quella casa, pianti, influenze, brutti voti, fidanzamenti finiti male e lei era sempre lì, un sorriso ed un abbraccio. Mi siedo sul mio letto e ricordo tutte le volte che ci siamo chiuse in camera mia per non sentire quel mostro urlare ed imprecare mentre girava per casa, le volte che ci siamo messe nel mio letto per guardare qualche dvd perché ‘’dai da te si vedono meglio’’, questo diceva sempre, ma io sapevo che lo facevi per non stare nel letto con lui. E poi eccolo lì, il nostro ultimo abbraccio, l’ultima notte insieme, quando tra i pianti si è sdraiata lì con me sussurrandomi ‘’tu non meriti questo, sono una madre pessima’’ ed il massimo che sono riuscita a fare è stato abbracciarla, stringerla a me e rassicurarla ‘’nessuna di noi merita questo, ma tu sei la madre migliore che si potesse desiderare’’ e lo dissi perché ci credevo e ci credo ancora. Sulla mia vecchia scrivania c’è ancora la nostra foto insieme, quella fatta il giorno del mio compleanno a Bracciano, ‘’io e te contro il mondo ‘’ quello mi disse mentre il signore con quegli enormi baffi scattava la foto. La prendo e la metto nella borsa, poi decido di tornare giù, dove è successo tutto, deve pur esserci qualcosa.
Frugo tra i cassetti, nelle scatole dove teneva le cose del cucito, trovo anche il suo porta oggetti di legno. Lo apro ma non c’è nulla di che, qualche orecchino, dei bracciali e la sua fede.

Perché la tua fede era lì mamma? Perché non la portavi più? Sento dei rumori provenire dall’ingresso, metto il porta oggetti nella borsa e facendo meno rumore possibile cerco di guardare chi c’è. Un uomo mai visto, grosso, con la barba e dei muscoli pompati sotto ad un lungo giaccone nero si aggira per la sala cercando non so cosa, si ferma davanti al camino prende un foglio, lo mette in tasca e se ne va. Esco dalla cucina e gli corro dietro, quello che cerco deve essere scritto lì, sicuramente è stato il mostro a mandarlo. Corro in strada cercandolo con lo sguardo, dove è finito?
Mentre passo al setaccio tutta la strada imprecando tra me e me, sento qualcuno venirmi dietro, mi sento seguita, sono sicura sia lui. Accelero il passo, cercando di seminarlo e raggiungere un posto più affollato, sono quasi all’incrocio con la via principale quando vengo afferrata e sollevata da terra per essere portata in un vicolo desolato ‘’lasciami’’ è l’unica cosa che riesco ad urlare. Cerco di mettere a fuoco la persona davanti a me e scopro, senza molta sorpresa, che è lo stesso uomo che si trovava in casa, mi guarda in cagnesco e avvicinandosi al mio viso dice quasi sibilando ‘’ragazzina, stai fuori da questa storia o finirà male ’’ ed in questo momento ogni mio dubbio svanisce, deve aver preso qualcosa di davvero importante.
Mi lascia andare con uno strattone e mi da le spalle per andarsene, vedo un angolo bianco spuntargli dalla tasca ed è un attimo, mi lancio verso di lui ed afferro il foglio di carta, iniziando poi a correre verso la strada principale, cercando un taxi o un autobus o qualsiasi cosa possa portarmi via da qui.
Corro tra la gente che cammina tranquilla, prendendomi qualche parolaccia dalle persone a cui vado a sbattere, mi volto e lo vedo che mi sta correndo dietro, devo andarmene da qui il prima possibile. Una fila di taxi ferma ai bordi della strada, senza pensarci un attimo mi catapulto dentro al primo veicolo libero dandogli subito l’indirizzo dell’università, ho bisogno di un posto sicuro ma non voglio di certo condurlo a casa mia.
Arrivo in facoltà, mi dirigo verso i bagni per poter rimanere sola e leggere quel dannato foglio, saluto velocemente le persone del mio corso che mi fermano per parlare, ho fretta levatevi tutti dannazione. Finalmente riesco a chiudermi nel primo bagno libero che trovo, mi siedo sulla tazza e tiro fuori il foglio, prendo un bel respiro ed inizio a leggere.
‘’Cara Federica, è tanto che cerco le parole giuste per dirti quello che sto per dire, ma ho capito che non ci saranno mai le parole giuste per spiegare tutto questo.’’
Sento bussare alla porta e sobbalzo per la paura ‘’occupato’’ dico infastidita, devo continuare a leggere e capire cosa c’è dietro, andate via. Riabbasso gli occhi sul foglio quando un altro colpo, più forte, arriva alla porta, in quel momento inizio a preoccuparmi ‘’ho detto occupato’’ ‘’ho sentito, ora esci ed evitiamo sceneggiate’’. Salto in piedi, è ancora lui, se esco ora è la fine, non troverò mai la verità. Piego il foglio e lo metto nella tasca anteriore dei jeans, mi guardo intorno e vedo una finestra posizionata poco sopra la tazza, come cavolo ci arrivo ora? Mi arrampico sulla tazza mentre sento lui armeggiare con la porta, arrivo alla finestra, ci sono quasi, dannata me e il mio metro e 50, se fossi stata più alta ci sarei arrivata senza problemi. Riesco ad aprirla ed infilarci il busto, quando lui irrompe nel bagno lanciandosi verso di me, riuscendo ad afferrarmi la caviglia, strattono la gamba e riesco a liberarla, mi butto letteralmente dalla finestra, senza sapere dove sarei finita. Apro gli occhi, che avevo chiuso durante il tuffo, e mi ritrovo per mia fortuna nel cassonetto della spazzatura, cerco di uscire da lì dentro per liberarmi da quella puzza, controllando prima se la lettera fosse al posto suo. Mi pulisco alla meglio i jeans e vado verso l’edificio delle aule, per cercare qualsiasi lezione in cui infilarmi. Senza pensarci troppo mi infilo nell’aula B13 evitando di rimanere vicino alla porta a vetri, mi siedo sulle scale per aspettare che passi un po’ di tempo, prendo il telefono e mando un messaggio ad Alessio -‘’dove sei?’’  sperando in una sua risposta più che celere.
Dopo quindici minuti sono in macchina con Alessio che corriamo verso casa ‘’allora mi dici cosa è successo?’’ sospiro, credo sia arrivato il momento di raccontare tutta la lunga storia che mi pesa ogni giorno sul cuore.







 
Credo che ormai non sia rimasto
più nessuno a leggere la storia...
Ma ho comunque deciso di aggiornare
ugualemente anche se è passato tanto di quel tempo..
Comunque, ci tengo molto a questa storia e
spero che sia rimasto qualcuno a leggere...

Besos.

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