Moments in time.

di louismyboo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Don't wanna be without you. ***
Capitolo 2: *** Am I close to you anymore? ***
Capitolo 3: *** See you soon. ***



Capitolo 1
*** Don't wanna be without you. ***


Chapter One: Don’t wanna be without you;



Close the door, throw the key
Don’t wanna be reminded

Don’t wanna be seen
Don’t wanna be without you
Moments, One Direction

 

     April è distesa; i suoi piedi sottili invadono la parte opposta del letto, decide di spostare completamente il corpo su quel lato fresco. Non può fare a meno di pensare che un tempo quello spazio era occupato da Niall, pronto a sorriderle al risveglio, come se si trovasse in una favola, una di quelle in cui non aveva mai creduto fino al suo inaspettato arrivo.
     Era sempre stata precoce per la sua età, non aveva mai perso troppo tempo a giocare con bambole e finti passeggini, si tuffava nella realtà come un'onda inferocita si lancia in mare. Per questo non aveva mai creduto ai sogni, non aveva mai sperato. Eppure, dal momento in cui Niall si era infilato nella sua vita, il tempo era tornato indietro e April aveva cominciato a comprendere cosa significasse sentirsi bambini, sognatori. Forse era proprio questo che sapeva amare di lui in particolare: l'inconcepibile fatto che riuscisse a riportarla indietro a quel passato scorso troppo velocemente.
 
     April si sfiora i lunghi capelli dorati e li smuove un po’, come se volesse cacciare via qualche strano pensiero. Ora crede di non essere più in grado di fare una lista di tutto ciò che ama di lui, se dovesse farla gli anni passerebbero risucchiandola nell'ennesimo vortice di malinconia. Ora, su quel letto freddo e vuoto della periferia londinese, April si chiede cosa sarebbe successo se Niall non avesse travolto la sua vita e non le avesse insegnato a credere in se stessa e nel mondo. Ora, anche se lui non c’è più, lei non sa smettere di farlo.
 
     Allarga le braccia, le allunga, scopre di essere indolenzita, le spalle implorano pietà e smette di muoversi senza sosta. Affonda il naso nel cuscino bianco e sente il profumo di casa mischiato ad un forte aroma di lavanda. Non sa riconoscerlo bene, ma le piace, rimane con la testa scavata nel cuscino per un po’. Si domanda di chi possa essere, forse di uno dei tanti portati a casa dopo le notti d’insulsi festeggiamenti. Ora è famosa, ora canta nei locali più gettonati della città; e nonostante ciò, non riesce a togliersi dalla testa il suo viso, il sorriso. Guarda la chitarra di Niall lasciata in un angolo della casa, vorrebbe suonarla ma ha paura di toccarla. Pensa al momento in cui lui verrà a riprendersela; non sorriderà, non parlerà, le sbatterà la porta in faccia e in fretta metterà lo strumento nella custodia, lo poserà in spalla e la lascerà per sempre. Non ci sarà più nulla a legarli, allora. Forse la musica, quella che li ha uniti dal principio.
 
     April sa che continuerà a cercare il volto di lui per le strade, sa che troverà in ogni persona un pezzo di Niall pronto a riscoprirla, a denudarla di tutto ciò che possiede. Sa che questa vita, senza di lui, è un’enorme bugia amplificata. Vuole dimenticarlo ma non può, lui regna nella sua mente più di ogni altro pensiero; e il proverbio che dice “volere è potere” è un’enorme cazzata.
 
     E’ consapevole di troppe cose, ogni tanto vorrebbe essere stupida, una di quelle infinite cretine che non sanno nemmeno da che parte sono girate ma vivono felici nella loro spensieratezza.
 
     Sente un rumore, è l’acqua che scende dal lavandino del bagno, scorre velocemente e all’improvviso è chiusa. La porta si apre, vede un ragazzo, lo conosce bene, forse meglio delle sue tasche. Si alza all’improvviso, stropicciandosi gli occhi delicatamente. Gli sorride con spontaneità, ma è costretta a contorcere quel sorriso e nasconderlo; per un momento si era dimenticata di tutto.
     -Mike…-sussurra. Sente la voce fermarsi in un singhiozzo di parole.
Il ragazzo abbassa lo sguardo, ha in mano un amplificatore pesante, non parla, non la fissa più come faceva una volta. Una frangia ribelle gli casca sulla fronte, April vorrebbe avere la forza di tirargliela indietro e scoprire i suoi occhi castani e profondi. Gli occhi che l’hanno guardata crescere per tutti quegli anni.
     -Guardami – lo implora. Lui non sembra smuoversi, rimane impassibile, fa finta di cercare qualcosa nei cassetti, lo fa sempre quando è agitato e non sa cosa dire. – Guardami! – tuona poi, più acida che mai.
A Mike non piace sentirsi dire cosa deve fare, è più grande di lei, ormai ha venticinque anni, è stato lui a scoprirla in mezzo alla metropolitana. “Sei il mio gioiello”, continuava a dirle. Ora vorrebbe solamente urlarle quanto è stato male, quanto l’ha amata senza mai essere ricambiato. Vorrebbe sbatterle in faccia tutto ciò che ha fatto per lei, ogni cosa che le ha dato, ogni parola, ogni musica, ogni canzone, ogni opportunità.
     -Non abbiamo più niente da dirci. –  continua lui, cercando di mantenere la calma.
     -Rimani qui.. – fa lei. – Non posso stare senza di te, lo sai che sono persa –
     -Io sono perso se continuo a starti accanto. – ammette il ragazzo. Ora la guarda, la scruta attraverso quegli occhi castani perfettamente profondi. Gli occhi di un amico.
     -Aiutami a superare questo casino – lo implora nuovamente.
     -Sono stato io a creare questo casino, non ho la forza di tirarne fuori anche te. Sono un vigliacco, lo so. –
     -Sei il mio migliore amico.. – April cerca di rincuorarlo. Sa che lui odia quelle parole, vorrebbe essere di più per lei.
     -Non mi va più –
     -Come faccio senza di te? – chiede, quasi retorica. Non riesce ad immaginarsi senza di lui. Pensa che non riusciva ad immaginarsi nemmeno senza Niall, eppure ora lei era lì senza di lui al suo fianco. Ed effettivamente sta cascando in mille pezzi.
     -Hai solo diciannove anni, vai avanti per la tua strada, vivi. Ti auguro il meglio per la tua carriera.. –
     -Non ci sei tu, non c’è Niall. Come faccio ad essere felice? – sbotta.
Mike è ferito di nuovo, affondato dalle sue parole. Non sopporta di essere paragonato a Niall. Ora lo odia.
     -Io me ne vado – dice. Prende la sua roba e fa per andarsene; April si alza, lo rincorre, gli sfiora le spalle per farlo restare. Lui la guarda dall’alto per l’ultima volta. –Ciao – si limita a dirle. Scuote le chiavi ed esce. Il cielo fuori è nuvoloso, tediato come i loro animi, Londra è avvolta per l’ennesima volta dal grigio cupo delle nubi cariche d’acqua.
April comincia ad urlare, ma non sa piangere, ormai l’ha fatto troppe volte e non ha intenzione di rigarsi il volto ancora. Mike non si ferma, percorre il vialetto come un cane abbandonato, con la coda tra le gambe. –Spero che si sistemi tutto con Niall, piccola Ap – le dice con tono ironico e profondamente perfido, entrando in macchina.
     -Vaffanculo! – gli urla, sbatte la porta. Dall’altra parte della strada, Mike le sta dicendo “ma vacci tu”.
Quando entra in casa, April è profondamente arrabbiata, ferita, non sa cosa fare. Corre in camera, prende la chitarra di Niall e si mette a suonarla, finalmente ha il coraggio di impugnarla e punzecchiare quelle corde. Vuole che tutta la rabbia esca dalla sua voce, con estrema solitudine.
Appena ha finito la butta a terra, non le importa di romperla..
Si appoggia al pavimento e impugna le ginocchia con forza.
Ora è veramente sola.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Am I close to you anymore? ***


Chapter Two: Am I close to you anymore?;

 

  I found your hairband on my bedroom floor,
The only evidence that you’ve been here before
And I don’t get waves of missing you anymore,
They’re more like tsunami tides in my eyes
U.N.I., Ed Sheeran
  

 

     April è ancora in casa, il pigiama incollato alla pelle, pronto a coprirla da ogni difetto. Ora è accasciata sul tavolo della piccola cucina, fissa intensamente la finestra e vede la strada attraverso il vetro oltre la tenda bianca. Il sole non è ancora spuntato in cielo, evidentemente non è la giornata giusta. Si sofferma poi a guardare la credenza con sguardo languido, lo sguardo di chi non sa più in che pensiero perdersi, lo sguardo di chi nasconde la sofferenza sotto ciò che è comunemente chiamata "noia".
     Abbassa la testa lentamente ed emette un verso strano che nemmeno lei riesce a comprendere, sbatte i gomiti contro il tavolo e torna ad impugnarsi la testa tra le mani, stringendo le tempie che ardono come fuochi, come per volerle zittire da quei pensieri. Avrebbe proprio bisogno di fumare, ora, ma sa che lo farebbe per farsi un dispetto, per rinnegarsi, per poter dire di essere cambiata. Ma poi si guarderebbe allo specchio, con il disgusto negli occhi color nocciola. "Questa non sei tu, smettila di fumare solo per ricevere attenzioni", così le aveva detto Niall la prima volta che l'aveva sentita tossire come una forsennata in una notte d'autunno. Aveva parlato con delicatezza, posandole una mano sulla spalla scoperta. April non può fare a meno di sentire le sue parole rimbombare nei polmoni, sente una fitta sotto lo sterno. Forse il meccanismo del cuore si è ancora bloccato.
 
     Alla fine dei conti era sempre stata debole ed ingenua, lasciava che le persone e le situazioni la trascinassero senza che lei potesse opporsi. La sua personalità non emergeva mai, era una di quelle classiche ragazze a cui non importa farsi valere, una di quelle che rimangono chiuse in un guscio per farsi schiacciare dentro la propria inutile sicurezza. Si guarda nella vetrata e non si piace, cerca di scavare in fondo ai suoi sentimenti e si odia. E' un'insulsa anima racchiusa in un semplice corpo, senza dettagli, senza particolari. Nemmeno una lentiggine, non una fossetta tesa sulle labbra, non una voglia in qualche strano posto. Capelli dorati così maledettamente volgari, la fanno sembrare così facile. E forse la è, da quando Niall non c'è più. Occhi castani come nocciole per gli scoiattoli, vorrebbe ingoiarli e non guardarsi più.
 
     Non ha la forza di fare nulla, è oppressa, schiacciata. Pensa a quanto possa far male la solitudine. Pensa che è per questo che ama cantare, sentire la sua voce risuonare nelle orecchie le fa credere di essere accompagnata; ha cantato dappertutto, nelle strade, nelle metropolitane, nei posti più lugubri del mondo, nel piccolo paese in cui abitava prima.. fino ad arrivare alle strade di Londra, ai locali più famosi della città, sul palco di Belfast per aprire il concerto dei One Direction, su ordine di Niall.
Ad ogni modo quando la voce del ragazzo regnava nella casa, la solitudine svaniva, come se fosse un sentimento inesistente. E spesso si univano, quelle loro giovani voci. Come si intrecciavano le loro mani nello sfiorarsi, come si cercavano le loro labbra.
 
     Finalmente ha il coraggio di alzarsi da quella fottutissima sedia, "alza il culo, idiota" si dice. "Reagisci", continua. Va a sbattere contro lo stipite della porta, impreca, ormai è un'abitudine consolidata. Immagina Niall ai fornelli, che le prepara qualche piatto tipico irlandese, e ci crede, si dà da fare come un matto. Ma la pazza in realtà è lei, che lo vede ovunque ormai, anche sul cesso. Eppure le piace vederselo ancora, ma la mente deve fare un grosso sforzo per farlo riapparire dal nulla, per elaborare ogni dettaglio speciale, come il suono dell'accento così diverso dal suo, come gli occhi azzurri come il cielo, così banali e splendenti allo stesso tempo. Dettagli precisi come i capelli chiari da toccare, come la sua risata strozzata mentre mangia il cibo di Nando's.
     Vorrebbe tornare indietro, a quando tutto era meno complicato, quando le cose si sistemavano e il puzzle dell'amore combaciava perfettamente. Ora non è possibile dirigersi in quel tempo lontano, ora può soltanto perdersi nelle rovine della loro storia, in cui le parole e le scritte più importanti riemergono dalla terra e continuano ad ardere, scoppiettanti di fumo grigio, che annebbia la vista e fa perdere i sensi.
 
     Sale le scale ed entra nella stanza musicale, in disordine, piena di spartiti sparsi a terra. Il loro tempio, il tempio del loro amore. Quella stanza riassumeva in piena regola il concetto della "condivisione", e in quel posto i loro cuori si univano più che mai, formandone uno solo, grosso quanto ciò che provavano nello starsi accanto.
     C'è un piccolo tamburo in mezzo alla stanza, uno di quelli che Josh continuava a picchiettare quando lo invitavano per un pranzo volante; April sta per inciamparci contro, è coperto da una polo bianca di Niall. La prende in mano e la guarda, la stringe al petto come fanno i bambini con i pupazzi, come fanno i genitori coi propri figli. Sorride, piano, sente germogliare in cuore un altro sentimento, non sa descriverlo, si sente mangiata in pieno dalle emozioni ultimamente. Quella maglietta è l'unico segno del passaggio di Nialler nella casa, insieme a quella chitarra caduta nell'angolo della camera da letto. Ma le evidenze non le importano, ciò che conta è la sostanza, ed April sa che lui è in quella casa più di lei, tutto è suo, anche l'orribile mobile che Paul gli ha regalato, piazzato in bella vista nel salotto.
 
     Niall era la sua ultima speranza di poter sopravvivere a un mondo che la inquietava. April non può scordare il volto della sua ultima speranza. Il suo cuore non è pronto, non vuole essere spaventato. E il campanello suona, da basso, continua a suonare, forse è il quinto squillo. Stringe ancora di più la maglia, vede una lacrima caderci sopra, la lascia a terra e corre giù, con il volto conciato male, la testa traballante e l'anima afflitta. Lascia che quello tsunami di lacrime l'avvolga, imperterrito. Quando apre, quelle gocce sul suo volto non se ne sono andate, sa soltanto che quello è il dodicesimo suono del campanello. Sa che il dolore è rilevante solo se ferisce, e ciò che sta provando la graffia, facendola sanguinare.
     -Spero sia qualcosa di importante - farfuglia asciugandosi, mentre la porta si spalanca e una figuria si avvicina a lei.
 
 
 
 
 





Ecco a voi il secondo capitolo, spero di non deludervi :)
Lasciate qualche recensione se volete!
Presto il terzo capitolo (almeno spero)
See ya guys <3

 

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Capitolo 3
*** See you soon. ***


Chapter Three: See you soon;


So they came for you,
They came snapping at your heels,
They come snapping at you heels,
But don't break your back,
If you ever see this,
Don't answer that

See you soon, Coldplay



      I piedi nudi fermano la porta che si sta aprendo lentamente, fuori non è cambiato nulla, il cielo è rimasto lo stesso di alcuni minuti prima. April non riesce a credere che tutto ciò sia successo nella stessa giornata: i continui giramenti del letto, il rumore dell'acqua, l'abbandono definitivo di Mike, la maglia di Niall trovata sul pavimento. Non ha la minima idea di che ore siano, sa soltanto che il tempo continua ad imbrogliarla scorrendo lentamente, facendole assaporare ogni singolo gusto di quella sconfitta. Una sconfitta amara e dolorosa, per ora.
      Gli occhi spalancati rimangono fissi sulla strada per nulla trafficata, scorge alcune macchine parcheggiate di fronte al suo cancello, ma non ha voglia di litigare. E' talmente persa nei suoi pensieri che non si accorge nemmeno della persona che sta cercando di entrare in casa.
      -Ciao eh, biondina - dice una voce disinvolta, solo il suono le da fastidio.
Guarda il ragazzo che si è appena seduto sul divano lasciandosi cadere con un tonfo, lo vede allargare le braccia e sorridere, chissà poi per che cosa. April sbatte la porta con rabbia e si dirige verso di lui, abbassando la testa.
      -Di solito la porta si chiude, Trevor - dice stringendo le mani per rimanere calma.
     -Come sei astiosa! - la prende in giro lui. April non lo sopporta, non riesce a guardarlo negli occhi tanto la disgusta: il suo carattere così insulso, quel sorriso idiota che sconforta, la sua incapacità di tacere. Un vero e proprio idiota, un ventenne che si comporta ancora come un bambino, un malizioso cretino, il migliore amico di Mike, ma soprattutto: il suo produttore.
    -Non ho voglia di vedere nessuno e forse tu sei l'ultimo sulla lista degli invitati - risponde lei, ormai sono abituati a punzecchiarsi costantemente. Eppure il loro stupido legame di finta amicizia continua, per uno stupido contratto lavorativo. April si chiede come farà senza Mike, che calmava le acque con estrema facilità. - Puoi anche andartene - aggiunge.
      -Ti sei svegliata col piede sbagliato! - urla lui, continuando a ridere.
      -Smettila e vattene -
     -Senti un po', stupida ragazzina - esordisce Trevor alzandosi di scatto. Ora la fissa negli occhi e April si sente profondamente scavata dalle sue iridi scure che la intimidiscono. Perfino le occhiaie che ha la spaventano, facendola arretrare, in silenzio - Ora che Mike se ne è andato non ho intenzione di seguirti come un cagnolino; io non sono come lui e non mi farò mettere i piedi in testa da una come te, è chiaro? Non so cosa tu abbia fatto per rintontirlo così, ma sappi che non ci riuscirai con me. - Trevor vorrebbe continuare la sua inutile predica, ma April lo ferma.
     -Come.. Mike se ne è..andato? - fa fatica a parlare.
   -Certo, cosa ti aspettavi? Che rimanesse anche a lavorare, per vederti tutti i giorni e distruggersi? Gliel'ho detto io di allontanarsi un po' da tutto -
      -Sei uno stronzo! - urla - Hai sempre voluto allontanarci! -
      -Mike è il mio migliore amico e so cos'è giusto per lui, ora sta' zitta -
      -E' anche il mio - afferma April.
     -Sembra che a lui quest'idea non piaccia, quindi gira al largo e lascialo vivere. Prima o poi si scorderà di te - commenta Trevor, girandosi i pollici, infastidito.
      Minuti interminabili di silenzio passano e scorrono, profondi come un pozzo in cui gettare tutte le paure. April se ne sta lì, a guardare Trevor accasciato sul divano, come se fosse il padrone di casa. Si sente presa in giro da lui e da tutta quella situazione.
      Il mondo le è caduto addosso in una sola mattinata.
     Eppure, nonostante Trevor la renda nervosa, preferisce che se ne stia lì a sfotterla, piuttosto che rimanere sola in quella casa che ormai ha visto troppo. I muri potrebbero raccontarle ogni singola parte di quelle storie; ma più di tutto urlerebbero il nome di Niall, a squarciagola. La loro storia non si era limitata a porte socchiuse e zerbini, la loro storia aveva bruciato la casa, le intere stanze.

      Sono le dodici passate quando April apre gli occhi e vede il muro bianco sopra di lei. Si allunga e sente le gambe del tavolino della sala. Prova un attimo di sconforto e si chiede cosa sta facendo lì a terra, sul parquet.
      -Finalmente ti sei svegliata - è ancora la voce di Trevor.
      -Mi hai veramente lasciata qui a dormire? - chiede, rimanendo sdraiata a terra, senza voglia di fissarlo.
      -Sì - risponde lui per nulla preoccupato.
      -Idiota - farfuglia lei.
      -Non avevo intenzione di spostarti, pesi troppo -
      -Bene, mi fa piacere - sbotta lei - fortunatamente non mi hai toccata con quelle tue mani sudice. - la rabbia sta ribollendo dentro, dominando su ogni singola parte del suo corpo.
      Trevor non fa caso alle sue parole, ormai ci è fin troppo abituato, adora evitarla. Ora April si alza, ha un tuffo al cuore, sente un leggero strimpellio e giura di poter riconoscere il suono di quelle corde. Ma quando è definitivamente in piedi, vorrebbe non aver visto quella scena, vorrebbe che la rabbia si calmasse del tutto. Trevor sta impugnando la chitarra di Niall da chissà quanto tempo. Non sopporta il fatto che lui la stia suonando, non sopporta che abbia rovistato in casa loro. Si sente violata, scoperta: ogni ricordo è stato catturato da quello stupido.
      -Mettila giù - scandisce, trattenendosi.
      -No - risponde.
      -Non puoi toccarla, mettila giù immediatamente -
      -E' solo una chitarra, Ap, stai calma. Voglio suonarla un po' -
      -Non è solo una chitarra, è quella di Niall. Non puoi toccarla - ripete.
     -Aah, la chitarra del tuo piccolo Niall - la prende in giro - bastava dirlo prima..- eppure continua a strimpellarla, senza lasciarla. Lo fa apposta, April lo sa.
      -Ti ho detto di metterla giù! - ora urla, Trevor la guarda di sbieco, trattiene le risate, ma finalmente la appoggia a terra e poi con un piede la spinge in là, con forza. - Ecco, tieni la fottuta chitarra di quell'irlandese che ti ha rovinata -
      -Magari tutta la gente che ho incontrato mi avesse rovinato come ha fatto lui - dice pensierosa.
      -Ma vaffanculo! Ti ha rincoglionita e tu hai rincoglionito Mike di gelosia. Guarda dove siamo ora, a litigare in questa casa di merda -
      -Nessuno ti ha mai chiesto di fare tutto questo per me -
      -Mike sì, però -
April si sente estremamente ferita.
      -Devo prendermi cura di te per lui, che cazzo di impegno - dice Trevor.
La bionda abbassa lo sguardo.
      -Ora me ne vado, ricordati che stasera devi cantare, mettiti a posto e fatti trovare carica. Non voglio vedere questa faccia stasera. - dice - Ci vediamo.. a meno che tu non voglia tornare da Horan - Trevor non si fa accompagnare, ormai sa dove andare. Gira le chiavi ed esce.
      -Se solo potessi l'avrei già fatto da tempo.. - balbetta lei sottovoce.
      -A stasera, Forsyth! - urla prima di sbattere la porta. April socchiude gli occhi e si accorge di odiare essere chiamata per cognome.
      "No, April, tu non sei sola.. hai quel cretino. Molto bene, forse era meglio stare in solitudine, allora", le dicono i suoi pensieri negativi.

      La luna ha già fatto capolino tra le nubi in quel cielo cupo di Settembre, April può vederla dalla finestra della camera, abbagliante e luminosa. Ma di stelle non ce ne sono a risplendere.
      Si guarda nel grosso specchio, vestita e truccata per andare a cantare in quel dannato locale, capisce di essersi trascurata per tutto questo tempo. Ci mette poco a chiamare un taxi e si fa portare di fronte al posto stabilito. Appena scende si sente innervosire, cammina su quei tacchi che odia e cerca di sorridere, di farsi vedere calma, per quanto le riesce.
      -Eccola la mia stella! Eccolo il mio gioiello! - per un momento pensa che sia Mike a chiamarla, e sorride. Ma si accorge che è Trevor, con una voce così falsa da far paura. April lo squadra, lui le fa segno di stare zitta e seguirlo in ogni cosa che fa.
      -Non sei felice di essere qui, cara? - le chiede, di fronte a tanti altri uomini in smoking che la guardano. April vorrebbe ridere per quella situazione così dannatamente strana, ma si trattiene e lascia che Trevor la abbracci. April sente la sua presa scostante, quasi disgustata. Ad ogni modo si lascia fare delle foto e poi, finalmente, risponde a Trevor.
      -Sì, sono felicissima. Non vedevo l'ora - mente anche lei. Ormai è esperta anche in quello.
Ma poi, in quella strada buia illuminata dagli scatti e dai fari delle auto, succede qualcosa che le lascia l'amaro in bocca, qualcosa che le fa perdere il senso del tempo e dello spazio, riportandola indietro, come sempre. Doveva aspettarselo, probabilmente, doveva prepararsi una risposta, una di quelle pensate. E invece sa solo balbettare, sa solo respingere indietro quelle lacrime salate, quando un intervistatore con la telecamera le chiede: "Sei ancora giù per la tua storia con Niall dei One Direction finita?".
      April allarga gli occhi, sa già che il mascara potrebbe colare sulle guance. Non risponde e se ne va, come una bambina che scappa dai genitori dopo aver fatto qualcosa di sbagliato.
      -Non farlo mai più - Trevor la rincorre, prendendola per il braccio - Rispondi a quello che ti chiedono, di qualunque cosa si tratti! -
      -Non posso.. non posso.. -
      -Smettila - la scrolla, vorrebbe tirarle un bello schiaffo, ma c'è gente. April sa che lo farebbe, glielo vede stampato negli occhi cioccolato. - Niall è qui, stasera. Lo sai? Quindi, per favore, piantala e spacca tutto, so che puoi farlo.
      -Cosa vuol dire che Niall è...? -
      -Qui, sì, insieme ai suoi quattro compagnetti - le sbatte in faccia quelle parole.
     -E me lo dici così? - grida, furiosa. Il cuore è in palla, forse si è fermato, forse batte più del previsto. Le mani le sudano, scivolano sul vestito nero stretto. Si sente inadatta. Un groppo in gola continua a fermarsi e si chiede se potrà mai farcela. Chissà come si sentirà lui, nel vederla, nel sentirla. Chissà se poi lo fermerà. Chissà cosa succederà.
      -Dammi solo.. solo cinque minuti per calmarmi - chiede supplicante a Trevor.
     -Cinque soli, non di più - annuncia lui - segui questo ragazzo - dice indicandone uno della sicurezza - ti porterà nel mio camerino. Ti vengo a prendere tra poco -
      April segue il ragazzo alto a fatica, senza parlare, con il solo pensiero di Niall in testa, con la paura di sbagliare in ogni cosa.
In pochi istanti l'avrebbe cercato in quella folla, in pochi istanti si sarebbe sentita a casa.
Sapeva che l'avrebbe rivisto presto.

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