Ritorno alla vita...

di CiccioBaslardo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vita? ***
Capitolo 2: *** Una strana creatura ***
Capitolo 3: *** Incontro ***
Capitolo 4: *** Nell'altro mondo ***
Capitolo 5: *** Il fratello maggiore ***
Capitolo 6: *** Ora di cena ***
Capitolo 7: *** Cacciatori e cacciatori ***
Capitolo 8: *** Delle pietre nel crepuscolo ***
Capitolo 9: *** Purtroppo, a volte il fuoco non brucia ***
Capitolo 10: *** La storia di Nova Lenora ***
Capitolo 11: *** Alla ricerca di una figlia ***
Capitolo 12: *** I mostri ***



Capitolo 1
*** Vita? ***


-Mario? Dove siamo?-
Domandò la bambina dagli occhi rossi fuoco.

Il suddito non aveva la benché minima idea di dove si fossero svegliati. Un golem non aveva bisogno di dormire, ma per qualche strano motivo anche lui era caduto nel dolce sonno che non viveva da anni.

-Mio maestro. Io… io non lo so-

Entrambi erano sperduti in quella strana atmosfera.
Un paesaggio molto strano si stendeva davanti a loro. Lo squarcio nel celo che sanguinava paesaggi uomini e stagioni non c'era più. Al suo posto una bellissima luna piena che illuminava i loro volti.

-Guarda Mario… è bellissima. E' vera! Non è come le migliaia di lune di Lenora. E' unica e… vera- Mentre parlava gli occhi della piccola negromante brillavano di speranza.

"Che sia tutto finito?"
Quel pensiero venne trasmesso alla piccola padroncina tramite il loro contatto speciale.
Le vibrazioni dell'anima del golem raggiunsero quelle della piccola Lumia. Lei si girò con una bellissima luce negli occhi e parlò con voce carica di speranza.
-Questa non è opera della faglia. Siamo nel mondo reale. Siamo… siamo in un tempo ben determinato… un tempo che scorre. Mario! Il tempo scorre! Non è più in mutazione! Noi… noi stiamo invecchiando! Lo posso percepire nel mio corpo! Sento l'aria nei polmoni che ticchetta come un orologio ad ogni mio respiro. Finalmente… tutto è normale!

Lumia girò la testa e cominciò a correre verso un'albero li vicino. Si lasciò cadere sotto le sue fronde e cominciò a sorridere. Subito dopo la sua emozione non poteva trattenere una risata che si espanse per la tranquillità della notte stellata.

-Mario, finalmente siamo vivi… ohpps. Scusa mi amico mio-
Dall'emozione la piccola negromante si era dimenticata che il suo giocattolo non era vivo. Lo aveva riportato in vita lei stessa. Purtroppo, essendo alle prime armi con la pratica della negromanzia, non aveva potuto donargli un aspetto… umano.
-Mi dispiace Mario, non volevo essere scortese… siamo ancora amici?-

Il golem si limitò a rispondere: -si mio maestro-
Anche se non si sarebbe mai offeso per una cosa detta dalla sua padroncina, egli non poteva più provare le emozioni a cui era affezionato. Ma spesso e volentieri Lumia se ne dimenticava e lo trattava come un essere che possedeva un'anima.

-Coraggio Mario. Andiamo ad esplorare questo nuovo mondo. Sono curiosa di sapere cosa si prova a vivere… veramente-

Una leggera brezza accarezzava i delicati tratti della piccola Lumia. A lei piaceva molto.
Sembrava che a nessuno dei due importasse più di tanto del perché si fossero ritrovati in quella strana situazione. Erano solo contenti che la faglia si fosse chiusa e che la vita, per l'ennesima volta, avesse ristabilito la sua supremazia sui capricci di un dio troppo inetto per garantirne la normalità degli eventi.


-Dove siamo? Mamma? Papà? Che posto è questo?-
Molto distante dal punto dove si erano ridestati il golem e la mezzo demone, un altro gruppo aveva riacquistato conoscenza.
La voce spaventata della piccola demone cercava una rassicurazione. Tremava come se fosse stata inghiottita da un incubo.
-Dov'è Nova Lenora? Dov'è la grande foresta?-
La regina degli inferi si destò a quel suono... visibilmente infastidita.
-Maledizione! Ma come abbiamo fatto ad addormentarci? Zero! Stupido umano! Non dovevi fare la guardia?-
Il cecchino dormiva con un sorriso spensierato in volto. Sembrava che nemmeno una cannonata potesse svegliarlo.
-Maledizione- sbottò la regina - Sei sempre il solito inetto! Non si può mai far affidamento su quegli stupidi umani.

Famigliola abbastanza strana non trovate? Una piccola demone con solo pochi mesi di vita, la regina degli inferi ed un cacciatore umano cresciuto tra gli elfi. Che razza di nucleo è?
La piccola Elisabeth non era figlia di nessuno dei due. Era stato il gioco del fato a farli incontrare in un qualche modo strano.
La regina Vaihal l'aveva adottata per le grandi capacità che quella piccola infante dimostrava. Solo a lei era noto il suo sconfinato potere.
Il simpatico paparino invece ne era solo innamorato perso. Per lui era la sua piccola bambina e non l'avrebbe lasciata per nessun motivo al mondo. Si era infatuato di lei sin dal primo sguardo. Era così piccola ed indifesa.
Elisabeth li chiamava papà e mamma, ma i due non erano proprio in buoni rapporti: lei superba e fatale come solo un demone sa essere, lui sempliciotto ed amante dei piccoli piaceri della vita.
Non andavano per niente d'accordo.

Elisabeth era cresciuta sovrannaturalmente in sole poche settimane. Il suo corpo ora somigliava a quello di una bellissima ventenne, e non di certo ad una infante di poche settimane.
adesso però basta.
La notte è piena di pericoli e loro non avevano la ben che minima idea di dove fossero finiti.

Entrambe i due piccoli gruppi cercarono un luogo dove poter aspettare l'alba.
Lumia passò la notte in una villa. Si non avete letto male, ho detto proprio villa. Aspettate, cercherò di farvi capire meglio.
Lumia donò al suo giocattolo un corpo dalla struttura instabile. I primi tempi esso si scioglieva e diventava poltiglia; esplodeva; si ingrossava a dismisura distruggendo le locande dove riposavano… insomma un bel macello. Con il tempo, Il golem imparò a modificare la struttura del proprio corpo a suo piacimento.
In questo caso, il non morto, aumentò la sua massa corporea e la tramutò in una villa fatta di carne ed ossa. Sicuramente non era un bel vedere, ma a Lumia stranamente piaceva come Mario si prendeva cura di lei.

Elisabeth, Vaihal e Zero (il quale era stato svegliato da una sonora botta in testa… inflitta con uno dei lunghissimi tacchi a spillo della regina degli inferi) si rifugiarono in una caverna poco distante da li.

Nessuno di loro era stanco e perciò nessuno dormì. Aspettavano solo l'alba… più che altro speravano che in quel posto, la vita vera, ci fosse un'alba.
Rincuorando tutti, essa arrivò, illuminando tutto il territorio… che si dimostrò essere una savana.
La luce del sole svelò anche una alta struttura naturale in lontananza, che entrambe i gruppi riuscirono ad intravedere.
Era una roccia altissima con una sporgenza molto estesa che sembrava una pedana di lancio,sorretta da una roccia più piccola.

Il pensiero di tutti fu: "Dove siamo finiti?"
Il pensiero di tutti tranne quello di Zero, che si era addormentato ancora come un bambino.

-SVEGLIATI RAZZA DI INETTO!-

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Capitolo 2
*** Una strana creatura ***


Kovu si svegliò all'alba quella mattina. Aveva una strana sensazione. Il vento soffiava più forte del solito.
Uscì dalla grotta silenziosamente per non svegliare le altre leonesse e si diresse all'uscita della grotta per sgranchirsi le zampe.
Simba era già sveglio, stava seduto sulla punta della rupe. Accanto a lui c'era Rafiki. Stavano parlando, ma era ancora intontito dal sonno, non riusciva a sentirli.
Si avvicinò al re ed al vecchio saggio -Buon giorno Simba, buon giorno Rafiki. Va tutto bene?-
I due sentendolo arrivare si girarono verso Kovu.
-Buon giorno giovane principe- disse Rafiki sorridendogli.
Simba fece solo un cenno del capo. Probabilmente stavano parlando di un argomento importante a giudicare dall'espressione del re.
-Simba, tutto a posto?- chiese Kovu un po' preoccupato. Il re non rispose.
-Oh, giovane principe- sospirò la scimmia -forse è tempo che anche tu sappia-
Il leone guardò il primate con espressione interrogativa. Cosa doveva sapere?
-…vedi Kovu, su questa terra ci sono cose difficili da spiegare… ed ancora più difficili da capire- proseguì il saggio Rafiki.
-Dietro ad ogni evento, c'è una storia molto complessa. Quando Taka si procurò quella cicatrice, quando tua madre si innamorò di lui. Tutti questi eventi sono in un qualche modo collegati tra di loro. Tutti mossi da una forza potentissima. Come un vento che non si può percepire ma che guida i tuoi passi… senza che tu te ne renda conto-
Il giovane leone era ancora più confuso di prima. Si poteva capire dalla sua espressione.
-Anche io all'inizio non capivo- intervenne Simba -solo dopo compresi... quando lo vidi con i miei stessi occhi-
-Cosa è che hai visto, Simba?- domandò Kovu.
Rafiki mise una mano sulla spalla del re, come per fargli capire che da quel punto in poi avrebbe proseguito lui. Anche perché Simba non avrebbe saputo come spiegarlo.
Il primate fece segno a Kovu di seguirlo ed il leone, spinto dalla curiosità non si rifiutò né si fece richiamare.

-Kovu…- cominciò Rafiki
-Questo è un regno splendido. Pieno di speranza e meraviglie. Tutto ciò che vedi è nato grazie ad una forza soprannaturale che ha sempre abitato qui.
Noi non possiamo vederla, ma lei è qui con noi. Fa sì che i grandi re del passato veglino su di noi; fa cadere la pioggia e attira le mandrie alla pozza dell'acqua-
Kovu ancora non comprendeva del perché il vecchio saggio gli stesse raccontando quella favola, ma sapeva che Rafiki non parlava mai a vanvera. C'era sicuramente qualcosa che voleva che sapesse. Qualcosa di importante.
Il saggio continuò: -come gli gnu, le zebre e tutti gli animali che cacciate voi leoni, anche questa strana forza ha un cacciatore. E' uno strano animale che dorme sotto terra e che con delle mani invisibili muove molti di noi a suo piacimento.
E' stato lui a fare quella cicatrice a Scar…-
"Scar" finalmente qualcosa che conosceva anche lui. Ma che centrava con tutto questo?
Rafiki continuò: -… lui non è sempre stato così. Era un bravo cucciolo ed i suoi genitori gli volevano bene. Lui e Mufasa erano buoni fratelli, ma un giorno tornò ferito alla rupe. Non volle spiegare a nessuno cos'era successo. Cominciò ad allontanarsi ed essere strano. Non vedeva più nessuno, non parlava più con i suoi genitori e si stabilì in una caverna poco distante dalla rupe, lontano da tutti. Fù allora che cominciò a trascorrere tutto il suo tempo con le iene e parlargli di voler diventare re quando Mufasa sarebbe morto-

Rafiki si concesse una pausa e si sedette sopra una roccia poggiata sotto un grande albero.
Faceva caldo, ed avevano camminato molto sotto quel sole.
-Siediti ragazzo- disse il saggio -andrò avanti mentre siamo seduti. Ho bisogno di una pausa-
Il leone fece come gli aveva detto e si sedette affianco alla roccia.
-Voi dire che Scar era stato ferito da quell'essere?- domandò Kovu.
-Si e no giovane principe- rispose Rafiki
-Non so come si fece quella ferita, ma sono sicuro del fatto che non poteva incontrare fisicamente quella bestia. Lei non può interagire direttamente con il nostro mondo. Riesce solo ad usare il suo potere per manovrare alberi, cespugli, insetti e persino altri animali con una volontà molto debole. Attraverso di loro questa creatura entra dentro la vittima e piano piano ne assume il controllo-
Kovu scrollò la testa -mi vuoi dire che Scar è stato manovrato da quella creatura? E perché? Cosa voleva? Non avevi detto che cacciava l'altra cosa? Quella che fa si che questo sia un bel posto?-
Rafiki si girò verso il giovane.
-Kovu, ragazzo mio… lasciami finire di raccontare la storia e forse dopo tutto ti sarà più chiaro-

Il vecchio saggio alzò la testa verso le verdi fogli dell'albero. Cominciavano a rinsecchirsi… non era un buon presagio.
-Quando Scar uccise Mufasa io riuscivo a sentire la tristezza nel suo cuore. Non era più lui. La tristezza lo fece impazzire. Il giorno che morì Mufasa, anche Taka si spense. Ormai Scar aveva il pieno controllo del corpo di Taka-
Gli occhi del saggio si riempirono di tristezza nel raccontare quella tragedia, ma non smise lo stesso di raccontare.
-Rimaneva tutto il giorno nella grotta, ma non è che non combinasse niente tutto il giorno, in realtà stava facendo anche troppo. Attraverso il corpo di Taka, Scar stava pian piano divorando tutta la vita che rendeva le terre del branco lo splendido posto che sono tutt'ora-
Rafiki fece un sospiro e si calmò.
-Non pioveva più, le mandrie si spostavano per la mancanza d'acqua e per la paura che provavano nel restare in queste terre. Tutto stava morendo. Se Simba non avesse ucciso Scar, tutto sarebbe stato perduto: queste splendide terre non sarebbero mai più state quelle di un tempo-
Il vecchio saggio tornò a guardare il giovane leone. Kovu stava fissando il terreno sotto di lui. Era pensieroso.

Ad un tratto parlò: -Quindi Scar e Taka non erano lo stesso leone-
Kovu si girò e fissò Rafiki prima di parlare di nuovo.
-Ma perché mi hai raccontato questa storia?-
La scimmia sorrise.
-Perché ogni nuovo re deve conoscerla. La creatura di cui ti ho parlato non fa parte del cerchio della vita, essa mantiene la sua forma e la sua natura in eterno. Non c'è modo di scacciarla o sconfiggerla. Come la sua preda, essa vivrà per sempre in queste terre e noi dobbiamo fare in modo che non si ripeta mai più quello che è successo in passato. Lei ha molte forme e molti modi di divorare la sua preda, e noi dobbiamo proteggerla… tu dovrai proteggerla quando verrà il tempo-
Kovu si continuava a chiedere perché proprio quella mattina Rafiki avesse voluto parlargli di questo pericolo. Il primate colse al volo i suoi pensieri e fece in fretta a rialzarsi dalla roccia su cui era seduto per porre fine una volta per tutte ad i suoi dubbi.
-Vieni Kovu. Ti mostrerò una cosa...-

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Capitolo 3
*** Incontro ***


-Stai attento a non farti vedere-
Disse Rafiki al giovane leone.

I due si mossero silenziosamente verso uno spazio aperto dove un gruppo di Zebre stava pascolando.
-Stai attento e tieniti basso figliolo- si raccomandò il saggio.
Aspettarono qualche momento prima udire un boato assordante seguito da un bagliore dietro un cespuglio. Kovu sobbalzò per lo spavento, ma stette attento a non uscire dall'erba alta dove era nascosto.
Gli fischiavano ancora le orecchie quando vide una strana figura emergere da quel cespuglio e dirigersi verso una zebra che era crollata al suolo.
Aveva una pelliccia molto strana. Non aveva mai visto niente del genere in vita sua… e di cose strane ne aveva viste.
Quello strano animale teneva tra le zampe un lungo bastone nero dal quale usciva del fumo. Le sue movenze erano molto simili a quelle di una scimmia, ma non aveva mai visto nessuna scimmia camminare in maniera così dritta.

-Amorino!!! Ho preso qualcosa per pranzo!-

Il leone sussultò un attimo quando lo sentì parlare. Ce ne erano altri.

-Abbiamo fame! Muoviti a cucinarla-
Si pronunciò una voce femminile dal tono superbo.
-Che bello! Papà ha preso qualcosa da mangiare! Bravissimo papà!-
Un'altra voce femminile, sta volta più gioviale e spensierata, ruppe il silenzio.

"Ma quanti sono?" Si chiese il leone che continuava a stare nascosi.

Quella che sembrava il cucciolo di quell'essere corse in contro al suo papà abbracciandolo forte.

"Non sembrano pericolosi dopo tutto. Ma quello che è successo poco fa…" Kovu ripensò a come quella zebra venne uccisa. Nessuna lotta, nessun inseguimento. Solo un boato e… la morte istantanea.
Non poteva rischiare di fare quella fine. Sarebbe stato meglio aspettare che se ne andassero.
All'improvviso un lampo negli occhi della bambina. Elisabeth lo stava fissando. Come se tra lui e lei non ci fosse alcuna distanza.
"Stai giù. Potrebbe essere pericoloso… non uscire fuori" Ecco cosa gli diceva la sua testa. Ma era veramente lui a pensarlo? Aveva già formulato quel pensiero, eppure esso era tornato a raccomandarsi.
Perché era successo proprio mentre la cucciola lo aveva fissato?
Non fece in tempo ad allertarsi per lo sguardo diretto con i verdi occhi di quella strana creatura, che subito lei si girò verso il padre e lo invitò a seguirla per "cucinare" la zebra… che parola stana.

I due se ne andarono e si allontanarono molto. L'odore di quell'essere sparì.
A pensarci bene… la cucciola non emetteva alcun tipo di odore. Era come… se fosse fatta d'acqua.

-Hai visto giovane principe?- sussurrò il primate -sono comparsi questa notte. Si sono stabiliti qui vicino. Sono strani e non so come siano capitati qui. Non so se abbiano qualcosa a che fare con la creatura di cui ti ho parlato prima, ma di sicuro non sono arrivati in queste terre per un caso. Ci deve essere qualcosa sotto.
Kovu annuì pensieroso, poi si dovette coprire il naso per un tanfo insopportabile che comparve all'improvviso nell'aria.

-Ma ciao piccole creaturine simpatiche. Che belle che siete. Mi dispiace ma ho fame… e quei tre ci hanno fatto scappare le prede. Qui ci siete solo voi, quindi-
Una creatura simile a quelle viste poco fa era seduta sopra ad un mostro che sembrava un'orribile aquila in putrefazione. Un morto… ancora vivo.
La piccola non scese dalla groppa del mostro, ma li cominciò a fissare profondamente. Come se stesse leggendo le loro anime.
-Tu sembri molto più gustoso di lui- disse Lumia puntando il dito contro Kovu -Mario… prendilo. Ho fame. Non mi nutro da molto tempo. E lo sai che non resisto difronte ad un anima così gustosa-

Kovu rimase atterrito più dal modo in cui la piccola cucciola lo fissava che dalla visione di quella orrenda creatura. Sentiva qualcosa scavare dentro di lui. Sentiva come se qualcuno si fosse intrufolato nel suo cuore ed avesse letto le sue emozioni.

Il volatile puntò il petto contro il leone. Da esso uscirono dei lunghi tentacoli che si attorcigliarono intorno al suo corpo imobilizandolo semenza possibilità di scampo. Mentre Rafiki se la vedeva contro altri di quei tentacoli che gli giravano intorno come dei serpenti, Kovu venne avvicinato al viso della piccola.
Man mano che si avvicinava sentiva sempre più forte quella presenza estranea nel suo cuore. Cos'era?

-Piccolo leoncino adesso sei a me vicino, porgi la zampina alla piccola bambina. La tua anima velata… presto sarà mangiata. Ahahaha...-
L'inquietante vocina della cucciola risuonava nella sua testa come una canzone giocosa. La risata innocente ed allo stesso tempo terrificante fece rabbrividire il leone.

"E' così che morirò?"

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Capitolo 4
*** Nell'altro mondo ***


Il giovane leone si contorceva nel tentativo di liberarsi da quella presa, ma ogni suo tentativo era vano. Quei tentacoli che lo avvolgevano erano più letali delle spire di un serpente.
Era finita.
Il viso del leone e quello della bambina erano quasi attaccati.
Kovu tentò di azzannarla, ma per quanto gli fosse vicino, non riusciva nemmeno a sfiorarla. Le sue zanne affondavano solo nell'aria.
"Perché? Non può essere! Non può finire così!"
Il leone non si voleva arrendere. Ci doveva essere pure un modo per tornare da Kiara. Non poteva finire così.
-Coraggio gattino… guardami negli occhi. Voglio assaporare la tua anima prima di…- La mezzo demone si bloccò di colpo. Gli sguardi dei due si erano incontrati.
Ci furono degli attimi interminabili dove ogni cosa nel mondo a loro circostante si fermò.
Kovu guardando attentamente gli occhi della bambina riuscì ad intravede dei volti di alcuni animali simili a lei. Si disperavano; piangevano in preda al dolore.
Sembrava quasi che qualcuno di loro allungasse le sue "zampe" verso di lui e lo volesse afferrare attraverso le iridi della piccola negromante.
Incredibile… ma ci riuscirono. Il leone si sentì afferrare per la criniera e tirato all'interno del corpo della negromante.
L'anima di Kovu fu strappata dal suo involucro di carne ed ossa e trascinata all'interno degli occhi della bambina da quelle "zampe", che non erano altro che le anime divorate in precedenza da Lumia.

Kovu venne catapultato in un luogo buio dove decine e decine di mani lo tiravano e lo graffiavano. Era finito all'interno del corpo della bambina. Dove le anime divorate avrebbero dovuto passare tutta l'eternità.
Nella disperazione delle loro grida e nella totale oscurità il leone non riusciva a liberasi da quella terrificante situazione.
Solo un perenne pensiero in tutta quella disperazione.
"Kiara…"
-KIARAAAAA!!!-
Il suo ruggito non servì a niente. Quelle avide mani continuavano a tormentarlo ed i versi dei dannati non smettevano di squarciare l'aria.
Lamenti di sofferenza, urli di terrore, risate isteriche… era finito in un incubo talmente reale da sembrare vero.
Ed in effetti lo era.
Il leone sentiva la sua anima strapparsi in tutte le direzioni in cui veniva tirata.
Era la fine?

Dopo un tempo che sembrava interminabile un'intensa luce squarciò l'oscurità e le altre entità si allontanarono da essa come se ne fossero atterrite.
Kovu era privo di forze e non riusciva a muoversi… non sapeva nemmeno come fare a dire la verità. Il suo corpo fluttuava nel vuoto più totale.
-Kovu. Questo è il tuo nome non è così?-
Quella voce… era la bambina che gli aveva fatto tutto questo. Cosa voleva ora?
-Chi sei tu? Perché mi hai trascinato qui?-
Il giovane leone sussurrò quelle parole con tutta la forza che gli era rimasta. Si sentiva svenire. Ma se c'era anche solo una possibilità da tornare da Kiara, avrebbe fatto tutto il possibile per sfruttarla.

-Io… io sono una bambina molto sfortunata…-
"Bambina". Kovu non conosceva quella parola, ma al momento non era importante. Voleva solo tornare dalla sua leonessa.
-Mi dispiace averti fatto questo. Non credevo possedessi un animo umano. Io mangio solo le anime degli uomini cattivi. Mi dispiace fare questo agli animali. Ma purtroppo ne ho bisogno per sopravvivere. Le anime… sono l'unica cosa che mi tiene in vita-
Kovu sentiva che le energie stavano tornado e che la sua anima si stava rigenerando.
-Mi dispiace che quei cattivoni ti abbiano fatto male. Ti prometto che non succederà più-
A quelle parole, lo scenario intorno al leone cambiò radicalmente.

Si trovava nella savana ed intorno a lui c'erano molti animali. Le sue zampe poggiavano sull'erba ed il sole emanava un piacevole tepore.
-Qui è dove ripongo le anime degli animali- la voce tornò a riecheggiare nell'aria -voi non avete alcuna colpa, per cui ho deciso di creare un posto tutto per voi. Lontani dagli uomini-
Il leone non capiva, ma era spaventato da quello che stava succedendo. Anche se quel posto era bellissimo, lui sapeva di non essere nel mondo reale… sapeva che non avrebbe potuto rivedere Kiara.
-Perché?- ruggì il leone - perché mi fai questo?! Io voglio tornare a casa mia! Voglio tornare dalla mia Kiara. Ti prego! Lasciami libero!- Kovu faticò per trattenere le lacrime. Strano vero? Era solo la sua anima… eppure poteva piangere.
Lumia si accorse di questa stranezza. Non era mai successo che un'anima piangesse.

-Devi volerle molto bene- Disse la voce.
-Si… lei è l'unica che crede veramente in me. E' stata la prima ed unica- questa volta il giovane leone non riuscì a trattenersi. Una lacrima toccò il terreno su cui erano poggiate le sue zampe. Era la sua. Quella della sua anima.
-Dici il vero amico mio…-
Quando quelle ultime parole sparirono nella vastità di quella strana savana, proprio nel punto in cui la lacrima cadde, il terreno cominciò a cedere.
Una crepa si aprì e fece precipitare Kovu in un baratro oscuro.
Svenne.

-Kovu! Kovu svelgiati!-
Un sogno?
La voce di Rafiki lo svegliò di soprassalto.
Per fortuna è stato solo un brutto sogno.
-Se ne sono andati. Ti ha lasciato qui e poi lo strano uccello con quella creatura in groppa è volato via. Stai bene?-
No, non era stato un sogno. Cosa gli era successo?
Kovu non emise alcun suono. Era scioccato per l'accaduto, ma l'importante è che era ancora li. Poteva rivedere la sua amata.
-Rafiki…- disse il leone -…portami a casa-

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Capitolo 5
*** Il fratello maggiore ***


Cap V - Il fratello maggiore

Il mostro volava alto nel celo. La sua ombra che correva sul terreno sottostante spaventava e metteva in fuga tutti gli animali che la vedevano.
I loro corpi arrivarono fino alle nuvole. il golem sapeva che la fredda umidità di quelle morbide nubi allietava sempre l'anima del suo maestro.
-Padrona… perché lo ha liberato?-
Il fatto accaduto poco prima lo incuriosiva molto. Il non morto non riusciva a capacitarsi dell'azione compassionevole compiuta dal maestro.
"Lascialo Mario. Mettilo a terra ed andiamocene via." ecco quali erano state le parole della sua padrona.
Lumia non aveva mai rinunciato all'anima di una sua preda. Perché con quel leone doveva essere diverso?
-Mario, aveva un'amicizia speciale a cui badare. Non potevo prendermi la sua anima, apparteneva già a qualcun altro-
Il tono del maestro era triste. Anche il mostro, attraverso il loro contatto, poteva sentirlo. L'anima di Lumia condivideva con il suo fedele ogni sensazione.
Quella frase svelò anche il fantasma che abbatteva il suo morale. Il mostro capì che Lumia stava pensando a lui: il suo "fratellone".
L'ultima volta che si erano incontrati lei rimase molto rattristata da come l'unica persona a cui tenesse veramente le si fosse rivolta.
"Mostro", ecco come l'aveva chiamata.
"Schifoso maledetto. Come hai osato!" il non morto avrebbe voluto strappargli gli arti per quell'affronto, ma lei non glielo permise. Gli voleva ancora bene.
"Dove sei fratellone? Voglio rivederti. Anche se vorrai uccidermi… voglio rivederti per l'ultima volta. Mi manca la tua voce… mi manca il tuo abbraccio. Se non posso rivederti, che senso ha la mia vita? Tu eri l'unico che mi proteggeva"
Lumai lo pensava sempre. Il suo desiderio più grande era quello di stare ancora una volta tra le sue braccia. Di sentirsi protetta. Non come faceva Mario. Lei desiderava la protezione del suo amore. Un amore fraterno e sincero.
Ma sapeva che il passato non sarebbe mai più tornato.

La mezzodemone si strinse nelle spalle. Cominciava ad avere troppo freddo.
-Ti prego Mario… scendiamo. Ho fame, devo mangiare qualcosa-
Il mostro si affrettò a fare in modo che il desiderio del suo maestro si avverasse. Non poteva permettere che la sua padroncina provasse quel disagio. Non con lui che si prendeva cura di lei. Finché glielo avrebbe permesso, lui si sarebbe occupato di non farle mancare niente.
Il golem scese in picchiata e si diresse verso un ippopotamo che stava tranquillamente prendendo il sole sulla schiena, immerso per metà nell'acqua.
La caccia durò qualche frazione di secondo: La picchiata sulla preda; gli artigli del rapace che afferravano l'animale ed il successivo imprigionamento nel suo ventre.
Doveva mantenerlo in vita. Se lo avesse ucciso la sua anima si sarebbe volatilizzata, e la sua padroncina non avrebbe potuto sfamarsi.
Percorse ancora qualche chilometro in volo fino ad arrivare ad un'alta roccia, che offriva un ottima vista su tutto il territorio.
-Grazie Mario- solo due parole prima di prepararsi a nutrirsi. Lumia scese dalla schiena del suo servo e si mise difronte a lui.
La cassa toracica del mostro si aprì squarciando le proprie carni. Solo la testa dell'animale sporgeva da quell'agglomerato di frattaglie. Si disperava e cercava invano di fuggire, ma ormai era troppo tardi: la piccola mano della mezzodemoe accarezzò il muso della creatura ed i suoi occhi lo fissarono.
-Mi dispiace tanto… ma oggi sarai te. Non preoccuparti piccolo amico. Vivrai dentro di me. Tu mi darai la tua energia ed io in cambio ti offrirò un piccolo paradiso dove vivere per il resto dell'eternità-
L'animale si bloccò al suono di quelle parole. Era così atterrito che no provò nemmeno a difendersi mentre la piccola Lumia gli diede un bacio sul grosso naso, in quello che sembrava un segno d'affetto. Ed in effetti lo era.
Dopo aver reso il suo personale ringraziamento, la piccola negromante aspirò dalle labbra l'anima della sua preda, che cadde in quel luogo pacifico e soleggiato che lei aveva creato apposta per le anime degli animali.
Gli occhi dell'ippopotamo si svuotarono della loro lucentezza ed il suo corpo smise di vivere.
-Grazie amico mio- disse socchiudendo gli occhi. Si sentiva molto meglio ora che la fame non l'affliggeva più.
-Mario, regala quest'involucro vuoto alla natura. Non c'è bisogno di confinarlo qua sù. Non sarebbe giusto, non trovi?-
A quelle parole il non morto richiuse la cassa toracica e sputò dalla bocca il corpo dell'animale, facendolo precipitare per centinaia di metri. Il tonfo sordo si riuscì a sentire persino dalla cima di quell'altissima roccia.
Dopo aver rigettato il suo ospite, il golem riprese le sue sembianze originali.
Aveva percepito il desiderio della sua padrona di voler rimanere in quel posto ad osservare il magnifico spettacolo che quella strana avventura gli stava offrendo.
Il mostro rimase in piedi ad aspettare il prossimo ordine della piccola.

Lumia si sedette sul ciglio di una sporgenza. I suoi occhi ammiravano avidi quel maestoso e bellissimo territorio. Ma un pensiero continuava a ritornargli insistentemente alla mente: "Dove sei fratellone?"
A "stomaco" pieno persino quei pensieri sembravano meno tristi.

-Argoh! Argoh, avvicinati!- Una voce chiamava il giovane paladino. Era il suo maestro.
Il cappuccio copriva il volto dell'uomo ed il rosso mantello il corpo. Lo stemma del clan raffigurava un'aquila davanti ad una clessidra, sullo sfondo due spade incrociate.
Quello era il simbolo dei cacciatori di demoni di Lenora.
Era un gruppo moto grande ed organizzato. Ogni loro azione si era sempre dimostrata un successo. Nessuno finora era mai riuscito a sconfiggerli.
-Karphel…- Lo sguardo di Argoh si girò verso il suo mentore.
-Dobbiamo già ripartire?- domando il giovane all'uomo che era in piedi difronte a lui.
-Si, dobbiamo andare. Gli esploratori li hanno visti non lontani da qui. Dobbiamo affrettarci. Se ci sbrighiamo li potremmo raggiungere. Non possiamo rischiare che trovino il portale-
Il giovane si alzò e si aggiustò il mantello in modo che coprisse il corpo.
-Va bene. Muoviamoci Karphel, sono pronto!- il giovane aveva sempre la risposta pronta, de erano poche le situazioni in cui non fosse preparato a fare qualcosa. Questo riempiva d'orgoglio il maestro Karphel.
I due cominciarono la loro marcia abbandonando il piccolo accampamento che avevano messo su la sera prima. La sera del loro arrivo in quelle strane terre.

"Sorellina… sto venendo a prenderti. Presto non soffrirai più"

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Capitolo 6
*** Ora di cena ***


Lo scoppiettio del fuoco era una dolce melodia per Zero ed Elisabeth. "Padre" e "figlia" erano seduti vicini, gustando l'arrosto di zebra catturata quella mattina. Dvettero aspettare un bel pò prima di degustare il tanto atteso pasto.
L'odore che emanava la sua cottura, non faceva altro che far impazzire la piccola demone impaziente di mangiare. Alla fine però, quel momento tanto atteso arrivò… non come lo aveva immaginato, ma arrivò.
La sera era di una tranquillità mai vissuta fin ora.
La piccola famigliola stava gustando il tanto atteso momento del pasto e tutti erano in silenzio mentre assaporavano la cena.
"Quant'è buona! Quanto è buona!!! Mhhhh…." tutti tranne Elizabeth che trasmetteva involontariamente i suoi pensieri a tutti quelli che le stavano vicino.
Le sopracciglia della regina degli inferi tremavano per il fastidio provato, ma non voleva sgridare la bambina. Non ancora.
"Che buono-che buono-che buono-CHE BUONO!!!"
Ecco. Adesso lo voleva ardentemente.
-ELIZABETH!!!- urlò Vaihal -Smettila e cerca di controllarti! Non dimenticarti dei tuoi poteri! E SMETTILA CON QUEST'ODIOSA MUSICHETTA!!!-
Si, è una piccola particolarità che non ho descritto. Un singolare potere della demone era quello di poter far ascoltare a chi gli stava intorno una melodia che rappresentava il suo stato d'animo.
In questo caso, il suo umore trasmetteva ai suoi "genitori" un'allegro duetto di flauti dolci… che alle urla della regina si trasformarono in una interruzione dove una tromba si sfiatava e smetteva di suonare.

-Così va meglio. Devi controllarti Elizabeth- disse Vaihal ad occhi chiusi. Poi si rimise a mangiare.
-Su-su non fare così Vaihal, era solo felice- disse Zero con un sorriso mentre la sua bocca era ancora piena di cibo.
-Se vuoi puoi continuare. A me piaceva- concluse con un sorriso rivolto verso la piccola.
La regina si alzò in piedi, sfoggiando la sua irraggiungibile altezza e lanciò uno sguardo infuocato all'uomo: -Come osi contraddirmi stupido umano! Tu non capisci di cosa io stia parlando! Come potresti dopotutto? Tu sei inferiore. Certe cose non potrai mai arrivare a comprenderle davvero!-
L'ira dell'imperatrice venne accolta con un sorriso infantile da parte di Zero… che aveva ancora la bocca piena.
-Come vuoi tu "vostra altezza"- rispose con tono beffardo.
-Animale…- concluse lei risedendosi e continuando il pasto.

In realtà l'uomo pensava a tutt'altro: "Non preoccuparti piccolina, alcuni demoni non possono capire i sentimenti. E' normale che si comporti così. A me sono piaciute molto le tue emozioni. Qualche volta, quando quella guastafeste non c'è, mi piacerebbe ascoltare qualche altra canzoncina. Sei bravissima"
Zero sapeva che senza alcuno sforzo la piccola demone gli poteva leggere la mente.
Quei pensieri però non tirarono su il morale di Elizabeth. Continuava ad avere un'espressione triste in viso.
Come diceva la regina: lui non poteva capire.
Quella melodia era pericolosa. Se ascoltata a lungo, essa avrebbe potuto trascinare chi l'ascoltava in un baratro di pazzia, da cui solo pochi potevano riuscire a risollevarsi.
Sua "madre" aveva ragione: doveva controllarsi.

Passarono molti minuti di silenzio prima che alla piccola demone venisse in mente quello che aveva "letto" quel giorno: un leone dall'animo umano. Com'era possibile?
Non solo quel leone, ma ogni animale che aveva percepito in quella zona possedeva dei sentimenti, una storia, delle emozioni. Aveva persino potuto percepire e vivere in prima persona il momento della morte della zebra che stava mangiando. Era strano. Era come se stesse mangiando un essere umano.
Non voleva condividere con i suoi "genitori" questa scoperta fantastica… e terribile. Sapeva che Zero sarebbe morto di fame pur di non uccidere più un'altra di quelle creature.
Il suo "papà" era fatto così.
La cosa più interessante che aveva percepito in tutto quel trambusto, era arrivata a lei direttamente da quello strano leone dalla nera criniera e dall'anima profonda come un pozzo.
"Un re?" Quel pensiero purtroppo era troppo forte. Non riuscì a trattenerlo nella sua mente.

-Cosa?!- sbottò l'imperatrice
-Cosa?!- la seguì nel coro l'umano

-Scusa mamma, non l'ho fatto a posta- la piccola demone si rannicchio con le tempie tra le ginocchia e si coprì la testa con le mani per paura d'essere colpita. Vaihal non l'ava mia fatto, ma una strana sensazione gli diceva che doveva ripararsi.
-Smettila e dicci cosa hai "letto"- disse in tono freddo la regina.
-Vaihal!- la rimproverò Zero
-Tu taci!- sbottò irritata lei -La piccola ha scoperto qualcosa, ed anche noi dobbiamo sapere. Siamo tutti sulla stessa barca. Tutti lontani da casa. Quindi se vogliamo tornare dobbiamo fare tutto il possibile. Persino un demone con pochi mesi di vita ne ha la consapevolezza. E' proprio vero che voi umani siete stupidi e deboli-
-Pffff!- l'uomo non la sopportava proprio.
Pomposa ed antipatica come una gatta troppo viziata. Però se voleva stare con la sua piccolina doveva resistere.
Zero si allontanò borbottando. Non gli importava niete della "fantasmagorica notizia" voleva solo calmarsi.
Elizabeth rise. Suo "papà" era buffo quando si arrabbiava. Sembrava proprio un bambino offeso.

Vaihal si alzò e mise una mano sulla spalla della piccola, tirandola verso di lei delicatamente.
-Per favore… adesso smettila di leggere quella stupida mente e dimmi quello che hai "letto"… per favore- non serviva leggere i pensieri dell'imperatrice per capire che non l'avrebbe chiesto più gentilmente di così. Quando si comportava in quel modo (molto raro a dire il vero) c'era davvero da aver paura.
-Ho sentito moto oggi. Ho "letto" molto. Queste terre hanno una storia triste… una storia che parla di re e regine- la piccola s'interruppe.
"Gli animali che vivono qui… hanno un'anima profonda, come quella di papà" La piccola comunicò quel pensiero per non far ascoltare al "padre". Poi continuò: -oggi ho visto colui che dovrà sostituire il re di queste terre. Mi ha colpito molto…-
-Nient'altro?- domandò Vaihal, spazientita.
-Uno strano oggetto nel posto dove vivono-
Gli occhi delle demoni si scambiarono uno sguardo che sembrava un collegamento diretto tra le due.
L'imperatrice si alzò in piedi.
-Brava Elizabeth…-
Si era complimentata con lei? Si era complimentata!?
-Hey voi due! Guardate cosa ho trovato!- la voce di Zero interruppe quello strano momento.
"Stupido papà!"
-Si aggirava qui intorno e l'ho beccato mentre vi stava spiando-
Dalle spalle del cacciatore, pendeva un corpo umano svenuto.
Era vestito in uno strano modo: un mantello porpora con un cappuccio e… lo stemma.

-Quindi anche loro sono qui- disse la regina dopo aver visto quello stemma cucito sugli indumenti del malcapitato.
-Sembra di si- disse Zero.
Per la prima vota erano d'accordo.
-Questo dev'essere solo un'esploratore. Potrebbero essercene altri. Dobbiamo…-
-No. Non c'è più nessuno di loro-
Elizabeth interruppe quello che il "padre" stava per dire: -Per questa notte possiamo dormire sonni tranquilli-
La voce della piccola era fredda… gelida.

Distante dall'accampamento della famiglia, in un punto di vedetta, quattro corpi giacevano a terra senza vita.
Erano stati uccisi da una lama affilata. Una lama brandita da colui che quella notte non avrebbe dormito. Avrebbe solo cacciato le sue prede preferite: le ombre di chi avesse disturbato Elizabeth… la sua padrona.

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Capitolo 7
*** Cacciatori e cacciatori ***


-Eccoli la. Fate piano, ci potrebbero sentire-
Il capo squadra bisbigliava i suoi avvertimenti. Li avevano seguiti tutto il giorno e l'ultima cosa che voleva era quella di farsi scoprire proprio quando potevano coglierlo di sorpresa.
Già l'latra notte dovettero scappare dal loro avamposto per colpa di una creatura che li aveva colti alla sprovvista. Molto probabilmente un servitore di una delle due demoni. Aveva ucciso quattro di loro. Non poteva permettere che accadesse ancora una cosa del genere. Ad ogni caccia, la posta in gioco era sempre la vita.

Tutta la famiglia era addormentata e non sembrava esserci nessuno a gardia dell'accampamento Avevano perlustrato tutto il perimetro prima di organizzare la retata. Era il momento giusto per agire.
Con un rapido segno delle mani diede le istruzioni per aggirarli, poi i cinque membri del gruppo d'esplorazione si diressero in direzioni diverse. Ognuno appostato in modo da poter accerchiare la piccola famigliola.
Il capo gruppo non poteva vedere i suoi sottoposti nel buio della notte stellata, ma sapeva che erano in gamba. Tutti i cacciatori di demoni lo erano.
Sicuro che ognuno di loro fosse in posizione diede il segnale: un fischio che imitava quello di un uccello della savana.
L'ordine era quello di sparare per uccidere. I demoni non davano seconde opportunità. Anche se ben equipaggiati ed in superiorità numerica, uno scontro con loro non gli avrebbe fatti arrivare alla mattina seguente. Nessuno conosceva i diabolici trucchi che potevano utilizzare, per cui non avevano intenzione di fare prigionieri.
Alcuni secondi dopo il segnale, da tutte le direzioni partirono dei spari che giunti sui loro obbiettivi esplosero ed incendiarono i sacco a pelo dove riposavano i tre. Il fuoco non durò molto, solo una decina di spari ciascuno nelle zone vitali, poi tutto tacque.
Nessun segno di vita. Le tre vittime non si muovevano.
"Bene"

L'uomo parlò alla radio.
-Bene. Missione compiuta. Punto di raccolta all'accampamento dei demoni-
Tutti e quattro i suoi sottoposti risposero affermativo, quindi si incontrarono nel luogo dove la famigliola aveva trovato la loro fine.
-Abbiamo fatto centro anche questa volta. Il maestro sarà felice- disse un membro del gruppo.
-Già…- il capo squadra però non sembrava molto convinto. Era stato troppo facile.
Si avvicinò ad uno dei giacigli ancora in fiamme e lo smosse con il calcio del fucile.
Era vuoto!
La paura riempì i suoi occhi. Erano caduti in trappola come dei sprovveduti. La superbia purtroppo, regnava in tutti i loro cuori. Pensavano di aver compiuto quell'incarico in così poco tempo? Sciocchi.
Gli ultimi suoni che sentirono furono quelli di un ringhio nell'oscurità e di spari rivolti a quelle creature che si lanciarono contro di loro. Le fredde zanne intorno alla loro gola, poi… il silenzio.

-Quella di dividerci è stata una buona idea… però non capisco perché abbiano dato a me il compito di attirare la loro attenzione-
Zero era stato nascosto per tutto il tempo sopra un'albero a spiare i movimenti dei suoi inseguitori. Era un cacciatore: bestie od umani non faceva differenza. Le trappole vanno bene per tutte le creature, basta usare l'esca giusta.
Ai piedi dell'albero arrivarono quattro lupi che ad un suo cenno del capo, sparirono trasformandosi in un fumo pallido che si disperse nell'aria.
"Bravi i miei cucciolotti… adesso che abbiamo seminato quei cattivoni, torniamo dalla nostra piccola. Chi sà cosa gli starà dicendo quella maledetta demone…"
-Maledetta demone? Ho fatto una battuta!-
Il cacciatore scese dall'albero e continuò a ridere per un bel pezzo mentre si dirigeva al luogo dove avrebbe dovuto incontrarsi con le altre due.
"Perché non c'è mai nessuno quando faccio queste battute?"

-Adesso che quel rompiscatole non c'è, possiamo parlare. Dimmi Elizabeth, cosa hai visto?-
Le due demoni erano sedute al buio sotto un grande albero. Avevano camminato tutto il giorno per seminare gli esploratori della setta e permettere a Zero di… eliminare questo problema.
-In queste terre si sono svolte molte vicende. I protagonisti sono gli animali che le popolano-
Vaihal la seguiva con attenzione, ma quello che gli interessava non erano né le vicende né gli animali. La piccola lo "lesse" in lei.
-Ok, ti dirò cosa c'è in quella grotta-
La regina si protese in avanti per ascoltare meglio.
-Dentro c'è uno strano oggetto: una roccia. Sembra una normalissima roccia, però durante la notte emana uno strano bagliore rosso. Sembra che sia qualcosa che vada al di fuori del mondo materiale. I leoni che abitano quella grotta non gli prestano molta attenzione. Sembra che per loro sia come vedere un'albero od una nuvola. Credo che non sarà un problema portarla via e capire di cosa si possa trattare-
La bambina concluse chiudendo gli occhi. Era stanca voleva dormire.
-Ok, aspetteremo qui l'umano e poi andremmo a prendere quella pietra. Voglio tornare a casa Elizabeth. Non mi piace questo posto-
Ormai la piccola demone stava dormendo. Le energie l'avevano abbandonata. Camminavano da tutta la giornata e riuscì a raccontare quella storia solo con le ultime energie che gli restavano.
La regina accennò ad un sorriso (sempre più strano), poi si coricò anche lei.
Ogni notte nelle terre del branco era bellissima e piena di stelle. Il vento cullava tutti i suoi esseri ed il rumore del fiume era una bellissima ninna nanna. La piccola demone avrebbe voluto passare tutta la vita in quello strano luogo.
Il buio però, nascondeva un'ombra: due occhi spiavano le demoni. Le avevano seguite per tutto il giorno, rimanendo nascoste ai sensi delle due, alla percezione dei pensieri ed all'individuazione dell'anima.
Dietro di lui un'ombra. Era il servo di Elizabeth.
Stava per squarciare l'ombra dell'ignoto osservatore con la falce: cosa che avrebbe dilaniato anche il suo proprietario.
L'inseguitore avrebbe visto la sua ultima luna?

-Ti ho sentito lurido demone. Non tormenterai più nessuno...-

Non quella notte.

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Capitolo 8
*** Delle pietre nel crepuscolo ***


Il sole era sorto due volte dall'incontro con quegli esseri. Rafiki gli disse che stava bene e che il suo corpo non aveva niente che non andasse, perciò poteva continuare a fare quello che faceva tutti i giorni.
Kovu era andato a pattugliare il territorio quella mattina.
A dire il vero si era annoiato: era da molto tempo che non si faceva vivo nessuno ai confini.
Nessuna iena; nessun vagabondo; nessun… rinnegato.
Non era riuscito a trovare nemmeno quelle strane creature che aveva incontrato il giorno prima. Credeva che se ne fossero andate. Eppure nell'aria, poteva ancora sentirle.
Quella mattina però non trovo nulla. Era in giornate vuote come quelle che il leone pensava a sua madre ed a suo fratello.
Anche se lui non era stato un vero fratello e lei una vera madre, gli mancavano terribilmente.
Si sfiorò con una zampa la cicatrice che gli segnava l'occhio: l'unico ricordo che gli rimaneva di loro.
Era vicino ai confini delle terre dove una volta vivevano i rinnegati. Il vento che soffiava da quella direzione sembrava quasi trasportare le ceneri dei suoi ricordi.
Desolate e vaste distese di un odio che sembrava aver messo radici nella loro sterilità. Una visione a dir poco raccapricciante.

"Kovu! Non potrai mai sconfiggere Simba se non diventi più forte"
La voce della madre risuonava ancora nella sua mente.
"Vuoi forse morire qui? Ti piace tanto questo posto?"

-No mamma! Non voglio continuare a vivere qui!- la sua voce era risoluta nel pronunciare quelle parole.
-Allora impegnati! Pensi forse che sarà facile?! Nessuno ti regalerà niente. Dovrai prendertelo con la forza!-
Zira continuava a spronarlo.
-Coraggio. Ancora una volta. Devi riuscirci-
Era uno dei suoi primi allenamenti: doveva cogliere di sorpresa un piccolo topolino ed ucciderlo con un solo colpo. Senza che quella piccola creatura potesse accorgersene.
Questa era la lezione dove avrebbe imparato a muoversi silenziosamente ed attaccare di sorpresa il suo nemico.
Perché? Non lo sapeva nemmeno lui. L'unica cosa di cui era certo è che non voleva vivere ancora in quelle sterili terre. Voleva vedere il sole irradiare gli alberi; l'erba che si faceva accarezzare dal vento; sentire le mandrie che facevano rombare la terra quando si spostavano.
Voleva che nessuno vivesse ancora li.
-Non potremmo semplicemente parlargli?- una volta tentò di porre questa domanda alla madre… commise un grosso errore.
-Ma che cucciolo intelligente. Adesso vado da Simba e gli chiedo di perdonare Scar per essersi fatto uccidere da lui ed avermi fatto crescere tre cuccioli da sola in queste luride terre. Magari ci perdonerà… si-si, farò proprio così- rispose lei ironicamente con una punta di rimprovero.
Il cucciolo non capì e le sorrise soddisfatto. Era contento di aver risolto quella situazione in così poco tempo... ma invece no.
Una zampata scaglio il suo piccolo corpicino addosso ad un'albero.
-TI RENDI CONTO DI COSA CI HA FATTO?! Ci ha condannato a morte, e tu gli vuoi chiedere pietà? Sei veramente mio figlio? LUI HA UCCISO SCAR!!! Se vuoi voltarmi le spalle ed abbandonare il tuo branco fai pure. Ma sappi che io non ti perdonerò mai. Ucciderò anche te se oserai tradirmi. NON PROVARCI!-
La madre era sempre stata accecata dall'odio verso "l'assassino" del "re".
Non gli aveva mai raccontato la verità. Voleva solo prendersi la sua vendetta.

"Mamma, non volevo spezzati il cuore, ma il tuo odio ci avrebbe portati tutti alla rovina. Ti prego, se puoi ancora sentirmi… perdonami"
Non passava giorno senza che Kovu formulasse quel desiderio.

-Kovu!- una voce lo chiamava. Proveniva dalle terre di nessuno.
-Kovu aspettami!- Era Vitani, sua sorella.
-Vitani… che ci fai qui?- chiese un po' sorpreso il leone.
-Ecco vedi…- lei voleva rispondere, ma si bloccò come se si vergognasse della risposta che gli avrebbe dato.
-Lascia stare. Credo di aver capito- disse Kovu con uno strano sorriso in volto.
Sapeva che anche alla sorella mancavano Zira e Nuka. Loro erano pur sempre la loro famiglia. Gli dispiaceva non poterli più rivedere.
-Andiamo Vitani… torniamo a casa-
La leonessa fece un cenno con il capo, poi si avicinò al fratello.
-Ti prego Kovu, domani voglio andare al grande lago. Voglio andarli a salutare. Voglio che ci sia anche tu-
Il leone sorrise in maniera malinconica e strusciò la sua criniera contro il collo della sorella.
-Va bene, ti prometto che domani ci andremmo insieme-

I due stavano tornando alla rupe, quando sul loro cammino, non distante dalla destinazione, uno strano cumulo di rocce attirò la loro attenzione.
Sembrava un masso ben levigato dal vento che si era frantumato in seguito ad una caduta.
"Strano"
Passandogli vicino, Kovu avvertì un brivido percorrergli tutta la schiena e qualcosa gridare dentro il suo cuore. Era una sensazione orribile ed intensa. Si bloccò di colpo.
-Kovu? Tutto bene?- gli chiese preoccupata la sorella
-Si sorellina, sto bene. E' che questa sera fa un po' freddo…-
Non tirava un filo di vento, ed il calore del giorno continuava a regalare all'aria un piacevole tepore. Suo fratello doveva avere qualcosa che non andava.
-Kovu, vado a chiamare Rafiki, forse non ti senti troppo bene. Dovresti farti vedere da lui- disse Vitanti.
Il leone fece un cenno d'approvazione con il capo e poi la ringraziò.
I due si separarono e continuarono il loro cammino.

Una strana atmosfera circondava la rupe quella sera.
Non c'era nessuno nei dintorni.
"Che siano già andati a riposare?"
Il leone però non avvertì nessuno di loro, ne udì i suoni degli altri membri del branco.
Solo un odore familiare, che però non riusciva a ricordare, tormentava le sue narici.
"Chi è?"
Quello strano crepuscolo preoccupò molto il felino, il quale si affrettò a salire su per la via che lo avrebbero portato all'entrata della grotta.
Un'altra strana roccia attirò la sua attenzione. Per tutte le piogge! Assomigliava in maniera spaventosa ad una leonessa… era una leonessa!
Il corpo freddo di una leonessa!
Come era possibile? Una delle cacciatrici del branco!
-NO! Che succede!- Kovu non poté trattenere quelle parole.
Rimase solo pochi istanti a fissarla prima d'essere colto da un orribile presentimento che lo portò a correre verso la cima.
Quando giunse, una visione terribile sconvolse la sua vista.
Tutto il branco era pietrificato difronte all'entrata della grotta. Sembrava che stessero intimando a qualcuno di andarsene. Tutti erano delle fredde rocce.
-Simba! Nala! … NO!!!-
Stava tremando. Cos'era successo? Non era possibile, non voleva crederci.
Come era potuto succedere?
Rumori di passi si avvicinavano dall'interno della tana. Chi c'era? Chi era stato a fare tutto questo?
Kovu era immobilizzato dalla paura e dalla rabbia. Non poteva muoversi, voleva solo vedere in faccia quei mostri.
-Guarda-guarda, ce n'è un altro…-
Da dentro la grotta provenì una voce. Si cominciarono ad udire dei singhiozzi di pianto.
Il leone non si muoveva ancora.
Dopo alcuni attimi uscì qualcosa dall'oscurità: Era una creatura strana, simile ad una scimmia. Era bellissima.
-Coraggio… guardami negli occhi- la creatura parlò. Un ghigno malefico era dipinto sul suo volto.
-Vaihal! No!- un'altra voce provenì da dietro di lei.
-Basta così! Stai facendo piangere la piccola-
Una creatura uguale alla precedente si fece avanti mostrandosi alla luce del sole calante. Portava in braccio una piccola della loro specie… stava piangendo.
-Zitto umano! Deve abituarsi. E' una demone. Non è una debole umana, queste cose lei le dovrà capire un giorno- la regina degli inferi non distolse lo sguardo dal leone mentre rimproverava Zero.
-Mamma ti prego! Basta! Non voglio più…- la piccola si bloccò dopo essersi voltata ed aver visto Kovu.
Uno sguardo pieno di tristezza riempì l'espressione di Elizabeth.
-NOOOOOO!!! Mamma basta-basta-basta-basta!!!-
La piccola affondò il viso nella spalla di zero e scoppiò in un pianto dirompente che fece tremare la terra.
Si avvertì un suono tremendo nell'aria: le corde di mille violini che venivano suonate da un'orchestra di incapaci.
Tutti i presenti si tapparono le orecchie a quell'orribile suono.
"Scusa! Mi dispiace!-Scusa! Mi dispiace!-Scusa! Mi dispiace!-Scusa! Mi dispiace!-Scusa! Mi dispiace!"
Quelle parole risuonarono nella mente del leone come un pianto disperato.
"Sono una debole. Non l'ho fermata!-Sono una debole. Non l'ho fermata!-Sono una debole. Non l'ho fermata!-Sono una debole. Non l'ho fermata!"
Continuva.
Il leone riuscì con grande sforzo a ruggire mentre tutto quel caos devastava le sue orecchie.
-Dov'è Kiara? KIARA!!!-
Ad un tratto tutto tacque…

-Ely? Ely!!! Piccola dove sei?!-
L'umano si era appena reso conto che la bambina era sparita, come se gli si fosse sciolta in mano. Ed effettivamente lo aveva fatto. Il suo corpo si era liquefatto ed ora stava venendo assorbito dalla terra. Era acqua... solo acqua.
-ELY!!!-
-Stai zitto!- Gridò l'imperatrice -Ely è scappata via. Tornerà: non è stupida!-
Zero era inginocchiato a terra e dava pugni sul terreno. Non voleva credere di non essere riuscito a risparmiare alla sua piccolina quelle orribili viioni.
-Bene…- disse la demone ritornando a rivolgersi al leone -… continuiamo. Guardami dritto negli occhi. Senti il tuo amore crescere… senti il freddo abraccio della pietra!-
Kovu lo sentiva: sentiva che si stava innamorando stranamente di lei… come era possibile? Sentiva anche le se zampe diventare fredde e… non essere più le sue zampe.
"Che succede? Non sento più le gambe? Non riesco a non guardarla! … Com'è bella…"
Ad un tratto, qualcosa di sferico toccò il pavimento. L'oggetto esplose alzando una grande nube grigiastra che ostacolava la vista.
Degli arti lo presero di forza e lo portarono via a grande velocità.
-Mi dispiace, ma dobbiamo andarcene. Non posso affrontarli ora-
Chi era? Un'altra di quelle strane creature, ma chi era?
-Mi dispiace Kovu…-
Come se tutto quel trambusto non bastasse la voce che aveva sentito prima nella sua testa continuava a parlargli.
"…non sono riuscito a proteggerla. Mi dispiace tanto" piangeva la voce.
"Chi non sei riuscita a proteggere? No!"
-NOOOO!!!-
Il ricordo di quelle strane rocce sparse sul terreno tornò in lui come un crollo di massi.
Solo adesso riuscì a riconoscere nei ricordi, quello che sembrava un occhio di una leonessa fissarlo. Un'occhio che adesso riconosceva... purtroppo riconosceva.
Avrebbe voluto non accorgersene, però era troppo tardi. L'aveva riconosciuta. Quell'occhio apparteneva a...
Non ce la faceva… sentiva che… stava per… svenire.

"KIARAAAA!!!"

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Capitolo 9
*** Purtroppo, a volte il fuoco non brucia ***


"Kovu… Kovu! Svegliati amore mio"
Una voce sottile e quasi impercettibile svegliò il leone: Era il ricordo di Kiara. Avrebbe voluto rimanere li ad ascoltarlo ancora... ma fu solo il silenzio.
Cadde dall'oscuro baratro dove era finito ritornando alla realtà, un cupo antro senza sogni. Solo il desiderio di rimanerci ancora per moto, ma non poteva.
Davanti a lui, una fiamma viva circondata da delle pietre.
Si spaventò ed indietreggiò per la paura. Il fuoco non era mai stato un segnale di pace. Di solito si scappava alla sua sola vista.
L'ultima volta che corse in sua compagnia, salvò una leonessa… quella leonessa che non avrebbe più rivisto.
"Basta adesso. Perché devo sempre trovarmi in queste situazioni? Non voglio più scappare. Non voglio più…"
Il leone si accucciò ed aspettò che le fiamme si propagassero per avvolgere il suo corpo. Era stufo di fuggire da una cacciatrice che sembrava volesse metterlo continuamente in allerta.
Prima quella strana creatura che gli aveva strappato l'anima; poi l'essere che aveva trasformato in pietra tutti i suoi amici; adesso l'incendio. Non ce la faceva più a scappare dalla morte. Non aveva niente per cui farlo.

-Non temere le fiamme, le terrò sotto controllo io. Comunque: ben svegliato Kovu…-
Una voce lo sorprese: non si era reso conto che dietro a quel fuoco, una di quelle strane creature che si reggevano su due zampe se ne stava tranquillamente seduta ad osservarlo.
Come sapeva il suo nome?
-…mi dispiace di non essere arrivato prima. Non volevo che accadesse una cosa del genere- quell'uomo continuava a parlargli.
Il leone si chiese da dove fossero arrivate tutte quelle creature, e come aveva fatto a non notarle prima. Non che questo avesse molta importanza adesso, ma la domanda fece capolino nella sua testa quasi senza che lui lo volesse.
Si mise in posizione di difesa e lo studiò attentamente.
-Non preoccuparti amico mio. Non voglio farti del male- disse l'uomo in tono assente dopo aver notato il suo atteggiamento.
-Noi non siamo amici! Cosa volete da noi…- poi si ricordò -…da… me-
Kovu tornò a sdraiarsi. Anche se lo avesse voluto attaccare non c'era più alcun motivo per cui difendersi.
L'uomo sospirò tristemente.
-Lo so: abbiamo portato molto dolore in queste terre. Me ne dispiaccio. Tu non sai quanto…-
Il leone non poteva restare indifferente a quelle parole: con che coraggio poteva dire di provare un dispiacere più grande del suo?
La sua specie gli aveva portato via tutto. Tutti quelli che conosceva, il suo regno, la sua casa… gli avevano tolto lei…
-COME SAREBBE A DIRE "NON SAI QUANTO"?! Hai la più pallida idea di cosa abbiate fatto? Avete solo portato morte e dispiacere! Siete delle creature orribili!-
Il leone era adirato. Avrebbe voluto saltare addosso a quella creatura ed azzannargli la testa... e ci provò, ma il fuoco si alzò diventando una barriera insormontabile.
"Cosa succede?"

Le fiamme si acquietarono di nuovo quando Kovu smise di provare ad attaccarlo.
-Mi dispiace di aver causato tutto questo male, ma dovevamo farlo-
L'uomo continuava a parlare in quell'odioso tono così distante da sembrare quasi assente, ma Kovu aveva troppe domande per la testa e non riusciva nemmeno a provare fastidio per la cosa.
L'uomo continuò: -io provengo da un mondo devastato da questi esseri. Faccio parte di… un "branco" che ha il compito di difendere i suoi simili da tali abomini...-

"Abomini?"
Il leone non capiva: erano della stessa specie, eppure lui ne parlava come se stesse descrivendo delle iene.

-...loro portano solo morte e distruzione. Non è che si divertano a farlo o che lo facciano di proposito. Semplicemente non si rendono proprio conto di quello che fanno… è la loro natura-
-E noi… io, cosa centro con tutto questo?!- lo interruppe il leone infastidito da quel racconto che sembrava non centrare niente.
-Per che siete qui? Voglio solo sapere questo! Perché avete distrutto tutto quello per cui vivevo?-
L'uomo chiuse gli occhi ed inclinò la testa verso il terreno, liberando un sospiro di rammarico.
-Mi dispiace… ma dovevamo intrappolarli-

"Cosa?"
Stentava a crederci. Aveva davanti a lui l'artefice di quella tragedia ma non poteva fare niente. Cominciava a capire la madre.
"Kovu… mi dispiace"
Per giunta quella voce continuava a piangere nella sua testa. La voce di quella bambina non smetteva di tormentarlo.
Non poteva cederci: anche se difronte a lui aveva il responsabile ti tutto quel male, non poteva fare niente.
Non poteva più tornare indietro... tanto valeva chiedergli di spiegargli tutto.

-Perché lo avete fatto? Perché ci avete fatto questo?- il leone stentava a trattenere le lacrime. Era sconvolto.
Sembrava che tutto quel che era successo, gli stesse cadendo addosso come una valanga.
-Non volevamo che succedesse una cosa del genere. Fino al nostro arrivo, non sapevamo che voi foste qui… eravamo convinti fosse un deserto-
Continuò a spiegare sempre più dispiaciuto l'uomo.

Tutto qui? Ed era per un errore di calcolo che tutti coloro che amava erano morti?
Non aveva più importanza ormai. Anche se non capiva il motivo, voleva sapere di più. Era l'unica cosa che forse avrebbe scacciato via quei pensieri che continuavano a tormentarlo.
-Ti prego… raccontami tutto. Voglio morire sapendo il perché di tutto ciò-
L'uomo tornò a guardarlo con aria rattristata.
-Mi dispiace per tutto. Vorrei che ci fosse il modo di rimediare. Se allieterà i tuoi pensieri per questa notte, ti racconterò il motivo che ci ha spinti a tanto-
L'uomo continuava a parlare al plurale, ma oltre a loro non c'era nessuno.
Intanto il pianto della bambina continuava imperterrito dentro di lui.

"Smettila! Non voglio più sentirti!"
Con quel pensiero anche il pianto smise. Un singhiozzo e poi finalmente il silenzio.

-Ti racconterò del nostro mondo. Forse così capirai perché ci siamo spinti a tanto- disse l'uomo prima di cominciare il racconto.
Ormai non aveva più niente. Prima di lasciarsi morire però, voleva sapere il perché aveva dovuto subire tutto questo.
Il viso della sua amata non lo lasciava. Lo aveva davanti agli occhi in ogni momento.

L'uomo cominciò a raccontare quello che il leone voleva sapere. E mentre le sue parole scorrevano come il fiume di quelle terre, Kiara era sempre nei suoi pensieri. Quasi come per cullarlo in quel mare di dolore.

"Kiara…"

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Capitolo 10
*** La storia di Nova Lenora ***


Nova Lenora non era sempre stata così.
Si, è sempre stata un'isola piena di problemi, ma non come adesso.
Si chiama Nova Lenora perché la vecchia Lenora ormai ha smesso di vivere… come tutti noi del resto.
Al suo interno si racchiudeva un enorme potere. Un potere che aveva trasformato un'isola nel punto d'incontro con tutti gli universi esistenti. Essendo tali universi infiniti, ogni tipo di creatura, entità o divinità poteva interagire in quello spazio.
Agli albori, era un'isola selvaggia e priva di ogni tipo di presenza che ne volesse carpire il potere. Poi tutto cambiò.
Arrivarono i primi pionieri, che permisero a tutti gli altri coloni di sbarcare sulle sue sponde, senza essere divorati dalla perpetua tempesta che la circondava.
Tutto questo successe in ogni universo, e tutti riuscirono in fine ad approdarvi.
Ognuno di noi ha sempre cercato d'impossessarsi di quell'enorme potere, anche se non avevamo la più pallida idea di cosa comportasse. Sapevamo solo che con un potere del genere avremmo potuto sfidare persino gli dei… e qualcuno ci provò.

Dopo molti scontri e molte ricerche, due studenti, riuscirono per puro caso a trovare una reliquia… La reliquia.
Tutto quell'andirivieni di universi, l'aveva portata fino a li.
Essa era la chiave per distruggere il sigillo che intrappolava il titano Crono.
Quei studenti fondarono una potente associazione che comprendeva i guerrieri più potenti di tutta Lenora.
Lentamente cominciarono a prepararsi per rompere quel sigillo e liberare il titano padrone del tempo.
Con i loro poteri riuscirono ad intraprendere un viaggio nello spazio dell'universo dove un intero pianeta era stato confinato all'oblio. In quel pianeta Crono dormiva da un tempo non calcolabile per un essere mortale.
I loro poteri superavano l'inimmaginabile. In poco tempo avvicinarono il pianeta alla terra, proprio sopra l'isola di Lenora, stabilendo lì il loro covo.

I sguardi della confraternita erano un occhio onniveggente che spiava in continuazione la città, le montagne e la vasta foresta.
Furono in molti a provare a sconfiggere quei guerrieri, ma tutti fallirono.
I scontri affrontati servivano solo a potenziare i già potenti guerrieri del gruppo.
Il potere accumulato era talmente immenso che ormai tutti loro si sentivano pronti a liberare il titano e sottometterlo per avere il potere supremo… il totale controllo del tempo.

In una notte di vento gelido, tutti i membri della confraternita, si riunirono intorno al luogo dove il padrone del tempo era stato imprigionato. Volevano liberarlo.
Furono solo dei stolti pieni di boria.
Credevano veramente di poter sconfiggere un titano?
La chiave "girò nella serratura", disintegrando le colossali catene che trattenevano Crono.
Grande fu la sua ira al risveglio.
Senza che avessero il tempo di reagire, il tempo si sciolse e disintegrò la stessa esistenza di tutti quanti sull'isola.
Gli altri universi fortunatamente non risentirono di quel cataclisma. Nessuno sa il perché, ma successe solo a Lenora.

Fù il nulla per… per… il tempo non esisteva quindi fu solo il nulla.
Ad un tratto però, un'enorme squarcio si aprì nel niente.
Una ferita in quel nulla che cominciò a sanguinare vita.
Sanguinava tempo, spazio, magia, paradisi, inferi, emozioni, fantasie e… noi.
Come scomparirono, le nostre esistenze riapparvero.
Ci rompemmo in mille ricordi e ci trasformammo in tutti coloro che ora sono tornati.
Io… io non sono vivo. Io in realtà non esisto. Sono solo il frammento di un ricordo della mia precedente entità.
Lo siamo tutti.

Quella ferita continua a sanguinare, gettando su quella che noi chiamiamo Nova Lenora, ogni genere di diavoleria.
Il luogo dove viviamo non è mai stato tranquillo, ma adesso sembra che gli incubi abbiano preso vita e che qualunque cosa possa uscire da quello squarcio.
Noi siamo un gruppo di umani… o per lo meno, dei ricordi in forma umana… che vogliono proteggere l'unico luogo dove possono vivere.
Siamo disposti a pagare ogni prezzo pur di difenderlo… anche distruggere altri mondi se necessario.
Mi dispiace che sia stato proprio il tuo a subire questa tempesta, ma non possiamo permettere che altre di quelle creature continuino ad aggirarsi per il nostro mondo.
I nostri amici e le nostre "famiglie" non devono morire per colpa di quei ricordi… non per colpa di entità così adirate da essere ceche.
Abbiamo portato qui solo le due più pericolose, ma per un errore, anche altre e tre sono state portate qui.

La regina degli inferi e la "figlia" stessa di colui che liberò Crono.
Essa fu forgiata da ogni ricordo di quel demone così superbo da credere di poter sconfiggere un titano.
Sono molto potenti e potrebbero distruggere ancora una volta quello che la vita stessa ha ricostruito.
Gli altri e tre sono un umano, un non morto ed una mezzo demone.
L'umano involontariamente si è fatto trasportare qui, mentre gli antri e due non sappiamo nemmeno noi come siano potuti arrivare.

Lo so che sei adirato, ma credimi. Quello che stai passando adesso, non è nemmeno la metà della nostra sofferenza.
Mi dispiace che tu abbia perso tutto, ma questa è la nostra sola possibilità di eliminarli.

Ti prego, se puoi... perdonaci.

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Capitolo 11
*** Alla ricerca di una figlia ***


Era ancora da solo.
Zero non aveva mai avuto dei veri amici.
Fu adottato una comunità di elfi che gli insegnò ogni cosa sulla vita selvaggia.
Gli avevano insegnato a cacciare, gli avevano insegnato come sopravvivere da solo nelle foreste e come procurarsi del cibo fresco ogni giorno.
Avevano fatto tanto per lui, crescendolo come uno di loro, ma non era mai stato accettato da quel villaggio.
Lui era un umano. Una razza grezza ed imprevedibile. Ecco cosa gli di dicevano sempre tutti gli altri elfi.
Gli unici interessi che aveva con quei freddi esseri era la caccia. Zero si dimostrò un ottimo esploratore, ed imparava rapidamente da ogni esperienza a cui lo sottoponevano, ma tutto questo non bastava. Non era uno di loro.
Così carico di curiosità, così impaziente di apprendere ogni cosa che avessero da offrirgli.
Eppure, anche con tutta la sua buona volontà, non era mai riuscito ad integrarsi in quel gruppo di esseri così chiusi e selettivi.
Nessun amico, nessun amore. Solo lui e le su prede.
Le stelle della note gli tenevano compagnia; il vento gli sussurrava alle orecchie; i raggi del sole che penetravano nella fitta foresta e la tiepida luce della luna erano i suoi unici amici.
Nessun altro aveva piacere nel passare del tempo con lui.
Ma un giorno tutto cambiò.
Una bambina. Una piccola creatura ancora in fasce lo guardò per la prima volta come se gli volesse bene.
Quei piccoli occhi così carichi d'amore erano quelli di Elizabeth.
Certo, all'inizio non fu facile.
Un'infante con poteri così grandi da poter penetrare nella sua mente e sconvolgerla ad ogni capriccio.
Furono veramente dei momenti difficili, ma lui non aveva intenzione d'abbandonarla. Il caso li aveva fatti incontrare e nessuno sarebbe riuscito a separarli.

Camminava nella notte della savana, muovendosi tra un'albero e l'altro.
Nelle distanze che lo separavano da quei ripari si accucciava e strisciava nell'erba.
Anche se era in pensiero per la sua piccola, non aveva dimenticato che quel luogo era pieno di pericoli. Dopo tutto era pur sempre un cacciatore.
Ad ogni suo spostamento fissava le ombre che la luna proiettava sul terreno e sulle rocce.
Una di loro poteva essere la sua Elizabeth.
Doveva trovarla prima di quella demone. Adesso che era cresciuta ed aveva imparato cosa fosse l'amore, la piccola demone dagli occhi smeraldo avrebbe potuto condurre una vita senza dover attingere dai suoi poteri.
Adesso che l'aveva trovata poteva insegnargli come vivere la sua vita in tranquillità.
Non gli importava della sua natura, la voleva solo vedere felice; la voleva vedere innamorata; voleva vedere ogni giorno il sorriso sulle sue sue labbra.
Aveva già tutto quello che gli occorreva.
Non aveva bisogno che un demone gli insegnasse a controllare i suoi poteri.
Poteva vivere benissimo anche senza conoscerli.
Ecco perché anche lui aveva abbandonato Vaihal. Voleva trovare la sua piccola e scappare in un posto dove la regina non li avrebbe potuti trovare.
Era difficile, ma ci doveva provare.

Del fuoco…

Silenziosamente, Zero si avvicinò a quel piccolo accampamento.
Il leone scampato alle attenzioni di Vaihal dormiva vicino ad una tenda. Era solo un animale, ma il cacciatore poteva vedere sul suo volto una strana espressione.
Sembrava quasi… umano.
Si avvicinò ad un albero e si coricò su un ramo, tenendo l'arma puntata su quel felino.
Non voleva ucciderlo, ma era sempre meglio tenersi pronti.
Il vento soffiava sul suo volto.
Questo significava che quel leone non poteva sentire il suo odore.
Poteva finalmente addormentarsi.
Un po' di riposo gli sarebbe servito dopo due giorni senza chiudere occhio.
Si addormentò felice su quel ramo.
Sapeva che la sua piccola aveva seguito quel "Kovu".
La demone lo sognava spesso. Lui lo sapeva perché quando dormiva, Elizabeth non riusciva a trattenere dentro di se i suoi pensieri, e spesso Zero si ritrovava immerso nei sogni della sua piccola.

"Strano che un animale abbia un nome. Perché lo hai chiamato Kovu? Te lo ha detto lui Ely? Ti ha parlato?"

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Capitolo 12
*** I mostri ***


Lumia osservava il celo stellato della notte.

Era sorpresa. Non per la bellezza della volta celeste, che regalava un magnifico panorama illuminato e pulito, ma per un bagliore che non aveva percepito fin a quel momento.

Era insolito, solo i suoi occhi rossi rubino potevano vederlo.

In quella magnifica distesa di stelle brillavano i fuochi della vita vissuta… in quella distesa di stelle c'erano delle anime.

Anime molto potenti, con una forza che superava d'infinite volte il sue ancora grezze abilità.

Erano maestose presenze luminescenti.

 

"E' il paradiso?"

 

Il golem, seduto per terra accanto alla bambina, riusciva a percepire la sensazione di incredulità e stupore che emanava l'anima della sua padrona.

Credeva che fosse dovuto a quel magnifico celo sotto cui erano seduti, eppure c'era una tonalità di paura in quell'emanazione.

Lui non poteva verde quello che stava osservando la piccola.

 

-Che le prende mastro? Ha visto qualcosa che non le piace? … posso fare niente per soffocare le sue angosce?-

Il suo tono, anche se freddo e distaccato, era sempre premuroso come al solito. Certo, una premura forzata dal legame che lo incatenava a quella negromante, ma era simulata in modo impeccabile. Sembrava oltremodo reale.

 

-No Mario, sto solo guardando le stelle. In questo posto tutto è così bello. Che ci faccio io qui? Che ci fanno due mostri come noi in questo paradiso?-

La bambina fece precipitare lo sguardo fino a farlo schiantare al suolo, a fissare le sue scarpette di un nero lucido.

Era di nuovo triste.

-Credevo che i mostri dovessero stare all'inferno. Perché sono diversa? Perché mi è stato concesso tutto questo bene? Mario…-

I suoi occhi cominciarono a pizzicargli. Stava per piangere.

-Perché sono un mostro?-

La bambina si alzò di scatto ed andò ad abbracciare il suo unico "amico"

Il non morto, spinto dal desiderio d'affetto della sua padrona, ricambiò l'abbraccio in modo tenero.

Lumia sapeva che quel giocattolo non poteva provare emozioni, e che non aveva la ben che minima idea di quello che stesse facendo, o del perché, ma a lei bastava. In quel momento gli serviva solo un caldo abbraccio… e lo ricevette.

La sua quasi costante tristezza aveva in ogni momento la stessa fonte: ogni giorno ed ogni notte, poteva sentire le anime che aveva divorato agitarsi dentro di lei e piangere di disperazione.

Si vergognava di quello che era costretta a fare per sopravvivere. Si detestava.

Come poteva continuare a vivere in quel modo? Eppure, a costo della dannazione, non voleva smettere di sperare.

Indifferentemente da ogni altra bambina, sognava di venir un giorno liberata da quel supplizio che era costretta a vivere. Di venir librata dal suo principe azzurro… il suo "fratellone".

Già, il suo 'fratellone'. Il ricordo di lui che la minacciava non la faceva stare meglio.

 

La piccola negromante piangeva. Piangeva le sue lacrime, e quelle di coloro che continuavano a vivere in lei.

Era come se in ogni momento tutta la disperazione dei suoi prigionieri ricadesse sulla sua fragile schiena.

Un giorno si sarebbe abituata a tutto questo. Un giorno si sarebbe rassegnata ad essere in parte demone. Il suo lato umano non poteva accettarlo, ma avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto farlo per sopravvivere.

Si, Lumia non voleva morire.

Aveva tante cose da scoprire, aveva molte strade da percorrere e sensazioni da provare. Anche se in modo "sbagliato", voleva vivere.

 

-Mario ti prego… aiutami. Aiutami a rimanere umana ancora per un po'-

Sapeva che chiedere aiuto ad un pupazzo era patetico, ma come ogni bambino solo, anche lei aveva bisogno di un amico immaginario su cui sfogare il suo dolore.

-Lo farò-

Fu la gelida riposta del non morto.

Una risposta che la piccola non avrebbe mai voluto sentire pronunciata in quel modo.

Lo sapeva: era sola… ma cosa poteva fare?

Si addormentò tra le braccia del suo unico "amico" cercando in quel sonno forzato un attimo di riposo.

I sogni erano sempre così candidi e pieni di tranquillità.

In pochi attimi si rintanò in quel posto sicuro e senza preoccupazioni.

Il suo viso tornò liscio, senza l'ombra d'alcuna tristezza.

 

Il mostro accarezzava dolcemente i capelli della sua padrona. Era un gesto forzato dal bisogno d'affetto della piccola che stava dormendo tranquillamente tra le sue braccia.

Ad un tratto capì cosa stesse osservando la mezzo demone dagli occhi scarlatti.

Delle strane ombre danzavano sopra di loro, ad un'altezza irraggiungibile persino per lui.

Erano le anime di chi vegliava a protezione di quel luogo così magnificamente strano.

La danza non era affatto gioiosa. Sembrava più tosto che nelle piroette ci fosse una tristezza ed una rabbia che affliggeva i loro cuori.

 

-Cosa farete ora, maestosi danzatori della notte? Cosa affligge i vostri sentimenti in questo modo così violento?-

Il golem parlava con la coscienza di non poter essere ascoltato da quelle essenze così lontane. In realtà, quelle erano domande che si poneva da solo. Era preoccupato.

Anche se infinitamente distanti, la loro potenza poteva essere percepita senza alcuno sforzo. Come se quelle figure in realtà fossero la proiezione di una forza che si estendeva dalla terra, fino a quell'irraggiungibile altezza.

-Siamo stati noi ad agitarvi in questo modo?-

Il golem continuava a chiederselo, e più ci pensava, più era in  pena per la sua padroncina.

Se quelle anime avessero deciso di porre fine alle loro esistenze, nemmeno lui l'avrebbe potuta proteggere da quella furia.

 

-La vostra unica via d'uscita per questo mondo… è la fine di tutto-

Una voce possente risuonò in tutta la savana. Il suo tono, anche se pacifico, stava parlando di morte.

-Non potete restare, e se farete ritorno al vostro mondo, queste terre verranno distrutte. Non possono permetterlo. Prima che possiate nuocere ulteriormente a questa vita, loro vi distruggeranno- continuò la voce.

-Cosa volete da noi- sussurrò il golem.

-Non dovete temere me. Io voglio solo aiutarvi. Se volete tornare indietro dovete fidarvi di me e fare ciò che vi dico- disse la voce.

-Hai appena detto che l'unica via d'uscita è la morte… e noi dovremmo fidarci di te?- rispose il golem.

-Se mi ascolterete, vi farò tornare indietro senza che le vostre entità vengano distrutte. Tutto a suo tempo. Per ora dovrete cercare coloro che sono arrivati dal vostro mondo con voi e fare in modo che non possano più far del male a nessuno. Quelli più vicini a voi sono un umano ed un demone che vive nelle ombre. Dirigetevi verso l'albero che vi è dinnanzi e proseguite in quella direzione. Li incontrerete presto-

Dopo quelle parole, una folata di vento quasi innaturale, si levò da terra e la voce scomparve.

Il golem non si fidava, ma se avesse potuto incontrare altri che provenivano da Nova Lenora, probabilmente avrebbero potuto saperne di più su tutto quello che stava accadendo.

 

-Dormite pure cullata dai sogni mia padrona, domani sarà una giornata dura.-

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