La Guerra Degli Angeli

di NuvolettaRosa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un impresa possibile. ***
Capitolo 2: *** Allan ***



Capitolo 1
*** Un impresa possibile. ***


Dieci lunghi anni ed ormai fuori la guerra infuriava, grida di dolore si potevano udire in lontananza, e sempre più numerose erano le bombe a scoppiare. Guardavo intensamente la mia tazza di latte caldo, come se potesse dirmi qualcosa, mentre sedevo su una delle poltroncine della base. Non dovevo arruolarmi. Non so cosa mi era saltato in mente. Sospirai lentamente. La porta che portava al corridoio delle camere da letto si aprì:  era Nicole che si era appena svegliata. –Chanel, che cavolo ci fai qui a quest’ora?- Disse lei venendomi incontro stancamente. Si stropicciò gli occhi e si lasciò cadere su un divanetto vicino alla mia poltrona. –Pensavo…- Dissi Taciturna. Osservai le ali di Nicole: una nera e una bianca, come tutti gli angeli del mio paese, erano tutte stropicciate, avrebbe dovuto dargli una bella strigliata. I capelli neri le caddero sulla testa, e lei li spostò con un soffio. La pelle era perfettamente bianca, e gli occhi neri come la pece. Non c’è che dire, la mia migliore amica era la mia esatta fotocopia. Noi angeli eravamo più o meno tutti simili, un’ala nera e l’altra bianca, capelli neri e pelle bianca, occhi color pece, non cambiava molto, a parte il taglio dei capelli, la forma degli occhi e la corporatura. –Tu pensi sempre però. Sei una pensatrice nata.- Disse lei scherzando. Cercai di fare una mezza risata. Ma non ci riuscii. –Chanel, lo so, stiamo perdendo, non troviamo il prescelto, ma ce la faremo, perché siamo forti. Ce la faremo, facciamo parte dell’arma, dobbiamo proteggere il nostro popolo.- Disse Nicole, solidale mi appoggiò la mano su un braccio e mi guardò intensamente. –E in tal caso, la nostra amicizia non finirà mai.- Ribadì scandendo l’ultima parola. Continuò a guardarmi. Ricambiai lo sguardo e sospirai. Poggiai la tazza di latte sul tavolino. –Hai ragione, andrà tutto bene. Mike è ancora a cercare un presunto prescelto?- Domandai, rassicurata dalle parole di Nicole. –Si… a momenti dovrebbe stare qui.- Disse lei con un sorriso pimpante in faccia. –Su, andiamo a vestirci? Mica possiamo stare tutto il giorno cosi!!- Disse lei sarcasticamente. Mi alzai e la seguii nelle camere. Io e Nicole avevamo la camera in comune, ma per fortuna due box doccia, si, piccolini ma almeno non dovevamo litigare. Io, che mi ero già fatta la doccia, passai a pettinarmi i capelli. Feci la riga in mezzo e li lasciai meravigliosamente sciolti. Mentre Nicole faceva la doccia mi vestii. Camicetta nera, e pantaloni color corallo con un paio di ballerine, anch’esse nere. Mi guardai allo specchio. Le mie ali avevano un apertura di 2 metri l’una. Era tantissimo. Le aprii per spiegarle un po’, poi, le chiusi e come sempre mi ricaddero sulla schiena, come delle buone ali sane che si rispettino. Guardai ancora il mio riflesso deciso e competente, ma dentro, una piccola parte di me mi aveva fatto rimanere bambina. Avevo 20 anni. Sapevo quello che dovevo fare. Ero adulta. D’improvviso Nicole uscii. Era già vestita, con un perfetto chignon. Portarsi i vestiti in bagno era da lei.. Aveva aperto le ali, erano leggermente più corte delle mie, ma questo non vuol dire che non erano resistenti. Diedi un occhiata al suo abbigliamento: t-shirt e minigonna con tacchi. Tipico di Nicole.
Un urlò di entusiasmo si lanciò dalla sala base. –EVVAI!!! Forse l’abbiamo trovato!!- Era la voce di Mike. Davvero? Davvero aveva trovato un prescelto? Un brivido calò lungo la schiena, speravo con tutto il cuore che era quello giusto. Io e Nicole ci demmo un occhiata veloce, e subito ci fiondammo nella stanza base. Trovammo Mike con i capelli all’aria, le ali spiegate e gli occhi pieni di euforia. –Mike, che è successo??!- Dissi incuriosita. –Ehm… l’abbiamo trovato!!- Disse lui non sapendo come spiegarsi. Era euforico e adrenalinico, poi, dopo che si fece rosa in volto, si accasciò al suolo: tipico, quando succedeva una cosa fantastica, Mike era sempre solito a svenire. Alzai gli occhi al cielo. –Mike intendeva dire che abbiamo trovato forse un prescelto giusto!- Urlò Nicole mettendosi a strepitare. Io sbarrai gli occhi e mi misi a saltare insieme a lei. –Ma è fantastico!!- Dissi fra un salto e l’altro. Quando finalmente realizzai che Mike era svenuto mi fermai. –Ehm.. Nicole, dovremmo portare in infermeria Mike.- Dissi indicando il corpo morente del mio amico. –Cavolo è vero, è svenuto.- Rispose lei. Prendemmo Mike da entrambi i lati e lo portammo (con fatica) in infermeria. –Ma quanto pesa?- Dissi affaticata. –Dai siamo quasi arrivati in infermeria, fannullona di una Chanel.- Mi rimproverò Nicole. Alzai gli occhi al cielo e continuai a trasportare Mike. Qualche metro più in là, e arrivammo all’infermeria. –Oh Cielo, sempre Mike a venire da me.- Disse Chiffon, la dottoressa dell’arma. –Eh si, è svenuto, ancora.- Dissi imbarazzata mentre io e Nicole lo mettevamo sul lettino a peso morto. La dottoressa Chiffon era una donna sulla quarantina ed amava il suo lavoro. Prese una lente d’ingrandimento, aprì gli occhi a Mike e controllò. Poi, misurò la pressione, controllò la febbre, e dopo di che, prese una scodella d’acqua calda, e ci mise dentro la mano di Mike. –Ah!- Lui si svegliò sobbalzando. –Allora sei vivo, bè, mi dispiace ma sei svenuto un'altra volta, uno dei tuoi tipici mancamenti, non hai bisogno di cure, ti sei ripreso da solo!- Disse pimpante la signora Chiffon. Mike era un po’ spaesato, si alzò, e realizzò subito tutto quello che era successo. –Grazie, ora però, devo andare, ragazze venite ho una cosetta da dirvi!!- Mike dopo aver ringraziato la professoressa si fiondò fuori e noi lo seguimmo a ruota. Una volta accomodati nella stanza base, si sedemmo sulle poltroncine. Mike prese un lungo sospiro. Noi lo guardavamo fissi negli occhi, gli tremavano le ali. –Stanotte, possiamo prendere il prescelto, ha solamente 12 anni, ed è ancora un bambino. Si chiama Allan.- Disse lui col sorriso e una scintilla negli occhi. Io e Nicole rimanemmo come paralizzate, ma dopo alcuni secondi realizzammo tutto: e se la guerra finisse? Col prescelto? Ah, ero in ecstasy. Intanto, l’ennesima bomba e l’ennesima grida di dolore, esplosero come un suono acuto in tutta la città.  
Rimanemmo come imbambolati sui divanetti per almeno qualche minuto, finché la voce squillante di Nicole non spezzò quel silenzio incantato. –E’ fantastico… Stasera ci mettiamo all’opera per catturarlo.- Disse guardando il pavimento. Era da mesi che non riuscivamo a trovare una persona adatta al compito. Da dieci anni la guerra andava avanti senza sosta. La sfera  s’era rotta, e cosi, portò scompiglio in tutto l’universo parallelo in cui vivevamo. Guerre devastanti cominciarono a radere il suolo. Gli esperti cercavano inutilmente di riplasmare la sfera, ma niente, ridotta cosi in mille pezzi, la piccola palla di vetro da cui dipendevamo, aveva portato morti e catastrofi dolorose. Solo il tocco di un umano capace di riplasmare la sfera, avrebbe salvato il mio universo. Era difficile la cattura, altrettanto convincerlo, e superare la guerra fino al tempio della sfera senza difficoltà…
-Stanotte, agiremo, e vi prometto che sarà in mano nostra.- Disse Mike guardandoci negli occhi. Io e Nicole annuimmo pensierose su ciò che sarebbe accaduto.

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Capitolo 2
*** Allan ***


Diedi uno sguardo all’orologio: erano appena arrivate le dieci di sera. Avevamo avvertito tutti i componenti dell’arma e il generale. Eravamo nello studio di Mike. Era pieno di aggeggi, macchine di metallo e altre cose stranissime. Lui trafficava davanti al computer sbiascicando parole incomprensibili. Avevo sonno e mi si chiudevano gli occhi, solo le parole sbiascicate da Mike, il ticchettio della tastiera, e il rumore di Nicole che mangiava i biscotti riuscivano a tenermi sveglia. Mi ero accomodata su una poltroncina in pelle. E mi ero accoccolata con un bicchiere di vino rosso con dentro delle pesche. Poggiai stancamente  la testa su una spalla mentre portavo alla bocca lo stecchino con l’ultimo pezzo di pesca impregnata di vino. Quanto mi piaceva bere. Ma sapevo che il mio lavoro me lo impediva, e prima di tutto non era una cosa da fare. Ma una volta al mese me lo concedevo un bicchier di vino. Nicole di questo mio lato si è sempre lamentata, ma ora che mi erano stati imposti dei limiti li rispettavo, anche se a malincuore. Dopo tutto ero anche molto impegnata. Poggiai il bicchiere di vino, oramai svuotato sul tavolino accanto a me. Una parola, poi due, le parole che sbiascicava Mike erano sempre a tono più alto, lo sapevo alla fine si sarebbe messo a strepitare, e io e Nicole lo avremmo fermato nella speranza che non svenisse ancora. Stranamente col passare dei minuti le parole sbiascicate da Mike diventavano sempre più nervose, qualcosa non andava. –Nicole mi dai un biscottino?- Chiesi, colta da un improvvisa voglia di biscotti. –Biscotto? Certo- Rispose lei immediatamente, e mi passò due biscottini che misi subito sotto i denti. Masticai lenta ad annoiata mentre guardavo nel vuoto qualcosa che non esisteva.
-Perfetto! Ho il metodo, e anche il soggetto!- Mike si girò: in mano aveva un ampolla con un liquido arancio. –Chi la vuole bere per andare a prendere il prescelto??- Disse provocandoci. Io e Nicole rimanemmo a bocca aperta, e facendoci coraggio ci offrimmo entrambe. –Bhè.. ci sono dieci ampolle, che vi darò. Ne bevete una e vi ritrovate nell’altro mondo, bevete per la seconda volta e siete di nuovo qui. Mi raccomando fatela bere anche al tizio che dobbiamo “catturare”- Spiegò Mike guardandoci negli occhi. Noi annuimmo, Nicole prese le ampollette, e subito dopo ingoiammo tutto d’un fiato il liquido arancione che c’era in un’ampolla per uno. Persi i sensi e incominciai a vedere un altro mondo. Mi ritrovai stesa su un freddo pavimento insieme a Nicole. Le ali c’erano ancora, la pelle era la stessa, non era cambiato assolutamente nulla. Eravamo accanto ad un letto. Con un bambino sopra. Io mi misi seduta per realizzare un attimo, Nicole, curiosa come sempre si alzò di scatto. Dopo un paio di secondi assolutamente silenziosi realizzai: il coso senza ali, o meglio, l’umano era Allan! Dovevamo fargli bere l’ampolla.. ma come? Nicole si spostò vicino al letto di Allan. –Ehi! Vieni!- Sussurrò tutto d’un fiato. Mi avvicinai: Allan aveva la bocca semi-aperta, era il momento buono. Stappai un ampollina e la versai dentro la bocca di Allan, che dopo un paio di secondi si scompose come i pezzi di un puzzle fino a scomparire, a lasciare un vuoto d’aria sotto le lenzuola che man mano si abbassarono. –Ce l’abbiamo quasi fatta.- Sussurrai felice con le grandi ali che tremavano a Nicole. Stappammo altre ampollette e le bevemmo, per tornare indietro, giustamente. Persi di nuovo i sensi, e sbattei la testa, poi non capii più nulla.

Mi svegliai con le ali stropicciate e il primo suono che sentii furono delle grida e una bomba esplosa. Aprii gli occhi: avevo la vista appannata. Sbattei velocemente le palpebre, vidi tutto e realizzai che mi trovavo nel mio letto. –Ma allora ti sei svegliata!!- La voce squillante di Nicole mi accolse. –Oh bè, al ritorno hai sbattuto la testa e perso i sensi.- Disse lei, vedendomi giustamente spaesata. –Ah… e Allan?- Dissi spinta dall’istinto lavorativo. –Il piccino ancora dorme!- Disse compiaciuta lei. Io mi passai lentamente una mano sugli occhi, stropicciandoli, sbadigliai, e piano mi alzai dal letto. Avevo tutte le ali con le piume fuori posto ed ero un perfetto casino. –Dov’è che si trova Allan?- Domandai. –Nella sala degli ospiti dove lo assiste Mike e il generale.- Rispose Nicole. Io piano mi alzai, simile ad una vecchietta decrepita, e mi avviai verso il bagno. Mi dovevo cambiare. E lavare, puzzavo come una capra dal sudore. Indossavo ancora i pantaloni corallo, la camicetta e le ballerine. Nicole invece si era cambiata da tempo. Si era messa un decolté con la gonna a balze, e un paio di scarponcini. Scacciai via tutti i pensieri. –Io, vado ad assistere il piccino.- Disse Nicole. –Si.. io vi raggiungo fra poco.- Risposi. Aprii la porta del bagno e mi infilai nel box doccia. Lo spruzzo d’acqua gelida mi fece rabbrividire. Girai la maniglia facendo tornare l’acqua calda. E chiusi la porticina del box.

Mentre l’acqua scendeva piano sulle mie ali fradicie, e sui miei capelli, pensavo e pensavo ancora, i pensieri andavano e venivano in un lampo di ricordi. Ancora tutta bagnata mi appoggiai ad una parete interna del box. Se non mi fossi arruolata.. come, cosa sarebbe mai successo? Sarei diventata una triste segretaria alle terme di famiglia, che ora, gestisce mia sorella. Non ero mai stata la preferita di papà. Ne tantomeno di mamma. Avevo 20 anni. Ero cosi giovane… avevo una ferita nel petto che ancora bruciava. Per loro ero una delusione. Una delusione totale. Ero un poco di buono per loro. Mi avevano sempre detto di no. Finché non miglioravo. Avevo sempre fatto il mio meglio, ma loro volevano di più, di più, non gli bastava mai per quando studiavo. Mia sorella maggiore, aveva 7 anni quando sono nata. Eppure è sempre rimasta la migliore per loro. Tanto che, mio padre nel testamento, quando si ammalò, e pochi giorni dopo morì, nel testamento… ha lasciato completamente tutto a mia sorella Tatiana. Avevo 17 anni, Tatiana ne aveva 24, mamma se ne era andata quando avevo solamente 12 anni, e Tatiana 19. Sono sempre stata la prima in tutto. Ma l’ultima in tutto per loro. L’ultima in amore, la cosa che contava veramente. Mamma, era morta in guerra, che oramai era scoppiata da 2 anni. E papà, è morto di una misteriosa malattia. Ora si, erano passati molti anni. Ma ancora mi sentivo l’ultima per loro. E a volte mi chiedevo se mi pensavano, qualche volta, ma… no. Non esistevano più. Se si pentivano forse, il destino sarebbe stato più clemente. Peccato, mi avevano perso troppo presto. Mia sorella rimaneva sempre la migliore e.. non sapevo che altro dire. Mentre una lacrima scendeva, seguita da un'altra, e un'altra ancora. L’unico patrimonio di famiglia erano le famose terme. A cui andavano praticamente tutti per godersi un pochino di relax. Papà dal notaio scrisse il testamento, e lasciò la casa, e l’unico suo bene, le terme, a mia sorella Tatiana. A me non lasciò un briciolo di pietra. E da li l’odio cresceva… cresceva a dismisura e non riuscivo a smaltirlo. Alla fine mi arruolai a 18 anni, pochi mesi dopo che papà era morto. Mi arruolai, perché non avevo altra scelta, c’era la guerra, forse, era la volta buona, mi sarei rifatta una famiglia. Bene, ci avevo azzeccato. Il sorriso comparve fra il mio viso cosparso di lacrime. La mia famiglia era li.
Riaprii l’acqua e mi sciacquai. Pochi minuti dopo uscii dal box, ed accesi il phon. Mi asciugai ali e capelli per bene, e qualche quarto d’ora dopo finii. Chissà se Allan si era ripreso… vabbè, pensai a vestirmi. Aprii il grande armadio, vestiti su vestiti, alla fine presi un paio di shorts, si, shorts color rosa antico. Sopra presi una camicetta nera da evidenti bottoncini dorati. Presi i miei nuovi scarponcini neri. Entrai di nuovo in bagno ed impugnai la spazzola, pettinai ali e capelli alla perfezione. Ero pronta. Uscii dalla camera e mi diressi verso la stanza degli ospiti, non poco lontano da qua. In giro c’erano nuove reclute, tirocinanti, e soldatesse, soldati, tutti incuriositi. Appena mi videro mi salutarono. Avevano saputo che avevo battuto la testa. Tutte quelle attenzioni mi davano fastidio. Ero stata cresciuta male, si vede. Scostai tutti con un battito d’ali, forse un po’ bruscamente. Girai a destra ed imboccai il corridoio, dove c’erano lo studio di Mike e la stanza del generale. La porta infondo era quella della stanza degli ospiti. L’aprii delicatamente. –Shh!! Chanel, vieni! Fai piano si sta svegliando.-  Mi accolse in un sussurro Nicole. Mi avvicinai al letto del piccino. Era… aveva i capelli castani, e la sua pelle era rosa, non aveva le ali, ma prima di tutto, non aveva piume. Lo guardai intensamente per alcuni secondi. Mi allontanai di scatto: aveva aperto piano bocca e occhi. Il piccolo Allan si irrigidì subito, sembrava spaesato. –D…dove sono?- Disse mentre le prime lacrime cominciavano a sgorgare sul suo visino dolce. Tutti fecero per iniziare a spiegare. Io mi feci indietro. Nicole, di istinto si sedette accanto al piccolo. –Non sei in pericolo, mamma e papà stanno benissimo, non si accorgeranno che sei scomparso… non sei nemmeno morto, sei in un altro universo, piccolo caro. Noi siamo angeli buoni. E abbiamo bisogno che tu tocchi una sfera speciale, perché qui c’è la guerra, e tu devi toccare la sfera speciale per fermare la guerra.- Disse Nicole, delicatamente, guardandolo negli occhi. Il piccolo Allan aveva gli occhi verdi. Era tutto tremolante.. E piangeva per lo spavento. Potevo capirlo a metà. E mi commossi. –Tu sei un angelo buono? Voi siete angeli buoni?- Disse con una piccola vocina Allan. –Si piccolino… noi siamo buoni e tu sei al sicuro.- Disse Nicole ad Allan, abbracciandolo.

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