You can't bandage the damage

di Demsmuffin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette. ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci. ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici. ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici. ***
Capitolo 14: *** Capitolo quattordici. ***
Capitolo 15: *** Capitolo quindici. ***
Capitolo 16: *** Capitolo sedici. ***
Capitolo 17: *** Capitolo diciassette. ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciotto. ***
Capitolo 19: *** capitolo diciannove. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno. ***


 

 

 

 

 Dedico questa storia a Mars e ad Ems. Grazie bellezze, siete importanti per me, mi date tanto. Vi voglio bene ♥


Capitolo uno.

 
Lui sorride. Sorride e io non faccio che pensare che con il suo sorriso che potrebbe illuminare l’intero universo. Il suo sorriso che farebbe sembrare luminoso il nero cupo della notte. Il suo sorriso che mi scioglie in mille pezzi. Il suo sorriso che non mi stanco mai di guardare. Il suo sorriso che rivolge a me. Io che ho la fortuna di poter ricevere quella rara meraviglia e a volte vorrei che non fosse così.
E allora i suoi occhi chiari si illuminano di felicità, roteano attorno senza vedere nulla e poi guardano me. I suoi occhi guardano me e io non so cosa fare.
Sorrido anche io, consapevole che mai avrei potuto raggiungere la sua bellezza, ma non mi importava. Io sorrido perché lui sorride.
“Hey Harreh” Mi dice con la sua voce talmente dolce che io non posso non rabbrividire. “Tutto bene?”
Io faccio di sì con la testa. Nervoso mi guardo attorno sperando che nessun altro veda la mia reazione. Sperando che nessuno capisca la mia morsa allo stomaco. Ma mi dimentico che siamo soli.
Lui si siede vicino a me, guardandomi sospettoso. Il suo sorriso è sempre lì, non se ne va. Ma adesso la sua espressione rilassata è stata sostituita da un’espressione accigliata.
“Sicuro? Mi sembri nervoso.” Con la sua solita sicurezza, accavalla le gambe, senza smettere di scrutarmi.
Devo stare attento. Attento a cosa faccio perché non posso fare capire niente. Non posso. Non posso.
“Certo, Loui. Come vuoi che stia?” Dico cercando di essere il più naturale possibile.
Ma lo sanno tutti che non so recitare. E la morsa allo stomaco non va via. Il respiro trattenuto nemmeno. Il mondo per me è ancora fermo. Immobile.
“Sicuro Haz? Perché se non stai bene e mi stai dicendo una bugia..” Si avvicina al mio viso. Rimango pietrificato. Mi sforzo di continuare a sorridere ma è difficile.
Perché fa male sorridere. Perché tutti i muscoli della mia faccia fanno male. Li sto sforzando, loro non vogliono ridere.
Ma non posso lasciarli liberi.
Punta il dito contro il mio petto.
“Dimmi che succede. Quel sorriso non mi convince.” Insiste.
Mannaggia a lui. Non gli si può nascondere nulla. Capisce ogni cosa.
“Loui, davvero, sto bene.” Scuote la testa. Non è convinto.
Sta per ribattere quando si blocca. Si guarda attorno. Realizza che nella stanza ci siamo solo noi e mi stampa un bacio in fronte.
Dopo uno nel collo.
Rabbrividisco ancora. Perché lo sta facendo? Perché sono così felice? Non devo sentirmi così. Non devo. E’ sbagliato.
Le sue braccia mi stringono a lui e io sorrido. Spontaneamente. I muscoli non fanno più male adesso.
“Non devi nasconderti con me, Haz.” Sussurra al mio orecchio. Sento le sue dita accarezzarmi la schiena. “Lo sai che devi dirmi tutto. Non sopporto di vedere quel sorriso.” Continua e io ho gli occhi lucidi.
Ricambio l’abbraccio, come se non ci fosse un domani. Mi godo ogni istante di quel momento perché non posso fare altrimenti. Contro ogni mia volontà voglio restare così per tutta la vita. Respiro profondamente il suo profumo fresco. Il suo profumo che da qualche mese mi fa girare la testa e accelerare i battiti.
“Lo so, scusa Boo.” Gli sussurro di rimando, sperando che anche lui abbia i brividi.
E mi ci vuole qualche secondo prima di realizzare che lui ha la pelle d’oca. Forse sente freddo, sì non c’è altra spiegazione.
Mi accarezza i capelli e poi scioglie l’abbraccio. Mi sento subito vuoto. Senza la sua forte presa, mi sento quasi perso.
“Non scusarti.” Mi dice. “Volevo ricordarti solamente che quando sei pronto, io sono qui, Harry. Sono sempre qui per te.”
Oh, Louis. Come faccio a dirtelo? Come faccio a dirti cosa ho che non va se persino io non riesco ad ammetterlo? Come te lo dico che vorrei che tu non te ne andassi mai? Come posso dirti che ogni volta che ti vedo con Eleanor il mio cuore perde un battito e mi faccio del male perché non ho altro modo per sfogare la mia rabbia? Come te lo dico Louis? Come posso dirtelo senza farti scappare via?
Annuisco. Ma non sono convinto e lui lo sa. Lui se ne accorge. Perché Louis William Tomlinson è il mio migliore amico. E mi conosce persino meglio di me stesso.
Ma non dice nulla. Non va avanti cercando di convincermi che devo parlare. Non lo fa. Semplicemente mi stringe la mano. E a me sta bene così.
Mi stampa ancora un bacio in fronte e mi sento mancare.
“Devo andare.” Guarda in basso, dispiaciuto.
Non posso nascondere la mia delusione, non posso.
“Ho una cena.” Continua accennando un sorriso.
E io lo so cosa sta per dirmi. Lo so con chi è impegnato.
Sciolgo il contatto e lui sospira.
“Harreh, mi spiace. Se hai bisogno di me resto qui, la chiamo e..”
“No.” Lo interrompo subito. Non avrebbe rinunciato alla sua cena con la sua splendida ragazza per asciugare le mie lacrime insensate. “Vai e divertiti.” Forzo un sorriso. E lui si accorge anche di quello.
Ma fa un cenno positivo. Si alza e mi da un bacio sulla testa.
“Sei il migliore amico del mondo, lo sai?”
E io voglio urlare. Voglio urlare perché non voglio essere il tuo migliore amico, Louis. Voglio essere qualcosa di più. Voglio essere la persona con cui vai a cena.
Ma non è possibile ovviamente.
Stavolta non si accorge di niente e saltellando se ne va.
Mi accerto che la porta della mia camera di albergo sia chiusa. Mi siedo sul letto, dove poco prima c’era anche lui e alzo le maniche del maglione.
Dei graffi rossi emergono subito. Pulsano di dolore e mi accorgo in quel momento che molti sono profondi.
Ringrazio il cielo che Louis non abbia visto niente. Nessuno deve vederli. Nessuno deve vedere quanto io in realtà fossi stupidamente fragile.
Mi distendo e guardo il soffitto senza un motivo particolare. Faccio cadere le mie braccia doloranti lungo i miei fianchi. Poi sospiro.
Il dolore sta quasi diventando insopportabile. E non mi dispiace.
Sì, sono felice del dolore. Perché lo merito e lo so.
Perché io Harold Edward Styles merito di soffrire.
Perché non sono mai abbastanza.
Perché ogni cosa che faccio, sbaglio. Non importa quanto volessi farla in quel momento.
Io sbaglio.
Io devo soffrire perché sono solo uno stupido ragazzino che non fa altro che sorridere alle telecamere per dimostrare al mondo la bellezza dei suoi occhi profondi come il cielo e dei suoi ricci indomabili.
Io merito di soffrire perché sono gay. Io merito di soffrire perché sono innamorato del mio migliore amico.
Una lacrima scende sulla guancia e mi affretto ad asciugarla. No, non posso piangere. Non posso essere ancora così debole.
Chiudo gli occhi. All’improvviso sento la mancanza di contatto fisico. E non quello di Louis, ma uno qualunque. Ho bisogno di dire a qualcuno perché ultimamente porto sempre maglioni o maniche lunghe.
Ma non posso fare sapere agli altri che sono debole.
Gli altri non devono sapere.




Styles wife's corner 

Lo so, è depressisima. Vi prego non uccidetemi çç
L'idea mi è venuta fuori in realtà leggendo una fan fic in inglese in cui era Louis a tagliarsi. Perciò tendo a sottolineare che sono consapevole di non aver messo al mondo un'idea originale, ma avevo voglia di scriverla. Oh, l'ispirazione a quella fic finisce qui, anche perché ho letto solo il primo capitolo (ma la continuerò, non ve ne frega nulla, amen) lol 
Il banner l'ho fatto io, perciò prendete senza chiedere o senza mettere i crediti e siete morte ♥
Questa storia, come tutte le altre che scrivo, è una Larry (si era capito) e prevedo alcuni capitoli a sfondo rosso, vi avviso, in caso qualcuno si scandalizzi in futuro lol 
Eniwei, fatemi sapere che ne pensate, prometto che i prossimi capitoli saranno più lunghi, ma non meno depressi #perdono. 
Le critiche sono sempre ben accette, ma devono essere costruttive, perciò se dovete commentare con "fa schifo" siete pregate di evitare. 
Vi lascio il mio twittah e il mio ask in caso vi va di parlarmi o di domandarmi qualcosa. Giuro che sono mordo (o forse sì..?)
Love you all.
Peace, love and Larry Stylinson, Sarah ♥




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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***


Capitolo due.

 

 
Eccomi qui, seduto sul pavimento del bagno. Con la limetta pronta a tagliare.
Ho davvero voglia di farlo. Ne ho bisogno. Perché dopo aver dimenticato le parole della canzone, durante il mio assolo, durante quello che avrebbe dovuto essere il momento più speciale di tutti e che io ho reso deludente, il senso di colpa mi stava uccidendo.  
Così avvicino la mano al mio braccio, poso la limetta sulla mia pelle e comincio a premere. Non troppo in fondo, ma quanto basta per farmi male. Quanto basta per fare uscire il sangue.
Lo merito. Lo merito e basta. Guardo il sangue che piano inizia ad uscire, scendendo sul mio polso. Odio il sangue, ma vedere quello mio che scorre, mi da soddisfazione. E’ patetico? Sì, ma non posso farne a meno.
Con la limetta vado più sopra, vicino le vene e indugio un attimo.
Ne vale davvero la pena? Devo passare davvero la limetta sulle mie vene?
Sarebbe finito praticamente tutto. Un semplice taglio profondo e niente più sofferenze.
Niente più dolore Harry, niente più delusioni.
Non ho mai pensato al suicidio, fino a questo momento.
Sarebbe finito tutto. Appoggio la lima sulla vena più visibile e inizio a premere. Faccio per muoverla e, con una punta di triste soddisfazione, mi rendo conto che voglio davvero farlo.
Non voglio più stare male. Sarebbero stati tutti meglio senza di me attorno a rovinare le esibizioni. Sarebbero stati tutti più felici senza il ragazzino insolente che muove i suoi ricci per fare vedere quanto è bello. Sarebbero stati tutti con un peso in meno, con una persona inutile in meno.
Traccio il percorso con la limetta senza però ferirmi. Dal basso verso l’alto. Sì. Eccomi è questo che devo fare.
Con la limetta poggiata sulla vena, chiudo gli occhi.
“Harry? Andiamo, devo andare in bagno anche io!” Cazzo.
Spalanco gli occhi e guardo il braccio, la limetta lì, sopra la mia vena. Un solo movimento Harry. Uno solo.
“Hazza? Me la sto facendo addosso, apri!” Ma Louis è lì, che insiste.
E a un certo punto realizzo la stupidità della cosa.
Tolgo la limetta dalla mia pelle, buttandola a terra. Che diamine mi è preso?
Che diamine stavo per fare? Sono davvero caduto così in basso?
Gli occhi mi si fanno lucidi, ma resisto.
Mi alzo di colpo e la testa prende a girare. Vedo solo il bianco attorno a me e mi prendo la testa con le mani.
“Diamine.” Dico senza curarmi del fatto che Louis è dall’altra parte. Chiudo gli occhi e respiro, cercando di riprendermi.
“Haz? Stai bene?” Louis fa per aprire e io perdo un battito. Ma la porta è chiusa a chiave. Rimane chiusa e tiro un sospiro di sollievo.
Respiro ancora e già mi sento meglio. Mi abbasso cercando di fare piano e mi infilo la limetta nella tasca.
“Solo un attimo.” Dico.
Apro l’acqua del lavandino e mi sciacquo il braccio. L’acqua diventa rossa di sangue e il taglio fresco comincia già a fare male. Per non sporcare la tovaglia, prendo un pezzo di carta igienica e mi asciugo con quella. Pulisco a terra qualche traccia di sangue cercando di non tralasciare nulla.
Butto via la carta e mi abbasso la manica della giacca.
Mi asciugo gli occhi e mi piazzo davanti la porta, aspettando ancora un po’.
Aspettando che lui parlasse, senza un motivo preciso.
“Hazza?” Percepisco un debole sussurro e non so se è la sua voce o sono le mie orecchie. ”Mi sto preoccupando, vuoi aprire questa maledetta porta?”
Con la mano spingo in basso la maniglia e poi la lascio andare.
Louis di fronte a me, mi guarda visibilmente confuso.
“Hey” accenna un sorriso e lo faccio anche io. “Sicuro di stare bene? Mi sembri sconvolto.”
Io annuisco e scrollo le spalle. Non mi va di parlare, non mi va di dire una sola parola.
Lo supero e mi distendo sul letto, sopra le coperte.
Mi giro verso di lui e noto che è rimasto fermo, mi da le spalle. Fa per girarsi, ma poi scuote la testa ed entra in bagno.
Una lacrima amara scende dal mio occhio destro e io mi affretto ad asciugarla.
Stupido Harry, non piangere. La colpa di tutto questo è solo tua, non piangere.
Mi giro e soffoco la testa sul cuscino. Vorrei urlare, ma se Louis mi sente nonostante il cuscino? Poi avrei dovuto spiegarglielo. E avrei potuto dare la colpa all’assolo.
Sì, se mi avesse sentito avrei detto che mi dispiaceva per aver rovinato l’esibizione. Non era poi una bugia, non gli avrei mentito.
Ma ci sono tante cose che gli sto nascondendo e non è da me.  Non è da noi nasconderci le cose.
E mi sento ancora di più uno schifo perché lui è sempre stato sincero con me. E io lo ripago nascondendogli segreti su segreti e dicendogli bugie su bugie.
Sento un peso sul letto e alzo la testa. Louis è lì, vicinissimo a me, mi guarda preoccupato. Visibilmente preoccupato.
Il battito prende ad accelerare.
“Non so cosa ti stia succedendo.” Inizia guardandomi negli occhi. Mi costringo a sprofondare nei suoi e mi innamoro ancora di quella sfumatura chiara che balena nei suoi occhi. “Non so perché hai smesso di parlarmi, perché hai smesso di dirmi anche cosa hai mangiato a cena, non so perché non ti confidi più con me, ma non ti dirò che mi sta bene, perché non è così. Ho smesso di essere parte della tua vita da un po’.” Trattengo il respiro quando i suoi occhi si inumidiscono. “Anzi, tutti abbiamo smesso di fare parte della tua vita. E siamo tutti preoccupati. Qualunque cosa sia, ci stai spaventando e va bene se non vuoi dirlo agli altri, ma sono io.” Fa una pausa in cui sembra che stia per mettersi a piangere da un momento all’altro. Il mio stomaco si stringe in una morsa di dolore. Gli sto facendo del male, realizzo. Lui è preoccupato e la colpa è solo mia. Quanto sei stupido Harry? Volevi sistemare tutto e invece lo stai solo ferendo.
Stai facendo quello che non volevi fare.
“Sono Louis. Sono la persona che mai e poi mai potrebbe giudicarti.”
Le lacrime però non scendono sulle sue guancie, scendono sulle mie. E lui sospira vedendole.
A un certo punto non riesco più a guardarlo. E mi pongo le stesse domande di sempre.
Devo davvero dirglielo? Devo vuotare il sacco? Che spiegazione avrei trovato per i tagli?
Anche se gli chiedo di non domandarmi il perché, lui lo avrebbe fatto, perché è impossibile non chiedersi il perché di una cosa del genere.
E non posso dirgli che è colpa sua, non posso.
Inevitabilmente singhiozzo, e altre lacrime bagnano il mio viso.
“Hazza, scusa non volevo..” Fa per avvicinarsi, ma io lo allontano. Mi metto seduto e accavallo le gambe.
“Non posso.” Faccio finalmente. “Non posso dirtelo.” E’ vero. E’ la verità, per una volta non gli sto mentendo.
“Perché no? Hai paura che io possa reagire nel modo sbagliato o..” Annuisco subito, senza farlo finire.
Si mette seduto di fronte a me. I suoi polpastrelli passano sulle mie guancie asciugandole. Con quel contatto mi sento già meglio. Siamo vicini. Troppo vicini. E dopo un momento lo siamo ancora di più. Cosa succede?
“Qualunque cosa sia, io non me ne vado.“ Dice. I suoi pollici ancora poggiati sulle mie guancie. Ci facciamo sempre più vicini. Posso sentire il suo respiro e non capisco.
Non capisco perché improvvisamente ho il suo viso a un centimetro dal mio e lui non si sposta. Non capisco come finiamo con le labbra incollate.
Mi piace. Mi piace sentire le sue labbra, mi piace sentirlo respirare. Mi piace che le sue mani mi stiano accarezzando le guancie. Ma è fottutamente sbagliato. Non deve piacermi. Lo bacio contro ogni singola cellula del mio corpo. Ma qualcosa mi dice di farlo. Qualcosa che batte all’impazzata. 
E ancora più velocemente di prima io mi stacco.
Lui rimane immobile senza parlare. E nemmeno io dico qualcosa.
Nessuno dei due guarda l’altro, ma siamo vicini. Le sue mani non mi toccano più, ma sono vicini alle mie gambe. Me le sfiorano.
Guardo in basso, a destra, a sinistra, in alto e poi lui. E anche lui guarda me, nello stesso momento.
Apre la bocca come per dire qualcosa, ma la richiude.
Cosa ho appena fatto? L’ho baciato? L’ho davvero baciato? Dio, Harry, come hai potuto? Come hai potuto fartelo persino piacere?
“Scusami Louis. Non dovevo.. scusami.” Mi alzo di scatto mentre lo sento dire che andava tutto bene. Ma non è così. Non va tutto bene, non va affatto bene.
Mi dirigo verso la porta con il volto in fiamme e un groppo in gola.
“Harry è tutto a posto, davvero.” Ripete. Scuoto la testa e mi giro.
“Non va tutto bene Louis!” Urlo e lui sussulta. “Non va affatto bene! Quando lo capirai?” Respiro a fatica e me ne vado, senza girarmi, senza guardare le sua reazione.
Finisco nel corridoio dell’albergo e noto con dispiacere che è invaso da persone.
Ma si fanno i fatti loro, non mi guardano e sono sollevato.
Mi appoggio alla porta e cerco di respirare. Ma non ci riesco.
Ho appena commesso la più grande scemenza della mia vita. Mi passo una mano sulla faccia.
“Harry?” Una mano mi tocca un fianco e io sobbalzo, spaventato. “Cosa succede?” Liam è lì. Accanto a me. Le sopracciglia aggrottate e lo sguardo interrogativo.
“L’ho baciato.” Faccio senza pensarci troppo. “L’ho baciato.” Indico la porta.
Liam sembra ancora più confuso di prima. Ma dopo segue la traiettoria della mia mano. Sa che in stanza con me c’è Louis. Lo sa.
“Oddio!” Una voce acuta riempie tutto il corridoio. “Quelli sono Liam ed Harry!”
Non do peso alla ragazza. No do peso alle urla che d’un tratto riempiono l’intero albergo. Non faccio caso a nulla.
“Non me la perdonerò mai.” Dico rivolto a Liam. Quasi in trance.
Mi prende per un braccio, quel braccio, facendomi un male assurdo. Alcune ragazze cominciano a correre e lui mi trascina dentro la sua camera d’albergo. Chiude la porta a chiave giusto in tempo di non essere assaltati e poi si gira verso di me.
Scruto attorno, cercando Zayn o Niall.
“Non ci sono” Dice come se mi avesse letto nel pensiero. “Sono andati a fare un giro insieme.”
Io annuisco. E il mio pensiero va a Louis. Senza motivo, penso a Louis.
E ancora sento una stretta allo stomaco. Imbarazzo, senso di colpa. Liam mi fa segno di seguirlo.
Tengo lo sguardo basso, trattenendo il respiro. Camminiamo fino al divano. Mi aspetta e poi mette una mano sulla mia schiena, spingendomi a sedermi. Lo faccio perché non so che altro fare. Mi sento stupido. Improvvisamente più stupido del solito per aver baciato Louis, per aver detto a Liam cosa avevo fatto nel bel mezzo del corridoio di un albergo pieno di gente, dove qualcuno potrebbe aver scattato qualche foto, fatto qualche video, sentito le mie parole.
“Non è solo questo.” Attacca subito. “Non è solo il bacio il problema.”
Guardo sempre in basso, non sapendo che dire. Stavolta dirlo non è così facile.
Ma devo farlo. Quella è la mia occasione per dirlo a qualcuno. E forse è proprio quello che mi serve.
“Promettimi una cosa.” Sussurro tornando a respirare. Lui annuisce.
Non è spaventato, ne preoccupato. Solo ansioso di sapere. E io voglio farglielo sapere. Perché è quello il momento giusto.
“Non scappare via, per favore.” Gli chiedo.
Liam sembra confuso ancora una volta, ma mi stringe la spalla, come risposta.
“C’è una cosa che devo farti vedere.” Dico. Solamente in quel modo posso farlo. Perché dirlo è troppo difficile. Ammettere ad alta voce di essere uno psicopatico è difficile.
Senza guardarlo, tiro la manica della giacca su e lui trattiene il fiato non appena vede i graffi ancora freschi. Ce ne sono parecchi, purtroppo. Tutti troppo vicini alle vene e tutti tremendamente pericolosi. Ed è quella la prima volta che me ne rendo conto.
“Mio Dio, Harry.” Si porta una mano sulla bocca, chiude gli occhi e poi li riapre.
Spero di non aver rovinato nulla. Non di nuovo. Due volte in un giorno e nel giro di mezz’ora non può succedere.
“Perché?” E’ la prima domanda che mi fa.
“Sono gay.” Come prima, parlo senza pensarci troppo. Parlo senza pensare perché sono stanco di farlo. Ho bisogno solo di dire tutto. “Perché sono gay.” Ripeto. E’ la prima volta che lo dico ad alta voce. “Sono innamorato del mio migliore amico. Sono un fallimento totale e..” Sto per continuare quando lui mi stringe tra le sue braccia.
Non dice niente. Mi stringe e io inizio a piangere. A piangere sul serio dopo tanto tempo.
Mi sento al sicuro. Non come quando Louis mi abbraccia, ma mi sento al sicuro.
“Sh, Harry, non preoccuparti adesso. Stai tranquillo” Mi accarezza la schiena e io mi lascio andare alle lacrime. Troppo debole per ricambiare il suo abbraccio. “E’ tutto a posto.”
Vorrei dire anche a lui che non va tutto bene, ma non ci riesco. Non voglio discutere. Voglio solo piangere.
E lo faccio. Piango tra le braccia di Liam sentendomi al sicuro.





Styles wife's corner 
Tadaaaaaaaa. Lo so che mi odiate, mi odiate sempre, ma pazienza ahahahah 
Contante che è da qui che inizia la storia, da Liam. Tenete d'occhio Payne perché avrà un ruolo importante in tutto questo :')
Ma comunque... Harry ha baciato Louis? Mh, e come si è sentito lui? 
Io non lo so, voi lo sapete? lol 
Seriamente, voglio sapere come pensate che lui si sia sentito quando si sono baciati. 
Perché io non ve lo dirò presto.
Am I a bad person?
Mi faccio sempre questa domanda quando scrivo questa fan fiction. 
Non è colpa mia, è Harry che me la chiama. E' Harry che mi dice di scrivere tutto questo.
Non sono pazza, ma davvero ogni volta che lo guardo sento ogni sua insiicurezza e questa fan fiction nasce così. 
Sono pazza, amen. 
Ringrazio chiunque abbia recensito lo scorso capitolo, ho amato ogni singola persona. Grazie a chi la tiene già tra le preferite, chi ricordate, chi seguite. 
E grazie a tutti i complimenti che mi fate su twitter, ogni volta non me li aspetto e mi commuovo sempre. 
Se volete parlarmi lì, sono sempre @Demsmuffin :)
Presto posterò una shot sempre Larry (quando mai io scrivo Larry?) sui VMA. Non so ancora se sarà rossa o verde, sono indecisa, perciò se mi fate sapere la preferenza ve ne sarei grata lol
Keep calm and believe in Larry Stylinson.
Love you all, Sarah ♥ 





 

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Capitolo 3
*** Capitolo tre. ***


Capitolo tre.

 

 
Mi sveglio sentendomi subito mancare il fiato. Quando apro gli occhi il primo pensiero che ho è su Louis. Su Louis e il bacio. Immediatamente mi sento andare a fuoco. Sono stato stupido. E’ stato un gesto incosciente da una persona stupida che prima di agire non riesce a ragionare.
Stupido Harry. Sospiro e mi giro dall’altra parte del letto, sperando di trovare Liam.
Ma c’è solo il vuoto.
“Liam?” La mia voce esce roca e assonnata. Così tossisco cercando di schiarirla. Mi metto seduto e mi passo una mano sul viso.
“Liam?” Ripeto. Niente. Silenzio. Tolgo la coperta che mi copre le gambe.
Dov’era andato? Perché mi aveva lasciato solo? Non poteva avermi abbandonato. E se ieri sera lo avevo spaventato? Mi sento mancare il fiato di nuovo e mi alzo. Apro la porta della camera da letto ma c’è solo il triste e vuoto silenzio. Non un rumore.
“Forse è solo uscito per la colazione.” Dico ad alta voce. Improvvisamente, mi accorgo che sono completamente senza vestiti e la cosa mi da fastidio. Perché le mie braccia sono scoperte. E se entra qualcuno e mi vede così? Prendo velocemente un maglione e un paio di pantaloni, che sono sicuro essere di Liam e mi infilo in bagno, senza un motivo preciso. Getto i vestiti da un lato e apro un cassetto in cerca di qualcosa di tagliente. Anche un rasoio. O un paio di forbici.
Nel primo cassetto non trovo nulla. Solo uno stupido dopobarba. Apro il secondo e comincio a spostare tutti gli oggetti totalmente inutili in cerca di qualcosa che tagli. Ma non trovo nulla.
Sbuffo seccato. Insomma, da qualche parte deve pur esserci qualcosa. Come fa a radersi altrimenti? Afferro i vestiti e trenta secondi dopo ho addosso un ridicolo maglione grigio e dei pantaloni verdi troppo larghi per me.
Dovevo fare più caso alla pessima combinazione di colori. Scuoto la testa.
Pazienza. Mi guardo allo specchio e mi viene una forte voglia di prendermi a pugni. Voglia di punire me stesso.
Punirmi per aver fatto la cosa più stupida del mondo baciando Louis.
Esco dal bagno, con l’ansia addosso. Voglio solo provare un po’ di dolore, per sentirmi meglio con me stesso. Solo un po’, chiedo troppo?
Mi ritrovo davanti al divano. Guardo a destra e un immenso mobile marrone sta lì, pieno di oggetti. Oggetti che potrebbero fare male.
Mentre la testa prende a fare male per non so quale motivo apro il primo cassetto. Trovo solamente cose inutili. Una custodia per occhiali, una stupida macchina fotografica digitale, delle penne. O, ma che se ne fa Liam delle penne? Non ha un coltello da qualche parte? Apro il secondo cassetto, ma non sono fortunato.
Cose altrettanto inutili. O lo ha fatto a posta o.. dei fogli. Ci sono dei piccoli fogli i cui bordi possono tagliare.
Mi scappa un sorriso soddisfatto. Mi serve solo dolore, non necessariamente una limetta. Avrei potuto tagliarmi tra le dita.
Così starò meglio.
“Cerchi questa?” Una voce mi fa trasalire e mi giro di scatto.
Liam sta di fronte a me. Tiene in mano una limetta e io deglutisco per il nervoso.
Oddio. E’ uscito e ha portato con se la limetta?
Infila una mano nella tasca e tira fuori un paio di forbici.
Sbarro gli occhi con il cuor a mille.  Prendo a torturarmi le mani.
“No, cercavo solo..” Inventati qualcosa Harry. Inventati qualcosa. Non puoi mostrarti debole Harry, non devi, non fare lo stupido. Sii intelligente per una volta. “Stavo solamente cercando dei vestiti decenti.” Dico su due piedi. La prima cosa che mi era venuta in mente. E sarebbe stata anche geniale escluso il fatto che non stavo frugando nell’armadio.
Liam scuote la testa e posa la limetta e le forbici sul tavolino di vetro, mentre io avverto un capogiro.
Merda Harry. Non c’è mai una volta che fai qualcosa di intelligente, mai.
Stringo il pugno, le mie unghia sono dentro la mia pelle e non appena sento il dolore entrare, metto ancora più forza e le mie unghia si fanno ancora più strada dentro la mano. Un dolore lacerante parte dalle dita e arriva fino alla spalla.
Liam è girato, non si accorge di nulla e io spingo ancora. Le mie unghia sono ancora più dentro la mia pelle, infilzate come se fossero dei chiodi e fanno male.
Ma io mi sento meglio, molto meglio.
“Sono andato da Louis.” Dice girandosi.
Io respirando velocemente sciolgo il pugno, le mie dita sono indolenzite e mi sforzo di non guardare la mano. Spero non ci sia sangue altrimenti avrei dovuto spiegare e non mi va. Non mi va di dirgli nulla. E quello che ho detto ieri sera.. be, me ne sto già pentendo.
Io non dico nulla su di Louis, abbasso lo sguardo, mi limito ad arrossire come un idiota. 
“Harry..” Liam fa un passo verso di me. “Sta male.”
“Ne dubito.” Perché mai dovrebbe? Sono io quello che lo ha baciato non lui, sono io quello stupido.
“Tu non gli hai chiesto come si sente.” Si avvicina ancora e io mi chiedo perché avrei dovuto chiederglielo.
So già come si sente. E’ come se una ragazza baciasse me. Non proverei assolutamente nulla.
Ed è sbagliato. Funziono al contrario. Oh, perché io?
“Lo so come si sente.” Ribatto. Incrocio le braccia al petto mentre Liam è ormai di fronte a me.
Il suo sguardo è comprensivo, preoccupato. Mi sento improvvisamente nervoso.
“Harry, gliel’hai chiesto?” Mi domanda, punta i piedi per terra, ben fissati. Non mi guarda negli occhi, guarda la mia mano e io cerco di nasconderla.
“Lo so come si sente, Liam.” Faccio ancora, come se lui non capisse la mia lingua.
E forse non mi sa capire davvero.
“Ma tu, Harry, glielo hai mai chiesto?” Ripete, stavolta mi guarda negli occhi, come se si sforzasse di capirmi.
Io sospiro. Non avrei mai chiesto a Louis come si sentiva, era stupido, insensato e sinceramente? Non riesco ad affrontare il discorso. Non ce la faccio.
Conoscendomi sicuramente farfuglierei qualcosa di stupido e insensato, per poi ripetermi quanto sono stato idiota e farmi del male.
“Non vuoi chiederglielo?” Insiste Liam. Io scuoto la testa e lui annuisce.
Non dice niente, non fa nient’altro. Non insiste più, non continua con il discorso, semplicemente annuisce. E mi sorride.
E io non capisco. Perché non insiste? Perché non prova a convincermi? Perché non mi trascina da Louis? Qualunque altra persona lo avrebbe fatto.
Invece Liam Payne annuisce e sorride. Guardo i suoi occhi e lui mi guarda i miei. Mi sento vulnerabile  e distolgo subito lo sguardo.
Tremo, senza motivo. Semplicemente le gambe mi si fanno deboli e la testa gira ancora. Voglio sedermi.
“Hai fame?” Liam mi accarezza il braccio come per rassicurarmi. Ha notato le mie gambe?
Preme leggermente la mano spingendomi sul divano e io ci vado, annuendo e basta.
Improvvisamente non ho più voglia di parlare. Voglio solo restare lì. Con Liam. Senza parlare.
“Cosa vuoi?” Si siede accanto a me con il telefono della camera d’albergo in mano. Io scrollo le spalle.
La mia lingua era incollata al palato, la gola secca, la mia voglia di emettere suono pari a zero.
“Indifferente?” Incalza lui. Io faccio un cenno positivo. Lui sospira pesantemente.
Non mi volto a guardarlo. Fisso il tavolino di vetro con la limetta e le forbici.
No Harry. Non ci pensare. Non farlo. Mi mordo il labbro inferiore per costringermi a non allungarmi e prendere una delle due cose. Mi mordo il labbro per cercare di pensare a un modo per prenderle senza che Liam mi veda.
Lo sento ordinare la colazione e poi mi circonda le spalle con un braccio.
“Scusa per prima, non volevo essere invadente.” Dice guardandomi.
Distolgo subito lo sguardo dal tavolo, scuoto la testa.
“Sai..” Continua lui, forse capendo la mia zero voglia di parlare “Stasera c’è una festa a casa di Ed. Ci sarà un po’ di gente. Avevo intenzione di andarci, ma se tu non vuoi, io rimango con te.”
Una festa a casa di Ed? Devo andarci? Be, almeno mi sarei distratto da tutto questo. O almeno, ci avrei provato.
Ma.. e se Louis ci va? La mia voglia di vederlo è inesistente. Non perché non voglio. Pagherei oro per vedere le sue labbra sottili, per vedere i suoi occhi chiari splendere sotto la luce della luna. Voglio vederlo. Ma non posso. Non ce la faccio. Non posso sostenere il suo sguardo, non posso affrontare una discussione con lui senza che le mie guancie diventino rosse fuoco e senza che cominci a torturarmi le mani. Decisamente non ce l’avrei fatta.
Mi giro a guardare Liam, che aspetta un mio segno di vita. I miei occhi parlano per le mie parole e lui scuote la testa.
“Louis non ci sarà. Gliel’ho chiesto. Deve uscire con El..” Si blocca immediatamente. Non finisce la frase, non finisce nemmeno quel nome, quel maledetto nome e io mi sento morire.
Mi sento subito il petto vuoto, un groppo in gola,  il respiro corto.
“Scusa, io non..”
“A che ora è?” Lo interrompo, finalmente parlando.
“Alle otto. Quindi hai..?”
“Voglio andarci.”
Voglio solo restare con i miei amici.
E la festa di Ed sarà sicuramente una serata tranquilla.
E’ tutto quello che mi serve.


 
 
 
 
 
 
 
 
Mi ritrovo nella casa di Ed che ormai conosco fin troppo bene. Troppe volte mi sono divertito con Louis lì dentro. Quella casa è testimone di troppe cose. Ma non ho paura di entrarci. Non ho paura dei ricordi. Non ho paura. Ho solo paura del cortile di Sheeran, che non riconosco più.
Addobbato con delle luci gialle appese ai muri, falciato con la massima cura e riempito con un enorme stereo di dimensioni quasi spaventose e con un enorme tavolo su cui posso vedere ogni tipo di alcolici possibili ed immaginabili. Il cortile di Sheeran sembra più un luogo di una ragazzina con la voglia di fare casino tutta la notte.
Scuoto la testa mentalmente chiedendomi perché mi sono lasciato convincere.
“Che c’è? Non ti piace?” Ed si avvicina a me. Tiene in mano due bicchieri di liquido arancione indefinito.
“Sa tanto di ragazzina viziata.” Gli faccio notare scrollando le spalle.
Lui sbuffa e scuote la testa.
“Me ne farò una ragione.” Commenta porgendomi l’altro bicchiere. Senza indugiare, lo prendo e lo porto alla bocca, subito ne svuoto il contenuto, sentendomi già meglio.
“Hey!” Urla quasi Ed “La festa inizia tra due minuti Harry, vacci piano. Non voglio raccogliere il tuo vomito per il giardino.”
“Sarò troppo occupato a scoparmi qualcuna per vomitare.. Perché ci saranno delle ragazze, vero?” Faccio prendendo anche il suo bicchiere. Non gli do il tempo di aprire bocca che bevo pure quello.
“Mi preoccupi.” Sospira, ma non ha il tempo di dire altro che un’ondata di gente ci traveste.
E io riesco a confondermi tra la mischia prima che Ed continui il suo discorso. Non mi va proprio di dirgli quello che ho detto a Liam.
Mi fido di Ed, ma è già tanto che Liam sa. Non devono aggiungersi altre persone alla lista, proprio no.
La musica inizia. La tipica musica che odio. Quella per le feste. Quella che ti fa venire il mal di testa e ti fa venire voglia di spaccare lo stereo.
Ma è una festa. E questa musica spacca timpani è lecita anche per Sheeran.
Sospiro andando al tavolo degli alcolici. Prendo una bottiglia, non curandomi del fatto che Liam è li, accanto a me e mi sta scrutando con i suoi occhi scuri.
“Harry?” Chiede cercando di mettermi una mano sulla spalla, ma io lo scosto. “Non hai intenzione di ubriacarti, vero?”
Mi volto a guardarlo, fulminandolo.
“Ti frega, Liam?” Faccio scontroso.
Mi da fastidio che lui sa. E mi dispiace, perché sono stato io a dirglielo, sono stato io a confidarmi, sono stato io ad essere vulnerabile.
Mi sale il senso di colpa, ma decido di ignorarlo, non gli lascio il tempo di aprire bocca e sono in mezzo alla miriade di persone a me sconosciute con delle bottiglie in mano.
Non so nemmeno che alcolici sono. Levo il tappo di una bottiglia a caso e bevo il primo sorso.
L’alcol scende per la mia gola, fino ad arrivare al mio stomaco e una sensazione di calore mi percorre ogni centimetro. Sento il mio sangue andare a fuoco, la mia testa che mi prega per un altro sorso e bevo ancora.
Bevo e di nuovo il mio corpo diventa un fuoco. Le persone cominciano a ballare.
Non so perché Ed aveva dato quella festa così poco da se, così caotica, così piena di alcolici e di musica orrenda.
Di solito le sue feste sono dei barbecue calmi e intimi. Quella festa non è nel suo stile.
Bevo un altro sorso guardandomi attorno. Non sono l’unico a sembrare disperato. Sono circondato da gente che beve dalle bottiglie. Aggrappandosi a quelle come se potessero risolvere i problemi con un po’ di alcol.
E magari si potesse davvero. Intravedo Ed che si avvicina a me con un’espressione corrucciata.
Merda.  Perché non pensa a divertirsi invece di pensare a me?
Nessuno pensa mai a me. Perché proprio quella sera in cui voglio semplicemente restare solo?
Mi faccio strada tra la gente e più velocemente che posso e con il cuore a mille per il momento fastidioso, spalanco la porta di casa ed entro.
Trovo solo silenzio. Sollevato, decido che è meglio togliermi da dietro la porta.
Salgo le scale, fino in soffitta. Mi siedo sul pavimento, con le bottiglie rigorosamente in mano.
Mi manca Louis. Lo so, lo sento. Mi manca. Non gli parlo da ieri sera, ma stare un giorno senza di lui mi fa già stare male.
La gola mi brucia e ignoro con un altro sorso di quella che mi sembra Vodka.
Perché deve succedere a me? Perché, tra tutte le persone di questo mondo, proprio io devo essere gay? Proprio io devo sentirmi attratto dal mio migliore amico? Perché sono così idiota da aver rovinato l’amicizia più bella che esista?
“Ma tu, Harry, glielo hai chiesto?”
Le parole di Liam mi percorrono la mente.
No.
No.
No.
Bevo un altro sorso. E un altro ancora. E ancora. Ancora. Ancora. Fin quando nella bottiglia non rimane più nulla. Mi guardo le mani e mi accorgo che sto tremando. Ignoro e svuoto un’altra bottiglia, più velocemente di prima.
Mi distendo sul pavimento, mentre avverto mal di testa. Prendo l’altra bottiglia, e di nuovo, la porto alla bocca, bevendo ancora.
E tutto quell’alcol, mi fa stare bene. Perché penso solo che le pecorelle sul tetto sono buffe. Perché sono rosa.
Comincio a ridere, senza un motivo preciso, forse per le pecorelle che stanno girando e sento dei passi.
Sbuffo.
“Liam? Ed? Andate via.” Faccio debolmente.
“Chi è Liamed?” Una voce di una ragazza mi giunge all’orecchio troppo forte e mi porto le mani alle orecchie.
Cominciò a ridere, di nuovo. E dopo quella ragazza che ancora non avevo guardato mi segue a ruota. 
La sento avvicinarsi e mi giro quando lei si distende accanto a me.
Lunghi capelli biondi e grandi occhi azzurri. Uno spettacolo. Meravigliosa.
L’avrei portata a letto se solo non fossi gay.
Oh. E, anche ridendo e con l’alcol che mi esplode dentro realizzo che è quello che devo fare. E poi avevo detto a Ed che l’avrei fatto.
Lei mi sorride.
Senza neanche pensarci, fingo di trovarla attraente e mi attacco alle sue labbra.
E a lei sembra non dispiacere. Lega le sue mani sul mio collo.
C’è un odore nauseante di vomito misto a sudore, ma non mi importa. 
La testa mi gira e chiudo gli occhi, cercando di non farci troppo caso. Lei aggiunge la lingua e io fingo di farmelo piacere. Le accarezzo i capelli e nonostante la nausea, ricambio il bacio.
Deve essere così. E’ questa la cosa giusta da fare. Scoparmi le ragazze.
Non i ragazzi, ma le ragazze.
“Andiamo a casa mia?” Le dico baciandole il collo. Lei ride ancora e annuisce, poi mi morde il labbro inferiore, delicatamente.
E mi serve tutta la mia forza di volontà per non scacciarla via, perché nella mia testa, quel gesto appartiene a Louis.
Le faccio un sorriso malizioso e ci alziamo insieme. La testa mi gira perché ho bevuto troppo o perché mi sono alzato troppo in fretta? Lei sembra non fare caso a me.
“Queste vengono con noi.” Decreta prendendo le bottiglie piene dal pavimento.
Scoppio a ridere per la sua faccia buffa. Le guancie rosse e gonfie, i capelli biondi spettinati e gli occhi totalmente persi in chissà quali pensieri insensati. 
Però era proprio bella. Lei segue la mia risata e dopo mi porge la mano.
“Andiamo, mio eroe?” La sua risata continua, quasi strafottente.
La prendo per mano, faccio un inchino e la bacio.
Lei arrossisce e io la prendo sulla spalla.
La testa mi gira e non capisco davvero cosa sto facendo. Adesso non mi sembra più giusto andare avanti. Ma devo. Scendo le scale e per mia fortuna non trovo nessuno pronto a fermarmi.
La ragazza prende ad agitarsi, facendomi male allo stomaco, ma non glielo dico.
“Mettimi giù!” Urla.
Sbuffo e la poso a terra. La prendo per il braccio evitandola di fare cadere. Lei si avvicina e mi bacia.
Quando si stacca la prendo per mano e cominciamo a correre, verso l’albergo. 
Non so come ci arriviamo, totalmente ubriachi, sudati, confusi.
Spero che qualcuno abbia scattato una foto di me con lei. Spero che quelle foto siano giù su internet.
Apro la porta della mia stanza e la trascino sul letto.
Lei prende a baciarmi e io la lascio fare.
Deve essere così.

 




Styles wife's corner 

SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. SCUSATE. 
Mi sento una merda per non aver aggiornato prima nonostante il capitolo fosse pronto. Aspettavo di raggiungere le 10 recensioni al due, ma nada, perciò mi sono rassegnata lol
E ho avuto problemi.. dei problemi merdosi che non vi elenco per la privacy e perché non ve ne può fottere un cazzo lol 
E scusatemi anche per aver fatto scopare Styles con quella lì. Volevo descrivere la scena nei dettagli, ma il capitolo sarebbe stato troppo lungo e poi io non ce la faccio a scrivere sesso etero, perciò, scusate lol 
Oh, è ovvio che le feste di Arancia Sheeran probabilmente non sono davvero così, ma mi serviva inserire un caro amico di Harry e Grimcoso mi sembrava troppo scontato. 
E poi amo Sheeran e poi anche lui avrà un ruolo importante. Perciò amatelo. Come dovete amare Liam, perché sì. 
Nel prossimo capitolo arriverà Louis... e parlerà...parlerà di... parlerà. 
Vi dico solo che vedrà la ragazza uscire dalla camera di Harry. E ci saranno Ciambellina (Niall) e Tamarro (Zayn)
E vi ho detto troppo, e già me ne pento, ma mi da noia cancellare. Perciò, pace. 
Oh, la scuola non rallenterà gli aggiornamenti, se non aggiorno non è per lo studio. 
Ringrazio chiunque si caga questa storia e chiunque mi tartassa su twitter, non siete rompipalle, anzi. 
Adesso ho scritto troppo (novità?) 
Vado via.. peace, love and Larry Stylinson ♥

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro. ***


Capitolo quattro.

 


 
Apro lentamente gli occhi, e faccio per girarmi dall’altra parte, ma appena cerco di muovermi la testa prende a pulsare. Perché mi fa male così? Mi massaggio le tempie con le mani, stringendo gli occhi per il dolore e respiro. Cerco di ricordare dove sono stato la sera precedente, ma ho solamente il vuoto. Sento qualcun altro respirare e, confuso più che mai, mi sforzo di girarmi.
Aggrotto le sopracciglia nel vedere una sagoma dormire accanto a me. La sagoma di una ragazza. Bionda.
E non capisco. Cosa ci fa una ragazza su.. Oh.
Ora ricordo tutto. Ricordo di come Liam mi ha detto della festa di Ed, mi ricordo di come io mi sono ubriacato pesantemente, mi ricordo di come lei è venuta in soffitta completamente ubriaca e di come, ormai perso totalmente in chissà quali alcolici, l’ho portata nella mia camera d’albergo.
Nel momento stesso in cui decido di alzarmi, e di scappare, lei si muove verso di me.
Apre gli occhi e io rimango lì, a fissarla. Cosa faccio adesso? Non ho nemmeno il tempo di entrare nel panico.
Lei mi sorride e si passa una mano sul viso. Il suo naso piccolo la rende davvero adorabile. E adesso capisco perché ho scelto lei. E’ la tipica ragazza che tutti si aspettano che io frequenti. Li ho lasciati soddisfatti? Spero tanto di sì.
“Wow. Mi sono appena scopata Harry Styles.” Decreta. La voce ancora assonnata, ma si capisce che è orgogliosa di averlo fatto.
E io non so se stringerla o mandarla via. Lei ride, guardandomi.
“Allora?” Si avvicina e io provo solo terrore. Faccio per sedermi, ma la sua mano mi spinge giù e mi ritrovo con il suo corpo sopra il mio. Mi bacia il collo e devo sforzarmi di farmela piacere. Perché Harry Styles deve frequentare le ragazze.
E quindi, premo le sue labbra sulle mie, baciandola. 
“Buongiorno.” Faccio sorridendole. Lei, per tutta risposta, infila la sua lingua dentro la mia bocca e prende a toccarmi. Ovunque. E quando arriva lì (sì, proprio lì, in basso) sento una grande voglia di fermarla. Ma non posso mandarla via, non posso. Avrebbe sicuramente detto a tutti di essere stata respinta, e si sa, solo una persona gay può rifiutare una ragazza che vuole scopare.
Così, chiudo gli occhi e mi sforzo. Perché devo scoparla. E, visto che sono sobrio, devo trovare il modo di farmela piacere e mi immagino Louis al suo posto. Fingo che la mano che sta cominciando a muoversi sia quella del mio migliore amico, non quella sua.
E improvvisamente è Louis che mi lascia i baci umidi sul petto, è Louis che con la lingua è intento a non tralasciare neanche un centimetro del mio corpo. E’ Louis che sta muovendo la mano. E’ Louis che comincia a farmi sospirare per l’eccitazione.  
I suoi movimenti si fanno sempre più forti e io mi mordo il labbro inferiore per non urlare il nome del mio migliore amico. Ansimo e lei sembra soddisfatta.
Lei è convinta che a me piaccia quello che lei mi sta facendo, ma non lo sa che nella mia mente sta succedendo tutta un’altra cosa. Non può saperlo. Come potrebbe anche sono immaginarlo?
Le sue labbra sfiorano il mio collo, la mia mascella, la mia guancia e infine, le mie labbra.  
E prima che io possa trovare qualunque idea per farla smettere, mentre la sua mano continua a muoversi facendomi sospirare sempre più forte, sento una porta che si spalanca.
“Hey Harry, volev…” Merda. Spalanco subito gli occhi e mi tiro su. Liam è impalato davanti la porta, una mano sua maniglia, l’altra che ricade su un fianco. La sua bocca è aperta e i suoi occhi si aprono e chiudono così velocemente che quasi mi preoccupo.
“Ops.” Fa la ragazza scoppiando a ridere. Mi metto subito in piedi.
“Devi andartene.” Le dico lanciandole i vestiti. Lei, sbuffando, si riveste in meno di un minuto e dopo si avvicina a me. Mi bacia di nuovo e io rimango immobile, senza sapere che fare.
“Chiamami, però.” Dice e quando poi esce, non ho il coraggio di guardare Liam. Divento improvvisamente rosso, aspettando che cominci ad urlarmi contro.
“Perché?” Mi chiede. Non urla. Non si arrabbia. Mi chiede solo perché. Sento la porta che si chiude e lui che si avvicina. Gli do le spalle e senza parlare, sento le mie guancie bruciare di vergogna. Penso ad una risposta, ma non so nemmeno io il perché.
Forse volevo solo dimenticare tutta questa merda. Ecco, forse è questa la risposta.
Mi infilo i boxer, un paio di pantaloni consumati e poi una felpa, tanto per non rimanere fermo. Tanto per coprire i graffi sulla mia pelle, che fanno male.
“Harry, ti prego!” La sua voce sembra spezzata e io mi sento morire dentro. “Sto cercando di aiutarti, ma tu non mi parli!”
Penso a Louis. Penso a lui e al modo in cui prima di quello stupido bacio, mi aveva detto la stessa cosa. Mi sento in colpa. In colpa per non aver parlato con il mio migliore amico. E allora mi giro, con gli occhi umidi e le mani alzate in segno di resa. Forse, con lui posso evitare di sbagliare.
“Pensavo fosse la cosa giusta da fare.”  Confesso. E mi sento stupido, tanto stupido. Stupido e inutile.
“Merda, Harreh.” Sospira mentre piango ancora. Dio quanto sono stanco di piangere. Dio come sono stanco di essere debole. Dio come stanco di tutto questo. “Tu sei ga..”
“No! Non dirlo. Non osare.” Urlo e lui si spaventa, facendo un passo indietro.  Un groppo in gola mi blocca la voce.
“Non ti sto insultando, Harry. Io..” Scuoto la testa mentre Liam, sembra pensare alle sue parole per un tempo infinito. E io sto per crollare. “Io voglio aiutarti, ma tu non me lo permetti. E mi spiace, perché odio vederti così, ma..”
E non voglio sentirlo così. Non voglio sentirmi dire che non può aiutarmi perché non glielo permetto. E allora realizzo quanto, per l’ennesima volta, io sia stato idiota. Non gli do l tempo di finire la frase che mi butto tra le sue braccia, afferrandolo come se fosse l’unica cosa a cui posso aggrapparmi, e forse lo è. Immediatamente, lui mi stringe a se, le sue braccia mi circondano e io appoggio la testa sulla sua spalla.
“Scusa” Cerco di dire, ma so che le mie scuse non servono a nulla. E le parole mi muoiono subito. Voglio dire tante cose, ma sono bloccato.
“Lo so che ti serve tempo.” Lo sento dire al mio orecchio. “Lo so benissimo, ma non puoi farti del male.”
Annuisco.
“Non so cosa mi sia preso è che tu mi hai detto di Louis e… non ce l’ho fatta.”
Mi accarezza i capelli. Voglio dirgli cosa sento, voglio dirgli ogni cosa, ma non mi escono le parole adatte. Ci sono parole adatte?
Apro la bocca per chiedergli ancora scusa, ma sento bussare alla porta.
“Liam? Harry?” Louis. Il mio cuore fa un tuffo e mi stacco da Liam, guardando la porta. Perché ogni volta che lo penso lui salta fuori? E perché soprattutto nei momenti meno opportuni?
“Vai in bagno Harry.” Mi suggerisce Liam. Ma io non riesco a muovermi. “Coraggio, ci penso io.”
“Tutto bene? Ho visto una ragazza uscire dalla stanza.” Oh merda. Oh merda.. Anzi no, grandioso. Adesso lui non può avere più dubbi su di me. Adesso ogni cosa va bene perché io mi sono scopato una ragazza. Perché adesso lui crede che io sono etero.
Ma non faccio in tempo a sentirmi soddisfatto, che sento lo sguardo di Liam su di me. Mi giro e lo vedo scuotere la testa. Come se sapesse a cosa sto pensando.
“Non puoi lasciarglielo credere.” Sussurra.
“Perché? Non deve sapere come sono.” Dico a voce più bassa della sua.
“Vai.” Mi dice senza aggiungere altro. E forse per una volta devo ascoltarlo. Insomma, è lui quello che pensa razionalmente qui.
Con l’ansia addosso, mi infilo in bagno e chiudo la porta. Ma non mi allontano, rimango lì con l’orecchio che preme contro il legno freddo.
“Hey Louis!” Sento dire a Liam. Lui è qui. Mi basta aprire la porta per vederlo. Mi basta solamente aprire la porta per guardare la sua faccia luminosa, mi basta aprire la porta per perdermi dentro i suoi occhi.. no. Non devo.
“Dov’è Harry?” Chiede di me. Non saluta nemmeno Liam. Sta chiedendo di me. Il mio cuore perde l’ennesimo battito e mi siedo sul pavimento. Il mio orecchio sempre incollato alla porta.
“Si sta facendo la doccia.” Butta giù Liam.
“Non sento l’acqua.” Anche se non lo vedo, so che è perplesso. Lo capisco dal tono della sua voce. Dalla cadenza strana che prende inconsapevolmente quando qualcosa non gli quadra. Ed è meravigliosa. Ha una voce meravigliosa.
“Emh..” Liam tossisce e io capisco che devo alzarmi, dandomi un colpo sulla testa. E subito apro l’acqua della doccia, sperando che Louis ci creda. Mi fiondo di nuovo dietro la porta mentre il mio cuore martella velocemente e mi sento andare a fuoco senza un motivo.
“Oh.” Louis borbotta. Ha gli occhi socchiusi, le mani dentro le tasche e le labbra semi aperte, ne sono sicuro. Lo so che è in quella posizione.
“Allora, chi era quella ragazza?” La sua voce è bassa, preoccupata.
“Quale ragazza?” Liam tenta di coprirmi? Perché?
“Liam, l’ho vista uscire da qui e lo so che non hai tradito Danielle, non potresti mai farlo.” Trattengo il respiro.
“Loui..”
“Quindi è così?” Cosa è così? Cosa?
Sento la voce di Liam abbassarsi notevolmente di tono, lo sa che sto ascoltando. Premo l’orecchio ancora di più contro il legno, ma non sento nulla. E’ come se si stessero parlando all’orecchio.
“No!” Sento quasi urlare a Louis.
No? Che cosa? Cosa gli aveva detto Liam?
“Sh!” Ma è inutile che Liam prova a farlo stare zitto, io ho già sentito quel “no” detto con fin troppa convinzione.
Di nuovo dei sussurri e io capisco che Liam non vuole che io senta. Sbuffo, ma perché? E allora, arrabbiato più che mai, chiudo l’acqua della doccia e spalanco la porta. Non mi importa di sembrare scontroso, stupido, idiota. Voglio solo vedere Louis e sapere. Sapere di cosa parlavano. Entrambi si girano verso di me. E la visione di Louis mi provoca una reazione quasi esagerata.
Il respiro mi manca e il mio stomaco fa fin troppe capriole. Si contorce, si ribella a quella visione, quasi come se fosse fin troppo da reggere. E forse lo è. Louis è troppo da reggere.  
“Vi lascio soli.” Liam scuote la testa e se ne va, visibilmente preoccupato.
Cosa si sono detti? Sospiro, prima che Louis cominci a parlare.
Si gira verso di me. Mi guarda negli occhi. Io non respiro.
Non respiro perché nei suoi occhi c’è una scia di delusione che non voglio vedere.
E prima che riesco a pensare al perché ha quegli occhi, tristi, quasi spenti, lui parla.
“Ti scopi ragazze a caso adesso?” E mi si spezza il cuore. Ho voluto così tanto che lui lo vedesse, ma adesso no, adesso semplicemente non può crederci.
Non può chiedermelo.
Ma non lo dico.
“E’ la mia vita. Chi mi porto a letto deve interessare solo ed esclusivamente me.” Perché sono così ostile? Cerco di mantenere un tono forte. Ho inscenato questa farsa, tanto vale che la continuo.
Così lui non mi avrebbe rifiutato come amico, come fratello.
Se non potevo averlo come fidanzato, mi sarei accontentato.
“Non ti credo.” Fa un passo avanti. Gli occhi sono socchiusi, ma adesso brillano. Li guardo e capisco che non mi crede davvero.
“Cosa?” Balbetto cercando di sembrare più naturale possibile.
“Tu mi ami.” Fa un altro passo avanti e io indietreggio.
Che cosa ha detto? Che cosa ha fatto?
Perché Louis? Perché non mi credi? Ti prego, fallo, non puoi scoprirlo, non puoi, non devi. No, Louis, ti prego.
“No.”  Cerco di avere una voce compatta, ma si spezza anche a quel semplice monosillabo.
Le guancie mi vanno a fuoco. Perché no, Louis non deve sapere.
“Harry. Sei arrossito, non sai mentire.“ Cazzo. Cazzo Harry perché?
Cerco di respirare, ma lui è troppo vicino a me. E io non ce la faccio. Non ce la faccio.
“Non sono innamorato di te! Sono etero, lo capisci?” Tento, disperatamente. Stavolta più esplicito.
Ed è una cosa idiota, è da pazzi perché io voglio che lui mi creda, ma una parte di me, forse quella più grande, quella innamorata stupidamente di lui, preferisce il contrario.
“Non mi sembravi tanto etero quando mi hai baciato.” La sua voce è un sussurro. Non ha bisogno di parlare ad alta voce. E’ vicinissimo al mio viso, come l’altra sera.
Pericolosamente vicino e pericolosamente bello.
Lo stomaco mi si chiude. Io non voglio ricordare quella sera, non voglio.
“Ero sopraffatto dalla situazione! Eravamo vicini, mi stavi abbracciando e.. E’ stato un errore.” Dico, sperando di essere convincente.
“Un errore? Pensi che quello che c’è stato fra noi sia un errore?” Si allontana e mi spavento.
Cosa devo fare? Devo smentire? Devo dirgli che lo amo? Devo dirgli che si sta fumando il cervello?
“Non c’è nulla fra di noi.” Opto per questa frase assolutamente falsa, ma necessaria.
E il mio cuore si spezza. Fa rumore. Fa un rumore talmente forte che temo che Louis possa sentirlo.
“Bugiardo.” Louis si avvicina ancora. Le sue mani mi stringono i fianchi e sono totalmente incapace di pensare, respirare, di muovermi.
“Non tentare di convincermi, Hazza.” Dice il mio soprannome con un tono dolce, quasi spaventato dal suo suono. Preme le sue labbra contro le mie. E a me sembra morire. Dalla gioia, dalla felicità.
E ho paura, ho paura di svegliarmi. Perché è un sogno, perché Louis Tomlinson non può baciarmi di sua spontanea volontà, no.
“Rilassati, Haz, tranquillo. Sono io.” Mi sorprendo teso e inquieto, nella sua stretta.
I suoi occhi adesso stanno bene, sono felici, sono rilassati e io non posso crederci.
Perché no, non è possibile.
Mi bacia ancora. Io ricambio a mala pena.
Lui sospira, deluso.
“Okay.” Dice e io ho paura che si stacchi, ho paura che se ne vada.
Rimango con gli occhi sbarrati per mezzo minuto, ma Louis mi stringe ancora di più a se. Capisce la mia paura. Louis Tomlinson mi capisce sempre.
I nostri corpi sono perfetti insieme. Aderiscono l’uno all’altro come se fossero una cosa sola. Come se fossero due pezzi mancanti di un puzzle, si incastrano perfettamente.
Potrei morire in questo momento, tra le sue braccia, e non esserne affatto dispiaciuto.
E quasi mi aspetto di morire davvero. E’ una sensazione irreale. Sono felice, ma nervoso, sono rilassato, ma teso.
E’ possibile? Esiste mai qualcuno che si sente così?
“Dobbiamo parlarne.” Il suo naso sfiora il mio, mentre annuisco. “Sediamoci, ti va?” Mi sorride. La sa già la mia risposta. Lo sa che non so dirgli di no.
Non lo so però cosa sto facendo io, quando mi siedo sul letto e mi rilasso quando lui mi abbraccia ancora.
“Liam mi ha detto che cosa hai fatto ieri sera.”
Sembra una madre che sgrida il figlio per aver fumato una sigaretta o per aver bevuto un bicchiere di troppo. Sembra una madre arrabbiata perché suo figlio ha rotto un vaso.
E mi sento piccolo. Mi sento inerme.
“Non mi piace cosa hai fatto. Non mi piace che tu l’altra sera sei scappato perché..” Trattengo il respiro aspettando ardentemente il resto della frase. Spaventato da quella sera. Terrorizzato, quasi. Gli guardo le labbra, sentendomi attratto da quelle quasi come se fossero una calamita e io un magnete. “..avrei voluto baciarti ancora. Avrei voluto baciarti fino a non respirare.”
Non posso credere alle mie orecchie. I miei occhi hanno visto il labiale, ma no, loro avranno visto male. Ma le mie orecchie?
“Volevi baciarmi?” Dico, ancora di più che a bassa voce.
E mi sento mancare quando Louis sorride e fa un cenno positivo. Mi sento mancare quando ritorna a toccarmi i fianchi. Mi sento mancare quando passa una mano tra i miei capelli, spostandoli dalla fronte fredda. Mi sento mancare quando mi bacia, di nuovo.
E stavolta il bacio e lungo. Fin troppo lungo.
Voglio rimanere così per tutta la vita. Voglio accarezzarlo, voglio baciarlo, voglio stare con lui.
Voglio esplorare ogni centimetro del suo corpo, senza tralasciare nulla.
Voglio Louis Tomlinson.
Ma no, cazzo, no. Non posso. Non ce la faccio. Non sono pronto.
E mi stacco. Mi stacco violentemente e Louis quasi balza in aria.
“Non possiamo. Tu sei fidanzato e io.. io... non posso, Loui, non..” Tento di andare avanti, ma lo guardo e mi sto zitto. Mi sto zitto perché lui ha gli occhi umidi.
“Merda Harry.” Scuote la testa e si alza. “Non è abbastanza questo? Cosa devo fare? Che devo dirti? Perché non lo so cosa dovrei dire. So solo che voglio baciarti, voglio solo questo e.. Pensavo che anche tu lo volessi, ma forse mi sono convinto male.”
“No, io lo voglio!” Parlo senza pensare. Parlo perché non voglio negare più i miei sentimenti. Ma sono spaventato. Perché, che diamine, non mi sono mai sentito così pronto a dirglielo. E mi è venuto così naturale che mi sorprendo da solo.
“E allora non staccarti. Se vuoi baciarmi non essere teso, non esserlo. Sono io, sono Louis.”
Io guardo in basso. Non sono pronto a dirgli che può baciarmi senza problemi. Perché gli mentirei, e non mi va più. Ma lui ha bisogno di una risposta, lo so, riesco a percepirlo.
E Louis senza dire una parola, si avvicina alla porta e posa una mano sulla maniglia.
Io sbarro gli occhi.
“Decidi allora.” Dice, guardandomi negli occhi. Ecco lì. So già cosa mi sta per chiedere. So già che vuole la sua risposta, subito. Non fra qualche giorno o fra qualche ora, ma subito. “Abbasso la maniglia o no? Me ne vado o rimango?”
Rimane lì, quasi stranamente rilassato. E io penso velocemente. Penso e ripenso, con poca lucidità, ma non ho bisogno di essere lucido per sapere la risposta. La realizzo subito. La realizzo solamente in quel momento, messo alle strette.
E così, rispondo.





Styles wife's corner 

Ma salve, ve lo avevo detto che avrei aggiornato oggi :D
Allora... Diciamo che questo è il mio capitolo preferito fin'ora, perché non solo quei due si baciano, ma perché.. non lo so di preciso, c'è tanta dolcezza, ho amato scriverlo e mi sono commossa ahahahahah
Ve l'avevo detto che Louis sarebbe stato sdvjsruijvg meraviglioso.
Spero che lo sia stato abbastanza per i vostri gusti e per la risposta di Styles... you have to wait the next chapter, sorry.
Anyways, quello che si sono detti davvero Liam e Louis non è "Harry Styles si è ubriacato e ha scopato la prima che ha visto" è un'altra cosa che vi spiegherò tipo tra qualche capitolo uu 
Non ho molto da dire stavolta (oddio, mi preoccupo) 
Solamente.. GRAZIE. Ma sono troppo ripetitiva AHAHAHAHAH 
Me ne vado, leggete, recensite e le critiche sono sempre ben accette se costruttive, quindi se le avete, vi prego, fatele :)
Se volete parlarmi o se volete chiedermi qualcosa qui c'è il mio twittah qui il mio ask  sono sempre pronta a parlare con tutti ♥
Peace, love and Larry Stylinson. ♥
 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque. ***


Capitolo cinque.

 

 

 
 
“No!” Svuoto i polmoni, svuoto il cervello, svuoto ogni singola fibra del mio corpo, che si rilassa. “Resta qui con me. Non andare via, ti prego, resta qui con me.” I miei occhi si fanno ancora lucidi. La mia paura di perderlo è grande, è enorme, è preoccupante. Io non voglio perderlo. Voglio averlo al mio fianco, per il resto della mia vita.
E non mi importa più se penso che sia sbagliato. Imparerò ad accettarlo. Io voglio solo lui. Perché deve essere così sbagliato il mio amore? Perché?
Louis stacca la mano dalla porta e si precipita su di me. Io quasi stento a crederci, come prima. E adesso siamo avvinghiati, adesso lui mi abbraccia. Se un momento prima ho avuto il terrore di perderlo, adesso, tra le sue braccia, so che non succederà mai.
“Non scappare più da me.” Sussurra al mio orecchio. “Haz, ti prego, non scappare più.” La sua voce è rotta e io mi sento di nuovo debole. Debole, ma forte.
Quando i nostri occhi si incrociano, quasi tremo. Ho visto fin troppe volte i suoi occhi da vicino, conosco ogni dettaglio, ogni sfumatura, posso riprodurli in qualunque momento e in qualunque modo. Gli occhi di Louis Tomlinson non si possono dimenticare.
Sono di un verde particolare, raro, introvabile. Il colore dei suoi occhi è indescrivibile. Sono quegli occhi da cui non vorresti mai staccarti perché ti catturano, ti ipnotizzano. Posso stare ore a guardarli senza stancarmi. Perché i suoi occhi sono lo specchio della sincerità assoluta.
Sono lo specchio della verità. Mi basta guardarli per capire a cosa sta pensando. Mi basta guardarli per sentirmi la persona più importante del pianeta.
E brillano. Gli occhi di Louis Tomlinson brillano.
Non posso dimenticare degli occhi che brillano così. Non posso.
“Ti ho mai detto che sono innamorato dei tuoi occhi?” Non c’entra nulla con il discorso, è una frase fuori luogo, poco pertinente, insensata quasi. Ma io sono innamorato dei suoi occhi. E lui deve saperlo.
Annuisce e sorride.
SBAM.
Il mio cuore fa male alla vista del suo sorriso.
“Sì, me lo hai detto, una volta.”
SBAM.
Il suono della sua voce divertita e lusingata mi fa di nuovo male.
E’ un dolore piacevole, è come se mi consumasse. Ma consuma solo la parte cattiva di me. La mia parte cattiva, quella complessata, quella problematica si annulla.
Mi accarezza il braccio.
SBAM.
Quasi non ce la faccio più a reggere questo contatto. Non sono mai stato così vicino a Louis Tomlinson, mai. E adesso il mio cuore batte, troppo velocemente, sento dolore, ma sto bene, e SBAM mi da un bacio sulla fronte.
E adesso sta ridendo.
SBAM.
La sua risata colpisce ogni cellula del mio corpo, la riscalda. Mi fa sentire bene, mi fa sentire amato come non mai, mi da sicurezza. La risata di Louis Tomlinson è un’assassina per la mia sanità mentale.
La sua risata è unica. E’ comune, ma non è simile a nessun’altra. Ti sembra di averla già sentita da qualche parte, forse una volta di sfuggita, per strada, in un pub, in discoteca, in un negozio. Ma dopo dieci secondi capisci che non puoi aver già sentito un suono così. Non puoi.
“Rimani vivo, Haz.” Mi dice continuando a ridere.
SBAM.
Il mio cuore scoppia, sta uscendo fuori dal petto e mi sento male. Mi sento male, ma vorrei sentirmi male per il resto della mia vita.
E’ come se qualcuno avesse fermato il tempo, è come se qualcuno avesse detto che la perfezione esiste e io posso avere il privilegio di guardarla.
E quindi SBAM.
Perché la perfezione sta davanti a me. Ha un nome, è Louis Tomlinson.
“Non penso di farcela.” Dico, sinceramente e con la voce che quasi non esce.
Lui ride ancora.
SBAM.
Merda, Louis, smettila.
SBAM.
Mi accarezza una guancia.
SBAM.
Mi sta baciando. Merda, oh merda. Penso di aver un arresto cardiaco e per un momento lo temo davvero.
Sono sicuro che il mio cuore sta per cedere. Perché Louis Tomlinson mi sta baciando.
Oddio, SBAM.
Assassino. Louis Tomlinson è un assassino.
Cerco di respirare tra un bacio e l’altro e quasi ci riesco.
Però SBAM. Lui sta alzando la mia maglietta adesso, cerca di togliermela.
E dimentico tutto. Dimentico Liam, la ragazza, ieri sera, i tagli… Oh cazzo.
E mi fermo. Mi fermo e mi viene un attacco di panico. E se li vede? Merda.
“Che ti prende adesso?”
SBAM.
La sua voce è perfetta. Perfetta e preoccupata. Non voglio fargli temere che ho dei ripensamenti adesso, non voglio. Ma io sono preoccupato. Non può vedere nulla, non deve, non può.
Louis Tomlinson non deve sapere che sono un’idiota. Mi guardo furtivamente le braccia e tiro un sospiro di sollievo.
Le maniche sono abbassate, devo solo non togliere la maglietta. Posso farcela.
“Non riuscivo a respirare.” Ridacchio cercando di essere convincente e lui mi crede, perché in fondo non è una vera e propria bugia e ride. Ride per l’ennesima volta e il mio cuore collassa ancora.   
SBAM. SBAM SBAM.
No, collassa tre volte. La prima quando ride, la seconda quando mi abbraccia, la terza quando preme le sue labbra contro le mie.
“Posso?” Sta indicando i miei pantaloni, li sta indicando, mi sta chiedendo se può toglierli.
SBAM. Vuole togliermi i pantaloni. Faccio un debole sì, quasi incredulo e stupido. E spero che non voglia togliermi anche il maglione.
Le sue dita si infilano nell’elastico dei pantaloni, me li abbassa, fino a toglierli completamente.
Il suo sorriso soddisfatto quando vede che non indosso nient’altro sotto, mi fa collassare un altro migliaio di volte.
Mi fa segno di fare lo stesso con lui e non me lo faccio ripetere due volte. E nemmeno lui indossa nient’altro. E non che fosse la prima volta che lo vedo, ma quella volta è diversa, è speciale.
Vengo scosso da un brivido quando lui, senza dire un’altra parola, si abbassa su di me.
La sua lingua adesso sta esplorando la mia erezione, piuttosto evidente, e tutto questo è così irreale, che ho paura di svegliarmi. Ho paura che sia un sogno.
E adesso non devo più immaginarmi Louis che passa la sua lingua sulla mia erezione, non devo immaginarmi il mio sesso dentro la sua bocca, perché sta succedendo. Sta succedendo ed è così fottutamente meraviglioso.
La sua lingua continua a muoversi velocemente. Nei miei testicoli, sulla punta della mia erezione, dappertutto. Continua ad esplorare ogni centimetro e io comincio a sospirare di piacere. Ho bisogno di afferrare qualcosa. Mi guardo attorno, ma non vedo nulla e allora abbasso lo sguardo. Afferro delicatamente i suoi capelli e lui mi accarezza i fianchi.
Adesso sto guardando la mia erezione apparire e scomparire dalla sua bocca. Adesso la sua testa si muove, su e giù, i suoi movimenti sono accompagnati dalla sua lingua esperta. Perché Louis Tomlinson non si ferma a muovere la bocca, no, non è abbastanza piacevole per me, deve muovere anche la lingua, perché è più eccitante.
Mi escono dei gemiti di piacere, non smetto di guardarlo e lo vedo sorridere beffardamente.
Le sue mani adesso sono sulle mie natiche. Le sta toccando e non mi dispiace, non mi dispiace proprio.
“Più forte.” Gemo desiderando ardentemente altri suoi movimenti.
E Louis Tomlinson va più forte. Non se lo lascia ripetere, va più forte e per l’ennesima volta SBAM.
Adesso guardo la mia erezione che sparisce più velocemente, la sua lingua calda che si muove in modo ancora più esperto di prima, le sue mani mi stringono ancora le natiche e io gemo. Sento una sensazione di calore pervadermi tutto il corpo e capisco che di lì a poco non ce l’avrei fatta, sarei venuto.
Gemo ancora, ancora e ancora. Perché i suoi movimenti sono fin troppo piacevoli per me.
“Lou..” Cerco di dire, ma vengo interrotto da un gemito, quasi un orgasmo e  so che lui ha capito, perché le sue mani stringono ancora di più le mie natiche.
Un brivido di piacere mi percorre ogni centimetro e vengo dentro la sua bocca. Non era mia intenzione, ma succede. E, per tutta sincerità, a lui non sembra dispiacere e ingoia. Ingoia ogni goccia del mio seme e poi si alza.
Io cerco di respirare più regolarmente possibile, ma lui mi ha ucciso.
Si passa un dito sul labbro inferiore e poi mi stampa un bacio.
“Wow.” Riesco a dire semplicemente e lui piega la testa all’indietro e comincia a ridere ancora più forte di prima.
Il mio cuore fa un tuffo e io rido insieme a lui.
“Già, wow.” Dice e colgo quasi una punta di amarezza nella sua voce e non mi piace.
“Che c’è, Boo?” Siamo incollati l’uno all’altro, non posso avvicinarmi più di così. Sento il suo respiro colpirmi il collo.
“Vuoi..” Inizia e diventa visibilmente rosso. “Insomma, puoi fare anche tu qualcosa.. Insomma, se ti va. Non ti obbligo, ma… solo se ti va.” Guarda in basso e ho paura che le sue guancie stiano andando a fuoco.
Louis Tomlinson è talmente bello quando è imbarazzato, tanto da fare tenerezza. Io sorrido. Sorrido perché le sue guancie sono di un rosso fin troppo acceso e questo a causa mia. E non posso credere di avergli provocato questa reazione.
E quindi, come faccio a dirgli di no?
Infilo le dita tra i suoi capelli e lui alza timidamente lo sguardo. Gli do un bacio piccolo, dura quasi mezzo secondo e la mia mano libera comincia a toccarlo. Lui sbarra gli occhi, non se lo aspetta. Lo sto toccando e non posso credere che posso finalmente farlo.
Comincio a muovere la mia mano. Lentamente, gli tocco i testicoli, gli tocco la punta, lo stuzzico con il pollice. Ma prima di iniziare veramente, mi rendo conto in quel momento che non ho mai fatto una cosa del genere.
Apro lo bocca per chiedergli se può aiutarmi, ma lui mi precede.
Le dita della sua mano avvolgono le mie.
“Ti aiuto io, tranquillo.” Mi lascia un bacio umido sul collo. L’altra sua mano si affonda tra i miei ricci e le nostre fronti sono appoggiate l’una all’altra.
Comincia a muovere la sua mano in basso, trascinando anche la mia, lentamente. Poi sale sopra e sento il suo sguardo sui miei occhi. Mentre lo guardo, lui continua a muovere la mia mano, velocizzando gradualmente. Quando capisco cosa vuole, lui mi abbandona la mano, e se la lascia cadere sul fianco.
“Harry..” Sussurra tirandomi leggermente i ricci. “Un po’ più veloce.”
E vado più veloce. Il mio polso ormai si muove tranquillamente, ha capito cosa fare, lo sa e i suoi gesti sono quasi automatici. Arrossisco quando vedo che la sua erezione è diventata più grande da quando lo sto toccando.
Louis sospira di eccitazione, comincia a muovere piano i suoi fianchi e io sospiro insieme a lui. La nostra aria si mescola e chiudiamo entrambi gli occhi.
E allora la sua erezione è sempre più grande, fin quando non mormora. “Cazzo..” e viene. Sporca le mie mani, le lenzuola e arrossisce ancora di più, ammesso sia possibile, quando vede la mia mano praticamente bianca.
“Scu...” Cerca di dire, ma io lo interrompo con un bacio.
Mi alzo a malincuore e vado in bagno, per pulirmi. Quando entro, non riesco a credere a quello che è appena successo. Quasi un’ora fa stavo in ansia, avevo paura che lui non mi amasse, paura che mi odiasse, volevo solo vederlo ed ero dentro questo bagno ad origliare una sua conversazione. E adesso sono qui, a chiedermi quando scoperemo di nuovo.
Siamo sicuri che questa sia la mia vita?   






Styles wife's corner 

Ve l'avevo detto che avevo intenzione di fare alcuni capitolo rossi è_é Non mi dite che non eravate state avvisate lol
Questo capitolo è stato un parto, ho avuto difficoltà nella parte finale perché... a lot of feelings. 
Ma ce l'ho fatta, l'importante è questo. 
I capitoli rossi non ci saranno sempre ovviamente perché questa fan fiction non è una fan fiction erotica, anzi. Non ho dimenticato i problemi di Harry, perciò meglio avvisarvi.
Siete contente che Louis non se ne sia andato? Lo so che lo siete, quindi entusiasmatevi nelle recensioni e sclerate pure perché mi fa piacere ahahahahah
Non sono in vena di scrivere molto oggi perché sono depressa per Glee. (capitemi, non ho ancora visto la 4x04 e già mi ha uccisa) 
Perciò, al solito ecco il mio twitter e il mio ask vi ricordo as usual che io non mordo ♥
Volevo fare un ringraziamento speciale alla mia stylessmurf che come al solito mi ha aiutato con questo parto. Ti amo tanto babe  ♥
Peace, love and Larry Stylinson (recensite please) ♥ 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo sei. ***


Capitolo sei.

 

 
E se lo disturbo? E se gli do fastidio? Questo pensiero mi tortura da due giorni. Da quando abbiamo fatto… sesso e be, adesso non riesco a pensare ad altro se non a queste domande. Da quando mi ha detto che prova qualcosa per me, non so cosa pensare. Mi sembra tutto talmente irreale, talmente fuori da questo mondo che ho un bisogno costante di lui. Ho bisogno di stare insieme a lui, per avere una conferme, per convincermi che non è un’illusione della mia mente. Ma se gli do fastidio? Se lui non vuole stare con me? Se preferisce che io mi stacchi, che io sia più indipendente? Sospiro e la limetta sul tavolo mi sembra più visibile di prima. E allora la prendo. E sono stupido perché no, non voglio, ma sì, merito di soffrire. Perché io lo disturbo. Perché sono dipendente da lui come sono dipendente dall’aria. Quando il sangue inizia a scendere, sto bene. Sto maledettamente bene. Cazzo, quando sono perverso, masochista, pazzo.
E “Liam, ho fatto una cazzata.” Mormoro piangendo al telefono due minuti dopo. Non posso dirlo a Louis, lo amo, ma merda non può saperlo. Mi odierebbe. Mi odierebbe perché sono malato.
“Che diamine, Haz.” Sospira Liam dall’altra parte. “pensavo che Louis potesse aiutarti a smettere.”
E be, l’ho pensato anche io. Ma evidentemente, Louis è sempre la causa del mio dolore, ma è anche la causa della mia felicità. Com’è possibile? Come può farmi quest’effetto?
“E’ lui, il motivo.” Singhiozzo e non dico nient’altro. Il telefono si stacca e non ho il tempo nemmeno di realizzarlo che sento bussare alla porta del mio appartamento.
“Hey.” Mormora Liam. E’ qui. Sono andato ad aprire la porta e me lo sono ritrovato davanti. Rimango fermo, senza dire una parola. Non gliel’ho chiesto. Non gli ho detto di venire da me, l’ho solo chiamato e basta. E mi rendo che è la persona più disponibile, più gentile, più meravigliosa del mondo. Ovviamente, soltanto dopo Louis. “Mi fai entrare oppure mi fai rimanere qui ancora a lungo?”
Mi sposto per farlo passare, ancora senza parole. Lui entra e fa come se fosse a casa sua. Quando vede la limetta, ancora sporca di sangue, non ci pensa due volte prima di avvicinarsi e prenderla in mano. La butta nel cestino, quasi ridendo.
“Te l’ho mai detto che odio le cose che tagliano? Mi irritano.” Scuote la testa con fare teatrale e stranamente scoppio a ridere.
“Dovrei odiarle anche io.” Sorrido e lui fa un cenno positivo.
“Lui non lo sa.” Non è una domanda, è un’affermazione. Liam sa tutto anche se non io non gli dico nulla. E questa cosa mi fa un po’ paura.
Sospiro. “No. E non deve nemmeno saperlo.”
Apre la bocca per dire qualcosa, ma sta zitto. Forse si accorge dell’insicurezza nelle mie parole, perché annuisce e basta. Aspetta che io continui. Si avvicina a me e mi accarezza il braccio, mentre io cerco di sorridere.
“Lui è stato sincero con me.” Gli dico, sperando che lui mi capisca. “Mi ha detto ogni sua insicurezza. Mi ha detto che gli serve del tempo. Mi ha dato tantissime cose.” Sospiro e lui continua ad annuire, lo sguardo concentrato sul mio braccio. So che, anche se non sembra, sta ascoltando ogni mia parola. Così continuo. “E io lo ripago facendogli conoscere soltanto la metà di quello che sono. Mi sento.. ” Come mi sento? Stupido? Irrazionale? Bugiardo?
“Traditore?” Sbotta lui all’improvviso. E sì.. traditore.
Tradisco la sua fiducia in quanto amico, in quanto anima gemella, come lui si era definito. Mentre lui mi da tutto se stesso, io non gli restituisco neanche la metà di tutto quello. Però non voglio farlo, o meglio, una parte di me non vuole. L’altra vuole fargli conoscere ogni lato di me, vuole che lui sappia che ho anche una parte oscura. Non che Louis non mi conosca meglio di chiunque altro, perché è così. Louis sa quando mi sento deluso, nervoso oppure felice, sa quando sono sereno, rilassato. Non è necessario che mi guardi. Lui lo sa e basta. Lo sente dentro di se. E’ sempre successo e, spero, succederà sempre. Ma lui può conoscermi anche meglio di me stesso, se non glielo dico, non saprà mai del male che mi faccio. Non può sapere del disprezzo che provo verso me stesso. Non può neanche lontanamente immaginarlo.
“Haz..” Sussurra Liam e io alzo lo sguardo su di lui. “Devi dirglielo.” Prendo a scuotere la testa, nervosamente.
“Liam, no, non posso. Se lui viene a saperlo..”
Alza lo sguardo dal mio braccio. Non guarda nulla in particolare, guarda tutto e niente, sta pensando.
“Cosa farebbe?” Dice fermando gli occhi e piantandoli sui miei. Sta cercando di capirmi, ci sta provando con tutto se stesso.
Grazie Liam.
“Mi odierebbe.” Lo farebbe sul serio? Non sono del tutto convinto mentre lo dico. Sono sempre lì, due parti di me con due pensieri diversi, con certezze e insicurezze opposte. Una parte di me pensa una cosa, l’altra ne pensa una completamente differente. E io non so a quale dare retta.
“Non potrà mai odiarti. Neanche se uccidessi una persona. Voi due siete nati per stare insieme. Siete nati per amarvi, non per odiarvi.”
Mi soffermo un attimo sulle parole di Liam. E se avesse ragione? Se Louis non potrebbe mai odiarmi? Ma come potrebbe non farlo? Cambierà tutto dopo che gli dirò ogni cosa. Cambierà il suo modo di vedermi.
“Questa è una cosa diversa.” Dico, con la voce non troppo convinta.
“No, non è diversa.” Sospira. “Se lui ti dicesse che si auto-lesiona, tu inizieresti ad odiarlo? Lo abbandoneresti?”
Lo abbandonerei? Se dovesse dirmi che è depresso? Oddio, no. Non potrei mai lasciarlo da solo. Non gli farei mai sopportare quel dolore da solo. Anche se alla fine dovessi soffrire io.
“Certo che no. Gli starei accanto. Farei di tutto pur di farlo stare bene.” Dico senza nemmeno pensarci troppo. Liam annuisce.
“Per lui è lo stesso.” Esclama con così tanta convinzione, che capisco che è convintissimo di quello che sta dicendo e aggrotto le sopracciglia. Liam continua ad accarezzarmi il braccio. Forse lo fa per farmi rilassare, o forse perché lo aiuta a pensare.
“Non puoi saperlo.” Sbuffo e lui fa un sorriso amaro.
“A questo punto.. Devo dirtelo.” E adesso capisco meno di prima. Cosa deve dirmi? E perché è così preoccupato? Come se mi avesse letto nel pensiero, al solito, guarda in basso e parla prima che io possa chiedergli altro. “Io ho.. potrei avergli fatto intendere qualcosa.”
Non ha il coraggio di guardarmi mentre mi sento vacillare. E allora mi afferra per il braccio, cercando di farmi stare in piedi.
“Tu cosa? Liam, perché? Cosa ti è saltato in testa?” Non riesco nemmeno a dire frasi che abbiano un senso compiuto perché il panico mi assale. Dannazione, io glielo avevo detto sicuro che non lo dicesse a nessuno. Perché lo ha detto a Louis? All’ultima persona a cui doveva dirlo? Perché mi ha fatto questo?
“Harry, mi dispiace! Ma lui ha tutto il diritto di saperlo.” Cerca di giustificarsi e leggo una nota di senso di colpa nei suoi occhi. Non mi interessa, non doveva farlo. Cerco di pensare razionalmente. Ecco perché lui non mi aveva ancora chiamato oggi. Sicuramente avrà capito e adesso mi odia. Adesso non vuole più parlarmi.
“Quando glielo hai detto?” Sussurro spaventato.
“Quando tu eri in bagno.. Quando ti eri appena scopato quella tizia.” Allenta la presa, quasi togliendo la mano dal mio braccio e non ha il coraggio di guardarmi. “Ero così preoccupato per te e ho pensato che lui dovesse saperlo..”
“Quanto gli hai detto?” Lo interrompo, mentre penso a come avrei affrontato il discorso con lui.
“Gliel’ho fatto intendere, ma lui non ha voluto credermi. Si è rifiutato di credermi.”
Ecco perché quel no urlato. Si rifiutava di credergli. Ecco perché Liam aveva abbassato il tono di voce, sapeva che io stavo ascoltando e non voleva farmi sapere cosa gli stesse dicendo. Perché mi sarei arrabbiato, e non aveva tutti i torti.
“Non sei obbligato a dirglielo.” Si affretta a dire. “Lui sospetta qualcosa e basta, posso dirgli che non so a cosa stavo pensando quando gliel’ho detto, mi prendo tutte le..”
“No.” Lo interrompo ancora. Non posso fargli questo. Non posso chiedergli questo. Liam si blocca, con la bocca aperta, aspettando che io continui. “Deve saperlo. E’ giusto così.”
Lui annuisce, e stacca definitivamente la mano dal mio braccio.
“Riuscirai a dirglielo?” Mormora.
“Non lo so.”
E ho paura.
 
 
 
 
 
 
 
 
Dobbiamo parlare, subito – Harry.
E’ questo che gli ho scritto in un messaggio, con Liam che mi aveva imposto di non avere paura. Non so come potrei fare senza lui. E non so come avevo fatto prima, senza che lui sapesse. Ma adesso Liam non c’è. Sono solamente io. Io con me stesso, il mio peggiore incubo. Liam ha cercato di darmi tutto il coraggio possibile, ma non può parlargli al posto mio. Fisso il telefono morbosamente, cercando di prestare attenzione alla tv, ma ritrovandomi sempre con gli occhi sullo schermo del cellulare, in attesa che si illumini. Ma nulla. Sono passati cinque minuti e ancora nulla.
Sospiro.
Diamine Louis, che fine hai fatto? E mi pento di avergli mandato quel messaggio. Non ce la farò mai. Non posso farcela. Cosa gli dirò? Come inizierò il discorso?
Hey Louis, sono un’autolesionista, ho pensieri suicidi il 90% del tempo, odio me stesso e non riesco ad accettare che sono innamorato di te. 
Certo, come no Harry. Proprio il miglior modo di iniziare.
Sospiro ancora. Andiamo Louis. Rispondi.
Guardo ancora lo schermo, con l’ansia che comincia a prendere il soppravvento. Chiudo gli occhi, dandomi un colpo sulla tempia. Che idiota che sono.
E quando apro gli occhi, non riesco a credere che sullo schermo del mio telefono ci sia scritto
Un nuovo messaggio.
Deglutisco e lo apro.
Sono da te tra cinque minuti - Lou
Okay. Merda. Sono nel panico più totale. Mi serve aria. Subito. Respiro profondamente e mi alzo, andando sulla veranda di casa mia. Mi siedo su una sedia e inevitabilmente comincio a pensare. Troppo.
Le lacrime cominciano a cadere sulle mie guancie, bagnandole senza timore. Crudeli. Come sono stato stupido a pensare che mai lo avrebbe scoperto. Era ovvio. Era talmente ovvio che io non l’avevo capito. E se si sentisse responsabile? Ma non è forse così? E’ lui il responsabile delle mie sofferenze? Sospiro. Ma no, cosa vado a pensare? Sono io il responsabile delle mie sofferenze, non lui. Non è colpa sua se mi sono innamorato di lui. Non è colpa sua se mi odio. Nuove lacrime pesanti scendono e non riesco a fermarle. Merda. Alle mie spalle sento la porta che si apre e mi passo le mani sul viso, cercando di asciugarlo. Non deve sapere che ho pianto. Non mi giro, so già chi è. Si siede vicino a me, ma continuo a non guardarlo.
“Haz?” Lui. Lui con la sua dannatissima voce dolce e ammaliante. Dannato Louis. “Volevi parlarmi?”
No Louis, non ne ho più voglia adesso. Scusami, non voglio parlare di me, di te, di noi. Voglio solo dimenticare tutta questa merda.
“Scusa..” Sussurra.
Scusa dici? Perché mi chiedi scusa? Tu non hai fatto nulla, sono io il problema qui. Sono io lo stupido.
“No.” Dico quasi urlando. “No, non devi. Non osare. Non hai fatto nulla di sbagliato.” Lui si avvicina a me e io non voglio respingerlo, ma non so perché, una parte di me sente che deve. Contro ogni singolo muscolo del mio corpo, lotto per spostarmi. Il risultato è un goffo tentativo che quasi lo fa ridere, ma ritorna subito serio.
“Liam mi ha detto tutto. Ho pregato affinché lo facesse. Haz, mi spiace così tanto.. Mi sento in colpa. Non avevo capito che..” La sua voce è rotta proprio come la mia e mi giro a guardarlo.
“Non devi.” Ripeto. “Non è colpa tua se..” non riesco a finire la frase che un groppo in gola mi blocca. Distolgo lo sguardo da lui e guardo il pavimento.
“Parlamene, voglio aiutarti, ti prego.” Scuoto la testa.
“Non puoi fare nulla.” Si avvicina a me ancora e io tento di nuovo di scappare via, ma le sue mani mi bloccano per i fianchi.
“Guardami.” Mi sussurra all’orecchio e io tremo. I brividi mi percorrono ogni parte del corpo. E non va bene, va peggio. Sento che tutto questo è sbagliato.
“Harry, ho detto guardami.” Dice più autoritario di prima, ma dannazione se è tenero.
“No. No. No. No. No.” Ansimo. Non ce la faccio, non posso guardare i suoi occhi chiari perché mi innamorerei di nuovo, ancora e ancora. Ma quale diamine è il mio problema? Due giorni fa non mi stava bene? Perché adesso sto di nuovo male? Perché diamine sono così?
Il mio respiro è affannato, ma le sue labbra sono sulla mia fronte. Mi danno un bacio e non so se va meglio o peggio.
“Non puoi. Capisci? Non..” E mi ritrovo le sue labbra incollate alle mie.  La sua presa è forte, mi regge, ma mi sento debole. Ogni mio muscolo, le mie gambe, le mie braccia, tutto diventa debole. E la mia pancia brucia di piacere, di felicità, di eccitazione. Come la nostra prima volta. Ma è sbagliato. Tento di divincolarmi, e lui se ne accorge, staccandosi da me.
“Non c’è nulla di sbagliato, Haz. Va tutto bene, sono io, Lou, sono solamente io.” Preme ancora le sue labbra sulle mie. “Harreh?” Le mie guancie vanno a fuoco, tutto dentro di me va a fuoco. E sto piangendo.
“Perché lo fai? Perché mi parli ancora? Non devi farlo per farmi un favore e...” Singhiozzo. Non c’è possibilità che lui non mi odi dopo averlo saputo. Come fa a non odiarmi?
“Ma io voglio farlo. ” Le sue parole, il modo in cui le dice, bloccano i miei pensieri.
“C-cosa?” Balbetto.
“Io ti amo. Non ti lascerò mai, Harreh. Mai.” Mi bacia ancora e ancora. E non ho il tempo di controbattere, ne di pensare troppo, perché i suoi baci mi lasciano a mala pena respirare.
“Ci sono io adesso.” Dice prima di abbracciarmi. E il mio cuore martella velocemente, quasi collassa.
“Ti amo anche io, Boo.” Sussurro prima di lasciarmi andare, tra le sue braccia.  




Styles wife's corner 


EccomI! Scusate l'enorme ritardo, ma ho avuto vari problemi che non vi sto a spiegare e bla bla bla. 
Ma per fortuna, sono riuscita a scrivere lo stesso! Questa fan fiction mi prende talmente tanto che niente e nessuno riuscirà a fermarmi lol 
Passando al capitolo.. Eh, Louis sa tutto. Perché quel Winnie The Pooh di Liam ha parlato. Non ce l'ha fatta a stare zitto, è rimasto in silenzio per troppo tempo.. Insomma, come poteva sopportare ancora la sofferenza di Harry? E' consapevole che lui non può aiutarlo, che soltanto Louis può, ed è una cosa molto tenera secondo me çwç
 E ditemi, quanto può essere complessato Harry e quanto puo' essere meraviglioso Louis?
E mi chiedo.. Ma non potevo nascere Harry? Vorrei essere complessata come Styles, ma almeno avere un Boo al mio fianco, sarebbe tutto molto più semplice.
 Vorrei essere un figo della madonna e scoparmi Louis William Tomlinson con quel cul... ma forse è meglio che mi fermo qui con questi pensieri insensati perché se continuo a parlare di Tommo diventerei volgare e siccome, si sa, io sono una ragazza molto fine, sto zitta u_u
Lo capisco se dopo questo ritardo nessuno si caga questo capitolo, ma se lo leggete, vi prego recensitelo perché ci tengo, fin troppo.
Anche una piccola recensione mi sta bene çç

Adesso mi ecclisso. Love you all.
Alla prossima, Sarah ♥

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Capitolo 7
*** Capitolo sette. ***


Capitolo sette.

 

 
Ho sempre pensato di avere qualcosa che non andasse. Di essere sbagliato, stupido, mai abbastanza per niente. Sin da quando ero piccolo, mentre guardavo gli altri bambini avrei voluto piangere di disperazione. Tutti erano più intelligenti di me, erano tutti più bravi in qualcosa rispetto a me, avevano tutti un talento. Tutto quello che sapevo fare io invece era aggiustarmi i capelli e fare svenire le ragazze a distanza di due chilometri. Ed è per questo che tutti i maschi mi odiavano. Ed è per questo che non ho mai avuto un amico. Ho avuto tante ragazze, fin troppe, ma mai una che amassi veramente. E pensavo di essere incapace di amare, l’ho sempre pensato. L’idea di essere gay non mi ha mai nemmeno sfiorato. Almeno fino adesso.. Fino a lui. Quando lo guardo non posso sbagliarmi. Louis Tomlinson per me rappresenta tutto ciò che c’è di più bello. Rappresenta la perfezione. Rappresenta l’amore che non ho mai provato e mai, ne sono sicuro, proverò per qualcun altro.
Sorrido, perso nel vuoto della mia stanza, pensando a lui.
Quando quella mattina mi sono svegliato, mi sono girato sul letto, allungando il braccio, cercandolo. Ma lui non c’era. E allora avevo sbarrato gli occhi e avevo subito pensato che mi avesse abbandonato, che mi avesse lasciato. Ma un pezzo di carta stropicciato e poco elegante, mi aveva fatto sentire idiota per aver dubitato di lui un solo secondo.

Sono fuori a prendere la colazione, resta a letto. Ti amo. Louis :) x
 
E adesso sto stringendo quel pezzo di carta al mio petto. Perché quella scrittura disordinata, quell’insignificante pezzo di carta, sono gli unici modi per non farmi del male.
Sorrido ancora di più, pensando a come sono arrivato a quel punto.
Liam.
Liam che ho tanto odiato per aver parlato con Louis, per avergli detto tutto. Mi sono sentito tradito, ferito, non mi fidavo più di lui, ma poi ho capito. Liam voleva solamente aiutarmi. E sapeva che io non gliene avrei mai parlato, ha deciso di fare le cose di testa sua, parlando solo con Louis. E non lo ringrazierò mai abbastanza.
Sospiro. Ma adesso mi sento in colpa verso Zayn e Niall che non hanno la più pallida idea di quello che sta succedendo nella mia vita. Mi sono isolato, prima con Liam, adesso con Louis, tagliandoli fuori. E loro si stanno chiedendo cosa diamine stia succedendo, ma ho pregato Louis e Liam di non dire nulla. Deve essere una mia scelta. Devo parlargli io, faccia a faccia e come si deve. Non mi sfiora neanche l’idea di tenermi tutto dentro, non più. Sono stanco di soffrire, sono stanco di nascondere segreti alle persone che amo. Sono stanco e basta. Perciò Zayn e Niall saranno i prossimi a sapere. Al più presto.
Sento la porta del mio appartamento che si apre e sono sicuro che sia Louis. Dopo nemmeno trenta secondi me lo ritrovo davanti la porta. Sta guardando le mie mani, che stringono il biglietto.
“Buongiorno.”  Sorride mentre i suoi occhi cominciano a brillare. Amo quando brillano in quel modo. Amo, anche se stento a crederci, che brillino a causa mia.
Le sue mani stringono un sacchetto fumante. Starbucks. La scritta bianca dentro il cerchio verde mi rende più felice che mai.
“Ciao.” Sussurro io con la voce ancora assonnata. Lui accenna una risata, forse per la mia voce, forse perché sono alquanto ridicolo mentre lo fisso a bocca aperta, con un pezzo di carta tra le mani e completamente nudo, sul letto. Si viene a sedere accanto a me, poggiando la confezione sul letto e togliendosi i vestiti.
”Dormito bene, cuppycake?” Mi chiede sfiorando i miei capelli. La sua mano si ferma sulla mia guancia, e me l’accarezza. Un brivido mi percorre tutto il corpo, mentre annuisco.
“A parte il risveglio.” Dico, scrollando le spalle e lanciandogli un’occhiataccia.
“Oh, andiamo! Ti ho lasciato il bigliettino.” Fa lui sbuffando e indicando con un cenno le mie mani.
“Sì, ma io non lo sapevo.” Ribatto, scocciato.
Lui alza gli occhi al cielo, togliendo la mano dalla mia guancia e afferrando il sacchetto. Lo apre, e io seguo i movimenti delle sue mani, senza voler perdermene uno. Come se quei movimenti fossero la cosa più preziosa del mondo e solamente io ho la possibilità di ammirarli.
“Muffin?” Dico, non credendo a quello che ha appena uscito da lì. “Fai sul serio? Mi hai comprato i muffin?” Incredulo e senza parole, guardo sbigottito quel dolce che sta nelle mani di Louis. Il suo sguardo si fa interrogativo.
“Cosa c’è? Non ti piace? Se vuoi scendo e ti prendo qualcos’altro oppure posso cucinarti qualcosa.. tipo.. uova? Pancake? O dei semplici cereali? Oppure..”
“Louis.” Lo interrompo, leggermente divertito. Potrei stare ore a guardarlo mentre si dispera per me, mentre pensa di aver sbagliato a fare qualcosa. Non perché sono sadico, non perché amo vederlo preoccupato, ma perché anche in quel modo, è sempre bellissimo. Il modo in cui le sue sopracciglia si aggrottano, il modo in cui comincia a muovere i piedi, torturandoli, il modo in cui nei suoi occhi si legge tutta la sua paura, mi mandano in estasi. “I muffin sono perfetti.” Lo guardo negli occhi, sperando che lui mi creda. E lo fa. Il suo viso si rilassa. E le sue mani quasi lasciano cadere il dolce.
“Allora qual è il problema? Li preferisci di un altro gusto? Non ti piacciono quelli al cioccolato? Credevo che..” Ed ecco di nuovo quella espressione. Scuoto la testa, in fretta.
“No, è solo che.. Nessuno è mai andato da Starbucks per comprarmi dei muffin. Nessuno mi ha mai portato la colazione a letto. Nessuno, mai.” Faccio quasi con rassegnazione. Louis si blocca. Sorride, quasi intenerito dalle mie parole. E poi sospira.
“Adesso ci sono io, no?” Avvicina il suo viso al mio “Adesso ci sono io.” Ripete.
E quasi mi viene da piangere di felicità mentre lui dice quelle parole, così sincere, così perfette. Annuisco mentre accetto il muffin tra le mani. Lui prende il suo dalla busta e mangiamo in silenzio, mentre ci scambiamo degli sguardi che dicono molto di più delle parole.
“Stavo pensando..” Dico a bocca quasi piena. “Che devo parlare con Zayn e Niall.” Concludo, inghiottendo l’ultimo boccone. Sono stranamente rilassato mentre lo dico, forse perché lo sto dicendo a Louis.
Lui mi guarda, finendo anche lui il suo muffin.
“Sì, mi sembra un’ottima idea.” Apre nuovamente la busta, uscendo due caffè. Rimango incredulo anche per quelli. Lo guardo, mentre capisce che sono di nuovo sorpreso, che stento a crederci. Mi da un bacio sulla fronte, quasi per rassicurarmi.
Quando prendo il mio caffè, noto che è ancora caldo e ringrazio ancora Louis per quella colazione. Non ho parole per dirglielo e così tento di farlo con il viso, con gli occhi e a giudicare dalla sua espressione soddisfatta penso che abbia capito.
“Vuoi una mano?” Mi chiede. “Per parlare con loro, intendo.” Sorseggia il suo caffè, aspettando una mia risposta.
Voglio aiuto? Sospiro, mentre penso. Inizio a bere il mio caffè. Ho bisogno di Louis che mi tenga la mano mentre espongo me stesso a Zayn e Niall? Ho bisogno di Louis che mi dica che va tutto bene, mentre parlo? Sì. Sì ne ho disperatamente bisogno, ma è una cosa che devo fare da solo. Non posso appoggiarmi su di lui.
“Mi piacerebbe tantissimo, ma..” Do ancora un altro sorso alla bevanda “Ho bisogno di parlargli da solo. Insomma, solo noi tre.” Specifico, sperando che lui capisca, sperando che non si arrabbi.
E annuisce, mentre continua a bere.
“Va bene, è giusto così infondo.” Sorridiamo entrambi, prima di staccare le nostre bocche dalle cannucce e di incollarle su quelle dell’altro.

 
 
 
 
 
 
 
 
Sono terrorizzato. Se stamattina ero tranquillo al pensiero di parlargli, adesso più che mai mi pento di aver rifiutato l’aiuto di Louis. Come faccio adesso senza di lui? Come faccio senza la sua mano che stringe la mia, che mi rassicura, che mi dice senza dire nulla che è tutto a posto? Come? Maledetto me e la mia convinzione di poter fare anche la cosa più banale senza di lui. Maledetto lui che mi ha reso così dipendente.
Voglio chiamarlo, voglio dirgli di venire subito, ma non devo mostrarmi debole. Devo dimostrargli che posso cavarmela, devo dimostrargli che non sono stupido. Lo devo fare.
E non mi va nemmeno di parlare con Liam. Devo lasciarlo respirare, sicuramente è con Danielle. Non voglio intromettermi nella sua vita, l’ho già fatto per troppo tempo.
Okay, calma Harry, pensa. Pensa a cosa Louis ti direbbe. Devi farlo. Devi parlargli. In fondo sono solo due dei tuoi migliori amici, di cosa hai paura? Non ti giudicheranno mai.  Tranquillo, Haz.
Ecco, sì. E’ proprio quello che mi direbbe. Sì, da solo ce la posso fare. Posso riuscirci.
Guardo Zayn che stringe gli occhi, fissi sulla televisione, e Niall che porta la mano alla bocca, mangiucchiandosi le unghie.
“Non andare di sopra, non andare di sopra, idiota!” Borbotta Niall prendendo i popcorn da Zayn.
Sorrido appena. Niall è sempre così. Si immedesima negli horror come se ci fosse lui lì dentro, a perseguitare i malcapitati di turno.
Gli horror sono i film che più disprezzo, sono pieni di cose insensate, di morti assurde e quasi impossibili e tutto quello che fanno è metterti soggezione. Ma per qualche motivo a me sconosciuto, avevo deciso di guardare l’unico film horror che ho. Forse l’ho fatto per mettere Zayn e Niall a loro agio o forse perché sono masochista e voglio mettermi ancora più ansia.
“Ecco.” Dice Niall sputando qualche popcorn qua e la quando la ragazza di turno viene uccisa. “Io gliel’avevo detto. Non gliel’avevo detto, Zayn?” Ripete, guardandolo.
Zayn sospira, lamentandosi della sua totale mancanza di finezza.
“Sì, glielo hai detto.” Dice infine, quasi rassegnato.
“Se mi avesse ascoltato sarebbe ancora viva.” Continua Niall, mettendosi una mano sul petto. “Dico bene, Harry? ” Mi scruta con i suoi occhi chiari, cogliendomi alla sprovvista. Quando mi giro per guardarlo, lui è concentrato sui miei movimenti, come se non volesse chiudere gli occhi per perdersi anche solo un secondo di me che mi torturo le mani.
“E’ solo un film.” Dice per me Zayn, dandogli un colpo sul braccio.
“Hey! Non è giusto, io non ti ho colpito!” Urla Niall.
“Vuoi stare zitto? Sta per morire il suo ragazzo!”
Quasi rido, sentendo la loro conversazione. Mi ricordano due bambini di cinque anni, o meglio due fratelli, che bisticciano perché l’altro fa troppo rumore. E vorrei semplicemente che questo non finisse mai.
E se, invece, dopo che io gli ho parlato, tutto cambierà? Se loro non vorranno più parlarmi, vedermi, toccarmi? Se lasceranno la band per colpa mia?
Faccio un sospiro nervoso e continuo a torturarmi le mani. Merda, a cosa stavo pensando quando li ho invitati a casa mia? A cosa stavo pensando quando ho pensato che avrei potuto parlargli senza paura, senza Louis?
“Harry?” Alzo lo sguardo e trovo Niall e Zayn che mi stanno fissando e c’è uno strano silenzio nella stanza. Qualcuno ha fermato il film. “Stai bene? Hai gli occhi lucidi.”
Zayn mi mette una mano sulla spalla, anche lui quasi a volermi leggere dentro.
“Non ci hai invitato per guardare il film, vero?” Sbotta Niall, accennando un sorriso, ma senza guardarmi.
Lo sanno già. Sanno già che voglio parlargli, non posso tirarmi indietro. Se lo faccio rischio di rovinare ancora di più le cose, no?
“Lo sai che puoi dirci ogni cosa?” Continua Niall, sempre senza guardarmi. Trovo coraggio negli occhi di Zayn, mi guardano come per dirmi di stare tranquillo, come per dirmi che va tutto bene e cerco di convincermene.
Dannazione a me e al mio cervello idiota.
“Mi dispiace di essere stato così.. distante.” Inizio. La prima cosa che mi è venuta in mente, una giustificazione? “Ma sono successe tante cose e..” Mi blocco. Ora come glielo dico? Come gli dico che sono innamorato di Louis? Come gli dico che sono gay? Non avranno problemi, o sì?
“Harry..” Sospira Zayn. “Andiamo, siamo noi, siamo i tuoi migliori amici, parla.” Sento la sua voce curiosa, ansiosa di sapere, spaventata, quasi. Niall guarda il pavimento. Ha già capito? Sta pensando a cosa dirmi? Sta pensando a come dirmi che non mi accetterà più? Guardo Zayn, sembra così calmo. Ma io lo so, lo so che quando è troppo calmo è perché dentro è la persona più nervosa del mondo.
Okay Harry. Non puoi tirarti indietro, Louis non lo vuole. Pensa a lui, pensa a non deluderlo.
“Sono..” Faccio un respiro profondo. “gay.” Devo parlare anche per Louis? No, forse è meglio non dirlo. Zayn rimane immobile, lo sguardo fisso sui miei occhi. Non batte ciglio. Niall salta in piedi, battendo le mani.
“Lo sapevo, lo sapevo! Dimmi che tu e Louis state insieme, Harry, ti prego dimmelo!” Urla, fin troppo esaltato. Scoppio a ridere, perché con il suo entusiasmo mi ha cancellato ogni paura. “Non lo so, penso di sì.” Dico sinceramente. E una domanda mi sorge spontanea.. Io e Louis stiamo insieme? E’ il mio.. ragazzo?   
Non ho il tempo di pensarci davvero, perché “Non sai quanto aspettavo che tu me lo dicessi! Finalmente!” Dice buttandosi di nuovo sul divano. E’ quasi come se avessi trattenuto il fiato per giorni e adesso stessi di nuovo respirando.
Ma non posso respirare davvero. Perché Zayn non ha detto una parola.
“Zayn..?” Faccio, adesso nervoso. Niall lo guarda, incuriosito, ma sorride.
“Wow..” Fa lui, togliendo la mano dalla mia spalla e incrociando le braccia. Con l’espressione concentrata e il corpo teso “Devo chiederti una cosa, allora.” Dice. Io annuisco, aspettando. “Sii sincero però d’accordo?” Niall ridacchia. Perché ride? Cosa sta per chiedermi Zayn? “Adesso che so che sei gay posso chiedertelo.. sono il più bello del gruppo?” Fa serio, quasi nervoso come se la mia risposta potesse cambiargli la vita. Scoppio a ridere, sinceramente, insieme a Niall. Ma fa seriamente o mi sta prendendo in giro?
Zayn scuote la testa, sorridendo. E capisco da come mi guarda, che sta dicendo sul serio. Gli importa davvero saperlo.
“Soltanto dopo Louis.” Dico, continuando a ridere.
Zayn annuisce e si rilassa.
“Okay, mi accontento.” Fa per abbracciarmi, ma io lo blocco. Non ho finito, devo dirgli un’altra cosa, forse la cosa di cui ho più paura. 
“C’è un’altra cosa.” Sospiro e adesso sì che sono nervoso. Una cosa è essere gay, un’altra auto-lesionarsi. E io non ho idea di come la prenderanno. Non avevo idea di come l’avrebbe presa Liam.. o Louis. E non so nemmeno adesso cosa aspettarmi. Entrambi restano in attesa. Mentre io, come avevo fatto per Liam, alzo semplicemente la manica del mio maglione. Perché non riesco a dirlo, non ci sono mai riuscito e non so se mai ci riuscirò. Così glielo mostro. Così gli faccio vedere cosa ho da dire. I miei tagli si vedono chiaramente, nessuno di loro chiede perché, come, cosa. Non parlano. Niall si passa una mano tra i capelli, Zayn sbarra gli occhi.
“Okay, questo non me l’aspettavo.” Fa in un sussurro a mala pena udibile Niall.
“Capisco se adesso non vorrete più parlarmi o se mi odierete, ma.. non potevo nascondervi questa cosa e.. insomma.. sì…” Comincio a blaterare, per riempire il silenzio nervoso che sì è creato. Ma nessuno parla. Si guardano e poi si fanno un cenno, che non capisco.
Niall si alza e ho il terrore che voglia andarsene, ma si butta su di me, stringendomi in un abbraccio che quasi mi soffoca. E anche Zayn mi abbraccia, insieme a Niall. Mi abbracciano entrambi, ma nessuno dei due continua a dire niente.
Nessuno dice mai niente quando mostro le mie braccia. Probabilmente non c’è assolutamente nulla da dire, nulla da commentare, nessuna parola per cui vale la pena sprecare il fiato.
E sono contento così, non mi va più di parlare. Ho già detto troppo, per questa sera. Sorrido, lasciandomi cullare dalle loro braccia. 




Styles wife's corner 

Lo so, sono imperdonabile.
Volevo aggiornare molto prima in realtà, ma poi è successo questo, poi quell'altro e alla fine se non aggiornavo oggi non potevo aggiornare più lol 
Finalmente ci sono Zayn e Niall. Non sembrano davvero due piccoli bambini che bisticciano per una caramella?
Aw, sono teneri, li abbraccerei çç
Non mi ero dimenticata di loro, solo che prima non sapevo come inserirli nella storia, quindi per questo fin'ora non erano comparsi.
Lo dico perché molte di voi me l'hanno chiesto lol
Devo confessarvi che il primo pezzo del capitolo, l'ho letteralmente sognato (giuro) con tanto di bigliettino di Louis e tanto di muffin (io ho la fissa per i muffin, perdono) 
Non so se da Starbucks facciano realmente i muffin, ma se no, facciamo pure finta di sì, tanto questa è solo una misera fan fic xD
Anyways, guys.. Se non l'avete fatto (e se vi va ovviamente) passate da questa mia shot? E' la mia prima AU, per la cronaca. 
Se volete essere avvisate su twitter ogni volta che aggiorno, chiedetemelo in una menzione e io segno i nickname, se non volete nulla lol 
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Stranamente non so più che scrivere perciò.. Recensite e spero che questo capitolo vi sia piaciuto, perché l'ho scritto con tanto amore :') 
Tanto love, Sarah. ♥



 

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Capitolo 8
*** Capitolo otto. ***


 

Capitolo otto.

 
 
Cerco di respirare regolarmente, sotto le coperte, mentre il mio cuore batte all’impazzata e la paura mi divora lentamente. Mi rannicchio su me stesso, le mie braccia circondano le mie gambe, che raccolgo sul mio petto. Respiro, piano, ma quando sto per regolarizzarlo, un altro tuono mi fa saltare in aria e mi spaventa. Mi spaventa a morte. Non mi sono mai piaciuti i temporali. Tutta quella pioggia che cade senza sosta, colpendo il suolo con rumori crudeli. E poi ci sono i tuoni. Troppo abbaglianti e troppo rumorosi per le mie orecchie. Non mi sono mai piaciuti i temporali perché sono troppo inquietanti, troppo scuri, troppo pieni di angoscia.
Un altro colpo, un altro tuono. Spalanco gli occhi, mentre i miei occhi mi si fanno lucidi. Nemmeno un bambino ha così tanta paura di un temporale. Insomma, in fondo è solo pioggia, no?
Comincio a lamentarmi nel silenzio, in preda al panico. Scuoto la testa, scalpito, ed emetto delle urla soffocate e aspetto. Aspetto non so nemmeno cosa.
Un altro tuono. Più forte dei precedenti e le lacrime cominciano a scendere.
Ho paura. Ho fottutamente paura. I temporali sono violenti, perfidi e mi spaventano.
 
 
 
La pioggia cadeva sull’asfalto, non preoccupandosi di nulla. Colpiva ogni cosa che incontrava, la bagnava, più e più volte, senza sosta. Ormai pioveva da ore ed Harry era preoccupato. Come sarebbe tornato a casa con questo tempo? Si guardava attorno, gli altri ragazzi erano tranquilli. A loro cosa fregava se c’era un temporale? Tanto i loro genitori li stavano aspettando in macchina, per non farli camminare da soli. Ma sua madre non poteva venire a prenderlo, non poteva proprio con il lavoro che faceva. Suo padre chissà in quale parte del mondo era o quale donna si stava scopando in quel preciso momento e sua sorella era troppo piccola per portare la macchina. Harry sospirò, seccato. Almeno aveva l’ombrello. Poteva ripararsi con quello. Ma la strada era lunga da fare e lui aveva solo tredici anni.
“Hey!” Harry si fermò di colpo al suono di quella voce. La conosceva fin troppo bene, ormai. Un tuono nel frattempo squarciò il cielo. Nel corridoio della scuola un silenzio regnava indiscusso. Tutti si erano fermati al suono di quella voce. Tutti stavano guardando Harry perché tutti sapevano che stava parlando con lui.
Harry cominciò  ad agitarsi, il suo stomaco si contorse in una morsa che quasi lo stava uccidendo. Dentro stava morendo dal panico, ma fuori aveva una faccia impassibile. “Ti sto chiamando, cos’è, non ti importa?” Certo che gli importava. Gli importava perché sapeva che gli avrebbe fatto del male. E allora, mentre si girava, cominciò a barcollare. Per soli dieci secondi. Era quasi impossibile che qualcuno lo avesse visto vacillare, ma Harry temette di essere visto. Non voleva fare vedere a nessuno le sue debolezze. Proprio non voleva.
Si trovò di fronte a lui. E cercò di non essere debole, ci provava con tutto se stesso.

“Ciao, William.” La voce ferma, rilassata, come se stesse parlando con un suo vecchio amico. Harry non era tanto sicuro se la sua voce suonasse amichevole o no perché lui di amici non ne aveva davvero avuti.
Il ragazzino dagli occhi castani sorrise, spavaldo.
“Ce ne hai messo di tempo per girarti. Sei per caso ritardato?” Alcuni ridacchiarono, altri rimasero in silenzio. Nessuno però osava guardarli. “Oh, no, non mi rispondere. So già che lo sei. Ritardato.”
Harry strinse il pugno, una voglia quasi malsana di colpirlo si impadronì di lui.

“E’ il meglio che sai fare?” Harry stava letteralmente morendo di panico. Dentro di lui ogni fibra del suo corpo, ogni muscolo, ogni nervo infuriavano. Volevano scappare via e mandare tutto a quel paese. Volevano trovare la forza di parlare a sua madre.
Si pentì subito di averlo sfidato così, perché lui lo prese per il colletto del maglione e lo sollevò da terra, schiacciandolo contro il muro. Tutti trasalirono. E la sua maschera indifferente adesso era crollata, i suoi occhi erano spalancati e adesso tremava anche fuori. Il ghigno soddisfatto del ragazzo lo fece impallidire ancora di più. Non lo avrebbe colpito lì, davanti a tutti, non l’avrebbe fatto. Ma Harry aveva paura, forse fin troppa.
“Cosa succede lì?” Quando la preside cominciò ad avanzare nel corridoio tutti si sparsero in varie direzioni, fingendo di non aver visto nulla. William posò a terra Harry,  che tirò un sospiro di sollievo.
“Niente.” Si affrettò a dire lui, non guardandola neanche. William era già sparito. Harry non sapeva dove, ma era contento che se ne fosse andato. La preside corrugò la fronte e scosse la testa. Non disse nulla, ma si fece molte più domande del necessario.
Harry cominciò a correre, uscì dalla scuola sotto la pioggia, non preoccupandosi neanche di aprire l’ombrello. Un altro tuono lo fece trasalire mentre correva. Voleva andarsene da quell’inferno e basta. I suoi piedi sapevano la strada a memoria, non c’era bisogno che Harry gli dicesse che strada fare, loro la conoscevano già. Si stava bagnando tutto. Il suo zaino era fradicio, i suoi vestiti lo erano e i capelli erano schiacciati sulla fronte. Sua madre si sarebbe arrabbiata, e anche parecchio, ma a lui non importava. Poteva affrontare sua madre, ma non poteva affrontare William. Così continuò a correre fin quando non andò  sbattere contro qualcuno. La nebbia era fitta, le strade si vedevano a mala pena e sembrava fosse mezzanotte, ma grazie ad un altro tuono, riuscì a scorgere il viso dell’ultima persona che voleva vedere.
Era di nuovo lì? L’aveva seguito? Come poteva averlo incontrato di nuovo? Harry cercò di continuare a correre, fece un passo indietro, ma William fu più veloce di lui. Anche lui era tutto bagnato dalla testa ai piedi, ma sembrava che non gli importasse.
Harry maledisse di aver preso la scorciatoia, maledisse di aver preso la strada che nessuno pensava mai di fare perché è troppo stretta, troppo inquietante. Il sorriso di William andava da una punta all’altra del suo viso.
“Sbaglio o abbiamo un discorso in sospeso?” Harry si ritrovò con la schiena al muro ruvido, incapace di parlare, a mala pena di respirare.
“Lasciami andare.” Ma le sue parole furono vane, lui lo sapeva, ma ci aveva provato. E quando il primo colpo arrivò dritto al suo occhio, non seppe se il rumore fosse stato provocato dal pugno o da un altro tuono. Un altro colpo gli arrivò sullo stomaco ed Harry urlò. Aveva male ovunque. Aveva male perché aveva corso, aveva male alla gola perché era sotto la pioggia, aveva male all’occhio, allo stomaco, alle guancie, adesso che anche quelle erano state prese di mira. Più e più colpi gli arrivarono dappertutto e i tuoni lo atterrivano.
“Adesso non fai più il menefreghista, eh?” Urlò William, colpendolo ancora alla guancia sinistra. L’occhio destro di Harry si apriva a mala pena, gli bruciava ogni centimetro del colpo e cominciò a piangere. Le sue lacrime silenziose si confondevano con la pioggia e William non le vide. Non vide che lui stava piangendo, non vide nulla, a William importava solo colpire.

“Brutto idiota.” Urlò ancora William. “Così ti piacciono i ragazzi eh?” Maledetto Harry che lo aveva detto al alta voce, tre mesi fa. Maledetto lui che pensava fosse normale dare la mano a un suo compagno di classe.
“Basta.” Mormorò Harry. William lo sentì, ma lui non voleva smettere di colpirlo, gli piaceva, aveva soddisfazione, quelle suppliche gli rendevano tutto più divertente. Scoppiò a ridere, mentre lo lasciò cadere per terra e gli piantò un calcio negli stinchi.
Altro tuono ed Harry non ebbe nemmeno la forza di trasalire. Stava inerme, incassò gli ultimi calci, lamentandosi, piangendo, aspettando che lui finisse di torturarlo.
William si chinò su di lui, tirandogli i capelli. “Sei fortunato.” Disse, sempre sorridendo. “Mi sono già stancato, ma fidati, non è finita qui.” E detto questo, gli diede un altro calcio, e scomparve. Harry rimase lì, con ogni muscolo che gli faceva male. Ogni volta che provava a muoversi era come se ci fosse William a colpirlo di nuovo. Non poteva neanche muovere un dito. Tutto gli faceva male, tutto gli bruciava. Non aveva neanche la forza di urlare. Rimase lì sotto la pioggia, sotto i fulmini, spaventato e dolorante per chissà quanto tempo. Finché non cessò di piovere. Finché vide un poliziotto correre verso di lui.

“Harry Styles?” Chiese l’uomo, ma lui non aveva neanche la forza per annuire. Lo sollevò da terra, Harry era in una pozzanghera, era sporco, bagnato e il naso gli colava. Era scosso da brividi di paura o di freddo, nemmeno lui lo sapeva. Riusciva a vedere a mala pena, ma riconobbe sua madre sulla punta della strada, che urlava. Raggiunse il poliziotto e senza preoccuparsi di essere sgarbata, piangendo, prese in braccio suo figlio, mormorandogli che andava tutto bene. Ma Harry sapeva che non era così. Harry sapeva che mai più sarebbe andato tutto bene.
 
 
 
 
 
 
Tremo al ricordo. Odio quando ad ogni temporale deve saltare fuori. Odio come non riesco a fermarmi dal tremare ogni volta che sento un tuono rimbombare sulla terra.
Mi odio.
“Hazza?” Sento la porta che si apre e poi si richiude, velocemente. So già chi è. Viene sempre quando c’è un temporale. “Hazza, va tutto bene.” Si infila sotto le coperte e mi stringe forte. Sa già che sono in panico, non c’è bisogno che mi veda, sa che cado in ansia ogni volta che sento un tuono, sa che ho paura, sa il mio segreto. Ed è l’unico a conoscerlo.
Mi sento già meglio mentre mi riempie di baci. Ovunque. Ma il mio respiro è irregolare, talmente tanto che vedo i suoi occhi spaventati mentre mi guardano.  
“Respira, Haz, va tutto bene. Respira.” La sua paura è durata solo un secondo. Vuole mostrarsi forte davanti a me? Vuole farmi sapere che nulla lo spaventa? Quasi mi arrabbio, questa facciata non regge con me. Lo so che ha paura per me, l’ha  sempre avuta ai temporali. “Scusa se ci ho messo tanto a venire, scusa.” Sussurra al mio orecchio. Le sue mani accarezzano la mia schiena, sopra il mio maglione, le sue labbra stanno assaggiando il mio collo. Mi sta riscaldando, mi porta calore con le sue labbra, con le sue braccia. Mi stringe forte e mi sento bene. Comincio a respirare più regolarmente e sento i suoi muscoli rilassarsi al suono del mio respiro.
“Sei perfetto.” Dice e vengo percorso da un brivido. “Sei bellissimo.” Mi da un bacio sulle labbra, e io chiudo gli occhi, lasciandomi cullare. “Sei forte.” Mi bacia ancora e il mio braccio stringe il suo fianco.
Apro gli occhi e lo guardo attraverso il buio della stanza. No. Si sbaglia. Lui è perfetto. Lui è bellissimo. Lui è forte. Lui è tutte queste cose e molto di più, non io.
“So a cosa pensi.” Dice stampandomi un bacio sulla guancia. “Ma devi credermi.” Continua ad accarezzarmi la schiena e io non riesco nemmeno a parlare.
Scuoto soltanto la testa, ma lui mi ferma, sbuffando. “Harry, credimi, per questa volta, credimi.” Lo ripete più volte fin quando non mi rilasso. Mi faccio piccolo sul suo petto, respirando il suo profumo, sentendomi a casa.
Vorrei dirgli tante cose. Vorrei dirgli che mi sento stupido, vorrei dirgli che lo amo, vorrei dirgli grazie, vorrei dirgli di non andare più via. E invece rimango in silenzio. Tutto quello che faccio è concentrarmi sul suono del suo respiro perché mi rilassa. Non sento nemmeno più la pioggia. Sento solamente lui. Mi stringe ancora più forte. Sono totalmente schiacciato sul suo petto, ma non mi importa, sto bene.
Sorrido, adesso va meglio. Lo guardo e con gli occhi cerco di dirgli tutto quello che non riesco a dire. Lui mi capisce, mi accarezza i capelli e stavolta sono io a baciarlo.
Ma quando comincio a stare bene, quando i miei muscoli cominciano a rilassarsi, un tuono colpisce ancora una volta la terra e io tremo. Sbarro gli occhi e guardo la finestra, appena in tempo per vedere la luce potente farsi strada tra l’oscurità. Salto in aria, staccandomi persino dalla stretta di Louis e mi lascio sfuggire un gemito.
“Hey.” Louis mi porta di nuovo sotto le coperte e per qualche motivo sento il dolore dei pugni di anni fa. Li sento ad ogni tuono, ad ogni temporale. Sento dolore ovunque e non posso calmarmi. Nemmeno Louis riesce a farlo. Merda. Dovrei sforzarmi, no? Lui fa tanto per me. Potrebbe benissimo dormire sul suo letto tranquillo e invece no, è qui per me. E sta cercando di aiutarmi. Mi sta baciando, abbracciando, coccolando e io nemmeno mi sforzo.
“Sono io.” Mi sussurra. “Lui non c’è, sono solamente io, Louis.” Ripete quelle frasi più volte e sto per tranquillizzarmi come prima, ma ancora una volta un tuono mi riporta al passato. Quando smetterà di piovere?
La stretta di Louis è più forte che mai. Mi impedisce di saltare in aria, mi impedisce di allontanarmi. Le lacrime scendono di nuovo e non posso asciugarle perché le mie braccia sono intrappolate dalla sua stretta. Mi sta guardando e i suoi occhi sono.. dispiaciuti? Tristi? Vedo del senso di colpa, ma perché mai dovrebbe avere del senso di colpa? Mi asciuga le guance con i polpastrelli e mi sorride debolmente.
“Superai tutto questo Harry.” E’ convinto mentre lo dice e io non ho nemmeno la forza di controbattere. “Lo supereremo, insieme.”
Un brivido mi percorre tutto il corpo e gli sorrido, sinceramente.
“Grazie.” Le prime parole che sono riuscito a dire, o meglio, mormorare, sono quelle più significative di tutte. Louis mi stampa un bacio sulla fronte.
Non dice nulla, mi stringe forte e il suo naso è preso a sfiorare il mio. E quando l’ennesimo tuono fa tremare la terra, io sono tra le sue braccia, ma la sua presa è delicata e io non mi spavento.    

 




Styles wife's corner 

Oggi sono a lutto, motivo biglietti per i One Direction. Perciò non parlerò a vanvera come mio solito.
Spero soltanto che questo capitolo vi sia piaciuto e scusatemi se è piuttosto fluff e angst, ma mi è venuta questa idea e l'ho buttata giù. La storia di questo WIlliam verrà approfondita mano a mano e capirete tante cose di Harry, ma non voglio spoilerarvi nulla, perciò.. recensite :)

Sono contenta se qualcuna di voi ha preso i biglietti, anyway. 
Peace and love, Sarah. ♥

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Capitolo 9
*** Capitolo nove. ***


Capitolo nove.

 

 
 
In questi giorni mi sono mostrato più vulnerabile che mai. Prima d’ora non mi ero mai esposto così. Non così spesso, non con così tanta gente. Le uniche persone con cui mi sono mostrato debole sono mia madre e, ovviamente, Louis. Mai avrei pensato di dire quello che mi passa per la testa a qualcun altro. Fino ad ora.
“Non voglio che tu sia triste, Haz.” Borbotta Niall quando finisco il mio racconto penoso di come questa mattina stavo per prendere a pugni una finestra in preda a una crisi non so bene scatenata da cosa.
“Niall, sto bene. Non ho colpito niente.” Gli dico sorridendogli.  
Ma ancora lui non è convinto, e scuote la testa. Mi mette una mano sulla spalla.
“Stavi per farlo, però. Non voglio essere invadente, ma..” Niall, come fa sempre quando non sa se è opportuno parlare o stare zitti, fa una smorfia e si guarda attorno. “..Louis non dovrebbe aiutarti in tutto questo?” Dopo aver parlato, si morde il labbro inferiore, guardando in basso. So che si è pentito di aver parlato.
Louis sta cercando di aiutarmi. Sono io che non riesco a reagire, a guarire, a fare la persona intelligente. Sono un’idiota.
Vorrei aprire la bocca e dirgli quelle parole, ma tutto quello che faccio è sorridere.
“Certo che mi aiuta, ma ci vuole del tempo e.. lui stamattina non c’era.” Aggiungo con una nota evidente di tristezza. Non mi va di dirgli che non riesco a fare un minuscolo passo avanti. Che la colpa è solo mia.
“Ah, no? Dov’era?” Fa lui, aggrottando le sopracciglia.
“Eleanor.” Il mio disappunto è quasi palpabile. Odio quella ragazza, odio che Louis non può mollarla, odio l’amore di lei verso il ragazzo che io amo. Digrigno i denti e Niall sbuffa.
“Dovete fare qualcosa per quella ragazza.” Esordisce Liam, entrando dalla porta. Probabilmente è lì ad origliare dall’inizio e fa finta di nulla, come al solito. Fa sempre così quando si scopre ad origliare. Sta immobile deciso se intromettersi o no finché qualcuno non dice qualcosa di importante e allora si decide a parlare. Un giorno di questi glielo dico che l’ho scoperto. Si siede accanto a Niall e mi sorride.
“Cosa dovremmo fare?” Chiedo, sperando davvero che uno dei due abbia una soluzione.
Si guardano, con le espressioni interrogative.
Io sono troppo preso ad andare in panico per trovare una soluzione. Pensare a come risolvere i problemi non è mai stato la mia forza. Non ci sono mai riuscito.
“Ma voi due ne avete parlato? Intendo.. di voi, di Eleanor?” Liam incrocia le braccia al petto.
Ne abbiamo mai parlato? L’unica conversazione che abbiamo avuto su Eleanor è stata ieri sera, dove lui si è rifiutato di approfondire il discorso dopo che io gli avevo chiesto se voleva lasciarla.
Ma io e Louis stiamo insieme? E se sì, lui sta tradendo Eleanor con me o tradisce me con Eleanor? Ma soprattutto, se veramente ama me, perché sta ancora con lei? Cos’è per lui Eleanor? Vuole usarla come copertura o cosa?
E mi rendo conto che non abbiamo mai affrontato questi discorsi, mi rendo conto di non avere risposte, ma che ho davvero bisogno di averle.
Il mio silenzio parla per me e sia Niall che Liam sospirano.
Nessuno dice più niente, ci limitiamo a guardare in basso.
Ho bisogno di parlare con Louis. Questa è l’unica cosa che so.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lo sto aspettando, lo aspetto da ormai due ore, in camera da letto, nel nostro appartamento. Sotto ci sono Niall e Liam, Zayn è da qualche parte con Perrie.
Non mi va di guardare la televisione, ne di parlare. Voglio solo rimanere disteso, facendomi divorare dall’ansia. Sto pensando a cosa dirgli quando tornerà, sto pensando a come iniziare il discorso a come non farlo arrabbiare, ma in tutte le mie versioni, Louis finisce sempre con lo sbraitare e sbattere la porta.
E sono in panico, a mala pena respiro. Non voglio che se ne vada, non voglio metterlo a disagio, non voglio fargli parlare di qualcosa di cui lui non vuole parlare, ma io ne ho bisogno. E quindi cosa faccio?  
Mi alzo e vado in bagno, non perché ne ho bisogno, giusto per fare qualcosa. Ma appena entro, sul lavandino vedo il rasoio. Respiro profondamente e mi avvicino, tremando. L’ho lasciato io incustodito? Per forza, Louis non si sarebbe mai dimenticato di nasconderlo.
Appena lo guardo mi sento attratto, ho il bisogno di prenderlo. Cerco di resistere, ma quasi mi viene da urlare. Ogni muscolo mi sta dicendo di prenderlo, i miei occhi lo fissano, in attesa.
Lentamente, le mie dita afferrano il manico e poggiano le limette sulla mia pelle. Sento una scossa. Chiudo gli occhi e trascino il rasoio da destra a sinistra, un movimento netto, fatto senza indugio, forte. Il dolore arriva immediatamente, non tarda ad arrivare. Soffoco un urlo di puro dolore.
Sento il mio corpo rispondere al taglio, trema, si dimena, quasi non regge. La mia gola sta bruciando, i miei occhi vogliono piangere. Sento dolore ovunque tranne che sulle braccia.
E lo rifaccio, poco più sotto.
Di nuovo, rabbrividisco e soffoco un urlo. Merda.
Getto il rasoio dall’altra parte del bagno, arrabbiato con me stesso. Perché non riesco a resistere? Perché mi sto facendo del male?
Respiro profondamente, come Louis mi ha insegnato quando vorrei prendere a pugni qualcosa o voglio tagliarmi.
Inspiro ed espiro, con tutta l’aria che riesco a prendere.
Mi dispiace Louis. Scusa. Non sono riuscito a fermarmi.
Apro la bocca perché ho solo voglia di urlare. Guardo il sangue che cola, e l’ho visto così tante volte che ormai non mi impressiono più e quel senso di soddisfazione è sparito. Non c’è più. Adesso mi sento solo deluso. Deluso da me stesso, dalla mia poca forza.
 
 
 
 
 
 
“Harry, dimmi la verità, qualcuno ti ha picchiato?” Anne stava ormai davanti a suo figlio da mezz’ora, cercando di capire perché fosse tornato a casa con il naso sanguinante e un livido sulla pancia.
Harry scosse la testa, per l’ennesima volta. Non voleva fare vedere a sua madre quanto fosse debole, quanto fosse incapace di difendersi. Non voleva che lei si preoccupasse per la sua stupidità.

“Te l’ho detto, sono caduto.” Disse il ragazzino mentre sua madre metteva del ghiaccio sulla sua pancia.
I vestiti sporchi di fango giacevano per terra, Anne non si era nemmeno preoccupata di lavarli subito. Non le importava dei vestiti, le importava di suo figlio.
“Harry.” Aveva perso la pazienza e alzò la voce, involontariamente. Gli lanciò uno sguardo di supplica. Sapeva che non era caduto, sapeva che qualcuno gli stava facendo del male, ma non sapeva chi ed ignorava il perché. Voleva aiutarlo, erano troppe le volte in cui lo aveva visto asciugarsi il sangue dal naso di nascosto, troppe le volte in cui lo sorprendeva a lavarsi i vestiti sporchi di sangue, e nel modo sbagliato, troppe le volte in cui lo sentiva piangere nella sua stanza. Anne sapeva che qualcosa non andava, e odiava che suo figlio avesse paura di parlarle. Lei era lì per aiutarlo. Perché aveva paura?

“Se ci fosse qualcuno che ti picchia, qualcuno che si azzardasse anche solo a torcerti un capello, tu me lo diresti, vero?” Tolse il ghiaccio dal suo stomaco e gli strinse le mani. Anne sentì quelle tremare, mentre lo guardava negli occhi. Harry non riuscì a sostenere lo sguardo, non ce la fece. Voleva solo andare in camera sua e piangere, piangere fino ad addormentarsi sfinito, stava odiando quella conversazione. “Lo sai che puoi dirmi qualunque cosa? Qualunque. Non potrò mai arrabbiarmi per quel motivo.” Insistette Anne, non contenta.
Aveva già capito tutto. Voleva solo sentirselo dire. Voleva sentirsi dire da suo figlio che qualcuno lo stava torturando. E non perché non ne fosse convinta, voleva che lui si aprisse.

“Sì, lo so.” Disse Harry, semplicemente.
“Quindi? C’è qualcuno che ti picchia?”

Harry non riusciva a mentire. Lo sapeva il mondo intero. Non era mai stato un bravo attore. Ma almeno ci provava. E si impegnò davvero nello scuotere la testa e sembrare convincente. Ma non riuscì a parlare. E forse sarebbe riuscito ad ingannare qualcuno quella volta, ma non sua madre.
“E se ti dicessi che non ti credo?” Continuò, volendo che lui parlasse.

Harry crollò. Non ce la fece più. Non riuscì a mentire ancora, proprio no. Alzò lo sguardo e silenziosamente cominciò a piangere. Le lacrime parlarono per lui e il sangue di Anne raggelò.
Gli aveva risposto a modo suo, stava piangendo, si stava morendo il labbro inferiore, tremava.
Non poteva vedere suo figlio così, era l’ultima cosa che voleva. Non si sentiva in colpa per averlo fatto cedere, era la cosa giusta da fare, si sentiva in colpa per non aver reagito prima, per aver aspettato tutto questo tempo. Cercò di dire qualcosa, ma non ci riuscì. Strinse Harry più forte che riuscì, cullandolo.
Aveva solamente tredici anni. Perché gli facevano questo? Perché se l’erano presa con suo figlio? Cosa aveva fatto di male?

“Non faccio mai nulla.” Singhiozzò il riccio tra le braccia della madre. “Ho solo.. Non pensavo di farlo arrabbiare.” Sussurrò al suo orecchio.
Anne aggrottò le sopracciglia, non capendo. Cosa aveva fatto?

Allontanò di poco suo figlio, in modo tale che riuscisse a guardarlo in faccia.
“Cosa hai fatto?”

“Ho solo.. ho tenuto la mano ad un mio compagno.” Singhiozzò Harry. “Non pensavo di dare fastidio.”
Anne sospirò. L’idea che suo figlio potesse essere gay le aveva sfiorato la mente parecchie volte, tanto da portarla a crederci davvero negli ultimi tempi. Ma mai aveva affrontato questo discorso con lui. E adesso non sapeva che dire. Sapeva che era gay e non era un problema. Si chiese solamente se lui se ne fosse accorto.
“A me lui piace.” Continuò Harry. Non pensava ci fosse qualcosa di sbagliato, non vedeva il problema, proprio non riusciva a capire perché William reagiva così. Lui trovava il suo compagno carino e allora? A Mattew non era dispiaciuto quando Harry gli aveva stretto la mano.
“Non è sbagliato, vero?” A Harry sorse un dubbio, però. Se aveva dato fastidio, forse i suoi sentimenti erano sbagliati, se qualcuno lo odiava così tanto perché lui reputava carino un suo amico, forse la cosa non era poi così innocua. Guardò sua madre che scuoteva la testa, asciugava le lacrime dal suo viso e sembrava voler urlare da un momento all’altro.
“Non pensarlo nemmeno.” Disse Anne, sinceramente. “Nulla di quello che senti è sbagliato, anzi è..”

“Diverso?” Harry incalzò, voleva capire perché alle persone faceva così paura, voleva saperlo.
“No, è..”

“Ingiusto?”
“No, perché dovrebbe?”
“Allora cos’è mamma? Non capisco cosa ho fatto. Sono stupido o..?”
Anne non poteva più sentire suo figlio dire che i suoi sentimenti erano sbagliati, se si azzardava anche solo un’altra volta a insinuare che lui fosse stupido o cose del genere, avrebbe fatto davvero male a chiunque aveva osato toccarlo.
“Harry, tu sei perfetto.” Lo guardò negli occhi, gli spostò i ricci dalla fronte e parlò con tutta la convinzione che possedeva. “Non sei sbagliato, ma devi capire che le persone possono essere davvero cattive a volte, ma tu non devi ascoltarle, devi ascoltare me, non loro.” Harry prese a scuotere la testa violentemente. Era convinto che fosse stato lui a sbagliare e voleva rimediare. Voleva punirsi.
“Tu non vali.” Si scostò dalla presa di sua madre. Non era un bambino, non aveva bisogno di lei. “Sei mia madre, il tuo giudizio non conta.” Corse via, sbattendo la porta e lasciando Anne barcollante sulle sue stesse ginocchia. A fatica riuscì a sedersi, mentre cercava di pensare.
Non poteva lasciare suo figlio così. Doveva fare qualcosa.

 
 
 
 
 
 
 
 
“Che cazzo hai fatto Harry?” Louis corre verso di me, digrigna i denti, lancia il telefono a terra, non gli importa di nulla. Mi vede mentre sto mettendo un maglione e io scatto sulla difensiva. Non voglio che lo sappia.
“Nulla, sento solo freddo. E’ vietato sentire freddo?” Sono aggressivo con lui, perché ho paura che mi scopra, e mi scoprirà, è questione di secondi. Lui scuote la testa.
“Non metti mai il maglione.” La sua voce è spaventata. “A meno che non sia il mio e.. quello non è mio.”
Abbasso lo sguardo. Se avessi messo un suo maglione mi avrebbe scoperto? Cerco di trovare qualcosa da dire, ma i suoi occhi dicono tutto. Così sto in silenzio, lasciandomi divorare dalla mia stupidità.
“Merda, ma perché? Perché non mi hai chiamato?” Si mette di fronte a me, continua a scuotere la testa e non capisco se lo fa perché non l’ho chiamato o perché è deluso.
“Eri con.. quella.” Sospiro. Non riesco nemmeno a dire il suo nome. “Non volevo disturbare.” Incrocio le braccia al petto, ma involontariamente si strofinano tra loro e i tagli ancora freschi fanno male. Così balzo in aria per il dolore che non mi aspettavo e contraggo il viso.
“Harry, che diamine.” Sospira arrabbiato e si passa una mano sul viso. Il suo viso è in tensione, si morde le labbra, sta cercando di non prendermi a pugni, lo so.
“Sono stupido, scusa.” La mia voce è più roca del solito e nel momento stesso in cui alzo lo sguardo sui suoi occhi, il viso di Louis si rilassa.
“Andiamo, siediti.” Mi spinge delicatamente sul letto, sorridendomi. Non so se si sta sforzando di essere gentile o lo è veramente.
“Avrei dovuto chiamarti.” Continuo. Voglio dirgli tutto, ogni cosa che mi passa per la testa, voglio essere sincero. “Non sapevo se potevo e poi.. Dovevo parlarti faccia a faccia.”
Si siede accanto a me continuando a sorridere.
“Adesso sono qui, Haz.” Mi circonda il fianco con la mano e mi accarezza i capelli con l’altra. Dopo mi alza la manica del maglione. Non riesco a parlare quando lui mi prende la mano, mi alza il braccio e poggia le sue labbra sulle mie ferite. Sto tremando quando prende a baciarmi ogni centimetro, quando bacia le mie cicatrici. Sollievo è tutto quello che provo. Il braccio non mi fa più male, sono tranquillo perché le sue labbra sono migliori di qualunque altro disinfettante. Sono felice perché lui non mi ha ancora abbandonato.
“Non farlo più.” Sussurra tra un bacio e l’altro. “Per favore.” Continua a baciarmi fin quando il mio bruciore non sparisce del tutto. Respiro davvero adesso.
Gli accarezzo i capelli, perché è l’unico modo in cui posso dirgli grazie al momento. Non riesco a parlare, non riesco a fare qualcosa che gli dimostri quanto sono felice di averlo lì, al mio fianco, nonostante io sia un completo idiota. Riesco solo ad accarezzargli i capelli. Singhiozzo.
“E’ tutto a posto, Haz, è tutto a posto.” Si stacca dal mio braccio e mi abbraccia. Mi abbraccia come se fossi l’unica persona esistente al mondo, come se fossi la cosa più preziosa di tutte. Mi tocca delicatamente e mai mi sono sentito così al sicuro, così a casa.
Debolmente, lo abbraccio pure io. E ho così tante cose da dirgli, forse anche fin troppe. Ma l’unica cosa che riesco a fare è affondare il viso sul suo collo, odorare il suo profumo e lasciarmi abbracciare. Perché in fondo, in quell’abbraccio, ho tutte le risposte che mi servono. 






Styles wife's corner 

Ma salveee :D 
Come state bella gente? Dopo aver visto Breaking Down - Part 2 io sono ufficialmente piena di feelings e ho pianto così tanto dalla gioia che non penso riuscirò a versare più lacrime per il resto della mia vita aksdisjf E' stato un film stupendo, fin troppo. E adesso mi sento vuota çç 
Ma non perdiamoci in chiacchere! Perché? Perché dobbiamo parlare del capitolo qui sopra, of course. 
Non vedevo l'ora di scrivere di Anne (♥) di cosa pensa e di come reagisce quando capisce che il suo piccolo cucciolo è gay. 
Io amo quella donna, è fantastica e non poteva che esserlo anche qui.
Louis penso sia abbastanza tenero in questo capitolo, ma siccome (ormai lo sa tutto il mondo) lui è un'irrimediabile Sassy Queen, prossimamente farò vedere anche il suo lato stronzo (non con Harry!) perché ci sta dopo tutta queste tenerezza.
Non penso ci sia molto altro da aggiungere, spero che, as usual, vi sia piaciuta questa cagatina e recensite (!) perché i vostri commenti mi fanno sempre piacere :)
Ah, un'ultima cosa e giuro che poi smetto di scrivere scemenze, faccio banner per FF su richiesta, perciò se li volete basta chiedermeli e io ve li faccio con tanto amore askisdkjf
Potete chiedermeli o su ask o su twitter per me è uguale, non mi cambia nulla!
Non siate timidi, se volete parlarmi fatelo, non mangio nessuno :)
Peace, love, unicorns, Larry and 69.
Sarah. ♥

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci. ***



Capitolo dieci.


 

 
“Ti serve una penna?” Harry tese la mano ad un bambino che ormai guardava da una buona mezz’ora. “Ho notato che la cerchi.” Di certo ad Harry non era sfuggito che il bambino stesse sbuffando, avesse gonfiato le guancie e stese cercando qualcosa nel suo portacolori. Come gli poteva sfuggire un bambino così carino?
“Oh.” Fece lui, sorridendo. “Grazie, mi hai salvato!”
Harry si illuminò più di quanto lo fosse il sole. E poteva essere una scemenza per chiunque, ma quel sorriso, per lui, significava il mondo e non sapeva neanche perché, lo conosceva appena.

“Non c’è problema.” Harry sorrise, continuando a guardarlo.
“Io mi chiamo Mattew, tu?”
Mattew. Era uno dei nomi più belli che Harry avesse mai sentito. Il più musicale, il più perfetto. Le sue mani stavano sudando, era nervoso. Ma perché? Era solo un altro dei tanti bambini che aveva conosciuto, perché sudare?

“Harry.”Sospirò, guardando il suo foglio ancora bianco.
Mattew annuì, e con la penna appena prestata, diede un colpo al braccio di Harry, delicatamente.
“Non hai ancora scritto nulla?” Fece lui, allungando il collo.
Harry scosse la testa, adesso non aveva il coraggio di guardarlo, era troppo vicino.
“Non so che scrivere, non sono molto bravo con le parole.” A soli tredici anni, Harry era  consapevole di se stesso più di quanto lo fossero tutti gli altri ragazzini della sua età. Sapeva che non era affatto bravo a scrivere o recitare, sapeva che aveva paura di fin troppe cose, sapeva che era diverso. Non era sicuro di sapere in cosa lo fosse, ma in quel momento, quel dubbio si stava facendo largo nella sua testa. Una parola, una sola, stava cominciando a ronzargli per la mente, anche se con tutto se stesso cercava di non ascoltare.
Aveva un bel successo con le ragazzine, era uno di quelli che tutti volevano come amico perché era bello, simpatico e gentile. Tutti amavano Harry.
Ed Harry lo sapeva. Per questo non dava ascolto alla sua mente, perché se lo avesse fatto, tutta quella popolarità, tutto quello che lo faceva stare bene sarebbe crollato in un istante.
Così cercò di ignorare anche le mani sudate, l’emozione che provava nel sentirlo vicino, nel sentirlo parlare. Ignorava e basta. Doveva fuggire da quella parola, doveva fuggire da se stesso, doveva farlo.
Se solo il mondo avesse saputo, se sua madre o sua sorella o i suoi amici o la sua fidanzatina lo avessero saputo, di certo nulla sarebbe stato più lo stesso e lui non lo voleva. Voleva che lo cose rimanessero in quel modo. Non voleva cambiare, non gli andava proprio.
Mattew lo stava aiutando, gli stava dando qualche idea per il compito, lo stava spronando a scrivere. Ed Harry aveva già riempito metà foglio in soli venti minuti. Era soddisfatto.
“Grazie mille, non so cosa avrei scritto altrimenti.” Disse dopo, quando finì del tutto.
“Ma figurati..” Mattew alzò le sopracciglia, come se un’idea gli fosse venuta in mente in quel momento. “Hey, vuoi venire a giocare a casa mia domani? Mio padre mi ha comprato un gioco nuovo.” 
Come poteva perdere quell’occasione? Fece un cenno positivo con la testa, mentre Mattew, batteva le mani. In realtà non sapeva se poteva, doveva chiedere a sua madre, lei doveva organizzarsi, ma avrebbe fatto di tutto per farsi dare il permesso. Avrebbe lottato per un semplice sì.
Erano entrambi felici, entrambi a loro agio, entrambi consapevoli di essere diversi. Ma solo uno di loro si rifiutava di accettarlo.

 
 
 
 
 
 
 
Tra tutte le persone che posso incontrare, tra tutte quelle che possono ricordarmi bei momenti, incontro proprio quella che non avrei mai voluto incontrare. Preferivo incontrare anche quelle persone che mi avevano traumatizzato. Ma non lui.
Non lui e non davanti a Louis. Mi convinco che in realtà il ragazzo che vedo non sia davvero lui, cerco di scappare via, di non guardarlo, di fare finta di non riconoscerlo, ma lui mi sta fissando.
E a Louis comincia anche a dare fastidio. Mi guarda con le sopraciglia aggrottate, inclinando la testa.
Lo sa che gli sto nascondendo qualcosa, non riesco a non farglielo capire. Mi muovo nervosamente sulla sedia, mentre lui mi mette sempre più a disagio, avvicinandosi a me. Ringrazio solo che non ci sono telecamere in giro.
“Chi è?” Louis non resiste più, deve chiedermelo. Mi circonda la spalla con un braccio, come per dirmi di stare tranquillo, qualunque cosa stia succedendo. Ma io non riesco a tranquillizzarmi, lui sta venendo qui.
Sento i miei polmoni stringersi e il mio stomaco accartocciarsi, nervosamente, facendomi emettere uno strano rumore. Louis mi stringe la spalla, ma è troppo tardi, è già qui.
“Cosa prendete da mangiare?” La voce è completamente diversa. Quel timbro infantile, acuto, allegro si è trasformato in un timbro maturo, roco e quasi triste. E io non posso non guardarlo, non posso non chiedermi se sia davvero lui o se semplicemente sto sbagliando.
Ma riconoscerei quei movimenti tra mille, è solo cresciuto di qualche anno, ma gli occhi, i comportamenti sono gli stessi. Non è cambiato, se non in altezza.
Lui adesso guarda il suo foglio ed è concentrato a scrivere quello che Niall gli sta dicendo. Sta cercando di evitarmi adesso? Da quando si è avvicinato non mi ha degnato di uno sguardo. Mi ha riconosciuto? Si ricorda di me o mi ha già dimenticato?
“Tu cosa prendi Hazza?” Mi giro verso Louis per comunicare quello che avevo scelto, quando mi rendo conto che in realtà non è stato lui a parlare. E mi chiedo come abbia potuto confondere quella voce.
Nessuno sta più parlando, lui ha la mano sospesa a mezz’aria, la sua mano sta tremando leggermente e Louis si muove accanto a me.
“Scusate, volevo dire..” Lui tossisce, ma c’è poco da rimediare, tutti lo hanno sentito. E non mi ha chiamato Harry, la cosa sarebbe stata meno strana (mezzo mondo conosce la mia faccia) no, mi ha chiamato con un soprannome.
“Cosa hai detto?” Sbotta Louis, sulla difensiva. Oh no Lou, non adesso, non con lui. Non puoi essere geloso.
“E’ stata.. ho sbagliato, scusatemi. Non so da dove mi sia uscito. Io nemmeno vi conosco.” E dicendo questo, se ne va senza nemmeno finire di prendere le ordinazioni.
Faccio un respiro profondo e so che tutti mi stanno guardando. Lo sanno che non è stata una svista, era fin troppo evidente.
“Scusatemi un attimo.” Non riesco a guardare nessuno mentre mi alzo e lo seguo verso il retro, dove si era diretto. Appena varco la porta, la prima cosa che vedo è lui, appoggiato al muro, con le mani sul viso.
“Ciao, Mattew.” Dico, facendolo sobbalzare in aria.
Il suo sguardo è quasi vuoto, inespressivo. E mi spavento. Non ha mai avuto quello sguardo, nemmeno quando era seriamente spaventato o sconvolto. Il suo sguardo voleva dire sempre qualcosa.
Forse mi sbaglio. Forse l’altezza non è l’unico cambiamento a cui è stato sottoposto o forse, più semplicemente, non l’ho mai veramente conosciuto.
“Ciao, Harry.” Accenna un sorriso, scuotendo la testa. “Scusa per poco fa, non volevo.”
Mi affretto a tranquillizzarlo, anche se non dovrei. Non so cosa dirò a Niall, Liam, Zayn e, peggio, Louis, ma non importa in questo momento. Sono arrabbiato per altre miliardi di cose e voglio dirglielo, anche se non so quanto sia intelligente farlo.
“E’ tutto a posto.” Non so perché gli mento così, non va tutto bene, è tutto il contrario. Mi guarda, e io continuo a non saperlo leggere. Prima mi era così naturale farlo. Mi bastava anche solo guardarlo con la coda dell’occhio per capirlo, adesso le cose si sono totalmente stravolte. Non capisco neanche un suo banale gesto.
“Come stai? Non ci vediamo da un po’.” Fa sarcastico. Si allontana dal muro e con curiosità si avvicina. Io non voglio che stia troppo vicino a me e se entra Louis e ci vede? Non deve vederci vicini, non voglio che si arrabbi con me, no.
“Sto.. bene.”  Faccio un passo indietro. Non so nemmeno perché l’ho seguito. A cosa pensavo?
Continua a sorridere e mi rende nervoso. Mi pento di avergli dato tanta importanza, mi pento di essermi lasciato sconvolgere anche solo dalla sua presenza.
“Non sei cambiato” Sospira “Sei sempre nervoso in mia presenza.” Scoppia a ridere e io mi ero quasi dimenticato di quanto gli piacesse vedermi nervoso, perso, a causa sua.
Guardandolo, ricordo ogni cosa passata con lui, ogni dettaglio, ogni parola. Come se le avessi vissute soltanto pochi minuti prima. E’ tutto così chiaro e limpido nella mia mente. Il dolore, le emozioni, tutto quello che ho provato con lui e a causa sua. Non c’è nulla che mi sono dimenticato. E questo mi fa un po’ paura. Lui rappresenta tutto ciò che voglio dimenticare e invece è tutto ciò che meglio ricordo.
“Cosa succede qui dentro?” Louis spalanca la porta e quando lo vedo, tiro un sospiro di sollievo. E’ venuto da me, ancora una volta. E non gli ho detto nemmeno che ero in difficoltà, se ne accorto da solo, senza nemmeno vedermi. Sorrido appena, mentre i miei occhi si fanno lucidi.
“E tu chi diamine saresti?” Dice lui, distogliendo i suoi occhi da me e guardando Louis.
Louis aggrotta le sopracciglia, incrocia le braccia al petto e sostiene il suo sguardo con molta più sicurezza di Mattew.
“Io sono il suo ragazzo, chi diamine saresti tu.” Io quasi non respiro più, non credo a quello che ho sentito.
Il suo ragazzo. Ha detto il suo ragazzo? Non può averlo detto seriamente, non può proprio. Batto le palpebre più e più volte, chiedendomi se non mi stia sognando ogni cosa.
Il suo ragazzo. Non riesco a credere che l’abbia detto. Quando lo ha deciso? Quando ne abbiamo parlato? Era così scontato che lo fosse che non c’era bisogno di parlarne? Sono stato io a complicarmi le cose oppure era tutto così semplice fin da subito? E io sono pronto per avere una relazione con lui? Lo sono o no?
E io mi merito di esserlo? Mi merito di essere il suo ragazzo?   
“Oh.” Fa Mattew, scuotendo la testa. “Non sapevo che.. scusa Harry.” Mi guarda, abbassando lo sguardo.
Io non rispondo, mi avvicino a Louis, di poco, ma mi avvicino. Louis non mi degna di uno sguardo. E’ arrabbiato con me?
“I miei amici stanno aspettando quello che hanno ordinato.” Louis indica la porta, rimasta aperta e Mattew esce, senza dire una parola. Guardandomi un’ultima volta. E ancora, io non riesco a leggerlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Tutto bene? Mi sembri distratto.” Mi dice, accarezzandomi i capelli.
“Stavo solo pensando.” Borbotto, più piano che posso, perché a parlare ad alta voce proprio non mi va, mi spaventa.
“Non sono arrabbiato con te.” Specifica, mentre continua a massaggiarmi la testa, che, in effetti, sta pulsando come non mai.
Non è davvero arrabbiato con me? E con chi allora? Con Mattew? O è arrabbiato perché non riesco mai a reagire come le persone normali? E’ arrabbiato perché sono debole e lui deve sempre difendermi?
Io non rispondo, scrollo le spalle e chiudo gli occhi. Voglio solo dormire in questo momento. Faccio un respiro profondo, ma sento che Louis si ferma. Non mi sta accarezzando più e qualcosa non va. E’ colpa mia se è agitato? E’ colpa mia se è arrabbiato, se sembra così seccato, annoiato, irritato?
“Harry.” Mi dice con tono serio. Vuole parlare, lo so. Mi alzo con l’aiuto delle mie braccia e giro la mia testa per guardarlo. Mi sento improvvisamente debole quando lo guardo. Ci scambiamo qualche occhiata senza parlare, entrambi siamo nervosi e per lui esserlo è una novità. Di solito è nervoso per massimo venti minuti, ma ormai è una giornata che è così. E non mi sta bene. “Lo amavi?”
Mi lascia spiazzato, senza parole. Con tutte le domande che mi aspettavo, quella era l’ultima.
So di chi parla, non c’è bisogno che gli chieda di specificarlo. E non devo neanche pensare prima di annuire, abbassando lo sguardo.
“Avevamo solo tredici anni, Lou. Era una cosa da poco, un amore infantile, uno di quelli che finisce subito e..” Cerco di parlare, di giustificarmi, di fargli capire che lui non significa assolutamente nulla per me.
Magari in passato significava molto, ma adesso non più. Voglio che lo sappia.
“Non devi giustificarti, va bene così.” Mi interrompe, lasciandomi con la bocca mezza aperta e le parole bloccate in gola.
“Non sei.. arrabbiato?” Gli chiedo, esitando.
“Dovrei?” Lui non esita come faccio io. E’ sicuro in quello che dice, sa quello che sta facendo e perché lo fa. E’ così consapevole di tutto che mi chiedo perché io non posso essere come lui.
“E’ solo che.. pensavo che ti saresti.. sì, insomma, dato che lo amavo..” Balbetto insensatamente.
“Harry, è normale che tu abbia avuto una vita prima di conoscere me. Non posso fartene una colpa.” Fa una risatina, come per intendere che tutto quello fosse scontato. E be, sarà pure scontato, ma io non l’avevo capito. Non capisco mai nulla. Che idiota.
“Sei mai stato innamorato?” Gli chiedo allora. “Intendo.. prima di conoscere me?” Ho quasi paura della sua risposta e trattengo il respiro.
Annuisce, ma al contrario di me, non abbassa lo sguardo, sostiene il mio con una sicurezza che mi spiazza. Non so come faccia. Forse sa che nemmeno io posso arrabbiarmi.
“Posso dirti quello che vuoi su di lui e..” Si affretta ad aggiungere.
“Va bene così.” Sorrido, sinceramente.
Non posso pretendere che non si sia innamorato prima di avere me, come lui non può pretenderlo per me. E’ normale. E mi sta anche bene. Sì, non ho problemi.
“Con chi sei arrabbiato, allora?” Voglio sapere cosa ha, perché è arrabbiato e con chi. Se non è davvero a causa mia, se davvero non è nervoso per me, con chi è il suo problema?
Louis alza la mano, mi accarezza i capelli e mi sposta leggermente alcuni ricci caduti sulla fronte. Poi preme le sue labbra sulla mia guancia, con tutto il calore che può.
“Ti ha fatto del male.” Dice, guardandomi negli occhi. “L’ho capito fin da subito, i tuoi occhi sono diventati pieni di rancore, riuscivo quasi a sentire il tuo dolore dentro di me.” Non riesco a sostenere i suoi occhi, così sinceri. Non riesco a guardarlo più di tanto. Ogni ricordo, ogni dolore subito, entra dentro di me, si impossessa di ogni centimetro del mio corpo, mi sta uccidendo. Mi chiedo come abbia fatto a capire tutto, quando in realtà non sa nulla. “Sono arrabbiato con lui.” Continua, circondando i miei fianchi con le sue braccia. “Non doveva farti soffrire.” Mi lascio trasportare dalle sue carezze, sentendomi al sicuro.
Mi abbraccia, mi riscalda. Smette di farmi tremare, le sue labbra sanno di amore e di tutto quello di cui ho bisogno.
“Non devi esserlo.” Sussurro, esausto. “Non voglio che tu sia arrabbiato, Lou.” Poggio la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi. Sento il suo respiro farsi più regolare, le sue braccia spostarsi sulle mie. Lui sta dietro di me, le sue gambe accanto le mie, mi sfiorano delicatamente. Il suo torace tocca la mia schiena e io vorrei restare così per tutto il resto della mia vita.
“Adesso mi passa.” Lo sento sorridere, mentre con il mento mi sfiora i capelli. “Lo prometto.”
Sono quasi in dormiveglia, perché lui continua ad accarezzarmi, a baciarmi, a coccolarmi come se fossi un bambino. Ho solo voglia di addormentarmi così. Tutto quanto mi fa male, le ossa mi stanno cedendo, non reggo più. Ma ho un’ultima cosa da chiedergli, prima che mi addormenti. Una domanda che mi pulsa dentro da un bel po’.
“Cosa siamo io e te? Intendo.. siamo fidanzati o..” Mi stringo ancora di più a lui. Apro leggermente gli occhi, solo per vedere la sua reazione. Sta guardando fisso davanti a se, e quasi assente, ma sta sorridendo.
Sorride ed è la persona più bella del mondo.
“Posso risponderti con un’altra domanda?” Mi sussurra all’orecchio. La sua voce è bassa, dolce, delicata.
Non so proprio come possa rispondermi con una domanda, ma sono curioso e così faccio un cenno positivo.
“Vuoi essere il mio ragazzo?” Il suo naso sfiora la mia guancia, sento le sue labbra che sfiorano la mia tempia e rabbrividisco. Mai nessuno mi ha mai fatto sentire così. Sarò anche ripetitivo, scontato, monotono, ma non riesco a non pensarlo ogni volta. Louis è il mio tutto. Ha i miei pezzi mancanti, solo lui riesce a prendermi, solo lui riesce a capirmi, solo lui riesce a farmi stare bene, a calmarmi. Solo con lui non ho paura di essere me stesso.
“Sì.” Dico quindi. Non sono mai stato così convinto di una risposta in vita mia. Quella semplice parola, rappresenta tutta la mia voglia di stare con lui. E il mio amore sarà pure esagerato o sbagliato, ma è l’unica cosa che riesce a farmi stare bene.
Lo sento sorridere, e non c’è sensazione più bella. Le sue labbra toccano le mie e “buonanotte, Haz” è l’ultimo sussurro che sento, prima di addormentarmi, per la prima volta in tutta la mia vita, davvero felice.





Styles wife's corner 

Sono imperdonabile, lo so. Scusatemi tanto, ma sono stati dei giorni tremendi. Nemmeno vi annoio dicendovi cosa è successo perché sono sicura che non ve ne freghi nulla dei miei drammi da ragazzina. 
But here I am, with a new chapter only for you. <3
Ho messo un po' di fluff alla fine perché ci stava e io ne avevo bisogno. Scriverlo mi ha calmata.. ma.. Mattew? Okay, a me sta tremendamente sulle palle (e poi vedrete perché, non riesco a credere di avergli dato una storyline così antipatica, but still) e fa incavolare la nostra Sassy Queen, che è gelosissima di Harry (ogni riferimento a fatti reali è puramente casuale, giuro o forse no
E poi Harry, povero piccolo, è sempre così insicuro che quadsi mi fa piangere. Voglio abbracciarlo. 
E vi prego, dato che si avvicina Natale, mi regalate un Harry Styles? Impacchettatemelo con tanto di fiocco rosso e mettetemelo sotto l'albero, ne ho bisogno. 
No vabbè, mi sto dilungando, as usual. Devo essere più sintetica. Okay, mi dileguo. 
Peace, love and Larry Stylinson is real bitches ♥

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Capitolo 11
*** Capitolo undici. ***


Capitolo undici.

 
Le interviste prima erano piacevoli. Ci sedevamo sui divani minuscoli in cui nemmeno entravamo e ci accalcavamo uno sopra l’altro, i giornalisti erano simpatici, avevano domande interessanti, non ci conoscevano, volevano sapere da dove venivamo, come eravamo diventati un gruppo, cosa facevamo prima di essere famosi.
Adesso tutti ci conoscono, tutti sanno i nostri nomi, a nessuno sfugge niente. Sembrano quasi ossessionati da ogni nostra mossa. Non gli sfugge un nostro respiro, ci controllano, è difficile che non siano a conoscenza di qualcosa. Sanno persino cose di cui non abbiamo idea, gossip, avvenimenti che in realtà non sono mai successi, ma che per qualche motivo il mondo crede di sì.
E quindi non sanno cosa chiedere, insomma, sanno già tutto. L’unica cosa che possono domandarci è se siamo fidanzati, interessa sempre a tutti.
Non so perché ce lo chiedano ogni volta, forse perché non hanno idee, forse perché non gli va nemmeno di sforzarsi nell’essere originali, sta di fatto che ogni volta che Louis alza la mano, in risposta, sento il mio cuore che si spezza. Vorrei che si girasse verso di me, che dicesse “In realtà, ho un ragazzo.” e che mi baciasse davanti a tutti, ma non lo fa. Non lo fa mai.
Non so se si sta nascondendo perché ha paura o perché si vergogna di me. Magari è questo, magari si vergogna. Magari non vuole dire nulla a nessuno perché sono imbarazzante. Forse non sono alla sua altezza.
“Come si chiama la tua ragazza?” Chiede l’intervistatrice, tanto per puntualizzare.
Louis sorride, stringendo le mani l’una contro l’altra, non mi rivolge la minima attenzione e “Eleanor. Eleanor Calder.” Dice, raddrizzando la schiena.
Sono quasi tentato di scappare via, di urlare, di prendere a scalpitare e a fare i capricci, nel bel mezzo dell’intervista, finché lui non è costretto a dire che in realtà sono io il suo ragazzo e invece mordo semplicemente il mio labbro inferiore.
Nessuna scenata, niente di niente. Zayn accanto a me comincia a muoversi nervosamente, guardando prima Louis, poi me. Si sofferma sui miei occhi qualche secondo in più e, assicurandosi di essere coperto dalla testa di Niall, mette una mano sul mio ginocchio.
Lo so cosa mi sta dicendo anche se dalle sue labbra non esce il minimo suono. Lui è lì, qualunque cosa accada. E sono contento che sia vicino a me, sono felice che anche Liam, seduto proprio dall’altra parte, faccia un cenno di approvazione quasi impercettibile.
“Cosa fai di solito con lei?” Non capisco perché tra Liam, Zayn e Louis, l’intervistatrice si sta concentrando solo su di lui. Come se nessun altro avesse alzato la mano.
Non so perché lo faccia, ma ad ogni domanda, mi si stringe il cuore. Sempre più lentamente. E’ come se mi stessero pungendo proprio lì, con un ago. Una lenta agonia che non vedo l’ora giunga al termine.
“Il più delle volte andiamo a fare shopping o la porto a bere qualcosa.” Fa tranquillamente.
Allora interviene l’intervistatore, che fino ad allora aveva detto poco e niente.
“E dicci, Louis” Si avvicina a lui, quasi per sentire meglio la risposta, fremendo. “La vostra è una storia importante o no?”
Louis ride, colto di sorpresa. Tra tutte le domande che potevano fargli su di lei hanno scelto quella sbagliata. Hanno scelto quella che io non voglio sentire, quella di cui non voglio conoscere la risposta.
Lui sembra quasi infantile, mentre continua a ridere, non curandosi di rispondere.
Io ormai non respiro più. Non lo faccio da quando è iniziata quella conversazione. Lo guardo, perché non posso farne a meno. Si gira verso di me, uno sguardo fugace, come se avesse paura che le telecamere dessero importanza più a questo momento che a tutto il resto.
Poi improvvisamente torna serio, torna dritto e sento la mano di Zayn stringersi più forte sul mio ginocchio.
Louis sembra così naturale, come se non ci fosse nulla da nascondere, che mi chiedo se non mi stia inventando tutto.
Mi lascio prendere dai dubbi, dallo sconforto, dalle insicurezze per la milionesima volta. Non riesco a stare tranquillo, a non guardarlo con gli occhi pieni di speranza.
So che non può dare una risposta diversa da un sì, ma quando annuisce e “Lei è importante per me.” aggiunge, io sono deluso. Non so nemmeno perché.
Cosa avrebbe dovuto rispondere? “No, in realtà amo Harry.” e confessare a tutto il mondo ogni cosa?
E’ ovvio che non poteva. Ma ci ho sperato, ci ho sperato fino all’ultimo, inutilmente.
Maledetto me. Devo smetterla di sognare cose che non accadranno mai.
Eppure voglio davvero che possa dire qualcos’altro. L’incertezza mi coglie ancora. Forse non sta recitando, forse è davvero innamorato di lei e mi sta prendendo in giro.
No, non è possibile, Harry. Proprio no. Non puoi pensarlo. Voglio credere che stia recitando, voglio crederci perché mi rifiuto di credere il contrario.
Dopo tutto quello che abbiamo passato, dopo ieri, dopo che siamo stati un giorno intero nel nostro appartamento, con le finestre chiuse, a guardare film dopo film, accoccolati sul divano, scambiandoci baci lenti, senza fretta, baci che volevano dire ti amo,mi rifiuto di credere che stia parlando per davvero.
Semplicemente non può.
“E cosa pensate voi di Eleanor?” Non so se l’intervistatrice fa quelle domanda perché obbligata oppure vuole parlarne perché reputa la conversazione interessante. So solo che ad ogni parola io voglio sempre di più scappare via e non tornare.
“E’ una brava ragazza.” Dice Liam affrettandosi a rispondere. “Ha la testa a posto.” Non aggiunge altro, non dice che si amano entrambi e che saranno per sempre felici e contenti, non dice nulla che potrebbe ferirmi. Si gira verso di me, e vedo il suo sguardo preoccupato, ma io sto sorridendo. Sto facendo un grande sforzo per farlo, ma sorrido. Non so se gli altri hanno notato che sto fingendo, ma io almeno ci sto provando. Non voglio che la recita di Louis cada per mano mia. Non devo deluderlo.
Soddisfatta, l’intervistatrice cambia argomento, ma io ormai sono spezzato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il dubbio che Louis non abbia mentito non vuole andare via. Sì, è vero, ogni volta che lo bacio è come se mi dicesse che per lui non esistesse nessun altro oltre me, che sono solo io l’amore della sua vita. Ma se sentissi quelle cose solo perché voglio sentirmele dire? Se lui volesse dirmi altro, se mi stesse solo prendendo in giro? Non riesco a fidarmi. Dovrei invece?
Devo parlargli. Devo dirgli tutto e stavolta devo farlo sul serio. Non devo lasciarmi trasportare da stupidi baci.  Devo capire, ne ho davvero bisogno.
Ma non posso parlargli. Non posso continuare a torturarlo con le mie insicurezze, con i miei stupidi dubbi. Non posso dirgli che non so se mi ama veramente o se per lui è tutto un gioco.
Lui è sempre lì per me, ma siamo migliori amici, è normale che lui ci sia. Non significa che mi ami davvero.
Magari lui voleva provare qualcosa di diverso, ha trovato me e sta sperimentando. Per lui non significo niente. Sono solo il suo stupido migliore amico che è stato ferito in passato da stupidi bulletti.
Non posso chiamare Louis. Lo farei subito, lo abbraccerei, gli chiederei ogni cosa, ma non posso. E’ con Eleanor, tra l’altro.
Ma ho bisogno di qualcuno, non mi va di aggiungere nuovi tagli al mio polso. Gli ho anche promesso che non l’avrei fatto. Almeno devo sforzarmi. E così mando un messaggio, ma non a Louis.
“Liam, puoi venire?”
Liam mi sembra la scelta migliore. E’ a lui che ho detto tutto, prima ancora di dirlo a Louis. E’ lui che lo ha portato da me. E’ lui che può sapere se mi ama o no.
“Che succede, Haz? Attacco di panico? Hai fatto qualcosa?”
La risposta mi arriva praticamente subito. So che cosa intende per qualcosa, è così ovvio. Solo che non può proprio dirlo. Sa che anche solo il pensiero di chiamare quei gesti con il loro nome mi manda nel panico più assoluto.
“Nulla del genere. Ho solo bisogno di parlare.”
E’ stupido mandare messaggi, è nella stanza accanto. Ma non mi va proprio di uscire ed essere travolto dalle fan urlanti che bramano per una foto con me ed un mio autografo. Non sono proprio dell’umore adatto.
Sospiro. Lei è importante per me. Lei è importante per me. Lei è importante per me.
Ha detto quella frase perché era obbligato. L’ha detta per questo motivo Harry. Non avere paura. Lui ama te. Louis ti ama. Louis non ama Eleanor.
Ma più lo ripeto, meno sono convinto. Non riesco nemmeno più a fidarmi del mio migliore amico adesso?
Sento la porta della camera che si apre e richiudersi velocemente. La voce di Liam mi arriva chiara e forte.
“Dove sei?” Sento i suoi passi avvicinarsi e prima che io riesca a rispondere, la sua testa si affaccia dalla porta.
Si affretta a sedersi accanto a me e mi rivolge un sorriso sincero. Mi serviva proprio vedere qualcuno di davvero felice, qualcuno che riesca a sorridere di sua spontanea volontà e che non sia obbligato a farlo.
“Allora, cosa succede?” Comincia ad accarezzarmi il braccio, come fa sempre. Subito, provo a calmarmi.  
“Tu.. tu credi che Louis mi ami davvero?” Sputo via. Voglio liberarmi di ogni mio pensiero, di ogni mia preoccupazione e voglio farlo subito.
“Certo che ti ama.” Aggrotta le sopracciglia, mi guarda con gli occhi confusi. “Perché non dovrebbe?” Si raddrizza la schiena, sedendosi in maniera più sistemata. Non smette però di cercare di farmi calmare anche solo con una carezza.
“Ci sono tanti motivi per cui non dovrebbe.” Mi fermo, per prendere un respiro profondo. Non voglio che Liam neghi, che mi dica che sono perfetto e bellissimo, non mi serve adesso. Non mi serve che mi tranquillizzi su questo e lui sembra capirlo. Perciò sta zitto, in attesa che io vada avanti. “Non mi parla. Non abbiamo un dialogo, io vorrei davvero dirgli certe cose, ma..” Sono talmente agitato, che a mala pena riesco a respirare e inceppo nelle mie stesse parole. “Insomma, io gli chiedo di parlare di Eleanor e lui cambia discorso. Mi ha chiesto se voglio essere il suo ragazzo e va bene, ma come faccio a fidarmi di lui, ad essere il suo ragazzo se lui sta ancora con lei?” Guardo implorante Liam, che ha smesso di accarezzarmi e adesso è seduto di nuovo malamente.
Storce la bocca, mi guarda per due secondi e poi abbassa lo sguardo. Forse non sa nemmeno lui cosa rispondere, forse non vuole stare lì, forse l’ho disturbato e adesso ha fretta di andarsene.
“Magari non vuole parlarne perché non sa nemmeno lui cosa fare con lei.” Dice, rimuginando ancora un po’. “Non gliel’ha ancora detto e sta cercando il modo di farlo. Non vuole coinvolgerti.” Liam annuisce, come per confermare il suo pensiero. “Sì, deve essere così.”
E’ così sicuro di quello che dice, ne sembra così certo e felice che quasi mi convinco anche io. Ma un altro dubbio, l’ennesimo che caccerei via dalla mia mente, ma che non riesco ad ignorare, prende forma nelle parole.
“Non mi reputa capace della situazione? E’ questo il motivo?” Dico prima di potermi fermare. I miei pensieri ormai non ne possono più di stare dentro di me, di attorcigliarsi l’un l’altro fino a formare un gomitolo aggrovigliato e confuso. Vogliono fare ordine. Mi comandano e io non posso dargli testa, sono più forti di me.
“Certo che no. Ha solo paura.” Sorride. Cerca di convincermi che ha ragione, che è come dice lui, ma io non ne sono soddisfatto. C’è sempre qualcos’altro che voglio chiedergli, sempre un’altra domanda.
“Di cosa?”Chiedo allora, impaziente. Non so nemmeno perché ne sto parlando con lui. Dovrei prendere Louis in disparte, magari la sera, mentre siamo a letto e parlargliene. Perché qualcosa mi ferma dal farlo allora? Perché sto ponendo le mie domande a lui, una persona estranea alla faccenda?
“Di spaventarti? Di farti arrabbiare? Di se stesso? Non lo so Haz. Io non sono dentro la sua testa.” Scuote la testa. “Non dubitare del fatto che ti ama però.”
Sa cosa dice quando afferma che Louis ama me e soltanto me. Non tentenna, nel suo viso non vi è il più piccolo barlume di incertezza, ma questa certezza non arriva a me. Si blocca, in qualche modo a me sconosciuto, ma si blocca. C’è ancora un dubbio, tra i tanti.
“Sembrava così sincero mentre diceva che lei è importante per lui.” Di nuovo, le incertezze diventano parole prima che io riesca a trattenerle.
“E’ solo un bravo attore.” Scuote le spalle, è ancora convinto. Mi dispiace Liam, non convinci me.
Non può essere tutto qui. Lui non può essere soltanto bravo a recitare, non può avere paura di farmi arrabbiare e basta. E se è così, perché non dirmelo? Perché non ne parla con me? Perché dovrebbe avere paura? Louis non ha mai paura di niente.
“Perché non ne parli con lui, Haz? Sono convinto che sa risponderti meglio di me. Stai ponendo le domande alla persona sbagliata.” Continua poi, quasi triste.
Ha ragione, appieno. Ho bisogno di risposte e per averle devo chiedere alla persona giusta. Non a Liam, ma a Louis. Ma lui è sempre evasivo quando chiedo. Louis non mi parla di Eleanor. Per questo ho chiamato lui.
“Lui cambia sempre discorso.” Sospiro, sconsolato.
“Tu obbligalo. Non puoi stare così. Quei giorni pieni di pensieri negativi dovrebbero essere finiti.”
Torna ad accarezzarmi il braccio, mentre io riesco soltanto a pensare che devo parlargli sul serio. Man mano che i secondi passano è questo il mio pensiero più forte.
Devo parlargli, devo farlo sul serio. E se lui non volesse, se cambiasse discorso, io dovrò insistere. Devo farcela. Non posso proprio stare così.
“Gli parlerò.” Ricambio il sorriso mentre lui fa un cenno positivo con la testa. Si avvicina e mi stampa un bacio sulla guancia, come per dirmi che è fiero di me.
Istintivamente, lo abbraccio, lasciandolo senza fiato. Mi infonde sicurezza, amore, protezione. Non così tanto forte come per Louis, ma quanto basta per farmi almeno respirare regolarmente.
Sussurro un “grazie” rotto da un singhiozzo e lui passa la mano tra i miei capelli.
“Devi stare tranquillo, Haz.” Il suo fiato vicino all’orecchio mi crea un piacevole fastidio e rido, insieme a lui.
Sì, andrà tutto bene.
 






Demsmuffin's corner

Non date molta fiducia all'ultima frase. Non voglio spoilerarvi nulla, ma il prossimo capitolo sarà il più angst di tutti e vi dico solo che io piango solo a pensarci. Ma sto zitta perché altrimenti vi dico troppo. 
Per ora parliamo di questo capitolo. Insomma, Louis non parla. Ha paura, ma vuole mostrarsi forte e sicuro davanti ad Harry, vuole tenerlo fuori dai suoi problemi, ma quello che non sa e che facendo così, complica ancora di più le cose. Harry ha bisogno del dialogo, non del silenzio. 
Che diamine, Lou, non si fa così çwç
Ma Liam nel frattempo è un cucciolo tutto preoccupato per Haz, perché è il suo tenero bambino, aw!
Vabbè, a me si spezza il cuore a pensare a questa fan fiction (ed è la mia, figuriamoci) Sono molto contenta di quello che sta venendo fuori ed è strano, perché di solito quello che scrivo non mi piace mai lol 
Anyway, qui c'è una shot Larry rossa e natalizia Christmas Tree passate e recensite se ne avete voglia, mi farebbe piacere :)
A proposito del Natale, HAPPY CHRISTMAS TO EVERYONE! Passatelo con tanta gioia, divertitevi, perché il Natale è stupendo (per i regali ovviamente)
Al solito, vi ricordo il mio twitter. in caso vogliate dirmi qualcosa, non mordo, sono tanto tenera e disponibile! 
Vi amo tutti, recensite e peace, love and Larry Stylinson. 

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici. ***



Attenzione: il capitolo può contenere un contenuto abbastanza forte. Se il sangue o la tematica affrontata vi fanno impressione, vi consiglio di mettervi accanto ad una bottiglia d'acqua e bere un sorso ogni volta che non reggete la scena, respirare profondamente e continuare nella lettura.  



Capitolo dodici.
 


Quando davanti mi trovo Eleanor, senza che me l’aspettassi, non so se stringerle la mano o buttarmi giù da qualche dirupo. Lei sta sorridendo, e proprio non capisco perché, visto che io la guardo con gli occhi spalancati.
Ha indosso una giacca pesante e dei jeans così stretti che mi chiedo se riesca a respirare davvero.
Le sue dita si agitano intorno al manico della sua borsa e la capisco. E’ venuta per vedere Louis, in fondo. So quanto si può essere agitati in sua presenza, so quando Louis possa rendere nervosi. Lei sorride sempre, ma nei suoi occhi chiari c’è un barlume di nervosismo. Riesco a capirla, la conosco a mala pena, ma è così evidente. E’ nervosa. E’ nervosa per Louis e anche solo questo motivo mi rende.. geloso.
“Non c’è, è uscito.” Dico subito, affrettandomi a chiudere la porta. Non voglio stare davanti a lei nemmeno per un altro momento. Non perché non mi stia simpatica, cosa che in effetti è vera, ma perché non posso parlarle sapendo che il suo ragazzo è anche il mio. Non posso guardarla senza essere infastidito dalla sua presenza.
“Veramente..” Lei si avvicina alla porta, impedendomi di chiuderla. “Sono venuta per vedere te.” Adesso non sorride più. Il suo sguardo è fisso sui miei occhi, le gambe sono ben piantate a terra, la mascella contratta. Quel nervosismo è improvvisamente scomparso.
Che sospetti qualcosa? Che abbia capito? Il panico mi si insinua dentro, non riesco a cacciarlo via. Ogni dubbio diventa una sicurezza, ogni sicurezza diventa dubbio. Non ce la faccio proprio a non vacillare, a non fare un respiro profondo. Non riesco a sostenere quegli occhi.
Io non posso parlarle. Cosa vuole sapere? Cosa sa? Cosa pensa? Sapeva già che Louis non sarebbe stato qui? Louis lo sa?
Io non so niente. Non ho parlato con Louis, non gli ho chiesto proprio nulla. Non so che fare.
Non posso farle vedere che ho qualcosa da nascondere, per una volta, devo riuscire a fingere. Devo riuscire a recitare anche se non ho idea di come fare.
Quando la faccio entrare e ci sediamo sul divano, lei mi chiede come sto. Una domanda che non mi ha mai fatto prima. Eleanor non si interessa della mia salute, non le interessa se sono sano o sto per morire. E’ una domanda di cortesia, non di interesse. Questo me la rende ancora più insopportabile.
Accavalla le gambe, perché Eleanor non sa sedersi in altro modo. Mi squadra, dalla testa ai piedi. Sono uno straccio. E non indosso vestiti che siano miei. Sia la felpa che i pantaloni sono di Louis. Mi chiedo se ci abbia fatto caso, quando lei mi fulmina, ancora. Sì, mi sa che l’ha notato.
“Sto bene, tu come stai?” Chiedo passivamente, con il minimo dell’interesse, proprio come il suo.
Quel sorrisetto finto sta cominciando ad innervosirmi di più, tanto che darei qualunque cosa pur di farlo scomparire. Come ad esempio un pugno in faccia.
“Non molto bene, in realtà.” Con mia sorpresa, sembra sincera. E lo stomaco mi si contorce, riesco a sentire i miei muscoli irrigidirsi, mentre lei non aspetta nemmeno che io dica qualcosa, sta continuando a parlare e non mi piace cosa dice. “Louis è un po’ strano ultimamente.” Non mi piace, non mi piace per niente. “Sembra distratto. Quando sta con me è come se pensasse ad altro.” Non mi toglie gli occhi di dosso, sento il suo sguardo intento a guardare ogni mio movimento, ogni mia reazione.
Non ho proprio pensato che potesse presentarsi qui, non ho idea di cosa Louis voglia che io le dica. E se dicessi qualcosa di sbagliato? Se facessi qualcosa che le facesse capire tutto?
Tento di sembrare interessato, ma non troppo. Aggrotto le sopracciglia per tentare di farle capire che non so di cosa stia parlando.
“Mi chiedevo se tu ne sapessi qualcosa.” Continua, e le sue mani si stringono tra loro.
“Mi spiace, non so nulla.” Evito il suo sguardo. Non ce la faccio a recitare, eppure ci provo. Non riesco a guardarla senza lasciare che mi scopra. I miei occhi parlano per la mia bocca e io non voglio. Non voglio mettere allo scoperto ogni mio sentimento, ogni mia preoccupazione, ogni mia paura davanti a lei. Non lei. Non Eleanor.
“E’ possibile che non ti abbia detto nulla? Sei il suo migliore amico.” Ed è forse qui che mi tradisco, guardandola con gli occhi leggermente spalancati. E’ più forte di me, proprio non riesco a sfuggirle. Lei rimane con la bocca semi-aperta, le parole bloccate sulla lingua, l’espressione di chi ha capito tutto.
E io mi sento un’idiota. Tutto quello che non dovevo fare era non farmi scoprire e non ho saputo fare neanche quello.
“Devi dirmi qualcosa?” Aggiunge. E la vedo tremare, mentre parla.
Devo rimediare, non devo farmi scoprire. Se Louis non vuole ancora che lei sappia, devo fare in modo che sia così.
Fingi Harry, andiamo, puoi riuscirci. Fingi.
“Cosa dovrei dirti?” Scrollo le spalle, cercando di essere più naturale che posso. “Non so cosa gli passi per la mente.”
Non sto del tutto mentendo. Non so davvero cosa pensa.
Eleanor mi guarda negli occhi, ma stavolta non ho nulla da nascondere e lei sembra convincersi che io non sappia nulla. Ma la mia reazione di prima, ne sono sicuro, le frulla ancora in testa.
“Posso farti una domanda indiscreta?” Mi chiede poi, avvicinandosi a me.
Be, non sarebbe la prima volta. Tutto questo falso buonismo e tutta questa falsa educazione, mi fanno raggiungere il livello di sopportazione a zero. Mi sento giudicato, come se fossi sotto esame per qualche test a cui non posso fallire. Sono estremamente a disagio, mentre sento la domanda che mi pone senza nemmeno aspettare una mia conferma.
“Sai se è impegnato con qualcun altro?” Abbasso lo sguardo, evito di guardarla.
Comincio a mordermi il labbro per non dirle la verità. Vorrei urlare e dirle ogni cosa, vorrei dirle che sono io il suo ragazzo, ma non so se posso.
Perciò sto zitto, mentre lei fa un respiro sconsolato.
Ha capito, ha capito ogni cosa. Sono un’idiota. Dì qualcosa Harry, rispondi. Rispondi!
“N-no.” E’ tutto quello che riesco a farmi uscire. Balbetto come un’idiota e mi prenderei a pugni, ma mi trattengo. Così le accenno un sorriso, ma lei non ricambia.
“Non ti credo.” Dice, sicura. “Non so chi stai proteggendo se lui o te stesso, perché sì, non sono stupida so che quella persona potresti essere tu, ma non andrò avanti con questa conversazione.”
Io sono immobile, pietrificato. Una cosa è pensare che abbia capito, una cosa è sentirselo dire.
“Eleanor..” Voglio rimediare, devo riuscirci. Non può esserci arrivata. Per me è la fine, Louis si arrabbierà con me, si infurierà. Non sarà felice. E non è un opzione questa.
“No, ti prego. Non dire nient’altro. Ne parlerò con lui.” Non posso mettere fine al discorso così. Non posso lasciarglielo fare.
Ma sono bloccato. Non so che dire, non riesco a pensare.
Pensa Harry, pensa. Qualcosa deve venirti in mente, non essere stupido, pensa!
Più mi sforzo, più cerco di dirle qualcosa che la faccia ricredere, più non riesco.
Sono stupido. Sono proprio stupido.
“M-ma.. E-Eleanor. N-non..” Cosa Harry? Non sai nemmeno cosa dire, perché ti stai sforzando? “L-lui non sta con n-nessun’altro.” Balbetto ancora, ma non sono credibile. Me ne rendo conto quando lei si alza, quasi ridendo.
“So dov’è la porta.” Afferma, prima di lasciarmi lì, da solo.
Quando sento la porta che si chiude, mi butto sul divano, cercando di pensare a qualcosa di razionale, qualcosa che non sia “ho mandato tutto a puttane.” ma non riesco.
Quelli sono i miei unici pensieri.
Che cazzo ho combinato? Che cazzo ho appena fatto? Merda.  
 
 
 
 
Ho sbagliato. Ho sbagliato e lei ha capito tutto. Non riesco a smettere di pensare a quanto il mio errore possa costare a Louis, ad Eleanor. Lei adesso andrà a dirgli tutto, litigheranno, Louis si arrabbierà con me perché sono un tale idiota e io non potrò spiegargli nulla, perché non potrò negare di aver sbagliato.
Sono un’idiota. Le lacrime mi offuscano la vista, gli occhi mi pungono, vengo scosso dai brividi. Senso di colpa, inutilità. Sbaglio sempre tutto. Non riesco mai a fare qualcosa per bene. Devo sempre rovinare ciò che ho di più prezioso.
E non posso lasciare che questo passi inosservato, non stavolta. Perché è solo colpa mia.
Louis merita di meglio. Non ha bisogno di un ragazzino stupido e infantile, con i modi di fare di un bambino, che gli rovina la vita, gli complessa la mente, gli guasta le giornate.
Non ha bisogno di me. Lui merita di meglio. Tutti meritano di meglio.
E quindi perché sono ancora qui? Perché sto vivendo ancora? Perché tolgo aria a persone più meritevoli di me?
Nessuno sentirà la mia mancanza. Sono inutile. Stupidamente inutile. Tutto quello che faccio è soffocare gli altri.
Soffoco Liam con i miei dubbi infondati, lo soffoco ogni volta che lo chiamo, che gli chiedo di abbracciarmi, che voglio essere consolato, che voglio sentire un po’ d’amore. Magari lui vuole andare dalla sua ragazza, vuole chiamarla, ma non può perché io ho bisogno di lui.
Soffoco Louis con il mio continuo bisogno di avere affetto, di avere un contatto con lui, di baciarlo, accarezzarlo, di contemplarlo fino alla fine dei miei giorni. Lo soffoco. Lui non può più respirare con me, no, ha bisogno di essere libero.
Soffoco mia madre quando la chiamo e le chiedo se per qualche giorno posso stare da lei perché sono libero. Allora lei è costretta a mettere le lenzuola sul mio letto, a pulire le stanze da cima a fondo, a fare la spesa e cucinarmi tutti i miei piatti preferiti, altrimenti non sono contento.
Soffoco la band perché sono sempre quello che finisce sui giornali perché ha scopato quella e quell’altra ragazza, quando cercavo soltanto di sentirmi meno solo.
Soffoco ogni persona che mi incontra. Tutti scappano via da me, è solo questione di tempo. Nessuno mi sopporta, nessuno mi reputa simpatico o intelligente. Nessuno.
E allora, perché sono ancora qui?
Mentre la mia gola brucia per i singhiozzi che sto soffocando, mentre sento il pavimento crollare ad ogni mio passo, spalanco la porta del bagno. Spero che non sia difficile trovarlo.
Apro vari cassetti, ma non trovo quello che mi serve. Non mi preoccupo nemmeno di richiuderli e passo al successivo. Scruto ogni angolo, svuoto ogni busta, guardo in ogni centimetro fin quando non trovo dove Louis ha nascosto il rasoio.
E allora sorrido. Sorrido perché metterò finalmente fine alle sofferenze degli altri e alle mie. Una volta per tutte, senza ripensamenti, senza troppe domande, la farò finita.
Mi siedo sul bordo della vasca e comincio a tagliarmi leggermente, per iniziare. Nulla di pericoloso, solo qualcosa di minima importanza.
Mi rendo conto che riesco ancora a provare qualcosa, riesco a soffrire, e mi piace. Ma stavolta, c’è qualcosa di diverso. Non è il solito.
Questa volta è più intenso, più forte. Stavolta lo merito davvero. Uno strano formicolio mi percorre tutto il corpo, non risparmia neanche un millimetro e rabbrividisco. Faccio una smorfia di dolore e un respiro profondo.
Il sangue scende e sporco ogni cosa, ma non mi importa. Le mattonelle si macchiano di rosso. Il rasoio, le mie mani, le mie braccia, sono rossi.
E quando faccio l’ennesimo taglietto insignificante e il dolore comincia ad essere meno forte e io comincio a non sentire più nulla, so che devo andare a fondo. E così premo, premo seriamente.
Lo merito. Merito questa sofferenza, devo morire. Devo fare in modo che gli altri siano felici e posso farlo solamente così. Staranno tutti meglio.
Louis sarà felice. Potrà stare con chi vorrà e non sarà obbligato a coccolarmi, ad essere il mio ragazzo. I miei ex compagni di scuola potranno dire che avevano ragione, che non valgo niente, che sono stupido. Avevano ragione e potranno dimostrarlo. Saranno felici. 
Sto facendo la cosa giusta.
Sono in profondità. Pericolosamente vicino alla vena e la colpisco. La prendo. E non c’è niente che mi possa fermare, non c’è nessuno. Sono solo.
Riesco di nuovo a sentire qualcosa. Stranamente, non mi sono mai sentito così vivo. La vena comincia a pulsare ed io a piangere. Non perché il dolore sia insopportabile, non perché il sangue sta uscendo spaventosamente veloce e troppo, tanto, di più di quanto pensassi. Piango perché ho paura.
Ho paura non di morire, ma di quello che avverrà senza di me. Chi mi troverà? La gente piangerà? Gli importerà della mia morte? Urleranno? Porteranno fiori alla mia tomba?  
Non lo so. Non lo so e mai lo saprò. Ed ho paura anche quando la testa prende a girare, le braccia mi diventano deboli e le mie dita lasciano cadere quello che mi sta uccidendo. Non è un rumore forte, quello del rasoio, ma a me sembra che sia scoppiata una bomba. Strizzo gli occhi, per la confusione, ma non riesco a vedere nulla quando apro. Bianco. E’ tutto bianco. Non mi sento più le gambe, non mi reggono e cado per terra. Il mio fianco sbatte contro il pavimento, un tonfo sordo. Ancora dolore.
Ma non importa del dolore fisico. Dentro ho dolori ben più forti che mi permettono di non curarmi del mio fianco, del bruciore.
Dormirò per sempre. Sarà un sonno pacifico, senza incubi e senza dolore. Sognerò tutto il tempo? Volerò da qualche parte?
C’è qualcuno, qualcosa, che mi accoglierà dopo che il mio cuore smetterà di battere?
Avevano ragione. Non vali, nessuno ti accoglierà. Non ti vorranno nemmeno lì.
Respiro velocemente, in panico, perché questa voce, questi pensieri devono torturarmi anche adesso?
Apro la bocca per urlare, ma non esce alcun suono. I miei occhi cercano di vedere qualcosa, ma non ce la fanno.
E’ tutto più rapido di quanto mi aspettassi. Pensavo che dovessi aspettare di più e invece sta succedendo, adesso.
Sto morendo. Sto davvero morendo. E’ l’unica cosa che so mentre il sangue esce senza pietà. Riesco a sentirlo mentre mi sporca i capelli, la guancia. E’ caldo, è quasi piacevole essere distesi lì.
Louis, perdonami. Dovevo farlo. Scusami. Dovevo. Scusa. Sii felice per me, abbi la vita che ti meriti. Abbi quello che io non posso darti. Non piangere perché me ne sono andato.
Mamma, Gemma, vi prego, capitemi. Non posso più stare così. Starete meglio senza di me. Mamma non arrabbiarti con nessuno, non prendertela. Non è colpa loro, è colpa mia. Sono io ad essere sbagliato, non loro. Sono io a non valere nulla. E’ stata una mia decisione.
Perdonatemi tutti, ma io sono stanco. Sono stanco di piangere, di soffrire, di sbagliare.
Non ho fatto altro per tutta la vita e adesso basta. Non ho la forza di reagire sono stanco. Scusatemi.
Faccio dei respiri profondi, ma tutto mi fa male. E mi dimeno, per quanto posso. Basta. Basta. Quando finisce tutto questo? Sto soffrendo ancora, no, basta.
Sono in una posa innaturale e scomoda, voglio smettere di sentire i miei pensieri, di essere cosciente.
Non riesco ancora a vedere nulla e chiudo gli occhi. La mia faccia è contratta. Ogni dolore mi sembra amplificato. Non posso più respirare, se mi muovo tutte le mie ossa stridono, urlano al mio posto. Il mio braccio sta pulsando, come se lì battesse il cuore. Sento male ovunque. Voglio girarmi, voglio mettermi più comodo, ma non riesco. E così sto lì, fermo. Ad aspettare di morire.
L’udito comincia ad affievolirsi, il mio cuore sta rallentando. Lo sento. Sento che i suoi battiti sono più lenti, meno regolari.
Mi sto estraniando dal mondo. Non sento più. Non vedo. Non so da quanto tempo sono disteso lì, non ho la concezione di nulla. Non capisco, voglio solo andarmene.
Batto gli occhi più e più volte, ma vedo solo le forme indefinite degli oggetti. E poi, dopo un tempo che mi sembra interminabile, sento dei fischi, delle urla che probabilmente non ci sono, qualcosa che mi sto immaginando. Ma vedo una sagoma, una persona, alla porta. Sta urlando? Non lo so. Non capisco nemmeno chi sia. Ma c’è qualcuno. Lo so, lo vedo. Non capisco cosa sta facendo, ma mi guarda. Non vedo i suoi occhi, le sue mani, o la sua posizione.
E’ solo una massa indefinita di nero. Le mie orecchie si rifiutano di sentire ogni cosa, io mi sento sempre più debole, tremo. Sto tremando come non mai e sento freddo. Sento troppo freddo.
Sto continuando a piangere, ma ormai ci siamo. I miei occhi si chiudono da soli, piano. Quasi non volessero e lottassero per rimanere aperti. Il sangue sotto di me ormai è gelido ed ho ancora un altro brivido.
L’ultima cosa che vedo, è quella sagoma, quella persona, avanzare verso di me e poi, più nulla. Il nero.
Il buio e il freddo. La pace. La tranquillità. Quello che ho sempre bramato.
E’ finita. 




 

Demsmuffin's corner

 

Lo so che mi odiate. Lo so e vi chiedo scusa, ma sognavo di scrivere questo capitolo da quando ho pensato la fanfic. 
Non è stato facile per me scriverlo, ho pianto tantissimo e ho pianto anche per la gif di sopra (non so da dove venga onestamente)
Volevo che fosse uno dei capitoli migliori, ci ho messo tutto il mio cuore per farlo venire così e spero vi piaccia, è una tematica importante per me e.. sì, insomma, spero vada bene. Scusate se è troppo crudo o altro.
(la finisco qui) 
Ma di chi è la sagoma sulla porta? Chi lo ha trovato? Chi stava urlando? 
E soprattutto, Louis è veramente arrabbiato con Harry o no?
*lo scoprirete al prossimo capitolo*
Intanto, fatemi sapere che ne pensate con una recensione (si sono abbassate ultimamente e vorrei sapere perché) o un messaggio su twitter o da qualche altra parte. 
Love you all, Sarah, ♥

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici. ***


 
Capitolo tredici.

 

 
 
Sento dei singhiozzi. Sono bassi, non rumorosi, quasi impercettibili. Sono vicinissimi al mio orecchio, li sento. Qualcuno sta piangendo e io non ho il coraggio di aprire gli occhi.
Mi rendo conto che quei versi mi sono familiari, che non è la prima volta che li sento. Mi ricordo che questo è il suono che odio di più al mondo. Il suono delle sue lacrime, del suo pianto.
Sono all’inferno e quella è la mia punizione per l’eternità? Sentirlo piangere?
Provo a respirare, ma appena inalo un po’ d’aria, sento dolore ovunque. Sono convinto di non avere neanche un osso sano, perché tutto stride, fa male.
La testa però è leggera, quasi non la sento. Mi sento stringere i fianchi, delicatamente. Chi mi tocca ha paura di farmi male, riesco a percepirlo. E c’è una sola persona che mi tocca in questo mondo. La persona che meno merito al mondo.
E ho paura. Non può essere lì con me. Io sono morto. Che ci fa qui? Perché mi sta abbracciando? Non mi va di aprire gli occhi, non voglio vedere dove sono o con chi. Non voglio.
“Perché? Perché?” Sussurra la voce. Ormai ne sono sicuro, è lui, è accanto a me, è Louis.
Non riesco più a respirare adesso. Si sta chiedendo il perché di cosa? Il suo braccio grava su di me, lo sento fin troppo pesante. C’è un macigno sul mio cuore, un peso enorme che non so come fare sparire.
Non posso resistere più, devo aprire gli occhi. Devo guardarlo. Ovunque io sia.
I miei occhi si aprono con fatica, anche loro mi fanno male, pungono. Una luce fin troppo forte mi colpisce gli occhi e sono costretto a strizzarli.
Qualcuno si muove, accanto a me. Ma prima ancora di girarmi, noto delle flebo attaccate sulle mie braccia e una benda, bianca e spessa, stretta sul mio polso. Cerco di muovermi. Voglio andarmene, non voglio stare lì. Perché ho quelle flebo attaccate? Non posso essere sopravvissuto, no. Io dovevo morire.
Faccio per dire qualcosa, nemmeno io so cosa in realtà, ma esce un verso strozzato, bloccato sulle corde vocali, che non vibrano. Spalanco gli occhi e non mi va più di respirare. Non posso essere vivo. Non è possibile.
“Hey” Lo sento ancora, è qui. Rassicurante, dolce, piena di amore. La sua voce è come me la ricordavo. “E’ tutto a posto, Harry. Sh, per favore.” Non lo guardo. Non ce la faccio, non dopo quello che ho fatto.
Cosa gli dirò adesso? Lui è arrabbiato con me, come posso giustificarmi o essere giustificato?
Sono stanco di piangere, ma le lacrime sembrano non essere ancora finite. Salgono su per gli occhi e si bloccano lì. Io continuo a voler scappare. Sono mortificato. Mi vergogno di me stesso. Mi vergogno per non essere riuscito neanche ad uccidermi. Ed ero straconvinto di avercela fatta.
“Haz, ascoltami, ti prego.” Non so da quanto sta parlando, ma io sento solo alcune frasi. Non ascolto ogni cosa che mi dice, non mi concentro. Non voglio farlo. Voglio solo sprofondare, sparire.
Cerco di alzarmi di nuovo, ma lui mi tiene.
“Fermo. Non agitarti, stai calmo. Ci sono io. E’ tutto a posto. Non preoccuparti.” Continua a ripetere e ripetere queste parole al mio orecchio, fin quando il mio respiro si fa regolare e io, per la prima volta decido di girarmi.
Quello che vedo, però, non è quello che mi aspettavo. Non c’è Louis allegro, felice, con il sorriso sincero stampato sulle labbra sottili, con gli occhi pieni di entusiasmo. Quello che vedo è un Louis con i solchi alle guance, gli occhi rossi e gonfi, le labbra ruvide e increspate.
E’ tutto l’opposto di Louis. Non lo riconosco nemmeno.
“Stai bene. Sei con me.” Dice e io scuoto la testa, ripetutamente. Non sono con Louis. Non so nemmeno chi è questa figura sciupata e triste. E non sto bene, sto tutt’altro che bene. Sto malissimo, non voglio essere qui. Non voglio. “Sì, sì. Ascolta me, ti prego. Sono qui, non vado da nessuna parte.” A differenza mia che ho ricacciato indietro le lacrime, lui permette alle sue di rigargli le guance, di lasciare che quelle gli bagnino il viso delicato, non si sforza di nascondersi.
“Va tutto bene piccolo.” Aggiunge ancora e poi mi aiuta a distendermi. Quel nomignolo mi scalda il cuore, mi emoziono quasi. Porta una mano sotto la mia testa, mi guida fin quando non sento che quella poggia sul cuscino morbido e tiro un respiro di sollievo, quando si distende accanto a me.
Il letto è stretto, attorno ci sono delle sbarre, basse ma pur sempre delle sbarre, e la stanza è triste, bianca, vuota. C’è solo una poltrona marrone. Le pareti sono spoglie, ma accanto a me, lo vedo solo adesso, c’è un comodino con centinaia di fiori colorati. E’ l’unica cosa di cui mi sorprendo. Fiori. Sono per me? Chi me li ha portati?
“Ti piacciono?” Mi domanda, stringendomi. Ha paura di toccarmi, di farmi male. Glielo leggo negli occhi, lo capisco dai suoi gesti cauti. Non rispondo con le parole. Sono superficiali, inutili e io non le so usare. Non ricordo nemmeno come si fa a parlare. Ci provo, apro la bocca, cerco di fare passare dei suoni dalla gola, ma niente. Non esce niente. Così la richiudo e chiudo anche gli occhi, annuendo. Mi lascio accarezzare i capelli dalle sue mani, lascio che mi tocchi il viso, che mi dia un bacio delicato sulla fronte e poi sul naso.
“E’ venuta un casino di gente a portarteli.” Sorride. Ma è un sorriso spento, privo di qualsiasi felicità. “Hanno insistito affinché tu li avessi qui. Ci tenevano.” Il suo naso sfiora il mio, come sempre quando cerca di dirmi che mi ama, che non andrà mai via. E il cuore mi batte fortissimo e mi sento ancora di più uno stupido.
Non è arrabbiato, non lo è per niente. Sembra dispiaciuto, è come se il senso di colpa lo stesse divorando. E tutto per me. Sta male per causa mia. Sono un deficiente. Mi guarda negli occhi, spaesato. Probabilmente si sta chiedendo perché ancora io non abbia parlato.
Dove siamo?” gli chiedo io, con gli occhi. Lui mi ha capito. Non ho bisogno delle parole per comunicare con lui, mi capisce lo stesso. Lo sa a cosa sto pensando, sa tutto.
“Siamo in ospedale, Harry.” Conferma i miei sospetti e io vengo accolto di nuovo dal panico. Soffoco due urli, poi i miei respiri successivi si fermano violentemente contro la mia volontà, lasciandomi senza fiato.
“No, merda.” Soffia lui. La sua voce è preoccupata, più di quanto credessi. “Calmati, non spaventarti. Non devi. Respira profondamente, va bene?” Cerca di guardarmi gli occhi, ma io gli sfuggo. “Hey, ti prego, ascolta me. Ascolta la mia voce. Non avere paura. Ti hanno salvato. Sei al sicuro, nessuno ti ferirà o farà del male. Non lo permetterò più, Haz.” Le sue mani accarezzano ogni parte del mio corpo, mi bacia ancora la fronte e poi scende, fino alle mie labbra. Un bacio veloce, tenero. Ma io respiro affannosamente, non riesco a pensare a nulla che non sia la disperazione più totale, il volere scomparire per sempre, il voler chiudere gli occhi e non svegliarmi più. Ed è per questo che non respiro, perché voglio dimenticarmi come si fa, così potrò smettere di farlo per sempre.
 Ma qualcosa, forse proprio la sua voce, mi dice che non devo farlo. Le sue mani, il suo sguardo, ogni suo movimento, ogni sua parola, mi dice che non posso smettere di respirare, che non ne vale la pena. E sebbene io non sappia veramente se respirare sia la scelta giusta, lo faccio. Lo faccio perché me lo sta chiedendo lui, così disperatamente.
“Bravo.” Mi sfiora ancora le labbra. “Continua così. Inspira ed espira. Piano, Harry, con calma.”
Lui è lì. Non se ne sta andando. Non vuole scappare via. E’ con me e mi sta tenendo saldamente, ma delicatamente allo stesso tempo. Mi tocca come se fossi la cosa più preziosa del mondo, come se fossi fatto di vetro che potrebbe andare in frantumi al minimo tocco un po’ più brusco. Mi tocca come se fossi tutto ciò che ha.
“Ecco, ci sei. Stai andando bene. Sei fantastico.” Mi massaggia tutto. Il braccio, le tempie, la pancia, le spalle. E io vorrei che non la smettesse più. Ma purtroppo, non può.
Gli rivolgo uno sguardo pieno di gratitudine che lui coglie al volo e sorride, per risposta.
Mi fa stare più tranquillo averlo lì, accanto a me. Non serve che parli, mi serve anche solo sentire il suo respiro.
Passano due minuti senza che io dica una parola, con lui che mi scruta dolcemente, con mille domande che gli passano per la testa e che, ne sono sicuro, vorrebbe chiedermi. Ma invece di parlarmi si muove, fa per alzarsi e mi allarmo, subito. Dove sta andando? Perché sembra volere andare via da me?
“Ci metto un secondo.” Si affretta a dirmi. “Devo solo chiamare l’infermiera e dire agli altri che sei sveglio.”
No, Louis non può chiamare gli altri, non può dirgli che io sono sveglio. Non voglio farmi vedere da nessuno, non voglio che una stupida infermiera mi controlli qualsiasi cosa debba essere controllata. Voglio rimanere tra le braccia di Louis, io e lui, da soli.
Ma non ho intenzione di dirglielo, ne di farglielo capire, così faccio un cenno positivo, ma senza convinzione. Lui è già in piedi, accanto al letto. Sono solo trenta secondi che è lì, ma è come se non l’abbracciassi da secoli. Mi sento già vuoto e il suo calore mi manca. Ho bisogno di lui.
Louis sembra accorgersene e si abbassa su di me, lasciandomi un caloroso bacio sulle labbra, con la minima fretta. Rispondo al bacio debolmente, quasi non avessi forze. Mi sorride, scostandomi i capelli dal viso per lasciarmi respirare.
“Solo un minuto.” Aggiunge poi, avviandosi verso la porta. Mentre esce, penso di non aver mai visto persona più bella.
E sto già cominciando a torturarmi con pensieri come l’essere stupido, l’essere sbagliato, diverso, quando decido che non voglio pensarci. Non in quel momento, non in questo posto. Così, in attesa che entri Louis, prendo in mano un mazzo di fiori gialli. Non riconosco il tipo di fiore, per me sono tutti uguali e so distinguere solamente le rose, ma per qualche motivo, quelli mi colpiscono più degli altri. Si distinguono tra quella massa informe di colori, per forma e odore. Sono attaccati tra loro con uno spago, a cui appeso vi è un biglietto.
 
 
La vita è troppo crudele perché tu possa sfuggirgli così facilmente. Lei ti vuole qui, a farle compagnia. Se lei non ti ha lasciato andare, significa che hai troppe cose in sospeso per scappare via. E, credimi, se tu te ne fossi andato, il mondo intero avrebbe sofferto.
 
 
 
Niente firma, nessun indirizzo niente di niente. Non riconosco nemmeno la calligrafia. E sussulto, vedendo tra quei fiori ancora sul mobile, un altro mazzo, identico a quello che ho in mano. Curioso come non mai, lo prendo.
E anche in questo, vi è attaccato un bigliettino con lo spago.
 
 
Essere diversi non significa essere sbagliati. Nella maggior parte dei casi, le persone che pensano o si dichiarano diversi, sono le persone più speciali, più intelligenti, più belle. Persone che non si possono lasciare andare. Persone che rendono questo mondo migliore.
 
 
 
Rimango a bocca aperta, quando finisco di leggere. Nemmeno qui c’è una firma o un modo per capire chi è l’autore di quelle parole. Ma questo biglietto, mi ricorda l’altro e così, stacco entrambi dallo spago sottile e li metto a confronto. La calligrafia è la stessa. Lo stile di scrittura è lo stesso. Entrambi sembrano essere stati scritti con la stessa penna e le parole hanno una lieve tendenza ad andare verso il basso quasi impercettibile.
Mi chiedo chi possa averli scritti e perché l’autore abbia scelto proprio quelle parole per me.
Non ho il tempo di rileggerli o di soffermarmi un po’ di più sui miei pensieri, perché la porta si apre ed entra una donna vestita con un camice bianco e dall’aspetto gentile. All’inizio c’è solo lei, mi si avvicina, mi chiede come sto, ma io non rispondo e lei rinuncia ad avere una conversazione. Controlla velocemente alcune cose e io non capisco nulla di quello che sta facendo, ma sembra soddisfatta. Fa per andarsene e io sono sollevato. Voglio ritornare a quelle frasi, a quei biglietti.
“Potete entrare, sta bene.” Dichiara lei, uscendo lentamente, mentre la porta si spalanca e una ragazza giovane dai capelli corvini e dagli occhi azzurri si precipita su di me, abbracciandomi, in lacrime.
“Pensavo non ti saresti più svegliato.” Gemma. Realizzo, sentendo la sua voce. Mi sta facendo male, il suo abbraccio è così forte che quasi non respiro più, ma non posso fare a meno che ricambiare, con la poca forza che mi rimane. Mi lascio anche sfuggire un mezzo sorriso, felice di averla lì.
E quando viene tirata via da nostra madre, sbuffa, come se non volesse che interrompere quel contatto. La stanza contiene altre persone, persone che non riesco a vedere perché anche mia madre mi stringe a sé come ha appena fatto Gemma. Ma lei è più delicata, sembra più comprensiva, più sollevata.
“Mi hai fatto spaventare.” Mi sussurra pianissimo, assicurandosi che nessun’altro possa sentire. “Grazie al cielo sei vivo.” Affondo il viso tra i suoi capelli, inspirando il suo profumo. Sono stato uno sciocco a pensare che sarebbe stata più felice senza di me, proprio come Gemma o Louis.
E ci sono anche altre persone che vogliono abbracciarmi. Nick, Ed, Zayn, Liam, Niall e anche il mio patrigno. Sono tutti lì. E ognuno di quegli abbracci mi fa sentire peggio. Mi fanno sentire la persona peggiore del mondo per aver anche solo provato ad uccidermi. Cosa sarebbe successo se ci fossi riuscito veramente? Avrebbero davvero sentito la mia mancanza, avrebbero sofferto la mia morte? O sarebbero stati felici anche senza di me e tutta questa gioia è solo una finzione?
Tutti si guardano tra di loro notando che io non ho ancora detto una parola e che a malapena sono riuscito a ricambiare gli abbracci. Non sorrido nemmeno più, adesso che sono finite le persone da salutare.
Louis sta un po’ in disparte, lontano dagli altri e non mi degna di uno sguardo. E’ tutto concentrato sulla porta, sembra nervoso. Non capisco il perché e vorrei chiederglielo, ma di nuovo, non mi ricordo più come si fa a parlare. E’ più forte di me, le parole sono diventate un mistero.
Qualcuno vorrebbe dire qualcosa, ma nessuno sa cosa. L’atmosfera è piena di tensione, confusione. Non c’è imbarazzo, solo agitazione.
Guardo Gemma, che è tutta intenta a fissare i fiori sul mio letto e i biglietti staccati, con gli occhi leggermente socchiusi.
“Chi te li ha regalati? Sono davvero belli.” Mi chiede, prendendone in mano un mazzo. Io scrollo semplicemente le spalle, per dirle che non ho idea di che fiori siano, né chi possa avermeli mandati. Spero che non prenda i biglietti, spero che non li legga. Devo essere io a capirli, a leggerli ancora e ancora.
Ho una grandissima voglia di nasconderli, nella speranza che gli altri non mi vedano, ma è impossibile farlo senza essere notati.
Tutti spostano lo sguardo su di lei, nella speranza che possa dire qualcosa che li salvi dall’ansia, che spezzi i lunghi silenzi. Io comincio a sentirmi a disagio. Ci sono troppe persone, troppi occhi, troppa confusione. Sono contento di vederli, sono contento che stiano bene, ma io volevo rimanere da solo, con Louis.
Mia madre mi rivolge un sorriso triste, mentre viene a sedersi accanto a me, sulla punta del letto. Mi prende la mano e mi accarezza il dorso con il pollice.
Rabbrividisco. Era da tanto che non lo faceva, forse fin da troppo tempo. Da quell’ultima volta..
 
 
 
 
Anne non ce la faceva più. Harry era tornato ancora con il naso sanguinante, i vestiti sporchi di terra. Aveva cercato ancora una volta di fiondarsi in camera sua senza farsi vedere, ma sua madre aveva sentito la porta aprirsi e si era precipitata lì, perché si era accorta del ritardo del figlio. Era in ansia, sapeva che gli fosse successo qualcosa.
“Sto bene.” Le aveva detto Harry, prima ancora che Anne gli chiedesse qualcosa.
Ma lei lo sapeva, suo figlio non stava bene. Dopo la loro ultima conversazione, quando Harry era crollato e gli aveva detto che qualcuno lo stava torturando, ma non era sceso nei particolari, Anne era andata a scuola senza dire niente a nessuno. Aveva voluto parlare con la preside per esporre i suoi problemi, con la speranza che lei potesse aiutare lei e il figlio. La preside si era dimostrata comprensiva e per niente sorpresa. Sospettava già qualcosa del genere e aveva intenzione di convocarla, aveva detto. Le aveva fatto promettere che suo figlio non avrebbe più ricevuto nessuna violenza, niente di niente.
Ed Anne era delusa da quella mancata promessa, visto che era evidente che lo avevano picchiato di nuovo.
“Fammi vedere.” Disse lei, con il cuore in gola. Si inginocchiò davanti a lui, gli alzò leggermente il mento con la mano, tamponando il sangue con un fazzoletto bagnato, preso prima di raggiungere suo figlio. Harry non si oppose. Non si dimenò. Non aveva fatto altro nell’ultima mezz’ora, correre via, tentando di evitare i colpi. E adesso non voleva più farlo, non voleva più sfuggire a nessuno. Pianse in silenzio, davanti a sua madre, disperato.
In una giornata come tante le avrebbe mentito ancora, inventandosi qualcosa, ma non quel giorno. Harry aveva seriamente paura ogni volta che usciva fuori casa, ogni mattina lui tremava. Sapeva cosa sarebbe successo e nonostante cercasse sempre di correre più veloce che poteva, gli altri riuscivano a prenderlo sempre. Ed era stanco anche di mentire a sua madre.
“C’era anche Mattew con loro.” Singhiozzò, con la voce più bassa del naturale, quando il sangue smise di scendere e sua madre lo guardò dritto negli occhi, nella speranza che stavolta lui parlasse sul serio. “Io non lo capisco mamma.” Il cuore di Anne si ruppe in mille pezzi. Mattew. Il bambino che avrebbe dovuto stare con lui, l’unico che dovrebbe volergli bene, adesso picchiava suo figlio?
“Fino a ieri ero a casa sua a giocare e..” Harry fu interrotto da un altro singhiozzo, mentre Anne cercava di elaborare i pensieri più velocemente che poteva. “..a-andava t-tutto b-bene.” Ecco che prendeva a balbettare, insicuro dei suoi pensieri, delle sue parole. “Ho.. ho.. s-sbagliato d-di n-nuovo?” La donna scosse la testa. Era certa che suo figlio non aveva fatto nulla di sbagliato, ne era sicura.
“A-aiutami.” Implorò Harry. Voleva sperare che sua madre potesse aiutarlo, voleva farli smettere, non ce la faceva più. Il dolore fisico era già abbastanza difficile da sopportare, ma quello dopo un po’ passava. Tutto quello che aveva dentro, tutti i suoi dubbi ormai erano fin troppo radicati in lui per potere andare via, tutte le parole cattive che gli dicevano lo torturavano anche mentre dormiva, senza sosta. Ma la speranza non era ancora scomparsa, ed è per questo che aveva chiesto aiuto a sua madre, l’unica persona che gli voleva bene.
Anne si sentì insignificante, inutile, senza speranza. Aveva solo voglia di andare da quei bambini che gli stavano facendo del male e fare la stessa cosa a loro. Picchiarli, fino a farli sanguinare, fino a fargli comparire quanti più lividi poteva. Ma, ovviamente, non l’avrebbe fatto.
Si alzò da terra e prese Harry in braccio, nonostante lui fosse ormai troppo pesante per lei. Gli cambiò i vestiti, gli fece la doccia, gli disse di non piangere perché lei non sarebbe andata da nessuna parte. Ed Harry smise di piangere, ma senza smettere di avere paura. Continuava a tremare ed Anne non poteva lasciarlo così. Gli preparò una cioccolata calda, l’unica cosa che riuscisse a calmare suo figlio, e si distese sul divano con lui, mentre fuori cominciava a piovere. Lo aveva stretto a lei mentre Harry beveva, cercando di stare bene almeno per un po’ e di non pensare ai fulmini che lo facevano saltare in aria.
“Te lo prometto.” Aveva detto infine Anne, prendendo la tazza ormai vuota dalle mani di suo figlio e posandola sul tavolino di vetro davanti al divano. “Nessuno ti farà più del male. Domani non dovrai tornare a casa a piedi, aspettami dentro la tua classe e andrà tutto bene.” Lo aveva rassicurato, stringendogli la mano.  

Harry aveva annuito, sapendo che per certo avrebbe obbedito a sua madre, stavolta senza fare storie.
 
 
 
 
Mia madre sembra di essersi accorta del mio sussulto a quel gesto e sembra anche aver capito a cosa sto pensando. Perciò smette di muovere il pollice, ma senza togliere la sua mano dalla mia. Gli altri sembrano non essersi accorti di nulla. E’ stato un ricordo tra me e lei.
“Harry.” La voce allarmata di Louis fa girare tutti. E nessuno capisce perché il suo sguardo sembra essersi fatto d’un tratto furioso, amaro. E non lo capisco nemmeno io, che aggrotto le sopracciglia, guardandolo.
Ma subito dopo, capisco. Una persona sta entrando dalla porta, forse la stessa per cui Louis era in ansia. La sua presenza mi fa trasalire, mi fa venire ancora più voglia di scomparire. Comincio già a non respirare bene.
Mattew è lì e mi sta guardando, con gli occhi carichi di un’emozione che non sapevo gli appartenesse, la colpa.   





Demsmuffin's corner

Eccomi come promesso! Harry, ovviamente, non è morto, non potevo mica fare finire tutto così! 
Si è risvegliato e chi si ritrova accanto? Louis. E via con i feels akdijs 
E c'è anche Anne adesso e, soprattutto, Mattew che andrà via tra un bel po' #solobellecose
Volevo accennare a cosa Mattew aveva fatto ad Harry, per farvi capire un po'. Questa cosa verrà ripresa e approfondita comunque. 
E sì, odiatelo! 
Io vado via, non sto molto bene oggi. (giusto per festeggiare l'anno nuovo) Vi faccio i miei auguri per il 2013 e spero sia un anno felice per tutti voi.
Ringrazio tutte le persone che seguono questa storia e si complimentano con me, mi fa un sacco piacere :)
Spero di essere stata in grado di soddisfare le vostre aspettative, ho un po' paura di questo in realtà lol 
Peace, love and Larry Stylinson, Sarah. ♥

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Capitolo 14
*** Capitolo quattordici. ***


 
Capitolo quattordici.

 

 


Tutti stanno in silenzio, nessuno dice più una parola quando lo vedono. Mia madre e Louis sembrano essere su tutte le furie, come se la rabbia gli ribollisse dentro e non potessero fare nulla per cacciarla indietro, ma non dicono nulla. Sopportano e basta.
Mattew sta lì, indeciso se stare fuori o entrare.
Tutti si aspettano che io gli dica cosa fare. Tutti vogliono che io parli, che dica di stare bene, vogliono che faccia qualcosa, qualunque cosa. E’ per questo che mi stanno tutti guardando.
Ma io non so cosa fare. Non ho ancora deciso se lui deve fare parte della mia vita o no, non l’ho mai saputo.
Louis mi guarda intensamente, socchiudendo gli occhi. Probabilmente sta cercando di capire quello che penso, vuole leggermi dentro. Ma come faccio a farmi capire da lui se non mi capisco io stesso?
Non so nemmeno io a cosa sto pensando. Da una parte vorrei mandarlo fuori, a calci, infliggendogli lo stesso dolore che ho provato io per mano sua, dall’altra parte vorrei essere più maturo di così e farlo restare. Il problema è che non so quale parte ascoltare.
Cosa faccio? Come dovrei comportarmi davanti a tutte quelle persone? Ancora non ho la forza di parlare, perciò dire qualcosa è escluso. Però, alla fine, sorprendendo persino me stesso e senza capire neanche il perché, gli faccio cenno di avvicinarsi.
Louis scuote la testa, seguito da mia madre che, nonostante quello, mi guarda cercando di rassicurarmi come ha sempre fatto.
“C’è troppa gente qui dentro.” Interrompe l’infermiera prima che Mattew possa fare un solo passo. “La confusione potrebbe dargli fastidio. Deve rimanere una sola persona.” Dai suoi occhi si capisce che non accetta una risposta negativa da parte di nessuno.
Si guardano tutti tra di loro e Nick, Ed, Zayn, Liam e Niall sbuffano all’unisono, facendomi quasi ridacchiare. Scuotono la testa ed escono, non prima di aver fulminato l’infermiera e avermi abbracciato.
E poi rimaniamo soltanto io, Louis, mia madre, Gemma e Mattew. Nessuno di loro ha intenzione di uscire e gli si legge in faccia. Vogliono restare qui con me, ma soprattutto, non vogliono che lo faccia Mattew.
“Allora?” Incalza l’infermiera, impaziente. Ha una corporatura minuta, dei capelli a caschetto corvini e piuttosto corti, occhi taglienti e leggermente allungati. Sembrerebbe quasi una bambina, se non fosse per il suo modo di parlare, quasi irritante ed esasperante. Realizzo solo in quel momento che non è la stessa di prima, l’altra era più gentile e sembrava più disponibile. Lei è quasi apatica. E non mi piace per niente.
“Se c’è qualcuno che deve uscire è lui.” Dichiara Gemma, fulminando Mattew.
Nessuno ha intenzione di darle torto, ma non fanno nemmeno un cenno di assenso. Si limitano a guardare in basso, tranne Louis che si siede accanto a me. Mi giro per guardarlo, nella speranza che anche lui lo faccia, ma la sua attenzione è rivolta a mia madre.
Noto subito che i loro sguardi nascondono un linguaggio che solo loro possono comprendere, parole forti, ma non dette, messaggi destinati all’altro e a nessuno più.
Vorrei scuoterli entrambi e chiedergli cosa significa tutto quello, ma quando poi il contatto cessa, mi chiedo se non mi sia inventato tutto.
“Voglio solo parlargli.” Fa Mattew, con aria quasi implorante. In quel momento non riesco proprio ad odiarlo. Non so a cosa pensa, ma di certo nulla di cattivo. Almeno non in quel momento.
Louis scuote la testa, tra se e se.
Devo decidere io. Lo so.
E sebbene vorrei tornare ad abbracciare e baciare Louis, sebbene vorrei ridere e rilassarmi con mia sorella, sebbene vorrei essere coccolato e rassicurato da mia madre, voglio più di tutto sentire cosa ha da dirmi. Ho abbastanza paura per quello che succederà, per quello che può fare, ma voglio ascoltarlo.
Così alzo il braccio e lo indico.
Gemma esce subito, senza dire nulla, mia madre sospira e Mattew sembra voler mettersi a saltare.
“Io non ti lascio da solo con lui.” Louis incrocia le braccia al petto, quando anche mia madre se ne va dopo molti indugi.
“Ragazzino, non ho tempo da perdere. ” L’infermiera lo incenerisce con lo sguardo. Probabilmente nemmeno lei vuole stare qui. Probabilmente vuole solo andare a casa ed è stanca di tutto questo. Ecco perché è così acida, così continuamente arrabbiata. La sua fronte si copre di rughe mentre aggrotta di più le sopracciglia. E se solo si rilassasse, potrebbe essere più simpatica.  
Louis la guarda storto, poi sospira e si gira verso di me. Non riesco a decifrare il suo sguardo, non lo capisco, ma di certo non è felice della mia scelta. Si abbassa su di me, poggiando le sue labbra vicinissime al mio orecchio e reggendosi con le braccia.
“Se ti spaventa, ti prego, mandalo via. E continua a respirare.” E poi mi pressa le labbra sulle mie, facendomi sbarrare gli occhi per il gesto inaspettato. Gli sorrido donandogli uno dei miei sorrisi più preziosi. Uno di quelli che dono solo a lui, uno di quelli in cui c’è l’amore puro, l’affetto più profondo e tutto l’amore che posso dargli. Uno di quelli che scalda il cuore anche a me stesso. Lui mi sorride allo stesso modo. Ed è una visione che non cambierei con nulla al mondo.
Anche solo quel sorriso mi fa sentire amato, e sto bene così. Darei tutto quello che ho per vederlo ancora e ancora. E mi allungo verso di lui, perché quel sorriso non mi è sembrato un grazie abbastanza efficace, voglio dargli di più e lo bacio, così, come se fosse la cosa più naturale del mondo (e in effetti lo è, per me).
L’infermiera batte il piede sul pavimento, rumorosamente, e Louis si gira.
“Ho capito, ho capito!” Blatera accarezzandomi una guancia. Le sue labbra si posano sulla mia fronte e poi esce, casualmente pestando il piede all’infermiera.
E mi ci vuole tutta la volontà del mondo per non scoppiare a ridere quando lui le chiede scusa, fingendosi preoccupato. E quando alla fine rimango da solo con Mattew, sento improvvisamente freddo, gelo.
Sono dentro una stanza con lui. Io e lui. Nessun’altro. Ma non devo andare nel panico, non sta succedendo nulla. Va tutto bene.
“Ti piacciono i fiori?” Mi chiede, con un cenno ai biglietti staccati. E.. è stato lui a mandarli? Non posso credere che abbia fatto questo, per me. Non riesco a credere che abbia scritto quelle parole. Annuisco e basta, respirando profondamente. E la fatica che devo fare per tenere dentro tutta la mia ansia è innaturale, è troppa, è dolorosa. Cosa stavo pensando quando ho deciso di ascoltarlo? Anche solo la sua voce mi fa pensare cose che credevo di avere dimenticato.
“Ho pensato molto a cosa scrivere..” Prende tra le mani un biglietto e con il pollice accarezza l’inchiostro, sorridendo appena “Queste mi sono sembrate le parole più adatte.”
Vorrei prenderlo a pugni solo per quello che ha scritto. Saranno anche delle belle parole, mi avranno anche toccato il cuore, ma non può dirmi che va bene essere diversi. Lui non può. E’ stata la prima persona a farmi credere che i miei gusti fossero sbagliati, che fossi malato, che avessi bisogno di aiuto. E adesso mi dice che non importa se mi piacciono gli uomini, che sono speciale? Mi sento così preso in giro.
Giro la testa dall’altra parte perché fin troppi ricordi stanno cominciando a invadermi e non voglio guardarlo, non voglio ricordare. Voglio tenermi tutto dentro, ancora una volta.
Se mi lasciassi andare ai ricordi, ai quei ricordi, potrei perdere il controllo ancora e ancora. Potrei gettarmi giù dalla finestra, per farli smettere. Chiudo gli occhi, cercando di ignorare le mie ossa doloranti, la mia testa che pulsa e il mio cuore che mi dice di mandarlo via.
“Mi spiace per quello che ti è successo, Harry.” No, invece, non ti dispiace affatto. Vorrei dirglielo, vorrei urlarlo, ma invece continuo a stare zitto, pietrificato.
Tutto sembra essersi rallentato, i miei movimenti, i miei pensieri e anche l’orologio che, fino a prima produceva un ticchettio regolare, adesso sembra non sapere nemmeno lui cosa sia il tempo.
Io non so più dove sono. Non so più chi sono. Cosa ho fatto, perché mi trovo lì e perché lo sto ascoltando.
“Ti ricordi quando venivi da me a giocare? Certo, eravamo piuttosto piccoli, ma.. ”
Sì, che lo ricordo.
 
 
I bambini stavano ridendo ormai da una buona mezz’ora. Nessuno dei due ricordava quando fosse stata l’ultima volta che avevano riso così, ma forse non c’era mai stata.
Harry era contento, più di quanto lo era già prima di varcare la soglia del suo nuovo amico e Mattew sentiva di avere quella stabilità che ogni bambino doveva avere, ma che a lui non era mai appartenuta.

“Come hai fatto a cadere, eri seduto!” Harry arrossì, mentre Mattew continuava a ridere sguaiatamente tenendosi la pancia con una mano, cercando di calmarsi, ma senza successo. L’aria cominciò a venirgli meno e la pancia gli faceva male, ma la visione di Harry ancora a terra non poteva che divertirlo, in ricordo della sua caduta.
Harry non rideva più. Si sentiva imbarazzato, un’idiota per essere caduto in quel modo. Il suo viso andò a fuoco e Mattew smise di ridere. Capì che l’amico aveva smesso di trovare la cosa divertente. E, improvvisamente, si preoccupò.
“Ti sei fatto male? Va tutto bene?” Si avvicinò a lui, mettendogli una mano sul viso.
Si guardarono in maniera diversa dal solito, entrambi avevano cercato di reprimere il batticuore, ma nessuno dei due ci era riuscito. E perciò, prima che Harry potesse rispondergli, Mattew si allungò verso di lui, pressando le sue labbra con le sue.  

 
 
 
No, no, no, no. Scuoto la testa più volte, mentre un altro ricordo affiora nella mia mente. Sento le sue labbra poggiate sulle mie, posso sentire ancora lo stomaco dolorante per il troppo ridere, posso sentire le gioia provata, sento ogni cosa.
Brucia ogni cosa. Tutti i ricordi sono più vividi, adesso che c’è lui a ricordarmeli.
E dopo quel ricordo felice, non riesco a non pensare al più tremendo. Faccio uno respiro profondo, come Louis mi ha insegnato quando mi lascio prendere dal panico e mi giro a guardarlo.
Lui sembra aver capito a cosa sto pensando, la sua testa è bassa, le sue mani si stringono sull’altra.
“So di avere tradito la tua fiducia.” Dice in un sussurro. E dopo quelle parole, non riesco a non sentire mani pesanti su di me, respiri affannati, il dolore che mi immobilizza per terra, la fiducia risposta in lui che crolla, insieme a me.
Mi guarda in pieno viso e scuote la testa, ripensando alle sue parole. “Tu hai ancora paura di me. Harry non sono quello che ero una volta.” Continua nel discorso, come per inferire, come se non capisse che se ho fatto quello che ho fatto, è a causa sua.
“Vai via.” Parlo per la prima volta. Non so nemmeno perché, non so come, so solo che parlo, che sono disperato, che la confusione mi annebbia il cervello. Non vedo, non capisco più niente. Voglio che vada via, voglio Louis. Non voglio ricordare. Non ce la faccio, fa male. Fa tanto male e io sono allo stremo, non ho la forza neanche per soffrire.
“Ti prego ascoltami..” Insiste lui.
 
 
“Cosa c’è? Non ti piaccio più adesso?” Il ragazzino sputò in faccia ad Harry, l’unico bambino che davvero era riuscito a comprenderlo. Mattew era spaventato, non voleva che gli facessero del male, ma non voleva i lividi sulla sua pelle. Era disposto a picchiarlo con le sue stesse mani per fare in modo che non toccassero lui.
“Devi picchiarlo, Mattew.” Lo sfidò William. “Picchialo o sarò io a picchiare te.”

Mattew sapeva che prima o poi sarebbe stato costretto. Deglutì. Non voleva fargli del male, ma non voleva nemmeno che gliene facessero a lui.
Codardo. Ecco cos’era. Scosse la testa, negando i suoi stessi pensieri. Tirò ancora più forte i capelli al riccio, che si stava dimenando, cercava una fuga, voleva andare via. Ma quando Harry sentì la presa ancora più forte smise di muoversi e aspettò solamente che lo colpissero. Voleva che lo facessero. Sentiva di meritarselo in fondo. Aveva sbagliato. I suoi sentimenti erano sbagliati e adesso doveva pagare.
E per questo accettò il colpo dritto alla bocca, proprio dalla persona che in quel momento amava.

 
 
 
“No!” Urlo. Prendendo in mano la mia testa. “Via, vai via!” E di scatto, la mia voce si alza talmente tanto che raggiunge un volume che nemmeno io sapevo di poter raggiungere. Le mie mani stringono i miei capelli e la mia mente vaga senza il mio permesso, facendomi tremare e sussultare.
“Harry, ti prego..” Mattew mi posa una mano sul braccio e io urlo di nuovo. “Non avevo altra scelta. Non sai cosa mi hanno detto!”
Non voglio ascoltarlo. Non voglio ascoltare nemmeno me stesso, perché dovrei voler ascoltare lui? Perché mi sono anche solo preso il disturbo di preoccuparmi su quello che aveva da dire?
Continuo ad urlare, mentre lui sposta la mano sull’altro braccio, come se lo facesse di proposito.
 
 
William gli teneva il braccio talmente forte che Harry non seppe se gli faceva più male la sua stretta che i colpi di Mattew.
Voleva sua madre. Era ridicolo a pensarlo, ma la voleva davvero. Voleva che lei gli asciugasse le lacrime, il sangue che gli cadeva dalla bocca, dal naso. Voleva abbracciarla e ascoltarla mentre gli raccontava qualunque tipo di gossip inutile riguardante le sue amiche. Voleva guardarla mentre si faceva una delle sue strane maschere di bellezza che alla fine stranamente funzionavano davvero. Si sarebbe accontentato anche di sua madre arrabbiata con lui perché non aveva riordinato la sua camera, avrebbe accettato di farsi mettere in punizione, pur di non trovarsi lì. Harry voleva solamente sua madre.

La risata di entrambi lo terrorizzò ancora di più. Non aveva la forza di reagire. Era debole. Non sapeva fare a pugni, oltre tutto. Tutto quello che poteva fare era correre, ma nemmeno lì Harry eccelleva (e adesso che ci pensava, non c’era una cosa in cui fosse davvero bravo) quindi sarebbe stato inutile. E poi come liberarsi della presa?
“Ne hai abbastanza?” Mattew gli diede un altro pugno, dritto nelle costole. Aveva ricevuto tanti forti colpi lì che ormai non riusciva neanche a respirare. Era convinto di averle rotte.
Non ce la faceva più. Voleva andare a casa, anche se non aveva idea di come ci sarebbe tornato.

Tremò, quando altri colpi arrivarono, più dolorosi di quelli precedenti, a procurargli più dolore interno che fisico.
 
 
 
Il mio respiro si fa pesante, ormai non so più dove sono. Se con William e Mattew dentro un vicolo sconosciuto o in ospedale dopo aver tentato il suicidio. Non ho la concezione di nulla, nemmeno di me stesso. Mi sono perso. Non so più cosa ascoltare, chi ascoltare, se ascoltare. Sento una voce che non è quella di Mattew, una voce femminile. Disperata.
“Non doveva restarci lì dentro!” Mamma..? Mi chiedo cercando un modo per respirare. I suoni sono confusi, criptati, ma troppo rumorosi. Tengo gli occhi chiusi e la testa fra le mani. Sento che se non la reggo, con la poca forza che mi rimane, quella cadrà sul suolo.  
“Mi spiace, le devo chiedere di uscire subito.” Sento un’altra voce, una voce che non so a chi appartiene.
Sento il vuoto del mio corpo prendere il sopravvento, il panico impossessarsi di me, l’aria venire sempre meno. E’ simile a quando stavo morendo, ma questo mi sembra più reale. Sembra più reale perché sento ancora i pugni su di me. Mi stanno picchiando.
“N-no.” Mormoro a William, a Mattew. “L-lasciatemi. B-basta.” Non riesco a controllarmi, tremo come non mai. Con le gambe do calci al nulla, il lenzuolo si muove, seguendo i miei movimenti.
“Vi prego. N-no. N-non ho fatto nulla. Nulla. N-nulla.” Vi prego, non è colpa mia. E’ solo successo. Mi sono innamorato, non volevo farvi arrabbiare. Non sapevo che fosse sbagliato. Non l’ho fatto a posta. Vi prego, lasciatemi. Basta.
Non so se mi stanno picchiando realmente o se me lo sto immaginando, ma mi sembra di impazzire dal dolore. 
Urlo ancora, mentre comincio anche a piangere, stremato. Mi distendo violentemente sul letto, scacciando la mano di qualcuno che tenta di tenermi fermo. Sento persino la flebo che ci stacca.
“Harry” Tra tutti i rumori, sento quella voce. “sono io, Louis.” Stringo i pugni, spaventato. Soffoco un urlo. “E c’è anche tua madre qui con me. Ci siamo solo noi e nessun’altro.” Io ansimo rumorosamente, cercando di respirare. Quella voce mi da la pace che avevo perso, mi fa sentire come se avessi trovato la cosa giusta da fare, come se non potessi più sbagliare. “Haz, mi senti?” Mi incita lui. Apro gli occhi, ansioso di sentire ancora quella melodia, che per qualche motivo mi scalda il cuore.
“Continua a parlare.” Sussurra prontamente mia madre, sfiorandogli il braccio. Louis annuisce. Si siede accanto a me sotto il mio sguardo vigile, in attesa.
“Volevo del cioccolato, ma la macchinetta mi ha fregato i soldi.” Sbuffa, incrociando le braccia al petto. “Andiamo, è uno degli ospedali migliori del mondo e hanno una macchinetta che ruba soldi!” Ride.
Io non mi agito più. Le mie gambe sono ferme, le mie braccia distese sui miei fianchi, i miei respiri regolari e silenziosi.  Sto sorridendo anche io, adesso.
E’ cosi bello mentre ride. I miei occhi sono solo per lui, non mi perdo un suo movimento e lui se e accorge. Ricambia il sorriso e mi accarezza i capelli. Quando lo fa, anche la mia testa ritorna sul cuscino, torna ad appoggiarsi delicata.
“Ma la sai la cosa più triste?” Continua, mentre mia madre si siede dall’altra parte del letto e un’infermiera si avvicina a me, cautamente. Io scuoto la testa, curioso di sapere cosa altro ha da dirmi, impaziente di sentirlo ancora parlare. “Tua madre mi ha prestato gli altri soldi e io non ero poi così sicuro di volere il cioccolato.” Ridacchia, seguito da me. Non so neanche descrivere il suo sguardo, i suoi occhi lucidi, il suo sorriso appena accennato e le guance rosse. E’ bellissimo.
L’infermiera sta facendo qualcosa al mio braccio, ma a me non importa. Voglio sentire la sua voce. E’ tutto ciò che mi interessa. “Così ho preso uno snack.” Mia madre sta piangendo, in silenzio. Allungo la mano verso di lei e lei me la prende delicatamente, senza indugiare. Quasi non sento le sue dita accanto le mie. “E indovina? Lo snack non scendeva più!” Ride di nuovo, concentratissimo però a non perdere il contatto con me. Mi accarezza, mi sorride, mi guarda come nessuno ha mai fatto.
“Insomma, in poche parole sono rimasto senza soldi e ho fame.” Mi fa ridere, è buffo, è divertente. Mi rende felice. Voglio che lo sappia.
Avvicino la testa alla sua mano, Louis apre il palmo e io rimango così, appoggiato non più al cuscino, ma a lui. Non mi curo dell’infermiera che mi rimette la flebo nel braccio, dimentico persino che lì ci sia mia madre e non sento male più da nessuna parte. C’è solo Louis. Esiste solo lui.




Demsmuffin's corner
 

Dovevo postare prima dell'epifania, ma purtroppo mi è successa una cosa terribile che mi ha impedito di scrivere sia perché non avevo tempo e mi sono collegata poco, sia perché la mia voglia e la mia ispirazione erano pari a zero. Adesso non sto bene, ma sto meglio. 
Ho fatto di tutto per scrivere nella maniera più decente possibile e mi sono impegnata per non aggiornare troppo tardi, ma scusate se questo capitolo non è il massimo, mi farò perdonare con il prossimo, ci sarà tantissimo fluff e angst :)
Spero che abbiate capito cosa ha fatto Mattew, perché lo ha fatto e da dove ha origine tutto. Mattew in fondo è una brava persona, è solo un po'.. codardo, sì.
Avrebbe dovuto prendersi i pugni lui invece che Harry, ma non ha fatto assolutamente nulla, anzi. 
Ecco perché mi sta così antipatico, non riesco proprio a sopportare le persone così lol
Ma quanto è dolce Louis alla fine? Quanto diamine sono teneri tutti e due? çwç
Mamma mia, sono belli persino in fatti che non sono mai accaduti davvero, ma come si fa? Ma poi Harry che appoggia la guancia sulla sua mano? Vi prego *va a piangere nell'angolino* 
No, okay, vi risparmio il mio sclero su quei due, non è importante. 
Volevo dirvi che ho in mente una FF, sempre Larry ovviamente, ma stavolta incentrata su Louis, non so ancora quando la posterò, ma volevo farvelo sapere!
Detto questo, recensite (vi prego, non capisco perché alcuni capitoli hanno 10 recensioni, altri 5)
Peace, Love and Larry Stylinson, Sarah. ♥

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Capitolo 15
*** Capitolo quindici. ***


Capitolo quindici.


 

 
Non ho bisogno di una strizzacervelli. Non voglio raccontare la mia vita a una persona che finge di essere interessata a quello che ho da dire quando non è così.
“Come ti senti?” La sua voce è pacata, rilassata, fintamente comprensiva. Si atteggia nel suo tailleur nero, mi guarda attraverso le lenti rotonde e sottili poggiate sul naso adunco con aria di superiorità. Il suo aspetto me la rende ancora meno simpatica.
“Come creda che mi senta?” Grugnisco. “Non mi mandano via da questo schifo, potrei essere felice?” Schiocco le labbra, scocciato. Scuoto la testa. Perché non posso semplicemente andare via da lì? Non ne posso più di essere controllato anche quando dormo, di dipendere da fili attaccati ad una macchina insignificante e rumorosa. Voglio svegliarmi nel letto di casa mia. Sì, Louis rende tutto meno angosciante e piacevole, ma vorrei godermi il suo amore in pace, lontano da quelle mura bianche. Senza la paura che qualche persona del mio passato potrebbe rientrare da un momento all’altro facendomi perdere ancora una volta il senso di tutto. Voglio le mura colorate di casa nostra, voglio la nostra tv, il nostro divano, il cibo scadente che io e Louis cuciniamo. Voglio restare per sempre solo con lui, senza dover pensare al mio passato, a Mattew, a quanto io sia un fallimento, a qualunque altra cosa.
“Capisco.” Lei scrive qualcosa su un blocco di fogli, velocemente. Come se non volesse essere notata da me. Capisce cosa? Che mi sento un perfetto idiota? No, non lo capisce. Lei non sa come si ci sente a chiedersi ogni giorno perché si è ancora in questo mondo.  
Non sa nulla. Non sa cosa ho provato quando stavo per morire, ero spaventato a morte, ma felice, dispiaciuto, ma non troppo. Potrà mai capire come si fa ad essere felici e tristi allo stesso momento?
Non sa proprio di cosa sta parlando. Perché si sforza anche solo di comprendere?
“Senti, Harry, puoi spiegarmi come ti sei sentito, quando hai visto Mattew?” Agita la penna davanti il suo naso, assume un’espressione concentrata.
Aspetta la mia risposta. E’ già pronta per scrivere.
Mi sbatteranno un qualche manicomio. Diventerò ancora più psicopatico di quanto non lo sia già circondato da altri psicopatici che magari nascondono coltelli sotto il cuscino. Sicuramente, se io rispondo, se le confido ogni cosa, lei andrà a fare leggere tutto questo a qualche specialista. Mi separeranno da Louis, dalla mia vita, mi imbottiranno di medicine che mi faranno ingrassare, mi sorveglieranno ancora più dettagliatamente, vorranno sapere tutto del mio passato e io non posso permettere che questo accada.
Scuoto la testa, non voglio rispondere.
“Posso capire che tu non ti senti dell’umore adatto per analizzare la questione, ma io ci sono. E ti ascolto. Non devi preoccuparti di nulla. Dimmi tutto quello che senti, sono qui per capirti.”
Vorrei prenderla con le mani e farle molto male. Capire, lei? Una donna dalla voce così piatta, così apatica, così studiata? Cosa può capirne lei di sentimenti, paura, amore, delusione, tristezza? Lei fa solo finta di interessarsi, con quegli occhi neri mi smuove solo paura, non voglia di confidarmi.
“No, lei non capisce.” Le dico allora, puntando i miei occhi lucidi sui suoi. Non ho gli occhi umidi perché mi sento triste o qualcosa del genere, sono giorni e giorni che sono così e non riesco ad asciugarli, per quanto ci abbia provato. E’ come se piangessi continuamente.
“Non puoi sapere cosa capisco e cosa no.” Raddrizza la schiena, chiude la penna e posa i fogli sulle gambe. “Non scrivo più nulla, d’ora in poi.”
Se pensa che questo mi aiuti a farmi aprire, be, si sbaglia di grosso. Nessuno mi può dimostrare che lei alla fine non racconti tutto.
“Perché hai permesso che restasse?” Mi chiede, avvicinandosi a me.
Prendo un respiro profondo. Ha tolto gli occhiali, lasciando che io vedessi meglio i suoi occhi. Non sono così terribili come mi apparivano prima, ma in quello sguardo non vedo comprensione, sono due occhi neri che non mi dicono niente. Sono freddi. Non mi piacciono. Preferisco guardare un paio di occhi e vedere dentro l’oceano, il cielo, l’azzurro brillante e luminoso. Non voglio due occhi neri come la pece, due occhi che mi danno la sensazione dell’infinito oblio, dell’oscurità, della paura.
Non riesco nemmeno a pensare alla risposta.
“Non lo so.” Le dico, sinceramente. “In quel momento pensavo fosse la cosa giusta, ma..”
“Te ne sei pentito?” Si avvicina ancora di più, mantenendo il contatto visivo.
“No.” Comincio a giocare con i miei piedi, per tenermi impegnato in qualcos’altro, evitando di pensare sul serio.
“No?” Mi fa eco lei. Scuoto la testa, non sono convinto della mia risposta.
“Sì.” Affermo, non più sicuro della mia risposta precedente.
“Sì?” Ripete ancora e io mi spazientisco.
“Non lo so.”
“Come, non lo sai?”  
Oh, ma insomma. Cosa devo dirle? Cosa vuole sentirsi dire? Sì, no, non lo so, forse? Incrocio le braccia al petto, sbuffando rumorosamente. La fulmino con lo sguardo, facendo capire che mi sto infastidendo. Allora lei ritorna alla sua posizione composta, schiena dritta e spalle abbassate, si rimette gli occhiali e sembra come delusa.
“Confusione.” Sussurra prendendo la penna e tornando ai suoi fogli. “Indecisione.” Mima ancora con le labbra.
“Aveva detto che non avrebbe scritto più.” Tremo, impaurito. “A chi le farà leggere? Mi sbatterà dentro qualche manicomio?” Non posso non fare uscire la mia paura, non riesco a fermarla stavolta. Il suo sguardo si alza, le sopracciglia sono aggrottate.
“Certo che no, perché dovrei farlo?” Inclina la testa da un lato, mentre io guardo la porta, sperando che qualcuno venga a salvarmi. Magari se è qualcuno con una maglietta a righe, i pantaloni rossi e intollerante ai calzini sarebbe ancora meglio.
“Lei pensa che io sia pazzo, non è così?” Continuo, lasciando che i miei pensieri prendano vita. “Sta scrivendo che sono completamente fuori di testa, che sono un ragazzo danneggiato, un giocattolo rotto che deve essere aggiustato.” Quasi sputo quelle parole, mentre la psicologa continua a fare segni negativi.
“E’ così che ti senti?” Mi domanda, la curiosità le si legge in faccia.
“E’ così che mi sento quando lei mi guarda.” Tremo ancora. Ho paura di cominciare a urlare di nuovo, di non avere più la concezione di ciò che è passato e presente, di ciò che sta succedendo e di cosa no.
“Oh.” Mormora lei, mantenendo l’espressione accigliata. “Perché non mi parli di come ti hanno fatto sentire loro, invece?”
No, troppo sul personale, troppo in fondo. Quella porta nel mio cervello in cui sono custoditi i miei ricordi più agghiaccianti deve rimanere chiusa, questa volta. La mia voglia di aprirla è pari a zero e tutto dentro di me mi ordina di non aprirla.
Così decido che lei non debba più sentire una parola da parte mia.
Aspetta due minuti, prima di capire che io non ho intenzione di risponderle.
“Sai, a volte le persone che ci fanno del male sono quelle più deboli. Ci hai mai pensato?” Cerca di incalzarmi, di spronarmi, di incuriosirmi. Ma nulla mi smuove. Nemmeno quella frase che sembra uscita da un libro, smuove in me il più piccolo interesse. Credo sia perché non mi va più di parlare. Parlo da una mattinata e ho il fiato corto e non ho argomenti che mi va di affrontare. Perciò sto zitto, che è la cosa che mi riesce meglio. Continuo a concentrarmi sui miei piedi. Le dita del destro sfiorano quelle del sinistro, poi quelle del destro cominciano a muoversi, si intrecciano tra di loro e colpiscono l’altro piede. E’ un gioco che non ha senso, ne utilità, ma mi sembra geniale concentrarmi su di loro che sui miei pensieri.
“Vorresti dire qualcosa a chi ti ha fatto del male?” Si passa una mano sulla guancia, sospirando.
I miei piedi mi hanno annoiato, perciò adesso alzo le mani davanti al mio viso e comincio ad esaminarle. Le mie unghia sono cresciute parecchio e noto che sono così grandi da sembrare disumane. Sono di un colore smorto, bianco, quasi cadaverico. Mi chiedo se anche il mio viso abbia quel colore, sembra quasi una pagina vuota. Come faccio a piacere a Louis anche conciato così? Sorrido al pensiero che nonostante il mio aspetto terribile, perché sono sicurissimo di non essere al massimo della mia bellezza, lui possa essere ancora innamorato di me.
E allora sono felice, così di colpo. Il solo pensiero che lui nonostante tutto stia con me e non mi abbia lasciato mi rende felice.
Ma a questo pensiero ne segue un altro e mi maledico per averlo pensato.
Ha lasciato Eleanor? Cosa le ha detto?
Ed è in questo momento che mi rendo conto che ancora non abbiamo affrontato questo argomento, che anzi, non abbiamo affrontato nessuno degli argomenti che riguardano i miei sentimenti e le mie paure.
Ma ne ho bisogno? Io sto bene così, mi riesce più facile non doverne parlare, preferisco ignorare tutto fino a quanto non dimentico, almeno per un po’. Eppure è sbagliato, non è così? E’ sbagliato non aprirmi nemmeno con lui, con la persona che amo, con l’unica che so che non mi tradirà mai.
“A cosa pensi?” Mi ridesto dai miei pensieri, tornando al presente. Sono sempre del parere che lei non saprà mai a cosa io stia pensando. Nemmeno se dovesse torturarmi per giorni interi. Lei non è Louis. Non ha il diritto di entrare dentro la mia testa e io mi sono rotto di dover anche solo provare a farmi capire da una persona così indifferente al mondo e alle sue crudeltà.
Fa un lungo respiro, il più lungo che io abbia mai visto e annuisce. Non capisco cosa ci sia da confermare, ma non mi importa.
“Va bene, Harry.” Dice infine, come se fosse sfinita dal mio troppo parlare. “Ho capito.”
Non me la sento di non contraddirla.
“No, non è vero. Non hai capito proprio nulla.” Alzo gli occhi al cielo.
La sua faccia si illumina. Sono io a non capire il suo atteggiamento, stavolta. Le sto dando torto, manca poco che arrivi ad insultarla e lei si illumina?
“Oh sì, ho capito tutto, invece.”
“No!” Alzo la voce, spazientito. E’ così sicura da urtarmi i nervi.
“Non mi importa di quello che dici, io ho capito.”
Detto questo esce con andatura composta e monotona. Apre la porta lasciandola aperta. Vedo mia madre con la schiena appoggiata al muro, gli occhi fissi sulla porta, l’espressione concentrata.
Quando vede uscire la psicologa si agita, guardandomi subito. Il suo viso in qualche modo si rilassa. Aveva paura che io potessi urlare ancora? Che lei mi ridestasse qualche altro ricordo tremendo?
“Zero disponibilità del dialogo, zero voglia di collaborazione. Non ha quasi parlato e tutto quello che mi ha detto o non era funzionale al discorso o erano monosillabi.” La psicologa inizia e penso che abbia dimenticato di chiudere la porta, sono certo che io non debba ascoltare quella conversazione.
Mia madre sposta il suo interesse su di lei.
“Io gliel’avevo detto, sin dall’inizio.” E’ quasi fiera di aver avuto ragione.
“Credo che suo figlio abbia paura nell’esprimersi, tanto che non sa come farlo.” Devo ricredermi, mi ha capito. O almeno, ha capito questo aspetto di me, anche se non serviva lei per dirlo a mia madre. Lo sapeva già. Mia madre è perplessa quanto me, sono sicuro che anche lei sapeva che il suo tentativo sarebbe stato inutile.
“Mi rincresce doverlo dire, ma per me non è una novità.” Si sposta i capelli davanti al viso. “Lui non parla mai di quello che sente, con nessuno. Eccetto forse una persona.” Mia madre mi guarda, mentre io cerco di osservare l’espressione della psicologa, ma è di spalle e mi è difficile guardarla in viso. Mia madre mi sorride, facendomi l’occhiolino. Ha notato la mia espressione preoccupata, sa che ho sempre avuto paura di tutto. Fa un segno a qualcuno che sta nel corridoio, qualcuno che io spero tanto non sia un medico o qualcosa del genere.
“Ha qualche soluzione a tale proposito?” Domanda la psicologa, alzando le spalle. Mia madre annuisce, vedo le sue labbra muoversi, ma non la sento perché Louis le si è appena parato davanti.
Entra nella stanza, chiudendo la porta.
Vorrei maledirlo con tutto me stesso per non avermi permesso di ascoltare quello che si stavano dicendo. Mi manderanno in qualche manicomio, lo so. No, mia madre non lo permetterebbe mai. Mai. E allora qual è la soluzione? Cosa pensa? Cosa crede di fare? Lei non è cattiva. Non lo farà.
“Hey” Louis si siede sul mio letto. Mi sorride tranquillo e rilassato. “Stai bene?”
“Cosa mi faranno?” Chiedo subito, agitato. “Non voglio andare da nessuna parte.” Adesso sì che il terrore mi sta mangiando vivo. Ho avuto tantissime volte paura in vita mia, ma mai in quel modo, mai. Non voglio essere rinchiuso da qualche parte. Louis mi prende le mani e me le stringe, solo quel gesto mi rassicura.
“Nulla, piccolo, non ti faranno nulla.” Si avvicina a me e pressa le sue labbra sulla mia fronte.
Piccolo. Sorrido a quel nomignolo. Non mi aveva mai chiamato così. Il terrore va svanendo lentamente e la tranquillità prende il suo posto.  
“Non ti manderanno da nessuna parte, io non lo permetterò.” Sussurra vicinissimo alle mie labbra.
“Pensa che io sia pazzo, lo so, Louis. Lo pensa. Gliel’ho letto negli occhi.” Ho voglia di dirgli tutto, voglio parlare con lui come non ho parlato a lei. “Non ha tutti i torti poi, no? Sono pazzo.”
Louis emette un suono di disapprovazione.
“Non sei pazzo.” Il suo tono è duro, infastidito. “Sei tutto tranne che pazzo.”
Tremo ancora sotto il suo tocco delicato.
“Cosa si stanno dicendo secondo te?” Domando. I nostri sguardi si incrociano e si rifiutano di distogliere l’attenzione da quello che stanno osservando. Louis intreccia le dita con le mie.
“Non lo so.” Sento il suo respiro caldo sulla mia pelle fredda.
“Ho paura.” La mia voce è talmente lieve che lui si deve avvicinare ancora di più per sentirmi.
“Non averla.” Mi sorride per poi baciarmi e abbracciarmi.
Sono sicuro adesso che ovunque mi manderanno, avrò Louis al mio fianco. Vorrei poter scomparire dentro quell’abbraccio, vorrei potermi beare di quei baci per l’eternità. La mia vita sarebbe di gran lunga migliore.
Improvvisamente, non ho più il più minimo accenno di paura e ho anche smesso di tremare.  Il mio posto è lì, con lui, e io non andrò da nessuna parte.






Demsmuffin's corner

Salve! Come promesso eccomi qui ad aggiornare di Domenica! Scusate se ci ho messo un po' stavolta, ho paio di problemi ultimamente. 
Comunque.. Non sapete quanta tenerezza mi fa Harry. Voglio abbracciarlo, è un cucciolo çwç
Pensa di essere completamente fuori di testa e chi è l'unico a tranquillizzarlo? Louis, ovviamente.
Non ho molto da dire stavolta, stranamente. Solo.. recensite e spero che vi piaccia anche questo capitolo.
Grazie come sempre dei complimenti che mi fate ovunque, vi amo tantissimo. ♥
Vi lascio il mio Ask il mio Tumblr e il mio Twitter in caso vogliate dirmi qualcosa. Tranquille, non ho mai mangiato nessuno :)
Peace, love and Larry Stylinson, Sarah. ♥

 

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Capitolo 16
*** Capitolo sedici. ***


Capitolo sedici.


 

 

Nevica. Tutto intorno a me è bianco e freddo. Il cielo è di uno strano colore bianco e grigio, le nuvole lo coprono totalmente e sembra tutto irreale. La neve poggia a terra senza fare rumore, è silenziosa e soffice. Faccio un passo in avanti. I miei piedi affondano nel bianco, scomparendo talmente tanto che non vedo più le mie caviglie. Mi guardo attorno per capire  che posto sia quello (mi sembra di non esserci mai stato) ma non vedo nulla. In lontananza si vede una fitta nebbia che impedisce di distinguere persone o sagome di qualunque tipo. Giro la testa a destra, poi a sinistra.
Dove sono? Come sono finito lì? Sento un fruscio alle mie spalle e mi giro, con il cuore in gola. Non c’è nessuno però. Sono solo. Solo in una distesa di neve bianca. In mezzo al nulla.
Faccio un altro passo avanti mentre cerco di capire come andarmene via.
Anche se amo la neve. Anche se adoro i fiocchi delicati che si impigliano tra i miei capelli indomabili, che finiscono accidentalmente dentro la maglietta facendomi raggelare, ma ridere; adoro il suo bianco, è così unico e particolare. La neve c’è, cade, ma non sempre capisci se quel pezzo di ghiaccio si è davvero posato a terra e amalgamato con il resto.
Allungo le braccia, i palmi verso il cielo. Voglio catturare un po’ di neve, voglio sentire freddo, voglio toccarla, voglio sorridere un po’.
La neve comincia a cadere ancora più veloce, ma nulla si posa sulle mie mani . La neve passa attraverso di me e faccio un respiro profondo. Chiudo gli occhi, concentrandomi. Perché non è possibile che le cose mi passino attraverso, non è proprio possibile.
Un altro fruscio. Stavolta distinguo dei passi. Spalanco gli occhi, girando su me stesso. Ancora nulla. Aggrotto le sopracciglia, capendo sempre meno.
“Chi c’è?” Urlo, al vuoto, nel panico più totale. Non capisco se la nebbia che vedo è nella mia mente o esiste davvero. Vengo scosso da un brivido poiché stavolta la neve si è posata sul mio palmo. Con le braccia ancora alzate e le mani gelate, vado ancora avanti. Chiudo il pugno, la neve si scioglie sulla mia pelle come se io fossi fuoco. Ma sono tutt’altro che quello. Mi sento come parte della neve, freddo e bianco. Solo vuoto, solo il nulla.
E ancora sento qualcuno che sta camminando.
“Chi c’è?” Ripeto, ancora più forte. L’aria gelida mi entra in bocca, percorre la mia gola, blocca il mio urlo, mi soffoca, smetto di respirare per un attimo. I miei occhi sono fuori le orbite, il cuore mi martella velocissimo. Ho paura. Ho così paura che potrei morire d’infarto anche adesso.
Ancora dei passi. Qualcuno sta camminando, qualcuno è qui. Riesco a sentirlo, riesco a percepirlo.
“Dimmi chi sei.” Dico senza urlare. Non ne ho più la forza. Non tremo, devo rimanere fermo, non devo mostrarmi vulnerabile. Qualcuno sussurra, alle mie spalle. Il respiro è caldo ed accogliente, sento subito un tepore che mi fa quasi sudare.
“Ciao, Harry.” Louis. E’ lì, con me. Ma cosa.. come è arrivato? Ma non mi faccio altre domande perché il suo sorriso mi impedisce di parlare o pensare.
“Lou, Lou, nevica, guarda!” Riesco solo a dire con un tono infantile e divertito. La neve è una delle cose che più mi affascina al mondo. E voglio che lui lo sappia, voglio dirglielo. Ma tutto quello che faccio non è controllato dal mio cervello, è controllato da qualcos’altro. Sono estraneo al mio corpo.  
“Lo so, Harry, lo vedo.” Piega la testa di lato, assume l’espressione più indifferente che gli abbia mai visto fare. Non vede quanto il mondo sia meraviglioso quanto è tinto di bianco?
“No, non capisci. Nevica, Lou! Hai mai assaggiato la neve?” Sorrido, felice di averlo lì, di non essere più solo.  
“Come?” Mi guarda come se fossi pazzo.
“Assaggiato la neve! Mai?” Dico ancora più convinto.
“No.” Scuote la testa e non so perché, ma sembra che la sua figura stia sbiadendo, come se stia andando via.
“Dovresti.” Mi avvicino a lui, ma sbiadisce ancora di più. Così faccio qualche passo indietro, spaventato. E lui torna ad essere normale. Voglio toccarlo, voglio riuscirci, ma lui è lontano.
“Louis!” Grido nel terrore, non può scappare via. Perché lo sta facendo? Si fa sempre più lontano, eppure tutto mi pare immobile. Comincio a ripetere il suo nome più e più volte, mentre smette di nevicare. Guardo il cielo.
Nevica, ti prego, continua a nevicare non smettere.
Voglio guardare il bianca tutto la vita. Non può smettere di nevicare.
Abbasso lo sguardo, mentre sto per piangere. Lui non si vede più ormai.
“Perché sei andato via?” Sussurro, labbra tremanti e gola che brucia. “Torna qui da me.” Le gambe mi tremano e cado per terra, nella neve. Mi reggo con le braccia e le mani affondano tra il gelo, ma non sento freddo, no.
Se ne è andato. E’ andato via e non so perché. E’ colpa mia, che ho fatto? Ho detto qualcosa di sbagliato, deve avermi preso per pazzo perché gli ho detto di assaggiare la neve. E’ così, è a causa mia che è andato via.
“Non piangere.” Non è lui a parlare, no. Alzo lo sguardo.
Chiunque sia si stia avvicinando a me, io non lo riconosco, ma lui sembra conoscermi bene, fin troppo bene, perché adesso mi sta abbracciando. “Non ti vuole.” Sento il suo respiro sulla mia pelle.
“No.” Urlo disperato, voglio divincolarmi dalla sua stretta.
“Sì, invece. Ma io, io ti voglio. Resta tu con me, Harry. Baciami.”
Non riesco a liberarmi, ha una forza disumana, mi sta quasi rompendo le ossa, mi sta stringendo talmente forte che penso che potrei cadere in mille pezzi. Ma le sue labbra sono soffici, carnose, belle da baciare, ma non sono quelle che cerco, non sono quello di cui ho bisogno.
Comincio a sudare, mentre le mie gambe fanno forza per alzarsi, ma invano.
“Lasciami, lasciami!” Urlo tra un pausa e l’altra. “No, vai via.” Non smetto più di urlare, ho paura. Non voglio baciarlo, non voglio. Voglio Louis, non lui.
Lui si stacca dalle mie labbra e allontana il suo viso dal mio di qualche centimetro. E adesso lo vedo chiaramente, adesso so chi è. So a chi appartengono quelle labbra. Mattew.
“Io posso darti di più, molto di più.” Insiste, tornando a baciarmi. Il terrore mi sta attanagliando. Voglio che vada via, non voglio stare lì ancora.
“Harry.” Una voce in lontananza mi distrae. Io continuo ad agitarmi tra quelle braccia, continuo ad urlare.
“Harry, svegliati, Harry!” Ancora quella voce insistente. Mattew si fa meno presente, anche lui, come Louis, sta sbiadendo all’improvviso.
“No.” Blatero, senza nemmeno che io sappia a cosa devo dire di no.
D’un tratto spalanco gli occhi, mi metto seduto, il respiro mi viene meno. Non capisco più dove sono e non capisco perché adesso sembra esserci improvvisamente caldo. Mi sento come se fossi bagnato,le mie mani non reggono il peso del mio corpo e sto per cadere all’indietro, ma delle braccia possenti mi afferrano. Mi sento attirato da qualcuno, riconosco quel tocco, lo stesso che mi era sfuggito nel sogno e tante altre volte.
“Tranquillo Haz, era solo un brutto sogno, tranquillo.” Calma. Quell’abbraccio rassicurante è quello in cui mi sono rifugiato tante volte, quello che, quando faccio i brutti sogni, mi fa riaddormentare come se non mi fossi mai svegliato.
Mi sistema sulla sua pancia, io cerco di non appesantirlo troppo, cerco di essere delicato, ma il corpo non la pensa allo stesso modo e così diventa rigido, non ne vuole sapere di rilassarsi.
Il mio respiro è affannato, i miei occhi sono lucidi. Mi giro a guardare il suo viso, ho paura che sparisca, che cominci a sbiadire, che lui se ne vada.
“Non mi lascerai mai, vero?” Le mie parole arrivano a mala pena al mio orecchio che ho i miei dubbi che lui le abbia sentite, ma quando Louis mi accarezza i capelli e mi bacia la fronte sudata scuotendo la testa e sorridendo, capisco che lui mi sentirà sempre, non importa quanto la mia voce possa essere bassa e roca.
“Hai caldo?” Mi chiede, prendendo a cullarmi. Sento caldo e freddo allo stesso tempo, non so come possa succedere. Non so cosa rispondere, e per semplice e puro istinto scuoto la testa perché non voglio che se ne vada da lì, non voglio che smetta di stare con me. Faccio un respiro profondo, cercando di capire dove sono stavolta.
“Lou, dove siamo?” L’ambiente è familiare, riconosco le pareti color panna, la televisione super costosa davanti al letto, l’armadio enorme e straripante di vestiti, la finestra socchiusa con una tenda anonima. Eppure non lo riconosco, c’è qualcosa di diverso stavolta. Non è casa nostra.
“Siamo a casa tua, ad Holmes Chapel.” A casa mia? Quando ci siamo arrivati? Quando mi hanno dimesso?
Giro la testa da un lato, poi dall’altro.
E improvvisamente ricordo. Ricordo di come Louis fosse entrato felicissimo, dicendomi che saremo andati ad Holmes Chapel e che dovevo “muovermi il culo” perché voleva mangiare cinese quella sera e doveva fermarsi da qualche parte e non voleva fare tardi; mi ricordo di come mia madre lo aveva allora spinto, sbuffando e dandomi dei vestiti.
Eravamo a casa mia, con mia sorella e mia madre. Non eravamo a Londra, io e lui da soli, no. Respiro piano quando rabbrividisco senza un motivo valido.
Louis mi sta adagiando sul letto, mi tocca come se potessi essere un oggetto di porcellana finissima sul punto di rompersi
Nel giro di due secondi il mio respiro torna affannato, le immagini di Louis che sbiadisce si fanno più nitide e un lampo squarcia il cielo, seguito da un rimbombo talmente forte da farmi sussultare. Solo adesso mi accorgo che sta piovendo a dirotto.
Louis poggia il mio viso sul suo petto nudo, continuando a ripetermi che va tutto bene, che lui è lì e sarà sempre così. Lui al mio fianco, con me.
Quando bagno la sua pelle rosea con le lacrime, ho paura di averla contaminata e mi tiro indietro. La sua pelle è così perfetta che temo che qualcosa possa deturparla, possa renderla meno colorita, sporca.
“Hey, non preoccuparti, Haz.” Mi stampa un bacio sulla fronte e io smetto subito di singhiozzare. Allora intreccio le mie dita con le sue, faccio aderire i nostri corpi nudi perfettamente, lo stringo a me come se non ci fosse un domani.
E adesso, in questo preciso istante lo so cosa voglio, lo so cosa c’è che non va. Voglio l’unica persona in grado di farmi stare bene e la voglio stanotte. L’unica cosa che me lo impedisce è la paura, paura di non sapere che per lui sono l’unico e il solo.
”Tu ami me, vero?” Le nostre labbra si toccano, senza baciarsi. Siamo lì avvinghiati sotto le coperte, con me che tremo per il temporale, per paura, per l’emozione di averlo lì, di essere a casa. La sua gamba si accomoda sopra la mia, mentre lui annuisce, mordendomi il labbro inferiore.
“L’ho lasciata, se è questo che vuoi sapere. L’ho lasciata il giorno stesso in cui tu..” Ferma la frase a metà, facendo il più debole dei sorrisi.
“L’hai davvero lasciata?” Non credo a quello che ho appena sentito, i suoi occhi luccicano e sono così sinceri che è difficile pensare che lui stia mentendo. Ma perché dovrebbe farlo poi? Lui ha lasciato Eleanor per me. Ecco tutto.
“Ho sempre pensato che non l’avresti mai fatto.” Lo sussurro spaventato, incerto.
Davvero sarebbe stato capace di non farlo, di restare con lei e non con me?
“Io ti amo.” Dice, prendendomi un fianco con la mano libera e stringendomi ancora di più a sé. “Ti amo e non potevo stare con lei un minuto di più. Mi dispiace non avertene parlato prima, mi dispiace se ti ho ferito ignorando l’argomento, ma pensavo che.. pensavo che prima o poi te ne saresti dimenticato.” Sospira sul mio collo, riscaldandomi con il fiato. “Sono stato stupido a pensarlo e..” Sta piangendo. Il suo volto è rigato da lacrime che brillano, da lacrime che io non vorrei mai vedere sulle sue guance. Il mio cuore perde un battito, le sue parole mi riecheggiano nella mente senza smettere.
Ho bisogno di rassicurarlo, ho bisogno di fargli capire che ho capito, che adesso so perché non parlavamo mai di tutto quello e che mi dispiace, mi dispiace per non essermi fidato di lui.
“Va tutto bene, hey..” Cerco di dire qualcos’altro, ma lui continua a piangere e io non riesco a concentrarmi sui miei pensieri. Così alzo i pollici e gli asciugo il viso, sorridendo. “Ti amo anche io.” Faccio soltanto.
“Non va tutto bene. Ti ho ferito, avrei dovuto aprirmi.” E’ così visibile che il senso di colpa lo sta tormentando, che quegli occhi, di solito luminosi, sono velati di tristezza perché lui crede di aver sbagliato.
Ma quello che ha sbagliato sono io, sono io che non ho capito, non lui che tentava di proteggermi.
“Avrei dovuto capire tutto..” Louis comincia a baciarmi, lasciando la mia frase a metà.
E’ quello il momento giusto, è in questo istante che devo averlo, adesso. Mentre lui sta scuotendo la testa per negare ogni mia parola.
“Lou..” Borbotto, stringendo le mia dita sulle sue, in modo da rafforzare la stretta. “Ti voglio, ti voglio ora.”
Continuiamo a baciarci, lasciandoci guidare solamente dai nostri istinti, spegnendo ogni pensiero e ogni sensazione che non sia legata all’altro e io sento a mala pena il temporale. Non ho paura dei tuoni, non mi importa più.
Lo sento sorridere mentre continua a baciarmi.
“Sono tuo. Solo tuo.” Conferma prima di aprire di più le labbra e uscire la lingua.
Mi lecca il labbro inferiore, poi quello superiore e la infila dentro di me, sfiora la sua lingua con la mia, delicatamente le fa roteare, e quelle non si oppongono, anzi stanno al gioco. Faccio lunghi respiri con il naso, la mia mano scivola lungo il suo fianco, l’altra è ancora intrecciata con la sua. Cerchiamo di stringerci di più anche se sembra impossibile essere più vicini di così e nessuno dei due è soddisfatto.
Louis non smette di baciarmi le labbra mentre mi fa distendere a pancia in su e mi abbraccia sistemandosi sul mio corpo.  
Scende giù sul collo, lasciandomi baci umidi e caldi. Succhia la mia pelle, la sfiora con la lingua, la morde senza farmi male. Vengo scosso da brividi di piacere quando Louis scende sul mio petto, baciandomi i capezzoli.
I suoi baci percorrono minuziosamente i miei addominali, è di una lentezza quasi esasperante e sento la mia erezione crescere talmente tanto da farmi arrossire. Sono imbarazzato, la faccia mi sta andando a fuoco e nonostante i miei sospiri d’eccitazione, ogni momento mi preoccupo ancora di più. Non l’ho mai fatto e.. farà male? Soffoco un gemito quando Louis comincia a muovere la sua mano sulla mia erezione, senza alcun tipo di fretta. Avvicina il suo viso al mio, facendo combaciare le nostre fronti.
“Va tutto bene?” I nostri nasi si sfiorano e sorrido istintivamente. Le sue sopracciglia sono aggrottate, sta fissando le mie guance, sicuramente fin troppo rosse per essere provocate solamente dall’eccitazione.
“E’.. la prima volta.” Deglutisco. Stringo la sua mano, che ancora sta intrecciata con la mia, più forte che posso e nonostante i suoi occhi siano a un dito di distanza dai miei, io evito di guardarli. “Fa male?” Gli chiedo sussurrando. Lui ridacchia. Ridacchia ed è talmente tenero che il mio sguardo si alza sulle sue labbra aperte in un sorriso che scopre i denti e so che è impossibile che una persona con un sorriso così dolce possa farmi del male.
Louis scuote la testa. Il mio cuore batte all’impazzata. Non so più che emozioni sto provando, ma so per certo che non ne ho mai provate così tante positive nello stesso momento.
“Solo un po’, all’inizio.” Pressa le sue labbra sulle mie, stringendo le sue gambe sui miei fianchi. “Farò più piano che posso.” La sua lingua sfiora la punta del mio naso e poi mi bacia proprio in quello stesso punto. “Se ti faccio male, avvertimi.” Sorride prima di sollevarsi da me.
Lascia andare la mia mano per alzarmi le gambe, per piazzarle attorno i suoi fianchi, per darmi il tempo di aggrapparmi a lui. Sollevo le braccia sul suo collo e lui torna a distendersi su di me.
Una mano scivola in basso, mi sfiora l’erezione, accarezza il mio sedere. Mi concentro sulle sue labbra che hanno il migliore sapore del mondo perché lui mi consiglia di farlo. Il suo dito è entrato. Si sta muovendo delicato, ma deciso, lento, ma quanto basta.
Io soffoco diversi sospiri, diversi gemiti, la mia erezione ormai non posso più ignorarla. Ed ecco che procede con un altro dito, accelerando di più. Il piacere è ancora più forte, i miei gemiti ancora meno soffocabili. E poi, d’un tratto, quasi non me ne accorgo, lui sfila le dita ed entra con la sua erezione. Spinge, piano. Lo sento dentro di me, sento il calore del suo corpo, i suoi baci ovunque, le sue carezze che mi stanno dicendo di stare tranquillo e stringo le mie dita sulla sua schiena, muovo il bacino per istinto.
Sento un lievissimo dolore e non so neanche di preciso dove, ma dopo un po’ svanisce e io sussurro il suo nome, mi mordo il labbro inferiore per non urlare dal piacere, ne voglio ancora e ancora.
“Non smettere.” Gli dico. Lui non ne ha la minima intenzione ed annuisce, accelerando le spinte. Stavolta fa più male, perché tutto sembra diverso anche se sono passati cinque secondi.
Ma aspetto, non glielo dico. Il suo fiato si mescola con il mio, anche lui si sta mordendo le labbra, soffoca gemiti su gemiti e io ignoro ancora il dolore, che si affievolisce sempre di più, concentrandomi sulla sua fronte perlata di sudore, sulle sue mani che mi stringono i fianchi, suoi nostri movimenti, su tutto quello che sta succedendo. Il sangue mi pulsa nelle vene talmente tanto che sono sicuro che stiano per scoppiare, io sono bollente, le guance sempre rosse. Louis ha gli occhi di chi vorrebbe continuare all’infinito, ma proprio non ce la fa.
lo sento. Sento che sto per venire e che non posso evitarlo. Emetto un verso di puro piacere. E subito dopo vengo seguito da Louis e da un suo orgasmo.
Cerco di regolarizzare il respiro, cerco di calmare l’adrenalina, di frenare l’emozione, ma non riesco. Lui mi sta abbracciando. E come faccio io a calmarmi se lui mi abbraccia?
“Ricordati questa notte come la più bella della tua vita, amore.” Mi lascio cullare dalle sue carezze, dai suoi abbracci, dai suoi baci, da tutto il suo affetto. Mi lascio, per la prima volta in vita mia, andare e basta.
“E’ stato perfetto, come potrei mai dimenticarmi tutto questo?” Sto ridendo. Mentre fuori i tuoni continuano a sovrastare qualunque rumore, io rido. Louis ride insieme a me e lì, avvinghiati sotto le coperte in una delle più gelide nottate d’inverno e in una delle tempeste più forti che l’Inghilterra abbia mai visto, io sono consapevole che da quella notte in poi il temporale non mi farà più paura. Adesso ho un nuovo ricordo da tirare fuori tra un fulmine e l’altro. Adesso i demoni del passato stanno per essere sconfitti. Una volta e per sempre.








Demsmuffin's corner


Ci sono riuscita! Questo capitolo è stato un parto. Ultimamente sto completamente fuori e ho delirato per tutta la durata del parto lol 
Come vi avevo detto, questo capitolo è ad alto contenuto Larry e, soprattutto, è a rating rosso. Ma a me non importava descrivere la prima volta di Harry come una ff rossa richiede, a me importava sottolineare tutti i significati che ci stanno dietro, come il fatto che nonostante il temporale, lui è con Louis e sta bene.(pagherei per vivere una scena del genere, nonostante tutto, davvero)
E Louis inizia a spiegare perché non parlava con Harry di quello che pensava, ma questo è solo 1% del discorso, ci sono ancora tantissime altre cose che devono succedere! 
E l'incubo iniziale non so da dove l'ho tirato fuori, semplicemente è.. apparso nella mia mente e basta. 
Io sto una merda ultimamente perciò scusate se sono poco simpatica stasera.. Spero solo che questo capitolo vi piaccia e vabbè recensite :) 
Peace love and Larry Stylinson, 
Sarah. ♥

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Capitolo 17
*** Capitolo diciassette. ***


Capitolo diciassette.

 

 
“Voglio uscire.” E’ la prima frase che dico la mattina dopo, mentre Louis beve il succo d’arancia. Io guardo fisso il mio the, che ancora non ho nemmeno toccato e che non penso berrò perché ormai è freddo come il ghiaccio. Quasi mi sento in colpa, dato che mia madre l’ha fatto solo per me e forse dovrei ringraziarla bevendolo. Ma proprio non ne ho voglia, quella mattina non sopporto nulla.
“Dove vuoi andare?” Louis posa il suo bicchiere sul vassoio davanti e si lecca le labbra, togliendo ogni traccia di succo rimasta. Rimango incantato per un po’, assaporando quel gesto, come faccio con ogni suo movimento. Ho paura di dimenticarlo, è difficile, se non impossibile, perché mi sta sempre accanto, è come la mia ombra ormai, ma io ho lo stesso paura. Sono diventato così bravo ad ammirarlo che lo conosco in ogni sua sfumatura e mi sembrano essere tutte bellissime. Lui mi prende la mano e si avvicina a me, tirando su la coperta fino a che le nostre gambe non sono coperte. Solo in quel momento mi accorgo che avevo freddo e che stavo tremando. Probabilmente, lui l’ha capito più di quanto non l’abbia fatto io.
“Non lo so.” Dico, sperando che lui possa capire quello che sto per dire. “Non passeggio tra queste strade da quando me ne sono andato.” Faccio una piccola pausa, sorridendogli tristemente. “Ho paura che i ricordi siano troppo.. troppo..d-dolorosi.” Ho un attimo di esitazione, prima di convincermi a fissare i miei occhi sui suoi. Non ho mai capito se il suo azzurro è più simile a quello del cielo o a quello del mare, ma so per certo che, proprio come quelli, sembrano infiniti. Ho quasi paura di annegarci dentro perché non so mai se riuscirò a riemergere, sono pericolosi eppure non posso farne a meno. “E’ stupido.” Dichiaro, arrossendo ma senza abbassare la testa.
Gli ho promesso che avrei provato a stare sempre a testa alta, anche quando mi risulta difficile e vorrei scomparire. Non sono entusiasta di questo patto, ma so che se insiste tanto è solo perché mi serve. Allora mi sforzo, nonostante la vergogna che sto provando in quel momento è fin troppa.  
“Non è stupido.” Autoritario, ma dolce allo stesso tempo, Louis mi fa sempre sentire come la persona più intelligente mai esistita. “Andremo in un posto che non ti faccia pensare troppo.”
Mi sorride felice. Un’altra cosa che gli ho promesso è che gli avrei detto tutto quello che mi passa per la testa, anche se mi sembra inappropriato. Stupido no, perché non esistono pensieri stupidi. Sono tutti frutto di un ragionamento e per quando idioti possano sembrare, in realtà non lo sono. E mi ero dimenticato di questo quando ho parlato, poco fa.
Non so quanto questo discorso possa essere sensato, ma è quello che mi ha detto Louis. Detto dalla sua bocca però sembrava essere più veritiero, perché se guardo dentro i miei di pensieri, mi sembrano tutto tranne che logici.
“Voglio respirare.” E’ la prossima cosa che gli dico. “Voglio respirare per davvero.” Ha senso questo? Presumo di sì, no? Ultimamente mi sono sentito tutto tranne che libero di respirare, anzi, soffocavo in ogni momento.
“E tornerai a respirare, Haz, te lo prometto.” Si avvicina, mi pressa le labbra contro la guancia in un rumoroso bacio e poi taglia un pezzo di pancake e lo infilza nella forchetta.
So già cosa sta per fare e scuoto prontamente la testa, respingendo il braccio in malo modo.
Non voglio mangiare. Non quella mattina. Il mio stomaco sembra essere stretto, non entra nemmeno l’acqua e alla sola vista di quel pezzo di pancake mi viene da vomitare.
E lui lo sa, quindi perché continua a provarci? Io non mangerò, nemmeno se è lui a chiedermelo. Non ci riesco.
“Harry.” Sospira e  posa la forchetta, guardandomi con gli occhi più dispiaciuti che potesse avere. “Devi pur mangiare qualcosa, non puoi restare a stomaco vuoto.” Tenta, cercando di essere convincente.
Ma io sono irremovibile, non ho proprio voglia di vomitare.
“Ho la nausea, Lou.” Poggio la mia testa sul cuscino, chiudendo gli occhi e cercando di respirare con la bocca per non sentire l’odore del cibo.
Una persona normale non reagirebbe così. Ho appena passato una delle notti più belle della mia vita, se non la più bella, e dovrei essere euforico, dovrei saltellare per la casa ed essere convinto che il mondo sia pieno di amore e felicità, invece sono tutto il contrario. Non che non sia felice, anzi sono felicissimo che finalmente sono riuscito a lasciarmi alle spalle certi ricordi, a superare una delle mie più grandi paure, ma non sto avendo l’atteggiamento giusto.
Non sto abbracciando Louis dicendogli che è la cosa più preziosa per me, non gli sto dicendo quanto sia contento che la mia prima volta sia stata con lui, non lo sto baciando, non lo sto facendo sentire speciale. Non sto facendo proprio nulla se non lamentarmi della mia nausea ingiustificata.
La cosa peggiore è che lui non dice niente, io parlo di cose che non c’entrano con lui e Louis non si arrabbia, non me lo fa notare, non mi rinfaccia nulla.
“Scusami.” Apro gli occhi e vedo che lui ha la bocca mezza aperta, stava per dire qualcosa. Le sue sopracciglia si inarcano, la testa si inclina.
“Cosa avresti fatto, esattamente?” Mi domanda, posando la forchetta e mettendo via il vassoio.
Allungo la mano verso di lui e unisco le nostre dita, cominciando a giocare con le sue.
“Sono insopportabile. Avrei dovuto abbracciarti e dirti che sei fantastico e..” C’è una sorta di amarezza nella mia voce, amarezza che lui coglie subito e che si affretta a negarmi. Al solito, la mia voce si blocca.
“Hey..” La sua voce si intenerisce, mentre capisce a cosa mi riferisco. “Non importa, davvero.”
Ma non può essere. Deve importargli, deve. Come può andare tutto bene? Come può Louis sorvolare sul mio atteggiamento? Come ci riesce?
Dovrei pensare solo a lui, a ieri notte, ai nostri sospiri, ai suoi gesti, alla sua dolcezza. Non a quanto io mi senta soffocare in questa città, in questa casa, in questo mondo. Non devo pensare queste cose. Per una volta si tratta di Louis, non di me e delle mie pazzie.
Scuoto la testa ripetutamente. Non dico niente perché non so come esprimermi senza urlare e quindi, semplicemente, lo abbraccio. Lo stringo forte a me cercando di fargli capire che nonostante io abbia pensato a tutto tranne che alla scorsa notte, lo amo. Louis ricambia l’abbraccio, stringendomi a sua volta più forte che può.
Entrambi siamo in silenzio, entrambi stiamo parlando attraverso le carezze. Ci capiamo, come sempre. Restiamo così per un po’, fin quando io dico l’unica frase che riesco a formulare.
“Sei la cosa più bella che ho.” Gli sussurro dopo un po’, tremando. Ed è la frase più spontanea, più sincera, più bella che potessi dirgli.
Mi bacia il collo, sorride. Le sue dita stanno accarezzando la mia schiena. La mia pelle si bagna, sta piangendo.
“Anche tu.” Singhiozza contro il mio petto, balbettando.
Tra le mie braccia mi sembra così piccolo, indifeso. Un ragazzo che agli altri appare pieno di felicità e sicurezza vacilla quando è con me. E io non capisco, perché? Perché deve fingere di avere una forza che non gli appartiene? Solo per farmi sentire più al sicuro? Lo fa solo per me o per auto convincersi che va tutto bene?
Le sue lacrime di commozione mi fanno rabbrividire, sentirlo piangere mi muove qualcosa dentro che non so nemmeno spiegare. Voglio che smetta, non voglio vedere le sue guance bagnate, proprio no.
“Non piangere, per favore.” Sussurro, cominciando ad ondulare, quasi a cullarlo. Lui alza la testa scoprendo i suoi occhi umidi.
“Non me l’aspettavo, mi hai colto impreparato.” Accenna una risata, seguita da un singhiozzo. E’ così dolce da sembrare quasi ridicolo e sorrido. Sorrido perché quella meraviglia è mia.
Lo bacio delicatamente, mordicchiandogli il labbro inferiore.
“Ogni tanto riesce anche a me.” Lo bacio di nuovo, sussurrando quelle parole tra i nostri respiri affannati.
Louis non smette di accarezzarmi la schiena, non smette di guardare i miei occhi, ma ha smesso di piangere. Non so dire chi dei due è più fragile, ma per qualche ragione  ho come la sensazione che anche lui ha bisogno di parlare di se stesso. E giuro sul mio amore per lui che gliene darò l’opportunità, che proverò con tutto me stesso ad aiutarlo, come lui sta aiutando me.
“Ti va se io e te facciamo un giro al parco oggi?” Mi chiede dandomi un bacio sulla punta del naso. E, oh mio Dio, mi conosce davvero. Certo che mi va e certo che voglio andarci con lui.
Annuisco senza pensarci due volte, mentre lo faccio distendere nuovamente sul letto, con tutte le intenzioni di ripetere quello che è successo la notte prima.  
 
 
 
 
 
 
 
Il pomeriggio stesso siamo all’aria aperta, tra il verde degli alberi e sotto il sole che stranamente è limpido e tiepido.
Ho passato la mattina a coccolarlo, a baciarlo, a dargli tutto l’amore possibile. Non perché mi sentissi in colpa, ma semplicemente, ne avevo bisogno. Lui sembrava essere più felice che mai e abbiamo parlato di cose inutili senza pensare troppo. Non ricordo quand’è stata l’ultima volta che ho parlato di cose frivole senza sentirmi idiota, ammesso che ci sia mai stata una volta.
Adesso camminiamo mano nella mano, tra gli sguardi curiosi della gente che non osa avvicinarsi, ma si limita a guardarci da lontano.
Su internet stanno già circolando le foto, ne sono più che certo. So che molti non saranno felici, che altri salteranno di gioia, che ci saranno mille sensazioni diverse dalle più svariate persone, ma a me interessa poco se non nulla. Sono felice così e preferisco che circolino queste foto, piuttosto che foto di me su un letto di ospedale.
Improvvisamente le mie gambe cominciano a indebolirsi. Per quanta forza di volontà io possa metterci, dopo un po’ il mio corpo risente della stanchezza di quelle settimane. Abbiamo camminato per cinque minuti e io ho già bisogno di fermarmi. Mi guardo attorno in cerca di un posto in cui sedermi, ma Louis mi precede.
“Lì.” Indica con un cenno della testa una panchina poco distante e mi guida con calma. Nonostante la stanchezza non smetto di sorridere e di avere il cuore a mille. “Tutto a posto, amore?” Si assicura Louis, scostando i miei ricci indomabili dalla fronte.
Io annuisco, provando a nascondere l’emozione provata al solo suono di quel nomignolo.
“Sono solo un po’ stanco.” Dichiaro. Lui annuisce, capendo che sto davvero dicendo la verità.
“Riposati, prendi tutto il tempo che ti serve.” Sembra assente, però. La sua espressione è felice e serena, ma non sta guardando me, il suo sguardo è perso altrove. Perciò, incuriosito, seguo la traiettoria dei suoi occhi.
Una mamma sta giocando con il suo bambino, lui la rincorre e lei ride girandosi ogni tanto, come per assicurarsi che la sua creatura sia ancora lì.
“Ti prendo mamma, ti prendo!” Quando il bambino urla, Louis ride, stringendomi la mano.
Sarebbe bello avere dei bambini con lui, un giorno. Magari li possiamo adottare, possiamo aiutare quei bambini in Africa poveri e affamati, sì, potremo davvero farlo.
Non riesco ad approfondire questo pensiero perché una scena coglie la mia, di attenzione. Un gruppo di ragazzi stanno infastidendo una ragazza. Ma non la stanno infastidendo in modo scherzoso, stanno urlando offese.
“Hai per caso mangiato tua madre, oggi?” I ragazzi ridono, mentre lei, che è visibilmente in carne, tenta di ignorarli, continuando a camminare.
“Cosa c’è? Hai mangiato così tanto che il cibo ti ha sturato le orecchie? Non mi senti forse?” Stavolta la ragazza esita, si gira verso di loro atterrita e poi si guarda attorno.
So cosa sta provando, so che è talmente spaventata da essere immobilizzata. Non sta camminando più, guarda quel gruppo avvicinarsi, trema. Io sento il suo panico come se fosse il mio, il respiro mi viene meno.
Sono così vicini a noi che mi sorprendo di come nessuno faccia qualcosa. Uno dei ragazzi la spintona con una forza tale da farla vacillare. La testa gira persino a me.
“Sei talmente grassa che non passi neanche attraverso la porta.” Un coro di risate sguaiate, da parte di un ragazzo che fin’ora avevo solo visto di spalle e da parte dei suoi amici che lo circondano, si solleva fin troppo rumoroso e sono sicuro che abbiano colpito la ragazza più forte di un pugno in pieno petto.
Quella voce ormai la riconosco, ormai so a chi appartiene e quando realizzo, non è più il panico a dominare su di me, ma è la rabbia. Non ne avevo mai provata così tanta nello stesso momento. E’ strano, perché sono sempre stato tutto tranne che arrabbiato, non conosco questo sentimento così bene, non sono nemmeno sicuro che sia rabbia.
E’ possibile che dopo tutto quello che ha fatto, non abbia ancora imparato? E’ possibile che sia così stupido e immaturo da non capire che le parole hanno un peso?
Non resisto, non riesco a non intervenire.
“Chiedile scusa.” Cerco di fermarmi, ma è più forte di me. Louis si gira immediatamente, dalla sua espressione capisco che non aveva nemmeno notato la scena e che non sa cosa sia successo. Quando Mattew si gira e i nostri occhi si incontrano, lui sembra il più sorpreso di tutti.
“Come prego?” Fa lui, imitando la voce stranamente stridula che mi era uscita prima.
Le mie unghia stanno infilzandosi dentro la carne delle mie mani, le braccia sono tese, sciolgo la stretta con Louis e mi alzo, andando verso la sua direzione. Mi trattengo quasi da dargli un pugno.
I ragazzi che lo circondano ridono ancora di più, come un branco di idioti che non ha una propria individualità e si appoggiano a quella degli altri per sentirsi meno stupidi.
La ragazza che è stata l’oggetto di scherno scuote la testa nella mia direzione e mentre lo fa, noto un livido sulla sua guancia. La sua mano sta indicando Mattew, che ormai le da le spalle e non può vederla.
Capisco cosa mi sta dicendo e il sangue mi ribolle dentro.
Pensavo fosse cambiato, pensavo non si fosse più azzardato ad offendere, a picchiare, ma ha fatto tutto tranne questo, non è così?
Come posso stare fermo davanti a una cosa del genere? Come posso rimanere indifferente?
“Lascia perdere, Harry.” Mi sussurra Louis all’orecchio, guardando preoccupato le mie braccia tremanti.
Scusa Louis, ma non posso, non stavolta. Non riesco a lasciar perdere, non la passerà liscia.
“Ho detto, chiedile scusa.” Adesso il mio timbro è di nuovo rauco, aggressivo, deciso.
“Mh.. vediamo… no.” La sua finta aria pensierosa mi innervosisce ancora di più. Vedo tutto quello che ha fatto, tutto il dolore che mi ha causato, rivedo la sua visita in ospedale e capisco che non è affatto dispiaciuto di quello che ha fatto, che le sue erano soltanto parole. Non posso dare ascolto a Louis, quella strafottenza deve cessare.
“Forse non sono stato abbastanza chiaro..” Alzo il tono della voce, mentre un gruppo di gente si sta radunando intorno a noi e la ragazza mi sta implorando con gli occhi di lasciar perdere. Lei ha paura, io, stavolta, no. “Chiedile scusa.”
I ragazzi che gli stanno attorno, realizzano chi sono io, realizzano quanto sia arrabbiato e fanno un passo indietro. Tutti si allontanano.
Mattew scuote la testa e ride.
“Cosa c’è, Harry?” Punta i piedi per terra, il suo viso è a un palmo dal mio. “Per caso stai avendo qualche flashback?” Ride più sadico che mai, sembra soddisfatto di quella stupida frase e io, tremante e con scarso autocontrollo, lo colpisco. Lo colpisco prima che me ne accorga, prima che la mia mente possa capire cosa sto facendo, lo colpisco in pieno viso e con la massima forza che possiedo. Lui barcolla, mi guarda attonito, Louis urla mentre Mattew corre verso di me, buttandomi a terra.
Nessuno tenta di fermare me, ma tutti tentano di fermare Mattew, mi colpisce sulla pancia, ma io non ho intenzione di restare a subire. Reagisco. Reagisco perché so come fare ormai, non voglio essere spaventato, ne voglio implorarlo di smetterla, ne scoppiare a piangere, quei tempi sono lontani ormai. Voglio che provi dolore, tanto quanto ne ho provato io.
Ed è una cosa tremenda da dire, da pensare, ma in quell’istante è tutto ciò che provo e non me sto pentendo neanche un po’.
Lo afferro per i capelli, ribaltando la situazione, adesso è lui disteso a terra, adesso il suo naso sta sanguinando grazie ai miei pugni. Non capisco più niente, non so cosa sto facendo, so solo che sono arrabbiato. Non sento nessuno parlare, sento solo i colpi dei miei pugni riecheggiare nell’aria. Prendo fiato più e più volte, per cercare di non sentirmi male mentre lo sto picchiando.
Lui urla di dolore quando anche la sua bocca comincia a perdere sangue. Qualcuno tenta di staccarmi, mi sta tirando all’indietro con l’aiuto di molti altri, ma io mi oppongo. Non ho ancora finito, non ha nemmeno nulla di rotto, sono solo all’inizio.
Lui mi pianta un calcio nelle costole, si dimena, mentre io rimango soffocato dal dolore. Mi mordo il labbro e urlo.
Bastardo. Stronzo. Idiota. Bastardo. Fanculo. E’ tutto quello che penso, mentre carico il mio braccio di tutta la forza che posso e lo colpisco tra il naso e la bocca. E poi ancora, ancora e ancora. Non so per quanto continuo a resistere agli altri che mi tirano, a trovare la forza per tirare i pugni, ma continuo. Sono solo arrabbiato, è tutto quello che provo. Rabbia e ancora rabbia. Non farà più male a nessuno, mai.
“Basta così, avanti, smettila.” Louis urla e riesce a bloccarmi il braccio che rimane sospeso a mezz’aria. “Ne ha avute abbastanza.” Continua prendendomi per la pancia e sollevandomi su.
Con il fiatone e il corpo dolorante, il mio disprezzo verso lui non è ancora scemato. Non ho più voglia di farlo a pezzi, adesso, ma gradirei se qualcun altro si avventasse contro di lui.
Sento uno strano calore dentro la mia bocca e alzo la mano sulle mie labbra, per scoprire che sto perdendo sangue.
Ma quello di cui più mi preoccupo è Mattew, che sta con gli occhi chiusi e non si alza da terra.
“Che cosa ho fatto.” Mi appoggio a Louis guardandolo con gli occhi sbarrati e il fiatone.
Un ragazzo lo scuote, ma lui rimane immobile, senza dare segno di vita.




Demsmuffin's corner

PERDONATEMI. Davvero, scusate, ma sono super super super incasinata e poi la mia connessione fa cagare.  
Sono stata tre settimane per scrivere questa cosa e vi chiedo scusa ancora perché volevo che fosse più bello di così.
Ma ce l'ho fatta, alla fine. 
Ve l'aspettavate Harry che prende a pugni Mattew? Che reagisce? Che impazzisce davvero?
Onestamente non era nemmeno in programma, ma mentre scrivevo le mia mani mi hanno implorato di inserire questa parte e ora vediamo che ne uscirà fuori!
Non vi faccio spoiler perché amo tenervi sulle spine, ma btw state calme che prima o poi saprete tutto. 
Recensite per favore, amo quando lo fate, anche se scrivete boiate, ma lasciatemi qualcosa çç Critiche sì, ma solo costruttive!
Vi lascio i miei contatti Twitter Ask Tumblr 
(a breve farò l'account di autore su facebook, abbiate pazienza ♥)
Ricordatevi che io non mangio nessuno, parlatemi tranquillamente, sono una ragazza normalissima! :)
Peace, love and Larry Stylinson,
Sarah. ♥

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Capitolo 18
*** Capitolo diciotto. ***


Capitolo diciotto.

 

 
Il senso di colpa mi sta tormentando, queste ore di attesa mi stanno lentamente uccidendo. Ho solo vuoto dentro. Un vuoto in cui ho paura di cadere, vuoto che spero si riempia, vuoto che mi fa sentire freddo, nudo, spaventato, vuoto che mi porta a volerla farla finita una volta e per tutte, vuoto che mi impedisce di respirare. Ho solo buio, nero, ansia.
“Perché non cerchi di calmarti un po’, Harry?” Gemma cerca di sorridermi, prende il ghiaccio e me lo poggia sulla pancia. Louis arrotola la mia maglietta sporca, la passa a mia madre che la getta dall’altra parte della stanza, fregandosene altamente di sembrare decente. Si siede ai miei piedi e guarda Louis, sospirando.
“Calmarmi, certo.” Sussurro, fulminandola. Pensa davvero che posso calmarmi quando a mala pena posso muovermi, quando ho mandato una persona in ospedale, che è in coma, quando mi sento di aver deluso tutti e tutto? Perché non ci prova lei a restare calma al mio posto?
“Dico davvero, non agitarti.” Continua, mentre io digrigno i denti per il freddo. Muovo le gambe, in segno di protesta.
Il mio addome è gonfio, faccio fatica a respirare, ho paura. Ho una grande voglia di mandarla a quel paese, ma non voglio litigare, così chiudo gli occhi, cercando di ignorare il macello che ho in testa.

 

Harry camminava per il corridoio, doveva proprio andare in bagno, gli scappava. Era corso via dalla classe e adesso stava correndo anche nel corridoio. Perché quando serviva, il bagno sembrava sempre troppo lontano? Sbuffò, mentre girava l’angolo, ma si bloccò subito, quando vide due ragazzini davanti la porta del bagno. Loro non si accorsero di lui, sembravano persi nel loro mondo. 
Si sorridevano, avevano le mani l’una intrecciate all’altra, erano abbracciati, schiacciati al muro. Non davano retta a niente, solamente all’altro.
Harry strabuzzò gli occhi, trattenne il fiato quando li riconobbe. La voglia di voler andare via era più grande di lui, ma era come pietrificato. William rise, poggiò le labbra su quelle di Mattew, un gesto appena accennato. Che cosa stava succedendo? Perché i suoi due nemici, i ragazzi che lo picchiavano perché gli piacevano i maschi, si stavano baciando? Perché si tenevano per mano? Perché sembravano indifferenti al resto del mondo?

Le gambe di Harry vacillarono, fece un passo indietro per scappare, ma urtò un cestino lì vicino, facendolo cadere. Il fracasso che creò fu enorme e raggelò alla vista di William che si staccava da Mattew e che lo stava puntando. In un attimo il braccio di Harry era stretto dalla mano pesante e dura di William, il contatto era talmente forte che Harry dovette mordersi le labbra per non urlare.
“Che cosa hai visto?” Gli sussurrò William vicinissimo alla sua faccia, sperando che nessuno sentisse o vedesse. “Che cazzo hai visto, frocio?”
Harry non poteva credere alle sue parole. Frocio? Proprio lui lo aveva appena chiamato in quel modo? Proprio lui che un attimo prima stava baciando l’unica persona, a parte la sua famiglia, di cui gliene importasse qualcosa? Ma faceva sul serio o lo prendeva in giro?
“Senti chi parla.” Rispose Harry, mentre Mattew stava cercando invano di separarli. William gli lasciò andare il braccio, ma lo tirò per i capelli, ma Harry non protestò. Sopportò e basta.
“Hai visto il bacio? Non è così? Lo hai visto!” Harry poteva sentire il suo alito sulla sua bocca, poteva vedere i dettagli della sua pelle, il colore esatto dei suoi occhi, poteva vederlo in ogni singola parte.
“Lascialo stare, Will, andiamo.” Mattew cercò di staccarli, di salvare Harry nonostante in quel momento non lo stesse guardando perché, se l’avesse fatto, probabilmente sarebbe crollato.
Il riccio non ce la fece a stare zitto, doveva dire una cosa, doveva parlare.
“Ci siamo baciati ieri.” Balbettò Harry, parlando più con Mattew che con chiunque altro. “E’ successo solo ieri.” Non voleva frignare ancora, ma la delusione, la rabbia, la tristezza che provava erano troppe. Gli avrebbe volentieri fatto molto male, non avrebbe potuto perdonarlo. William scosse la testa, rifiutandosi di accettare quelle parole.
“Oltre che frocio sei anche bugiardo. Non ci credo, voi due non vi siete baciati. Diglielo Matt, diglielo.” Mattew voleva abbracciare Harry, voleva dire che sì, si erano baciati e che gli era piaciuto più di quanto volesse ammettere, voleva dire che aveva accettato le avance di William solo perché lui gli aveva promesso che non avrebbe più toccato Harry, voleva dire tantissime cose, ma scosse semplicemente la testa. Non poteva dare altrimenti. 

“E’ solamente uno stupido, Will. Io non bacio gli stupidi.” Mattew era quasi solenne. Poteva benissimo fermarsi qui, ma voleva rendere le cose più credibili così fece la cosa peggiore che potesse fare. Sputò addosso ad Harry, in faccia, dritto sull’occhio. William allora rise soddisfatto, trascinò Harry, sconvolto e sempre più tremante, in bagno e cominciò a picchiarlo, per pure divertimento. Mattew tornò semplicemente in classe, non voleva vedere cosa gli stessero facendo, non voleva perché avrebbe pianto e non doveva. Prima di andare, stampò un bacio a William, davanti lo sguardo attonito di Harry.
Harry soffriva. Soffriva per i pugni, per gli schiaffi, per le prese in giro, soffriva per troppe cose, ma principalmente, soffriva perché Mattew si era comportato così, perché lo aveva ignorato, perché aveva detto quelle cose terribili. Cosa aveva fatto lui di male? Aveva detto qualcosa che lo aveva fatto arrabbiare? Aveva fatto qualche gesto sbagliato?
“Andrai all’inferno, Styles.” E detto questo, William lo colpì più forte di quanto non avesse mai fatto e per l’ennesima volta. Harry sbatté la testa sul muro, non sentì nemmeno il dolore, chiuse gli occhi, vide solo il buio e il nulla.
William si allontanò subito quando vide che Harry era immobile. Respirando a fatica e cercando di ignorare i suoi sensi di colpa, si sciacquò la faccia, prese un respiro profondo, si stampò il suo solito sorriso strafottente sul viso ed uscì fuori, accertandosi che nessuno lo avesse visto.
  

 
 
“Harry!” Louis mi scuote, in apprensione. Mi accorgo che le mie guance sono bagnate, che Gemma e mia madre hanno la bocca aperta, gli occhi spalancati, gli sguardi straniti.
“Che cosa è successo?” Chiedo a Louis, perché è l’unico che può saperlo. Ma non appena chiedo, non appena Louis mi guarda, capisco che di nuovo, contro la mia volontà, ho avuto un flashback, il più tremendo di tutti. E rabbrividisco, realizzando che ho fatto proprio quello che lui ha fatto, anche se non direttamente, a me.  
“Più voglio non vederlo, più tento di non pensarci e lui mi appare ovunque. Sembra che lo faccia a posta.” Urlo allora, davanti a mia madre, mia sorella, Louis. Gli occhi mi pungono, scalcio con la gamba, impreco nella mia testa, mi passo una mano sul viso e prendo un respiro profondo.
“Lo sappiamo che ti ha provocato.” Esclama mia madre, pacatamente.
Nessuno di loro è arrabbiato con me, sono calmi e ragionevoli e io mi sento estremamente a disagio. Avrei preferito le loro urla, avrei preferito essere trattato come una qualunque altra persona che picchia un’altra, non così, non con comprensione, non essere guardato dalla polizia con compassione, non essere dichiarato come “mentalmente instabile” ed essere mandato a casa con la mia famiglia, per un po’ di risposo.
Non avrei voluto vedere mia madre parlare con un’altra psicologa, Louis avvicinarsi e dirle che non sarebbe più successo, dirle che ci avrebbero pensato loro, che tutto quello che mi serviva non era una strizzacervelli, ma la mia famiglia e solo tanto, tanto amore.
Non avrei voluto sentire mia sorella annuire e dire che mi capiva, che sarebbe andato tutto bene.
Perché loro non mi comprendono, nessuno di loro lo fa. E non andrà per niente tutto bene, lo sanno loro e lo so io, perché quindi continuano a mentire? Perché lo fanno?
“Non mi importa  che lo sappiate.” Le dico, cercando di essere calmo, nonostante i nervi a fior di pelle, le ossa doloranti e i ricordi vividi. “Voglio che capiate.” Aggiungo infine, mentre mia sorella gira il pezzo di ghiaccio dall’altra parte e lo sposta più a destra, nella parte più gonfia dello stomaco.
L’ho forse ucciso? Si risveglierà mai? E’ vivo o no? Che cosa ho fatto? Sono una persona orribile. Non merito questo mondo, non lo merito.
“Lo capisco invece e stai calmo non..” Inizia mia madre, ma la interrompo bruscamente.
“Oh fanculo! Non capisci, nessuno di voi capisce. Potrei averlo ucciso e mi dite di stare tranquillo. Non posso stare tranquillo, non posso. Ho fatto una cosa tremenda, tremenda, e nemmeno vi arrabbiate, la mia testa sta esplodendo, i sensi di colpa mi stanno uccidendo e voi mi dite di stare tranquillo!” Urlo ancora, agitando le gambe, gesticolando animatamente con le mie mani. E’ la seconda volta in un giorno che esplodo di rabbia, che vorrei prendere a pugni tutti quanti. E sono convinto che in me, e stavolta per davvero, ci sia qualcosa che non vada. 
Faccio cadere a terra il ghiaccio che mia sorella stava per spostare ancora, spingendo il suo braccio e quasi facendolo sbattere contro la gamba di mia madre.
Mi guardano attoniti, mentre io mi pento subito di aver parlato e mi accorgo del significato delle mie parole, pesanti e irrispettose. Stavolta nessuno sorride, non passano oltre, non mi abbracciano. Stavolta sono seriamente infastiditi e tutto quello che fanno è guardarsi tra di loro, con la mascella contratta.
“Cosa c’è? Non avete il coraggio di parlare? Se dovete dirmi qualcosa, se dovete rimproverarmi, rinfacciarmi tutto, fatelo. Non tiratevi indietro perché sono ‘mentalmente instabile’.” Imito la voce della poliziotta, acuta e fastidiosa, mentre dichiarava il mio “stato mentale”, giusto per mettere ancora più enfasi al discorso. Nessuno parla, tutti sembrano nervosi. Vorrei solo che mi prendessero a pugni, vorrei avere quello che mi merito, urla e disprezzo. Nonostante vorrei non aver mai avuto quelle reazioni e detto quelle parole, so che era la cosa giusta da fare: parlare. Parlare di quello che provo, di quello che sento.
Incapace di stare ancora lì, di ascoltare ancora il silenzio, di guardarli mentre cercano qualcosa da fare, me ne vado alzandomi dal divano e sbattendo la porta talmente forte da fare tremare le pareti.
Sento la voce di Louis che prova a chiamarmi, poi quella di mia sorella e mia madre che dicono di lasciarmi andare.
Mi rinchiudo nella mia stanza, lasciando che i mille pensieri mi confondano.
Qualcosa dentro di me mi spinge a provare di smettere di respirare, di provare a soffocarmi, di lasciarmi morire lentamente perché è quello che merito. Perché io ho mandato all’ospedale Mattew, io l’ho quasi ucciso, io ho picchiato qualcuno, io sono una persona orribile, non qualcun altro, io. Io e solamente io.
Louis è davvero convinto di potermi salvare? Pensa seriamente che io possa guarire, cambiare il mio modo di pensare, smettere di essere un ragazzino ferito, essere felice di nuovo? E’ solo un illuso, non è così?
Io cambierò mai?
Mi avvicino alla porta del mio bagno, la apro, la testa mi gira.
Che cosa ho fatto? Sono talmente fuori controllo, non sono consapevole di quello che provo, non ho quell’intelligenza che mi permette di capire quando e come esternare la mia rabbia, la mia disperazione, ogni cosa. Sto talmente male, sono talmente disperato da ritrovarmi a cercare ancora una volta una dannata limetta. Non chiamerò Louis, non urlerò sperando che lui ritorni, che mi guardi dicendo che è tutto okay. Io non voglio questo. Non voglio rompergli le scatole, voglio punire l’unica persona che incasina sempre tutto, me stesso.
Devo imparare. Devo capire. Devo essere più intelligente. Devo crescere. Devo cambiare. Devo smettere di essere tutto quello che sono adesso. Devo solamente smetterla.
Se spegnessi ogni mia emozione? Come si fa? Potrei cercare su Google. Sarebbe bello, no? Fare sparire per sempre il dolore, lasciare che i ricordi non mi tocchino minimamente, abbandonare la rabbia. Essere.. apatico, indifferente.
Magari con il tempo potrei farlo, ma.. smettere di amare Louis? Potrei mai riuscirci?  Se spengo ogni emozione, dovrei anche eliminare l’amore. Ma cos’è la vita senza amore? Senza lui?
L’amore comprende ogni emozione, anche dolore, sofferenza, tormento. E’ impossibile eliminare tutto tranne quello. E’ semplicemente.. impossibile.
Non c’è un’altra soluzione, allora? Devo andare avanti così. Non c’è modo che possa riuscirci.
Non riesco a farmi del male. Sono bloccato. Gliel’ho promesso. Non posso.
Eppure lei sta lì, su una delle vene del mio braccio più evidenti. E’ pronta, aspetta solo me. Le dita fremono, la testa gira, gli occhi bruciano. Sto lottando con ogni fibra di me stesso per non andare fino in fondo, per resistere. Ma ogni pugno di ieri mi viene alla mente, ricordo le urla, e insieme a quelli sento il dolore di ogni singolo momento della mia vita. Soffro.
Devo resistere, non posso deluderlo, non posso. Resisti Harry, fallo per Louis.
Prendo un respiro profondo, cercando di scacciare via ogni mio pensiero negativo, cercando nella mia memoria il suo volto, il suo respiro, le sue mani, le sue braccia, la sua voce.
Bussano alla porta, io sussulto.
“Harry?” Pensi al diavolo.. “Harry, sei lì?” Sta.. piangendo?
Colpisco leggermente la porta, come risposta. Lo sento sospirare.
“Lo so che sei arrabbiato e preoccupato, ma..” Strizzo gli occhi, lasciando che il mio cuore si riscaldi con le sue parole e che le lacrime cadano. “Tua madre e tua sorella mi stanno odiando, non vogliono che io sia qui, ma non riesco a lasciarti solo.” Colpisco ancora la porta, dicendogli, con quel gesto, un grazie. “Vuoi parlare?” Mi chiede, con un filo di voce.
Sì, sì, che voglio parlarti, Lou. Voglio abbracciarti, voglio baciarti, voglio averti ancora e ancora. Voglio che tu mi aiuti. Voglio te.
Ma, andando contro i miei stessi pensieri, scuoto la testa anche se lui non può vedermi e “Vai via.” mormoro, la limetta sulle vene, le braccia tremanti. Non voglio che mi veda ancora così, non voglio che sappia che sto crollando ancora una volta. Voglio che sia fiero di me, che sappia che posso farcela da solo, non che pensi che io sia ridicolo.
“Fai come vuoi.” Sento la sua voce farsi distaccata e fredda all’improvviso, i suoi passi allontanarsi. Guardo il mio braccio e capisco che non posso farlo, capisco che devo resistere, ma che da solo non ce la faccio, ho bisogno di lui. Per quanto abbia tentato di convincermi, non ci riesco.
“Lou.” Sussurro, ma lui è lontano, non mi sente. Ho bisogno di averlo qui con me, devo mettere da parte il mio stupido orgoglio, la mia stupida vergogna, devo lasciarmi salvare. Do un pugno al muro, facendomi seriamente male e gemendo di dolore, ma funziona. La porta si spalanca subito rivelando un Louis impaurito e dagli occhi spalancati. La mia mano pulsa così tanto che mi fa urlare. Provo a muoverla, ma mi immobilizzo subito.
“Oddio, Harry!” Emette un verso strozzato, mentre nota la limetta sul braccio. Si inginocchia davanti a me, colpisce la mia mano sana, la limetta cade senza sfiorarmi, il mio braccio in compenso è sano, si vedono solamente le cicatrici e i segni precedenti, ma nulla di fresco, nulla di così rosso da mettere paura.
Con un sospiro di sollievo mi stringe il braccio, guardandomi. Prende la mia mano dolorante e comincia a massaggiarla, mentre io piango in silenzio, guardandolo negli occhi, dicendogli tante, troppe cose.
“Cosa cazzo volevi fare?” E’ arrabbiato, non è più calmo, è agitato, nervoso. “Cosa cazzo avevi intenzione di fare?”
Tento di chiedergli scusa, ma scuoto la testa e basta.
“Stavo provando a resistere.” Faccio, lasciandomi massaggiare la mano, lasciando che Louis mi stampi un bacio sulla fronte. “Ci stavo provando davvero, credimi, Lou.” Spero che mi creda, spero che io non debba insistere di più, spero che capisca.
Lui annuisce, mi guarda, accenna un sorriso.
Non dice nulla, mi da un altro bacio, ma questa volta sul collo. Si alza sempre senza parlare, ma non mi lascia la mano dolorante e mi prende anche l’altra. Mi tira su delicatamente, guidandomi verso il mio letto.
Mi fa segno di sedermi, ma io ho capito, lo so perché non parla.
“Tu non mi credi.” Lascio andare le sue mani, faccio un passo indietro. “Tu non credi che io ci stessi davvero provando, come non credi che mi dispiaccia essermi lasciato prendere dalla rabbia, tu non mi credi.”
Louis aggrotta le sopracciglia, inclina la testa e “no, no, no.” Continua a ripetere sopra le mia parole. Sospira fortemente, si avvicina a me.
“Haz, ma certo che ti credo. Credo ad ogni parola che dici, lo so che ti dispiace, lo so che ci hai provato e..” Fa un passo verso di me.
“Dimostramelo. Dimostrami che ci credi.” Insisto, non convinto per niente delle sue negazioni.
“Come? Dimmelo e io lo faccio. Farò tutto quello che vuoi, dimmi solo cosa devo fare.” Ripete quelle parole miliardi di volte, fin quando io non gli faccio segno di stare zitto. Comincio a piangere. Piango perché fa male, perché le sue parole mi fanno pensare anche a cose che non c’entrano, perché il mio corpo sta urlando pietà, la mia mente sta scoppiando, il mio cuore batte e colpisce il mio petto come un martello. E allora lo so, so che cosa può fare, so come può aiutarmi.
“L-Lou..” Singhiozzo, piango, tremo, mentre lui, con la tipica espressione di chi non capisce nulla, mi adagia sul letto. “Fallo s-smettere.” Prendo il cuscino e lo lancio per terra, arrabbiato, disperato, infelice. “P-per favore, fai in m-modo che s-smetta.” Mi bagno i pantaloni, il petto, il viso, le mani. Mi bagno di lacrime amare che sono stanche di cadere, che non ce la fanno più, che hanno bisogno di una tregua.
“S-scusami. Mi dispiace.” Sussurro appena, mentre lui si avvicina lentamente a me. “F-Fallo smettere. F-fa m-male.” Ripeto ancora, incapace di non tremare. Si siede vicino a me, mi circonda con le sue braccia, comincia a coccolarmi come ha fatto tante volte. Baci, abbracci, carezze, sussurri, gesti silenziosi.
“Sh.” Le sue labbra sono sulle mie, mi tiene la mano, ormai gonfia e rossa, continua a massaggiarla. “Non piangere, tesoro, non piangere. Sono qui, sì, sono qui. Non farà più male adesso, sono qui.”
“No.” Ripeto. “Fa troppo male, m-male.” Singhiozzo tra l’incavo del suo collo.
“Amore, ascoltami, ascoltami.” Tenta lui, cominciando a cullarmi. “Inspira ed espira, avanti, ascoltami.”
Seguo le sue istruzioni, faccio respiri profondi, mi obbligo ad ascoltarlo. Dentro e fuori, dentro e fuori. “E’ facile, ce la puoi fare, Haz, coraggio.” E’ semplice, sì. Basta tranquillizzarsi, non è difficile. Devo solo ispirare ed espirare. “Bravo.” Il suo bacio sulla fronte mi aiuta a mantenere il respiro regolare, mi lascio andare sul suo corpo. “Ecco, ci sei.” Continua a rassicurarmi, senza smettere di cullarmi, lentamente.
Non so come faccia a farmi stare tranquillo, a farmi respirare senza difficoltà, a farmi calmare in un attimo, ma ci riesce. Respiro il suo profumo, bacio la sua pelle, mi accoccolo sul suo petto, ascolto solo lui, smetto di dare retta a me stesso. Ma c’è una domanda preme per uscire, nonostante vorrei tenerla dentro, non riesco.
“E se l’ho ucciso?” Lo guardo negli occhi, ma non lo lascio andare neanche per un secondo. Louis scuote la testa, dandomi ripetutamente baci sulle labbra.
“E’ vivo, lo so.” Muovo la mano sana sul suo viso, gli accarezzo la guancia.
“Come fai a saperlo?” Poggio la mia fronte sulla sua, Louis mi circonda con le sue braccia, mi stringe forte, io mi sento forte, adesso.
“Lo so e basta.” Io apro la bocca per contestare, ma lui preme le mie labbra con le sue, facendomi segno di non parlare. “Ti fidi di me, no?” Sospira forte, disegnando dei cerchi con il dito sulla mia schiena. Io annuisco, ansioso di scoprire le sue prossime parole. “Allora credimi. Lui sta bene, Haz. Sopravviverà.”
Incapace di controbattere, mi lascio baciare, mi lascio distendere sul letto, mi lascio nuovamente circondare dalle sue braccia.
“Fa ancora male?” Mi chiede, sorride a mala pena, mi rivolge uno sguardo triste.
Io scuoto la testa, ricambiando il mesto sorriso.
“Se io adesso mi addormento..” Sussurro al suo orecchio. “.. Quando mi sveglierò, tu sarai sempre qui?” Gli occhi vogliono restare chiusi, improvvisamente la stanchezza di ieri e di questa notte passata alla stazione di polizia e poi in ospedale, si fa improvvisamente viva.
“Non devi nemmeno chiedermelo. Io sarò sempre qui accanto a te, qualunque cosa succeda.” E adesso il sorriso di entrambi è sincero. Chiudo gli occhi mentre mi bacia piano e con calma, mentre anche il suo respiro si fa pesante, mentre ci accarezziamo. E dopo due minuti, dormiamo entrambi nelle braccia dell’altro.
 






Demsmuffin's corner
Al solito, mi odiate, lo so! Dovevo aggiornare martedì, ma non mi andava internet, dovevo aggiornare ieri sera ed ho avuto lo stesso problema, ma come sempre ce l'ho fatta! 
So.. Harry è in panico assoluto, il flashback è shock, Louis è l'amore e Mattew è in coma. Le cose sono come sempre disperate, ma quando Harry sta per scoppiare, Louis lo salva, as usual. Amo il mio modo in cui ci riesce e in cui si prende cura del suo piccolo boyfriend çwç
Chi di voi non lo ama? Omg. Io lo bacerei, se non fosse di proprietà di Styles. 
But, invece di perdermi in stupidi discorsi, voglio dedicare questo capitolo ad @hardolspants (su twitter, cercatela e followatela, è fantastica!) perché mi devo fare perdonare per il ritardo e perché le voglio bene <3
Recensite questo capitolo e please, fatelo in tanti perché io amo le vostre recensioni, pure se vi sembrano delle stupidate, io le amo, non fatevi complessi inutili!
Grazie anche a chi legge solamente perché gli fa fatica recensire, amo anche voi! 

Come sempre vi lascio il mio Twitter il mio Ask il mio Tumblr e novità assoluta.. il mio account di facebook! (non personale, ovvio) Mandatemi le richieste di amicizia, followatemi, domandatemi, solo.. non siate timidi, sono simpatica e gentile, awnh. ♥
Peace, love and Larry Stylinson, Sarah. ♥
(chiedo scusa se il capitolo fa schifo!)

 

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Capitolo 19
*** capitolo diciannove. ***


Capitolo diciannove.


 

 
 
Quando guardo la luce del sole, accecante ma ammaliante, mi chiedo se sia quella la luce che si vede un attimo prima di morire. Mi chiedo cosa si provi a dormire per sempre, dove si vada, se si sparisca e basta oppure se si rimanga in qualche modo. Mi chiedo se tutta la tristezza, se tutti i sensi di colpa spariscono o rimangono.  Mi chiedo se l’anima si decomponga insieme al corpo. Rimane per sempre o va via anche quella?
Vale la pena vivere e soffrire per anni interi, quando alla fine si andrà via? E’ possibile poter riuscire a lasciare un’impronta indelebile, così che tutti ti ricordino con piacere, in modo che non si diventi soltanto polvere?
Mi passo una mano davanti al viso, il corpo di Mattew è immobile, scosso solo dal suo respiro regolare, solo il suo stomaco si muove su e giù e se non fosse perché respira, giurerei che sia morto.
La sua guancia è coperta da un grosso livido violaceo, il suo naso è avvolto da una benda bianca, le sue braccia così esili sembrano non aver mai avuto forza.
Non morire, ti prego.
Non andare via, non per causa mia.
Resta qui.
Mi ritrovo a pregare per la persona che ha rovinato tutta la mia vita, mi ritrovo a sperare che non muoia, che continui a respirare. Questo fa di me una persona stupida, ingenua?
Dovrei pregare che muoia, che se ne vada e che con lui spariscano anche le mie sofferenze. Ma il problema non sta in lui, sta in me stesso. Se lui se ne va, il dolore rimane. Non deve essere lui a morire, deve essere tutto quello che ha fatto ad andare via, devo essere io a scacciarlo.
Eppure l’idea che lui smetta di respirare mi attrae per un momento. Cosa succederebbe se Mattew smettesse di respirare? Cosa accadrebbe al mio dolore? Se andasse tutto quanto via, se io potessi tornare a respirare come fanno tutti, se potessi evitare i pensieri da suicida, se potessi amare Louis senza paura di essere un peso per lui, sarebbe tutto meno faticoso. Potrei stare meglio. Basta solo farlo andare via.
Stringo la mia mano in un pugno e non posso fare a meno di immaginarla intorno al suo collo, le mie dita che stringono, lui che si dimena contro la mia forza, le mie sofferenze che soffocano insieme a lui.
Quasi sto per fare qualcosa di tremendamente atroce quando la sua testa si muove, prima a destra, poi a sinistra. Allora salto sulla sedia, scacciando i miei pensieri, emettendo un gemito di sorpresa quando lui apre lentamente gli occhi.
E in lui rivedo me, appena qualche settimana fa, su un letto simile, in una stanza praticamente identica, con le flebo dentro le vene e una coperta scadente a riscaldarmi. Perso, confuso, solo con i propri pensieri che torturano la mente rendendo il mondo un posto più insopportabile di quanto non lo sia mai stato.
Solo che lui non ha fiori nel comodino, la sua stanza è molto più triste della mia, nessuno aveva pensato di strangolarmi e a sperare che si risvegli ci sono solo io. I suoi genitori non hanno nemmeno risposto al cellulare.
“Aiutami.” Un sussurro flebile esce dalle sue labbra secche e screpolate, gli occhi velati mi guardano urlando. “Harry, mi fa male tutto. Aiutami.”
Rimango immobilizzato con la consapevolezza di essere io la causa del suo male e mi pento ancora una volta di averlo picchiato. Mi pento di aver giocato al suo stesso gioco, mi pento anche solo di aver pensato di ucciderlo. Mi pento di aver insistito per vederlo.
“Non riesco a muovermi.” Vedo la sua mano tremare e riesco a sentire quanta fatica faccia anche solo a chiudere gli occhi. Provo ad alzarmi, ma si mette ad urlare con la sua voce improvvisamente trovata, facendomi spaventare. Cerco di aprire la bocca per dire qualcosa, ma tutto quello che riesco a fare è guardare Mattew che si contorce sul letto.  
Mi sembra quasi di perdere coscienza, il mondo sparisce per un attimo, le mie orecchie fischiano sotto le urla, l’aria è pesante come non mai, le urla si scontrano contro il mio silenzio.
Sto pregando Mattew di smetterla di gridare perché mi rende nervoso. Ma lui non vuole smettere, continua ancora e ancora, come se urlare potesse fargli sentire meno dolore, come se gridando potesse andare tutto bene. E allora penso che forse sarebbe stato meglio ucciderlo, porre fine alle sue sofferenze, non alle mie.
 
 
 
 
Era l’ennesima giornata in cui Harry era stato colto di sorpresa. L’ennesima volta in cui Mattew aveva studiato i suoi movimenti per sapere quale nuova scorciatoia avrebbe preso il riccio. Ma, stavolta, fargli del male era stato più semplice del solito.
“Dovresti morire tu, lo sai?” Mattew si abbassò all’altezza di Harry, che ormai stava vomitando sangue. Era appoggiato al muro, una mano aggrappata ai mattoni scheggiati, l’altra mano sulla pancia. Vedeva bianco, riusciva solo a sentire il disprezzo che tutti quanto gli stavano dando, il disprezzo verso se stesso. Un solo pugno, quella volta, era bastato a farlo quasi svenire. Era diventato troppo fragile, un bersaglio troppo semplice, facile da colpire, da rompere. Harry lo sapeva bene, ma cosa poteva farci? Con tutte le volte che si era rotto le costole era persino abituato a vomitare sangue.  
“Quello che dovrebbe morire qui sei tu.” Aveva imparato a rispondere, ormai, dopo un anno di violenza si era stancato e non riusciva più a stare zitto, anche se, ancora, non sapeva dare pugni o calci. Anche se con le parole, anche se con poco, stava imparando a reagire, a non piangere più.

“Oh, Harry, stai crescendo con un bel caratterino.”
Mattew sputò a terra, proprio vicino alle scarpe di Harry, che erano macchiate di sangue. Le stesse scarpe che il giorno prima sua madre gli aveva regalato, quelle stesse scarpe che desiderava da mesi, quelle stesse scarpe per cui sua madre aveva rinunciato a una borsa di cui si era innamorata.
Strabuzzò gli occhi non appena si accorse di quanto fossero sporche. E quelle macchie rossicce, gli fecero girare la testa ancora di più. Tossì ancora una volta e poi si girò verso Mattew, che, tranquillo, lo guardava mentre soffriva.
Sul suo volto vi era persino della soddisfazione, stava ridendo, nessun segno di sensi di colpa da parte sua.

“Vaffanculo.” Harry cercò di mettersi più dritto che poteva. “Vaffanculo. Mi hai sporcato le scarpe nuove.” Sbottò senza nemmeno tentennare, con la voce più spavalda che riuscì a fare. Mattew aggrottò le sopracciglia, ma smise di ridere.
“Per caso, qualcuno è diventato scortese?” Quel tono, quella cadenza acuta che ad Harry aveva sempre dato fastidio, adesso gli sembrava ancora più insopportabile, come le unghia su una lavagna o le ruote di una macchina che stridono sulla strada. Harry odiava quel tono saccente e presuntuoso. Un altro colpo di tosse lo fece rabbrividire. Il gelo, a volte, si impossessava di lui e non andava via se non quando si metteva a dormire. Harry odiava anche quello.
“Oh.” Una risata amara gli uscì aspramente dalla bocca. “Ho imparato dal migliore.”
E anche Mattew, stavolta, rise.
“Muori, Styles.” Disse con la massima naturalezza, mentre lo guardava dritto nei suoi occhi. Mattew invidiava ogni singola parte di Harry. Odiava i suoi capelli, odiava le sue labbra, il suo fisico rotondo, ma comunque attraente, odiava la sua voce, la sua risata, odiava quando piangeva, ma, soprattutto, odiava i suoi occhi. Odiava Harry così tanto, ma nemmeno lui riusciva a capire il perché.
Era forse perché lui riusciva ad essere spontaneo e naturale? Era forse perché Harry non si nascondeva? Perché nonostante tutto quello che gli aveva fatto, lo vedeva sorridere e scherzare? Perché lo odiava?

Harry lo stava guardando senza capire, quei suoi occhi lo stavano uccidendo, gli stavano chiedendo il perché, gli dicevano che lui non aveva fatto nulla, che non meritava tutto quello. Al solito, i suoi occhi parlavano al posto della sua voce. Harry non chiese, non rispose, non fece nulla. Scosse la testa e si voltò, dandogli le spalle, facendo finta che nulla di tutto quello fosse mai successo. Camminò a testa bassa, osservando le sue scarpe e sapendo che non sarebbe riuscito a mentire a sua madre, ancora non sapeva farlo. Si girò per vedere se Mattew lo stava inseguendo, ma non c’era traccia di lui. Per una volta, lo aveva lasciato andare via.
 
 
 

Scuoto la testa, cercando di ritornare al presente.
“Vieni qui, Harry, usciamo.” Sento Louis stringermi la mano, quando mi giro, scopro che mi sta facendo uno dei suoi sorrisi più dolci. Mattew sta ancora urlando e io mi costringo a provare a non ascoltarlo. Guardo solo Louis che mi sta trascinando fuori.
Perché le sue urla mi fanno così male?
Cosa diamine mi è passato in testa quando ho deciso di andarlo a trovare, a cosa stavo pensando?
Perché non sono rimasto con Louis, mia madre e mia sorella, a casa, al sicuro da urla, ricordi, lontano da tutto questo?
Mio Dio, Harry, non ne fai una giusta, le combini tutte sbagliate, tutte.
Non puoi farcela, non ce la farai.
Non vai bene, devi andare via, via.
Cuore come un macigno, sentimenti contrastanti, parole confuse, ricordi vividi, pensieri distruttivi, gambe tremanti, braccia deboli.
Sento un formicolio che parte dalla pancia e arriva fino alla gola, tutto quello che ho mangiato prima di venire qui, lo sento salire. Barcollo all’indietro, quasi cado a terra.
Sono tutte cose a cui sono abituato, cose a cui ormai dovrei dare meno importanza, cose che dovrei sapere come affrontare e invece mi ritrovo sempre punto a capo con Louis che mi dice come respirare o che mi impedisce di buttarmi giù dalla finestra più alta.
“Cosa stai facendo?” Mi accorgo solo in quel momento, sentendo il panico impadronirsi della voce di Louis, che avevo smesso di respirare.
Lo guardo senza parlare, aprendo la bocca per far entrare l’aria. Mentre lo faccio, però, sento i polmoni stringersi, la gola chiudersi e istintivamente stringo la mano a Louis, reggendomi a lui, all’unica mia ancora di salvezza.
“Scusa. Non.. non me ne sono reso conto.” Inceppo tra le parole, in cerca d’aria.
“Sh, non scusarti. Respira e basta.” E’ sempre la persona più dolce, sempre quella che si dimostra interessato alla mia salute, ai miei sentimenti. E’ sempre qui. Perché mi lamento ancora? Ho lui, cos’altro mi serve?
Ritorno a respirare, guardando semplicemente il suo viso sorridente. Una sua mano sta stringendo la mia, l’altra è sul mio petto. Non ci sono volute parole questa volta per ricordarmi come si respira, è bastata solo la sua presenza.
Mi guida verso la sedia più vicina, senza smettere mai di toccarmi.
“Non pensavo mi facesse quest’effetto, sai?” Dico subito, appoggiando la mia schiena sulla sua pancia. Lui mi abbraccia senza pensarci due volte, sa benissimo cosa fare, cosa dirmi.
“A volte capita. Avere una reazione che non si ci aspetta.” Mi da un bacio sulla guancia e io sussulto, sorpreso. Lui aggrotta le sopracciglia e io parlo, senza nemmeno pensare.
“Avrei voluto ucciderlo.” La voce più roca del solito, quasi rotta dalle lacrime destabilizza entrambi.
Lui si stacca leggermente da me, solo per guardarmi meglio in viso. E lo so che, dietro quel sorriso, sta pensando che io sia psicopatico.
“E’ normale che tu l’abbia pensato, ti ha fatto soffrire e..”
Non capisco. Non capisco perché non fa un cenno positivo, non capisco perché invece di negare tutte le cose sbagliate in me, mi dice che va bene, che è normale, che tutti fanno le stesse cose, che tutti soffrono.
Non capisco perché non ammette che la persona che ama, è fuori di testa.
“No, Lou. Non è per dire, volevo davvero ucciderlo. Stavo per soffocarlo.” Insisto. Oh, Lou, perché non lo capisci? Perché non capisci che io avrei potuto ucciderlo? Cosa devo fare per farti realizzare che io non vado bene?
“No.” Scuote la testa più e più volte, energicamente. “Harry..”
Ma io non lo sto a sentire, non lo ascolto. C’è solo la mia voce, solo la mia mente che mi dice la verità.
Mi sta mentendo, mi mente sempre quando mi dice che sono perfetto. Louis mente.
Mostro. Mostro. Mostro.
“Sì, Lou, sono un mostro. Sono un.. mostro.” Dico più a me stesso che a lui.
Smette di scuotere la testa, si blocca all’improvviso. Il suo respiro si fa pesante, il panico lo attraversa ancora. Posso riuscire a sentire che avrebbe voluto che io non avessi mai pronunciato quella frase, posso riuscire a sentire che vorrebbe gridarmi contro.
“Non dirlo più, Harry, senti..” Dice, stranamente calmo.
Mostro.
Non so più chi ascoltare. Louis sta andando avanti con il suo discorso, ma riesco a percepire solo parole confuse, rumori distanti.
Mostro.
La voce dentro di me è chiara, vicina, frustrante. Vorrei cacciarla via, vorrei smettesse di parlare, vorrei ascoltare cosa Louis ha da dirmi, non cosa deve dirmi lei.
Mostro.
Sbatto le palpebre due volte, cercando di concentrarmi solo sulle labbra di Louis che stanno parlando, anche se adesso sono più lente.
Mostro.
Chiudo gli occhi, provando ancora una volta a lasciare perdere me stesso.
Respira, Harry, respira. Devi solo respirare. Dentro e fuori, dentro e fuori.
Louis mi stringe ancora di più la mano, ha smesso di parlare sta aspettando solo che io mi calmi. E sta aspettando che io lo faccia da solo.
Ma come posso riuscirci da solo? Senza lui?
Apro gli occhi lentamente, senza smettere di respirare.
“Stai andando benissimo.” Mi dice soltanto, abbassando la voce di qualche ottava. “Perfetto, Haz.”
Piano piano, la mia mente smette di ripetermi la stessa parola, piano piano ritorno alla normalità. E quando guardo quegli occhi che sempre mi fanno venire la pelle d’oca, quando vedo la fierezza nel suo volto, so che ci sono riuscito. So che mi sono calmato perché lo volevo, non perché Louis me lo diceva.
C’è davvero una speranza per me?
Sorrido anche io, felice di aver fatto qualcosa, per una volta.
“Ti conosco meglio di quanto tu conosca te stesso.” Esclama, avvicinando il suo corpo al mio. “Se io dico che tu non sei capace di uccidere, devi credermi.” Sto per protestare, ma lui mi fa segno di non parlare, così lo lascio continuare. “Sì, puoi averlo pensato ed è totalmente normale, Harry, ma di qua a farlo veramente passano miliardi di anni. Tu non faresti male nemmeno ad una mosca.”
Vorrei solamente annuire e baciarlo, ma mi scappa un’altra domanda, prima che io riesca a fermarla.
“Davvero? Non farei male ad una mosca? Allora perché Mattew è un quella sudicia stanza?”
Mi aspetto che si alzi e vada via, che mi dica di andare al diavolo perché nessun discorso riesce a convincermi, ma invece, sento una flebile risata da parte sua.
“Capita a tutti di sbagliare, di perdere le staffe. E tu le hai perse anche troppo tardi.”
Scrolla le spalle, e fa ridere anche a me, perché arriccia il naso nella maniera più adorabile che conosca.
E allora, dopo tutto questo, mi lascio convincere. Gli credo, gli credo veramente.
“Troppo tardi dici?” Guardo in basso, arrossisco senza nemmeno capire il perché.
“Sì. E poi, Harry, lui respira ancora.” Mi dice, baciandomi sulla punta del naso. “E’ vivo.” Continua, stringendomi la spalla, mentre io annuisco. ”Non hai ucciso nessuno, smettila di incolparti per cose che non hai fatto.” Quasi sbuffa.
Quanto sono stato stupido a credere di averlo ucciso, quanto sono stato stupido nel pensare che Louis mi avrebbe lasciato andare dopo tutto quello che abbiamo passato?
Voglio che tutti sappiano che Mattew è vivo. Voglio che sappiano che si è svegliato. Voglio che sappiano che io non sono un mostro, che non uccido le persone, che vado bene. Voglio che lo sappiano tutti.
“Devi dirlo a mia madre.” Sbotto così, mentre un dottore sta venendo dalle nostre parti.
So già cosa mi dirà, perciò continuo a sorridere.
“Cosa?” Louis sbatte le palpebre più volte, prima di inclinare di lato la testa.
La necessità di vomitare però ancora non è sparita e quando il dottore si avvicina a noi, per qualche motivo, diventa ancora più presente.
E se non fosse una notizia così positiva? No, Harry, no, smettila.
“Dove sono i parenti del ragazzo?” Chiede, guardami fisso. Mi alzo dalla sedia, sperando che il senso di nausea mi passi subito. Non posso cedere di nuovo, devo restare forte.
“Non lo so.” Prendo un respiro profondo. “Ho provato a chiamarli, ma non..”
Il dottore mi scruta da capo ai piedi e mentre lo fa, mi ricordo perché odio così tanto i dottori. Ti guardano come se non valessi niente, come se fossi soltanto un’altra persona da compatire, come se non avessi sentimenti. Ti dicono le notizie più brutte e mentre lo fanno, non battono ciglio.
Ed è per questo che ho paura, adesso.
“Non potrei rivelare niente a nessun’altra persona che non faccia parte della sua famiglia.” Guarda il foglio che ha davanti e scuote la testa. Louis mi sta reggendo con una mano sulla schiena. “Gli abbiamo dato della morfina e sembrava essersi calmato per un po’. Ma poi ha iniziato ad urlare di nuovo e abbiamo dovuto farlo riaddormentare.” Mi scruta ancora, mentre porto tutto il peso sulla gamba destra, perché l’altra sta facendo troppo male. Il cibo continua a salire e temo che potrei crollare da un momento all’altro. “Non sappiamo perché urli, non ha niente di rotto che potrebbe farlo soffrire così.” Sbuffa, annoiato, si guarda attorno e poi fissa Louis. “Ma è vivo. Sopravviverà.” E senza nemmeno sorriderci, si gira e se ne va, strafottente come tutti.
Mi girò verso Louis, che sembra non essere per niente infastidito da quell’uomo, e che mi sorride.
“Te l’avevo detto!” Mi da un bacio sulle labbra che io non riesco a ricambiare.
La nausea sale sempre di più e mi impedisce di gioire come vorrei. Prendo il cellulare dalla tasca, compongo il numero di mia madre e lo do a Louis.
“Devi dirle che è vivo. Ha il diritto di saperlo, voglio che lo sappia ora, Lou.”
Deve sapere che suo figlio non è un assassino, che non ha ucciso nessuno. Deve saperlo lei come devono saperlo tutti. Devono sapere che anch’io merito di stare a questo mondo tanto quanto gli altri.
Faccio un respiro profondo e mi mordo il labbro inferiore mentre Louis prende il telefono dalla mia mano.
Uno squillo, due squilli, tre squilli, quattro squilli. L’espressione di Louis è strana, sembra stia cercando di capire cosa lui sta facendo. Mi guarda, sopracciglia aggrottate, ma sempre sorridente.
“Hey, Anne.” Sbotta allegro, guardando un punto imprecisato del muro. “Si è svegliato.” Come tre soli parole possano far alleggerire anime, cuori e preoccupazioni mi resta un mistero, ma quando Louis pronuncia quelle parole, non è solo mia madre ad emettere un sospiro di sollievo, ma lo faccio anche io, riuscendo a realizzare soltanto ora che lui è vivo. L’ansia sparisce di colpo, e con questa, se ne va anche la mia nausea.

Louis si gira, mi tende una mano, e io la stringo, senza paura.



Demsmuffin's corner

Sono due mesi che non aggiorno. Oddio mio, me ne rendo conto soltanto adesso, scusatemi tantissimissimissimo. Non so come farmi perdonare, mi spiace un casino çç
Non volevo farvi aspettare così tanto, ma non riuscivo proprio a scrivere.
E' stato un parto questo capitolo, durato così tanto tempo, ma alla fine, come sempre, ci sono riusciuta, l'importante è questo!
Allora, lo so che Harry depresso e Louis che lo consola sta diventando una cosa ripetitiva e banale e noiosa e tutto quello che volete, ma mi serviva tutto questo, altrimenti non l'avrei scritto così tante volte. Prometto che questo è l'ultimo capitolo così, dal prossimo succederanno delle cose che "metteranno fine a questa cosa. 
Questo on vuole che Louis smetterà di esserci per Harry, obvsl, lui ci sarà sempre e continuerà ad aiutarlo, solo in maniera diversa.
Harry comincerà a svegliarsi e smetterà di fare la persona depressa, perché nessuno ne può più e nemmeno io, anche se Harry depresso mi piace (nelle fan fic, ovviamente).
Spero solo che recensiate e che non mi odiate poi così tanto, ho le mie giustificazioni çç
Boh, non so più che dire, quindi me ne vado lol
(la gif è presa a caso, non avevo idea di quale mettere)
Peace, love and Larry Stylinson,
Sarah. ♥

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