Triduum di NoceAlVento (/viewuser.php?uid=162092)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Opener ***
Capitolo 2: *** Pokémelle anche oggi? ***
Capitolo 3: *** Le alte sfere ***
Capitolo 4: *** La vita di un fiore ***
Capitolo 5: *** Nuovi eroi ***
Capitolo 6: *** A che ora è la fine del mondo? ***
Capitolo 7: *** Hasta el fin ***
Capitolo 8: *** Un viaggio dalle mille sfumature ti aspetta ***
Capitolo 1 *** Opener ***
I 'Opener'
T R I D U U M
* * *
~Premessa
2.0~
Non
è mia pratica comune modificare le Premesse. La mia
politica,
quantomeno fino a ora, è sempre stata quella di scriverle
all'inizio
proprio per confrontarle con il Commento
finale che invece è
sempre composto al termine della stesura generale. Questa volta mi
trovo a effettuare una eccezione – come evidenziato
dall'atipica
intestazione – in quanto la Premessa
originale era quanto di più distante potesse esserci da
ciò che
Triduum si è poi rivelata essere. Quanto state per leggere,
dunque,
è frutto di una osservazione d'insieme maturata verso il
finale del
quarto capitolo. Una delle principali pecche della Premessa
che avevo ideato precedentemente era che dava per scontata una
conoscenza generica di quanto è il progetto che prende il nome
di Ciclo del Conflitto Globale; non essendo mai stato
appropriatamente introdotto, la sua presentazione è la prima
cosa a
cui mi dedicherò.
Il
Ciclo è consto di cinque storie: Triduum, Aequor, Involutus,
Dilabor
e Vox, qui elencate secondo
la cronologia interna, ossia secondo l'ordine di svolgimento
– quello di divulgazione è invece Aequor, Vox, Triduum,
Involutus e
Dilabor (pur non essendo ancora state scritte, le ultime due saranno
certamente pubblicate in quest'ordine in quanto sono sostanzialmente
l'una il seguito dell'altra). Per quanto concerne il nome, esso
è
ciò che più mi ha dato da pensare. La
denominazione attuale, con il
Conflitto Globale decantato come tema centrale, lascia immaginare un
pentateuco di racconti incentrati su una guerra, con argomenti
bellici e scontri sul fronte. Nulla di più sbagliato:
l'unica storia
a esservi focalizzata è Dilabor, e se proprio dovessi
descrivere il
Ciclo lo definirei un insieme di episodi che si svolgono in uno
stesso spazio-tempo. Tuttavia ritengo che il concetto di “my
pokémon world” sia parecchio inflazionato
ultimamente – no,
d'accordo, lo è sempre stato –, e inoltre volevo
evidenziare una
delle peculiarità che differenzia le mie storie da altre fan
fictions, ovvero la preminenza della trama. Queste considerazioni
hanno poi portato allo sviluppo del titolo corrente, che rimarca
quella che è una questione capitale cui, quali
più quali meno,
tutte le storie tendono.
La
Premessa
preesistente poneva inoltre l'accento su un altro aspetto che, almeno
in partenza, era quanto di più fedele al racconto ci potesse
essere:
in poche concise parole spiegavo che Triduum era per sua natura
avulsa rispetto alla trama generale del Conflitto e dunque aggiungeva
poco o niente allo scopo principale del Ciclo. Con il passare del
tempo, in ogni caso, questa analisi si è rivelata errata:
non direi
un'eresia se affermassi che questa storia, al momento in cui sto
riscrivendo la presente introduzione, è la più
importante nei
riguardi della saga in quanto non solo introduce nuovi personaggi
approfondendoli più di quanto era previsto in origine, ma mi
dà
occasione di spiegare e sviluppare prospettive dell'intreccio che
prima erano nulle oppure appena accennate. Inizialmente avevo pensato
di correggere l'asserzione nel Commento
finale,
tradizionalmente utilizzato quale ultima spiaggia per qualsivoglia
chiarimento che non abbia trovato spazio nella narrazione principale;
tanto ho scritto e tanto ho pensato, però, che una
dichiarazione
simile ha cessato di essere solamente non aggiornata ed è
diventata
enfaticamente sbagliata.
Breve
appendice: come nel caso di Vox prosegue la mia linea manageriale di
reinventare pressoché da zero le ambientazioni del mondo
pokémon;
quindi, come accaduto con la storia sopraccitata, quando
entrerà in
scena Pallet Town non immaginatela come nel videogioco e affidatevi
invece alla descrizione che sarà fornita da Triduum.
Rimanendo
in tema presento anche l'acclamata Legenda
anti-spoiler, ovvero
riproposta in cima a ogni capitolo e diversificata per non svelare
termini che compariranno solo più avanti nel racconto.
Con
l'usuale augurio di non annoiarvi,
Novecento
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Agatha:
Agatha.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Red:
Rosso.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
* * *
I:
“Opener”
L'alba
si approssimava a Johto come una mano che rimuove lo scuro mantello
notturno con flemma compulsiva, svelando gradualmente la figura in
precedenza celata dal manto. La sera prima le ultime luci delle
piccole casupole disseminate nel villaggio si erano spente in
sequenza quasi regolare, una dietro l'altra, come se qualcuno ne
avesse comandato l'ordine. L'aurora era ormai inoltrata in quel
freddo inverno e il bagliore del sole ancora posizionato sotto
l'orizzonte iniziava a inondare le inusualmente rarefatte nuvole
stagliate sul firmamento che si apprestava a scomparire alla vista.
Proprio da una di queste sporadiche nubi fuoriuscì senza
alcun
preavviso una sagoma dalle sembianze di un drago da monta che
sfrecciava in picchiata in cerca di un luogo di atterraggio consono.
Esso fu localizzato poi in una sporgenza alquanto ampia che aggettava
dal fianco orientale della montagna che come un guardiano osservava
il borgo e lo proteggeva figurativamente. Lì il viaggiatore,
un
giovane trentenne, scese custodendo tra le braccia un fagotto inerte.
Ad attenderlo c'era un uomo più anziano di una decina d'anni
che
osservava pacatamente il panorama che da lì si poteva
scorgere.
«
Scusa per averti chiamato a quest'ora. Non avrei voluto, ma come puoi
immaginare era urgente » cominciò dopo essersi
ripreso
psicologicamente dalla trasvolata.
«
Non dormivo neanche io » replicò l'altro
pensieroso « L'ho
sentito, sai ».
«
Sentito? ».
«
Come un fremito. Un grido lancinante. Un brivido, e un boato
interiore » si voltò rivelando le rughe che gli
segnavano la fronte
aggrottata « È successo qualcosa di tremendo. Non
è così, Drake?
».
Quello
abbozzò timidamente un rapido cenno di assenso.
«
Di chi è figlio il bambino che hai lì?
» indicò con lo sguardo il
fardello che stava stringendo. D'altronde, nel contesto, quella
domanda equivaleva a chiedere chi fosse deceduto quella notte.
Le
parole uscirono a fatica dalla gola di Drake, quasi ogni lettera
pronunciata fosse una pugnalata allo stomaco « Mio fratello
».
«
Come è successo? ».
«
Non ne ho idea » il giovane tratteneva a stento le lacrime
« Lui e
sua moglie… sono come scomparsi. A un tratto Lilycove
City…
insomma, dicono che sia stata avvolta dal buio totale. Nessuna luce
funzionava, tutti i lampioni guasti, ed è tutto durato meno
di un
secondo. Io ero a Mossdeep, sono volato il prima possibile per
capirci qualcosa… e non c'erano più. Solo il
bambino era ancora lì
».
L'uomo
ascoltò il breve resoconto con crescente ansia, non
riuscendo a
capacitarsi di come un evento simile si fosse verificato «
Assurdo
».
Drake
decise di avanzare subito la sua proposta, dal momento che ogni
secondo che trascorreva lo feriva come una lama « Devi
tenerlo tu ».
«
A dire il vero sospettavo intendessi chiedermelo. Ciononostante non
capisco perché » il signore riprese ad ammirare
l'alba imminente «
Non sarebbe molto più al sicuro nelle tue mani? ».
«
Lo capisci anche tu che non è normale quello che
è successo ».
«
Questo è indubbio ».
«
Sarebbe troppo pericoloso lasciare che resti a Hoenn. Qualcosa non
funziona, là. Metterebbe in pericolo troppe vite ».
«
Già, dimenticavo il piccolo Norman… »
si lisciò i baffi
meditabondo « Non so… anche io ho una figlia a cui
badare. Non
avrei meno preoccupazioni di te ».
«
Te lo sto chiedendo come amico prima che come Superquattro »
il
giovane si inginocchiò, sorprendendo il suo interlocutore
che lo
aveva sempre visto fiero e inamovibile « Tienilo in custodia.
Hoenn
non è più un luogo sicuro, né per lui
né per nessun altro. Qui
vivrebbe una vita felice, lontana da insidie. Dicesti tu stesso a me
che Johto è per sua natura calma ».
L'anziano
era ancora palesemente dubbioso.
«
Non dico che dovrà restare qui per sempre… solo
finché non sarà
pronto. So bene che tu saprai prepararlo al meglio, in fondo sei il
Capopalestra più esperto che conosca ».
La
replica finalmente arrivò dopo un sospiro rassegnato
« Va bene.
Tuttavia ho una richiesta ».
«
Tutto quello che vuoi ».
«
Da diverse notti ormai ho presagi terribili » l'uomo scrutava
l'orizzonte, ma la sua mente era chiaramente altrove « Non ho
sonni
quieti. Mi perseguita sempre un'immagine di distruzione totale
».
«
Che intendi? ».
«
Le visioni variano, ma paiono susseguirsi come si trovassero disposte
a voluta. Non ho sempre le medesime proiezioni oniriche, eppure
ritorno sempre a un'apparizione di terrore puro, un qualcosa di
completamente indescrivibile. Non ha forma, ma è come se
alla vista
istantanea di questa entità venissi pervaso dall'angoscia
più
estrema. Qualcosa di gravissimo succederà di qui a poco, ne
sono
assolutamente certo ».
«
Gravissimo? Di cosa stai parlando? ».
«
Non ne ho idea. È come se qualcosa nell'ordine naturale
delle cose
fosse stato irrimediabilmente alterato. Ciò che so di sicuro
è che
sarà qualcosa di agghiacciante. Non ce lo scorderemo
facilmente,
ammesso che saremo in grado di assistere alla fine di ogni cosa
».
«
E la richiesta? ».
«
È presto detto » si girò ancora una
volta a osservare il bimbo
infagottato « Percepisco in lui un potenziale indescrivibile,
ma
anche un futuro incerto. L'avvenire non è predestinato per
nessuno,
ma il suo mi appare particolarmente tentennante, come se fosse in
precario equilibrio funambolico tra acqua e magma ».
«
Precario equilibrio funan–– non puoi parlare
normalmente? ».
«
Se preferisci, è sospeso a metà tra bianco e
nero. La sua caduta da
un lato o dall'altro potrebbe essere determinante in un domani. Temo
che se scoprisse quanto il fato è stato crudele con lui
potrebbe a
sua volta allontanarsi dalla luce. Ti chiedo il permesso di non
svelargli le sue origini. Lascia che viva come fosse nativo di qui,
al riparo da qualsiasi cosa abbia dato la caccia ai suoi genitori
».
«
Intendi assumere un'altra identità » Drake
rifletté « Saprai bene
che non potrai nascondergli per sempre la verità ».
«
Ne sono pienamente cosciente, ma ritengo sia meglio comunque che lui
cresca lontano dal suo passato. Come hai detto tu, finché
non sarà
pronto ad affrontarlo ».
«
Capisco. Penso si possa fare » il Superquattro
gettò uno sguardo al
paesaggio orientale che iniziava a brillare nel bagliore mattutino
«
È l'alba, è meglio che vada ».
Affidò il fardello al suo amico e
si voltò verso il suo pokémon, che fino ad allora
aveva
pazientemente atteso sorvegliando il discorso « Coraggio,
Salamence,
ci attende un lungo viaggio ».
L'uomo
osservò l'affiatata coppia librarsi in volo e sfrecciare nel
vento
mattinale fino a scomparire nella nuvola rosea più vicina.
Un vagito
del piccolo ruppe la quiete, tuttavia si rabbonì appena il
suo zio
acquisito gli posò gli occhi sopra.
«
Abbiamo una lunga notte davanti a noi » gli
sussurrò, poi osservò
una volta di più il sole che sorgeva sopra Johto «
Buona fortuna ».
~
L’inizio
di un viaggio è spesso migliore della fine, o
così dicono coloro
che ne portano a termine uno. Un’affermazione paradossale, a
ben
pensarci. Raramente chi parte lo fa mentre è senza problemi
e si
trova perfettamente dov’è: si tratta in effetti di
una cerchia di
persone che vede nel viaggio la propria identificazione, che ama
ricercare il nuovo pur amando il vecchio. La gente comune che decide
di avventurarsi verso nuovi spazi generalmente fugge da qualcosa che
considera non adatto a lei. Talvolta un’ombra, talvolta il
passato,
talvolta il dolore.
Eppure
il viaggio modifica la mente del viaggiatore. Non è detto
che la
maturi, anzi spesso non è così: ma è
proprio dell’uomo vedere
quanto possiede con un occhio diverso una volta che ne è
lontano.
Taluni nel mio paese chiamano questo fenomeno nostalgia, ma
è un
termine che non gli si addice: è più un innesco
mentale, un
sentimento che nasce spontaneo verso ciò che non
è più la
quotidianità. Accade di chiedersi perché una
persona in vita venga
vista come ininfluente per poi essere rimpianta e immortalata una
volta deceduta. In realtà viaggio e morte sono modi diversi
di
chiamare lo stesso evento, anche se può essere difficile
vederlo;
come può essere ostica per chi ha vissuto sempre nello
stesso luogo
l’idea che vi sia qualcos’altro al di là
dell’orizzonte su cui
per tanto tempo ha seguito l’alba e il tramonto di ogni
giorno.
Così
come chi non c’è più sembra apparire
come figura d'angelo nella
memoria, così una volta raggiunta la meta l’erba
di colpo non
appare più tinta di quel nitido e vivo verde che avevamo
visto
dall’altro lato dello steccato, e ci chiediamo
perché siamo
partiti. Non viene da domandarsi, a quel punto, se il desiderio di
ritornare sia quello effettivo di rientrare nella propria dimora, o
piuttosto l’ulteriore episodio di un inseguimento di qualcosa
che
non troveremo mai: vogliamo di nuovo viaggiare, e rimaniamo
inconsciamente intrappolati in un circolo vizioso fatto di ombre e di
idee.
Ma
ci sono viaggi nei quali né l’inizio né
la fine hanno veramente
importanza. Viaggi nei quali è l’avventura che
conta, il
procedimento e non il risultato, la trasformazione e non lo stato
ultimo. E queste sono le partenze da ricordare, i cammini che contano
e che vale la pena di vivere; gli altri non ne sono altro che gli
spettri onirici.
Qualche
lettore potrà dire che non esistono viaggi simili. Da parte
mia, al
mio paese direbbero che è solo un’altra
incomprensione
linguistica: lì quei viaggi li chiamano racconti.
La
nostra, di storia, ha inizio in una città già
nota ai più:
Vermilion City. Va tuttavia precisato che la maggior parte della
gente pare non conoscere fino in fondo questo luogo, limitandolo alla
sola sezione costiera; il che è obiettivamente un peccato,
in quanto
essa è qualcosa di unico nello scenario di Kanto. Una
descrizione
geografica della città è dunque quantomeno
necessaria non tanto
perché sia fondamentale conoscerla, quanto per rendere
giustizia a
una ville
eccessivamente sottovalutata.
Vermilion
si apre a tutti gli effetti dal fianco di una collina che ospita vari
palazzi impiegati per lo più come luoghi di villeggiatura in
tempo
di ferie. Da essa si discende un breve declivio sovente attraversato
da biciclette e si incontra l'unica vera strada che transita per il
borgo: a questa è affidato il ruolo di collegare il
serpentino Route
6 all'alberato Route 11 in via diretta, fungendo quindi da sentiero
tracciato per chiunque non voglia trattenersi. Oltrepassatala si
può
quindi accedere all'anima del luogo: come usano chiamarlo i locali,
il budello.
Quest'ultimo
è caratterizzato da lunghe vie trasversali che si diramano
lungo la
sezione longitudinale per tutta Vermilion. L'estensione latitudinale
è invece assai ridotta, il che porta a un vasto numero di
vicoli
ciechi che terminano solitamente in isolate abitazioni strette tra
alte mura in pietra. In estate le strade sono affollate da vacanzieri
e i negozi che ivi si trovano rimangono aperti per tutta la giornata;
in particolare nella fase iniziale della mattina, ovvero quando
ancora i più non si sono recati in spiaggia, l'intero
borghetto si
profuma delle più svariate fragranze, dalla focaccia
finanche al
pesce fritto.
La
terza fascia, verosimilmente la più nota, è
costituita dagli
stabilimenti balneari che rendono la città una delle mete
più
popolari in periodo d'alta stagione. È superfluo descrivere
ulteriormente qualcosa che già si conosce, pertanto
eviterò di
farlo: tuttavia può essere utile evidenziare un punto di
Vermilion
City in quanto proprio da lì partiremo. Parlo ovviamente del
porto,
che si configura come una serie di ponti lignei cui attraccano
motoscafi grandi e piccoli, riposando in attesa di essere nuovamente
richiamati all'attività. Chi si appoggia al muretto che
delimita
l'ambiente può talvolta assistere al dialogo di qualche
marinaio che
magari di sera, prima di coricarsi nella propria imbarcazione, si
intrattiene con il suo compagno di viaggio alla luce di una lampada.
Normalmente la zona è abbastanza solitaria, offrendo spazio
per
tranquille passeggiate con il sottofondo delle onde che si frangono
sugli scafi; ma, come il lettore può immaginare, non
è questo il
caso.
Vi
è infatti un periodo dell'anno in cui l'ambiente si gremisce
di
gente che attende un particolare evento. Si tratta di una delle rare
occasioni in cui l'uomo sembra mostrare ancora parte di quella
fanciullezza che si perde crescendo: quell'orda indistinguibile di
persone si accalca nei pressi del medesimo luogo d'interesse non
perché possa in qualsivoglia modo trarne giovamento o
guadagno,
bensì per pura curiosità e meraviglia verso
qualcosa che poche
volte è osservabile. Ciò di cui parlo
è, ovviamente, la partenza
della S.S. Anne.
Il
porto di Vermilion era in subbuglio e rimanevano oramai pochi minuti
di stupore assoluto prima che la nave abbandonasse gli ormeggi per
avviare un nuovo viaggio, recandosi in terre esotiche che solo i
passeggeri avrebbero conosciuto appieno. La tradizionale calca che
colma la porzione portuaria della città era più
che mai presente
per salutare i propri parenti o solo per ammirare la scena. Alcune
persone, però, sono diverse: non tutte amano amalgamarsi
alla folla,
per quanto lo spettacolo possa essere grandioso. E forse non
è un
caso che proprio una di queste sia il punto di partenza di quanto mi
accingo a narrare.
Si
trattava di un giovane venticinquenne che, appartato al limitare del
muretto che delimita la zona degli ancoraggi separandola dal resto
della città, osservava la passerella dell'Anne. Sopra
questa,
prossima a essere ritratta per consentire la definitiva partenza
della crociera, stava camminando con aria soddisfatta un ragazzino di
all'incirca dieci anni che stringeva in mano un lucente disco.
Sapeva
bene chi era, si ritrovò a pensare l'uomo. Poi, alzando il
capo in
direzione del ponte principale della nave, assunse un aspetto
più
sorpreso: i suoi occhi avevano incrociato quelli di un suo possibile
coetaneo, forse appena più anziano, il cui sguardo aveva
seguito il
suo stesso percorso dall'allenatore in su. Il giovane sembrava
riconoscerne l'abbigliamento, quel cappotto consunto in pelle di
cammello, ma soprattutto quell'aria insieme trasandata ed elegante,
quasi essa fosse stipata in qualche anfratto del suo subconscio.
L'aveva forse già incontrato?
~
Lance
era sempre colpito a ogni visita dall'aura di tranquillità
che
caratterizzava quella città, se si eccettuava il giubileo in
occasione del passaggio della S.S. Anne. Era quasi mezzogiorno e il
sole batteva impietoso sul terreno facendo brillare la distesa
oceanica di mille scintille accecanti. Si trovava sulla già
nominata
collina, appoggiato a una balaustra che gli impediva di precipitare
sulla strada maestra: da quella posizione privilegiata poteva
osservare agevolmente tutta Vermilion City. Il budello, tanto vivo e
popoloso visto dall'interno, da lì pareva non più
di una massa di
stabili, ed era impossibile scorgere persone attraverso essi.
Ciò,
unito ad alcuni edifici diroccati che emergevano dal gruppo informe,
dava al borgo una parvenza disabitata. Lance trovava curioso il fatto
che ciò che da vicino era tanto movimentato appena
allontanatisi
tornasse a non significare più niente. Una metafora del
mondo in
rapporto alla vastità dell'universo, in effetti.
«
Bello il mare, vero? ».
Il
giovane si voltò con un lieve sobbalzo e notò una
figura che,
mentre lui era rimasto assorto in estatica contemplazione, gli si era
affiancata. Lance squadrò l'uomo: era alto all'incirca come
lui,
indossava una camicia a maniche corte, nella mano sinistra reggeva
una logora ventiquattr'ore e portava sottobraccio un cappotto
marrone. Non comprese quest'ultimo particolare, poiché il
caldo
rendeva totalmente inutile un indumento di tal genere; non vi
dedicò
comunque molta riflessione, in quanto la minima differenza
d'età
l'aveva indotto a pensare che conoscesse già quella persona,
conducendolo a tentare di identificarla. Perché uno
sconosciuto
avrebbe dovuto conversare con lui, d'altronde?
«
Chissà dove finisce, quale costa lo delimita dall'altro lato
».
«
Oh, non saprei » Lance decise che, non potendo riconoscerlo,
avrebbe
semplicemente potuto pilotare la discussione verso un punto morto per
poi trovare una scusa per dileguarsi – per ragioni ignote la
sua
presenza lo metteva a disagio « Stavo guardando la
città. Non sono
mai stato uno che si perde nel mare, è un po' troppo ovvio
».
«
Oh, neanche io » il suo interlocutore si era voltato verso di
lui,
costringendolo a mantenere il contatto visivo. I suoi occhi avevano
un che di magnetico « Però questo è
particolarmente bello. Il sole
poi fa il suo, dà un'atmosfera molto estiva. Da dove vengo
io non è
così frequente ».
Una
leggera brezza aveva iniziato a spirare sulla collinetta,
scompigliando appena i capelli di Lance « Da dove vieni?
». Non
aveva mai amato usare la seconda persona singolare nei discorsi,
neanche nei confronti di coetanei, ma quella volta gli fu del tutto
naturale.
«
Celadon City ».
«
Oh, bella città ».
«
Oh, bella frase di circostanza ».
Lance
provò un misto tra lo smascherato e l'indignato. Avrebbe
voluto
attaccare quell'uomo che si era permesso di dire che era solo uno dei
tanti che parlano per luoghi comuni, ma sentì che non era il
caso e
decise invece di porla su un piano più amichevole
« Perché credi
che sia di circostanza? Magari lo penso davvero ».
Il
suo interlocutore sorrise e si appoggiò con il braccio
sinistro alla
balaustra in acciaio. « Prima di tutto perché
nella tua risposta
non l'hai negato » il senso di essere stato colto con le mani
nel
sacco aumentò nel giovane « E in secondo luogo,
uno tanto profondo
da soffermarsi su un borghetto quando ha di fronte uno spettacolo ben
più facile da ammirare non può davvero pensare
che una metropoli
sia una bella città ».
Questa
risposta aveva lavato via ogni traccia di astio nell'animo di Lance.
Non per il fatto che si fosse sentito adulato: viste le sue
magistrali abilità di allenatore era abituato ai complimenti
e aveva
imparato con il passar del tempo a non montarsi la testa; invece, era
più perché in quei pochi attimi in cui avevano
parlato quell'uomo
sembrava aver compreso più di lui di quanto avevano fatto
altri che
aveva conosciuto per anni. Rise « Touché
».
«
Come ti chiami? ».
«
Lance » allungò la mano in cerca di una stretta
« Tu? ».
«
James » questi di rimando accettò il gesto
« Cosa fai nella vita?
».
«
Sono un allenatore » il suo tono risentiva di una punta
d'orgoglio «
Tu invece? ».
«
Viaggio ».
«
Nel senso… sei un allenatore anche tu? ».
«
No, no, non ho pokémon. Sono un semplice viaggiatore.
Attraverso le
regioni per scoprire nuovi luoghi ».
Lance
era sorpreso: non aveva mai pensato al viaggio come unica ragione di
vita « E basta? ».
«
E basta ».
L'allenatore,
sorpreso, distolse lo sguardo e lo puntò sotto di lui, nei
confronti
della via costantemente battuta « E dove vuoi arrivare?
».
James
per tutta risposta si addossò al parapetto osservando
l'oceano «
Secondo te il mare dove vuole arrivare? ».
Non
vi fu alcuna esitazione nella replica « Da nessuna parte.
È statico
».
L'altro
esibì un sorriso e assaporò la frescura che
inusualmente soffiava «
Certamente. È ovunque e in nessun posto ». Diresse
gli occhi anche
lui laddove Lance stava guardando, sulla strada gremita di gente, con
la letizia che lentamente svaniva dal volto « Io voglio
essere come
il mare. Voglio essere stato ovunque. In questo modo ogni posto
sarà
casa mia ».
L'allenatore
non sapeva come rispondere. Rimase fermo per un minuto o forse
più,
studiando silenziosamente quell'enigmatica figura che si trovava a un
passo da lui.
«
Beh, Lance, ti devo salutare » James si staccò
dalla ringhiera e si
incamminò scendendo la china cementata con andatura
elegante. Dopo
una breve distanza si girò e soggiunse «
Chissà che il destino non
ci faccia incontrare di nuovo, nei nostri viaggi ». Poi
riprese il
tragitto con calma fino a svanire oltre una curva nella strada. Lance
rimase a osservarne persino l'ombra, finché anch'essa non
divenne
troppo sbiadita per essere individuata.
~
La
folla esplose in un boato liberatorio. Mentre le eliche della S.S.
Anne si avviavano permettendo al transatlantico di cominciare la
traversata oceanica volavano saluti da ogni parte all'indirizzo di
parenti, amici o coniugi, nell'ultima possibilità di
portarli. Di
rimando anche i passeggeri sparsi sul ponte principale della crociera
gridavano indistintamente, come se ognuno di essi fosse in grado di
riconoscere il proprio corrispondente in mezzo a quella calca
indomabile. Lance non poté evitare di alzare la mano,
sperando che
quell'uomo, se davvero era a bordo, lo notasse. Ripensò
ancora una
volta a quell'incontro, alla brezza che spirava e al mare
cristallino, cercando di rivivere nella mente una volta di
più il
dialogo. Era trascorso ormai un lustro, eppure ricordava ancora tutto
distintamente malgrado non si fosse trattato, almeno sul momento, di
qualcosa di memorabile. In quali modi misteriosi opera la mente
umana.
Già,
un lustro. Rammentò nuovamente l'afa che aveva sopportato
per tutto
quel fatidico giorno. Quante cose erano cambiate da allora, quante ne
aveva vissute. Era riuscito frattanto nell'impresa di assumere il
ruolo di Campione della Lega Pokémon, divenendo garante
della
sicurezza di Kanto. Pochi potevano immaginare a quanti compiti avesse
dovuto far fronte con coraggio, visto che ben pochi di essi erano
passati davvero alla ribalta. Certo, aveva le sue ragioni di
orgoglio, imprese che avevano consolidato l'imporsi della sua nomea.
L'incidente di Pallet Town, per esempio; ma anche lì, pochi
conoscevano la storia nella sua interezza. Forse nessuno.
Lance
osservò l'Anne che falciava l'acqua ormai notevolmente
distante dal
porto di Vermilion e la frotta di persone che andava disperdendosi
risalendo la città in direzione della strada maestra, dove
poi si
sarebbe divisa nei due percorsi che ripartivano verso Kanto. Scorse
la passerella vista poco prima mentre veniva ritratta e riposta per
un altro anno, e rimembrò il ragazzo che l'aveva
attraversata con
decisione, il suo vestito rosso ben impresso nella mente.
Non
aveva avuto modo di conoscerlo adeguatamente, un anno prima, ma
avrebbe voluto.
~
Per
quanto un giovane atleta possa rendere prestazioni migliori di uno
più datato, avrà necessariamente meno esperienza
di quest'ultimo, e
ciò gli impedirà salvo rari casi di brillare
davvero e diventare il
migliore del mondo nel suo campo. Allo stesso modo il presente
è
usualmente superiore al passato, a prescindere da ciò che i
nostalgici possono propugnare; tuttavia non è da depennare
che
quanto è abbia molto da imparare da quanto fu. E il passato
di Kanto
ha tanto da insegnarci: compiamo dunque un viaggio in questa regione,
tornando a un anno e un mese prima che la S.S. Anne salpasse per il
suo grande, ultimo viaggio nell'infinità, un anno e un mese
prima
che Lance si appoggiasse a quel muretto nei pressi del porto, un anno
e un mese prima che il giovane Red ottenesse la sua MN. Quando ancora
tutto quello che conosciamo non era nient'altro che
un'eventualità.
Era
il tempo delle grandi invenzioni, dell'ammodernamento di Kanto che
finalmente diventava regione avanzata a tutti gli effetti. Al centro
di questo turbinio di scoperte vi era, sorprendentemente, un luogo
che solo diciotto mesi dopo sarebbe stato completamente abbandonato:
la Pokémon Mansion. Essa, in futuro ridotta a poco
più di un antro
per creature, era in quel periodo una sorta di grande laboratorio cui
faceva capo il signor Fuji, momentaneamente fuori sede per una
ricerca nell'altrettanto fremente Hoenn. Proprio lì venivano
generati, cosa straordinaria allora, i primi pokémon frutto
soltanto
dell'ingegno umano, ossia Porygon e Voltorb. Era l'apice della
conoscenza dell'uomo, che si era ritrovato in grado di creare
effettivamente la vita, ed era solo questione di tempo prima che un
potere ancora più grande venisse scatenato e portasse al
deterioramento della ricerca. Simili considerazioni erano tuttavia
solo vaneggiamenti: il team di scienziati che occupava quel palazzo
delle meraviglie si sentiva onnipotente e forse per certi versi lo
era davvero. L'aspetto tecnologico ovviamente non si esauriva in un
fazzoletto di terra quale Cinnabar Island: un valido esempio era la
Power Plant, all'epoca più che attiva pur essendo destinata
a un
periodo di sosta che sarebbe perdurato ben due anni.
Ma
Kanto non era solo raziocinio e freddezza di calcolo: era anche
leggende e miti, e molti appassionati viaggiavano verso quella che
era indubbiamente la principessa delle regioni per scoprirne i
misteri perduti. Vi furono anche profonde modifiche nell'assetto
generale della Lega Pokémon: il Fighting Dojo, per anni
Palestra
ufficiale di Saffron City, era stato destituito a seguito dell'ascesa
di Sabrina, e lo stesso ente massimo era stato sovvertito dalla
Grande Unificazione in cui si era ammirato il trionfo di Lance,
universalmente ritenuto uno dei più grandi allenatori ad
aver mai
preso in mano una Poké Ball al punto da sconfiggere Lorelei
nel
Torneo pur in netto svantaggio contro il tipo Ghiaccio – il
lettore
più assetato di conoscenza non si disperi,
giacché questo fenomeno
sarà approfondito a tempo debito.
Questa
era la situazione di un maestoso microverso nel periodo del suo apice
riconosciuto. D'altra parte solo in grandi ambientazioni possono
svilupparsi grandi vicende.
Kanto
ha diverse peculiarità che sarebbe opportuno notare qualora
si
voglia introdurla a qualcuno che ne ignora le qualità: ad
esempio
presenta uno dei climi più temperati osservabili
globalmente.
Tuttavia questi sono aspetti che raramente possono interessare a un
pubblico di non specialisti del settore geografico, quale immagino il
mio non sia. Mi preme molto maggiormente invece descrivere una cosa
che è spesso sottovalutata e invece ha molto da offrire a un
occhio
attento: parlo delle fasi notturne.
Come
detto, Kanto ha svariate particolarità: una di queste
è senz'altro
la varietà delle città, mai simili l'una
all'altra e ognuna in
grado di vivere ciascun momento del giorno a suo modo. Come si
può
intuire, ciò si applica anche dopo il vespro, quando queste
differenze si notano ulteriormente a causa degli abitanti. Sono
questi infatti a dettare il ritmo a ciascun villaggio o metropoli, e
se nelle ore diurne tutti tendono a comportarsi nel medesimo modo,
altrettanto non si può dire delle notturne. Chiedo in
anticipo
perdono se quanto mi accingo a raccontare annoierà i meno
interessati; ma è mia personale convinzione che per
comprendere
appieno una storia sia prima necessario interiorizzarne il contesto.
La
zona più orientale della regione ospita Lavender Town, uno
dei
luoghi più desolati quando cala il sole. Si potrebbe essere
indotti
a pensare che solo i più superstiziosi, i folli che credono
in
fantasticherie su spettri, si rifiutino di uscire; in realtà
è un
fenomeno diffuso in tutta la popolazione, che fin da giovane
è
improntata a quest'abitudine alquanto inusuale. D'altronde va detto
che anche solo le macabre campane che a mezzanotte risuonano
dall'alto della Pokémon Tower basterebbero a intimorire
chiunque
vagasse nei dintorni in quel momento. Spesso coloro che sono estranei
all'ambiente pensano a tutto ciò come pura suggestione;
eppure
nessuno nell'arco della sua esistenza ha osato avventurarsi in quella
torre da solo.
Scendendo
a sud lungo il Silence Bridge, i cui fianchi sono lambiti dalle dolci
onde marine, e svoltando a destra alla prima via che consente di
allontanarsene, ci si imbatterà nuovamente in un luogo che
già
abbiamo incontrato, ossia Vermilion City. Il centro tuttavia muta
notevolmente d'aspetto una volta che le tinte arancioni abbandonano
il suo cielo per far posto all'oscurità. Due soli sono i
posti in
cui la vita è ancora osservabile: il primo è una
piccola pineta
locata al confine orientale del borgo, in cui luoghi
d'intrattenimento rimangono aperti fino a tarda notte
quotidianamente; il secondo è la piazza centrale, in cui
durante il
periodo estivo sono organizzati con ritmo saltuario alcuni spettacoli
per intrattenere i vacanzieri che si attardano per le vie sfiorate
dal mare. La rimanente parte di Vermilion, che incidentalmente
è
anche una buona frazione del totale, si assopisce come d'incanto in
un sonno profondo: le luci si spengono, i lampioni illuminano le
strade con la loro morbida colorazione, il budello si svuota e il
percorso maestro cessa di essere battuto a ogni minuto.
La
città situata immediatamente a nord, Saffron City, vive la
notte in
maniera diametralmente opposta. In quanto centro più
popoloso di
Kanto, Saffron non si smentisce nemmeno quando il carro solare si
sposta sull'altro emisfero del globo rispetto alla sua posizione e
continua imperterrita nel suo tradizionalmente alto tenore di vita.
Un visitatore può recarsi ovunque al suo interno: fino a che
non
scoccherà l'una di notte non sarà possibile
trovare un quartiere
isolato in quell'immensa metropoli; le insegne al neon continuano
senza remore a colorare le strade cittadine con tonalità
innaturali
eppure così affini tra loro, risultando in un complesso
arcobaleno
di colori che instancabile continua a brillare.
Nella
mia esperienza di persistente viaggiatore mi sono più volte
imbattuto in borghi di discutibile bellezza, magari molto amati da
altri compagni d'avventura ma profondamente antipatici a me. Con il
passare del tempo ho affrontato empiricamente quanto prima mi era
totalmente inafferrabile, e sono riuscito nell'impresa di stabilire i
criteri secondo i quali la mia mente opera. Il lettore potrebbe
chiedersi perché dica ciò: la risposta sta nel
fatto che proprio un
agglomerato presente a Kanto è vittima di questo mio
ragionamento, e
l'agglomerato in questione è Celadon City.
Sebbene
infatti a prima vista la serata lì possa apparire identica a
come
viene vissuta ad esempio a Saffron, vi è una sostanziale
differenza:
mentre nella seconda la frenesia notturna è stesa
uniformemente su
tutto il territorio, nella prima essa è circoscritta al solo
centro;
le vie che rimangono tagliate fuori dalla sezione tarantolata della
città sono abbandonate a loro stesse, illuminate soltanto
dalla
fioca luce dei lampioni e lasciate alla mercé dei malviventi
– non
a caso proprio Celadon è ritenuta l'epicentro del fenomeno
del Team
Rocket.
Per
concludere su una nota positiva, spostiamoci leggermente a sud-ovest
per osservare l'ultimo villaggio, testimonianza della tipologia di
vespro più comune nella pur vasta Kanto, quella in cui la
popolazione si chiude nelle proprie case e la zona è
rischiarata
dalle lampade che questi accendono diventando quasi un borgo di
lanterne: Pallet Town. Dubito che qualcuno non conosca quello che
probabilmente è il più noto centro abitato
dell'intera regione, e
sono certo che molti riterranno che la mia digressione notturna si
sia dilungata oltre quanto avrebbe dovuto; e, a ogni buon conto,
avremo comunque modo di tornare sulle implicazioni di questa scelta
di vita.
Proseguiamo
quindi senza ulteriori indugi su quanto avvenne in una notte come
tante in quel meraviglioso modello di universo che è il
mondo
pokémon, e su come da lì iniziò
un'avventura che avrebbe
influenzato il destino di molti.
Il
ragazzo si destò e si mise a sedere sul letto; era notte
fonda e non
un solo rumore risuonava nell'aria, ma non era quello il problema
principale. La diffusa tensione che provava era dovuta al fatto che
non si trovava in casa sua: intorno a lui stava un'ampia stanza
abitata da nessun altro, in netto contrasto con la sua usuale camera
al limite del claustrofobico. Neanche il giaciglio era il suo: era un
letto a due piazze locato in quello che pareva un soggiorno. Si
alzò
per arrischiarsi in un'esplorazione e subito un brivido percorse la
sua schiena, causato come notò dal fatto che il pavimento
era
costituito da piastrelle in ceramica. Alla sua sinistra stava una
portafinestra che oltre le tende si affacciava su un piccolo
terrazzo. Il giovane aprì e uscì all'esterno,
dove spirava una
pungente brezza gelida. All'apparenza si trovava in una
città
marittima, come evidenziato dalla linea dell'orizzonte che fungeva da
limite per un mare nero come le tenebre che avvolgevano quella notte.
Di fronte a lui in linea d'aria si stendeva il fulcro del borgo: un
coacervo di cadenti edifici di più altezze in apparenza
disabitati.
Poi,
senza preavviso, proprio mentre il ragazzino si stava avvicinando al
ferreo parapetto che delimitava la sporgenza, un raggio di luce fece
capolino dal centro del bordo oceanico. Con una rapidità che
aveva
dell'innaturale sorsero le prime avvisaglie del sole mattutino,
tingendo di rosa il firmamento. E proprio in quel momento, volgendo
lo sguardo alla sua destra, il giovane sobbalzò osservando
lo
spettacolo più inquietante della sua vita.
Sulla
distesa marina avanzava nel più completo silenzio una
mastodontica
macchina volante metallica. In breve tempo, nonostante il passo
lento, l'immensa struttura oltrepassò la sfera luminosa
oscurando
tutta la città, e a quel punto fecero la loro comparsa anche
altri
velivoli che la seguivano a ruota. Questi presentavano una
caratteristica ulteriore: raggi color rosso fuoco situati sulla
pancia dei mezzi – uno per ciascuno di essi – che
roteavano come
alla ricerca di qualcosa sul mare. La silenziosa marcia proseguiva
imperterrita mentre nessuno della città sembrava essersi
accorto di
niente; solo l'alba imminente mutava con lentezza lo scenario di
quella processione, illuminandolo grado dietro grado. D'improvviso
uno dei fasci mutò il proprio percorso d'azione di pari
passo con il
velivolo che lo ospitava per dirigersi verso la città
assopita. Il
suo roteare terrorizzò il ragazzo che tuttavia non ebbe il
minimo
tempo di reazione per potersi nascondere: in un secondo o forse meno
il raggio si era focalizzato su di lui, accecandolo completamente.
D'un
tratto esso si spense e l'oscurità avvolse l'atmosfera. Il
giovane
percepiva ancora il proprio corpo, ma l'avanzata era completamente
scomparsa. Si accesero a un certo punto due luci azzurre a poca
distanza da lui, o così gli pareva, poiché non vi
erano validi
riferimenti di spazio o di tempo. La luminosità celeste si
intensificò fino a che le sorgenti non divennero poco meno
di una
coppia di soli in sostituzione dell'originale. Un urlo di voce
maschile squarciò il silenzio che fino ad allora aveva
accompagnato
l'evento.
«
TRITAIOS!
».
«
Tutto bene? ».
Il
ragazzo si svegliò sul pavimento di camera sua «
Come… Cosa… ».
«
Ho sentito urlare ».
La
luce accesa appena prima gli impediva di vedere chiaramente e fu
necessario qualche secondo per realizzare l'accaduto «
Ah… Sì, un
incubo ».
«
Capisco. Dai, torniamo a riposare entrambi ».
«
Aspetta! È già il mio compleanno, Daisy?
».
«
Non ancora, sono le undici e mezzo. Dai, torna a letto ».
«
Va bene… Mi spegni la luce? ».
«
Certo » sorrise lei « Buonanotte Blue ».
|
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Capitolo 2 *** Pokémelle anche oggi? ***
II 'Pokemelle anche oggi'
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Viridian
City: Smeraldopoli.
Viridian
Forest: Bosco
Smeraldo.
Agatha:
Agatha.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Red:
Rosso.
Samuel
Oak:
Samuel Oak.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
* * *
II:
“Pokémelle anche oggi?”
Quando
il sole sorse il giorno seguente, Blue aveva già recuperato
il sonno
che aveva perduto per colpa di quell'assurdo incubo. Non se ne era
scordato, questo non era da lui; tuttavia esso ricopriva un ruolo
oramai marginale nella sua vita, tanto più che niente
avrebbe dovuto
rovinare l'evento che in data odierna si sarebbe svolto. Sua sorella
Daisy si recò nella sua camera per
svegliarlo verso le nove di mattina, ma il ragazzo era già
desto da
diverse ore per via dell'eccitazione.
Quello
era infatti il nono compleanno per lui, ovvero mancava un anno esatto
a quando avrebbe lasciato Pallet Town per intraprendere il suo
viaggio come allenatore. La tradizione voleva di conseguenza che da
quel momento Blue iniziasse a seguire un corso di addestramento per
imparare l'arte dei pokémon e arrivare dunque pronti
all'appuntamento con il futuro. A onor del vero sta al professore
locale decidere quando per i giovani di un certo anno inizieranno le
lezioni, dovrebbe quindi lui informarsi sulle date di nascita di
tutti gli eventuali partecipanti e decidere di conseguenza il momento
migliore per garantire a tutti un'adeguata preparazione
teorico-pratica. Samuel Oak aveva fatto un'eccezione alla regola per
due fondamentali ragioni: la prima era che Pallet Town era un
villaggio di dimensioni relativamente ridotte, e solo due bambini
erano nati nove anni prima, per giunta nello stesso giorno; la
seconda era che uno di questi due era suo nipote, e cominciare il
noviziato il giorno del suo compleanno sarebbe stato un perfetto
regalo da parte sua.
Blue,
dunque, divorò la propria colazione con inconsueta seppur
prevedibile fretta per poi uscire rapidamente di casa e andare a
trovare il suo più grande amico, l'altro nato in quel
fatidico dì
poco meno di un decennio prima: Red.
Pallet
Town è un centro abitato ben noto ai viandanti di Kanto non
tanto
per la sua spettacolarità quanto, all'opposto in maniera
quasi
simmetrica, per la sua quiete innaturale. Locata in un anfratto quasi
isolato della regione, a delimitare terra e mare, si tratta di
un'isola di pace in un oceano di frenesia. Nonostante possa apparire
quasi labirintica a un estraneo, a causa della particolarità
delle
sue vie di intrecciarsi l'una con l'altra in modo alquanto
confusionario, è sufficiente viverci per qualche settimana
per
memorizzarne ogni segmento alla perfezione. Ciò è
imputabile alla
sua geometria intuitiva: Pallet presenta luoghi d'interesse ben
definiti – il boschetto, l'imbocco del Route 1, il
laboratorio del
professor Oak, il negozio di articoli pokémon – e
attorno a essi è
imperniata la città nella sua totalità; una volta
imparate le
strade che collegano questi quattro punti cardinali, il resto viene
di conseguenza e qualsiasi quartiere, costruzione o parco viene
indicato in funzione di essi. Chiaramente a un viaggiatore
può
apparire strano quest'uso, ma appare perfettamente normale una volta
presa confidenza con esso.
Pallet
Town, dicevo, non era mai salita alla ribalta per vicenda alcuna:
nessun famoso allenatore proveniva da lì, nessun evento di
notorietà
regionale vi si era mai tenuto, nessuna fiera la caratterizzava,
nessuna filiale rilevante aveva un punto vendita lì.
Possiamo
definirla, se vogliamo, la cenerentola di Kanto. Presto, a ogni modo,
la cittadina si sarebbe presa la sua rivincita con il mondo.
Come
ogni mattino alle nove in punto le campane del luogo risuonavano
nell'atmosfera appropriandosi del silenzio che in altre ore della
giornata tendeva ad aleggiare su Pallet. Blue stava percorrendo uno
dei numerosi viottoli minori del suo villaggio natale, serpeggiando
tra pini sempreverdi nell'aria tersa di quel giorno tanto speciale.
Il suo passo lento non trasudava alcuna emozione e il giovane non
avrebbe dato l'impressione di essere trepidante neppure a chi lo
conoscesse alla perfezione. Nondimeno all'interno vibrava di allegria
ed era trattenuto solamente da un senso di imbarazzo che provava ogni
qualvolta si trovava in preda a sentimenti estremi quali la gioia o
la tristezza. In ogni caso, quando la casa di Red apparve oltre
l'ultima svolta nel viale alberato, il naturale pudore fece spazio
all'ansia da eccitazione e Blue iniziò a correre a tutta
velocità
in mezzo a Growlithe che al suo passaggio avevano iniziato ad
abbaiare nella sua direzione fino a raggiungere quell'edificio tanto
semplice eppure carico di significato, teatro dei momenti
più
gradevoli che potesse ricordare. Quando si accostò all'uscio
per
suonare il campanello non stava più nella pelle. Come
avvicinò la
mano, tuttavia, la porta si spalancò di colpo centrandolo in
pieno
volto.
«
SORPRESA! ».
Blue,
tramortito dall'impatto, si era rovesciato sulla schiena finendo
sdraiato sulla veranda « Tu sei pazzo ».
«
Guarda che se vuoi diventare allenatore questo non è il modo
migliore! » disse con fare scherzoso un ragazzino vestito di
rosso
fermo sulla soglia.
«
Grazie per l'interessamento » l'altro si drizzò
« Avrei fatto a
meno ».
«
Dai, che volevo farti una sorpresa per il tuo compleanno! ».
«
Bel regalo, mi serviva proprio un naso rotto ».
«
Questo è lo spirito! » Red uscì da casa
e dopo aver avvertito la
madre chiuse la porta « Allora, al laboratorio? ».
«
Al laboratorio ». I due iniziarono a incamminarsi verso sud,
direzione verso la quale Samuel Oak aveva locato il suo istituto di
ricerca.
«
Tu hai ricevuto qualcosa per il compleanno? »
domandò Blue sulla
via.
«
Un videogioco per il NES, ma ancora non l'ho usato ».
«
Uh, che gioco? ».
«
Super Mario Bros. mi pare si chiami, è nuovo. C'è
il multiplayer,
quindi possiamo giocarci insieme. Tu, invece? ».
«
Mia sorella ha detto che me lo darà stasera, vuole che ci
sia anche
mio nonno perché l'idea è sua ».
«
Un regalo di Oak? Me lo farai vedere, vero? ».
«
Ma certo » rispose Blue con una punta di orgoglio «
Oh, il
laboratorio è là ».
Da
una linea d'alberi che copriva la visuale era infatti apparsa
all'occhio la singolare turbina eolica che sovrastava l'edificio, un
massiccio blocco di mattoni con quattro finestre sul lato frontale e
un'entrata che conferiva allo stabile un'aria affabile e ospitale.
Blue si sarebbe aspettato di trovare suo nonno davanti ad aspettare i
due ragazzi, come tante volte gli aveva visto fare, eppure non c'era.
«
E ora? » si domandò perplesso.
«
Non dovrebbe essere già qui? ».
«
Sì, solo che non c'è ».
«
Forse la prima lezione è questa »
osservò Red, notoriamente
ragazzo di larghe vedute « Essere pronti all'imprevisto
».
Blue
tenne seriamente in considerazione la proposta dell'amico, che tanto
improbabile non era, ma non tornavano i conti « Sono stato
con lui
due anni fa il giorno della prima lezione, e li stava aspettando
proprio qua ».
«
Magari aveva da fare ed è in ritardo ».
«
Non è da lui, quando sono venuto con lui mi ha fatto alzare
all'alba. Voleva che fosse tutto pronto ».
«
Allora c'è solo una cosa rimasta » Red si
appropinquò alla porta «
È già dentro ».
«
Non scherzare, non è–– » il
giovane si interruppe quando vide
che il suo compagno, messa la mano sulla maniglia, era stato in grado
di abbassarla senza alcun problema e stava ora spingendo per entrare
« Beh, questo è strano ».
«
Tuo nonno lavora sempre al buio? Perché non c'è
niente di acceso
qui ».
Blue
a quel punto iniziava a mostrare visibili segni di agitazione
« Avrà
lasciato aperto ieri sera. Andiamo a dirlo a Daisy, ci pensa lei poi
a chiamarlo e a capire dove sia ».
«
Ormai siamo qui, tanto vale aspettarlo dentro » Red
allungò il
braccio a tastare l'interruttore della luce, ma nessuna lampada
rispose alla chiamata « Dev'essere saltato tutto. Certo che
è
furbo, quelle finestre non illuminano quasi niente, poteva almeno
lasciare entrare luce dall'ingresso ».
«
Qualcosa non va. Decisamente » commentò il suo
amico, rigidamente
fermo all'esterno dell'edificio « Andiamo via ».
«
Su, non fare il pauroso » gli disse l'altro tirandolo di
forza verso
l'interno « Chiamalo tu, se è qui risponde
».
«
Perché non lo fai tu? ».
«
Perché non è mio nonno, su, meno storie e
più lavoro! ».
Rassegnato,
Blue sospirò e obbedì « Nonno? Sei qui?
». Il silenzio, terminata
la breve interruzione, ritornò prepotentemente nella stanza
« Beh,
direi che non c'è ».
«
Ma come vuoi che ti senta, hai appena sussurrato! » Red lo
sospinse
ulteriormente per poi avanzare a sua volta « Dai, con
convinzione!
».
«
Uff, e sia. NONNO, SEI QUI DENTR–– ». In
risposta il portone si
chiuse di colpo, come in preda a un poderoso vento che avesse
provocato corrente. La luce inaspettatamente si accese come
controllata da un comando a distanza, rivelando quello che sembrava
il corpo esanime di Oak steso sul pavimento del laboratorio.
Il
commissario di polizia di Pallet inspirò profondamente e
salì le
scale. Nella camera superiore i due ragazzini attendevano seduti
compostamente sul letto, accanto a una finestra spalancata che
aggettava su un vialetto erboso antistante la struttura. La sala era
arredata in modo molto sobrio – o rustico, a seconda di come
si
volesse vedere la cosa –, con unicamente una piccola
televisione a
fungere da soprammobile di natura tecnologica, e nessuno dei
testimoni pareva minimamente nervoso; piuttosto, i due apparivano non
rendersi neanche conto di quanto stesse accadendo. L'uomo cercava un
approccio che suonasse al contempo coscienzioso e amichevole, e
finì
per ricadere in una delle più incolori domande che si
potessero
porre in quell'istante.
«
Tutto bene? ».
«
Certo » rispose quello seduto più a sinistra,
vestito di un rosso
sgargiante e con un cappellino con visiera appoggiato sulle gambe.
«
Non… avete niente da chiedermi? ».
La
coppia si guardò come pensierosa in un lampo, poi fu il
medesimo a
replicare « No ».
L'ufficiale
si sorprese di tanta naturalezza in persone che fino a poco prima
avrebbe immaginato terrorizzate « Non vi interessa sapere
della
salute del professore? ».
«
Ma sta bene, no? Sta dormendo ».
«
Come lo sai? » il discorso ormai era un dialogo tra lui e il
giovane
abbigliato in rosso.
«
Ho visto nei film cosa fanno a chi muore. Voi l'avete solo portato
via. E poi respirava, l'ho sentito appena sono entrato nel
laboratorio ».
«
Quindi l'hai sentito? » intervenne il suo amico che fino ad
allora
era rimasto in silenzio « Per quello mi hai chiesto di
chiamarlo? ».
«
Certo. Ho da sempre un udito perfetto, sento di tutto ».
«
Capisco » riprese il commissario « Quindi per caso
hai sentito
anche quando parlavo con tua sorella di sotto? ».
«
Sì. Comunque è sua sorella »
indicò il suo compagno.
«
Oh, chiedo scusa. Sentite, come vi chiamate? ».
«
Io Red, lui invece Blue ».
«
Molto bene, Red, ti spiacerebbe dire a me e al tuo amico cosa hai
capito? ».
«
Sì, anche se a lui l'ho già detto » Red
si sedette con ulteriore
compostezza, non volendo rovinare le lenzuola su cui poggiava
poiché
non sue « Il professor Oak non si sveglia dal sonno, ma non
sarebbe
in pericolo di vita, e lei vuole interrogarci per capire cosa gli
è
successo ».
L'uomo
in divisa sorrise con compiacenza « Bravissimo. Quindi non vi
spiace
se vi pongo qualche domanda? ».
«
Faccia pure ».
«
Molto bene » disse l'adulto di rimando estraendo un taccuino
e una
penna « Perché eravate in quel laboratorio?
».
«
Vede, oggi è il nono compleanno per entrambi…
».
«
Auguri ».
«
… – grazie –, e noi dovevamo iniziare il
corso per diventare
allenatori ».
«
Mi sembra ragionevole ».
«
Quindi Blue è venuto a trovarmi, e insieme siamo andati a
trovare
suo nonno per cominciare. Solo che quando siamo arrivati lui non
c'era ».
«
E quindi siete entrati senza permesso? Come avete fatto? ».
«
Beh, non è stato difficile » Red parlava con la
più assoluta
disinvoltura, quasi stesse raccontando di cosa avesse mangiato la
sera precedente « Era aperto ».
«
Quindi per voi è motivato ritenere che Oak sia caduto in
quello
stato ieri sera? ».
«
Beh, io–– ».
«
Secondo me sì » questa volta era stato Blue a
parlare.
«
Come mai ne sei convinto? ».
«
Mi pare che mio nonno dovesse lavorare fino a tarda notte. Sa, per
prepararsi per la giornata di oggi. Daisy––
cioè, mia sorella
dovrebbe saperne di più ».
«
E hai idea su come si sia ridotto così? ».
«
Mi spiace, no ».
«
Red, stavi dicendo… era aperto, e dentro com'era?
».
«
Buio » il ragazzo riprese a discorrere con la sua consueta
spigliatezza « La luce non funzionava. Pensavo fosse saltato
qualche
circuito ».
«
E invece? ».
«
Beh, mentre eravamo entrambi dentro… la porta è
sbattuta, come
quando c'è corrente in casa, e si è acceso tutto
».
«
E avete ritrovato Oak ».
«
Esatto. Era steso per terra, in una posa poco naturale ora che ci
penso ».
«
Molto bene, ragazzi » il commissario si alzò in
piedi per andare a
stringere la mano ai suoi due interlocutori, levatisi frattanto in
risposta « È stato un piacere. Vi farò
sapere appena scopriremo
qualcosa. Di nuovo auguri e buona fortuna ».
«
Grazie mille, anche per noi è stato un piacere »
Red sorrise « Oh,
a proposito, sa che ore sono? ».
«
Vediamo… quattro e mezzo circa ».
Il
ragazzo e il suo amico si scambiarono un'occhiata d'intesa «
È un
po' tardi, meglio che andiamo ». Dopodiché la
coppia si diresse a
passo rapido verso le scale, salutò sveltamente Daisy e
uscì
all'aperto.
Nel
pomeriggio Pallet Town era stata coperta da un grigio stratus
nebulosus
minaccioso di scaricare un rovescio sull'inerme cittadina;
ciò non
aveva tuttavia significato un ostacolo per Red e Blue, che avevano le
loro commissioni da compiere. Come già detto, Pallet
presenta una
struttura di facile comprensione: avendo il proprio fulcro in quattro
punti d'interesse non vi è la complessità di
descrivere un dato
luogo secondo un sistema di riferimento universale. È
sufficiente
basarsi sui sopraccitati quattro e il resto viene da sé. I
due
giovani si stavano dirigendo – e non è un caso
– proprio in uno
di questi, terzo in ordine d'importanza appena prima del bosco.
Questa ridotta popolarità non è da imputarsi a
una effettiva
importanza secondaria dell'edificio, bensì a una sua
eccessiva
specializzazione: parlo infatti del Berries For Two's.
Come
l'eccentrico nome può suggerire, si tratta della sede unica
di un
rinomato negozio di articoli pokémon, spaziando dal
materiale
prettamente ideato per allenatori – Poké Balls,
Pozioni e via
discorrendo – a quello invece più indirizzato agli
allevatori –
cibi quali Dolcemiele, Poffin e le stesse Bacche da cui si origina il
caratteristico appellativo dell'attività.
L'esercizio
si era da qualche mese trasferito, il che aveva determinato non pochi
problemi per l'orientamento geografico degli abitanti più
conservatori, tanto che anche il precedente domicilio era al momento
noto a quella categoria di persone ancora come Berries For Two's. La
clientela non era per questo diminuita: i principali frequentatori
erano giovani locali e, come si sa, i giovani non tendono ad avere
alcun problema a convivere con il cambiamento. Forse proprio per
questo spesso si auspica che loro detengano i poteri decisionali.
Red
e Blue, dal canto loro, erano acquirenti abituali della bottega per
ragioni che non è il caso di spiegare ora: sia sufficiente
sapere al
lettore che quotidianamente il gestore attendeva la loro visita
durante il pomeriggio, visita che puntualmente si verificava con
scarso margine di errore e, nonostante le nuvole che sovrastavano
Pallet minacciassero tempesta, i due ragazzini avevano deciso di
mantenere fede alla loro usanza sprezzanti delle condizioni
meteorologiche.
La
porta lignea si aprì con un leggero cigolio e il campanello
risuonò
nella sala del negozio, in cui peraltro certo non aleggiava il
silenzio: nella seconda sala, situata oltre un poco spesso muro cui
erano agganciate delle teche pensili, stavano discutendo diversi
allenatori, impossibilitati a esercitarsi nella loro arte a causa del
tempo avverso. Red e Blue non erano in grado di vedere con i loro
occhi le persone che si celavano dietro alla parete, ma la
combinazione di udito e abitudine lasciava intendere che vi fosse
anche un gruppo di allevatori in dibattito tra loro.
«
Ciao ragazzi »
salutò amichevolmente un uomo che sedeva dietro al bancone
situato
all'immediata destra rispetto all'entrata.
«
Ciao Andy » replicò Red.
«
Anche oggi qui? ».
«
Come sempre ».
«
Pensavo che la pioggia vi avrebbe fermati ».
«
Non piove ancora, per fortuna ».
«
Meglio così »
il gestore si appoggiò al banco con un fianco «
Pokémelle anche oggi? ».
«
Già ».
«
Di che tipo questa volta? ».
«
Io andrei come ieri su due bianche. Tu, Blue? ».
Il
suo amico parve pensieroso «
Mah, magari due indaco oggi, non ricordo l'ultima volta che le ho
prese ».
«
Molto bene. Paghi sempre tu, Red? ».
«
Ormai dovresti saperlo ».
«
Allora è il solito, non sto neanche a dirlo »
Andy attese che il suo compratore protendesse la mano con i soldi; in
seguito, dopo averli riposti nel registratore di cassa,
domandò «
Posso chiedervi una cosa? ».
«
Se è ancora sul perché siamo qua sai
già la risposta ».
«
No, è una cosa pratica ».
«
Allora dicci pure ».
«
Perché venite qui ogni giorno? ».
Red
sembrò divertito «
Perché abbiamo bisogno di Pokémelle ogni giorno.
Cos'è, un modo
per chiedere comunque la ragione delle nostre visite? ».
«
No, intendo… potreste venire qui all'inizio della settimana
e avere
lo stesso risultato. Perché ogni giorno? È
più faticoso ».
«
Beh »
il giovane in rosso si voltò di tre quarti in direzione
della
seconda stanza del negozio «
Per legare. Venendo ogni giorno ci si conosce meglio ».
Andy
fu sorpreso dalla risposta «
Non so cosa dire… è per gente come voi che mi
piace gestire questo
posto ».
«
Sono tutti “compra e fuggi”? »
chiese Blue in una delle sue rare intromissioni.
«
Già. Fortuna che c'è chi riempie la sala di
là. Mi fa pensare che
esiste ancora chi ha passione per il mestiere. Non reggo quelli che
trattano questo posto come una vendita all'ingrosso, chi viene qui
solo per comprare »
Andy di rado si confidava, ma quando ciò accadeva sia Red
che Blue
sapevano che era davvero sincero «
Io non voglio fare soldi, io voglio aiutare allenatori e allevatori.
Cosa c'è di meglio che avere amici con cui condividere la
propria
passione? Oggi troppi pensano di poter fare tutto da soli ».
Un
rimbombante tuono interruppe la commovente arringa dell'uomo facendo
tremare i vetri delle finestre. I due ragazzi si scambiarono
un'occhiata che aveva della complicità, poi fu come
usualmente Red a
parlare «
Scusa, ma noi dobbiamo sbrigarci ad andare ».
«
Non vi fermate? ».
«
Scusa, ma tra poco viene a diluviare e noi abbiamo una cosa da fare.
Comunque ci vediamo domani! ».
Come
anticipato, non passò molto tempo prima che quella massiccia
energia
di cui Pallet Town si era caricata esplodesse con vigore. Non fu un
acquazzone di memorabile violenza, anzi, per molti versi
rassomigliava a quelle lievi pioggerelline estive che talora scendono
sui piccoli villaggi periferici, eccettuato forse per i saltuari
lampi che rilucevano; eppure ogni abitante visse l'innocua
acquerugiola come un momento d'inusuale malinconia nella
spensieratezza di quel giugno tanto afoso.
Succede
ogni tanto di ricercare significati mistici in qualcosa che non
possiamo comprendere, per la nostra incapacità di cogliere
il senso
di ogni avvenimento: così alla fine della storia al lettore
questo
temporale potrà mostrarsi come un segno premonitore di
quanto più
avanti sarebbe capitato. Tuttavia non dobbiamo sempre tentare di
vedere ogni cosa come fattore contribuente al contesto generico,
poiché è solo una pratica controproducente. In
quel pomeriggio la
pioggia bagnò una piccola cittadina nella sezione
occidentale di
Kanto, e questo è tutto quanto sappiamo: il resto
è pura
congettura.
Red
e Blue, sbrigate le loro commissioni che come detto non saranno
accennate ora, erano rientrati ciascuno a casa propria per cenare.
Nonostante fosse il nono compleanno per entrambi, nessuno dei due si
era trattenuto a lungo nella propria abitazione, ansioso di mantenere
la propria promessa. La coppia aveva infatti fissato un rendez-vous
in
un luogo molto particolare. Pallet Town non si esaurisce
inevitabilmente in quei quattro punti cardini che ho elencato prima:
appare oltremodo ovvio che vi sia dell'altro nella struttura
geografica della città, e l'unica ragione per la quale non
vi ho
accennato in precedenza è perché non ve n'era
necessità.
Osservando
la cittadina da un punto di vista autenticamente territoriale, come
ammirandola dall'alto di una pianta dettagliata, si può
prima di
tutto notare che a ognuno degli edifici principali già noti
corrisponde a conti fatti un punto cardinale: l'ingresso del Route 1
è naturalmente situato a nord, il bosco a ovest, il
laboratorio del
professor Oak a sud e il Berries For Two's a est. Si può
inoltre
notare che a ognuna delle direzioni corrisponde un diverso limite per
Pallet: a settentrione troviamo la strada maggiore, quella intrapresa
dai novelli allenatori intenzionati ad abbandonare il proprio luogo
natale; a occidente sta una proibitiva selva densa di alberi
più
della Viridian Forest che raramente è varcata in ragione
della sua
osticità; nella zona meridionale vi è invece il
principio di una
grandiosa distesa oceanica che conduce a universi inesplorati. Resta
dunque la fascia orientale da analizzare. Si tratta in
verità,
quantomeno dal punto di vista dell'estensione, di una copia carbone
della controparte opposta, ovvero il bosco di Pallet; dal lato
naturalistico, ne è l'esatto contrario.
Il
terreno a est della città è difatti ricoperto da
spessi fili d'erba
di altezza variabile ma mediamente piuttosto elevati. L'ampia landa
termina poi con una bassa collinetta che preclude a chi si trovi
nella parte piana la vista di quanto si trova dopo – ovvero,
come
da ogni lato dei confini del borgo a eccezione di quello che esce sul
Route 1, il mare. Proprio in questo prato spianato Red e Blue si
erano recati quella notte, a seguito della conclusione del piovasco,
per discorrere insieme di quanto era accaduto in quel giorno tanto
speciale; e lì ancora erano, sdraiati sulla distesa erbosa,
con lo
sguardo rivolto verso il lungo colle che delimitava la pianura in cui
si trovavano. La luna si stagliava brillante come poche volte sopra
la zona: si trattava della prima notte di plenilunio di giugno e,
poiché l'ora iniziava ad appropinquarsi alla mezzanotte, si
avvicinava anche il punto di culminare del satellite, dopo il quale
esso si sarebbe ineluttabilmente avviato verso il proprio tramonto,
destinato a terminare solo alle cinque e mezzo di mattina.
«
È più grande stasera o sono io? »
domandò Blue indicandola con un dito.
«
Lo stavo pensando anche io, sembra più grande »
Red si drizzò a sedere non senza fatica, ricordandosi
improvvisamente di una cosa « Ehi,
com'è finita poi
con il regalo del professore? Tua sorella te l'ha dato comunque? ».
Il
suo amico si portò nella sua stessa posizione «
Sì, ha detto che il nonno avrebbe voluto così ».
«
E non me lo dici neanche? Scommetto che nemmeno l'hai portato ».
«
Certo che l'ho portato, volevo vedere se te ne ricordavi »
Blue rise beffardamente.
«
Dai, tira fuori che sono curioso ».
Il
giovane mise la propria mano nella tasca della felpa – Daisy
aveva
insistito perché se la portasse dietro in caso di inatteso
ritorno
dell'acquazzone –, per poi estrarne una sfera metallica
monocromatica che brillava riflettendo la luce lunare.
«
NON CI CREDO! »
gridò Red per la sorpresa, subendo poi un cenno di silenzio
da parte
del suo compagno «
Sì, sì, okay, faccio piano. Ma è vera?
».
«
Certo che è vera ».
«
Che strano bianco che ha sopra… non è una
Poké Ball, vero? ».
«
No, Daisy ha detto che si chiama Premier Ball. È speciale,
si usa
solo per occasioni importanti ».
Red
sorrise. Non un sorriso artificiale, astioso, di quelli che gli
adulti esprimono nei confronti di qualcosa di cui se non fossero
trattenuti dalle leggi sociali si impossesserebbero di buon grado;
era invece una letizia sincera e spontanea, originata dal profondo
legame maturato con il tempo tra i due ragazzi, un legame
indissolubile e destinato a perdurare «
Buon per te. Penso di sapere con chi la userai, eh? ».
«
Già »
Blue tornò a sdraiarsi sul campo « Senti,
Red… ».
«
Dimmi ».
«
Secondo te cosa c'è oltre il mare? ».
Il
ragazzo si fermò a riflettere «
Non lo so… altro mare, penso ».
«
Ma non può esserci mare per sempre. Secondo me
c'è un'altra regione
».
Red
si voltò e guardò negli occhi il proprio amico «
Un'altra? Come Kanto e Johto? ».
«
Sì… qualcosa di enorme e di diverso da quello che
c'è qui ».
«
Che vuol dire diverso? Cosa può esserci di diverso? ».
«
Red, pensaci. Pensa a Kanto e a Johto. È davvero tutto qui?
Dove
sono i deserti, dove sono i vulcani? ».
«
Ora che mi ci fai pensare… ».
«
Che cosa? ».
«
Beh, mio padre ora non è a Kanto. E penso non sia neanche a
Johto.
Forse è dove dici tu, al di là dell'oceano ».
«
E non ti ha detto niente su dove andava? ».
«
Ha detto che deve fare una ricerca su un pokémon speciale,
uno che
non si può trovare qui. Ma non sapeva neanche lui dove si
trovasse
».
«
Dev'essere bello da pensare ».
«
Cosa? ».
Blue
si drizzò di nuovo a sedere «
Sai, che tuo padre stia scoprendo cose nuove. Anche io voglio
scoprirne quando diventerò un allenatore. Voglio viaggiare
oltre il
mare ».
«
Oltre il mare? Ma saranno… mille miglia, o di
più! ».
«
Non mi importa. Non può essere infinito, e quindi io lo
attraverserò
».
«
Ma perché? Non ti piace Kanto? »
Red faticava ad afferrare « C'è sempre Johto qui
vicino. Perché
fare un giro così lungo? ».
«
Mi interessa poco di cosa davvero ci sia alla fine del mondo.
È il
viaggio che mi interessa. Scoprire nuovi posti, nuove persone. Pallet
è troppo piccola per me. Ogni anno sono qui a morire
chiedendomi
cosa ci sia altrove, aspettando il mio decimo anno in cui
potrò
finalmente esplorare… Ah, ma ti sto annoiando, se vuoi
possiamo
andare ».
«
Non mi stai annoiando. Anche a me piacerebbe molto
viaggiare… ma
sento che il mio posto è Kanto. In qualche altro posto mi
sentirei…
sbagliato. Mi piace troppo questa regione per pensare di andarmene.
Mia madre una volta mi ha detto una cosa, non la ricordo…
“sai
quello che lasci ma non sai quello che trovi”, forse »
il ragazzo abbassò lo sguardo sull'erba, ascoltando le nenia
intonata dai grilli e dalle cicale che lo attorniavano «
Ma ti capisco, sai. Se ho capito bene è proprio questo che
ti piace,
il non sapere quello che troverai. Viaggiare sarebbe molto noioso se
lo sapessimo… senti, che ore sono? ».
«
Più o meno mezzanotte, a giudicare dalla luna. Meglio
tornare a casa
».
«
Hai ragione andiamo »
Red si voltò, salvo poi fermarsi nuovamente «
Blue, guarda ».
Il
suo compagno si voltò, e rimase attonito. Poco oltre la
città si
ergeva quello che pareva un mastodontico quanto pallido arco di luce
monocolore che spiccava troneggiante su Pallet Town, quasi a
difenderla.
«
Cos'è? »
domandò come vide quella strana struttura luminosa «
Sembra un arcobaleno, però di notte… ».
«
Sì… mio padre me ne aveva parlato, una volta.
È un arcobaleno
formato dal chiarore della luna. Mi pare che ci sia solo quando ha
piovuto da poco e ci sono gocce nell'aria ».
«
E perché è bianco e non di tutti i colori? ».
«
Me l'aveva detto, ma non me lo ricordo. Quando torna dal suo viaggio
glielo chiedo, va bene? »
dopo aver così parlato, Red si avviò in direzione
della città per
rientrare a casa « Dai, vieni che se no si preoccupano
». Blue
indugiò ancora qualche istante esterrefatto dal panorama,
poi seguì
il suo amico mentre il chiarore della curva lucente svaniva
progressivamente dai suoi occhi.
Benché
le notti siano vissute diversamente a seconda del luogo scelto per
assaporarle, vi sono ore nelle quali esse si uniformano per dare una
parvenza complessiva di ordine sovrano. Tra le mezzanotte e l'una in
quel fatidico giorno appena iniziato l'afa si impadronì
così di
tutta Kanto, soffocandola di umidità e avvolgendo la regione
in una
morsa di apatia generale. A Saffron City non vi era più
allegrezza
nemmeno nel centro della città, e l'unica occasione di
osservare
persone che ancora rifuggivano l'abbraccio di Morfeo era
paradossalmente in qualche locale di periferia, in cui si tentava
ancora un'evasione disperata dalla solitudine nell'inebriamento
causato dall'alcool. Chi veglia a quell'ora abitualmente non
può
assopirsi, molto più raramente non vuole: restare desti in
isolamento di fronte a un mondo che o riposa o festeggia risulta
un'esperienza immalinconente, per questo si cerca di evitarlo. Il
lettore è libero di contraddirmi, di affermare che anzi egli
convive
felicemente con le tenebre serali; tuttavia mai potrà
confutare
quale sia l'atteggiarsi collettivo nei confronti
dell'oscurità.
Come
scoccò l'una, tuttavia, qualcosa cambiò. Quei
pochi che si
trovavano all'aperto ad ammirare il buio, magari a Vermilion sulla
nota altura che sovrasta la strada maestra, percepirono distintamente
una staffilata di aria gelida, come un singolo soffio rigettato dalle
nuvole beffarde, quasi una cella frigorifera fosse stata aperta per
un istante di fronte a loro e poi richiusa con violenza per timore di
dissiparne la temperatura. Non fu più che una volata, un
sussulto
nell'afa complessiva: eppure tutti vi fecero caso, non vi fu uomo o
donna in tutta Kanto che, avvertito lo sbuffo, non si
interrogò
sulla sua provenienza. Blue, dal canto suo, non poté
sentirlo: era
fermo sul suo letto, con gli occhi aperti, nell'assenza di luce della
sua stanza a Pallet Town, e nonostante la finestra fosse aperta non
una folata penetrò tra le mura domestiche; ma ciò
non vuol dire che
non ne distinse l'aura di singolarità che il vento
trasportava.
Senza
alcun preavviso il ragazzo provò un affaticamento nel ritmo
respiratorio, un appesantimento sulla gabbia toracica, come se un
peso vi fosse stato poggiato sopra. Tentò istintivamente di
muoversi, ma scoprì ben presto di non esserne in grado: si
trovava
in uno stato di paralisi totale, incapace persino di urlare. Il
panico lo prese d'assalto, e Blue si ritrovò incapace di
ragionare,
in balia del terrore. Solo i suoi occhi rispondevano ancora al suo
arbitrio, e con essi il giovane scrutò la parte di stanza
che poteva
controllare da sdraiato, per poi accorgersi con progressivo timore
che una luce si era accesa al piano di sotto. Spontaneamente
pensò
che si trattasse di Daisy, e ne fu sollevato; ma il conforto
durò un
periodo esiguo, il tempo di rendersi conto che una figura nera, poco
più di un'ombra solida, aveva appena salito le scale che
conducevano
a casa sua. Non aveva connotati se non quel paio di pupille celesti,
e Blue si rammentò del sogno della sera prima.
Provò a urlare, ma
di nuovo intervenne la paresi corporea che lo affliggeva, e non fu in
grado di muovere un muscolo. L'entità continuò ad
avvicinarsi
lentamente al suo letto, eppure il ragazzo non notava alcun
perfezionamento delle fattezze, nemmeno facciali: se prima
l'illuminazione del livello inferiore aveva messo in risalto
qualsiasi cosa si stesse aggirando per la stanza, ora ciò
che le
impediva di confondersi con l'oscurità era di nuovo solo la
coppia
di sfere azzurre che brillava. Il volto della figura si
avvicinò al
giovane, che sentì una ventata d'aria agghiacciargli la
faccia.
«
TRITAIOS!
».
Blue
si ritrovò per terra, caduto per la seconda notte di fila
dal letto.
Si sentì imbarazzato – la cosa non succedeva
dall'età di tre anni
–, tuttavia fu ben rapidamente costretto a focalizzarsi su
altro.
Non appena si era svegliato aveva infatti iniziato a percepire
tremolii del pavimento, come se qualcosa di pesante avesse urtato la
casa. Si sporse d'istinto dalla finestra per verificare, eppure non
solo niente di tutto ciò era successo, ma nessuno sembrava
neppure
essersi accorto di nulla. Decise di coricarsi nuovamente.
Sul
punto di farlo, però, di nuovo si presentò
l'oscillazione, divenuta
ormai una scossa di terremoto in piena regola. Blue, ignorando ogni
misura di sicurezza che si dovesse prendere in tale caso
poiché
Pallet Town non aveva mai registrato nella sua storia vibrazioni di
tal genere, corse proprio attraverso il centro della stanza per
raggiungere le scale e scendere, e per sua fortuna il soffitto resse
il sisma. Proprio scendendo si scontrò con sua sorella, che
senza
porre domande gli afferrò un braccio e lo
trascinò percorrendo il
perimetro delle mura famigliari fino a uscire per poi collocarsi in
mezzo alla via su cui aggettava l'edificio, dove già altri
si erano
radunati per sfuggire ai crolli. La città era ovunque in
subbuglio:
tutti stavano fuggendo da ogni parte in cerca di un rifugio. Blue
cercò con lo sguardo Red, eppure non riuscì a
vederlo da nessuna
parte, certo non facilitato dalla fioca luce dei lampioni.
Poi,
di colpo, le scosse terminarono. Non fu qualcosa di graduale:
l'ultima era stata forse la più possente tra le tante, ma
dopo vi fu
silenzio; come si può intuire, tuttavia, non fu una calma
durevole.
Senza preavviso i lumi del borgo si spensero in un sol colpo per una
decina di secondi. Mentre ancora Pallet era in preda alle tenebre vi
fu un rumore assordante, come un tuono provocato da un temporale che
fosse scoppiato proprio sul villaggio. Due bagliori si accesero nel
buio, e Blue si vide il fiato mozzato: non erano due fonti
d'illuminazione qualunque, bensì due dense sfere cilestrine
che
brillavano nell'oscurità; rammentò l'incubo, e
per poco non perse i
sensi.
Quando
le lampade urbane ripresero a sfolgorare, la frotta di persone
riunite lanciò un sussulto comune: di fronte a loro era
emersa una
mastodontica figura quasi spettrale che li osservava con impietoso
distacco. Si trattava in sostanza di un'ombra, e nient'altro si
può
dire su di essa che non riguardi il volto: oltre alle pupille
azzurre, l'unico altro tratto caratteristico individuabile era una
materia frammista di fuoco e nebbia che si dipartiva dalla
sommità
del capo e si dissolveva nell'aria.
Il
silenzio illusorio che affagottava Pallet fu effimero: da un lato la
folla iniziò a disperdersi nel panico, separando tra le
altre cose
Daisy da suo fratello che rimase dunque da solo a scappare per la
città; dall'altro l'entità iniziò a
vagare a sua volta, emettendo
sporadicamente versi indistinguibili seguiti da globi cremisi di
energia indirizzati poi a svariati bersagli, in prevalenza edifici
casualmente selezionati – Blue non riuscì a
notarne gli effetti,
ma ovunque venissero scagliati non udiva crolli di alcun genere, a
indicare che forse non danneggiavano le strutture. Il giovane, a ogni
buon conto si nascose sfruttando una rientranza tra due complessi
affiancati, mentre dalla fessura poté vedere un gruppo di
allenatori
che stavano accorrendo in direzione dell'offensore: li conosceva,
poiché erano assidui frequentatori del Berries For Two's,
quindi
decise di sporgersi dal nascondiglio e osservarne le azioni. Il
raggruppamento si pose a debita distanza dalla figura, poi ciascuno
estrasse una Poké Ball e lanciò il proprio
pokémon per tentare un
disperato combattimento. Lo spettro mostrò comunque una
reattività
invidiabile, interrompendo la sua missione di apparente distruzione
per dedicarsi ai suoi avversari. Il primo colpo a centrarlo fu lo
Psicotaglio di un Kadabra, che comunque non produsse alcun danno sul
presunto corpo dell'essere. Il primo colpo, ho detto, e anche
l'ultimo: da un punto imprecisato del volto fu emesso un raggio
eburneo che si scagliò sul gruppo sbaragliandolo.
Dopodiché,
gli occhi del mostro incontrarono lo sguardo di Blue, che
trasalì e
tentò di nascondersi. Con rapidità inumana,
malgrado ciò, questi
fu sul ragazzo in un tempo ridicolo, fino al punto di trovarsi
fluttuante sopra la fessura che fungeva da riparo per il giovane. La
figura produsse due delle sopraccitate sfere purpuree, direzionandole
poi verso i due edifici che coprivano il ragazzo, e stavolta fu
udibile un netto « KYANEOS!
»; gli stabili, a contatto con quel micidiale colpo,
scomparvero
come inghiottite dal buio. Una terza sfera si formò di
fronte alla
creatura, pronta a colpire proprio il diretto interessato, incapace
di darsi una motivazione sul perché fosse stato scelto
proprio lui
per morire in quel modo; poi, proprio sul punto di lanciarla, l'ombra
si paralizzò. Blue continuava a non respirare e a non
muoversi: per
quanto gli sarebbe stato possibile fuggire in quella situazione, era
immobilizzato dal terrore. Una nuova ventata gelida, come quella che
vi era stata poco più di venti minuti prima,
investì Pallet Town e
Kanto nell'interezza. I lampioni si spensero una volta di
più e, una
volta riaccesi, del fantasma non c'era più traccia.
|
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Capitolo 3 *** Le alte sfere ***
III 'Le alte sfere'
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Blackthorn
City:
Ebanopoli.
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Indigo
Plateau: Altopiano
Blu.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Viridian
City: Smeraldopoli.
Viridian
Forest: Bosco
Smeraldo.
Agatha:
Agatha.
Bertha:
Terrie.
Blaine:
Blaine.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Bruno:
Bruno.
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Red:
Rosso.
Samuel
Oak:
Samuel Oak.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
* * *
III:
“Le alte sfere”
Devo
chiedere perdono al lettore, me ne rendo conto. Sto raccontando
momenti nella storia di Kanto che molti preferirebbero lasciati nel
vuoto, all'ombra dei ricordi positivi che il nome di questa regione
evoca nell'animo di chi vi ha vissuto. Non è mia intenzione
rovinare
le memorie di chi si è impegnato a vagliare questo papiro
degnandomi
della sua attenzione: chi anzi mi concedesse questo onore meriterebbe
di leggere di ben altre esperienze, vicende in grado di illuminare di
gioia un cuore infelice anziché di rigettarlo
nell'oscurità più
nera; poiché sì, Kanto offre anche di queste
avventure, ed è una
mia scelta di non narrarle personalmente.
Consentitemi
tuttavia di chiarire per quale ragione non faccio ciò, e
volesse il
cielo potreste persino recuperare un interesse di cui i cupi
avvenimenti descritti potrebbero avervi causato lo smarrimento. In
primo luogo vi sono già in spropositato numero romanzi,
enciclopedie, annuari e cronache su tale tipo di storie: ciò
è
perché sono più gradevoli non solo da assimilare
ma anche da
riportare, e gli autori meno ferrati le ritengono più
consone al
vasto pubblico; in secondo luogo, per quanto fosco questo resoconto
possa apparire, in particolar modo a coloro che sono usi al suddetto
genere di scritti, è pur innegabile che esso sia necessario
per una
corretta comprensione dei fatti che susseguirono a esso. Indulgete
dunque su un povero cronachista, e proseguite nella lettura.
Il
giorno successivo, a seguito dell'attacco a Pallet Town, gli abitanti
erano in pieno tumulto. La notizia, pur essendo l'evento corrispondente svoltosi a un'ora per molti
proibitiva della notte, si era rapidamente sparsa per merito degli
organi d'informazione di Kanto sempre in veglia, con il risultato
che, chi avvisato presto e chi tardi, la mattina dopo tutti erano
consapevoli di quanto si era avvenuto. Non tutti ci credevano, questo
è ovvio: gli scettici sono sempre esistiti e, poveri noi,
continueranno a esistere per molto tempo ancora; in linea di massima,
comunque, pochi erano i dubbi su quanto si vociferava e,
sorprendentemente, la notizia non era neanche stata gonfiata
oltremisura. Certo, qualche parola su un presunto drago che avrebbe
demolito Pallet girava, ma niente di che.
Quanto
a Blue, inaspettatamente si era addormentato poco dopo il termine
dell'aggressione, senza nemmeno chiedere notizie di Red: gli era
bastato ritrovare Daisy, che frattanto era ritornata assieme alla
folla al centro del viale presso la propria dimora, per poi rincasare
e stendersi sul letto, neppure preoccupandosi di un ritorno
dell'assalitore. Così era stato, e non vi erano neanche da
segnalare
incubi degni di nota di lì alle nove, con il risultato che
il
ragazzo si era svegliato più riposato della maggior parte
dei suoi
concittadini.
Quella
mattina, malgrado ciò, non andò a passeggiare
fuori come suo
solito, parzialmente intimorito dalla massa di giornalisti e reporter
che affollava le vie del borgo in costante cerca di testimoni da
intervistare: Blue aveva fin dall'infanzia ricevuto un'educazione
tradizionalista da parte dei suoi ormai defunti genitori e da Daisy
che, tra le altre cose, lo portava a diffidare della stampa e dei
suoi servizi. Conseguentemente, spese mezz'ora del suo tempo o forse
più vagando tra le varie stanze della casa –
occasionalmente
uscendo sul cortile antistante –, nascondendosi ogni volta
che un
inviato entrava per conversare con sua sorella di quanto accaduto
durante la tarda serata precedente.
Alle
nove e mezza, però, vi fu una svolta. Non fu una cosa
scalare,
all'inverso fu come un fulmine a ciel sereno: prima venne un sonoro
verso che sembrava provenire da un drago per via del peculiare
timbro, poi due ombre proiettate sul terreno dalla luce solare
attraversarono velocemente metà Pallet Town partendo dal
Route 1.
Nonostante, una volta notatele, molti avessero cercato di alzare il
capo per scorgere ciò che le aveva provocate, neppure il
più svelto
di riflessi riuscì a scorgere niente. Un'eccezione,
comprensibilmente, era presente: le due sagome scure, una volta
tagliata la cittadina, si erano fermate a stazionare nei pressi del
commissariato, non eccessivamente distante dalla magione del nostro
giovane protagonista, e così le loro controparti solide che
stavano
nel mentre atterrando dopo la trasvolata. Si trattava a prima vista
di due pokémon: uno era qualcosa di simile a uno
pterodattilo, o
comunque un volatile preistorico; quanto all'altro, esso era un
dragone dalle tinte arancioni che con ogni probabilità aveva in
precedenza emesso il canto che aveva allertato gli abitanti.
Raggiunto
il suolo furono rivelate anche le quattro figure che cavalcavano
quelle creature, attorno alle quali in poco tempo si era radunata una
gran folla di reporter che – Blue sul momento non seppe
darsene una
ragione – stavano tripudiando e accogliendo festosamente i
nuovi
arrivati. Dal pokémon primitivo scesero due donne: la prima
era una
giovane trentenne occhialuta vestita in stile casual – a
posteriori, mostrava l'abbigliamento meno eccentrico tra i quattro
–
dai capelli fulvi. Al suo lato stava invece un'anziana signora che
indossava un vestito violetto risalente forse a un decennio prima; si
appoggiava a un bastone ligneo, ma la netta impressione era che non
ne avesse il minimo bisogno e volesse semplicemente utilizzarlo per
contribuire all'immagine generale. Quanto all'altro velivolo, esso
trasportava invece due uomini: uno era un adulto nerboruto che
verosimilmente aveva compiuto l'intero viaggio aereo a torso nudo
sprezzante del freddo di tali altezze; del resto, il vestiario
suggeriva che fosse un praticante di una qualche arte marziale, in
quanto non portava addosso nulla se non un paio di pantaloni color
avorio cinti da una fusciacca di un nero pece. Per quanto concerne
invece l'ultimo del gruppo, questi colpì Blue più
di chiunque
altro.
Era
a conti fatti di un età tra i venti e i venticinque anni, e
per
importanza era presumibilmente una spanna sopra agli altri in quel
novero. Indossava quello che pareva un costume carnevalesco e che
più
facilmente era una tuta, ma ciò che più saltava
all'occhio era lo
scenografico mantello che scendeva dal collo alla schiena. I capelli
erano anch'essi rossicci, ma di una tonalità più
scura rispetto a
quelli della donna anteriormente citata. Infine, nonostante il caldo
torrido che pervadeva Pallet Town a quell'ora del giorno, vestiva due
pesanti stivali color castagna. Il gruppo da lui capitanato si
incamminò con passo concitato in direzione dell'entrata del
commissariato, attorniato da giornalisti d'ogni risma che allungavano
dispoticamente i loro microfoni all'indirizzo dei vari componenti e
del quarto in particolare, che pareva il più assillato dalle
domande.
«
Siete qui per quello che è successo a Pallet? ».
«
Non lo so, tirate a indovinare ».
«
Sapete già quello che è successo? ».
«
Diciamo che sappiamo qualcosa » il giovane proseguiva
imperterrito
nel suo cammino « Contiamo di capire di più ora
».
«
Avete già un piano d'azione? ».
«
Lasciate in pace Lance » intervenne d'un tratto il robusto
individuo
che con lui era arrivato, atteggiandosi da guardia del corpo.
La
reporter, sebbene apparisse intimorita, trovò la forza di
porre
un'ultima domanda « C'è almeno una dichiarazione
che vuole lasciare
per la stampa? ».
L'uomo
stava per cacciarla definitivamente ma Lance, ormai sulla soglia, lo
fermò e si avvicinò alla cronista mentre altri si protendevano per
meglio sentire « Sì. Dite a tutti che i
Superquattro sono qui per
risolvere il problema, qualunque esso sia ».
Dopodiché
gli allenatori varcarono la porta assieme, mentre dietro di loro un
boato esplose dalla folla appostata.
«
Aspetti » il commissario fu interrotto da un pacato
intervento di
Agatha « Che vuol dire che non sapete cosa fosse? ».
«
Proprio quello che vuol dire ».
«
Ma voi eravate lì? ».
«
Ma certo che c'eravamo. Il punto è che non abbiamo visto
niente ».
«
Ma sì, ci sta » questa volta Bruno aveva preso
parola « Era notte,
magari per via del buio non hanno visto ».
«
No, non per il buio » l'ufficiale di polizia sembrava quasi
indispettito, come se quei quattro stessero tentando di sminuire il
suo lavoro « Abbiamo provato a puntargli delle torce contro,
e poi
non è che fosse proprio inoffensivo, alcuni hanno cercato di
attaccarlo e un flash c'è stato. Ma era più nero
della notte, non
so se mi spiego ».
Lorelei
si inserì « Cioè… uno
spettro? Agatha, fagli vedere uno dei tuoi
».
«
Lo so com'è fatto uno spettro, ma ripeto, no, era come se
fosse la
notte stessa ad attaccarci. Se non fosse che ha colpito un quartiere
con molte case non ci saremmo neanche accorti che c'era qualcosa
».
«
Mio caro, in tutti i miei anni di allenamento io non ho
mai–– ».
«
Calmiamoci tutti » Lance mosse imperiosamente la mano
«
Commissario, intende dire che non c'era davvero niente
che ci possa aiutare a capire cosa fosse? ».
«
Beh, a pensarci… ecco, penso che avesse qualcosa all'altezza
della
testa, come una fiamma di colore bianco. Solo che non so bene come
descriverla ».
«
Bene, penso che parlarne non porterà da nessuna parte
»
l'allenatore parlò rapidamente per evitare un nuovo
intervento della
sempre più scettica Agatha « Piuttosto, ci dica
dell'attacco. A che
ora è stato? ».
«
Intorno a l'una di notte, se ben ricordo ».
«
E non è successo niente di caratteristico prima che
comparisse
quest'ombra? ».
«
C'è stato un terremoto. Piuttosto forte a dir la
verità, non
l'avete sentito all'Indigo Plateau? ».
Lance
rivolse uno sguardo di domanda ai restanti Superquattro, che
risposero con un netto cenno di dissenso « A quanto pare no.
Ma
prego, prosegua ».
«
Poi… ah, sì, appena prima che apparisse quella
cosa i lampioni si
sono spenti per un attimo ».
«
Questo però non aiuta, sembra tutto correlato. Non
è successo
niente per esempio durante il giorno? Qualcosa che facesse capire che
non andava tutto bene ».
L'ufficiale
sembrava riluttante a parlarne « Sì, una
cosa… ».
«
E perché non ce l'ha detto prima? Lei
non–– ».
«
Agatha, calma » Lorelei, seduta accanto a lei, le
poggiò una mano
sulla spalla « Dicevamo… Cosa? ».
«
Sì, ecco, conoscete tutti il professor Oak, immagino. Ecco,
è stato
ritrovato… non addormentato, però non so bene
come dirlo… ».
«
Pff, quel rammollito… ».
«
Agatha, per piacere ».
«
Smettetela tutti, santo cielo » Lance non era adirato,
bensì
annoiato e a tratti rassegnato per l'atteggiamento del suo gruppo
«
Commissario, si spieghi meglio, non serve trovare una parola se ci
dice il concetto ».
«
Beh, non è morto, diciamo che dorme ma non si sveglia. Lo
stato
medico è quello di un addormentato, però non si
riesce a farlo
uscire da… come si chiama… ».
«
Fase REM? » suggerì Bruno, in religioso silenzio
fino ad allora.
«
Precisamente ».
«
Il che vuol dire che sogna » concluse Lorelei.
«
Non solo » il commissario aveva raggiunto il punto che meglio
aveva
compreso del referto dell'ospedale di Viridian City «
È in una
specie di incubo perenne. A volte lo si sente lamentarsi ».
Lance,
a dispetto della sua crescente curiosità, preferì
mantenere il
colloquio su un carattere puramente fattuale « E questo
quando e
dove è successo? ».
«
Ieri mattina. Due ragazzi l'hanno ritrovato nel suo laboratorio in
quello stato ».
«
E potremmo visitare questo laboratorio? ».
«
Temo di no » replicò sconsolato l'ufficiale
« Durante l'attacco di
ieri è andato perduto… Scomparso, in effetti
».
«
Scomparso? » chiese Lorelei.
«
Ne parliamo dopo, non distraiamoci » la guida del gruppo
percepì la
netta sensazione di essere l'unico insieme a Bruno ad aver mantenuto
un atteggiamento professionale nel corso del dialogo « Due
ragazzi,
ha detto? ».
«
Sì. Red Fuji e Blue Oak, che è il nipote del
professore ».
«
Desidererei parlare con loro. Mi sa dire dove li posso trovare?
».
«
Certamente » il commissario rifletté per un
istante « Vediamo, la
casa di Red si trova sulla terza parallela da ovest alla via del
Berries For Two's – non il vecchio indirizzo, il nuovo
–, mentre
Blue abita insieme a sua sorella Daisy nella stessa via in cui si
trovava il laboratorio, anche se non ricordo l'altezza esatta
».
I
Superquattro assunsero un'espressione confusa.
«
Oh, lasciate perdere, vi lascio una cartina ».
Blue
aveva atteso per tutta la giornata una visita di Red in uno stato di
inesauribile eccitazione, sporgendo la testa oltre le scale della sua
camera ogni volta che udiva la porta di casa aprirsi. Invece le
uniche persone a entrare in quella movimentata mattinata erano state,
per quanto in costante decrescenza, giornalisti affamati di notizie
fresche che chiaramente Daisy non era stata in grado di dar loro.
Pressappoco
intorno alle undici, a ogni modo, le voci che era in grado di
avvertire dalla sua finestra sopraelevata erano aumentate in numero e
intensità, tanto che poteva udirne un ristretto insieme
parlottare
tra di loro.
«
Ma che cosa c'entro io? Questa carta non ha senso! ».
«
Ma dalla a me la mappa! Con te percorriamo Kanto due volte di questo
passo ».
«
No, ora la tengo io, finalmente la sto capendo ».
«
Ma se non sai nemmeno da quale dei due stiamo andando ».
«
D'accordo, lo ammetto, sulla casa del primo mi sono un po' confuso,
ma fidatevi che questa volta ci siamo ».
«
Ehi, ma quello non è il commissariato? ».
«
OH SANTO CIELO, MA STATE ZITTI! COME DOVREI CONCENTRARMI SULLA CARTA?
».
Di
pari passo si andavano affollando anche svariati reporter, e
interessato il giovane Blue si affacciò per osservare
soddisfacentemente: si trattava, con sua sorpresa, degli stessi
individui accolti qualche ora prima con giubilo dalla medesima folla
di cronisti; e, con sua sempre maggior meraviglia, i quattro si
stavano dirigendo verso la sua dimora. Per la prima volta nel corso
di quella mattina, decise di venire giù insieme a sua
sorella, che
nel frattempo aveva già aperto la porta e li attendeva
sull'uscio.
«
Buongiorno » li salutò la donna una volta giunti
con l'espressione
meno estenuata che potesse mostrare « Desiderate? ».
«
Buongiorno » a prendere la parola era stata la guida dei
quattro,
ovvero l'uomo in mantello e stivali « Questa è la
casa di Blue Oak?
».
«
Sì, abita qui ».
L'allenatore
lanciò uno sguardo sornione in direzione dell'anziana
signora al suo
fianco, che per risposta abbassò e corrucciò il
proprio «
Eccellente! Mi presento, io sono Lance e noi siamo i Superquattro
».
«
Oh! Prego, entrate ».
Dopo
le presentazioni e dopo che tutti si furono accomodati, Blue si
avvicinò a sua sorella per chiedere spiegazioni «
Ma chi sono i
Superquattro? ».
«
Sono i quattro Maestri di Pokémon più forti di
Kanto. Sono quelli
che formano la Lega Pokémon ».
A
quelle parole il ragazzo perse un po' della sua naturale timidezza:
le persone appena entrate in casa sua rappresentavano il suo sogno
recondito. Daisy, dal canto suo, non aveva capito perché
allenatori
così formidabili fossero arrivati proprio a casa sua, per
giunta
domandando di suo fratello.
«
Dunque… perché siete qui? ».
«
Penso che lo possa immaginare anche lei » rispose Lance.
«
Riguarda l'attacco di ieri? ».
Prese
la parola l'altro uomo del gruppo, presentatosi come Bruno «
Siamo
stati al commissariato di polizia locale, che ci ha parlato di quello
che è successo ».
«
Vi ha detto lui di venire qui, quindi ».
«
L'ha già incontrato? ».
«
È venuto a interrogare mio fratello e Red… per
quello che è
successo al nonn–– a Samuel » Daisy
ripensò al giorno
precedente « Non ci ho parlato molto, mi ha giusto spiegato
le sue
condizioni cliniche ».
«
Direi che quindi sa già tutto » riprese Lance.
«
Ma perché pensate che sia collegato? ».
«
Signora » Lorelei si aggiustò gli occhiali
« Non può essere un
caso. Non succede tutti i giorni che un uomo finisca in fase REM
permanente. Volevamo domandare a Blue se sapesse qualcosa ».
«
Mi spiace » il ragazzo parve dubbioso nella replica
« Ma sono stato
colpito quanto voi. Ci ho pensato, eh, che ci fosse un collegamento,
ma non ne ho visti ».
Il
capo dei quattro scrutò attentamente il giovane «
Capisco.
Purtroppo non abbiamo altre piste ».
«
Beh, non c'ero solo io in quel laboratorio. Potete sempre chiedere a
Red, oggi ancora non l'ho visto, magari lui ha capito qualcosa in
più
di me di questa storia ».
Lance
parve molto imbarazzato a riguardo « Ah, sì, a
proposito… ».
«
Non ci siamo arrivati » l'anziana signora di nome Agatha,
fino ad
allora rimasta taciturna, non perse l'occasione di ridicolizzare il
suo compagno di battaglie « Lance non sa leggere una cartina
».
«
Non è facile orientarsi a Pallet Town, va bene? ».
«
Se volete vi posso accompagnare » suggerì Blue
« Daisy, posso? ».
«
Vai pure, tanto con i Superquattro al seguito direi che non
c'è
pericolo ».
«
Non si preoccupi, lo terremo come in cassaforte » Lance si
congedò
con un sorriso, e così fecero i suoi tre colleghi.
Dopodiché,
insieme, si avviarono con il nostro protagonista al comando.
Raggiungere
la casa di Red fu talmente facile una volta che fu Blue a guidarli
che Lance temette di diventare la barzelletta preferita di Agatha.
Lungo la strada vari corrispondenti si avvicinarono agli allenatori
per domandare notizie, ma il loro leader impose la linea del silenzio
fino a che non si fosse compreso di più sul ruolo del
giovane nella
vicenda, anche a costo di finire sulle prime pagine dei giornali per
sospetto adescamento di minore.
Giunti
alla dimora desiderata, il ragazzo si fece da parte e spettò
proprio
a Lance suonare il campanello. La risposta fu inaspettatamente lenta,
come se la madre avesse avuto un passo più lento
dell'usuale; quando
aprendo scorse Blue scostato, sembrò sconvolta.
«
Buongiorno, signora. Questa è la casa di Red Fuji?
».
«
Sì ».
«
Mi chiamo Lance, questi sono i Superquattro. Ah, e lui è
Blue, penso
che già lo conosca ».
«
Molto lieta ».
L'allenatore,
come il ragazzino del resto, parve accorgersi che qualcosa era fuori
posto, sebbene nessun altro sembrasse presentire tale sensazione
« È
tutto a posto? ».
«
S-sì, io… » la donna si vide la voce
mozzata da un singhiozzo,
dopodiché mise le mani davanti agli occhi per nascondere le
lacrime.
Blue ebbe un tuffo al cuore.
«
Signora, è successo qualcosa? ».
«
Red… No, meglio che vediate voi ».
Il
gruppo entrò nel soggiorno avendo già in mente
cosa fosse accaduto:
l'unico ad affrettarsi fu il nostro protagonista che, incapace di
sopportare la tensione, corse subito verso le scale e salì
di sopra.
«
Quando è capitato? » domandò Lorelei.
«
Appena prima dell'attacco. Quando quel mostro è apparso ho
cercato
di svegliarlo per metterci in salvo… ma non c'è
stato verso… ».
«
A quanto pare è davvero tutto collegato…
» commentò la donna. Un
pianto sommesso scoppiò dal piano superiore e Lance prima di
tutti
andò a confortare il giovane.
Blue
era in ginocchio al letto del suo amico, sdraiato silenziosamente
laddove sempre dormiva la notte, con le coperte ossessivamente
rimboccate e il capo leggermente reclinato. Il leader dei
Superquattro vi si avvicinò e pose una mano sul suo torace,
come per
assicurarsi che le condizioni descritte dal commissario fossero
quelle riscontrabili.
«
Tranquillizzati, Blue » disse con il tono più
delicato che un uomo
della sua età potesse esprimere « Sta solo
dormendo. Si sveglierà
». Il resto del gruppo, madre inclusa, sopraggiunse a sua
volta con
andamento malinconico.
Il
ragazzo si alzò in piedi e strinse Lance per quanto la
differenza di
altezza consentisse, disorientando l'allenatore che rivolse uno
sguardo di domanda all'indirizzo dei suoi colleghi. Tutti sorridevano
al limite della commozione, persino Agatha.
«
No, non si sveglierà » disse a un tratto Blue, e
senza alcun
preavviso allentò la presa e si staccò da lui per
poi scendere e
uscire a prendere aria.
«
Sai » l'anziana signora pareva aver dimenticato il suo
caratteristico astio, quasi a indicare che fosse un suo atteggiamento
scherzoso cui si era abituata « Dovresti andare a parlargli.
Noi
restiamo qua, così Lorelei vede di capirci qualcosa di
più ».
Lance
diede un cenno di assenso – per la verità poco
convinto – e
obbedì.
Blue
era seduto nel cortile che precedeva la dimora del suo amico, con lo
sguardo rivolto verso sud, seguendo una tramontana che stava
soffiando all'incirca da mezz'ora su Pallet Town dando frescura
all'aria che fino a quel momento era rimasta afosa. Il Superquattro
si avvicinò scarsamente persuaso di stare facendo la cosa
giusta: in
fondo lui era un allenatore, era lì per lavoro, non per fare
da
balia a un bambino qualsiasi.
«
Se è qui per farmi altre domande le dico subito che non
risponderò
».
«
Capisco. Ma guarda che ti sei fatto un'opinione sbagliata su di noi.
Non siamo investigatori, siamo persone normali. Non siamo
più
abituati di te a vedere queste cose ».
«
E allora perché è sceso qui? ».
«
A dire la verità non lo so » l'uomo gli si sedette
vicino « Però,
ecco… mi ha colpito il tuo abbraccio. A parte che da mio zio
non ne
avevo mai ricevuto uno ».
«
Anche lei ha perso i suoi genitori? » Blue era stupefatto che
un
soggetto di tanta fama giungesse da una condizione analoga alla sua.
«
Non li ho mai conosciuti, sono morti quando io ero molto piccolo. Mi
ha cresciuto lui insieme a mia cugina Clair, a Blackthorn City. Gran
maestro di pokémon Drago, e come puoi intuire mi ha
trasmesso questa
passione ».
«
Viene da Johto? ».
«
Già ».
«
Com'era lì? A Blackthorn, intendo ».
«
Non molto diverso da qui a Pallet, a quanto vedo. Attacchi di mostri
a parte » Lance ritornò con la memoria alla sua
giovinezza, una
cosa che non faceva da oramai molto tempo « Allora odiavo
quella
vita. Costretto all'interno di un villaggio minuscolo, mi sentivo in
prigione. Ora quasi la rimpiango ».
«
Come mai? ».
«
Sai, una volta che vedi com'è davvero il mondo…
Da piccolo mi
aspettavo qualcosa di straordinario, qualcosa di inimmaginabile.
Invece alla fine è tutto uguale, non c'è niente
dietro le montagne
che non ci sia anche davanti ».
«
Forse non ha guardato nel posto giusto ».
Il
Superquattro non aveva mai pensato a quell'eventualità. Non
aveva
mai realmente ipotizzato che vi fosse qualcos'altro da vedere,
nonostante apparisse quasi ovvio. A ben pensare, forse non aveva
voluto impegnarsi a concepire una tale evenienza. L'animo umano
dedica i propri sforzi alla ricerca di ciò che davvero
desidera: ma
lui che cosa desiderava davvero? Una volta avrebbe risposto senza
esitazione: viaggiare. Ora una replica simile era impensabile. Che
gli era successo?
«
Ascolta… » proseguì a un tratto
« Se vuoi posso dire io a tua
sorella di Red… Se non te la senti, intendo ».
«
Lo farebbe? ».
«
Certo. Forse dovresti prenderti una boccata d'aria da qualche parte,
qua è pieno di giornalisti ».
«
Io… Grazie, Lance ».
C'è
un istante nella vita in cui l'uomo si chiede perché
è al mondo,
quale sia il suo scopo e se quello che fino a quel momento ha fatto
sia appropriato per questo fine o meno. I dubbi possono arrivare
presto o tardi, partendo da una riflessione in apparenza innocente o
da una meditazione di carattere filosofico; l'unica cosa
indiscutibile è che questo baleno lo vivrà
chiunque metta piede su
questo pianeta. Le deduzioni stesse possono variare: alcuni si
illudono di aver trovato quanto stavano cercando – ma a quel
punto
perché vivere oltre? –, altri accettano la loro
incapacità di
comprendere qualcosa che è evidentemente più
grande di loro, poiché
riguarda l'umanità intera. Lance, in quel fatidico
mezzodì di
giugno, era convinto di essere infine incappato in quella domanda
esistenziale.
Tali
considerazioni, associate alla sua abituale incompetenza orientativa
in campo geografico – nonché alla decisione poco
avveduta di
lasciare la mappa della città ai suoi colleghi –,
condussero il
Superquattro a un notevole ritardo sulla tabella di marcia: giunse
dunque alla casa di Blue dopo quasi un'ora di passeggiate
inconcludenti; il giovane, comunque, non l'aveva anticipato, e Lance
poteva mantenere fede alla promessa fatta.
«
Buongiorno » lo salutò Daisy con la sua solita
placidità « Dove
sono gli altri? ».
«
Sono rimasti a casa Fuji ».
«
È successo qualcosa? ».
«
Red è finito in stato catatonico. Stando a quanto dice la
madre, è
successo in concomitanza con l'attacco di ieri ».
La
sorella mise una mano sulla bocca, sconvolta « Oh mio Dio. E
Blue
come l'ha presa? ».
«
Beh, è sconvolto, com'è normale »
Lance, sfinito, si accasciò su
una sedia lignea e pose un gomito sul tavolo « Gli ho detto
di farsi
un giro, che avrei detto io a lei dell'accaduto ».
«
E lui l'ha fatto? ».
«
Beh, penso di sì ».
«
Penso che lei sia il primo estraneo che è riuscito a
guadagnarsi la
sua fiducia. Blue è da sempre molto timido ».
«
Abbiamo molte cose in comune, a quanto ho capito parlandogli. Ha
avuto un'infanzia difficile, vero? ».
«
Molto. Se non fosse stato per l'amicizia con Red non so se sarebbe
quello che è ora ».
«
Capisco, quindi per questo era in quello stato dopo averlo visto
».
«
E su come risvegliare lui e Samuel, si sa qualcosa? ».
«
Ho lasciato Lorelei a studiare il ragazzo. Non conosco qualcuno
più
ferrato di lei in materia medica, quindi aspettiamo il responso
».
«
Senta » Daisy si sedette a sua volta « Dovrei
chiederle un favore…
Se non ha già qualcosa da fare, ovviamente. Metta Pallet
prima di
tutto ».
«
A dire il vero al momento brancolo nel buio. Dica pure ».
«
Ogni pomeriggio da un qualche mese a questa parte Blue e Red si
assentavano dalle case. Non so bene dove andassero, e normalmente non
ci farei caso, magari andavano a giocare. Solo che… con
quello che
è successo di recente, Samuel e fantasma… e ora
Red in quello
stato… non vorrei che c'entrassero qualcosa…
».
«
Pensa che Blue sia coinvolto? ».
«
No, non dico che possa essere responsabile, sarebbe assurdo. Ma
è un
bambino, e… insomma, se qualcuno si stesse approfittando di
lui e
di Red? Non vorrei che facesse la sua fine ».
«
Capisco… Cioè, no, ma penso non costi nulla fare
qualche indagine
a riguardo dopo pranzo. Mi è sembrato un ragazzo a posto,
comunque
».
«
Sì, ma io non dico che lui sia malvagio. Ma è
debole, non ha di che
difendersi, magari qualcuno lo sta sfruttando. Samuel l'hanno trovato
loro, in fin dei conti ».
«
D'accordo, però così ho poche informazioni. Aveva
in mente
qualcos'altro da dirmi? ».
«
La gente mi diceva che frequentavano il negozio pokémon
locale. Si
chiama Berries For Two's, forse potrebbe farci un salto ».
«
Si può fare » Lance si alzò in piedi, e
contemporaneamente il
campanello della dimora riecheggiò. Il Superquattro si
recò alla
porta e la aprì, ritrovando appostati i suoi compagni.
«
Allora, com'è andata? ».
«
Non ho trovato niente di particolare » replicò
Lorelei « Dorme,
sogna e non si sveglia. È la prima volta che vedo qualcosa
di simile
».
«
E l'avete lasciato là? » il leader uscì
a prendere aria per
tentare di combattere l'afa.
«
No, ovviamente. Abbiamo aiutato a portarlo all'ospedale di Viridian
».
«
Tu, piuttosto » intervenne Agatha « hai parlato con
la sorella del
ragazzo? ».
«
Sì, le ho spiegato. Mi ha appena detto che vorrebbe che
andassi a
investigare a un tal locale. Berries For Two's, si chiama. Vende
articoli pokémon ».
«
Immagino ti serva questa, dunque » la signora protese la mano
sfoggiando la cartina di Pallet Town.
«
No, grazie, penso di potermela cavare anche da solo. Piuttosto, dopo
che avrò finito pranziamo insieme? ».
«
A dire il vero » intervenne Bruno « abbiamo
già mangiato ».
«
Ah beh, grazie per avermi avvertito ».
«
Credevamo l'avessi fatto anche tu. È passata un'ora, cos'hai
fatto
fino ad adesso? ».
«
Ah, sì, ecco… ».
«
Si è perso come al solito » concluse Agatha
« Prendi la mappa
senza fare storie ».
A
malincuore – detestava dover dipendere da qualcuno o qualcosa
–,
Lance accettò e si incamminò in direzione del
Berries For Two's.
Dopo
una relativamente breve sosta in una paninoteca limitrofa, il
Superquattro aveva seguito la guida fino a ritrovarsi in una via
piuttosto stretta, delimitata da due serie di edifici sui lati,
lasciando qualche metro appena per camminare. Le indicazioni
segnalavano che era giunto a destinazione, eppure di fronte a lui non
vi era altro che un massiccio portone di legno che precludeva
l'accesso a qualunque cosa vi fosse dietro. Come se non bastasse,
erano da poco passate le due del pomeriggio, di conseguenza nessun
abitante cui il Superquattro potesse chiedere indicazioni transitava.
Sul punto di arrendersi, tuttavia, l'uomo scorse finalmente un
giovane che stava venendo nella sua direzione. Sollevato, gli
andò
incontro per parlargli.
«
Buongiorno, chiedo scusa. Sa dirmi dove posso trovare il Berries For
Two's? ».
Il
suo interlocutore, un poco più che ventenne dai folti
capelli biondi
e dall'aria sonnolenta, replicò con molta flemma «
Apre adesso, e
comunque ci sei davanti ».
Lance
rimase stranito per l'utilizzo della seconda persona singolare, dal
momento che si era sempre sentito dare del lei, o nei casi
più
estremi del voi, da quando era diventato Campione. Non era comunque
il momento di questionare « Davanti? ».
Il
giovane avanzò leggermente « Ah, il portone
è chiuso. Strano, di
solito è aperto ». Dopodiché si
appropinquò a una piccola
apertura nell'ingresso ed estrasse una chiave usurata dal tempo;
armeggiò per qualche istante con la serratura, infine spinse
con
forza e aprì l'ingresso minore – quello maggiore
rimaneva serrato
fino a nuovo ordine. Lance seguì la sua guida, ed ebbe modo
di
osservare l'interno. Si trattava di un cortile di medie dimensioni
stretto tra archi a tutto sesto e preceduto, nonché a
seguire
costeggiato, da un breve ma ampio corridoio. In questa prima sezione
della struttura, le pareti sfoggiavano i più vari articoli
pokémon
dietro solide teche vitree che fungevano con ogni
probabilità da
vetrine per il Berries For Two's. La coppia continuò ad
avanzare,
uno dietro l'altro, attraverso l'edificio dal sapore anticheggiante
fino all'altro lato, ove era situata una porta in abete. Il ventenne,
con la sua consueta lentezza, dissigillò parimenti
quest'ultima
entrata, rivelando infine il tanto agognato negozio.
Si
trattava di una sala costellata da piccole bacheche ospitanti
svariati articoli per allenatori. Al centro era situata una massiccia
colonna di base poligonale che accoglieva, su diversi ripiani, premi
vinti a numerosi tornei svoltisi nelle città più
importanti di
Kanto e Johto – Lance dubitava che appartenessero tutti al
gestore,
e in effetti a uno sguardo più attento vi erano incisi nomi
differenti, segno che erano verosimilmente omaggi dei frequentatori
del locale. Nel frattempo il giovane che aveva aperto il negozio era
scomparso oltre un passaggio che, come il Superquattro
denotò,
conduceva a una seconda stanza con abbondanti tavoli e molteplici
poster appesi alle pareti che ritraevano pokémon esotici.
Attese un
minuto o poco più, dando il tempo al suo accompagnatore di
alzare
tapparelle e aprire finestre, accendendo poi la luce come tocco
finale. Poi, una volta che egli si fu posizionato dietro al banco
situato appena alla destra dell'entrata, gli si approssimò
«
Buongiorno ».
La
replica avvenne con un tono più che mai sonnolento, come se
il
giovane fosse annoiato « Ciao ».
«
Lei si chiama… ? ».
«
Andrew ».
«
Sa chi sono io? ».
«
No… ? ».
«
Sono uno dei Superquattro venuti in città per l'attacco di
ieri,
Lance da Blackthorn City ».
Quest'informazione
rappresentò l'unica scossa che l'allenatore avesse visto
quel giorno
in un animo alla rivelazione della sua identità «
Non l'avevo
riconosciuta, mi scusi ».
Dal
canto suo, l'uso della terza persona mise il campione a suo agio
«
Dovrei farle alcune domande ».
«
Prego ».
«
Red Fuji e Blue Oak vengono stabilmente qui, giusto? ».
«
Sì. Ogni giorno verso le quattro, più o meno
».
«
A fare cosa? ».
«
Comprano Pokémelle ».
«
Pokémelle? Ma non hanno pokémon ».
«
Lo so benissimo, ma non mi dicono mai perché le prendono.
Dicono che
sono affari loro, penso abbiano anche ragione ».
«
Quindi non ha la minima idea del perché le comprassero?
».
«
Se ci tiene tanto a saperlo può aspettarli qui, verranno
anche oggi
come al solito ».
«
Ne dubito » Lance gettò uno sguardo alle decine di
Poké Balls alle
spalle di Andrew, ricordando lo stato in cui versava Red, e
bisbigliò
tra sé e sé « Immagino che non li
conosca granché ».
«
Come, scusi? ».
«
Niente… Ha idea di dove potrebbe essere Blue in questo
momento?
Oggi non è ancora passato, a quanto ho capito ».
«
Immagino sia a casa sua. O altrimenti… Pallet non
è così grande,
girandola un po' potrebbe trovarlo ».
«
Capisco » il Superquattro si avviò verso l'uscita
« Vorrà dire
che farò come ha detto. Grazie per le informazioni
».
«
Ahem » Andrew tossì vistosamente « Non
per sembrare scortese…
Non penserà di andarsene senza aver comprato niente, vero?
».
Lance
uscì stringendo una MT 27 tra le mani. Non che gli servisse
più di
tanto – tutti i suoi pokémon conoscevano alla
perfezione la mossa
in esso contenuta, e non era neanche ottima –, ma mancava
alla sua
collezione e, dopotutto, una MT in più non è mai
dannosa. Frattanto
l'afa tipica delle ore di punta si era notevolmente affievolita, non
lasciando tuttavia spazio alla tipica luminosità opaca delle
ore
pomeridiane che spesso accade di notare nelle fasi più
tardive del
periodo estivo: giugno si manifestava ancora in tutta la sua
brillantezza e il cielo rimaneva di un forte celeste acceso.
L'allenatore procedette verso sinistra, in direzione opposta a quella
da cui era giunto, ritrovandosi in un'ampia piazza con una massiccia
fontana centrale in pietra costellata da placidi Pidgey che vi
cercavano refrigerio. A giudicare dall'alto numero di abitanti che
circolavano – nonché, con buona pace di Lance,
dall'assenza totale
di giornalisti –, doveva essere qualcosa di simile al
distretto
commerciale di Pallet Town, se possiamo definirlo in questi termini;
ciò avrebbe inoltre parzialmente spiegato la posizione del
Berries
For Two's.
Al
sicuro da sguardi indagatori, il Superquattro si avviò verso
una
panchina collocata parallelamente al viottolo che lì lo
aveva
condotto per sedervisi e riposarsi, osservando come la zona del
piazzale situata di fronte a lui fungesse in realtà da
raccordo tra
due strade che scomparivano dietro ai rustici edifici che
circondavano l'agorà. Attraverso quell'immaginario vicolo
passeggiavano residenti di ogni risma intenti nei loro acquisti, il
che era inusuale considerata l'ora. Proprio tra di essi, a Lance non
sfuggì un ragazzino che, con aria furtiva, stava tentando di
mimetizzarsi nella folla per passare inosservato – non che
fosse
facile, visto l'abbigliamento di un insolito color indaco. Il giovane
si alzò in piedi con uno scatto, pronto a pedinarlo,
arrestandosi
poi colto da un moto di riflessione: per quanto il suo scarso senso
dell'orientamento lo ostacolasse, era quasi certo che la casa di
Daisy si trovasse dall'altra parte rispetto al suo verso di cammino.
Dove stava andando Blue?
|
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Capitolo 4 *** La vita di un fiore ***
IV 'La vita di un fiore'
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Blackthorn
City:
Ebanopoli.
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Indigo
Plateau: Altopiano
Blu.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Mount
Chimney:
Monte Camino.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Viridian
City: Smeraldopoli.
Viridian
Forest: Bosco
Smeraldo.
Agatha:
Agatha.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Briney:
Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).
Bruno:
Bruno.
Clair:
Sandra.
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Red:
Rosso.
Samuel
Oak:
Samuel Oak.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
* * *
IV:
“La vita di un fiore”
Siamo
abituati a ricordare solo dati passi di un periodo storico. Veniamo
improntati fin da giovani alla lettura di libri di storia che
inevitabilmente devono ridurre i propri contenuti, e perdiamo
così
spaccati di vita giudicati meno importanti. Mai si potrà
leggere di
come ogni uomo, ogni famiglia, finanche ogni città ha
percepito un
avvenimento, e ovviamente saranno ignorati gli accadimenti
più
insulari nell'ordine cosmico che si mira a tratteggiare.
Ma
sono forse essi in minor grado considerevoli? Non merita forse un
ritaglio in un
giornale l'eroismo di un pompiere che spegne un incendio, o la
tristezza di una madre che soffre la malattia del figlio? Ebbene,
questa è l'importanza di noi scrittori: siamo noi che
dobbiamo
narrare ciò che le luci della ribalta mancano di illuminare
con il
loro fascio. Certo, è difficile, è molto
più agevole esporre fatti
che bene o male chiunque conosce, magari apportando un proprio
contributo oppure esprimendo un'opinione fuori dal coro, permanendo
tuttavia su binari già tracciati. Ma non è quello
uno scrittore:
quello è una pecora, un avanzo, un accidioso che non ha il
coraggio
di strapparsi dalla massa; e benché possa apprezzarne
l'esperimento,
non potrò mai considerarlo un mio pari.
Il
vero scrittore è colui che racconta l'inedito. È
difficoltoso, non
vi è dubbio: è necessario sapere ciò
di cui si sta parlando,
progettare nei minimi dettagli quanto si vuole stendere prima ancora
di mettere mano alla penna, e non affidarsi all'umore di un istante
per decidere come proseguire. È pesante da leggere non meno
che da
inventare, ed è necessaria una cura maniacale prima di
aprire ciò
che la propria mente ha concepito al grande pubblico. Viene da
chiedersi perché impegnarsi così tanto per un
risultato che si può
raggiungere con metodi più elementari che magari possono
anche
sfociare in fama maggiore.
La
risposta è basilare: perché c'è
differenza tra chi è seguito da
uno stuolo di mediocri e chi da un pugno di optimates;
e solo il secondo è veramente conscio di aver realizzato
ciò che si
era proposto.
Lance,
una volta individuato Blue e operate le dovute considerazioni, era
scattato subito per seguirlo celatamente. Apparentemente diretto a
ovest, il ragazzo costrinse l'allenatore ad attraversare
trasversalmente l'intera Pallet Town, con sua sorpresa intersecata su
quella via da un corso ospitante una quantità indescrivibile
di
negozi di ogni genere profumati di mille odori diversi. Nonostante in
ragione delle ridotte dimensioni del borgo non vi fosse una folla
pressante a ostacolare il Superquattro, questi provò
comunque un
senso di smarrimento a pensare alla piccola Blackthorn City che, pur
avendo una Palestra, era ben più umile della periferica
cittadina
che stava varcando. Kanto era ben diversa da Johto, non v'era dubbio.
Blue
giunse infine al limite occidentale del suo luogo, ossia una strada
cieca isolata situata al termine di un ridotto parco. Con crescente
dubbio da parte di Lance che Daisy avesse in qualche modo ragione
–
ovvero che suo fratello fosse seriamente coinvolto in qualcosa di
ambiguo –, il venticinquenne lo osservò
oltrepassare il confine e
mettere piede in quello che era il principio del bosco di Pallet.
Dopo qualche centinaio di metri il primo dei due riuscì a
entrare
nella foresta vera e propria, dalla quale provenivano versi che erano
apparentemente di pokémon. Il Superquattro
proseguì timoroso non
per lui, bensì per il ragazzino che stava pedinando, in
quanto
avventurarsi in un posto simile senza compagni di difesa era alquanto
pericoloso. Per quanto lo riguardava, certamente non correva
pericolo, in quanto notoriamente le creature che vivevano vicino a
Pallet Town erano deboli.
O
meglio un rischio c'era: quello, credibile, di perdersi. Questa
eventualità era accentuata dal fatto che, data la presenza
di
cospicui ramoscelli al suolo, aveva rallentato il passo per evitare
di spezzarne anche solo uno rivelando la sua posizione all'inseguito.
Quest'ultimo, d'altronde, procedeva con assoluta sicurezza,
rafforzando in Lance la convinzione che fosse solito visitare
regolarmente quel bosco.
Accadde
l'inevitabile: la combinazione dell'andatura lenta del Superquattro e
del suo scarso senso geografico provocarono la perdita di vista di
Blue. Per qualche minuto il giovane vagò senza meta tentando
di
seguire le tracce lasciate, ma già dopo poco non era
più certo se
fossero sue o del ragazzo. Pronto a rinunciare, udì
provvidenzialmente un'inconfondibile voce provenire dalla sua
sinistra.
«
Mi spiace, oggi ci sono solo io ».
Sempre
più sospettoso, Lance si diresse verso l'origine del suono,
prestando attenzione a non emettere a sua volta alcun rumore.
Rifletté su quanto presumibilmente Blue aveva pronunciato:
se stava
spiegando a eventuali complici che Red era in quello stato, era
ipotizzabile che loro non ne fossero i responsabili; non che
ciò
fosse in dubbio, dato che nella mente del Superquattro la condizione
catatonica in cui sia lui che Oak versavano era legata con doppio
filo all'attacco della notte passata.
«
Avete visto? È arrivata gente in città
».
Il
giovane localizzò il discorso che stava avendo luogo al di
là di
una cortina di cespiti color verde bottiglia. Non solo: poteva
distintamente udire altri versi provenire da lì. Forse dei
pokémon?
Che stessero minacciando Blue con quelli?
«
Come? Qualcuno dove? ».
L'allenatore
si sorprese: udiva solo frammenti di conversazione nonostante si
trovasse a pochi passi dai colloquianti, e non era concepibile che la
vegetazione in quel punto si infittisse così tanto.
«
Il cespuglio? ».
Lance
intuì e trasalì, ma non ebbe tempo di reazione:
di colpo vi fu un
flash e un suono che si confuse con gli altri che erano emessi dalla
foresta retrostante. Una scarica elettrica lo centrò e,
tramortito,
svenne.
«
Dai, smettila di leccarlo, si sta svegliando! ».
Lance
si destò sdraiato, e la prima cosa che notò
è che si trovava in un
luogo diverso rispetto a dove ricordava. Rammentò
immediatamente
dopo di essere svenuto e tentò di ragionarvi sopra, ma
subito un
piccolo viso marrone gli apparve di fronte e iniziò a
bagnargli il
capo con la lingua. Colto di sorpresa, Lance si drizzò
seduto e
iniziò a fissare la creatura con un'aria a metà
tra lo sbalordito e
il terrorizzato: era un incrocio tra una cagnolina e una volpe dal
manto incredibilmente lucido che lo fissava con i suoi occhi
luccicanti. Lo conosceva bene, era un Eevee.
«
Mi scusi… Lei cosa ci fa qui? ».
Il
giovane si voltò: Blue era seduto vicino a lui con un
paffuto
Pikachu sulle gambe che era intento a riceverne le attenzioni; poco
distante da lui c'era qualche metro di spiaggia che preparava
l'avventore alle onde del mare che scrosciavano e vi si abbattevano
sopra. Spirava una piacevole brezza « Io… No,
aspetta, dovresti
dirmi tu che ci fai qui ».
«
Ah, io… ».
«
E questi due? Chi sono? Non mi avevi detto che Oak ti aveva
già dato
un pokémon ».
«
Non l'ha fatto ».
«
Allora mi sfugge qualcosa. Partiamo dall'inizio, che posto è
questo?
».
«
Siamo nel bosco di Pallet ».
«
E fin qui ci siamo ».
«
Io e Red andavamo spesso a giocarci, e abbiamo trovato questo posto
».
«
D'accordo. Ora spiega Pikachu e Eevee ».
«
Loro sono nostri amici ».
Lance
rimase quasi disarmato dalla semplicità della replica
« Sì, ma
come li avete incontrati? ».
«
Beh, stavamo giocando, un giorno, e li abbiamo trovati proprio qui. A
dire il vero c'era solo Eevee, e abbiamo familiarizzato. Poi Pikachu
è tornato con delle bacche, e poco è mancato che
ci fulminasse. Poi
abbiamo spiegato, e il resto è venuto da sé
».
«
Molto strano, non sono originari di questo luogo ».
«
In effetti gli avevamo chiesto dove fossero i loro genitori, ma non c
i hanno dato risposta. Così li abbiamo adottati ».
«
Alla vostra età? » il Superquattro parve
sospettoso.
«
Dov'è il problema? ».
«
No, nessun problema… Ehi, aspetta, tua sorella mi ha detto
che ogni
pomeriggio tu e Red vi trovavate… Era per questo?
».
«
Mia sor–– lei mi stava pedinando! ».
L'allenatore
si sentì colto sul fatto « Ah, beh, e
tu… Tu stavi… Oh,
lasciamo perdere ». Detto ciò si sdraiò
sull'erba nuovamente «
Sono troppo stanco per litigare ».
«
Mi spiace se Pikachu le ha fatto male. Voleva solo difenderci
» Blue
lo guardò « È molto protettivo. Eevee
invece è timida, è molto
strano che non sia scappata alla vista di un estraneo ».
Una
folata di vento prolungata stava investendo il bosco di Pallet a
quell'ora del giorno, ma Lance ne era appena sfiorato a motivo della
sua posizione quasi al livello del mare « Sì,
è una cosa che mi
dicono in molti. Immagino di avere un certo feeling con i
pokémon ».
«
Sa, è strano, anche Red va molto d'accordo con loro. Io
invece no,
Eevee è l'unica finora con cui mi sia mai rapportato
».
«
Beh, sei giovane. Col tempo otterrai esperienza. Poi non so se lo
sai, ma le medaglie aiutano a guadagnarsi il rispetto dei
pokémon, e
io ho le otto della Lega di Johto ».
«
Quindi lei ha viaggiato lì per la prima volta? E poi si
è allargato
a Kanto, quindi ».
«
A dire il vero conosco molto poco Kanto. Non ho mai sentito il
bisogno di viaggiarci ».
Il
loro dialogo fu interrotto da un verso malinconico, più un
lamento
per la verità, che era risuonato per l'aria. La coppia si
era
voltata verso il suolo, dove Eevee si stava avvicinando a Pikachu
–
nonché, ovviamente, a Blue stesso –, emettendo
qualcosa che
rassomigliava a un guaito. Il topo elettrico, di rimando, non aveva
potuto che replicare con un « pika » dal sentore
rassegnato.
«
Mi spiace, ma oggi non ne ho. Lo sapete, era Red a portarle ».
«
Che cosa? » domandò il Superquattro in un amalgama
di curiosità e
pietà.
«
Pokémelle ».
Il
giovane rammentò le informazioni ricevute da Andrew, e
finalmente
riuscì nell'impresa di chiudere il cerchio « Ah,
ma certo, ecco
perché andavate al Berries For Two's… Scusa, ma
come mai non sei
passato oggi? ».
«
Daisy le ha proprio detto tutto » Blue sorrise divertito,
come se il
fatto che un parente tanto stretto avesse tali dubbi su di lui da
domandare al Campione della Lega Pokémon di pedinarlo fosse
un fatto
di scarsa o nessuna rilevanza « Ma la nostra famiglia ha
difficoltà
economiche. Era sempre Red a pagare per le Pokémelle
».
«
Te ne approfitti, eh? ».
«
Come le viene in mente? ».
«
Ah, io non… Voglio dire, stavo scherzando ».
«
Non lo dica neanche per scherzo. Red è una delle persone
più
gentili che abbia mai conosciuto, non potrei mai provare qualcosa per
lui di diverso dall'amicizia ».
Il
Superquattro parve turbato da questa risposta e indugiò per
qualche
istante in meditabonda quiete « Pokémelle, hai
detto? ». Frugò in
una tasca dei pantaloni e ne estrasse un oggetto alquanto bizzarro:
somigliava a una sorta di tubo colorato, salvo il fatto che era
relativamente corto e una delle due estremità si deformava
in una
protuberanza agghindata per ricordare le fattezze di una
Poké Ball.
«
Che cos'è? » domandò interessato il
ragazzino.
«
Un contenitore per Pokémelle ».
Intuendo
quanto sarebbe seguito, Blue si affrettò a tentare di
fermare
l'allenatore « No, non deve… ».
«
Vediamo cosa abbiamo… » quello lo
ignorò completamente, non
celando tuttavia una risata sommessa per il suo atteggiamento
« …
Oh, ben quattro Pokémelle Oro. Queste sono un regalo di un
mio caro
amico, un vero fenomeno nel crearle ».
Il
rispettoso senso di rifiuto del suo interlocutore mutò in
interesse
verso quella rarità appena citata « Oro? Non le
avevo mai sentite
».
«
Beh, non sono da tutti. Allora, facciamo due a testa? Prima
Eevee…
Oh, Pikachu, non fare quella faccia, fai un po' il cavaliere
» Lance
allungò la mano reggendo un paio di caramelle che ai raggi
del sole
luccicavano quasi emanassero luce propria.
Il pokémon, dapprima titubante, le annusò,
dopodiché le inghiottì
a breve distanza l'una dall'altra con voracità e
riconoscenza.
Appena dopo il suo amico lasciò il giaciglio che le gambe di
Blue
gli avevano offerto per avvicinarsi al braccio che nel frattempo
aveva messo in mostra i restanti due dolciumi. Li ingerì
quindi con
piglio entusiastico, accorgendosi poi che erano diverse dai suoi
soliti spuntini e ringraziando di conseguenza.
Blue,
dal canto suo, era rimasto fino ad allora in contemplazione estatica
« Avrebbe dovuto tenerle per i suoi pokémon. Erano
sue ».
«
Figurarsi. I miei draghi detestano le Pokémelle, non le
avessi date
a loro sarebbero rimaste per mesi là dentro ».
«
Cosa posso fare per ricambiare? ».
Lance
non rifletté per molto, ma quegli attimi gli sembrarono
un'eternità.
Non ricordava di aver mai fatto una richiesta simile, abituato
com'era al fatto che le convenzioni sociali lo salvassero da una tale
incombenza che lo poneva in uno stato di vergogna interiore.
Tuttavia, vuoi per l'empatia del momento, vuoi perché per un
attimo
aveva abbandonato i suoi reali propositi, si sentiva quasi obbligato
a chiederla « Sì. Mi puoi dare del tu? ».
«
Io… Sì, va bene ».
E
così, adagiatisi sull'erba di quella baia in miniatura,
iniziarono a
parlare dei più diversificati argomenti, spaziando da come
scorresse
la vita di un Campione a come Blue e Red impiegassero il proprio
tempo insieme nei giorni antecedenti a quello del disastro –
non in
un'ottica investigativa, bensì per pura curiosità
ancestrale –;
discussero di quale fosse il legame più opportuno da
intrattenere
con i propri pokémon, trovandosi piacevolmente in accordo, e
di come
trascorresse la vita comune a Pallet Town; e fu ovviamente toccato
anche il discorso della Premier Ball regalata dal professor Oak,
nonché dell'ampia piana situata a est della cittadina e
dell'arcobaleno misterioso avvistato dai due ragazzi proprio
nell'occasione che aveva accomunato i due temi sopraccitati –
secondo Lance in inglese si chiamava moonbow,
ed era bianco perché l'occhio umano fatica a discernere la
luce
quando l'oscurità la avvolge.
Per
i primi minuti era risultato quasi sconveniente l'utilizzo della
seconda persona singolare per rivolgersi l'uno all'altro, ma con il
trascorrere del tempo si era rivelato molto agevole e tornare
indietro risultava al limite dell'assurdo. Il dialogo, a ogni buon
conto, giunse in un punto non precisato del pomeriggio a una
questione particolare che al lettore non sarà affatto nuova.
«
Hai visto quel fiore? » chiese a un tratto Blue.
«
Quale? ».
«
È volato via poco fa ».
Lance
scrutò il cielo affollato di Pidgey e Spearow libranti, ma
non
individuò nulla del genere « Me lo sono perso
».
«
Volava verso l'orizzonte. Era quasi da solo, c'erano solo petali
vicino » Blue si coricò su un lato « Tu
sai cosa c'è dall'altra
parte? ».
«
Dall'altra parte di cosa? ».
«
Dell'oceano ».
Il
Superquattro esaminò mentalmente una mappa del mondo,
dopodiché
replicò senza esitazione « Hoenn ».
«
Che cos'è? ».
«
Non conosci Hoenn? A scuola non te la insegnano la geografia?
».
«
Si concentrano su Kanto, a volte su Johto. Non leggiamo mai di luoghi
lontani ».
Lance
si sorprese di questo fatto, ma d'altronde non poteva averne idea dal
momento che l'unico tipo di istruzione che gli fosse stato mai
impartito era quella di suo zio « Vuoi saperne di
più, immagino ».
«
Sarebbe bello ».
«
È una regione, neanche brutta a essere sincero.
C'è molto verde, i
Routes sono sempre costeggiati da alberi di ogni tipo. In linea di
massima ospita diversi luoghi, chiunque lì può
trovare il suo
posto. Ci sono città popolose e villaggi isolati, e anche se
ami la
montagna c'è comunque il Mt. Chimney »
l'allenatore posò la
propria mano destra a fungere da visiera improvvisata per ripararsi
dai raggi del sole che oramai iniziava ad avvicinarsi alla linea di
confine fra cielo e terra « Ah, e ovviamente c'è
il mare. Hoenn è
famosa anche perché ha molte isole. C'è un mio
amico, Briney, che
vi viaggia molto ».
«
Perché non vivi là? »
domandò Blue « Sembra un bel posto ».
«
Io…Beh, lo è, ma nulla a che vedere con Johto
».
«
Come mai? ».
Lance
rimase spiazzato « Beh, io… ci sono cresciuto,
l'ho vista di più,
penso sia più evocativa come regione. Hoenn non mi dice
niente ».
«
Non è un ragionamento un po' sbagliato? ».
«
Cioè? ».
«
Ti piace Johto perché è il luogo della tua
infanzia, il che è
normale. Ma non vuoi viaggiare oltre? ».
Già,
viaggiare. Il vuoto che il Superquattro sapeva bene di avere, e che
tuttavia non riusciva a giustificare. Forse quel ragazzo avrebbe
potuto aiutarlo a ricordarsi perché un tempo volesse
vagabondare più
di ogni altra cosa al mondo « Ma perché? Voglio
dire, se amo una
regione voglio viverci. Per restare a Hoenn dovrei abituarmi a nuovi
luoghi, nuove geografie… Per cosa, se Johto mi dà
sentimenti
migliori senza sforzi ulteriori? ».
«
Perché restare sempre in un solo posto lo rende
già visto,
monotono. Dov'è il piacere di andare in giro se sai
già cosa c'è
dietro l'angolo? ».
«
Si vede che sei giovane » Lance sorrise divertito, ma nemmeno
lui ne
era così convinto nel profondo « Sai, quando
diventi adulto non hai
più tempo per rilassarti. E a quel punto che senso ha
trasferirsi se
tanto sai che la routine ti impedirà in ogni caso la
scoperta? ».
« Ma così non spreca il suo tempo? » la replica colpì
il campione come
una freccia al torace, scoccata in un tempo infinitesimale e
ciononostante avvertita nel suo movimento a ogni singolo millimetro
che percorreva in avanti « Io da grande non voglio certo
finire così
».
Lance
si sforzò di far buon viso a cattivo gioco, reprimendo i
dubbi che
una volta di più riaffioravano dal suo subconscio
« E che cosa vuoi
fare da grande? ».
Blue
non ebbe alcuna titubanza « Viaggiare ».
«
E… ? ».
«
Nient'altro. Voglio solo andare in tutti i posti possibili, fino a
che non conoscerò ogni angolo del mondo
».
Il
Superquattro non ribatté, privo in ogni modo di una risposta
valida.
Rimase sdraiato con gli occhi al cielo che iniziava a imbrunirsi,
interrogandosi sul perché quel dialogo gli suonasse tanto
familiare
da apparire quasi già vissuto. Anche al termine di tutte le
considerazioni del caso, comunque, l'unica certezza della giornata
risultava quella che aveva mentito sulle Pokémelle: i suoi
draghi le
adoravano. Ma ciò non aveva ormai alcuna importanza.
Era
notte e Blue era solo e immobile di fronte a un'entrata che conosceva
bene. Da piccolo vi si era recato più volte in compagnia di
suo
nonno in quelle mattinate estive in cui l'afa non si faceva sentire
come altre volte, consentendo di uscire affiancati da una piacevole
brezza temperata: si trattava del cancello che andava oltrepassato
per accedere all'unica arena di Pallet Town, un massiccio telone
verde acqua che ospitava il campo di battaglia al coperto e che era
circondato da una palizzata di ferro che interdiceva l'avvicinarvisi.
Il resto del pomeriggio era trascorso in maniera alquanto piatta da
quando era rientrato a casa accampando come scusa una passeggiata
riflessiva allungatasi più del dovuto – dal canto
suo, Lance non
aveva fatto menzione del loro incontro nel boschetto né alla
sorella
né ai suoi colleghi, affermando di aver vagato senza
successo.
L'atmosfera
che attorniava la zona che Blue stava ammirando era pesantemente
influenzata dalla fioca illuminazione di un giallo tendente
all'arancione che proveniva dai lampioni. Non vi era anima viva in
giro, e lo stesso ragazzo si domandava perché fosse
lì, senza però
trovare una risposta valida. La sua memoria mancava della non
irrilevante motivazione come se quella parte le fosse stata asportata
artificialmente.
La
sua attenzione fu attirata da una movenza del telo proprio a uno
degli angoli visibili da quella posizione, ossia quello più
a
destra: si era mosso come se fosse stato scosso dall'aria, ma in
quella cocente serata non spirava un alito di vento. Vi furono ancora
un paio di movimenti sospetti, poi da oltre il telone
fuoriuscì un
essere mostruoso, qualcosa a metà tra un verme e un ragno;
la
Scolopendra
è quanto di più simile il nostro mondo abbia a
che spartire con
quella creatura, posto che essa esibiva comunque proporzioni enormi,
tanto da coprire almeno un terzo del telone in larghezza con il suo
solo corpo, senza includere le filiformi zampe che lo accompagnavano.
Blue
rimase per pochi istanti paralizzato mentre quella bestia percorreva
una sorta di inquietante spirale, poi scattò alla propria
sinistra e
iniziò a correre in linea retta lo stretto vialetto. Avrebbe
voluto
voltarsi, ma non pareva avere il controllo delle proprie azioni:
proseguì dritto avanti a sé uno slancio dietro
l'altro finché dal
più completo nulla fuoriuscì un'ombra con cui
finì per scontrarsi.
Blue levò la testa con un sussulto dopo essersi ritrovato a
terra:
aveva di fronte la figura statuaria di Lance, che non aveva accusato
minimamente la collisione. La sua presenza rassicurò non
poco il
ragazzo.
«
Cosa fai qui a quest'ora? » l'allenatore prese la parola con
un tono
a metà tra il paternalistico e il severo.
«
Io… niente » la voce gli era uscita da
sé, senza che il giovane
avesse diramato alcun ordine alle proprie corde vocali.
«
Lo sai che tra non molto qui potrebbe esserci un attacco.
Perché
correvi? ».
«
C'era uno sparene qui vicino » Di nuovo aveva parlato senza
volerlo,
questa volta senza nemmeno sapere quanto stesse dicendo. Cosa diamine
era uno sparene?
«
Non vedo niente, penso sia andato ».
Blue
si voltò senza proferire parola ed effettivamente, qualsiasi
cosa lo
sparene fosse, non c'era più. Considerando che neanche si
era
voltato durante la fuga non era impossibile che si trovasse ancora
all'arena.
«
Ora è il tuo turno ».
Il
ragazzino riportò il volto dal lato di Lance, che
però era sparito;
o meglio, era mutato. Dai connotati familiari che conosceva era
diventato non più di una macchia scura stagliata di fronte a
lui e
stava crescendo a dismisura in dimensioni, fino a perdere qualsiasi
fattezza umana. D'un tratto la luce fioca dei lampioni scomparve,
lasciando nient'altro che oscurità, e Blue perse di vista
qualsiasi
cosa il suo mentore stesse diventando. Si accesero senza preavviso
due occhi celesti che brillavano nel buio, evidenziando anche quella
che pareva una fiamma eburnea poco sopra, e finalmente
riuscì a
riconoscerlo: era il fantasma che perseguitava Pallet, lo stesso che
era apparso nel suo sogno di due notti prima.
«
TRITAIOS!
».
«
Sei sveglio? ».
Il
nostro protagonista si destò sudato fradicio e con le
coperte
appallottolate in un angolo del letto. Il sonoro canto dei grilli
aveva accompagnato il suo subitaneo risveglio e ora stava allietando
una serata altrimenti silenziosa e per certi versi angosciante.
«
A quanto vedo sì ».
Blue
si girò: accanto a lui, sopra una sedia lignea e accanto a
una
luminosa abat-jour, era appostato Lance. Se fosse quello vero, era
ancora da accertare « Che è successo? ».
«
Gridavi nel sonno. Un incubo, immagino ».
«
Sì ».
«
Sono indiscreto se chiedo cosa hai sognato? ».
«
Uno sparene ».
«
Un cosa? ».
Al
ragazzino non serviva altro: che il suo interlocutore non sapesse che
cosa era quella creatura era una prova più che sufficiente
che si
trovava nel mondo reale « È tipo un mostro, un
verme gigante.
Nell'incubo lo chiamavo così, e anche tu penso ».
«
C'ero anche io? ».
«
Sì e no. Cioè, alla fine diventavi lo spettro,
quello che ci ha
attaccati ieri ».
Lance
sorrise, anche se era più una smorfia che un effettivo segno
di
allegria, meditando su in quali modi misteriosi la mente umana riesce
a lavorare quando non è sotto il nostro controllo. Poteva
persino
essere possibile che fosse proprio l'intelletto a impedirle di
sfoderare tutto il suo incredibile potenziale « Forse
è colpa del
caldo. Perché non dormi senza le coperte? ».
«
Non ci riesco. Mi sento poco protetto, insicuro. Non mi addormento
».
«
Capisco, capitava anche a me ogni tanto ».
«
E poi mi piace fare gli incubi. Mi ispirano, sono belli da vivere e
da ricordare, anche se fanno paura sul momento. Mi danno emozioni,
senza di loro la mia vita sarebbe monotona » Blue si mise a
sedere
sul suo letto « Che ore sono? ».
«
Quasi le due di notte. Ancora presto per svegliarsi ».
«
Tu perché sei qui? ».
«
Io e gli altri abbiamo vegliato fuori fino all'una e mezza passata,
ma dell'assalitore neanche l'ombra. Può essere che sia stato
un
attacco isolato ».
«
Io non penso ».
«
Come mai? ».
«
Questo è il terzo incubo che ho che lo riguarda.
Attaccherà anche
stanotte, ne sono sicuro ».
«
No, no, aspetta » il Superquattro operò un rapido
conto « C'è
stato un solo colpo. Come puoi averne fatti tre? ».
«
Dalla notte prima del mio compleanno in poi ho sempre sognato quel
fantasma. All'inizio non sapevo chi fosse, perché due sono
stati
prima che apparisse, però ora so certamente che è
lui ».
«
Ed erano sempre lo stesso incubo? O avevano caratteristiche diverse?
».
«
Beh » Blue rifletté « Il primo era
iniziato con una specie di
processione, c'erano qualcosa tipo macchine metalliche volanti che
viaggiavano sopra il mare. Io guardavo da una piccola terrazza, ma
non ero a Pallet, quindi non so dove fosse il tutto. Poi finivo
nell'oscurità e incontravo lo spettro che fluttuava
».
«
Macchine volanti… non ho mai sentito di niente del genere
».
«
Il secondo invece era qui in camera, e non potevo muovermi. Respiravo
lentamente e c'era una figura simile a un uomo nero che veniva verso
di me ».
«
Ho già sentito di sogni come questi »
osservò Lance « Solo che…
Accidenti, non mi viene in mente… Ricordami di chiedere a
Lorelei,
lei di sicuro sa a cosa mi riferisco. Comunque mi sembrano tutti
abbastanza diversi, perché pensi che c'entrino qualcosa con
il
nostro nemico? ».
«
Beh, quando l'ho visto ieri sera i suoi occhi erano azzurri, e in
tutti e tre i miei sogni erano di quel colore. Posso capire
nell'ultimo, ma non penso sia casuale che sapessi già un
dettaglio
simile » Blue si stropicciò gli occhi e produsse
un sonoro
sbadiglio, che ne provocò uno simile al Superquattro
« E poi tutti
i miei incubi si sono conclusi con una parola gridata…
“tritos”,
mi pare ».
«
Tritos…
» Lance si immerse in un meditabondo silenzio « Non
conosco lingue
in cui abbia un senso. Molto strano ».
«
Beh, ma io sogno anche parole come “sparene”. Non
dare troppa
importanza, per come la vedo io conta solo che sia sempre detta
».
«
Sì, forse… ».
Si
udì il rumore di una maniglia che si abbassa e la porta
della camera
si aprì a rivelare la sagoma di Daisy « Va tutto
bene? ».
«
Nessun problema » replicò Lance « Mi
parlava dei suoi incubi ».
«
Vuole che le prepari un caffè? »
domandò la donna « Sa, è tardi,
se deve restare sveglio ancora forse le può servire
».
«
No, grazie, non mi piace granché. Non resto per molto,
comunque, tra
poco devo rintracciare i miei colleghi ».
«
Ve ne andate? » chiese visibilmente allarmato Blue.
«
Temo di sì » il Superquattro mostrava chiaramente
un velo di
malinconia nel dover abbandonare il suo nuovo amico, ma era ben
cosciente di non avere altra scelta « Siamo venuti qui per
proteggere la città, ma a quanto pare momentaneamente non ce
n'è
bisogno. La Lega chiam–– ».
Ogni
luce si spense senza preavviso. In pochi istanti, l'intera Pallet
Town era divenuta praticamente invisibile agli occhi di uno
spettatore che vi fluttuasse sopra, essendo indistinguibile
dall'oscurità che avvolgeva il terreno circostante. Una
folata di
vento gelido penetrò attraverso la finestra della camera che
era
rimasta spalancata.
«
Cosa sta–– » Daisy fu interrotta da un
rumore sordo vagamente
familiare. Si udì un profondo « assurdo
», dopodiché il suono fu
ripetuto senza che né Blue né sua sorella
avessero compreso quanto
stesse succedendo.
«
Chi è? » domandò il ragazzino con il
panico a marcargli
nitidamente il tono.
«
Lance, che domande » replicò la voce
dall'oscurità, e sebbene essa
fosse incupita dall'angoscia era comunque chiaramente riconoscibile.
«
Cos'era quel suono? ».
«
Ho fatto uscire Charizard dalla Poké Ball ».
«
Non è possibile » osservò Daisy
« Ha una fiamma sulla coda,
l'avremmo visto ».
«
Precisamente. Non è che è tutto spento, la luce
sembra scom–– »
un violento ruggito rimbombò nell'aria e ogni lampada si
riaccese.
Dall'esterno si udirono grida di terrore. I tre si precipitarono alle
persiane spalancate per rendersi conto di quanto stesse accadendo,
trovandosi di fronte una visione di raro orrore: le due case che
prima affiancavano da quel lato l'edificio in cui si trovavano erano
improvvisamente scomparse.
«
NON MUOVETEVI » ordinò imperiosamente Lance, poi
scattò verso le
scale.
«
Ma ci ucciderà! » esclamò Blue
« Verremo vaporizzati! ».
«
Non lascerò che vi succeda niente » disse
sbrigativamente ma
sinceramente il Superquattro, quindi accorse al piano di sotto e
uscì
in fretta dalla dimora. E, proprio appena messo piede all'aperto,
ebbe modo di vederli: due luminosi fari celesti che brillavano sopra
la città.
Immediatamente
mise mano alla tasca e ne estrasse un oggetto che aveva tenuto pronto
fino ad allora per una situazione simile: un PokéGear.
Compose
rapidamente un numero e lo portò all'orecchio.
«
Lance? » chiese una voce femminile dal capo opposto.
«
Lorelei? Dove siete? ».
«
Io… Ah, come faccio a spiegarlo… ».
«
Non ha importanza, sei con gli altri? ».
«
Sì ».
«
Lo vedete anche voi quel coso? ».
«
Sì ».
«
Attaccatelo immediatamente! ».
«
D'accordo, riferisco » la donna riagganciò.
Lance
prese a sua volta in mano una PokéBall e la
lanciò « DRAGONITE,
VAI! ». Salito in fretta sul dragone, partì alla
volta del mostro
con velocità. Avvicinandosi riuscì a discernere
anche ulteriori
particolari del suo avversario, notando che pareva avere anche una
sagoma simile a un mantello al di sotto dei due supposti occhi.
«
USA TUONO! » comandò non appena lo spettro fu a
portata di tiro. Di
risposta, un fragoroso lampo fu invocato dalla sua monta, andandosi a
schiantare proprio sull'entità misteriosa che, prima voltata
perpendicolarmente alla traiettoria di volo di Dragonite, si
girò
fino ad averli di fronte; a quel punto da una parte indefinita del
suo nebbioso corpo fu lanciato un raggio nero che fu schivato per un
soffio dalla coppia in volo. Appena dopo, altri colpi analoghi furono
lanciati in sequenza, sfiorando più volte il
pokémon di Lance.
«
Dove sono gli altri, santo cielo? ».
Quasi
li avesse invocati, un flusso glauco emerse da un non precisato punto
di Pallet Town andando a centrare in pieno il confuso bersaglio che,
pur non risentendone a livello macroscopico, ne fu distratto
lasciando una tregua al Superquattro.
«
Aerodactyl! Charizard! » proruppe l'allenatore «
Recuperateli
subito! ». I due pokémon sfrecciarono senza
attendere nella
direzione da cui era provenuto il fiotto turchese, nonché
successivi
colpi della medesima tipologia.
«
E ora a noi » Lance aggiustò il mantello e si
ravviò i capelli «
Dragonite, andiamo! ».
Mentre
il dragone volava celermente lo scontro a distanza che
l'entità
aveva ingaggiato con i suoi colleghi sembrava momentaneamente
terminato, segno che i suoi colleghi si erano già imbattuti
nei
rinforzi da lui inviati. Se aveva una certezza assoluta, era che non
bisognava concedergli riposo alcuno « Vai, usa Iper Raggio!
».
L'eburneo
attacco andò incontro all'obiettivo, ma questi ne fu appena
sbalzato
all'indietro. Il Superquattro imprecò, ma non c'era tempo
nemmeno
per respirare: il fantasma iniziò a concentrare energia al
punto che
essa era tangibile, e Lance comprese subito che era in arrivo
qualcosa di tremendo. Sul punto di lanciare la sua controffensiva,
tuttavia, la bestia incassò un possente Lanciafiamme emesso
dal suo
Charizard cavalcato da Bruno. Frattanto gli si era affiancato
Aerodactyl, che ospitava Agatha e Lorelei.
«
Non sei troppo vecchia per volare? » il giovane si sorprese
di
trovarsi in grado di ironizzare persino durante un apocalisse che si
approssimava.
«
Senza di me sareste perduti » commentò Agatha
« Ora occupiamoci di
quel… coso ».
«
Ti capisco, sono a corto di battute spiritose anche io » il
campione
si volse poi verso l'altra sua amica « Ehi, Lorelei,
com'è che si
chiamano quelle allucinazioni che sembrano sogni? ».
«
Sogni lucidi » la donna sistemò i propri occhiali
« Ma questo ora
cosa c'entra? ».
«
Così almeno morirò sapendolo! » Lance
diede un cenno a Dragonite
che, quasi non stesse aspettando altro, partì subito a
prestezza
massima all'inseguimento dello spettro.
|
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Capitolo 5 *** Nuovi eroi ***
V 'Nuovi eroi'
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Blackthorn
City:
Ebanopoli.
Canalave
City:
Canalipoli.
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cerulean
City:
Celestopoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Indigo
Plateau: Altopiano
Blu.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Mount
Chimney:
Monte Camino.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
League:
Lega Pokémon (n.b.
le istituzioni sono qui chiamate
con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega
Pokémon è anche il nome della località
dove la Lega come ente
ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Viridian
City: Smeraldopoli.
Viridian
Forest: Bosco
Smeraldo.
Aaron:
Aaron.
Agatha:
Agatha.
Bertha:
Terrie.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Briney:
Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).
Bruno:
Bruno.
Clair:
Sandra.
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Flint:
Vulcano.
Glacia:
Frida.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Phoebe:
Ester.
Red:
Rosso.
Samuel
Oak:
Samuel Oak.
Sidney:
Fosco.
Steven
Stone:
Rocco Petri.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
* * *
V:
“Nuovi eroi”
Lance
e Dragonite si precipitarono nei pressi del mostro fino a riuscire a
intravedere Charizard, al qual punto virarono prontamente per
raggiungere Bruno. Sotto di loro lo spettacolo era desolante: un
intero quartiere di Pallet Town sembrava scomparso nel nulla senza
che nessuno avesse udito crolli di alcun genere. Quanto allo spettro,
i suoi connotati apparivano da vicino più distinti, al punto
che si
poteva avere l'impressione che si trattasse di un pokémon.
«
Tutto bene? » domandò il campione.
«
Non direi, non sembra scalfirlo niente ».
«
Dobbiamo attaccarlo insieme » concluse « Seguimi.
DRAGONITE,
DRAGOPULSAR! ».
Il
drago spalancò la bocca e generò una possente
onda d'urto. «
CHARIZARD » ordinò Bruno a sua volta «
LANCIAFIAMME! ».
I
due attacchi, lanciati a velocità differenti, finirono per
centrare
il bersaglio in contemporanea, provocandone un verso rabbioso. La
creatura in risposta ripeté quanto poco prima aveva
iniziato:
l'energia, sotto forma di un impetuoso risucchio, tornò a
concentrarsi intorno a lui. « KYANEOS
» gridò, anche se sembrava più un
termine asettico pronunciato a
voce alta, e una massiccia sfera purpurea fu lanciata all'indirizzo
dei due amici. Sul punto di essere colpiti, tuttavia, una roccia la
intercettò e ambedue i corpi scomparvero in un flash sotto
gli occhi
attoniti di Lance. Da un lato accorse in volo il loro salvatore,
Aerodactyl. « State più attenti! »
esclamò Lorelei.
«
Cosa… Cos'era quella? » chiese esterrefatto Bruno.
«
Non ne ho idea, ma dev'essere così che fa scomparire le case
»
replicò il suo compagno « E poi che ha detto?
Kynenos? ».
«
“kyaneos”.
Dev'essere il suo nome » osservò Agatha
« Ciò rafforza i miei
sospetti, quello è un pokémon ».
«
Un POKÉMON? » domandò incredulo Lance
« Non è possibil––
VIA! ». L'avvertimento del Superquattro arrivò
appena in tempo per
scongiurare una collisione con un'altra sfera rossiccia. I quattro,
tenuti d'occhio a distanza da tutta la popolazione di Pallet Town, si
ricongiunsero dal capo opposto del loro avversario.
«
Dobbiamo fermarlo » disse Lorelei « Paralizzarlo.
Se continua ad
attaccare siamo finiti ».
«
Bruno » chiamò il loro leader « Tieni
pronto il Turbofuoco ».
«
Sei pazzo » sbottò Agatha « È
troppo debole come attacco, lo
spezzerà come niente ».
«
Donna di poca fede » ribatté Lance «
DRAGONITE, USA TIFONE! ».
Il
drago sbatté le sue possenti ali e un brutale vento si
alzò in
direzione del fantasma fino a circondarlo in un uragano invisibile,
limitandone notevolmente i movimenti.
«
ORA, CHARIZARD! » esclamò Bruno, e il tornado fu
infuso di un fuoco
rosso vivo che immobilizzò in un turbinio infernale Kyaneos.
«
PRESTO, È FERMO! » il campione partì in
volo « IPER RAGGIO
SUBITO! ».
«
AERODACTYL, VAI ANCHE TU! » comandò Lorelei. I due
flussi si
combinarono colpendo il mostro che barcollò vistosamente.
Charizard
sfrecciò loro davanti appena dopo e lanciò un
poderoso Incendio che
causò una immensa esplosione aerea che sbalzò
all'indietro i
quattro cavalieri, ricongiuntisi poi a distanza dalla nube di fumo e
fiamme.
«
Questa è stata pesante » commentò Lance
« Ma neanche il più
possente pokémon del mondo resisterebbe a una combinazione
simile.
Non per niente siamo i Super–– ».
«
Aspetta a cantare vittoria » l'intero gruppo si volse verso
Agatha
che, a braccia conserte, aveva pronunciato quelle parole «
È ancora
vivo ».
Quasi
avesse visto in anticipo quanto si sarebbe verificato, al diradarsi
della nuvola fumogena corrispose la sconcertante rivelazione: Kyaneos
era ancora indenne, avvolto in quello che pareva uno scudo energetico
violaceo.
«
No, non è possibile! » Lorelei
strabuzzò gli occhi incredula «
Non può aver usato una Protezione! Era fermo dentro al
Turbofuoco!
».
Lance
prese le parole della sua collega come spunto di riflessione.
Perché,
volenti o nolenti, le regole erano quelle: per creare una Protezione,
per giunta di quella resistenza, bisognava avere tempo per produrla.
E Kyaneos non poteva averlo avuto, perché l'allenatore
stesso lo
aveva visto barcollare in seguito alla coppia di Iper Raggi. E di
certo non poteva averla approntata in precedenza e aver semplicemente
subito un rinculo in quell'occasione, perché uno scudo di
quel
genere non sarebbe potuto essere stato trattenuto e avrebbe deflesso
anche il Turbine di Dragonite. Doveva esserci
un'altra––
«
PRESTO, VIA TUTTI! » fu folgorato d'improvviso «
NON E' UNA
PROTEZIONE, E' UNO SPECCHIOVELO! ».
I
Superquattro tentarono una fuga dell'ultimo secondo, ma fu
impossibile: in un istante tutta l'energia accumulata dalla difesa
creata dallo spettro si scatenò massivamente in un'area
sferica
attorno alla sua figura, demolendo e affossando qualsiasi cosa fosse
nel raggio d'azione. Il terreno immediatamente sotto di lui fu
abbattuto fino a formare un grande cratere di terra brulla; quanto al
gruppo di allenatori, loro e i loro pokémon furono
schiantati
impetuosamente al suolo.
Incapace
di rialzarsi dalla terra arsa e spianata su cui si trovava, Lance si
voltò e trasalì: l'entità era proprio
sopra di lui in tutta la sua
enormità, e i suoi occhi celesti lo fissavano direttamente.
«
KYANEOS
». Di nuovo il risucchio d'aria gli scompigliò i
capelli mentre un
altro globo purpureo, l'ultimo, si componeva in quelle che –
solo
ora le notava – apparivano le mani della creatura. Sul punto
di
scagliarla, tuttavia, Pallet Town fu nuovamente immersa
nell'oscurità. Lance avvertì una staffilata di
brezza gelida
sferzargli il volto, come se poco distante da lui una qualche
finestra stesse facendo corrente, e poco dopo la luce tornò
a
brillare. Kyaneos era scomparso di nuovo, così come di nuovo
era
apparso quella notte.
Il
Superquattro sentì il bisogno di alzarsi, e decise dunque di
girarsi
in posizione prona; sul punto però di far forza con le
braccia,
decise di rinunciare: non gli doleva alcuna parte del corpo, ma gli
mancava completamente qualsiasi energia, quasi le avesse infuse tutte
in quella debacle. Rimase dunque in quella postura alquanto scomoda,
attendendo rinforzi e meditando.
«
Ehi, Lance! » Lorelei, avvistatolo, gli corse incontro.
«
Vedo che stai bene. Come hai fatto? ».
«
Agatha all'ultimo momento ha chiamato fuori Gengar. È uno
Spettro,
quindi non è stato sbalzato e ci ha salvate » la
donna si aggiustò
gli occhiali, fino a quel momento mantenuti obliqui a seguito
dell'esplosione « Tu piuttosto, come stai? ».
«
Non c'è male, ma potrebbe essere utile una barella. Niente
di grave,
ma non riesco a rialzarmi. Immagino mi serva del risposo. Piuttosto
vai a cercare Bruno, che se è in buone condizioni mi
trasporta lui
».
Lorelei
annuì e iniziò a vagare nella piana. Quanto a
Lance, non gli
importava neanche più di essere immobilizzato, né
che non sapesse
che fine avessero fatto i suoi pokémon. Non gli importava di
Red, di
Oak, di Pallet, di Kyaneos, dei Superquattro o della Lega. Non gli
importava degli innocenti o delle case distrutte, di Blue e della
promessa che gli aveva fatto di tenerlo al sicuro, e a dirla tutta
nemmeno dei suoi propositi. In quel momento c'era solo lui in quella
landa desertica, solo lui era stato poco prima a due passi da quel
mostro rischiando di scomparire, solo lui aveva visto in faccia la
morte.
Lui,
che fino a quel giorno stesso si era ritenuto il primo degli
allenatori, e dopo quella feroce battaglia non era altro che il primo
degli sconfitti.
Il
giorno dopo Pallet Town non era più la stessa. Se le
differenze a
seguito del primo attacco di Kyaneos erano state difficilmente
individuabili in un popolo abitante che, pur avvezzo e legato alla
quotidianità, aveva a conti fatti apprezzato quella
deviazione dalla
consuetudine, a condizione di poter in seguito tornare alla
situazione antecedente, altrettanto non si può dire della
reazione
alla seconda aggressione. In primo luogo i danni erano stati ben
differenti: in un caso solo pochi edifici avevano subito l'ira di
Kyaneos dissolvendosi nel nulla, mentre la seconda volta un intero
quartiere – nel caso di Pallet si può dire che
corrispondesse a
circa un sesto della dimensione globale della cittadina –,
quello
teatro della furiosa battaglia aerea, era stato completamente
nebulizzato, provocando diversi morti tra i residenti e ferendone
diversi altri.
Malgrado
ciò, la ragione principale per cui la fiducia era calata era
stata
proprio l'esito dello scontro, ossia la sconfitta dei Superquattro,
il cui arrivo in città, con risultati variabili ma
ciononostante
mediamente conformi, aveva rassicurato in precedenza le stesse
persone che adesso si trovavano completamente spaesate. Come
conclusione, tre quarti della cittadinanza di Pallet Town in quella
fatidica giornata si apprestava ad abbandonare il proprio passato, se
non altro fino a che la crisi non si fosse risolta da sé. Il
cielo
del borgo era affollato di Pidgeot e Fearow che trasportavano mobilio
e quant'altro per conto delle agenzie di traslochi – non era
complicato riconoscere quelle più costose ed esclusive, dal
momento
che per farsi riconoscere utilizzavano pokémon esotici, tra
cui
persino draghi.
Blue
aveva mantenuto un atteggiamento simile a quello condotto a seguito
della prima apparizione di Kyaneos: poco dopo la sua scomparsa era
stato preso da un pesante sonno comprensibile per un ragazzino della
sua età e si era addormentato quasi immediatamente senza
più
svegliarsi fino alle undici del giorno dopo, quando delle voci
provenienti dal soggiorno l'avevano giocoforza destato. Ancora in
pigiama e con stampata in volto la stanchezza mattutina, decise di
scendere al piano inferiore. Lì lo attendevano con sua
relativa
sorpresa tre dei Superquattro seduti sul divano, tutti meno colui che
più avrebbe voluto incontrare: Lance. Con piacevole scoperta
non si
sentì in imbarazzo per la loro presenza: anzi, la loro
morbida
chiacchierata conferiva all'intera casa un'atmosfera che raramente
aveva avuto modo di vivere. Se avesse dovuto paragonarla a qualcosa,
ricordava che una volta con Daisy era stato ad ammirare l'alba dalla
piana situata a est di Pallet Town, e la percezione dei raggi solari
sulla propria pelle gli aveva provocato sentimenti simili.
Può
apparire poco ortodosso ricorrere a questa sinestesia per descrivere
il clima che aleggiava nel salotto in quel momento, ma non vi
è
altro modo per spiegarla a qualcuno che non l'abbia vissuta.
«
Ciao Blue » disse Agatha interrompendo il discorso che poco
prima
stava tenendo.
«
Salve » il ragazzino, con fare sonnolento,
gesticolò con la mano a
salutare tutti i presenti « Dov'è Lance?
».
«
L'hanno trasportato in urgenza all'ospedale di Viridian City, ma
l'hanno dimesso in nottata e si è trovato un albergo
lì » spiegò
Lorelei « Ma si vedeva lontano un miglio che non aveva
niente, non
capisco perché abbiano insistito per portarlo là
».
«
Noi siamo rimasti qui, abbiamo dormito in una locanda vicino al
confine occidentale della città » soggiunse
Agatha, ma pareva più
un'informazione diretta alla sorella di Blue che a lui.
«
E Lance quando arriva? ».
«
Non ne ho idea » rispose la più anziana del gruppo
« Bruno, tu che
ci hai parlato quando l'hanno dimesso, che ha detto? ».
«
Niente a riguardo » l'uomo scosse la testa « Ha
detto che si
sentiva spossato e che doveva fare qualche telefonata. E poi qualcosa
tipo “tanto da soli non ce la faremo”, non ho
capito bene, ero
stanco anche io ».
«
Blue, la brioche è sui fornelli » disse a un
tratto Daisy, alla
quale il giovane rispose con un timido « grazie ».
La donna riprese
poi a parlare con i Superquattro « E ora cosa intendete fare?
».
Agatha
parve avere uno scatto d'orgoglio « Di certo non ce ne
andiamo.
Aspettiamo Lance e vedremo il da farsi, penso abbia un piano
».
«
Mah, non so » commentò Bruno « Ieri
quando l'ho sentito sembrava
sconsolato, penso la sconfitta gli abbia bruciato ».
«
A tutti » osservò Lorelei « Se stasera
torna non possiamo
commettere errori ».
«
Il problema è un altro » proseguì
Agatha « Quell'affare, Kyaneos…
Quell'ultimo Specchiovelo mi ha dato da riflettere. Non solo il fatto
che sia un pokémon, cioè, anche, ma se ci pensate
non funziona come
una Protezione. Non respinge il colpo, prima lo devi subire ».
«
Ci ho pensato anche io » Lorelei aveva compreso il
ragionamento
della sua collega « L'ha incassato quasi senza battere
ciglio. Un
Turbine, un Turbofuoco, due Iper Raggi e un Incendio… Come
dovremmo
battere qualcosa di simile? ».
Nel
bel mezzo della discussione si udì bussare. «
È aperto » disse
quasi distrattamente Daisy, e dalla porta entrò Lance nel
suo usuale
vestiario eccentrico.
«
Ah, eccoti » fu l'asettica considerazione di Agatha che, come
il
lettore avrà già capito da tempo, giocava a
provocare il suo amico.
«
Mi davi già morto, vero? » il leader fece qualche
passo in avanti e
salutò con il braccio Blue, che ricambiò con la
mano che non
reggeva la brioche ormai finita a metà, e il ragazzo fu
quasi
meravigliato che Lance fosse tanto in forma dopo la battaglia della
notte precedente « Sapevo che eravate qua ».
«
Congratulazioni. Per quanto riguarda invece un piano d'azione
decente? ».
«
Uscite e vedrete » ribatté orgogliosamente Lance
« Dovrebbero
essere qui a momenti ».
«
Chi? » domandò Lorelei, e come a risposta si
udì in lontananza un
possente ronzio, come uno sciame che si stesse avvicinando lentamente
a Pallet Town provenendo da nord. Incuriosito, benché non
allarmato,
il gruppo uscì in fretta dalla casa di Blue per vedere cosa
stesse
succedendo. In lontananza iniziarono a sopraggiungere i primi
reporter che, però, alla vista dei Superquattro rallentarono
e si
fermarono a distanza, consci del silenzio stampa e ormai arresisi a
ciò.
Quanto
al nugolo di insetti preannunciato, non ve n'era una traccia: era
solo una la silhouette a stagliarsi nel cilestrino cielo mattiniero,
e da lì sembrava un gigantesco coleottero di qualche specie
sconosciuta. In breve tempo la figura fu sopra il borgo e Lance fece
un cenno con braccia ampiamente aperte in modo da segnalare la
propria posizione; dopo un'immediata virata iniziò
l'atterraggio di
quella creatura che, vista da lì, mostrava anche quattro
cavalieri a
bordo. Una volta raggiunto il suolo poco discosto da dove si trovava
il gruppo dei nostri protagonisti, il Campione di Kanto andò
incontro al verde pokémon.
«
Chi sono? » chiese di sfuggita Blue prima che fosse troppo
lontano.
« Gli animatori di oggi » in risposta Lance si voltò raggiante come poche volte il
ragazzo
l'aveva visto e replicò « I Superquattro di Sinnoh
».
Il
giovane rimase stranito da questa affermazione e si girò con
aria
confusa verso Agatha, che pareva la più adatta a chiarire il
suo
dubbio « Cos'è Sinnoh? ».
L'anziana
signora sorrise divertita « Una regione. Si trova lontano da
qui, è
comprensibile che tu non ne abbia mai sentito parlare ».
E
con ciò eravamo a due mondi del tutto ignoti a Blue che
venivano
rivelati in modo totalmente casuale. Quante altre cose non sapeva?
Non era comunque il momento di arrovellarsi sulla vastità
del globo,
dunque il ragazzo decise di esaminare gli unici che allora poteva
individuare che provenissero da lì: il fantomatico gruppo di
Superquattro che cavalcava l'insetto gigante. E già da loro
colse le
enormi differenze culturali che dovevano intercorrere tra questa
Sinnoh e la sua Kanto.
La
prima a scendere fu una signora non più giovane ma che
senz'altro
aveva visto meno estati della locale Agatha – Blue avrebbe
ipotizzato un'età a metà tra i cinquanta e i
sessant'anni, ma era
una stima che lasciava il tempo che trovava visto che datare una
donna di mezza età può rivelarsi un compito
arduo; a ogni buon
conto, pareva rispondere all'elegante nome di Bertha.
Appena
dopo di lei vennero quasi in contemporanea due giovani, e l'utilizzo
di questo termine non è affatto casuale: con ogni
probabilità non
superavano i quaranta in due, e non di poco. Lance chiamava il primo,
dalla capigliatura verde pistacchio con un ciuffo che si alzava dal
centro del capo, Aaron; il secondo, che sfoggiava una riccia chioma
rosso fuoco, era invece Flint.
L'ultimo
a smontare da Yanmega – il nostro protagonista aveva udito il
nome
del pokémon pronunciato da Aaron che apparentemente ne era
il
padrone, ma non ne aveva mai sentito parlare – fu un uomo dai
capelli violetti che mostrava più o meno la stessa
età del leader
dei Superquattro di Kanto, vestito in maniera quasi eccessivamente
accurata per la situazione, anche se si trattava probabilmente di un
segno distintivo al pari del mantello di Lance, che lo accolse con un
caloroso abbraccio.
«
Cinque anni e ancora imbattuto, eh? » origliò
Blue, segno che
Lucian, questo il suo nome, era con ogni probabilmente il
più
importante dei nuovi arrivati.
«
A quanto vedo anche tu. Però ho sentito che avete avuto
qualche
problema con un topo d'appartamento qui » Lucian parlava in
tono
platealmente scherzoso « Ora che siamo anche noi qui stai
tranquillo
che mangerà polvere appena si ripresenta ». Bertha
frattanto era
andata a salutare Agatha come una vecchia amica, mentre Flint e Aaron
si erano intrattenuti con Bruno.
«
Allora » domandò la prima a Lance « Hai
intenzione di spiegarci
cos'è successo in questa città di tanto grave?
».
«
Ancora un attimo. Sto aspettando qualcun altro ».
«
Qualcun altro? » Lucian sistemò la montatura dei
propri occhiali «
Non avrai invitato la compagnia di Drake, vero? ». Lance in
risposta
sorrise sornione.
Proprio
in quell'istante, in una circostanza simile a quella che
precedentemente aveva annunciato l'arrivo degli allenatori di Sinnoh,
erano apparse all'orizzonte, segnalate da un ruggito vigoroso, tre
sagome che sfrecciavano in direzione di Pallet Town. Le
modalità di
atterraggio non furono dissimili da quelle seguite da Yanmega: questa
volta le monte erano un uccello dalle ali cotonate e un volatile dai
rotondi occhi non meglio precisato, ciascuno ospitante due persone
che vi avevano viaggiato sopra.
Con
sorpresa di Blue, però, un ulteriore drago in prevalenza
azzurro era
arrivato al suolo con loro, con un unico cavaliere a domarlo.
« Chi
dovrebbero essere? » domandò.
«
I Superquattro di Hoenn » replicò Bertha.
Dal
primo dei tre pokémon, chiamato Altaria – anche
questo era oscuro
al nostro protagonista –, scese in principio una ragazza
estremamente giovane, probabilmente sedicenne o qualcosa di simile,
che indossava un vistoso pareo indaco. Appena dopo di lei
arrivò
invece una donna più anziana, sui trent'anni, dalla corta
chioma
bionda e un ornato vestito lilla. Lance si riferì a loro
come Phoebe
e Glacia rispettivamente.
Quanto
al Flygon, ossia la seconda creatura ad atterrare, i suoi due
protetti discesero in contemporanea da grandi amici. Il primo, di
nome Steven, dall'aria seria e risoluta, era un ben vestito giovane
poco meno che ventenne con una folta capigliatura cilestrina, e a
giudicare dall'aspetto sembrava di buona famiglia; il secondo era
invece quanto di più diverso ci potesse essere: dal volto
allegro e
il capo canuto se non per un fulvo ciuffo isolato, indossava vestiti
informali e a Blue sembrò un musicista, così di
prima impressione.
Colui
che più colpì il nostro protagonista fu tuttavia
il quinto uomo,
l'inatteso: si trattava di un austero cinquantenne che, almeno
secondo l'abbigliamento, era con ogni probabilità un
capitano di
mare. Ciò che più sbalordì Blue fu la
sua espressione
assolutamente innaturale, quasi stesse soltanto recitando un ruolo da
quanto era severa – non ricordava di aver mai incontrato
qualcuno
dall'atteggiamento più grave di lui.
«
Chi è quello sceso dal drago? » domandò
non senza timore a Bruno.
«
Lui è Drake » rispose il Superquattro, e il
ragazzo avvertì nella
sua voce un profondo rispetto « È ritenuto il
più grande
allenatore di tutti i tempi, e uno dei migliori viventi. Solo Lance
gli è giudicato superiore ora come ora, ma penso che se non
avesse
perso la forma dei giorni migliori lo supererebbe sicuramente
».
«
Ma perché c'è anche lui? » chiese Blue
« Intendo, sono i
Superquattro. Perché sono cinque? ».
Qui
Bruno si lanciò in una poco chiara spiegazione limitata
dalle sue
approssimative capacità espressive, tale che non la
riporterò nel
rischio di confondere il lettore e descriverò io con una
digressione
la situazione della Lega Pokémon e il suo rinnovato
funzionamento in
quel di Kanto – nonché nelle altre regioni, come
vedremo.
Tutto
era cominciato cinque anni prima della vicenda che state leggendo,
quando ancora ogni sistema regionale era ben distinto da quello delle
sue controparti straniere, al punto che ogni Lega funzionava in modo
differente. Non solo l'organizzazione era caotica, essa era priva di
buon senso in ogni sua parte: per esempio Kanto ospitava numerose
Palestre disseminate nei più ignoti anfratti del territorio,
talvolta anche due o più nella medesima città
– esempio lampante
è Saffron City che tutt'ora porta i segni di quella babele
burocratica. Lo stesso Indigo Plateau, inteso una volta come luogo di
sfida massimo, si era ridotto a semplice tappa per qualsivoglia
allenatore, e il medesimo titolo di Maestro di Pokémon era
alquanto
inflazionato.
Si
decise dunque per un'azione drastica, cogliendo l'occasione per
effettuare quella in seguito denominata Grande Unificazione: da
quell'istante le Leghe di Kanto, Johto, Hoenn e Sinnoh avrebbero
avuto uguali meccanismi, e le prime due sarebbero state fuse in
ragione della inesistente distanza tra le regioni. Ovviamente ogni
titolo assegnato precedente l'Unificazione sarebbe stato reso nullo e
ogni attuale Capopalestra destituito, in altre parole qualsiasi
traccia del passato reputato abietto fu depennata in toto. Restava da
porsi una domanda: con quale criterio sarebbero stati decisi i nuovi
membri delle rispettive Leghe, e soprattutto come evitare che si
giungesse nuovamente alla deprecabile condizione dalla quale a fatica
si usciva or ora? La risposta alle due questioni fu unica e insieme
duplice: ogni vent'anni – durata media della cresta di
abilità di
un allenatore medio, che generalmente si verifica tra i venti e i
quarant'anni – si sarebbero tenuti tornei contemporanei nelle
regioni interessate che avrebbero decretato i più meritevoli
di
ruoli di prestigio.
Per
Hoenn e Sinnoh porre le basi di svolgimento della competizione fu
sommariamente agevole: i primi quattro classificati avrebbero avuto
accesso alla posizione di Superquattro, i successivi otto avrebbero
potuto scegliere la propria Palestra, avendo cura di selezionare una
città sufficientemente importante. Kanto e Johto furono una
questione più spinosa in quanto le Palestre disponibili
erano da
regolamento sedici, ma esclusive di ciascun territorio e di
conseguenza attribuibili solamente ad allenatori locali. Si risolse
comunque come segue: da due tornei regionali sarebbero emersi dodici
candidati ognuno; i ventiquattro si sarebbero poi sfidati in una gara
unica, e i migliori quattro sarebbero divenuti Superquattro di Kanto
e Johto. Infine si sarebbe ritornati alle due dozzine di prima:
analizzando i piazzamenti nel torneo finale sotto quest'ottica due
nuove classifiche sarebbero state formate, e in base a quelle i posti
di Capopalestra assegnati. Per un esempio pratico, Clair, cugina di
Lance, si qualificò quinta nella competizione globale:
giacché i
primi quattro furono relegati all'Indigo Plateau lei risultò
la
prima proveniente da Johto, ed ebbe così diritto di
preminenza sulla
scelta della Palestra che fu poi situata nella sua città
natale,
Blackthorn City.
In
realtà questo complesso meccanismo si svolse solo una volta
nella
storia delle quattro regioni, ma non è questo il momento di
spiegarne la ragione. Tutto ciò tuttavia non spiega una
cosa: perché
Hoenn, chiamata a inviare i propri Superquattro, poté
mandare in
aiuto di Lance cinque elementi anziché il canonico
quartetto? La
risposta, più prolissa di quanto potrebbe effettivamente
essere –
ma è un limite dello scrittore che potrete perdonargli
–, risiede
nel primo classificato del torneo regionale. Per comprendere meglio,
facciamo un passo indietro a vedere chi aveva trionfato nei
rispettivi territori natali. Nel torneo di Kanto e Johto Lance,
allora appena ventenne, sconfisse a mani basse ogni avversario che
gli si parò davanti, compresi allenatori molto esperti come
Agatha e
Lorelei, reclamando di fatto un titolo che chiunque avrebbe previsto.
La competizione di Sinnoh fu più combattuta: Lucian e
Albert, due
giovani promesse, emersero fin da subito come favoriti, ma
quest'ultimo inciampò nella sfida contro Bertha che gli
inflisse una
memorabile lezione basata sull'esperienza – tracollo che
provocò
il suo addio al mondo dell'allenamento –; fu dunque il primo
ad
affermarsi, non senza fatica, sui restanti partecipanti.
Hoenn
fu un caso molto particolare. Il vincitore del torneo della regione,
Drake, si era fino all'ultimo rifiutato di prendervi parte, salvo poi
essere convinto dall'allora Capopalestra di Blackthorn City
nonché
zio di Lance. Drake era, come il lettore avrà intuito, una
figura
estremamente colorita, pur non nell'atteggiamento. L'analisi di Bruno
presenta luci e ombre: come tutti gli esperti in materia che, si sa,
hanno bene in mente chi è più forte di loro
più degli esterni che
operano valutazioni inaffidabili, anche il Superquattro ha ben
chiarito un concetto complesso da intuire. Drake, virtualmente, era
il più forte allenatore del mondo anche allora.
Ciò che gli mancava
tuttavia non era la forma fisica, bensì la determinazione.
Già
cinque anni prima infatti aveva deciso di abbandonare il mestiere di
allenatore di pokémon e ritirarsi poiché non
aveva più interesse
nel mostrarsi il migliore: come tutti gli anziani aveva maturato
l'esperienza necessaria per comprendere che un simile obiettivo era
non solo irraggiungibile ma anche sciocco e fine a sé
stesso.
Convinto poi a prendere parte alla gara vinse senza problemi, in
quanto in tutta Hoenn nessuno poteva tenergli testa nemmeno in quella
condizione di poca motivazione – ciò
darà al lettore l'idea di
quanto fosse abile un tempo.
Naturalmente
la passione per una professione non ritorna dopo essere gradualmente
scemata per anni soltanto per una banale competizione, tenendo anche
in considerazione che Drake non l'aveva nemmeno affrontata con
serietà. Era inevitabile quindi che dei nuovi eletti sarebbe
stato
il primo a cadere. Ciò avvenne incredibilmente presto: solo
due anni
dopo il fiorente Steven Stone, inabilitato a prendere parte alle
qualificazioni per problemi famigliari, sconfisse dopo un duro
scontro colui che in passato era stato il più grande di
tutti,
diventando di diritto il nuovo Campione. Secondo le nuove
disposizioni questa funzione imponeva che Steven diventasse un leader
aggiuntivo dei Superquattro a scapito di Drake, rendendolo di fatto
il quinto membro.
«
Dunque ci siamo tutti » osservò Lance dopo i
rituali convenevoli «
Prego, entrate tutti qua dentro. È un po' stretto, ma ci
stiamo ».
«
Che casa è? » domandò Lucian.
«
Appartiene a Blue, che è il ragazzino che vedete
là con i miei
colleghi. Vive con sua sorella, ha perso i genitori da piccolo
».
«
Molto triste, ma perché andiamo lì? ».
«
Verrà tutto spiegato a tempo debito. Ora entrate, devo dirvi
un paio
di cose visto che i giornali di solito sono poco precisi ».
Non
fu facile fare accomodare tutti e tredici gli allenatori nel piccolo
soggiorno di casa Oak, ma con qualche aggiustamento al mobilio e la
presa in prestito di alcune sedie dalle camere da letto tutti furono
infine accontentati.
«
Allora, parla » esortò Bertha.
«
Prima ditemi quello che sapete voi » ribatté Lance.
Fu
Steven a parlare dopo qualche attimo di esitazione su chi dovesse
prendere parola « Qualcosa ha attaccato Pallet Town per due
volte, e
ieri notte vi ha battuti. E da quello che ho avuto modo di osservare
ha anche raso al suolo buona parte della città. Penso che
questo sia
ciò che sappiamo tutti ».
«
Già più di quanto mi aspettassi » Lance
si ravviò i capelli e
inspirò profondamente « Kyaneos, questo il nome,
è lo spettro
gigante che ci ha attaccati. Secondo Agatha è un
pokémon, ma non
abbiamo conferme ».
«
Palle » fu l'acida replica della diretta interessata
« Ha usato uno
Specchiovelo, l'abbiamo visto tutti ».
«
D'accordo, d'accordo, è altamente probabile che quello fosse
uno
Specchiovelo » Lance parve inusualmente condiscendente verso
Agatha
« e di conseguenza che quello fosse un pokémon.
Cerco solo di
attenermi ai fatti ».
«
E i fatti sono che quello è un pokémon
».
«
D'accordo, a quanto pare è un pokémon. Se quello
era uno
Specchiovelo – E LO ERA – » il
Superquattro arrestò sul nascere
l'ennesima frase petulante della collega « …
dicevo, sì, ha una
resistenza spaventosa. Gli abbiamo rifilato due Iper Raggi e un
Incendio, senza contare diversi attacchi prima, e Kyaneos li ha
incassati senza problemi ».
Queste
parole suonarono assurde a tutti meno che a Drake, che non sembrava
assolutamente sorpreso di quanto il suo compagno di battaglia stava
raccontando.
«
Non è possibile » fu la categorica negazione di
Phoebe « Avrà
avuto uno scudo di qualche genere ».
«
Era chiuso in un Turbofuoco amplificato da Turbine »
replicò secca
Lorelei.
«
E allora l'avrà messo prima, dai, è assurdo
che–– ».
«
Adesso basta, Phoebe » Drake, fino ad allora rimasto in
religioso
silenzio, aveva fatto prepotentemente irruzione con la sua possente e
tuttavia rassicurante voce « Nel mondo pokémon ci
sono fenomeni a
cui non crederesti nemmeno vedendoli. Che questo mostro non sia
qualcosa di comune mi pare scontato, dato che ha tenuto testa
all'intero Indigo Plateau. Piuttosto, avete una qualche idea sulla
sua provenienza? ».
«
Scompare e appare dal nulla » rispose Lance « Da un
momento
all'altro e senza alcuna logica. Ieri se n'è andato proprio
mentre
stava per uccidermi ».
Dopo
questa affermazione nessuno ebbe il coraggio di riprendere il
discorso. La sola idea che Lance, ritenuto il migliore allenatore
vivente, fosse stato a un passo dalla morte era inconcepibile per
chiunque. Con sorpresa generale fu Blue, che aveva più volte
indugiato su valevoli interventi per la sua timidezza, a parlare poco
dopo « L'ha fatto anche con me, la notte del primo attacco.
Era a un
passo da me ed è scomparso ».
Seguirono
altri interminabili minuti di meditazione taciturna, finché
Steven
chiese « C'è altro? ».
«
Per ora no » Lance e Blue si scambiarono un'occhiata, come a
dire di
non svelare a nessuno delle premonizioni del ragazzo « Vi
suggerirei
di trovarvi un albergo e poi di pranzare. A Viridian ce n'è
uno
buono, altrimenti dovrebbe esserci qualche locanda sparsa qui a
Pallet ».
«
Per chi vuole io e gli altri di Kanto ora andiamo a quella dove siamo
stati questa notte e poi mangiamo qualcosa »
suggerì Lorelei.
Il
campione le si avvicinò « Già che ci
sei fai far loro il giro
della città, può tornare utile ».
Dopodiché si rivolse nuovamente
all'intero gruppo « Vi consiglio di riposare, l'ultimo
attacco è
stato intorno alle due di notte. Questo pomeriggio sul tardi
metteremo in piedi un piano d'azione valido ».
Lentamente
ma inesorabilmente il salotto di casa Oak si svuotò e
indugiarono
solamente Daisy, Blue e Lance. Quest'ultimo, trattenutosi per
salutare tutti, uscì dalla dimora visibilmente provato. Il
nostro
giovane protagonista lo seguì e lo chiamò
« Ehi, Lance, posso
chiederti una cosa? ».
Le
campane che rintoccavano mezzogiorno conferivano un che di solenne
alla conversazione « Dimmi ».
«
Perché li hai chiamati? ».
«
I Superquattro delle altre regioni, intendi? ».
«
Sì ».
«
Beh, che domande » Lance era meravigliato di un quesito tanto
banale, dato che quel vispo ragazzino l'aveva abituato a ben altro
«
Da soli non ce l'avremmo mai fatta. Ora i migliori allenatori del
mondo sono riuniti qui, qui per battere Kyaneos ».
«
È davvero così? ».
«
Che vuoi dire? ».
«
Io mi ricordo di quando volevo assolutamente che Red venisse con me
in qualche avventura » spiegò Blue « Non
lo facevo perché mi
aiutasse. Lo facevo perché Red era una certezza. Se c'era
lui sapevo
di essere con qualcuno di esperto. È come stare giocando a
un
videogioco e fare una mossa che sai che ti riesce bene
perché sei
nei guai, come un appiglio. Non hai chiamato gli altri
perché avevi
paura? ».
«
Paura di Kyaneos? ».
«
Paura dei tuoi limiti » Lance rimase attonito per
quell'espressione
« Tutti abbiamo paura di non essere capaci di farcela. Magari
li hai
chiamati perché se anche sbagli sai di avere qualcuno a
coprirti le
spalle. Quando non si sa cosa fare si cerca di avere un piano di
riserva prima di rischiare ».
«
Io… Sì, è possibile » il
Superquattro rise di sé stesso, poiché
aveva creduto per un istante che Blue non stesse per metterlo di
nuovo in difficoltà con le sue osservazioni. Una prova in
più che
lui era più debole di quanto non gli piacesse ammettere,
pensò.
Forse aveva davvero chiesto l'aiuto di Lucian, di Drake, di Bertha
per convincersi di aver fatto, una volta tanto, una mossa
indubitabilmente giusta. Per essere certo di non avere perso la
brillantezza che tanti gli avevano attribuito.
«
Ah, guarda chi si vede » si udì pronunciare a
distanza. Lance e
Blue si voltarono verso l'origine del rumore proprio mentre l'ultimo
sordo rintocco di mezzodì veniva battuto, a vedere un
signore in
maniche di camicia di circa cinquant'anni o forse più che si
avviava
nella loro direzione. Appena dietro di lui lo seguiva un giovanile
diciottenne dai vistosi occhiali da sole blu, peraltro unico segno
distintivo in un sobrio e dimenticabile abbigliamento corredato di
uno zaino da trekking.
«
Professore! » esclamò Lance radioso «
Quanto tempo! ».
«
È dai tempi dell'Unificazione che non ci vediamo, eh? Chi
è quel
ragazzino? ».
«
Si chiama Blue, ma spiegarle tutto richiederebbe troppo tempo. Lei,
piuttosto, cosa sta facendo qui? ».
«
Mi trovo a Kanto per studiare l'evoluzione dei pokémon da
diversi
mesi ormai » l'uomo si avvicinò all'orecchio
dell'allenatore come
per rivelargli un segreto « Voglio anche scoprire i segreti
della
regione, sai, ce ne sono parecchi ancora irrisolti. Il povero Albert
si sta portando dietro mezza biblioteca di Canalave in quello zaino
».
Lance
si rivolse solo allora all'accompagnatore, ormai dichiaratamente
assistente del professore « Quindi è questo che
fai ora, trasporti
libri. E quelle lenti blu? ».
Albert
si aggiustò gli appariscenti occhiali che persistevano nel
cadergli
sul naso, probabilmente per un difetto nella posizione dei naselli
«
In realtà solo lo specchio è blu. Quelli con cui
ero partito si
sono rotti a Cerulean City, e lì c'era solo un negozio a
venderne.
Erano o questi o un paio da donna ».
«
Io ci avrei riflettuto un po' di più » rise il
Superquattro «
Ancora nessuna intenzione di tornare ad allenare? Sentiamo la tua
mancanza nell'ambiente ».
«
Io gliel'ho detto che ha lasciato per motivi balocchi, ma è
irremovibile » intervenne il professore.
«
Sto bene così » spiegò l'assistente
« Viaggio molto e scopro
nuovi mondi. Se Bertha non mi avesse eliminato a quest'ora sarei in
un'afosa stanza della Pokémon League, ti pare? Non ho di che
lamentarmi ».
«
A dire il vero saresti precisamente qui » osservò
Lance « I
Superquattro di Hoenn e Sinnoh sono a Pallet ora come ora ».
«
Per il mostro, dico bene? ».
«
Già. A proposito, non ho ancora fatto le dovute
presentazioni. Blue,
cosa stai lì dietro? Vieni qui! » il ragazzo
accorse non senza
impaccio « Il signore che hai davanti è il
professor Rowan, il più
noto studioso di Sinnoh e forse di tutto il mondo. Era un amico di
tuo nonno ».
«
Aspetta un attimo » lo interruppe Rowan « Tu sei quel
Blue?
Il nipote di Samuel? Ora che ti guardo hai la sua stessa faccia. E
tuo nonno dov'è? ».
Lance
si interpose per evitare una situazione di imbarazzo ormai
già sui
binari e si avvicinò al professore « È
una vittima dello spettro,
per ora è in coma. Non tocchi più l'argomento,
per piacere ».
«
Ah, comprendo. Pessima gaffe ».
«
Il suo assistente » riprese l'allenatore « si
chiama Albert. Nel
torneo dell'Unificazione di Sinnoh fu uno dei migliori, ma fu
sconfitto e si ritirò. Ora trasporta i libri di Rowan
».
«
Molto piacere » disse Blue.
«
Allora, professore, qualcosa mi dice che questa non è una
visita di
cortesia. A quanto vedo sa già di Kyaneos ».
«
Sarebbe? ».
«
Il mostro ».
«
Ah, lo chiamate così » colse Rowan « Non
so più di quanto
scrivano sui giornali ».
«
Se vuole qualche delucidazione può fermarsi in
città. Non ho ancora
pranzato, potrei raccontarle quello che è successo
».
«
Sarebbe meraviglioso. Ma, in tutta onestà, mi sono
già fatto
un'idea di chi vi abbia attaccati » il professore volse lo
sguardo
verso Albert « Passami l'Antologia
». Il giovane si tolse lo zaino, lo aprì e ne
estrasse un testo
tascabile di spessore non indifferente.
«
La… cosa? » domandò curioso Lance.
«
Immaginavo ti sarebbero servite delucidazioni. Del resto è
per
questo, che sono qui » Rowan accennò un sorriso
« Questo libro si
chiama Antologia
mitologica dell'universo ardeco ».
«
Universo
arde-cosa?
».
«
Tutto a suo tempo, mio caro. La domanda corretta è che cosa
contiene
».
«
E… ? ».
Rowan
sventolò il volume preziosamente rilegato come un ventaglio
« Al
suo interno è narrata la leggenda di Dà
Hàak Loi'i ».
|
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Capitolo 6 *** A che ora è la fine del mondo? ***
VI 'A che ora è la fine del mondo'
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Blackthorn
City:
Ebanopoli.
Canalave
City:
Canalipoli.
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cerulean
City:
Celestopoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Devon
Corporation:
Devon S.p.A.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Indigo
Plateau: Altopiano
Blu.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Mount
Chimney:
Monte Camino.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
League:
Lega Pokémon (n.b.
le istituzioni sono qui chiamate
con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega
Pokémon è anche il nome della località
dove la Lega come ente
ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Silph
Corporation: Silph S.p.A.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Viridian
City: Smeraldopoli.
Viridian
Forest: Bosco
Smeraldo.
Aaron:
Aaron.
Agatha:
Agatha.
Bertha:
Terrie.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Briney:
Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).
Bruno:
Bruno.
Clair:
Sandra.
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Flint:
Vulcano.
Glacia:
Frida.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Phoebe:
Ester.
Red:
Rosso.
Samuel
Oak:
Samuel Oak.
Sidney:
Fosco.
Steven
Stone:
Rocco Petri.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi
e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
*
* *
VI:
“A che
ora è
la fine
del mondo?”
«
La leggenda di che cosa? » Lance non aveva compreso una
parola di
quanto il professore aveva detto.
«
Temo che spiegare risulterà più lungo di quanto i
tempi attuali ci
permettano » replicò Rowan « E poi ho un
certo languorino. Albert,
suggerirei di cercarci un albergo e poi un ristorante ».
«
D'accordo » acconsentì Lance « Poi
tornate qui alla casa di Blue,
così parliamo di questo… qualsiasi cosa abbia
detto ».
«
Mi scusi, professore » si intromise Albert « Se la
padrona di casa
mi concede di usare i fornelli potrei preparare da mangiare per
tutti, così da velocizzare i tempi ».
«
Non penso ci siano problemi per mia sorella » disse Blue
« Sarà
felice di non dover cucinare, una volta tanto ».
«
Non amo discorrere di lavoro quando pranzo »
commentò Rowan « Ma
non vedo problemi nel farlo appena dopo. Non avevo neanche voglia di
cercare un alloggio subito, ce ne occuperemo nel pomeriggio. Del
resto prima vi comunico quanto devo meglio è ».
Il
pasto fu una questione di una mezz'ora o poco più, non tanto
perché
le pietanze fossero ridotte quanto per l'inusitata voracità
di Lance
e Rowan, quasi coinvolti in una gara morale per chi onorasse
maggiormente il cuoco – per dovere di cronaca, la
spuntò nello
sbigottimento generale l'anziano professore. Oltre a loro
banchettavano anche Blue, Daisy e lo stesso Albert, che avevano
piacevolmente confabulato per l'intera durata del pranzo con animata
intensità, anche e forse soprattutto per distrarsi
dall'indegno
spettacolo che la coppia di divoratori aveva offerto.
«
Deliziosi questi Poffin » denotò Daisy «
Nulla a che vedere con i
surrogati che si trovano qui a Kanto ».
«
Questi sono artigianali » spiegò Albert con una
punta di fierezza «
Li tenevo in serbo dal giorno della partenza, conservati
perfettamente tra l'altro. Nasconderli al professore non è
stato
facile ».
Dopo
una risata collettiva Lance proruppe ricordando la ragione della
visita « Ora, parliamo di quell'Antologia?
Questo pomeriggio devo incontrare di nuovo i Superquattro e vorrei
avere tutte le informazioni possibili per decidere un piano d'azione
».
«
Naturalmente, anche subito se vuoi » replicò
Rowan, e Blue si
sorprese del fatto che pur avendo ambedue mangiato con eccezionale
ghiottoneria fossero già pronti a parlare di argomenti che,
almeno
in apparenza, sembravano delicati.
«
Vi suggerirei di discutere in una camera di sopra » propose
Daisy «
Con l'arrivo degli altri Superquattro questa casa sarà
battuta dai
reporter ».
Con
tempismo perfetto qualcuno bussò alla porta. La sorella di
Blue, pur
cosciente che se l'intervistatore avesse insistito per entrare
avrebbe senza dubbio alcuno enfatizzato la presenza di Rowan, Albert
e Lance lì, come d'altronde ci si aspetta da uno che svolge
tale
mestiere, si recò comunque ad aprire. Inaspettatamente,
però,
nessun cronista era appostato all'uscio di casa Oak; a chiedere
l'ingresso era stato invece un relativamente anziano signore ben noto
a tutti.
«
Buongiorno » Drake levò il copricapo per
galanteria.
«
Buongiorno » ripeté Daisy « Desidera?
».
«
Sono Drake dei Superquattro di Hoenn. Uno di quelli giunti oggi
proprio davanti a questo edificio ».
«
Ricordo. Come mai si trova qui? ».
«
Mi era parso di udire la voce di un caro amico. Per caso il professor
Rowan si trova qui? ».
Daisy
gettò un'occhiata interrogativa al gruppo ancora seduto al
tavolo, a
chiedere se dovesse fornire quell'informazione. In risposta vi fu un
unanime cenno di assenso.
«
Sì, prego, entri ».
«
Ah! » esclamò Rowan « Mi hai
rintracciato alla fine ».
«
Non che fosse complicato » replicò Drake
« Tanto urlavi che ti si
sentiva all'inizio della via ».
«
Che ci facevi da queste parti? » domandò Lance.
«
Ufficialmente esploravo la città per prepararmi a stanotte.
In
realtà non reggevo più il pranzo con gli altri
».
«
Ancora mangiano? » si sorprese Rowan.
«
Sono lenti come la fame… Anzi, no, quella mi è
già passata ».
«
Meglio così, non è rimasto nemmeno un Poffin di
ciò che Albert ha
preparato ».
«
Ho sentito di un'antologia. Di cosa si tratta? ».
Seguì
una lunga discussione tra Rowan e Lance, salvo che nessuno
poté
sentirla: come Blue notò presto, i due sembravano
comprendere
perfettamente gli sguardi l'uno dell'altro. Con ogni
probabilità si
stavano chiedendo se Drake fosse una persona abbastanza affidabile,
anche se il ragazzo non sapeva cosa richiedesse tanta segretezza.
«
Parlavamo dell'Antologia
mitologica dell'universo ardeco.
Forse la conosci ».
«
L'ho studiata ai tempi, ma non ne ricordo quasi niente ».
«
Stavo per tenere una lezione di storia a Lance. Se vuoi puoi unirti a
noi, andiamo di sopra ».
«
Con piacere ».
Daisy
era rimasta al piano inferiore a gestire eventuali visitatori.
Stretti nella stanza da letto di Blue, dunque, v'erano oltre al
proprietario Drake, Lance, Albert e Rowan. Quattro fra le
personalità
più influenti delle rispettive regioni si trovavano riunite
in un
abitacolo a discorrere di quanto stava succedendo a Pallet Town.
«
Molto bene » cominciò il professore aprendo il
tascabile che
stringeva in mano « Direi che possiamo cominciare. Ah,
già, prima
di tutto: Lance, Blue, per caso sapete già chi erano gli
Ardi? Ah,
vedo di no. Riassumendo brevemente erano il popolo che abitava tutto
il continente in cui viviamo migliaia di anni fa. A giudicare dai
loro scritti il loro regno risalirebbe ancora prima della venuta dei
pokémon nel nostro mondo ».
«
Venuta? » lo interrogò sospetto il Campione di
Kanto.
«
I pokémon non sono con noi da sempre. A giudicare da quanto
gli Ardi
ci tramandano, abitano Kanto da un tempo brevissimo. Geologicamente
parlando, s'intende ».
«
E da dove saltano fuori? Nel senso, la loro esistenza nasce qui o
provengono da altri territori? ».
«
Se dobbiamo attenerci all'Antologia,
la loro origine è da rintracciarsi nell'Abisso, ovvero una
dimensione alternativa incredibilmente estesa. Un varco dimensionale
avrebbe permesso ai pokémon di penetrare nella nostra vita
».
«
Poco credibile ».
«
Credere a questa premessa è fondamentale per capire
l'origine di Dà
Hàak » spiegò Rowan.
«
Ma chi sarebbe questo Dà Hàak? ».
«
Tutto a suo tempo. A essere precisi non si trattò di un
solo varco: ve ne furono diversi, a intervalli irregolari, come se di
tanto in tanto qualcosa o qualcuno li aprisse. Quando le specie che
attualmente abitano Kanto, già sviluppatesi nell'Abisso,
giunsero
nella regione rendendola ciò che conosciamo, quelle che
invece
popolano Sinnoh si erano già ambientate da tempo. E sebbene
questa
lettura sia puramente tratta dall'Antologia,
essa trova sconcertanti riscontri nella storia geologica del
territorio ».
«
Quindi quelli di quel libro non sarebbero solo miti? ».
«
Hai perfettamente compreso: sono considerati tali solamente
dall'opinione pubblica. Per qualsiasi rispettabile ricercatore,
l'Antologia
è il più antico libro di storia a noi noto
».
«
E questo cosa c'entra con noi? » quelle di Lance e Rowan
erano le
uniche voci che risuonavano nella camera; Albert, Drake e Blue
mantenevano un ossequioso silenzio.
«
L'Antologia
è consta di tredici libri. Stando alla prefazione, essa fu
redatta
in toto dopo la caduta della civiltà ardeca. Prima di tutto
è
necessario per voi cogliere che non abbiamo a disposizione la
traduzione intera. Pochissimi passi sono stati decifrati, e la
ricerca è tutt'ora in corso da specialisti del Reparto
Filologico
della biblioteca di Canalave. Per nostra fortuna, diversi passi del
tredicesimo libro sono già stati decrittati ».
«
Di cosa parlano? ».
«
Il tredicesimo libro descrive con dovizia di particolari la
corruzione e il correlato declino degli Ardi. L'ultima parte,
riguardante la vera e propria caduta, parla anche di Dà
Hàak Loi'i
».
Drake
e Albert, fino ad allora rimasti impassibili di fronte a nozioni
risapute, si unirono a Lance nella curiosità. Quanto a Blue,
cominciava a fatica a capire ciò che l'Antologia
concerneva.
«
Vedo che l'argomento interessa » sorrise Rowan «
Vediamo subito di
approfondirlo, dunque. Proprio al ventre più infimo del
deperimento
ardeco si fece avanti un uomo – un attimo che mi baso sul
testo
tradotto – , “il
cui nome ci è dimentico”.
“Egli era da
tutti amato e glorificato, e fugli conferito il massimo ruolo mai
conferito ad alcun fratello nostro”,
ecco, poco più avanti spiega, a senso – la
traduzione è
incompleta –, che videro in lui il salvatore della patria, e
quindi
gli diedero potere completo su di loro fidandosi di lui ».
«
Ma non andò bene » Blue percepì nella
voce di Lance una lieve
ironia.
«
Decisamente no. “Poi
che fu rivelata la sua veritiera natura egli prese il comando; egli
proferiva cose grandi e bestemmie”,
qui inizia uno sproloquio retorico sulle malvagie azioni compiute dal
nostro uomo, salto per non annoiarvi. “Non
era più già uomo, ben sì demoniaca
bestia”,
e ciononostante fa proseliti e diventa sempre più
inarrestabile ».
«
Scommetto i miei occhiali blu che ora arriva il colpo di scena
»
rise Albert.
«
Nessuno li vuole » replicò Rowan «
Dicevamo… “Udissi
però un mattino dal firmamento un suono simile al rumore di
molte
acque e al rombo di gran tuono, e il suono sentito era come un
concerto di arpisti che suonino i loro strumenti; e discese dal Sole
un cavaliere che aveva la chiave dell'abisso e una grande catena in
mano. Egli afferrò l'essere immondo e lo incatenò
e lo chiuse
nell'abisso; e sigillò sopra di lui e dispose che non
potesse uscire
se non passati mille anni; e lo maledisse in antica lingua per che
non nuocesse e seducesse più tribù o popolo o
lingua o nazione”,
un po' lungo ma spiega meglio di quanto potrei spiegare io ».
«
Chiunque abbia scritto questa cosa avrà avuto seri problemi
con sé
stesso » commentò Lance.
«
E con ciò terminiamo: “Passati
i mille anni aprissi lo sigillo e fuori uscì non
più di un'ombra
spenta e buia; ed egli lamentò in antica lingua la
reclusione e
disse di chiamarsi non già con lo vecchio nome ma
Dà Hàak Loi'i; e
plasmò l'essenza del male e la cosparse su tutta la
civiltà dei
fratelli nostri, celando il libro dei giusti e glorificando le
nefandezze e punendo le nobili gesta; già che il suo potere
era
oltre modo grande ed era scritto in antica lingua che non avesse
rivali nel mondo terreno”
» il professore richiuse con vigore l'Antologia
« Commenti? ».
«
Dà Hàak Loi'i… sarebbe il nostro
Kyaneos? ».
«
Se è come penso io, sì ».
«
Ma non ha senso! » esclamò Lance «
Perché qui? Perché ora? Che
interesse avrebbe ad attaccare una città come Pallet Town?
Cosa c'è
qui di tanto importante? ».
«
Non ne ho idea » rispose Rowan « Ma se non si
tratta di Dà Hàak
brancoliamo nel buio. Kyaneos da dove l'avete ricavato? ».
«
Lo pronuncia prima di attaccare. Non sempre, però ricorre
».
«
“kyaneos”
è una parola in lingua ardeca » ribatté
con freddezza il
professore « Significa “nero”. Se il
vostro spettro conosce
l'ardeco è matematicamente certo che sia lui ».
Il
Superquattro di Kanto si infilò le mani nei capelli e
chinò la
testa in un tentativo di fare mente locale, ma anche e soprattutto di
accettare che per qualche ragione un demone di una civiltà
morta
millenni prima si era messo contro di lui e contro i suoi amici. Poi,
come un lampo a ciel sereno, la sua mente fu attraversata da un
ricordo di poche ore prima, in quella fatidica notte, poco prima del
secondo attacco di Dà Hàak. Blue gli aveva
raccontato di un sogno,
e in quel sogno c'era una parola che in quel momento aveva sulla
punta della lingua.
«
Tritos…
» mormorò a un tratto, e il ragazzino si
voltò preoccupato verso
di lui intuendo.
«
Come dici? » domandò Rowan.
«
Non si è chiesto perché Blue è
coinvolto in tutto ciò? Perché si
trova qui con noi e perché siamo riuniti a casa sua?
».
«
A dire il vero il dubbio l'avevo, ma l'Antologia
me
l'aveva rimosso dalla testa ».
Lance
diede un'occhiata a Blue che, pur intimorito, pareva volergli dire di
proseguire « È perché ha sognato per
tre volte quel mostro, di cui
due prima che attaccasse. Senza saperlo aveva visto in anticipo tutto
».
Drake,
Rowan e Albert erano uniti in un'espressione di puro sgomento e
pendevano dalle sue labbra.
«
Era “tritos”,
dico bene? O qualcosa che suonava simile » Lance si stava
rivolgendo
direttamente al giovane « Quella parola che pronuncia sempre.
Professore, per caso in ardeco significa qualcosa? ». In
realtà lo
sapeva già, lo stava immaginando, e temeva di sentire la
conferma di
Rowan che avrebbe segnato tutto, dato all'intera vicenda un termine.
E tuttavia fremeva per avere la risposta, sia perché
confidava in
una smentita dell'ultim'ora che l'avrebbe sollevato, sia
perché in
caso contrario, come si suol dire, via il dente via il dolore.
«
Su “tritos”
non saprei, ma c'è un termine simile, “tritaios”
».
«
Ah! » proruppe Blue « Sì, diceva proprio
quello! Ogni volta i
sogni terminavano con quella parola ».
«
Che cosa vuol dire, professore? » il cuore di Lance batteva a
mille,
come volesse uscire dal petto.
«
Significa “tre giorni” » disse Rowan, e
Lance si inginocchiò
come avesse d'un tratto perso ogni forza per rimanere seduto
compostamente « Che hai? ».
«
Rifletta, professore » il Superquattro sembrava incapace di
respirare, sull'orlo di un crollo nervoso « È
normale che un
ragazzo di nove anni indovini nel sonno una lingua mai sentita prima?
».
«
No ».
«
Ed è normale che predica l'aspetto di un mostro che avrebbe
attaccato la città per la prima volta? ».
«
No ».
«
E, mi dica, è concepibile che un demone che ha distrutto una
civiltà
da solo attacchi per tre giorni e poi scompaia senza distruggere
qualsiasi cosa ci sia di bello in questo mondo? ».
Rowan
si sentiva floscio all'interno, come quelle parole l'avessero
svuotato goccia a goccia di quel fluido vitale che ci percorre tutti
da quando acquisiamo autocoscienza « Da quanti giorni
Dà Hàak
attacca Pallet? ».
Lance
era quasi in lacrime « Lo sa bene anche lei. Non potrebbe
essere
diversamente ».
Fu
un'esplosione, un vuoto improvviso in tutti i presenti. Drake, Lance,
Blue, Albert e lo stesso professore si rendevano perfettamente conto
delle implicazioni. A nessuno era sfuggito che i danni causati erano
stati un crescendo: prima qualche stabile, poi un intero quartiere.
Quell'ultimo assalto non sarebbe stata la liberazione, sarebbe stato
l'avverarsi dell'incubo. Era più che una certezza: era come
una
curva esponenziale che ineluttabilmente tende all'infinito. Era una
certezza geometrica.
«
Adesso ascoltami, Lance » Drake sembrava aver recuperato
quell'austerità che la sua figura suggeriva, abbandonata per
un
istante in favore del terrore di essere distrutti « Convoca
immediatamente tutti. Dobbiamo avere un piano d'azione, o stasera o
mai più ».
«
A che serve? » il campione alzò la testa
« Ci schiaccerà. Tutti
».
«
Lance » Drake aveva nuovamente cambiato tono, suonando ora
più
paternalistico « Perché ci hai chiamati, allora?
».
«
Perché… » ripensò al dialogo
con Blue « … Perché avevo
paura. Paura di Dà Hàak e dei miei limiti.
Cos'altro dovevo fare?
Cos'altro mi
rimaneva
da fare? ».
«
E allora dovrai superare le tue paure » il capitano gli si
fece
incontro « Sei colui su cui tutta Pallet fa affidamento. Sei
l'uomo-immagine del tuo gruppo. Tu sei un Maestro di
Pokémon. Hai
noi tutti al mio fianco, noi Superquattro di Kanto, Hoenn e Sinnoh, i
migliori del mondo. Non sei solo. Siamo con te per sconfiggere
Dà
Hàak ».
«
Io… Tornate alle vostre case. Non voglio che vi uccida. Ho
passato
la notte a chiedermi perché non mi avesse eliminato, avevo
trovato
forza nel pensare che fosse mio destino sconfiggerlo » Lance
era sul
punto di scoppiare in lacrime « Non lo era! Sono
sopravvissuto per
puro caso, per dover assistere alla distruzione di Pallet e di tutta
Kanto se solo quel mostro vorrà! Ieri notte ci sentivamo
invincibili
come tu e gli altri vi sentite ora, e ci ha schiacciati su ogni
fronte! ».
«
Nessuno di noi pensa di essere invincibile. Sarebbe sciocco pensarlo.
Possiamo solo dare il meglio di noi e sperare che tutto vada bene.
Dare il meglio, capisci? Non è per questo che sei partito
nel tuo
viaggio di allenatore? ».
Lance
rifletté. Gli doleva dover rispondere in quel modo, ma non
riusciva
a mentire a Drake « No. A essere sincero non ricordo
perché sono
partito ».
«
Allora non importa dove arriverai » replicò l'uomo
« Sei qui ora,
per questo giorno. Domani potrai essere il re di Kanto, glorificato e
amato, oppure una salma in decomposizione sulle rovine di un mondo
distrutto. Sono entrambe conclusioni possibili, non devi temere
nessuna delle due. Devi solo temere di dover assistere inerme a tutto
ciò, ai tuoi compagni che si batteranno, all'inerzia. Questi
sono i
tuoi nemici. Se continui a cercare di batterti, il resto
verrà da
sé, e potresti persino scoprire il tuo fine in questo
universo ».
«
Ha ragione, Lance » intervenne Albert « Io sono
diventato troppo
apatico e sono rimasto troppo a riposo per potermi battere questa
notte. Non sprecare quest'occasione, perché un motivo
così
prestigioso per cimentarti non lo avrai mai più. Affrontate
Dà Hàak
una volta per tutte, per poter essere un ancora un gruppo. Se dovesse
andare male, avrai il privilegio di non rimpiangere questa notte per
gli anni a venire. Se non ti schierassi moriremmo tutti comunque,
tanto vale tentare ».
Lance
si voltò verso Rowan, l'unico assieme a Blue a non aver
ancora
aperto bocca nell'appello « Mi dia il suo parere, professore.
Una
sua parola, è l'unico cui possa davvero credere. Mi consigli
».
L'anziano
signore sorrise « Non voglio portare un peso simile sulle
spalle. La
decisione non è mia, è tua ».
Il
Superquattro rimase in uno iato muto per pochi istanti. Era una
riposta eloquente, quella di Rowan, e lo sapeva bene « Drake,
chiama
tutti gli altri e di' loro di trovarsi al Viridian Palace Hotel oggi
alle sei del pomeriggio. Stasera si scende in campo ».
La
suite era quanto di più lussuoso i quindici presenti
– agli
allenatori impegnati quella notte si erano uniti Rowan e Albert
–
avessero mai visto. Non sorprendeva che Lance potesse permettersi di
pernottare lì, dato che la sua posizione gli fruttava un
lauto
compenso, e tuttavia stupiva il trovarsi personalmente in un luogo
simile, seduti sulle pregiate lenzuola estive o appoggiati ai mobili
in legno d'ebano. Il Campione di Kanto si trovava al centro della
camera, attorniato dai suoi colleghi e amici, pronto per spiegare
quanto stava succedendo. Accanto a lui, a supportarlo
psicologicamente, gli si era affiancato Drake, mentre gli altri due
presenti al convegno a casa Oak si erano appartati e sorvegliavano
con interesse la coppia, al centro di tutta l'attenzione. Blue era
stato escluso dalla riunione, né avrebbe desiderato
presenziare,
preferendo alla compagnia dei Superquattro quella di Pikachu ed
Eevee.
«
Molto bene » debuttò Lance « Direi di
dare subito la notizia. Lo
spettro, che a quanto pare si chiama Dà Hàak
Loi'i, attaccherà
stanotte per l'ultima volta ». Inizialmente vi fu un generale
sollievo, ragion per cui il giovane si affrettò a precisare
« Ciò
non vuol dire che finisce tutto. Ci siamo accorti tutti che i danni
sono peggiorati a ogni incursione di Dà Hàak.
È molto probabile,
considerando che il nostro nemico potrebbe e dovrebbe essere un
antico demone ardeco, che questa volta non se ne andrà da
sé.
Quantomeno è ciò che il professor Rowan concorda
nell'affermare ».
Con
sua meraviglia, nessuno ribatté, forse per l'ultima
autorevole
menzione. Ciò non significava ovviamente nulla: nessuno di
coloro
che avevano udito quella spiegazione era pienamente convinto che essa
fosse logica. Ma non vi erano dubbi che, ultima volta o no, il mostro
avrebbe certamente attaccato. Phoebe accennò una protesta,
ma Drake
la zittì con un imperioso sguardo.
«
Nessuna obiezione? » domandò Lance, ringraziando
il suo collega con
un'occhiata complice.
«
Queste informazioni da dove vengono? » lo
interrogò Lucian « Non
che non ti creda, ovviamente, sono solo curioso ».
«
Come detto, Rowan ».
«
Ma il professore l'ha ideata da sé? Non credo. Su cosa si
è basato?
».
«
Sull'Antologia
mitologica,
il più noto libro ardeco ».
«
E noi ci basiamo solo su quello? » esclamò Phoebe
incapace di
trattenere lo sconcerto « È una manciata di
leggende! ».
Lance
cercò di spiegare la sua fiducia in quel volume senza
accennare al
coinvolgimento di Blue, che voleva proteggere il più
possibile « A
dire il vero non–– ».
«
Non è affar tuo sapere come abbiamo verificato che
effettivamente
gli ardechi c'entrino in tutto questo » lo interruppe Drake
« È
vero e basta. Questo è il terzo giorno, il che vuol dire che
Dà
Hàak stanotte vorrà terminare il suo lavoro
».
Phoebe
abbassò il capo e il Campione di Kanto riprese «
Noi stavamo
pensando di evacuare Pallet Town ».
«
Dove hai intenzione di portare tutti? » domandò
Steven.
«
Non è ancora deciso. Dato che molti hanno già
traslocato
stamattina, che ne direste di Saffron City? ».
«
Sei cosciente che dovrai affrontare abitanti che si rifiuteranno di
lasciare? ».
«
Pur posto che dopo la battaglia di ieri ho seri dubbi, sì,
ne sono
cosciente. È questione di salvezza pubblica, non dovranno
né
potranno opporsi ».
«
Allora io sono con te » concluse Steven « Conta sui
Superquattro di
Hoenn ».
«
E su quelli di Sinnoh » fece eco Lucian « Questa
notte abbatteremo
quel fantasma, che questa leggenda sia vera o no ».
«
Vi ringrazio » disse Lance « Ora, prima di tutto
serve un piano
d'azione. Io e Drake abbiamo ragionato su quanto successo ieri, e uno
dei principali problemi è stata la mancanza di
coordinazione. Questa
volta dovremo avere già in mente cosa fare ».
«
Per vostra fortuna » intervenne Steven, esponendo una
bisaccia che
era a metà tra una borsa e uno zaino « avevo
immaginato una
situazione simile. Come saprete mio padre è titolare della
Devon
Corporation, che produce tra le altre cose Poké Ball e
simili
oggetti. Vi sfido a indovinare cosa c'è in questa sacca
».
«
La butto lì: PokéNav? » fu la scommessa
di Rowan, fino ad allora
rimasto defilato.
«
Molto arguto, professore, le spedirò un Devonscopio come
premio
appena rientro a Hoenn. Ebbene sì, ce ne sono a sufficienza
per
tutti ».
«
Cosa sarebbe un PokéNav? » domandò
interessato Lance.
«
Una versione avanzata del vostro PokéGear. Tra le altre cose
consente chat di gruppo, il che vuol dire che se ci sintonizziamo su
una certa frequenza potremo parlare con tutto il resto dell'allegra
brigata senza digitare alcun numero ».
«
Direttive in diretta » commentò affascinato il
Superquattro.
«
Esatto. Punti bonus per l'allitterazione » Steven ne
distribuì uno
a testa con impressionante rapidità «
Sintonizzatevi sul canale 23
Alfa ».
«
23 Alfa? » domandò Rowan stupito.
«
È un canale segreto situato appena dopo il ventitreesimo.
Soltanto
questi PokéNav sono abilitati ad accedervi. Inizialmente era
stato
pensato come canale privato riservato ai dipendenti della Devon, ma
poi è stato abbandonato ».
«
D'accordo » Lance si sintonizzò come indicato
« Faremo una prova
quando staremo aspettando Dà Hàak. Per il piano?
».
«
Ne discuteremo dopo » decretò Drake « La
prima cosa da fare è
liberare Pallet ».
E
così avvenne. Buona parte del neonato gruppo
rientrò nel borgo con
il compito di convincere ogni singolo abitante a trasferirsi
temporaneamente a Saffron, mentre i rimanenti si erano spostati nella
metropoli per preparare gli alloggi. Non vi fu affatto la resistenza
immaginata: Dà Hàak aveva infuso tale terrore con
le sue due
aggressioni che Pallet fu ripulita in tempi brevi. Quanto alla nuova
collocazione, la Silph Corporation offrì alloggio nella sua
ampia
sede centrale a quasi un terzo di tutto l'agglomerato, mentre il
rimanente fu diviso negli svariati condomini sparsi nella
città.
Come risultato, già due ore dopo i tredici allenatori si
riunirono
nel grande e deserto avamposto di guerra che Pallet Town era
diventato, elaborando una tattica di combattimento.
Si
optò per una scelta che comprendesse sia terra che aria,
concordando
comunque che era essenziale mantenere la pressione alta per impedire
a Dà Hàak di utilizzare le sue micidiali sfere
purpuree. Anche lo
Specchiovelo aveva insegnato molto, così come l'intero
scontro della
notte prima: mosse fisiche e speciali sarebbero state alternate,
nonché le Protezioni attivate al minimo accenno di un
ritorno, per
limitare i danni il più possibile – a questo
proposito Drake
riprese in mano i suoi due Shelgon, addestrati proprio per questo
scopo. Infine fu deciso di scindersi in quattro diverse squadre che
sorvegliassero i quattro edifici maggiori citati in precedenza
–
per chi non li ricordasse Berries For Two's, boschetto, imbocco del
Route 1 e i rimasugli di dove era una volta locato il laboratorio di
Oak –: Lance, Drake, Lucian e Steven ne sarebbero stati i
leader.
Non fu neanche trascurato lo scenario: affinché Pallet
sembrasse
immersa in una sera come tante altre fu fatta irruzione in alcune
case perché almeno una luce per ogni rione rimanesse accesa.
Una
volta disposto quanto era necessario per la grande battaglia, il
gruppo si ritirò a Viridian per cenare insieme a Rowan e
Albert;
quest'ultimo diede fondo a tutta la sua pazienza per soddisfare i
gusti di ciascuno dei convitati. Al termine del pasto, circa verso le
nove e mezzo, molti si ritirarono a riposare per qualche ora prima
dell'attacco che, se seguiva davvero un trend caratteristico, era
prevedibile tra l'una e le due del giorno dopo.
Lance,
ovviamente troppo nervoso per dormire o anche solo rilassarsi, stava
passeggiando senza meta nella città desertica che appena
quella
stessa mattina era stata gremita di reporter, allontanatisi dopo
essere stati appagati con le notizie sull'evacuazione. Ma ovviamente
non erano i cronisti a rendere il Superquattro nostalgico:
ciò che
più gli era rimasto impresso era la via commerciale che
aveva
percorso inseguendo Blue. Il suo pensiero andò a Pikachu ed
Eevee,
lasciati al loro destino. « Non vi accadrà nulla
» promise
ammirando la luna, come se quell'eburneo satellite luminoso potesse
girare la sua frase ai pokémon e al suo piccolo protetto.
«
Anche tu insonne, vedo » disse una voce dietro di lui
« Manca
ancora un po' alla venuta di quello spettro, no? ».
Effettivamente
era appena mezzanotte, ben distante da quanto ci si attendeva.
«
Come si può pensare di dormire in una situazione simile?
» chiese
Lance, ma era più un interrogatorio introspettivo che una
effettiva
domanda.
«
Sai, quella luna mi ricorda una notte di tanti anni fa »
Drake alzò
lo sguardo alle stelle « Era un inverno molto freddo per i
nostri
standard, e io mi ero coperto molto poco prima di quel viaggio. Ero
con il mio Salamence, sai, e me ne volavo lontano da Hoenn, non
distante da qui. Mi sono preso un simpatico raffreddore il giorno
dopo, che per il mio fisico è un evento straordinario
».
«
Che stavi facendo d'inverno a volare? Te le vai proprio a cercare
».
«
Ero andato a trovare un vecchio amico. Allora avevo qualcosa come
trent'anni, parliamo di eoni fa ».
Lance
sorrise, poi però riassunse l'espressione mesta che lo
caratterizzava in quei frangenti di tensione estrema «
Secondo te
come andrà a finire stanotte? Ce la faremo? ».
Il
volto di Drake divenne tale e quale a quello di coloro che devono
annunciare alla madre la morte di un figlio. Non sarebbe stato
nemmeno necessario parlare dopo, ma optò comunque per una
spiegazione « Sai bene che sono un uomo molto schietto. Vuoi
la mia
idea o parole di incoraggiamento? ».
«
Deduco che le due non coincidano ».
«
Stiamo parlando di un demone di potenza sconfinata. Mi sono fatto
un'idea, seguendo le tue parole e quelle dell'Antologia,
di come questo Dà Hàak deve essere. Da soli,
anche in tredici come
siamo, dubito potremo abbatterlo ».
«
Non capisco. Perché allora mi hai convinto a partecipare a
questa
battaglia? Perché stiamo combattendo? Per morire
onorevolmente? ».
«
Non sono uno che corre rischi di quel tipo. Sai che per me l'onore
è
qualcosa privo di significato ».
«
Dunque? ».
«
Quella notte di trent'anni fa il mio amico mi disse una cosa che non
scorderò mai » replicò Drake
« Qualcosa di grave sarebbe
successo. Qualcosa era stato alterato. Sono convinto che si tratti di
Dà Hàak Loi'i, anzi ne sono certo ormai
».
«
Ma io? Cosa c'entro io? ».
«
Da tutto ciò che mi ha raccontato in quell'occasione ho
imparato che
siamo tutti importanti, che tutti nasciamo con uno scopo e che il
singolo può fare la differenza. Tu sei uno dei
più grandi
allenatori viventi. Tu, Lucian, Steven… siete gente che
sposta gli
equilibri. ».
«
Dimentichi te stesso ».
«
Io ho smesso di essere un elemento decisivo decenni fa » fu
l'aspro
commento di Drake « Voi siete la nuova leva, e per quanto mi
riguarda siete ben superiori a coloro che erano giudicati i migliori
ai miei tempi. Era fondamentale che ci foste tutti in
quest'occasione. Magari non servirà a niente, ma
c'è una
possibilità remota che possiate fare la differenza come il
mio amico
mi ha insegnato. Se qualcuno può, siete voi e nessun altro
».
«
E allora perché chiamare a morire anche tutti gli altri?
» spirava
una leggera brezza marina, sembrava di trovarsi in riva al mare e non
nella campagna di Kanto.
«
Personalmente, se potrò perire per aumentare di un nonnulla
le
vostre possibilità di farcela sarò fiero di dare
la mia vita per la
causa ».
Lance
non fu in grado di replicare. La sola idea che Drake potesse
andarsene quella notte non l'aveva nemmeno sfiorato. Aveva certo
pensato agli innocenti, a coloro incapaci di difendersi, forse anche
a qualcuno del suo gruppo d'élite, ma mai lui. Era una
leggenda,
tutti lo ritenevano quanto di più vicino ci fosse
all'immortale,
eppure era effettivamente umano. Anche lo stesso Lance, d'altro
canto, era creduto eterno dai più, e solo poche ore prima
aveva
rischiato di essere ucciso.
E
di nuovo non riusciva a motivare la decisione di quel demone ardeco
di attaccare. Troppe cose non quadravano. Perché tre giorni?
Perché
Blue e Red tra i tanti erano stati deputati a ritrovare il professor
Oak? Perché Red era entrato in quello stato catatonico e
Blue no?
Perché iniziare la propria opera di distruzione da un borgo
come
Pallet?
No,
non aveva senso arrovellarsi su pure supposizioni. Doveva evidenziare
le uniche certezze che aveva, o sarebbe impazzito, oppure anche
peggio rimasto intrappolato tra le sue congetture. La sola sicurezza
era che quella notte sarebbe stata l'ultima del mondo come gli
antichi la immaginavano, con un solitario giustiziere venuto a
sommergere con un oceano di silenzio e desolazione la terra densa di
malvagità. Restava da stabilire solo l'ora.
«
Sai » disse Lance a un tratto « Sono felice che tu
sia qui con me.
Qui, alla fine di ogni cosa ».
Ci
sono momenti nella vita in cui non vi è traccia di
curiosità.
Talvolta proviamo un amalgama di interesse e terrore verso lo
sconosciuto, anzi è più comune di quanto ci si
aspetti. Non era
questo il caso: nessuno dei tredici, nessuno degli abitanti di Pallet
trasferiti a Saffron, nessuno in tutta Kanto, nessuno in Johto,
nessuno in Hoenn e Sinnoh dove la notizia era giunta con leggera
dilazione, nessuno di loro voleva sapere come sarebbe andata a
finire. Troppo gravi le premesse, troppo fiacche le evidenze per
avere anche solo quel barlume di ottimismo necessario per voler
conoscere il futuro. Il mondo intero stava per assistere a quanto di
più grandiosamente devastante si fosse mai verificato in
tempi
recenti, e lo sapevano tutti. E ci fosse stata la
possibilità di
arrestare retroattivamente il tempo a tre giorni prima, come avviene
in svariate commedie, così che lo stesso dì si
ripetesse
all'infinito, nessuno a parte forse Drake avrebbe rifiutato dietro
qualsivoglia compenso.
No,
effettivamente Lance ipotizzava che qualcuno l'avrebbe fatto. Fu
così, senza alcun preavviso, che gli tornò in
mente James. Chissà
cos'avrebbe detto in un'occasione come quella. Forse le stesse cose
dette da Drake, o forse avrebbe optato per un eloquente silenzio. Non
si sa mai cosa dire di fronte al pericolo, nonostante le frasi
arrivino quasi spontanee al termine di esso.
«
Ehi, nuove istruzioni? » gracchiò una voce
dall'interfono del
PokéNav di Lance, interropendo il flusso dei suoi pensieri.
«
No, Phoebe » replicò Drake con il suo usuale tono
austero.
«
È da pazzi » esclamò Aaron, che si
trovava proprio nella squadra
del Campione di Kanto « Siamo qui da quasi un'ora e ancora
niente.
Sembriamo dei deficienti ».
«
Meglio deficienti che morti » fu la secca ribattuta di Steven.
«
Ma non si fa vivo! In base a cosa avete deciso
che–– ».
«
Ma fatti i fatti tuoi » proruppe Lance «
È così e basta ».
«
Ah, beh, scusa se i fatti vi danno torto, Campione ».
«
Aaron, finiscila » dal PokéNav parlava ora una
voce autorevole che
nessuno tardò a riconoscere « Non abbiamo alcun
dubbio ».
«
Mi scusi, professore, ma qui non c'è segno di vita
».
«
Magari l'ora non è quella giusta. Aveva ritardato anche
ier–– »
Lance fu come fulminato. Era ovvio, gli era stato davanti per tutto
quel tempo « Fermi! Dà Hàak non ha mai
attaccato alla stessa ora!
».
«
Che intendi? » domandò Drake a distanza.
«
Ieri era arrivato verso le due di notte, ma non l'altroieri!
»
proseguì il Superquattro « Lorelei, tu ricordi
benissimo l'ora
giusta, no? ».
«
Cos'era, l'una mi pare ».
«
Un'ora di distacco. Il che vuol dire che––
».
Un
flash accecò tutti i presenti per qualche secondo, mentre
una
sferzata di vento investiva Pallet, ma era talmente ampia che avrebbe
benissimo potuto essere diretta all'intera Kanto. Vi fu un rumore
sordo, come di vortice che si richiude, e lentamente iniziarono a
riacquistare la vista. Nessun Dà Hàak, con
meraviglia generale.
«
COS'È QUELLO? » gridò nel panico Flint.
Nel cielo, non
eccessivamente distante, si era formato un colossale simbolo luminoso
dai colori tendenti all'indaco. Un altro suono sommesso
risuonò
nell'atmosfera e il desertico borgo si accese in un immane incendio.
Con più attenzione, però, le fiamme non erano
rossicce ma bluastre,
non emanavano affatto calore e soprattutto non stavano bruciando
niente. L'impressione generale era di trovarsi in un gigantesco set
teatrale.
«
Che succede? » fu l'unica frase pronunciata via
PokéNav, senza che
se ne potesse identificare la voce distorta dall'angoscia.
«
Dà Hàak » rispose Lance con amarezza, e
proprio in quell'attimo si
formò una colonna fulgente che nasceva nel centro
dell'emblema
celeste e discendeva con violenza fin giù al terreno.
Un'immensa
lingua di fuoco cerea iniziava a essere intravista da Pallet Town, ma
non era affatto prossima alla cittadina.
«
Dove? Dov'è? » domandò convulso Lucian.
«
SAFFRON! » fu l'improvvisa realizzazione di Drake «
Attacca Saffron
City! ».
Una
sensazione di vuoto improvviso si creò nello sterno di
Lance.
Saffron City. Li avevano mandati tutti a morire, tutti. «
Perché?
Perché cambiare il luo–– ». Si
interruppe. Non c'era il tempo
di porsi quesiti inutili. Non c'era tempo per niente. «
Presto, ogni
squadra salga su una monta e accorra subito » disse lanciando
due
dei suoi draghi « Aaron, Bruno, Glacia, voi prendete il mio
Charizard. Io e Dragonite andiamo da soli ».
I
suoi tre accompagnati tentarono di dire qualcosa, ma già il
campione
sfrecciava a cavallo del suo pokémon verso la metropoli,
mentre Dà
Hàak Loi'i era già completamente emerso
dall'oscurità in
quell'ultima, fatale notte.
|
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Capitolo 7 *** Hasta el fin ***
VII 'Hasta el fin'
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Blackthorn
City:
Ebanopoli.
Canalave
City:
Canalipoli.
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cerulean
City:
Celestopoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Devon
Corporation:
Devon S.p.A.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Indigo
Plateau: Altopiano
Blu.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Mount
Chimney:
Monte Camino.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
League:
Lega Pokémon (n.b.
le istituzioni sono qui chiamate
con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega
Pokémon è anche il nome della località
dove la Lega come ente
ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Silph
Corporation: Silph S.p.A.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Viridian
City: Smeraldopoli.
Viridian
Forest: Bosco
Smeraldo.
Aaron:
Aaron.
Agatha:
Agatha.
Bertha:
Terrie.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Briney:
Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).
Bruno:
Bruno.
Clair:
Sandra.
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Flint:
Vulcano.
Glacia:
Frida.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Phoebe:
Ester.
Red:
Rosso.
Samuel
Oak:
Samuel Oak.
Sidney:
Fosco.
Steven
Stone:
Rocco Petri.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi
e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
*
* *
VII:
“Hasta el fin”
Lance
armeggiò con il PokéNav e telefonò
direttamente a Rowan, senza
ricorrere al canale comune « Professore, mi sente?
».
«
Lance! Qui c'è Dà Hàak! ».
«
Lo so bene, sto venendo » il Superquattro si voltò
e notò che già
i restanti dodici gli erano dietro « Stiamo
venendo. Lei è con Blue, dico bene? ».
«
Sì, ma perché? ».
«
Dove siete? – ANDATEGLI SUBITO ADDOSSO! ».
«
Alla Silph, quinto piano ».
«
Scendete immediatamente al piano terra. Sarò lì
il prima possibile
» Lance riagganciò e si sintonizzò
nuovamente sul 23 Alfa « Voi
attaccate, devo andare da Blue! ».
Probabilmente
molti avrebbero avuto da ridire su quell'istantaneo abbandono del
leader della Lega di Kanto, ma fu Drake a occupare per primo la
frequenza « Vai pure, qui ce la caviamo noi ».
«
Grazie » Dragonite, ormai prossimo a Saffron City,
virò ed effettuò
un'avvitata verso il basso per raggiungere il prima possibile la sede
della corporazione, mentre dietro di lui Salamence lo superava pronto
a lanciare un Dragartigli.
Lance,
dopo aver precauzionalmente spento il PokéNav per evitare
interferenze, atterrò senza la minima prudenza ed
entrò trafelato
nel colossale edificio, dove Rowan, Albert e Blue ancora in pigiama
–
il gruppo societario doveva essere stato più disponibile di
quanto
si aspettasse, avendo fornito anche letti agli ospiti – lo
attendevano con impazienza. Tutt'intorno lo staff faticava a
controllare le fuoriuscite dagli ascensori di abitanti di Pallet
ansiosi di seguire la battaglia.
«
Lance! Cosa c'è? ».
«
Non c'è tempo di spiegare, ma è evidente che
Dà Hàak attacca dove
c'è lui » e indicò il giovane ragazzo.
«
Lui?
Come lo sai? ».
«
Ho detto che non c'è tempo » fu la fredda replica
del campione che,
forse per la tensione che aleggiava nell'aria, aveva completamente
dimenticato il rispetto che da sempre aveva mantenuto per il
professore « Blue, hai avuto un altro incubo? ».
«
Sì ».
«
Raccontalo in breve ». Un'esplosione assordò per
un istante i
presenti.
«
Era uguale al primo, quello dell'invasione, però prima di
dirmi
“tritaios”
mi diceva qualcos'altro ».
«
Cioè? ».
«
Qualcosa… “seguimi nell'abisso”, mi pare
».
«
Professore! » Lance si volse al suo precedente interlocutore,
frattanto completamente disorientato dalla rapidità con cui
tutto si
stava svolgendo e dalle persistenti deflagrazioni all'esterno
«
L'Abisso, che cos'era? Ne ha parlato ieri ».
«
Sì, è la dimensione da cui Dà
Hàak viene ».
«
Lei crede che voglia che lo raggiungiamo lì? ».
«
Io… Sì, può essere ».
«
E come? ».
«
Io… Forse c'era qualcosa… ».
«
PROFESSORE! » esclamò a un tratto Lance
« QUI FUORI STANNO TUTTI
RISCHIANDO LA VITA! ».
A
quel punto intervenne la voce stentorea di Albert « Adesso
basta,
calmati. Sii logico, è inutile affrontare una battaglia
simile in
preda alla sola adrenalina. È questo che vi ha traditi ieri
».
Il
Superquattro si fermò e inspirò profondamente per
tranquillizzarsi
« Hai ragione, vi chiedo scusa ».
«
Fortuna vuole che avessi previsto una circostanza simile »
proseguì
l'allenatore, e mise mano al marsupio che gli avvolgeva la vita per
estrarne un ben noto volume « Ecco l'Antologia
».
«
Molto ben fatto, Albert » si complimentò Rowan
« Se una risposta
c'è è lì. Vediamo… Ah, ecco
qui ».
«
Che dice? » fu la domanda comune del trio che dedicava al
professore
la sua totale attenzione.
«
Bisogna forzare il varco. Andando a… Aspetta, la conversione
nel
sistema metrico… Con 112.2 m/s dovreste poterlo aprire
».
«
Ma dove?
».
«
Il varco per l'Abisso non è stabile »
spiegò Rowan, cercando di
sovrastare il rumore delle esplosioni e del caos che li circondava
«
Solo dall'interno dell'Abisso si può aprire,
dopodiché resta attivo
per mezzo Ciclo Ardeco, più o meno venti minuti nostri, e si
richiude automaticamente ».
«
Capisco » Lance vedeva svelati molti dubbi che in quei giorni
l'avevano assillato « Ecco perché Dà
Hàak se ne andava anche
quando stava per uccidere qualcuno. Era contro la sua
volontà,
doveva per forza fare ritorno all'Abisso ».
«
Non perdere tempo » lo esortò Albert «
Quel demone è entrato in
scena qui, quindi il varco è per forza a Saffron City
».
«
Non è così facile » lo
arrestò il professore « Per raggiungere
quella velocità devi obbligatoriamente sfruttare la forza di
gravità
e partire da una bella altezza. Bisogna vedere se Dà
Hàak te lo
lascerà fare ».
«
Non vedo altre possibilità » replicò
Lance « Blue, monta su
Dragonite ».
«
Fermo, che fai? Ti porti il ragazzo? » obiettò
Rowan mentre già il
diretto interessato stava obbedendo all'ordine.
«
È lui che vuole. È lui che deve
“seguirlo nell'Abisso” » gli
si rivolse direttamente, ricordando una volta di più il
pomeriggio
passato in quel paradiso pacifico nel bosco di Pallet « Ma
tranquillo, non ti accadrà niente. Sarò con te
fino alla fine,
qualunque essa debba essere ». I due uscirono dunque dalla
Silph
sempre più in preda al panico diffuso.
All'esterno
il panorama era catastrofico. I Superquattro avevano accerchiato
Dà
Hàak, ma non lo attaccavano in via aerea, preferendo restare
a terra
e lanciare la propria offensiva da lì, forse per marcare
meglio i
limiti oltre il quale il demone doveva essere contenuto. Tutt'intorno
a loro era la pura desolazione: similmente a quanto accaduto a Pallet
Town, le case erano scomparse nel nulla per far luogo al vuoto
assoluto spazzato da un'impervia raffica gelida che sembrava
diramarsi proprio dall'avversario. Lance, ben saldo su Dragonite,
riaccese il PokéNav e fu quasi assordato sul momento
dall'ammontare
di grida e comandi che ne scaturiva. Dopo aver prudentemente
abbassato il volume, fece impennare il proprio pokémon Drago
e si
alzò in volo.
«
Lance! » esclamò qualcuno dall'interfono.
«
Proprio io ».
«
Dov'eri? » le voci erano tanto indistinguibili che non fu
nemmeno
possibile capire se a porre quella domanda fosse stato un altro.
«
L'ho detto, recuperavo Blue ».
«
Scendi giù da Dragonite, abbiamo deciso di attaccarlo da
terra! ».
«
Negativo » replicò perentorio Lance «
Dobbiamo fare una cosa da
quassù ». Dà Hàak, accortosi
della sua presenza, scagliò verso
di lui un Neropulsar che il drago prontamente schivò, per
poi
lanciarsi in una carica volta a indebolire il nemico. «
Fermo,
Dragonite, usa Dragopulsar! – Professore, è
sintonizzato? ».
«
Sì ».
«
Qui sopra » Lance osservò il cielo dove ancora
campeggiava
l'emblema avvistato da Pallet, che si mostrava da lì come
simile a
un giganteggiante tappeto bicromatico esagonale «
c'è una specie di
simbolo. Non potrebbe essere questo il varco? ».
Il
PokéNav stridette uno strano disturbo –
probabilmente più persone
avevano voluto domandare del “varco” –,
dopodiché si udì
parte della frase di Rowan «
––àak è venuto dal basso,
quindi
è impossibile! Ve l'ho detto, non potete vederlo! Fate come
vi ho
spiegato! ».
«
Stavo solo chiedendo » Dragonite evitò un altro
Neropulsar,
dopodiché, a seguito di una breve imprecazione di Lance,
scagliò un
Tifone verso lo spettro « Presto, finché
è là dentro! ».
Svariati
flussi energetici, tra cui spiccava un Iper Raggio, furono
all'istante diramati per dar manforte al turbinio di vento, ma una
Protezione improvvisa li arrestò a mezz'aria.
«
Che fai? ».
«
Chi è stato? ».
«
Non ricordate quello che Lance ha raccontato? » rispose lesto
Drake,
il cui Shelgon era stato l'esecutore dello scudo « Ha
sicuramente
uno Specchiovelo pronto! ».
«
Lance, aspettami lassù » fece un'altra voce,
più giovane, e il
Superquattro vide levarsi da terra un rapidissimo Skarmory che in
breve gli fu addosso.
«
Ben arrivato, Steven ».
«
Cosa devi fare nello specifico? ».
«
Raggiungere i 112 metri al secondo. Non chiedermi per cosa ».
«
Non lo farò » Steven abbassò il capo
per parlare all'interfono «
Presto, andate con gli attacchi fisici! Se ha lo Specchiovelo pronto
li soffrirà parecchio! ». Detto ciò
Skarmory andò in picchiata
con un Alacciaio pronto, mentre il Gallade di Lucian da rasoterra lo
seguiva con uno ampio Psicotaglio.
Ambedue
le tecniche, tuttavia, andarono a scontrarsi con una violacea
Protezione prodotta questa volta da Dà Hàak
stesso, che a seguire
con un enfatico gesto alzò il braccio destro, fino ad allora
praticamente inutilizzato, e lo roteò in un possente
Ombrartigli che
atterrò i Superquattro, abbatté Steven e per poco
non fece rovinare
al suolo anche Lance e Blue.
«
Dannazione » inveì « Se solo avessimo un
minimo di tregua ».
«
Non so a cosa ti possa servire » commentò qualcuno
dal PokéNav «
Ma te la darò ».
Nessuno
replicò alcunché. D'improvviso due scudi
verdognoli si produssero a
livello del terreno e isolarono quasi completamente Dà
Hàak Loi'i.
Il demone tentò invano di oltrepassarli, soltanto per
esserne
respinto facendo barcollare la sua colossale mole.
«
Ma che cos–– ».
«
Non reggeranno più di tanto, quindi è stato bello
affiancarvi ».
I
due Shelgon, loro avevano lanciato le Protezioni che in quel momento
chiudevano in una bolla il fantasma. Come Lance ben presto
notò, non
solo lui era bloccato: attraverso una sorta di corridoio, lo sferico
sigillo era collegato a un altro più piccolo. Sapeva bene
chi era al
suo interno « CHE COSA FAI? ».
Non
vi fu risposta alcuna. Drake e Salamence rimasero impassibili mentre
il secondo caricava un Iper Raggio e Dà Hàak lo
imitava,
preparandosi al tremendo duello. In un attimo due fasci eburnei
furono scagliati l'uno verso l'altro, unendosi e scontrandosi per
prevalere.
«
COSA ASPETTATE » gridò Lance «
ATTACCATE, ROMPETE LA BARRIERA!
DRAGONITE, IPER RAGGIO ANCHE TU! ».
«
Fermati » disse una voce, ma non dal PokéNav. Il
campione si voltò
giacché Blue, in monta con lui, aveva parlato.
«
Che vai dicendo? Non penserai che ce la farà da solo
». Nel
frattempo via interfono Rowan domandava celermente spiegazioni,
mischiando la propria voce alla restante decina di allenatori che
frementi ordinavano ai propri pokémon di attaccare.
«
Proprio per questo si è chiuso lì dentro
».
Lance
non comprendeva minimamente « Per morire con onore? Drake non
è
tipo da–– ».
«
Per salvarvi!
Lo sa bene che non vincerà, non vuole che siate colpiti
anche voi!
».
«
Ma perché! Perché fare tutto da solo? ».
«
Perché glielo hai chiesto tu! » esclamò
Blue come fosse ovvio «
Gli hai chiesto una tregua, e lui te la sta dando! ».
Lance
si voltò a osservare nuovamente gli Iper Raggi che
collidevano. Era
tutto così chiaro. Drake stava incondizionatamente dando la
propria
vita perché lui
gliel'aveva chiesto senza fornirgli alcuna motivazione valida. Non
aveva mentito in niente quella sera spesa insieme a Pallet. Credeva
davvero che lui potesse fare la differenza, e a prova della
sincerità
con cui l'aveva detto aveva deciso di sacrificare la sua irrilevante
vita per permettergli di provare a salvare tutto e tutti. Lui,
invece… No, non c'erano dubbi. Ora che Salamence stava
persino
giocandosela alla pari con Dà Hàak non ce n'erano
davvero più:
Drake era ancora il più grande allenatore di tutti, capace
di
eguagliare un mostro che aveva con un unico colpo steso l'intera
squadra di salvataggio. Ma allora perché pensava che Lance e
non lui
potesse risolvere il tutto?
La
terribile esplosione fu per pochi istanti contenuta all'interno delle
formidabili difese erette dagli Shelgon, per poi infrangerle e
spargersi su tutta l'area di battaglia. Ma era fumo, e bastò
che si
diradasse per vedere che in realtà l'intero potenziale
devastante
che quel conflitto aveva prodotto era stato annullato. E soprattutto,
per la prima volta in quei tre giorni, Lance vedeva Dà
Hàak Loi'i
ansimare. Persino nell'ultima azione prima di andarsene, il
più
grande di tutti aveva avuto ancora una volta interamente ragione.
«
Presto! » gridò Blue « Muoviamoci, non
starà fermo a lungo! ».
Era
vero, non c'era tempo da perdere. Ogni calcolo effettuato da Rowan
perse significato: non poteva attendere e salire ancora. «
Ora o mai
più » declamò, e Dragonite
partì a tutta velocità in picchiata,
nell'occasione finale per aprire il varco per l'Abisso.
«
Ora o mai più » ripeté il ragazzo
dietro di lui, mentre la
corrente gli freddava il viso e scompigliava la chioma.
A
circa metà strada da terra un flusso energetico
centrò in pieno il
pokémon Drago, disarcionando la coppia.
«
KYANEOS!
».
Con
la coda dell'occhio Lance vide il demone che si era ripreso e ora
aveva con incredibile rapidità scagliato una delle sue sfere
purpuree con un asse che puntava a poco sotto di loro, di modo che
sarebbero stati presi con certezza assoluta. Tutto si scioglieva,
quanto prima non aveva potuto portare a compimento per i tempi
ridotti si stava per avverare. Aveva sperato per tutto quel tempo che
l'assalto sarebbe terminato bruscamente così come si era
consumato
quello del giorno precedente, e non era successo. « Fino alla
fine »
aveva detto poco prima a Blue, ed era stato di parola: quella era la
fine.
Il
globo fulvo lo investì con potenza inaudita. Udì
un suono secco e
assordante e fu colto da un violento conato di vomito, come stesse
vorticando nell'oscurità senza controllo. Istintivamente
sperò che
tutto finisse presto e, forse per il panico, forse per il
voltastomaco che lo affliggeva, svenne.
Blue
si svegliò sotto uno spesso strato di neve di diversi
centimetri. Si
alzò in piedi scrollandoselo di dosso e istintivamente si
domandò
per quanto tempo fosse rimasto fermo per concedere al nevischio di
ricoprirlo a quel punto. Si trovava in una sconfinata piana su cui
imperversava una violenta bufera di neve e le correnti d'aria, che
cambiavano direzione di minuto in minuto, gli ghiacciavano il volto.
Inizialmente si convinse di trovarsi nella distesa a est di Pallet
Town e cercò di spiegarsi la tempesta, fino a che non
avvistò, in
lontananza, qualcosa di mai visto prima: un gigantesco numero nove in
pietra – forse ossidiana o tectite, a giudicare dal colore
molto
scuro – che veniva trascinato dalle folate ora da un lato,
ora
dall'altro. Improvvisamente l'effigie mutò direzione di volo
dirigendosi verso di lui. Blue iniziò a fuggire alla sua
sinistra,
ma sprofondò dopo pochi passi nella coltre immacolata su cui
poggiavano i suoi piedi. Per sua fortuna tanto bastò: una
corrente
sospinse a metà strada il nove nella rotta opposta alla sua,
allontanandolo all'orizzonte.
Il
ragazzo riacquistò a fatica la posizione eretta, ostacolato
dal
vento impetuoso che soffiava, e proseguì su quella strada.
Sopra di
lui, oltre un letto di cifre simili a quella cui era appena sfuggito
che fluttuavano disomogeneamente, si stagliava uno sconfinato drappo
di nubi illuminate a sprazzi da lampi provenienti da qualche parte
più in alto – in un gioco di ombre cinesi gli
parve perfino di
intravedere una sagoma serpentina che volava là sopra.
Blue
iniziò a correre senza tregua in linea retta, imbattendosi
infine in
una figura che lo atterrì. Si trattava di un edificio non
troppo
esteso, quasi un blocco di mattoni in proporzioni colossali con un
quadrivio di finestre sul lato frontale a cui il giovane era esposto.
L'elemento più singolare era però una massiccia
turbina eolica che
sovrastava la costruzione e si elevava quasi a voler utopisticamente
sfiorare il firmamento che, celato dalle nuvole, tuonava senza sosta
sgomentando Blue a ogni boato. Lui, d'altronde, quel complesso lo
conosceva più che bene, l'aveva anzi visto pochi giorni
prima: era
il laboratorio di suo nonno. Provò la tentazione di entrare,
ma fu
trattenuto dai suoi dubbi sul perché si trovasse
lì. Soprattutto,
lì dove?
Decise
comunque di provare a vedere cosa vi fosse dentro. Non seppe dire se
fosse perché non aveva idea di cos'altro fare o
perché al contrario
iniziava a comprendere sottilmente l'ambiente in cui era capitato, ma
abbassò la maniglia ed entrò. L'interno era buio,
né Blue si
sarebbe aspettato di trovare luci accese. Non tentò nemmeno
di
farlo: già da lì aveva compreso che era intatto e
che era veramente
il laboratorio scomparso da Pallet Town, il che era quello che voleva
sapere.
Sono
nell'Abisso,
pensò, e di
sicuro è stata quella sfera a mandarmici. Pensare che ci
eravamo
andati così vicino, eppure ci siamo intestarditi sul varco.
La
prima domanda da porsi, ovviamente, era dove fosse Lance. Entrambi
erano stati colpiti, e Dragonite era probabilmente rimasto con lui
per qualche ragione. In lontananza un altro fulmine pose in risalto
la silhouette avvistata in precedenza, che a quel punto era
certamente in movimento oltre i nembi.
Poco
più sotto un puntino, qualcosa di quasi invisibile, si
muoveva a una
velocità ben superiore ai numeri di pietra che aleggiavano
di
consueto, come se fosse più leggera. Blue decise di
inseguirla,
poiché aveva intuito che si poteva trattare di un corpo
umano, ma fu
frenato dalle folate avverse – e comunque non avrebbe voluto
avvicinarsi più di tanto, temendo di essere risucchiato egli
stesso
da una raffica ascendente che l'avrebbe intrappolato nella corrente
superiore. Non vi fu nondimeno esigenza di fare altro: il puntino
iniziò a ampliarsi, segno che l'aria lo stava trascinando
verso il
ragazzo al momento ancorato al suolo. Fu sufficientemente vicino da
essere scorto per meno di un istante, per essere poi trainato
nuovamente verso altri spazi, ma non servì di
più. Non era Lance,
ma Blue lo conosceva comunque: aveva scorto perfettamente il camice
bianco che indossava. Quello era suo nonno, Samuel Oak.
Il
suo primo pensiero fu che, dal momento che coloro che erano stati
addormentati – a quel punto era ovvio – da
Dà Hàak Loi'i
finivano nell'Abisso, anche Red doveva trovarsi lì. Ma non
erano
coscienti, sembravano o svenuti o morti o, com'era probabile, nel
medesimo stato in cui versavano nell'altro mondo, ovvero in un limbo
tra sonno e tomba. Ma c'era un problema più grande ancora
che
richiedeva la sua attenzione: non aveva la minima idea di come uscire
da quel luogo, e rimanendo all'aria aperta sarebbe morto assiderato
oppure l'avrebbe risucchiato un turbine che l'avrebbe alzato al
livello delle effigi fluttuanti fino a collidere con una di esse.
Devo
tornare al
laboratorio
fu la sua conclusione spontanea. Si girò rapidamente ma, con
suo
orrore, proprio in quell'istante un uragano comparso
pressoché dal
nulla si abbatté sull'unico rifugio individuato divellendolo
completamente. Rimanevano sicuramente tutte le altre costruzioni
cadute nella furia di quello spettro e delle sue sfere purpuree, ma
non se ne vedevano nell'arco di miglia, e non aveva nemmeno idea di
quanto l'Abisso potesse essere esteso, o persino se avesse una fine.
Impulsivamente provò a fuggire da quel frullio di neve e
aria che
stazionava a poca distanza; sullo scatto però gli cedettero
le
ginocchia e il suo peso lo fece inabissare nel manto bianco
sottostante. Nel contempo l'inarrestabile tornado procedeva spietato
nella sua direzione. Si ricordò di Lance, della sua promessa
di
restare con lui fino alla fine, e gemette per la tensione e per
l'idea di essere stato abbandonato e destinato a rimanere in
quell'inferno gelato alla mercé di una qualche potenza
superiore.
Avrebbe potuto morire in una miriade di modi diversi, e tutti gli si
materializzarono di fronte: divorato da quel mostro che viveva sopra
le nuvole, sconquassato contro uno di quei nove e di quei quattro,
stretto nella morsa dell'ipotermia, magari tutte e tre insieme.
Perché Lance non era rimasto con lui? Aveva promesso
che––
La
terra iniziò senza preavviso a tremare come scossa dalle
fondamenta.
Il ciclone, prima apparso così vicino, si era dissolto nel
nulla. Il
suolo si crepò proprio di fronte a Blue in una fenditura
netta che
zigzagava per qualche chilometro da lì, una breccia nera
come
l'inchiostro. Di colpo pezzi di roccia iniziarono a volare ai lati
mentre la spaccatura si allargava sempre di più fino a
diventare un
burrone circolare. Lentamente ma inesorabilmente emerse con teatrale
ineccepibilità prima una fiamma eburnea, poi un buio corpo
demoniaco
con due occhi celesti e due arti ungulati aperti in un ampio
abbraccio che sembrava stringere tutto l'Abisso in una volta.
L'affioramento, nella più completa incapacità di
Blue di muoversi,
continuò fino a che mezzo busto non fu emerso per poi
fermarsi lì;
ma anche incompleto, Dà Hàak Loi'i era comunque
quanto di più
mostruoso il ragazzo avesse mai visto. Il fiato gli si mozzò
e il
cuore saltò un battito, ma avrebbero potuto anche essere
stati
decine per lo sgomento che provava.
«
Dunque eccoci » disse con voce profonda, e per Blue fu un
altro
motivo di sconvolgimento il fatto che potesse parlare nella sua
lingua.
«
Chi sei? » trovò il coraggio di domandare, ma se
ne pentì subito
come il suo sguardo incontrò quello altrui.
«
Lo sai già ».
«
Sei Dà Hàak? ».
«
Il nome completo è Dà Hàak Loi'i
».
«
Il demone ardeco? ».
«
Che sgradevole vocabolo, “demone”. Noi siamo degli
affrancatori
incompresi ».
«
Voi chi? ».
«
Dà Hàak Loi'i » replicò, e
Blue comprese che per qualche
inspiegabile motivo si riferiva a sé stesso come a una
confederazione di più enti. Poteva altresì
trattarsi di un uso del
pluralis
maiestatis,
ma quella non fu la sensazione.
«
Perché ce l'hai con me? ».
«
Ci sono moventi che non puoi comprendere nella tua grossezza
».
«
Mi hai preso di mira fin da subito, ma non mi hai ucciso. Le tue
sfere… Perché mi volevi qui? ».
«
Desideriamo che tu stringa un Patto con Noi ».
«
Un patto?
» Blue fu scosso da un moto di indignazione « Dopo
tutto ciò che
mi hai fatto? Mi hai distrutto
la vita in tre giorni e vuoi un patto?
».
«
Paventiamo che tu non disponga di alcuna opzione. O acconsenti a
stipulare il Patto o Kanto questa stessa notte sarà
annientata ».
«
Come sarebbe a dire “notte”? È ancora
notte? ».
«
Il tempo nell'Abisso defluisce immensamente più piano che
nell'Oltremondo. Per quanto dall'altra parte sanno, non è
ancora
trascorso neanche un secondo da quando tu e Lance siete stati
abbattuti dal Kyaneos
».
L'idea
che tutti fossero ancora vivi dall'altro lato sollevò
lievemente
l'animo di Blue « E se io dovessi accettare li lasceresti in
pace?
».
«
Naturalmente ».
«
E non torneresti più? ».
Qui
la replica fu più titubante « Non nella forma a te
nota. Plurimi e
inconcepibili sono i Nostri aspetti, tali che l'intero Oltremondo
collasserebbe alla loro dipartita ».
«
E quale patto può essere tanto importante per te da
rinunciare a
ripresentarti? ».
«
È notevolmente banale. La salvazione di Kanto, Johto, Hoenn
e Sinnoh
in cambio di un brandello della tua anima. Ci appare un cambio
equanime, non ti pare? ».
«
Che vai dicendo? ».
«
La vostra anima non rimane immutata nel corso del tempo. Quando
nascete essa è poco più di un frantume, qualcosa
di inconsistente.
Progressivamente è costruita per merito delle esperienze,
dei vostri
incontri e dei vostri scontri, fino a serbare intere sezioni di essa
ai sodalizi con gli altri e ai rapporti imprescindibili che vi legano
alle altre persone di questo mondo. Prima di diventare ciò
che siamo
ora Noi eravamo grandi appassionati dello studio dell'anima ».
«
Ciò che siete… che sei
ora? » il ragazzo non abbandonò la forzatura di
ignorare il plurale
imposto dal demone.
Dà
Hàak lo ignorò « Consegnare una
porzione della tua anima significa
abiurare ogni sentimento che provi per una o più persone.
Quel vuoto
è lasciato tale e mai colmato, in modo che lo stesso nesso
non possa
essere restaurato com'era in origine. In altre parole una volta che
una connessione viene asportata, non potrà mai
più essere
ricostituita ».
«
E perché hai bisogno di un patto? Non potevi fare da te?
».
«
Malauguratamente l'anima è solo di colui a cui è
conferita da
potenze impenetrabili. Nemmeno il più possente degli esseri
viventi,
quale Noi siamo, è in grado di incrinarla in qualsiasi modo.
Esclusivamente il suo consegnatario può deliberarne la
cessione
parziale o totale, ed è proprio mediante un Patto che
ciò può
essere compiuto ».
«
Parlami di questo Patto ».
«
Si tratta di un vincolo assicurato e suggellato dall'Abisso stesso
».
«
L'Abisso stesso? Cioè questo luogo è vivo?
Per questo volevi a tutti i costi portarmi qui? ».
«
Sei acuto come supponevamo ».
«
E il pezzo di anima che ipoteticamente dovrei darti… dove
andrebbe
a finire? ».
«
Sarebbe trattenuto qui nell'Abisso, al di sopra le nuvole, ove
nessuno se non le tre Entità Supreme può
accedere. Esso verrebbe
ritornato solo in caso di inosservanza del Patto in sé
».
«
Cioè mai, dato che dipende da te » concluse il
ragazzo « E di
preciso che pezzo di anima vorresti? ».
«
Quello che conserva il tuo rapporto con Red ».
Fu
come se una lancia avesse trafitto Blue in pieno petto. Tutto si
sarebbe aspettato, e tutto sarebbe stato disposto ad accettare, meno
che quello. La sua amicizia con Red non era un semplice vincolo che
lega due persone qualunque, era quanto più di ogni altro
fenomeno
aveva contribuito a fare di lui quello che era. Non aveva memoria di
un solo istante nella sua vita al di fuori di quei tre giorni in cui
Red non fosse stato presente al suo fianco e lui al suo in un binomio
simbiotico inscindibile. Lance, Daisy, il nonno, i suoi
insegnanti…
Nessuno aveva tanto valore per lui quanto il suo più grande
amico,
colui che non avrebbe mai sacrificato per niente al mondo, nemmeno
per salvare sé stesso.
«
Non comprendiamo il tuo disagio » disse Dà
Hàak Loi'i con una voce
più persuasiva di prima « Si tratta di una
semplice relazione di
scarsa importanza contro la totale demolizione di Kanto ».
«
Non è di scarsa importanza » Blue alzò
la testa in uno scatto
d'orgoglio « Red è il mio più grande
amico, e tu lo sai bene. Per
questo vuoi farmi rinunciare a lui, anche se non so
il
motivo ».
«
Ci sono moventi che non puoi comprendere nella tua grossezza
»
ripeté Dà Hàak.
«
Non importa. Non tradirò mai Red. Uccidimi, piuttosto
».
«
Forse non ti è limpido che la posta da Noi messa in
palio è
ben più alta della tua vita. Che valore avrebbe una
amicizia, anche
dovesse essere più forte di Noi, se le due anime appese ai
capi del
filo fluttuerebbero nel vuoto assoluto sopra uno scenario di distruzione
totale? ».
Blue
cercò in ogni modo di non pensare a
quell'eventualità, ma ben
presto essa fece irruzione nella sua mente e lo assordò
interiormente. Se avesse rifiutato, se avesse scelto di non tradire
Red, che cosa sarebbe valso il suo eroico gesto? Solo una Kanto
carbonizzata sotto i colpi del demone. In ogni caso non avrebbe
più
potuto fruire di quel vincolo. Anzi, non avrebbe più potuto
fruire
di niente. Daisy, Lance, sarebbero tutti morti. Red era importante,
ma era disposto ad accollarsi sulle spalle il destino reciso di tutto
il mondo per rimanere fedele a qualcuno? Che cosa ne avrebbe pensato
Red? Come avrebbe potuto essere d'accordo? No, lui avrebbe compreso
il martirio cui volevano costringerlo.
«
Dunque? » Dà Hàak Loi'i protese il suo
fosco arto destro.
«
E sia » rispose Blue forzando le lacrime negli umidi occhi a
restare
dov'erano per non tradire emozioni sopraffacenti negli ultimi secondi
di completa autocoscienza. Il ragazzo iniziò a galleggiare,
ma non
era in balia delle correnti come il nonno, al contrario sembrava che
di vento non ce ne fosse nonostante i capelli scompigliati.
C'era
un che di ironico in mezzo a quella tragedia. In quel tritaios,
in quel tempo speso con i Superquattro, con gente che aveva ammirato
per tutta la finora breve vita, non aveva smesso di rivolgere i
propri ragionamenti al perché un demonio dovesse attaccare
la sua
città e privarlo gradualmente di ogni figura di riferimento
importante nella sua esistenza. Ora che tutto quadrava, che
finalmente aveva saputo la risposta e i veri scopi di Dà
Hàak
Loi'i, sarebbe tutto durato pochi attimi: stava per scordare non solo
la risposta, ma persino la domanda. Sarebbe stato come nulla fosse
successo.
Cosa
gli sarebbe rimasto in quell'anima mutilata? Certo, le uniche memorie
intaccate, quantomeno sulla carta, sarebbero state quelle riguardanti
Red Fuji e nessun altro. Non avrebbe dimenticato l'alba nella piana
di Pallet con Daisy, non avrebbe dimenticato quei brevi sprazzi che
ancora serbava dei suoi genitori, non avrebbe dimenticato sua sorella
che gli donava la Premier Ball. Avrebbe scordato i pomeriggi passati
con Red a giocare, le notti a guardare le stelle, tutto ciò
che
anche solo lontanamente lo riguardava, poiché Dà
Hàak non poteva
certo cancellare il sentimento senza sopprimere ciò che
l'aveva
prodotto.
Ma
che dire di Pikachu ed Eevee? Loro senza Red non li aveva visti mai
se non una volta con Lance: che ne sarebbe stato di loro? Sarebbero
scomparsi, avvinghiati nella morsa del Patto? Sarebbero anche loro
stati reclusi nell'Abisso, sopra le nuvole, sotto la guardia delle
tre Entità?
E
i dialoghi con Lance? Quello del pomeriggio del secondo giorno, ad
esempio? Lì avevano discusso di Red, del moonbow
che aveva avvistato con lui… Anche quello se ne sarebbe
andato?
Cosa davvero era finito in quella parte d'anima che gli stava per
essere sottratta mentre ascendeva con lentezza fino ad arrivare
all'altezza di Dà Hàak? Come si poteva anche solo
pensare
di ridurre qualcosa di complesso come lo spirito umano a insiemi
disgiunti di relazioni ed esperienze? Com'era possibile che a
qualcuno fosse stato dato il potere di giocarci,
con qualcosa che magari non è compreso alla perfezione
nemmeno da
lui?
E
ammesso che un taglio equamente assestato fosse stato miracolosamente
effettuato, cosa sarebbe accaduto dopo? Avrebbe continuato a vivere
come niente fosse? Red cosa avrebbe conservato di quello che lui
aveva abbandonato? Cosa, cosa
avrebbe provato nei suoi confronti dopo quella lobotomia artefatta?
Davvero non avrebbe presentito alcun vuoto dentro di sé,
l'assenza
di tutte le vicende che con lui aveva vissuto?
La
risposta era no. Non poteva pensare che un legame come quello tra lui
e Red fosse tanto fragile da poter essere sradicato da un Patto, per
quanto violento esso potesse essere. « Red è una
delle persone più
gentili che abbia mai conosciuto, non potrei mai provare qualcosa per
lui di diverso dall'amicizia » aveva detto quel pomeriggio
fatidico
con Pikachu, Eevee e Lance, e non aveva mentito. Non il suo ego aveva
parlato: era stato il suo subconscio, quel complesso di certezze
inalienabili che il Patto, che l'ego e non il subconscio aveva scelto
di accettare, non avrebbe mai potuto eliminare completamente. Certo,
esse sarebbero state represse in un qualche anfratto sconosciuto
della sua mente, in attesa di essere risvegliate, e sicuramente
l'assenza del pezzo di anima che sarebbe stato asportato e depositato
nell'Abisso avrebbe loro impedito di farlo, come un circuito di una
lampadina che venga reciso. Ma nondimeno la lampadina sarebbe
rimasta, e prima o poi sarebbe stata ricollegata e accesa un'altra
volta, non c'era dubbio.
All'inizio
non sarebbe stato nulla più di un ciottolo sulla battigia da
lui
casualmente rinvenuto. Non avrebbe saputo distinguerlo, ricondurlo a
sé, e l'avrebbe osservato quale rimasuglio di un'antica
civiltà in
qualche modo giunto fino a lui. Poi, senza preavviso, un'intuizione
l'avrebbe colto, e pur non identificandolo come ciò che era
l'avrebbe sentito proprio, in un certo senso familiare. E quel
ciottolo, quel piccolo sasso all'apparenza uguale a tanti altri,
sarebbe stato la punta di una montagna che gradualmente,
forse molto lentamente ma inflessibilmente, sarebbe emersa centimetro
dopo centimetro dall'imperscrutabile oceano di fronte a lui. E alla
base della sua gigantesca mole ci sarebbe stato Red, e Daisy, e
Lance, e tutti i ricordi che quel demoniaco Patto avesse tentato di
strappargli. E la cosa più importante era che la montagna non
avrebbe
mai potuto tornare a inabissarsi: perché
rinvenuto il primo
ciottolo, la punta, il resto sarebbe venuto di conseguenza. Era tutto
dentro di lui, non nell'Abisso come Dà Hàak
Loi'ì millantava.
Blue
sorrise mentre un fascio bianco di luce lo accecava.
|
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Capitolo 8 *** Un viaggio dalle mille sfumature ti aspetta ***
VIII 'Luci e ombre di un nuovo viaggio'
~Legenda~
(soltanto
luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e
istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece
le designazioni italiane)
Tilde
(~): indica un ampio
salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga
bianca).
Blackthorn
City:
Ebanopoli.
Canalave
City:
Canalipoli.
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cerulean
City:
Celestopoli.
Cinnabar
Island: Isola
Cannella.
Devon
Corporation:
Devon S.p.A.
Fighting
Dojo: Dojo Karate.
Indigo
Plateau: Altopiano
Blu.
Lavender
Town: Lavandonia.
Lilycove City: Porto Alghepoli.
Mossdeep
City: Verdeazzupoli.
Mount
Chimney:
Monte Camino.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
League:
Lega Pokémon (n.b.
le istituzioni sono qui chiamate
con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega
Pokémon è anche il nome della località
dove la Lega come ente
ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)
Pokémon
Mansion:
Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono
a
questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel
Percorso 212 di Sinnoh).
Pokémon
Tower: Torre Pokémon.
Route: Percorso.
Saffon
City: Zafferanopoli.
Silence
Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di
Kanto.
Silph
Corporation: Silph S.p.A.
Vermilion
City: Aranciopoli.
Viridian
City: Smeraldopoli.
Viridian
Forest: Bosco
Smeraldo.
Aaron:
Aaron.
Agatha:
Agatha.
Bertha:
Terrie.
Blaine:
Blaine.
Blue
Oak:
Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle
americane).
Briney:
Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).
Bruno:
Bruno.
Clair:
Sandra.
Daisy
Oak:
Margi Oak.
Drake:
Drake.
Flint:
Vulcano.
Glacia:
Frida.
Lance:
Lance.
Lorelei:
Lorelei.
Norman:
Norman
Phoebe:
Ester.
Red:
Rosso.
Samuel
Oak:
Samuel Oak.
Sidney:
Fosco.
Steven
Stone:
Rocco Petri.
(avvertenza:
ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati
arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che
appartenenti ad altri personaggi già esistenti per
evidenziare una
relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i
due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai
videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi
appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)
* * *
VIII:
“Un viaggio dalle mille sfumature ti aspetta”
Pallet
Town sfolgorava nell'accecante sole mattutino di giugno. Era uno di
quei giorni in cui l'estate, più che vederla, si sente:
tutti i
cinque sensi sono coinvolti in un apprezzamento completo e
totalizzante di odori, sapori e colori della stagione, in un
tentativo poetico quanto inconsapevolmente stravagante di imprimere
nella memoria quel particolare istante. La giornata era iniziata nel
migliore dei modi, tra il canto degli uccelli sui verdi alberi e il
risuonare delle campane delle nove di mattina che svegliavano gli
abitanti. Per molti di loro era un giorno come tanti altri: per due
in particolare, no.
Red
inspirò profondamente. Spirava una lieve brezza che faceva
apparire
il borgo come congelato in una primavera eterna. Anche l'erba davanti
a lui ondeggiava, ma per una diversa ragione. Chiuse gli occhi e
provò a immaginare cosa vi si nascondesse al suo interno,
dal
momento che nemmeno il suo finissimo udito era in grado di
accertarlo. Forse un Pidgey? Oppure un Rattata? Frenava a stento
l'emozione. Era fermo di fronte al Route 1, nel giorno del suo decimo
compleanno. Nella foga per la trepidazione era uscito di casa appena
vestito, senza nemmeno consumare adeguatamente la sua colazione che
giaceva ancora intonsa sul tavolo di casa. Inspirò di nuovo,
questa
volta ancora più teatralmente, e alzò il piede
per compiere il
primo passo nel mondo all'infuori di Pallet Town.
«
Ehi, aspetta! Non andare! » gridò una voce da
dietro di lui. Red,
in parte spaventato e in parte confuso, si voltò e vide un
anziano
uomo in camice bianco che si precipitava con fare goffo nella sua
direzione con una mano tesa di fronte a lui in uno spirituale gesto
di arresto.
«
L'hai scampata bella! » esclamò il professor Oak
dopo aver ripreso
fiato « Nell'erba alta vivono i pokémon selvatici!
».
«
Io… Io credevo di poter andare comunque e catturarne uno per
strada… ».
«
Ma hai ascoltato i miei insegnamenti di quest'anno? » l'uomo
faticava ancora a parlare con scioltezza a causa della corsa che era
stato costretto a intraprendere « I pokémon
selvatici appaiono
all'improvviso! Hai bisogno di pokémon tuoi che ti
proteggano!
Fidati di me! Seguimi! ».
Dopodiché
Oak si incamminò a ritmo sostenuto verso il suo laboratorio,
seguito
a ruota da Red. Durante il tragitto fu solo il primo a parlare; dal
canto suo, d'altronde, il ragazzo non ascoltò che poche
parole del
suo sproloquio. Non per insofferenza, Red era anzi assai rispettoso
degli anziani: il professore aveva tuttavia la fama di essere un gran
chiacchierone, al punto che, in mancanza di nuovi argomenti di
conversazione, ripeteva quelli già utilizzati fino allo
sfinimento
dell'interlocutore.
Quando
il massiccio edificio e la sua torreggiante elica apparvero oltre gli
alberi che affiancavano la curva stradicciola il giovane non poteva
più trattenere la frenesia. A breve avrebbe ricevuto il suo
primo
pokémon! Chi sarebbe stato? Charmender, Bulbasaur oppure
Squirtle? I
due entrarono nel laboratorio eccitati allo stesso modo, anche se per
motivi diversi. In fondo alla sala rettangolare, in attesa
spasmodica, stava l'altro abitante di Pallet Town destinato a
diventare in quel giorno allenatore: Blue Oak.
«
Nonno! » proruppe appena incrociò i loro sguardi
« Non ne posso
più di aspettare! »
«
Eh? Blue? Come mai sei già qui? Ti avevo detto di venire
più tardi!
» replicò sconsolato il professore « Ah,
fa lo stesso! Aspetta
qui. Ascolta, Red! Vedi quella Poké Ball lì sul
tavolo? Lì dentro
c'è un pokémon ».
«
Solo uno? » domandò perplesso Red « Non
dovrebbero essere tre da
cui scegliere? ».
«
Quest'anno ho variato un po' sul tema » rispose con una punta
d'orgoglio Oak « Questa mattina presto sono andato a
catturare due
pokémon per voi. Certo, ne ho trovati due davvero atipici,
non
credevo nemmeno ce ne fossero in questa zona. Non sono neanche stati
difficili da catturare, sembrava sapessero già cosa volevo
fare.
Meglio per voi, suppongo. Allora, puoi prenderlo! Avanti, è
per te!
».
«
Ehi, nonno! E io? » chiese Blue spazientito.
«
Abbi un po' di pazienza, Blue. Ce n'è uno anche per te
».
Red
si avvicinò con superstizioso timore a quella sfera come un
primitivo che osserva per la prima volta il fuoco che egli stesso ha
acceso. Lentamente tese la mano fino a essere a un passo da sfiorare
la Poké Ball.
«
Non esiste, Red! » esclamò Blue scansandolo con
forza « Questo
pokémon lo voglio io! ». Detto ciò con
uno scatto fulmineo afferrò
l'oggetto del desiderio.
«
Blue! » Oak lo riprese con severità « Ti
sembra il modo di
comportarti? ».
«
Nonno, questo pokémon lo voglio io! ».
«
Ma io… Hm, e va bene, tienti pure il pokémon. Te
ne avrei dato uno
comunque… » il professore frugò nella
sua tasca destra fino a
estrarne una seconda Poké Ball « Red, vieni qui da
me. Questo è
l'altro pokémon che ho appena catturato. Puoi
prenderlo… Ma
attento, è ancora selvatico e ribelle! ».
Il
ragazzo ricevette nella mano l'oggetto e l'osservò. Per
qualche
istante la semisfera superiore divenne trasparente, rivelando al suo
interno l'inquilino: un piccolo topino elettrico che si agitava senza
tregua. Gli occhi di Red si illuminarono di gioia. Era Pikachu, il
suo
Pikachu! Con diligenza ringraziò, rimettendosi poi al fianco
di Blue
che frattanto era ritornato al posto in cui l'aveva visto al suo
ingresso nel laboratorio.
Si
diresse poi verso l'uscita con foga, ansioso di tornare al Route 1 e
combattere per la prima volta da allenatore. A metà della
sala,
però, il suo amico gli gridò dietro «
Aspetta, Red! Proviamo i
nostri pokémon! Coraggio, ti sfido! ».
~
Vermilion
City si era oramai liberata quasi completamente dal caos
disorganizzato provocato dalla partenza della S.S. Anne. I
più erano
ormai ritornati nelle proprie case oppure sulla via maestra, da cui
si erano poi sparsi nuovamente nel territorio di Kanto. Lance
passeggiava sul lungomare della città con inusuale lentezza,
osservando dal suo lato sinistro le spiagge che si succedevano una
dietro l'altra con regolare monotonia. In realtà soltanto i
colori
degli ombrelloni e delle sdraio differivano: nei fatti un lido valeva
l'altro. Il sole brillava con vigore riscaldando l'aria a livelli
insopportabili, e il Superquattro non sapeva quanto a lungo avrebbe
potuto reggere prima di prendersi un colpo di sole. Ciononostante non
intendeva allontanarsi da quella via per alcuna ragione al mondo.
Lance amava l'estate, la attendeva tutto l'anno, eppure
sistematicamente ne era deluso, la riteneva inferiore alle sue
aspettative. Perciò, quando per caso si imbatteva in
un'ambientazione che lui considerasse davvero l'emblema di quella
stagione per lui tanto speciale, insisteva per rimanerci quanto
più
possibile; e tutto, le onde che si frangevano sull'arenile, il caldo
soffocante, la folla di persone che passeggiavano, i ragazzi che
giocavano a pallone sulla sabbia – a dire il vero era
prevalentemente ghiaia dal tono spento – del litorale di
fronte a
lui, la balaustra ferrigna rovente, tutto contribuiva a fargli
pensare che quei pochi secondi fossero la risposta a quanto ogni anno
cercava. I meteorologi annunciavano un'estate torrida, ma lui sapeva
in cuor suo che quello sarebbe stato quanto più vicino alla
sua idea
di quella stagione avrebbe vissuto.
Era
l'allenatore più forte del mondo, era il Campione di Kanto e
leader
dei Superquattro, conosceva centinaia di persone da tutto il mondo.
Era sempre gentile, sempre affabile, sempre disponibile. Per certi
versi si conformava alla massa, fino a dove la sua carica gli
permetteva. Non agiva mai sconsideratamente. Allora perché
era solo?
Perché
la gente si approfittava di lui? Ma non aveva senso. La sua posizione
di Campione non comportava praticamente nessun privilegio, e ancor
meno erano quelli trasferibili a un accompagnatore.
Perché
non faceva nulla per essere in compagnia? Forse. Ma quella era
davvero colpa sua? Se nulla di quello che gli altri facevano o di cui
gli altri discutevano lo interessava, avrebbe dovuto fingere? Solo
per avere falsi amici che magari non avevano nulla in comune con lui?
Cosa poteva interessargli della presenza di altri? Lui
era
la presenza da cercare, non doveva essere lui a impegnarsi a trovarne
altre.
Era
troppo selettivo? Lo accettava. Una cosa era certa: non era solitario
perché aveva scelto
di esserlo. Nessuno ama stare solo, nemmeno il più
emarginato, il
più introverso, il più taciturno. Se qualcuno gli
diceva che aveva
deciso consapevolmente di chiudersi Lance non replicava, ma in cuor
suo avrebbe voluto aggredirlo. Non era banalmente una bugia come
altre: era una presa in giro nei confronti di quelli che come lui
avrebbero amato la compagnia se soltanto ne avessero avuta una. Era
come andare da un cieco e dire « io tengo gli occhi chiusi
perché
il mondo mi fa ribrezzo ». Ma nessuno avrebbe mai agito
così,
perché la cecità è un handicap
evidente e ben riconoscibile.
Forse
si stava sbagliando. Anzi, sicuramente si stava sbagliando. Era da
solo perché non sapeva dire la verità a
sé stesso nemmeno quando
nessun altro avrebbe sentito. Negava di raccontarsi persino la vera
storia, per paura di rievocare anche i sensi di colpa. E ogni volta
il racconto tornava più forte di prima ad avvelenarlo contro
la sua
volontà, e ne finiva prigioniero. E continuava a farsi del
male.
Lamentava di non conoscere il motivo della sua partenza, ma non
c'erano altri problemi più grandi con cui doveva fare i
conti? Che
importanza aveva il suo viaggio di fronte ad azioni da lui commesse
ben più degne di analisi? Come può relazionarsi
con gli altri uno
che è incapace di controllare i propri pensieri persino in
solitudine?
~
«
Hai paura » disse l'uomo a pochi metri da lui.
«
Non ho paura » replicò Lance con vigore
« Perché sei ancora qui?
Ieri ti ho detto che non ero interessato a niente ».
«
È naturale avere paura. Lorelei ha trionfato con largo
margine tutte
le sfide del torneo ».
«
E io? » domandò l'allenatore avviandosi verso il
corridoio per
l'arena « Io non ho forse fatto lo stesso? Ah, ma vattene, mi
fai
perdere tempo ».
«
Sai bene di non poter fare niente per impedire ai suoi tipi Ghiaccio
di abbattere i tuoi draghi » replicò l'uomo, e
Lance si fermò
sull'uscio della porta « Ti sconfiggerà senza
problemi ».
«
E anche fosse? ».
«
Ti ho visto ieri, come ti preparavi. A dire il vero ti ho tenuto
d'occhio per tutto il torneo. Sei insicuro, eppure sei convinto che
nonostante ciò potrai farcela ».
«
E così sarà! » esclamò Lance
« Userò Gyarados, per cominciare.
E poi… ».
«
E poi tutti i tuoi pokémon saranno sconfitti dai Geloraggi
di
Dewgong. L'ho vista, sai, Lorelei. Ti ha studiato benissimo. Dubito
tu abbia una qualche possibilità, e lo sai anche tu. Te l'ho
già
detto ».
«
BEH, CHE SCELTA HO? » urlò veemente Lance
« Dovrei… arrendermi
senza combattere? Mai! ».
«
Ma tu hai una scelta » ribatté pacatamente l'uomo
« Te l'ho
proposta ieri. Puoi vincere o perdere ».
«
Imbrogliando? Piuttosto affronterò un'umiliazione generale
».
«
Non si può definire imbrogliare se sono in due a farlo, non
ti pare?
».
Lance
si girò sospettosamente « Che intendi dire?
».
«
Credi che Lorelei abbia sconfitto Blaine per caso? »
domandò l'uomo
« Sii logico, dai, te ne sarai accorto anche tu che qualcosa
non
quadrava ».
«
Che cos'ha fatto ai suoi pokémon? ».
«
Zinco. Li ha imbottiti, una cosa come dieci dosi a testa ».
L'allenatore
temeva altre informazioni, eppure non poté trattenersi
« E… lo
userà anche stasera? ».
«
Questa volta dovrebbe toccare al Calcio. Immagino voglia risparmiare
lo Zinco per il suo futuro scontro con Agatha ».
Lance
sapeva bene cosa significava il Calcio: Attacco Speciale. Un solo
Geloraggio sarebbe bastato ad abbattere anche il suo Dragonite. Per
un attimo rimase inebetito, poi intravide la conclusione più
logica
« La denuncerò ».
«
Buona fortuna con i controlli. Sai benissimo che quelle sostanze sono
praticamente impossibili da rintracciare in un pokémon
».
«
E allora che cosa dovrei fare? » domandò Lance
furioso « Barare
anche io? Con che etica? ».
«
Non si tratta di etica » rispose l'uomo « Hai di
fronte la
possibilità di diventare il più forte allenatore
del mondo. Il
potenziamento che ti sto offrendo è permanente, non svanisce
come
quello delle Vitamine. Saresti indiscutibilmente il più
grande,
nessuno oserebbe rivaleggiarti. Non è questo che vuoi?
Oppure puoi
scegliere di passare per il fesso di turno e lasciarti battere da una
truffatrice che quasi sicuramente sconfiggerebbe anche Agatha. Puoi
lasciare Kanto in mano a chi ha distrutto lo scopo della Grande
Unificazione di produrre guide che siano d'esempio ed essere rilegato
nel migliore dei casi al ruolo di Superquattro, oppure puoi diventare
Campione ».
«
Perché mi aiuteresti? Non ti conosco ».
«
Io conosco te. E, dopotutto, un tuo aiuto potrebbe farmi comodo tra
qualche anno ».
«
Che tipo di aiuto? » chiese Lance, ma suonava più
un'affermazione
che una domanda per il tono in cui era stata pronunciata.
«
Tra cinque anni Pallet Town, una cittadina di Kanto, sarà
attaccata
».
«
Attaccata? » trasalì l'allenatore « Da
chi? ».
«
Non ha importanza ».
«
E allora che cosa
ha importanza? ».
«
Non è il momento di discuterne, più avanti nel
tempo ti darò ogni
istruzione su come agire in quella circostanza. Mi dovrai solo
garantire il tuo aiuto, nient'altro ».
Lance
fu insospettito « E che cosa mi dà per certo che
rispetterai
l'accordo? ».
Il
volto dell'uomo, fino ad allora impassibile, mutò in un
ghigno di
soddisfazione mentre la sua mano si protendeva alla ricerca di una
stretta « Stipuleremo un Patto con l'Abisso ».
* * *
~Dietro
la storia~
Rieccoci
al terzo Commento
finale,
la terza analisi comparata della storia che ne svela il retropalco
più remoto. Non penso sia necessario evidenziare che nel
caso non
abbiate ancora terminato il racconto nella sua interezza dovreste
accuratamente eludere questa parte, ma lo farò comunque
perché la
mia fede verso il lettore medio di fan fictions è qualcosa
di
infimo.
Triduum
vede la luce in modo alquanto casuale. Per risalire alla sua origine
dobbiamo ritornare alle vacanze natalizie 2011-2012, nel periodo in
cui, una volta scoperto EFP, regolarmente sfogliavo la sezione
Pokémon del sito cercando elaborati che non inducessero in
me
disgusto alla semplice lettura approssimativa. Proprio nei meandri di
quell'inferno di bytes – pochi hanno idea
di cosa si trovi là dentro – ho reperito
fortuitamente la fan
fiction Storia di Rosso e di Blu di Afaneia, che
come si può
arguire narrava di come i due divennero da amici d'infanzia rivali
nell'allenamento.
Adesso
il lettore potrà dire « Ehi, ma tu in Triduum
spieghi proprio
quello! Copione! », e in parte avrebbe anche ragione; il
punto è
che però io quel racconto, dopo aver
intuito
dall'esposizione generale di cosa parlasse e aver prelevato l'idea
che, tutto sommato, era anche buona, l'ho diligentemente lasciata da
parte per evitare di trarne ulteriori informazioni che avrebbero
potuto convertire la neonata Triduum in un plagio spontaneo. A onor
del vero dopo aver terminato il mio racconto sono andato a leggere
la Storia, solo per scoprire che la mia versione
non ci va
nemmeno vicino. Pericolo scampato, si potrebbe dire –
a scanso di equivoci, riconosco chiaramente l'influenza che il lavoro
di Afaneia ha avuto sul mio, ragion per cui, pur non condividendo
alcune scelte da lei compiute riguardanti il rapporto tra Red e Blue
che comunque spettano allo scrittore, invito pubblicamente a dare una
scorsa a quanto ha costituito la genesi di Triduum.
Il
passo successivo è stato, logicamente, quello di chiarire come
Red e Blue finirono in concorrenza l'uno con l'altro. Accantonata una
esplicazione di carattere standard, mi è apparso quasi
immediatamente scontato che avrei dovuto far scendere in campo
potenze superiori. Al tempo, comunque, non v'era traccia del concetto
dell'Abisso, del Patto o anche solo della vera natura di Dà
Hàak
Loi'i: l'idea di base era quella di uno spettro che per qualche
ragione intendeva rompere l'amicizia della coppia e non aveva alcuna
correlazione con il Ciclo – di qui la Premessa
originale che poneva l'accento su ciò. L'idea del tritaios,
ovvero del triduo che dà nome al racconto, è
stata invece una delle
prime a essere inserite e ha la propria nascita nel mio trasporto di
quel periodo per The
Legend of Zelda,
e chiunque abbia giocato a Majora's
Mask
può ora minuziosamente comprendere.
Triduum
era inizialmente molto più breve di come è ora,
al punto che per un
po' di tempo essa è stata addirittura congetturata come one
shot su
modello di Aequor. Per dare un'idea al lettore della conformazione
preliminare della novella, essa era così costituita: il
primo
capitolo, Opener,
era pressapoco identico a quello attuale; ne seguivano poi tre (tre!)
consecutivi, denominati Saggezza,
Coraggio
e Forza
(di nuovo si nota l'ascendente di Zelda)
che avrebbero ospitato un giorno ciascuno; infine ci sarebbe stato il
breve Epilogo,
che avrebbe racchiuso la sezione finale del corrente VIII.
Flemmaticamente,
di pari passo con la stesura, sono emerse nuove integrazioni che sono
state incorporate in corso d'opera – una delle più
recenti
riguarda l'intervento dei Superquattro delle altre regioni per
aiutare quelli locali, e di conseguenza l'introduzione di Drake che
è
uno dei miei personaggi preferiti nel contesto del Ciclo.
Dopo
un principio altalenante in aprile dovuto all'intensità del
periodo
scolastico connesso, con l'arrivo dell'estate Triduum ha subito una
repentina cabrata, tanto che a metà luglio ero
già al dialogo tra
Lance e Blue del quarto capitolo. È seguita una
decelerazione
ascrivibile al mio progressivo coinvolgimento nei videogiochi online
che hanno impegnato pressoché integralmente il mio tempo
fino a
inizio agosto, quando sono partito per la mia consueta vacanza
toscana. E lì è successo ciò che
già un anno fa aveva benedetto
Vox.
Con
poco più di un'ora a disposizione quotidianamente per
scrivere, in
quello iato da internet ho dato fondo a ogni mia energia creativa
fino a giungere al termine delle ferie protrattesi tre settimane con
solamente l'epilogo VIII da terminare. Ero esageratamente affaticato
per lo sforzo profuso in quella che è stata certamente la
sezione
più complessa da rendere di Triduum, ma nondimeno era quasi
tutto
concluso. Nella settimana successiva ho comodamente suggellato quanto
restava per poi dedicarmi a una meticolosa rilettura che ha rimosso
il grosso degli abbagli sintattici e ortografici di cui il racconto
era, secondo i miei canoni, gremito, e ho poi scritto
confortevolmente il qui presente Commento
finale che
sancisce in questo 25 agosto 2012 lo spirituale compimento di
Triduum.
Ringrazio
per la paziente lettura e, come d'abitudine, auspico di non aver
annoiato nessuno.
Novecento
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