Triduum

di NoceAlVento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Opener ***
Capitolo 2: *** Pokémelle anche oggi? ***
Capitolo 3: *** Le alte sfere ***
Capitolo 4: *** La vita di un fiore ***
Capitolo 5: *** Nuovi eroi ***
Capitolo 6: *** A che ora è la fine del mondo? ***
Capitolo 7: *** Hasta el fin ***
Capitolo 8: *** Un viaggio dalle mille sfumature ti aspetta ***



Capitolo 1
*** Opener ***


I 'Opener'

T R I D U U M


* * *

~Premessa 2.0~

Non è mia pratica comune modificare le Premesse. La mia politica, quantomeno fino a ora, è sempre stata quella di scriverle all'inizio proprio per confrontarle con il Commento finale che invece è sempre composto al termine della stesura generale. Questa volta mi trovo a effettuare una eccezione – come evidenziato dall'atipica intestazione – in quanto la Premessa originale era quanto di più distante potesse esserci da ciò che Triduum si è poi rivelata essere. Quanto state per leggere, dunque, è frutto di una osservazione d'insieme maturata verso il finale del quarto capitolo. Una delle principali pecche della Premessa che avevo ideato precedentemente era che dava per scontata una conoscenza generica di quanto è il progetto che prende il nome di Ciclo del Conflitto Globale; non essendo mai stato appropriatamente introdotto, la sua presentazione è la prima cosa a cui mi dedicherò.

Il Ciclo è consto di cinque storie: Triduum, Aequor, Involutus, Dilabor e Vox, qui elencate secondo la cronologia interna, ossia secondo l'ordine di svolgimento – quello di divulgazione è invece Aequor, Vox, Triduum, Involutus e Dilabor (pur non essendo ancora state scritte, le ultime due saranno certamente pubblicate in quest'ordine in quanto sono sostanzialmente l'una il seguito dell'altra). Per quanto concerne il nome, esso è ciò che più mi ha dato da pensare. La denominazione attuale, con il Conflitto Globale decantato come tema centrale, lascia immaginare un pentateuco di racconti incentrati su una guerra, con argomenti bellici e scontri sul fronte. Nulla di più sbagliato: l'unica storia a esservi focalizzata è Dilabor, e se proprio dovessi descrivere il Ciclo lo definirei un insieme di episodi che si svolgono in uno stesso spazio-tempo. Tuttavia ritengo che il concetto di “my pokémon world” sia parecchio inflazionato ultimamente – no, d'accordo, lo è sempre stato –, e inoltre volevo evidenziare una delle peculiarità che differenzia le mie storie da altre fan fictions, ovvero la preminenza della trama. Queste considerazioni hanno poi portato allo sviluppo del titolo corrente, che rimarca quella che è una questione capitale cui, quali più quali meno, tutte le storie tendono.

La Premessa preesistente poneva inoltre l'accento su un altro aspetto che, almeno in partenza, era quanto di più fedele al racconto ci potesse essere: in poche concise parole spiegavo che Triduum era per sua natura avulsa rispetto alla trama generale del Conflitto e dunque aggiungeva poco o niente allo scopo principale del Ciclo. Con il passare del tempo, in ogni caso, questa analisi si è rivelata errata: non direi un'eresia se affermassi che questa storia, al momento in cui sto riscrivendo la presente introduzione, è la più importante nei riguardi della saga in quanto non solo introduce nuovi personaggi approfondendoli più di quanto era previsto in origine, ma mi dà occasione di spiegare e sviluppare prospettive dell'intreccio che prima erano nulle oppure appena accennate. Inizialmente avevo pensato di correggere l'asserzione nel Commento finale, tradizionalmente utilizzato quale ultima spiaggia per qualsivoglia chiarimento che non abbia trovato spazio nella narrazione principale; tanto ho scritto e tanto ho pensato, però, che una dichiarazione simile ha cessato di essere solamente non aggiornata ed è diventata enfaticamente sbagliata.

Breve appendice: come nel caso di Vox prosegue la mia linea manageriale di reinventare pressoché da zero le ambientazioni del mondo pokémon; quindi, come accaduto con la storia sopraccitata, quando entrerà in scena Pallet Town non immaginatela come nel videogioco e affidatevi invece alla descrizione che sarà fornita da Triduum. Rimanendo in tema presento anche l'acclamata Legenda anti-spoiler, ovvero riproposta in cima a ogni capitolo e diversificata per non svelare termini che compariranno solo più avanti nel racconto.


Con l'usuale augurio di non annoiarvi,

Novecento



~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).



Celadon City: Azzurropoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Vermilion City: Aranciopoli.


Agatha: Agatha.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Red: Rosso.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


I: “Opener


L'alba si approssimava a Johto come una mano che rimuove lo scuro mantello notturno con flemma compulsiva, svelando gradualmente la figura in precedenza celata dal manto. La sera prima le ultime luci delle piccole casupole disseminate nel villaggio si erano spente in sequenza quasi regolare, una dietro l'altra, come se qualcuno ne avesse comandato l'ordine. L'aurora era ormai inoltrata in quel freddo inverno e il bagliore del sole ancora posizionato sotto l'orizzonte iniziava a inondare le inusualmente rarefatte nuvole stagliate sul firmamento che si apprestava a scomparire alla vista. Proprio da una di queste sporadiche nubi fuoriuscì senza alcun preavviso una sagoma dalle sembianze di un drago da monta che sfrecciava in picchiata in cerca di un luogo di atterraggio consono. Esso fu localizzato poi in una sporgenza alquanto ampia che aggettava dal fianco orientale della montagna che come un guardiano osservava il borgo e lo proteggeva figurativamente. Lì il viaggiatore, un giovane trentenne, scese custodendo tra le braccia un fagotto inerte. Ad attenderlo c'era un uomo più anziano di una decina d'anni che osservava pacatamente il panorama che da lì si poteva scorgere.

« Scusa per averti chiamato a quest'ora. Non avrei voluto, ma come puoi immaginare era urgente » cominciò dopo essersi ripreso psicologicamente dalla trasvolata.

« Non dormivo neanche io » replicò l'altro pensieroso « L'ho sentito, sai ».

« Sentito? ».

« Come un fremito. Un grido lancinante. Un brivido, e un boato interiore » si voltò rivelando le rughe che gli segnavano la fronte aggrottata « È successo qualcosa di tremendo. Non è così, Drake? ».

Quello abbozzò timidamente un rapido cenno di assenso.

« Di chi è figlio il bambino che hai lì? » indicò con lo sguardo il fardello che stava stringendo. D'altronde, nel contesto, quella domanda equivaleva a chiedere chi fosse deceduto quella notte.

Le parole uscirono a fatica dalla gola di Drake, quasi ogni lettera pronunciata fosse una pugnalata allo stomaco « Mio fratello ».

« Come è successo? ».

« Non ne ho idea » il giovane tratteneva a stento le lacrime « Lui e sua moglie… sono come scomparsi. A un tratto Lilycove City… insomma, dicono che sia stata avvolta dal buio totale. Nessuna luce funzionava, tutti i lampioni guasti, ed è tutto durato meno di un secondo. Io ero a Mossdeep, sono volato il prima possibile per capirci qualcosa… e non c'erano più. Solo il bambino era ancora lì ».

L'uomo ascoltò il breve resoconto con crescente ansia, non riuscendo a capacitarsi di come un evento simile si fosse verificato « Assurdo ».

Drake decise di avanzare subito la sua proposta, dal momento che ogni secondo che trascorreva lo feriva come una lama « Devi tenerlo tu ».

« A dire il vero sospettavo intendessi chiedermelo. Ciononostante non capisco perché » il signore riprese ad ammirare l'alba imminente « Non sarebbe molto più al sicuro nelle tue mani? ».

« Lo capisci anche tu che non è normale quello che è successo ».

« Questo è indubbio ».

« Sarebbe troppo pericoloso lasciare che resti a Hoenn. Qualcosa non funziona, là. Metterebbe in pericolo troppe vite ».

« Già, dimenticavo il piccolo Norman… » si lisciò i baffi meditabondo « Non so… anche io ho una figlia a cui badare. Non avrei meno preoccupazioni di te ».

« Te lo sto chiedendo come amico prima che come Superquattro » il giovane si inginocchiò, sorprendendo il suo interlocutore che lo aveva sempre visto fiero e inamovibile « Tienilo in custodia. Hoenn non è più un luogo sicuro, né per lui né per nessun altro. Qui vivrebbe una vita felice, lontana da insidie. Dicesti tu stesso a me che Johto è per sua natura calma ».

L'anziano era ancora palesemente dubbioso.

« Non dico che dovrà restare qui per sempre… solo finché non sarà pronto. So bene che tu saprai prepararlo al meglio, in fondo sei il Capopalestra più esperto che conosca ».

La replica finalmente arrivò dopo un sospiro rassegnato « Va bene. Tuttavia ho una richiesta ».

« Tutto quello che vuoi ».

« Da diverse notti ormai ho presagi terribili » l'uomo scrutava l'orizzonte, ma la sua mente era chiaramente altrove « Non ho sonni quieti. Mi perseguita sempre un'immagine di distruzione totale ».

« Che intendi? ».

« Le visioni variano, ma paiono susseguirsi come si trovassero disposte a voluta. Non ho sempre le medesime proiezioni oniriche, eppure ritorno sempre a un'apparizione di terrore puro, un qualcosa di completamente indescrivibile. Non ha forma, ma è come se alla vista istantanea di questa entità venissi pervaso dall'angoscia più estrema. Qualcosa di gravissimo succederà di qui a poco, ne sono assolutamente certo ».

« Gravissimo? Di cosa stai parlando? ».

« Non ne ho idea. È come se qualcosa nell'ordine naturale delle cose fosse stato irrimediabilmente alterato. Ciò che so di sicuro è che sarà qualcosa di agghiacciante. Non ce lo scorderemo facilmente, ammesso che saremo in grado di assistere alla fine di ogni cosa ».

« E la richiesta? ».

« È presto detto » si girò ancora una volta a osservare il bimbo infagottato « Percepisco in lui un potenziale indescrivibile, ma anche un futuro incerto. L'avvenire non è predestinato per nessuno, ma il suo mi appare particolarmente tentennante, come se fosse in precario equilibrio funambolico tra acqua e magma ».

« Precario equilibrio funan–– non puoi parlare normalmente? ».

« Se preferisci, è sospeso a metà tra bianco e nero. La sua caduta da un lato o dall'altro potrebbe essere determinante in un domani. Temo che se scoprisse quanto il fato è stato crudele con lui potrebbe a sua volta allontanarsi dalla luce. Ti chiedo il permesso di non svelargli le sue origini. Lascia che viva come fosse nativo di qui, al riparo da qualsiasi cosa abbia dato la caccia ai suoi genitori ».

« Intendi assumere un'altra identità » Drake rifletté « Saprai bene che non potrai nascondergli per sempre la verità ».

« Ne sono pienamente cosciente, ma ritengo sia meglio comunque che lui cresca lontano dal suo passato. Come hai detto tu, finché non sarà pronto ad affrontarlo ».

« Capisco. Penso si possa fare » il Superquattro gettò uno sguardo al paesaggio orientale che iniziava a brillare nel bagliore mattutino « È l'alba, è meglio che vada ». Affidò il fardello al suo amico e si voltò verso il suo pokémon, che fino ad allora aveva pazientemente atteso sorvegliando il discorso « Coraggio, Salamence, ci attende un lungo viaggio ».

L'uomo osservò l'affiatata coppia librarsi in volo e sfrecciare nel vento mattinale fino a scomparire nella nuvola rosea più vicina. Un vagito del piccolo ruppe la quiete, tuttavia si rabbonì appena il suo zio acquisito gli posò gli occhi sopra.

« Abbiamo una lunga notte davanti a noi » gli sussurrò, poi osservò una volta di più il sole che sorgeva sopra Johto « Buona fortuna ».


~


L’inizio di un viaggio è spesso migliore della fine, o così dicono coloro che ne portano a termine uno. Un’affermazione paradossale, a ben pensarci. Raramente chi parte lo fa mentre è senza problemi e si trova perfettamente dov’è: si tratta in effetti di una cerchia di persone che vede nel viaggio la propria identificazione, che ama ricercare il nuovo pur amando il vecchio. La gente comune che decide di avventurarsi verso nuovi spazi generalmente fugge da qualcosa che considera non adatto a lei. Talvolta un’ombra, talvolta il passato, talvolta il dolore.

Eppure il viaggio modifica la mente del viaggiatore. Non è detto che la maturi, anzi spesso non è così: ma è proprio dell’uomo vedere quanto possiede con un occhio diverso una volta che ne è lontano. Taluni nel mio paese chiamano questo fenomeno nostalgia, ma è un termine che non gli si addice: è più un innesco mentale, un sentimento che nasce spontaneo verso ciò che non è più la quotidianità. Accade di chiedersi perché una persona in vita venga vista come ininfluente per poi essere rimpianta e immortalata una volta deceduta. In realtà viaggio e morte sono modi diversi di chiamare lo stesso evento, anche se può essere difficile vederlo; come può essere ostica per chi ha vissuto sempre nello stesso luogo l’idea che vi sia qualcos’altro al di là dell’orizzonte su cui per tanto tempo ha seguito l’alba e il tramonto di ogni giorno.

Così come chi non c’è più sembra apparire come figura d'angelo nella memoria, così una volta raggiunta la meta l’erba di colpo non appare più tinta di quel nitido e vivo verde che avevamo visto dall’altro lato dello steccato, e ci chiediamo perché siamo partiti. Non viene da domandarsi, a quel punto, se il desiderio di ritornare sia quello effettivo di rientrare nella propria dimora, o piuttosto l’ulteriore episodio di un inseguimento di qualcosa che non troveremo mai: vogliamo di nuovo viaggiare, e rimaniamo inconsciamente intrappolati in un circolo vizioso fatto di ombre e di idee.

Ma ci sono viaggi nei quali né l’inizio né la fine hanno veramente importanza. Viaggi nei quali è l’avventura che conta, il procedimento e non il risultato, la trasformazione e non lo stato ultimo. E queste sono le partenze da ricordare, i cammini che contano e che vale la pena di vivere; gli altri non ne sono altro che gli spettri onirici.

Qualche lettore potrà dire che non esistono viaggi simili. Da parte mia, al mio paese direbbero che è solo un’altra incomprensione linguistica: lì quei viaggi li chiamano racconti.


La nostra, di storia, ha inizio in una città già nota ai più: Vermilion City. Va tuttavia precisato che la maggior parte della gente pare non conoscere fino in fondo questo luogo, limitandolo alla sola sezione costiera; il che è obiettivamente un peccato, in quanto essa è qualcosa di unico nello scenario di Kanto. Una descrizione geografica della città è dunque quantomeno necessaria non tanto perché sia fondamentale conoscerla, quanto per rendere giustizia a una ville eccessivamente sottovalutata.

Vermilion si apre a tutti gli effetti dal fianco di una collina che ospita vari palazzi impiegati per lo più come luoghi di villeggiatura in tempo di ferie. Da essa si discende un breve declivio sovente attraversato da biciclette e si incontra l'unica vera strada che transita per il borgo: a questa è affidato il ruolo di collegare il serpentino Route 6 all'alberato Route 11 in via diretta, fungendo quindi da sentiero tracciato per chiunque non voglia trattenersi. Oltrepassatala si può quindi accedere all'anima del luogo: come usano chiamarlo i locali, il budello.

Quest'ultimo è caratterizzato da lunghe vie trasversali che si diramano lungo la sezione longitudinale per tutta Vermilion. L'estensione latitudinale è invece assai ridotta, il che porta a un vasto numero di vicoli ciechi che terminano solitamente in isolate abitazioni strette tra alte mura in pietra. In estate le strade sono affollate da vacanzieri e i negozi che ivi si trovano rimangono aperti per tutta la giornata; in particolare nella fase iniziale della mattina, ovvero quando ancora i più non si sono recati in spiaggia, l'intero borghetto si profuma delle più svariate fragranze, dalla focaccia finanche al pesce fritto.

La terza fascia, verosimilmente la più nota, è costituita dagli stabilimenti balneari che rendono la città una delle mete più popolari in periodo d'alta stagione. È superfluo descrivere ulteriormente qualcosa che già si conosce, pertanto eviterò di farlo: tuttavia può essere utile evidenziare un punto di Vermilion City in quanto proprio da lì partiremo. Parlo ovviamente del porto, che si configura come una serie di ponti lignei cui attraccano motoscafi grandi e piccoli, riposando in attesa di essere nuovamente richiamati all'attività. Chi si appoggia al muretto che delimita l'ambiente può talvolta assistere al dialogo di qualche marinaio che magari di sera, prima di coricarsi nella propria imbarcazione, si intrattiene con il suo compagno di viaggio alla luce di una lampada. Normalmente la zona è abbastanza solitaria, offrendo spazio per tranquille passeggiate con il sottofondo delle onde che si frangono sugli scafi; ma, come il lettore può immaginare, non è questo il caso.

Vi è infatti un periodo dell'anno in cui l'ambiente si gremisce di gente che attende un particolare evento. Si tratta di una delle rare occasioni in cui l'uomo sembra mostrare ancora parte di quella fanciullezza che si perde crescendo: quell'orda indistinguibile di persone si accalca nei pressi del medesimo luogo d'interesse non perché possa in qualsivoglia modo trarne giovamento o guadagno, bensì per pura curiosità e meraviglia verso qualcosa che poche volte è osservabile. Ciò di cui parlo è, ovviamente, la partenza della S.S. Anne.


Il porto di Vermilion era in subbuglio e rimanevano oramai pochi minuti di stupore assoluto prima che la nave abbandonasse gli ormeggi per avviare un nuovo viaggio, recandosi in terre esotiche che solo i passeggeri avrebbero conosciuto appieno. La tradizionale calca che colma la porzione portuaria della città era più che mai presente per salutare i propri parenti o solo per ammirare la scena. Alcune persone, però, sono diverse: non tutte amano amalgamarsi alla folla, per quanto lo spettacolo possa essere grandioso. E forse non è un caso che proprio una di queste sia il punto di partenza di quanto mi accingo a narrare.

Si trattava di un giovane venticinquenne che, appartato al limitare del muretto che delimita la zona degli ancoraggi separandola dal resto della città, osservava la passerella dell'Anne. Sopra questa, prossima a essere ritratta per consentire la definitiva partenza della crociera, stava camminando con aria soddisfatta un ragazzino di all'incirca dieci anni che stringeva in mano un lucente disco.

Sapeva bene chi era, si ritrovò a pensare l'uomo. Poi, alzando il capo in direzione del ponte principale della nave, assunse un aspetto più sorpreso: i suoi occhi avevano incrociato quelli di un suo possibile coetaneo, forse appena più anziano, il cui sguardo aveva seguito il suo stesso percorso dall'allenatore in su. Il giovane sembrava riconoscerne l'abbigliamento, quel cappotto consunto in pelle di cammello, ma soprattutto quell'aria insieme trasandata ed elegante, quasi essa fosse stipata in qualche anfratto del suo subconscio. L'aveva forse già incontrato?


~


Lance era sempre colpito a ogni visita dall'aura di tranquillità che caratterizzava quella città, se si eccettuava il giubileo in occasione del passaggio della S.S. Anne. Era quasi mezzogiorno e il sole batteva impietoso sul terreno facendo brillare la distesa oceanica di mille scintille accecanti. Si trovava sulla già nominata collina, appoggiato a una balaustra che gli impediva di precipitare sulla strada maestra: da quella posizione privilegiata poteva osservare agevolmente tutta Vermilion City. Il budello, tanto vivo e popoloso visto dall'interno, da lì pareva non più di una massa di stabili, ed era impossibile scorgere persone attraverso essi. Ciò, unito ad alcuni edifici diroccati che emergevano dal gruppo informe, dava al borgo una parvenza disabitata. Lance trovava curioso il fatto che ciò che da vicino era tanto movimentato appena allontanatisi tornasse a non significare più niente. Una metafora del mondo in rapporto alla vastità dell'universo, in effetti.

« Bello il mare, vero? ».

Il giovane si voltò con un lieve sobbalzo e notò una figura che, mentre lui era rimasto assorto in estatica contemplazione, gli si era affiancata. Lance squadrò l'uomo: era alto all'incirca come lui, indossava una camicia a maniche corte, nella mano sinistra reggeva una logora ventiquattr'ore e portava sottobraccio un cappotto marrone. Non comprese quest'ultimo particolare, poiché il caldo rendeva totalmente inutile un indumento di tal genere; non vi dedicò comunque molta riflessione, in quanto la minima differenza d'età l'aveva indotto a pensare che conoscesse già quella persona, conducendolo a tentare di identificarla. Perché uno sconosciuto avrebbe dovuto conversare con lui, d'altronde?

« Chissà dove finisce, quale costa lo delimita dall'altro lato ».

« Oh, non saprei » Lance decise che, non potendo riconoscerlo, avrebbe semplicemente potuto pilotare la discussione verso un punto morto per poi trovare una scusa per dileguarsi – per ragioni ignote la sua presenza lo metteva a disagio « Stavo guardando la città. Non sono mai stato uno che si perde nel mare, è un po' troppo ovvio ».

« Oh, neanche io » il suo interlocutore si era voltato verso di lui, costringendolo a mantenere il contatto visivo. I suoi occhi avevano un che di magnetico « Però questo è particolarmente bello. Il sole poi fa il suo, dà un'atmosfera molto estiva. Da dove vengo io non è così frequente ».

Una leggera brezza aveva iniziato a spirare sulla collinetta, scompigliando appena i capelli di Lance « Da dove vieni? ». Non aveva mai amato usare la seconda persona singolare nei discorsi, neanche nei confronti di coetanei, ma quella volta gli fu del tutto naturale.

« Celadon City ».

« Oh, bella città ».

« Oh, bella frase di circostanza ».

Lance provò un misto tra lo smascherato e l'indignato. Avrebbe voluto attaccare quell'uomo che si era permesso di dire che era solo uno dei tanti che parlano per luoghi comuni, ma sentì che non era il caso e decise invece di porla su un piano più amichevole « Perché credi che sia di circostanza? Magari lo penso davvero ».

Il suo interlocutore sorrise e si appoggiò con il braccio sinistro alla balaustra in acciaio. « Prima di tutto perché nella tua risposta non l'hai negato » il senso di essere stato colto con le mani nel sacco aumentò nel giovane « E in secondo luogo, uno tanto profondo da soffermarsi su un borghetto quando ha di fronte uno spettacolo ben più facile da ammirare non può davvero pensare che una metropoli sia una bella città ».

Questa risposta aveva lavato via ogni traccia di astio nell'animo di Lance. Non per il fatto che si fosse sentito adulato: viste le sue magistrali abilità di allenatore era abituato ai complimenti e aveva imparato con il passar del tempo a non montarsi la testa; invece, era più perché in quei pochi attimi in cui avevano parlato quell'uomo sembrava aver compreso più di lui di quanto avevano fatto altri che aveva conosciuto per anni. Rise « Touché ».

« Come ti chiami? ».

« Lance » allungò la mano in cerca di una stretta « Tu? ».

« James » questi di rimando accettò il gesto « Cosa fai nella vita? ».

« Sono un allenatore » il suo tono risentiva di una punta d'orgoglio « Tu invece? ».

« Viaggio ».

« Nel senso… sei un allenatore anche tu? ».

« No, no, non ho pokémon. Sono un semplice viaggiatore. Attraverso le regioni per scoprire nuovi luoghi ».

Lance era sorpreso: non aveva mai pensato al viaggio come unica ragione di vita « E basta? ».

« E basta ».

L'allenatore, sorpreso, distolse lo sguardo e lo puntò sotto di lui, nei confronti della via costantemente battuta « E dove vuoi arrivare? ».

James per tutta risposta si addossò al parapetto osservando l'oceano « Secondo te il mare dove vuole arrivare? ».

Non vi fu alcuna esitazione nella replica « Da nessuna parte. È statico ».

L'altro esibì un sorriso e assaporò la frescura che inusualmente soffiava « Certamente. È ovunque e in nessun posto ». Diresse gli occhi anche lui laddove Lance stava guardando, sulla strada gremita di gente, con la letizia che lentamente svaniva dal volto « Io voglio essere come il mare. Voglio essere stato ovunque. In questo modo ogni posto sarà casa mia ».

L'allenatore non sapeva come rispondere. Rimase fermo per un minuto o forse più, studiando silenziosamente quell'enigmatica figura che si trovava a un passo da lui.

« Beh, Lance, ti devo salutare » James si staccò dalla ringhiera e si incamminò scendendo la china cementata con andatura elegante. Dopo una breve distanza si girò e soggiunse « Chissà che il destino non ci faccia incontrare di nuovo, nei nostri viaggi ». Poi riprese il tragitto con calma fino a svanire oltre una curva nella strada. Lance rimase a osservarne persino l'ombra, finché anch'essa non divenne troppo sbiadita per essere individuata.


~


La folla esplose in un boato liberatorio. Mentre le eliche della S.S. Anne si avviavano permettendo al transatlantico di cominciare la traversata oceanica volavano saluti da ogni parte all'indirizzo di parenti, amici o coniugi, nell'ultima possibilità di portarli. Di rimando anche i passeggeri sparsi sul ponte principale della crociera gridavano indistintamente, come se ognuno di essi fosse in grado di riconoscere il proprio corrispondente in mezzo a quella calca indomabile. Lance non poté evitare di alzare la mano, sperando che quell'uomo, se davvero era a bordo, lo notasse. Ripensò ancora una volta a quell'incontro, alla brezza che spirava e al mare cristallino, cercando di rivivere nella mente una volta di più il dialogo. Era trascorso ormai un lustro, eppure ricordava ancora tutto distintamente malgrado non si fosse trattato, almeno sul momento, di qualcosa di memorabile. In quali modi misteriosi opera la mente umana.

Già, un lustro. Rammentò nuovamente l'afa che aveva sopportato per tutto quel fatidico giorno. Quante cose erano cambiate da allora, quante ne aveva vissute. Era riuscito frattanto nell'impresa di assumere il ruolo di Campione della Lega Pokémon, divenendo garante della sicurezza di Kanto. Pochi potevano immaginare a quanti compiti avesse dovuto far fronte con coraggio, visto che ben pochi di essi erano passati davvero alla ribalta. Certo, aveva le sue ragioni di orgoglio, imprese che avevano consolidato l'imporsi della sua nomea. L'incidente di Pallet Town, per esempio; ma anche lì, pochi conoscevano la storia nella sua interezza. Forse nessuno.

Lance osservò l'Anne che falciava l'acqua ormai notevolmente distante dal porto di Vermilion e la frotta di persone che andava disperdendosi risalendo la città in direzione della strada maestra, dove poi si sarebbe divisa nei due percorsi che ripartivano verso Kanto. Scorse la passerella vista poco prima mentre veniva ritratta e riposta per un altro anno, e rimembrò il ragazzo che l'aveva attraversata con decisione, il suo vestito rosso ben impresso nella mente.

Non aveva avuto modo di conoscerlo adeguatamente, un anno prima, ma avrebbe voluto.


~


Per quanto un giovane atleta possa rendere prestazioni migliori di uno più datato, avrà necessariamente meno esperienza di quest'ultimo, e ciò gli impedirà salvo rari casi di brillare davvero e diventare il migliore del mondo nel suo campo. Allo stesso modo il presente è usualmente superiore al passato, a prescindere da ciò che i nostalgici possono propugnare; tuttavia non è da depennare che quanto è abbia molto da imparare da quanto fu. E il passato di Kanto ha tanto da insegnarci: compiamo dunque un viaggio in questa regione, tornando a un anno e un mese prima che la S.S. Anne salpasse per il suo grande, ultimo viaggio nell'infinità, un anno e un mese prima che Lance si appoggiasse a quel muretto nei pressi del porto, un anno e un mese prima che il giovane Red ottenesse la sua MN. Quando ancora tutto quello che conosciamo non era nient'altro che un'eventualità.

Era il tempo delle grandi invenzioni, dell'ammodernamento di Kanto che finalmente diventava regione avanzata a tutti gli effetti. Al centro di questo turbinio di scoperte vi era, sorprendentemente, un luogo che solo diciotto mesi dopo sarebbe stato completamente abbandonato: la Pokémon Mansion. Essa, in futuro ridotta a poco più di un antro per creature, era in quel periodo una sorta di grande laboratorio cui faceva capo il signor Fuji, momentaneamente fuori sede per una ricerca nell'altrettanto fremente Hoenn. Proprio lì venivano generati, cosa straordinaria allora, i primi pokémon frutto soltanto dell'ingegno umano, ossia Porygon e Voltorb. Era l'apice della conoscenza dell'uomo, che si era ritrovato in grado di creare effettivamente la vita, ed era solo questione di tempo prima che un potere ancora più grande venisse scatenato e portasse al deterioramento della ricerca. Simili considerazioni erano tuttavia solo vaneggiamenti: il team di scienziati che occupava quel palazzo delle meraviglie si sentiva onnipotente e forse per certi versi lo era davvero. L'aspetto tecnologico ovviamente non si esauriva in un fazzoletto di terra quale Cinnabar Island: un valido esempio era la Power Plant, all'epoca più che attiva pur essendo destinata a un periodo di sosta che sarebbe perdurato ben due anni.

Ma Kanto non era solo raziocinio e freddezza di calcolo: era anche leggende e miti, e molti appassionati viaggiavano verso quella che era indubbiamente la principessa delle regioni per scoprirne i misteri perduti. Vi furono anche profonde modifiche nell'assetto generale della Lega Pokémon: il Fighting Dojo, per anni Palestra ufficiale di Saffron City, era stato destituito a seguito dell'ascesa di Sabrina, e lo stesso ente massimo era stato sovvertito dalla Grande Unificazione in cui si era ammirato il trionfo di Lance, universalmente ritenuto uno dei più grandi allenatori ad aver mai preso in mano una Poké Ball al punto da sconfiggere Lorelei nel Torneo pur in netto svantaggio contro il tipo Ghiaccio – il lettore più assetato di conoscenza non si disperi, giacché questo fenomeno sarà approfondito a tempo debito.

Questa era la situazione di un maestoso microverso nel periodo del suo apice riconosciuto. D'altra parte solo in grandi ambientazioni possono svilupparsi grandi vicende.


Kanto ha diverse peculiarità che sarebbe opportuno notare qualora si voglia introdurla a qualcuno che ne ignora le qualità: ad esempio presenta uno dei climi più temperati osservabili globalmente. Tuttavia questi sono aspetti che raramente possono interessare a un pubblico di non specialisti del settore geografico, quale immagino il mio non sia. Mi preme molto maggiormente invece descrivere una cosa che è spesso sottovalutata e invece ha molto da offrire a un occhio attento: parlo delle fasi notturne.

Come detto, Kanto ha svariate particolarità: una di queste è senz'altro la varietà delle città, mai simili l'una all'altra e ognuna in grado di vivere ciascun momento del giorno a suo modo. Come si può intuire, ciò si applica anche dopo il vespro, quando queste differenze si notano ulteriormente a causa degli abitanti. Sono questi infatti a dettare il ritmo a ciascun villaggio o metropoli, e se nelle ore diurne tutti tendono a comportarsi nel medesimo modo, altrettanto non si può dire delle notturne. Chiedo in anticipo perdono se quanto mi accingo a raccontare annoierà i meno interessati; ma è mia personale convinzione che per comprendere appieno una storia sia prima necessario interiorizzarne il contesto.

La zona più orientale della regione ospita Lavender Town, uno dei luoghi più desolati quando cala il sole. Si potrebbe essere indotti a pensare che solo i più superstiziosi, i folli che credono in fantasticherie su spettri, si rifiutino di uscire; in realtà è un fenomeno diffuso in tutta la popolazione, che fin da giovane è improntata a quest'abitudine alquanto inusuale. D'altronde va detto che anche solo le macabre campane che a mezzanotte risuonano dall'alto della Pokémon Tower basterebbero a intimorire chiunque vagasse nei dintorni in quel momento. Spesso coloro che sono estranei all'ambiente pensano a tutto ciò come pura suggestione; eppure nessuno nell'arco della sua esistenza ha osato avventurarsi in quella torre da solo.

Scendendo a sud lungo il Silence Bridge, i cui fianchi sono lambiti dalle dolci onde marine, e svoltando a destra alla prima via che consente di allontanarsene, ci si imbatterà nuovamente in un luogo che già abbiamo incontrato, ossia Vermilion City. Il centro tuttavia muta notevolmente d'aspetto una volta che le tinte arancioni abbandonano il suo cielo per far posto all'oscurità. Due soli sono i posti in cui la vita è ancora osservabile: il primo è una piccola pineta locata al confine orientale del borgo, in cui luoghi d'intrattenimento rimangono aperti fino a tarda notte quotidianamente; il secondo è la piazza centrale, in cui durante il periodo estivo sono organizzati con ritmo saltuario alcuni spettacoli per intrattenere i vacanzieri che si attardano per le vie sfiorate dal mare. La rimanente parte di Vermilion, che incidentalmente è anche una buona frazione del totale, si assopisce come d'incanto in un sonno profondo: le luci si spengono, i lampioni illuminano le strade con la loro morbida colorazione, il budello si svuota e il percorso maestro cessa di essere battuto a ogni minuto.

La città situata immediatamente a nord, Saffron City, vive la notte in maniera diametralmente opposta. In quanto centro più popoloso di Kanto, Saffron non si smentisce nemmeno quando il carro solare si sposta sull'altro emisfero del globo rispetto alla sua posizione e continua imperterrita nel suo tradizionalmente alto tenore di vita. Un visitatore può recarsi ovunque al suo interno: fino a che non scoccherà l'una di notte non sarà possibile trovare un quartiere isolato in quell'immensa metropoli; le insegne al neon continuano senza remore a colorare le strade cittadine con tonalità innaturali eppure così affini tra loro, risultando in un complesso arcobaleno di colori che instancabile continua a brillare.

Nella mia esperienza di persistente viaggiatore mi sono più volte imbattuto in borghi di discutibile bellezza, magari molto amati da altri compagni d'avventura ma profondamente antipatici a me. Con il passare del tempo ho affrontato empiricamente quanto prima mi era totalmente inafferrabile, e sono riuscito nell'impresa di stabilire i criteri secondo i quali la mia mente opera. Il lettore potrebbe chiedersi perché dica ciò: la risposta sta nel fatto che proprio un agglomerato presente a Kanto è vittima di questo mio ragionamento, e l'agglomerato in questione è Celadon City.

Sebbene infatti a prima vista la serata lì possa apparire identica a come viene vissuta ad esempio a Saffron, vi è una sostanziale differenza: mentre nella seconda la frenesia notturna è stesa uniformemente su tutto il territorio, nella prima essa è circoscritta al solo centro; le vie che rimangono tagliate fuori dalla sezione tarantolata della città sono abbandonate a loro stesse, illuminate soltanto dalla fioca luce dei lampioni e lasciate alla mercé dei malviventi – non a caso proprio Celadon è ritenuta l'epicentro del fenomeno del Team Rocket.

Per concludere su una nota positiva, spostiamoci leggermente a sud-ovest per osservare l'ultimo villaggio, testimonianza della tipologia di vespro più comune nella pur vasta Kanto, quella in cui la popolazione si chiude nelle proprie case e la zona è rischiarata dalle lampade che questi accendono diventando quasi un borgo di lanterne: Pallet Town. Dubito che qualcuno non conosca quello che probabilmente è il più noto centro abitato dell'intera regione, e sono certo che molti riterranno che la mia digressione notturna si sia dilungata oltre quanto avrebbe dovuto; e, a ogni buon conto, avremo comunque modo di tornare sulle implicazioni di questa scelta di vita.

Proseguiamo quindi senza ulteriori indugi su quanto avvenne in una notte come tante in quel meraviglioso modello di universo che è il mondo pokémon, e su come da lì iniziò un'avventura che avrebbe influenzato il destino di molti.


Il ragazzo si destò e si mise a sedere sul letto; era notte fonda e non un solo rumore risuonava nell'aria, ma non era quello il problema principale. La diffusa tensione che provava era dovuta al fatto che non si trovava in casa sua: intorno a lui stava un'ampia stanza abitata da nessun altro, in netto contrasto con la sua usuale camera al limite del claustrofobico. Neanche il giaciglio era il suo: era un letto a due piazze locato in quello che pareva un soggiorno. Si alzò per arrischiarsi in un'esplorazione e subito un brivido percorse la sua schiena, causato come notò dal fatto che il pavimento era costituito da piastrelle in ceramica. Alla sua sinistra stava una portafinestra che oltre le tende si affacciava su un piccolo terrazzo. Il giovane aprì e uscì all'esterno, dove spirava una pungente brezza gelida. All'apparenza si trovava in una città marittima, come evidenziato dalla linea dell'orizzonte che fungeva da limite per un mare nero come le tenebre che avvolgevano quella notte. Di fronte a lui in linea d'aria si stendeva il fulcro del borgo: un coacervo di cadenti edifici di più altezze in apparenza disabitati.

Poi, senza preavviso, proprio mentre il ragazzino si stava avvicinando al ferreo parapetto che delimitava la sporgenza, un raggio di luce fece capolino dal centro del bordo oceanico. Con una rapidità che aveva dell'innaturale sorsero le prime avvisaglie del sole mattutino, tingendo di rosa il firmamento. E proprio in quel momento, volgendo lo sguardo alla sua destra, il giovane sobbalzò osservando lo spettacolo più inquietante della sua vita.

Sulla distesa marina avanzava nel più completo silenzio una mastodontica macchina volante metallica. In breve tempo, nonostante il passo lento, l'immensa struttura oltrepassò la sfera luminosa oscurando tutta la città, e a quel punto fecero la loro comparsa anche altri velivoli che la seguivano a ruota. Questi presentavano una caratteristica ulteriore: raggi color rosso fuoco situati sulla pancia dei mezzi – uno per ciascuno di essi – che roteavano come alla ricerca di qualcosa sul mare. La silenziosa marcia proseguiva imperterrita mentre nessuno della città sembrava essersi accorto di niente; solo l'alba imminente mutava con lentezza lo scenario di quella processione, illuminandolo grado dietro grado. D'improvviso uno dei fasci mutò il proprio percorso d'azione di pari passo con il velivolo che lo ospitava per dirigersi verso la città assopita. Il suo roteare terrorizzò il ragazzo che tuttavia non ebbe il minimo tempo di reazione per potersi nascondere: in un secondo o forse meno il raggio si era focalizzato su di lui, accecandolo completamente.

D'un tratto esso si spense e l'oscurità avvolse l'atmosfera. Il giovane percepiva ancora il proprio corpo, ma l'avanzata era completamente scomparsa. Si accesero a un certo punto due luci azzurre a poca distanza da lui, o così gli pareva, poiché non vi erano validi riferimenti di spazio o di tempo. La luminosità celeste si intensificò fino a che le sorgenti non divennero poco meno di una coppia di soli in sostituzione dell'originale. Un urlo di voce maschile squarciò il silenzio che fino ad allora aveva accompagnato l'evento.

« TRITAIOS! ».


« Tutto bene? ».

Il ragazzo si svegliò sul pavimento di camera sua « Come… Cosa… ».

« Ho sentito urlare ».

La luce accesa appena prima gli impediva di vedere chiaramente e fu necessario qualche secondo per realizzare l'accaduto « Ah… Sì, un incubo ».

« Capisco. Dai, torniamo a riposare entrambi ».

« Aspetta! È già il mio compleanno, Daisy? ».

« Non ancora, sono le undici e mezzo. Dai, torna a letto ».

« Va bene… Mi spegni la luce? ».

« Certo » sorrise lei « Buonanotte Blue ».

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Capitolo 2
*** Pokémelle anche oggi? ***


II 'Pokemelle anche oggi'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Celadon City: Azzurropoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Agatha: Agatha.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


II: “Pokémelle anche oggi?


Quando il sole sorse il giorno seguente, Blue aveva già recuperato il sonno che aveva perduto per colpa di quell'assurdo incubo. Non se ne era scordato, questo non era da lui; tuttavia esso ricopriva un ruolo oramai marginale nella sua vita, tanto più che niente avrebbe dovuto rovinare l'evento che in data odierna si sarebbe svolto. Sua sorella Daisy si recò nella sua camera per svegliarlo verso le nove di mattina, ma il ragazzo era già desto da diverse ore per via dell'eccitazione.

Quello era infatti il nono compleanno per lui, ovvero mancava un anno esatto a quando avrebbe lasciato Pallet Town per intraprendere il suo viaggio come allenatore. La tradizione voleva di conseguenza che da quel momento Blue iniziasse a seguire un corso di addestramento per imparare l'arte dei pokémon e arrivare dunque pronti all'appuntamento con il futuro. A onor del vero sta al professore locale decidere quando per i giovani di un certo anno inizieranno le lezioni, dovrebbe quindi lui informarsi sulle date di nascita di tutti gli eventuali partecipanti e decidere di conseguenza il momento migliore per garantire a tutti un'adeguata preparazione teorico-pratica. Samuel Oak aveva fatto un'eccezione alla regola per due fondamentali ragioni: la prima era che Pallet Town era un villaggio di dimensioni relativamente ridotte, e solo due bambini erano nati nove anni prima, per giunta nello stesso giorno; la seconda era che uno di questi due era suo nipote, e cominciare il noviziato il giorno del suo compleanno sarebbe stato un perfetto regalo da parte sua.

Blue, dunque, divorò la propria colazione con inconsueta seppur prevedibile fretta per poi uscire rapidamente di casa e andare a trovare il suo più grande amico, l'altro nato in quel fatidico dì poco meno di un decennio prima: Red.


Pallet Town è un centro abitato ben noto ai viandanti di Kanto non tanto per la sua spettacolarità quanto, all'opposto in maniera quasi simmetrica, per la sua quiete innaturale. Locata in un anfratto quasi isolato della regione, a delimitare terra e mare, si tratta di un'isola di pace in un oceano di frenesia. Nonostante possa apparire quasi labirintica a un estraneo, a causa della particolarità delle sue vie di intrecciarsi l'una con l'altra in modo alquanto confusionario, è sufficiente viverci per qualche settimana per memorizzarne ogni segmento alla perfezione. Ciò è imputabile alla sua geometria intuitiva: Pallet presenta luoghi d'interesse ben definiti – il boschetto, l'imbocco del Route 1, il laboratorio del professor Oak, il negozio di articoli pokémon – e attorno a essi è imperniata la città nella sua totalità; una volta imparate le strade che collegano questi quattro punti cardinali, il resto viene di conseguenza e qualsiasi quartiere, costruzione o parco viene indicato in funzione di essi. Chiaramente a un viaggiatore può apparire strano quest'uso, ma appare perfettamente normale una volta presa confidenza con esso.

Pallet Town, dicevo, non era mai salita alla ribalta per vicenda alcuna: nessun famoso allenatore proveniva da lì, nessun evento di notorietà regionale vi si era mai tenuto, nessuna fiera la caratterizzava, nessuna filiale rilevante aveva un punto vendita lì. Possiamo definirla, se vogliamo, la cenerentola di Kanto. Presto, a ogni modo, la cittadina si sarebbe presa la sua rivincita con il mondo.

Come ogni mattino alle nove in punto le campane del luogo risuonavano nell'atmosfera appropriandosi del silenzio che in altre ore della giornata tendeva ad aleggiare su Pallet. Blue stava percorrendo uno dei numerosi viottoli minori del suo villaggio natale, serpeggiando tra pini sempreverdi nell'aria tersa di quel giorno tanto speciale. Il suo passo lento non trasudava alcuna emozione e il giovane non avrebbe dato l'impressione di essere trepidante neppure a chi lo conoscesse alla perfezione. Nondimeno all'interno vibrava di allegria ed era trattenuto solamente da un senso di imbarazzo che provava ogni qualvolta si trovava in preda a sentimenti estremi quali la gioia o la tristezza. In ogni caso, quando la casa di Red apparve oltre l'ultima svolta nel viale alberato, il naturale pudore fece spazio all'ansia da eccitazione e Blue iniziò a correre a tutta velocità in mezzo a Growlithe che al suo passaggio avevano iniziato ad abbaiare nella sua direzione fino a raggiungere quell'edificio tanto semplice eppure carico di significato, teatro dei momenti più gradevoli che potesse ricordare. Quando si accostò all'uscio per suonare il campanello non stava più nella pelle. Come avvicinò la mano, tuttavia, la porta si spalancò di colpo centrandolo in pieno volto.

« SORPRESA! ».

Blue, tramortito dall'impatto, si era rovesciato sulla schiena finendo sdraiato sulla veranda « Tu sei pazzo ».

« Guarda che se vuoi diventare allenatore questo non è il modo migliore! » disse con fare scherzoso un ragazzino vestito di rosso fermo sulla soglia.

« Grazie per l'interessamento » l'altro si drizzò « Avrei fatto a meno ».

« Dai, che volevo farti una sorpresa per il tuo compleanno! ».

« Bel regalo, mi serviva proprio un naso rotto ».

« Questo è lo spirito! » Red uscì da casa e dopo aver avvertito la madre chiuse la porta « Allora, al laboratorio? ».

« Al laboratorio ». I due iniziarono a incamminarsi verso sud, direzione verso la quale Samuel Oak aveva locato il suo istituto di ricerca.

« Tu hai ricevuto qualcosa per il compleanno? » domandò Blue sulla via.

« Un videogioco per il NES, ma ancora non l'ho usato ».

« Uh, che gioco? ».

« Super Mario Bros. mi pare si chiami, è nuovo. C'è il multiplayer, quindi possiamo giocarci insieme. Tu, invece? ».

« Mia sorella ha detto che me lo darà stasera, vuole che ci sia anche mio nonno perché l'idea è sua ».

« Un regalo di Oak? Me lo farai vedere, vero? ».

« Ma certo » rispose Blue con una punta di orgoglio « Oh, il laboratorio è là ».

Da una linea d'alberi che copriva la visuale era infatti apparsa all'occhio la singolare turbina eolica che sovrastava l'edificio, un massiccio blocco di mattoni con quattro finestre sul lato frontale e un'entrata che conferiva allo stabile un'aria affabile e ospitale. Blue si sarebbe aspettato di trovare suo nonno davanti ad aspettare i due ragazzi, come tante volte gli aveva visto fare, eppure non c'era.

« E ora? » si domandò perplesso.

« Non dovrebbe essere già qui? ».

« Sì, solo che non c'è ».

« Forse la prima lezione è questa » osservò Red, notoriamente ragazzo di larghe vedute « Essere pronti all'imprevisto ».

Blue tenne seriamente in considerazione la proposta dell'amico, che tanto improbabile non era, ma non tornavano i conti « Sono stato con lui due anni fa il giorno della prima lezione, e li stava aspettando proprio qua ».

« Magari aveva da fare ed è in ritardo ».

« Non è da lui, quando sono venuto con lui mi ha fatto alzare all'alba. Voleva che fosse tutto pronto ».

« Allora c'è solo una cosa rimasta » Red si appropinquò alla porta « È già dentro ».

« Non scherzare, non è–– » il giovane si interruppe quando vide che il suo compagno, messa la mano sulla maniglia, era stato in grado di abbassarla senza alcun problema e stava ora spingendo per entrare « Beh, questo è strano ».

« Tuo nonno lavora sempre al buio? Perché non c'è niente di acceso qui ».

Blue a quel punto iniziava a mostrare visibili segni di agitazione « Avrà lasciato aperto ieri sera. Andiamo a dirlo a Daisy, ci pensa lei poi a chiamarlo e a capire dove sia ».

« Ormai siamo qui, tanto vale aspettarlo dentro » Red allungò il braccio a tastare l'interruttore della luce, ma nessuna lampada rispose alla chiamata « Dev'essere saltato tutto. Certo che è furbo, quelle finestre non illuminano quasi niente, poteva almeno lasciare entrare luce dall'ingresso ».

« Qualcosa non va. Decisamente » commentò il suo amico, rigidamente fermo all'esterno dell'edificio « Andiamo via ».

« Su, non fare il pauroso » gli disse l'altro tirandolo di forza verso l'interno « Chiamalo tu, se è qui risponde ».

« Perché non lo fai tu? ».

« Perché non è mio nonno, su, meno storie e più lavoro! ».

Rassegnato, Blue sospirò e obbedì « Nonno? Sei qui? ». Il silenzio, terminata la breve interruzione, ritornò prepotentemente nella stanza « Beh, direi che non c'è ».

« Ma come vuoi che ti senta, hai appena sussurrato! » Red lo sospinse ulteriormente per poi avanzare a sua volta « Dai, con convinzione! ».

« Uff, e sia. NONNO, SEI QUI DENTR–– ». In risposta il portone si chiuse di colpo, come in preda a un poderoso vento che avesse provocato corrente. La luce inaspettatamente si accese come controllata da un comando a distanza, rivelando quello che sembrava il corpo esanime di Oak steso sul pavimento del laboratorio.


Il commissario di polizia di Pallet inspirò profondamente e salì le scale. Nella camera superiore i due ragazzini attendevano seduti compostamente sul letto, accanto a una finestra spalancata che aggettava su un vialetto erboso antistante la struttura. La sala era arredata in modo molto sobrio – o rustico, a seconda di come si volesse vedere la cosa –, con unicamente una piccola televisione a fungere da soprammobile di natura tecnologica, e nessuno dei testimoni pareva minimamente nervoso; piuttosto, i due apparivano non rendersi neanche conto di quanto stesse accadendo. L'uomo cercava un approccio che suonasse al contempo coscienzioso e amichevole, e finì per ricadere in una delle più incolori domande che si potessero porre in quell'istante.

« Tutto bene? ».

« Certo » rispose quello seduto più a sinistra, vestito di un rosso sgargiante e con un cappellino con visiera appoggiato sulle gambe.

« Non… avete niente da chiedermi? ».

La coppia si guardò come pensierosa in un lampo, poi fu il medesimo a replicare « No ».

L'ufficiale si sorprese di tanta naturalezza in persone che fino a poco prima avrebbe immaginato terrorizzate « Non vi interessa sapere della salute del professore? ».

« Ma sta bene, no? Sta dormendo ».

« Come lo sai? » il discorso ormai era un dialogo tra lui e il giovane abbigliato in rosso.

« Ho visto nei film cosa fanno a chi muore. Voi l'avete solo portato via. E poi respirava, l'ho sentito appena sono entrato nel laboratorio ».

« Quindi l'hai sentito? » intervenne il suo amico che fino ad allora era rimasto in silenzio « Per quello mi hai chiesto di chiamarlo? ».

« Certo. Ho da sempre un udito perfetto, sento di tutto ».

« Capisco » riprese il commissario « Quindi per caso hai sentito anche quando parlavo con tua sorella di sotto? ».

« Sì. Comunque è sua sorella » indicò il suo compagno.

« Oh, chiedo scusa. Sentite, come vi chiamate? ».

« Io Red, lui invece Blue ».

« Molto bene, Red, ti spiacerebbe dire a me e al tuo amico cosa hai capito? ».

« Sì, anche se a lui l'ho già detto » Red si sedette con ulteriore compostezza, non volendo rovinare le lenzuola su cui poggiava poiché non sue « Il professor Oak non si sveglia dal sonno, ma non sarebbe in pericolo di vita, e lei vuole interrogarci per capire cosa gli è successo ».

L'uomo in divisa sorrise con compiacenza « Bravissimo. Quindi non vi spiace se vi pongo qualche domanda? ».

« Faccia pure ».

« Molto bene » disse l'adulto di rimando estraendo un taccuino e una penna « Perché eravate in quel laboratorio? ».

« Vede, oggi è il nono compleanno per entrambi… ».

« Auguri ».

« … – grazie –, e noi dovevamo iniziare il corso per diventare allenatori ».

« Mi sembra ragionevole ».

« Quindi Blue è venuto a trovarmi, e insieme siamo andati a trovare suo nonno per cominciare. Solo che quando siamo arrivati lui non c'era ».

« E quindi siete entrati senza permesso? Come avete fatto? ».

« Beh, non è stato difficile » Red parlava con la più assoluta disinvoltura, quasi stesse raccontando di cosa avesse mangiato la sera precedente « Era aperto ».

« Quindi per voi è motivato ritenere che Oak sia caduto in quello stato ieri sera? ».

« Beh, io–– ».

« Secondo me sì » questa volta era stato Blue a parlare.

« Come mai ne sei convinto? ».

« Mi pare che mio nonno dovesse lavorare fino a tarda notte. Sa, per prepararsi per la giornata di oggi. Daisy–– cioè, mia sorella dovrebbe saperne di più ».

« E hai idea su come si sia ridotto così? ».

« Mi spiace, no ».

« Red, stavi dicendo… era aperto, e dentro com'era? ».

« Buio » il ragazzo riprese a discorrere con la sua consueta spigliatezza « La luce non funzionava. Pensavo fosse saltato qualche circuito ».

« E invece? ».

« Beh, mentre eravamo entrambi dentro… la porta è sbattuta, come quando c'è corrente in casa, e si è acceso tutto ».

« E avete ritrovato Oak ».

« Esatto. Era steso per terra, in una posa poco naturale ora che ci penso ».

« Molto bene, ragazzi » il commissario si alzò in piedi per andare a stringere la mano ai suoi due interlocutori, levatisi frattanto in risposta « È stato un piacere. Vi farò sapere appena scopriremo qualcosa. Di nuovo auguri e buona fortuna ».

« Grazie mille, anche per noi è stato un piacere » Red sorrise « Oh, a proposito, sa che ore sono? ».

« Vediamo… quattro e mezzo circa ».

Il ragazzo e il suo amico si scambiarono un'occhiata d'intesa « È un po' tardi, meglio che andiamo ». Dopodiché la coppia si diresse a passo rapido verso le scale, salutò sveltamente Daisy e uscì all'aperto.


Nel pomeriggio Pallet Town era stata coperta da un grigio stratus nebulosus minaccioso di scaricare un rovescio sull'inerme cittadina; ciò non aveva tuttavia significato un ostacolo per Red e Blue, che avevano le loro commissioni da compiere. Come già detto, Pallet presenta una struttura di facile comprensione: avendo il proprio fulcro in quattro punti d'interesse non vi è la complessità di descrivere un dato luogo secondo un sistema di riferimento universale. È sufficiente basarsi sui sopraccitati quattro e il resto viene da sé. I due giovani si stavano dirigendo – e non è un caso – proprio in uno di questi, terzo in ordine d'importanza appena prima del bosco. Questa ridotta popolarità non è da imputarsi a una effettiva importanza secondaria dell'edificio, bensì a una sua eccessiva specializzazione: parlo infatti del Berries For Two's.

Come l'eccentrico nome può suggerire, si tratta della sede unica di un rinomato negozio di articoli pokémon, spaziando dal materiale prettamente ideato per allenatori – Poké Balls, Pozioni e via discorrendo – a quello invece più indirizzato agli allevatori – cibi quali Dolcemiele, Poffin e le stesse Bacche da cui si origina il caratteristico appellativo dell'attività.

L'esercizio si era da qualche mese trasferito, il che aveva determinato non pochi problemi per l'orientamento geografico degli abitanti più conservatori, tanto che anche il precedente domicilio era al momento noto a quella categoria di persone ancora come Berries For Two's. La clientela non era per questo diminuita: i principali frequentatori erano giovani locali e, come si sa, i giovani non tendono ad avere alcun problema a convivere con il cambiamento. Forse proprio per questo spesso si auspica che loro detengano i poteri decisionali.

Red e Blue, dal canto loro, erano acquirenti abituali della bottega per ragioni che non è il caso di spiegare ora: sia sufficiente sapere al lettore che quotidianamente il gestore attendeva la loro visita durante il pomeriggio, visita che puntualmente si verificava con scarso margine di errore e, nonostante le nuvole che sovrastavano Pallet minacciassero tempesta, i due ragazzini avevano deciso di mantenere fede alla loro usanza sprezzanti delle condizioni meteorologiche.

La porta lignea si aprì con un leggero cigolio e il campanello risuonò nella sala del negozio, in cui peraltro certo non aleggiava il silenzio: nella seconda sala, situata oltre un poco spesso muro cui erano agganciate delle teche pensili, stavano discutendo diversi allenatori, impossibilitati a esercitarsi nella loro arte a causa del tempo avverso. Red e Blue non erano in grado di vedere con i loro occhi le persone che si celavano dietro alla parete, ma la combinazione di udito e abitudine lasciava intendere che vi fosse anche un gruppo di allevatori in dibattito tra loro.

« Ciao ragazzi » salutò amichevolmente un uomo che sedeva dietro al bancone situato all'immediata destra rispetto all'entrata.

« Ciao Andy » replicò Red.

« Anche oggi qui? ».

« Come sempre ».

« Pensavo che la pioggia vi avrebbe fermati ».

« Non piove ancora, per fortuna ».

« Meglio così » il gestore si appoggiò al banco con un fianco « Pokémelle anche oggi? ».

« Già ».

« Di che tipo questa volta? ».

« Io andrei come ieri su due bianche. Tu, Blue? ».

Il suo amico parve pensieroso « Mah, magari due indaco oggi, non ricordo l'ultima volta che le ho prese ».

« Molto bene. Paghi sempre tu, Red? ».

« Ormai dovresti saperlo ».

« Allora è il solito, non sto neanche a dirlo » Andy attese che il suo compratore protendesse la mano con i soldi; in seguito, dopo averli riposti nel registratore di cassa, domandò « Posso chiedervi una cosa? ».

« Se è ancora sul perché siamo qua sai già la risposta ».

« No, è una cosa pratica ».

« Allora dicci pure ».

« Perché venite qui ogni giorno? ».

Red sembrò divertito « Perché abbiamo bisogno di Pokémelle ogni giorno. Cos'è, un modo per chiedere comunque la ragione delle nostre visite? ».

« No, intendo… potreste venire qui all'inizio della settimana e avere lo stesso risultato. Perché ogni giorno? È più faticoso ».

« Beh » il giovane in rosso si voltò di tre quarti in direzione della seconda stanza del negozio « Per legare. Venendo ogni giorno ci si conosce meglio ».

Andy fu sorpreso dalla risposta « Non so cosa dire… è per gente come voi che mi piace gestire questo posto ».

« Sono tutti “compra e fuggi”? » chiese Blue in una delle sue rare intromissioni.

« Già. Fortuna che c'è chi riempie la sala di là. Mi fa pensare che esiste ancora chi ha passione per il mestiere. Non reggo quelli che trattano questo posto come una vendita all'ingrosso, chi viene qui solo per comprare » Andy di rado si confidava, ma quando ciò accadeva sia Red che Blue sapevano che era davvero sincero « Io non voglio fare soldi, io voglio aiutare allenatori e allevatori. Cosa c'è di meglio che avere amici con cui condividere la propria passione? Oggi troppi pensano di poter fare tutto da soli ».

Un rimbombante tuono interruppe la commovente arringa dell'uomo facendo tremare i vetri delle finestre. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata che aveva della complicità, poi fu come usualmente Red a parlare « Scusa, ma noi dobbiamo sbrigarci ad andare ».

« Non vi fermate? ».

« Scusa, ma tra poco viene a diluviare e noi abbiamo una cosa da fare. Comunque ci vediamo domani! ».


Come anticipato, non passò molto tempo prima che quella massiccia energia di cui Pallet Town si era caricata esplodesse con vigore. Non fu un acquazzone di memorabile violenza, anzi, per molti versi rassomigliava a quelle lievi pioggerelline estive che talora scendono sui piccoli villaggi periferici, eccettuato forse per i saltuari lampi che rilucevano; eppure ogni abitante visse l'innocua acquerugiola come un momento d'inusuale malinconia nella spensieratezza di quel giugno tanto afoso.

Succede ogni tanto di ricercare significati mistici in qualcosa che non possiamo comprendere, per la nostra incapacità di cogliere il senso di ogni avvenimento: così alla fine della storia al lettore questo temporale potrà mostrarsi come un segno premonitore di quanto più avanti sarebbe capitato. Tuttavia non dobbiamo sempre tentare di vedere ogni cosa come fattore contribuente al contesto generico, poiché è solo una pratica controproducente. In quel pomeriggio la pioggia bagnò una piccola cittadina nella sezione occidentale di Kanto, e questo è tutto quanto sappiamo: il resto è pura congettura.

Red e Blue, sbrigate le loro commissioni che come detto non saranno accennate ora, erano rientrati ciascuno a casa propria per cenare. Nonostante fosse il nono compleanno per entrambi, nessuno dei due si era trattenuto a lungo nella propria abitazione, ansioso di mantenere la propria promessa. La coppia aveva infatti fissato un rendez-vous in un luogo molto particolare. Pallet Town non si esaurisce inevitabilmente in quei quattro punti cardini che ho elencato prima: appare oltremodo ovvio che vi sia dell'altro nella struttura geografica della città, e l'unica ragione per la quale non vi ho accennato in precedenza è perché non ve n'era necessità.

Osservando la cittadina da un punto di vista autenticamente territoriale, come ammirandola dall'alto di una pianta dettagliata, si può prima di tutto notare che a ognuno degli edifici principali già noti corrisponde a conti fatti un punto cardinale: l'ingresso del Route 1 è naturalmente situato a nord, il bosco a ovest, il laboratorio del professor Oak a sud e il Berries For Two's a est. Si può inoltre notare che a ognuna delle direzioni corrisponde un diverso limite per Pallet: a settentrione troviamo la strada maggiore, quella intrapresa dai novelli allenatori intenzionati ad abbandonare il proprio luogo natale; a occidente sta una proibitiva selva densa di alberi più della Viridian Forest che raramente è varcata in ragione della sua osticità; nella zona meridionale vi è invece il principio di una grandiosa distesa oceanica che conduce a universi inesplorati. Resta dunque la fascia orientale da analizzare. Si tratta in verità, quantomeno dal punto di vista dell'estensione, di una copia carbone della controparte opposta, ovvero il bosco di Pallet; dal lato naturalistico, ne è l'esatto contrario.

Il terreno a est della città è difatti ricoperto da spessi fili d'erba di altezza variabile ma mediamente piuttosto elevati. L'ampia landa termina poi con una bassa collinetta che preclude a chi si trovi nella parte piana la vista di quanto si trova dopo – ovvero, come da ogni lato dei confini del borgo a eccezione di quello che esce sul Route 1, il mare. Proprio in questo prato spianato Red e Blue si erano recati quella notte, a seguito della conclusione del piovasco, per discorrere insieme di quanto era accaduto in quel giorno tanto speciale; e lì ancora erano, sdraiati sulla distesa erbosa, con lo sguardo rivolto verso il lungo colle che delimitava la pianura in cui si trovavano. La luna si stagliava brillante come poche volte sopra la zona: si trattava della prima notte di plenilunio di giugno e, poiché l'ora iniziava ad appropinquarsi alla mezzanotte, si avvicinava anche il punto di culminare del satellite, dopo il quale esso si sarebbe ineluttabilmente avviato verso il proprio tramonto, destinato a terminare solo alle cinque e mezzo di mattina.

« È più grande stasera o sono io? » domandò Blue indicandola con un dito.

« Lo stavo pensando anche io, sembra più grande » Red si drizzò a sedere non senza fatica, ricordandosi improvvisamente di una cosa « Ehi, com'è finita poi con il regalo del professore? Tua sorella te l'ha dato comunque? ».

Il suo amico si portò nella sua stessa posizione « Sì, ha detto che il nonno avrebbe voluto così ».

« E non me lo dici neanche? Scommetto che nemmeno l'hai portato ».

« Certo che l'ho portato, volevo vedere se te ne ricordavi » Blue rise beffardamente.

« Dai, tira fuori che sono curioso ».

Il giovane mise la propria mano nella tasca della felpa – Daisy aveva insistito perché se la portasse dietro in caso di inatteso ritorno dell'acquazzone –, per poi estrarne una sfera metallica monocromatica che brillava riflettendo la luce lunare.

« NON CI CREDO! » gridò Red per la sorpresa, subendo poi un cenno di silenzio da parte del suo compagno « Sì, sì, okay, faccio piano. Ma è vera? ».

« Certo che è vera ».

« Che strano bianco che ha sopra… non è una Poké Ball, vero? ».

« No, Daisy ha detto che si chiama Premier Ball. È speciale, si usa solo per occasioni importanti ».

Red sorrise. Non un sorriso artificiale, astioso, di quelli che gli adulti esprimono nei confronti di qualcosa di cui se non fossero trattenuti dalle leggi sociali si impossesserebbero di buon grado; era invece una letizia sincera e spontanea, originata dal profondo legame maturato con il tempo tra i due ragazzi, un legame indissolubile e destinato a perdurare « Buon per te. Penso di sapere con chi la userai, eh? ».

« Già » Blue tornò a sdraiarsi sul campo « Senti, Red… ».

« Dimmi ».

« Secondo te cosa c'è oltre il mare? ».

Il ragazzo si fermò a riflettere « Non lo so… altro mare, penso ».

« Ma non può esserci mare per sempre. Secondo me c'è un'altra regione ».

Red si voltò e guardò negli occhi il proprio amico « Un'altra? Come Kanto e Johto? ».

« Sì… qualcosa di enorme e di diverso da quello che c'è qui ».

« Che vuol dire diverso? Cosa può esserci di diverso? ».

« Red, pensaci. Pensa a Kanto e a Johto. È davvero tutto qui? Dove sono i deserti, dove sono i vulcani? ».

« Ora che mi ci fai pensare… ».

« Che cosa? ».

« Beh, mio padre ora non è a Kanto. E penso non sia neanche a Johto. Forse è dove dici tu, al di là dell'oceano ».

« E non ti ha detto niente su dove andava? ».

« Ha detto che deve fare una ricerca su un pokémon speciale, uno che non si può trovare qui. Ma non sapeva neanche lui dove si trovasse ».

« Dev'essere bello da pensare ».

« Cosa? ».

Blue si drizzò di nuovo a sedere « Sai, che tuo padre stia scoprendo cose nuove. Anche io voglio scoprirne quando diventerò un allenatore. Voglio viaggiare oltre il mare ».

« Oltre il mare? Ma saranno… mille miglia, o di più! ».

« Non mi importa. Non può essere infinito, e quindi io lo attraverserò ».

« Ma perché? Non ti piace Kanto? » Red faticava ad afferrare « C'è sempre Johto qui vicino. Perché fare un giro così lungo? ».

« Mi interessa poco di cosa davvero ci sia alla fine del mondo. È il viaggio che mi interessa. Scoprire nuovi posti, nuove persone. Pallet è troppo piccola per me. Ogni anno sono qui a morire chiedendomi cosa ci sia altrove, aspettando il mio decimo anno in cui potrò finalmente esplorare… Ah, ma ti sto annoiando, se vuoi possiamo andare ».

« Non mi stai annoiando. Anche a me piacerebbe molto viaggiare… ma sento che il mio posto è Kanto. In qualche altro posto mi sentirei… sbagliato. Mi piace troppo questa regione per pensare di andarmene. Mia madre una volta mi ha detto una cosa, non la ricordo… “sai quello che lasci ma non sai quello che trovi”, forse » il ragazzo abbassò lo sguardo sull'erba, ascoltando le nenia intonata dai grilli e dalle cicale che lo attorniavano « Ma ti capisco, sai. Se ho capito bene è proprio questo che ti piace, il non sapere quello che troverai. Viaggiare sarebbe molto noioso se lo sapessimo… senti, che ore sono? ».

« Più o meno mezzanotte, a giudicare dalla luna. Meglio tornare a casa ».

« Hai ragione andiamo » Red si voltò, salvo poi fermarsi nuovamente « Blue, guarda ».

Il suo compagno si voltò, e rimase attonito. Poco oltre la città si ergeva quello che pareva un mastodontico quanto pallido arco di luce monocolore che spiccava troneggiante su Pallet Town, quasi a difenderla.

« Cos'è? » domandò come vide quella strana struttura luminosa « Sembra un arcobaleno, però di notte… ».

« Sì… mio padre me ne aveva parlato, una volta. È un arcobaleno formato dal chiarore della luna. Mi pare che ci sia solo quando ha piovuto da poco e ci sono gocce nell'aria ».

« E perché è bianco e non di tutti i colori? ».

« Me l'aveva detto, ma non me lo ricordo. Quando torna dal suo viaggio glielo chiedo, va bene? » dopo aver così parlato, Red si avviò in direzione della città per rientrare a casa « Dai, vieni che se no si preoccupano ». Blue indugiò ancora qualche istante esterrefatto dal panorama, poi seguì il suo amico mentre il chiarore della curva lucente svaniva progressivamente dai suoi occhi.


Benché le notti siano vissute diversamente a seconda del luogo scelto per assaporarle, vi sono ore nelle quali esse si uniformano per dare una parvenza complessiva di ordine sovrano. Tra le mezzanotte e l'una in quel fatidico giorno appena iniziato l'afa si impadronì così di tutta Kanto, soffocandola di umidità e avvolgendo la regione in una morsa di apatia generale. A Saffron City non vi era più allegrezza nemmeno nel centro della città, e l'unica occasione di osservare persone che ancora rifuggivano l'abbraccio di Morfeo era paradossalmente in qualche locale di periferia, in cui si tentava ancora un'evasione disperata dalla solitudine nell'inebriamento causato dall'alcool. Chi veglia a quell'ora abitualmente non può assopirsi, molto più raramente non vuole: restare desti in isolamento di fronte a un mondo che o riposa o festeggia risulta un'esperienza immalinconente, per questo si cerca di evitarlo. Il lettore è libero di contraddirmi, di affermare che anzi egli convive felicemente con le tenebre serali; tuttavia mai potrà confutare quale sia l'atteggiarsi collettivo nei confronti dell'oscurità.

Come scoccò l'una, tuttavia, qualcosa cambiò. Quei pochi che si trovavano all'aperto ad ammirare il buio, magari a Vermilion sulla nota altura che sovrasta la strada maestra, percepirono distintamente una staffilata di aria gelida, come un singolo soffio rigettato dalle nuvole beffarde, quasi una cella frigorifera fosse stata aperta per un istante di fronte a loro e poi richiusa con violenza per timore di dissiparne la temperatura. Non fu più che una volata, un sussulto nell'afa complessiva: eppure tutti vi fecero caso, non vi fu uomo o donna in tutta Kanto che, avvertito lo sbuffo, non si interrogò sulla sua provenienza. Blue, dal canto suo, non poté sentirlo: era fermo sul suo letto, con gli occhi aperti, nell'assenza di luce della sua stanza a Pallet Town, e nonostante la finestra fosse aperta non una folata penetrò tra le mura domestiche; ma ciò non vuol dire che non ne distinse l'aura di singolarità che il vento trasportava.

Senza alcun preavviso il ragazzo provò un affaticamento nel ritmo respiratorio, un appesantimento sulla gabbia toracica, come se un peso vi fosse stato poggiato sopra. Tentò istintivamente di muoversi, ma scoprì ben presto di non esserne in grado: si trovava in uno stato di paralisi totale, incapace persino di urlare. Il panico lo prese d'assalto, e Blue si ritrovò incapace di ragionare, in balia del terrore. Solo i suoi occhi rispondevano ancora al suo arbitrio, e con essi il giovane scrutò la parte di stanza che poteva controllare da sdraiato, per poi accorgersi con progressivo timore che una luce si era accesa al piano di sotto. Spontaneamente pensò che si trattasse di Daisy, e ne fu sollevato; ma il conforto durò un periodo esiguo, il tempo di rendersi conto che una figura nera, poco più di un'ombra solida, aveva appena salito le scale che conducevano a casa sua. Non aveva connotati se non quel paio di pupille celesti, e Blue si rammentò del sogno della sera prima. Provò a urlare, ma di nuovo intervenne la paresi corporea che lo affliggeva, e non fu in grado di muovere un muscolo. L'entità continuò ad avvicinarsi lentamente al suo letto, eppure il ragazzo non notava alcun perfezionamento delle fattezze, nemmeno facciali: se prima l'illuminazione del livello inferiore aveva messo in risalto qualsiasi cosa si stesse aggirando per la stanza, ora ciò che le impediva di confondersi con l'oscurità era di nuovo solo la coppia di sfere azzurre che brillava. Il volto della figura si avvicinò al giovane, che sentì una ventata d'aria agghiacciargli la faccia.

« TRITAIOS! ».


Blue si ritrovò per terra, caduto per la seconda notte di fila dal letto. Si sentì imbarazzato – la cosa non succedeva dall'età di tre anni –, tuttavia fu ben rapidamente costretto a focalizzarsi su altro. Non appena si era svegliato aveva infatti iniziato a percepire tremolii del pavimento, come se qualcosa di pesante avesse urtato la casa. Si sporse d'istinto dalla finestra per verificare, eppure non solo niente di tutto ciò era successo, ma nessuno sembrava neppure essersi accorto di nulla. Decise di coricarsi nuovamente.

Sul punto di farlo, però, di nuovo si presentò l'oscillazione, divenuta ormai una scossa di terremoto in piena regola. Blue, ignorando ogni misura di sicurezza che si dovesse prendere in tale caso poiché Pallet Town non aveva mai registrato nella sua storia vibrazioni di tal genere, corse proprio attraverso il centro della stanza per raggiungere le scale e scendere, e per sua fortuna il soffitto resse il sisma. Proprio scendendo si scontrò con sua sorella, che senza porre domande gli afferrò un braccio e lo trascinò percorrendo il perimetro delle mura famigliari fino a uscire per poi collocarsi in mezzo alla via su cui aggettava l'edificio, dove già altri si erano radunati per sfuggire ai crolli. La città era ovunque in subbuglio: tutti stavano fuggendo da ogni parte in cerca di un rifugio. Blue cercò con lo sguardo Red, eppure non riuscì a vederlo da nessuna parte, certo non facilitato dalla fioca luce dei lampioni.

Poi, di colpo, le scosse terminarono. Non fu qualcosa di graduale: l'ultima era stata forse la più possente tra le tante, ma dopo vi fu silenzio; come si può intuire, tuttavia, non fu una calma durevole. Senza preavviso i lumi del borgo si spensero in un sol colpo per una decina di secondi. Mentre ancora Pallet era in preda alle tenebre vi fu un rumore assordante, come un tuono provocato da un temporale che fosse scoppiato proprio sul villaggio. Due bagliori si accesero nel buio, e Blue si vide il fiato mozzato: non erano due fonti d'illuminazione qualunque, bensì due dense sfere cilestrine che brillavano nell'oscurità; rammentò l'incubo, e per poco non perse i sensi.

Quando le lampade urbane ripresero a sfolgorare, la frotta di persone riunite lanciò un sussulto comune: di fronte a loro era emersa una mastodontica figura quasi spettrale che li osservava con impietoso distacco. Si trattava in sostanza di un'ombra, e nient'altro si può dire su di essa che non riguardi il volto: oltre alle pupille azzurre, l'unico altro tratto caratteristico individuabile era una materia frammista di fuoco e nebbia che si dipartiva dalla sommità del capo e si dissolveva nell'aria.

Il silenzio illusorio che affagottava Pallet fu effimero: da un lato la folla iniziò a disperdersi nel panico, separando tra le altre cose Daisy da suo fratello che rimase dunque da solo a scappare per la città; dall'altro l'entità iniziò a vagare a sua volta, emettendo sporadicamente versi indistinguibili seguiti da globi cremisi di energia indirizzati poi a svariati bersagli, in prevalenza edifici casualmente selezionati – Blue non riuscì a notarne gli effetti, ma ovunque venissero scagliati non udiva crolli di alcun genere, a indicare che forse non danneggiavano le strutture. Il giovane, a ogni buon conto si nascose sfruttando una rientranza tra due complessi affiancati, mentre dalla fessura poté vedere un gruppo di allenatori che stavano accorrendo in direzione dell'offensore: li conosceva, poiché erano assidui frequentatori del Berries For Two's, quindi decise di sporgersi dal nascondiglio e osservarne le azioni. Il raggruppamento si pose a debita distanza dalla figura, poi ciascuno estrasse una Poké Ball e lanciò il proprio pokémon per tentare un disperato combattimento. Lo spettro mostrò comunque una reattività invidiabile, interrompendo la sua missione di apparente distruzione per dedicarsi ai suoi avversari. Il primo colpo a centrarlo fu lo Psicotaglio di un Kadabra, che comunque non produsse alcun danno sul presunto corpo dell'essere. Il primo colpo, ho detto, e anche l'ultimo: da un punto imprecisato del volto fu emesso un raggio eburneo che si scagliò sul gruppo sbaragliandolo.

Dopodiché, gli occhi del mostro incontrarono lo sguardo di Blue, che trasalì e tentò di nascondersi. Con rapidità inumana, malgrado ciò, questi fu sul ragazzo in un tempo ridicolo, fino al punto di trovarsi fluttuante sopra la fessura che fungeva da riparo per il giovane. La figura produsse due delle sopraccitate sfere purpuree, direzionandole poi verso i due edifici che coprivano il ragazzo, e stavolta fu udibile un netto « KYANEOS! »; gli stabili, a contatto con quel micidiale colpo, scomparvero come inghiottite dal buio. Una terza sfera si formò di fronte alla creatura, pronta a colpire proprio il diretto interessato, incapace di darsi una motivazione sul perché fosse stato scelto proprio lui per morire in quel modo; poi, proprio sul punto di lanciarla, l'ombra si paralizzò. Blue continuava a non respirare e a non muoversi: per quanto gli sarebbe stato possibile fuggire in quella situazione, era immobilizzato dal terrore. Una nuova ventata gelida, come quella che vi era stata poco più di venti minuti prima, investì Pallet Town e Kanto nell'interezza. I lampioni si spensero una volta di più e, una volta riaccesi, del fantasma non c'era più traccia.

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Capitolo 3
*** Le alte sfere ***


III 'Le alte sfere'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Agatha: Agatha.

Bertha: Terrie.

Blaine: Blaine.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Bruno: Bruno.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


III: “Le alte sfere


Devo chiedere perdono al lettore, me ne rendo conto. Sto raccontando momenti nella storia di Kanto che molti preferirebbero lasciati nel vuoto, all'ombra dei ricordi positivi che il nome di questa regione evoca nell'animo di chi vi ha vissuto. Non è mia intenzione rovinare le memorie di chi si è impegnato a vagliare questo papiro degnandomi della sua attenzione: chi anzi mi concedesse questo onore meriterebbe di leggere di ben altre esperienze, vicende in grado di illuminare di gioia un cuore infelice anziché di rigettarlo nell'oscurità più nera; poiché sì, Kanto offre anche di queste avventure, ed è una mia scelta di non narrarle personalmente.

Consentitemi tuttavia di chiarire per quale ragione non faccio ciò, e volesse il cielo potreste persino recuperare un interesse di cui i cupi avvenimenti descritti potrebbero avervi causato lo smarrimento. In primo luogo vi sono già in spropositato numero romanzi, enciclopedie, annuari e cronache su tale tipo di storie: ciò è perché sono più gradevoli non solo da assimilare ma anche da riportare, e gli autori meno ferrati le ritengono più consone al vasto pubblico; in secondo luogo, per quanto fosco questo resoconto possa apparire, in particolar modo a coloro che sono usi al suddetto genere di scritti, è pur innegabile che esso sia necessario per una corretta comprensione dei fatti che susseguirono a esso. Indulgete dunque su un povero cronachista, e proseguite nella lettura.


Il giorno successivo, a seguito dell'attacco a Pallet Town, gli abitanti erano in pieno tumulto. La notizia, pur essendo l'evento corrispondente svoltosi a un'ora per molti proibitiva della notte, si era rapidamente sparsa per merito degli organi d'informazione di Kanto sempre in veglia, con il risultato che, chi avvisato presto e chi tardi, la mattina dopo tutti erano consapevoli di quanto si era avvenuto. Non tutti ci credevano, questo è ovvio: gli scettici sono sempre esistiti e, poveri noi, continueranno a esistere per molto tempo ancora; in linea di massima, comunque, pochi erano i dubbi su quanto si vociferava e, sorprendentemente, la notizia non era neanche stata gonfiata oltremisura. Certo, qualche parola su un presunto drago che avrebbe demolito Pallet girava, ma niente di che.

Quanto a Blue, inaspettatamente si era addormentato poco dopo il termine dell'aggressione, senza nemmeno chiedere notizie di Red: gli era bastato ritrovare Daisy, che frattanto era ritornata assieme alla folla al centro del viale presso la propria dimora, per poi rincasare e stendersi sul letto, neppure preoccupandosi di un ritorno dell'assalitore. Così era stato, e non vi erano neanche da segnalare incubi degni di nota di lì alle nove, con il risultato che il ragazzo si era svegliato più riposato della maggior parte dei suoi concittadini.

Quella mattina, malgrado ciò, non andò a passeggiare fuori come suo solito, parzialmente intimorito dalla massa di giornalisti e reporter che affollava le vie del borgo in costante cerca di testimoni da intervistare: Blue aveva fin dall'infanzia ricevuto un'educazione tradizionalista da parte dei suoi ormai defunti genitori e da Daisy che, tra le altre cose, lo portava a diffidare della stampa e dei suoi servizi. Conseguentemente, spese mezz'ora del suo tempo o forse più vagando tra le varie stanze della casa – occasionalmente uscendo sul cortile antistante –, nascondendosi ogni volta che un inviato entrava per conversare con sua sorella di quanto accaduto durante la tarda serata precedente.

Alle nove e mezza, però, vi fu una svolta. Non fu una cosa scalare, all'inverso fu come un fulmine a ciel sereno: prima venne un sonoro verso che sembrava provenire da un drago per via del peculiare timbro, poi due ombre proiettate sul terreno dalla luce solare attraversarono velocemente metà Pallet Town partendo dal Route 1. Nonostante, una volta notatele, molti avessero cercato di alzare il capo per scorgere ciò che le aveva provocate, neppure il più svelto di riflessi riuscì a scorgere niente. Un'eccezione, comprensibilmente, era presente: le due sagome scure, una volta tagliata la cittadina, si erano fermate a stazionare nei pressi del commissariato, non eccessivamente distante dalla magione del nostro giovane protagonista, e così le loro controparti solide che stavano nel mentre atterrando dopo la trasvolata. Si trattava a prima vista di due pokémon: uno era qualcosa di simile a uno pterodattilo, o comunque un volatile preistorico; quanto all'altro, esso era un dragone dalle tinte arancioni che con ogni probabilità aveva in precedenza emesso il canto che aveva allertato gli abitanti.

Raggiunto il suolo furono rivelate anche le quattro figure che cavalcavano quelle creature, attorno alle quali in poco tempo si era radunata una gran folla di reporter che – Blue sul momento non seppe darsene una ragione – stavano tripudiando e accogliendo festosamente i nuovi arrivati. Dal pokémon primitivo scesero due donne: la prima era una giovane trentenne occhialuta vestita in stile casual – a posteriori, mostrava l'abbigliamento meno eccentrico tra i quattro – dai capelli fulvi. Al suo lato stava invece un'anziana signora che indossava un vestito violetto risalente forse a un decennio prima; si appoggiava a un bastone ligneo, ma la netta impressione era che non ne avesse il minimo bisogno e volesse semplicemente utilizzarlo per contribuire all'immagine generale. Quanto all'altro velivolo, esso trasportava invece due uomini: uno era un adulto nerboruto che verosimilmente aveva compiuto l'intero viaggio aereo a torso nudo sprezzante del freddo di tali altezze; del resto, il vestiario suggeriva che fosse un praticante di una qualche arte marziale, in quanto non portava addosso nulla se non un paio di pantaloni color avorio cinti da una fusciacca di un nero pece. Per quanto concerne invece l'ultimo del gruppo, questi colpì Blue più di chiunque altro.

Era a conti fatti di un età tra i venti e i venticinque anni, e per importanza era presumibilmente una spanna sopra agli altri in quel novero. Indossava quello che pareva un costume carnevalesco e che più facilmente era una tuta, ma ciò che più saltava all'occhio era lo scenografico mantello che scendeva dal collo alla schiena. I capelli erano anch'essi rossicci, ma di una tonalità più scura rispetto a quelli della donna anteriormente citata. Infine, nonostante il caldo torrido che pervadeva Pallet Town a quell'ora del giorno, vestiva due pesanti stivali color castagna. Il gruppo da lui capitanato si incamminò con passo concitato in direzione dell'entrata del commissariato, attorniato da giornalisti d'ogni risma che allungavano dispoticamente i loro microfoni all'indirizzo dei vari componenti e del quarto in particolare, che pareva il più assillato dalle domande.

« Siete qui per quello che è successo a Pallet? ».

« Non lo so, tirate a indovinare ».

« Sapete già quello che è successo? ».

« Diciamo che sappiamo qualcosa » il giovane proseguiva imperterrito nel suo cammino « Contiamo di capire di più ora ».

« Avete già un piano d'azione? ».

« Lasciate in pace Lance » intervenne d'un tratto il robusto individuo che con lui era arrivato, atteggiandosi da guardia del corpo.

La reporter, sebbene apparisse intimorita, trovò la forza di porre un'ultima domanda « C'è almeno una dichiarazione che vuole lasciare per la stampa? ».

L'uomo stava per cacciarla definitivamente ma Lance, ormai sulla soglia, lo fermò e si avvicinò alla cronista mentre altri si protendevano per meglio sentire « Sì. Dite a tutti che i Superquattro sono qui per risolvere il problema, qualunque esso sia ».

Dopodiché gli allenatori varcarono la porta assieme, mentre dietro di loro un boato esplose dalla folla appostata.


« Aspetti » il commissario fu interrotto da un pacato intervento di Agatha « Che vuol dire che non sapete cosa fosse? ».

« Proprio quello che vuol dire ».

« Ma voi eravate lì? ».

« Ma certo che c'eravamo. Il punto è che non abbiamo visto niente ».

« Ma sì, ci sta » questa volta Bruno aveva preso parola « Era notte, magari per via del buio non hanno visto ».

« No, non per il buio » l'ufficiale di polizia sembrava quasi indispettito, come se quei quattro stessero tentando di sminuire il suo lavoro « Abbiamo provato a puntargli delle torce contro, e poi non è che fosse proprio inoffensivo, alcuni hanno cercato di attaccarlo e un flash c'è stato. Ma era più nero della notte, non so se mi spiego ».

Lorelei si inserì « Cioè… uno spettro? Agatha, fagli vedere uno dei tuoi ».

« Lo so com'è fatto uno spettro, ma ripeto, no, era come se fosse la notte stessa ad attaccarci. Se non fosse che ha colpito un quartiere con molte case non ci saremmo neanche accorti che c'era qualcosa ».

« Mio caro, in tutti i miei anni di allenamento io non ho mai–– ».

« Calmiamoci tutti » Lance mosse imperiosamente la mano « Commissario, intende dire che non c'era davvero niente che ci possa aiutare a capire cosa fosse? ».

« Beh, a pensarci… ecco, penso che avesse qualcosa all'altezza della testa, come una fiamma di colore bianco. Solo che non so bene come descriverla ».

« Bene, penso che parlarne non porterà da nessuna parte » l'allenatore parlò rapidamente per evitare un nuovo intervento della sempre più scettica Agatha « Piuttosto, ci dica dell'attacco. A che ora è stato? ».

« Intorno a l'una di notte, se ben ricordo ».

« E non è successo niente di caratteristico prima che comparisse quest'ombra? ».

« C'è stato un terremoto. Piuttosto forte a dir la verità, non l'avete sentito all'Indigo Plateau? ».

Lance rivolse uno sguardo di domanda ai restanti Superquattro, che risposero con un netto cenno di dissenso « A quanto pare no. Ma prego, prosegua ».

« Poi… ah, sì, appena prima che apparisse quella cosa i lampioni si sono spenti per un attimo ».

« Questo però non aiuta, sembra tutto correlato. Non è successo niente per esempio durante il giorno? Qualcosa che facesse capire che non andava tutto bene ».

L'ufficiale sembrava riluttante a parlarne « Sì, una cosa… ».

« E perché non ce l'ha detto prima? Lei non–– ».

« Agatha, calma » Lorelei, seduta accanto a lei, le poggiò una mano sulla spalla « Dicevamo… Cosa? ».

« Sì, ecco, conoscete tutti il professor Oak, immagino. Ecco, è stato ritrovato… non addormentato, però non so bene come dirlo… ».

« Pff, quel rammollito… ».

« Agatha, per piacere ».

« Smettetela tutti, santo cielo » Lance non era adirato, bensì annoiato e a tratti rassegnato per l'atteggiamento del suo gruppo « Commissario, si spieghi meglio, non serve trovare una parola se ci dice il concetto ».

« Beh, non è morto, diciamo che dorme ma non si sveglia. Lo stato medico è quello di un addormentato, però non si riesce a farlo uscire da… come si chiama… ».

« Fase REM? » suggerì Bruno, in religioso silenzio fino ad allora.

« Precisamente ».

« Il che vuol dire che sogna » concluse Lorelei.

« Non solo » il commissario aveva raggiunto il punto che meglio aveva compreso del referto dell'ospedale di Viridian City « È in una specie di incubo perenne. A volte lo si sente lamentarsi ».

Lance, a dispetto della sua crescente curiosità, preferì mantenere il colloquio su un carattere puramente fattuale « E questo quando e dove è successo? ».

« Ieri mattina. Due ragazzi l'hanno ritrovato nel suo laboratorio in quello stato ».

« E potremmo visitare questo laboratorio? ».

« Temo di no » replicò sconsolato l'ufficiale « Durante l'attacco di ieri è andato perduto… Scomparso, in effetti ».

« Scomparso? » chiese Lorelei.

« Ne parliamo dopo, non distraiamoci » la guida del gruppo percepì la netta sensazione di essere l'unico insieme a Bruno ad aver mantenuto un atteggiamento professionale nel corso del dialogo « Due ragazzi, ha detto? ».

« Sì. Red Fuji e Blue Oak, che è il nipote del professore ».

« Desidererei parlare con loro. Mi sa dire dove li posso trovare? ».

« Certamente » il commissario rifletté per un istante « Vediamo, la casa di Red si trova sulla terza parallela da ovest alla via del Berries For Two's – non il vecchio indirizzo, il nuovo –, mentre Blue abita insieme a sua sorella Daisy nella stessa via in cui si trovava il laboratorio, anche se non ricordo l'altezza esatta ».

I Superquattro assunsero un'espressione confusa.

« Oh, lasciate perdere, vi lascio una cartina ».


Blue aveva atteso per tutta la giornata una visita di Red in uno stato di inesauribile eccitazione, sporgendo la testa oltre le scale della sua camera ogni volta che udiva la porta di casa aprirsi. Invece le uniche persone a entrare in quella movimentata mattinata erano state, per quanto in costante decrescenza, giornalisti affamati di notizie fresche che chiaramente Daisy non era stata in grado di dar loro.

Pressappoco intorno alle undici, a ogni modo, le voci che era in grado di avvertire dalla sua finestra sopraelevata erano aumentate in numero e intensità, tanto che poteva udirne un ristretto insieme parlottare tra di loro.

« Ma che cosa c'entro io? Questa carta non ha senso! ».

« Ma dalla a me la mappa! Con te percorriamo Kanto due volte di questo passo ».

« No, ora la tengo io, finalmente la sto capendo ».

« Ma se non sai nemmeno da quale dei due stiamo andando ».

« D'accordo, lo ammetto, sulla casa del primo mi sono un po' confuso, ma fidatevi che questa volta ci siamo ».

« Ehi, ma quello non è il commissariato? ».

« OH SANTO CIELO, MA STATE ZITTI! COME DOVREI CONCENTRARMI SULLA CARTA? ».

Di pari passo si andavano affollando anche svariati reporter, e interessato il giovane Blue si affacciò per osservare soddisfacentemente: si trattava, con sua sorpresa, degli stessi individui accolti qualche ora prima con giubilo dalla medesima folla di cronisti; e, con sua sempre maggior meraviglia, i quattro si stavano dirigendo verso la sua dimora. Per la prima volta nel corso di quella mattina, decise di venire giù insieme a sua sorella, che nel frattempo aveva già aperto la porta e li attendeva sull'uscio.

« Buongiorno » li salutò la donna una volta giunti con l'espressione meno estenuata che potesse mostrare « Desiderate? ».

« Buongiorno » a prendere la parola era stata la guida dei quattro, ovvero l'uomo in mantello e stivali « Questa è la casa di Blue Oak? ».

« Sì, abita qui ».

L'allenatore lanciò uno sguardo sornione in direzione dell'anziana signora al suo fianco, che per risposta abbassò e corrucciò il proprio « Eccellente! Mi presento, io sono Lance e noi siamo i Superquattro ».

« Oh! Prego, entrate ».

Dopo le presentazioni e dopo che tutti si furono accomodati, Blue si avvicinò a sua sorella per chiedere spiegazioni « Ma chi sono i Superquattro? ».

« Sono i quattro Maestri di Pokémon più forti di Kanto. Sono quelli che formano la Lega Pokémon ».

A quelle parole il ragazzo perse un po' della sua naturale timidezza: le persone appena entrate in casa sua rappresentavano il suo sogno recondito. Daisy, dal canto suo, non aveva capito perché allenatori così formidabili fossero arrivati proprio a casa sua, per giunta domandando di suo fratello.

« Dunque… perché siete qui? ».

« Penso che lo possa immaginare anche lei » rispose Lance.

« Riguarda l'attacco di ieri? ».

Prese la parola l'altro uomo del gruppo, presentatosi come Bruno « Siamo stati al commissariato di polizia locale, che ci ha parlato di quello che è successo ».

« Vi ha detto lui di venire qui, quindi ».

« L'ha già incontrato? ».

« È venuto a interrogare mio fratello e Red… per quello che è successo al nonn–– a Samuel » Daisy ripensò al giorno precedente « Non ci ho parlato molto, mi ha giusto spiegato le sue condizioni cliniche ».

« Direi che quindi sa già tutto » riprese Lance.

« Ma perché pensate che sia collegato? ».

« Signora » Lorelei si aggiustò gli occhiali « Non può essere un caso. Non succede tutti i giorni che un uomo finisca in fase REM permanente. Volevamo domandare a Blue se sapesse qualcosa ».

« Mi spiace » il ragazzo parve dubbioso nella replica « Ma sono stato colpito quanto voi. Ci ho pensato, eh, che ci fosse un collegamento, ma non ne ho visti ».

Il capo dei quattro scrutò attentamente il giovane « Capisco. Purtroppo non abbiamo altre piste ».

« Beh, non c'ero solo io in quel laboratorio. Potete sempre chiedere a Red, oggi ancora non l'ho visto, magari lui ha capito qualcosa in più di me di questa storia ».

Lance parve molto imbarazzato a riguardo « Ah, sì, a proposito… ».

« Non ci siamo arrivati » l'anziana signora di nome Agatha, fino ad allora rimasta taciturna, non perse l'occasione di ridicolizzare il suo compagno di battaglie « Lance non sa leggere una cartina ».

« Non è facile orientarsi a Pallet Town, va bene? ».

« Se volete vi posso accompagnare » suggerì Blue « Daisy, posso? ».

« Vai pure, tanto con i Superquattro al seguito direi che non c'è pericolo ».

« Non si preoccupi, lo terremo come in cassaforte » Lance si congedò con un sorriso, e così fecero i suoi tre colleghi. Dopodiché, insieme, si avviarono con il nostro protagonista al comando.


Raggiungere la casa di Red fu talmente facile una volta che fu Blue a guidarli che Lance temette di diventare la barzelletta preferita di Agatha. Lungo la strada vari corrispondenti si avvicinarono agli allenatori per domandare notizie, ma il loro leader impose la linea del silenzio fino a che non si fosse compreso di più sul ruolo del giovane nella vicenda, anche a costo di finire sulle prime pagine dei giornali per sospetto adescamento di minore.

Giunti alla dimora desiderata, il ragazzo si fece da parte e spettò proprio a Lance suonare il campanello. La risposta fu inaspettatamente lenta, come se la madre avesse avuto un passo più lento dell'usuale; quando aprendo scorse Blue scostato, sembrò sconvolta.

« Buongiorno, signora. Questa è la casa di Red Fuji? ».

« Sì ».

« Mi chiamo Lance, questi sono i Superquattro. Ah, e lui è Blue, penso che già lo conosca ».

« Molto lieta ».

L'allenatore, come il ragazzino del resto, parve accorgersi che qualcosa era fuori posto, sebbene nessun altro sembrasse presentire tale sensazione « È tutto a posto? ».

« S-sì, io… » la donna si vide la voce mozzata da un singhiozzo, dopodiché mise le mani davanti agli occhi per nascondere le lacrime. Blue ebbe un tuffo al cuore.

« Signora, è successo qualcosa? ».

« Red… No, meglio che vediate voi ».

Il gruppo entrò nel soggiorno avendo già in mente cosa fosse accaduto: l'unico ad affrettarsi fu il nostro protagonista che, incapace di sopportare la tensione, corse subito verso le scale e salì di sopra.

« Quando è capitato? » domandò Lorelei.

« Appena prima dell'attacco. Quando quel mostro è apparso ho cercato di svegliarlo per metterci in salvo… ma non c'è stato verso… ».

« A quanto pare è davvero tutto collegato… » commentò la donna. Un pianto sommesso scoppiò dal piano superiore e Lance prima di tutti andò a confortare il giovane.

Blue era in ginocchio al letto del suo amico, sdraiato silenziosamente laddove sempre dormiva la notte, con le coperte ossessivamente rimboccate e il capo leggermente reclinato. Il leader dei Superquattro vi si avvicinò e pose una mano sul suo torace, come per assicurarsi che le condizioni descritte dal commissario fossero quelle riscontrabili.

« Tranquillizzati, Blue » disse con il tono più delicato che un uomo della sua età potesse esprimere « Sta solo dormendo. Si sveglierà ». Il resto del gruppo, madre inclusa, sopraggiunse a sua volta con andamento malinconico.

Il ragazzo si alzò in piedi e strinse Lance per quanto la differenza di altezza consentisse, disorientando l'allenatore che rivolse uno sguardo di domanda all'indirizzo dei suoi colleghi. Tutti sorridevano al limite della commozione, persino Agatha.

« No, non si sveglierà » disse a un tratto Blue, e senza alcun preavviso allentò la presa e si staccò da lui per poi scendere e uscire a prendere aria.

« Sai » l'anziana signora pareva aver dimenticato il suo caratteristico astio, quasi a indicare che fosse un suo atteggiamento scherzoso cui si era abituata « Dovresti andare a parlargli. Noi restiamo qua, così Lorelei vede di capirci qualcosa di più ».

Lance diede un cenno di assenso – per la verità poco convinto – e obbedì.


Blue era seduto nel cortile che precedeva la dimora del suo amico, con lo sguardo rivolto verso sud, seguendo una tramontana che stava soffiando all'incirca da mezz'ora su Pallet Town dando frescura all'aria che fino a quel momento era rimasta afosa. Il Superquattro si avvicinò scarsamente persuaso di stare facendo la cosa giusta: in fondo lui era un allenatore, era lì per lavoro, non per fare da balia a un bambino qualsiasi.

« Se è qui per farmi altre domande le dico subito che non risponderò ».

« Capisco. Ma guarda che ti sei fatto un'opinione sbagliata su di noi. Non siamo investigatori, siamo persone normali. Non siamo più abituati di te a vedere queste cose ».

« E allora perché è sceso qui? ».

« A dire la verità non lo so » l'uomo gli si sedette vicino « Però, ecco… mi ha colpito il tuo abbraccio. A parte che da mio zio non ne avevo mai ricevuto uno ».

« Anche lei ha perso i suoi genitori? » Blue era stupefatto che un soggetto di tanta fama giungesse da una condizione analoga alla sua.

« Non li ho mai conosciuti, sono morti quando io ero molto piccolo. Mi ha cresciuto lui insieme a mia cugina Clair, a Blackthorn City. Gran maestro di pokémon Drago, e come puoi intuire mi ha trasmesso questa passione ».

« Viene da Johto? ».

« Già ».

« Com'era lì? A Blackthorn, intendo ».

« Non molto diverso da qui a Pallet, a quanto vedo. Attacchi di mostri a parte » Lance ritornò con la memoria alla sua giovinezza, una cosa che non faceva da oramai molto tempo « Allora odiavo quella vita. Costretto all'interno di un villaggio minuscolo, mi sentivo in prigione. Ora quasi la rimpiango ».

« Come mai? ».

« Sai, una volta che vedi com'è davvero il mondo… Da piccolo mi aspettavo qualcosa di straordinario, qualcosa di inimmaginabile. Invece alla fine è tutto uguale, non c'è niente dietro le montagne che non ci sia anche davanti ».

« Forse non ha guardato nel posto giusto ».

Il Superquattro non aveva mai pensato a quell'eventualità. Non aveva mai realmente ipotizzato che vi fosse qualcos'altro da vedere, nonostante apparisse quasi ovvio. A ben pensare, forse non aveva voluto impegnarsi a concepire una tale evenienza. L'animo umano dedica i propri sforzi alla ricerca di ciò che davvero desidera: ma lui che cosa desiderava davvero? Una volta avrebbe risposto senza esitazione: viaggiare. Ora una replica simile era impensabile. Che gli era successo?

« Ascolta… » proseguì a un tratto « Se vuoi posso dire io a tua sorella di Red… Se non te la senti, intendo ».

« Lo farebbe? ».

« Certo. Forse dovresti prenderti una boccata d'aria da qualche parte, qua è pieno di giornalisti ».

« Io… Grazie, Lance ».


C'è un istante nella vita in cui l'uomo si chiede perché è al mondo, quale sia il suo scopo e se quello che fino a quel momento ha fatto sia appropriato per questo fine o meno. I dubbi possono arrivare presto o tardi, partendo da una riflessione in apparenza innocente o da una meditazione di carattere filosofico; l'unica cosa indiscutibile è che questo baleno lo vivrà chiunque metta piede su questo pianeta. Le deduzioni stesse possono variare: alcuni si illudono di aver trovato quanto stavano cercando – ma a quel punto perché vivere oltre? –, altri accettano la loro incapacità di comprendere qualcosa che è evidentemente più grande di loro, poiché riguarda l'umanità intera. Lance, in quel fatidico mezzodì di giugno, era convinto di essere infine incappato in quella domanda esistenziale.

Tali considerazioni, associate alla sua abituale incompetenza orientativa in campo geografico – nonché alla decisione poco avveduta di lasciare la mappa della città ai suoi colleghi –, condussero il Superquattro a un notevole ritardo sulla tabella di marcia: giunse dunque alla casa di Blue dopo quasi un'ora di passeggiate inconcludenti; il giovane, comunque, non l'aveva anticipato, e Lance poteva mantenere fede alla promessa fatta.

« Buongiorno » lo salutò Daisy con la sua solita placidità « Dove sono gli altri? ».

« Sono rimasti a casa Fuji ».

« È successo qualcosa? ».

« Red è finito in stato catatonico. Stando a quanto dice la madre, è successo in concomitanza con l'attacco di ieri ».

La sorella mise una mano sulla bocca, sconvolta « Oh mio Dio. E Blue come l'ha presa? ».

« Beh, è sconvolto, com'è normale » Lance, sfinito, si accasciò su una sedia lignea e pose un gomito sul tavolo « Gli ho detto di farsi un giro, che avrei detto io a lei dell'accaduto ».

« E lui l'ha fatto? ».

« Beh, penso di sì ».

« Penso che lei sia il primo estraneo che è riuscito a guadagnarsi la sua fiducia. Blue è da sempre molto timido ».

« Abbiamo molte cose in comune, a quanto ho capito parlandogli. Ha avuto un'infanzia difficile, vero? ».

« Molto. Se non fosse stato per l'amicizia con Red non so se sarebbe quello che è ora ».

« Capisco, quindi per questo era in quello stato dopo averlo visto ».

« E su come risvegliare lui e Samuel, si sa qualcosa? ».

« Ho lasciato Lorelei a studiare il ragazzo. Non conosco qualcuno più ferrato di lei in materia medica, quindi aspettiamo il responso ».

« Senta » Daisy si sedette a sua volta « Dovrei chiederle un favore… Se non ha già qualcosa da fare, ovviamente. Metta Pallet prima di tutto ».

« A dire il vero al momento brancolo nel buio. Dica pure ».

« Ogni pomeriggio da un qualche mese a questa parte Blue e Red si assentavano dalle case. Non so bene dove andassero, e normalmente non ci farei caso, magari andavano a giocare. Solo che… con quello che è successo di recente, Samuel e fantasma… e ora Red in quello stato… non vorrei che c'entrassero qualcosa… ».

« Pensa che Blue sia coinvolto? ».

« No, non dico che possa essere responsabile, sarebbe assurdo. Ma è un bambino, e… insomma, se qualcuno si stesse approfittando di lui e di Red? Non vorrei che facesse la sua fine ».

« Capisco… Cioè, no, ma penso non costi nulla fare qualche indagine a riguardo dopo pranzo. Mi è sembrato un ragazzo a posto, comunque ».

« Sì, ma io non dico che lui sia malvagio. Ma è debole, non ha di che difendersi, magari qualcuno lo sta sfruttando. Samuel l'hanno trovato loro, in fin dei conti ».

« D'accordo, però così ho poche informazioni. Aveva in mente qualcos'altro da dirmi? ».

« La gente mi diceva che frequentavano il negozio pokémon locale. Si chiama Berries For Two's, forse potrebbe farci un salto ».

« Si può fare » Lance si alzò in piedi, e contemporaneamente il campanello della dimora riecheggiò. Il Superquattro si recò alla porta e la aprì, ritrovando appostati i suoi compagni.

« Allora, com'è andata? ».

« Non ho trovato niente di particolare » replicò Lorelei « Dorme, sogna e non si sveglia. È la prima volta che vedo qualcosa di simile ».

« E l'avete lasciato là? » il leader uscì a prendere aria per tentare di combattere l'afa.

« No, ovviamente. Abbiamo aiutato a portarlo all'ospedale di Viridian ».

« Tu, piuttosto » intervenne Agatha « hai parlato con la sorella del ragazzo? ».

« Sì, le ho spiegato. Mi ha appena detto che vorrebbe che andassi a investigare a un tal locale. Berries For Two's, si chiama. Vende articoli pokémon ».

« Immagino ti serva questa, dunque » la signora protese la mano sfoggiando la cartina di Pallet Town.

« No, grazie, penso di potermela cavare anche da solo. Piuttosto, dopo che avrò finito pranziamo insieme? ».

« A dire il vero » intervenne Bruno « abbiamo già mangiato ».

« Ah beh, grazie per avermi avvertito ».

« Credevamo l'avessi fatto anche tu. È passata un'ora, cos'hai fatto fino ad adesso? ».

« Ah, sì, ecco… ».

« Si è perso come al solito » concluse Agatha « Prendi la mappa senza fare storie ».

A malincuore – detestava dover dipendere da qualcuno o qualcosa –, Lance accettò e si incamminò in direzione del Berries For Two's.


Dopo una relativamente breve sosta in una paninoteca limitrofa, il Superquattro aveva seguito la guida fino a ritrovarsi in una via piuttosto stretta, delimitata da due serie di edifici sui lati, lasciando qualche metro appena per camminare. Le indicazioni segnalavano che era giunto a destinazione, eppure di fronte a lui non vi era altro che un massiccio portone di legno che precludeva l'accesso a qualunque cosa vi fosse dietro. Come se non bastasse, erano da poco passate le due del pomeriggio, di conseguenza nessun abitante cui il Superquattro potesse chiedere indicazioni transitava. Sul punto di arrendersi, tuttavia, l'uomo scorse finalmente un giovane che stava venendo nella sua direzione. Sollevato, gli andò incontro per parlargli.

« Buongiorno, chiedo scusa. Sa dirmi dove posso trovare il Berries For Two's? ».

Il suo interlocutore, un poco più che ventenne dai folti capelli biondi e dall'aria sonnolenta, replicò con molta flemma « Apre adesso, e comunque ci sei davanti ».

Lance rimase stranito per l'utilizzo della seconda persona singolare, dal momento che si era sempre sentito dare del lei, o nei casi più estremi del voi, da quando era diventato Campione. Non era comunque il momento di questionare « Davanti? ».

Il giovane avanzò leggermente « Ah, il portone è chiuso. Strano, di solito è aperto ». Dopodiché si appropinquò a una piccola apertura nell'ingresso ed estrasse una chiave usurata dal tempo; armeggiò per qualche istante con la serratura, infine spinse con forza e aprì l'ingresso minore – quello maggiore rimaneva serrato fino a nuovo ordine. Lance seguì la sua guida, ed ebbe modo di osservare l'interno. Si trattava di un cortile di medie dimensioni stretto tra archi a tutto sesto e preceduto, nonché a seguire costeggiato, da un breve ma ampio corridoio. In questa prima sezione della struttura, le pareti sfoggiavano i più vari articoli pokémon dietro solide teche vitree che fungevano con ogni probabilità da vetrine per il Berries For Two's. La coppia continuò ad avanzare, uno dietro l'altro, attraverso l'edificio dal sapore anticheggiante fino all'altro lato, ove era situata una porta in abete. Il ventenne, con la sua consueta lentezza, dissigillò parimenti quest'ultima entrata, rivelando infine il tanto agognato negozio.

Si trattava di una sala costellata da piccole bacheche ospitanti svariati articoli per allenatori. Al centro era situata una massiccia colonna di base poligonale che accoglieva, su diversi ripiani, premi vinti a numerosi tornei svoltisi nelle città più importanti di Kanto e Johto – Lance dubitava che appartenessero tutti al gestore, e in effetti a uno sguardo più attento vi erano incisi nomi differenti, segno che erano verosimilmente omaggi dei frequentatori del locale. Nel frattempo il giovane che aveva aperto il negozio era scomparso oltre un passaggio che, come il Superquattro denotò, conduceva a una seconda stanza con abbondanti tavoli e molteplici poster appesi alle pareti che ritraevano pokémon esotici. Attese un minuto o poco più, dando il tempo al suo accompagnatore di alzare tapparelle e aprire finestre, accendendo poi la luce come tocco finale. Poi, una volta che egli si fu posizionato dietro al banco situato appena alla destra dell'entrata, gli si approssimò « Buongiorno ».

La replica avvenne con un tono più che mai sonnolento, come se il giovane fosse annoiato « Ciao ».

« Lei si chiama… ? ».

« Andrew ».

« Sa chi sono io? ».

« No… ? ».

« Sono uno dei Superquattro venuti in città per l'attacco di ieri, Lance da Blackthorn City ».

Quest'informazione rappresentò l'unica scossa che l'allenatore avesse visto quel giorno in un animo alla rivelazione della sua identità « Non l'avevo riconosciuta, mi scusi ».

Dal canto suo, l'uso della terza persona mise il campione a suo agio « Dovrei farle alcune domande ».

« Prego ».

« Red Fuji e Blue Oak vengono stabilmente qui, giusto? ».

« Sì. Ogni giorno verso le quattro, più o meno ».

« A fare cosa? ».

« Comprano Pokémelle ».

« Pokémelle? Ma non hanno pokémon ».

« Lo so benissimo, ma non mi dicono mai perché le prendono. Dicono che sono affari loro, penso abbiano anche ragione ».

« Quindi non ha la minima idea del perché le comprassero? ».

« Se ci tiene tanto a saperlo può aspettarli qui, verranno anche oggi come al solito ».

« Ne dubito » Lance gettò uno sguardo alle decine di Poké Balls alle spalle di Andrew, ricordando lo stato in cui versava Red, e bisbigliò tra sé e sé « Immagino che non li conosca granché ».

« Come, scusi? ».

« Niente… Ha idea di dove potrebbe essere Blue in questo momento? Oggi non è ancora passato, a quanto ho capito ».

« Immagino sia a casa sua. O altrimenti… Pallet non è così grande, girandola un po' potrebbe trovarlo ».

« Capisco » il Superquattro si avviò verso l'uscita « Vorrà dire che farò come ha detto. Grazie per le informazioni ».

« Ahem » Andrew tossì vistosamente « Non per sembrare scortese… Non penserà di andarsene senza aver comprato niente, vero? ».


Lance uscì stringendo una MT 27 tra le mani. Non che gli servisse più di tanto – tutti i suoi pokémon conoscevano alla perfezione la mossa in esso contenuta, e non era neanche ottima –, ma mancava alla sua collezione e, dopotutto, una MT in più non è mai dannosa. Frattanto l'afa tipica delle ore di punta si era notevolmente affievolita, non lasciando tuttavia spazio alla tipica luminosità opaca delle ore pomeridiane che spesso accade di notare nelle fasi più tardive del periodo estivo: giugno si manifestava ancora in tutta la sua brillantezza e il cielo rimaneva di un forte celeste acceso. L'allenatore procedette verso sinistra, in direzione opposta a quella da cui era giunto, ritrovandosi in un'ampia piazza con una massiccia fontana centrale in pietra costellata da placidi Pidgey che vi cercavano refrigerio. A giudicare dall'alto numero di abitanti che circolavano – nonché, con buona pace di Lance, dall'assenza totale di giornalisti –, doveva essere qualcosa di simile al distretto commerciale di Pallet Town, se possiamo definirlo in questi termini; ciò avrebbe inoltre parzialmente spiegato la posizione del Berries For Two's.

Al sicuro da sguardi indagatori, il Superquattro si avviò verso una panchina collocata parallelamente al viottolo che lì lo aveva condotto per sedervisi e riposarsi, osservando come la zona del piazzale situata di fronte a lui fungesse in realtà da raccordo tra due strade che scomparivano dietro ai rustici edifici che circondavano l'agorà. Attraverso quell'immaginario vicolo passeggiavano residenti di ogni risma intenti nei loro acquisti, il che era inusuale considerata l'ora. Proprio tra di essi, a Lance non sfuggì un ragazzino che, con aria furtiva, stava tentando di mimetizzarsi nella folla per passare inosservato – non che fosse facile, visto l'abbigliamento di un insolito color indaco. Il giovane si alzò in piedi con uno scatto, pronto a pedinarlo, arrestandosi poi colto da un moto di riflessione: per quanto il suo scarso senso dell'orientamento lo ostacolasse, era quasi certo che la casa di Daisy si trovasse dall'altra parte rispetto al suo verso di cammino. Dove stava andando Blue?

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Capitolo 4
*** La vita di un fiore ***


IV 'La vita di un fiore'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Agatha: Agatha.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


IV: “La vita di un fiore


Siamo abituati a ricordare solo dati passi di un periodo storico. Veniamo improntati fin da giovani alla lettura di libri di storia che inevitabilmente devono ridurre i propri contenuti, e perdiamo così spaccati di vita giudicati meno importanti. Mai si potrà leggere di come ogni uomo, ogni famiglia, finanche ogni città ha percepito un avvenimento, e ovviamente saranno ignorati gli accadimenti più insulari nell'ordine cosmico che si mira a tratteggiare.

Ma sono forse essi in minor grado considerevoli? Non merita forse un ritaglio in un giornale l'eroismo di un pompiere che spegne un incendio, o la tristezza di una madre che soffre la malattia del figlio? Ebbene, questa è l'importanza di noi scrittori: siamo noi che dobbiamo narrare ciò che le luci della ribalta mancano di illuminare con il loro fascio. Certo, è difficile, è molto più agevole esporre fatti che bene o male chiunque conosce, magari apportando un proprio contributo oppure esprimendo un'opinione fuori dal coro, permanendo tuttavia su binari già tracciati. Ma non è quello uno scrittore: quello è una pecora, un avanzo, un accidioso che non ha il coraggio di strapparsi dalla massa; e benché possa apprezzarne l'esperimento, non potrò mai considerarlo un mio pari.

Il vero scrittore è colui che racconta l'inedito. È difficoltoso, non vi è dubbio: è necessario sapere ciò di cui si sta parlando, progettare nei minimi dettagli quanto si vuole stendere prima ancora di mettere mano alla penna, e non affidarsi all'umore di un istante per decidere come proseguire. È pesante da leggere non meno che da inventare, ed è necessaria una cura maniacale prima di aprire ciò che la propria mente ha concepito al grande pubblico. Viene da chiedersi perché impegnarsi così tanto per un risultato che si può raggiungere con metodi più elementari che magari possono anche sfociare in fama maggiore.

La risposta è basilare: perché c'è differenza tra chi è seguito da uno stuolo di mediocri e chi da un pugno di optimates; e solo il secondo è veramente conscio di aver realizzato ciò che si era proposto.


Lance, una volta individuato Blue e operate le dovute considerazioni, era scattato subito per seguirlo celatamente. Apparentemente diretto a ovest, il ragazzo costrinse l'allenatore ad attraversare trasversalmente l'intera Pallet Town, con sua sorpresa intersecata su quella via da un corso ospitante una quantità indescrivibile di negozi di ogni genere profumati di mille odori diversi. Nonostante in ragione delle ridotte dimensioni del borgo non vi fosse una folla pressante a ostacolare il Superquattro, questi provò comunque un senso di smarrimento a pensare alla piccola Blackthorn City che, pur avendo una Palestra, era ben più umile della periferica cittadina che stava varcando. Kanto era ben diversa da Johto, non v'era dubbio.

Blue giunse infine al limite occidentale del suo luogo, ossia una strada cieca isolata situata al termine di un ridotto parco. Con crescente dubbio da parte di Lance che Daisy avesse in qualche modo ragione – ovvero che suo fratello fosse seriamente coinvolto in qualcosa di ambiguo –, il venticinquenne lo osservò oltrepassare il confine e mettere piede in quello che era il principio del bosco di Pallet. Dopo qualche centinaio di metri il primo dei due riuscì a entrare nella foresta vera e propria, dalla quale provenivano versi che erano apparentemente di pokémon. Il Superquattro proseguì timoroso non per lui, bensì per il ragazzino che stava pedinando, in quanto avventurarsi in un posto simile senza compagni di difesa era alquanto pericoloso. Per quanto lo riguardava, certamente non correva pericolo, in quanto notoriamente le creature che vivevano vicino a Pallet Town erano deboli.

O meglio un rischio c'era: quello, credibile, di perdersi. Questa eventualità era accentuata dal fatto che, data la presenza di cospicui ramoscelli al suolo, aveva rallentato il passo per evitare di spezzarne anche solo uno rivelando la sua posizione all'inseguito. Quest'ultimo, d'altronde, procedeva con assoluta sicurezza, rafforzando in Lance la convinzione che fosse solito visitare regolarmente quel bosco.

Accadde l'inevitabile: la combinazione dell'andatura lenta del Superquattro e del suo scarso senso geografico provocarono la perdita di vista di Blue. Per qualche minuto il giovane vagò senza meta tentando di seguire le tracce lasciate, ma già dopo poco non era più certo se fossero sue o del ragazzo. Pronto a rinunciare, udì provvidenzialmente un'inconfondibile voce provenire dalla sua sinistra.

« Mi spiace, oggi ci sono solo io ».

Sempre più sospettoso, Lance si diresse verso l'origine del suono, prestando attenzione a non emettere a sua volta alcun rumore. Rifletté su quanto presumibilmente Blue aveva pronunciato: se stava spiegando a eventuali complici che Red era in quello stato, era ipotizzabile che loro non ne fossero i responsabili; non che ciò fosse in dubbio, dato che nella mente del Superquattro la condizione catatonica in cui sia lui che Oak versavano era legata con doppio filo all'attacco della notte passata.

« Avete visto? È arrivata gente in città ».

Il giovane localizzò il discorso che stava avendo luogo al di là di una cortina di cespiti color verde bottiglia. Non solo: poteva distintamente udire altri versi provenire da lì. Forse dei pokémon? Che stessero minacciando Blue con quelli?

« Come? Qualcuno dove? ».

L'allenatore si sorprese: udiva solo frammenti di conversazione nonostante si trovasse a pochi passi dai colloquianti, e non era concepibile che la vegetazione in quel punto si infittisse così tanto.

« Il cespuglio? ».

Lance intuì e trasalì, ma non ebbe tempo di reazione: di colpo vi fu un flash e un suono che si confuse con gli altri che erano emessi dalla foresta retrostante. Una scarica elettrica lo centrò e, tramortito, svenne.


« Dai, smettila di leccarlo, si sta svegliando! ».

Lance si destò sdraiato, e la prima cosa che notò è che si trovava in un luogo diverso rispetto a dove ricordava. Rammentò immediatamente dopo di essere svenuto e tentò di ragionarvi sopra, ma subito un piccolo viso marrone gli apparve di fronte e iniziò a bagnargli il capo con la lingua. Colto di sorpresa, Lance si drizzò seduto e iniziò a fissare la creatura con un'aria a metà tra lo sbalordito e il terrorizzato: era un incrocio tra una cagnolina e una volpe dal manto incredibilmente lucido che lo fissava con i suoi occhi luccicanti. Lo conosceva bene, era un Eevee.

« Mi scusi… Lei cosa ci fa qui? ».

Il giovane si voltò: Blue era seduto vicino a lui con un paffuto Pikachu sulle gambe che era intento a riceverne le attenzioni; poco distante da lui c'era qualche metro di spiaggia che preparava l'avventore alle onde del mare che scrosciavano e vi si abbattevano sopra. Spirava una piacevole brezza « Io… No, aspetta, dovresti dirmi tu che ci fai qui ».

« Ah, io… ».

« E questi due? Chi sono? Non mi avevi detto che Oak ti aveva già dato un pokémon ».

« Non l'ha fatto ».

« Allora mi sfugge qualcosa. Partiamo dall'inizio, che posto è questo? ».

« Siamo nel bosco di Pallet ».

« E fin qui ci siamo ».

« Io e Red andavamo spesso a giocarci, e abbiamo trovato questo posto ».

« D'accordo. Ora spiega Pikachu e Eevee ».

« Loro sono nostri amici ».

Lance rimase quasi disarmato dalla semplicità della replica « Sì, ma come li avete incontrati? ».

« Beh, stavamo giocando, un giorno, e li abbiamo trovati proprio qui. A dire il vero c'era solo Eevee, e abbiamo familiarizzato. Poi Pikachu è tornato con delle bacche, e poco è mancato che ci fulminasse. Poi abbiamo spiegato, e il resto è venuto da sé ».

« Molto strano, non sono originari di questo luogo ».

« In effetti gli avevamo chiesto dove fossero i loro genitori, ma non c i hanno dato risposta. Così li abbiamo adottati ».

« Alla vostra età? » il Superquattro parve sospettoso.

« Dov'è il problema? ».

« No, nessun problema… Ehi, aspetta, tua sorella mi ha detto che ogni pomeriggio tu e Red vi trovavate… Era per questo? ».

« Mia sor–– lei mi stava pedinando! ».

L'allenatore si sentì colto sul fatto « Ah, beh, e tu… Tu stavi… Oh, lasciamo perdere ». Detto ciò si sdraiò sull'erba nuovamente « Sono troppo stanco per litigare ».

« Mi spiace se Pikachu le ha fatto male. Voleva solo difenderci » Blue lo guardò « È molto protettivo. Eevee invece è timida, è molto strano che non sia scappata alla vista di un estraneo ».

Una folata di vento prolungata stava investendo il bosco di Pallet a quell'ora del giorno, ma Lance ne era appena sfiorato a motivo della sua posizione quasi al livello del mare « Sì, è una cosa che mi dicono in molti. Immagino di avere un certo feeling con i pokémon ».

« Sa, è strano, anche Red va molto d'accordo con loro. Io invece no, Eevee è l'unica finora con cui mi sia mai rapportato ».

« Beh, sei giovane. Col tempo otterrai esperienza. Poi non so se lo sai, ma le medaglie aiutano a guadagnarsi il rispetto dei pokémon, e io ho le otto della Lega di Johto ».

« Quindi lei ha viaggiato lì per la prima volta? E poi si è allargato a Kanto, quindi ».

« A dire il vero conosco molto poco Kanto. Non ho mai sentito il bisogno di viaggiarci ».

Il loro dialogo fu interrotto da un verso malinconico, più un lamento per la verità, che era risuonato per l'aria. La coppia si era voltata verso il suolo, dove Eevee si stava avvicinando a Pikachu – nonché, ovviamente, a Blue stesso –, emettendo qualcosa che rassomigliava a un guaito. Il topo elettrico, di rimando, non aveva potuto che replicare con un « pika » dal sentore rassegnato.

« Mi spiace, ma oggi non ne ho. Lo sapete, era Red a portarle ».

« Che cosa? » domandò il Superquattro in un amalgama di curiosità e pietà.

« Pokémelle ».

Il giovane rammentò le informazioni ricevute da Andrew, e finalmente riuscì nell'impresa di chiudere il cerchio « Ah, ma certo, ecco perché andavate al Berries For Two's… Scusa, ma come mai non sei passato oggi? ».

« Daisy le ha proprio detto tutto » Blue sorrise divertito, come se il fatto che un parente tanto stretto avesse tali dubbi su di lui da domandare al Campione della Lega Pokémon di pedinarlo fosse un fatto di scarsa o nessuna rilevanza « Ma la nostra famiglia ha difficoltà economiche. Era sempre Red a pagare per le Pokémelle ».

« Te ne approfitti, eh? ».

« Come le viene in mente? ».

« Ah, io non… Voglio dire, stavo scherzando ».

« Non lo dica neanche per scherzo. Red è una delle persone più gentili che abbia mai conosciuto, non potrei mai provare qualcosa per lui di diverso dall'amicizia ».

Il Superquattro parve turbato da questa risposta e indugiò per qualche istante in meditabonda quiete « Pokémelle, hai detto? ». Frugò in una tasca dei pantaloni e ne estrasse un oggetto alquanto bizzarro: somigliava a una sorta di tubo colorato, salvo il fatto che era relativamente corto e una delle due estremità si deformava in una protuberanza agghindata per ricordare le fattezze di una Poké Ball.

« Che cos'è? » domandò interessato il ragazzino.

« Un contenitore per Pokémelle ».

Intuendo quanto sarebbe seguito, Blue si affrettò a tentare di fermare l'allenatore « No, non deve… ».

« Vediamo cosa abbiamo… » quello lo ignorò completamente, non celando tuttavia una risata sommessa per il suo atteggiamento « … Oh, ben quattro Pokémelle Oro. Queste sono un regalo di un mio caro amico, un vero fenomeno nel crearle ».

Il rispettoso senso di rifiuto del suo interlocutore mutò in interesse verso quella rarità appena citata « Oro? Non le avevo mai sentite ».

« Beh, non sono da tutti. Allora, facciamo due a testa? Prima Eevee… Oh, Pikachu, non fare quella faccia, fai un po' il cavaliere » Lance allungò la mano reggendo un paio di caramelle che ai raggi del sole luccicavano quasi emanassero luce propria. Il pokémon, dapprima titubante, le annusò, dopodiché le inghiottì a breve distanza l'una dall'altra con voracità e riconoscenza. Appena dopo il suo amico lasciò il giaciglio che le gambe di Blue gli avevano offerto per avvicinarsi al braccio che nel frattempo aveva messo in mostra i restanti due dolciumi. Li ingerì quindi con piglio entusiastico, accorgendosi poi che erano diverse dai suoi soliti spuntini e ringraziando di conseguenza.

Blue, dal canto suo, era rimasto fino ad allora in contemplazione estatica « Avrebbe dovuto tenerle per i suoi pokémon. Erano sue ».

« Figurarsi. I miei draghi detestano le Pokémelle, non le avessi date a loro sarebbero rimaste per mesi là dentro ».

« Cosa posso fare per ricambiare? ».

Lance non rifletté per molto, ma quegli attimi gli sembrarono un'eternità. Non ricordava di aver mai fatto una richiesta simile, abituato com'era al fatto che le convenzioni sociali lo salvassero da una tale incombenza che lo poneva in uno stato di vergogna interiore. Tuttavia, vuoi per l'empatia del momento, vuoi perché per un attimo aveva abbandonato i suoi reali propositi, si sentiva quasi obbligato a chiederla « Sì. Mi puoi dare del tu? ».

« Io… Sì, va bene ».

E così, adagiatisi sull'erba di quella baia in miniatura, iniziarono a parlare dei più diversificati argomenti, spaziando da come scorresse la vita di un Campione a come Blue e Red impiegassero il proprio tempo insieme nei giorni antecedenti a quello del disastro – non in un'ottica investigativa, bensì per pura curiosità ancestrale –; discussero di quale fosse il legame più opportuno da intrattenere con i propri pokémon, trovandosi piacevolmente in accordo, e di come trascorresse la vita comune a Pallet Town; e fu ovviamente toccato anche il discorso della Premier Ball regalata dal professor Oak, nonché dell'ampia piana situata a est della cittadina e dell'arcobaleno misterioso avvistato dai due ragazzi proprio nell'occasione che aveva accomunato i due temi sopraccitati – secondo Lance in inglese si chiamava moonbow, ed era bianco perché l'occhio umano fatica a discernere la luce quando l'oscurità la avvolge.

Per i primi minuti era risultato quasi sconveniente l'utilizzo della seconda persona singolare per rivolgersi l'uno all'altro, ma con il trascorrere del tempo si era rivelato molto agevole e tornare indietro risultava al limite dell'assurdo. Il dialogo, a ogni buon conto, giunse in un punto non precisato del pomeriggio a una questione particolare che al lettore non sarà affatto nuova.

« Hai visto quel fiore? » chiese a un tratto Blue.

« Quale? ».

« È volato via poco fa ».

Lance scrutò il cielo affollato di Pidgey e Spearow libranti, ma non individuò nulla del genere « Me lo sono perso ».

« Volava verso l'orizzonte. Era quasi da solo, c'erano solo petali vicino » Blue si coricò su un lato « Tu sai cosa c'è dall'altra parte? ».

« Dall'altra parte di cosa? ».

« Dell'oceano ».

Il Superquattro esaminò mentalmente una mappa del mondo, dopodiché replicò senza esitazione « Hoenn ».

« Che cos'è? ».

« Non conosci Hoenn? A scuola non te la insegnano la geografia? ».

« Si concentrano su Kanto, a volte su Johto. Non leggiamo mai di luoghi lontani ».

Lance si sorprese di questo fatto, ma d'altronde non poteva averne idea dal momento che l'unico tipo di istruzione che gli fosse stato mai impartito era quella di suo zio « Vuoi saperne di più, immagino ».

« Sarebbe bello ».

« È una regione, neanche brutta a essere sincero. C'è molto verde, i Routes sono sempre costeggiati da alberi di ogni tipo. In linea di massima ospita diversi luoghi, chiunque lì può trovare il suo posto. Ci sono città popolose e villaggi isolati, e anche se ami la montagna c'è comunque il Mt. Chimney » l'allenatore posò la propria mano destra a fungere da visiera improvvisata per ripararsi dai raggi del sole che oramai iniziava ad avvicinarsi alla linea di confine fra cielo e terra « Ah, e ovviamente c'è il mare. Hoenn è famosa anche perché ha molte isole. C'è un mio amico, Briney, che vi viaggia molto ».

« Perché non vivi là? » domandò Blue « Sembra un bel posto ».

« Io…Beh, lo è, ma nulla a che vedere con Johto ».

« Come mai? ».

Lance rimase spiazzato « Beh, io… ci sono cresciuto, l'ho vista di più, penso sia più evocativa come regione. Hoenn non mi dice niente ».

« Non è un ragionamento un po' sbagliato? ».

« Cioè? ».

« Ti piace Johto perché è il luogo della tua infanzia, il che è normale. Ma non vuoi viaggiare oltre? ».

Già, viaggiare. Il vuoto che il Superquattro sapeva bene di avere, e che tuttavia non riusciva a giustificare. Forse quel ragazzo avrebbe potuto aiutarlo a ricordarsi perché un tempo volesse vagabondare più di ogni altra cosa al mondo « Ma perché? Voglio dire, se amo una regione voglio viverci. Per restare a Hoenn dovrei abituarmi a nuovi luoghi, nuove geografie… Per cosa, se Johto mi dà sentimenti migliori senza sforzi ulteriori? ».

« Perché restare sempre in un solo posto lo rende già visto, monotono. Dov'è il piacere di andare in giro se sai già cosa c'è dietro l'angolo? ».

« Si vede che sei giovane » Lance sorrise divertito, ma nemmeno lui ne era così convinto nel profondo « Sai, quando diventi adulto non hai più tempo per rilassarti. E a quel punto che senso ha trasferirsi se tanto sai che la routine ti impedirà in ogni caso la scoperta? ».

« Ma così non spreca il suo tempo? » la replica colpì il campione come una freccia al torace, scoccata in un tempo infinitesimale e ciononostante avvertita nel suo movimento a ogni singolo millimetro che percorreva in avanti « Io da grande non voglio certo finire così ».

Lance si sforzò di far buon viso a cattivo gioco, reprimendo i dubbi che una volta di più riaffioravano dal suo subconscio « E che cosa vuoi fare da grande? ».

Blue non ebbe alcuna titubanza « Viaggiare ».

« E… ? ».

« Nient'altro. Voglio solo andare in tutti i posti possibili, fino a che non conoscerò ogni angolo del mondo ».

Il Superquattro non ribatté, privo in ogni modo di una risposta valida. Rimase sdraiato con gli occhi al cielo che iniziava a imbrunirsi, interrogandosi sul perché quel dialogo gli suonasse tanto familiare da apparire quasi già vissuto. Anche al termine di tutte le considerazioni del caso, comunque, l'unica certezza della giornata risultava quella che aveva mentito sulle Pokémelle: i suoi draghi le adoravano. Ma ciò non aveva ormai alcuna importanza.


Era notte e Blue era solo e immobile di fronte a un'entrata che conosceva bene. Da piccolo vi si era recato più volte in compagnia di suo nonno in quelle mattinate estive in cui l'afa non si faceva sentire come altre volte, consentendo di uscire affiancati da una piacevole brezza temperata: si trattava del cancello che andava oltrepassato per accedere all'unica arena di Pallet Town, un massiccio telone verde acqua che ospitava il campo di battaglia al coperto e che era circondato da una palizzata di ferro che interdiceva l'avvicinarvisi. Il resto del pomeriggio era trascorso in maniera alquanto piatta da quando era rientrato a casa accampando come scusa una passeggiata riflessiva allungatasi più del dovuto – dal canto suo, Lance non aveva fatto menzione del loro incontro nel boschetto né alla sorella né ai suoi colleghi, affermando di aver vagato senza successo.

L'atmosfera che attorniava la zona che Blue stava ammirando era pesantemente influenzata dalla fioca illuminazione di un giallo tendente all'arancione che proveniva dai lampioni. Non vi era anima viva in giro, e lo stesso ragazzo si domandava perché fosse lì, senza però trovare una risposta valida. La sua memoria mancava della non irrilevante motivazione come se quella parte le fosse stata asportata artificialmente.

La sua attenzione fu attirata da una movenza del telo proprio a uno degli angoli visibili da quella posizione, ossia quello più a destra: si era mosso come se fosse stato scosso dall'aria, ma in quella cocente serata non spirava un alito di vento. Vi furono ancora un paio di movimenti sospetti, poi da oltre il telone fuoriuscì un essere mostruoso, qualcosa a metà tra un verme e un ragno; la Scolopendra è quanto di più simile il nostro mondo abbia a che spartire con quella creatura, posto che essa esibiva comunque proporzioni enormi, tanto da coprire almeno un terzo del telone in larghezza con il suo solo corpo, senza includere le filiformi zampe che lo accompagnavano.

Blue rimase per pochi istanti paralizzato mentre quella bestia percorreva una sorta di inquietante spirale, poi scattò alla propria sinistra e iniziò a correre in linea retta lo stretto vialetto. Avrebbe voluto voltarsi, ma non pareva avere il controllo delle proprie azioni: proseguì dritto avanti a sé uno slancio dietro l'altro finché dal più completo nulla fuoriuscì un'ombra con cui finì per scontrarsi. Blue levò la testa con un sussulto dopo essersi ritrovato a terra: aveva di fronte la figura statuaria di Lance, che non aveva accusato minimamente la collisione. La sua presenza rassicurò non poco il ragazzo.

« Cosa fai qui a quest'ora? » l'allenatore prese la parola con un tono a metà tra il paternalistico e il severo.

« Io… niente » la voce gli era uscita da sé, senza che il giovane avesse diramato alcun ordine alle proprie corde vocali.

« Lo sai che tra non molto qui potrebbe esserci un attacco. Perché correvi? ».

« C'era uno sparene qui vicino » Di nuovo aveva parlato senza volerlo, questa volta senza nemmeno sapere quanto stesse dicendo. Cosa diamine era uno sparene?

« Non vedo niente, penso sia andato ».

Blue si voltò senza proferire parola ed effettivamente, qualsiasi cosa lo sparene fosse, non c'era più. Considerando che neanche si era voltato durante la fuga non era impossibile che si trovasse ancora all'arena.

« Ora è il tuo turno ».

Il ragazzino riportò il volto dal lato di Lance, che però era sparito; o meglio, era mutato. Dai connotati familiari che conosceva era diventato non più di una macchia scura stagliata di fronte a lui e stava crescendo a dismisura in dimensioni, fino a perdere qualsiasi fattezza umana. D'un tratto la luce fioca dei lampioni scomparve, lasciando nient'altro che oscurità, e Blue perse di vista qualsiasi cosa il suo mentore stesse diventando. Si accesero senza preavviso due occhi celesti che brillavano nel buio, evidenziando anche quella che pareva una fiamma eburnea poco sopra, e finalmente riuscì a riconoscerlo: era il fantasma che perseguitava Pallet, lo stesso che era apparso nel suo sogno di due notti prima.

« TRITAIOS! ».


« Sei sveglio? ».

Il nostro protagonista si destò sudato fradicio e con le coperte appallottolate in un angolo del letto. Il sonoro canto dei grilli aveva accompagnato il suo subitaneo risveglio e ora stava allietando una serata altrimenti silenziosa e per certi versi angosciante.

« A quanto vedo sì ».

Blue si girò: accanto a lui, sopra una sedia lignea e accanto a una luminosa abat-jour, era appostato Lance. Se fosse quello vero, era ancora da accertare « Che è successo? ».

« Gridavi nel sonno. Un incubo, immagino ».

« Sì ».

« Sono indiscreto se chiedo cosa hai sognato? ».

« Uno sparene ».

« Un cosa? ».

Al ragazzino non serviva altro: che il suo interlocutore non sapesse che cosa era quella creatura era una prova più che sufficiente che si trovava nel mondo reale « È tipo un mostro, un verme gigante. Nell'incubo lo chiamavo così, e anche tu penso ».

« C'ero anche io? ».

« Sì e no. Cioè, alla fine diventavi lo spettro, quello che ci ha attaccati ieri ».

Lance sorrise, anche se era più una smorfia che un effettivo segno di allegria, meditando su in quali modi misteriosi la mente umana riesce a lavorare quando non è sotto il nostro controllo. Poteva persino essere possibile che fosse proprio l'intelletto a impedirle di sfoderare tutto il suo incredibile potenziale « Forse è colpa del caldo. Perché non dormi senza le coperte? ».

« Non ci riesco. Mi sento poco protetto, insicuro. Non mi addormento ».

« Capisco, capitava anche a me ogni tanto ».

« E poi mi piace fare gli incubi. Mi ispirano, sono belli da vivere e da ricordare, anche se fanno paura sul momento. Mi danno emozioni, senza di loro la mia vita sarebbe monotona » Blue si mise a sedere sul suo letto « Che ore sono? ».

« Quasi le due di notte. Ancora presto per svegliarsi ».

« Tu perché sei qui? ».

« Io e gli altri abbiamo vegliato fuori fino all'una e mezza passata, ma dell'assalitore neanche l'ombra. Può essere che sia stato un attacco isolato ».

« Io non penso ».

« Come mai? ».

« Questo è il terzo incubo che ho che lo riguarda. Attaccherà anche stanotte, ne sono sicuro ».

« No, no, aspetta » il Superquattro operò un rapido conto « C'è stato un solo colpo. Come puoi averne fatti tre? ».

« Dalla notte prima del mio compleanno in poi ho sempre sognato quel fantasma. All'inizio non sapevo chi fosse, perché due sono stati prima che apparisse, però ora so certamente che è lui ».

« Ed erano sempre lo stesso incubo? O avevano caratteristiche diverse? ».

« Beh » Blue rifletté « Il primo era iniziato con una specie di processione, c'erano qualcosa tipo macchine metalliche volanti che viaggiavano sopra il mare. Io guardavo da una piccola terrazza, ma non ero a Pallet, quindi non so dove fosse il tutto. Poi finivo nell'oscurità e incontravo lo spettro che fluttuava ».

« Macchine volanti… non ho mai sentito di niente del genere ».

« Il secondo invece era qui in camera, e non potevo muovermi. Respiravo lentamente e c'era una figura simile a un uomo nero che veniva verso di me ».

« Ho già sentito di sogni come questi » osservò Lance « Solo che… Accidenti, non mi viene in mente… Ricordami di chiedere a Lorelei, lei di sicuro sa a cosa mi riferisco. Comunque mi sembrano tutti abbastanza diversi, perché pensi che c'entrino qualcosa con il nostro nemico? ».

« Beh, quando l'ho visto ieri sera i suoi occhi erano azzurri, e in tutti e tre i miei sogni erano di quel colore. Posso capire nell'ultimo, ma non penso sia casuale che sapessi già un dettaglio simile » Blue si stropicciò gli occhi e produsse un sonoro sbadiglio, che ne provocò uno simile al Superquattro « E poi tutti i miei incubi si sono conclusi con una parola gridata… “tritos”, mi pare ».

« Tritos… » Lance si immerse in un meditabondo silenzio « Non conosco lingue in cui abbia un senso. Molto strano ».

« Beh, ma io sogno anche parole come “sparene”. Non dare troppa importanza, per come la vedo io conta solo che sia sempre detta ».

« Sì, forse… ».

Si udì il rumore di una maniglia che si abbassa e la porta della camera si aprì a rivelare la sagoma di Daisy « Va tutto bene? ».

« Nessun problema » replicò Lance « Mi parlava dei suoi incubi ».

« Vuole che le prepari un caffè? » domandò la donna « Sa, è tardi, se deve restare sveglio ancora forse le può servire ».

« No, grazie, non mi piace granché. Non resto per molto, comunque, tra poco devo rintracciare i miei colleghi ».

« Ve ne andate? » chiese visibilmente allarmato Blue.

« Temo di sì » il Superquattro mostrava chiaramente un velo di malinconia nel dover abbandonare il suo nuovo amico, ma era ben cosciente di non avere altra scelta « Siamo venuti qui per proteggere la città, ma a quanto pare momentaneamente non ce n'è bisogno. La Lega chiam–– ».

Ogni luce si spense senza preavviso. In pochi istanti, l'intera Pallet Town era divenuta praticamente invisibile agli occhi di uno spettatore che vi fluttuasse sopra, essendo indistinguibile dall'oscurità che avvolgeva il terreno circostante. Una folata di vento gelido penetrò attraverso la finestra della camera che era rimasta spalancata.

« Cosa sta–– » Daisy fu interrotta da un rumore sordo vagamente familiare. Si udì un profondo « assurdo », dopodiché il suono fu ripetuto senza che né Blue né sua sorella avessero compreso quanto stesse succedendo.

« Chi è? » domandò il ragazzino con il panico a marcargli nitidamente il tono.

« Lance, che domande » replicò la voce dall'oscurità, e sebbene essa fosse incupita dall'angoscia era comunque chiaramente riconoscibile.

« Cos'era quel suono? ».

« Ho fatto uscire Charizard dalla Poké Ball ».

« Non è possibile » osservò Daisy « Ha una fiamma sulla coda, l'avremmo visto ».

« Precisamente. Non è che è tutto spento, la luce sembra scom–– » un violento ruggito rimbombò nell'aria e ogni lampada si riaccese. Dall'esterno si udirono grida di terrore. I tre si precipitarono alle persiane spalancate per rendersi conto di quanto stesse accadendo, trovandosi di fronte una visione di raro orrore: le due case che prima affiancavano da quel lato l'edificio in cui si trovavano erano improvvisamente scomparse.

« NON MUOVETEVI » ordinò imperiosamente Lance, poi scattò verso le scale.

« Ma ci ucciderà! » esclamò Blue « Verremo vaporizzati! ».

« Non lascerò che vi succeda niente » disse sbrigativamente ma sinceramente il Superquattro, quindi accorse al piano di sotto e uscì in fretta dalla dimora. E, proprio appena messo piede all'aperto, ebbe modo di vederli: due luminosi fari celesti che brillavano sopra la città.

Immediatamente mise mano alla tasca e ne estrasse un oggetto che aveva tenuto pronto fino ad allora per una situazione simile: un PokéGear. Compose rapidamente un numero e lo portò all'orecchio.

« Lance? » chiese una voce femminile dal capo opposto.

« Lorelei? Dove siete? ».

« Io… Ah, come faccio a spiegarlo… ».

« Non ha importanza, sei con gli altri? ».

« Sì ».

« Lo vedete anche voi quel coso? ».

« Sì ».

« Attaccatelo immediatamente! ».

« D'accordo, riferisco » la donna riagganciò.

Lance prese a sua volta in mano una PokéBall e la lanciò « DRAGONITE, VAI! ». Salito in fretta sul dragone, partì alla volta del mostro con velocità. Avvicinandosi riuscì a discernere anche ulteriori particolari del suo avversario, notando che pareva avere anche una sagoma simile a un mantello al di sotto dei due supposti occhi.

« USA TUONO! » comandò non appena lo spettro fu a portata di tiro. Di risposta, un fragoroso lampo fu invocato dalla sua monta, andandosi a schiantare proprio sull'entità misteriosa che, prima voltata perpendicolarmente alla traiettoria di volo di Dragonite, si girò fino ad averli di fronte; a quel punto da una parte indefinita del suo nebbioso corpo fu lanciato un raggio nero che fu schivato per un soffio dalla coppia in volo. Appena dopo, altri colpi analoghi furono lanciati in sequenza, sfiorando più volte il pokémon di Lance.

« Dove sono gli altri, santo cielo? ».

Quasi li avesse invocati, un flusso glauco emerse da un non precisato punto di Pallet Town andando a centrare in pieno il confuso bersaglio che, pur non risentendone a livello macroscopico, ne fu distratto lasciando una tregua al Superquattro.

« Aerodactyl! Charizard! » proruppe l'allenatore « Recuperateli subito! ». I due pokémon sfrecciarono senza attendere nella direzione da cui era provenuto il fiotto turchese, nonché successivi colpi della medesima tipologia.

« E ora a noi » Lance aggiustò il mantello e si ravviò i capelli « Dragonite, andiamo! ».

Mentre il dragone volava celermente lo scontro a distanza che l'entità aveva ingaggiato con i suoi colleghi sembrava momentaneamente terminato, segno che i suoi colleghi si erano già imbattuti nei rinforzi da lui inviati. Se aveva una certezza assoluta, era che non bisognava concedergli riposo alcuno « Vai, usa Iper Raggio! ».

L'eburneo attacco andò incontro all'obiettivo, ma questi ne fu appena sbalzato all'indietro. Il Superquattro imprecò, ma non c'era tempo nemmeno per respirare: il fantasma iniziò a concentrare energia al punto che essa era tangibile, e Lance comprese subito che era in arrivo qualcosa di tremendo. Sul punto di lanciare la sua controffensiva, tuttavia, la bestia incassò un possente Lanciafiamme emesso dal suo Charizard cavalcato da Bruno. Frattanto gli si era affiancato Aerodactyl, che ospitava Agatha e Lorelei.

« Non sei troppo vecchia per volare? » il giovane si sorprese di trovarsi in grado di ironizzare persino durante un apocalisse che si approssimava.

« Senza di me sareste perduti » commentò Agatha « Ora occupiamoci di quel… coso ».

« Ti capisco, sono a corto di battute spiritose anche io » il campione si volse poi verso l'altra sua amica « Ehi, Lorelei, com'è che si chiamano quelle allucinazioni che sembrano sogni? ».

« Sogni lucidi » la donna sistemò i propri occhiali « Ma questo ora cosa c'entra? ».

« Così almeno morirò sapendolo! » Lance diede un cenno a Dragonite che, quasi non stesse aspettando altro, partì subito a prestezza massima all'inseguimento dello spettro.

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Capitolo 5
*** Nuovi eroi ***


V 'Nuovi eroi'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Canalave City: Canalipoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cerulean City: Celestopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon League: Lega Pokémon (n.b. le istituzioni sono qui chiamate con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega Pokémon è anche il nome della località dove la Lega come ente ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Aaron: Aaron.

Agatha: Agatha.

Bertha: Terrie.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Flint: Vulcano.

Glacia: Frida.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Phoebe: Ester.

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.

Sidney: Fosco.

Steven Stone: Rocco Petri.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


V: “Nuovi eroi


Lance e Dragonite si precipitarono nei pressi del mostro fino a riuscire a intravedere Charizard, al qual punto virarono prontamente per raggiungere Bruno. Sotto di loro lo spettacolo era desolante: un intero quartiere di Pallet Town sembrava scomparso nel nulla senza che nessuno avesse udito crolli di alcun genere. Quanto allo spettro, i suoi connotati apparivano da vicino più distinti, al punto che si poteva avere l'impressione che si trattasse di un pokémon.

« Tutto bene? » domandò il campione.

« Non direi, non sembra scalfirlo niente ».

« Dobbiamo attaccarlo insieme » concluse « Seguimi. DRAGONITE, DRAGOPULSAR! ».

Il drago spalancò la bocca e generò una possente onda d'urto. « CHARIZARD » ordinò Bruno a sua volta « LANCIAFIAMME! ».

I due attacchi, lanciati a velocità differenti, finirono per centrare il bersaglio in contemporanea, provocandone un verso rabbioso. La creatura in risposta ripeté quanto poco prima aveva iniziato: l'energia, sotto forma di un impetuoso risucchio, tornò a concentrarsi intorno a lui. « KYANEOS » gridò, anche se sembrava più un termine asettico pronunciato a voce alta, e una massiccia sfera purpurea fu lanciata all'indirizzo dei due amici. Sul punto di essere colpiti, tuttavia, una roccia la intercettò e ambedue i corpi scomparvero in un flash sotto gli occhi attoniti di Lance. Da un lato accorse in volo il loro salvatore, Aerodactyl. « State più attenti! » esclamò Lorelei.

« Cosa… Cos'era quella? » chiese esterrefatto Bruno.

« Non ne ho idea, ma dev'essere così che fa scomparire le case » replicò il suo compagno « E poi che ha detto? Kynenos? ».

« “kyaneos”. Dev'essere il suo nome » osservò Agatha « Ciò rafforza i miei sospetti, quello è un pokémon ».

« Un POKÉMON? » domandò incredulo Lance « Non è possibil–– VIA! ». L'avvertimento del Superquattro arrivò appena in tempo per scongiurare una collisione con un'altra sfera rossiccia. I quattro, tenuti d'occhio a distanza da tutta la popolazione di Pallet Town, si ricongiunsero dal capo opposto del loro avversario.

« Dobbiamo fermarlo » disse Lorelei « Paralizzarlo. Se continua ad attaccare siamo finiti ».

« Bruno » chiamò il loro leader « Tieni pronto il Turbofuoco ».

« Sei pazzo » sbottò Agatha « È troppo debole come attacco, lo spezzerà come niente ».

« Donna di poca fede » ribatté Lance « DRAGONITE, USA TIFONE! ».

Il drago sbatté le sue possenti ali e un brutale vento si alzò in direzione del fantasma fino a circondarlo in un uragano invisibile, limitandone notevolmente i movimenti.

« ORA, CHARIZARD! » esclamò Bruno, e il tornado fu infuso di un fuoco rosso vivo che immobilizzò in un turbinio infernale Kyaneos.

« PRESTO, È FERMO! » il campione partì in volo « IPER RAGGIO SUBITO! ».

« AERODACTYL, VAI ANCHE TU! » comandò Lorelei. I due flussi si combinarono colpendo il mostro che barcollò vistosamente. Charizard sfrecciò loro davanti appena dopo e lanciò un poderoso Incendio che causò una immensa esplosione aerea che sbalzò all'indietro i quattro cavalieri, ricongiuntisi poi a distanza dalla nube di fumo e fiamme.

« Questa è stata pesante » commentò Lance « Ma neanche il più possente pokémon del mondo resisterebbe a una combinazione simile. Non per niente siamo i Super–– ».

« Aspetta a cantare vittoria » l'intero gruppo si volse verso Agatha che, a braccia conserte, aveva pronunciato quelle parole « È ancora vivo ».

Quasi avesse visto in anticipo quanto si sarebbe verificato, al diradarsi della nuvola fumogena corrispose la sconcertante rivelazione: Kyaneos era ancora indenne, avvolto in quello che pareva uno scudo energetico violaceo.

« No, non è possibile! » Lorelei strabuzzò gli occhi incredula « Non può aver usato una Protezione! Era fermo dentro al Turbofuoco! ».

Lance prese le parole della sua collega come spunto di riflessione. Perché, volenti o nolenti, le regole erano quelle: per creare una Protezione, per giunta di quella resistenza, bisognava avere tempo per produrla. E Kyaneos non poteva averlo avuto, perché l'allenatore stesso lo aveva visto barcollare in seguito alla coppia di Iper Raggi. E di certo non poteva averla approntata in precedenza e aver semplicemente subito un rinculo in quell'occasione, perché uno scudo di quel genere non sarebbe potuto essere stato trattenuto e avrebbe deflesso anche il Turbine di Dragonite. Doveva esserci un'altra––

« PRESTO, VIA TUTTI! » fu folgorato d'improvviso « NON E' UNA PROTEZIONE, E' UNO SPECCHIOVELO! ».

I Superquattro tentarono una fuga dell'ultimo secondo, ma fu impossibile: in un istante tutta l'energia accumulata dalla difesa creata dallo spettro si scatenò massivamente in un'area sferica attorno alla sua figura, demolendo e affossando qualsiasi cosa fosse nel raggio d'azione. Il terreno immediatamente sotto di lui fu abbattuto fino a formare un grande cratere di terra brulla; quanto al gruppo di allenatori, loro e i loro pokémon furono schiantati impetuosamente al suolo.

Incapace di rialzarsi dalla terra arsa e spianata su cui si trovava, Lance si voltò e trasalì: l'entità era proprio sopra di lui in tutta la sua enormità, e i suoi occhi celesti lo fissavano direttamente.

« KYANEOS ». Di nuovo il risucchio d'aria gli scompigliò i capelli mentre un altro globo purpureo, l'ultimo, si componeva in quelle che – solo ora le notava – apparivano le mani della creatura. Sul punto di scagliarla, tuttavia, Pallet Town fu nuovamente immersa nell'oscurità. Lance avvertì una staffilata di brezza gelida sferzargli il volto, come se poco distante da lui una qualche finestra stesse facendo corrente, e poco dopo la luce tornò a brillare. Kyaneos era scomparso di nuovo, così come di nuovo era apparso quella notte.

Il Superquattro sentì il bisogno di alzarsi, e decise dunque di girarsi in posizione prona; sul punto però di far forza con le braccia, decise di rinunciare: non gli doleva alcuna parte del corpo, ma gli mancava completamente qualsiasi energia, quasi le avesse infuse tutte in quella debacle. Rimase dunque in quella postura alquanto scomoda, attendendo rinforzi e meditando.

« Ehi, Lance! » Lorelei, avvistatolo, gli corse incontro.

« Vedo che stai bene. Come hai fatto? ».

« Agatha all'ultimo momento ha chiamato fuori Gengar. È uno Spettro, quindi non è stato sbalzato e ci ha salvate » la donna si aggiustò gli occhiali, fino a quel momento mantenuti obliqui a seguito dell'esplosione « Tu piuttosto, come stai? ».

« Non c'è male, ma potrebbe essere utile una barella. Niente di grave, ma non riesco a rialzarmi. Immagino mi serva del risposo. Piuttosto vai a cercare Bruno, che se è in buone condizioni mi trasporta lui ».

Lorelei annuì e iniziò a vagare nella piana. Quanto a Lance, non gli importava neanche più di essere immobilizzato, né che non sapesse che fine avessero fatto i suoi pokémon. Non gli importava di Red, di Oak, di Pallet, di Kyaneos, dei Superquattro o della Lega. Non gli importava degli innocenti o delle case distrutte, di Blue e della promessa che gli aveva fatto di tenerlo al sicuro, e a dirla tutta nemmeno dei suoi propositi. In quel momento c'era solo lui in quella landa desertica, solo lui era stato poco prima a due passi da quel mostro rischiando di scomparire, solo lui aveva visto in faccia la morte.

Lui, che fino a quel giorno stesso si era ritenuto il primo degli allenatori, e dopo quella feroce battaglia non era altro che il primo degli sconfitti.


Il giorno dopo Pallet Town non era più la stessa. Se le differenze a seguito del primo attacco di Kyaneos erano state difficilmente individuabili in un popolo abitante che, pur avvezzo e legato alla quotidianità, aveva a conti fatti apprezzato quella deviazione dalla consuetudine, a condizione di poter in seguito tornare alla situazione antecedente, altrettanto non si può dire della reazione alla seconda aggressione. In primo luogo i danni erano stati ben differenti: in un caso solo pochi edifici avevano subito l'ira di Kyaneos dissolvendosi nel nulla, mentre la seconda volta un intero quartiere – nel caso di Pallet si può dire che corrispondesse a circa un sesto della dimensione globale della cittadina –, quello teatro della furiosa battaglia aerea, era stato completamente nebulizzato, provocando diversi morti tra i residenti e ferendone diversi altri.

Malgrado ciò, la ragione principale per cui la fiducia era calata era stata proprio l'esito dello scontro, ossia la sconfitta dei Superquattro, il cui arrivo in città, con risultati variabili ma ciononostante mediamente conformi, aveva rassicurato in precedenza le stesse persone che adesso si trovavano completamente spaesate. Come conclusione, tre quarti della cittadinanza di Pallet Town in quella fatidica giornata si apprestava ad abbandonare il proprio passato, se non altro fino a che la crisi non si fosse risolta da sé. Il cielo del borgo era affollato di Pidgeot e Fearow che trasportavano mobilio e quant'altro per conto delle agenzie di traslochi – non era complicato riconoscere quelle più costose ed esclusive, dal momento che per farsi riconoscere utilizzavano pokémon esotici, tra cui persino draghi.

Blue aveva mantenuto un atteggiamento simile a quello condotto a seguito della prima apparizione di Kyaneos: poco dopo la sua scomparsa era stato preso da un pesante sonno comprensibile per un ragazzino della sua età e si era addormentato quasi immediatamente senza più svegliarsi fino alle undici del giorno dopo, quando delle voci provenienti dal soggiorno l'avevano giocoforza destato. Ancora in pigiama e con stampata in volto la stanchezza mattutina, decise di scendere al piano inferiore. Lì lo attendevano con sua relativa sorpresa tre dei Superquattro seduti sul divano, tutti meno colui che più avrebbe voluto incontrare: Lance. Con piacevole scoperta non si sentì in imbarazzo per la loro presenza: anzi, la loro morbida chiacchierata conferiva all'intera casa un'atmosfera che raramente aveva avuto modo di vivere. Se avesse dovuto paragonarla a qualcosa, ricordava che una volta con Daisy era stato ad ammirare l'alba dalla piana situata a est di Pallet Town, e la percezione dei raggi solari sulla propria pelle gli aveva provocato sentimenti simili. Può apparire poco ortodosso ricorrere a questa sinestesia per descrivere il clima che aleggiava nel salotto in quel momento, ma non vi è altro modo per spiegarla a qualcuno che non l'abbia vissuta.

« Ciao Blue » disse Agatha interrompendo il discorso che poco prima stava tenendo.

« Salve » il ragazzino, con fare sonnolento, gesticolò con la mano a salutare tutti i presenti « Dov'è Lance? ».

« L'hanno trasportato in urgenza all'ospedale di Viridian City, ma l'hanno dimesso in nottata e si è trovato un albergo lì » spiegò Lorelei « Ma si vedeva lontano un miglio che non aveva niente, non capisco perché abbiano insistito per portarlo là ».

« Noi siamo rimasti qui, abbiamo dormito in una locanda vicino al confine occidentale della città » soggiunse Agatha, ma pareva più un'informazione diretta alla sorella di Blue che a lui.

« E Lance quando arriva? ».

« Non ne ho idea » rispose la più anziana del gruppo « Bruno, tu che ci hai parlato quando l'hanno dimesso, che ha detto? ».

« Niente a riguardo » l'uomo scosse la testa « Ha detto che si sentiva spossato e che doveva fare qualche telefonata. E poi qualcosa tipo “tanto da soli non ce la faremo”, non ho capito bene, ero stanco anche io ».

« Blue, la brioche è sui fornelli » disse a un tratto Daisy, alla quale il giovane rispose con un timido « grazie ». La donna riprese poi a parlare con i Superquattro « E ora cosa intendete fare? ».

Agatha parve avere uno scatto d'orgoglio « Di certo non ce ne andiamo. Aspettiamo Lance e vedremo il da farsi, penso abbia un piano ».

« Mah, non so » commentò Bruno « Ieri quando l'ho sentito sembrava sconsolato, penso la sconfitta gli abbia bruciato ».

« A tutti » osservò Lorelei « Se stasera torna non possiamo commettere errori ».

« Il problema è un altro » proseguì Agatha « Quell'affare, Kyaneos… Quell'ultimo Specchiovelo mi ha dato da riflettere. Non solo il fatto che sia un pokémon, cioè, anche, ma se ci pensate non funziona come una Protezione. Non respinge il colpo, prima lo devi subire ».

« Ci ho pensato anche io » Lorelei aveva compreso il ragionamento della sua collega « L'ha incassato quasi senza battere ciglio. Un Turbine, un Turbofuoco, due Iper Raggi e un Incendio… Come dovremmo battere qualcosa di simile? ».

Nel bel mezzo della discussione si udì bussare. « È aperto » disse quasi distrattamente Daisy, e dalla porta entrò Lance nel suo usuale vestiario eccentrico.

« Ah, eccoti » fu l'asettica considerazione di Agatha che, come il lettore avrà già capito da tempo, giocava a provocare il suo amico.

« Mi davi già morto, vero? » il leader fece qualche passo in avanti e salutò con il braccio Blue, che ricambiò con la mano che non reggeva la brioche ormai finita a metà, e il ragazzo fu quasi meravigliato che Lance fosse tanto in forma dopo la battaglia della notte precedente « Sapevo che eravate qua ».

« Congratulazioni. Per quanto riguarda invece un piano d'azione decente? ».

« Uscite e vedrete » ribatté orgogliosamente Lance « Dovrebbero essere qui a momenti ».

« Chi? » domandò Lorelei, e come a risposta si udì in lontananza un possente ronzio, come uno sciame che si stesse avvicinando lentamente a Pallet Town provenendo da nord. Incuriosito, benché non allarmato, il gruppo uscì in fretta dalla casa di Blue per vedere cosa stesse succedendo. In lontananza iniziarono a sopraggiungere i primi reporter che, però, alla vista dei Superquattro rallentarono e si fermarono a distanza, consci del silenzio stampa e ormai arresisi a ciò.

Quanto al nugolo di insetti preannunciato, non ve n'era una traccia: era solo una la silhouette a stagliarsi nel cilestrino cielo mattiniero, e da lì sembrava un gigantesco coleottero di qualche specie sconosciuta. In breve tempo la figura fu sopra il borgo e Lance fece un cenno con braccia ampiamente aperte in modo da segnalare la propria posizione; dopo un'immediata virata iniziò l'atterraggio di quella creatura che, vista da lì, mostrava anche quattro cavalieri a bordo. Una volta raggiunto il suolo poco discosto da dove si trovava il gruppo dei nostri protagonisti, il Campione di Kanto andò incontro al verde pokémon.

« Chi sono? » chiese di sfuggita Blue prima che fosse troppo lontano. 

« Gli animatori di oggi » in risposta Lance si voltò raggiante come poche volte il ragazzo l'aveva visto e replicò « I Superquattro di Sinnoh ».

Il giovane rimase stranito da questa affermazione e si girò con aria confusa verso Agatha, che pareva la più adatta a chiarire il suo dubbio « Cos'è Sinnoh? ».

L'anziana signora sorrise divertita « Una regione. Si trova lontano da qui, è comprensibile che tu non ne abbia mai sentito parlare ».

E con ciò eravamo a due mondi del tutto ignoti a Blue che venivano rivelati in modo totalmente casuale. Quante altre cose non sapeva? Non era comunque il momento di arrovellarsi sulla vastità del globo, dunque il ragazzo decise di esaminare gli unici che allora poteva individuare che provenissero da lì: il fantomatico gruppo di Superquattro che cavalcava l'insetto gigante. E già da loro colse le enormi differenze culturali che dovevano intercorrere tra questa Sinnoh e la sua Kanto.

La prima a scendere fu una signora non più giovane ma che senz'altro aveva visto meno estati della locale Agatha – Blue avrebbe ipotizzato un'età a metà tra i cinquanta e i sessant'anni, ma era una stima che lasciava il tempo che trovava visto che datare una donna di mezza età può rivelarsi un compito arduo; a ogni buon conto, pareva rispondere all'elegante nome di Bertha.

Appena dopo di lei vennero quasi in contemporanea due giovani, e l'utilizzo di questo termine non è affatto casuale: con ogni probabilità non superavano i quaranta in due, e non di poco. Lance chiamava il primo, dalla capigliatura verde pistacchio con un ciuffo che si alzava dal centro del capo, Aaron; il secondo, che sfoggiava una riccia chioma rosso fuoco, era invece Flint.

L'ultimo a smontare da Yanmega – il nostro protagonista aveva udito il nome del pokémon pronunciato da Aaron che apparentemente ne era il padrone, ma non ne aveva mai sentito parlare – fu un uomo dai capelli violetti che mostrava più o meno la stessa età del leader dei Superquattro di Kanto, vestito in maniera quasi eccessivamente accurata per la situazione, anche se si trattava probabilmente di un segno distintivo al pari del mantello di Lance, che lo accolse con un caloroso abbraccio.

« Cinque anni e ancora imbattuto, eh? » origliò Blue, segno che Lucian, questo il suo nome, era con ogni probabilmente il più importante dei nuovi arrivati.

« A quanto vedo anche tu. Però ho sentito che avete avuto qualche problema con un topo d'appartamento qui » Lucian parlava in tono platealmente scherzoso « Ora che siamo anche noi qui stai tranquillo che mangerà polvere appena si ripresenta ». Bertha frattanto era andata a salutare Agatha come una vecchia amica, mentre Flint e Aaron si erano intrattenuti con Bruno.

« Allora » domandò la prima a Lance « Hai intenzione di spiegarci cos'è successo in questa città di tanto grave? ».

« Ancora un attimo. Sto aspettando qualcun altro ».

« Qualcun altro? » Lucian sistemò la montatura dei propri occhiali « Non avrai invitato la compagnia di Drake, vero? ». Lance in risposta sorrise sornione.

Proprio in quell'istante, in una circostanza simile a quella che precedentemente aveva annunciato l'arrivo degli allenatori di Sinnoh, erano apparse all'orizzonte, segnalate da un ruggito vigoroso, tre sagome che sfrecciavano in direzione di Pallet Town. Le modalità di atterraggio non furono dissimili da quelle seguite da Yanmega: questa volta le monte erano un uccello dalle ali cotonate e un volatile dai rotondi occhi non meglio precisato, ciascuno ospitante due persone che vi avevano viaggiato sopra.

Con sorpresa di Blue, però, un ulteriore drago in prevalenza azzurro era arrivato al suolo con loro, con un unico cavaliere a domarlo. « Chi dovrebbero essere? » domandò.

« I Superquattro di Hoenn » replicò Bertha.

Dal primo dei tre pokémon, chiamato Altaria – anche questo era oscuro al nostro protagonista –, scese in principio una ragazza estremamente giovane, probabilmente sedicenne o qualcosa di simile, che indossava un vistoso pareo indaco. Appena dopo di lei arrivò invece una donna più anziana, sui trent'anni, dalla corta chioma bionda e un ornato vestito lilla. Lance si riferì a loro come Phoebe e Glacia rispettivamente.

Quanto al Flygon, ossia la seconda creatura ad atterrare, i suoi due protetti discesero in contemporanea da grandi amici. Il primo, di nome Steven, dall'aria seria e risoluta, era un ben vestito giovane poco meno che ventenne con una folta capigliatura cilestrina, e a giudicare dall'aspetto sembrava di buona famiglia; il secondo era invece quanto di più diverso ci potesse essere: dal volto allegro e il capo canuto se non per un fulvo ciuffo isolato, indossava vestiti informali e a Blue sembrò un musicista, così di prima impressione.

Colui che più colpì il nostro protagonista fu tuttavia il quinto uomo, l'inatteso: si trattava di un austero cinquantenne che, almeno secondo l'abbigliamento, era con ogni probabilità un capitano di mare. Ciò che più sbalordì Blue fu la sua espressione assolutamente innaturale, quasi stesse soltanto recitando un ruolo da quanto era severa – non ricordava di aver mai incontrato qualcuno dall'atteggiamento più grave di lui.

« Chi è quello sceso dal drago? » domandò non senza timore a Bruno.

« Lui è Drake » rispose il Superquattro, e il ragazzo avvertì nella sua voce un profondo rispetto « È ritenuto il più grande allenatore di tutti i tempi, e uno dei migliori viventi. Solo Lance gli è giudicato superiore ora come ora, ma penso che se non avesse perso la forma dei giorni migliori lo supererebbe sicuramente ».

« Ma perché c'è anche lui? » chiese Blue « Intendo, sono i Superquattro. Perché sono cinque? ».

Qui Bruno si lanciò in una poco chiara spiegazione limitata dalle sue approssimative capacità espressive, tale che non la riporterò nel rischio di confondere il lettore e descriverò io con una digressione la situazione della Lega Pokémon e il suo rinnovato funzionamento in quel di Kanto – nonché nelle altre regioni, come vedremo.

Tutto era cominciato cinque anni prima della vicenda che state leggendo, quando ancora ogni sistema regionale era ben distinto da quello delle sue controparti straniere, al punto che ogni Lega funzionava in modo differente. Non solo l'organizzazione era caotica, essa era priva di buon senso in ogni sua parte: per esempio Kanto ospitava numerose Palestre disseminate nei più ignoti anfratti del territorio, talvolta anche due o più nella medesima città – esempio lampante è Saffron City che tutt'ora porta i segni di quella babele burocratica. Lo stesso Indigo Plateau, inteso una volta come luogo di sfida massimo, si era ridotto a semplice tappa per qualsivoglia allenatore, e il medesimo titolo di Maestro di Pokémon era alquanto inflazionato.

Si decise dunque per un'azione drastica, cogliendo l'occasione per effettuare quella in seguito denominata Grande Unificazione: da quell'istante le Leghe di Kanto, Johto, Hoenn e Sinnoh avrebbero avuto uguali meccanismi, e le prime due sarebbero state fuse in ragione della inesistente distanza tra le regioni. Ovviamente ogni titolo assegnato precedente l'Unificazione sarebbe stato reso nullo e ogni attuale Capopalestra destituito, in altre parole qualsiasi traccia del passato reputato abietto fu depennata in toto. Restava da porsi una domanda: con quale criterio sarebbero stati decisi i nuovi membri delle rispettive Leghe, e soprattutto come evitare che si giungesse nuovamente alla deprecabile condizione dalla quale a fatica si usciva or ora? La risposta alle due questioni fu unica e insieme duplice: ogni vent'anni – durata media della cresta di abilità di un allenatore medio, che generalmente si verifica tra i venti e i quarant'anni – si sarebbero tenuti tornei contemporanei nelle regioni interessate che avrebbero decretato i più meritevoli di ruoli di prestigio.

Per Hoenn e Sinnoh porre le basi di svolgimento della competizione fu sommariamente agevole: i primi quattro classificati avrebbero avuto accesso alla posizione di Superquattro, i successivi otto avrebbero potuto scegliere la propria Palestra, avendo cura di selezionare una città sufficientemente importante. Kanto e Johto furono una questione più spinosa in quanto le Palestre disponibili erano da regolamento sedici, ma esclusive di ciascun territorio e di conseguenza attribuibili solamente ad allenatori locali. Si risolse comunque come segue: da due tornei regionali sarebbero emersi dodici candidati ognuno; i ventiquattro si sarebbero poi sfidati in una gara unica, e i migliori quattro sarebbero divenuti Superquattro di Kanto e Johto. Infine si sarebbe ritornati alle due dozzine di prima: analizzando i piazzamenti nel torneo finale sotto quest'ottica due nuove classifiche sarebbero state formate, e in base a quelle i posti di Capopalestra assegnati. Per un esempio pratico, Clair, cugina di Lance, si qualificò quinta nella competizione globale: giacché i primi quattro furono relegati all'Indigo Plateau lei risultò la prima proveniente da Johto, ed ebbe così diritto di preminenza sulla scelta della Palestra che fu poi situata nella sua città natale, Blackthorn City.

In realtà questo complesso meccanismo si svolse solo una volta nella storia delle quattro regioni, ma non è questo il momento di spiegarne la ragione. Tutto ciò tuttavia non spiega una cosa: perché Hoenn, chiamata a inviare i propri Superquattro, poté mandare in aiuto di Lance cinque elementi anziché il canonico quartetto? La risposta, più prolissa di quanto potrebbe effettivamente essere – ma è un limite dello scrittore che potrete perdonargli –, risiede nel primo classificato del torneo regionale. Per comprendere meglio, facciamo un passo indietro a vedere chi aveva trionfato nei rispettivi territori natali. Nel torneo di Kanto e Johto Lance, allora appena ventenne, sconfisse a mani basse ogni avversario che gli si parò davanti, compresi allenatori molto esperti come Agatha e Lorelei, reclamando di fatto un titolo che chiunque avrebbe previsto. La competizione di Sinnoh fu più combattuta: Lucian e Albert, due giovani promesse, emersero fin da subito come favoriti, ma quest'ultimo inciampò nella sfida contro Bertha che gli inflisse una memorabile lezione basata sull'esperienza – tracollo che provocò il suo addio al mondo dell'allenamento –; fu dunque il primo ad affermarsi, non senza fatica, sui restanti partecipanti.

Hoenn fu un caso molto particolare. Il vincitore del torneo della regione, Drake, si era fino all'ultimo rifiutato di prendervi parte, salvo poi essere convinto dall'allora Capopalestra di Blackthorn City nonché zio di Lance. Drake era, come il lettore avrà intuito, una figura estremamente colorita, pur non nell'atteggiamento. L'analisi di Bruno presenta luci e ombre: come tutti gli esperti in materia che, si sa, hanno bene in mente chi è più forte di loro più degli esterni che operano valutazioni inaffidabili, anche il Superquattro ha ben chiarito un concetto complesso da intuire. Drake, virtualmente, era il più forte allenatore del mondo anche allora. Ciò che gli mancava tuttavia non era la forma fisica, bensì la determinazione. Già cinque anni prima infatti aveva deciso di abbandonare il mestiere di allenatore di pokémon e ritirarsi poiché non aveva più interesse nel mostrarsi il migliore: come tutti gli anziani aveva maturato l'esperienza necessaria per comprendere che un simile obiettivo era non solo irraggiungibile ma anche sciocco e fine a sé stesso. Convinto poi a prendere parte alla gara vinse senza problemi, in quanto in tutta Hoenn nessuno poteva tenergli testa nemmeno in quella condizione di poca motivazione – ciò darà al lettore l'idea di quanto fosse abile un tempo.

Naturalmente la passione per una professione non ritorna dopo essere gradualmente scemata per anni soltanto per una banale competizione, tenendo anche in considerazione che Drake non l'aveva nemmeno affrontata con serietà. Era inevitabile quindi che dei nuovi eletti sarebbe stato il primo a cadere. Ciò avvenne incredibilmente presto: solo due anni dopo il fiorente Steven Stone, inabilitato a prendere parte alle qualificazioni per problemi famigliari, sconfisse dopo un duro scontro colui che in passato era stato il più grande di tutti, diventando di diritto il nuovo Campione. Secondo le nuove disposizioni questa funzione imponeva che Steven diventasse un leader aggiuntivo dei Superquattro a scapito di Drake, rendendolo di fatto il quinto membro.

« Dunque ci siamo tutti » osservò Lance dopo i rituali convenevoli « Prego, entrate tutti qua dentro. È un po' stretto, ma ci stiamo ».

« Che casa è? » domandò Lucian.

« Appartiene a Blue, che è il ragazzino che vedete là con i miei colleghi. Vive con sua sorella, ha perso i genitori da piccolo ».

« Molto triste, ma perché andiamo lì? ».

« Verrà tutto spiegato a tempo debito. Ora entrate, devo dirvi un paio di cose visto che i giornali di solito sono poco precisi ».

Non fu facile fare accomodare tutti e tredici gli allenatori nel piccolo soggiorno di casa Oak, ma con qualche aggiustamento al mobilio e la presa in prestito di alcune sedie dalle camere da letto tutti furono infine accontentati.

« Allora, parla » esortò Bertha.

« Prima ditemi quello che sapete voi » ribatté Lance.

Fu Steven a parlare dopo qualche attimo di esitazione su chi dovesse prendere parola « Qualcosa ha attaccato Pallet Town per due volte, e ieri notte vi ha battuti. E da quello che ho avuto modo di osservare ha anche raso al suolo buona parte della città. Penso che questo sia ciò che sappiamo tutti ».

« Già più di quanto mi aspettassi » Lance si ravviò i capelli e inspirò profondamente « Kyaneos, questo il nome, è lo spettro gigante che ci ha attaccati. Secondo Agatha è un pokémon, ma non abbiamo conferme ».

« Palle » fu l'acida replica della diretta interessata « Ha usato uno Specchiovelo, l'abbiamo visto tutti ».

« D'accordo, d'accordo, è altamente probabile che quello fosse uno Specchiovelo » Lance parve inusualmente condiscendente verso Agatha « e di conseguenza che quello fosse un pokémon. Cerco solo di attenermi ai fatti ».

« E i fatti sono che quello è un pokémon ».

« D'accordo, a quanto pare è un pokémon. Se quello era uno Specchiovelo – E LO ERA – » il Superquattro arrestò sul nascere l'ennesima frase petulante della collega « … dicevo, sì, ha una resistenza spaventosa. Gli abbiamo rifilato due Iper Raggi e un Incendio, senza contare diversi attacchi prima, e Kyaneos li ha incassati senza problemi ».

Queste parole suonarono assurde a tutti meno che a Drake, che non sembrava assolutamente sorpreso di quanto il suo compagno di battaglia stava raccontando.

« Non è possibile » fu la categorica negazione di Phoebe « Avrà avuto uno scudo di qualche genere ».

« Era chiuso in un Turbofuoco amplificato da Turbine » replicò secca Lorelei.

« E allora l'avrà messo prima, dai, è assurdo che–– ».

« Adesso basta, Phoebe » Drake, fino ad allora rimasto in religioso silenzio, aveva fatto prepotentemente irruzione con la sua possente e tuttavia rassicurante voce « Nel mondo pokémon ci sono fenomeni a cui non crederesti nemmeno vedendoli. Che questo mostro non sia qualcosa di comune mi pare scontato, dato che ha tenuto testa all'intero Indigo Plateau. Piuttosto, avete una qualche idea sulla sua provenienza? ».

« Scompare e appare dal nulla » rispose Lance « Da un momento all'altro e senza alcuna logica. Ieri se n'è andato proprio mentre stava per uccidermi ».

Dopo questa affermazione nessuno ebbe il coraggio di riprendere il discorso. La sola idea che Lance, ritenuto il migliore allenatore vivente, fosse stato a un passo dalla morte era inconcepibile per chiunque. Con sorpresa generale fu Blue, che aveva più volte indugiato su valevoli interventi per la sua timidezza, a parlare poco dopo « L'ha fatto anche con me, la notte del primo attacco. Era a un passo da me ed è scomparso ».

Seguirono altri interminabili minuti di meditazione taciturna, finché Steven chiese « C'è altro? ».

« Per ora no » Lance e Blue si scambiarono un'occhiata, come a dire di non svelare a nessuno delle premonizioni del ragazzo « Vi suggerirei di trovarvi un albergo e poi di pranzare. A Viridian ce n'è uno buono, altrimenti dovrebbe esserci qualche locanda sparsa qui a Pallet ».

« Per chi vuole io e gli altri di Kanto ora andiamo a quella dove siamo stati questa notte e poi mangiamo qualcosa » suggerì Lorelei.

Il campione le si avvicinò « Già che ci sei fai far loro il giro della città, può tornare utile ». Dopodiché si rivolse nuovamente all'intero gruppo « Vi consiglio di riposare, l'ultimo attacco è stato intorno alle due di notte. Questo pomeriggio sul tardi metteremo in piedi un piano d'azione valido ».

Lentamente ma inesorabilmente il salotto di casa Oak si svuotò e indugiarono solamente Daisy, Blue e Lance. Quest'ultimo, trattenutosi per salutare tutti, uscì dalla dimora visibilmente provato. Il nostro giovane protagonista lo seguì e lo chiamò « Ehi, Lance, posso chiederti una cosa? ».

Le campane che rintoccavano mezzogiorno conferivano un che di solenne alla conversazione « Dimmi ».

« Perché li hai chiamati? ».

« I Superquattro delle altre regioni, intendi? ».

« Sì ».

« Beh, che domande » Lance era meravigliato di un quesito tanto banale, dato che quel vispo ragazzino l'aveva abituato a ben altro « Da soli non ce l'avremmo mai fatta. Ora i migliori allenatori del mondo sono riuniti qui, qui per battere Kyaneos ».

« È davvero così? ».

« Che vuoi dire? ».

« Io mi ricordo di quando volevo assolutamente che Red venisse con me in qualche avventura » spiegò Blue « Non lo facevo perché mi aiutasse. Lo facevo perché Red era una certezza. Se c'era lui sapevo di essere con qualcuno di esperto. È come stare giocando a un videogioco e fare una mossa che sai che ti riesce bene perché sei nei guai, come un appiglio. Non hai chiamato gli altri perché avevi paura? ».

« Paura di Kyaneos? ».

« Paura dei tuoi limiti » Lance rimase attonito per quell'espressione « Tutti abbiamo paura di non essere capaci di farcela. Magari li hai chiamati perché se anche sbagli sai di avere qualcuno a coprirti le spalle. Quando non si sa cosa fare si cerca di avere un piano di riserva prima di rischiare ».

« Io… Sì, è possibile » il Superquattro rise di sé stesso, poiché aveva creduto per un istante che Blue non stesse per metterlo di nuovo in difficoltà con le sue osservazioni. Una prova in più che lui era più debole di quanto non gli piacesse ammettere, pensò. Forse aveva davvero chiesto l'aiuto di Lucian, di Drake, di Bertha per convincersi di aver fatto, una volta tanto, una mossa indubitabilmente giusta. Per essere certo di non avere perso la brillantezza che tanti gli avevano attribuito.

« Ah, guarda chi si vede » si udì pronunciare a distanza. Lance e Blue si voltarono verso l'origine del rumore proprio mentre l'ultimo sordo rintocco di mezzodì veniva battuto, a vedere un signore in maniche di camicia di circa cinquant'anni o forse più che si avviava nella loro direzione. Appena dietro di lui lo seguiva un giovanile diciottenne dai vistosi occhiali da sole blu, peraltro unico segno distintivo in un sobrio e dimenticabile abbigliamento corredato di uno zaino da trekking.

« Professore! » esclamò Lance radioso « Quanto tempo! ».

« È dai tempi dell'Unificazione che non ci vediamo, eh? Chi è quel ragazzino? ».

« Si chiama Blue, ma spiegarle tutto richiederebbe troppo tempo. Lei, piuttosto, cosa sta facendo qui? ».

« Mi trovo a Kanto per studiare l'evoluzione dei pokémon da diversi mesi ormai » l'uomo si avvicinò all'orecchio dell'allenatore come per rivelargli un segreto « Voglio anche scoprire i segreti della regione, sai, ce ne sono parecchi ancora irrisolti. Il povero Albert si sta portando dietro mezza biblioteca di Canalave in quello zaino ».

Lance si rivolse solo allora all'accompagnatore, ormai dichiaratamente assistente del professore « Quindi è questo che fai ora, trasporti libri. E quelle lenti blu? ».

Albert si aggiustò gli appariscenti occhiali che persistevano nel cadergli sul naso, probabilmente per un difetto nella posizione dei naselli « In realtà solo lo specchio è blu. Quelli con cui ero partito si sono rotti a Cerulean City, e lì c'era solo un negozio a venderne. Erano o questi o un paio da donna ».

« Io ci avrei riflettuto un po' di più » rise il Superquattro « Ancora nessuna intenzione di tornare ad allenare? Sentiamo la tua mancanza nell'ambiente ».

« Io gliel'ho detto che ha lasciato per motivi balocchi, ma è irremovibile » intervenne il professore.

« Sto bene così » spiegò l'assistente « Viaggio molto e scopro nuovi mondi. Se Bertha non mi avesse eliminato a quest'ora sarei in un'afosa stanza della Pokémon League, ti pare? Non ho di che lamentarmi ».

« A dire il vero saresti precisamente qui » osservò Lance « I Superquattro di Hoenn e Sinnoh sono a Pallet ora come ora ».

« Per il mostro, dico bene? ».

« Già. A proposito, non ho ancora fatto le dovute presentazioni. Blue, cosa stai lì dietro? Vieni qui! » il ragazzo accorse non senza impaccio « Il signore che hai davanti è il professor Rowan, il più noto studioso di Sinnoh e forse di tutto il mondo. Era un amico di tuo nonno ».

« Aspetta un attimo » lo interruppe Rowan « Tu sei quel Blue? Il nipote di Samuel? Ora che ti guardo hai la sua stessa faccia. E tuo nonno dov'è? ».

Lance si interpose per evitare una situazione di imbarazzo ormai già sui binari e si avvicinò al professore « È una vittima dello spettro, per ora è in coma. Non tocchi più l'argomento, per piacere ».

« Ah, comprendo. Pessima gaffe ».

« Il suo assistente » riprese l'allenatore « si chiama Albert. Nel torneo dell'Unificazione di Sinnoh fu uno dei migliori, ma fu sconfitto e si ritirò. Ora trasporta i libri di Rowan ».

« Molto piacere » disse Blue.

« Allora, professore, qualcosa mi dice che questa non è una visita di cortesia. A quanto vedo sa già di Kyaneos ».

« Sarebbe? ».

« Il mostro ».

« Ah, lo chiamate così » colse Rowan « Non so più di quanto scrivano sui giornali ».

« Se vuole qualche delucidazione può fermarsi in città. Non ho ancora pranzato, potrei raccontarle quello che è successo ».

« Sarebbe meraviglioso. Ma, in tutta onestà, mi sono già fatto un'idea di chi vi abbia attaccati » il professore volse lo sguardo verso Albert « Passami l'Antologia ». Il giovane si tolse lo zaino, lo aprì e ne estrasse un testo tascabile di spessore non indifferente.

« La… cosa? » domandò curioso Lance.

« Immaginavo ti sarebbero servite delucidazioni. Del resto è per questo, che sono qui » Rowan accennò un sorriso « Questo libro si chiama Antologia mitologica dell'universo ardeco ».

« Universo arde-cosa? ».

« Tutto a suo tempo, mio caro. La domanda corretta è che cosa contiene ».

« E… ? ».

Rowan sventolò il volume preziosamente rilegato come un ventaglio « Al suo interno è narrata la leggenda di Dà Hàak Loi'i ».

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Capitolo 6
*** A che ora è la fine del mondo? ***


VI 'A che ora è la fine del mondo'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Canalave City: Canalipoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cerulean City: Celestopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Devon Corporation: Devon S.p.A.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon League: Lega Pokémon (n.b. le istituzioni sono qui chiamate con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega Pokémon è anche il nome della località dove la Lega come ente ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Silph Corporation: Silph S.p.A.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Aaron: Aaron.

Agatha: Agatha.

Bertha: Terrie.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Flint: Vulcano.

Glacia: Frida.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Phoebe: Ester.

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.

Sidney: Fosco.

Steven Stone: Rocco Petri.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


VI: “A che ora è la fine del mondo?


« La leggenda di che cosa? » Lance non aveva compreso una parola di quanto il professore aveva detto.

« Temo che spiegare risulterà più lungo di quanto i tempi attuali ci permettano » replicò Rowan « E poi ho un certo languorino. Albert, suggerirei di cercarci un albergo e poi un ristorante ».

« D'accordo » acconsentì Lance « Poi tornate qui alla casa di Blue, così parliamo di questo… qualsiasi cosa abbia detto ».

« Mi scusi, professore » si intromise Albert « Se la padrona di casa mi concede di usare i fornelli potrei preparare da mangiare per tutti, così da velocizzare i tempi ».

« Non penso ci siano problemi per mia sorella » disse Blue « Sarà felice di non dover cucinare, una volta tanto ».

« Non amo discorrere di lavoro quando pranzo » commentò Rowan « Ma non vedo problemi nel farlo appena dopo. Non avevo neanche voglia di cercare un alloggio subito, ce ne occuperemo nel pomeriggio. Del resto prima vi comunico quanto devo meglio è ».


Il pasto fu una questione di una mezz'ora o poco più, non tanto perché le pietanze fossero ridotte quanto per l'inusitata voracità di Lance e Rowan, quasi coinvolti in una gara morale per chi onorasse maggiormente il cuoco – per dovere di cronaca, la spuntò nello sbigottimento generale l'anziano professore. Oltre a loro banchettavano anche Blue, Daisy e lo stesso Albert, che avevano piacevolmente confabulato per l'intera durata del pranzo con animata intensità, anche e forse soprattutto per distrarsi dall'indegno spettacolo che la coppia di divoratori aveva offerto.

« Deliziosi questi Poffin » denotò Daisy « Nulla a che vedere con i surrogati che si trovano qui a Kanto ».

« Questi sono artigianali » spiegò Albert con una punta di fierezza « Li tenevo in serbo dal giorno della partenza, conservati perfettamente tra l'altro. Nasconderli al professore non è stato facile ».

Dopo una risata collettiva Lance proruppe ricordando la ragione della visita « Ora, parliamo di quell'Antologia? Questo pomeriggio devo incontrare di nuovo i Superquattro e vorrei avere tutte le informazioni possibili per decidere un piano d'azione ».

« Naturalmente, anche subito se vuoi » replicò Rowan, e Blue si sorprese del fatto che pur avendo ambedue mangiato con eccezionale ghiottoneria fossero già pronti a parlare di argomenti che, almeno in apparenza, sembravano delicati.

« Vi suggerirei di discutere in una camera di sopra » propose Daisy « Con l'arrivo degli altri Superquattro questa casa sarà battuta dai reporter ».

Con tempismo perfetto qualcuno bussò alla porta. La sorella di Blue, pur cosciente che se l'intervistatore avesse insistito per entrare avrebbe senza dubbio alcuno enfatizzato la presenza di Rowan, Albert e Lance lì, come d'altronde ci si aspetta da uno che svolge tale mestiere, si recò comunque ad aprire. Inaspettatamente, però, nessun cronista era appostato all'uscio di casa Oak; a chiedere l'ingresso era stato invece un relativamente anziano signore ben noto a tutti.

« Buongiorno » Drake levò il copricapo per galanteria.

« Buongiorno » ripeté Daisy « Desidera? ».

« Sono Drake dei Superquattro di Hoenn. Uno di quelli giunti oggi proprio davanti a questo edificio ».

« Ricordo. Come mai si trova qui? ».

« Mi era parso di udire la voce di un caro amico. Per caso il professor Rowan si trova qui? ».

Daisy gettò un'occhiata interrogativa al gruppo ancora seduto al tavolo, a chiedere se dovesse fornire quell'informazione. In risposta vi fu un unanime cenno di assenso.

« Sì, prego, entri ».

« Ah! » esclamò Rowan « Mi hai rintracciato alla fine ».

« Non che fosse complicato » replicò Drake « Tanto urlavi che ti si sentiva all'inizio della via ».

« Che ci facevi da queste parti? » domandò Lance.

« Ufficialmente esploravo la città per prepararmi a stanotte. In realtà non reggevo più il pranzo con gli altri ».

« Ancora mangiano? » si sorprese Rowan.

« Sono lenti come la fame… Anzi, no, quella mi è già passata ».

« Meglio così, non è rimasto nemmeno un Poffin di ciò che Albert ha preparato ».

« Ho sentito di un'antologia. Di cosa si tratta? ».

Seguì una lunga discussione tra Rowan e Lance, salvo che nessuno poté sentirla: come Blue notò presto, i due sembravano comprendere perfettamente gli sguardi l'uno dell'altro. Con ogni probabilità si stavano chiedendo se Drake fosse una persona abbastanza affidabile, anche se il ragazzo non sapeva cosa richiedesse tanta segretezza.

« Parlavamo dell'Antologia mitologica dell'universo ardeco. Forse la conosci ».

« L'ho studiata ai tempi, ma non ne ricordo quasi niente ».

« Stavo per tenere una lezione di storia a Lance. Se vuoi puoi unirti a noi, andiamo di sopra ».

« Con piacere ».


Daisy era rimasta al piano inferiore a gestire eventuali visitatori. Stretti nella stanza da letto di Blue, dunque, v'erano oltre al proprietario Drake, Lance, Albert e Rowan. Quattro fra le personalità più influenti delle rispettive regioni si trovavano riunite in un abitacolo a discorrere di quanto stava succedendo a Pallet Town.

« Molto bene » cominciò il professore aprendo il tascabile che stringeva in mano « Direi che possiamo cominciare. Ah, già, prima di tutto: Lance, Blue, per caso sapete già chi erano gli Ardi? Ah, vedo di no. Riassumendo brevemente erano il popolo che abitava tutto il continente in cui viviamo migliaia di anni fa. A giudicare dai loro scritti il loro regno risalirebbe ancora prima della venuta dei pokémon nel nostro mondo ».

« Venuta? » lo interrogò sospetto il Campione di Kanto.

« I pokémon non sono con noi da sempre. A giudicare da quanto gli Ardi ci tramandano, abitano Kanto da un tempo brevissimo. Geologicamente parlando, s'intende ».

« E da dove saltano fuori? Nel senso, la loro esistenza nasce qui o provengono da altri territori? ».

« Se dobbiamo attenerci all'Antologia, la loro origine è da rintracciarsi nell'Abisso, ovvero una dimensione alternativa incredibilmente estesa. Un varco dimensionale avrebbe permesso ai pokémon di penetrare nella nostra vita ».

« Poco credibile ».

« Credere a questa premessa è fondamentale per capire l'origine di Dà Hàak » spiegò Rowan.

« Ma chi sarebbe questo Dà Hàak? ».

« Tutto a suo tempo. A essere precisi non si trattò di un solo varco: ve ne furono diversi, a intervalli irregolari, come se di tanto in tanto qualcosa o qualcuno li aprisse. Quando le specie che attualmente abitano Kanto, già sviluppatesi nell'Abisso, giunsero nella regione rendendola ciò che conosciamo, quelle che invece popolano Sinnoh si erano già ambientate da tempo. E sebbene questa lettura sia puramente tratta dall'Antologia, essa trova sconcertanti riscontri nella storia geologica del territorio ».

« Quindi quelli di quel libro non sarebbero solo miti? ».

« Hai perfettamente compreso: sono considerati tali solamente dall'opinione pubblica. Per qualsiasi rispettabile ricercatore, l'Antologia è il più antico libro di storia a noi noto ».

« E questo cosa c'entra con noi? » quelle di Lance e Rowan erano le uniche voci che risuonavano nella camera; Albert, Drake e Blue mantenevano un ossequioso silenzio.

« L'Antologia è consta di tredici libri. Stando alla prefazione, essa fu redatta in toto dopo la caduta della civiltà ardeca. Prima di tutto è necessario per voi cogliere che non abbiamo a disposizione la traduzione intera. Pochissimi passi sono stati decifrati, e la ricerca è tutt'ora in corso da specialisti del Reparto Filologico della biblioteca di Canalave. Per nostra fortuna, diversi passi del tredicesimo libro sono già stati decrittati ».

« Di cosa parlano? ».

« Il tredicesimo libro descrive con dovizia di particolari la corruzione e il correlato declino degli Ardi. L'ultima parte, riguardante la vera e propria caduta, parla anche di Dà Hàak Loi'i ».

Drake e Albert, fino ad allora rimasti impassibili di fronte a nozioni risapute, si unirono a Lance nella curiosità. Quanto a Blue, cominciava a fatica a capire ciò che l'Antologia concerneva.

« Vedo che l'argomento interessa » sorrise Rowan « Vediamo subito di approfondirlo, dunque. Proprio al ventre più infimo del deperimento ardeco si fece avanti un uomo – un attimo che mi baso sul testo tradotto – , “il cui nome ci è dimentico”. “Egli era da tutti amato e glorificato, e fugli conferito il massimo ruolo mai conferito ad alcun fratello nostro”, ecco, poco più avanti spiega, a senso – la traduzione è incompleta –, che videro in lui il salvatore della patria, e quindi gli diedero potere completo su di loro fidandosi di lui ».

« Ma non andò bene » Blue percepì nella voce di Lance una lieve ironia.

« Decisamente no. “Poi che fu rivelata la sua veritiera natura egli prese il comando; egli proferiva cose grandi e bestemmie”, qui inizia uno sproloquio retorico sulle malvagie azioni compiute dal nostro uomo, salto per non annoiarvi. “Non era più già uomo, ben sì demoniaca bestia”, e ciononostante fa proseliti e diventa sempre più inarrestabile ».

« Scommetto i miei occhiali blu che ora arriva il colpo di scena » rise Albert.

« Nessuno li vuole » replicò Rowan « Dicevamo… “Udissi però un mattino dal firmamento un suono simile al rumore di molte acque e al rombo di gran tuono, e il suono sentito era come un concerto di arpisti che suonino i loro strumenti; e discese dal Sole un cavaliere che aveva la chiave dell'abisso e una grande catena in mano. Egli afferrò l'essere immondo e lo incatenò e lo chiuse nell'abisso; e sigillò sopra di lui e dispose che non potesse uscire se non passati mille anni; e lo maledisse in antica lingua per che non nuocesse e seducesse più tribù o popolo o lingua o nazione”, un po' lungo ma spiega meglio di quanto potrei spiegare io ».

« Chiunque abbia scritto questa cosa avrà avuto seri problemi con sé stesso » commentò Lance.

« E con ciò terminiamo: “Passati i mille anni aprissi lo sigillo e fuori uscì non più di un'ombra spenta e buia; ed egli lamentò in antica lingua la reclusione e disse di chiamarsi non già con lo vecchio nome ma Dà Hàak Loi'i; e plasmò l'essenza del male e la cosparse su tutta la civiltà dei fratelli nostri, celando il libro dei giusti e glorificando le nefandezze e punendo le nobili gesta; già che il suo potere era oltre modo grande ed era scritto in antica lingua che non avesse rivali nel mondo terreno” » il professore richiuse con vigore l'Antologia « Commenti? ».

« Dà Hàak Loi'i… sarebbe il nostro Kyaneos? ».

« Se è come penso io, sì ».

« Ma non ha senso! » esclamò Lance « Perché qui? Perché ora? Che interesse avrebbe ad attaccare una città come Pallet Town? Cosa c'è qui di tanto importante? ».

« Non ne ho idea » rispose Rowan « Ma se non si tratta di Dà Hàak brancoliamo nel buio. Kyaneos da dove l'avete ricavato? ».

« Lo pronuncia prima di attaccare. Non sempre, però ricorre ».

« “kyaneos” è una parola in lingua ardeca » ribatté con freddezza il professore « Significa “nero”. Se il vostro spettro conosce l'ardeco è matematicamente certo che sia lui ».

Il Superquattro di Kanto si infilò le mani nei capelli e chinò la testa in un tentativo di fare mente locale, ma anche e soprattutto di accettare che per qualche ragione un demone di una civiltà morta millenni prima si era messo contro di lui e contro i suoi amici. Poi, come un lampo a ciel sereno, la sua mente fu attraversata da un ricordo di poche ore prima, in quella fatidica notte, poco prima del secondo attacco di Dà Hàak. Blue gli aveva raccontato di un sogno, e in quel sogno c'era una parola che in quel momento aveva sulla punta della lingua.

« Tritos… » mormorò a un tratto, e il ragazzino si voltò preoccupato verso di lui intuendo.

« Come dici? » domandò Rowan.

« Non si è chiesto perché Blue è coinvolto in tutto ciò? Perché si trova qui con noi e perché siamo riuniti a casa sua? ».

« A dire il vero il dubbio l'avevo, ma l'Antologia me l'aveva rimosso dalla testa ».

Lance diede un'occhiata a Blue che, pur intimorito, pareva volergli dire di proseguire « È perché ha sognato per tre volte quel mostro, di cui due prima che attaccasse. Senza saperlo aveva visto in anticipo tutto ».

Drake, Rowan e Albert erano uniti in un'espressione di puro sgomento e pendevano dalle sue labbra.

« Era “tritos”, dico bene? O qualcosa che suonava simile » Lance si stava rivolgendo direttamente al giovane « Quella parola che pronuncia sempre. Professore, per caso in ardeco significa qualcosa? ». In realtà lo sapeva già, lo stava immaginando, e temeva di sentire la conferma di Rowan che avrebbe segnato tutto, dato all'intera vicenda un termine. E tuttavia fremeva per avere la risposta, sia perché confidava in una smentita dell'ultim'ora che l'avrebbe sollevato, sia perché in caso contrario, come si suol dire, via il dente via il dolore.

« Su “tritos” non saprei, ma c'è un termine simile, “tritaios” ».

« Ah! » proruppe Blue « Sì, diceva proprio quello! Ogni volta i sogni terminavano con quella parola ».

« Che cosa vuol dire, professore? » il cuore di Lance batteva a mille, come volesse uscire dal petto.

« Significa “tre giorni” » disse Rowan, e Lance si inginocchiò come avesse d'un tratto perso ogni forza per rimanere seduto compostamente « Che hai? ».

« Rifletta, professore » il Superquattro sembrava incapace di respirare, sull'orlo di un crollo nervoso « È normale che un ragazzo di nove anni indovini nel sonno una lingua mai sentita prima? ».

« No ».

« Ed è normale che predica l'aspetto di un mostro che avrebbe attaccato la città per la prima volta? ».

« No ».

« E, mi dica, è concepibile che un demone che ha distrutto una civiltà da solo attacchi per tre giorni e poi scompaia senza distruggere qualsiasi cosa ci sia di bello in questo mondo? ».

Rowan si sentiva floscio all'interno, come quelle parole l'avessero svuotato goccia a goccia di quel fluido vitale che ci percorre tutti da quando acquisiamo autocoscienza « Da quanti giorni Dà Hàak attacca Pallet? ».

Lance era quasi in lacrime « Lo sa bene anche lei. Non potrebbe essere diversamente ».

Fu un'esplosione, un vuoto improvviso in tutti i presenti. Drake, Lance, Blue, Albert e lo stesso professore si rendevano perfettamente conto delle implicazioni. A nessuno era sfuggito che i danni causati erano stati un crescendo: prima qualche stabile, poi un intero quartiere. Quell'ultimo assalto non sarebbe stata la liberazione, sarebbe stato l'avverarsi dell'incubo. Era più che una certezza: era come una curva esponenziale che ineluttabilmente tende all'infinito. Era una certezza geometrica.

« Adesso ascoltami, Lance » Drake sembrava aver recuperato quell'austerità che la sua figura suggeriva, abbandonata per un istante in favore del terrore di essere distrutti « Convoca immediatamente tutti. Dobbiamo avere un piano d'azione, o stasera o mai più ».

« A che serve? » il campione alzò la testa « Ci schiaccerà. Tutti ».

« Lance » Drake aveva nuovamente cambiato tono, suonando ora più paternalistico « Perché ci hai chiamati, allora? ».

« Perché… » ripensò al dialogo con Blue « … Perché avevo paura. Paura di Dà Hàak e dei miei limiti. Cos'altro dovevo fare? Cos'altro mi rimaneva da fare? ».

« E allora dovrai superare le tue paure » il capitano gli si fece incontro « Sei colui su cui tutta Pallet fa affidamento. Sei l'uomo-immagine del tuo gruppo. Tu sei un Maestro di Pokémon. Hai noi tutti al mio fianco, noi Superquattro di Kanto, Hoenn e Sinnoh, i migliori del mondo. Non sei solo. Siamo con te per sconfiggere Dà Hàak ».

« Io… Tornate alle vostre case. Non voglio che vi uccida. Ho passato la notte a chiedermi perché non mi avesse eliminato, avevo trovato forza nel pensare che fosse mio destino sconfiggerlo » Lance era sul punto di scoppiare in lacrime « Non lo era! Sono sopravvissuto per puro caso, per dover assistere alla distruzione di Pallet e di tutta Kanto se solo quel mostro vorrà! Ieri notte ci sentivamo invincibili come tu e gli altri vi sentite ora, e ci ha schiacciati su ogni fronte! ».

« Nessuno di noi pensa di essere invincibile. Sarebbe sciocco pensarlo. Possiamo solo dare il meglio di noi e sperare che tutto vada bene. Dare il meglio, capisci? Non è per questo che sei partito nel tuo viaggio di allenatore? ».

Lance rifletté. Gli doleva dover rispondere in quel modo, ma non riusciva a mentire a Drake « No. A essere sincero non ricordo perché sono partito ».

« Allora non importa dove arriverai » replicò l'uomo « Sei qui ora, per questo giorno. Domani potrai essere il re di Kanto, glorificato e amato, oppure una salma in decomposizione sulle rovine di un mondo distrutto. Sono entrambe conclusioni possibili, non devi temere nessuna delle due. Devi solo temere di dover assistere inerme a tutto ciò, ai tuoi compagni che si batteranno, all'inerzia. Questi sono i tuoi nemici. Se continui a cercare di batterti, il resto verrà da sé, e potresti persino scoprire il tuo fine in questo universo ».

« Ha ragione, Lance » intervenne Albert « Io sono diventato troppo apatico e sono rimasto troppo a riposo per potermi battere questa notte. Non sprecare quest'occasione, perché un motivo così prestigioso per cimentarti non lo avrai mai più. Affrontate Dà Hàak una volta per tutte, per poter essere un ancora un gruppo. Se dovesse andare male, avrai il privilegio di non rimpiangere questa notte per gli anni a venire. Se non ti schierassi moriremmo tutti comunque, tanto vale tentare ».

Lance si voltò verso Rowan, l'unico assieme a Blue a non aver ancora aperto bocca nell'appello « Mi dia il suo parere, professore. Una sua parola, è l'unico cui possa davvero credere. Mi consigli ».

L'anziano signore sorrise « Non voglio portare un peso simile sulle spalle. La decisione non è mia, è tua ».

Il Superquattro rimase in uno iato muto per pochi istanti. Era una riposta eloquente, quella di Rowan, e lo sapeva bene « Drake, chiama tutti gli altri e di' loro di trovarsi al Viridian Palace Hotel oggi alle sei del pomeriggio. Stasera si scende in campo ».


La suite era quanto di più lussuoso i quindici presenti – agli allenatori impegnati quella notte si erano uniti Rowan e Albert – avessero mai visto. Non sorprendeva che Lance potesse permettersi di pernottare lì, dato che la sua posizione gli fruttava un lauto compenso, e tuttavia stupiva il trovarsi personalmente in un luogo simile, seduti sulle pregiate lenzuola estive o appoggiati ai mobili in legno d'ebano. Il Campione di Kanto si trovava al centro della camera, attorniato dai suoi colleghi e amici, pronto per spiegare quanto stava succedendo. Accanto a lui, a supportarlo psicologicamente, gli si era affiancato Drake, mentre gli altri due presenti al convegno a casa Oak si erano appartati e sorvegliavano con interesse la coppia, al centro di tutta l'attenzione. Blue era stato escluso dalla riunione, né avrebbe desiderato presenziare, preferendo alla compagnia dei Superquattro quella di Pikachu ed Eevee.

« Molto bene » debuttò Lance « Direi di dare subito la notizia. Lo spettro, che a quanto pare si chiama Dà Hàak Loi'i, attaccherà stanotte per l'ultima volta ». Inizialmente vi fu un generale sollievo, ragion per cui il giovane si affrettò a precisare « Ciò non vuol dire che finisce tutto. Ci siamo accorti tutti che i danni sono peggiorati a ogni incursione di Dà Hàak. È molto probabile, considerando che il nostro nemico potrebbe e dovrebbe essere un antico demone ardeco, che questa volta non se ne andrà da sé. Quantomeno è ciò che il professor Rowan concorda nell'affermare ».

Con sua meraviglia, nessuno ribatté, forse per l'ultima autorevole menzione. Ciò non significava ovviamente nulla: nessuno di coloro che avevano udito quella spiegazione era pienamente convinto che essa fosse logica. Ma non vi erano dubbi che, ultima volta o no, il mostro avrebbe certamente attaccato. Phoebe accennò una protesta, ma Drake la zittì con un imperioso sguardo.

« Nessuna obiezione? » domandò Lance, ringraziando il suo collega con un'occhiata complice.

« Queste informazioni da dove vengono? » lo interrogò Lucian « Non che non ti creda, ovviamente, sono solo curioso ».

« Come detto, Rowan ».

« Ma il professore l'ha ideata da sé? Non credo. Su cosa si è basato? ».

« Sull'Antologia mitologica, il più noto libro ardeco ».

« E noi ci basiamo solo su quello? » esclamò Phoebe incapace di trattenere lo sconcerto « È una manciata di leggende! ».

Lance cercò di spiegare la sua fiducia in quel volume senza accennare al coinvolgimento di Blue, che voleva proteggere il più possibile « A dire il vero non–– ».

« Non è affar tuo sapere come abbiamo verificato che effettivamente gli ardechi c'entrino in tutto questo » lo interruppe Drake « È vero e basta. Questo è il terzo giorno, il che vuol dire che Dà Hàak stanotte vorrà terminare il suo lavoro ».

Phoebe abbassò il capo e il Campione di Kanto riprese « Noi stavamo pensando di evacuare Pallet Town ».

« Dove hai intenzione di portare tutti? » domandò Steven.

« Non è ancora deciso. Dato che molti hanno già traslocato stamattina, che ne direste di Saffron City? ».

« Sei cosciente che dovrai affrontare abitanti che si rifiuteranno di lasciare? ».

« Pur posto che dopo la battaglia di ieri ho seri dubbi, sì, ne sono cosciente. È questione di salvezza pubblica, non dovranno né potranno opporsi ».

« Allora io sono con te » concluse Steven « Conta sui Superquattro di Hoenn ».

« E su quelli di Sinnoh » fece eco Lucian « Questa notte abbatteremo quel fantasma, che questa leggenda sia vera o no ».

« Vi ringrazio » disse Lance « Ora, prima di tutto serve un piano d'azione. Io e Drake abbiamo ragionato su quanto successo ieri, e uno dei principali problemi è stata la mancanza di coordinazione. Questa volta dovremo avere già in mente cosa fare ».

« Per vostra fortuna » intervenne Steven, esponendo una bisaccia che era a metà tra una borsa e uno zaino « avevo immaginato una situazione simile. Come saprete mio padre è titolare della Devon Corporation, che produce tra le altre cose Poké Ball e simili oggetti. Vi sfido a indovinare cosa c'è in questa sacca ».

« La butto lì: PokéNav? » fu la scommessa di Rowan, fino ad allora rimasto defilato.

« Molto arguto, professore, le spedirò un Devonscopio come premio appena rientro a Hoenn. Ebbene sì, ce ne sono a sufficienza per tutti ».

« Cosa sarebbe un PokéNav? » domandò interessato Lance.

« Una versione avanzata del vostro PokéGear. Tra le altre cose consente chat di gruppo, il che vuol dire che se ci sintonizziamo su una certa frequenza potremo parlare con tutto il resto dell'allegra brigata senza digitare alcun numero ».

« Direttive in diretta » commentò affascinato il Superquattro.

« Esatto. Punti bonus per l'allitterazione » Steven ne distribuì uno a testa con impressionante rapidità « Sintonizzatevi sul canale 23 Alfa ».

« 23 Alfa? » domandò Rowan stupito.

« È un canale segreto situato appena dopo il ventitreesimo. Soltanto questi PokéNav sono abilitati ad accedervi. Inizialmente era stato pensato come canale privato riservato ai dipendenti della Devon, ma poi è stato abbandonato ».

« D'accordo » Lance si sintonizzò come indicato « Faremo una prova quando staremo aspettando Dà Hàak. Per il piano? ».

« Ne discuteremo dopo » decretò Drake « La prima cosa da fare è liberare Pallet ».


E così avvenne. Buona parte del neonato gruppo rientrò nel borgo con il compito di convincere ogni singolo abitante a trasferirsi temporaneamente a Saffron, mentre i rimanenti si erano spostati nella metropoli per preparare gli alloggi. Non vi fu affatto la resistenza immaginata: Dà Hàak aveva infuso tale terrore con le sue due aggressioni che Pallet fu ripulita in tempi brevi. Quanto alla nuova collocazione, la Silph Corporation offrì alloggio nella sua ampia sede centrale a quasi un terzo di tutto l'agglomerato, mentre il rimanente fu diviso negli svariati condomini sparsi nella città. Come risultato, già due ore dopo i tredici allenatori si riunirono nel grande e deserto avamposto di guerra che Pallet Town era diventato, elaborando una tattica di combattimento.

Si optò per una scelta che comprendesse sia terra che aria, concordando comunque che era essenziale mantenere la pressione alta per impedire a Dà Hàak di utilizzare le sue micidiali sfere purpuree. Anche lo Specchiovelo aveva insegnato molto, così come l'intero scontro della notte prima: mosse fisiche e speciali sarebbero state alternate, nonché le Protezioni attivate al minimo accenno di un ritorno, per limitare i danni il più possibile – a questo proposito Drake riprese in mano i suoi due Shelgon, addestrati proprio per questo scopo. Infine fu deciso di scindersi in quattro diverse squadre che sorvegliassero i quattro edifici maggiori citati in precedenza – per chi non li ricordasse Berries For Two's, boschetto, imbocco del Route 1 e i rimasugli di dove era una volta locato il laboratorio di Oak –: Lance, Drake, Lucian e Steven ne sarebbero stati i leader. Non fu neanche trascurato lo scenario: affinché Pallet sembrasse immersa in una sera come tante altre fu fatta irruzione in alcune case perché almeno una luce per ogni rione rimanesse accesa.

Una volta disposto quanto era necessario per la grande battaglia, il gruppo si ritirò a Viridian per cenare insieme a Rowan e Albert; quest'ultimo diede fondo a tutta la sua pazienza per soddisfare i gusti di ciascuno dei convitati. Al termine del pasto, circa verso le nove e mezzo, molti si ritirarono a riposare per qualche ora prima dell'attacco che, se seguiva davvero un trend caratteristico, era prevedibile tra l'una e le due del giorno dopo.

Lance, ovviamente troppo nervoso per dormire o anche solo rilassarsi, stava passeggiando senza meta nella città desertica che appena quella stessa mattina era stata gremita di reporter, allontanatisi dopo essere stati appagati con le notizie sull'evacuazione. Ma ovviamente non erano i cronisti a rendere il Superquattro nostalgico: ciò che più gli era rimasto impresso era la via commerciale che aveva percorso inseguendo Blue. Il suo pensiero andò a Pikachu ed Eevee, lasciati al loro destino. « Non vi accadrà nulla » promise ammirando la luna, come se quell'eburneo satellite luminoso potesse girare la sua frase ai pokémon e al suo piccolo protetto.

« Anche tu insonne, vedo » disse una voce dietro di lui « Manca ancora un po' alla venuta di quello spettro, no? ». Effettivamente era appena mezzanotte, ben distante da quanto ci si attendeva.

« Come si può pensare di dormire in una situazione simile? » chiese Lance, ma era più un interrogatorio introspettivo che una effettiva domanda.

« Sai, quella luna mi ricorda una notte di tanti anni fa » Drake alzò lo sguardo alle stelle « Era un inverno molto freddo per i nostri standard, e io mi ero coperto molto poco prima di quel viaggio. Ero con il mio Salamence, sai, e me ne volavo lontano da Hoenn, non distante da qui. Mi sono preso un simpatico raffreddore il giorno dopo, che per il mio fisico è un evento straordinario ».

« Che stavi facendo d'inverno a volare? Te le vai proprio a cercare ».

« Ero andato a trovare un vecchio amico. Allora avevo qualcosa come trent'anni, parliamo di eoni fa ».

Lance sorrise, poi però riassunse l'espressione mesta che lo caratterizzava in quei frangenti di tensione estrema « Secondo te come andrà a finire stanotte? Ce la faremo? ».

Il volto di Drake divenne tale e quale a quello di coloro che devono annunciare alla madre la morte di un figlio. Non sarebbe stato nemmeno necessario parlare dopo, ma optò comunque per una spiegazione « Sai bene che sono un uomo molto schietto. Vuoi la mia idea o parole di incoraggiamento? ».

« Deduco che le due non coincidano ».

« Stiamo parlando di un demone di potenza sconfinata. Mi sono fatto un'idea, seguendo le tue parole e quelle dell'Antologia, di come questo Dà Hàak deve essere. Da soli, anche in tredici come siamo, dubito potremo abbatterlo ».

« Non capisco. Perché allora mi hai convinto a partecipare a questa battaglia? Perché stiamo combattendo? Per morire onorevolmente? ».

« Non sono uno che corre rischi di quel tipo. Sai che per me l'onore è qualcosa privo di significato ».

« Dunque? ».

« Quella notte di trent'anni fa il mio amico mi disse una cosa che non scorderò mai » replicò Drake « Qualcosa di grave sarebbe successo. Qualcosa era stato alterato. Sono convinto che si tratti di Dà Hàak Loi'i, anzi ne sono certo ormai ».

« Ma io? Cosa c'entro io? ».

« Da tutto ciò che mi ha raccontato in quell'occasione ho imparato che siamo tutti importanti, che tutti nasciamo con uno scopo e che il singolo può fare la differenza. Tu sei uno dei più grandi allenatori viventi. Tu, Lucian, Steven… siete gente che sposta gli equilibri. ».

« Dimentichi te stesso ».

« Io ho smesso di essere un elemento decisivo decenni fa » fu l'aspro commento di Drake « Voi siete la nuova leva, e per quanto mi riguarda siete ben superiori a coloro che erano giudicati i migliori ai miei tempi. Era fondamentale che ci foste tutti in quest'occasione. Magari non servirà a niente, ma c'è una possibilità remota che possiate fare la differenza come il mio amico mi ha insegnato. Se qualcuno può, siete voi e nessun altro ».

« E allora perché chiamare a morire anche tutti gli altri? » spirava una leggera brezza marina, sembrava di trovarsi in riva al mare e non nella campagna di Kanto.

« Personalmente, se potrò perire per aumentare di un nonnulla le vostre possibilità di farcela sarò fiero di dare la mia vita per la causa ».

Lance non fu in grado di replicare. La sola idea che Drake potesse andarsene quella notte non l'aveva nemmeno sfiorato. Aveva certo pensato agli innocenti, a coloro incapaci di difendersi, forse anche a qualcuno del suo gruppo d'élite, ma mai lui. Era una leggenda, tutti lo ritenevano quanto di più vicino ci fosse all'immortale, eppure era effettivamente umano. Anche lo stesso Lance, d'altro canto, era creduto eterno dai più, e solo poche ore prima aveva rischiato di essere ucciso.

E di nuovo non riusciva a motivare la decisione di quel demone ardeco di attaccare. Troppe cose non quadravano. Perché tre giorni? Perché Blue e Red tra i tanti erano stati deputati a ritrovare il professor Oak? Perché Red era entrato in quello stato catatonico e Blue no? Perché iniziare la propria opera di distruzione da un borgo come Pallet?

No, non aveva senso arrovellarsi su pure supposizioni. Doveva evidenziare le uniche certezze che aveva, o sarebbe impazzito, oppure anche peggio rimasto intrappolato tra le sue congetture. La sola sicurezza era che quella notte sarebbe stata l'ultima del mondo come gli antichi la immaginavano, con un solitario giustiziere venuto a sommergere con un oceano di silenzio e desolazione la terra densa di malvagità. Restava da stabilire solo l'ora.

« Sai » disse Lance a un tratto « Sono felice che tu sia qui con me. Qui, alla fine di ogni cosa ».


Ci sono momenti nella vita in cui non vi è traccia di curiosità. Talvolta proviamo un amalgama di interesse e terrore verso lo sconosciuto, anzi è più comune di quanto ci si aspetti. Non era questo il caso: nessuno dei tredici, nessuno degli abitanti di Pallet trasferiti a Saffron, nessuno in tutta Kanto, nessuno in Johto, nessuno in Hoenn e Sinnoh dove la notizia era giunta con leggera dilazione, nessuno di loro voleva sapere come sarebbe andata a finire. Troppo gravi le premesse, troppo fiacche le evidenze per avere anche solo quel barlume di ottimismo necessario per voler conoscere il futuro. Il mondo intero stava per assistere a quanto di più grandiosamente devastante si fosse mai verificato in tempi recenti, e lo sapevano tutti. E ci fosse stata la possibilità di arrestare retroattivamente il tempo a tre giorni prima, come avviene in svariate commedie, così che lo stesso dì si ripetesse all'infinito, nessuno a parte forse Drake avrebbe rifiutato dietro qualsivoglia compenso.

No, effettivamente Lance ipotizzava che qualcuno l'avrebbe fatto. Fu così, senza alcun preavviso, che gli tornò in mente James. Chissà cos'avrebbe detto in un'occasione come quella. Forse le stesse cose dette da Drake, o forse avrebbe optato per un eloquente silenzio. Non si sa mai cosa dire di fronte al pericolo, nonostante le frasi arrivino quasi spontanee al termine di esso.

« Ehi, nuove istruzioni? » gracchiò una voce dall'interfono del PokéNav di Lance, interropendo il flusso dei suoi pensieri.

« No, Phoebe » replicò Drake con il suo usuale tono austero.

« È da pazzi » esclamò Aaron, che si trovava proprio nella squadra del Campione di Kanto « Siamo qui da quasi un'ora e ancora niente. Sembriamo dei deficienti ».

« Meglio deficienti che morti » fu la secca ribattuta di Steven.

« Ma non si fa vivo! In base a cosa avete deciso che–– ».

« Ma fatti i fatti tuoi » proruppe Lance « È così e basta ».

« Ah, beh, scusa se i fatti vi danno torto, Campione ».

« Aaron, finiscila » dal PokéNav parlava ora una voce autorevole che nessuno tardò a riconoscere « Non abbiamo alcun dubbio ».

« Mi scusi, professore, ma qui non c'è segno di vita ».

« Magari l'ora non è quella giusta. Aveva ritardato anche ier–– » Lance fu come fulminato. Era ovvio, gli era stato davanti per tutto quel tempo « Fermi! Dà Hàak non ha mai attaccato alla stessa ora! ».

« Che intendi? » domandò Drake a distanza.

« Ieri era arrivato verso le due di notte, ma non l'altroieri! » proseguì il Superquattro « Lorelei, tu ricordi benissimo l'ora giusta, no? ».

« Cos'era, l'una mi pare ».

« Un'ora di distacco. Il che vuol dire che–– ».

Un flash accecò tutti i presenti per qualche secondo, mentre una sferzata di vento investiva Pallet, ma era talmente ampia che avrebbe benissimo potuto essere diretta all'intera Kanto. Vi fu un rumore sordo, come di vortice che si richiude, e lentamente iniziarono a riacquistare la vista. Nessun Dà Hàak, con meraviglia generale.

« COS'È QUELLO? » gridò nel panico Flint. Nel cielo, non eccessivamente distante, si era formato un colossale simbolo luminoso dai colori tendenti all'indaco. Un altro suono sommesso risuonò nell'atmosfera e il desertico borgo si accese in un immane incendio. Con più attenzione, però, le fiamme non erano rossicce ma bluastre, non emanavano affatto calore e soprattutto non stavano bruciando niente. L'impressione generale era di trovarsi in un gigantesco set teatrale.

« Che succede? » fu l'unica frase pronunciata via PokéNav, senza che se ne potesse identificare la voce distorta dall'angoscia.

« Dà Hàak » rispose Lance con amarezza, e proprio in quell'attimo si formò una colonna fulgente che nasceva nel centro dell'emblema celeste e discendeva con violenza fin giù al terreno. Un'immensa lingua di fuoco cerea iniziava a essere intravista da Pallet Town, ma non era affatto prossima alla cittadina.

« Dove? Dov'è? » domandò convulso Lucian.

« SAFFRON! » fu l'improvvisa realizzazione di Drake « Attacca Saffron City! ».

Una sensazione di vuoto improvviso si creò nello sterno di Lance. Saffron City. Li avevano mandati tutti a morire, tutti. « Perché? Perché cambiare il luo–– ». Si interruppe. Non c'era il tempo di porsi quesiti inutili. Non c'era tempo per niente. « Presto, ogni squadra salga su una monta e accorra subito » disse lanciando due dei suoi draghi « Aaron, Bruno, Glacia, voi prendete il mio Charizard. Io e Dragonite andiamo da soli ».

I suoi tre accompagnati tentarono di dire qualcosa, ma già il campione sfrecciava a cavallo del suo pokémon verso la metropoli, mentre Dà Hàak Loi'i era già completamente emerso dall'oscurità in quell'ultima, fatale notte.

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Capitolo 7
*** Hasta el fin ***


VII 'Hasta el fin'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Canalave City: Canalipoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cerulean City: Celestopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Devon Corporation: Devon S.p.A.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon League: Lega Pokémon (n.b. le istituzioni sono qui chiamate con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega Pokémon è anche il nome della località dove la Lega come ente ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Silph Corporation: Silph S.p.A.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Aaron: Aaron.

Agatha: Agatha.

Bertha: Terrie.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Flint: Vulcano.

Glacia: Frida.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Phoebe: Ester.

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.

Sidney: Fosco.

Steven Stone: Rocco Petri.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


VII: “Hasta el fin


Lance armeggiò con il PokéNav e telefonò direttamente a Rowan, senza ricorrere al canale comune « Professore, mi sente? ».

« Lance! Qui c'è Dà Hàak! ».

« Lo so bene, sto venendo » il Superquattro si voltò e notò che già i restanti dodici gli erano dietro « Stiamo venendo. Lei è con Blue, dico bene? ».

« Sì, ma perché? ».

« Dove siete? – ANDATEGLI SUBITO ADDOSSO! ».

« Alla Silph, quinto piano ».

« Scendete immediatamente al piano terra. Sarò lì il prima possibile » Lance riagganciò e si sintonizzò nuovamente sul 23 Alfa « Voi attaccate, devo andare da Blue! ».

Probabilmente molti avrebbero avuto da ridire su quell'istantaneo abbandono del leader della Lega di Kanto, ma fu Drake a occupare per primo la frequenza « Vai pure, qui ce la caviamo noi ».

« Grazie » Dragonite, ormai prossimo a Saffron City, virò ed effettuò un'avvitata verso il basso per raggiungere il prima possibile la sede della corporazione, mentre dietro di lui Salamence lo superava pronto a lanciare un Dragartigli.

Lance, dopo aver precauzionalmente spento il PokéNav per evitare interferenze, atterrò senza la minima prudenza ed entrò trafelato nel colossale edificio, dove Rowan, Albert e Blue ancora in pigiama – il gruppo societario doveva essere stato più disponibile di quanto si aspettasse, avendo fornito anche letti agli ospiti – lo attendevano con impazienza. Tutt'intorno lo staff faticava a controllare le fuoriuscite dagli ascensori di abitanti di Pallet ansiosi di seguire la battaglia.

« Lance! Cosa c'è? ».

« Non c'è tempo di spiegare, ma è evidente che Dà Hàak attacca dove c'è lui » e indicò il giovane ragazzo.

« Lui? Come lo sai? ».

« Ho detto che non c'è tempo » fu la fredda replica del campione che, forse per la tensione che aleggiava nell'aria, aveva completamente dimenticato il rispetto che da sempre aveva mantenuto per il professore « Blue, hai avuto un altro incubo? ».

« Sì ».

« Raccontalo in breve ». Un'esplosione assordò per un istante i presenti.

« Era uguale al primo, quello dell'invasione, però prima di dirmi “tritaios” mi diceva qualcos'altro ».

« Cioè? ».

« Qualcosa… “seguimi nell'abisso”, mi pare ».

« Professore! » Lance si volse al suo precedente interlocutore, frattanto completamente disorientato dalla rapidità con cui tutto si stava svolgendo e dalle persistenti deflagrazioni all'esterno « L'Abisso, che cos'era? Ne ha parlato ieri ».

« Sì, è la dimensione da cui Dà Hàak viene ».

« Lei crede che voglia che lo raggiungiamo lì? ».

« Io… Sì, può essere ».

« E come? ».

« Io… Forse c'era qualcosa… ».

« PROFESSORE! » esclamò a un tratto Lance « QUI FUORI STANNO TUTTI RISCHIANDO LA VITA! ».

A quel punto intervenne la voce stentorea di Albert « Adesso basta, calmati. Sii logico, è inutile affrontare una battaglia simile in preda alla sola adrenalina. È questo che vi ha traditi ieri ».

Il Superquattro si fermò e inspirò profondamente per tranquillizzarsi « Hai ragione, vi chiedo scusa ».

« Fortuna vuole che avessi previsto una circostanza simile » proseguì l'allenatore, e mise mano al marsupio che gli avvolgeva la vita per estrarne un ben noto volume « Ecco l'Antologia ».

« Molto ben fatto, Albert » si complimentò Rowan « Se una risposta c'è è lì. Vediamo… Ah, ecco qui ».

« Che dice? » fu la domanda comune del trio che dedicava al professore la sua totale attenzione.

« Bisogna forzare il varco. Andando a… Aspetta, la conversione nel sistema metrico… Con 112.2 m/s dovreste poterlo aprire ».

« Ma dove? ».

« Il varco per l'Abisso non è stabile » spiegò Rowan, cercando di sovrastare il rumore delle esplosioni e del caos che li circondava « Solo dall'interno dell'Abisso si può aprire, dopodiché resta attivo per mezzo Ciclo Ardeco, più o meno venti minuti nostri, e si richiude automaticamente ».

« Capisco » Lance vedeva svelati molti dubbi che in quei giorni l'avevano assillato « Ecco perché Dà Hàak se ne andava anche quando stava per uccidere qualcuno. Era contro la sua volontà, doveva per forza fare ritorno all'Abisso ».

« Non perdere tempo » lo esortò Albert « Quel demone è entrato in scena qui, quindi il varco è per forza a Saffron City ».

« Non è così facile » lo arrestò il professore « Per raggiungere quella velocità devi obbligatoriamente sfruttare la forza di gravità e partire da una bella altezza. Bisogna vedere se Dà Hàak te lo lascerà fare ».

« Non vedo altre possibilità » replicò Lance « Blue, monta su Dragonite ».

« Fermo, che fai? Ti porti il ragazzo? » obiettò Rowan mentre già il diretto interessato stava obbedendo all'ordine.

« È lui che vuole. È lui che deve “seguirlo nell'Abisso” » gli si rivolse direttamente, ricordando una volta di più il pomeriggio passato in quel paradiso pacifico nel bosco di Pallet « Ma tranquillo, non ti accadrà niente. Sarò con te fino alla fine, qualunque essa debba essere ». I due uscirono dunque dalla Silph sempre più in preda al panico diffuso.

All'esterno il panorama era catastrofico. I Superquattro avevano accerchiato Dà Hàak, ma non lo attaccavano in via aerea, preferendo restare a terra e lanciare la propria offensiva da lì, forse per marcare meglio i limiti oltre il quale il demone doveva essere contenuto. Tutt'intorno a loro era la pura desolazione: similmente a quanto accaduto a Pallet Town, le case erano scomparse nel nulla per far luogo al vuoto assoluto spazzato da un'impervia raffica gelida che sembrava diramarsi proprio dall'avversario. Lance, ben saldo su Dragonite, riaccese il PokéNav e fu quasi assordato sul momento dall'ammontare di grida e comandi che ne scaturiva. Dopo aver prudentemente abbassato il volume, fece impennare il proprio pokémon Drago e si alzò in volo.

« Lance! » esclamò qualcuno dall'interfono.

« Proprio io ».

« Dov'eri? » le voci erano tanto indistinguibili che non fu nemmeno possibile capire se a porre quella domanda fosse stato un altro.

« L'ho detto, recuperavo Blue ».

« Scendi giù da Dragonite, abbiamo deciso di attaccarlo da terra! ».

« Negativo » replicò perentorio Lance « Dobbiamo fare una cosa da quassù ». Dà Hàak, accortosi della sua presenza, scagliò verso di lui un Neropulsar che il drago prontamente schivò, per poi lanciarsi in una carica volta a indebolire il nemico. « Fermo, Dragonite, usa Dragopulsar! – Professore, è sintonizzato? ».

« Sì ».

« Qui sopra » Lance osservò il cielo dove ancora campeggiava l'emblema avvistato da Pallet, che si mostrava da lì come simile a un giganteggiante tappeto bicromatico esagonale « c'è una specie di simbolo. Non potrebbe essere questo il varco? ».

Il PokéNav stridette uno strano disturbo – probabilmente più persone avevano voluto domandare del “varco” –, dopodiché si udì parte della frase di Rowan « ––àak è venuto dal basso, quindi è impossibile! Ve l'ho detto, non potete vederlo! Fate come vi ho spiegato! ».

« Stavo solo chiedendo » Dragonite evitò un altro Neropulsar, dopodiché, a seguito di una breve imprecazione di Lance, scagliò un Tifone verso lo spettro « Presto, finché è là dentro! ».

Svariati flussi energetici, tra cui spiccava un Iper Raggio, furono all'istante diramati per dar manforte al turbinio di vento, ma una Protezione improvvisa li arrestò a mezz'aria.

« Che fai? ».

« Chi è stato? ».

« Non ricordate quello che Lance ha raccontato? » rispose lesto Drake, il cui Shelgon era stato l'esecutore dello scudo « Ha sicuramente uno Specchiovelo pronto! ».

« Lance, aspettami lassù » fece un'altra voce, più giovane, e il Superquattro vide levarsi da terra un rapidissimo Skarmory che in breve gli fu addosso.

« Ben arrivato, Steven ».

« Cosa devi fare nello specifico? ».

« Raggiungere i 112 metri al secondo. Non chiedermi per cosa ».

« Non lo farò » Steven abbassò il capo per parlare all'interfono « Presto, andate con gli attacchi fisici! Se ha lo Specchiovelo pronto li soffrirà parecchio! ». Detto ciò Skarmory andò in picchiata con un Alacciaio pronto, mentre il Gallade di Lucian da rasoterra lo seguiva con uno ampio Psicotaglio.

Ambedue le tecniche, tuttavia, andarono a scontrarsi con una violacea Protezione prodotta questa volta da Dà Hàak stesso, che a seguire con un enfatico gesto alzò il braccio destro, fino ad allora praticamente inutilizzato, e lo roteò in un possente Ombrartigli che atterrò i Superquattro, abbatté Steven e per poco non fece rovinare al suolo anche Lance e Blue.

« Dannazione » inveì « Se solo avessimo un minimo di tregua ».

« Non so a cosa ti possa servire » commentò qualcuno dal PokéNav « Ma te la darò ».

Nessuno replicò alcunché. D'improvviso due scudi verdognoli si produssero a livello del terreno e isolarono quasi completamente Dà Hàak Loi'i. Il demone tentò invano di oltrepassarli, soltanto per esserne respinto facendo barcollare la sua colossale mole.

« Ma che cos–– ».

« Non reggeranno più di tanto, quindi è stato bello affiancarvi ».

I due Shelgon, loro avevano lanciato le Protezioni che in quel momento chiudevano in una bolla il fantasma. Come Lance ben presto notò, non solo lui era bloccato: attraverso una sorta di corridoio, lo sferico sigillo era collegato a un altro più piccolo. Sapeva bene chi era al suo interno « CHE COSA FAI? ».

Non vi fu risposta alcuna. Drake e Salamence rimasero impassibili mentre il secondo caricava un Iper Raggio e Dà Hàak lo imitava, preparandosi al tremendo duello. In un attimo due fasci eburnei furono scagliati l'uno verso l'altro, unendosi e scontrandosi per prevalere.

« COSA ASPETTATE » gridò Lance « ATTACCATE, ROMPETE LA BARRIERA! DRAGONITE, IPER RAGGIO ANCHE TU! ».

« Fermati » disse una voce, ma non dal PokéNav. Il campione si voltò giacché Blue, in monta con lui, aveva parlato.

« Che vai dicendo? Non penserai che ce la farà da solo ». Nel frattempo via interfono Rowan domandava celermente spiegazioni, mischiando la propria voce alla restante decina di allenatori che frementi ordinavano ai propri pokémon di attaccare.

« Proprio per questo si è chiuso lì dentro ».

Lance non comprendeva minimamente « Per morire con onore? Drake non è tipo da–– ».

« Per salvarvi! Lo sa bene che non vincerà, non vuole che siate colpiti anche voi! ».

« Ma perché! Perché fare tutto da solo? ».

« Perché glielo hai chiesto tu! » esclamò Blue come fosse ovvio « Gli hai chiesto una tregua, e lui te la sta dando! ».

Lance si voltò a osservare nuovamente gli Iper Raggi che collidevano. Era tutto così chiaro. Drake stava incondizionatamente dando la propria vita perché lui gliel'aveva chiesto senza fornirgli alcuna motivazione valida. Non aveva mentito in niente quella sera spesa insieme a Pallet. Credeva davvero che lui potesse fare la differenza, e a prova della sincerità con cui l'aveva detto aveva deciso di sacrificare la sua irrilevante vita per permettergli di provare a salvare tutto e tutti. Lui, invece… No, non c'erano dubbi. Ora che Salamence stava persino giocandosela alla pari con Dà Hàak non ce n'erano davvero più: Drake era ancora il più grande allenatore di tutti, capace di eguagliare un mostro che aveva con un unico colpo steso l'intera squadra di salvataggio. Ma allora perché pensava che Lance e non lui potesse risolvere il tutto?

La terribile esplosione fu per pochi istanti contenuta all'interno delle formidabili difese erette dagli Shelgon, per poi infrangerle e spargersi su tutta l'area di battaglia. Ma era fumo, e bastò che si diradasse per vedere che in realtà l'intero potenziale devastante che quel conflitto aveva prodotto era stato annullato. E soprattutto, per la prima volta in quei tre giorni, Lance vedeva Dà Hàak Loi'i ansimare. Persino nell'ultima azione prima di andarsene, il più grande di tutti aveva avuto ancora una volta interamente ragione.

« Presto! » gridò Blue « Muoviamoci, non starà fermo a lungo! ».

Era vero, non c'era tempo da perdere. Ogni calcolo effettuato da Rowan perse significato: non poteva attendere e salire ancora. « Ora o mai più » declamò, e Dragonite partì a tutta velocità in picchiata, nell'occasione finale per aprire il varco per l'Abisso.

« Ora o mai più » ripeté il ragazzo dietro di lui, mentre la corrente gli freddava il viso e scompigliava la chioma.

A circa metà strada da terra un flusso energetico centrò in pieno il pokémon Drago, disarcionando la coppia.

« KYANEOS! ».

Con la coda dell'occhio Lance vide il demone che si era ripreso e ora aveva con incredibile rapidità scagliato una delle sue sfere purpuree con un asse che puntava a poco sotto di loro, di modo che sarebbero stati presi con certezza assoluta. Tutto si scioglieva, quanto prima non aveva potuto portare a compimento per i tempi ridotti si stava per avverare. Aveva sperato per tutto quel tempo che l'assalto sarebbe terminato bruscamente così come si era consumato quello del giorno precedente, e non era successo. « Fino alla fine » aveva detto poco prima a Blue, ed era stato di parola: quella era la fine.

Il globo fulvo lo investì con potenza inaudita. Udì un suono secco e assordante e fu colto da un violento conato di vomito, come stesse vorticando nell'oscurità senza controllo. Istintivamente sperò che tutto finisse presto e, forse per il panico, forse per il voltastomaco che lo affliggeva, svenne.


Blue si svegliò sotto uno spesso strato di neve di diversi centimetri. Si alzò in piedi scrollandoselo di dosso e istintivamente si domandò per quanto tempo fosse rimasto fermo per concedere al nevischio di ricoprirlo a quel punto. Si trovava in una sconfinata piana su cui imperversava una violenta bufera di neve e le correnti d'aria, che cambiavano direzione di minuto in minuto, gli ghiacciavano il volto. Inizialmente si convinse di trovarsi nella distesa a est di Pallet Town e cercò di spiegarsi la tempesta, fino a che non avvistò, in lontananza, qualcosa di mai visto prima: un gigantesco numero nove in pietra – forse ossidiana o tectite, a giudicare dal colore molto scuro – che veniva trascinato dalle folate ora da un lato, ora dall'altro. Improvvisamente l'effigie mutò direzione di volo dirigendosi verso di lui. Blue iniziò a fuggire alla sua sinistra, ma sprofondò dopo pochi passi nella coltre immacolata su cui poggiavano i suoi piedi. Per sua fortuna tanto bastò: una corrente sospinse a metà strada il nove nella rotta opposta alla sua, allontanandolo all'orizzonte.

Il ragazzo riacquistò a fatica la posizione eretta, ostacolato dal vento impetuoso che soffiava, e proseguì su quella strada. Sopra di lui, oltre un letto di cifre simili a quella cui era appena sfuggito che fluttuavano disomogeneamente, si stagliava uno sconfinato drappo di nubi illuminate a sprazzi da lampi provenienti da qualche parte più in alto – in un gioco di ombre cinesi gli parve perfino di intravedere una sagoma serpentina che volava là sopra.

Blue iniziò a correre senza tregua in linea retta, imbattendosi infine in una figura che lo atterrì. Si trattava di un edificio non troppo esteso, quasi un blocco di mattoni in proporzioni colossali con un quadrivio di finestre sul lato frontale a cui il giovane era esposto. L'elemento più singolare era però una massiccia turbina eolica che sovrastava la costruzione e si elevava quasi a voler utopisticamente sfiorare il firmamento che, celato dalle nuvole, tuonava senza sosta sgomentando Blue a ogni boato. Lui, d'altronde, quel complesso lo conosceva più che bene, l'aveva anzi visto pochi giorni prima: era il laboratorio di suo nonno. Provò la tentazione di entrare, ma fu trattenuto dai suoi dubbi sul perché si trovasse lì. Soprattutto, lì dove?

Decise comunque di provare a vedere cosa vi fosse dentro. Non seppe dire se fosse perché non aveva idea di cos'altro fare o perché al contrario iniziava a comprendere sottilmente l'ambiente in cui era capitato, ma abbassò la maniglia ed entrò. L'interno era buio, né Blue si sarebbe aspettato di trovare luci accese. Non tentò nemmeno di farlo: già da lì aveva compreso che era intatto e che era veramente il laboratorio scomparso da Pallet Town, il che era quello che voleva sapere.

Sono nell'Abisso, pensò, e di sicuro è stata quella sfera a mandarmici. Pensare che ci eravamo andati così vicino, eppure ci siamo intestarditi sul varco.

La prima domanda da porsi, ovviamente, era dove fosse Lance. Entrambi erano stati colpiti, e Dragonite era probabilmente rimasto con lui per qualche ragione. In lontananza un altro fulmine pose in risalto la silhouette avvistata in precedenza, che a quel punto era certamente in movimento oltre i nembi. Poco più sotto un puntino, qualcosa di quasi invisibile, si muoveva a una velocità ben superiore ai numeri di pietra che aleggiavano di consueto, come se fosse più leggera. Blue decise di inseguirla, poiché aveva intuito che si poteva trattare di un corpo umano, ma fu frenato dalle folate avverse – e comunque non avrebbe voluto avvicinarsi più di tanto, temendo di essere risucchiato egli stesso da una raffica ascendente che l'avrebbe intrappolato nella corrente superiore. Non vi fu nondimeno esigenza di fare altro: il puntino iniziò a ampliarsi, segno che l'aria lo stava trascinando verso il ragazzo al momento ancorato al suolo. Fu sufficientemente vicino da essere scorto per meno di un istante, per essere poi trainato nuovamente verso altri spazi, ma non servì di più. Non era Lance, ma Blue lo conosceva comunque: aveva scorto perfettamente il camice bianco che indossava. Quello era suo nonno, Samuel Oak.

Il suo primo pensiero fu che, dal momento che coloro che erano stati addormentati – a quel punto era ovvio – da Dà Hàak Loi'i finivano nell'Abisso, anche Red doveva trovarsi lì. Ma non erano coscienti, sembravano o svenuti o morti o, com'era probabile, nel medesimo stato in cui versavano nell'altro mondo, ovvero in un limbo tra sonno e tomba. Ma c'era un problema più grande ancora che richiedeva la sua attenzione: non aveva la minima idea di come uscire da quel luogo, e rimanendo all'aria aperta sarebbe morto assiderato oppure l'avrebbe risucchiato un turbine che l'avrebbe alzato al livello delle effigi fluttuanti fino a collidere con una di esse. Devo tornare al laboratorio fu la sua conclusione spontanea. Si girò rapidamente ma, con suo orrore, proprio in quell'istante un uragano comparso pressoché dal nulla si abbatté sull'unico rifugio individuato divellendolo completamente. Rimanevano sicuramente tutte le altre costruzioni cadute nella furia di quello spettro e delle sue sfere purpuree, ma non se ne vedevano nell'arco di miglia, e non aveva nemmeno idea di quanto l'Abisso potesse essere esteso, o persino se avesse una fine. Impulsivamente provò a fuggire da quel frullio di neve e aria che stazionava a poca distanza; sullo scatto però gli cedettero le ginocchia e il suo peso lo fece inabissare nel manto bianco sottostante. Nel contempo l'inarrestabile tornado procedeva spietato nella sua direzione. Si ricordò di Lance, della sua promessa di restare con lui fino alla fine, e gemette per la tensione e per l'idea di essere stato abbandonato e destinato a rimanere in quell'inferno gelato alla mercé di una qualche potenza superiore. Avrebbe potuto morire in una miriade di modi diversi, e tutti gli si materializzarono di fronte: divorato da quel mostro che viveva sopra le nuvole, sconquassato contro uno di quei nove e di quei quattro, stretto nella morsa dell'ipotermia, magari tutte e tre insieme. Perché Lance non era rimasto con lui? Aveva promesso che––

La terra iniziò senza preavviso a tremare come scossa dalle fondamenta. Il ciclone, prima apparso così vicino, si era dissolto nel nulla. Il suolo si crepò proprio di fronte a Blue in una fenditura netta che zigzagava per qualche chilometro da lì, una breccia nera come l'inchiostro. Di colpo pezzi di roccia iniziarono a volare ai lati mentre la spaccatura si allargava sempre di più fino a diventare un burrone circolare. Lentamente ma inesorabilmente emerse con teatrale ineccepibilità prima una fiamma eburnea, poi un buio corpo demoniaco con due occhi celesti e due arti ungulati aperti in un ampio abbraccio che sembrava stringere tutto l'Abisso in una volta. L'affioramento, nella più completa incapacità di Blue di muoversi, continuò fino a che mezzo busto non fu emerso per poi fermarsi lì; ma anche incompleto, Dà Hàak Loi'i era comunque quanto di più mostruoso il ragazzo avesse mai visto. Il fiato gli si mozzò e il cuore saltò un battito, ma avrebbero potuto anche essere stati decine per lo sgomento che provava.

« Dunque eccoci » disse con voce profonda, e per Blue fu un altro motivo di sconvolgimento il fatto che potesse parlare nella sua lingua.

« Chi sei? » trovò il coraggio di domandare, ma se ne pentì subito come il suo sguardo incontrò quello altrui.

« Lo sai già ».

« Sei Dà Hàak? ».

« Il nome completo è Dà Hàak Loi'i ».

« Il demone ardeco? ».

« Che sgradevole vocabolo, “demone”. Noi siamo degli affrancatori incompresi ».

« Voi chi? ».

« Dà Hàak Loi'i » replicò, e Blue comprese che per qualche inspiegabile motivo si riferiva a sé stesso come a una confederazione di più enti. Poteva altresì trattarsi di un uso del pluralis maiestatis, ma quella non fu la sensazione.

« Perché ce l'hai con me? ».

« Ci sono moventi che non puoi comprendere nella tua grossezza ».

« Mi hai preso di mira fin da subito, ma non mi hai ucciso. Le tue sfere… Perché mi volevi qui? ».

« Desideriamo che tu stringa un Patto con Noi ».

« Un patto? » Blue fu scosso da un moto di indignazione « Dopo tutto ciò che mi hai fatto? Mi hai distrutto la vita in tre giorni e vuoi un patto? ».

« Paventiamo che tu non disponga di alcuna opzione. O acconsenti a stipulare il Patto o Kanto questa stessa notte sarà annientata ».

« Come sarebbe a dire “notte”? È ancora notte? ».

« Il tempo nell'Abisso defluisce immensamente più piano che nell'Oltremondo. Per quanto dall'altra parte sanno, non è ancora trascorso neanche un secondo da quando tu e Lance siete stati abbattuti dal Kyaneos ».

L'idea che tutti fossero ancora vivi dall'altro lato sollevò lievemente l'animo di Blue « E se io dovessi accettare li lasceresti in pace? ».

« Naturalmente ».

« E non torneresti più? ».

Qui la replica fu più titubante « Non nella forma a te nota. Plurimi e inconcepibili sono i Nostri aspetti, tali che l'intero Oltremondo collasserebbe alla loro dipartita ».

« E quale patto può essere tanto importante per te da rinunciare a ripresentarti? ».

« È notevolmente banale. La salvazione di Kanto, Johto, Hoenn e Sinnoh in cambio di un brandello della tua anima. Ci appare un cambio equanime, non ti pare? ».

« Che vai dicendo? ».

« La vostra anima non rimane immutata nel corso del tempo. Quando nascete essa è poco più di un frantume, qualcosa di inconsistente. Progressivamente è costruita per merito delle esperienze, dei vostri incontri e dei vostri scontri, fino a serbare intere sezioni di essa ai sodalizi con gli altri e ai rapporti imprescindibili che vi legano alle altre persone di questo mondo. Prima di diventare ciò che siamo ora Noi eravamo grandi appassionati dello studio dell'anima ».

« Ciò che siete… che sei ora? » il ragazzo non abbandonò la forzatura di ignorare il plurale imposto dal demone.

Dà Hàak lo ignorò « Consegnare una porzione della tua anima significa abiurare ogni sentimento che provi per una o più persone. Quel vuoto è lasciato tale e mai colmato, in modo che lo stesso nesso non possa essere restaurato com'era in origine. In altre parole una volta che una connessione viene asportata, non potrà mai più essere ricostituita ».

« E perché hai bisogno di un patto? Non potevi fare da te? ».

« Malauguratamente l'anima è solo di colui a cui è conferita da potenze impenetrabili. Nemmeno il più possente degli esseri viventi, quale Noi siamo, è in grado di incrinarla in qualsiasi modo. Esclusivamente il suo consegnatario può deliberarne la cessione parziale o totale, ed è proprio mediante un Patto che ciò può essere compiuto ».

« Parlami di questo Patto ».

« Si tratta di un vincolo assicurato e suggellato dall'Abisso stesso ».

« L'Abisso stesso? Cioè questo luogo è vivo? Per questo volevi a tutti i costi portarmi qui? ».

« Sei acuto come supponevamo ».

« E il pezzo di anima che ipoteticamente dovrei darti… dove andrebbe a finire? ».

« Sarebbe trattenuto qui nell'Abisso, al di sopra le nuvole, ove nessuno se non le tre Entità Supreme può accedere. Esso verrebbe ritornato solo in caso di inosservanza del Patto in sé ».

« Cioè mai, dato che dipende da te » concluse il ragazzo « E di preciso che pezzo di anima vorresti? ».

« Quello che conserva il tuo rapporto con Red ».

Fu come se una lancia avesse trafitto Blue in pieno petto. Tutto si sarebbe aspettato, e tutto sarebbe stato disposto ad accettare, meno che quello. La sua amicizia con Red non era un semplice vincolo che lega due persone qualunque, era quanto più di ogni altro fenomeno aveva contribuito a fare di lui quello che era. Non aveva memoria di un solo istante nella sua vita al di fuori di quei tre giorni in cui Red non fosse stato presente al suo fianco e lui al suo in un binomio simbiotico inscindibile. Lance, Daisy, il nonno, i suoi insegnanti… Nessuno aveva tanto valore per lui quanto il suo più grande amico, colui che non avrebbe mai sacrificato per niente al mondo, nemmeno per salvare sé stesso.

« Non comprendiamo il tuo disagio » disse Dà Hàak Loi'i con una voce più persuasiva di prima « Si tratta di una semplice relazione di scarsa importanza contro la totale demolizione di Kanto ».

« Non è di scarsa importanza » Blue alzò la testa in uno scatto d'orgoglio « Red è il mio più grande amico, e tu lo sai bene. Per questo vuoi farmi rinunciare a lui, anche se non so il motivo ».

« Ci sono moventi che non puoi comprendere nella tua grossezza » ripeté Dà Hàak.

« Non importa. Non tradirò mai Red. Uccidimi, piuttosto ».

« Forse non ti è limpido che la posta da Noi messa in palio è ben più alta della tua vita. Che valore avrebbe una amicizia, anche dovesse essere più forte di Noi, se le due anime appese ai capi del filo fluttuerebbero nel vuoto assoluto sopra uno scenario di distruzione totale? ».

Blue cercò in ogni modo di non pensare a quell'eventualità, ma ben presto essa fece irruzione nella sua mente e lo assordò interiormente. Se avesse rifiutato, se avesse scelto di non tradire Red, che cosa sarebbe valso il suo eroico gesto? Solo una Kanto carbonizzata sotto i colpi del demone. In ogni caso non avrebbe più potuto fruire di quel vincolo. Anzi, non avrebbe più potuto fruire di niente. Daisy, Lance, sarebbero tutti morti. Red era importante, ma era disposto ad accollarsi sulle spalle il destino reciso di tutto il mondo per rimanere fedele a qualcuno? Che cosa ne avrebbe pensato Red? Come avrebbe potuto essere d'accordo? No, lui avrebbe compreso il martirio cui volevano costringerlo.

« Dunque? » Dà Hàak Loi'i protese il suo fosco arto destro.

« E sia » rispose Blue forzando le lacrime negli umidi occhi a restare dov'erano per non tradire emozioni sopraffacenti negli ultimi secondi di completa autocoscienza. Il ragazzo iniziò a galleggiare, ma non era in balia delle correnti come il nonno, al contrario sembrava che di vento non ce ne fosse nonostante i capelli scompigliati.

C'era un che di ironico in mezzo a quella tragedia. In quel tritaios, in quel tempo speso con i Superquattro, con gente che aveva ammirato per tutta la finora breve vita, non aveva smesso di rivolgere i propri ragionamenti al perché un demonio dovesse attaccare la sua città e privarlo gradualmente di ogni figura di riferimento importante nella sua esistenza. Ora che tutto quadrava, che finalmente aveva saputo la risposta e i veri scopi di Dà Hàak Loi'i, sarebbe tutto durato pochi attimi: stava per scordare non solo la risposta, ma persino la domanda. Sarebbe stato come nulla fosse successo.

Cosa gli sarebbe rimasto in quell'anima mutilata? Certo, le uniche memorie intaccate, quantomeno sulla carta, sarebbero state quelle riguardanti Red Fuji e nessun altro. Non avrebbe dimenticato l'alba nella piana di Pallet con Daisy, non avrebbe dimenticato quei brevi sprazzi che ancora serbava dei suoi genitori, non avrebbe dimenticato sua sorella che gli donava la Premier Ball. Avrebbe scordato i pomeriggi passati con Red a giocare, le notti a guardare le stelle, tutto ciò che anche solo lontanamente lo riguardava, poiché Dà Hàak non poteva certo cancellare il sentimento senza sopprimere ciò che l'aveva prodotto.

Ma che dire di Pikachu ed Eevee? Loro senza Red non li aveva visti mai se non una volta con Lance: che ne sarebbe stato di loro? Sarebbero scomparsi, avvinghiati nella morsa del Patto? Sarebbero anche loro stati reclusi nell'Abisso, sopra le nuvole, sotto la guardia delle tre Entità?

E i dialoghi con Lance? Quello del pomeriggio del secondo giorno, ad esempio? Lì avevano discusso di Red, del moonbow che aveva avvistato con lui… Anche quello se ne sarebbe andato? Cosa davvero era finito in quella parte d'anima che gli stava per essere sottratta mentre ascendeva con lentezza fino ad arrivare all'altezza di Dà Hàak? Come si poteva anche solo pensare di ridurre qualcosa di complesso come lo spirito umano a insiemi disgiunti di relazioni ed esperienze? Com'era possibile che a qualcuno fosse stato dato il potere di giocarci, con qualcosa che magari non è compreso alla perfezione nemmeno da lui?

E ammesso che un taglio equamente assestato fosse stato miracolosamente effettuato, cosa sarebbe accaduto dopo? Avrebbe continuato a vivere come niente fosse? Red cosa avrebbe conservato di quello che lui aveva abbandonato? Cosa, cosa avrebbe provato nei suoi confronti dopo quella lobotomia artefatta? Davvero non avrebbe presentito alcun vuoto dentro di sé, l'assenza di tutte le vicende che con lui aveva vissuto?

La risposta era no. Non poteva pensare che un legame come quello tra lui e Red fosse tanto fragile da poter essere sradicato da un Patto, per quanto violento esso potesse essere. « Red è una delle persone più gentili che abbia mai conosciuto, non potrei mai provare qualcosa per lui di diverso dall'amicizia » aveva detto quel pomeriggio fatidico con Pikachu, Eevee e Lance, e non aveva mentito. Non il suo ego aveva parlato: era stato il suo subconscio, quel complesso di certezze inalienabili che il Patto, che l'ego e non il subconscio aveva scelto di accettare, non avrebbe mai potuto eliminare completamente. Certo, esse sarebbero state represse in un qualche anfratto sconosciuto della sua mente, in attesa di essere risvegliate, e sicuramente l'assenza del pezzo di anima che sarebbe stato asportato e depositato nell'Abisso avrebbe loro impedito di farlo, come un circuito di una lampadina che venga reciso. Ma nondimeno la lampadina sarebbe rimasta, e prima o poi sarebbe stata ricollegata e accesa un'altra volta, non c'era dubbio.

All'inizio non sarebbe stato nulla più di un ciottolo sulla battigia da lui casualmente rinvenuto. Non avrebbe saputo distinguerlo, ricondurlo a sé, e l'avrebbe osservato quale rimasuglio di un'antica civiltà in qualche modo giunto fino a lui. Poi, senza preavviso, un'intuizione l'avrebbe colto, e pur non identificandolo come ciò che era l'avrebbe sentito proprio, in un certo senso familiare. E quel ciottolo, quel piccolo sasso all'apparenza uguale a tanti altri, sarebbe stato la punta di una montagna che gradualmente, forse molto lentamente ma inflessibilmente, sarebbe emersa centimetro dopo centimetro dall'imperscrutabile oceano di fronte a lui. E alla base della sua gigantesca mole ci sarebbe stato Red, e Daisy, e Lance, e tutti i ricordi che quel demoniaco Patto avesse tentato di strappargli. E la cosa più importante era che la montagna non avrebbe mai potuto tornare a inabissarsi: perché rinvenuto il primo ciottolo, la punta, il resto sarebbe venuto di conseguenza. Era tutto dentro di lui, non nell'Abisso come Dà Hàak Loi'ì millantava.

Blue sorrise mentre un fascio bianco di luce lo accecava.

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Capitolo 8
*** Un viaggio dalle mille sfumature ti aspetta ***


VIII 'Luci e ombre di un nuovo viaggio'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Canalave City: Canalipoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cerulean City: Celestopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Devon Corporation: Devon S.p.A.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon League: Lega Pokémon (n.b. le istituzioni sono qui chiamate con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega Pokémon è anche il nome della località dove la Lega come ente ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Silph Corporation: Silph S.p.A.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Aaron: Aaron.

Agatha: Agatha.

Bertha: Terrie.

Blaine: Blaine.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Flint: Vulcano.

Glacia: Frida.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Phoebe: Ester.

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.

Sidney: Fosco.

Steven Stone: Rocco Petri.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


VIII: “Un viaggio dalle mille sfumature ti aspetta


Pallet Town sfolgorava nell'accecante sole mattutino di giugno. Era uno di quei giorni in cui l'estate, più che vederla, si sente: tutti i cinque sensi sono coinvolti in un apprezzamento completo e totalizzante di odori, sapori e colori della stagione, in un tentativo poetico quanto inconsapevolmente stravagante di imprimere nella memoria quel particolare istante. La giornata era iniziata nel migliore dei modi, tra il canto degli uccelli sui verdi alberi e il risuonare delle campane delle nove di mattina che svegliavano gli abitanti. Per molti di loro era un giorno come tanti altri: per due in particolare, no.

Red inspirò profondamente. Spirava una lieve brezza che faceva apparire il borgo come congelato in una primavera eterna. Anche l'erba davanti a lui ondeggiava, ma per una diversa ragione. Chiuse gli occhi e provò a immaginare cosa vi si nascondesse al suo interno, dal momento che nemmeno il suo finissimo udito era in grado di accertarlo. Forse un Pidgey? Oppure un Rattata? Frenava a stento l'emozione. Era fermo di fronte al Route 1, nel giorno del suo decimo compleanno. Nella foga per la trepidazione era uscito di casa appena vestito, senza nemmeno consumare adeguatamente la sua colazione che giaceva ancora intonsa sul tavolo di casa. Inspirò di nuovo, questa volta ancora più teatralmente, e alzò il piede per compiere il primo passo nel mondo all'infuori di Pallet Town.

« Ehi, aspetta! Non andare! » gridò una voce da dietro di lui. Red, in parte spaventato e in parte confuso, si voltò e vide un anziano uomo in camice bianco che si precipitava con fare goffo nella sua direzione con una mano tesa di fronte a lui in uno spirituale gesto di arresto.

« L'hai scampata bella! » esclamò il professor Oak dopo aver ripreso fiato « Nell'erba alta vivono i pokémon selvatici! ».

« Io… Io credevo di poter andare comunque e catturarne uno per strada… ».

« Ma hai ascoltato i miei insegnamenti di quest'anno? » l'uomo faticava ancora a parlare con scioltezza a causa della corsa che era stato costretto a intraprendere « I pokémon selvatici appaiono all'improvviso! Hai bisogno di pokémon tuoi che ti proteggano! Fidati di me! Seguimi! ».

Dopodiché Oak si incamminò a ritmo sostenuto verso il suo laboratorio, seguito a ruota da Red. Durante il tragitto fu solo il primo a parlare; dal canto suo, d'altronde, il ragazzo non ascoltò che poche parole del suo sproloquio. Non per insofferenza, Red era anzi assai rispettoso degli anziani: il professore aveva tuttavia la fama di essere un gran chiacchierone, al punto che, in mancanza di nuovi argomenti di conversazione, ripeteva quelli già utilizzati fino allo sfinimento dell'interlocutore.

Quando il massiccio edificio e la sua torreggiante elica apparvero oltre gli alberi che affiancavano la curva stradicciola il giovane non poteva più trattenere la frenesia. A breve avrebbe ricevuto il suo primo pokémon! Chi sarebbe stato? Charmender, Bulbasaur oppure Squirtle? I due entrarono nel laboratorio eccitati allo stesso modo, anche se per motivi diversi. In fondo alla sala rettangolare, in attesa spasmodica, stava l'altro abitante di Pallet Town destinato a diventare in quel giorno allenatore: Blue Oak.

« Nonno! » proruppe appena incrociò i loro sguardi « Non ne posso più di aspettare! »

« Eh? Blue? Come mai sei già qui? Ti avevo detto di venire più tardi! » replicò sconsolato il professore « Ah, fa lo stesso! Aspetta qui. Ascolta, Red! Vedi quella Poké Ball lì sul tavolo? Lì dentro c'è un pokémon ».

« Solo uno? » domandò perplesso Red « Non dovrebbero essere tre da cui scegliere? ».

« Quest'anno ho variato un po' sul tema » rispose con una punta d'orgoglio Oak « Questa mattina presto sono andato a catturare due pokémon per voi. Certo, ne ho trovati due davvero atipici, non credevo nemmeno ce ne fossero in questa zona. Non sono neanche stati difficili da catturare, sembrava sapessero già cosa volevo fare. Meglio per voi, suppongo. Allora, puoi prenderlo! Avanti, è per te! ».

« Ehi, nonno! E io? » chiese Blue spazientito.

« Abbi un po' di pazienza, Blue. Ce n'è uno anche per te ».

Red si avvicinò con superstizioso timore a quella sfera come un primitivo che osserva per la prima volta il fuoco che egli stesso ha acceso. Lentamente tese la mano fino a essere a un passo da sfiorare la Poké Ball.

« Non esiste, Red! » esclamò Blue scansandolo con forza « Questo pokémon lo voglio io! ». Detto ciò con uno scatto fulmineo afferrò l'oggetto del desiderio.

« Blue! » Oak lo riprese con severità « Ti sembra il modo di comportarti? ».

« Nonno, questo pokémon lo voglio io! ».

« Ma io… Hm, e va bene, tienti pure il pokémon. Te ne avrei dato uno comunque… » il professore frugò nella sua tasca destra fino a estrarne una seconda Poké Ball « Red, vieni qui da me. Questo è l'altro pokémon che ho appena catturato. Puoi prenderlo… Ma attento, è ancora selvatico e ribelle! ».

Il ragazzo ricevette nella mano l'oggetto e l'osservò. Per qualche istante la semisfera superiore divenne trasparente, rivelando al suo interno l'inquilino: un piccolo topino elettrico che si agitava senza tregua. Gli occhi di Red si illuminarono di gioia. Era Pikachu, il suo Pikachu! Con diligenza ringraziò, rimettendosi poi al fianco di Blue che frattanto era ritornato al posto in cui l'aveva visto al suo ingresso nel laboratorio.

Si diresse poi verso l'uscita con foga, ansioso di tornare al Route 1 e combattere per la prima volta da allenatore. A metà della sala, però, il suo amico gli gridò dietro « Aspetta, Red! Proviamo i nostri pokémon! Coraggio, ti sfido! ».


~


Vermilion City si era oramai liberata quasi completamente dal caos disorganizzato provocato dalla partenza della S.S. Anne. I più erano ormai ritornati nelle proprie case oppure sulla via maestra, da cui si erano poi sparsi nuovamente nel territorio di Kanto. Lance passeggiava sul lungomare della città con inusuale lentezza, osservando dal suo lato sinistro le spiagge che si succedevano una dietro l'altra con regolare monotonia. In realtà soltanto i colori degli ombrelloni e delle sdraio differivano: nei fatti un lido valeva l'altro. Il sole brillava con vigore riscaldando l'aria a livelli insopportabili, e il Superquattro non sapeva quanto a lungo avrebbe potuto reggere prima di prendersi un colpo di sole. Ciononostante non intendeva allontanarsi da quella via per alcuna ragione al mondo. Lance amava l'estate, la attendeva tutto l'anno, eppure sistematicamente ne era deluso, la riteneva inferiore alle sue aspettative. Perciò, quando per caso si imbatteva in un'ambientazione che lui considerasse davvero l'emblema di quella stagione per lui tanto speciale, insisteva per rimanerci quanto più possibile; e tutto, le onde che si frangevano sull'arenile, il caldo soffocante, la folla di persone che passeggiavano, i ragazzi che giocavano a pallone sulla sabbia – a dire il vero era prevalentemente ghiaia dal tono spento – del litorale di fronte a lui, la balaustra ferrigna rovente, tutto contribuiva a fargli pensare che quei pochi secondi fossero la risposta a quanto ogni anno cercava. I meteorologi annunciavano un'estate torrida, ma lui sapeva in cuor suo che quello sarebbe stato quanto più vicino alla sua idea di quella stagione avrebbe vissuto.

Era l'allenatore più forte del mondo, era il Campione di Kanto e leader dei Superquattro, conosceva centinaia di persone da tutto il mondo. Era sempre gentile, sempre affabile, sempre disponibile. Per certi versi si conformava alla massa, fino a dove la sua carica gli permetteva. Non agiva mai sconsideratamente. Allora perché era solo?

Perché la gente si approfittava di lui? Ma non aveva senso. La sua posizione di Campione non comportava praticamente nessun privilegio, e ancor meno erano quelli trasferibili a un accompagnatore.

Perché non faceva nulla per essere in compagnia? Forse. Ma quella era davvero colpa sua? Se nulla di quello che gli altri facevano o di cui gli altri discutevano lo interessava, avrebbe dovuto fingere? Solo per avere falsi amici che magari non avevano nulla in comune con lui? Cosa poteva interessargli della presenza di altri? Lui era la presenza da cercare, non doveva essere lui a impegnarsi a trovarne altre.

Era troppo selettivo? Lo accettava. Una cosa era certa: non era solitario perché aveva scelto di esserlo. Nessuno ama stare solo, nemmeno il più emarginato, il più introverso, il più taciturno. Se qualcuno gli diceva che aveva deciso consapevolmente di chiudersi Lance non replicava, ma in cuor suo avrebbe voluto aggredirlo. Non era banalmente una bugia come altre: era una presa in giro nei confronti di quelli che come lui avrebbero amato la compagnia se soltanto ne avessero avuta una. Era come andare da un cieco e dire « io tengo gli occhi chiusi perché il mondo mi fa ribrezzo ». Ma nessuno avrebbe mai agito così, perché la cecità è un handicap evidente e ben riconoscibile.

Forse si stava sbagliando. Anzi, sicuramente si stava sbagliando. Era da solo perché non sapeva dire la verità a sé stesso nemmeno quando nessun altro avrebbe sentito. Negava di raccontarsi persino la vera storia, per paura di rievocare anche i sensi di colpa. E ogni volta il racconto tornava più forte di prima ad avvelenarlo contro la sua volontà, e ne finiva prigioniero. E continuava a farsi del male. Lamentava di non conoscere il motivo della sua partenza, ma non c'erano altri problemi più grandi con cui doveva fare i conti? Che importanza aveva il suo viaggio di fronte ad azioni da lui commesse ben più degne di analisi? Come può relazionarsi con gli altri uno che è incapace di controllare i propri pensieri persino in solitudine?


~


« Hai paura » disse l'uomo a pochi metri da lui.

« Non ho paura » replicò Lance con vigore « Perché sei ancora qui? Ieri ti ho detto che non ero interessato a niente ».

« È naturale avere paura. Lorelei ha trionfato con largo margine tutte le sfide del torneo ».

« E io? » domandò l'allenatore avviandosi verso il corridoio per l'arena « Io non ho forse fatto lo stesso? Ah, ma vattene, mi fai perdere tempo ».

« Sai bene di non poter fare niente per impedire ai suoi tipi Ghiaccio di abbattere i tuoi draghi » replicò l'uomo, e Lance si fermò sull'uscio della porta « Ti sconfiggerà senza problemi ».

« E anche fosse? ».

« Ti ho visto ieri, come ti preparavi. A dire il vero ti ho tenuto d'occhio per tutto il torneo. Sei insicuro, eppure sei convinto che nonostante ciò potrai farcela ».

« E così sarà! » esclamò Lance « Userò Gyarados, per cominciare. E poi… ».

« E poi tutti i tuoi pokémon saranno sconfitti dai Geloraggi di Dewgong. L'ho vista, sai, Lorelei. Ti ha studiato benissimo. Dubito tu abbia una qualche possibilità, e lo sai anche tu. Te l'ho già detto ».

« BEH, CHE SCELTA HO? » urlò veemente Lance « Dovrei… arrendermi senza combattere? Mai! ».

« Ma tu hai una scelta » ribatté pacatamente l'uomo « Te l'ho proposta ieri. Puoi vincere o perdere ».

« Imbrogliando? Piuttosto affronterò un'umiliazione generale ».

« Non si può definire imbrogliare se sono in due a farlo, non ti pare? ».

Lance si girò sospettosamente « Che intendi dire? ».

« Credi che Lorelei abbia sconfitto Blaine per caso? » domandò l'uomo « Sii logico, dai, te ne sarai accorto anche tu che qualcosa non quadrava ».

« Che cos'ha fatto ai suoi pokémon? ».

« Zinco. Li ha imbottiti, una cosa come dieci dosi a testa ».

L'allenatore temeva altre informazioni, eppure non poté trattenersi « E… lo userà anche stasera? ».

« Questa volta dovrebbe toccare al Calcio. Immagino voglia risparmiare lo Zinco per il suo futuro scontro con Agatha ».

Lance sapeva bene cosa significava il Calcio: Attacco Speciale. Un solo Geloraggio sarebbe bastato ad abbattere anche il suo Dragonite. Per un attimo rimase inebetito, poi intravide la conclusione più logica « La denuncerò ».

« Buona fortuna con i controlli. Sai benissimo che quelle sostanze sono praticamente impossibili da rintracciare in un pokémon ».

« E allora che cosa dovrei fare? » domandò Lance furioso « Barare anche io? Con che etica? ».

« Non si tratta di etica » rispose l'uomo « Hai di fronte la possibilità di diventare il più forte allenatore del mondo. Il potenziamento che ti sto offrendo è permanente, non svanisce come quello delle Vitamine. Saresti indiscutibilmente il più grande, nessuno oserebbe rivaleggiarti. Non è questo che vuoi? Oppure puoi scegliere di passare per il fesso di turno e lasciarti battere da una truffatrice che quasi sicuramente sconfiggerebbe anche Agatha. Puoi lasciare Kanto in mano a chi ha distrutto lo scopo della Grande Unificazione di produrre guide che siano d'esempio ed essere rilegato nel migliore dei casi al ruolo di Superquattro, oppure puoi diventare Campione ».

« Perché mi aiuteresti? Non ti conosco ».

« Io conosco te. E, dopotutto, un tuo aiuto potrebbe farmi comodo tra qualche anno ».

« Che tipo di aiuto? » chiese Lance, ma suonava più un'affermazione che una domanda per il tono in cui era stata pronunciata.

« Tra cinque anni Pallet Town, una cittadina di Kanto, sarà attaccata ».

« Attaccata? » trasalì l'allenatore « Da chi? ».

« Non ha importanza ».

« E allora che cosa ha importanza? ».

« Non è il momento di discuterne, più avanti nel tempo ti darò ogni istruzione su come agire in quella circostanza. Mi dovrai solo garantire il tuo aiuto, nient'altro ».

Lance fu insospettito « E che cosa mi dà per certo che rispetterai l'accordo? ».

Il volto dell'uomo, fino ad allora impassibile, mutò in un ghigno di soddisfazione mentre la sua mano si protendeva alla ricerca di una stretta « Stipuleremo un Patto con l'Abisso ».


* * *


~Dietro la storia~


Rieccoci al terzo Commento finale, la terza analisi comparata della storia che ne svela il retropalco più remoto. Non penso sia necessario evidenziare che nel caso non abbiate ancora terminato il racconto nella sua interezza dovreste accuratamente eludere questa parte, ma lo farò comunque perché la mia fede verso il lettore medio di fan fictions è qualcosa di infimo.

Triduum vede la luce in modo alquanto casuale. Per risalire alla sua origine dobbiamo ritornare alle vacanze natalizie 2011-2012, nel periodo in cui, una volta scoperto EFP, regolarmente sfogliavo la sezione Pokémon del sito cercando elaborati che non inducessero in me disgusto alla semplice lettura approssimativa. Proprio nei meandri di quell'inferno di bytes – pochi hanno idea di cosa si trovi là dentro – ho reperito fortuitamente la fan fiction Storia di Rosso e di Blu di Afaneia, che come si può arguire narrava di come i due divennero da amici d'infanzia rivali nell'allenamento.

Adesso il lettore potrà dire « Ehi, ma tu in Triduum spieghi proprio quello! Copione! », e in parte avrebbe anche ragione; il punto è che però io quel racconto, dopo aver intuito dall'esposizione generale di cosa parlasse e aver prelevato l'idea che, tutto sommato, era anche buona, l'ho diligentemente lasciata da parte per evitare di trarne ulteriori informazioni che avrebbero potuto convertire la neonata Triduum in un plagio spontaneo. A onor del vero dopo aver terminato il mio racconto sono andato a leggere la Storia, solo per scoprire che la mia versione non ci va nemmeno vicino. Pericolo scampato, si potrebbe dire – a scanso di equivoci, riconosco chiaramente l'influenza che il lavoro di Afaneia ha avuto sul mio, ragion per cui, pur non condividendo alcune scelte da lei compiute riguardanti il rapporto tra Red e Blue che comunque spettano allo scrittore, invito pubblicamente a dare una scorsa a quanto ha costituito la genesi di Triduum.

Il passo successivo è stato, logicamente, quello di chiarire come Red e Blue finirono in concorrenza l'uno con l'altro. Accantonata una esplicazione di carattere standard, mi è apparso quasi immediatamente scontato che avrei dovuto far scendere in campo potenze superiori. Al tempo, comunque, non v'era traccia del concetto dell'Abisso, del Patto o anche solo della vera natura di Dà Hàak Loi'i: l'idea di base era quella di uno spettro che per qualche ragione intendeva rompere l'amicizia della coppia e non aveva alcuna correlazione con il Ciclo – di qui la Premessa originale che poneva l'accento su ciò. L'idea del tritaios, ovvero del triduo che dà nome al racconto, è stata invece una delle prime a essere inserite e ha la propria nascita nel mio trasporto di quel periodo per The Legend of Zelda, e chiunque abbia giocato a Majora's Mask può ora minuziosamente comprendere.

Triduum era inizialmente molto più breve di come è ora, al punto che per un po' di tempo essa è stata addirittura congetturata come one shot su modello di Aequor. Per dare un'idea al lettore della conformazione preliminare della novella, essa era così costituita: il primo capitolo, Opener, era pressapoco identico a quello attuale; ne seguivano poi tre (tre!) consecutivi, denominati Saggezza, Coraggio e Forza (di nuovo si nota l'ascendente di Zelda) che avrebbero ospitato un giorno ciascuno; infine ci sarebbe stato il breve Epilogo, che avrebbe racchiuso la sezione finale del corrente VIII.

Flemmaticamente, di pari passo con la stesura, sono emerse nuove integrazioni che sono state incorporate in corso d'opera – una delle più recenti riguarda l'intervento dei Superquattro delle altre regioni per aiutare quelli locali, e di conseguenza l'introduzione di Drake che è uno dei miei personaggi preferiti nel contesto del Ciclo.

Dopo un principio altalenante in aprile dovuto all'intensità del periodo scolastico connesso, con l'arrivo dell'estate Triduum ha subito una repentina cabrata, tanto che a metà luglio ero già al dialogo tra Lance e Blue del quarto capitolo. È seguita una decelerazione ascrivibile al mio progressivo coinvolgimento nei videogiochi online che hanno impegnato pressoché integralmente il mio tempo fino a inizio agosto, quando sono partito per la mia consueta vacanza toscana. E lì è successo ciò che già un anno fa aveva benedetto Vox.

Con poco più di un'ora a disposizione quotidianamente per scrivere, in quello iato da internet ho dato fondo a ogni mia energia creativa fino a giungere al termine delle ferie protrattesi tre settimane con solamente l'epilogo VIII da terminare. Ero esageratamente affaticato per lo sforzo profuso in quella che è stata certamente la sezione più complessa da rendere di Triduum, ma nondimeno era quasi tutto concluso. Nella settimana successiva ho comodamente suggellato quanto restava per poi dedicarmi a una meticolosa rilettura che ha rimosso il grosso degli abbagli sintattici e ortografici di cui il racconto era, secondo i miei canoni, gremito, e ho poi scritto confortevolmente il qui presente Commento finale che sancisce in questo 25 agosto 2012 lo spirituale compimento di Triduum.


Ringrazio per la paziente lettura e, come d'abitudine, auspico di non aver annoiato nessuno.

Novecento

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