My missing puzzle piece

di Juliefer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue ***
Capitolo 2: *** CHAPTER Two ***
Capitolo 3: *** CHAPTER Three ***
Capitolo 4: *** CHAPTER Four ***
Capitolo 5: *** CHAPTER Five ***
Capitolo 6: *** CHAPTER Six ***
Capitolo 7: *** CHAPTER Seven ***
Capitolo 8: *** CHAPTER Eight ***
Capitolo 9: *** CHAPTER Nine ***
Capitolo 10: *** CHAPTER Ten ***
Capitolo 11: *** CHAPTER Eleven ***
Capitolo 12: *** CHAPTER Twelve ***
Capitolo 13: *** CHAPTER Thirteen ***
Capitolo 14: *** CHAPTER Fourteen ***
Capitolo 15: *** CHAPTER Fifteen ***
Capitolo 16: *** CHAPTER Sixteen ***
Capitolo 17: *** CHAPTER Seventeen ***
Capitolo 18: *** CHAPTER Eighteen ***



Capitolo 1
*** Prologue ***


My missing puzzle piece
Juliefer



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I finally found you
My missing puzzle piece
I’m complete
Let’s go all
The way tonight
No regrets, just love
We can dance, until we die
You and I
We’ll be young forever.


-Katy Perry.




 

PROLOGUE
 


Ospedale di Holmes Chapel, 1 Febbraio 1994.

 



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-Sono due! Sono due!- urlò scalpitante l’ostetrica.
-Ecco il primo. Un maschietto a tutti gli effetti! Ha una massa di ricci in testa.- aggiunse l’anestesista sorridendo.
La giovane donna prese in braccio il figlio che continuava a piangere disperatamente e presto le fu consegnata anche la sorellina, più tranquilla.
-Due bellissimi bimbi, complimenti signora!- si congratularono i medici. –Come si chiamano?
La neo-mamma guardò senza fiatare i gemelli nelle sue braccia e si perse nei loro occhi magnetici. Erano verde chiaro, con un cerchio scuro sull’orlo all’esterno dell’iride, poi un altro azzurrino e molto leggero, come se la luce li facesse brillare nel centro, seguito da un'altra circonferenza scura intorno alla pupilla. 
Erano uguali ai suoi.
-Harry e Rosalie.- rispose dopo qualche secondo.
Una lacrima rigò il suo volto. Stampò un leggero bacio sulla fronte dei figli e prese quella decisione che l’avrebbe tormentata per tutta la vita.
-Io.. non posso tenerli.- sussurrò tremando. 
 














 


Trullallero!
Oh, yeppa. Pensavate di esservi liberate di me?
Nah.
Sono tornata con questa nuova FF, solo il prologo tutto un programma.
Vi ispira?
Se sì, lasciatemi una recensioncina, ina, ina
e, contemporaneamente,
continuate a votare i ragazzi per gli VMA's.
Aggiornerò al più presto.
Love ya,

//g.

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Capitolo 2
*** CHAPTER Two ***


CHAPTER Two




Holmes Chapel, 1 Febbraio 2011.

 

 

Rosalie
 



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-Qui agente R002. Mi sente agente T001? Passo.
Sentii un gracchiare e poi una vocina infantile rispondere al richiamo.
-Ci sono, agente R002. Cosa vede nella sua posizione? Passo.
-Uhm… Cucina libera. Nessuna presenza umana. Solo un gatto che dorme sul tappeto. Sul tavolo vedo l’obiettivo. Passo.
-Bene, agente R002. Sto scendendo le scale. Lei faccia attenzione a non risvegliare il guardiano. Tenga l’arma pronta. Faccia qualche passo avanti che la raggiungo. Passo.
-Perfetto, agente T001. Passo e chiudo.
Vidi una piccola figura sgusciare giù dalle scale. Oltrepassò il tappeto dove dormiva il ‘guardiano’ e si avvicinò a me intimandomi di fare silenzio.
Aveva degli occhioni da cerbiatto color cioccolato. E dei capelli lisci come l’olio del medesimo colore.
Lo invidiavo per quello.
Scrutammo il campo davanti a noi.
-Evidentemente i nemici non sono in casa.
-Li abbiamo presi di sorpresa. Avviciniamoci cauti all’obiettivo. Potrebbero esserci trappole ovunque.
Da piccola amavo la Pantera Rosa ma da 18 anni a quella parte non ero mai riuscita ad imitare i suoi passi alla perfezione.
Colpii un vaso accidentalmente, suscitando l’ira del mio piccolo compagno di squadra investigativa, ma i tanti anni di calcio nel ruolo di portiere mi furono utili. I miei riflessi facevano invidia anche ad una spia della CIA.
Bloccai il vaso prima che toccasse terra.
-Rose stai attenta! Siamo in missione segreta.- mormorò il mio fratellino.
-Scusa, Tommy! Non l’avevo visto.- mi giustificai con un sorrisetto.
Finalmente riuscimmo a raggiungere l’obiettivo. Tirammo su il coperchio che proteggeva il premio e sorridemmo soddisfatti.
-Wow! C’è scritto… Ta-n-ti  a-u-gu-ri  Ro-sa-lie!- si sforzò a leggere il mio piccolo compagno di squadra.
-Hai imparato a leggere bene, Tommy! Bravo.- mi congratulai. –Per questo, per aver condotto le indagini e per tante altre bla bla bla, ti promuovo da agente T001 a generale T010.- continuai con aria solenne.
Il volto del bambino si illuminò e poi, in merito della promozione, assunse un’espressione seria. Da generale.
-Adesso, possiamo goderci il premio, agente R002.
-Certo, generale.
E con una felicità impareggiabile affondammo il dito nel gustoso cacao che ricopriva la torta.





 



Londra, 1 Febbraio 2011.

 

Harry





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Vestito, ok.
Scarpe, ok.
Profumo, ok.
Cosa manca?
Ah, i capelli!
-Harry! Sei pronto?- mi urlò Louis bussando ripetutamente sulla porta del bagno.
Lo ignorai.
-Sono precisamente 40 minuti e 24 secondi che sei lì dentro.- continuò Liam.
-Te lo chiedono anche i miei capelli! Non li senti? Piangono e dicono ‘Harry, esci da quella porta… Esci da quella porta… O te ne pentirai amaramente!’- disse Zayn.
Soffocai una risata.
-Ci dobbiamo preoccupare? No, perché se muori il giorno del tuo compleanno, cioè… insomma..- si affrettò ad aggiungere Niall.
-…35 secondi…
-Lo sappiamo che ti devi fare bello per i tuoi 18 anni, però…
-Amore, lo sai che sei bello anche così, no?- commentò Louis.
- 38 secondi…
-Vuoi superare il mio record, eh? Ma non ci riuscirai. Io sono stato più di un’ora e mezza e, modestamente, sono il migliore.- si vantò Zayn con un tono aristocratico.
- 43 secondi…
Sistemai i miei soffici riccioli e mi guardai allo specchio per l’ultima volta.
I miei occhi quel giorno erano incredibilmente verdi e si intonavano perfettamente con la giacca che indossavo.
Ma si, andiamoci a divertire!
Presi un respiro ed aprii la porta del bagno.













 






Trullallero!

Scusate. Scusate. Scusate.
*schiva un pomodoro*
Avrei voluto con tutto il cuore aggiornare prima, perchè, ripeto ancora una volta,
ci tengo moltomoltissimomoltissimissimo a questa storia,
ma purtroppo dei maledettissimi virus hanno deciso di invadere il mio pc. ç.ç
*liscia un uovo*
Grazie al cielo, sono riuscita a recuperare in tempo tutti i dati prima che si spegnesse definitivamente
ed ora eccomi qui, con un nuovo capitolo!
*batte le manine*
Well, cosa dire? Uh, ce ne sarebbero di cose da dire.
Partendo dal fatto che nel prologo ho ricevuto dei commenti dolcissimi
e mi dispiace con tutto il cuore avervi deluso con questo primo capitolo così... così... ehm, insignificante (?)
Don't worry, questo è solo l'inizio :)
*annuisce, convincendo se stessa*
Poi, arrivando al fatto che sono sempre più fiera dei nostri ragazzi con tutti i premi che hanno ricevuto e tutti quelli che riceveranno u.u
Ed infine, concludendo con il fatto che sono incazz... ehm, abbastanza arrabbiata per le polemiche sulla coppia Larry.
Non vorrei scatenare ulteriori liti ma io ci ho sempre creduto e sempre ci crederò.
Non so, è come se ci fosse qualcosa di magico in quella bromance..
BUT
..mi hanno infastidito parecchio i comportamenti di alcune 'fans' nei confronti di Louis.
Insomma, era proprio necessario arrivare ad insultare la sua famiglia? No comment.
Anyway, mi sono trattenuta fin troppo... Il latino mi aspetta ç.ç 
Spero di ritrovare qualche vostra recensione, magari con il vostro parere su quest'ultima questione.
Vi lascio con MrStylesbaciamiomifacciounaltrotatuaggio e MrTomlinsonsorridiotifaccioridereio qui sopra.
Siete in buone mani, insomma!
Grazie di tutto, meraviglie. Vi devo tanto.
Love ya,

//g.

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Capitolo 3
*** CHAPTER Three ***


CHAPTER Three





 

Rosalie


 



-Para questa Rose, se ce la fai!- urlò Jessy calciando con tutta la sua forza.

Poco vento. Palla a giro. Probabile direzione: incrocio dei pali sulla destra.
Mi affidavo completamente ai calcoli del mio cervello. Ormai, era automatico.
Soddisfatta mi buttai verso il punto prestabilito e con facilità accolsi il pallone tra le mie braccia.
Jessy scoppiò a ridere e avvicinandosi mi diede una pacca sulla spalla.
-Sei la migliore, capitano.
Un sorriso malizioso si dipinse sul mio volto.
 
Ero una ragazza esile ma allo stesso tempo atletica. Il calcio mi aveva aiutata a sviluppare un’agilità straordinaria. Spesso me ne sorprendevo io stessa.
Il mio viso ovale era delicato: avevo un naso piccolo e all’insù, due occhi di un colore particolare tra il verde e l’azzurro, a seconda del mio umore, e una spruzzata di lentiggini qua e là.
I capelli biondi ricadevano sulla schiena in una nuvola vaporosa di boccoli. Il mio corpo era flessuoso e dinamico.
Nonostante avessi fatto del calcio una parte fondamentale della mia vita, mantenevo la mia femminilità in ottime condizioni a quanto giudicava l’altro sesso.
Cambiavo spesso ragazzo, non avevo nessuna intenzione di legarmi a qualcuno così giovane.
In squadra, ero essenziale. Non c’era pallone che non riuscivo a prendere.
Ero una sicurezza e, portando la fascia di capitano, dovevo mantenere certe responsabilità. Mi ero guadagnata il soprannome di ‘Occhi di gatto’.
Secondo il mister gli avversari mi sottovalutavano per via della mia costituzione in confronto al resto della squadra ma si sbagliavano di grosso.
Non mi sfuggiva nulla. Il mio sguardo sondava tutto e ogni mossa era già stata prevista.
 
 
Dopo due ore e mezza di allenamento, arrivai a casa stanca.
Mi catapultai letteralmente dentro la vasca.
Un bel bagno caldo mi avrebbe restituito le forze.
Accesi la radio e sguazzai nell’acqua con le paperelle.
Chiusi gli occhi, facendomi cullare dalla musica.
-Raro momento di riposo…- mormorai tra me e me, svuotando la mente.
La voce di soprano di mia madre distrusse ogni piccolo desiderio di pace e tranquillità.
-Rose, sei in casa?
Se avessero potuto, i vetri delle finestre si sarebbero frantumati in mille pezzi.
-Cara, mi senti?
Perché no, anche i bicchieri.
-Come sono andati gli allenamenti? Tommy è dal dottore ma tornerà tra poco!
Come facciamo a parlare da una parte all’altra di casa?
-Io preparo la cena… Quando hai fatto vai a studiare!
Ecco, brava.
Studiare? Ovvio.
Le paperelle continuavano a fissarmi.
-Tranquille, scherzavo. Vi pare che mi metto a studiare?
Scoppiai a ridere.




Harry
 

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Adoravo i gatti.
Li avevo sempre considerati degli animali superiori. Autoritari e indipendenti. Li ammiravo per questo.
Briciola si accoccolò vicino a me, facendo le fusa.
Lo accontentai, accarezzandolo dolcemente.
Ero steso sul comodo divano del salotto.
Da un’enorme vetrata sul giardino, vedevo i ragazzi giocare a pallone. Louis aveva rotto due finestre nel giro di un mese.
Eravamo una squadra abbastanza forte, a livello agonistico, e ultimamente avevamo guadagnato anche qualche trofeo.
Presto avremmo avuto uno dei tornei più importanti. Le squadre provenivano da tutta l’Europa.
Mi ero promesso di portare in alto quei ragazzi.
 
Il mio umore era sottoterra. Da quando avevo compiuto i 18 anni, c’era qualcosa che mi tormentava.
Non saprei dire cosa. Mi mancava qualcosa, come se una parte di me fosse vuota. O addirittura sconosciuta a me stesso.
Probabilmente, però, era solo una delle mie strane sensazioni.
 
Come se mi leggesse nella mente, la palla di pelo inizio a leccarmi il polso.
Fin dai miei primi ricordi mantenevo quel tatuaggio particolare. Era una lettera incisa in caratteri gotici.
Spesso avevo cercato di chiedere spiegazioni a mia madre via telefono ma lei cambiava tatticamente discorso.
Non mi dispiaceva. Era elegante, ma non ne avevo mai capito il significato.
Nessun nome in famiglia iniziava con la ‘R’.
 
La voce di Zayn mi riportò alla realtà.
-Harry, vieni a giocare! Stiamo perdendo di brutto!
Scoppiai a ridere e tutte le preoccupazioni sparirono all’istante.



















 



Trullallero!
Eh, macarena (?)
Let's go crazy, crazy, crazy till we see the sun,
I know we only met but let's pretend
it's love!
 

Quanto sono belli? Tanto. Tantissimissimo.
Sono la mia vita :')
*dolcezza sdolcinata di (quasi) fine giornata traumatica*
Ricapitolando today:
Video Inedito di LWWY (Live While We're Young)

Twitcam della durata di 60 secondi
ITunes festival
Le mie ovaie sono esplose in mille pezzi ed ora sto cercando di recuperarle!
Anyway, cosa ne pensate del capitolo?
Rosalie e Harry vivono la loro vita tranquillamente (o quasi) ma sembra esserci una cosa che li accomuna...
Mmmmh... Con i prossimi capitoli le cose inizieranno a farsi più chiare per voi quanto per i protagonisti :)
Ho pensato di rappresentare Rose con quella grande faigona lassù.
Mi sembra adattissima v.v
Fatemi sapere cosa ne pensate in una recensioncina
(con più di dieci parole, please)
e godetevi il nuovo singolo!
Io l'ho già imparato a memoria. Yeah, buddy!
Love ya,


//g.

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Capitolo 4
*** CHAPTER Four ***


CHAPTER Four




 

Rosalie
 





 

Calcio, famiglia, paperelle.
Non mi posso lamentare.
-Vero, Mollica?- accarezzai il gattino sdraiato beatamente sul mio letto.
Il display del mio cellulare si illuminò.
-Pronto?
-Rose! Ti devo dire una cosa! Ti devo dire una cosa!
E chi poteva essere se non Susanne, mia migliore amica e manager ufficiale della nostra squadra?
Nonostante la stanchezza, un sorriso si dipinse sulle mie labbra.
Avevo proprio bisogno di sentirla.
-Hey Susanne, spiegami tutto!
La sua euforia era contagiosa.
-Allora, il mister.. cioè, calcio, no? Insomma, mi ha chiamato oggi e… Oddio ancora non ci posso credere!
Non osavo interromperla. Sapevo che sarebbe stato peggio.
-Ecco.. Andiamo a Londra!
Rimasi in silenzio.
Londra?
Io a Londra?
No. È impossibile.
-Rose, ci sei? Hai capito? Il torneo! A Londra! Oddio pensa se passiamo il primo turno… Cioè pensa che emozione! Giocare in un campo vero! Io appena l’ho saputo sono morta…
Continuò a blaterare cose insensate mentre la mia testa era già partita con i suoi viaggi mentali.
-…e non è tutto! Ti rendi conto? A Londra! La capitale! Negozi, vie affollate, gente che viene da ogni parte del mondo! Mio dio.. Roba da matti! Aspetta poi di sapere questa! Il torneo, no?  Hai presente? Bene.. Ecco.. Ci hanno preso ma siamo l’unica squadra, ehm… cioè l’unica squadra femminile! Insomma, sono tutte maschili! Pensa che divertimento!
Chiusi gli occhi, accarezzai il piccolo tatuaggio con la lettera “H” in stile gotico sul polso, e lasciai vagare la mente.









Harry
 

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Lo stomaco brontolava. Era ora di alzarsi.
Mi stiracchiai per bene e mi diressi verso la cucina.
-…è la nostra occasione! Abbiamo solo questa possibilità!- urlava Niall.
-In effetti, non ha torto… Non ci capiterà più.- lo sosteneva Liam.
Varcai la soglia e con la voce ancora impastata mi intromisi nel discorso.
-Di cosa si parla gente?
-Alla buon ora Harry! È solo mezzogiorno..- commentò Zayn.
-Calcio, amore.- rispose Louis sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori.
-Ah, immagino discutiate del torneo, giusto?
Niall mi lanciò uno sguardo interrogativo.
-E tu come fai a saperlo, Styles?
-Io so sempre tutto, Horan. Ricordatelo.
Gli feci l’occhiolino e mi versai un po’ di latte freddo nel bicchiere.
-Harold, è scaduto..- mi disse Zayn divertito.
-Cosa?- chiesi, lanciandogli uno sguardo infastidito per il modo in cui mi aveva chiamato.
-Il latte che stai bevendo!- mi rispose accennando al liquido che mi gonfiava le guance.
Senza pensarci due volte lo sputai nel bel mezzo della cucina bagnandomi i boxer, l’unico indumento che indossavo.
Fulminai con lo sguardo il ragazzo dalla pelle ambrata e Niall scoppiò in una fragorosa risata contagiando anche gli altri.
Ci volle un po’ prima che si calmassero. Liam mi aiutò a ripulire il liquido sul pavimento.
-Comunque, tornando al discorso di prima, non c’è problema! Ho già mandato l’iscrizione qualche giorno fa.- annunciai con tono indifferente lasciando tutti sbalorditi.
-T..t..tu l’is..crizione? Cioè l’is..criz..ione a quel torneo?- chiese Niall tremando.
Sapevo quanto ci tenesse.
-Bè si. Vi volevo fare una sorpresa ma…
Non feci in tempo a finire la frase che l’irlandese mi saltò addosso.
-Dio, Harry! Grazie! Lo sai quanto è importante quel torneo, vero? Vengono da tutta l’Europa!
Si unirono all’abbraccio anche gli altri ragazzi.
Louis iniziò a saltellare, Liam dava degli schiaffetti sulla testa di Zayn che urlava temendo il peggio per i suoi capelli e Niall non riusciva a smettere di ridere.
Io più li guardavo più pensavo di esser il ragazzo più fortunato al mondo.











 

 

     

Trullallero!
E, con la superba (?) presentazione di Styles, ecco a voi il quarto capitolo!
Un capitolo di passaggio, nel quale viene introdotto un nuovo personaggio.
*hofattolarima*
Don't worry, sono in lista di attesa per un letto libero nell'istituto qui vicino.
Sorvolando le capperinate che mi escono alle 11:55 del mattino,
Susanne sarà molto importante per l'evoluzione della storia :)
Non poteva essere altrimenti dato che miss Susanna_1D
mi trapana i sentimenti 24h su 24h per costringermi ad aggiornare la storia.
Per quanto riguarda Harry,
ma ve lo immaginate di prima mattina quasi completamente nudo e sporco di latte?!
A me piace il latte. 
Cambiando discorso per evitare di farmi uscire di bocca espressioni poco caste,
la notizia del torneo è stata resa pubblica e i ragazzi sembrano eccitati all'idea.
Nel prossimo 'chapter',
ci sarà un colpo di scena ma, da buona autrice, non posso svelarvi altro! 
Vi ringrazio di cuore per tutte le recensioni che ho ricevuto,
per i consigli, per i complimenti, e per le frasi sdolcinate,
e vi auguro una buona lettura!
Love ya,

//g.     

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Capitolo 5
*** CHAPTER Five ***


CHAPTER Five





 

Rosalie





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La notizia della partecipazione all’importante torneo aveva messo in agitazione l’intera famiglia.
Mia madre consultava ogni giorno a tutte le ore le previsioni del tempo e correva da una parte all’altra della casa cercando vestiti e scarpe adatte da farmi portare.
Tommy chiamava tutti i suoi amichetti, diffondendo la notizia e vantandosi della partecipazione della sorella.
E, incredibilmente, spuntavano come funghi parenti lontani che non avevo mai sentito nominare.
È proprio vero che la carriera dà alla testa.
Io, invece, ero piuttosto tranquilla.
Cercavo di concentrare tutte le mie forze sugli allenamenti.
Mi sentivo in obbligo di portare quelle ragazze in alto. Glielo dovevo.
  

Dopo una doccia veloce, scesi in cucina per la cena.
Aiutai ad apparecchiare la tavola e notai una strana tensione, in particolare tra mia madre e mio padre.
Non proferirono parola durante tutto il pasto, evitando il mio sguardo.
C’era qualcosa che non andava.
Feci per chiedere spiegazioni quando Tommy iniziò ad urlare.
Mio padre scattò in piedi e lo trascinò in bagno.
Il volto di mamma divenne verde.
Finii il boccone e li seguii preoccupata.
Tommy era chinato sul lavandino con un rivolo di sangue che gli gocciolava sul mento.
Il mio cuore aumentò i battiti.
Solo l’idea che mio fratello si fosse fatto male mi mandò in iperventilazione.
Mi vide affacciata all’angolo della porta e sorrise.
Era un bambino taciturno. Sorrideva poco, ma quando rideva era un'esplosione.
Rideva con la bocca, con gli occhi, con le braccia, con tutto il corpo. Era bellissimo.
E rideva. Rideva bene, a piena gola, mostrando i denti. Non rideva di me. Rideva con me.
Rideva perchè lo facevo ridere. Ed era bello vedere un bambino che rideva perchè lo facevi ridere.
-Guaffa Rose!- esclamò mostrandomi un piccolo oggetto bianco nella sua mano.
Lo scrutai attentamente e posai nuovamente lo sguardo su quel faccino adorabile.
-Mi è cafduto il pfimo denftino!- mi disse con un gridolino, mostrando la finestrella tra le sue labbra.
 
 
Infilai qualche monetina sotto il cuscino di Tommy e sgusciai in camera mia.
Mi lasciai cadere a peso morto sull’invitante letto.
Non ero stanca ma dovevo riposare il più possibile per il viaggio dell’indomani.
Mollica si allungò sulle mie gambe. Lo accarezzai dolcemente.
Avevo sempre avuto un debole per i gatti.
Mi infilai le cuffiette e cominciai a disegnare una tattica di gioco che fosse all’altezza delle nostre prestazioni. Valutavo le qualità delle mie compagne e i loro punti deboli. In poco tempo, riuscii a tirar fuori una formazione decente.
La musica mi aiutava a pensare. Non mi aveva mai delusa.
Tutte le volte che mi sentivo tradita o giù di morale, lei era sempre pronta ad accogliermi tra le sue braccia, ad ascoltare i miei silenzi, ad aspettare che le mie lacrime si asciugassero, che la mia sofferenza diminuisse, fin quando non mi tornava il sorriso perduto, per poi lasciarmi andare dolcemente.
Rendeva la vita migliore.
Ero persa nei miei pensieri quando sentii bussare alla porta.
Lanciai uno sguardo alla sveglia.
Mezzanotte meno un quarto. Tardi.
Tolsi le cuffiette e sussurrai un timido ‘Avanti’ incuriosita.
Fecero capolino le teste dei miei genitori in pigiama.
Li guardai sorpresa.
-Mamma?! Papà?!
Che si presentasse mamma per cercare di strapparmi informazioni sul ragazzo che mi aveva accompagnato a casa quella stessa sera era già una rarità.
Ma adesso la presenza di papà mi incuriosiva a tal punto da trasformarsi in preoccupazione.
Mi feci un esame di coscienza ma non trovai nulla di compromettente.
Si avvicinarono e con un gesto li invitai a sedersi sul letto.
Raccolsi le ginocchia al petto, aspettandomi il peggio.
 

-Rosalie, ti dobbiamo parlare di una cosa molto importante.- mormorò papà.
Mamma gli strinse la mano e prese la parola.
-Ne è passato abbastanza di tempo. Non abbiamo voluto dirtelo prima per paura di… perderti.
Adesso sei cresciuta, sei una ragazza con la testa sulle spalle ed è giusto che tu lo sappia.
-Mi state spaventando..- sussurrai giocherellando nervosamente con il bordo del lenzuolo.
Continuarono come se non avessi detto nulla.
-Tesoro, ricorda però che noi ti amiamo. Un amore che nessuno può concepire. Ricorda questo.
-Ci dispiace dirtelo così senza preavviso, in questo momento…
-Insomma, domani parti..
-Niente giri di parole! Ditemi quello che mi dovete dire e finiamola qui.- replicai con tono duro.
Il lenzuolo si era trasformato in un ammasso di stoffa.
Stavano mettendo a dura prova la mia pazienza. Non era mai stata il mio forte.
Tutto sommato, però, non si meritavano di esser trattati così.
-Vi ascolto- mormorai incoraggiandoli, sorridendo con dolcezza.
-Beh, ecco…- iniziò papà.
Mamma lo interruppe.
Pronunciò schietta quelle parole che nessun figlio al mondo avrebbe voluto sentirsi dire.
Quelle semplici parole che ti fanno ripensare a tutto il tempo trascorso come se nulla fosse.
Anzi, qualcosa era. Una grande, grandissima bugia.
Tanti piccoli brividi mi percorsero la schiena. Le gambe atletiche e magre si irrigidirono.
-Noi non siamo i tuoi veri genitori, Rosalie. Sei stata adottata.
E il sorriso pieno di dolcezza sparì dal mio volto. 
















Trullallero! Trullalà (?)
Oggi è venerdì e, dato che manca solo un giorno di scuola prima della fine della settimana,
avevo voglia di fare un saluto diverso u.u
Well, è un capitolo un po' triste (e di questo mi scuso) ma era estremamente necessario.
Per Rose è stato un colpo duro, ma è una ragazza forte e credo riuscirà a superare anche questo ostacolo.
A volte la verità fa male.
*vocina di Gossip Girl*
Anyway, avrei alcune domande da farvi:
1) Come fate ad essere così dolciose (?)
No, svelatemi se c'è un trucchetto. Mangiate miele 100% naturale a tutte le ore?
Vi sfondate di zucchero filato?
Finite i barattoli di nutella in cinque minuti?
2) Liam e Danielle si sono lasciati? mistero.
Danielle non mi è antipatica. (in fondo rende felice uno dei miei idoli, perchè dovrei odiarla?)
Sono, comunque, un po' confusa.
Twitter e vari giornali, such as 'The Sun', hanno confermato la loro rottura.
Inoltre, nello show di Alan Carr, il presentatore ha fatto domande sulle loro rispettive fidanzate solo a Louis e Zayn.
Poi, però, giro su facebook e trovo una loro foto recentissima. Bah.
Ulteriori informazioni sono ben accette. 
3) Quanto può essere grande il cuore del signorino Payne?
Si è quasi rasato a zero per donare i capelli ad un'associazione contro il cancro.
Non tutti l'avrebbero fatto.
Sono quindi obbligata a fare un appello.
Cara popolazione maschile, imparate da Liam Payne, studiate Liam Payne, siate Liam Payne.
Le ragazze probabilmente vi amerebbero.

Ho i compiti fino al collo, quindi evaporo (?).
Se vi va, lasciatemi una recensioncina piccina piccina per farmi sapere cosa ne pensate.
Grazie di tutto!
Love ya,

//g.

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Capitolo 6
*** CHAPTER Six ***


CHAPTER Six




 

Rosalie



 

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A volte mi accorgevo di sparire.
Di assentarmi nel bel mezzo di una discussione o nelle incertezze che intercorrono le parole.
Andavo via senza che nessuno se ne rendeva conto e restavo per un po' in silenzio.
Oltrepassavo i vetri e guardavo fuori, anche essendo in una stanza priva di finestre o in un cinema di mercoledì sera.
Non è che io pensassi a chissà cosa od osservassi un oggetto ben preciso, semplicemente mi allontanavo.
Scioglievo i minuti dalla loro costante pressione.
Non credevo fosse una vera e propria fuga, ma, più che altro, una pausa.
-Come sta...-
Pausa.
-Oggi l'ho vist...-
Pausa.
-Mi manch...-
Pausa.
-Te lo promett...-
Pausa.
 

E’ strana la notte: per quelli che si addormentano subito dura solo un attimo, mentre per chi la passa completamente in bianco, diventa così lunga che è come vivere una vita supplementare e sembra quasi un privilegio.
Passai otto ore fissando il soffitto.
Quando la tua mente è vuota anche un muro può diventare interessante.
Semplicemente, non potevo crederci.
Adesso, però, tutto tornava.
L’assenza di foto appena nata.
Quello strano tatuaggio sul polso sinistro.
Il fatto che non avevo nessun connotato in comune con gli altri membri della mia ‘famiglia’.
Il brutto anatroccolo.
Ma perché io? Perché?
Frammenti dei miei 18 anni di vita mi passarono davanti come un treno.
Io che giocavo in giardino.
‘Mamma’ che mi preparava la torta.
Io che facevo vola-vola nelle braccia dei miei ‘genitori’.
Il primo giorno di scuola.
Le treccine bionde che mi faceva la ‘nonna’.
Il mio primo fidanzatino. La nascita di Tommy.
Il suo primo bagnetto.
Le feste di compleanno.
Lui che rideva arrampicato sulle mie spalle.
La caduta del suo primo dentino.
E poi…
Poi, i miei ‘genitori’ che entrano in camera.
Dicono quello che devono dire. La verità.
Una verità che mi era sempre stata nascosta. ‘Mamma’ piange. ‘Papà’ l’abbraccia e le sussurra che andrà tutto bene.
Ma questa volta si sbaglia.
Loro, i miei genitori per 18 anni, adesso non sono altro che estranei. Solo ed unicamente estranei.










Harry




 

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Finestre dopo finestre Louis aveva migliorato il tiro.
Josh era forte in porta. Sandy, Jon e Dan erano ovunque.
Niall impostava il gioco come centrocampista.
Liam era un ottimo difensore e Zayn correva come un fulmine sulla fascia.
Io, facevo goal.
Eravamo pronti. Azzarderei a dire prontissimi.
Paul ci richiamò all’ordine.
-Forza femminucce! Su con quei salsicciotti! Vi voglio vedere scattanti! Dai, dai!
Eseguivo i comandi senza fiatare.
Correvo, correvo e correvo. Mi sentivo come Forrest Gump.
 
 
La mattina prima di metterci in viaggio decisi di fare uno squillo a mia madre.
Era da parecchio tempo che non la sentivo. Ero ancora terribilmente arrabbiato con lei.
Eseguiva alla perfezione il suo ruolo di madre andandosene in giro con uomini di qualunque tipo.
Un giorno usciva con uno, il giorno dopo con un altro.
Sinceramente, non mi preoccupavo molto della sua vita privata. Preferivo pensare alla mia.
A tal punto che mi ero trasferito in una villa insieme a quei quattro ragazzi impazziti.
Ero comunque in dovere di farle sapere che avrei partecipato all’europeo.
Dopo un bel po’ di squilli rispose una voce maschile.
-Pronto? Chi è?
-Sono Harry, mi passi Anne, grazie.
-Harry chi? Anne è impegnata con me.
Calmati. Non perdere la pazienza.
-Sono contento per lei. Io sono il figlio. Posso gentilmente parlare con mia madre?
-Oh si certo. Scusami Harry. Te la passo subito.
-Ci mancherebbe.
Che razza di gente si va a cercare mia madre, bah.
-Pronto?
-Mamma.
-Amore mio! Come stai? Ti è arrivato il mio messaggio per i tuoi 18 anni?
Amore mio. Penoso. Vai a dirlo ai poveracci che attiri nella tua rete.
-Certo.
Tagliai corto. Non avevo nessuna intenzione di continuare il discorso.
Che madre è una che per i tuoi 18 anni ti manda un sms?
-Bene. Senti, tesoro…
-Tranquilla. Immagino tu abbia da fare. Ti volevo solo dire che sto partendo per giocare un torneo molto importante di calcio. A livello europeo.
-Oddio! Bravissimo! Mio figlio calciatore!
Si. Tuo figlio quando ti pare.
Sentii la voce maschile sussurrarle qualcosa.
-Hai capito, Michael? Mio figlio fa l’europeo!
Un gridolino sorpreso invase la cornetta del telefono.
Michael. Aveva pure un nome.
-Tesoro, quando inizia?
-Oggi. Stiamo per partire.
-Oggi?! Wow, bene! Allora… ehm, come si dice?
Un suggerimento.
-Ehm, si, giusto. Buona fortuna, amore!
-Grazie.
Feci per chiudere la chiamata ma mamma mi interruppe.
-Senti, Harry. Dobbiamo parlare.
Era la prima volta che mi chiamava con il mio vero nome.
Forse aveva capito che a 18 anni i suoi soprannomi teatrali potevano infastidire.
Soprattutto se erano del tutto finti. Li usava sicuramente per abitudine con qualcun altro.
-Di cosa?
Il fatto mi preoccupava alquanto.
Mia mamma che parla? È scappata con il primo uomo che le è capitato senza dirmi nulla, abbandonandomi a me stesso. Non era proprio nel suo carattere.
-Ehm, forse qui per telefono non è la cosa migliore.
Per te nulla è la cosa migliore.
-Forse potrei fare un salto con Michael a trovarti. Così potrei anche vederti giocare. Ne ero sicura che il tuo allenatore fosse un brav’uomo.
Si, dopo aver attirato anche lui nella tua trappola. Povero uomo. Chissà che fine avrà fatto.
L’idea che mia madre venisse a vedermi giocare non era male. Con la mia bravura le avrei rinfacciato quello che si era persa negli ultimi dieci anni.
-Va bene. Anche se l’allenatore l’ho cambiato tre anni fa.
-Uhm, fa lo stesso. A Michael farebbe piacere conoscerti. Ehm, di persona intendo.
-Immagino. Londra, campo Wembley. Ci sono prima le qualificazioni. Poi i gironi a squadre ed infine i tabelloni ad eliminazione diretta. Ti conviene venire per questi ultimi.
Non ci ha capito sicuramente nulla. Ha un cervello più piccolo di quello di una gallina.
Non ho ereditato niente da lei. Per mia fortuna.
-Ehm, ok. Ho scritto tutto. Allora ci vediamo lì e dai il megl…
-Si, ok, ciao.
Chiusi la chiamata. Avevo già speso troppo tempo. Più di quello di cui meritava.












 

      
 




Trullall...
Bip. Bip. Bip. Biiiiiiiiiiiip.

*morta*
--------
Hey everyone!
Sono l'anima dell'autrice che vi scrive.
E se non mi sbrigo, rischio di morire anche io,
di fronte a tanta ma tanta ma taaaanta roba.
La ragazza dall'aldilà vi prega di avere pietà per questo capitolo:
Altissimo. Purissimo. Schifosissimo.
E anche un po' di pazienza, dato che dal prossimo, inizia il torneo tanto atteso :)
Ci tiene a specificare che la madre di Harry nel chappy non corrisponde minimamente alla vera Anne,
nè per aspetto fisico nè per carattere.
Adoriamo quella donna e non ci saremmo mai permesse di descriverla in questo modo.
Speriamo, comunque, di ricevere qualche commentino per aggiornare il prima possibile!
Per chi non l'avesse visto questo è l'Alan Carr Chatty Man con i sottotitoli:
-Prima parte.
-Seconda parte.
Love ya (con un piede di qua e uno di là),

//g. & la sua anima. 

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Capitolo 7
*** CHAPTER Seven ***


CHAPTER Seven
 






 

Rosalie



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Come organizzato, passò a prendermi sotto casa Susanne.
Con il suo motorino saremmo arrivate alla stazione di bus e insieme al resto della squadra direttamente a Londra.
Zuzu era emozionatissima. Non smetteva un attimo di parlare.
A me andava bene. Io stavo in silenzio, l’ascoltavo e annuivo leggermente quando serviva.
Mi accorsi di essere vuota. Scavata in profondità.
Prima di partire, ero riuscita a stampare un fugace bacio sulle morbide guance di Tommy. Aveva un dolce profumo di fragole sulla pelle.
Dormiva come un angioletto ai lati del letto a due piazze. Avvolto nelle coperte, era ancora nel mondo dei sogni.
Era come un piccolo orsacchiotto che giocava a nascondino: andava sempre a rintanarsi negli angoli più appartati, con la speranza, però, che qualcuno prima o poi lo trovasse.
L’uomo e la donna che mi avevano cresciuta non si fecero trovare in casa quella mattina. Lasciarono un semplice biglietto che nemmeno lessi. Meglio così.
Sapevo che mi amavano come loro figlia ma non potevo accettare quella situazione.
‘Chi ama ha il potere di distruggere’ ed io ero stata distrutta, sbriciolata.
 

Arrivammo alla stazione in netto anticipo. Non c’era nessuno ancora.
Sfilai il casco e controllai  l’orologio.
-Siamo arrivate presto, Rose.
La mia migliore amica mi fece l’occhiolino.
La squadrai da capo a piedi.
Era una bellissima ragazza. Alta, slanciata, occhi color nocciola e capelli castano chiaro.
Le ciocche che le ricadevano sul viso era del color dell’oro.
Si era vestita carina. Fin troppo per uno scomodo viaggio di tre ore.
Una gonna piuttosto stretta le sfiorava le ginocchia. Una maglietta per buona parte trasparente lasciava fantasticare chiunque. Degli stivali in morbido camoscio le fasciavano i piedi.
Io indossavo semplicemente la divisa della squadra, da buon capitano.
Mini shorts aderenti, canottiera con il numero ‘uno’ stampato dietro, coperta da una felpa con il cappuccio e delle semplici e comodissime scarpe da ginnastica.
Alzai un sopracciglio e la guardai intensamente.
Lei scoppiò a ridere.
-Beh, sono tutte squadre maschili. Qualcuno lo dovrò pur trovare, no?
Eravamo fatte così. Bastava uno sguardo e ci capivamo.
Telepatia. Tornava utile durante le interrogazioni.
Mi avviai verso una panchina e posai il borsone.
Una manata sul fondoschiena mi bloccò prima che potessi sedermi.
-Anche tu, capitano, non sei messa meglio. Quegli shorts mettono in mostra tutto.
Mi lanciò un’occhiata compiaciuta.
Accennai un lieve sorrisetto che durò meno di un istante.
-Io l’ho sempre detto che hai un culo da favola. E a quanto pare non sono l’unica.- disse, alzando il tono della voce.
Spostò gli occhi in direzione di tre ragazzi che ci guardavano sfacciatamente. Confabulavano tra loro, ammiccando nella nostra direzione. Disgustosi.
Susanne era sempre stata un’anima libera. Pronta a cogliere ogni momento per divertirsi e far divertire.
Io, invece, ero più cauta.
Si, avevo avuto molte storie, ma nessuna si era mai avvicinata alla definizione vera e propria di ‘relazione seria’.
Gli uomini erano una razza particolare. Definivano le donne complicate invece di iniziare a darsi dei coglioni.
-Che parolone! Attenta, siamo in minoranza.- mormorai maliziosamente.
-E dove è il problema? Mi sacrificherò e ne prenderò due.
Scoppiammo a ridere.
Lei. L’unica che mi aveva sempre capito, sopportato e dato fiducia in questo mondo difficile ed incerto.
Lei, la cui dolcezza e sincerità avevano risvegliato in me la voglia di vivere, di credere in un futuro migliore, avevano tirato fuori quello spirito giovane, quasi incosciente, ma con tanta voglia di fare.
Lei. Quella sola persona che era capace di rubarmi una risata e di salvarmi dall’inferno in cui ero.
La mia migliore amica.




 

Harry
 

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Ci sono persone che mettono i loro sogni in una piccola scatola e dicono : 'Sì, ho dei sogni, naturalmente ho dei sogni.'
Poi mettono via la scatola e di tanto in tanto la guardano. Sì sono ancora lì.
Si tratta di grandi sogni, rimasti in quella scatola per tanto tempo.
Ci vuole molto coraggio per farli uscire, per tenerli in piedi e dire: 'Quanto valgono?'.
Ed è qui che entra in gioco la determinazione.
Noi eravamo determinati. Costi quel che costi, ce l’avremmo fatta.
 

Arrivammo al campo per gli allenamenti insieme ad altre due squadre.
Erano robusti e corpulenti ma spesso l’apparenza inganna.
Facemmo una piccola partitella di riscaldamento e le mie predizioni si rivelarono esatte.
Non toccarono palla. La partita finì 4 a 0.
Eravamo appena arrivati e già tutti sudati.
-Così ci rendono la vita troppo facile, però.- commentò Louis con un sorrisetto sulle labbra.
-Spero che le altre squadre siano ad un livello superiore.- aggiunse Zayn, passandosi una mano tra i capelli.
-Ma anche no! Meglio se sono scarse… Almeno abbiamo la coppa e i soldi del premio assicurati!- ribatté Niall saltando addosso a Louis.
-Certo! Così finalmente potremmo incidere il nostro disco!- esclamai euforico.
Liam mi sorrise.
-Si, finalmente! Però non dobbiamo sottovalutare nessuno. Ricordatevelo.- aggiunse.
Il mio corpo era in agitazione. Il solo pensiero che vincendo quel torneo avremmo potuto realizzare i nostri sogni, mi fece tremare il cuore.
Quella scatoletta, impolverata su uno scaffale, avrebbe potuto finalmente essere aperta.
Accordi su accordi. Prove su prove. La musica era parte integrante del nostro corpo.
Ci aveva accolti nelle sue braccia, isolandoci dal mondo, ci aveva cresciuti, curati, migliorati.
Non ne potevamo fare a meno.
-Hai visto Styles che assist perfetto che ti ho fatto?- urlò Niall ancora arrampicato sulla schiena di Louis.
-Niall! Scendi! Mi stai facendo male!- gridò il mio migliore amico.
Aveva la vaga sembianza di un’anatra in calore.
Scoppiammo tutti a ridere mentre le altre squadre, con un’espressione indignitosa sul volto, ci lanciarono occhiate sprezzanti.
-Forza, ragazzi! Tutti sotto la doccia. Puzzate come capre!- urlò Paul.
Louis si annusò la maglietta, completamente inzuppata, e annuì, correndo verso l’edificio.
Repressi un sorriso divertito.
Feci per seguire gli altri, quando una mano forte mi bloccò la spalla.
-Bel lavoro, Styles. Mi sei piaciuto.- mormorò con voce cavernosa.
-Grazie mister.- risposi alzando la testa.
Lo cercai con lo sguardo ma era già sparito.
 

Mi voltai con aria soddisfatta e, con la coda degli occhi, notai una cresta corvina.
-Hey, Zayn. Hai intenzione di rimanere là fino a domani mattina?- urlai.
Era fermo, immobile, in mezzo al campo di gioco. L’erba sintetica gli sfiorava gli scarpini.
I suoi occhi erano persi nel vuoto mentre balbettava qualcosa di incomprensibile.
Seguii la direzione del suo sguardo e rimasi sbalordito.
Un gruppo di ragazze scendeva dal bus indossando quella che, all’apparenza, sembrava una divisa da calcio.
Le scrutammo una per una. Tutte alte e robuste. Uomini vestiti da donne.
-Se queste sono le cheerleaders, mi rifiuto di segnare.- mormorai.
-Non credo siano cheerleaders, Harry.- commentò Zayn, con una nota di timore nella voce.
 
 
 
Isn't she lovely, isn't she wonderful?
Isn't she precious less than one minute old?
I never thought trough love we'd be.
Making one as lovely as she…
-Lou, passami l’asciugamano!- urlai, interrompendo la dolce melodia della mia canzone preferita.
Dopo una doccia fredda, mi sentii meglio.
Afferrai al volo il tessuto bianco e lo legai attorno alla vita.
I ragazzi erano già pronti per uscire.
L’essere puntuale, non faceva parte della mia lunga lista di qualità.
-Io ho fame!- protestò Niall, massaggiandosi la pancia.
Un ciuffo di capelli biondi gli ricadeva sulla fronte, lasciando intravedere due occhi color del ghiaccio.
-Mi vesto e andiamo a mangiare.- lo rassicurai con un sorriso.
Ignorai gli urletti di Zayn ogni qualvolta una ciocca di capelli sfuggiva dalla sua amata cresta, arricciai il naso per l’odore nauseante del profumo di Louis confuso con il deodorante di Liam, e mi feci strada tra il campo minato di vestiti, buttati sul pavimento.
Discutevamo sulla tattica da adottare in partita, quando bussarono alla porta.
Louis non fece in tempo ad aprire la soglia che ci ritrovammo davanti due figure alte e slanciate.
 




















 

Trullallero!
Solo due parole: GANGNAM STYLE.
Io sto ancora piangendo dal ridere (?) :')
Altre quattro parole: LWWY Behind The Scenes.
Questi sono i miei idoli.
Ultime due parole: Nialler's Twitcam.
Io credo di amarlo profondamente.
Ultimissime paroline: BBC Radio.
Loro ridono, io muoio.
(Liam, Harry e Zayn ci son stati già, tra poco arrivano Niall e Louis!)
#News: Cosa ne pensate del concorso BringMeTo1D?
Sinceramente? Secondo me, è una cavolata. 
Una vera directioner avrebbe ordinato Take Me Home ugualmente.
Ho paura che i management stiano seriamente esagerando.
Non voglio che i miei idoli si trasformino in un'icona commerciale u.u
Bene, dopo avervi detto gli ultimi spettegulesssssss sui nostri ragazzuoli,
passiamo alle cose personali.
No, ma io dico, siete pazze? Non potete. Nono. Non se ne parla proprio.
Mannaggia ai pesciolini rossi dell'acquario della sorella di mia nonna (?) 
ma io vi lovvo. 
Grazie, grazie & grazie.
Non merito tutto questo! Mi fate commuovere :')
Anyway, vi è piaciuto il capitolo? Siamo arrivati al culmine.
Il prossimo sarà quello decisamente decisivo .-.
Vi andrebbe di passare dalle mie OS?
Vi rubano solo due minutini *occhionidolci*
-Let me dream
-If we could only turn back time
Noi. Il coraggio di sognare.
Seguitemi su twitter, ricambio subitissimo: @letmedreamx
Love ya,

//g.

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Capitolo 8
*** CHAPTER Eight ***


Vorrei dedicare questo capitolo ad una persona.
Una semplice ragazza che, come me, come tutte noi, si è innamorata di cinque cantanti.
Una semplice ragazza con un cuore d'oro.
Una semplice ragazza che crede nei suoi sogni e non li abbandonerà mai.
Una semplice ragazza che, con affetto e pazienza, mi ha seguito in questi mesi, ha recensito ogni mio singolo capitolo e mi ha aiutato quando la voglia veniva meno.
Una semplice ragazza che mi ha insegnato tanto e che continua ad insegnarmi tanto, pur abitando dalla parte opposta d'Italia.
Un semplice 'grazie' non potrà mai riempire del tutto la mia riconoscenza. 
Happy birthday _crazyinlove! Buon diciottesimo compleanno 



 

 

Let's pretend it's love ∞




 

CHAPTER Eight





 

Rosalie

 



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Sul bus non facevamo altro che cantare.
Intonavamo cori da ultras per far passare il tempo e, forse, anche per allentare la tensione che si accumulava con l’avvicinarsi alla meta.
Io e Susanne avevamo occupato gli ultimi posti sul fondo.
Guardavo fuori dal finestrino e pensavo a Tommy. Mi mancava da morire. Lui e quel sorrisetto da orsacchiotto.
Ovviamente, la mia compagna di avventure se ne accorse.
-Forza, Rose. Sputa il rospo!
-Eh?
Aprii la bocca e tirai fuori la lingua.
-Fvedi qualfche rosfpo?
Sorrise per un secondo, poi tornò seria.
-È tutta la mattinata che tieni il broncio. Non ho chiesto nulla, pensando che fosse una cosa passeggera. Ma, a quanto vedo, la cosa è seria.
-Non ho niente. Sono solo un po’… ehm, stanca! E tesa…
Odiavo mentire alla mia migliore amica ma preferivo non parlare di quell’argomento.
-Si certo. E io sono Angelina Jolie.
-Piacere, Brad Pitt.
-Smettila! Lo sai che a me non puoi nascondere nulla, Rose…
Oh, si che lo so. Lo so, benissimo.
-È una cosa complicata. Cioè, insomma…
Cominciai a cedere. In fondo, tutti hanno bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.
 
Il tempo può risolvere molti problemi. Ma quelli che il tempo non può risolvere, li dobbiamo risolvere da soli.
Una lacrima mi rigò il volto e Susanne mi abbracciò.
-Scusa, Rose. Se non ne vuoi parlare non…
-Sono stata adottata.
-Eh?! Cosa?
Sciolsi l’abbraccio e la guardai negli occhi.
-Sono stata adottata. Mary non è la mia vera madre, Jared non è il mio vero padre e Tommy non è mio fratello di sangue.
Sgranò gli occhi. Rimase ammutolita per qualche secondo. Lanciò un’occhiata fugace al mio tatuaggio sul polso.
-Non ci posso credere… Quanto mi dispiace! Io non pens…
Riflettè un istante e mi prese la mano.
La strinse forte e se la portò al petto.
-Stai tranquilla, tesoro. Vedrai che si sistemerà tutto. Io ci sarò sempre per te. Ricordalo.
Cercai di abbassare lo sguardo ma con l’indice mi costrinse a puntare i miei occhi nei suoi.
-Qualunque problema, io sarò qui, accanto a te. Ti proteggerò.- Una pausa. - Lo giuro.
Per la seconda volta in quella stessa giornata riuscì a strapparmi un sorriso.
 
 

Le tre ore di viaggio passarono velocemente tra chiacchiere, cori e prese in giro.
Nel bus si respirava un’atmosfera carica di tensione.
Entrammo nella grande metropoli e un silenzio calò sulle ragazze.
Osservammo estasiate le strade di Londra, senza fiatare, ma appena l’autista bloccò il mezzo la confusione prese il sopravvento.
Io e Susanne decidemmo di uscire per ultime, evitando così il caos.
Scese, ci dirigemmo verso la direzione generale e confermai la presenza della squadra, consegnando tutti i documenti necessari.
Progettando serate e uscite per la città, vagabondammo tra i contorti corridoi dell’edificio che era stato assegnato alle squadre.
Avremmo dovuto ritrovarci nel proprio spogliatoio.
-Susanne, credo di aver perso l’orientamento…
-Questa struttura è un labirinto!
-Il minotauro potrebbe essere in agguato e non abbiamo nemmeno il filo di lana!
Scoppiammo a ridere.
Mi sentivo meglio. Il mio cuore era più leggero.
Cercavo di non pensare a nulla ad eccezione dell’imminente torneo.
Susanne mi zittì.
-Shh, Rose. Le senti queste voci?
-No, ti prego! Siamo arrivate già allo stadio delle voci? Abbiamo fatto passi da gigante… Ci mancano solo gli asini che volano e le montagne che ci fanno ‘Ciao!’…
-Rosalie!
-Ops, scusa.- mormorai, mimando, con le dita, la chiusura di una cerniera lampo sulle labbra.
-Provengono da quella porta. Ce l’abbiamo fatta! Trovato lo spogliatoio.- alzò le mani in segno di vittoria.
-Wow! Siamo imbattibili. Saluta il minotauro e il filo di lana!
-Poi quella che sta male sono io, eh?!
Ci avvicinammo alla soglia e bussammo timidamente.
Silenzio.
Susanne mise la mano sulla maniglia ed aprì la porta.
-Ehm, credo proprio che non sia questo il nostro spogliatoio, Susanne.
Fu l’unica cosa che riuscii a mormorare mentre lo sguardo di cinque dei greci ci scrutava da capo a piedi.
 
 
-Bè, che avete da guardare?- disse la mia amica prima che potessi tapparle la bocca.
Fulminai con lo sguardo Susanne che ammutolì.
-Uhm, scusate.. ehm, stavamo girando per la struttura e.. insomma, abbiamo sbagliato spogliatoio.- balbettai cercando di sciogliere il groppo in gola e facendo, istintivamente, un passo indietro.
Ebbi modo di studiarli per bene.
A pochi passi da me c’era un ragazzo con i capelli castani e due occhi blu come l’oceano. Una ciocca di capelli gli ricadeva sul volto, donandogli un carattere misterioso, tutto da scoprire. Il sorriso che comparve sulle sue labbra era dolce e ingenuo come quello di un bambino.
Subito dopo, c’era un ragazzo alto, moro, con due occhi color caramello che giocava nervosamente con alcune medagliette appese al collo. I suoi capelli erano raccolti in una cresta. A prima vista, era affascinante. Del tipo ‘Cosa fai ancora lì? Ti aspetto tra le mie braccia’.
Il ragazzo accanto era invece biondo cenere con due occhi azzurri trasparenti. Ispirava fiducia e tenerezza. Istintivamente, mi sarei avvicinata per scompigliargli i capelli.
A seguito, un ragazzo castano chiaro con due occhi color cioccolato ci scrutava attentamente con un dolce sorriso dipinto sulle labbra.
Assomigliava incredibilmente a Tommy. Avrei voluto abbracciarlo e stringerlo nelle mie braccia, nonostante fosse il doppio di me.
Infine a chiudere la fila, osservai sbalordita un cespuglio di ricci da cui sbucavano due magnetici occhioni verdi.
Il suo sguardo incrociò il mio e sentii un calore improvviso impossessarsi del mio corpo.
Appena riuscii a distogliere l’attenzione dai suoi occhi, notai che indossava solamente un asciugamano in vita. Il suo corpo era dannatamente perfetto.
Arrossii violentemente e abbassai velocemente lo sguardo.
Dopo qualche secondo di silenzio, i ragazzi iniziarono a parlare tutti insieme.
Avevano una voce bellissima, quasi divina, ma non riuscii a capire nemmeno una sillaba.
Un’espressione confusa si dipinse sul mio volto e il ricciolino la notò.
-Ok ragazzi. Le stiamo spaventando…
I suoi occhi catturarono nuovamente i miei. Era impossibile non perdersi lì dentro.
Susanne si riprese e prima che potessi protestare mi afferrò il polso.
-Dobbiamo proprio andare. Si staranno chiedendo dove siamo finite. Scusate ancora per l’intrusione.
Lanciò un’ultima occhiata al fisico da brividi del riccio e mi trascinò fuori di peso, chiudendosi la porta alle spalle.
Camminavo e continuavo a vedere i suoi occhi. Erano uguali ai miei.











 

Harry

 

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Chiusero la porta di fretta.
Niall scoppiò a ridere seguito a ruota da Zayn.
Liam si allontanò e rispose al telefono.
Molto probabilmente era Danielle. Dopo due anni di fidanzamento, avevano deciso di allentare i rapporti.
Il loro amore si era trasformato in un’amicizia. Una grande amicizia.
Louis, invece, era rimasto paralizzato.
-Lou, tutto bene?- chiesi con una nota di preoccupazione.
Si risvegliò dalla trance.
-Ehm si, si…
-La biondina l’ha rapito.- mormorò con tono divertito Zayn.
-Ah, smettila Malik!- contestò Louis, arrossendo visibilmente.
-Si, si. Ammettilo, Tomlinsonuccio! Quegli occhioni da cerbiatto hanno fatto colpo!- continuò a canzonarlo, tra una risata e l’altra.
Non so spiegare per quale motivo ma una leggera rabbia mi salì alla testa.
Quella ragazza…
Il suo viso delicato…
I suoi capelli leggermente disordinati…
Il suo profumo dolce e aspro allo stesso tempo…
Chiusi gli occhi.
Il suo sguardo mi aveva incatenato. Ogni singola molecola del mio corpo era attratta da quella ragazza, come se ci conoscessimo da sempre.
Dovevo ritrovarla e parlarle.
















 

                                                               
 

Trullall.... SHIT, THEY'RE COMING (?)
Dio, è proprio vero che certe cose non cambiano.
Guardateli. Ammirateli. Studiateli. Adorateli. Amateli.
Loro sono i miei idoli. 
E questo non cambierà mai.

Hey, ragazze. Ce l'abbiamo fatta. Ci siamo riuscite.
Li porteremo qui. Costi quel che costi.
La sapete una cosa? Sono orgogliosa.
Per una volta, sono orgogliosa del mio paese. Orgogliosa di loro. Orgogliosa di voi.
Persino, orgogliosa di me.
Si, perchè anche io sono entrata in limit per far salire quella tendenza tra le mondiali.
Anche io non ho chiuso occhio escogitando qualche modo per attirare la loro attenzione.
Anche io mi sono strappata i capelli aspettando notizie da Marco.
Anche io ho pianto e sorriso per loro.
Noi meritiamo tutto questo.
Ancora una volta grazie per avermi fatto sentire all'interno di una vera e propria famiglia.
Love ya,

//g.

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Capitolo 9
*** CHAPTER Nine ***


Happy Birthday to me!
Happy Birthday to me!
Happy Birthday to Juliefer!
Happy Birthday to meeeeeeeeeeeeeeee! 






CHAPTER Nine



 


Rosalie
 

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Crederci, fondarci la vita e vederla crollare a pezzi: schegge negli occhi, ferite ovunque, tutto addosso.
“Tutto bene”.
Delusioni, promesse dimenticate, piccole felicità già spente e le speranze... Speranze distrutte con ammassi sopra: schiacciate e morte.
Ma riemergono, nonostante siano sepolte sotto tonnellate di macerie, rinascono.
Ancora più forti, ancora con lo scopo di deluderti un'altra volta.
C'è chi dirà “te l'avevo detto”, chi “non è finito niente” o chi esordirà con un “ti capisco”.
Mi capisco da sola, grazie.
Non ho bisogno di nessuna comprensione, se non quella di me stessa, del mio corpo soprattutto.
Che comprenda tutti gli sbagli e gli errori, le notti a digiuno e le abbuffate in preda al nervoso.
Che comprenda le mie notti, ecco, che comprenda quelle.
Ed anche la quotidiana tentazione di piangere, repressa, repressa fino a renderla indifferente.
Che mi perdoni per i graffi e gli sbalzi d'umore, per il poco riposo: le sere in cui al posto di dormire mi soffermo a pensare, a gridare meglio, insomma.
Non ho mai amato il mio corpo: non sopporto le lentiggini in volto, con le gambe troppo magre ed il seno troppo piccolo, il sorriso orrendo, la risata stridula, le mani lunghe e gli occhi verdi quando piango.
Si cerca di fare il possibile, ovvio, ma se dovessi scusarmi con qualcuno o qualcosa, beh, chiederei perdono a me stessa.
Stanca, sono stanca.
Ho bisogno di ritrovarmi un po', di essere stretta forte.
Con uno di quegli abbracci che ti sorprendono, che parti con il presupposto di mollare dopo qualche secondo e ci rimani per altri tre minuti.
In cui senti le braccia strette ai lati, che a tratti ti fanno mancare il respiro, con un bacio sulla guancia ed un sorriso che suggerisce: “felice di rivederti”.
Questo è sentirsi belli, vivi.
Queste sono le persone per cui vale piangere e star male.
Sapere che qualcuno è felice con la tua presenza: questo è sentirsi importante, importante davvero.
Sì, vorrei sentirmi bella davanti altre persone, ma non si può e nonostante tutto, questa ripaga, ripaga le infinite volte in cui ho dato tutto, tutto ciò che potevo e che non ero neanche in grado di dare.
Ho dato tutto, fino a spogliarmi di orgoglio e gelosie, e forse non è bastato, forse non basterà mai, forse i destinatari non sono quelli giusti.
 

Sentii un tonfo.
Aprii gli occhi e abbassai il volume della musica.
-Prima o poi, mi farai prendere un infarto..
Susanne mi guardava con aria innocente.
Si era spogliata velocemente e mi aveva raggiunto nell’enorme vasca dell’albergo.
Ci sarebbe entrato un elefante.
Tornò indietro.
-Dove vai? Non vieni a farti il bagno?
Si voltò e mi trafisse con lo sguardo.
Senza proferire parola, prese la rincorsa ed iniziò a correre nuda verso di me, imitando il verso di Tarzan.
-No, ti prego. Dimmi che non lo stai per far…
Si tuffò nella vasca provocando uno tsunami. Aveva allagato il bagno.
Riemerse e trattenni a stento una risata.
Era ricoperta da soffice schiuma.
-Zuzu, sembri una bambina di due anni!
Mi abbracciò. Mi strinse senza motivo. O forse uno ce ne era: ne avevo bisogno.
Mi scostai leggermente e le baciai la guancia.
-Grazie.- mormorai. Restammo così, aggrappate l’una all’altra, per quella che parve un’eternità.
 

Gli occhi di quel ragazzo continuavano a tormentarmi. Cercai di non farlo notare. Non avevo nessuna voglia di rovinarmi l’uscita in città.
Aprimmo l’armadio e scegliemmo gli abiti giusti da indossare per la nostra prima serata a Londra.
Era ancora troppo bello per crederci realmente.
L’Europeo. A Londra. Con la tua migliore amica. Il sogno di chiunque.
Infilammo i tacchi, un velo di trucco e osservammo il nostro riflesso allo specchio.
-Direi che per la prima sera può andar bene.
-Rose! Ma ti sei vista? Sei una favola, ragazza.
Mi fece l’occhiolino, sfiorandomi il vestito senza spalline.
Ricambiai lo sguardo, analizzandola minuziosamente e, camuffando una risata, le tagliai l’etichetta penzolante dalla notevole scollatura sulla schiena.
Non potei fare a meno di notare il prezzo.
-Oh, santissim...- imprecai sottovoce.
Le sue labbra presero un’incurvatura troppo maliziosa per i miei gusti.
-Dai, Rosalie! Siamo a Londra! Dobbiamo tenerci all’altezza.
-Ma..ma.. dove li hai trovati tutti quei sol…
Mi interruppe spruzzandomi un profumo eccessivamente dolce in volto. Tossii ripetutamente.
-Ci mancava solo questo! Adesso siamo rintracciabili a due chilometri di distanza…- sbuffai, cercando di fare aria con le braccia.
Ignorò i miei movimenti impacciati e sorrise, mostrando i denti perfetti.
-Stasera andiamo a caccia.










Harry


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Guardai Lou sistemarsi la giacca allo specchio.
Lasciava correre le sue dita sul colletto, sistemandolo con estrema precisione. Si arrotolò le lunghe maniche all’altezza dei gomiti e, con un gesto secco, si arruffò il ciuffo di capelli che ricadeva sofficemente sulla sua fronte.
Si girò di scatto e, rapidamente, mi nascosi dietro lo stipite della porta, cercando di appiattirmi il più possibile.
Se mi avesse beccato, avrebbe ricominciato con le prese in giro. Odiavo farmi cantilenare da lui ma studiarlo era necessario.
Avevo notato lo strano comportamento di quel pomeriggio nello spogliatoio. Dovevo capirne di più.
Sbirciai nuovamente con cautela e cercai in tutti i modi di non scoppiare a ridere.
Si muoveva velocemente, assumendo varie pose nel giro di pochi secondi. Ammirava il suo riflesso allo specchio, sparava due colpi con le mani e soffiava sui polpastrelli. Quelli che sarebbero dovuti essere due pistole fumanti.
Sul suo viso si dipingevano smorfie, risate sataniche e sguardi sexy nel giro di pochi secondi.
Più lo osservavo, più sentivo le lacrime premere sotto le palpebre. Non avrei resistito a lungo dal cascare per terra tra le risate.
Lo conoscevo da una vita e sapevo che aveva voglia di divertirsi quella sera.
Si era vestito bene. Aveva bisogno di voltare pagina dopo la fine della relazione con Eleanor.
L’avevo capito fin dal primo momento che non erano compatibili.
Era una ragazza carina e cordiale ma troppo autoritaria e, alla lunga, la sua pazienza per il carattere ‘infantile’ di Louis era venuta a meno.
Non si è resa conto che uno come lui non si trova tutti i giorni per strada.
Meglio per me. Adesso è tutto mio.
Alla rappresentazione di una rana, collaudando l’elasticità dei pantaloni, non riuscii a trattenermi.
Una risata roca e liberatoria uscì dalla mia gola irritata.
Louis arrestò i suoi movimenti animaleschi e si voltò con un’espressione confusa.
-Che fai, Harold? Mi fissi?- disse, corrugando la fronte e muovendo le sopracciglia in modo sincronizzato.
Mi limitavo a ridere. Non sarei riuscito a spiaccicare nemmeno una parola.
Lui, evidentemente soddisfatto, fece una girovolta su se stesso. L’acrobazia, però,  non andò a buon fine e in pochi secondi si ritrovò con il sedere per terra.
Mi piegai in due dalle risate e, con tutta la buona volontà di cui ero capace, gli offrii una mano per rialzarsi.
Si aggrappò agilmente e, sbuffando, lanciò un’ultima occhiata allo specchio.
-Andiamo che è meglio.
Lo presi a braccetto e, con le lacrime agli occhi, raggiungemmo gli altri.














 

                                 

It's my  trullalleroso birthday! 
Non riesco a smettere di ridere.
Credetemi, è impossibile scrivere qualcosa di decente below
quando ti cade l'occhio su queste gif above :')
Well, questo chappy è altamente vomitevole
ma, capitemi, è il mio compleanno e vado di fretta.
(che fortuna di 17, eh? Sono nata perfino di venerdì ç.ç)
Per le news sui ragazzi potete seguirmi qui: 
Let's pretend it's love ∞
Per ora, mi limito a mandarvi un grande, grandissimo, grandissimissimo
GRAZIE.
Hope you like it.
Love ya,

//g. 

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Capitolo 10
*** CHAPTER Ten ***


CHAPTER Ten



 

Rosalie
 

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Pagammo i pezzi di pizza e ci dirigemmo verso il centro. La luna brillava nella sua perfetta metà.
Affondai i denti nel pomodoro e la  mia pancia brontolò, riconoscente.
-La pizza italiana è sempre la più buona!- esclamai entusiasta.
-Si, concordo. Il nostro prossimo viaggio sarà lì. Sole, mare e tanti bei maschioni.- mormorò Susanne, facendomi l’occhiolino.
Sorrisi, ormai abituata al fatto che in quella testolina tutto ciò che riguardava l’altro sesso era etichettato come ‘strettamente necessario’, e la presi per mano.
-Da dove cominciamo?- farfugliai tra un boccone e l’altro.- Londra è grandina!
-Uhm, io, per questa sera, direi di pensare solo a divertirci! Avremmo tempo a sufficienza per visitare la città per bene.
Annuii convinta. Avevo un bisogno disperato di distrarmi.
-Che ne dici se troviamo un locale e prendiamo qualcosa da bere?- propose con un’eccessiva nota euforica.
-Si, non dovrebbe essere difficile trovarne uno qui dentro. Il mio corpo ha un disperato bisogno di alcool.- annuii, sfregandomi le mani.
-Ok, Rose. Ma non esageriamo. Dobbiamo tornare in albergo sane e salve.- disse stringendomi la mano più forte, con fare protettivo.
-E domani ho la prima partita…- sbuffai. Mi sentivo elettrizzata al solo pensiero.
-Già! Da brava manager sono responsabile della tua salute, signorina.
-Allora sono in banca!- esclamai, lasciandole un buffetto sulla guancia.
Alzò un sopracciglio, come solo lei sapeva fare, e i miei tentativi di mantenermi composta evaporarono nel nulla. Inciampai tra le risate e in poco tempo mi ritrovai sulla superficie dell’umido marciapiede di Londra.
Quei tacchi non erano per niente affidabili. Erano delle vere e proprie trappole.
-Hai presente i cinque ragazzi dello spogliatoio?- domandò, porgendomi una mano e aiutandomi a rialzarmi.
Mi prese di sorpresa, cambiando argomento, e la mia risata si spense.
Perché ne dobbiamo parlare?
-Uhm, se intendi la figuraccia che abbiamo fatto oggi pomeriggio, credo di si.- dissi, cercando di sembrare indifferente.
-Può capitare a tutti di sbagliare spogliatoio!- si giustificò, alzando le braccia.
-Si, sbagliare spogliatoio e trovarci dentro cinque bellissimi ragazzi di cui uno mezzo nudo. Ovviamente, può succedere a chiunque.
Il mio tono di voce si alterò leggermente quando accennai al riccio dagli occhi magnetici.
-Esatto! Devo assolutamente scoprire il nome di quel fusto… Insomma, hai visto che fisico da paura?- urlò Susanne, mentre le sue guance si tingevano di rosso.
Fosse solo quello, ragazza.
-Si certo...- risposi distrattamente.
-Non fare la vaga, Rose. Ho visto come ti guardava il moro con gli occhi blu.
Sorrise maliziosamente.
Ripensai al ragazzo con gli occhi color dell’oceano e al suo sorriso da capogiro.
-Beh, è carino…- mormorai, lasciando la frase in sospeso.
-Carino? Solo carino? Dio, Rose! Come fai a dir…
-Un pub! Eccolo lì.
Ringraziai il cielo e trascinai di peso la mia amica verso l’entrata, interrompendo quello che sarebbe diventato ben presto un vero e proprio interrogatorio.












Harry


 

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La musica ci travolse e in un attimo i ragazzi sparirono dalla mia vista.
Avevo ancora il sapore del pollo di Nandos sulle labbra. Niall andava matto per quel cibo.
Diciamo, che Niall andava matto per il cibo in generale.
Mi avvicinai al bancone del bar.
-Qualcosa di forte, per favore.
Scrutai la sala attorno a me.
Un gruppo di ventenni squadrava e commentava in modo poco casto le ragazze che ballavano sui cubi; altri si scatenavano in pista; uomini più in là con l’età giacevano ubriachi nei pressi del bancone.
Vidi Zayn, come suo solito, appartarsi con una mora su un divanetto in fondo alla sala.
Niall, ovviamente, rideva e, con lui, anche le ragazze che lo circondavano. Aveva un vero e proprio talento naturale in quello.
Non vedevo né Liam né Louis.
Liam, sicuramente, era uscito per parlare al cellulare. L’assenza del mio migliore amico, però, mi preoccupava.
Scolai un altro bicchiere di quella bevanda dal sapore dolciastro. Non avevo nemmeno fatto attenzione a che cosa fosse.
L’importante è mandare giù.
Allungai qualche passo per allontanarmi dal bancone. Probabilmente, se fossi rimasto lì non avrei esitato a chiedere tutte le bottiglie in esposizione.
Feci per girarmi quando qualcosa mi venne addosso e rischiai di cadere violentemente sul pavimento. Data la mia condizione poco sobria, sarebbe stato, poi, molto difficile rialzarsi.
Ancora stordito, misi a fuoco la figura davanti a me: una ragazza bionda, riccia, con delle gambe da capogiro e due occhi verdi come le foglie di quercia.
La riconobbi subito.
-Scusa!- mormorammo entrambi nello stesso istante.
Nonostante la musica fracassa-timpani, riuscii ad udire la sua voce cristallina. L’alcool sembrò sparire momentaneamente dalla circolazione e il cervello si mise in moto.
Arrossì, abbassando lo sguardo.
Avrei voluto protestare e alzarle il mento con le dita per perdermi nuovamente nella profondità dei suoi occhi.
Le diedi una mano e si tirò su con agilità. Il suo corpo si contorse in un movimento flessuoso ma sembrava completamente a suo agio.
Mi squadrò meglio e mi puntò un dito contro.
-Tu, sei quello dello spogliatoio?
Sorrisi.
-Ehm, si. Direi di si. Sono io.
Le porsi la mano educatamente e rimasi allibito dalla sua fragilità.
-Piacere, Harry.
-Harry… uhm, bel nome! Io sono Rosalie. Per gli amici, Rose.
Mi strinse la mano, circa il triplo della sua, e i suoi occhi si illuminarono.
-Io.. posso considerarmi tuo amico?- chiesi, con un sorriso beffardo sulle labbra.
Rosalie rimase in silenzio, pensandoci su. Quei cinque secondi furono i più lunghi della mia vita.
-Bè, dopo avermi fatto cadere per terra il minimo è offrirmi qualcosa da bere…
Schioccò la lingua e un sorrisetto le si disegnò sulle labbra carnose.
-Certamente, mademoiselle.- mormorai, sospirando di sollievo.
 
Non riuscivo a smettere di guardarla. Sorseggiava la sua vodka giocherellando con il bicchierino; passava il dito sul bordo, assaporando la consistenza del vetro.
Sembrava fragile ed era evidente che qualcosa la turbava.
Avrei voluto spezzare il timido silenzio ma ero terribilmente imbarazzato.
Buttai giù l’ennesimo sorso di birra.
I miei pensieri furono interrotti da una voce familiare. Una pacca sulla spalla.
-Harold, non mi presenti la tua amica?










Rosalie
 

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Pensavo a Tommy. A cosa stesse facendo in quel momento. Probabilmente, era già nel mondo dei sogni.
Spesso, la notte mi alzavo, sgusciavo in camera sua e mi sedevo accanto al suo letto.
Lo guardavo mentre dormiva, attenta a non svegliarlo. A volte, parlava.
Ascoltavo le sue paroline senza senso e cercavo inutilmente di collegarle insieme.
Mi manca così tanto. Mancherò anche io a lui?
Lo dovrei chiamare. Si, vorrei chiedergli come sta. Sentire di nuovo la sua voce.
Lui in tutta questa faccenda non c’entra assolutamente nulla. Non è giusto che ci vada di mezzo.
Lanciai una fugace occhiata al riccio che mi aveva offerto da bere. Si chiamava Harry. Era stato gentile.
Mi stava osservando imbarazzato. Un attimo prima che potesse accorgersi del mio sguardo, voltai la testa, tornando a fissare il bicchierino vuoto nelle mie mani.
Avrei dovuto interrompere quel silenzio in qualche modo.
Ci pensò qualcun altro.
-Harold, non mi presenti la tua amica?- disse una voce melodiosa superando il volume della musica.
Mi girai e, inaspettatamente, mi ritrovai davanti due occhi blu come l’oceano ed un sorriso da mozzare il fiato.
-Louis…- mormorò Harry con una nota di irritazione.
Il ragazzo ignorò lo sguardo gelido dell’amico e si presentò.
-Ciao, io sono Louis!- disse, mostrando il suo braccio muscoloso.
Sorrisi.
-Piacere, io mi chiamo…
-Rosalie! Ti ho cercata dappertutto! Dove ti eri cacciat…?!- urlò Susanne, avvicinandosi furiosa.
Mi fulminò e poi spostò lo sguardo sulle figure davanti a me.
-Uh, scusate… Ho interrotto qualcosa? Comunque, piacere, Susanne.
Alzò un sopracciglio nella mia direzione e protese la mano ai ragazzi, addolcendo la voce.
Passò qualche minuto di imbarazzo. Elettricità allo stato puro viaggiava nell’aria.
Harry continuava a lanciare occhiate fulminee a Louis. Louis mi fissava intensamente, sorridendo ogni qualvolta ricambiavo lo sguardo. Io osservavo sbalordita Susanne, che tamburellava le unghie sul tavolino, ammiccando verso la sua ‘preda’.
-Credo si sia fatto tardi. Dobbiamo riposare.- iniziai, posando delicatamente una mano sul braccio della mia amica.
Le mie parole furono inutili. Era concentrata a squadrare Harry da capo a piedi ed i suoi occhi analizzavano e calcolavano i pochi centimetri che dividevano il mio corpo da quello di Louis.
Mi resi conto della sua ristretta distanza e mi allontanai leggermente.
-Susanne, che ne dici?- riprovai con più enfasi.
Lei trasalì e mi guardò con aria interrogativa.
-Dicevo, è meglio che andiamo…
-Uhm, si hai ragione.- sussurrò, nascondendo la nota fastidiosa che solo io riuscii a percepire.
Prima che Louis potesse aprire bocca, ringraziai Harry per il bicchierino e scivolai con Susanne verso l’uscita del locale. Lei si voltò e accennò un saluto con la mano, prima che sparissimo nel mezzo della confusione.
-Rose, ma..
La zittii con uno sguardo.
Avevo bisogno di silenzio. La mia testa era in confusione.
Non saprei dire se per la musica assordante del pub o per il sorriso a trentadue denti di quello sconosciuto dagli occhi blu.










Harry
 

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Mi girai nel letto. Sistemai il cuscino. Era difficile chiudere occhio.
Troppo a pezzi per dormire, troppo stanco per restare sveglio.
Osservai la stanza buia. I ragazzi giacevano beati tra le braccia di Morfeo.
Scostai le lenzuola delicatamente e mi misi a sedere sul bordo del letto. Ignorai le pantofole accanto ai miei piedi e strisciai scalzo verso la porta del bagno.
Mi rinfrescai il volto con l’acqua fredda.
Era inutile tentare di nasconderlo: pensieri su pensieri affollavano la mia testa, non mi lasciavano respirare.
Continuavo a pensare a Rosalie e alla sua amica.
Mi suscitavano strane sensazioni. Sensazioni pericolose e differenti tra loro.
Ancora non riuscivo a distinguerle.
Mi guardai allo specchio. Passai un dito sui cerchi più scuri che mi circondavano gli occhi. Il mio aspetto non era tra i migliori.
Mi diressi sul balconcino. L’aria fresca mi avrebbe schiarito le idee.
L’atteggiamento di Louis era strano. È vero, aveva bisogno di svago, ma aveva accelerato i tempi.
Riconoscevo il suo interessamento nei confronti di Rosalie. Eppure era come se lei appartenesse a me.
Come se un legame molto forte ci unisse.
La leggera brezza del mattino mi invase di brividi.
Erano due persone sconosciute per me. Ma il mio cuore mi sussurrava che le conoscevo da tempo.
La visione che mi si presentò davanti era qualcosa di spettacolare: delle sfumature rosee colorarono il cielo oramai azzurrino, lasciando poi il posto al sole rosso fuoco che mi riscaldava la pelle.
Chiusi gli occhi e il mio respiro si fece più pesante.
Il suo sorriso era impresso a fuoco sul mio cuore.




















 



Trullalleeeeeeero!
I'm back, guys.
*ho sempre sognato di dirlo*
Well, questo capitolo è frammentato in quattro spezzoni 
ma spero che sia lo stesso di vostro gradimento.
Mi spiace per il ritardo ma è un periodaccio. ç.ç
Scusate se non sono riuscita a passare dalle vostre ff,
a rispondere alle vostre recensioni,
o a commentare i vostri messaggi.
Sono un disastro ._.
Per chi avesse del tempo libero:
Let's pretend it's love ∞
(tutte le news su i ragazzi)
Always in my heart, your sincerly.
(dentro c'è una parte del mio cuore)
Detto questo,
v
i lascio nelle mani della ragazza (qui sopra) di cui mi sono innamorata.
Grazie di tutto. Siete le lettrici migliori al mondo.
Love ya,

//g.

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Capitolo 11
*** CHAPTER Eleven ***


CHAPTER Eleven






 

Rosalie
 

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L’arbitro emise tre fischi. Era finita.
-Si!- urlò Susanne dalla panchina.
Mi lasciai cadere in ginocchio.
Vidi le ragazze riunirsi intorno a me. Erano stanche, stremate. Ma ce l’avevano fatta. Si, eravamo in finale.
Mi avvicinai e ci stringemmo nell’abbraccio di gruppo. Leggeri schiaffetti volavano da una parte all’altra.
Mani che si sfioravano, si toccavano, battevano tra di loro. Felici, gioiose, soddisfatte, nonostante la stanchezza.
Le gambe tremavano. Il pubblico si lasciò andare in un applauso, dapprima timido poi sempre più caloroso.
Susanne nella sua divisa da manager entrò in campo, corse verso di me e mi abbracciò goffamente.
Mormorò qualcosa di cui non riuscii ad intendere le parole.
Annuii distrutta e mi diressi verso il capitano dell’altra squadra. Gli tesi la mano e lessi nei suoi occhi vergogna, turbamento, disagio.
Repressi un sorrisetto soddisfatto. Sarebbe stato ignobile, anti-sportivo.
Non era cosa da tutti i giorni perdere la semifinale degli europei giovanili di calcio contro una squadra femminile.
 
 
Dopo una doccia veloce, firmai le carte e mi diressi verso gli spogliatoi. Oltrepassai la mia porta e, guardandomi intorno, bussai a quella successiva.
Mi venne ad aprire un ragazzo alto, con un fisico ben piazzato e con un dolce sorriso definito sulle labbra.
-Posso?- chiesi titubante.
-Ma certo, Rose!- ribatté entusiasta.
Lo guardai con aria interrogativa. Non ci eravamo mai presentati ma lui conosceva il mio nome.
Anzi, il mio soprannome.
-I ragazzi mi hanno parlato di te.- spiegò gentilmente, leggendo la mia espressione confusa. -Soprattutto, Louis… - mormorò, schiarendosi la voce e camuffando una risata con qualche colpo di tosse.
Arrossii, torturando il bordo della maglietta appena stirata.
-Comunque, piacere. Io mi chiamo Liam.- continuò lui, stampandomi un leggero bacio sulla guancia.
Rimasi immobile, sorpresa da quel gesto.
Involontariamente, portai la mano sulla guancia e percepii il calore sempre più scottante.
Una voce alle nostre spalle mi fece trasalire, riportandomi alla realtà.
-Liam, sei pronto? Dobbiamo scendere in cam….
I suoi occhi incrociarono i miei, lasciando la frase in sospeso.
-Ehm, ciao Louis…- sussurrai, imbarazzata.
-Ciao, Rose. Che sorpresa!- esclamò, passandosi una mano tra i capelli, mostrando i suoi pettorali scolpiti.
-Si, ero passata solamente per, per.. augurarvi buona fortuna.- balbettai, cercando di riprendermi dalla visione del suo gesto procura-infarti.
Lanciai una leggera occhiata a Liam che mi sorrise dolcemente. I suoi occhi erano di un caldo color cioccolato.
A me piaceva il cioccolato.
-Grazie!- rispose Louis, sfoggiando un sorriso a trentadue denti.
Non feci in tempo a replicare che entrò anche il moro con gli occhi color caramello.
-Salve bellezza, io sono Zayn.- si avvicinò stampandomi le sue labbra carnose sull’altra guancia.
Allora, è di casa.
Louis lo fulminò con lo sguardo e io scoppiai a ridere. Era buffo quando storceva il naso cercando di costruire un’espressione imbronciata.
Al suono della mia risata si unì anche quella del biondino dagli occhi trasparenti. Si chiamava Niall ed il suo sorriso era qualcosa di spettacolare.
Gli passai una mano tra i capelli e biascicai una scusa per dileguarmi. Troppa perfezione tutta insieme era pericolosa. Molto pericolosa.
Mi salutarono calorosamente come se ci conoscessimo da una vita e Louis, con un gesto cavalleresco, mi aprì la porta accompagnandomi fuori.
Sorrisi e mi dondolai sulle punte, indecisa se provare o lasciar perdere. Non feci in tempo a valutare le ipotesi che mi prese la mano e mi trascinò per il corridoio.
-Louis, cosa fai?- chiesi con voce strozzata.
Lui mi sorrise e, girando l’angolo, si posizionò davanti a me. Fece un passo avanti, costringendomi ad indietreggiare. Sentii la schiena sbattere contro il muro e i battiti cardiaci aumentare. Lui avanzò ancora, sfiorando le mie scarpe con la punta delle sue.
Si fermò a pochi centimetri da me.
Ero in trappola.
Il suo profumo dolciastro mi invase le narici. Deglutii con forza, cercando di mascherare la tensione con un sorriso. Ma tutto quello che mi uscì fu una smorfia contorta.
-Sei bellissima.- commentò, allungando una mano per sfiorarmi il collo e lasciare una scia di fuoco bollente.
Fissai i suoi occhi chiari decisamente troppo vicini.
Lui si morse il labbro inferiore e una morsa mi strinse lo stomaco.
Mi vuole far impazzire?
Trattenne a stento un sorriso e si avvicinò ancor di più, sovrastandomi e chinandosi per far arrivare il viso all’altezza del mio.
Il mio cervello si spense momentaneamente ed io non feci assolutamente nulla.
Louis sorrise e socchiuse gli occhi, mentre il mio cuore correva all’impazzata e le farfalline nello stomaco si risvegliavano dal lungo letargo.
Sentivo il suo respiro costante sulle mie labbra.
No. Sono così facile da catturare? 
Mi sforzai di rimettere in moto la poca massa celebrale che ancora non si era sciolta e mi tirai indietro.
-Uhm, grazie.. ma… ma ora è meglio che vada.- mormorai, sgusciando di lato e allontanandomi leggermente.
Quella vicinanza era piacevole ma mi metteva terribilmente a disagio.
Lui era l’uomo sbagliato, nel posto sbagliato, al momento sbagliato.
Ci mise un po’ prima di lasciarmi la mano.
-Ci vediamo dopo allora.- ribattè con un’espressione delusa sul volto.
Avrei voluto seguire l’istinto del mio corpo: tornare indietro e tuffarmi tra le sue braccia. Ma non ero ancora psicologicamente pronta.
Invasi il mio stomaco di pesticidi e sterminai tutte quelle stupide farfalle.
-Va bene, e vedete di vincere! Vi seguirò dagli spalti.- lo incoraggiai, lanciandogli una leggera gomitata sul braccio.
-Certo! Stai mettendo in dubbio la nostra bravura?- chiese, ammiccando.
-Oh, no! Certo che no…- risposi, divertita.
Scoppiammo entrambi a ridere.
Mi avvicinai rapidamente e gli soffiai un delicato bacio sulla guancia, per poi tirarmi indietro. Rimase impercettibilmente sorpreso ma, subito dopo, un sorriso dei suoi gli invase il volto, rendendo più luminosi anche i suoi occhi.
Se si usava fare così, mi dovevo adeguare.













Harry


 

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Guardai l’orologio.
Mancava poco all’inizio della partita e non avrei potuto aspettare molto di più.
Picchierellavo le dita contro la superficie del tavolino del bar. La pazienza non era mai stata tra i miei pregi.
Quando ormai avevo perso quasi tutte le speranze, li vidi avvicinarsi.
La prima a venirmi incontro fu mia madre. Mi abbracciò calorosamente.
Come se avesse mai sentito la mia mancanza.
Nonostante l’età avanzata, era vestita come un’adolescente. Una fascia per capelli come gonna, delle calze velate le fasciavano le gambe corte e tozze e una camicia bianca fin troppo sbottonata lasciava intravedere l’ampio davanzale.
Repressi una smorfia di disgusto.
Accanto a lei scrutai quello che sarebbe dovuto essere Michael. Un uomo sulla cinquantina, con dei lunghi capelli ingrigiti dal tempo raccolti in un codino dietro al capo. Una leggera canottiera metteva in mostra un fisico da palestrato.
-Harry, da quanto tempo! Come sei cresciuto…- iniziò mia madre.
Fece finta di asciugarsi una delle sue lacrime da coccodrillo e mi presentò il compagno.
-Tesoro, lui è Mike.
Gli porsi la mano educatamente e lui la strinse con una morsa d’acciaio, mettendo in mostra le sue braccia incredibilmente pelose.
Ci sedemmo ed ordinammo qualcosa da bere. Due whisky doppi per loro e un bicchiere d’acqua per me.
Aveva molto da recuperare.
-Allora, come va? La scuola? Il torneo?- chiese, sorseggiando la bevanda iper-alcolica.
-La scuola l’ho finita, mamma.
-Ah, giusto. Il torneo?
-Avrei una partita fra poco. Quindi dovrei sbrigarmi.
Lo scimmione pompato si intromise nel dialogo.
-Wow! Cos’è? La finale?
-No, la semifinale.- risposi secco.
-Bene! E in quanti giocate?
-Bè, diciamo che a calcio si gioca in undici.
Lo conoscevo da meno di cinque minuti e già mi irritava terribilmente. Anche una gallina spennata con tanto di cervello ammaccato sa quanti giocatori ci sono in una squadra di calcio.
-Senti, amore.. Ti dovrei parlare di una cosa importante.- disse lei, lanciando un’occhiata amorevole verso lo scimpanzé.
-Dimmi.
Logico. Era venuta fin qui solo per parlarmi dei fatti suoi. Non gliene importava nulla di tutto il resto.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
-Ecco… beh, insomma… è un po’ difficile da dirtelo così.. su due piedi…
Quanti ne vorresti avere? Non ne conosco di persone con più di due.
Aggrottai le sopracciglia.
-Harry, quando ero giovane non desideravo altro che avere un figlio. Mi sentivo forte e pensavo di farcela. Da una storia all’altra… insomma, era complicato. Non riuscivo a trovare la persona giusta. Le mie erano solo cotte adolescenziali e non potevo costruirci su una relazione…
Iniziavo a spazientirmi. Era venuta fin qua per raccontarmi la storia della sua vita?
-Mamma, vieni al punto. Devo andare.
-Ok. Harry, insomma, non sono riuscita mai ad avere un bambino. Tu… ecco, tu sei stato speciale…
La incoraggiai con un gesto della mano, mentre l’uomo primitivo le sfiorò la spalla.
Dove voleva arrivare con questa sceneggiata?
-…tu, tu mi sei stato affidato.-
Un’espressione divertita si dipinse sul mio volto.
-Mamma, non è il momento per scherz..-
Le parole mi morirono in gola. Studiai il suo viso troppo serio e i suoi occhi riempirsi di lacrime.
Il mondo mi crollò addosso.
Io? Adottato? Collegai il cerchio.
Rimasi immobile con gli occhi persi nel nulla per qualche secondo.
Lei gemette terrorizzata e il compagno le strinse la mano. La ignorai e, con tutta la rabbia che avevo, sbattei un pugno sul tavolino.
Mi alzai facendo ribaltare la sedia e uscii dal bar con lo sguardo sulla schiena di quella donna che non avrei mai più rivisto.













 


 



Trullallero!
Fa male. Tanto male.
Vederlo così, piccolo, indifeso e con le lacrime agli occhi.
Fa male perfino a me, che ho scritto e riscritto questo capitolo,
cercando di eliminare in qualche modo quest'ultima scena,
sostituirla e cancellare la sofferenza di una tra le mie cinque ragioni di vita.
Non ci sono riuscita.
Era 
necessaria.
Mi scuso anche per il ritardo dell'aggiornamento:
ieri mi sono divertita a passare tutto il giorno in ospedale.
Right, c'è chi il sabato va a ballare e chi pensa bene di fratturarsi la mano destra.
Mi faccio pena da sola.
Anyway, grazie.
Grazie per tutti i sorrisi che mi regalate con una semplice recensione.
Guarirò sicuramente prima con il vostro aiuto!
Love ya,

//g.
Pi(punto)Esse(punto):
ho sconvolto il mio profilo e i miei dati ma sono sempre io :)x

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Capitolo 12
*** CHAPTER Twelve ***


 

CHAPTER Twelve



 

Buona notizia: sono ancora viva.
Cattiva notiziaHo notato che il numero di recensioni è diminuito.

Non considero fondamentali due cifre, ma spero di non avervi annoiato con questi ultimi chappy.
Se così fosse, ditemelo e provvederò a cancellare la storia.

Detto questo, buona lettura!






 

Rosalie
 

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-Però, Harry non c’era…- dissi con un velo di delusione.
Finii di raccontare quello che era successo poco prima e Susanne mi puntò i suoi occhi penetranti addosso.
-Non mi toccare il riccioletto, sà!- esclamò, dopo un attimo di silenzio.
-Tranquilla, tutto tuo.- la rassicurai divertita.
Sorrisi e un fugace brivido mi percorse la schiena.
Era ancora più bella quando si arrabbiava. Gli occhi si accendevano e assumevano una sfumatura diversa, tendente al cioccolato, le sopracciglia si muovevano impercettibilmente, definendo la sua fronte perfetta, mentre le labbra si serravano, quasi volessero evitare che parole poco piacevoli uscissero dalla bocca.
Scossa dalla mano di Susanne sul braccio, portai lo sguardo sugli spalti. Vidi le ragazze accanto a noi iniziare ad urlare alzandosi in piedi.
Stavano entrando in campo.
 
I loro avversari erano nettamente inferiori. Avrebbero stravinto.
Le adolescenti sulle tribune erano impazzite. Continuavano ad urlare come ochette ogni volta che uno dei ragazzi toccava palla. In particolare, Louis.
Uno strano senso di ansia ed incertezza si insinuò nel mio corpicino fino ad arrivare alla testa.
Il cuore lo etichettò come ‘gelosia’ ma la mia mente non ne volle sapere, rifiutandolo categoricamente.
Non erano mai andati molto d’accordo tra di loro e, per evitare un’eventuale e scomoda guerra, cercai di concentrarmi sulla partita.
I passaggi erano rapidi e filtranti, confondevano la squadra avversaria, cercando uno spazio per poter indirizzare la sfera dritta nella rete.
Aguzzai la vista.
La palla passò dai piedi di Liam a quelli di Zayn. Il moro correva, correva e saltava gli avversari come se nulla fosse. Arrivò a Niall che facendo una finta aprì la strada ad Harry.
Il riccio sembrava stranito nell’avere la palla tra i piedi, come se la sua testa fosse altrove, e rapidamente la piazzò su quelli dell’amico.
L’arbitro lanciò uno sguardo all’orologio sul polso e, sollevato dal poco tempo rimanente, portò il fischietto alla bocca. Fece per soffiare gli ultimi tre fischi e stabilire la fine dell’incontro, quando Louis calciò da una notevole distanza e il pallone incredibilmente finì dentro la rete.
Successe tutto molto velocemente.
I ragazzi si riunirono in cerchio, abbracciandosi vittoriosi mentre il pubblico si alzava in piedi applaudendo.
Louis, sfuggendo alla presa dei compagni, si fiondò sotto la curva. Cercò il mio sguardo e, dopo non molto, lo incrociò. Unì le dita, formando un cuore e mi indicò, lanciandomi un bacio.
Un sorriso ebete si disegnò sulle mie labbra.
Ignorai gli sguardi sprezzanti e curiosi delle ragazze attorno a me e il mio cuore smise di battere. Era un turbinio di sentimenti, non sapevo definire come mi sentivo in quel momento, riuscivo solo a distinguere il bruciante desiderio di scendere e annullare la distanza tra di noi.
 
-Ti piace quel Louis, vero?
-Eh?
-Si vede.
Sbuffai.
-Da cosa?
-Dagli occhi. Lo guardi come se potesse cadere in pezzi da un momento all’altro. Lo guardi per salvarlo.
Abbassai lo sguardo sorpresa da quella tremenda verità a cui non sapevo dare una conferma.
Una parte di me si rifiutava di ammetterlo, l’altra l’avrebbe urlato al mondo intero.
-No, no, non.. non è vero!- risposi balbettando, scegliendo la via più sicura.
Susanne, però, scoppiò a ridere e io arrossii violentemente, consapevole di aver appena detto la bugia più grande che mi fosse mai passata per l’anticamera del cervello.
-Bè, ecco… forse, solo un pochino…- sussurrai, contemplando il pavimento.
Cercai in tutti i modi di minimizzare la cosa.
-Corri.
-Cosa?!
Ero confusa e disorientata.
-Vai da lui. Muoviti!- mi intimò spingendomi via.





 

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Mi sentivo intrappolata come in uno di quegli incubi terrificanti in cui, per quanto corri e corri finché i polmoni non ti scoppiano, non sei abbastanza veloce.
Più cercavo di farmi strada tra la folla impassibile, più le gambe sembravano lente.
Mente mi affannavo per avanzare, udivo esclamazioni irritate e infastidite. I volti erano una girandola di rabbia e di sorpresa.
Una bionda mi lanciò un’occhiataccia, un bambino, sulle spalle del padre, mi sorrise.
La calca mi trascinava nella direzione sbagliata. Per fortuna, il corridoio degli spogliatoi era ben visibile e non rischiavo di perdermi.
A un tratto, vidi un passaggio tra la folla, una bolla di spazio libero.
Sfrecciai a tutta velocità e sentii arrivare lamentele furiose dopo il mio passaggio. Me ne fregai.
Riuscivo a vederlo ma lui non poteva vedere me.
La sua espressione era pacifica e i suoi occhi scrutavano la folla.
Mi gettai contro di lui con tanta forza da rischiare di rimbalzargli addosso, se non ci fossero state le sue braccia a stringermi e a trattenermi.
Il contraccolpo mi tolse il respiro e mi piegò la testa all’indietro.
Mi guardò, sorpreso ma composto.
Feci per mormorare qualcosa ma mi tirò velocemente verso di se e le sue labbra si incollarono alle mie, nel bacio più dolce e sentito che avessi mai ricevuto.
Un bacio inaspettato in tutta la sua dolcezza. Un bacio che però tutti e due avevamo desiderato, rincorso, un bacio che mostrava i nostri sentimenti.
Ormai erano alla luce del sole, non potevo più nasconderli o negare con ridicole spiegazioni il battito accelerato del mio cuore.
Le sue labbra morbide e delicate giocavano con le mie. Mi stava baciando con così tanta tenerezza e delicatezza che in un secondo dimenticai tutto e tutti.
C’eravamo solo io, lui e il nostro nuovo amore.












Harry
 

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La palla entrò in porta. Abbracciai i compagni e vidi Louis andare sotto gli spalti.
Lanciai un fugace sguardo al pubblico che continuava ad applaudire. Mi sentii soddisfatto per un istante. Per un secondo credetti di essere qualcuno.
Un sorriso forzato si disegnò sulle mie labbra, mentre i flash della stampa mi accecavano.
Eravamo in finale. La felicità avrebbe dovuto sprizzarmi da tutti i pori.
Poi mi ritornarono in mente le parole brucianti di quella donna e tanti piccoli brividi mi attraversarono il corpo.
I suoi occhi color carbone, i suoi capelli da fattucchiera. Il compagno palestrato.
Corsi verso gli spogliatoi prima che i corridoi si riempissero di gente e mi chiusi dietro la porta. La sbattei con più forza del necessario.
Avevo bisogno di stare da solo.
Sfilai la divisa e la buttai a terra. La rabbia ribolliva dentro di me.
Mi fiondai sotto il getto della doccia.
Un ricordo si fece spazio tra i pensieri.
 
Rividi la mia vecchia casa, la mia cameretta con i poster di Elvis Presley.
‘Mia madre’ stava preparando le valigie. Andava di fretta.
Tirava fuori vestiti su vestiti dai cassetti del suo armadio e li infilava nella borsa. Scarpe, gioielli. La stanza si svuotava pian piano.
Correva dalla camera da letto al bagno, dal bagno alla camera da letto. Andava di fretta.
Saponi, creme. Anche il bagno si svuotava pian piano.
Io la osservavo da un angolino della porta. Non se ne era accorta.
Chiamava la mia baby sitter e le dava istruzioni. Andava di fretta.
Scrisse qualcosa su un bigliettino e lo appese sul frigorifero con una calamita a forma di pesciolino.
Mi vide. Mi guardò negli occhi. Eravamo così diversi.
Mi sussurrò che le dispiaceva, che sarei stato bene lo stesso, che lei doveva scappare. Andava di fretta.
Mi diede un bacio sulla fronte e si chiuse la porta alle spalle.
Mi aveva lasciato solo.
Andava di fretta. Di fretta.
Per fuggire da cosa? Da me.
 
Mi scappò un gemito. Faceva male. Faceva terribilmente male. Mi accarezzai  i capelli.
Ero solo. Solo e indifeso come allora.
Le lacrime mi rigarono il volto e si confusero con le gocce d’acqua.
















 

 Trullall... PERDONATEMI!
I'm late. I'm late. I'm late. I'm late. I'm late. I'm late.
Pardon ç.ç
***
Mi sono sforzata (mentalmente) 'all day all night'

per trovare una bromance giusta tra Rosalie e Louis,
ma i miei risultati sono pessimi.
Rouis? Loulie?
Bleah.
*Qualsiasi tipo di idea è ben accetta*
jkrtsghdlpwrtkhfzwrqptbnhgdf
Al diavolo il nome, quelli che contano sono i fatti, giusto?

jkrtsghdlpwrtkhfzwrqptbnhgdfjkrtsghdlpwrtkhfzwrqptbnhgdf
If you know what I mean.
***
Con il 'pov. Harry' spero di essere riuscita a chiarire qualche dettaglio.
Non è facile rispondere alle vostre domandine insinuose
ma, giuro, che ho fatto il possibile :)

Don't worry. La situazione cambierà. 
Riuscirà qualcuno di particolarmente speciale a ritirare su il morale al nostro ricciolino?
***
Little Things?
Non esiste cosa più perfetta.
Le tappe in Italia e il concerto?
Non esiste cosa più schifosa. 
Io i biglietti sono riuscita a prenderli (per Verona)
ma sono rimasta terribilmente delusa.
Migliaia di ragazze che meritavano questi maledetti biglietti sono rimaste deluse.
Ragazze che non li hanno potuti seguire da X-Factor ma che si sono riviste tutto,
che cantano e ballano ancora wmyb,
che ricordano il 3 ottobre 2011, anche se non c'erano, 
che sanno tutto "Up All Night" e vogliono partecipare al "Take Me Home Tour",
che non li amano perchè ora sono 'i più famosi', li amano da prima.
Queste sono le vere directioners, vere fans che meritavano e meritano 
di ascoltare le loro voci dal vivo,
e, invece, non hanno ricevuto nulla.
E perchè?
Perchè 8.000 biglietti, e dico 8.000, sono stati venduti prima del previsto
ad inglesi, svizzeri e slovacchi.
Questo non mi sembra giusto. Anzi, non è giusto.
Qualsiasi domanda, curiosità, richiesta o chiacchiera,
io sono qui -> Let's pretend it's love ∞

***
La mano va meglio.
Ho ancora l'ingessatura ma spero di toglierla il prima possibile.
***
Scusate gli eventuali errori ma ho il cervello fuso.
***
Hope you like it.
Love ya,

//g.

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Capitolo 13
*** CHAPTER Thirteen ***


CHAPTER Thirteen
 






Rosalie
 

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Siamo sette miliardi, e non mi importa di tutti questi cuori che battono se non ce n’è uno che batta per me.
Non ho mai avuto una conferma vera e propria che lui era innamorato di me, ma tutti quegli sguardi me l'hanno fatto credere, e crederci è stata la sensazione più bella che io abbia provato dopo tanto -forse troppo- tempo.
Una persona di diciott'anni può amare più intensamente di una di trenta, e ne ho la conferma. Se ami, lo devi fare con convinzione, e con tutta te stessa, con tutto il proprio cuore e la propria anima.
E l'amore, è l'unica cosa che mi è rimasta.
Forse significa proprio questo "amare".
Significa tenere a quelle cose a cui non arrivi a rinunciare, che ti fanno stare bene.
O forse una definizione di "amore" non esiste proprio, è un'emozione troppo forte, soggettiva, e personale per poterla descrivere.
Perchè dargli un nome, poi? Si ama e basta.
Amare significa amare, niente di più, niente di meno.
 
Lo vedevo allenarsi. Fissavo i suoi occhi blu di una luminosità disarmante. Le sue gambe danzavano sull’erba sintetica mentre le labbra erano perennemente incurvate in un sorriso.
Sentivo la sua voce vibrare nell’aria ed arrivare dritta nel mio petto.
Appoggiai la schiena al muro rivolgendo le spalle a quello spettacolo estremamente perfetto per i miei occhi.
Sfregai le mani tra di loro, facendo capolino di tanto in tanto da quella parete che ci divideva.
Percepivo i battiti accelerati del cuore.
Possibile che avevo già perso la testa per quel ragazzo? In fondo, erano passate solo due settimane.
Alzai gli occhi al cielo.
Era di un colore intenso. Un azzurro profondo tendente al blu della sera che si avvicinava: esattamente come il suo sguardo.
Una tirata di vento e la mia pelle rabbrividì. Mi strinsi nel cappotto, avvolgendo la sciarpa attorno al collo.
Guardai l’orologio e lanciando un’ ultima occhiata verso il campo, girai l’angolo.
-No, no, ti richiamo io. Tranquilla, ti richiam…
La mia spalla sbattè contro la sua e il telefono tra le sue mani volò per terra, lasciando una scia di piccoli frammenti.
-Scusi!- urlai con una nota di disperazione, fissando l’apparecchio ormai distrutto.
-No, nient…
Alzai lo sguardo, riconoscendo la voce familiare.
-Zayn?
-Rose?
-Zayn!
-Rose!
-Che ci fai qui?- chiesi sorpresa. -Io… ecco, mi dispiace. Non ti avevo visto, insomma…- aggiunsi balbettando, cercando di giustificare la mia disattenzione. Cosa non molto facile data la sua ristretta -ristrettissima- vicinanza.
-Tranquilla. Vedrò quello che si può fare..- mormorò, facendo spallucce e raccogliendone le parti.
Istintivamente mi chinai per aiutarlo, ma fu un grande sbaglio.
In un attimo di secondo, la sua mano sfiorò la mia e tanti piccoli brividi mi attraversarono il corpo, i nostri volti erano a pochi centimetri distanti l’uno dall’altro e il suo respiro soffiava regolarmente sulle mie labbra.
Il contatto con la sua pelle scatenò in me una scossa elettrica, che riportò in vita tutte le farfalle addormentate nello stomaco. Le gambe si contrassero dai crampi, mentre quel che rimaneva della mia coscienza ancor ragionevole si chiedeva cosa stessa succedendo.
I suoi occhi erano fissi nei miei. La sua carnagione era perfetta, i suoi lineamenti come scolpiti nel marmo, e il suo sorriso… Beh, era il suo sorriso.
Il tempo si era fermato. Non percepivo più il movimento regolare delle lancette sull’orologio.
Dopo quelle che sembrarono ore, lui si protese ancor più avanti, avanzando lentamente e cercando di stringere la mia mano nella sua.
Dei passi. Una risata contagiosa e una voce troppo familiare mi riportarono alla realtà e, con un movimento fulmineo, scattai in piedi, allontanandomi il necessario per riprendere il controllo di me stessa.
-Scusami. Scusami, io… Non so cosa mi sia preso!- sussurrò mettendosi le mani nei capelli.
Distolsi lo sguardo dal caramello dei suoi occhi e mi limitai ad annuire.
-Rosalie! Zayn! Cosa ci fate qua?- domandò Niall, con il suo solito sorriso spontaneo.
-Hey, Niall. No, ehm.. no..-
-Niente, sono inciampato e ho rotto il cellulare. Rosalie mi stava aiutando a recuperare i vetri.- disse Zayn, interrompendo il mio imbarazzante balbettio.
-Si, ehm.. ecco, ecco forse è meglio che vada..- dissi, mettendo più decisione nella voce. Non sarei riuscita a sopportare anche il sorriso di Louis. Il suo solo sguardo mi avrebbe uccisa.  
-Si si, certo. Ci vediamo…- rispose Zayn dopo qualche secondo, abbassando la testa.
Accennai un saluto al biondino che mi guardava confuso e mi voltai, cominciando a camminare.
Allungai il passo. Sempre più veloce. Correvo.
Correvo e l’unica cosa che riuscivo a sentire era il battito accelerato del mio cuore nella confusione più totale della mia mente.
 

-Susanne! Abbandona qualsiasi cosa tu stia facendo e vieni ad aprire questa maledetta porta!
Bussai ripetutamente sul legno. Le mie nocche erano arrossate.
-La butto giù! Uno, due, tr…
-Arrivo! Eccomi, eccomi… Che modi!- sentii borbottare dalla parte opposta della parete.
Feci per ribattere quando la soglia si aprì e le parole mi morirono in gola.
Una ragazza da favola mi aprì la porta.
Rimasi a bocca aperta.
Un vestitino aderente l’avvolgeva fino a metà coscia, mettendo in mostra le sue lunghe gambe avvolte dalle calze velate. Il trucco risaltava le screziature dorate nel nocciola dei suoi occhi. Le sue labbra erano rosse, a forma di cuore.
-Tu, cosa ne hai fatto della mia amica?- mormorai, scandendo lentamente ogni parola e puntandole un dito contro.
Con un gesto divertito, mi diede un leggero schiaffo sulla mano accusatoria e scoppiò a ridere.
-Ti sei dimenticata di stasera? Usciamo, Rosalie!- esclamò con aria sognante.
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo. Avevo un disperato bisogno di riposo.
-Non fare quella faccia, signorina. Non è colpa mia se hai passato tutto il giorno con quel…
-Louis. Si chiama Louis.- puntualizzai, regalandole una smorfia.
-Ecco, Louis.
Incrociò le braccia al petto e mi rivolse uno sguardo che avrebbe fatto invidia anche a 007.
-Appunto, mi devi raccontare un po’ di cose o sbaglio?- disse, sorridendo maliziosamente.
-Vorrei tanto dirti che sbagli ma è vero…
-Bingo! Cento punti per la sottoscritta. Cosa è successo?
Si avvicinò impaziente e mi prese la mano.
Mi lasciai cadere sul letto, stremata, e un fiume di parole uscì dalle mie labbra.












Harry
 

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Bussammo alla porta.

Louis, in fibrillazione, si sistemò la cravatta, osservando il suo riflesso nel lungo specchio sul corridoio. Liam si appiattì la camicia, giocando con il bottone del polsino mentre Niall finì di sgranocchiare il pacchetto di biscotti tra le mani, facendo poca attenzione alle briciole.

Zayn era fin troppo serio. Teneva lo sguardo fisso in basso, come se avesse paura di mostrare il volto. O le emozioni che ne potevano trasparire.

La musica proveniente dalla camera si ovattò e, con un giro di chiavi, la porta si aprì.

Susanne, nella sua eleganza, fece capolino dallo spigolo, regalandoci un sorriso dei suoi e creando confusione nella mia testa.

Ci volle qualche secondo prima che riuscissi a riprendere il controllo del mio corpo.
Entrammo, così, nel salotto e la ragazza ci fece accomodare sul divano che Niall occupò per metà.
Ancora sotto shock, continuavo a fissarla. Era incredibilmente bella.
Il suo profilo era perfetto ed il sorriso era continuamente stampato sulle sue labbra rosse fragola. Liam la stuzzicava, mettendola alla prova con domande calcistiche, ma lei sembrava spensierata. Rispondeva con tranquillità, provocando la meraviglia di Payne, che pian piano si ricredeva.
Louis era teso. Ogni tanto cercava di intervenire nella conversazione ma con scarsi risultati.
Era chiaro che aveva qualcosa per la mente e, probabilmente non difficile da indovinare cosa, ma non riusciva a trovare la forza per aprire bocca.

Sentii dei passi nella stanza adiacente ma non mi preoccupai più di tanto. I miei occhi erano incollati ai suoi, le mie orecchie catturavano il suono della sua voce e lo riproducevano come melodia, mentre il mio sorriso si allargava spontaneamente ogni qualvolta il suo sguardo cadeva su di me.
-Ehm, ciao ragazzi.- mormorò una voce delicata alle mie spalle.
Mi voltai leggermente.
Due ciocche bionde le ricadevano sul viso, coprendo in parte le lentiggini. La linea sottile di eyeliner e quel poco di mascara rendevano i suoi occhi più verdi che mai.
Il tubino nero che indossava mostrava il fisico asciutto ed atletico.
I suoi piedi erano scalzi e le sue guance rosate.
Non appena sentì il suono della sua voce, Louis raddrizzò le spalle e sulle sue labbra si disegnò un sorriso a trentadue denti. Zayn arrossì e abbassò lo sguardo, torturandosi le mani mentre Niall le si catapultò addosso soffocandola tra le briciole rimaste sulla giacca.
Liam le stampò un bacio sulla guancia, facendole l’occhiolino.
-Che ne dite di andare a mangiare qualcosa?- propose Niall euforico, concedendole qualche secondo per respirare.
Rose lanciò uno sguardo di conferma a Susanne che mi sorrise annuendo.
-Per noi, va bene.- disse, dondolandosi sulle punte.
Louis ci illuminò con un sorriso, afferrando la mano di Rosalie e stringendola a sè. Liam che aveva osservato lo scambio di sguardi diede una spallata all’amico.
-Visto che Louis ci tiene così tanto… -mormorò con un sorrisetto malizioso.
-Mi sono perso qualcosa?- chiese Zayn alzando un sopracciglio, leggermente irritato.
-Andiamo, che si è fatto tardi!- lo interruppe Susanne prendendolo sotto braccio.
Si infilarono i tacchi e spensero le luci.
C’era qualcosa sotto quegli strani comportamenti ma per quella sera avremmo pensato solo a divertirci.
 
















 



Trullalero..Ops!
Bingo. Vas Happenin?
Ehhhh. Lascio a voi i commenti.
La faccia di Liam quassù dice tutto u.u
Io devo scappare altrimenti mia madre prende un coltello, 
mi scuoia, appende la pelle in salone come trofeo,
fa una buca e mi sotterra in giardino con tutti i cd, le magliette,
i dvd e le foto dei ragazzi ç.ç
One question:
Preferireste che pubblicassi un'OS "horror" o "sentimentale"?
Ovviamente, sono sempre loro i protagonisti.
Well, per qualunque cosa, io sono qui:
Let's pretend it's love ∞
Hope you like it.
Love ya,

//g.

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Capitolo 14
*** CHAPTER Fourteen ***


CHAPTER Fourteen
 






Harry
 

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Cercavo di distrarmi ma era impossibile. Da una parte i ricordi, dall’altra i desideri.
Fissavo le stelle in cerca di una spiegazione.
Per quanto potesse interessarmi, Sirio poteva anche implodere.
Tutte le stelle della costellazione del Orsa Maggiore potevano crollare: ad una ad una.
Ci sarebbero state altre mille costellazioni.
Sapevo sempre cogliere il meglio, anche nei momenti bui.
Ero fatto così. Una luce brillerà pur sempre, no?
Chiusi gli occhi per qualche secondo, cercando di zittire le fastidiose voci che rimbombavano nella testa.
Avevo bisogno di silenzio, ma sapevo che i fantasmi del passato sarebbero tornati. Non avrebbero lasciato che i ricordi si affievolissero.
Forse era questo. Era questo il motivo. Certo, una specie di punizione.
Le lacrime della donna, la sua camicetta aperta, le sue calze trasparenti, le braccia pelose dell’uomo, il suo codino, la sua canottiera aderente.
Ritornai indietro nel tempo, rivissi ogni singolo brivido. La mia meraviglia, poi confusione, ed infine rabbia.
Una coltellata dopo l’altra, dritta al cuore.
I crampi allo stomaco si fecero più forti e, involontariamente, il busto si piegò in due.
-Harry!-
Sobbalzai e, prima che la voce giungesse più vicina, mi raddrizzai, cercando di resistere al dolore incessante.
-Dai, muoviti. Non restare ultimo!- esclamò Louis, circondando con un braccio i fianchi di Rosalie.
Un sorriso forzato si disegnò sulle mie labbra e, lanciando un’ultima occhiata a Sirio, allungai il passo.
 
Le ragazze ci fecero compagnia per tutta la serata.
Erano dolci, divertenti, con un buon senso dell’umorismo. Gli occhi vivaci e un sorriso perenne stampato sulle labbra.
Le loro voci erano cristalline, coinvolgenti. E gli altri membri della compagnia ne erano incantati.
Louis non resisteva a stare più di dieci secondi lontano da Rose e lei non ne sembrava dispiaciuta. I loro sguardi si inseguivano, le mani si stringevano e le labbra si sfioravano.
Liam era entusiasta della nuova coppia. La memoria del suo cellulare era stata riempita. Foto su foto, che poi, ovviamente, condivideva sul web.
Non avrei voluto esserci quando Louis lo avrebbe scoperto.
Niall, invece.. Niall mangiava.
Un panino a diversi strati era custodito gelosamente tra le sue dita, che lo accarezzavano con dolcezza prima di condurlo alla bocca. Si guardava intorno, girando il collo, per paura che qualcuno lo venisse a scoprire.
Sorrisi. Nonostante la poca luce che illuminava il marciapiede, era ben visibile la macchia rossa di ketchup sulla sua felpa.
Zayn, lasciando il braccio di Susanne, gli si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla.
Il suo volto, in controluce, sembrava amareggiato. Fulminava, con continue occhiate, il braccio di Louis sulle spalle di Rose.
Si sfiorò la cresta corvina e mormorò qualcosa a Susanne, che, rapidamente, si girò verso di me. Un meraviglioso sorriso comparve sulle sue labbra e i crampi che mi attorcigliavano lo stomaco divennero sopportabili.
-Che ne dite? Andiamo a prendere un gelato?- propose Louis raggiante, interrompendo la magia dei nostri sguardi.
-Perché no?- lo assecondò Susanne.
Annuii con convinzione. L’idea che il freddo del cono mi avrebbe aiutato a congelare i morsi allo stomaco, mi fece stare meglio.
La ragazza posò nuovamente i suoi occhi dolci su di me e sorrise.
Mi si avvicinò delicatamente, quasi ballando sulle punte.
-Cosa c’è che non va?- mi sussurrò sulla spalla.
Rimasi paralizzato. Il suo respiro soffiava regolarmente sul lobo dell’orecchio. Mi girai impercettibilmente verso il suo volto.
Era incredibile. Il liquido color dell’oro che invadeva i suoi occhi sembrava leggermi dentro.
-Niente…- mentii, sforzandomi di sorridere.
Alzò un sopracciglio, incurvando le labbra e mi penetrò con lo sguardo.
-Veramente, sto.. b-bene..- mormorai rassicurandola, nonostante l’insicurezza di quella risposta mi trapelasse da tutti i fori.
Si avvicinò ancor di più e, velocemente, mi stampò un bacio sulla guancia.
Decise di lasciar perdere e si allontanò, raggiungendo gli altri.
Gliene fui molto grato.
Avrei voluto confidarle tutto. Le avrei elencato tutti i miei problemi, dal primo all’ultimo, tutte le mie preoccupazioni, le mie strane sensazioni. Mi sembrava una persona affidabile. Molto sicura di sé ma leale, che avrebbe fatto di tutto pur di aiutarti, di toglierti il macigno che ti opprimeva.
Si allontanò e la sua distanza mi fece male. Il mio primo impulso fu quello di correrle dietro e stringerla tra le mie braccia, assaporando il suo profumo, ma la parte più razionale di me suggerì che non sarebbe stata una buona idea.
Almeno, non davanti a tutta quella gente.
 
Con la scusa di comprare qualcosa da bere, mi allontanai e distanziai il gruppo. Buttai il cono ormai vuoto in un cestino a lato del marciapiede.
Non mi era mai piaciuto il sapore dolciastro della cialda.
Sfregandomi le mani per il calo improvviso della temperatura, entrai in un bar, presi una birra e mi sedetti su una panchina non molto distante dal locale.
Buttai giù mezza bottiglia in un sorso e mi sentii meglio. L’alcool faceva effetto, allargando le vene e riscaldandomi il necessario.
Osservavo passare la gente e ne studiavo i comportamenti. Ero piuttosto bravo a interpretare, tramite il movimento delle mani, le sensazioni o le emozioni di una persona.
Era bello leggerle.
Quelle tutte uguali cercavano di sembrare diverse, quelle diverse tentavano di sembrare uguali.
Le libere se ne fregavano. Ogni ruga una riga, ogni smorfia un epigramma, ogni sbadiglio un aforisma scontato.
Le persone sono facili da leggere. E non lo sanno.
Preso da altro, non mi accorsi della figura che, silenziosamente, si sedette accanto a me. Con delicatezza allungò una mano sul mio braccio e il contatto con la sua pelle mi fece rabbrividire.
Mi voltai di scatto e mi ritrovai un viso bellissimo a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi nocciola con screziature d’orate trasformarono il mio spavento in meraviglia.
-Susanne…
-Scusa se ti ho seguito. Ma ho sentito che c’era qualcosa che non andava… Perché mi hai mentito prima?
Il mio cuore aumentò i battiti. Il suo profumo mi inondava.
Avevo molta esperienza nel cancellarmi le emozioni dal viso. Ma, evidentemente, lei era più brava di me.
La abbracciai di impulso.
-Harry, con me puoi parlare… Resterà tra me e te…
Posai il volto tra i suoi capelli. Erano morbidi e lisci come l’olio.
Lei mi accolse tra le sue braccia calde e mi cullò, sussurrandomi dolci parole.
Una lacrima mi rigò il volto, seguita da un’altra e un’altra ancora. In poco tempo, mi accorsi di aver bagnato buona parte del suo vestito.
-Oh, mi dispiace. Io non volevo..- mi giustificai, cercando di asciugare il tutto con un fazzoletto, mentre l’imbarazzo mi imporporava le guance.
Susanne puntò i suoi occhi nei miei, lasciandomi fare, vagamente divertita.
-Dai, non ti preoccupare! Ne comprerò uno nuovo. Qui a Londra ci sono molti negozi.- mi sorrise, facendomi l’occhiolino.
Arrossii ancora di più e, con un coraggio che avrebbe fatto invidia anche al condottiero più tenace, mi confidai. Buttai fuori tutto. Mostrai le mie paure, i miei sentimenti, la parte più fragile e delicata di me, di cui nessuno era mai venuto a conoscenza.
Mentre le lacrime si scioglievano sul mio volto, lei annuiva. Mi capiva, mi comprendeva.
 
-Posso provare una cosa, Susanne?- domandai con voce tremante.
Si staccò leggermente e mi guardò con aria interrogativa.
-Non muoverti…- le sussurrai dolcemente.
Deglutii avvicinandomi, cercando di allontanare quella stupida paura che avevo.
Le farfalle cominciarono a svolazzare nello stomaco, mentre avanzavo sempre di più, con un sorriso leggermente insicuro sul volto.
Chiusi gli occhi e sospirai, il suo profumo dolce mi fece tremare le mani e sentii il suo respiro sulle labbra, che si schiusero automaticamente.
Le afferrai il viso con entrambe le mani, con delicatezza, ed aprii gli occhi, per perdermi nell’oro dei suoi.
Ci stringemmo, e tutte le mie paure si sciolsero come neve sotto il calore di quel bacio.
 

La mia testa combaciava perfettamente con l'incavo del suo collo.
Rimasi ancora un po’ nelle sue braccia. Erano calde e protettive.
Il mio battito cardiaco era aumentato. Quel bacio mi aveva stravolto. Emozioni come quelle non le avevo mai provate prima.
I tirannosauri nel mio stomaco si erano svegliati e, a quanto pare, si stavano scatenando, tirando fuori tutta la foga in letargo per anni.
Dovevo parlarle. Dovevo interrompere quel silenzio imbarazzante.
-Ehm…
Lei si spostò lievemente.
Non sapevo bene cosa dire. Avrei dovuto dichiararle i miei sentimenti? Avrei dovuto confidarle che quel bacio non era solo un semplice bacio? Che per me significava molto di più? Che il mio cuore stava aspettando di esser scaldato così da tanto, fin troppo, tempo?
E se lei mi avesse rifiutato? Se il suo non avesse corrisposto? Se avesse ricambiato il bacio solo per non offendermi?
Non riuscivo a vedere i suoi occhi. A leggerle dentro.
Presi coraggio.
-Ecco, io…
Mi bloccò e le sue parole mi colpirono come un fiume in piena.
-Harry, io provo qualcosa per te. Mi dispiace. L’amore è irrazionale. Più ami qualcuno, più perdi il senso delle cose. Non so se per te è lo stesso ma non potevo continuare a far finta di nulla…
-Susanne…
-Lo so cosa vuoi dire, ci conosciamo da così poco. È strano anche per me, sai? Non mi ero mai resa conto che si potessero provare emozioni così forti per una persona…
-Susan…
-No, aspetta. Lasciami almeno finire. Prima era solo qualcosa di astratto. Non pensavo mai potesse trasformarsi in qualcosa di serio. Cercavo di non darlo a vedere ma ogni volta che mi stavi vicino si creava un vortice nel mio petto…
-Sus..
-E poi, con quel bacio… Mi dispiace, io… Si è sviluppato tutto così in fretta… Mi ha sconvolto.. Adesso, sono una scema a poter pensare che tu possa ricambiare… Insomma, cosa potrei avere di speciale?
-Susanne, ascoltami!
Annuì, serrando le labbra.
-Lo so che è un po’ affrettato ma…
Esitai ancora un momento. Sei pronto, Harold Edward Styles? Ne sei sicuro?
Tutte le insicurezze e le paure scivolarono via, rimpiazzate dal desiderio bruciante e dall’amore che provavo per lei.
-Susanne, tu mi piaci.


















 



Trullallero!
Harry for president.
lkjhgfrwsdfcvgbnhjmpytjklvb
YES. THEY CAN.
Loulie (?)
Susarry (?)
Sembra il nome di una salsa ç.ç
Anyway, questo è il chappy.
Hope you like it.
Se volete farmi qualche domanda,
twitter pagina facebook
In settimana, pubblicherò l'OS che, scelta dalla maggioranza,
sarà 'horror'.
hjklptrdsrwfscdvfgjnhgfnfklpyt
Ci speravo!
Ah, nel prossimo capitolo, succederà quello che molte di voi aspettano
da taaaaaaaaaaaanto tempo.
Love ya,

//g.

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Capitolo 15
*** CHAPTER Fifteen ***


CHAPTER Fifteen






 

Rosalie






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-Appuntamento tra muri: “Ci vediamo all’angolo!”
La risata fragorosa del biondino mi rimbombò nelle orecchie. Non fu facile trattenermi; scoppiai a ridere anche io.
-Questa era pessima, Louis.- disse Zayn annoiato.
Si sfiorò il leggero strato di barbetta sul mento, prima di tirar fuori una sigaretta dal pacchetto di Marlboro.
Era custodito gelosamente nella tasca destra del giacchetto.
Le sue mani erano lunghe e affusolate, scorrevano sul piccolo oggetto bianco con fluidità, ormai abituate a quel gesto ordinario.
-Non è vero, io l’ho trovata molto divertente, invece.- ribattei, irritata dal suo comportamento.
Mi ignorò. Lo osservai mentre portava il filtro alle labbra e con le mani a coppa proteggeva la fiamma dell’accendino.
Ultimamente era freddo, distaccato, egoista, presuntuoso… Non era il solito Zayn.
Ma in quel piccolo e comune gesto si rifletteva tutta la sua premura, accuratezza per qualcosa che poteva anche sembrare banale alla vista degli altri.
Non di certo alla mia.
Aspirò profondamente per poi ributtare il fumo all’esterno. Riempendo i polmoni di quell’aria malsana e nociva.
Liam biascicò una scusa e si allontanò dal gruppo, infastidito dalla nuvola di fumo passivo che aleggiava sulle nostre teste.
-Senti questa, Malik… Cosa fanno due “All Star” quando si incontrano?- riprovò Louis, con un sorriso ingenuo stampato sulle labbra.
-Non ne ho la minima idea.- rispose Zayn, inacidendo la voce.
-Mmmh. Questa è difficile...- mormorò Niall, assumendo un’espressione fin troppo concentrata. Corrugò la fronte, portando velocemente gli occhi a destra e a sinistra, in cerca di una soluzione.
Soffocai una risata con un colpo di tosse.
-No, non lo so...- ammise infine, abbassando lo sguardo al suolo.
-Conversano!- esclamò Louis, allargando le braccia. –Era facile!- disse, tra una risata e l’altra.
Mi lanciò un’occhiata fugace con la coda dell'occhio, cercando di capire se l’avessi trovata divertente o meno e il mio corpo sussultò, di tutta risposta.
-Ah-ah-ah, sto morendo dalle risate…- sussurrò Zayn, con un’ironia alquanto provocativa.
Riaffiorai dalla profondità di quegli occhi color oceano e, con una grande forza di volontà, distolsi lo sguardo concentrandomi sulla pelle ambrata dell’altro ragazzo.
Scivolando dalla presa di Niall che, notando il mio sguardo carico di odio, mi aveva prontamente raccolta tra le sue braccia, mi avvicinai minacciosa.
Lo afferrai per un braccio e, facendo uso delle mie unghie, non a caso laccate di rosso, lo costrinsi a seguirmi dietro l’angolo.
Zayn, sorpreso, inizialmente fece resistenza ma poi, assaggiando le mie piccole armi di difesa, si fece trascinare dietro il muretto.
-Scusateci un attimo.- sussurrai tra i denti, evitando gli sguardi confusi di Louis.
Allungai il passo e, appena fummo fuori dalla loro portata, lo sbattei con la schiena al muro.
-Se volevi passare un po’ di tempo con me da sola, bastava dirlo. Non c’era bisogno di mettere in scena tutta questa tragedia.- disse, mentre un sorriso sghembo si disegnava sulle sue labbra carnose.
Presi la sigaretta dalla sua bocca e la buttai a terra, spegnendola  con la punta della scarpa.
Mi avvicinai pericolosamente al suo viso.
-Zitto…- gli soffiai sulle labbra.
Lui spostò il suo sguardo sulla mia bocca e si mosse impercettibilmente, mordendosi il labbro inferiore.
-Non ci provare, Zayn. Non mi toccare.- dissi con una nota isterica di troppo, allontanandomi.
-Ah già, tu sei fidanzata.- mormorò, accennando con un gesto alla parete che ci divideva dagli altri.
Gli diedi un pizzicotto sul fianco, facendolo sussultare.
-Si. E sono la persona più felice al mondo ad esserlo.- annuii e un sorriso spontaneo mi illuminò il viso.
Lui alzò gli occhi al cielo, sospirando.
-Dicono tutte così. Poi, però…- mormorò, corrugando la fronte.
-Poi, però…?- lo intimai, aumentando la pressione sulla sua schiena.
-Poi, però, se ne pentono.- disse tutto d’un fiato, ridendo.
Allentai leggermente la presa, maledicendo i crampi allo stomaco.
-Ma io non sono “tutte”.- bisbigliai al suo orecchio, sciogliendo il groppo alla gola.
Quelle parole mi rimbombarono nella testa, rassicurandomi.
Il mio corpo si rilassò e puntai i miei occhi nei suoi, facendo attenzione a non perdermi nel caramello che li riempiva.
La sua mano sfiorò i miei fianchi e con delicatezza risalì la schiena, accarezzando ogni singola vertebra.
Una morsa all’addome mi mise fuorigioco e, nonostante tutta la forza di volontà impiegata, persi il comando per qualche secondo.
Fu sufficiente. Successe tutto molto in fretta.
Zayn prese le mie mani nelle sue, le strinse violentemente e, con una rapidità fuori dal comune, invertì le nostre posizioni.
In poco tempo mi ritrovai con le spalle al muro e le sue labbra a pochi centimetri dalle mie. Il suo torace spingeva sul mio, schiacciandomi sulla parete, lasciando quel poco spazio necessario per respirare. Il mio vestito aderiva al corpo come una seconda pelle, rendendo il tutto più difficile.
Ero in trappola. Per la seconda volta.
Il suo volto perfetto era l’unica cosa che riuscivo a vedere, mentre la sua mano libera scorreva sulla mia coscia. Le calze color carne erano inesistenti al suo tocco.
Cercai di liberarmi. Era una sofferenza straziante lasciare che lui avesse il controllo su di me.
Strinse più forte la mano sulla mia gamba, e trattenni un gemito, portandomi la mano alla bocca.
Chiusi gli occhi. Non avrei dovuto cedere alla sua tentazione.
-Pensa a Louis, pensa a Louis, pensa a Louis, pensa a Louis…- ripetei tra me e me, stendendo le mani sul suo petto.
Il suo respiro sulle mie labbra. La sua pelle a contatto con la mia. Il suo profumo che si confondeva con il mio.
Poi una risata. La sua risata.
Sollevai le palpebre.
-Non lo avrei mai fatto.- disse, mentre la sua risata cristallina mi riempiva le orecchie.
Ringraziai il cielo e sospirai, riempiendo i polmoni dell’aria che aveva colmato la nostra, se pur ristretta, distanza.
-Ma solo perché hai ancora nella testa Lou.- aggiunse, sogghignando.
Rabbrividii al modo in cui pronunciò la parola ‘ancora’.
Prendendo forza, liberai del tutto una mano e, velocemente, gli assestai uno schiaffetto sul volto.
-Ricorda: io non sono “tutte”.- mormorai, scivolando di lato, finalmente libera, e prendendo le giuste distanze.
I suoi occhi erano confusi e la scintilla che vi brillava dentro si era affievolita.
-Ah, Zayn. Cerca di essere più gentile nei suoi confronti.- aggiunsi, prima di voltare l’angolo.
Sfoggiando un sorriso soddisfatto sulle labbra, mi diressi verso Louis.
Mi rivolse uno sguardo preoccupato ma prendendolo a braccetto, lo rassicurai. Lo osservai sfornare una battuta dopo l’altra, coinvolgendo tutto il gruppo. La sua risata era vera, naturale, viva.
Io non sarei mai stata “tutte”. Io non lo avrei lasciato scappare per nulla al mondo.
Mentre lui scoppiava a ridere, a me scoppiava il cuore.
 

Due mani forti e calde mi strinsero i fianchi. Una voce melodiosa e profonda mi sussurrò dolci parole all’orecchio.
Cercai di capirne il senso ma la mia testa era altrove. I battiti del mio cuore aumentarono. Le gambe si fecero deboli.
Un sorriso ebete comparve sul mio volto e i miei occhi divennero lucidi.
Mi voltai lentamente e mi persi nell’immensità del blu del suo sguardo.
Mi sentivo felice, protetta, al sicuro in quelle braccia ma, allo stesso tempo, ero impaurita.
Cos’era? Come si definiva quella strana sensazione? Si, quella forza immane dinanzi alla quale ti senti terribilmente impotente.
Incapace di controllare il formicolio alle dita dei piedi, lo svolazzare delle farfalle nel tuo stomaco e il tremolio delle ginocchia.
La conoscevo. Ne avevo sentito parlare, almeno. Ma mai l’avevo vissuta sulla mia pelle così intensamente.
Ne ero consapevole. Il problema è che non volevo ammetterlo.
-Ehm.. okay, noi andiamo a prendere qualcosa da bere…- iniziò Liam, scuotendo il braccio del biondino accanto a lui.
Fece un lieve accenno verso di noi e si avviò verso il bar, cercando di lasciarci soli.
-Si, giusto! Anche qualcosa da mangiare…- continuò Niall, facendomi l’occhiolino.
Louis lo ringraziò con un sorriso mentre aumentava la stretta sulla mia vita.
Arrossii, e in poco tempo il mio volto assunse un colorito violaceo.
-Ma io non ho né sete né fame.- protestò Zayn, incrociando le braccia al petto. Alzò un sopracciglio, sollevando leggermente il mento.
Louis lo fulminò con lo sguardo. Liam e Niall gli lanciarono occhiate fugaci ma il moro non accennava a spostarsi di un centimetro.
L'aria era carica di tensione.
-Te la faccio venire io, tranquillo.- intervenne una voce roca, ma allo stesso tempo vellutata, morbida, inconfondibile.
Mi voltai rapidamente e, stupita, osservai Harry mano nella mano con Susanne.
Le mie labbra si dischiusero automaticamente, la mascella scese con evidenza, i miei occhi uscirono fuori dalle orbite, dipingendomi in un’espressione anormale, mostruosa.
Susanne sorrise maliziosamente.
-Ti spiego più tardi, Rose.- mormorò, cercando di rassicurarmi con un allegro gesto della mano.
Misi a fuoco le loro dita intrecciate e le loro mani che si accarezzavano dolcemente.
Harry proteggeva Susanne con una stretta ferrea, il suo pollice disegnava sul palmo figure circolari.
I loro polsi si sfioravano con delicatezza.
I loro polsi. Il suo polso.
Un giramento di testa. Un brivido mi percorse la schiena. Barcollai indietro.
La visuale si offuscò e tutto divenne appannato.
Le gambe deboli non ressero, le braccia intorno alla mia vita non furono abbastanza veloci e caddi a terra.



















 



Trullallero!
Sbaglio o qui c'è qualcuno che è geloso?
Sisi, fai finta di non capire tu, quissù. 
E' facile dire 'what?' con quella bella faccina che ti ritrovi,
ma l'amour est l'amour.
Non so il francese, pardon ç.ç
Scusate il capitolo estremamente vomitevole (?)
ma c'è la co-protagonista Susanne
che mi pressa ripetutamente. 
E questo è stato il massimo che son riuscita a partorire.
Prometto solennemente che mi rifarò con il prossimo chappy!
Well, come promesso, ho pubblicato anche l'OS
'horror'
sempre sui ragazzi (cliccate sopra):
Fear of the dark.
Vi ringrazio per le recensioni come sempre.
Per qualsiasi cosa sono qui:
twittah    pagina facebook

Love ya,

//g.

 

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Capitolo 16
*** CHAPTER Sixteen ***


 

CHAPTER Sixteen






 

Harry
 



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Era bellissima.
I capelli biondi le ricadevano intorno al viso leggermente ondulati, la carnagione chiara la rendeva fragile e delicata e quella spruzzata di lentiggini sul naso le donava un’aria infantile.
I suoi occhi erano ancora chiusi.
Le palpebre erano sottili a tal punto da lasciar intravedere i piccoli percorsi violacei dei capillari.
Le labbra, piene e rosse, erano leggermente socchiuse.
Il petto si alzava e abbassava con un movimento regolare, scandito dal suo respiro profondo.
Le braccia erano scoperte: giacevano immobili sul lenzuolo bianco.
Le mani erano curate, le sue dita lunghe ed esili si muovevano impercettibilmente, sfiorandosi tra loro.
Il suo polso era girato. La lettera marcata sulla sua pelle era ben visibile.
Una morsa mi strinse lo stomaco e, cedendo, mi appoggiai alla spalliera del letto.
Ben presto i miei occhi si riempirono di lacrime.
Mi odiai per questo; non era bastato un intero giorno per esaurire la riserva di acqua salata all’interno delle mie palpebre.
Brutta cosa, le lacrime. Soprattutto se non smettono. Soprattutto se non servono.
Più pensavo al significato di quel tatuaggio, più i crampi allo stomaco si facevano intensi.
Faceva male ammetterlo ma io, Harry Styles, a diciott’anni, avevo paura.
Paura della verità, paura del mio passato, paura del mio possibile futuro. Paura di qualcosa che era ignoto anche a me stesso.
Avevo paura e l’unica cosa che riuscivo a fare era rinchiudermi dentro me stesso, sperando di non dover affrontare nulla di tutto ciò.
Mi terrorizzava solo l’idea di dover sostenere lo sguardo di quella ragazza dagli occhi magnetici.
Quegli occhi che avevano fame di sapere tutto, di conoscere la verità, e percepivano le mie paure.
Mi asciugai l’ennesima lacrima e, prendendo un fazzoletto di carta, mi avviai verso la finestra.
Non sopportavo esserle distante ma era… necessario.
Mi guardai attorno.
Liam e Niall giocavano a carte su un divanetto non molto distante. Avevano entrambi la fronte corrugata e non c’era traccia di un sorriso sulle loro labbra. Erano preoccupati per lei.
Susanne dormiva in posizione innaturale sulla scomoda poltroncina del corridoio: aveva cercato di restare sveglia il più possibile, per starle vicina, ma le sue palpebre non avevano retto, avevano ceduto sotto il peso della stanchezza. Stringeva tra le mani una delle loro tante foto insieme; sorridevano spensierate, ognuna arrampicata al collo dell’altra, luminose, cariche di energia. Era tornata in albergo per prenderla. L’aveva a cuore, logico.
Zayn, invece, da due giorni a quella parte, manteneva sempre la stessa posizione: in piedi, con le braccia incrociate sul petto, fissava il vuoto attraverso il vetro della finestra. Non mangiava, non beveva, si limitava a fumare sul balconcino esterno. Non aveva mai rivolto uno sguardo al letto di Rose. Sapevo che gli faceva male vederla con un ago nella vena. C’era qualcosa di più dietro il suo comportamento, il suo cuore batteva più forte quando lei gli stava vicino.
Louis, però, era all’oscuro di tutto. Era seduto su una piccola sedia affianco al letto, non aveva chiuso occhio per quarantott’ore consecutive. Continuava a tormentarsi il braccio con la mano destra, mentre con la sinistra teneva le dita di Rosalie strette tra le sue. Le accarezzava dolcemente mentre la fissava con occhi pieni d’amore, sperando si fosse risvegliata il prima possibile. Il suo sguardo era fisso su di lei e il suo viso era privo di espressioni, vuoto, non lasciava trapelare nulla.
Sapevo che l’amava più di ogni altra cosa.
Se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe passato intere giornate a parlarmi di lei. Dei suoi occhi luminosi, delle sue lentiggini frizzantine, della sua pelle morbida e liscia, del suo sorriso da bambina, della sua gentilezza naturale, delle sue paure, della sua infinita dolcezza… Ne amava ogni singolo aspetto, ogni piccolo particolare. Ed io ero fiero di lui.
Gli misi una mano sulla spalla.
-Lou, non ti preoccupare… Si risveglierà presto, vedrai.- lo incoraggiai, aumentando la stretta.
Non mi rispose. Immaginavo cosa gli passasse per la mente. Ma si sbagliava; non era colpa sua.
-Non potevi fare nulla, Louis. È solo svenuta..- riprovai, rendendo la voce più mielosa. –Tu, tu, non puoi… capire.- aggiunsi, sospirando.
Lanciai un fugace sguardo al tatuaggio sul mio polso.
-Dai, tranq..-
-Zitto, Harry! Se si trova in queste condizioni è solo colpa mia. Sono io che non l’ho presa in tempo. Era tra le mie maledettissime braccia! Le vedi? Queste maledettissime braccia!- esclamò, puntandomi gli arti sotto gli occhi.
-E io… io l’ho lasciata andare, Harry…- sussurrò poi, abbassando le spalle sconfitto.
Il suo tono era duro come il ghiaccio, il suo viso sofferente, straziato dal dolore e dalla colpa.
-La ami così tanto?-
I suoi occhi divennero lucidi. Una lacrima gli rigò il volto.
-Si, la amo più di me stesso.-
-È stato amore a prima vista.-
-No, Harry. E’ stato amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista.-
Lo abbracciai stringendolo tra le mie braccia. Le mie lacrime si unirono alle sue.
 





 

Rosalie




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Mi risvegliai su una barella bianca. La luce filtrava da una finestra sul retro.
La testa mi girava, mi sentivo... debole.
Poggiai i gomiti dietro la schiena e, ancora confusa, cercai di alzarmi, ma due mani affusolate con lunghe dita mi bloccarono.
Con difficoltà alzai lo sguardo ed incrociai un viso incorniciato da morbidi riccioli con due occhi sfacciatamente verdi.
-Rose!- esclamò lui a pochi centimetri dal mio volto. –Come stai? Tutto bene? Dio, ci hai fatto prendere un colpo. Dio, Rose!- aggiunse, mormorando.
Le sue mani tremavano a contatto con le mie, un sorriso incerto si disegnò sulla sua bocca perfetta.
Mi strinse in un abbraccio, proteggendomi sul suo petto.
Il suo profumo dolce mi invase le narici.
Respirai a pieni polmoni, sebbene mi costasse qualche sforzo di troppo.
-Parliamo dopo, piccola. Dobbiamo raccontarci tante cose, forse troppe.- mi sussurrò all’orecchio, liberandomi dalla sua presa.
Con delicatezza, mi stampò un bacio sulla guancia, accarezzandomi la nuca.
Annuii, tirando le labbra, cercando di disegnare un sorriso, ma tutto quello che mi uscii fu una smorfia contorta.
Rise, passandosi una mano tra i ricci. La sua voce era roca e piacevole come sempre.
La mia attenzione però fu attirata da una maglietta a righe bianche e blu.
Vidi la sua figura poggiargli una mano su una spalla e materializzarsi accanto al lettino.
-Vi lascio soli...- mormorò Harry allontanandosi, ancora con il sorriso sulle labbra. 
Lo ringraziai mentalmente e lanciai uno sguardo alle sue spalle dove notai qualcuno che con velocità si allontanava dalla finestra per correre fuori dalla stanza.
Mi stupii di ciò che i miei stessi occhi avevano visto. Il trauma che avevo riportato alla testa era stato piuttosto forte, evidentemente.
-Ciao, Louis.- mormorai, sfiorando la sua mano con la mia.
La mia voce era poco più di un sussurro.
-Ciao, Rose. Come ti senti?
Tenevo lo sguardo basso. Non avrei sopportato di cadere nuovamente nel blu dei suoi occhi. Almeno non così presto.
Ma come potevo difendermi da quello sguardo penetrante?
Gli occhi chiari mi attraevano irresistibilmente, una questione fisica, istintiva, irrazionale.
Tante volte mi capitava, per strada, di camminare sovrappensiero e all’improvviso qualcosa mi richiamava alla realtà e mi faceva guardare il mondo intorno. E mi ritrovavo a fissare una persona che spiccava in mezzo al fiume degli umani impegnati ad attraversare una strada o accalcati sul marciapiede o annoiati sulla banchina della metropolitana.
E sempre, quando erano abbastanza vicini, vedevo quello da cui ero stata chiamata: bellissimi occhi chiari.
È come se possedessi un radar che manda il suo segnale prima ancora che siano a portata di sguardo.
E non è solo questione di uomini, gli occhi chiari mi turbavano anche nelle donne e nei bambini e ci attribuivo un potere quasi magico: incrociavo uno sguardo azzurro, grigio, verde e precipitavo in fondo a un’anima.
Gli occhi chiari non hanno barriere e io mi perdevo dentro.
Per questo non mi potevo permettere di guardare ancora Louis.
-Ehm bene, grazie.- risposi con un leggero tremolio.
Ho solo un uragano nel mio cuore per il modo in cui mi stai stringendo la mano.
Ho solo un tifone in testa perché Susanne e Harry stanno insieme.
Ho solo un ciclone scatenato dentro di me perché Harold Edward Styles, il tuo migliore amico, ha un tatuaggio stranamente uguale al mio sul polso.
Però sto bene.
-Io… ti devo chiedere scusa.- mormorò, nascondendo le mani dietro la schiena.
Lo guardai negli occhi, con aria interrogativa. Non potevo più evitarli.
-Non sono riuscito a prenderti prima che cadessi. Ero come paralizzato, insomma… Mi dispiace. È stata colpa mia.
Erano lucidi. Brillavano di luce propria.
-Se non fossi caduta, adesso non saresti qui, su questo letto così bianco e io… io ti avrei stretto tra le mie braccia più forte che mai… e, probabilmente, ti starei baciando e…
-Beh, sono su una barella, è vero.- lo interruppi sussurrando, tirandolo verso di me. -Ma il resto lo puoi ancora fare.-
Non se lo fece ripetere due volte.
I nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, il suo respiro soffiava sulle mie labbra e mi accorsi di aver smesso di respirare.
Mi baciò teneramente e poi si allontanò di qualche battito di ciglia.
Avvicinò la mia mano stretta nella sua al petto e la poggiò sul suo cuore. Sotto le dita, potevo quasi sentire le sue pulsazioni accelerate.
Incrociai il suo sguardo e lui fece un timido sorriso.
-Lo senti? Batte per te.- confessò, arrossendo lievemente.
Rimasi completamente senza parole, la testa mi pulsava.
Presi forza, sorrisi e mi fiondai nelle sue braccia.
E in quell'istante, lo giuro, eravamo infiniti. 
 




















Trullallerò!
(avete voluto tutti l'OS horror sui ragazzi e
poi nessuno la va a leggere, bah: OS)


aw, ma questa gif non è troppo jhtygvbhnjmk?
this is love, guys.
Allors, Rose si è risvegliata, Harry ha capito qualcosuccia
(riguardo ai tatuaggi)
ma entrambi non riescono a collegare i pezzi.
Louis è completamente andato...
ma se siete state delle lettrici ben attente,
avrete notato qualcosa di ambiguo (?).
Indizio: è nel pov di Rosalie.
fatemi sapere cosa ne pensate in una recensioncina
(dato che stiamo di nuovo calando ç.ç)
e poi contattatemi qui:
pagina facebook  twittah
Love ya all,

//g.
(juliefer)

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Capitolo 17
*** CHAPTER Seventeen ***


CHAPTER Seventeen





 

Rosalie


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Jessy sulla fascia. Difensore avversario innocuo. Niente vento. Distanza calcolata sessantacinque metri.
Posso farcela. Si, ce la posso fare.
Passai la lingua sulle labbra, assaporando la consistenza del lip gloss alla fragola, e presi una piccola rincorsa.
Lanciai un ultimo sguardo sugli spalti: Louis annuì fiducioso, inumidendosi le labbra come suo solito, e contemporaneamente Zayn, sulla scalinata superiore, mi fece l’occhiolino, mentre un sorrisetto sghembo si disegnava sulla sua bocca carnosa.
Soffocai una risata per la ridicolaggine della situazione e riposi tutta la mia concentrazione sulla distesa di erba sintetica che si estendeva davanti a me.
Calmai i battiti accelerati del cuore e, sospirando, calciai nella direzione calcolata.
Il pallone ruotò nell’aria e gli occhi degli spettatori seguirono la sua traiettoria, accendendosi e sgranandosi dallo stupore quando finì, con una precisione impressionante, sui piedi della mia compagna che, con un’abile finta, concluse l’azione bucando la rete.
Esultai saltellando. Ce l’avevo fatta; lo sapevo che ce l’avrei fatta.
Guardai i miei scarpini sporchi di fango e una leggera curva si dipinse sulle mie labbra.
Risalivano all’epoca dei dinosauri ma funzionavano alla meraviglia; e i risultati erano ben evidenti.
Alzai gli occhi al cielo e sussurrai un flebile “Grazie..” che, ben presto, si perse tra le nuvole, trascinato dal vento.
Dal gruppo delle vincitrici riunite in cerchio si levavano risate allegre, felici, vere.
Susanne mi sorrise dalla panchina, mimando qualcosa con le labbra, e un attimo dopo tornò a puntare i suoi occhi sugli spalti.
Non avrei dovuto seguire la loro direzione, non avrei dovuto dimostrare la mia debolezza un’ altra volta, non avrei dovuto cadere in quella trappola nuovamente.
Ma mi mancava.  In tutto il suo essere lui, mi mancava.
Mi feci coraggio, presi un profondo respiro e spostai lo sguardo, sprofondando, come previsto, in due profonde pozze verdastre.
Mi maledissi. Ben presto la mia vista si annebbiò, le grida attorno a me si affievolirono, i volti si confusero tra loro e le mie gambe si fecero incredibilmente deboli.
Harry mi guardava, trapassandomi da parte a parte; il mio corpo perse la sua forza interiore e si lasciò sopraffare dai brividi.
Lui incatenò il mio sguardo al suo e velocemente le sue labbra si schiusero, dando vita ad uno dei sorrisi più belli che avessi mai visto.
Avevo cercato con tutta me stessa di evitarlo in quei giorni, ma ignorare i suoi sguardi preoccupati che desideravano una giustificazione al mio comportamento, le sue mani calde che bramavano di stringermi tra loro, il suo cuore che aveva necessità di una risposta a tutto quello che stava accadendo, non era per niente facile.
Addormentarsi una sera con la consapevolezza di aver trovato dei veri amici, una piccola famiglia, e svegliarsi la mattina dopo con il mondo al contrario.
Tutto era cambiato e tutto doveva ancora cambiare. Il problema è che ancora non sapevo se, questa volta, ce l’avrei fatta a superarlo.
I miei scarpini non mi sarebbero potuti essere d’aiuto. La mia migliore amica non mi sarebbe potuta essere d’aiuto.
Era una lotta personale. Una guerra per scoprire il vero e unico significato di quella lettera marchiata a pelle.
Una gara in cui l’unico ostacolo era quel ragazzo con i boccoli che non aveva alcuna intenzione di staccarmi gli occhi di dosso.
Consapevoli della situazione, le mie guance assunsero diversi colori: dal rosso dello stupore al viola dell’imbarazzo, dal blu della consapevolezza al bianco pre-perdita di sensi.
Ma riunii quella poca forza d’animo che mi era rimasta e resistetti.
Nel preciso momento in cui alzò una mano per accennarmi un saluto, io distolsi lo sguardo, fulminando l’erba sintetica del campo, ormai distrutto dalla partita.
I miei occhi ardevano. Sapevo che dopo quel gesto di vigliaccheria, le sue labbra si sarebbero serrate, le sue dolci fossette si sarebbero tese, il suo sguardo avrebbe perso quella scintilla di compassione, di curiosità, di affetto. Harry avrebbe indossato per la millesima volta quella maschera etichettata come ‘normalità’, impedendo di far trasparire qualsiasi espressione sospetta agli occhi degli altri.
Era tutto così confusionario, impreciso, non determinato.
La mente offuscata, il cuore confuso, e quegli spalti gremiti di pubblico.
Avrei voluto soltanto riuscire a mettere tutto a posto, a determinare un certo ordine mentale che mi avrebbe permesso di ragionare con coscienza.
Ma era come se fossi annebbiata e 'protetta' da uno strato di polvere permanente; coperta da un qualcosa di irremovibile, che non se ne sarebbe andato mai, che avrebbe soggiornato per sempre in me, impedendomi di fare qualsiasi cosa, di compiere qualsiasi azione, di prendere una semplice decisione, di credere in me stessa.
Ero obbligata a tener a freno la curiosità e a rimandare una vera risposta alle mie domande, a soffrire in silenzio quando, durante la notte, pensieri e preoccupazioni mi invadevano la mente, quando la paura mi impediva di respirare, mi soffocava con i ricordi del passato.
Nulla aveva più senso. Vivevo in una realtà relativa dove niente era verità.
Un puzzle con miliardi di pezzi. Toccava a me trovare l’ultimo e comporre il disegno finale.
 
Eravamo pronte. Almeno fisicamente.
Ironia della sorte, per sollevare quella coppa avremmo dovuto combattere contro la squadra di Louis.
La tensione mi divorava da dentro. Cosa scegliere? La felicità del mio ragazzo o quella della mia squadra?
Mi ero promessa di regalare alle mie ragazze un sogno indimenticabile. Toccare per la prima volta un vero trofeo e vincere quei soldi che ci avrebbero facilitato la strada per il successo e, nel mio caso, che mi avrebbero aiutato a costruirmi una nuova vita, lontano da tutto questo.
Dall’altra parte, però, c’era quel ragazzo dagli occhi blu che mi aveva rapito il cuore e il suo sguardo aspirante alla somma in palio per l’incisione del loro primo disco musicale.
La scelta era difficile ma decisi che avrei riflettuto meglio dopo aver affrontato le mie paure, liberando la mente.
 








Harry

 

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M’ignorò.
Ignorò il mio sorriso, ignorò il mio saluto, ignorò i miei occhi.
Le mie labbra si serrarono, le mie fossette si tesero, il mio sguardo perse quella scintilla di compassione, di curiosità, di affetto.
Tutto si fece buio.
Non ci ero riuscito. Non si era fidata di me.
Perché aveva costruito delle mura intorno a sé?
La sua paura del passato era più forte della mia, ma se soltanto avesse lasciato che l’aiutassi, che la stringessi tra le mie braccia, che le dicessi quel che sapevo… sarebbe riuscita ad affrontarla.
L’avremmo affrontata insieme, come giusto che sia.
Affranto, abbassai lo sguardo, e, prima che Susanne se ne accorgesse, indossai per la millesima volta quella maschera di ‘normalità’ che era entrata a far parte della mia quotidianità da qualche giorno a quella parte.
 

Con le mani tremanti, composi il numero sulla tastiera del telefono, fermandomi a soppesare, in ogni intervallo di tempo che scorreva tra il digitare un tasto e l’altro, se fosse una cosa giusta da fare.
Prenderle in prestito, o meglio rubarle, il cellulare dalla borsa non era stata sicuramente una tra le mie idee più brillanti ma dovevo assolutamente trovare un modo per riavvicinarla a me. Non sopportavo quella distanza, quel comportamento così freddo, glaciale, indifferente.
Dovevo, a tutti i costi, ritrovare la vecchia Rose e riportarla indietro.
Infrangendo, così, la sua privacy avevo sfogliato interamente la sua rubrica, immaginando i lineamenti e le fattezze di tutta la gente che la conosceva, di tutta quella gente così fortunata che, allo stesso tempo, ignorava di esserlo.
Ogni nome una morsa di gelosia; la lista catalogata sotto ‘ex’ era piuttosto lunga.
Ma, per fortuna, non ci era voluto molto prima che notassi quello stesso numero che adesso avevo appena digitato.
Era un numero di un telefono fisso ed era nominato con un simpatico ‘Non rispondere’. Era proprio quello che cercavo.
Controllai per l’ennesima volta le cifre che lo componevano e, ormai sicuro di non aver sbagliato nel digitarlo, premetti il tastino verde sulla destra.
Uno squillo. Presi aria a pieni polmoni, cercando di domare il sangue che mi pulsava con violenza nelle vene.
Due squilli. Mi passai una mano tra i capelli ricci, acquisendo quel poco di forza d’animo sufficiente per non mollare la presa.
Tre squilli. Presi in considerazione l’idea di lasciar perdere tutto, di annullare la chiamata, di restituirle il telefono. Avrei dovuto affrontare i miei problemi da solo.
Quattro squilli. Sospirai rumorosamente, sconfitto. Non avrebbe risposto nessuno, rientrava tutto a far parte della mia illimitata sfortuna.
Allontanai l’apparecchio dalla testa e feci per chiudere la chiamata quando si sentì gracchiare dall’altro capo del telefono.
Sobbalzai e, velocemente, riportai il cellulare all’orecchio.
-P-p-pronto? Sono Thomas, ma puoi chiamarmi anche Tommy, chi è?
Una voce infantile, delicata e vellutata mi inondò la testa, provocando l’invasione di tanti piccoli brividi lungo la mia spina dorsale.
Aveva il medesimo accento di Rosalie e nella sua espressione era contenuta la stessa dose di infinita dolcezza.
-Ch-chi parla? Ch-chi è?- aggiunse il bambino con una nota di preoccupazione.
Sapevo che non avrebbe atteso molto prima di buttare giù. Aveva sicuramente di meglio da fare che restare al telefono senza ricevere risposta.
Era il momento. Ora o mai più.
Non avevo altra scelta.
Mi asciugai la perla di sudore sulla fronte con la manica della maglietta e presi fiato, svuotando la mente.
-Ciao, Tommy. Sono… Harry, un… amico di…- esitai qualche secondo -…Rosalie, sì, di tua sorella Rosalie.
Non avrei mai potuto sapere che nell’esatto istante in cui avevo pronunciato quel nome, il bambino dall’altro capo del telefono aveva iniziato a piangere.
 

Quel simbolo.
Quel simbolo sul suo polso sinistro. Mi tormentava.
Non sarebbe stato strano, se non fosse per lo stesso carattere con cui era incisa quella lettera, la mia iniziale. Avevo un miliardo di domande e di altrettante risposte che mi giravano per la mente. Lei la ‘H’, io la ‘R’.
Tutto molto chiaro.
Quel legame che avevo sentito fin dal primo momento che l’avevo vista.
Quegli occhi incredibilmente uguali ai miei, con le stesse sfumature grigiastre.
Quel sorriso con la dentatura perfetta.
E quella sensazione di pace nel sentirla vicina, sicura.
Sì, ne ero certo. Non potevo mentire di fronte all’evidenza, non potevo scappare di fronte alla verità. Ero in dovere di prenderle la mano e, una volta insieme, trascinarla indietro nel tempo, scavando nel passato, imparando la nostra storia, per poi riaffiorarne più consapevoli.
Tutto aveva trovato conferma dopo la telefonata con il piccolo Tommy. Ogni dubbio era sparito, ogni certezza era riaffiorata.
Susanne uscì dal bagno e, sollevandomi il mento con l’indice, si sedette sulle mie ginocchia.
-Rosalie?- chiese semplicemente. Il suo sguardo mi riportò alla realtà, spazzando via ogni singola briciola di angoscia.
-Come fai a sapere ch..?
-Lo leggo nei tuoi occhi. Lo sento dai battiti accelerati del tuo cuore.
Sorrisi. Quella ragazza era straordinaria… ed era la mia ragazza.
-Beh, sì. Stavo pensando a Rose.
-Capisco.
-Ma non in quel sen…
-Tranquillo. Ho capito.- mormorò delicatamente, accarezzandomi la nuca.
Passò poi un dito sul mio braccio, scendendo pian piano verso il palmo per poi fermarsi sul polso. Ripassò il disegno del tatuaggio e puntò i suoi occhi color dell’oro nei miei.
Annuii, ancora scosso dai brividi.
-Tu.. sai?- domandai, quasi impaurito dalla sua possibile risposta.
-…No. So quanto sai tu, Harry. – sospirò profondamente - Ma farei di tutto pur di aiutarvi. Amo Rose più di me stessa.- aggiunse poi mentre gli occhi le si inumidivano, diventando lucidi.
Raccolsi con l’indice una lacrima che le rigava le guance e la portai alle labbra. Sapeva di amore.
-Ami anche me?- le chiesi, stringendola più forte al mio petto solido.
Le sue labbra si schiusero rapidamente in un sorriso malizioso.
-Mmmh.. Credo di si.- mi sussurrò, poi, avvicinandosi all’orecchio.
-Credi e basta?
Tanti piccoli brividi mi percorsero la schiena e, finalmente, le sue labbra premettero sulle mie. Fu elettrizzante come la prima volta.
Le accarezzai una guancia, assaporando la morbidezza della sua pelle colorita.
Lei mi prese il colletto della camicia bianca e lo tirò verso di sé, accavallando le gambe attorno al mio addome. La fissai per qualche secondo e sul suo volto comparve un sorriso che racchiudeva in sé più di mille parole.
Non esitai un altro istante e mi catapultai sul suo collo, facendo attenzione a non tralasciare il minimo spazio tra un bacio e l’altro. Le scostai i capelli, riponendo una ciocca ribelle dietro l’orecchio. Le morsi il lobo e lei lanciò un urletto di piacere mentre con le mani cercava disperatamente di sciogliermi i bottoni della camicia.
Passai al volto e le baciai delicatamente prima le palpebre, poi le guance, il naso e gli angolini della bocca, fino a desiderare le sue labbra tra le mie.
Strinse la sua presa più forte, facendomi mancare il respiro, quando qualcosa nei miei pantaloni vibrò.
Susanne si tirò indietro rapidamente e sul suo volto si disegnò un’espressione allibita.
Non riuscii a mantenere il silenzio per più di qualche secondo e scoppiai a ridere fragorosamente.
Il suo volto si fece ancor più confuso.
-Non è quello che pensi..- mormorai tra una risata e l’altra.
Tirai fuori un oggetto rettangolare dalla tasca anteriore.
-…solo il mio cellulare!
Il suo volto si tranquillizzò e le sue mani smisero di tremare.
Maledicendolo per aver interrotto quel momento, guardai il display che continuava ad illuminarsi.
A quest’ora? Cos’era successo? Risposi alla chiamata con aria preoccupata.
















 



Welcome 2013 trullalleroso (?)
Auguri, lettrici!
Sì, sono in ritardo ma sono ancora in punizione scolastica ç.ç
Sarò rapidissimissima (se mi beccano, sarà l'ultimo capitolo che leggerete):
1. Rose è in un bel pasticcio; scegliere la felicità della sua squadra o quella del suo ragazzo?
2. Vogliamo parlare della dolcezza di Tommy? jklpghdfcrtbnjmklpklhgfvghbnplk.
3. Che bel capitolo Susarry mlmlmlmlml. (quella della vibrazione è una genialata uu)
4. Chi sarà al telefono? Cosa sarà successo?
Well, vi auguro nuovamente un buon fine anno,
sperando che il 2013 sia migliore!
(peggio di così non si può andare lol)
Vi ringrazio per tutto, siete la mia unica certezza :')
Mi trovate:
Let's pretend it's love ∞  
 twitter
A massive thank you,

//g.



ps. siamo arrivate a 69 recensioni nel prologo. ehm, ehm. mlmlmlmlmlmlmlmlml.

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Capitolo 18
*** CHAPTER Eighteen ***


CHAPTER Eighteen


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Scegliete il vostro preferito e inserite il numero nella recensione, per favore!




 

Rosalie

 

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Come fa, mi sono chiesta tante volte, una cosa che non c'è mai stata a non esserci più.
Non c'è più qualcosa, ma è un qualcosa che non essendoci neanche stato alla fine non sai neanche cos'è, però sai benissimo che non c'è più perché almeno una volta l'hai sfiorato. Hai sfiorato qualcosa che pur non essendoci più per un po' era sfiorabile.
Questi buchi fatti nel niente, di questo sfiorabile, che forse per un periodo avresti potuto anche abbracciarlo, sono qualcosa che mi ha sempre ammazzato.
 
La testa era andata in escandescenza, le tempie pulsavano ritmicamente mentre la poca materia grigia ancora intatta cercava disperatamente una soluzione.
La paura del nulla mi mangiava da dentro, ero sopraffatta dai singhiozzi. Le mie mani salivano e scendevano con violenza sulla pelle. I crampi mi attanagliavano lo stomaco, rendendomi ancor più vulnerabile. Strofinavo i polsi sulla parete, raschiando il muro.
“Smettila, così non risolverai nulla. Il tatuaggio non se ne andrà.”
Mi torturavo lentamente il viso, volevo cancellare il mio volto, deformarlo. Volevo sparire, eliminare quella fastidiosa vocina nella mia testa.
Il panico si era letteralmente assorbito nelle mie membra ed aveva raggiunto il pieno controllo su tutto il corpo.
“Torna indietro, Rosalie.”
I movimenti erano sempre più spasmaci e la rabbia continuava ad accumularsi in un piccolo angolo della mia mente, mentre scalciavo disastrosamente sul muro bianco.
“Lui non merita questo…”
Stremata da quei piccoli movimenti frenetici, liberai le mani e, osservando soddisfatta i tagli e le scorticature che ricoprivano i palmi, le appoggiai sulla parete.
“…lui ti vuole solo aiutare”
Aiutare? Il sangue mi diede al cervello e tutto si offuscò.
Strinsi la mano e la portai indietro. Riunii le poche forze rimaste e le scaricai rapidamente contro il muro, urlando di dolore.
Le nocche si infransero rumorosamente nel medesimo istante.
No, non potevo darle retta. Io avevo paura, tanta paura.
“Non puoi affrontarlo da sola.”
Sbattei con forza il viso. Una, due, tre volte e finalmente uno schizzo di liquido rosso macchiò il bianco candido della superficie dinanzi a me.
Continuai ancora e ancora finché le forze mi vennero a mancare.
Esausta, mi girai e affiancai le spalle al muro, lasciandomi scivolare giù, fino a sfiorare il parquet con la schiena.
Gli occhi erano sbarrati, vuoti, i capelli incrostati di sangue ed il volto distrutto.
“Vai da lui, Rose.”
Annuii, scoppiando a piangere.
 

La luce del sole filtrava attraverso la tenda.
Mi svegliai; la testa mi pulsava terribilmente. Il cuore, impaurito, accelerò i battiti per qualche secondo ma poi, come un pugno allo stomaco, ricordai tutto.
Cercai di sollevare le palpebre ma ciò che ottenni furono unicamente due strette e deboli fessure.
Mi guardai intorno, mi ero addormentata sul muro, nella stessa posizione della sera precedente.
Provai a sfiorare il pavimento con una mano ma un dolore lancinante mi tolse il fiato.
Abbassai lo sguardo sui palmi e uno spettacolo raccapricciante si presentò ai miei occhi.
Un conato di vomito mi travolse dal basso ventre e fui costretta a distoglierlo rapidamente.
Sospirai e anche quel piccolo gesto mi costò fatica. Potevo percepire le costole doloranti al di sotto della maglietta, i capelli dannatamente annodati, la lingua secca e gonfia.
Allungai il braccio sinistro, relativamente in buone condizioni, e afferrai lentamente l’orologio sul comodino.
Sbirciai con cautela: le otto e un quarto.
Susanne non era ancora rientrata in camera. Meglio così, non avrebbe dovuto assistere per nessun motivo a quello spettacolo da voltastomaco.
Probabilmente aveva passato la notte fuori, con… Harry.
Harry. Harry Styles. Quel nome rimbombò nelle mie orecchie come una delicata melodia mentre le immagini della sera precedente mi investirono come un treno.
Mi sorpresi; non versai una sola lacrima. Forse gli occhi erano troppo gonfi per farlo, ma, in qualche modo, mi sentivo… meglio, mi sentivo più forte, in grado di poter affrontare qualsiasi cosa.
Ignorai le disperate preghiere del mio corpo e mi sollevai da terra, dirigendomi verso il bagno. Inciampai e caddi un paio di volte ma il dolore non faceva più effetto.
Ancor prima di guardare il mio riflesso allo specchio, aprii il rubinetto e feci scorrere l’acqua. Unii le mani a coppa e portai il liquido gelato sul volto.
Urlai. Faceva male, ma dovevo essere più forte e continuai fin quando non percepii gli occhi schiudersi gradualmente.
Con un po’ di timore, alzai lo sguardo, ma inaspettatamente non rimasi sconvolta. Quella maschera di sofferenza non mi toccava più di tanto.
Passai delicatamente un dito sul collo, pieno di lividi violacei, sfiorandoli uno ad uno, salii pian piano per arrivare alle labbra spaccate, gonfie e rosse  ma non certamente per il rossetto, toccai il naso incrostato e con le mani bagnate tolsi il sangue secco in eccesso, lasciando che le lentiggini riconquistassero il viso, infine portai la mano ancora più su, giungendo agli occhi. Erano gonfi, estremamente gonfi, ma solo sotto ad uno di essi si intravedeva una striscia verdognola di sangue pesto. Nonostante tutto, brillavano entrambi violentemente, erano di un verde intenso, un verde smeraldo, un verde speranza. Sì, ero stata io stessa a fare del male al mio corpo ma non ne provavo alcun rimorso. Forse, detto da un punto di vista masochista, ma mi era servito. Adesso sapevo che potevo affrontare qualsiasi cosa, perché il peggio era passato.
 

Spensi la luce e chiusi la porta. Avevo fatto un bel lavoro, la stanza era come nuova, pulita e disinfettata, nessuno si sarebbe accorto di nulla.
Dopo la lenta e lunga doccia, ero rinata. Avevo accettato me stessa per quello che ero.
«Ti amo», avevo detto. Finalmente ero riuscita a dirlo alla persona più importante. Il mio riflesso allo specchio mi aveva sorriso di rimando.
 
Portai la mano fasciata sulla tasca dei pantaloncini a vita alta ma i miei polpastrelli non tastarono nulla di solido.
Il cellulare. Avevo dimenticato il cellulare in camera.
Esitai qualche secondo, guardandomi scrupolosamente intorno, ma pazienza, non avevo alcuna voglia di fare retromarcia e tornare a prenderlo.
Susanne mi avrebbe chiamato, ma l’avrei preceduta sul tempo, presentandomi di persona.
Conoscevo a memoria quel percorso, quegli strani corridoi intrecciati ormai non erano più un ostacolo per il mio pessimo senso dell’orientamento. Inevitabilmente, un leggero sorriso si disegnò sulle mie labbra, al ricordo della prima volta in cui avevo messo piede in quella struttura.
Sovrappensiero, un piede messo male e un pugno mi colpì in pieno stomaco, obbligandomi a piegarmi su me stessa.
I crampi non persero l’occasione per farsi sentire.
Trattenni un urlo di dolore e mi rialzai, continuando a camminare. Quegli shorts mi aiutavano a sostenermi, ma dopotutto mettere i tacchi non era stata una buona idea.
Dovevo apparire il più normale possibile, nessuno doveva sapere cosa era successo l’altra sera, meno che meno Harry.
Lanciai un rapido sguardo al tatuaggio, era sempre lì, nonostante avessi tentato più volte ti raschiarlo via insieme a tutta la pelle.
Rabbrividii silenziosamente e, per quello che era possibile, accelerai il passo.
Oltrepassai l’angolo e, maledicendo la puntualità, mi scontrai contro qualcosa di solidamente duro.
Non era una novità da un po’ di tempo a quella parte, pensai mentre cercavo disperatamente di non perdere l’equilibrio.
Puntando i piedi e ritrovando il baricentro, alzai lo sguardo e sul viso di Louis si dipinse un sorriso.
-Stavo venendo da te…- mormorò soffiandomi sulle labbra. Il suo viso a poco centimetri dal mio.
Mi squadrò da capo a piedi, emettendo un fischio con la bocca, e mi spinse delicatamente verso il muro, facendomi sbattere con la schiena contro la parete. Il mio respiro si fece più pesante, trattenni con tutta me stessa il dolore. Non doveva trasparire nulla.
-Tu dove andavi, dolcezza?- chiese trascinando lateralmente la sua mano sul mio viso. –Oh. Cosa hai fatto in volto?- aggiunse poi, mentre i suoi occhi si scurivano, preoccupati.
Non risposi. Non sapevo mentire.
Le sue sopracciglia si aggrottarono, formando tante piccole increspature sulla sua fronte spaziosa. Mi prese la mano fasciata e la girò delicatamente tra la sue.
-Rose, cosa è successo? E’ stato Zayn, vero? Rispondimi, Rosalie. E’ stato lui? Giuro che se lo prendo..- disse, alzando repentinamente il tono della voce. Il suo petto si alzava ed abbassava con violenza.
Buttai giù il groppo in gola e mossi la testa a destra e sinistra, negando.
-No, Louis, no. Sono solo... sono solo caduta. Sì, sono caduta ieri, e sono tutta dolorante ma… ma sto bene.- lo rassicurai, addolcendo la voce.
Odiavo mentirgli ed era palese che lo stessi facendo, ma il suo amore per me gli impediva di sospettare ciò che avevo detto.
Si fidava. E per questo lo amavo più di qualunque cosa.
Restò ancora per qualche secondo in silenzio, poi si avvicinò velocemente e premette le sue labbra sulle mie.
-Mi fido, Rose. Sei la mia vita, lo sai questo?- mormorò.
Gli morsi il labbro inferiore e lui rise, senza staccarsi. Continuammo quella dolce lotta per qualche altro secondo, finché, vinta dal desiderio, ricambiai il bacio, ignorando il sangue che pulsava ritmicamente sui rigonfiamenti della mia bocca.
-Ho bisogno di parlarti, Louis.- gli sussurrai all’orecchio, lasciando che la mia attrazione per lui avesse la meglio.
-Solo un ultimo bacio…- mi pregò lui, prima che un dolorosissimo sorriso si disegnasse sul mio volto.
Intrecciò le sue labbra alle mie ancora una volta e senza allontanarsi minimamente passò le mani sulle mie gambe e, con un unico movimento, mi tirò su abilmente, intimandomi di allacciarmi per bene al suo busto.
Camuffai il grido di dolore in un grido di sorpresa e i suoi occhi si illuminarono ancor di più, mentre lasciava scorrere le dita sulla mia pelle liscia.
-La mia principessa ha bisogno di aiuto e questo è il minimo che possa fare per farla sentire meglio.- mormorò con dolcezza puntando i suoi occhi nei miei.
-Più che una principessa sembro una scimmia…- gli risposi, facendo un ultimo sforzo e sporgendomi per baciarlo di nuovo.
Le sue labbra erano la miglior casa che avessi mai potuto trovare.
-Scimmia o principessa poco importa. Sei mia lo stesso.- disse, poi, stringendomi più forte.
Soffocai una risata e allacciai la mia mano alla sua, mentre con fare protettivo mi trasportava nella sua camera.
 

Tutto. Gli avevo raccontato tutto, saltando qualche particolare, certo, come l’episodio della sera precedente o lo strano comportamento di Zayn, ma, per la prima volta, mi sentivo svuotata. E lui mi aveva capita, compresa come nessun altro aveva fatto fin ora.
Una lacrima mi rigò la guancia, non aveva mai smesso di stringermi la mano. Mi accarezzò il volto come solo lui sapeva fare e le sue labbra si strofinarono contro le croste sul mio naso.
-Rosalie, io credo tu debba parlargli. Sì, credo tu debba dire tutto ciò ad Harry. Lui… capirebbe.
-Lo so, Louis, ma ho paura. Io non... io non... io non sono nessuno.
Mi fece sedere sulle sue gambe, mi strinse a lui delicatamente. Inspirai il dolce profumo dei suoi capelli, mentre le sue parole mi investivano in pieno al di sopra della mia spalla.
-Rose, tu vivi rinchiusa in una scatola trasparente, costruita dalle tue paure, dalle tue stesse parole. Prova a romperla e scoprirai di essere molto più di ciò che credi. Le pareti di questa scatola le ha partorite la tua mente e il loro nome comincia sempre per “non”. “Non posso.” “Non ce la farò mai.” “Non dipende da me.”, la più estesa di tutte. Ma se guardi in alto, troverai la quarta, che si chiama “non ci credere”. Rosalie, non è vero che non sei nessuno. Non lo capisci? Sei il mio amore, Rose. Io.. io..
Non gli diedi il tempo di completare la frase che mi fiondai sulle sue labbra.
Cademmo indietro sulle coperte morbide del letto matrimoniale. Lo baciai ancora e ancora.
Baci che avevano il sapore delle mie lacrime, che ormai non riuscivo più a trattenere.
Mi strinse tra le sue braccia più forte che mai, rendendomi parte integrante del suo corpo.
Avrei voluto rimanere sveglia prolungando quel momento per l’eternità ma le mie palpebre si fecero pesanti.
Mi addormentai così, con la testa sul suo petto, ascoltando i battiti perfetti del suo cuore.
















 



Trullallero!
è quasi un mese che non aggiorno, dio mio.
perdonatemi, ci sono state delle situazioni poco piacevoli e la fantasia è venuta a mancare.
anyway, non  pensate che io sia una criminale psicologicamente disturbata 
ma un po' di violenza ci voleva in mezzo a tutte queste sdolcinerie uu
ok, no AHAHAHAH
ma in Rose qualcosa è cambiato e lo vedrete meglio nel prossimo chappy
quando lei e Harry si incontreranno e...
...to be continued!
weeeeell, per quanto riguarda il banner, lo avete scelto?
sono tutti bellissimi e metterò i crediti una volta caricati,
ma purtroppo solo uno sopravviverà! 
è tutto nelle vostre mani (?)
scusatemi ancora per il clamoroso ritardo,
mi farò perdonare con la dolcezza e l'infinito amore dei gemelli
nel prossimo capitolo, it's a promise.
love ya,

//g.

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