I giochi di Johanna Mason

di Beetlegeuse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Mietitura ***
Capitolo 2: *** La motivazione ***
Capitolo 3: *** L'intervista ***
Capitolo 4: *** L'arena ***
Capitolo 5: *** La sera ***
Capitolo 6: *** La fame ***
Capitolo 7: *** La ladra ***
Capitolo 8: *** La scappatoia ***
Capitolo 9: *** La foresta ***
Capitolo 10: *** La Bovara ***
Capitolo 11: *** La necessità ***



Capitolo 1
*** La Mietitura ***


"D'accordo, per stamattina può bastare così!" gridò Glitch. "Pausa pranzo. Ma voglio tutti qui fra un'ora, non sono ammessi fannulloni qui al cortile."

Da che pulpito, pensò amaramente Johanna. Tirò forte l'ascia che le era rimasta incastrata nel pezzo di acero che stava facendo a pezzi, ma quella non sembrava volersi muovere. Diede un altro strattone più forte e finalmente la liberò. Andò a depositarla assieme a tutti gli altri attrezzi, sotto la tettoia del cortile, e si concesse un po' di stretching ai muscoli delle braccia indolenzite.

Non le piaceva lavorare al cortile, specialmente sotto la gestione di Glitch, quello sfaticato che godeva della sua carica di responsabile dei lavori. Si era sempre chiesta in quale modo fosse riuscito a guadagnarsi le grazie del sindaco e ad accaparrarsi quella mansione prestigiosa. Non doveva tagliare legna, non doveva occuparsi della manutenzione degli attrezzi, non doveva riordinare tutto alla fine della giornata lavorativa. Doveva solo alzare le sue chiappe dal letto un po' prima di tutti gli altri, per arrivare al cortile sufficientemente presto da poter organizzare il lavoro e assegnare a ciascuno il proprio compito, cosa che comunque decideva al momento e gli occupava sì e no due secondi a testa.

Johanna aspettò accanto agli attrezzi per un paio di minuti, prima che suo padre arrivasse. Quella settimana l'avevano assegnato lì al cantiere, il posto dove la legna fresca veniva raccolta dopo essere stata trasportata dai boschi e tagliata in pezzi più piccoli, che venivano poi destinati a un'ulteriore lavorazione oppure diventavano legna da ardere da portare fuori dal distretto. Johanna, in quanto diciassettenne e dunque minorenne, se voleva lavorare doveva farlo accompagnando un genitore. Sua madre lavorava in un laboratorio di mobilio e lì non c'era spazio per mani inesperte, perciò seguiva il padre. A spaccar legna non ci voleva molta esperienza.

"Hai fame?" chiese suo padre con un sorriso affettuoso. "Non particolarmente" rispose lei. Lui le diede una pacca sulla spalla e insieme si diressero verso l'uscita, su una strada di terra battuta che collegava i boschi con il centro abitato.

Aspettarono un altro quarto d'ora, fino a quando non si videro i carri dei taglialegna tornare dai boschi. Lenna, la sorella di Johanna, per quella settimana era stata assegnata ai boschi. Lei aveva compiuto 19 anni il mese precedente e quindi poteva lavorare senza accompagnare un genitore già da più un anno. I lavoratori maggiorenni guadagnavano di più di quelli minorenni, sempre che quella miseria di stipendio potesse essere definita "guadagno". La famiglia Mason, che poteva contare ben tre lavoratori maggiorenni, non era povera ma nemmeno ricca. Nel distretto 7 non essere poveri significava solamente avere un paio di pagnotte al giorno assicurate per tutta la famiglia. Niente di eccezionale, ma era quel che bastava per andare avanti.

Johanna e suo padre salutarono Lenna, che sedeva sul secondo carro, e si unirono a lei lungo la strada verso il paese. Arrivati in centro passarono davanti al laboratorio della madre di Johanna.

Entrarono per la porta sul retro e si fecero strada fra pialle, lamette e vernici maleodoranti.

"Mamma!" chiamò Johanna. "Siamo arrivati". La signora Mason fece capolino da una porta in fondo alla stanza. "Non vi avevo sentiti arrivare. Com'è andata la mattinata?" chiese, passandosi un braccio sulla fronte per asciugare il sudore.

Johanna scrollò le spalle. Suo padre le lanciò uno sguardo divertito e rispose "Non male. Johanna come al solito non va molto d'accordo con il cortile, ma non è certo una novità."

La signora Mason ridacchiò fra sé, sebbene non fosse particolarmente divertita dall'attitudine della figlia. Per Johanna socializzare era sempre stato un problema. Lei preferiva stare da sola e gli altri ragazzini del distretto sembravano fargliene una colpa, guardandola di sottecchi e chiamandola "la Svitata". A Johanna non poteva importare meno, ma sua madre sembrava soffrirne.

"Cerca di sorridere un po' almeno stasera, d'accordo? Chissà, magari qualche telecamera ti inquadrerà per qualche istante mentre sei fra la folla".

Sì, stasera… pensò Johanna. Quella sera, prima di cena, ci sarebbe stata l'annuale cerimonia di Mietitura. "Cosa credi che importi alla gente di Capitol City se la Svitata in mezzo alla folla non sta sorridendo?" chiese con tono scocciato. "A meno che non venga estratto il mio nome, non…"

"Non dire così!" la interruppe sua madre. "Le probabilità non sono così tante ed è inutile porsi problemi prima che effettivamente ce ne siano." L'argomento Hunger Games l'aveva messa di cattivo umore.

Lenna sospirò. Lei era stata abbastanza fortunata da non essere mai estratta per i giochi, sebbene qualche anno avesse fatto richiesta per le tessere aggiuntive. Johanna invece non ne aveva mai richieste, dato che da quando sua sorella aveva iniziato a lavorare non ce n'era stato bisogno. "Allora, andiamo a pranzo? Devo essere nei boschi fra poco più di mezz'ora e non voglio fare tardi" disse poi.

"Oh" esclamò la signora Mason, "andate pure senza di me, ho del lavoro da finire qui. Ci vedremo stasera…"

Così non passarono nemmeno per casa, ma solo dal fornaio per comprare il pranzo. Lenna mangiò in fretta e poi si avviò per prima verso la strada che portava ai boschi, poiché il cantiere era più vicino al paese. Allontanandosi lanciò uno sguardo preoccupato alla sorella Johanna, che fece finta di non notarlo.

Tutti erano sempre preoccupati il giorno della Mietitura. Anche lei lo era, ma cercava di non mostrarlo. Era il suo modo per tenere testa a Capitol City. Suo padre le mise un braccio intorno al collo mentre facevano ritorno a lavoro.

Quel pomeriggio fu tremendamente lungo per Johanna, sebbene tutti furono mandati a casa un paio d'ore prima del solito. Bisognava prepararsi per la serata.

Quando lei e suo padre arrivarono a casa, sua madre era già arrivata e stava sistemando gli abiti da festa. Dopo qualche minuto arrivò anche Lenna. E così tutti si prepararono per la Mietitura, senza parlare o incrociare gli sguardi.

L'ora di uscire arrivò fin troppo in fretta, a dispetto del resto del pomeriggio. La signora Mason finì di pettinare i capelli a Johanna. "Sei bellissima" disse. Johanna fissò la propria immagine allo specchio e "bellissima" era l'ultima parola che le sarebbe passata di mente. Non che fosse brutta, ma non si era mai piaciuta fisicamente. Non che le interessasse granché, ma come al solito la cosa sembrava importare molto di più alla madre.

La loro casa non distava molto dalla piazza davanti al Palazzo di Giustizia, perciò non ci misero molto a raggiungerla. "Andrà tutto bene, vedrai" disse la signora Mason abbracciando la figlia. Johanna rispose all'abbraccio un po' più energicamente di quel che avrebbe voluto. "Ci rivediamo dopo" disse il padre. Lenna si limitò a sorridere e a scambiare un veloce abbraccio con la sorella, non trovando parole per attenuare quell'ansia che anche lei aveva provato più volte, fino all'anno precedente. Poi i tre si avviarono dietro le transenne riservate agli adulti, lasciando Johanna da sola a camminare verso il resto dei giovani del distretto.

Si mise in coda per la verifica delle presenze quando un gruppo di tre ragazzi suoi coetanei si posizionò subito dopo di lei. "Hey Svitata" le disse il più alto dei tre. "Taci, Robb" lo anticipò lei, prima che potesse aggiungere qualsiasi altra cosa. "Scommetto che te la stai facendo sotto dalla paura!" disse lui ignorandola. Gli altri due ragazzi ridacchiarono a quella battuta, mostrando però dei sorrisi che assomigliavano più a degli spasmi muscolari.

Johanna si limitò a fulminare i tre con lo sguardo. Mai quanto voi pensò. Trovava ridicolo e inconcepibile che perfino al momento della Mietitura avessero voglia di continuare con queste stupide battute infantili.

Una volta lasciato il campione di sangue, lasciò i tre alle sue spalle per dirigersi nella metà della piazza destinata alle ragazze. Entro pochi minuti erano tutti pronti e le porte del Palazzo di Giustizia si spalancarono, facendo uscire quattro persone che si accomodarono sul palco allestito per l'occasione. Primo fra tutti c'era il sindaco, un uomo piuttosto basso non molto amato fra la gente del distretto. A seguire c'erano gli unici due vincitori che il distretto 7 era riuscito ad avere nel corso degli anni: Lorens e Blight. Johanna non ne ricordava i cognomi. L'ultima persona era la donna più piccola che Johanna avesse mai visto. Il suo nome era Efelia e seguiva i tributi del distretto 7 fino a Capitol City da qualche anno ormai. La sua faccia era completamente coperta da uno strato di trucco di color rosa shocking e portava una parrucca di un argento brillante.

Efelia si avvicinò al microfono. "Benvenuti alla sessantottesima edizione degli Hunger Games! E possa la buona sorte essere sempre a vostro favore!" strillò battendo le mani a un ritmo frenetico. Nessuno dei presenti la imitò, a parte il sindaco che applaudì svogliatamente. Nei teleschermi partì l'inno a tutto volume, seguito dalla solita narrazione dei Giorni Bui e della nascita degli Hunger Games. Non appena lo schermò tornò nero, la paura prese lo stomaco di Johanna facendole salire la nausea.

"Ed ora" annunciò Efelia "vediamo chi saranno i fortunati tributi per quest'anno! Prima le signore."

Zoppicando su quei tacchi ridicolmente alti, si avvicinò alla boccia piena di bigliettini alla sua destra, vi infilò una mano dentro, mescolò qualche secondo e pescò un bigliettino.

Johanna chiuse gli occhi, cercando di controllare la respirazione. Dicevano servisse a controllare l'ansia.

Efelia aprì il bigliettino, lo lesse e annunciò a gran voce: "Johanna Mason!"

Johanna riaprì gli occhi. Li richiuse per qualche secondo, poi li aprì di nuovo. No, aveva sentito male. E allora perché tutti intorno a lei la stavano guardando? Poteva leggerlo nelle loro facce. Poteva vedere la loro soddisfazione, il loro sollievo che fosse la Svitata ad andare al macello e non loro. Da sopra al palco Efelia la indicò: "Sei tu, cara?"

Johanna non rispose, né si mosse fino a quando qualcuno da dietro non le diede una spinta che la fece sobbalzare. Un paio di Pacificatori arrivò per scortarla fin sopra al palco, lei non oppose resistenza. Non riusciva nemmeno a crederci. Dal palco vide sua madre trattenere le lacrime, abbracciata a suo padre. Sua sorella era seria, scura in volto. Cercò di tenere una postura diritta, un po' di dignità.

Nel frattempo Efelia aveva pescato il secondo nome. Johanna notò il ragazzo che l'aveva infastidita poco prima lanciarle uno sguardo maligno. Sperò che il nome fosse il suo.

"Hans Greenwood" chiamò la donna.

Quasi pensò Johanna. Il sorriso di Robb svanì poco alla volta, mentre uno dei suoi due amici veniva scortato dai Pacificatori sopra al palco.

"Bene, questo è tutto!" strillò Efelia. Il sindaco si alzò in piedi mentre l'inno ripartiva a tutto volume.

Johanna lanciò un ultimo sguardo alla sua famiglia e poi lei e il ragazzo vennero scortati nel Palazzo di Giustizia.

 

 

 

 Spazio autore:

Benvenuti nella mia fanfiction! E' la prima che scrivo, quindi non ho ancora molta esperienza e sono disponibile ad accettare qualunque consiglio da voi per aiutarmi a migliorare! Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e spero che continuerete a seguirmi (: Per adesso non posso che salutarvi, sperando di rivedervi nei prossimi capitoli, e chiedervi di lasciare una recensione alla storia. Mi aiuta molto a motivarmi per scrivere i capitoli successivi, quindi se siete impazienti di leggere come proseguirà la storia, recensite! Bene, grazie a tutti e a presto!

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Capitolo 2
*** La motivazione ***


Il treno viaggiava ad alta velocità verso Capitol City. Johanna osservava il paesaggio scorrerle davanti senza davvero prestare attenzione. Se ne stava lì rannicchiata nella sua poltroncina accanto al finestrino e lasciava vagabondare la mente. In quel momento ripensava all'ultimo saluto della sua famiglia, dato in quella minuscola stanzetta all'interno del Palazzo di Giustizia. Avrebbe custodito quel ricordo fino al momento in cui il suo cuore non avesse smesso di battere, nell'arena.

Per prima era entrata sua madre. Gli occhi gonfi e le guance rigate provavano che non era più riuscita a trattenere le lacrime. L'avevano seguita il marito ed infine Lenna. Johanna li aveva osservati tutti, uno alla volta, mentre tra loro scendeva un silenzio che nessuno riusciva a rompere. Sua sorella era pallida in volto, probabilmente si sentiva peggio di come si sarebbe sentita se fosse stato estratto il suo, di nome. Johanna aveva guardato negli occhi suo padre, che finalmente aveva rotto il silenzio. "Potresti farcela, sai?" aveva detto. Il suo tono sembrava quello di qualcuno che cercava di rassicurare un piccolo animale gravemente ferito e con ben poche speranze di sopravvivere. Probabilmente era così che vedeva sua figlia. Quelle parole erano sembrate incoraggiare sua madre, perché aveva annuito con forza. "Ce la farai, sappiamo che ce la farai. Sì." Continuava ad annuire.

Non ce la farò, aveva pensato Johanna. Inutile illudersi. Lei lo sapeva, forse in cuor suo non l'aveva ancora accettato ma l'avrebbe fatto presto. "Non credo di esserne capace…" aveva mormorato, abbassando lo sguardo. "JOHANNA!" Sua madre le era letteralmente saltata addosso. Le sue guance erano rosse almeno quanto i suoi occhi spalancati e iniettati di sangue. "Ce la farai. Tornerai da noi, anche se questo dovesse significare che dovrai ucc…" un singhiozzo l'aveva interrotta. "Non importa quanti ragazzini moriranno per mano tua. Non sarai tu ad averli uccisi. Non sarà mai colpa tua! Tu tornerai da noi! Promettilo!"

Anche Lenna aveva iniziato a piangere. Johanna non era riuscita a sostenere lo sguardo della madre e tacque. Lei aveva singhiozzato ancora una volta e l'aveva abbracciata forte. Johanna poteva sentire il suo cuore battere contro il proprio. Poi la signora Mason si era staccata ed era corsa fuori dalla stanza, incapace di sopportare ulteriormente la partenza della figlia. Suo padre si era quindi avvicinato e l'aveva stretta a sé, delicatamente. Era allora che i Pacificatori erano entrati, annunciando che era ora di partire. Lenna aveva avuto tempo solo per un fugace abbraccio. Mentre si allontanava per uscire dalla stanza, a Johanna era parso che le sue labbra le chiedessero scusa.

Era a questo che pensava. Sua sorella si sentiva in colpa per non aver potuto aiutarla. Si sarebbe offerta al suo posto, se avesse avuto in anno in meno? Forse. Ma era inutile pensarci. Niente "se", niente "ma", niente "forse". C'era solo una certezza: lei, Johanna, sarebbe morta.

"Non vuoi un dolcetto, cara?" chiese una voce indesiderata. Johanna puntò lo sguardo su Efelia, confusa. Le stava porgendo un biscottino ricoperto di glassa. Per un attimo si era dimenticata di non essere sola, in quel vagone. "Dolcetto?" insisté lei. Johanna la guardò peggio che poté e tornò a fissare fuori. Non voglio il tuo schifoso cibo. Efelia si allontanò con aria offesa.

Ma le sue riflessioni vennero interrotte di nuovo dalla porta scorrevole che si aprì, facendo entrare Hans, l'altro tributo proveniente dal suo distretto, e Blight, il loro mentore. Personalmente Johanna avrebbe preferito che fosse Lorens, l'altro vincitore del distretto 7, a fare da mentore, ma non aveva avuto voce in capitolo.

I due si sedettero sulle poltroncine di fronte alla sua. Lei li ignorò. "Allora…" partì Blight, dopo essersi schiarito la voce. Doveva avere poco più di trent'anni. Forse ne aveva qualcuno in meno, portato male. Johanna non ricordava quale edizione dei giochi avesse vinto. "Innanzitutto, vorrei dirvi di quanto mi dispiaccia vedervi qui con me, oggi. Tuttavia piangere sul bagnato è inutile, perciò è mio dovere cercare di aiutarvi in ogni modo possibile e, magari, riuscire a portare uno di voi due a casa. Perché, inutile girarci intorno, fra tre settimane almeno uno di voi due sarà morto e le probabilità che l'altro sia vivo sono piuttosto basse."

Mh, forse non è poi così male, questo Blight. Almeno non cerca di darci inutili speranze. Ora Johanna gli prestava attenzione.

"Sapete che nell'arena è quasi sempre presente un'alleanza tra i tributi Favoriti. Il primo consiglio che vi do è quello di restare uniti e, se riuscite, di formare una piccola alleanza con qualche altro tributo che vi ispira simpatia. Questa alleanza…"

Hans lo interruppe senza farsi molti riguardi: "Intendi dire che io dovrei passare il mio tempo nell'arena con lei?" Stava indicando Johanna. Lei gli lanciò uno sguardo di fuoco, che non sfuggì a Blight. "Qual è il problema?" chiese con voce tranquilla.

"Qual è il problema?" ripeté Hans con voce isterica. "Qual è il problema?? Il problema è che lei è pazza! Parla perfino da sola! L'ho vista! Come una psicopatica. Non voglio avere niente a che fare con lei, non mi sarebbe altro che un peso. E' solo una sfigata. Quando morirà nessuno sentirà nemmeno la sua mancanza. Infatti, voglio prepararmi agli Hunger Games separatamente da lei. Già da ora!"

Nella foga del suo discorso si era alzato in piedi. Johanna si era rammaricata quando il nome estratto alla Mietitura non era quello di Robbs, ma in quel momento capì che Hans non faceva poi così tanta differenza. Prima di farmi ammazzare da qualche energumeno armato di ascia, ti verrò a trovare nel sonno e non ti piacerà, promise.

Blight si concesse diversi secondi per riflettere su quelle parole. "D'accordo" disse infine. "Verrete preparati separatamente. Hans, aspettami nell'altro vagone. Appena avrò finito con Johanna ti raggiungerò". Il ragazzo rimase spiazzato da questa risposta. Evidentemente si aspettava di trovare una certa resistenza da parte del mentore. Un po' stordito, si diresse verso il vagone adiacente.

Il minuto seguente passò nel silenzio, mentre Blight studiava attentamente Johanna. La fissava intensamente e a lei questo non piaceva neanche un po', ma non ci pensava nemmeno lontanamente di parlare per prima.

"E' vero?" chiese infine Blight. "Vero cosa?" rispose lei con tono scocciato. "Che sei pazza". Johanna sbuffò, esasperata. "Se vuoi credere a quell'idiota, fai pure." Non ho minimamente intenzione di starli ad ascoltare mentre mi offendono nei miei ultimi giorni di vita. "Anzi, perché non vai già di là ad aiutare il tuo preferito con qualche tuo geniale piano che lo condurrà alla vittoria?" gli disse. Il suo tono era davvero irritante ma Johanna se ne fregò. Cosa importava, ormai?

"Credi che io preferisca lui?" chiese Blight. Era una domanda sincera che non lasciava trapelare quali fossero i suoi veri pensieri. Johanna scrollò le spalle, "Certo. Altrimenti perché avresti accettato la sua richiesta di allenarci separatamente?"

"Vuoi sapere perché?" rispose lui. "Perché il modo in cui l'hai guardato non appena ha aperto bocca mi ha assicurato che se avessi insistito a farvi rimanere insieme nell'arena tu l'avresti pugnalato alle spalle appena si fosse presentata l'occasione". Johanna ridacchiò. Aveva ragione. Non era davvero male questo Blight. "Allora" continuò il mentore, "tu quale tattica vorresti mettere a punto per vincere?"

Vincere? Puntava molto in alto, considerando il discorsetto che aveva fatto poco prima riguardo a chi sarebbe stato vivo e chi no dopo tre settimane. "Non c'è modo che io vinca. E' inutile perdere tempo e illudersi di potercela fare."

"E' vero quello che ha detto Hans? Nessuno sentirà la tua mancanza quanto morirai nell'arena?" chiese Blight. Quelle parole avevano colpito come una stilettata i sentimenti di Johanna. E lo fecero anche adesso. "Ho la mia famiglia, ma credo che deluderò anche loro. Loro vorrebbero che vincessi. A parte loro…" cercò di pensare a qualcun altro che tenesse a lei, nel suo distretto. O almeno a qualcun altro a cui lei tenesse. Qualcuno che potesse fare il tifo per lei, vedendola sugli schermi. Nessun nome le sfiorò la mente, in nessuno dei casi.

Solo in quel momento si rese conto di quanto dovessero essere felici gli altri ragazzini a vedere la Svitata battersela al posto loro in un'arena piena di insidie e nemici. Di quanto dovessero sentirsi sollevate le loro madri. Di quanto dovesse soffrire la sua famiglia per quello che gli altri pensavano di lei. E solo in quel momento capì anche il desiderio di sua madre di vederla socializzare con gli altri ragazzi.

Se dovessi morire nell'arena… nessuno ne sarebbe dispiaciuto. I miei familiari sarebbero delusi. Mia madre mi ha chiesto di vincere. Io ho scelto di abbandonarli. Che razza di figlia sono allora? Chi mai vorrebbe una figlia come me?

Non sarebbe andata così. No, avrebbe fatto rimangiare i ghigni a chi l'aveva derisa. Avrebbe fatto rimpiangere a Hans di essersi fatto una nemica. Avrebbe fatto onore alla sua famiglia. Si sarebbe riscattata.

"Nessuno sentirà la mia mancanza. Nessuno mi piangerà perché… io non morirò. Vincerò gli Hunger Games". Blight sorrise, soddisfatto per aver fatto trovare una motivazione al suo tributo.

Vincerò. Lo prometto, mamma.

 

 

 

 Spazio autore:

Ok, mi sarei aspettato che questo capitolo fosse noioso dato che non succedono molte cose… ma in realtà mi sono divertito a scriverlo! E' stato un viaggio all'interno di molti personaggi, non solo della protagonista. Spero che anche voi apprezzerete :)

Fatemi sapere cosa ne pensate! Se avete consigli su come potrei migliorare la storia o il mio stile non esitate a lasciare una recensione!

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Capitolo 3
*** L'intervista ***


Quella sera Caesar Flickerman era ammaliante e travolgente, come sempre. Per quell'edizione dei Giochi i suoi capelli, come pure le sopracciglia, le palpebre e le labbra, erano di un denso color porpora.

"Signore e signori, benvenuti alle interviste con i tributi della sessantottesima edizione degli Hunger Games!" tuonò la sua voce amplificata tanto da spaccare i timpani. La folla esultava e batteva le mani, eccitata per la serata, quella precedente all'inizio dei Giochi.

Johanna sedeva con gli altri tributi su delle poltroncine sistemate sul palco a forma di semicerchio. Lei era quasi in una posizione centrale. Alla sua destra c'era Hans, il suo odioso compagno di distretto. Non si erano più parlati da quando lui in treno aveva chiesto a Blight di essere preparato separatamente. Be', non che prima si parlassero molto.

Johanna indossava uno spartano abito aderente di un verde orribile. La sua stilista era un'incapace. A Johanna non era mai importato della moda, ma dopo che alla sfilata dei tributi le era stato imposto di vestirsi di foglie e corteccia, si rese conto che perfino lei avrebbe potuto fare un lavoro migliore di quella donna incompetente che si faceva chiamare stilista. Perciò anche se normalmente a Johanna non sarebbe importato granché del vestito che portava, in quel momento lo detestava con tutta se stessa, solo per il fatto che l'avesse disegnato quella idiota. Fortunatamente aveva un mentore abbastanza furbo da compensare, anzi, approfittare di questa carenza. Blight infatti le aveva suggerito una strategia che a lei era piaciuta fin da subito. Avrebbe dovuto mostrarsi il più possibile ingenua e incapace di fronte al pubblico, in modo da non attirare l'attenzione in nessun modo. Certo, questo non avrebbe avvicinato nessuno sponsor, ma nell'arena avrebbe mostrato le sue vere potenzialità e l'effetto sorpresa avrebbe sicuramente conquistato gli spettatori. Era una tattica subdola e astuta, proprio come piaceva a Johanna: le avrebbe permesso di guadagnarsi la propria rivincita. Ammesso che riuscisse a non morire nel bagno di sangue e a cavarsela da sola nell'arena. Ma lei non era troppo preoccupata di questo. Conosceva bene le tecniche di sopravvivenza e durante l'addestramento a Capitol City aveva imparato anche qualcosa di nuovo. Aveva tenuto un basso profilo in quei giorni e nessuno, come aveva sperato, l'aveva degnata di molta attenzione. Non aveva utilizzato le asce, con cui aveva molta familiarità, e si era più che altro concentrata su mimetismo e trappole, che sarebbero di certo tornati utili. Qualche volta era andata a tirare con l'arco, cosa in cui era negata, giusto per mostrare a tutti quanto imbranata fosse. Nessuno dunque le aveva proposto di formare un'alleanza e lei di certo non ne aveva cercate. Dopo il 4 ottenuto alla sessione privata aveva avuto la certezza che nell'arena sarebbe stata completamente sola. Perfetto così, un alleato le sarebbe stato solamente d'intralcio.

A quanto pare però Hans la pensava diversamente. Aveva inizialmente tentato di entrare nel gruppo dei Favoriti, quell'imbranato. Ovviamente era stato respinto, dato che non sapeva maneggiare una spada né tenere una lancia come si deve e il suo numero con le accette lanciate contro i manichini non era stato troppo convincente. Era riuscito però, chissà come, a formare una qualche intesa con i due tributi del Distretto 4, Phelip e Natasha. Nonostante la loro provenienza, questi non avevano nemmeno cercato di unirsi ai Favoriti. Johanna l'aveva trovato un po' insolito, ma in fondo era peggio per loro e tutto di guadagnato per lei. Di certo non avrebbe cercato di convincerli a cambiare idea.

Il suo flusso di pensieri venne interrotto dalla presentazione del primo tributo della serata, Wendie Hedgecombe, la ragazza proveniente dal Distretto 1. Johanna l'aveva osservata molto attentamente durante l'addestramento, come pure tutti gli altri tributi. Aveva cercato di memorizzare provenienza, punti di forza e punti deboli di ognuno. Wendie era molto agile e un asso con i pugnali. In particolare Johanna era rimasta impressionata dalla sua tecnica nell'usare un lungo e sottile stiletto, che la Favorita aveva conficcato con forza nella testa di un manichino, proprio all'altezza dell'occhio. Nell'intervista si mostrò affabile ma determinata. La sua mano che correva un po' troppo spesso a lisciare i suoi capelli castani tradiva una certa agitazione.

Subito dopo toccò a Murray Mills, il secondo Favorito del Distretto 1. Aveva un fisico slanciato e asciutto, sicuramente resistente. La lancia era il suo forte, ma anche con la spada ci sapeva fare. Gli occhi gli brillavano di convinzione mentre intratteneva il pubblico con qualche barzelletta. Era convinto e sicuro di vincere e avrebbe senza dubbio ucciso per riuscirci.

I tributi del Distretto 2, Chester e Kassandra, non furono da meno. Johanna ricordava come avevano ridotto i manichini della sala d'addestramento in solo quindici minuti di allenamento con le spade. Non erano rimasti che brandelli di stoffa, che coprivano il pavimento l'intera postazione.

Toccò poi ai ragazzi del distretto successivo. Johanna non li reputava molto pericolosi poiché erano entrambi molto giovani. Di certo quell'anno la sorte non era stata dalla parte del Distretto 3.

Toccò poi a Phelip e Natasha, per poi passare ai due tributi provenienti dal Distretto 5. Si somigliavano molto, sarebbero potuti sembrare fratelli. Ma da quel che Johanna aveva capito non lo erano, anche se sembravano andare piuttosto d'accordo tra loro. Questo era davvero qualcosa di inconcepibile, per Johanna. Come potevano ritenersi amici nonostante dovessero combattere magari fino al punto di doversi uccidere l'uno con l'altro? Lei era più che contenta di detestare Hans.

Il tempo passò e venne data la parola al tributo seduto a sinistra di Johanna. "Dal Distretto 6, Barret Delroy!" annunciò Caesar raggiante. Il pubblico ruggì nel sentire il nome di uno dei potenziali vincitori di quell'edizione.

Johanna posò lo sguardo sul proprio vicino. La poltroncina su cui sedeva sembrava davvero troppo piccola per la sua mole. Aveva 18 anni, sfiorava i 2 metri di altezza e probabilmente pesava più di due Johanna messe assieme. Lei davvero non riusciva a spiegarsi come potesse essere cresciuto così tanto. Nel suo distretto non aveva mai conosciuto nessuno con un fisico del genere. A confronto, Murray Mills sembrava un passerotto.

"Allora Barret" cominciò Caesar, "Immagino che tu ti senta pronto per l'arena!" esclamò porgendogli il microfono. Barret lo osservò impassibile, senza dire una parola. Caesar non si scompose e ridacchiò. "Voglio dire, per un ragazzo della tua stazza non dev'essere difficile aspirare alla vittoria! Sei convinto di poter vincere quest'edizione?". Gli porse nuovamente il microfono. Barret questa volta rispose, forse perché la domanda gli era stata posta in maniera diretta. "Sì." Osservò il pubblico con i suoi occhi neri. "Decisamente".

"Aha! Certo che sì!" esclamò Caesar soddisfatto. "Dimmi, giovanotto, è vero che tuo padre è il sindaco del Distretto 6?" "Sì."

Beh, pensò Johanna, questo spiega il fatto che non sia un morto di fame.

"Oh, un saluto al sindaco che ci starà guardando! E come ha reagito la tua famiglia all'estrazione del tuo nome alla Mietitura?" continuò Flickerman. "Non bene" fu la risposta. Di certo la loquacità non rientrava nelle qualità di Delroy, ma non ne aveva bisogno a giudicare dagli incitamenti del pubblico. "E dimmi, che lavoro facevi nel tuo distretto? Come passavi le giornate?". "Lavoravo in un'officina."

Ah, fu il commento di Johanna. Ecco perché ci sa fare con gli attrezzi. Ricordava di averlo visto roteare un pesante martello e fracassare due manichini in un colpo solo, all'addestramento. Quel numero gli era valso l'alleanza con i Favoriti.

L'intervista proseguì con ancora qualche domanda a cui Barret si limitò a rispondere con monosillabi. L'immagine che si era costruito era perfetta per gli abitanti di Capitol City. Johanna era certa che fra tutti era quello che aveva convinto più sponsor, fino a quel momento.

"Ed ora un caloroso saluto per il primo tributo del Distretto 7! Johanna Mason!" annunciò Caesar.

Johanna si sentì stringere le viscere. Non doveva sbagliare, doveva recitare bene la sua parte. Il pubblico applaudì in modo non troppo entusiasta. Probabilmente avrebbero preferito sentire qualche domanda in più per Barret Delroy, piuttosto che per la ragazzina dal Distretto 7 che aveva ottenuto un misero punteggio nella sessione privata. Ottimo, pensò Johanna. Essere intervistata subito dopo quell'energumeno l'avrebbe messa ancor più nell'ombra, tutto di guadagnato per la sua strategia.

"Wow, Johanna!" disse Caesar accompagnando l'esclamazione a un gesto della mano, come per mostrare a tutti la ragazza di fronte a lui, "hai un vestito splendido stasera!". Johanna per un attimo rimase basita. Sta scherzando, spero. Si riprese in fretta però. "Grazie, Caesar! Tutto merito della mia talentuosa stilista! Un applauso per lei!" disse Johanna rivolgendo il sorriso più falso che poté nei confronti di colei che l'aveva conciata in quel modo. La vide nella tribuna d'onore arrossire d'orgoglio e fare un inchino al pubblico, prendendosi gli applausi di approvazione. Stupida vecchia. Ma almeno le stava rubando l'attenzione della platea, a qualcosa era servita. "Certo, complimenti a lei!" le fece eco Flickerman. "Ma veniamo a te. Di cosa ti occupavi nel Distretto 7?". "Oh, accompagnavo mio padre a lavorare come taglialegna. Niente di molto interessante, in verità" rispose. Evitò di menzionare la forza che ci metteva nello spaccare quei ceppi d'albero. "In effetti, non sembra un lavoro molto stimolante!" commentò Caesar. Il pubblicò fu d'accordo con lui, ridacchiando sommessamente. Certo, invece farsi conciare la faccia come usate fare voi è la cosa più stimolante al mondo! "C'era qualche lavoro che ti sarebbe piaciuto fare da grande?" continuò lui. "Uhm… non direi, no" rispose Johanna. Caesar parlava come se la morte di Johanna fosse ormai cosa certa. "Sicura? Secondo me saresti perfetta come acconciatrice! Una ragazza dolce come te attirerebbe un sacco di clienti!" insisté Caesar. "Oh, no non credo proprio! Sono troppo timida" disse Johanna con un tono talmente innocente che sorprese perfino se stessa. "Ahaha!" rise Flickerman, "Be', se mai vincerai questi Giochi e aprirai un salone di bellezza, sarò il tuo primo cliente!" tagliò corto infine. "Beh, Johanna, buona fortuna per domani. Un grande applauso per Johanna Mason!"

Il pubblico reagì in modo abbastanza entusiasta, ma probabilmente solo perché stavano per conoscere un nuovo tributo. Sì, Johanna poteva vederlo, mentre Hans parlava con Caesar Flickerman. Il pubblico l'aveva già dimenticata. L'aveva già classificata come uno di quei tanti tributi poco capaci che concludono la propria esistenza con una spada conficcata nel petto davanti alla Cornucopia, nei primi minuti dal via.

Ma si sarebbero ricreduti.

I veri Giochi iniziano domani.

 

 

 

 Spazio autore:

Ok anche questo capitolo è concluso! Mi ci è voluto parecchio per scriverlo perché mi mancava completamente l'ispirazione! A mio parere la parte precedente all'arena non è molto entusiasmante, perciò ho tagliato la parata, l'addestramento e la sessione privata e ne ho riassunto in questo capitolo le parti importanti. Spero non me ne vogliate per questo!

Bene, spero allora che questo capitolo vi piaccia e che non sia risultato troppo noioso per via delle molte digressioni iniziali! Se però proprio non vi è piaciuto, spero di rifarmi con il prossimo, nel quale si entra nel vivo della gara. L'arena si avvicina!

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Capitolo 4
*** L'arena ***


Giorno 1

Johanna era con Blight, lui la stava accompagnando alla terrazza del Centro di Addestramento. L'hovercraft era lì, pronto per partire, ed era l'ora. Mentre camminavano stavano in silenzio, probabilmente troppo agitati per parlare. Perché Johanna poteva sentire che anche Blight era in ansia. Per lui quello era il suo primo anno come mentore, prima non se l'era mai sentita. All'apparenza poteva sembrare un uomo ottimista e incoraggiante, ma Johanna l'aveva visto più volte con lo sguardo perso e un bicchiere pieno di un qualche alcolico forte, la sera. Lei sapeva che ripensava ai suoi giochi, alle sue vittime e ai 23 giovani che sarebbero morti nelle settimane successive. Il suo sguardo sembrava suggerire che avrebbe preferito essere morto in quell'arena, invece di condurre altri due ragazzi a quel terribile destino. Eppure per qualche motivo lui era lì, aveva creduto in Johanna e le aveva dato fiducia. Nessuno l'aveva mai fatto prima, famiglia a parte.

Arrivarono alla porta che conduceva alla scala a chiocciola e poi al terrazzo. "E' l'ora dei saluti" disse Blight sorridendo. Mise le mani sulle spalle di Johanna e i loro sguardi si incrociarono per qualche secondo. "Saprai cavartela" le disse. Johanna non seppe cosa dire, perciò si limitò ad annuire. "Bene, devo andare a prendere Hans ora" disse lui, indietreggiando un po'. "Buona fortuna." Dopo qualche secondo aveva girato l'angolo ed era sparito. Probabilmente Johanna non l'avrebbe più rivisto. Non l'aveva mai ringraziato per essere stato così gentile con lei… Si scrollò di dosso quei pensieri negativi. Vorrà dire che ho una ragione in più per tornare!

Uscì in terrazza e con non poco disgusto trovò ad aspettarla la sua stilista. L'hovercraft era già lì, pronto per partire. Le venne inserito il localizzatore nel braccio e poi salirono a bordo. Il viaggio non durò molto, meno di venti minuti. Scesero dal velivolo e subito vennero scortate fino alla Camera di Lancio. La stilista offrì a Johanna del cibo, ma lei aveva lo stomaco chiuso e accettò solamente un bicchiere d'acqua. Poi le fece indossare la tuta dei tributi, che per quell'edizione consisteva in una felpa, un paio di pantaloni lunghi piuttosto larghi ma comodi e pratici, degli scarponcini e una giacca a vento. Un abbigliamento forse per un ambiente freddo, ma in realtà sarebbe risultato adatto a un sacco di scenari diversi. I saluti tra le due furono piuttosto distaccati e Johanna non si era mai sentita così sola in vita sua.

A trenta secondi dall'inizio, la porta per la piattaforma si aprì e una voce automatica invitò Johanna ad entrare. Non potendone più dell'agonia dell'attesa, lei vi si diresse a passo veloce. A dieci secondi la porta si chiuse, nascondendo la stilista dalla sua vista, e la pedana iniziò a sollevarsi. Poco dopo Johanna era nell'arena.

La voce di Claudius Templesmith rimbombò ovunque: "Signore e signori, che i sessantottesimi Hunger Games abbiano inizio!!"

La prima cosa che Johanna sentì fu il fragore di una cascata alla sua sinistra e subito dopo la sensazione pungente del vento freddo che le scompigliava i capelli. Nonostante fosse all'incirca mezzogiorno la luce era piuttosto fioca. Il cielo era coperto da pesanti nuvole che preannunciavano l'imminente arrivo di un temporale. Si guardò rapidamente intorno, ignorando i due tributi che aveva ai lati e concentrandosi piuttosto sulla natura dell'arena. Sembrava essere una valle: davanti a lei, oltre la Cornucopia, e alle sue spalle si ergevano delle alte montagne rocciose con picchi minacciosi. Le due catene montuose si congiungevano alla sua sinistra, chiudendo la valle proprio in corrispondenza della cascata. Questa era alta almeno cinquanta metri e sebbene fosse piuttosto distante dalla Cornucopia, Johanna sentiva degli schizzi d'acqua arrivarle fino alla faccia. Dalla base della cascata si originava un torrente impetuoso, che scendeva a valle dal lato opposto della Cornucopia rispetto a dove si trovava lei, alle spalle dei tributi che le stavano di fronte. Lo seguì con lo sguardo e i suoi occhi si illuminarono: alberi! Dall'altra parte del torrente, a qualche centinaio di metri di distanza, c'era un rigoglioso bosco con un'estrema varietà di piante. Lei conosceva gli alberi come le proprie tasche, doveva assolutamente raggiungere quel bosco! Peccato solo che ci fosse un torrente in piena da oltrepassare. Dal suo lato rispetto al torrente, invece, le montagne proseguivano a perdita d'occhio, però addolcendosi man mano e ricoprendosi di un verde manto d'erba puntellato da rocce di dimensione variabile, ma niente alberi.

Metà del minuto a disposizione era già trascorso probabilmente, perciò passò ad esaminare la Cornucopia. Come al solito traboccava di armi, cibo e attrezzi vari, tra cui tende da campeggio e (Johanna non capì bene cosa fosse) un barbecue. Fra le armi notò subito un grosso martello con l'impugnatura in legno. Barret Delroy, alla distanza di qualche tributo alla sua sinistra, lo aveva già puntato. C'erano anche un paio d'asce e delle accette, che lei avrebbe tanto desiderato prendere. Ma era troppo rischioso.

Quando suonò il gong, girò i tacchi e iniziò a correre verso i pendii verdeggianti alla sua destra. Non prese niente, nemmeno uno di quegli zaini sparpagliati per terra o una pagnotta di pane. Blight era stato molto chiaro in questo: doveva uscire viva dal bagno di sangue e per essere sicuri di ciò doveva fuggire immediatamente. Sarebbe stata affamata e disorientata, ma pur sempre viva. Il fragore della cascata copriva ogni altro suono, ma Johanna sapeva che il combattimento era iniziato e che qualcuno era già morto. Sperò che quel qualcuno fosse Hans. Continuò a correre in salita senza voltarsi e pian piano il rumore della cascata lasciò spazio al suo fiato ansimante e ai suoi passi pesanti. Non doveva fermarsi: quell'area era priva di alberi e di ripari e voleva superarla il prima possibile.

Dopo quello che le sembrò un tempo infinito raggiunse una grossa roccia in mezzo a quel prato, abbastanza grande da poterla nascondere dalla vista, perciò ne approfittò per sedersi dietro di essa e riposare. Dopo aver recuperato il fiato osò guardare verso la Cornucopia, che a suo rammarico non era poi così lontana così come le sarebbe piaciuto, ma pur sempre a distanza di sicurezza. Il combattimento sembrava ormai concluso e Johanna poteva scorgere delle figure spartirsi il bottino della Cornucopia. Quello grosso era senza dubbio Barret. Attorno a loro giacevano i corpi delle prime vittime. Distolse lo sguardo, disgustata da quei giochi e da tutta Capitol City, e riprese a camminare. Percorse tutto il pendio e pian piano, mentre ne seguiva la rotondità, la Cornucopia sparì dalla vista, dietro al fianco della montagna. Il cannone infine cominciò a sparare.

Boom! Boom! Boom! Boom! Boom! Boom! Boom! Boom! Boom! Boom! 

Dieci colpi. Dieci ragazzi morti.

Non appena l'ultimo colpo finì di riecheggiare, iniziò a piovere. Prima cadde solo qualche gocciolina qua e là, ma presto la pioggia aumentò d'intensità e Johanna cercò di ripararsi come poteva con la sua giacca a vento. Doveva trovare un riparo.

Notò due rocce, appoggiate l'una all'altra lasciando un certo spazio tra di loro, non molto distante e decise di dirigersi lì. Lo spazio là sotto era stretto e scomodo, ma era sempre meglio che stare all'aperto. Mentre ci si infilava dentro, Johanna notò con piacere che qualcuno prima di lei aveva approfittato di quel riparo. Un buco nascosto nella penombra faceva da entrata alla tana di una marmotta. Sarebbe potuta essere una buona cena, se solo Johanna avesse avuto un coltello. Represse la delusione per quell'occasione perduta e cercò di trovare comunque un lato positivo. La pioggia aveva reso il terreno fangoso e molle, perciò scavando e allargando il buco di quella tana probabilmente Johanna sarebbe riuscita a farne un discreto giaciglio per la notte. Si mise subito all'opera e nel frattempo la pioggia continuò a battere sempre più insistente.

Dopo un buon quarto d'ora e dopo essersi procurata un leggero mal di schiena dovuto alla posa scomoda e un paio di mani ben infangate, il suo giaciglio era pronto. La tana si era alla fine rivelata essere molto piccola e soprattutto vuota, perciò in ogni caso non ci sarebbe stata una marmotta per cena. L'acqua però sgorgava dalle fessure tra le rocce cadendole addosso e inzuppandola fino al midollo e Johanna decise di provare a limitare le infiltrazioni stendendovi sopra la sua giacca a vento. Se la sfilò e fece per uscire dal suo riparo quando udì dei passi affrettati a pochi metri di distanza. Si acquattò subito sotto la roccia, col cuore che batteva a mille. Maledizione! imprecò a denti stretti. Con tutta quella pioggia non aveva sentito arrivare quel tributo e ora poteva solo sperare che lui o lei non si accorgesse della sua presenza. Dopo qualche secondo scorse una figura passare di corsa proprio di fronte a lei, inciampare su una roccia mimetizzata tra il fango e cadere di faccia sull'erba con un suono sordo. Non fece nemmeno in tempo ad alzarsi che un sibilo sferzò l'aria e una lancia si conficcò nella sua schiena. Il cannone tuonò distante oltre la pioggia.

Johanna rimase in attesa nel suo nascondiglio, con il cuore che ancora batteva all'impazzata, era convinta si sarebbe di certo sentito se non fosse stato per il rumore della pioggia scrosciante. Non passò molto prima che altri due tributi facessero la loro comparsa e si piazzassero esattamente davanti alle due rocce sotto cui stava Johanna, dandole però le spalle.

"Buon lancio" disse una ragazza senza qualsiasi entusiasmo. "Grazie, Wendie!" rispose l'altro, un ragazzo, chiaramente lusingato dal complimento. Johanna trattenne il respiro a sentire quel nome. Dovevano essere i due Favoriti del Distretto 1, Wendie e Murray. "Ora andiamocene e torniamo dagli altri, sono bagnata fradicia" disse lei. "Non vuoi recuperare i tuoi coltelli?" chiese Murray, "pensavo che fosse questo il motivo per cui l'hai inseguito fin qui!". "Ho dei coltelli migliori, giù al campo" rispose Wendie, "non ho bisogno di quelli che mi ha preso, lasciamo pure che li recuperino con l'hovercraft." Murray sembrò accigliato, "Potevamo lasciarlo fuggire allora, non rappresentava comunque un gran pericolo e probabilmente sarebbe morto in un giorno o due per qualche altro motivo". Wendie si voltò a guardare il suo compagno. "Prima finiscono questi giochi, prima torniamo a casa. E per far finire i giochi, bisogna uccidere. E ora andiamo, o rischieremo di prenderci una polmonite!"

Johanna li vide allontanarsi e ben presto non li udì più. Probabilmente sarebbe stato più prudente attendere ancora qualche minuto, ma doveva assolutamente dare un'occhiata al corpo abbandonato prima che arrivasse l'hovercraft. Balzò fuori dalle rocce e si avvicinò al tributo senza vita. Lo voltò mettendolo a giacere su un fianco e lo riconobbe come il giovanissimo ragazzino del Distretto 3, anche se non ne ricordava il nome. Provò un po' di pietà per lui, ma la soffocò subito. Non poteva permettersi certi sentimenti mentre era nell'arena. Per quanto ne sapeva lei, quel ragazzino l'avrebbe potuta uccidere se ne avesse avuto l'occasione. Quello che aveva davanti era un nemico e i due Favoriti le avevano appena fatto un piacere uccidendolo. Tra le mani il ragazzino stringeva uno zainetto da cui spuntavano le lame di due coltelli, probabilmente quelli che aveva rubato ai Favoriti. Sarà pure stato giovane, ma aveva fegato. Johanna gli strappò lo zaino dalle mani e lo spogliò della giacca a vento, poi lo lasciò lì e andò a coprire il suo rifugio con il giubbetto del ragazzino per limitare le infiltrazioni, mentre stese il proprio a terra per evitare di infangarsi durante la notte. Si sedette con la schiena appoggiata alla roccia e con un rapido sguardo all'esterno notò che il corpo era stato rimosso senza che lei se ne accorgesse.

Sospirò e cercò di non pensare a quel ragazzino che così provvidenzialmente le aveva procurato qualche arma utile, a costo della propria vita. Questi erano gli Hunger Games.

Non si vince provando compassione.

 

 

 

 Spazio autore:

Ecco qua, i giochi sono iniziati! Che ve ne pare dell'arena, vi piace? Fatemi sapere cosa ne pensate di tutto: personaggi, avvenimenti e ambientazione! Questo è il capitolo che ero più impaziente di scrivere e l'avevo in mente già da un po' di tempo. Adesso però in realtà non ho proprio idea di cosa succederà perché devo ancora pensarci bene. Appena avrò l'ispirazione ve lo farò sapere pubblicando il prossimo capitolo. A presto!

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Capitolo 5
*** La sera ***


Giorno 1

Johanna rimase rannicchiata sotto quelle rocce per un paio d'ore. Dopo aver steso le due giacche a vento (la sua e quella del ragazzino morto) per ripararsi alla meglio dalla pioggia, aveva ispezionato il contenuto dello zainetto che aveva ottenuto. Oltre ai due coltelli che il tributo del Distretto 3 aveva rubato ai Favoriti, aveva trovato un paio di confezioni di gallette di riso, una mela, una corda piuttosto robusta e una bottiglietta di plastica da mezzo litro, vuota, il che in realtà non era un grosso problema vista la pioggia che scendeva in quel momento. Aprì subito la bottiglia e la posizionò appoggiata a un sasso in modo che si riempisse d'acqua piovana. Le provviste erano sicuramente ben accette, anche se non sarebbero durate molto. La corda sarebbe potuta tornare utile, anche se al momento Johanna non aveva idea di come impiegarla. I coltelli le sarebbero serviti per cacciare e anche per combattere, anche se lei avrebbe preferito evitare scontri con gli altri tributi almeno fino a che non avesse trovato un'ascia decente. Con i coltelli non si trovava molto bene, erano leggeri e in un corpo a corpo avrebbero avuto la peggio contro una spada o un martello.

Finalmente la pioggia cessò e venne sostituita da qualche sporadica gocciolina che cadeva qua e là. Johanna recuperò la bottiglia, ormai stracolma, e la mise nello zaino. Nell'aria era forte l'odore di muschio e una leggera brezza fresca stava facendo congelare Johanna, che aveva i vestiti completamente fradici. Prima di rischiare di prendersi un raffreddore, se non di peggio, Johanna si sfilò la felpa e i pantaloni, senza farsi troppi problemi di pudore dovuti alle telecamere che erano sicuramente puntate su di lei costantemente. Non si era mai sentita imbarazzata del proprio corpo, non era nella sua natura. E poi qual era il peggio che sarebbe potuto capitare? Forse che un vecchio ricco abitante di Capitol City la trovasse indecente per essere così stranamente magra ma allo stesso tempo muscolosa e che rifiutasse di sponsorizzarla. Poco male, era consapevole che non avrebbe ricevuto alcun dono dagli sponsor ma sapeva di poter vincere anche senza di loro e dei loro stupidi soldi. Strizzò gli indumenti e li mise ad asciugare tra le rocce, in una posizione piuttosto nascosta alla vista ma sufficientemente esposta al vento. Per coprirsi indossò una delle due giacche a vento, che essendo impermeabili avevano resistito all'acqua. Era abbastanza lunga da coprirle le gambe fino alle ginocchia, quasi, tuttavia il freddo si faceva davvero sentire perciò decise di mettersi in moto per scaldarsi e fare un giro di perlustrazione della zona.

Si mise in spalla lo zaino e impugnò uno dei due coltelli, per sicurezza. Lasciò il suo rifugio e si diresse verso dove era venuta, camminando fino a che la Cornucopia non fu di nuovo visibile, non più nascosta dal versante della montagna. Non molto distante da essa, vicino alla riva del fiume, i Favoriti avevano montato un paio di tende e probabilmente quello era il loro campo base. Johanna notò una sola figura in piedi all'accampamento ma non riuscì a riconoscere chi fosse. Gli altri non erano in vista, probabilmente erano all'interno delle tende per decidere sul da farsi oppure erano già partiti per andare a caccia. La seconda ipotesi le sembrava più probabile, dato che Wendie sembrava molto determinata a finire i giochi al più presto. E questo non prometteva niente di buono.

Sarà meglio tornare al rifugio, pensò Johanna, così si incamminò per tornare indietro. Lungo la strada si rese conto che se, poche ore prima, i due Favoriti l'avessero scoperta per lei non ci sarebbe stato scampo. Nessuna via di fuga. Doveva trovare un altro posto per passare la notte, altrimenti avrebbe rischiato di rimanere intrappolata nella sua tana proprio come una marmotta inseguita da una volpe.

Giunta alle rocce constatò che i suoi vestiti non erano molto più asciutti di prima, perciò se li caricò in spalla sopra allo zaino, recuperò anche la seconda giacca e si avviò in salita, sperando di trovare un buon posto per accamparsi. Lo stomaco iniziava già a brontolare e si pentì amaramente di non aver toccato cibo nella Camera di Lancio. Prese la mela dallo zaino e la addentò. Per un attimo fu tentata di sputare il boccone, poiché la polpa del frutto era rossa almeno quanto la buccia. Non aveva mai visto una mela del genere, ma il sapore era gradevole e non particolarmente diverso da quello di una comune mela, perciò non sembrava essere un pericolo. Capitol City… Persino le mele devono seguire la loro ridicola moda!

Camminò per quasi un'ora intera e iniziò a calare la sera. Il cielo era ancora coperto, ma se fosse stato limpido Johanna era sicura che avrebbe potuto godersi un ottimo tramonto da lassù… da qualunque parte fosse l'ovest. Ormai cominciava a disperare di trovare un posto adatto, su quel pendio brullo pieno solo di tante inutili rocce, quando giunse sulla cima di una piccola altura dove notò un masso più grande degli altri. Decise di arrampicarvisi sopra per sfruttare degli ultimi minuti di luce e individuare un potenziale rifugio per la notte. Una volta raggiunta la sommità del masso si rese conto che proprio quello sarebbe potuto essere un buon luogo in cui accamparsi. La superficie della roccia era abbastanza piana e se Johanna fosse rimasta distesa sarebbe stata completamente invisibile a chiunque passasse lì accanto. Sarebbe rimasta scoperta ed esposta alle intemperie, ma il suo istinto le suggeriva che non sarebbe piovuto di nuovo. In ogni caso non vedeva molte alternative, perciò stese uno dei due impermeabili e vi si accomodò sopra. Finalmente i vestiti erano asciutti e li indosso volentieri, provando piacere nel sentire il tepore che già iniziava a caldarla. Mangiò un pacchetto di gallette, che la lasciò comunque con fame, ma decise di conservare la seconda confezione per l'indomani. Dovrò assolutamente andare a caccia, non posso continuare così.

Da quelle parti però non sembrava esserci molta selvaggina, o se c'era era particolarmente sfuggente. Sarebbe stato necessario spostarsi per potersi procurare del cibo. Ovviamente il luogo ideale sarebbe stato il bosco, oltre il torrente impetuoso. Però non aveva ancora idea di come attraversarlo. Si chiese dove si fossero rifugiati tutti gli altri tributi, a parte i Favoriti. Al momento del gong iniziale non le era parso di vedere molte alternative per la fuga, oltre alla direzione che aveva preso lei. Probabilmente le era sfuggito qualcosa, nella fretta. Forse c'era un passaggio per oltrepassare il torrente. L'indomani sarebbe andata a controllare, sebbene fosse molto rischioso tornare nelle vicinanze della Cornucopia.

La notte era calata nel frattempo e il cielo nuvoloso iniziava ad aprirsi, scoprendo ogni tanto qualche stella scintillante. L'inno risuonò improvvisamente e in cielo comparve il simbolo di Panem. Seguì l'elenco dei morti di quel primo giorno.

Il primo volto mostrato fu quello del ragazzo del Distretto 3, che era morto per mano di Murray davanti a Johanna quel pomeriggio. Poi toccò alla ragazzina proveniente dallo stesso distretto. Poi la ragazza del Distretto 6, la compagna dell'enorme Barret Delroy. Con un pizzico di delusione di Johanna il volto successivo non fu quello di Hans, ma quello della ragazza del Distretto 8. Seguirono i due tributi del Distretto 9 e il ragazzo del Distretto 10. Infine tutti quelli dei Distretti 11 e 12. Anno sfortunato, per i distretti più poveri… Johanna sbottò. Come se ci fosse un anno fortunato. La buona sorte non è mai a favore dei Distretti, ma solo di Capitol City.

Chiuse gli occhi e si rigirò, cercando di riposare almeno qualche ora. Nella mente faceva un riepilogo dei tributi sopravvissuti e cercava di ricordare i loro volti e ciò che sapeva di loro. Rimanevano i cinque Favoriti, i due tributi del Distretto 4 alleati con Hans, i due del 5, il ragazzo dell'8, la ragazza del 10 e lei, Johanna.

Tredici tributi ancora in vita, dodici ancora da uccidere.

Meglio dormire adesso, che domani si va a caccia.

 

 

 

 Spazio autore:

Ecco qui, non è un capitolo particolarmente movimentato ma mi sembrava necessario per fare il punto della situazione e per concedere alla nostra Johanna il tempo di organizzare le idee. A presto col prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** La fame ***


Giorno 2

La mattina seguente Johanna si svegliò all'alba con i crampi allo stomaco. Sempre che uno stato di dormiveglia continuamente interrotto dal minimo rumore potesse essere chiamato sonno. Aveva dormito al massimo un paio d'ore. Le dolevano la schiena e il collo a causa della roccia dura su cui era rimasta stesa tutta la notte. Le giacche sotto il suo corpo non avevano ammorbidito un bel niente e, anzi, le avevano fatto patire il freddo dato che aveva deciso di non indossarle per cercare di ammorbidire almeno un po' il suo giaciglio.

Il cielo quel giorno era sereno. Johanna grugnì rigirandosi su un lato. Sbirciò attorno a sé e non vide nessuno nelle vicinanze. Aspettò un paio di minuti, in allerta e ascoltando l'ambiente circostante. Trovò strana la completa assenza del cinguettio degli uccelli, a cui era abituata nel suo distretto. Finalmente decise che il luogo era sicuro e si concesse di sedersi, stiracchiando le braccia e le gambe. Tirò fuori dallo zaino la sua seconda e ultima confezione di gallette di riso e la finì tutta in meno in un minuto. E così se ne andavano le sue ultime provviste. Bevve qualche sorso dell'acqua che aveva raccolto il giorno prima e ne avanzò un po', in previsione della camminata che prevedeva di fare quel giorno.

Quest'acqua dovrebbe bastarmi per la mattina e forse dopo resisterei anche fino a stasera senza bere. Ma ho bisogno di riempire la bottiglia per domani. E a quanto ne sapeva, nell'arena c'era una sola fonte d'acqua. Spostò lo sguardo sull'impetuoso torrente che giù a valle ruggiva, separandola da quegli alberi verdeggianti che sperava tanto di riuscire a raggiungere. Era piuttosto sicura che nel lato dell'arena in cui si trovava lei non ci fossero altri ruscelli o stagni, perciò si aspettava che anche altri tributi assetati si sarebbero diretti verso il torrente. Sarebbe stato rischioso, ma necessario, e ne avrebbe approfittato per cercare un posto per guadare il corso d'acqua.

Raccolse le sue poche cose, indossò una giacca a vento e mise tutto il resto nello zaino. Scese dalla roccia e finì dritta con i piedi in una pozzanghera di fango, ancora umida dalla pioggia del giorno prima. Al momento imprecò sottovoce, ma poi le venne un'idea. Si guardò attorno e notò che quelle pozzanghere erano sparse un po' ovunque sul versante della montagna. Allora se ne fregò dell'igiene e iniziò a cospargersi gli abiti, la faccia e i capelli con il fango. Ci fece rotolare dentro anche lo zaino. Aveva imparato qualcosa nel Centro di Addestramento, alla piattaforma del mimetismo, ma quella non era un'arte che apprezzava e non aveva ottenuto risultati particolarmente buoni. Tuttavia quel mascheramento sarebbe bastato almeno a confonderla con l'ambiente circostante, se fosse stata vista da lontano e se non si fosse mossa, grazie alla numerosa presenza di quelle pozzanghere.

In marcia! Si diresse a valle ma non verso la Cornucopia, da dove era venuta, bensì nella direzione opposta, come il corso del fiume. Alla Cornucopia erano accampati i Favoriti, che probabilmente non erano ancora partiti per andare a caccia, e voleva tenersi il più lontano possibile da loro. Mentre scendeva lungo il versante passò vicino a due rocce che tra di loro formavano una strettoia nascosta da dell'erba alta. Quello poteva essere un buon posto per piazzare una trappola: l'addestratore a Capitol City le aveva spiegato che gli animali tendono a scegliere i percorsi più stretti e nascosti, piuttosto che quelli più esposti.

Decise quindi di fare una pausa e si sedette su un sasso tondeggiante. Tirò fuori la corda dallo zaino e con l'aiuto di uno dei due coltelli la spezzò a distanza di circa un metro da una delle due estremità in modo da ottenere una corda più corta. Questa Johanna la sfilacciò per ottenere degli spaghi più sottili che le sarebbero serviti per costruire il suo tranello. Era una delle trappole più rudimentali, ma era pur sempre efficace e, chissà, magari le avrebbe procurato la cena.

Una volta che Johanna ebbe finito, il sole era alto e lei aveva la gola secca per la sete. Si concesse di bere un sorso, ma non di più. Non voleva arrivare al torrente con la bottiglia completamente vuota, nel caso qualcosa le impedisse di rifornirsi d'acqua. Nell'arena non si era mai troppo prudenti. Quindi si rimise in marcia e nel primo pomeriggio raggiunse finalmente il torrente, mentre la fame tornava a farsi sentire. Il rumore dell'acqua che sbatteva sulle rocce si poteva udire già da centinaia di metri di distanza e questo portò Johanna ad essere molto più guardinga, dato che il rumore rendeva più facile per dei nemici avvicinarsi a lei senza farsi sentire. Lì a valle le rocce erano di dimensioni più piccole e non c'erano luoghi per nascondersi. Si guardò furtivamente attorno e iniziò a correre, per raggiungere l'acqua e tornarsene da dove era venuta il più in fretta possibile. Le mancava una decina di metri per arrivare al torrente che notò una figura, lontana alla sua destra. Il cuore di Johanna sobbalzò ed istintivamente rallentò il passo. L'altro tributo se ne stava lungo la riva, in piedi, e reggeva un legno sull'acqua. Probabilmente stava cercando di pescare. Poco dopo che Johanna lo vide, anche lei venne notata e il tributo ritirò subito la sua rudimentale canna da pesca e se la diede a gambe, fuggendo lontano da lei seguendo il corso del torrente, verso un'ansa non molto lontana. Mentre lo guardava correre Johanna lo riconobbe come il ragazzo del Distretto 8. Non aveva la minima intenzione di seguirlo, stanca e assetata com'era, perciò lo lasciò perdere e andò subito a prendere l'acqua. Riempì la bottiglia e la svuotò subito dopo nel giro di un paio di minuti, poi la riempì di nuovo e la mise nello zaino. Avrebbe preferito avere una bottiglia più capiente, ma invece doveva accontentarsi di avere solo quel mezzo litro di scorta. Voleva andarsene il più presto da lì, ma spese ancora un minuto per cercare un posto adatto ad attraversare il fiume. Dall'acqua non affioravano rocce su cui appoggiarsi e non c'era nessun tronco caduto che potesse fare da ponte. Se c'era un passaggio, non era lì. Johanna brontolò fra sé per la delusione.

Svelta com'era arrivata, si allontanò dal torrente e tornò sui suoi passi. La strada, ora in salita, sembrò lunga il doppio rispetto a quella mattina e la fame era aumentata, più aggressiva che mai. Dopo un paio d'ore di fatica e fiato grosso Johanna arrivò al punto in cui aveva piazzato la trappola. Estrasse un coltello e vi si avvicinò, speranzosa di aver catturato qualcosa. Scostò lentamente l'erba e la sua delusione si trasformò in rabbia quando vide la trappola vuota, ancora posizionata esattamente come l'aveva lasciata lei.

"Argh!" esclamò, tirando un calcio a un sassolino e lanciando il coltello a terra, impiantandolo fino all'impugnatura. Maledetti animali e maledetti giochi della fame! E maledetti anche quei porci che mi staranno guardando dai loro salotti a Capitol City, ingozzandosi con tutto quel loro maledetto cibo! Se la staranno proprio godendo gli Strateghi, a guardare la sfigata del Distretto 7 morire di fame!

Si sedette per terra, con il volto tra le mani. Respirò lentamente cercando di calmarsi. Il silenzio attorno a lei venne rotto solo da un sonoro brontolare del suo stomaco. Calma, Johanna, calma. Puoi resistere alla fame. E' solo il secondo giorno, hai mangiato da poco e puoi resistere.

Quando finalmente il suo cuore riprese a battere a un ritmo accettabile, si alzò in piedi, recuperò i lacci usati per fare la trappola, e tornò verso la roccia su cui aveva passato la notte. Mentre camminava il sole le aveva seccato il fango che si era cosparsa sulla pelle e che ora iniziava a ricadere a croste. Cercò qualche pozzanghera per spalmarsi un nuovo strato, ma anche quelle si erano asciugate durante il giorno. A causa della fame e della stanchezza procedette molto lentamente, tanto che quando arrivò alla roccia iniziava a farsi sera. Non posso continuare così, devo trovare da mangiare. Intanto, per riempirsi lo stomacò, bevve un po' d'acqua. Poi piazzò una trappola poco distante, sperando che durante la notte qualche animale decidesse di farsi una passeggiata.

Si arrampicò sulla roccia e si distese. Perfino quella superficie dura e appuntita sembrava comoda in quel momento. E se nemmeno domani dovessi prendere niente? si chiese. Non sono capace di pescare e ad ogni modo starmene in piedi in riva al torrente come quello dell'8 mi sembra una pessima idea. Sospirò. Fino a che non fosse riuscita a raggiungere il bosco, restava un'unica alternativa. Doveva fare visita all'accampamento dei Favoriti. Erano poche le edizioni precedenti in cui qualche tributo si era arrischiato a cercare di rubare le provviste dei Favoriti e ancora meno i casi in cui il tentativo era andato a buon fine. Ma quali alternative aveva?

Si svegliò di soprassalto quando l'inno risuonò nel cielo. Stanca e persa nei suoi pensieri, non si era nemmeno accorta di essersi assopita. Nessun morto quel giorno. Infatti non aveva sentito nessun colpo di cannone. Non passò molto tempo prima che Johanna si riaddormentasse.

Il suo sonno fu agitato e perseguitato da incubi in cui veniva scoperta dai Favoriti mentre cercava di rubare una cesta di frutta dall'aspetto decisamente succoso, o un tacchino arrosto, o uno di quei dolci elaboratissimi della capitale. E ogni volta che tentava di darsela a gambe, queste non rispondevano e si trovava immobilizzata, provando a correre, a camminare, perfino a strisciare, ma senza alcun risultato. E ogni volta Wendie Hedgecombe le era addosso, trapassandole il corpo con il suo lungo stiletto.

E allora Johanna si svegliava, sudata e tremante, solo per rendersi conto che non era Wendie ad accoltellarla, ma la fame.

 

 

 

 Spazio autore:

Bene, almeno c'è stato un po' più di movimento rispetto all'ultimo capitolo! Niente di eccezionale, lo so, ma le sorprese arriveranno per tempo non preoccupatevi. Insomma in questo capitolo Johanna è alle prese con uno dei nemici più temibili degli Hunger Games (ovvero la fame, come si potrà intuire dal titolo! ahah), tanto che infatti portano il suo nome. ma nel prossimo... forse qualcosa di peggio. (:
Vorrei anche spiegare il perché di questi due capitoli forse "piatti". Secondo me gli Hunger Games non sono solo costante lotta, spade, frecce, sangue, eccetera. Nel libro i 74esimi HG durano 18 giorni se non sbaglio e in molti di questi giorni non c'è nessun morto e i tributi devono solo lottare per sopravvivere in un ambiente ostile. Secondo me è importante mettere in evidenza anche questo fatto, che forse a volte viene dimenticato qui nelle fan fiction. Per vincere ci vuole pazienza, determinazione e volontà, oltre che la capacità di uccidere. Poi secondo me fare dei capitoli così "introspettivi" diciamo, aiuta a immedesimarsi meglio in Johanna e a vivere assieme a lei la sua esperienza. Voi cosa ne pensate? Nelle recensioni fatemi sapere se preferite che continui così, con qualche capitolo lento ogni tanto, oppure se preferite che li tagli, magari riassumendoli velocemente all'inizio di un capitolo più movimentato. Sono più che disposto ad accettare i vostri consigli! (:

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Capitolo 7
*** La ladra ***


Giorno 3

Era ancora buio quando ricominciò a piovere. Quando era suonato l'inno il cielo era limpido e si vedevano le stelle e invece non più di un paio d'ore dopo arrivarono le nuvole, improvvisamente. Si accumularono a una velocità innaturale e iniziarono a scaricare sull'arena talmente tanta acqua che Johanna era sicura che si sarebbe bagnata meno facendo un tuffo nel torrente. Si era svegliata alle prime gocce, tormentata dagli incubi e dai crampi allo stomaco, ma non aveva fatto nemmeno in tempo a mettersi in piedi che la pioggia era subito aumentata d'intensità. Cercò di indossare il più in fretta possibile entrambe le giacche a vento, recuperò lo zaino e si buttò dalla roccia su cui riposava. Atterrò sulla terra già ammorbidita dall'acqua e iniziò a correre in cerca di un riparo.

Cercò di fare mente locale per ritrovare le rocce sotto cui si era rifugiata il primo giorno. Dovrebbero essere da questa parte, ricordò. Però bastò solo qualche passo per metterla nel dubbio. O erano per di là? La pioggia rendeva tutto così difficile! Si voltò per tornare indietro e già non riconobbe più il posto. Ma se sono passata di qua un secondo fa?? si chiese, esasperata. A casa era sempre riuscita ad orientarsi nei boschi, le veniva facile ed era un'abilità di cui andava fiera. Trovarsi persa nell'arena a solo pochi passi da dove aveva dormito fino a pochi minuti prima l'aveva spiazzata e anche in un certo senso demoralizzata. Rimase qualche secondo a guardarsi intorno, disperata, cercando di trovare anche solo un punto di riferimento, ma tutto era offuscato dalla pioggia e il terreno cambiava rapidamente, rendendo irriconoscibili anche i sentieri più marcati. Si voltò verso dove supponeva che ci fosse la cima del versante della montagna e solo per caso lo notò.

Era un movimento, lento e costante, poco visibile nel temporale. Osservò meglio, ma non riusciva a capire. Forse è solo la pioggia… Ma poi lo notò di nuovo: C'è qualcosa che si muove sul terreno! No, non è sul terreno, sembra quasi… il terreno stesso. Iniziò a udire un rombo in lontananza. E allora capì. Fece giusto in tempo a correre di lato che una valanga di fango e rocce franò esattamente sul punto in cui stava pochi secondi prima. Travolse tutto ciò che trovò sulla sua strada e continuò a scorrere come un fiume in piena. Johanna la osservò con occhi sgranati per qualche minuto, stordita. Teneva gli occhi puntati su tutto quel fango, rendendosi conto che se solo avesse reagito un secondo dopo, il cannone avrebbe certamente sparato per lei quella notte. Nessuno l'avrebbe nemmeno sentito, con quel temporale. Quella sarebbe potuta essere la fine perfetta del tributo Johanna Mason, già dimenticato dai più e ricordato dal resto della gente come la ragazzina lagnosa del Distretto 7.

Johanna sorrise, lì in mezzo alla pioggia, e il suo cuore si gonfiò di speranza. Per una volta la buona sorte era stata a suo favore, ora toccava a lei concludere l'opera. E per la prima volta da quanto era nell'arena si sentì davvero in gioco, sentiva di poter vincere. Da quel momento in poi avrebbe fatto in modo di rendersi indimenticabile.

Voltò le spalle alla frana che continuava a scorrere verso valle e corse più lontano che poté sull'onda di quell'euforia che l'aveva pervasa per qualche secondo, sperando di trovare un altro riparo lungo la strada.

Il suo buon umore però non durò molto. Non riuscì a correre a lungo perché la stanchezza prese il sopravvento e fu costretta a riposare appoggiata a un masso non più grande di lei, con la pioggia che le inzuppava i vestiti. Poco dopo arriva anche qualche brivido di freddo e Johanna sentì che anche quelle poche forze che aveva recuperato la stavano abbandonando. Rimase appoggiata lì per ore, probabilmente. Non avrebbe saputo dire quante. Sapeva solo che quella sarebbe stata la notte più lunga di tutta la sua vita. Quando il sole sorse non si notò, perché le nuvole oscuravano tutta l'arena e la pioggia imperversava ancora inarrestabile.

Continuò così fino a metà mattina, quando finalmente il tempo migliorò. La pioggia cessò di colpo, quasi come era arrivata, e il cielo si rischiarò nel giro di pochi minuti. Sicuramente opera degli Strateghi, che sembravano essersi stancati del temporale. Il sole brillava spavaldo del cielo e Johanna dovette coprirsi gli occhi per la luminosità. Si lasciò riscaldare volentieri dalla luce, sebbene i brividi non passassero. Si sentiva la fronte scottare. Quando i suoi occhi si abituarono scoprì di essere per metà sprofondata nel fango, che le ricopriva interamente le gambe e buona parte del busto. Le ci volle una fatica immane per tirarsi fuori, si sentiva debole e dolorante. Si accasciò a terra, affannando, con gli occhi socchiusi. Era così morbido lì… ci sarebbe rimasta per sempre. Per un attimo dimenticò di essere nell'arena, della notte che aveva appena passato e dei brividi che aveva per tutto il corpo. Ma durò poco. Esattamente fino a che non aprì gli occhi e non guardò a sinistra.

A circa cinque metri da lei c'era una piattaforma metallica che le era vagamente familiare… Spostò lo sguardo più in là e il sangue le gelò nelle vene. La Cornucopia. Le piattaforme da cui erano partiti i giochi. E lì dietro le tende dei Favoriti. Il cuore cominciò a martellare come un treno nel suo petto e lei, più in fretta che poté, si rimise in piedi e iniziò a correre. Dopo qualche passo le gambe cedettero e finì con la faccia nel fango. In piedi, Johanna, IN PIEDI! Con un grugnito e con delle energie che venivano da chissà dove riuscì ad alzarsi e si accasciò dietro a un grosso masso non molto distante proprio nel momento in cui una delle due tende si apriva.

Johanna ansimava dietro la roccia e non osò guardare chi fosse uscito, non poteva rischiare di farsi notare. Come cavolo aveva fatto a non sentire il torrente, che era così rumoroso? Per non parlare della cascata! Non si era resa conto di aver corso così tanto. Probabilmente la discesa l'aveva ingannata sulle distanze. Cercò di calmarsi controllando la respirazione, ma il cuore non ne voleva sapere di rallentare. Vampate di calore le salivano su per la schiena. Le sembrò sentire i Favoriti parlare per un po', ma la cascata copriva qualunque cosa dicessero.

Solo dopo lunghi minuti provò a sbirciare oltre la roccia. Le due tende erano chiuse e tra di esse c'era la catasta di scorte dei Favoriti: cibo, acqua, legna per il fuoco, medicinali. A quella vista lo stomacò di Johanna brontolò di nuovo, contorcendosi. Se fosse stato per lei sarebbe corsa dritta verso quelle provviste, ma purtroppo proprio lì davanti c'era Barrett Delroy, l'energumeno, che come un soldato faceva la ronda attorno all'accampamento, agitando nell'aria quel suo martello con aria minacciosa. Johanna si riabbassò subito. Non aveva visto nessun altro. Probabilmente gli altri Favoriti erano partiti per la caccia e Barrett era rimasto indietro per tenere d'occhio il loro bottino. Per fortuna non erano andati verso di lei.

Un altro brivido le percorse la schiena. Aveva più che mai bisogno di quelle scorte, per mangiare e per curarsi. Ma come avrebbe fatto? Come avrebbe potuto anche solo avvicinarsi alle tende con quel gigante a sorvegliarle? Non le venne in mente niente. Non poteva andare all'accampamento e non poteva allontanarsi da lì. Per come sono presa non farei nemmeno cento metri prima che Barrett mi raggiunga e mi fracassi la testa. Sono bloccata. Non poteva fare altro che aspettare e sperare che le cose migliorassero. Ma da quello che le sembrava, stavano solo peggiorando. Sentiva la febbre salire e la fame ormai era insopportabile. Si strinse le braccia attorno allo stomaco e si ritrovò ancora una volta a fantasticare su tutte le leccornie che aveva assaggiato a Capitol City.

Le ore passavano e Johanna si sentiva sempre più debole. Ogni tanto scopriva di essersi assopita per qualche secondo e si rimproverava: non poteva permettersi di addormentarsi a due passi dal nemico! Allora si sporgeva dal suo nascondiglio e sbirciava verso le tende, solo per scoprire che nulla era cambiato e che Barrett continuava a marciare instancabile. Ogni tanto Johanna beveva un sorso di acqua fresca dalla sua bottiglia, stando sempre attenta a risparmiarne per dopo. Quando si assopì per l'ennesima volta fu per ben più di qualche secondo e quando si svegliò il sole era quai nascosto dietro le cime delle montagne. La luce avrebbe velocemente lasciato posto all'oscurità.

Per un attimo si lasciò prendere dal panico e le tornò la tachicardia. Si maledisse più volte, ma dato che sembrava che nessuno l'avesse scoperta si tranquillizzò un po'. Dopotutto il sonno sembrava averle ridato un po' di forze e la febbre sembrava essere scesa un po', anche se si sentiva ancora intontita e dolorante per la posa scomoda in cui aveva dormito. Guardò quasi distrattamente verso l'accampamento e notò subito che Barrett se n'era andato. Al suo posto c'era Kassandra, del Distretto 2. Se ne stava seduta con aria annoiata davanti alla pila di provviste, guardandosi intorno. Tra le mani stringeva una balestra e sulla schiena aveva una faretra carica di frecce. Ogni tanto sbuffava. Evidentemente non trovava quella mansione eccitante tanto quanto la caccia.

Johanna la tenne d'occhio molto attentamente e dopo pochi minuti la osservò alzarsi, sistemarsi i vestiti e prendere una borraccia poggiata a terra poco distante. Kassandra la soppesò fra le mani e probabilmente notò che era mezza vuota, infatti si diresse verso il torrente per riempirla, dando le spalle all'accampamento.

Era la sua occasione. Johanna lo sentì. L'adrenalina iniziò a scorrerle nelle vene e la fame, il dolore e la stanchezza scomparvero, sostituite solo da pura concentrazione. Non poteva sbagliare. Con il cuore che le batteva a mille, Johanna scattò verso le tende cercando di fare meno rumore possibile. Non le ci volle molto e presto raggiunse la pila di provviste. Ora una delle due tende la nascondeva dalla vista di Kassandra, che era ancora in riva al torrente. Diede una veloce occhiata a quello che aveva davanti e la prima cosa che notò fu un borsello del pronto soccorso. Lo prese e se lo mise a tracolla. Sentì un rumore poco distante e il suo respiro si bloccò. Rimase in ascolto ma non udì altro. Si sporse leggermente da dietro la tenda per controllare Kassandra, che aveva finito di riempire la borraccia e ora stava bevendo, ma sempre dandole le spalle.

Fu allora che il cannone sparò. Il colpo rimbombò per l'arena e, istintivamente, Kassandra si volto per guardarsi intorno. E il suo sguardo si incrociò con quello di Johanna. Oh, porca…!

"HEY!" Gli occhi di Kassandra si infiammarono, mentre la sua mano raggiungeva una delle frecce sulla sua schiena. Johanna scattò, recuperò dalla pila solo uno zaino nero che aveva davanti a sé e corse più veloce che poté, seguendo il corso del torrente. La prima freccia le sibilò a fianco dell'orecchio destro e lei per lo spavento si abbassò, riparandosi la testa con lo zaino appena recuperato, sperando che servisse. Si guardò indietro e vide Kassandra incoccare una seconda freccia, ma incerta se seguire o no la sua preda. Non poteva abbandonare di nuovo l'accampamento, non dopo essersi fatta fregare in quel modo. La seconda freccia però andò a segno e il polpaccio destro di Johanna esplose di dolore. Cercò di ignorarlo e continuò a correre, fino a che non arrivò a distanza di sicurezza, fuori dalla gittata della balestra. Si fermò e approfittò di quella breve sosta per guardarsi la ferita. La freccia non si era conficcata fortunatamente, ma la ferita sembrava piuttosto seria. Sollevando il pantalone notò che il dardo le aveva lacerato una porzione di muscolo, che ora penzolava inerte sulla gamba. Il calzino e lo scarpone erano completamente inzuppati di sangue. Riabbassò il pantalone senza riuscire a trattenere una smorfia di dolore e si guardò alle spalle, notando con sollievo che Kassandra aveva deciso di non inseguirla.

Riprese a camminare ma capì subito che i guai non erano finiti. Annunciati da un sonoro chiacchierio, proprio a poche centinaia di metri davanti a lei, c'erano gli altri quattro Favoriti. La notarono subito, esposta com'era, e iniziarono a correre, urlando e lanciandole insulti.

Johanna si guardò intorno, disperata. Davanti a lei i Favoriti, dietro di lei Kassandra, alla sua sinistra il torrente e alla sua destra solo un pendio in salita che l'avrebbe resa ancora più esposta.

Non poteva correre, non poteva sperare di combattere per salvarsi.

Era spacciata.

 

 

 

 Spazio autore:

Un bel capitolo lungo oggi, eh? Ero partito col timore di non riuscire ad allungarlo e ho finito con, credo, il capitolo più lungo fino ad adesso! ahah Comunque, finalmente un po' d'azione. E un finale con suspence addirittura, wow! Per un paio di capitoli adesso la storia sarà abbastanza movimentata, quindi spero che vi possiamo piacere (: Come al solito mi fate felice se lasciate una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate e se avete qualche consiglio per migliorarmi. Ciao!

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Capitolo 8
*** La scappatoia ***


Giorno 3

Il cuore di Johanna batteva all'impazzata nel suo petto, ma la sua testa era completamente vuota. Il tempo sembrava quasi essersi fermato e si sentiva leggermente intontita. Quasi le sembrava di assistere alla scena dall'esterno, come i milioni di abitanti di Panem che di certo la stavano guardando. Qualcuno di loro magari la compativa, qualcun altro non vedeva l'ora di vederla morire. Da parte sua, non sentiva niente.

Questa volta non vedeva via di scampo. Sarebbe stato facile arrendersi. Non dovere più lottare, poter finalmente fermarsi e aspettare, tanto non ci sarebbe voluto molto. I suoi giochi sarebbero finiti quella sera. Tutti gli sforzi che aveva fatto fino a quel momento sarebbero stati inutili. E lei sarebbe stata dimenticata da tutti. Allora fu assalita dalla disperazione. Venne presa dal panico e improvvisamente correre il più lontano possibile le sembrò la decisione più saggia.

Ma non corse. Invece, dal profondo della sua mente, un qualche istinto animale iniziò a spingere dentro di lei, le impediva di accettare la sconfitta. Non poteva attendere di morire, standosene a guardare come una spettatrice della capitale. No, non si sarebbe arresa. Oh, quanto vi piacerebbe vedere scorrere il mio sangue! pensò con disprezzo nei confronti degli Strateghi e di tutta Capitol City. E probabilmente lo vedrete. Ma se devo morire, farò in modo che la mia morte vi rimanga impressa bene in mente!

Realizzò che fuggire era un'alternativa improponibile almeno quanto la resa, con quella ferita alla gamba e con la febbre, perciò non le restava che combattere e dare spettacolo. Nella peggiore delle ipotesi, sarebbe stata una morte memorabile e lei sarebbe stata ricordata. In fondo, non era ciò che voleva quando aveva deciso di provare a vincere? Non ne era più così sicura. In quel momento voleva solo sopravvivere, ma per farlo doveva combattere. Tanto vale farlo come si deve.

Purtroppo le sue uniche armi erano i due coltelli che aveva recuperato dal ragazzino del Distretto 3. Non c'era altro di utile nel suo zaino. Le sue capacità con i coltelli si erano rivelate piuttosto scarse durante l'allenamento, ma ovviamente non aveva scelta. Mentre allungava una mano per raggiungere la tasca in cui li teneva, venne fulminata da un pensiero. In mano stava ancora stringendo la borsa che aveva afferrato dalla catasta dei Favoriti prima di fuggire da Kassandra. Poteva essere vuota o piena di cianfrusaglie inutili, ma poteva anche non esserlo! Nella mente di Johanna balenarono immagini di daghe e balestre, ma soprattutto asce e accette. Il dolore e la stanchezza dovuti alla ferita, alla fame e alla malattia sparirono come quando era corsa all'accampamento: in quel momento c'era solo spazio per l'adrenalina pura.

Recuperata la concentrazione, lanciò uno sguardo ai Favoriti, che ormai erano a circa duecento metri di distanza. Fra non molto si sarebbe trovata a distanza di tiro. Aprì lo zaino e lo rivoltò a terra, tutto il suo contenuto si sparpagliò ai piedi di Johanna. Un pentolino di latta, un rotolo di spago, un telo di plastica ripiegato, del nastro adesivo e un giubbotto senza maniche imbottito, di un arancione fosforescente. Johanna scosse lo zaino più violentemente, aspettando che qualsiasi altra cosa, una qualsiasi arma ne uscisse, ma quello che vedeva era tutto. Imprecò ad alta voce. Con rabbia gettò lo zaino lontano e provò a spiegare il telo, per vedere se ci fosse qualcosa tra le sue pieghe ma non trovò niente.

Alzò lo sguardo per controllare i Favoriti e scoprì che non le rimaneva molto prima che fossero abbastanza vicini da colpirla, forse una ventina di secondi. Murray stava già impugnando la lancia, pronto a prendere la mira e a scagliarla. Johanna lasciò perdere il telo e decise che i coltelli erano la sua unica speranza. Non una speranza di sopravvivere, ma di morire degnamente.

Si sfilò lo zaino con i coltelli dalle spalle e lo posò a terra, accanto al giubbotto imbottito. La sua attenzione quindi fu catturata da un particolare che colse con la coda dell'occhio. La luce era ormai molto fioca, il sole stava calando velocemente, ma i colori così vivaci del giubbotto mettevano chiaramente in risalto una scritta bianca stampata su di esso. Johanna non si rese subito conto del significato di quelle parole, ma le bastò un secondo in più per comprenderle a pieno. Salvagente.

"Aha!" gioì. Un sorriso le illuminò il volto. Non l'aveva riconosciuto subito perché nel suo distretto i pochi salvagenti che aveva visto erano a forma di ciambella e comunque non erano oggetti con cui aveva familiarità, dato che non aveva nemmeno mai imparato a nuotare. Lasciò perdere lo zaino, abbandonandolo a terra, e indossò immediatamente il giubbotto. Non poteva sprecare altro tempo, ne aveva già perso troppo. Ora avrebbe perso anche le sue uniche armi, ma l'alternativa era morire. Se ne sarebbe procurata altre. Rivolse ai Favoriti un sorriso beffardo e si gettò nel torrente con una breve e traballante rincorsa, proprio mentre la lancia prendeva il volo dalla mano di Murray.

L'acqua le assalì il corpo con una violenza inaudita, spingendola di lato e sbattendola con forza contro ogni sasso che si parava davanti a lei. La temperatura dell'acqua era gelida e la corrente le impediva di muoversi o di capire dove stesse andando. Vide distrattamente l'immagine dei Favoriti sfrecciare fuori dal suo campo visivo e scomparire alla sua destra. Le parve di sentire il sibilo di uno dei coltelli di Wendie sferzare l'aria, ma probabilmente fu solo frutto della sua immaginazione dato che il tuonare del torrente rendeva impossibile riconoscere qualsiasi altro suono.

Il giubbotto fortunatamente la teneva a galla a sufficienza per permetterle di non affogare, anche se più volte l'acqua le entrò con forza in gola mozzandole il fiato. Johanna approfittava di ogni occasione che aveva per cercare di aggrapparsi a qualunque cosa offrisse un appiglio, ma tutto era umido e scivoloso e ogni volta che lei provava a fermarsi veniva riportata giù con la corrente dall'onda successiva.

Finalmente venne sbattuta contro una roccia abbastanza alta da affiorare di parecchi centimetri dal pelo dell'acqua e riuscì ad aggrapparsi ad essa. Tossì e si permise di riposare qualche secondo, mentre la corrente la premeva sulla roccia. La gamba le provocava delle fitte lancinanti ogni volta che contraeva il muscolo. Nonostante ciò riuscì lentamente a issarsi sul sasso uscendo dall'acqua e l'aria fredda della notte la attaccò come migliaia di aghi che le si infilavano nella pelle. Riuscì a tuffarsi in una pozza di acqua stagnante non molto profonda fuori dalla corrente impetuosa e da lì raggiunse la riva.

Il suo corpo era in preda a brividi violenti, tanto che per tenere ferme le mani dovette ripiegarle sotto le ascelle. Era stanca, dolorante e congelata, ma ce l'aveva fatta. Finalmente a pochi passi davanti a lei c'era la boscaglia che per tutti quei giorni aveva sperato di raggiungere. Di notte gli alberi potevano incutere timore, ma non a Johanna. Nei boschi si sentiva a casa. L'odore pungente di resina la raggiunse e sembrò darle forza. Si guardò alle spalle, ma per quel poco che vide nel buio non riuscì a riconoscere il versante della montagna sulla riva opposta. Il torrente doveva averla spinta oltre al punto in cui si era accampata le notti precedenti. Decise che la mattina seguente avrebbe indagato meglio, ma in quel momento la sua priorità era trovare un riparo.

Entrò nel bosco e notò subito che specie diverse di piante crescevano le une accanto alle altre anche se in natura, cioè fuori dall'Arena, sarebbero vissute in ambienti diversi. Conifere, latifoglie e alcune piante stranamente esotiche convivevano sul versante di quella montagna indifferenti del mondo attorno a loro. La cosa stupì Johanna, ma in quel momento era troppo stanca per preoccuparsene seriamente, perciò si limitò ad accasciarsi contro il fusto di una grossa quercia. I brividi non erano passati e qualcosa suggeriva a Johanna che non erano solo dovuti al freddo. Si spogliò lo stesso degli abiti bagnati, che le avrebbero consumato quel poco calore corporeo che le rimaneva, li strizzò e velocemente li indossò di nuovo, comprese le due giacche a vento e il salvagente. Questi e la borsa con il kit di pronto soccorso che aveva tenuto a tracolla era tutto ciò che le era rimasto. Aprì il borsello e constatò amaramente che la maggior parte dei flaconi che conteneva erano andati in frantumi durante la nuotatina nel torrente. C'erano anche delle bende, ovviamente fradicie, ma pur sempre valide, così si Johanna le utilizzò per fasciare la ferita molto stretta, sperando di fermare o almeno rallentare l'emorragia.

Sapeva che passare la notte per terra non era una mossa consigliabile, ma era troppo stanca per potersi arrampicare su un albero o per cercare un qualsiasi altro riparo, così usò la borsa del kit come cuscino e si stese su un lato, ai piedi della quercia. Quasi all'istante cadde in un sonno profondo, completamente esausta e incurante dei potenziali pericoli che avrebbero potuto nascondersi attorno a lei.

 

 

 

 

 Spazio autore:

Ciao a tutti! Mamma mia, questo capitolo è stato un parto! Non ero mai soddisfatto di come l'avevo scritto perchè mi sembrava di non riuscire mai a spiegare al meglio le sensazioni di Johanna, ma alla fine spero di essere riuscito nel mio intento. In realtà speravo di iniziare a descrivere anche gli eventi del giorno successivo, ma ho preferito aspettare il prossimo capitolo altrimenti questo sarebbe diventato troppo lungo e chissà quando l'avrei postato.
Come sempre, ditemi cosa ne pensate e per favore lasciate una recensione (anche breve) se avete gradito o se avete commenti da fare, per me vuol dire molto! (:
Grazie a tutti e al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** La foresta ***


Giorno 4

 

Johanna si svegliò prima ancora che sorgesse il sole. Il buongiorno le venne dato da un terribile mal di schiena dovuto alla posizione scomoda in cui aveva dormito. Era tanto intenso che le sembrò impossibile di essere ancora tutta intera. Non si sentiva del tutto in piene forze ed era certa di avere ancora la febbre, anche se almeno i brividi persistenti erano passati. E aveva fame, come mai in vita sua. Era dalla mattina del secondo giorno nell'Arena che non mangiava qualcosa. Si massaggiò lo stomaco vuoto quasi come per calmarlo e fece per stiracchiarsi, ma una fitta lancinante le attraversò il polpaccio destro. Imprecò. Giusto, ricordò, il regalino di Kassandra. Si mise a sedere con cautela e controllò la ferita. Anche alla poca luce che c'era, offerta solo da una mezza luna nel cielo, Johanna poté notare che le bende erano completamente intrise di sangue e avevano bisogno di essere cambiate. Fortunatamente nel borsello del pronto soccorso, fra flaconi rotti e frantumi vari, ce n'erano a sufficienza per almeno altri due ricambi. Srotolò lentamente quelle che le avvolgevano la gamba e strinse i denti. Cercò di concentrarsi di più sui gesti che le occorrevano per quell'operazione che non sul dolore, ma era decisamente troppo difficile. Quando finalmente sfilò anche l'ultima benda, la ferita si riaprì e la parte del muscolo semirecisa dalla freccia penzolò a mezz'aria. Johanna non riuscì a soffocare un lamento di dolore e strinse i pugni tanto da farsi male. Gettò lontano le bende usate e si affrettò ad avvolgere la gamba con quelle pulite. Cercò di stringere il più forte possibile per limitare l'emorragia. Dopo aver ispezionato la ferita, al suo dolore si aggiunse anche una punta di sconforto. Era davvero una ferita grave e Johanna dubitava che sarebbe riuscita a guarirla senza alcun aiuto, ma gli sponsor poteva pure dimenticarseli perciò non le restava che arrangiarsi alla meglio. Almeno non sembrava che avesse fatto infezione, ma probabilmente era solo questione di tempo.

Valutò seriamente la sua situazione. Era malata, affamata e ferita. E in quel momento era anche esposta a eventuali attacchi. Se dalla boscaglia fosse emerso un tributo qualsiasi, gli sarebbe bastato un niente per sopraffarla e mettere fine ai suoi Giochi. Questo pensiero non fece altro che inquietarla ancora di più. Sospirò e cerco di sgombrare la mente. Chiuse gli occhi e si appoggiò con la schiena contro la quercia sotto cui aveva riposato.

Il rombo del torrente copriva qualsiasi altro suono. Beh, tranne i brontoloni della sua pancia. Se solo quel maledetto cannone non avesse sparato… pensò con amarezza, con la mente che tornava al giorno precedente. Trasalì momentaneamente, rendendosi improvvisamente conto di essersi persa l'annuncio dei morti della sera prima.

Alzò inutilmente lo sguardo al cielo, ma poteva già notare le prime luci dell'alba fare capolino tra le montagne, segno che il suo quarto giorno nell'arena stava per iniziare e che il terzo giorno si era già concluso da ore, e con esso il riepilogo delle vittime della giornata. Si domandò chi fosse il tributo morto il giorno prima e da quale distretto provenisse. Di certo non era uno del gruppo dei Favoriti, dato che aveva avuto il piacere di passare un po' di tempo con tutti loro prima di gettarsi del torrente. Il suo primo pensiero andò ad Hans. Sperò che quel volto proiettato nel cielo la sera prima fosse stato proprio del suo compagno di distretto. Per quanto detestasse Hans, non era mai stata sua intenzione ucciderlo personalmente e aveva sempre sperato che si trovasse da solo un modo per farsi ammazzare lì nell'Arena. Non aveva mai pensato seriamente alle ragioni di questa sua speranza… Forse perché aveva imparato che nelle edizioni precedenti i Vincitori responsabili della morte del proprio compagno di distretto non ricevevano mai una buona accoglienza una volta tornati a casa. Esclusi i Favoriti, certo. Dalle loro parti probabilmente era perfino una nota di merito. Si chiese se fosse davvero quello il motivo. Da quando a lei, Johanna Mason, fregava delle opinioni degli altri? No, la ragione doveva essere un'altra. E infatti non dovette pensare molto prima che le fosse chiara: temeva che in fondo non sarebbe riuscita ad ucciderlo. In realtà, temeva di non essere in grado di uccidere nessuno. Si strinse la testa fra le mani. Non poteva permettersi di fare certi pensieri. Era da deboli. I troppi pensieri uccidono nell'Arena. Ce la puoi fare, Johanna. Quando sarà il momento metterai da parte la pietà e la compassione e farai quello che sarà necessario. Se lo ripeté un paio di volte ma non servì a molto.

Si riscosse da quei pensieri quando l'ennesimo brontolone riuscì a sovrastare il rombo del torrente. Si pentì immediatamente delle riflessioni appena fatte e soffocò i suoi dubbi nel profondo della propria mente. Chiunque fosse il tributo morto del giorno prima, che fosse Hans oppure no, poco le importava. Era un avversario in meno verso la vittoria. E si ripromise che la prossima volta che si fosse trovata faccia a faccia con un altro tributo, avrebbe dimostrato a se stessa che non aveva timore a uccidere e che l'avrebbe fatto per vincere.

La sua gamba, a giudicare dalle fitte che le procurava, non era d'accordo, ma lei era pronta ad accettare la sfida.

Nonostante tutto, sembrava esserci una nota positiva nella sua situazione. Finalmente aveva raggiunto la foresta. Si concesse qualche minuto per osservare alle prime luci del mattino la varietà di piante attorno a sé. Riconosceva pini, larici, querce, e perfino un paio di giovani sequoie. Le scappò un sorriso e respirò a fondo. Poteva quasi sentire l'odore di casa.

C'erano però tante altre piante che non aveva mai visto, dalle foglie larghe e la corteccia a scaglie. Alcune avevano chiome folte e rami molli che pendevano fino al terreno. Si sarebbe tenuta alla larga da quelle, per sicurezza. A fatica si tirò in piedi, appoggiandosi all'albero alle sue spalle. La gamba pulsava di dolore e non riusciva a sostenere il peso del suo corpo. Johanna sentì le bende inzupparsi di sangue fresco. Arrancò pian piano fra la vegetazione, saltellando su un piede e usando qualche pianta come supporto. Nella boscaglia trovò un bastone adatto a farle da stampella. Non era molto comodo da tenere sotto l'ascella, ma almeno le permetteva di riposare la gamba ferita.

Decise di fare un giro di perlustrazione: in un bosco si poteva trovare un'infinità di cose utili. La sua esplorazione la portò in pochi minuti davanti a un arbusto con qualche bacca di colore rosso scuro. Ebbe un tuffo al cuore e provò un sollievo immenso nel vederla. Conosceva bene quella pianta ed era sicura di non sbagliare nel riconoscerla. Lamponi! Johanna lasciò quasi cadere la stampella e si precipitò a cogliere i frutti. Li mandò giù senza nemmeno prendersi la briga di masticare. Erano un po' secchi e non molto grandi, ma in quel momento erano la cosa più buona che potesse desiderare. In una decina di secondi la pianta era completamente spoglia. Si guardò freneticamente attorno, nella speranza di trovare altri arbusti nelle vicinanze dato che sapeva che di solito quelli di lamponi crescevano in gruppo. Ma quella foresta non sembrava esattamente rispecchiare le regole dei boschi che lei conosceva e tutto quello che trovò furono felci e muschi. La delusione iniziale sparì ben presto, quando Johanna scoprì che poco distante cresceva un grosso nocciolo. Recuperò la stampella e andò a prendere un paio di pietre dal torrente. Le lanciò contro i rami dell'albero per far cadere le nocciole e poi le usò romperne il guscio.

Mangiò fino a che le braccia non diventarono doloranti per lo sforzo di lanciare pietre in aria. A pasto concluso si riposò all'ombra della stessa quercia che l'aveva accolta la notte precedente.

Avere lo stomaco pieno la faceva sentire in paradiso. Sadico da parte degli Strateghi mettere tutte le riserve di cibo nell'area meno accessibile dell'Arena. Non che la cosa la sorprendesse, in realtà. O semplicemente era lei a non essere stata in grado di trovare nulla di commestibile dall'altra parte del torrente. Poco le importava in quel momento.

Quando il sole fu alto nel cielo, Johanna decise di rimettersi in moto. Si era fissata degli obiettivi per quella giornata. Aveva intenzione di raccogliere un po' di provviste e magari trovare qualche pianta che le potesse tornare utile per la febbre, perché sospettava che quella sera si sarebbe sicuramente sentita peggio. Inoltre, sperava di trovare un buon posto per accamparsi e passare la notte.

Nel pomeriggio raccolse una discreta quantità di nocciole e pinoli. Trovò perfino un paio di funghi champignon, che mangiò crudi dopo averli lavati per bene nel torrente. Colse una bella manciata di ribes, che mise in un flacone scheggiato del kit di pronto soccorso, da cui ormai era uscito tutto il medicinale. Le sarebbero tornati utili per preparare un infuso contro la febbre non appena avesse acceso un fuoco.

Passò gran parte del tempo a esplorare l'ambiente. La foresta era molto fitta fin dalla riva del torrente e molti alberi erano continuamente bagnati dal diretto contatto con l'acqua, assieme ad alcune rocce rese scivolose dal muschio. Procedendo verso valle la vegetazione sembrava divenire più rada, per questo motivo Johanna preferì muoversi in direzione opposta rispetto alla corrente del corso d'acqua. Avanzando da quella parte si sarebbe avvicinata sempre di più alla Cornucopia, cosa che voleva assolutamente evitare almeno fino a quando non fosse guarita, ma non aveva intenzione di spingersi così lontano e quindi la cosa non la preoccupò più di tanto. Inoltre dubitava di essere fisicamente in grado di camminare così tanto. Allontanandosi dal torrente invece si andava incontro a una leggera salita, che si faceva mano a mano sempre più accentuata e alla fine si trasformava nel ripido versante roccioso dell'alta catena montuosa che delimitava l'Arena. In quel punto la vegetazione si interrompeva bruscamente, lasciando spazio solo alla pietra e a qualche muschio che cresceva sulle sporgenze di quei picchi. Da quel che Johanna osservò dunque, la foresta pareva essere di una forma molto allungata che seguiva il torrente verso valle, ma anche piuttosto stretta, limitata a solo un paio di centinaio di metri tra il torrente stesso da un lato e le montagne dall'altro.

Trovò un giaciglio per la notte solo poco prima del tramonto. Era un piccolo spazio tra due arbusti che con le loro foglie lo riparavano dal vento e un po' dal freddo. Johanna ci stava giusta in posizione distesa. Assieme alla sera calò anche la temperatura e Johanna si ritrovò in preda ai brividi, dovuti sia al freddo che alla febbre, nonostante indossasse entrambe le giacche a vento e il giubbottino galleggiante. Accumulò un po' di foglie secche e qualche ramo fresco sul proprio giaciglio, per renderlo un po' più confortevole. Le sarebbe piaciuto accendere un fuoco, ma non osava rischiare di attirare l'attenzione di eventuali tributi in circolazione su di sé, quindi strinse i denti e si accovacciò nel suo rifugio, coperta dalle giacche. Non appena si stese, il cielo si illuminò e l'inno risuonò in tutta l'Arena. Nessun morto per quel giorno.

Johanna si rigirò su se stessa. Sgranocchiò un paio di noccioline prima di dormire e ripensò alla giornata appena trascorsa. Forse nella foresta sarebbe riuscita a sopravvivere abbastanza a lungo da recuperare le forze. E magari nel frattempo gli altri tributi si sarebbero scannati fra di loro. Sì, non sembrava una brutta prospettiva. Nei boschi si sentiva a casa e questo la rese ottimista. Forse avrebbe potuto farcela.

Quasi come se volessero guastarle il morale, i brividi continuarono a tormentarla tutta la notte, disturbando il suo sonno e impedendole di riposare a dovere.

 

 

 

 

 Spazio autore:

Scusate il ritardo! Ho avuto un periodo di assenza totale di ispirazione seguito da una sessione d'esami abbastanza tosta, quindi non sono riuscito a continuare la storia prima di oggi! Però adesso ho un sacco di nuove idee e anzi posso dire che i punti essenziali della trama ci sono, basta svilupparli a dovere. Ringrazio infinitamente tutti quelli che mi hanno seguito fin'ora e spero che continueranno a farlo anche in futuro, perchè è grazie a voi che trovo la voglia di scrivere ogni capitolo.
Scusate se questo capitolo non è molto movimentato ma come ho già detto, gli Hunger Games non sono solo combattimento e Johanna aveva davvero bisogno di una giornata tranquilla. Prometto che per il prossimo non dovrete aspettare così tanto e che avrà più azione di questo, sicuramente! Alla prossima ;)

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Capitolo 10
*** La Bovara ***


Giorno 5

 

Johanna correva nella foresta. Le felci e gli arbusti che incontrava sulla sua strada le graffiavano e irritavano la pelle. Le braccia e le gambe erano completamente arrossate e la ferita al polpaccio si era riaperta. Le faceva un male cane. Ma non poteva fermarsi, altrimenti lei l'avrebbe raggiunta. Si guardò alle spalle per controllare se le era ancora alle calcagna. Non la vide, ma sicuramente non doveva essere molto lontana e quindi continuò a correre. Il fiato si faceva sempre più corto. Non sarebbe riuscita a continuare così ancora per molto. Maledisse per l'ennesima volta la brillante idea che l'aveva messa in quel casino.

Quella mattina si era svegliata con forti giramenti di testa e sentiva di avere la febbre molto alta. Aveva cambiato le bende alla sua ferita e aveva riconosciuto con amarezza i primi segni di un'infezione. Aveva provato a pulirla con un po' d'acqua fresca del torrente, ma non era stato sufficiente. Così si era spinta verso il cuore della foresta, in direzione della Cornucopia, per cercare qualche pianta che potesse esserle d'aiuto. Aveva trovato del timo e ne aveva strofinato alcune foglie sulla ferita, per contenere l'infezione. Sua nonna l'aveva insegnato alla piccola Johanna quando una volta si era tagliata un dito nel bosco. Era riuscita a raccogliere anche della pimpinella, una pianta erbacea dal sapore di cetriolo e con la proprietà di arrestare le emorragie. Aveva masticato qualche foglia e poi l'aveva spalmata direttamente sul muscolo lacerato, sperando che questo potesse aiutare la ferita a guarire. La febbre però non le aveva dato tregua e a pomeriggio inoltrato era stata costretta ad accendere un fuoco per prepararsi un infuso con i ribes che aveva raccolto il giorno prima, sperando che potesse darle un po' di sollievo. Aveva cercato della legna secca per evitare di fare troppo fumo, ma in quel bosco trovarne sembrava un impresa: quello che non era bagnato dal torrente era tenuto umido dalla frescura delle fronde. Quando finalmente aveva trovato dei rametti abbastanza asciutti, le ci era voluta più di un'ora per accendere un fuoco a furia di strofinarli tra loro. A casa sarebbe riuscita a farlo in poco più di un minuto con il suo acciarino, ma non poteva lamentarsi dato che almeno lì nell'Arena alla fine era riuscita nell'impresa. Erano più di due anni che non usava quella tecnica e quindi aveva perso un po' la mano. Ma per gente che vive a contatto con i boschi come la sua famiglia, certe cose si imparano una volta e si ricordano per tutta la vita.

Proprio il fuoco però era stato il suo errore. Non sapeva dire se fosse stato anche solo il poco fumo che saliva dal suo piccolo falò o lo scoppiettare dei legnetti fra le fiamme ad attirare l'attenzione. Si era allontanata un attimo dal fuoco per riempire d'acqua da scaldare uno dei flaconi vuoti, e questo le aveva probabilmente salvato la vita. Al suo ritorno infatti aveva trovato il tributo femminile del Distretto 10, in piedi davanti al fuoco, con un coltello in mano e intenzioni poco amichevoli. Non appena la ragazza l'aveva vista barcollante sulla stampella improvvisata, i suoi occhi si erano infiammati di uno sguardo assassino.

E allora Johanna aveva agito d'istinto, scagliando contro la ragazza il flacone di vetro pieno d'acqua che stringeva nella mano destra. Sorprendentemente, nel lancio aveva avuto una buona mira e il flacone andando in frantumi aveva ferito l'avversaria al braccio che aveva sollevato per proteggersi il viso. Questa distrazione era stata sufficiente per dare a Johanna il tempo di mollare la stampella e iniziare a correre, con un piccolo vantaggio. L'altro tributo ci aveva messo qualche secondo prima di iniziare a inseguirla e comunque aveva continuato a perdere terreno un po' alla volta. Probabilmente non era abituata a muoversi tra gli alberi come qualcuno proveniente dal Distretto 7. D'altra parte però, Johanna non riusciva a correre bene e le forze la stavano abbandonando velocemente.

La scarica di adrenalina che l'aveva aiutata a fuggire per i primi minuti ormai non era più sufficiente a tenerla in movimento e la vista le si era annebbiata, accompagnata da forti giramenti di testa che avevano minacciato di farle perdere l'equilibrio almeno un paio di volte.

Si fermò un secondo, appoggiandosi di peso a un piccolo albero. La sosta rese il dolore alla gamba ancora più insopportabile, tanto che fu costretta a tenere il piede sollevato da terra. Il respiro era pesante e affannato, i polmoni si gonfiavano ripetutamente quasi fino a scoppiare, eppure Johanna aveva la sensazione di soffocare. Non riusciva più correre, ma non poteva starsene lì. Doveva nascondersi. Senza pensarci troppo, fece quello che aveva fatto un sacco di volte da bambina, quando la sera suo padre la rincorreva per i boschi cercando di convincerla a tornare a casa per la cena: si aggrappò al ramo più vicino e si arrampicò più in alto che poté. Usò principalmente le braccia per issarsi, dato che una gamba era fuori uso e l'altra era completamente esausta. Arrivò all'altezza di due o tre metri e si accasciò sfinita su un ramo, con la schiena contro il fusto dell'albero. Sperava di riuscire ad arrivare molto più in alto, ma davvero non ce la faceva. Cercò di rendersi il meno visibile possibile appiattendosi contro la corteccia e nel frattempo riprese fiato. Sperò che le fronde del bosco fossero sufficienti per nasconderla alla vista. La sera, che aveva iniziato a calare, le offriva una leggera penombra. Bene, questo l'avrebbe aiutata a passare inosservata.

Passarono solo pochi secondi e udì i passi della ragazza avvicinarsi e rallentare proprio sotto all'albero su cui si era arrampicata. Si fermarono. Johanna non osò sporgersi dal ramo per guardare. Trattenne il respiro, quasi temeva che il rumore del suo fiato potesse tradirla. Il cuore le batteva così forte nel petto… Chiuse gli occhi. Tutto il suo corpo era in tensione e in ascolto. Degli scricchiolii di alcune foglie secche sul terreno le suggerirono che la ragazza si stava guardando in torno, muovendosi sul posto. Perché ti sei fermata proprio qua sotto, dannazione? Johanna sperò con tutta se stessa che fosse solo un caso, ma le sembrò troppo poco probabile. Possibile che stesse seguendo le sue tracce? Del resto, provenendo dal distretto dell'allevamento, potrebbe avere avuto esperienza nell'inseguire animali. Se davvero stava seguendo le orme di Johanna, si sarebbe presto resa conto che la sua corsa era finita in quel punto e avrebbe iniziato a guardare in alto. E per Johanna sarebbe stata la fine: non avrebbe avuto speranze in un combattimento corpo a corpo.

Finalmente però, i passi ripresero e si diressero oltre il nascondiglio di Johanna, proseguendo verso la cascata. Johanna si voltò verso quella direzione e fece in tempo a scorgere i capelli biondissimi della sua inseguitrice, raccolti in una lunga treccia, scomparire nella vegetazione. Si lasciò andare in un sospiro e si concesse di nuovo di respirare. Fece mente locale per ricordare quello che sapeva su quella ragazza. Si chiamava Charlotte Douglas, veniva dal Distretto 10 e la sua famiglia era piuttosto umile. Lei lavorava in un allevamento di manzi, lo sapeva perché un Favorito aveva fatto una battuta sprezzante a riguardo durante l'addestramento. "Bovara", l'aveva chiamata. Si ricordò che Charlotte aveva dimostrato una notevole abilità nell'arrampicata: era molto agile e aveva un buon senso dell'equilibrio. Meno male che non si è messa in testa di salire su un albero per cercarmi. Si chiese come avesse fatto ad attraversare il torrente. Che sapesse anche nuotare?

Johanna rimase sul ramo ancora qualche minuto, per recuperare un po' di energie. Stava diventando buio molto in fretta e lei non aveva la minima intenzione di passare la notte su quell'albero, dove avrebbe rischiato di cadere da un momento all'altro. Stava per allungare la gamba sana per scendere dal ramo, quando sentì che qualcuno si stava avvicinando. Si bloccò di colpo, rimanendo immobile. Era di nuovo Charlotte, che questa volta stava camminando e tornava indietro, verso il falò che Johanna aveva acceso poco prima. Probabilmente sperava di trovare qualcosa di utile laggiù. Johanna sapeva che non avrebbe trovato niente, a parte della legna bruciata e la sua stampella. Aspettò ancora un minuto e poi, prima che la ragazza del Distretto 10 decidesse di tornare di nuovo per qualche strano motivo, Johanna si affrettò a scendere dall'albero e andò nella direzione opposta a quella presa da Charlotte.

Non camminò molto prima che la ferita la costringesse a fermarsi, e poiché era assetata decise di deviare verso sinistra, per raggiungere il torrente e riposare lì. Quando emerse dalle fronde degli alberi, si rese conto con rammarico di essersi spostata molto di più di quando credesse o sperasse. Dall'altra parte del torrente infatti, a non più di 100 metri da lei, c'era la Cornucopia, scintillante nel chiaro di luna, e vicino ad essa le tende dei Favoriti.

Johanna ruzzolò dietro una roccia, anche se dubitava di poter essere vista nella notte. Raccolse dell'acqua nelle mani unite a coppa e bevve. Poi si sporse da dietro al masso per dare un'occhiata all'accampamento dei Favoriti. Il frastuono del torrente rendeva impossibile udire qualunque suono, ma la luna illuminava l'ambiente dal cielo sereno. Johanna strizzò gli occhi per aguzzare la vista e quello che vide la lasciò sgomenta. Impossibile.

Davanti a lei, all'altezza della Cornucopia, fatto di funi ed assi di legno, c'era un ponte che univa le due rive del torrente. Un maledettissimo ponte!! Dal lato della foresta, una sagoma muscolosa - probabilmente Barrett - tirava delle corde e le fissava al terreno con un martello. Dal lato della Cornucopia gli altri Favoriti sembravano indaffarati a rafforzare la struttura. A quanto pareva, stavano finendo di costruirlo proprio in quel momento. Come hanno fatto i Favoriti a costruire un ponte? Come si sono procurati tutte quelle assi? Come diavolo ha fatto Barrett a oltrepassare il torrente? Hanno trovato degli altri salvagenti? Ma se hanno altri salvagenti, che senso ha costruire un ponte?

Le domande che ronzavano nella testa di Johanna erano troppe e lei era troppo stanca per pensare. Il fatto che i Favoriti ora avessero un modo per raggiungere anche la foresta la inquietava non poco. Anzi, la terrorizzava. Credeva di aver trovato un rifugio sicuro, libera dalla fame, e invece era ancora alla mercé della malattia, della ferita e di tutti gli altri tributi, Favoriti in primis. Doveva fare qualcosa, o per Johanna Mason i giochi sarebbero finiti ben presto.

L'inno la fece trasalire quando partì a tutto volume nella valle. Anche per il quinto giorno, nessun morto. A giudicare dalla piega che stanno prendendo le cose, domani lassù ci sarà la faccia di qualcuno. Johanna sperò solo che non fosse la sua. E avrebbe fatto in modo che non lo fosse.

 

 

 

 

 Spazio autore:

Ciao a tutti! Scusate il ritardo, mi ci è voluto più tempo del previsto per scrivere questo capitolo. Tutto sommato però sono soddisfatto del risultato, quindi spero di essermi fatto perdonare! Vi posso preannunciare che da questo capitolo in poi le cose si faranno sempre più movimentate per Johanna, quindi continuate a seguire la mia storia se siete interessati ;)
Ovviamente se avete commenti, correzioni, domande non fatevi problemi a lasciare una recensione, anzi! Mi fa molto piacere ricevere del feedback da parte vostra.
In più, vorrei anche annunciare che ho intenzione di inserire dei capitoli bonus nella mia storia, in cui il protagonista non sarà Johanna ma qualche altro tributo, giusto per raccontare tante cose che succedono nell'Arena che Johanna magari non vede o non sa ma che secondo me sarebbe carino condividere con voi lettori. Questi capitoli probabilmente li inserirò quando la storia sarà completata, ma può anche essere che qualcuno di essi lo scriva anche prima... chissà! Ditemi cosa ne pensate voi, se sia una buona idea o se preferite che mi concentri su Johanna e basta.
Spero di vedervi anche al mio prossimo capitolo, ciao!

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Capitolo 11
*** La necessità ***


Giorno 6

 

Johanna spiò i Favoriti dalla boscaglia tutta la notte. Aveva provato a ritirarsi nella foresta per trovare un posto in cui passare la notte, ma dopo aver visto il nuovo ponte che era stato costruito e essendo consapevole del pericolo che lei e tutti gli altri tributi stavano correndo, non sarebbe mai riuscita a dormire. Così si acquattò tra due fitti arbusti che la nascondevano quasi totalmente ed osservò da lì il completamento dei lavori.

Poco distante dalle tende c'erano due grandi teli bianchi a terra, che riflettevano la luce della luna. Ecco da dove hanno preso le travi di legno! capì Johanna. Aveva già visto dei teli simili, nelle edizioni dei Giochi precedenti. Erano i paracaduti con cui i tributi ricevevano i doni da parte degli sponsor. Johanna però non ricordava di averne mai visti di così grandi. Dovevano davvero essersi annoiati gli spettatori in quei giorni se avevano deciso di pagare una somma sicuramente esorbitante pur di permettere ai Favoriti di ricevere quei doni. I mentori dei loro distretti avranno deciso di fare un'alleanza, proprio come i loro tributi, pensò Johanna. Almeno questo fatto le diceva una cosa: non esisteva altro modo per passare oltre il torrente.

Dal suo nascondiglio Johanna osservò Barrett del Distretto 6 dirigere i lavori di costruzione. La sua esperienza lavorativa da operaio in un'officina a quanto pareva gli stava tornando utile.  Si trovava sulla stessa riva di Johanna, ma lei si era appostata a distanza di sicurezza e il buio della notte la proteggeva. Barrett entrava più volte con i piedi in acqua per verificare la solidità del ponte in ogni suo punto e questo permise a Johanna di intuire come avesse fatto ad attraversare il torrente. Da quella distanza più ravvicinata infatti riusciva a vedere che Barrett era legato con una robusta corda, magari proprio una di quelle dei paracaduti, a una roccia sulla riva dalla parte della Cornucopia. In questo modo anche se fosse scivolato durante l'attraversata, la corrente non l'avrebbe trascinato via e grazie alla sua stazza sarebbe riuscito a rimettersi in piedi.

Le ore passavano e sembrava esserci sempre qualche problema con le funi o con la stabilità della struttura. In alcuni momenti la stanchezza fece appisolare Johanna, che però in ogni occasione si riprendeva e si teneva sveglia con piccole pacche sulle guance. Come al solito, assieme alla notte le era tornata la febbre e di nuovo i brividi tornarono a tormentarla. Sperando che le servisse a recuperare un po' di energie, finì le scorte di noccioline che aveva nella borsa e le accompagnò con un po' dell'acqua che aveva preso poco prima dal torrente. Inoltre per tenersi impegnata approfittò di quel tempo morto per ricambiare le bende attorno alla sua gamba. Le erbe non sembravano avere fatto molto effetto: l'infezione avanzava lentamente e se le bende non restavano strette a sufficienza l'emorragia riprendeva inesorabilmente. Considerò l'idea di applicare dei punti di sutura, ma non aveva né ago, né filo, né le competenze per poter compiere un simile intervento. Prese dalla sua tracolla l'ultimo set di bende pulite che le rimaneva e lo avvolse ben stretto attorno alla ferita. Con un bel lancio gettò le vecchie nel torrente. Il tonfo che fecero cadendo in acqua fu più rumoroso del previsto e Chester, del Distretto 2, sulla riva opposta, si voltò di scatto nella direzione da cui era venuto il rumore, proprio di fronte a dove Johanna era nascosta.

Johanna rimase perfettamente immobile mentre lo sguardo del Favorito scansionava tutta la riva nel suo raggio visibile. Dopo una decina di secondi guardò i suoi compagni e, vedendo che nessuno di loro si era allarmato, tornò al proprio lavoro. Probabilmente si convinse che quel tonfo fosse solo uno dei tanti scrosci tonanti tipici del torrente.

Quando i lavori si conclusero era ormai quasi l'alba. Johanna si stiracchiò ed osservò i Favoriti attraversare il ponte avanti e indietro uno per volta, testandone la tenuta. Sembrarono soddisfatti, tanto che Wendie e Murray del Distretto 1 si diedero delle pacche sulle spalle a vicenda, come incoraggiamento. I Favoriti parlarono un po' tra loro ma l'acqua coprì le loro parole perciò Johanna non riuscì a capire cosa dicessero. Poco dopo si diressero tutti verso le tende ed entrarono in quella più vicina alla Cornucopia, scomparendo dalla vista.

Il cuore di Johanna sussultò. Osservò per un paio di secondi il ponte incustodito e, come quando era dietro la roccia pronta a correre verso la Cornucopia per rubare un po' di provviste, capì che quello era il momento giusto per agire. Chissà se ne avrebbe avuti altri.

Abbandonò il suo nascondiglio e si mosse nella vegetazione più veloce che poté, cercando di non rovinare il bendaggio nuovo. Arrivò all'altezza della Cornucopia, proprio davanti al punto in cui il ponte era fissato su quella riva. Infilò una mano nella tracolla e ne estrasse un frammento di vetro di uno dei flaconi che si erano rotti durante la sua traversata di qualche giorno prima. Diede un rapido sguardo in giro e, constatando che non c'era nessuno in vista nei paraggi, balzò in avanti uscendo allo scoperto. Raggiunse la fune portante più vicina e iniziò a segarla con il pezzo di vetro.

Colse del movimento con la coda dell'occhio e notò che la tenda in cui erano entrati i Favoriti si stava riaprendo. Imprecando, abbandonò il suo tentativo di sabotaggio e si rifugiò di nuovo tra gli alberi. Il crepuscolo dell'alba le offrì una vista piuttosto nitida dei Favoriti, che si stavano spostando dalle tende e sembravano avere un'aria agitata. Barrett se ne stava indietro, con le braccia incrociate e lo sguardo serio. Wendie era appiccicata al suo compagno di distretto Murray, mentre lui era impegnato a discutere animatamente con Chester. Johanna non riuscì a sentire una parola di quel che dicevano a causa del torrente, ma di certo poteva intuire che non si stessero scambiando complimenti. Kassandra stava tra in piedi sfregandosi le mani con nervosismo, come se fosse indecisa su cosa fare.

Il tono della discussione tra i due ragazzi si aggravò velocemente e Kassandra si pose di fronte a Chester, come per difenderlo dalla voce di Murray. Chester respinse la ragazza, rifiutando il suo supporto, e tornò a fronteggiare Murray. Si avvicinò aggressivamente a lui, sebbene questo fosse più alto di almeno dieci centimetri. Inveì contro di lui, puntandogli il dito contro e probabilmente accusandolo di qualcosa. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Lo sguardo di Murray si infiammò e con un gesto rapido e fluido estrasse la spada che teneva nella fodera legata alla vita. Tutti indietreggiarono e Kassandra si portò le mani al volto. I suoi singhiozzi arrivarono fino a Johanna, che non poté che compiacersi della piega che avevano preso gli eventi. Chissà se riusciranno ad ammazzarsi a vicenda…

Murray caricò e sferrò un affondo a Chester, che riuscì a schivarlo saltando di lato. Prima che il suo avversario potesse riprendere l'offensiva, Chester si allontanò velocemente fino a raggiungere la catasta di armi che avevano preso dalla Cornucopia. Afferrò la prima daga che gli capitò sotto mano e si preparò al combattimento. Murray prese la rincorsa e attaccò con tutta la forza che riuscì a prendere da quello slancio. Chester parò il colpo sopra la sua testa, ma l'urto fece cedere il suo ginocchio e così si ritrovò quasi a terra. Il clangore del metallo contro il metallo sovrastò le onde del torrente. Murray attaccò di nuovo, questa volta mirando al collo, ma Chester riuscì a parare il colpo anche quella volta e passò al contrattacco. Rotolò di lato, si abbassò e fece per colpire Murray alle caviglie, che però evitò la lama saltando sul posto. Allora Chester si rimise in piedi, caricò e indirizzò un affondo contro il petto di Murray. La mossa venne deviata dalla spada di quest'ultimo, che con una rapida torsione del polso riuscì a disarmare l'avversario. La daga di Chester volò tra le rocce sulla riva e scomparve. Kassandra allora cercò di correre in aiuto del suo compagno di distretto, ma venne bloccata da Wendie che la raggiunse e la allontanò con uno spintone. Il maschio più forte ha conquistato la posizione di capo branco, commentò Johanna

Chester teneva lo sguardo fisso sulla spada di Murray, che la faceva ondeggiare minacciosa nell'aria. Finalmente, Murray si decise a fare la sua mossa e cercò di colpire di taglio il petto di Chester. Lui però era più agile e riuscì a evitare anche questo colpo, balzando all'indietro. Allora Murray corse di nuovo contro l'avversario e sollevò l'arma per colpire il fianco destro di Chester. All'ultimo secondo però scartò a sinistra e calò la lama sul fianco sinistro. La mossa colse Chester del tutto impreparato e la spada affondò profondamente nella sua carne. Johanna poté notare la sua espressione di sorpresa trasformarsi in una smorfia di dolore. "NO!" strillò molto distintamente Kassandra, tenuta immobile dalla presa di Wendie, che invece sorrideva soddisfatta.

Chester si piegò in avanti, portandosi entrambe le mani al fianco che cominciò a sanguinare copiosamente. Lanciò uno sguardo di puro odio a Murray e poi si allontanò di corsa verso il torrente. "Fermalo! Finiscilo!" urlò Wendie, ma Murray scrollò le spalle con disinteresse. Sapeva di aver fatto il proprio lavoro: Chester non sarebbe sopravvissuto a lungo. Andò piuttosto a pulire la lama dal sangue, strofinandola sull'erba fresca.

Johanna indietreggiò nella boscaglia quando Chester raggiunse il ponte, lo attraversò e arrivò a soli pochi metri da lei. Lui però non indugiò molto e si addentrò di fretta nella foresta senza nemmeno notarla, lanciando un'ultima occhiata alla Cornucopia alle sue spalle. Johanna gli lasciò qualche secondo di vantaggio e poi decise di seguirlo. Ormai gli altri Favoriti tenevano d'occhio il ponte e per lei sarebbe stato impossibile cercare di manometterlo. Inoltre non ci sarebbe stato nulla di interessante da vedere, ma solo lo sconforto di Kassandra. Johanna era sorpresa dal comportamento della Favorita. Raramente capitava di vedere uno di loro anche solo mostrare un'emozione diversa dalla rabbia o dal desiderio di uccidere. In conclusione, seguire Chester le sembrò la scelta più saggia. Magari avrebbe potuto recuperare qualcosa dal suo cadavere, come aveva fatto con il ragazzino del Distretto 3. Con calma, si appoggiò alle piante per non affaticare la gamba e iniziò a seguire il Favorito. Non fu difficile riconoscere le sue tracce: lasciava abbondanti quantità di sangue sul terreno e su tutte le foglie che toccava.

Quando finalmente lo raggiunse, lo trovò accasciato contro un albero in una piccola radura. Il sole ormai era sorto e la luce della prima mattina lo colpiva dall'alto. Johanna si tenne nascosta tra gli alberi, in attesa. Lo osservò mentre si sfilava lentamente la giacca a vento che indossava. Era molto pallido e gli tremavano convulsamente le mani. Il terreno attorno a lui era fangoso per il sangue che lo inzuppava. Era chiaro che non sarebbe sopravvissuto. Una volta tolta la giacca, con fatica riuscì a strappare in strisce la felpa che indossava sotto di essa e cercò con non pochi sforzi di bendare la ferita.

Johanna sbottò delusa. Se non aveva usato un coltello per tagliare la felpa, significava che non aveva armi con sé. Di conseguenza non aveva motivo di continuare ad aspettare che morisse. Si voltò per andarsene e si allontanò di qualche passo quando un fruscio dall'alto catturò la sua attenzione. Conosceva bene il suono del vento tra le fronde degli alberi, e quello che aveva sentito era decisamente qualcos'altro. Tornò sui suoi passi e vide un'ombra circolare sul terreno della radura. Anche Chester la notò e alzò lo sguardo. Un piccolo paracadute atterrò con delicatezza davanti di lui. Il metallo della scatola cilindrica che vi era legata scintillava alla luce del sole. A quanto pare Chester ha ancora dei sostenitori, là fuori. Del resto aveva ottenuto un ottimo voto durante la sessione privata con gli Strateghi ed essendo un Favorito aveva di certo il supporto di gran parte degli abitanti di Capitol City. Probabilmente il suo mentore aveva deciso di puntare tutto su di lui, a scapito di quella piagnona di Kassandra.

Johanna si fece più attenta nel momento in cui il paracadute toccò terra. Aveva un forte sospetto su cosa potesse essere il contenuto di quella scatolina metallica e sperava con tutta se stessa di avere ragione. Anche Chester doveva aver condiviso i suoi pensieri, perché si gettò sul dono con un rinnovato vigore. Quando aprì la scatola il suo viso si illuminò di speranza e un sorriso dolorante si allungò sulle sue labbra. E allora Johanna seppe di avere indovinato. Senza perdere altro tempo, se ne fregò del dolore alla gamba e si tuffò di corsa nella radura. Appena Chester la vide, terrorizzato nascose la scatola dietro di sé e tese un braccio verso Johanna, come per impedirle di avvicinarsi. "Non ti avvicinare!" urlò. Johanna lo ignorò e senza rallentare gli fu addosso. Con le mani cercava furiosamente di raggiungere il dono degli sponsor dietro la schiena di Chester, ma lui da quella posizione riuscì facilmente a bloccarle i polsi, stringendoli saldamente nei propri pugni. I loro volti non erano più distanti di un paio di centimetri. Tra il pallore della sua pelle, Johanna riuscì chiaramente a vedere le occhiaie che gli rigavano il volto e le gocce di sudore che gli colavano sulla fronte. Il suo respiro affannato le scaldava il viso. "Quella pomata è mia…" ringhiò Chester a denti stretti. "Impediscimi di prenderla, allora" replicò lei. Per un istante rimase sorpresa da quanto roca e cupa suonasse la sua voce, dopo tutti quei giorni di silenzio. Con uno scatto del collo, Johanna tirò una potente testata sul naso di Chester e del sangue schizzò sulla sua faccia. Lui urlò di dolore e la presa sui polsi di Johanna inevitabilmente cedette. Johanna quindi tirò una gomitata al fianco ferito del ragazzo, che per il dolore collassò in lacrime a terra, incapace di respirare.

Johanna afferrò la scatolina metallica e si allontanò di fretta. Una volta uscita dalla radura e rientrata nella vegetazione si concesse un secondo per guardare Chester, che ancora piangeva di dolore a terra. Johanna sapeva che lui era consapevole che sarebbe morto a breve ed era stata lei a dargli questa certezza, portandogli via la sua unica speranza di salvezza proprio nel momento in cui l'aveva ricevuta. In cuor suo, Johanna si sentiva come se avesse l'ucciso di propria mano. E con sorpresa, si rese conto che il senso di colpa veniva soffocato dal senso di necessità. Nell'Arena si vince o si soccombe. In quel momento Johanna capì che, se fosse stato necessario, avrebbe davvero ucciso chiunque si parasse tra di lei e la sua sopravvivenza, senza rimorsi. Capì il vero significato delle ultime parole che sua madre le aveva detto dopo la Mietitura, l'ultima volta che l'aveva vista.

Non aveva ancora ucciso nessuno direttamente, eppure era già stata trasformata da quei Giochi. Era diventata uno dei mostri che piacevano tanto alla capitale. Ma non se ne vergognava, perché a quel punto era necessario che lo diventasse.

Con una scrollata di spalle, Johanna lasciò Chester al suo destino e si allontanò. Raggiunse un grosso arbusto, ci si infilò sotto e si tolse i pantaloni. Rimosse anche le bende dalla ferita, che dopo quella breve lotta aveva cominciato a sanguinare di nuovo, e vi applicò sopra una buona dose della pomata gelatinosa. Il sollievo fu tale che si rese conto di avere dimenticato cosa significasse non provare costantemente dolore. Continuò a spalmare il farmaco fino a quando la ferita non fu completamente coperta. Mentre era impegnata in quell'operazione, il cannone sparò.

Finita la medicazione, ripose la scatola metallica nella tracolla, per un eventuale uso futuro. Non era rimasta molta pomata, ma la poca avanzata sarebbe potuta tornare utile per qualche piccolo graffio. Avvolse di nuovo la gamba con le bende per coprire la ferita e si rivestì. La stanchezza la colse quasi tutta su un colpo e il peso della notte in bianco appena passata si fece sentire. Johanna sistemò sul terreno una delle due giacche a vento e ci si stese sopra. Un paio d'ore di riposo non avrebbero guastato.

 

 

 

 

 Spazio autore:

Finalmente un po' d'azione, eh? (:
Spero che questo capitolo vi piaccia, io personalmente me la sono passata a scriverlo. E' bello perchè inizio la stesura immaginandomi le scene che sto per descrivere in un certo modo, ma poi mentre le scrivo mi immagino gli eventi in successione per come accadono e le mie idee iniziali si modificano man mano che la storia prosegue.. insomma, la storia si sviluppa un po' da sé man mano che la scrivo.
Fatemi sapere cosa ne pensate, come al solito non fatevi problemi a recensire: sapete che ricevere commenti mi stimola a continuare la storia! Inoltre, fatemi sapere cosa ne pensate riguardo ai capitoli bonus che avevo intenzione di scrivere. Spiego tutto a riguardo a fine del capitolo precedente a questo! Aspetto le vostre risposte.
Per adesso vi saluto.. alla prossima!

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