L'uomo del lago

di DiasproInmay
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'incontro ***
Capitolo 2: *** Pioggia sul bagnato ***
Capitolo 3: *** La tomba per il padre ***
Capitolo 4: *** Dicotomia di un sentimento ***
Capitolo 5: *** Uccisa dall'amore ***
Capitolo 6: *** Fenrir il lupo ***



Capitolo 1
*** L'incontro ***


Mi piaceva andare a scuola, sebbene io non sia mai riuscita a socializzare con gli altri… cercavo di apprendere tutto ciò che potevo a lezione, in modo da potermi esercitare da sola a casa quando non mi potevo allontanare… il mio maestro mi sgridava molto, ma quando dimostravo di essere la migliore della classe, lasciava correre. Era dura, ma la voglia di dimostrare la mia forza mi dava la grinta necessaria per andare avanti, giorno dopo giorno.
- Bene, la lezione di oggi è finita, mi raccomando, continuate ad esercitarvi a casa – con un solare sorriso il maestro concluse la lezione sulle tecniche difensive e, piano a piano, l’aula incominciò a svuotarsi, tutti gli aspettavano i genitori nell’atrio anteriore… tutti tranne me.
- Fenrir, che ne dici se oggi ti accompagno io a casa? – con il registro appoggiato su una spalla, il maestro mi si avvicinò.
- Non ce né bisogno, abito lontano, vi farei allungare troppo la strada – risposi infilando i libri di mio fratello nello zaino che mi portavo sempre appresso… per fortuna li aveva conservati se no non me li sarei potuti permettere.
- Non c’è verso che tu possa cambiare idea? – mi domandò scoraggiato… era già ben nota la mia testardaggine.
- Esatto - gli risposi saltando giù dallo scalino della porta.
- Fenrir, fa molta attenzione… si dice che in questi giorni, nei pressi del lago artificiale, si aggiri un uomo cattivo – esclamò lui preoccupato accarezzandomi i capelli corti.
- Se incontrerò un uomo cattivo, lo sconfiggerò! – gli risposi convinta delle mie capacità, lui sorrise.
- Se lo incontrerai vieni subito da me, è molto cattivo, troppo cattivo – disse lui accompagnandomi alla porta.
- Anzi sai che ti dico, ti affido la tua prima missione - disse lui aprendomi l’uscio.
- Si! - ero contentissima… la mia prima missione ufficiale.
- Bene sono fiero del tuo entusiasmo. La tua missione sarà quella di venire a comunicare al Capo Villaggio la presenza di quest’uomo cattivo, se per caso tu lo incontrassi. Lui ti darà una ricompensa se ti atterrai agli ordini –mi disse con tono molto severo.
- Evvai! – esclamai felice, non vedevo l’ora di mettermi all’opera… dovevo assolutamente trovare quell’uomo cattivo!
- Grazie maestro, sarà fiero di me - senza neanche aspettare la sua risposta corsi in direzione di casa guardandomi attentamente intorno, il lago era molto vicino al luogo in cui abitavo. Se io fossi riuscita, non solo a trovare quell’individuo, ma a sconfiggerlo, avrei potuto essere considerata un eroe come mio fratello... si! Troverò quell’uomo cattivo e gli farò vedere di che pasta sono fatta.
Arrivata a casa mi occupai di mio padre e mi infilai sotto le coperte… ero così emozionata per la missione che mi era stata affidata che non riuscivo a dormire, così mi cambiai d’abito, indossai i miei pantaloncini bianchi, la mia t-shirt blu e, senza far rumore, sgattaiolai fuori di casa per dirigermi alle sponde del lago… con il buio della notte a mio favore, nascosta tra i cespugli e le chiome degli alberi, avrei potuto sorprendere ogni nemico… il mio passo era così leggero che io stessa non riuscivo a distinguerlo dallo scroscio del vento che spostava tuto ciò che poteva.
Una volta arrivata, trovai un posticino adatto per nascondermi e che, contemporaneamente, mi permetteva di tenere sott’occhio una buona parte del lago e così rimasi in ascolto. Che bello, io ero in missione… la mia prima missione, fratellone spero che tu mi stia osservando… vedrai come sarò brava!
Il tempo passava e i minuti incominciarono a scorrere lentamente… troppo lentamente, tutto era calmo e, annoiata, incominciai a riflettere, ma… come avrei fatto a riconoscere l’uomo cattivo? Che tragedia, come ho potuto scordarmi di chiederlo al maestro?! Probabilmente, mi risposi, sarà grosso con una faccia da pazzo scatenato, pochi denti e alito puzzolente. Doveva essere davvero brutto!
Mentre ero presa nell’immaginare il probabile volto di un uomo cattivo sentii dei passi farsi sempre più vicini e il mio cuore sobbalzò, cosa stava succedendo? Oh no… e se fosse l’uomo cattivo? Che cosa mi farà? Presa dal panico caddi dal ramo su cui ero appollaiata, attirando l’attenzione dell’ombra che, con passo lento ma deciso, si avvicinava a me. Mi alzai velocemente e, guardando nella direzione da cui provenivano i passi, cercai di inquadrare la persona che mi veniva incontro, coraggio… questa è l’occasione per dimostrare la tua forza! Indossava un buffo mantello nero con le nuvolette rosse, aveva un anello che luccicava sotto i raggi della luna e, sul capo, un semplice cappello di paglia… che sia lui l’uomo cattivo?
- S-sasuke?!1 – con voce bassa e balbettante l’uomo alzò la testa mostrando il suo volto sorpreso. No… non era lui l’uomo cattivo che cercavo... una persona cattiva non piangerebbe tanto da farsi rovinare le guance.
- Perché stai piangendo? – gli chiesi subito, stranamente mi sentivo in pena per lui.
- Ma io, non sto piangendo – mi rispose cambiando faccia… improvvisamente il suo volto fu avvolto dalle ombre.
- Adesso, ma devi aver pianto molto per esserti fatto quei segni sulle guance – gli risposi indicandolo.
Lui inizialmente sorrise e, sollevando quello strano cappello mi rispose:
- Hai proprio ragione – i suoi occhi erano cambiati ancora, sebbene mi stessero sorridendo, riuscivo a vedere la sua malinconia… come se gli mancasse qualcosa.
- Come ti chiami? – gli chiesi subito.
- Mi chiamo “Donnola2” – i suoi capelli neri, legati da una coda, dondolarono sotto i colpi del vento, per un attimo tremai.
- Cosa c’è? Hai paura delle donnole?- mi chiese subito.
- Si – risposi timida.
- Mio padre dice che sono cattive3 – aggiunsi facendo un passo indietro.
- Sei così coraggioso da uscire nel bel mezzo della notte, con un uomo cattivo che gira da queste parti, ma hai paura di un piccolo animaletto? – mi domandò… cosa? Anche lui sapeva dell’uomo cattivo?!
- Lo conosci? – incominciai il mio interrogatorio… doveva dirmi tutto quello che sapeva.
- chi? – mi chiese subito
- L’uomo cattivo, lo sto cercando, mi hanno affidato una missione… - dissi fermandomi, non potevo rivelare i dettagli della mia missione, soprattutto ad un estraneo.
- Cosa? Dunque sei in missione – mi chiese felicemente sorpreso.
- Si! – esclamai a voce alta.
- Che bello, auguri allora, da quanto tempo hai finito la scuola? – mi chiese sedendosi con le gambe incrociate su un grande sasso.
- Io… in realtà ancora non l’ho finita - gli rivelai triste… era molto dura essere una specie di rimandata.
- E a chi appartiene quel coprifronte? – mi chiese indicando la fascia che indossavo tra i capelli.
- Era di mio fratello – gli risposi diventando ancora più triste…
- Immagino la indossi con orgoglio - affermò accarezzandomi i capelli… la sua mano era così calda...
- Sì, era un grande ninja e io lo sarò ancora di più! – esclamai urlando.
- Catturerò quell’uomo cattivo così da diventare l’eroe del mio villaggio – aggiunsi speranzosa, a quelle mie parole lui allargò le spalle e, con sguardo perso nel vuoto incominciò a fantasticare.
- Che bravo - disse tornando a guardarmi, mi aveva scambiato per un maschio e sinceramente ero indecisa se confessargli la verità, non riuscivo a capire, l’intensità del suo sguardo… ma chi stava guardando? I suoi occhi erano così penetranti… mi sentivo come se mi stessero invadendo.
- Non pensi sia ora di tornare a casa? I tuoi non saranno preoccupati? - mi chiese distogliendo lo sguardo.

1 = Fenrir non solo possiede una fisionomia simile a questo personaggio, longilinea e con corti capelli neri, inoltre indossa degli abiti molto simili, come aspetto e colore, a quelli indossati da Sasuke quando era piccolo.
2 = L'uomo misterioso dice di chiamarsi Donnola giocando sul fatto che il suo nome, Itachi, viene generalmente tradotto così.
3 = Il padre racconta a Fenrir che le donnole sono cattive perchè nella mitologia giapponese, le donnole sono animali che simboleggiano sfortuna e morte.

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Capitolo 2
*** Pioggia sul bagnato ***


- Mia madre è morta… mentre mio padre non è nelle condizioni di potersi preoccupare di me – gli risposi
- Torna a casa – esclamò con voce severa.
- Farò io la guardia al posto tuo stanotte – aggiunse sorridendomi e sdraiandosi per terra.
- M-ma... se arriva l’uomo cattivo? – gli chiesi subito, non volevo che me lo rubasse.
- Lo immobilizzerò e aspetterò il tuo ritorno – mi rispose dolcemente.
- Vai a letto, i bambini hanno bisogno di dormire - non ne potevo più di ascoltare le sue parole… io non ero una bambina! Cercando di fargli una boccaccia, mi lasciai alle spalle quello strano uomo e tornai a casa. Ero molto stanca e, senza neanche cambiarmi, crollai sul letto.
Fenrir
 sentii la voce di mio padre chiamarmi.
- Aspetta papà… adesso vengo a darti la colazione – sbadigliai.
Mi dispiace piccola per averti deluso… ma sappi che ti amo.
- M-ma che dici papà? – con gli occhi ancora offuscati dalla stanchezza gli aprii e per un attimo intravidi la figura di mio padre accanto a me. Papà… cosa ci fai in piedi? Sei guarito?
Quando provai a raggiungerlo, lui sparì… che sia un’allucinazione? Guardai l’orologio e mi resi conto che non avevo sentito la sveglia. Correndo alla velocità della luce mi vestii e scesi in cucina a preparare la colazione… dovevo fare veloce, stavo facendo di nuovo tardi a scuola… non ci voleva! Portai alla bocca un biscotto mentre, con cautela, portavo tra le mani la tazza di latte bollente per mio padre, dovevo fargli fare colazione prima di andare via, già è debole di suo, non potevo fargli saltare un pasto.
Bussai alla porta ma nessuno mi rispose, che stia ancora dormendo? Con il fianco aprii la porta e con passi attenti mi inoltravo nella stanza.
- E’ arrivata la colazione - esclamai a gran voce, il dottore mi aveva detto di non farlo dormire troppo e aiutarlo a mantenere i ritmi sogno-veglia regolari. Lui era sdraiato di schiena alla porta come sempre.
Quando nemmeno la mia voce sembrava destarlo, l'eco di quella illusione mi tornò alla mente e la mano mi incominciò a tremare forte facendo rovesciare il latte che avevo preparato. No, Fenrir… ma cosa vai pensando mai… lui… papà... non può avermi lasciato… non anche lui. Con gli occhi che si gonfiavano, mi sforzai a fermare la mano e, poggiando la tazza sul comò, mi avvicinai lentamente al letto.
-Papà? – chiamai con tono basso… la mia voce non riusciva ad uscire.
-Papà?! – cercai di alzare la voce ma ciò che emisi fu solo un flebile sussurrò.
- Papà!!! – urlai scuotendo un braccio ma continuavo a non ricevere una risposta.
Non so dove trovai la forza per girarlo, le mie mani ricominciarono a tremare e mi sentivo svenire, papà, ti prego svegliati, ma nonostante la mia voce riuscisse stranamente ad uscire dalla mia bocca lui, non riusciva a sentire la mia voce, i suoi occhi, delicatamente chiusi, non reagivano alle mie stimolazioni e il suo polso…. Era silenzioso come la neve che cade leggera in inverno… in quel momento era così che mi sentivo… come se il tempo improvvisamente si fosse congelato nell’istante della scoperta della sua… morte. Ormai non riuscivo più a trattenere le lacrime e, portandomi le sue braccia intorno alle mie spalle, mi sdraiai vicino a lui a piangere, per godermi quell’ultimo caldo abbraccio che, di minuto in minuto, svaniva. Perché papà? Perché anche tu te ne sei andato? Forse… forse non sono riuscita a prendermi cura di te? E’ tutta colpa della mia incapacità… come figlia e come persona… perdonami papà… perdonami!
 

********************* 1

 
- La lezione per oggi è finita – proprio in tempo per il suono della campanella e, molto disordinatamente, i ragazzi si alzarono dai banchi per uscire il più velocemente dall’aula. Sono proprio incorreggibili. Mentre ero intento a finire di compilare il registro, la mia attenzione cadde ancora una volta al banco di Fenrir, oggi per la prima volta era assente. Certo aveva collezionato un’infinità di ritardi ma… non si era mai assentata… non c’era nulla che la riuscisse a distrarre dai suoi impegni scolastici, era motivata e decisa e ciò mi faceva preoccupare. Non è da lei saltare un giorno di scuola, neanche con la febbre… ricordo quel giorno che si precipitò qui e svenne appena attraversata la soglia, aveva la febbre a quaranta e aveva percorso tutta sola la strada che la separava da casa. Deve essere dura per lei frequentare la scuola sebbene abbia perso tre anni, ho notato fin da subito le sue difficoltà a socializzare con gli altri bambini e non ho ancora saputo fare nulla per aiutarla. Forse non è stata una buona idea accettarla nonostante la sua età, certo ha le potenzialità per un grande ninja ma… nonostante tutto continua ad essere indietro rispetto agli altri. Bambini molto più piccoli di lei hanno incominciato ad accennare l’abbozzo di quelle che a breve saranno le loro prime tecniche superiori... invece lei, nonostante l’intelligenza e la forza di volontà… dopo aver appreso la base, non è riuscita ad andare oltre. Per non parlare di quel linguaggio infantile che usa, a volte sembra ancora più piccola degli altri, sebbene abbia una maturità che supera la sua tenera età. Una volta riuscii a parlare col padre che mi raccontò il disagio che l’aveva portata a parlare come una bambina piccola. La perdita del fratello, il suo unico punto di riferimento, l’ha portata a doversi prendere carico di responsabilità che non le competevano, a crescere prima degli altri ma, inconsciamente, cerca ancora le attenzioni che giustamente dovrebbe ricevere da ragazzina di quindici anni, ecco perché il perché… sta disperatamente cercando qualcuno che si prende cura di lei. Molto preoccupato decisi di andare a vedere la situazione, chissà perché avevo una brutta sensazione.
Chiusi l’aula, consegnai le chiavi al custode e senza perdere altro tempo mi diressi alla dimora di Fenrir. La sua casa, da fuori, ti trasmetteva un senso di cupezza, troppa per dover essere l’accogliente casa per una bambina. Chissà quanta umidità si deve far sentire al suo interno…
Mi avvicinai alla porta e bussai. In casa non sembrava esserci nessuno, così tentai di aprire la porta, ma era chiusa a chiave… era strano, molto strano le finestre e le inferiate della casa erano tutte aperte e poi almeno il padre doveva esserci dentro casa, lui non può muoversi come nulla fosse. A questi pensieri decisi di arrampicarmi ed entrare nella casa da una delle finestre aperte, speriamo che non sia successo nulla di grave.
- C’è nessuno dentro casa? - urlai cercando di attirare l’attenzione dei padroni, ma un lugubre silenzio dominava nella tetra atmosfera dell’enorme casa che sembrava abbandonata. Girovagando per casa trovai l’unica porta rimasta aperta e istintivamente mi avvicinai per vedere se ci fosse qualcuno e, con mio rammarico, trovai Fenrir, addormentata tra le braccia del pallido padre, immersa in un mare di lacrime. Quel pallore… non era possibile… cercando di non svegliare Fenrir appoggiai due dita sul collo dell’uomo, ormai freddo e rigido come una roccia, ed, evocando una preghiera per lui, abbassai il volto. Il padre di Fenrir era deceduto… ecco perché non si era presentata a scuola.
Povera piccola, a giudicare dal pigiama che indossava, è stata dura svegliarsi e fare quella tremenda scoperta, ritrovarsi sola affianco al cadavere dell’ultima persona che l’amava, senza avere qualcuno vicino che la potesse consolare.
- P-papà – sentii la voce di Fenrir sussurrare, si era svegliata, probabilmente dopo un lungo pianto deve essere crollata per la stanchezza. La vidi aprire gli occhi e, quando sentì sulla sua pelle il corpo del padre morto, saltò fuori dal letto spaventata e, con gli occhi distrutti dal pianto mi guardò con sgomento.
- Fenrir – esclamai con tono dolce allungandole la mano ma lei, scoppiando a piangere, si alzò e scappò via. Io tentai di inseguirla ma non riuscii a raggiungerla perché, una volta raggiunta la porta, scivolai su qualcosa che era stato gettato a terra, e caddi come un sacco di patate. Sebbene non avevo forti legami di amicizia con il padre di Fenrir, non riuscivo a non essere in pena per lei, m sentivo distrutto come se fosse morto un mio parente… presi coraggio e andai a cercare Fenrir, probabilmente io sono l’unica persona che può ancora prendersi cura di lei sebbene sia un estraneo. Dovevo aiutarla.

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1 = Gli sterischi li uso per dividere il racconto di un personaggio da un'altro. Una specie di avviso di cambio personaggio.



Note della Fan XD (perchè sebbene vorrei è ancor presto per definirmi una scrittrice)
Ho visto che alcuni scrittori di FF si prendono uno spazio per i commenti e mi sentivo di dire qualcosa pure io. Non amo particolarmente scrivere FF, non perchè siano brutte, anzi, alcuni auori sono molto bravi, ma io in particoalare, non riesco a gestire dei personaggi che non ho creato io stessa. E' difficile da spiegare ma, se devo muovere un personaggio ideato da qualcun altro, lo devo studiare, lui e il suo contesto. Difficilmente riuscirei a fare una OOC, perchè io seguo e mantengo i caratteri e le caratteristiche pecuniali dei personaggi originali... altrimenti non sarebbero più loro. Lo so sono fisse mentali ma non ci posso fare nulla. Per arrivare a creare questa FF sono davvero uscita fuori di senno! Ormai non riuscivo più a trattenere la mia adorazione per questo personaggio e in qualche maniera ho voluto che fosse anche un pò mio così ho creato questa FF... ma quanta fatica. Io non sono un'accanita fan di Naruto, sebbene mi piaccia molto non lo seguo aspettando qualche facoltoso regalo natalizio che mi permtta di comprare il manga, quindi prima di mettere mani sul mio personaggio preferito ho dovuto studiarmi il mondo di Naruto e i suoi ingranaggi. Sebbene il mio impegno mi pare che la FF risulti ancora mancante. Ma infondo... sono io che la prendo troppo seriamente... in fondo è solo una FF!

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Capitolo 3
*** La tomba per il padre ***


**********

Mi destai dal mio sonno, ma ero ancora intorpidita dalla stanchezza di quell’estenuante pianto, rimasi qualche secondo in silenzio, non volevo aprire gli occhi, fa che sia solo un sogno… fa che sia solo un sogno.
- P-papà? – lo chiami nel disperato tentativo di ricevere da lui una risposta ma la stanza era così silenziosa.
Quando finalmente si risvegliarono anche i sensi, sentii sulla pelle il corpo freddo di papà e mi si raggelò il sangue. Aprii gli occhi e un’altra sorpresa mi si presentò davanti, il maestro Harada era di fronte a me, con la mano appoggiata su mio padre e gli occhi tremanti. Mi alzai di scatto dal letto e impaurita guardai il maestro… perché lui si trovava qui? Adesso lui mi porterà via da casa, io non posso sopportarlo.
Riuscii a seminarlo abbastanza velocemente e istintivamente mi diressi verso il lago alla ricerca di un po’ di quiete. Mi piaceva ascoltare le piccole onde che increspavano la superficie del lago quando il vento si faceva sentire. Mi addentrai per il bosco finché non raggiunsi le sponde ancora in lacrime.
- Finalmente sei tornato – sentii improvvisamente la voce di Donnola.
- Ma tu… sei ancora qui? – cercai di nascondere le lacrime mentre lui si alò da terra e mi venne incontro.
- Ma certo, che cosa ti avevo detto ieri sera? – disse lui accarezzandomi la testa.
- Non credevo che lo avresti fatto sul serio – gli risposi, io… non riuscivo a trattenere le lacrime… lui… un estraneo… perché sentivo provenire da lui così tanto calore umano e amore?
- E perché mai avrei dovuto prenderti in giro? – mi ripose con quel suo dolce e lieve sorriso che sembra dire… E’ tutto a posto… E’ tutto a posto… Aishiteru1.
- Grazie - gli risposi incominciando a singhiozzare, dovevo essere forte ma non ci riuscivo non davanti a Donnola, il mio cuore in questo momento è ricolmo di triste ma anche di amore… l’amore che quel piccolo gesto mi ha trasmesso… che fantastica sensazione… nessuno ha mai fatto qualcosa per me…
- M-ma dai, non è nulla di ché, non devi mica metterti a piangere per una sciocchezza del genere – quasi turbato da quel mio improvviso crollo lui si avvicinò a me e, con un gesto inaspettato, mi tirò a se cingendomi con un abbraccio che mi avvolse tutta. In mezzo a quella manta nera mi sentivo come avvolta a delle tenebre, e le nuvole rosse stavano piano a piano portando via la mia disperazione... papà… papà… PAPA!

- Fenrir! - una voce maschile mi chiamava
- Fenrir, dove sei? - ancora una volta, ma chi mi chiama?
Aprii gli occhi e il sole accecò i miei occhi ancora stanchi per il pianto.
- Fenrir… mi hai fatto preoccupare così tanto – adesso che ero sveglia riconoscevo la voce… era il maestro Harada.
- Maestro? – mi schiarii gli occhi e, con movimenti pesanti, mi sedetti sull’erba…
- Fenrir... – con tono compassionevole il maestro Harada s’inginocchiò di fronte a me e mi abbracciò e quel suo gesto mi fece ricordare… Donnola… lui, lui aveva fatto esattamente la stessa cosa anzi… lui aveva fatto molto di più… mi aveva avvolta con lo scuro alone che circondava il suo core e ha lenito le mie ferite con il suo calore. Ma dove si troverà adesso? Quanto tempo è passato da quella fusione di anime? E… se è stato solo un sogno? Tra le braccia del mio maestro stavo incominciando a piangere quando potei vedere nel cielo degli uccelli neri uscire dalla chioma di un albero… Sei tu vero? Grazie.
- E’ tutto a posto Maestro – tra me e Donnola non c’è stato un discorso, non so nemmeno se lui abbia capito il motivo della mia crisi ma, quell’abbraccio… lui ha penetrato il mio cuore e gli ha sussurrato dolci parole di consolazione… non si spiegherebbe altrimenti… io mi sentivo già guarita dal lutto che mi aveva colpito. Quando morì mio fratello, rimasi chiusa nella mia stanza a piangere per settimane e mio padre, che ancora poteva reggersi in piedi, si prese cura di me, giorno dopo giorno finché le sue condizioni di salute non peggiorarono e fu costretto a letto… io a quel punto presi una decisione… diventare più forte per aiutare mio padre, e con questo proposito ricominciò la mia vita… ma adesso che lui non c’è più ho temuto davvero di non potermi più riprendere dal colpo… la mia ragione di vita era scomparsa.
- Sei una bambina forte Fenrir - dicendo questo il maestro si allontanò da me e mi accarezzo il volto.
- No, ho tanta paura… non sono forte - gli risposi guardando l’erba.
- E’ normale averne in questi momenti - mi rispose rialzandosi
- Ma non sei sola… ci sono io con te - dicendo questo mi porse la mano.
- Allora se è così non permetta a nessuno di portarmi via! - esclamai quasi con le lacrime agli occhi.
- Io… io non voglio andare via da qui - non adesso che avevo conosciuto Donnola… io volevo vederlo ancora e ancora…
- Te lo prometto - mi rispose con un caldo sorriso, a cui volli affidare le mie residue speranze.
Poggia il palmo della mia mano su quella del maestro che, con forza, mi prese in braccio e mi portò al villaggio. Forse ero fin troppo fortunata, il maestro sembrava volermi davvero molto bene.
- M-maestro non c’è bisogno – esclamai vergognosa una volta arrivati… tutti ci guardavano. Dopo essermi ribellata un paio di volte, lui mi posò a terra.
- Dove volevi portarmi? – gli chiesi appena ricominciammo a camminare… casa mia era dall’altra parte.
- I-io ho pensato di offrirti del the per riscaldarti… stanotte ha piovuto parecchio e se tu hai dormito vicino al lago, avrai preso parecchio freddo. – mi rispose imbarazzato, probabilmente anche lui pensava che il suo gesto fosse fuori luogo ma ha voluto lo stesso dedicarmi quella piccola attenzione.
- Volentieri – gli risposi gentilmente, anche se, non mi sentivo particolarmente infreddolita e i miei abiti non sembravano bagnati o sgualciti che lui mi abbia protetto per tutta la notte dall’intemperia? Chiusi gli occhi e stranamente sentivo ancora addosso il suo odore… non saprei descriverlo mi sembrava profondo come i suoi occhi e dolce come il calore del suo corpo… una fragranza molto rara che lo rendeva unico… Chissà se riuscirò ancora a vederlo.
- Benvenuta a casa mia – dicendo questo il maestro aprì la porta del suo modesto appartamento e mi fece accomodare in cucina dove, un batter d’occhio, preparò dell’ottimo the.
- Ma è buonissimo – esclamai dopo il primo sorso… ero molto tentata di chiedergli la composizione dell’infuso, era davvero molto gradevole.
- Sono contento che tu riesca a sorridere – mi disse sorseggiando la sua tazza.
- Ma non devi sforzarti ad essere forte, quando hai bisogno, io posso darti una spalla su cui piangere – aggiunse poggiando con determinazione la tazza sul tavolo.
- Grazie ma… sto bene – gli risposi cercando di trasmettergli sicurezza.
- Affrontare un altro lutto alla tua età… vorrei che tu sapessi che puoi contare su di me... per ogni cosa – mi rispose guadandomi negli occhi, era davvero confortante sapere di avere la sua vicinanza.
- Grazie – non sapevo cos’altro dire.
- Adesso cosa vuoi fare? Hai parenti che ti possono accogliere? – mi chiese prendendo coraggio… era una domanda davvero difficile a cui rispondere.
- Mio padre si è allontanato dai parenti di mia madre quando morì, non ho mai conosciuto la famiglia da parte di mamma, mentre per quanto riguarda mio padre… non conosco nessuno ma se ci fossero io… non vorrei andare via dal villaggio… qui ho la scuola – mi interruppi, non avevo molto altro che mi legava a questo posto se non la casa di famiglia e la scuola, ma non potevo certo dire al maestro che volevo rincontrare un uomo che si aggirava misteriosamente al lago.
- E poi c’è lei Maestro – aggiunsi enfatizzando la frase e, come nelle mie previsioni, fece l’effetto desiderato perché lui si imbarazzò ma allo stesso tempo ne fu orgoglioso. Fenrir sei un mito.
- Va bene, vorrà dire che mi informo e chiederò ai tuoi parenti il permesso di farti da tutore finché tu sarai qui – mi rispose dopo averci pensato.
- Non ci posso credere, grazie! – saltandogli addosso, lo abbracciai.
- Sembra proprio che tu ti sia ripresa davvero – esclamò riprendendosi.
- Vuoi stare da me stanotte? – aggiunse balbettando.
- Cosa? – gli chiesi.
- Non fraintendere, infondo alla vecchia casa c’è ancora tuo padre - mi rispose velocemente.
- Grazie ma ci penso io, devo affrontare questo mio ultimo demone da sola – dicendo mi alzai e mi diressi all’uscita.
- Stai migliorando - sentii la voca del maestro alle spalle e io mi voltai dubbiosa.
- Il tuo linguaggio, è cambiato – aggiunse indicandomi.
- Probabilmente perché non c’è più possibilità che io possa tornare ad essere la bambina di qualcuno- con quella enigmatica risposta lo congedai e mi diressi verso casa… il maestro ci aveva visto bene io… mi sentivo cambiata, ma probabilmente un po’ del merito lo devo a Donnola…è come se la notte scorsa lui avesse fatto di me una donna… senza neanche toccarmi.
Solcata la porta di casa un po’ della mia determinazione vacillò e, il mio cuore, incominciò ad agitarsi. Il corpo di mio padre era ancora qui e la cosa mi inquietava, ma dovevo dare una sepoltura al suo corpo. Cosa si fa in questi momenti? Non vorrei mai che il professore si accollasse le spese del funerale e poi, mi piacerebbe seppellire mio padre nel suo luogo speciale.
Cercai di mangiare qualcosa, era da un giorno che non mettevo qualcosa in bocca, ma nulla mi attirava tanto da convincermi a mangiare. Aspettai la notte e, facendomi coraggio, entrai nella stanza di mio padre dove il suo corpo era stato coperto dal lenzuolo… probabilmente lì c’era lo zampino del mio maestro. Me lo caricai sulle spalle e, cercando di non farmi vedere da nessuno mi diressi al lago… il luogo in cui lui e la mamma si sono incontrati.
Tua madre era una persona fantastica… e tu le assomigli sempre di più… giorno dopo giorno.
Ero appena arrivata alle sponde del lago quando la frase di papà mi ritornò alla mente… quasi per tormentare ancora di più il mio animo. Mi fermai in un posto dove la terra era facile da smottare e incominciai a scavare con le lacrime agli occhi ma con tutta la forza che la mia determinazione riusciva a darmi.
Non so quanto tempo è passato ma finalmente riuscii a scavare una buca abbastanza grande e accogliente per adagiarci dentro mio padre e, con un ultimo gesto di amore, baciai la sua fronte e lo coprii con la terra che sarebbe stata la sua nuova casa. Veglia su di me come mi hai promesso… altrimenti verrò a prenderti e ti picchierò, padre degenere… sorrisi e con quest’ultimo pensiero compattai la terra e cercai qualche sasso pesante da mettere per segnalare la presenza della sua tomba.
Impilai un paio di massi e cercai di incidere sopra un epitaffio, ma non avevo parole adatte, ero molto stanca, piena di terra fino a dentro le mutande e incisi l’unico pensiero che riuscivo a formulare.
Sii felice adesso che potrai rincontrare la mamma.
- Addio papà – esclamai con un filo di voce. Con passo lento e stanco presi la strada verso casa ma la voce che desideravo tanto ascoltare mi parlò.
- E così il tuo nome è Fenrir – mi fermai di colpo e il mio cuore sussultò… quello stesso cuore che per quelle ventiquattro ore sembrava essersi fermato dopo aver rivisto il corpo inerme di mio padre adesso ribatteva frenetico nel mio cuore… mi sentivo così in colpa… avevo appena seppellito mio padre e questo maledetto si permetteva di battere… d’amore.
- Si – gli risposi voltandomi verso di lui. Sembrava apparso dal nulla e mi guardava con quello sguardo caldo e comprensivo.
- Volevo porgerti le mie condoglianze – esclamò distaccato
- Grazie – e io desideravo così tanto rivederti… erano quelle le parole che avrei voluto dire, ma le mie labbra tremavano dall’emozione.
- Desideri vivere? – improvvisamente il suo viso si incupì e quelle sue parole mi spaventarono.
- Quando si vive trascinandosi una tristezza inerme… a volte si desidera poter spegnere la propria vita – mi spiegò quando comprese la mia confusione. Non capivo… per 
caso vuole alludere che, se desidero, lui può uccidermi?
- Non è così – gli risposi, subito.

- Sebbene il mio cuore sia pieno di sofferenza e tristezza io… voglio vivere – sì, voglio vivere per poterti vedere ancora.
- Sei disposta a vivere nonostante da oggi in poi dovrai lottare? - dicendo questo lui fece un passo verso di me.
- Si! Io lotterò con tutta la mia forza… - gli risposi con le lacrime agli occhi… sono sicura che farà molto male ma finché ci sarà una piccola speranza di poterlo vedere io… lotterò affinché ciò accada.
- Bene… allora stesso posto… stessa ora - improvvisamente degli uccelli neri mi coprirono la visuale e, quando si allontanarono, Donnola era scomparso.
M-ma che fine aveva fatto? E cosa voleva dire con quelle parole?



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1 = Aishiteru è la parola giapponese che indica amore, amare.
Kimi o aishiteru vuol dire "ti amo" ma non e' molto usata perche' oltre ad essere forte e' un'espressione piuttosto letteraria e molto formale.Quindi e' molto usata nelle canzoni,nei drama,nei film,nelle opere letterarie ma nella vita di ogni giorno non lo e'. Si usa solo nelle occasioni speciali. Infatti i ragazzi giapponesi si dicono "daisuki"(mi piaci tanto),"suki"(mi piaci) oppure "taisetsu ni omotteru"(sei importante per me,ci tengo a te).Queste espressioni sono piu' leggere quindi sarebbero "ti voglio bene" in italiano. Ho usato Aishiteru proprio per rappresentare l'amore profondo che Itachi prova dentro al suo cuore(e non mi riferivo all'amore di una donna, ma bensì l'amore che lui ha per la famiglia), e che la ragazza riesce a percepire grazie alla sua sensibilità.

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Capitolo 4
*** Dicotomia di un sentimento ***


Ormai la notte era inoltrata e, una volta rimasta da sola, mi avviai a casa. Mi sentivo così distrutta… gli occhi per il pianto… le braccia a forza di scavare e il cuore per il vuoto che improvvisamente si era format dentro di me… sebbene mio padre adesso era sotto la terra, appena solcai la porta di casa, il mio pensiero tornò alla sua camera… quasi come se lui fosse ancora lì. Salii e mi fermai di fronte al lettone dei miei genitori… ormai completamente vuoto. Qualche lacrima scese ancora e, con la testa dolorante, mi accasciai sul letto lasciandomi cullare dall’odore che si poteva ancora sentire tra le lenzuola che lo aveva visto espirare.
 
Qualcuno bussava violentemente alla porta di casa e quel rumore mi svegliò di soprassalto.
- Fenrir! Ci sei? – strofinandomi gli occhi con le mani mi alzai e, abbastanza lentamente, raggiunsi il portone.
- Chi è? – chiesi aprendo.
- M-ma cosa ti è successo? – con voce preoccupata il mio ospite entrò velocemente in casa.
- Maestro ma lei… cosa ci fa qui? – gli chiesi ascondendo le mani… ero così stanca che non mi ero lavata.
- Cosa ci faccio? Ma sai che ore sono? – mi chiese invadendo la cucina con delle buste piene di cose da mangiare.
- No… - mi fermai per vedere l’orologio.
- Ah, ma sono le tre di pomeriggio – aggiunsi meravigliata, ho dormito quasi dodici ore.
- Si e scommetto che non hai nemmeno fatto colazione – disse squadrandomi
- Bhè si in effetti mi sono appena svegliata, ieri notte mi sono addormentata tardi – cercai di spiegare le mie condizioni ma… era impossibile.
- Vai a lavarti, penso io a prepararti il pasto oggi – che tenero… il maestro dopo la scuola si era preoccupato di farmi la spesa ed era corso qui per cucinarmi da mangiare, sentivo il mio cuore sorridere.
- Volentieri – riposi coprendo il sorriso che le sue attenzioni erano riuscite a farmi tirare fuori.
Andai in bagno e buttai in una busta tutti gli indumenti che avevo, penso che mi sarà impossibile lavare via la terra e i ricordi che quei vestiti avevano ormai imprigionato tra le loro fibre.
Io… mi sentivo così sporca… non solo materialmente. Mio padre è morto da appena quarantotto ore e io non solo sono stata capace di seppellire il suo corpo da sola, ma mi sento sollevata… dentro di me sono quasi contenta che lui non ci sia più. E’ un sentimento terribile quello che provo, mi faccio schifo da sola ma… io non riuscivo più a vivere in quelle condizioni. Mi perdonerai vero padre? Perdonerai questo mio stolto cuore?
Uscita dalla doccia  indossai una vestaglia rosa, avevo proprio voglia di coccolarmi ancora un po’ sotto le premurose cure del maestro. Sorridente mi sfregai i capelli e, senza asciugarmeli, andai in cucina dove la tavola era stata apparecchiata per uno.
- Ti senti meglio? - la voce del maestro mi sorprese alle spalle… dove era andato?
- Si, è stata una doccia rigenerante - gli risposi guardandomi le mani.. avevo ancora la terra incastrata sotto le unghie.
- Spero sia tutto di tuo gradimento - mentre mi accomodavo per abbuffarmi di tutta quella abbondanza il maestro prese voce.
- Senti Fenrir, ma la stanza di tuo padre è vuota – aggiunse con voce tremante.
- Lo so  - gli risposi riempiendo la bocca di frittata, la sua faccia era molto eloquente.
- Ieri notte l’ho seppellito - gli spiegai appena ebbi la bocca vuota.
- Cosa hai fatto? E tutta da sola? - il maestro incominciò ad urlare tanto da farmi affogare.
- Sì - gli riposi semplicemente.
- M-ma come ti è venuto in testa? - i rimproverò severo.
- Sono sicura che è quello che lui avrebbe desiderato – ne ero convinta.
- Non penso che tuo padre desiderasse che tu ti crocifiggessi per la sua morte – con evidente movenze rassegnate il maestro si alzò e incominciò a fare i piatti.
- Non capisco la tua affermazione… io sono sicura che lui avrebbe voluto essere seppellito in quel luogo – risposi cercando di essere vaga.
- Si, forse hai ragione ma lui non avrebbe mai voluto che tu continuassi a distruggerti continuando a pensare a cosa sia più giusto per gli altri – tra una pentola e una forchetta il maestro mi colpì con quella sua affermazione.
- Ora come ora devi pensare più a te, non avere timore di essere un po’ egoista… adesso hai la possibilità di prenderti cura di te stessa. – mi spiegò sedendosi vicino a me con uno strofinaccio tra le mani.
- Penso di aver capito, è difficile per me fare una cosa del genere ma… ci proverò – mi sentivo così positiva… adesso avrei potuto seguire la scuola ninja un po’ più liberamente.
- Grazie di tutto Maestro – e lo dicevo davvero col cuore.
- Prego, per la mia figlioccia – dicendo questo mi baciò sulla guancia… non capirò mai perché lui mi ha preso così tanto a cuore la mia sorte.
- Sono riuscito a rintracciare i tuoi nonni – aggiunse sparecchiando.
- Ho dei nonni? – chiesi… mi sembrava così strano sentirlo.
- Si, vivono a Konoha, nel paese del fuoco. – mi rispose subito.
- Li hai trovati velocemente!  Come hai fatto? – speravo che la ricerca dei miei parenti più prossimi si rivelasse molto più lunga.
- Sono bravo a dedurre le cose – mi rispose facendomi l’occhiolino.
- Ho mandato un messaggio tramite un corriere, prima di un paio di settimane non arriverà a destinazione – bene, almeno avrei potuto avere un mese prima di avere la loro risposta.
- Bene – esclamò rimboccandosi le maniche.
- Adesso si passa allo studio! – aggiunse euforico.
- Cosa?! – esclamai… e io che pensavo di poter fare finta di essere in un lutto un altro po’.
- Hai capito bene, adesso ti faccio una lezione privata - e come u dottore a domicilio uscì fuori la sua cassetta delle torture.
- Va bene, mi hai convinto -
Sebbene controvoglia seguii la lezione, il maestro aveva deciso di farmi recuperare due lezioni in una sola giornata e, quando il sole calò, riuscì nel suo intento. Ero stanca ma riconoscente, ero contenta che grazie a lui non ero rimasta indietro.
- Grazie ancora - dissi accompagnando il maestro alla porta.
- Smettila di ringraziare – aveva sempre la risposta pronta.
- Ci vediamo domani? – mi chiese prima di andarsene.
- Si, e non si preoccupi… non c’è più bisogno lei venga a fare l’invasione a casa – mi soffermai e guardai il cielo che si stava riempiendo di stelle.
- So badare a me stessa. – aggiunsi.
- Sappi che se ti capiterà di sentirti sola, io ti accoglierò con piacere – le sue parole erano sempre così dolci. Grazie.
Quando il maestro sparì all’orizzonte presi una brandina e mi sdraiai nel cortile… sembrava essere una notte fantastica e io, per ovvi motivi, non riuscivo a prendere sonno.
Mi sembrava così strano essere così vicina al maestro Harada ed aver approfondito la sua conoscenza fuori dall’edificio scolastico. E’ così premuroso e tenero… e poi è bravo in cucina.. chissà perché vive da solo, non mi sembrava di aver percepito una presenza femminile nel suo appartamento quando mi offrì il the… sebbene fosse una casa ben arredata… si sentiva la mancanza di una qualcosa, non era così calorosa come avrebbe voluto far credere lui.
Il cielo, nonostante le stelle e la luna, era stranamente tinto di un nero molto pesto… un nero profondo… mi sembrava quasi di specchiarmi in quelli di Donnola…

Stesso posto… Stessa ora.
Mi ero quasi dimenticata di quella sua affermazione… Quelle parole… per un attimo dentro di me risuonarono come un appuntamento… che sciocca pensare una cosa dl genere ma, se davvero lui avesse fatto una cosa del genere? Sembra così assurdo ma il mio cuore lo sperava davvero. Mi alzai  di scatto ed, emozionata, incominciai a corre verso il lago… Donnola ti prego aspettami.

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Capitolo 5
*** Uccisa dall'amore ***


Ero quasi sulle alle sponde del fiume quando pensai ancora ad una volta a Donnola… che buffo nome, i genitori di quell’uomo devono essere stati crudeli per dargli quel nome.
Quando finalmente la luna fu rivelata dalla nuvole, riuscii a contemplare la desolata superficie del lago, non sembrava esserci nessuno… forse era troppo tardi… o semplicemente Donnola non mi aveva dato nessun appuntamento.
- Sei in ritardo – e come per risposta il mio cuore battè così forte che per un attimo dovette piegarmi. La sua voce, allora lui mi stava aspettando.
- Non ero sicura di aver compreso il messaggio – gli risposi senza voltarmi, riuscivo a sentire il calore delle mie guance.. avevo paura che se mi fossi girata lui potesse scrutare nel mio sguardo che si scioglieva per lui.
- Non hai portato la tua attrezzatura? – mi chiese, quale attrezzatura? Neanche il tempo di pensarci che un kunai volò ad un paio di centimetri di distanza dal mio volto, per andarsi a conficcare sul tronco di un albero di fronte a me.
- Prendilo… te lo regalo – come ha fatto? Non mi sono nemmeno accorta che lui lo avesse sfilato.
Mi avvicinai al kunai e lo estrassi dall’albero e per un attimo lo accarezzai, il kunai di donnola…
- Fammi vedere di cosa sei capace di fare – mi voltai e i suoi occhi mi scrutavano freddamente.
- Ieri hai affermato di voler vivere anche a costo di dover lottare, dimostrami di cosa sei capace – mi spiegò… sebbene le sue parole avevano un senso io non riuscivo a capire il perché! Perché dovevo combattere contro di lui? Perché dovevo dimostrargli e mie infime capacità? Non avrei mai desiderato colpirlo ma cercai di non mangiarmi le parole e, dopo essermi stretta il coprifronte, andai all’attacco, presi una veloce rincorsa e lo colpii.
- Lenta – mentre la figura di Donnola si sfaldava in uno stormo di corvi sentii la sua voce rimproverarmi alle mie spalle e la sua mano colpire la mia spalla. A quel puto saltai lontano e tentai una strategia differente, provai a fare delle finte per poi cambiare la traiettoria dei colpi ma… lui era troppo veloce… e stava semplicemente parando i miei colpi. E io che avevo paura di colpirlo, ti questo passo mi sarà impossibile.
- E’ tutto qui quello che ti hanno insegnato scuola? – mentre io ansimavo affannata lui si avvicinava lentamente a me con volto deluso.. Io.. Io.. lo so di non essere un gran che come ninja ma almeno ci dovevo provare.
- Ormai le scuole non sono davvero più quelle di una volta – non è vero, il maestro Harada ha cercato di insegnarmi tutto ciò che può… sono io che sono un’incapace.
- Adesso ti metti a frignare ragazzino? – in un batter ciglia mi ritrovai Donnola piegato su di me.
- Fammi vedere la tua tecnica più forte, forza colpiscimi! – con le mani strette tra i miei capelli lui continuava a darmi addosso con le parole ma io non riuscivo a reagire. Ero prigioniera della sua presa.
- Come pretendi di sopravvivere così? Forse è meglio che tu raggiunga al più presto tuo padre - dicendo questo i suoi occhi… i suoi occhi si macchiarono del colore del sangue e mi puntavano, sapevo che lui stava per attaccarmi… dovevo reagire, non si poteva permettere i parlarmi in quella maniera… lui non mi conosceva affatto, non posso credere che l’uomo gentile che mi aveva consolato quella notte e costui erano la stessa persona… che delusione, io mi sono fatta ingannare, me la pagherà! Con il volto basso per nascondere le lacrime che scendevano dal mio volto incominciai ad incrociare i sigilli. Fenrir, quante volte lo hai fatto a scuola, forza è così facile.
Pecora, cinghiale, bue, cane, serpente… Kawarimi no Jutsu.
Sebbene non fosse stato un mio tempo record, riuscii ad effettuare la sostituzione e mi ritrovai alle spalle di Donnola e osservavo la sua prossima mossa. Si voltò e incominciò ad effettuare dei sigilli ma… ma… era veloce anche nell’esecuzione dei sigilli, topo, cane, toro e, e… mi sono persa!
- Katon! Housenka no Jutsu – esclamò, e dalla sua bocca uscirono delle palle di fuoco, non avevo modo di difendermi da quell’attacco se non correndo, avevo già usato la Kawarimi no Jutsu, e mi dispiace ammetterlo ma nello stato in cui ero non riuscivo a fare molto. Schivai con facilità le prime palle anche se, pino a piano, sembravano diventare sempre più veloci finché non mi distrassi e l’ultima mi colpì il braccio.
- Ah! – perché sentivo così tanto dolore? Aprii gli occhi e osservai il mio braccio, sanguinava e tra la carne era incastrato uno shuriken. Io credevo di essere stata colpita da una palla di fuoco e invece…
- Bravo, per essere un novizio hai schivato quasi tutto il mio attacco – disse battendo le mani.
- Taci! – basta non potevo più sentirlo parlare, con la forza che mi rimaneva estrassi lo shuriken urlando.
- Forza, attaccami! - strepitò con una risata da spossato.
- Non posso – gli risposi cercando di frenare l’emorragia.
- Non puoi… e che razza di ninja sei? - quelle sue parole mi fecero sentire ancora più inutile di prima.
- Io non sono un ninja! - mi inginocchiai a terra e, incominciando a piangere, slacciai il mio coprifronte lanciandolo lontano da me.
- Io non sono un ninja - ripetei, come ho potuto pensare di poter emulare mio fratello io… io ero solo una sciocca incapace, non riuscivo nemmeno a tamponare una stupida ferita.
Mentre io strappavo un pezzo di maglia per avvolgermela al braccio, Donnola recuperava il mio coprifronte e si portò di fronte a me, piegato sulle ginocchia, con un caldo sorriso sulle labbra, nonostante quei spaventosi occhi.
- Non trattare così il ricordo di tuo fratello – dicendo questo me lo porse.
- La tua esecuzione dei sigilli, sebbene sia un po’ lenta, è precisa e pulita, ed è la cosa più importate quando si effettua una tecnica, la velocità arriva con la pratica. Hai molta tecnica, e da questo si capisce che hai studiato molto le ninjutsu, non demoralizzarti – quando allungai la mano per prendere il coprifronte lui avvicinò due dita della mano destra sulla mia fronte e mi colpì lievemente.
- Non arrenderti proprio adesso, solo perché ancora non ci riesci non vuol dire che non ne sei capace – mi disse per incoraggiarmi.
- No infatti, vuol dire semplicemente che non ho talento – gli risposi sospirando.
- Sai, invece io penso che tu abbia molti talenti, ma il problema è che sono ben nascosti – distolsi lo sguardo… se i nostri volti si sarebbero incrociati io sarei diventata rossa.. il mio cuore aveva ripreso a battere, nonostante tutto.
- Permettimi di insegnarti quello che so – i suoi occhi erano tornati neri e profondi, e il suo volto mi guardava benevolo… quello era il Donnola che avevo conosciuto. Improvvisamente il suo animo fu invaso dalla malinconia.
- Si, ti prego – avere un insegnante del suo calibro sarebbe stata un’occasione irripetibile, lui era fortissimo, probabilmente molto di più del maestro Harada.
- Sei pronta a tutto? – mi domandò contento.
- Si – gli risposi mettendomi sull’attenti.
Donnola subito si apprestò a raggiungere il bagnasciuga del lago e, dopo essersi spogliato della tunica rossa e nera, incominciò ad immergersi nell’acqua indossando ancora i pantaloni e la maglietta. Non capivo, prima mi ha detto che mi avrebbe fatto da maestro e adeso si faceva il bagno?
- Vieni in acqua anche tu – mi chiamò… in acqua ma ma io ero una ragazza non potevo farmi il bagno con lui… ah, è vero lui non sa che sono una femmina e non avevo ancora intenzione di rivelarglielo…
- Quando il maestro ti dice qualcosa, si obbedisce a prescindere, non lo sai? – il tempo di voltarmi e Donnola si trovava di nuovo di fronte a me… ma questa volta con gli indumenti bagnati che aderivano sul suo corpo… perché la mia mente si metteva a vedere certi dettagli!!!
Senza aspettare la mia risposta Donnola mi prese con la forza sulle sue spalle e mi portò nel lago… e adesso cosa voleva fare? Cosa avrebbe pensato se avesse scoperto che io ero una ragazza?
- Fermati, lasciami andare – cercavo di liberarmi ma le sue mani erano ben ferme su di me, anche se la cosa non mi dispiacesse, non volevo che mi scoprisse.
- Sto per insegnarti qualcosa che nessuno a scuola può fare – dicendo questo mi buttò nell’acqua gelida del lago. Tentai di riemergere ma la sua mano improvvisamente mi bloccò la testa… ma cosa… lui voleva affogarmi? Col fiato sospeso cercai di liberarmi, dovevo assolutamente riemergere io… io non sarei resistita molto sott’acqua. Il freddo dell’acqua rallentava i miei pensieri e i miei movimenti, mentre la forza di Donnola mi opprimeva sempre più… alla fine io morirò davvero…quello che ha detto si sta rivelando… un un’incapace come me non può che fare questa fine… ma sono contenta che almeno sia riuscita a conoscere il maestro Harada. Perché le mani che vorrei mi abbracciassero ancora come quella notte mi stanno facendo tutto questo male… perché? Una bolla uscì dalla mia bocca, avevo finito l’ossigeno e sentivo i polmoni collassare, il mio petto fa male, il mio petto fa molto male… ma quando finirà tutto questo?

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Capitolo 6
*** Fenrir il lupo ***


Sono stata sleale a far finire l'ultimo capitolo in quella maniera =P quindi ho cercato di aggiornare velocemente. Commentate!

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Osservavo i movimenti di Fenrir, che erano praticamente da manuale, e per un attimo la mia testa andò a quei tempi in cui studiavo e Sasuke cercava di imitarmi… Sasuke, spero che tu mi stia cercando in questo momento.
- Sto per insegnarti qualcosa che nessuno a scuola può fare – Fenrir si agitava molto sulle mi spalle, lottava con tutta la forza… perché reagiva così? Ancora non sapeva cosa le volevo fare.
Avevo notato nell’esecuzione delle tecniche che qualcosa non andava.
Dopo aver effettuato una semplice sostituzione era visibilmente indebolita, troppo indebolita per una tecnica di base, era come se il suo chakra si fosse già esaurito, eppure se ha i geni di quell’uomo… no, deve sicuramente avere una forza nascosta. Perdonami Fenrir per quello che sto per farti… avanzai nell’acqua e, appena fu abbastanza profonda, la lasciai cadere forzando la sua testa al di sotto della sua superficie. Fenrir incominciò a reagire violentemente poi, senza alcun motivo, smise di tentare di riemergere… non mi deludere, forza rialzati.
Guardavo la superficie del lago increparsi e delle bolle emergere, a breve dovrei tirarla su, altrimenti rischierò di ucciderla… uccidere… per un attimo le immagini di quel sangue sulle mie mani tornarono vivide come quel giorno. Era la seconda volta che delle persone che avevano stima e fiducia in me soffrivano per mano mia.
Quando ormai ero scoraggiato sentii una voce provenire dal fondo del lago.
Ragnarok1
Qualche secondo dopo il mio braccio fu addentato da qualcosa e, appena lo alzai, Fenrir era attaccata con le mandibole alla mia carne e il suo corpo avvolto da un’aura grigia, quello era il suo chakra… allora avevo ragione, dietro quell’apparenza indifesa c’era davvero altro. Agitai un po’ il braccio ma i suoi denti erano ben assestati nella mia carne, così incominciai a forzarle la mandibola con la mano libera e lei, per non farsi del male, finalmente si sganciò saltando fuori dal lago, lontano da me, poggiandosi a quattro zampe sulla terra. Il suo volto era aggressivo, dalla sua bocca la saliva colava copiosa, pulendo il suo mento dal sangue e i suoi occhi mi guardavano come una preda. Il mio espediente aveva dato i risultati sperati… fin troppo. Osservai attentamente  la figura di Fenrir e la cosa che mi colpì furono le catene… il suo corpo di bestia era ricoperto di catene spezzate, che il suo chakra in qualche maniera era stato sigillato da quelle catene? Adesso non aveva importanza, dovevo riuscire a farla tornare in sé.
Presi gli ultimi shuriken e glieli lanciai addosso, senza alcun risultato, così lei partì alla carica lanciandosi ancora una volta addosso, riuscii a parare il volto con il braccio destro, ancora sanguinante, che fu di nuovo nella morsa di Fenrir. Se solo avessi potuto contraccambiare mi sarei sbarazzato subito del problema, ma avevo paura di poterle fare del male.
- Fenrir, non costringermi a reagire – a momenti mi staccava il braccio, di questo passo ero costretto a farle del male.

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- Fenrir… - la voce di Donnola riecheggiava di nuovo dentro di me e confusa aprii gli occhi tentando di capire da dove proveniva il suo richiamo ma… cos’era quel sapore ferroso in bocca?
- Bentornata - io… non capivo ero confusa, come sono riuscita ad uscire dall’acqua? Ero piegata a quattro zampe su Donnola e la mia bocca si bagnava del sangue che fuoriusciva dal suo braccio destro… ma che cosa è successo? Che diamine mi è successo? Perché Donnola è ferito? Sono stata io a fargli del male? La mia attenzione cadde sui miei indumenti fradici ricoperti da schizzi… cosa ho fatto? Quindi il sapore che avevo in bocca era… era… sangue. Mi sentii improvvisamente male e per lo shock, mi sentii perdere i sensi.

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- Chi si vede, ti stavo aspettando, oggi sei in ritardo – la tagliente lingua di Kisame non perdeva tempo per colpire.
- Ci sono notizie di Naruto? - chiesi sedendomi con le gambe incrociate.
- No, a quanto pare non è nel villaggio dobbiamo attendere o far parlare qualcuno – con aria scocciata Kisame si avvicinò a me.
- Cosa hai fatto lì? Stanotte hai litigato con un cane rabbioso? – mentre il mio compagno dava aria alle sue branchie io sollevai la manica e sfasciai il braccio, dovevo controllare la ferita.
- Non esattamente – gli risposi ricordando il combattimento con Fenrir.
- Non mi riguarda il motivo per cui ogni notte ti allontani ma racconta… il cagnolino ti ha fatto molta paura? – Kisame era davvero in vena di morire oggi.
- Era un lupo – gli risposi distaccato, sciacquando la ferita.
- Un lupo? – mi chiese sorpreso.
- Si, proprio un lupo – esclamai rifasciando la ferita, quei maledetti canini di chakra avevano quasi raggiunto i tendini, sarebbe stato davvero un problema se mi avesse infortunato in maniera  più grave, per fortuna erano relativamente piccoli. L’immagine di Fenrir piegata a quattro zampe che mi ringhiava mi balenò nella mente… se lei riuscisse a controllare ed accrescere quel chakra… diventerebbe un ninja molto potente, ma sembra che lei non riesca ad usufruirne a suo piacimento.
Per risvegliare in lei il chakra sono stato costretto a costruire in torno a lei una situazione in cui la sua vita fosse in pericolo… bene, penso di aver trovato l’argomento della nostra prossima lezione.

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Ho fatto un sogno… un sogno molto rilassante, delle calde mani mi sfioravano dolcemente la pelle, accarezzavano il mio braccio fino a salire sul mio collo, massaggiando delicatamente la zona, per arrivare a sfiorare le mie labbra. Avevo la vista offuscata e, dentro di me, un gradevole calore invadeva le mie membra. Un calore mai provato… sorrisi… non so perché ma sentivo che quella sensazione era davvero gradevole poi di fronte a me si porse una figura… una figura oscura che mi scrutava con uno sguardo tremante dall’emozione. Riconobbi quegli occhi bassi, quei lunghi solchi… quello sguardo solitario.
- Donnola! - lo chiami e di scatto mi sollevai. Vicino a me non c’era nessuno, la luce del sole entrava dalla finestra della mia camera… ma… cosa ci facevo lì? Con la testa dolente poggiai i piedi a terra e mi osservai intorno… il mio ultimo ricordo era il lago, l’acqua che stava entrando nei polmoni e… e… il sangue sulla mia bocca… nella mia bocca. Mi guardai intorno e la mia attenzione andò subito al kit di pronto soccorso poggiato sul comodino, la mia manica strappata e il mio braccio fasciato accuratamente… Qualcuno deve essersi preso cura di me stanotte, ma chi? Mi alzai e mi specchiai, mi sentivo una pezza. Che sia stato il Maestro Harada? No, se lui mi avesse trovato fuori di casa in quelle condizioni avrebbe aspettato il mio risveglio per sgridarmi. Ma allora chi? Donnola non poteva conoscere l’ubicazione della  mia casa eppure cercando di raggiungere la cucina un pezzo di stoffa nera e rossa attirò la mia attenzione. Quel sogno… possibile che lui è stato davvero qui? Come conosceva casa mia? Cosa è successo davvero ieri? Tanti interrogativi riempirono la mia testa ma un pensiero sovrastò sugli altri… LA SCUOLA! Ero sicuramente in ritardo, come sempre! Mi cambiai velocemente e mi fiondai giù per le scale correndo nelle strade sterrate urlando.

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1= sveliamo qualche retroscena sulla protagonista. Il suo nome deriva dalla mitologia, infatti Fenrir 
è un gigantesco lupo della mitologia norrena, nato dall'unione tra il dio Loki e la gigantessa Angrboða. La leggenda vuole che Odino, spinto dalle profezie che dicevano che da Fenrir non sarebbero venute che disgrazie, incatena Fenrir con l'inganno. Quando giungerà la fine del mondo, il Ragnarok, ogni legame verrà spezzato... e anche le catene di Fenrir si spezzeranno e lui tornerà da Odino per ucciderlo.

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