Non c'è niente di cui avere paura, è solo amore.

di _dirtyGreenMe_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***
Capitolo 4: *** Parte 4 ***
Capitolo 5: *** Parte 5 ***
Capitolo 6: *** Parte 6 ***
Capitolo 7: *** Parte 7 ***
Capitolo 8: *** Parte 8 ***
Capitolo 9: *** Parte 9 ***
Capitolo 10: *** Parte 10 ***
Capitolo 11: *** Parte 11 ***
Capitolo 12: *** Parte 12 ***
Capitolo 13: *** Parte 13 ***
Capitolo 14: *** Parte 14 ***
Capitolo 15: *** Parte 15 ***
Capitolo 16: *** Parte 16 ***
Capitolo 17: *** Parte 17 ***
Capitolo 18: *** Parte 18 ***
Capitolo 19: *** Parte 19 ***
Capitolo 20: *** Parte 20 ***
Capitolo 21: *** The end. ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


Sono le quattro del mattino, è presto, è freddo, è fastidioso svegliarsi a quell'ora. Lukas non lo ha mai sopportato, per fortuna gli è capitato solo due volte: il giorno della prima gita scolastica e quando suo padre se n'era andato. Con questa facevano tre. I suoi tredici anni dieci mesi e un giorno erano stati lunghi abbastanza perché il ragazzo potesse veder andare via due persone molto importanti per lui: sua nonna Bonnie, che ora, consumata dai suoi novantasei anni, lo guardava dal cielo; e suo padre, perché i suoi avevano divorziato e lui se n'era andato a vivere a Voldesland, in coabitazione con un amico. Lukas era stato affidato a sua madre, e si era aspettato che cambiassero casa, che cambiassero vita, che cambiassero città. Invece no. Non fecero niente, rimasero esattamente lì dov'erano, come se il trasferirsi di suo padre avesse congelato il tempo. Restarono in quel palazzone grigio come il cielo di città, quel cielo che ogni mattina autunnale riservava una nube densa e grigia di nebbia agli abitanti di Stoccolma. Perché quella era Stoccolma, non vivevano mica a Roma o Berlino, che se ti va bene trovi il sole che almeno un po' ti rallegra. Vivere a Stoccolma significa essere freddi come il clima, significa che si esce di inverno a -26 gradi centigradi e non si fa una piega perché quello era il Nord, il Nord che non concedeva un giorno di serenità. Ma a Lukas sarebbe piaciuto abitare a Roma o Berlino, avrebbe voluto essere italiano o tedesco, o magari russo o ucraino o finlandese o bosniaco o macedone o albanese o libico o sudafricano. Tutto ma non svedese. Il perché? Semplice, perché l'erba del vicino è sempre più verde. E Lukas odiava vivere tra tutti quei nazionalisti, avrebbe preso quella maledetta bandiera dalle mani del professore e ci avrebbe sputato sopra, ne sentiva l'impulso ogni volta che quel vecchio maledetto tirava fuori quel rettangolino di stoffa azzurro con la croce nordica gialla per raccontare le gesta degli avi, che poi, in effetti non avevano mai fatto nulla di speciale. Solo che non poteva, una cosa del genere gli sarebbe costata l'espulsione, ovvero un sacco di botte da sua madre e suo padre, una grande delusione per tutti e poi, no, non ne valeva la pena, a scuola aveva anche discreti risultati. Così per scaricarsi da quella pesantezza, dopo la lezione di storia chiedeva sempre di andare in bagno. Attraversava il corridoio lungo ma stretto, con le piastrelle rosa mattone a terra e bianche sui muri. Da far venire il voltastomaco. Il bagno? Poco peggio. Sembrava il ripostiglio di un carcere, altro che Svezia civile, come diceva sempre il suo insegnante di matematica. Ma era quello, e per raggiungere l'altro avrebbe dovuto attraversare tutto l'edificio, e non ne aveva voglia. Così puntualmente si spingeva nella stanza. Qualcuno aveva cancellato con un pennarello nero la scritta 'Toilette ' e l'aveva rettificata con 'Cesso'. L'inchiostro era vecchio, doveva essere stato qualcuno che a quest'ora aveva famiglia e lavoro. In comune con Lukas aveva solo che quel posto gli faceva schifo. Arrivato a WC si inginocchiava davanti a questo e, dopo essersi assicurato che la porta fosse chiusa, si cacciava due dita in bocca e vomitava. Vomitava la storia degli avi, secondo lui. Invece vomitava solo latte e cereali. Il bello della sua scuola era solo che era immensa. Se ci si affacciava da una qualsiasi stanza si poteva leggere ' Istituto Scientifico maschile "Alfred Nobel"' Maschile, perché lì l'unica femmina che ci fosse mai entrata era l'anziana bidella, e un paio di segretarie sulla cinquantina. Ma tanto a lui le femmine non piacevano, lo sapeva da un po'. Solo che non lo diceva a nessuno. Sua madre l'avrebbe compatito troppo, e i suoi compagni l'avrebbero fatto sentire uno schifo. Così se lo teneva per lui. Mica era scemo. Dopo tutto quel pensare si voltò verso l'orologio, sperava almeno che fossero le cinque. Invece erano appena le quattro e dieci.

 

 

"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri)

NB! LE RECENSIONI SIA NEGATIVE CHE POSITIVE SONO GRADITE :)

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


Un bacio sulla guancia, una carezza tra i capelli, un altro bacio, ma questa volta sulla fronte candida. Il risveglio mattutino del giovane Lukas sicuramente non è brusco ed insulso come qualcuno,o meglio, la maggior parte di voi si sarà aspettata, ma dolce,tenero e pacato come quasi tutti sognano. E' la sua mamma che lo sveglia, questa come ogni mattina da tredici anni a questa parte dolcemente e con amore, tantissimo amore e grazia, una cosa buona che accompagna Lukas in questo cammino tortuoso e difficile dell'adolescenza. Mamma Laura adora il suo "bambino", e quando qualcuno le ricorda che non è più un bambino ma un ragazzo, lei sente un prurito al cuore, una fitta allo stomaco che nessuna medicina può calmare e per un po' stramaledice il tempo che passa, che le sta portando via quel bimbo biondo che ha portato per otto mesi e mezzo sotto il suo cuore e che ha reso la sua vita un capolavoro, anche se con qualche difficoltà. Con il tempo, specialmente dopo il divorzio di Laura con l'ex marito Aken , il rapporto tra la donna e suo figlio era sempre più migliorato, creando tra i due una complicità che gli permette di capirsi con un solo sguardo o un gesto appena accennato del viso. Quando Lukas nacque, dai primi giorni di vita fino al nono anno di età tutti i parenti credevano che fosse uguale a Laura, e non perdevano occasione per farglielo notare; "Oh cielo, ma voi due siete uguali!"

"Oh Gesù, due gocce d'acqua!"

"Ragazzino, sai di essere identico a tua madre, vero? " Tutto questo faceva felice Laura, la riempiva d'orgoglio. Ora però le cose erano cambiate; Laura era invecchiata e Lukas aveva assunto tratti e lineamenti decisamente più mascolini e, mentre i capelli della donna si erano scuriti negli ultimi anni, diventando biondo cenere, quelli del figlio erano sempre più chiari, biondo platino tendente al biancastro, che lui personalmente odiava.

"Zucchero, sei sveglio??"

"Mamma?? Mmmmh...un po'"

Laura sorride "Che significa un po'?"

Attende qualche secondo

"Ti prego, mi sono addormentato un quarto d'ora fa..."

La donna aggrotta la fronte e tira la testa leggermente indietro e, senza capire, da un altro bacio sulla guancia bianca di Lukas.

"Devi andare a scuola."

Concluse, scostando il cuscino rivestito di una federa arancione da davanti al volto assonnato del figlio.

"Sono le sette e dieci, sbrigati"

Si alzò dal letto di Lukas e, sapendo bene che il figlio si sarebbe alzato di li a poco, uscì dalla stanza e si diresse in cucina. Il ragazzo non sopportava le prediche del professore quando arrivava in ritardo, così, sentendo le pantofole rosa e turchesi di sua madre strofinare sul linoleum, con un sospiro strizzò gli occhi e saltò giù dal letto.

"Mamma?...sei in cucina?"

"Si, vieni, è già tardi..cosa prendi??"

Lukas lanciò uno sguardo interrogativo alla tavola di marmo e indicò un pezzo di pane tostato appoggiato su un tovagliolo di carta da cucina. Laura alzò i conenitori delle confetture di ciliegie e pesche, e Lukas prontamente indicò quella di pesche, e la donna ne versò una buona parte del contenuto rimanente sul pezzo di pane. Il ragazzo odiava metterci tanto a mangiare, ma si sedette comunque accanto alla madre perché sapeva che le faceva piacere. A Laura scattava il sorriso automatico quando stava vicino al figlio, lo considerava un "invito alle coccole". Adorava i suoi capelli, e non poteva fare a meno di carezzarglieli, come quella mattina, ma la reazione era sempre secca.

"No, mamma, io ti voglio bene ma sai che no mi piace che lo fai."

Laura ci rimaneva sempre male, ma sapeva che i capelli lunghi fino al collo servivano a Lukas per nascondere la cicatrice. Aken era violento, sempre; non perchè si ubriacava o cose varie, lo era di natura, forse perché il padre da piccolo lo picchiava. Un giorno di due anni prima aveva colpito Lukas sul viso con un bicchiere di vetro, provocandogli un'emorragia ed una ferita che andava da sotto l'orecchio destro al collo. Dopo quell'episodio Laura aveva chiesto il divorzio e ora quel maiale come lo definiva lei, viveva in campagna con un amico ed aveva una fidanzata di 19 anni. Laura giurò che Lukas non l'avrebbe più rivisto, giudice pro o giudice contro.






"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'enterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri.)
 

NB! LE RECENSIONI SIA NEGATIVE CHE POSITIVE SONO GRADITE :)

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


Lukas entrò sul bus 'Stoccolma est-Centro città' sfregando le suole delle scarpe da tennis nere e viola sulla pavimentazione di plastica senza alzare troppo le ginocchia, proprio come sua madre gli ripeteva sempre di non fare, fregandosene altamente del galateo e delle suole che poi si rovinavano, perché tanto lei non c'era.

"Maledizione"

pensò in silenzio una volta arrivato al primo posto libero

"Come al solito è tardi e ho dimenticato il pranzo! Ma come sei sveglio Lukas, eh? E adesso? Niente pranzo, non ho nemmeno una Corona."

In effetti era vero, niente soldi, niente di niente. Sperò almeno che qualche suo compagno, magari il vicino di banco John avesse qualcosa da fargli assaggiare, almeno per arrivare alle due senza crampi allo stomaco. Un flash back attraversò la mente del ragazzo; la sua memoria lo riportò, suo malgrado, a tre anni prima quando lui aveva quasi 11 anni, ma di mangiare non ne voleva proprio sapere, mai. I suoi genitori erano ancora sposati a quel tempo, ma non erano felici, anzi, erano più infelici che mai. Suo padre lo picchiava per ogni minima cosa, e sua madre non aveva un briciolo di forza per denunciarlo, temeva per lei e per Lukas, così tutto qullo che poteva fare era mettersi in mezzo, per tentare di evitare che Aken gli gonfiasse il viso e i polpacci, ma tutto quello che otteneva erano botte anche su di lei. Lukas aveva tentato in tutti i modi di allontanare il padre da casa, ma poi aveva erroneamente creduto che quello fuori posto non fosse il padre, ma lui. Provò in tutti i modi a non pesare sui genitori, ma niente, niente di niente era abbastanza, così pensò di riuscire a sparire, e se non poteva pesare poco umanamente parlando, poteva pesare poco materialmente parlando. Per i primi tempi fu semplice, quando era a scuola diceva di aver mangiato a casa e quando era a casa diceva di aver mangiato a scuola. Questa scusa però non durò abbastanza, sua madre si accorse che era dimagrito troppo e lo aveva portato dal pediatra, ma non era leggero come voleva lui. Voleva essere tanto leggero da non piegare il materasso sotto il suo peso, ma era inutile; ci provava e riprovava tutte le sere, andava su e giù per il letto della sua cameretta e si fissava i piedi. Il materasso si piegava sempre un po', e questo era insopportabile,esattamente com'era insopportabile il pediatra che lo aveva sottoposto a quella stupida dieta ingrassante. Doveva esserci un modo, ne era sicuro. Lo trovò due settimane dopo l'inizio della dieta, quando ormai aveva già riassimilato un chilo. Il modo era semplice, lo aveva letto una volta a scuola su una lettura che riguardava i disturbi alimentari. La gente affetta da questo genere di malattia mangia e subito dopo vomita, così che il nutrimento non ha il tempo di entrare in circolo nell'organismo.

"Lo posso fare anch'io"

queste parole pronunciate a voce alta in un giorno di Novembre, inginocchiato davanti al WC di casa sua gli avevano rovinato l'infanzia. Bulimia nervosa, prima questo termine neanche lo conosceva, e la sua vita era migliore. L'unica cosa che aveva ottenuto era che suo padre era andato completamente fuori di testa e un giorno lo aveva quasi ammazzato con un bicchiere da vino, così i suoi si erano separati. Questa era una cosa buona, ma Lukas si odiava quando pensava che molto ma molto probabilmente sarebbe successo anche senza il calvario e le sofferenze che aveva portato a tutti quelli che lo amavano ed al suo povero stomaco. Lukas si alzò dal sedile foderato di blu con uno scatto, e si accose troppo tardi che era sembrato un pazzo egli altri passeggeri, così si guardò in torno e cercò, cercò un pretesto per poter dire

"Non sono pazzo, tantomeno stavo pensando alla mia malattia, l'ho fatto perchè c'era un motivo"

la prima occasione gli si presentò un paio di secondi dopo, quando vide una donna sulla trentina, con una treccia nera ed un pancione enorme impacchettato in una maglia bianca con un fiocco turchese ricamento sopra. La fissò, e, con un sorriso più forzato che mai, le fece cenno che le stava cedendo il posto. La donna ringraziò calorosamente con un accento espanico, ma non face attempo a finire la frase che Lukas non c'era già più, era corso al secondo piano del bus e aveva chiesto un compasso a Connie, il ragazzo della sesta D dell'Istituto Letterario. "Non ho finito i compiti di geometria"

era stata la scusa banale. Appena il ragazzo gli porse l'oggetto, Lukas si difilò nella toilette di servizio, una di quelle che stanno nelle rulotte. Non riusciva ad aprire la confezione di platstica dove era riposto con cura il compasso e quando finalmente ci riuscì lo girò tra le dita, con le mani che gli tremavano, afferrò con impazienza la punta in ferro dell'arnese argentato e se la conficcò nell'indice della mano sinistra. Così si sentì vivo. Sentì il dolore e pensò che era guarito, che era tutto apposto. Poi ripensò a quello che faceva dopo ogni lezione di storia, si odiò e spinse la punta ancora un po' più a fondo.

Lukas estrasse la punta accuminata del compasso dal dito trattenendo un gemito di dolore. Osservò con soddisfazione la perla di sangue posata aggraziatamente sul dito indice. Afferrò il rotolo di carta appoggiato sul lavandino a riserva ormai quasi vuota e ne staccò due pezzi, uno per il suo dito e l'altro per il compasso di Connie. Non doveva assolutamente notare il sangue, non doveva restare niente, non un leggerissimo segno, niente. Ripose con cura il compasso nella custodia in plastica trasparente e lo riportò al compagno, facendo molta attenzione a non destare sospetti.

"Emh...grazie. Ma tu ti sei...insomma, ti sei fatto male?" chiese Connie fissandolo.

"...No, assolutamente no, perchè me lo chiedi?" Lukas non si aspettava quella domanda, lo aveva preso in contropiede...Eppure aveva pulito tutto perfettamente...Arrivato alla sua fermata abbassò il viso per afferrare la cerniera del giaccone, e capì. Una macchia di sangue imbrattava la divisa bianca e blu della scuola, e come se non bastasse la chiazza rossa era proprio sulla scritta 'Alfred Nobel'...Se ne stava lì, tanto irritante quanto viva a sbeffeggiarlo, a prendersi gioco di lui perchè non era nemmeno capace di farsi del male come si deve. Si abbottonò la pesante giacca nera fino al collo, così nessuno poteva vedere quanto era imbranato, almeno per un po', fino all'arivo a scuola. Appena mise piede nell'enorme giardino, non perse tempo, non si fermò come tutti i giorni a chiacchierare con i ragazzi dell' Istituto Letterario o con i suoi compagni di classe, si difilò immediatamente nel primo bagno disponibile, sempre quello con la scritta "Cesso" al posto di "Toilette", tanto lontano dal primo piano che se ti scappa la pipì muori sulle scale prima di arrivarci. Prese il lembo della camicia e lo sfregò con la mano, che intanto passava continuamente sotto l'acqua fredda. "Dài, dài...ma si può sapere che cosa ho fatto io nella vita? Non me ne va giusta una! Se mi vede il professore di svedese mi ammazza per aver sporcato la divisa...e a mamma che racconto? Perchè è sporca di sangue? Mi sono punto...Involontariamente mi sono fatto male con qualcosa. Ecco."

Mentre pensava ad una scusa ragionevole si accorse che poteva andare, la macchia eta talmente sbiadita da non vedersi quasi. Entrato in classe si sistemò sul banco, tra i saluti e le pacche dei compagni già arrivati. Più che sistemarsi lanciò lo zaino azzurro sul banco e se ne andò in corridoio, uno dei tanti corridoi che serpaggiavano lungo l'edificio, per mischiarsi con i compagni. Lo cercò con lo sguardo, una testa mora fra tante teste bionde e castano chiaro. Lo vide vicino alla porta di ingresso, il cuore gli batteva velocissimo, come ogni mattina.

"Andrès" lo chiamò, e questo si girò con il solito sguardo gioioso. Sembrava che non avesse mai problemi quel ragazzo, invece ne aveva, e molti, come avrebbe scoperto in seguito.

"Hei! Lukas! ¿Cómo está usted?"

"Estoy bien, muchas gracias!" I due ragazzi risero. Andrès veniva dal Brasile, e Lukas aveva imparato quelle due frasi in portoghese, per sentirsi un po' più vicino a lui. Era completamente cotto, ogni volta che si sentiva triste pensava al suo viso scuro e si rallegrava, perchè ogni volta gli veniva in mente che, anche se in modo diverso, erano molto più scuri i visi della gente svedese. Tra i due c'era un feeling speciale, un' intesa rara da trovare tra due ragazzi di quell'età. Lukas ed Andrès non si vergognavano,non avevano paura di quello che avrebbero potuto pensare gli altri . Si rifugiavano l'uno tra le braccia dell'altro quando ne avevano bisogno, un po' come de fidanzatini, ma questo era molto diverso...Era più puro, vero e speciale.




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Capitolo 4
*** Parte 4 ***


Erano le nove e dieci quando il professor Leanderson, l'odiato insegnante di svedese, entrò in classe.

"La davamo per disperso, signor Leandeson..."

cominciò a punzecchiarlo Emil, il più sfacciato della classe. "Come hai detto Sjöberg?"

Il vecchio aveva l'aria arrabbiata dalla mattina, si era svegliato male ed era pronto a sputare peste e corna contro i mondo, come ogni sacrosanta mattina.

"Andiamo signor Leanderson, era una battuta!"

Rickard intervenne a favore del compagno,ma poi si stoppò temendo di mandare tutta la classe da quel babbuino del preside.

"Non era una battuta divertente."

Il professore era proprio arrabbiato quel giorno, e come biasimarlo? Vivere da più di quarant' anni tutto solo in quell'enorme casa vuota in periferia, vicino a Göteborg, con il suo inseparabile cane Pontus.

"Ragazzi, oggi siete pregati di comprendermi, è morto il mio vecchio cane, tra poco avrebbe compiuto dodici anni e l'ho allevato fin da cucciolo, quindi è stato un brutto colpo per me e potete aiutarmi stando calmi ed ascoltando la lezione senza vernecchiare come ragazzine nei negozi, per favore."

Come non detto, senza Pontus.

"Ho bisogno di firmare dei documenti, intanto voi fate gli esercizi 23 e 24 a pagina 225, sul verbo 'lägga till', avete due coniugazoni, dovete scegliere quella giusta e coniugarla al riflessivo. Non è difficile, quindi se non sapete farlo o avete qualche dubbio...tenetevelo per voi."

Ecco il suo umorismo fantastico. E il bello è che lui crede per davvero che gli altri lo trovino divertente! O forse è solo autocommiserazione. L'insegnante uscì con un aria che era un misto tra sofferenza, solitudine, sfacciataggine e rassegnazione. Quasi nessuno dei ragazzi fece caso al suo volto triste, e chi ci fece caso provò solo solievo, quel vecchio allocco che punisce i ragazzi deve soffrire!

"Perchè non se lo mangia il cadavere del suo cane pulcioso, signor Leanderson?? "

Sven-Åke, quello bocciato due volte in svedese, non perse l'occasione per sbeffeggiarlo, appena fu sicuro che l'uomo si fosse allontanato abbastanza da non sentirlo.

"Lukas..."

Andrès doveva parlargli, e l'unico modo era sedersi accanto a lui, nel banco in fondo, accanto a termosifone.

"Lukas!"

Ma a che pensava di tanto importante da non riuscire a sentirlo?

"Lukas, ti chiama Andrès, rispondigli e non farmelo più sentir borbottare!"

Seth, il compagno di banco di Andrès, non aveva paura di alzare la voce più del consentito, perchè tanto aveva voti da far schifo in tutte le materie e non aveva niente da rimetterci. Lukas scostò veloce lo sguardo da Seth, a suo parere antipatico come la morte, per spostarlo in direzione di Andrès.

"Chiedi al professore di metterti accanto a me? Ti devo parlare..."

Lukas avrebbe voluto, avrebbe voluto tantissimo, ma per non far notare il rossore sulle guance venutosi a creare dopo che il compagno gli aveva rivolto la parola, cambiò discorso

"Ma oggi è furioso, non ne vale la pena perchè tanto dice di no...gli è morto pure il cane...non me lo puoi dire all'intervallo?"

Andrès notò subito il cambiamento nel volto di Lukas. Un po' lo sapeva di piacergli, lo aveva intuito da diverse piccole cose, quasi impercettibili, ma chiare. Solo che sapeva bene che Lukas interessava a tante ragazze e non voleva illudersi del fatto che a lui potessero interessare i maschi. In fondo ci sperava però. Andrès aveva preso varie cotte, una in particolare per una ragazza brasiliana di un anno più grande di lui. Durò abbastanza, ma lei aveva già un fidanzato e poi il trasferimento in Svezia di lui avrebbe rovinato tutto, così non si fidanzarono mai. Andrès una notte non era riuscito a dormire, e ,tramite una fitta rete di fili di pensieri, era arrivato a pensare a Lukas. Poteve essere che era interessato ai ragazzi? Magari no, ma se fosse stato così,sarebbe stato bello. Ad Andrès piacevano le ragazze, e si trovò un po' spaventato da quel pensiero. Riuscì ad essere sincero con se stesso fino ad ammettere che aveva preso una sbandata per Lukas. Ma non lo disse mai a nessuno, e non intendeva farlo.

"Andrès?"

destato dai suoi pensieri, il ragazzo alzò la testa. "Si...si, te lo dico all'intervallo." Non era quello che voleva, ma fu tutto ciò che riuscì a dire. Lukas intanto era divenuto ancora più rosso in volto, sarebbe stato un dramma se qualcuno se ne fosse accorto...cercò disperatamente qualcosa a cui rivolgere la sua attenzione per far sbollentare il viso. Si girò verso la finestra alla sua destra... trovato! "Nevica!" disse, e fu come se avesse spinto un pulsante di autoscatto per far saltare in piedi tutta la classe.




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Capitolo 5
*** Parte 5 ***


"Tutto questo è inammissibile! Vi chiedo un po' di comprensione e voi che fate? Uscite dalla classe senza il mio permesso per far sapere al resto dell' Istituto che nevica? Lo sapete che cosa ho deciso? Che da oggi non sarete più lasciati soli, perchè avete dimostrato di essere proprio immaturi! Io sono andato a fare il mio dovere, non il mio piacere!" Prevedibile. Il professor Leanderson era rientrato in classe pochi minuti dopo, aveva trovato tutti i ragazzi alzati ed alcuni non erano nemmeno in classe. Si era arrabbiato tantissimo. Sicuramente avrebbe fatto rapporto al preside. Il babbuino. Il preside era un ex insegnante di matematica e si chiamava Kaj Ek, ma gli studenti lo chiamavano babbuino perchè aveva le labbra carnose e sporgenti. Puniva severamente perchè nella vita era infelice, questo si capiva. Da quando sua moglie Una era morta, sei anni prima, lo aveva lasciato solo e senza prole, così, come molti degli insegnanti dell' Istituto Scientifico maschile Alfred Nobel , si sentiva realizzato essendo duro con i ragazzi. E cco perchè tutti temevano il sessantenne baffuto che sedeva dietro la scrivania in mogano. Ed ora la classe I° F era nei guai, sottoposta al suo giudizio. L'intervallo suonò e, stranamente, il professor Linderson non aveva costretto i ragazzi a stare seduti a "riflettere sul loro comportamento", some sovente usava fare dopo una marachella da parte dei suoi alunni, forse perchè quel giorno era troppo triste. Pian piano la classe si svuotò, gli studenti si riversarono nei corridoi dell' Alfred Nobel lasciando l'uomo a firmare le sue carte dietro la cattedra.

"Andrès! Grande, abbiamo praticamente saltato la lezione di svedese...puoi...puoi dirmi quello che vuoi adesso, ti ascolto."

Lukas vinse il batticuore e guardò negli occhi Andrès.

"Si, proprio forte...Lukas, mi tieni compagnia questo pomeriggio?" Il giovane brasiliano si infilò le mani nelle tasche profonde del giachino marrone. "Oh Andrès, mi piacerebbe ma non posso restare oggi, ho dimenticato il pranzo a casa, devo tornare." Andrès aveva le lacrime agli occhi, si vergognava, si vergognava terribilmente, ma doveva. "Lukas mi ospiterà per oggi, sono sicuro, lui è così buono e sua mamma è molto disponibile, è solo e soltanto per oggi, poi mi arrangerò." pensava.

"Andrès? Ti senti bene? Che cos'hai oggi, sei tanto strano...non vorrei che"

"Lukas," lo interruppe "Posso venire a pranzo a casa tua oggi?? E' solo per oggi, promesso, poi mi trovo qualcos'altro, io non ti voglio disturbare, nè te nè Laura, solo che davver non so dove andare, sono disperato e poi mi..."

"Che cosa?...'Ti' cosa?"

" Non mi ricordo come si dice in svedese. "

" Andrès, stai piangendo, vero?"

" Scusami, veramente. Ti voglio tanto bene."

L'abbraccio che seguì fu uno dei più teneri di tutta quell'amicizia.

" Uuuh, lo svedese più sfigato della storia si fa abbracciare dal sud americano da quattro soldi, perchè non ce l'hai detto prima che eri gay, Lukas?"

Lukas divenne viola in viso, tanta era la vergogna. Cosa avrebbe potuto rispondere? Quella era la verità.

"Dai Jhoan, si vede che non ce l'hai mai avuto un amico."

Rimandò Andrès, più colorito di Lukas, al compagno della II° C.

Allontanatosi Jhoan, i due tornarono, rossi in viso, al loro discorso, stando bene attenti a non incrociare l'uno lo sguado dell'altro.

" Io chiamo mia mamma, di sicuro potrà cucinare qualcosa anche per te."

"Sei gentilissimo Lukas, ti ringrazio con tutto il mio cuore. Ti prometto che è solo per oggi."

" Sai che a casa mia sei sempre il benvenuto."

Si scambiarono un sorriso timidissimo, poi Lukas accese il cellulare. Le parole che Andrès riuscì a sentire furono solo

"Ciao; si sono io; senti Andrès può mangiare a casa nostra? Sembra importante...non lo so, non mi sono permesso. Vabbè, si, le Kotbullar gli piacciono, Ciao mamma, è quasi finito l'intervallo."

Lukas era stato gentilisimo, ed ora si sentiva in debito con lui. Doveva dirgli il perchè di quella richiesta improvvisa d'aiuto, ma temeva che dopo tutto sarebbe cambiato.


"Per me si va nella città dolente, per me si va nell'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente" (D. Alighieri.)
 

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Capitolo 6
*** Parte 6 ***


Mi dispiace davvero molto. Non volevo disturbarti...disturbarvi. Tu e tua madre magari volevate stare da soli e io sono venuto a...”

Andrès non fece in tempo a finire la frase che Lukas lo zittì. Che dolce che era, impossibile che nessuna ragazza si fosse fatta avanti prima, contando che era pure così carino. Gli posò con estrema delicatezza l'indice della mano sinistra sulla bocca.

Non è troppo così?” Si chiese per un momento, ma poi ripensò al fatto che erano amici, e tra amici queste cose si possono fare.

Assolutamente non mi...non ci disturbi.” Si corresse. Era uno dei rari giorni in cui sua madre era a casa per pranzo.

Saremmo stati soli tutto il giorno, sarebbe stato noioso. Che ne dici di andare a far un giro oggi pomeriggio? Dopo pranzo...sempre se ti va.”

Quelli che seguirono furono momenti di silenzio imbarazzante, e Lukas pensò per un momento di esserne la causa in qualche modo.

Andrès? Ho detto qualcosa che non dovevo?”

Ora la timidezza di Lukas lasciò posto ad una lieve irritazione. “Perché non mi risponde ora? Non mi sembra di aver detto niente di male!”

Senti, era solo un idea, possiamo fare altre cose, possiamo stare a casa, quello che vuoi.”

No, assolutamente. Non è colpa tua, ci vengo molto volentieri in centro con te. Solo che ti devo parlare.”

Era sicuramente il suo accento brasiliano, ma quel modo di accentare la S e far vibrare la R ora dava un tono drammatico al tutto. O forse era che doveva esserci un tono drammatico, perché non c'era nulla di divertente.

Mia sorella è incinta.”

Lukas rimase a guardarlo, lì, in piedi, davanti al cortile della Alfred Nobel

Anghela?”

Si, lei. I miei genitori si sono arrabbiati tantissimo ed ho passato la nottata più brutta della mia vita. Lo ha detto ieri sera, dopo essere rientrata dal locale dove lavora. Mio padre s'è incazzato di brutto, mia mamma pure. Hanno detto che ormai ha venticinque anni e loro non l'aiuteranno, si deve prendere le sue responsabilità. Qualche ceffone è volato, ma non mi immaginavo che Anghela fosse così stupida da cominciare a rispondere male a mio padre. Quando ha cominciato a picchiarla sul serio sono intervenuto, perché sennò l'ammazzava. Mamma e papà si sono arrabbiati tantissimo con tutti e due, ma soprattutto con me. Mio padre mi ha detto che sono un figlio ingrato, che non si sarebbe mai aspettato, in nessun caso che io alzassi le mani contro di lui, e mia madre lo appoggiava strillandomi contro che non mi voleva più vedere per tutta la notte, mi ha portato a forza in camera mia e mi ha chiuso a chiave. Di notte sono scappato. Non voglio tornare. Io non posso venire a scuola, mi capisci. Vero?”

Durante quello che sembrò un monologo Lukas restò in silenzio ad ascoltare, ad assimilare molto lentamente tutte le informazioni che il suo cervello riuscì a comprendere, specie nelle ultime frasi, in cui lo svedese di Andrès, un po' per l'agitazione ed un po' per i singhiozzi che lo scuotevano, si era fatto stentato. Aveva iniziato a piangere a metà, ed ora il suo piagnucolio era diventato disperato.

Tu mi aiuti a fare questa cosa. Mi aiuti, Lukas?”

Sussurrò all'orecchio del ragazzo, stringendolo forte a se, incurante di quello che avrebbero potuto pensare gli altri. Lukas si riservò di restare in silenzio per alcuni secondi, poi, immerso in quell'abbraccio, trovò la forza di rispondere.

Si, ti aiuto.”

 

 

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Capitolo 7
*** Parte 7 ***


Più ci avviciniamo a casa più penso che stiamo facendo una stupidata.”Lukas non poté trattenersi dal dirlo, guardando fuori dal finestrino del pullman Stoccolma centro- Stoccolma est.

Ti prego, avevi detto che mi avresti aiutato. Sei cattivo se mi lasci così.”

Io non ho detto che ti lascio così. Solo che mia mamma vorrà sapere se la tua sa che sei venuto a pranzo da noi, tu gli dirai di si e quando o tuoi si accorgeranno che non torni, sporgeranno denuncia e mia madre capirà che ti sto coprendo.”

Andrès si mordeva le labbra inquieto, non poteva lasciarlo in mezzo ad una strada di Capitale, che cosa avrebbe fatto senza aiuto? Lui era suo amico, perché non lo aiutava? “Mi sta aiutando, è solo preoccupato, mi aiuterà.”

Questo è il mio palazzo. L'ultima volta che sei venuto abitavo al piano inferiore, adesso mi sono trasferito a quello di sopra.”

Al quarto?”

Si.”

Andrès non trovava nulla si entusiasmante in quel trasferimento. Perché un piano sopra? Perché cambiare appartamento e non casa? Perché spostare tutto, magari pagare qualcuno per farlo, per spostarsi una rampa di scale più su?

Al posto di tutte quelle domande, che magari avrebbero infastidito Lukas, ne formulò una sola

Come mai non me lo hai detto? Mi dici tutto.”

Lukas sorrise, era un sorriso amaro. Per un secondo sentì una punta di odio verso Andrès, poi quell'odio passò a lui, si odiò da solo, perché voleva male a chi gli voleva bene.

No, non ti ho detto tutto. Non sai quasi niente di me. Cioè, le cose superficiali le sai, ma quelle le sanno tutti.”

Andrès restò di stucco, in un misto di stupore ed imbarazzo.

Scendi ora, è la nostra fermata.”

Dopo essere sceso dal pullman ed aver seguito Lukas per i trecentodieci metri che dividevano la fermata dell'autobus dal palazzone grigio a Södermalm in silenzio, gli rivolse le parole che aveva elaborato in brasiliano durante il tragitto, tradotto in svedese e messo insieme.

Credi che mi racconterai di te, un giorno?”

Lukas si fermò, le chiavi del cancello del suo palazzo, quelle tutte uguali per ogni condomino, gli caddero dalle mani. Si chinò a raccoglierle ed intanto rispose.

Si.”

 

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Capitolo 8
*** Parte 8 ***


Laura attendeva il ritorno del figlio e l'ospite. Era parecchio che Lukas non invitava amici a casa, così si era riordinata i capelli ed era uscita da lavoro un quarto d'ora prima. Lavorava in un ufficio di collocamento per giovani laureati. I neo laureai telefonavano, tenevano un colloquio, certificavano il voto di laurea, mostravano il curriculum vitae e cercavano di trovarsi un lavoro. Laura rispondeva al telefono ed era un bel po' che non si prendeva delle ferie, così il 'capo' gliele concesse con un certo sollievo. Le Kotbullar, polpette di carne macinata condite con marmellata di frutti di bosco, saltellavano sulla fiamma alta. Quando Laura sentì il 'click', ovvero l'aprirsi della porta, si slacciò il grembiule bianco con i contorni ricamati in rosa e si precipitò all'ingresso.

Lukas!” Era sempre un momento speciale per lei, quando vedeva il figlio che era stato lontano per qualche ora. Afferrò con delicatezza il viso del ragazzo e gli stampò un bacio sulla guancia destra.

Andrès! Ben arrivato! Come state?”

Andrès ricambiò il sorriso della donna e rispose timidamente.

Bene, grazie signora.”

Bene mamma. Che cosa hai detto che hai preparato per pranzo?”

Lukas si accorse dell'imbarazzo dell'amico e cercò così di rompere il giaccio.

Ci sono le Kotbullar, ti piacciono Andrès, vero?”

Si, si, sono buone. Grazie mille della sua ospitalità signora. So che avrei dovuto avvisarla prima, ma mia madre mi ha chiamato a scuola per dirmi che c'era stata un' urgenza e non poteva restare a casa, così ho pensato che potevo stare qui.”

Però, era proprio bravo a mentire, anche in svedese.

Non c'è nessun problema, gli amici di Lukas sono sempre i benvenuti, poi ho preso qualche giorno di ferie e non ho nulla da fare. Ma è successo qualcosa di grave alla tua famiglia? Sempre se posso sapere...”

Andrès abbassò il viso, non era poi così bravo.

No, niente di grave, si è ammalato un lontano zio, ma io non lo conosco, è vecchio.”

Bella scusa.

Oh, mi dispiace. Ma non restate qui sulla porta, Lukas, accompagna Andrès a lavarsi le mani, e poi venite subito a tavola, che è pronto.”

Lukas fissava le quattro polpette posate sul sul suo piatto e le torturava con la forchetta, mentre Andrès le mangiava con gusto. Laura cominciò a guardare male il figlio che, come quando era agitato, forse per protesta, non mangiava. Si era stufata di dirgli che così non avrebbe mai risolto niente, così ora lo forzava. Ma non era quello il caso, non davanti ad un suo amico, o si sarebbe scoraggiato e non avrebbe invitato mai più nessuno, e si sarebbe sentita in colpa. Con suo grandissimo sollievo una manciata di secondi dopo Lukas cominciò a mangiare, facendo le polpette in pezzi piccolissimi che masticava per minuti interi. Così non andava.

Lukas, ti prego.”

Lukas la guardò con lo sguardo di chi se l'aspettava e, con impazienza e vergogna, se ne stava lì ad aspettare una ramanzina che non sarebbe arrivata. Con un sorriso estremamente forzato riprese la forchetta e con il solo ausilio di quell'utensile staccò da una delle Kotbullar un pezzo grosso quasi come la metà di essa, lo intinse nella marmellata viola e se lo cacciò in bocca. Laura sorrise ad annuì in direzione del figlio, in senso di approvazione. La donna cominciò ad odiare quel silenzio, come d'altronde anche Lukas ed Andrès, ma lei fu l'unica ad avere il coraggio di attaccare bottone. Scelse in silenzio un argomento che secondo lei era appropriato all'occasione, stando bene attenta che fosse lontano da quegli argomenti che potevano ferire Lukas, come il cibo e la famiglia, ed incrociò le dita che Andrès non avesse avuto qualche brutta esperienza con la neve.

Avete visto come nevica? E'...bellissimo. Per domani sarà tutto bianco se continua così.”

Entrambi i ragazzi si sentirono sollevati a quelle parole, basta silenzio.

Si, bello. Solo che oggi pomeriggio io ed Andrèas, noi...si insomma, volevamo fare una passeggiata in centro.” Lukas provò vergogna nel dire quelle parole, stava arrossendo.

Beh, potete, non è poi così innevato, ha cominciato solo da due ore e non è una nevicata fitta.”

Andrès pensò di raccontare quello che era successo a scuola con il professor Leanderson, stando bene attento però ad omettere il particolare che era stato Lukas a rendere nota la cosa a tutta la classe. Lo fece per parlare un po', per la simpatia di Laura e perché la donna stessa non pensasse che era uno che non parlava mai o peggio che era venuto solo per mangiare. Laura pensava che Andrès fosse molto simpatico, lo pensava sinceramente e sperava che restasse amico di Lukas, li vedeva bene insieme e le avrebbe fatto piacere ospitarlo ancora, magari anche per un giorno intero, non era come quel Ludvik, il tipo norvegese che aveva fatto amicizia con Lukas alle elementari era spocchioso ed altezzoso, infatti l'amicizia tra i due non era durata che pochi mesi e nessuno dei due aveva sofferto quando Lukvik se n'era tornato nella sua bella Norvegia.

Durante il pranzo,momento critico per Lukas, Andrès riuscì a coinvolgere nella conversazione anche lui e per un ora dimenticò quello che era successo la sera prima e che aveva mentito a Laura. Mentre la donna sparecchiava i ragazzi si spostarono nella camera di Lukas, esonerato dall'aiutare la madre a pulire la cucina, a parlare. Stavano bene, stavano benissimo e parlavano. Lukas si sentiva pronto a raccontare di lui, ad aprirsi come non aveva fatto con nessuno, perché Andrès lo conosceva da due anni e quei due anni erano stati i più belli della sua vita, nonostante le tante difficoltà in generale.

Ti voglio parlare di me. Delle cose importanti.” Andrès alzò gli occhi dalla libreria piena di libri, DVD e CD per spostarlo sul volto serio di Lukas.

Vieni a sdraiarti sul letto insieme a me...Mi prometti di non parlarne a nessuno? Promesso?” Andrès annuì e, timidamente, di sdraiò di fronte a Lukas sul piumone a quadri scozzesi verdi. Era emozionato e lusingato allo stesso tempo, iniziò ad arrossire. “Non adesso, non è il momento.” pensò cercando di contenere l'imbarazzo.

Vedi questa?” Disse Lukas scostando i capelli biondissimi dalla guancia destra. La cicatrice. Andrès annuì ancora.

Sei caduto dalla bicicletta...”

No, questo è quello che ho raccontato. E' stato mio padre. Due anni fa con un bicchiere di vetro sottile. Ecco, adesso lo sai.”

Andrès inizialmente non sapeva cosa rispondere, era imbarazzato. Stava dicendo la verità?

Questo è...è terribile. Mi dispiace ma come...?” Lukas lo interruppe “Adesso vive a Voldesland, in campagna.”

E' sposato?” Lukas sospirò, facendo temere ad Andrès di aver detto qualcosa che non doveva, ma poi rispose per fortuna.

No, è fidanzato, con una che ha sei anni più di me.” Gli occhi dell'ascoltatore si spalancarono.

E' folle!”

Lo è, ma ha diciannove anni, è maggiorenne.”

E'...E' simpatica?” Andrès sperò in una risposta positiva che non arrivò.

Si, simpatica come un calcio nei denti. L'ho vista una volta sola e non ricordo perché mi ha dato uno schiaffo in piena faccia. Mia madre le ha detto che se lo avesse rifatto l'avrebbe denunciata.”

...Poverino...Ma tu lo vedi tuo padre?” Lukas portò la testa dalla spalla sinistra alla spalla destra.

Ogni tanto, una volta al mese per forza, ma solo sotto la supervisione di mia mamma, se lei non c'è niente visita.”

Ah.” Cominciava a fargli pena davvero quel ragazzo, più che pena tenerezza.

Doveva andare avanti. Quella era la parte dolorosa ma doveva dirglielo, anche se non lo ammetteva nemmeno a se stesso. Come poteva fare? Era meglio girarci intorno o dirlo e basta, strapparlo come un cerotto? Dopo essersi messo nei panni di Andrès scelse l'opzione del cerotto.

Io sono bulimico.” Andrès ebbe un sussulto, stava diventando tutto troppo difficile, era troppo.

Abbracciami.” Fu l'unica cosa che riuscì a dire, che gli venne dal cuore. Lukas si alzò con l'ausilio delle braccia ossute dal letto, spostandosi sulla coperta ormai tutta sgualcita dal peso dei due ragazzi. Un altro abbraccio, un abbraccio bellissimo.

 

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Capitolo 9
*** Parte 9 ***


Per uscire Laura aveva fatto indossare a Lukas il cappotto pesante e la sciarpa nera che ora, in quel pullman sovraccarico di impiegati di ritorno agli uffici dopo la pausa pranzo delle quattordici, gli tenevano troppo caldo. Il mezzo fermò davanti al Viony Sverige, uno dei più grandi ed efficienti centri d'aiuto per i disabili di tutta la Svezia. Una volta scesi dal pullman Lukas ed Andrès svoltarono verso il centro commerciale coperto Meg Ven, dove ci potevi trovare di tutto. Il negozio di videogiochi fu la prima fermata ma era tutta roba vecchia che, in un modo o nell'altro, potevi farti prestare da qualche compagno o affittare alla rimessa per la metà del prezzo di mercato. Dopo aver visitato anche il negozio di articoli sportivi senza trovarci nulla di entusiasmante i due giunsero alla conclusione che dovevano parlare. Seduti sulle poltrone in finta pelle nera posizionate fuori da ogni negozio presero il discorso.

Sei sicuro di quello che fai? Dove dormirai questa notte?”

Ecco perché speravo che tu mi aiutassi. Non lo so, non ne ho la più pallida idea e mi auguro di trovare un posto prima di stasera. Magari dormo per strada e...”

Ma che dici? E secondo te io ti lascio dormire per strada? A Stoccolma? Lo sai che non potrei mai. Te lo trovo un posto, te lo prometto.” Disse Lukas posando le mani sulle spalle di Andrès. Non era ancora sicuro di quello che stava facendo, non lo era per niente, ma voleva, doveva aiutare il suo amico.

Lasciami solo pensare...” Il silenzio che seguì fu disarmante. Quello che Lukas stava per dire lo imbarazzava, ma non trovava un'altra soluzione. Non una migliore almeno. “Ti va...cioè pensavo..si, ti andrebbe di dormire a casa mia?” Andrès aprì un po' di più i grandi occhioni marrone scuro

A casa tua? Ma tua madre vorrà parlare con la mia e allora mi scoprirà, non può funzionare.” Lukas alzò gli occhi al cielo.

Non intendevo che mia mamma deve saperlo. Vieni con me, certo ti devi adattare, però ho il letto ad una piazza e mezzo e non staremo scomodi.” Entrambi arrossirono al pensiero di dormire nello stesso letto.

Che si fa se se ne accorge?” Lukas restò in silenzio per qualche secondo dopo la domanda dell'amico.

Non se ne accorge perché tu entri in casa quando lei dorme, ha il sonno pesante vedrai che non se ne accorgerà. Solo che domani dobbiamo svegliarci molto prima delle sette, così tu te ne vai e io non so niente.”

Grazie Lukas, grazie.”

 

 

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Capitolo 10
*** Parte 10 ***


Per cena c'era Rotmos Och Fläsklägg, un piatto tipico svedese a base di carne che Laura cucinava sovente nei giorni in cui faceva freddo. Mentre la donna girava il purè di patate che aveva preparato come contorno cominciò ad innervosirsi ed a preoccuparsi allo stesso tempo. Perché Lukas non era ancora tornato? Che ci faceva in giro per una Capitale di Stato a quell'ora? Aveva provato a chiamarlo un ora prima ma non aveva risposto. Si era ripromessa di non disturbarlo quel giorno ma non resistette ad afferrare il telefono fisso bianco e comporre il numero del figlio.

Rumore vuoto, ronzio metallico e poi finalmente, avvolta da cento altre voci, la voce di Lukas.

Pronto? Mamma?”

Lukas! Lo sai che mi stavi facendo preoccupare? Avevi detto che tornavi per le cinque, sono le sette, non vuoi mangiare questa sera?”

Lukas sembrò intontito, non si aspettava che Laura potesse avere una voce così dura se preoccupata. “Scusa mamma, sto accompagnando Andrès a casa. Torno subito. Prendo il pullman, promesso.”

Lukas non sapeva mentire, e gli tremò un po' la voce quando fu costretto a farlo.

Prendi il pullman, non tornare a piedi. Ah, vieni con la corsa Stoccolma corso- Sobborghi est, l'altro passa troppo tardi...Ti voglio bene tesoro.”

Ti voglio bene mamma.” Fine della telefonata. Lukas si accertò di aver premuto bene il tasto rosso che segnava la fine della connessione con l'interlocutore...questa cosa era appena cominciata a già si sentiva osservato, ma non lo fece presente ad Andrès. Avevano parlato di ciò che era successo la sera prima ed era grave; Andrès aveva colpito in volto suo padre, compromettendo il suo setto nasale. Era sicuro che non erano ancora preoccupati, avrebbero aspettato al minimo un altro giorno prima di sporgere denuncia, lo sapeva perché era già capitato che uno dei suoi fratelli si allontanasse di casa quando aveva dodici anni. I suoi erano “all'antica” e dopo quell'episodio non avrebbero più permesso ad Andrès di fare un sacco di cose, per questo il ragazzo aveva deciso che li avrebbe fatti spaventare un bel po', poi sarebbe tornato a casa. Ma doveva terrorizzarli con la sua assenza, questo era sicuro.

Quando Lukas rientrò in casa Laura lo aspettava fin troppo agitata sulla poltrona blu in cucina.

Lukas! Mi spieghi perché ci hai messo tanto? Mi avevi detto che saresti tornato per le cinque questo pomeriggio e non sei tornato, mi hai detto che avresti preso il pullman per i Sobborghi ma a quanto pare non lo hai fatto, o saresti a casa da mezz'ora.”

Scusa mamma, ma non sapevo dove far stare Andrès fino a questa sera e mi ci è voluto un po' ad aprire il ripostiglio del custode con il coltellino svizzero...” Per dire la verità avrebbe dovuto pronunciare quelle parole ma ovviamente non lo fece, non ci pensava neanche.

Scusami, solo che il pullman ha fatto ritardo.” Disse invece abbassando gli occhi. “Allora hai preso quello per i Sobborghi?”

Si.” Laura si alzò dalla poltrona spingendo con le braccia contro i braccioli della poltrona blu e si affrettò a togliere la cena dal fuoco, ma non prima di aver carezzato Lukas. Era morbosa.

Quando il ragazzo vide il Rotmos Och Fläsklägg ebbe un sussulto. Quanti grassi poteva contenere quella roba?

Mamma abbiamo mangiato oggi a pranzo la carne.”

Laura si girò verso il figlio con aria serissima, non accennò nemmeno lontanamente un sorriso.

Lo so. Preparo sempre il Rotmos Och Fläsklägg il giorno della prima nevicata dell'anno.”

Non è troppo? A me non va...” Disse Lukas appendendo il giaccone pesante all'appendiabiti all'ingresso. Succedeva sempre che lui aveva più freddo delle altre persone e lo sapeva bene il perché. Assenza di proteine.

Mi dispiace ma questa non la vinci. Tu ti siedi a tavola con me e mangi.”

Io mi siedo a tavola ma non ho intenzione di mangiare quella roba.”

Laura cominciò ad alzare la voce. Stava impazzendo, quella storia doveva finire.

Tu questa “roba” la mangi eccome, fino all'ultimo boccone, ti controllo io!”

Ah si? Va bene, stai a vedere...”

Lukas non voleva farlo, faceva più male a lui che a sua madre, ma con il tempo era diventato più forte della sua volontà. Senza nemmeno sedersi prese la forchetta e si cacciò in bocca un pezzo di carne, il più grosso che poté e lo masticò il meno possibile, solo lo stretto necessario a farlo passare per la trachea. Così uno e così due. Tre, quattro e cinque, poi passo al purè di patate. Laura ritirò le lacrime che le rigavano il volto e trovò il fiato per intervenire.

Lukas basta! Basta ti prego!...Falla finita Lukas!” Nella testa di Laura fluttuavano cento e cento mila scene come quella che era stata costretta a vedere negli anni passati. La donna si alzò dal tavolo con uno scatto e facendo raschiare le gambe della sedia in legno a terra, senza pensare per un secondo agli inquilini del piano di sotto. Raggiunse il figlio e gli strappò la forchetta dalle mani e,senza parlare, gli prese la testa e la appoggiò sul suo petto.

Perché vuoi fare così? Perché vuoi farti del male?” La voce di Laura era scossa dai singhiozzi del pianto.

Lasciami...mamma, non ce la faccio più, devo vomitare!” Gli lasciò la testa e Lukas ricacciò dal suo povero stomaco la carne, le patate e le carote di contorno.

Mi dispiace...”

Dispiace anche a me...Vattene, pulisco io.” Disse Laura asciugandosi le lacrime con il grembiule.

 

 

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Capitolo 11
*** Parte 11 ***


Lukas entrò in camera sua facendo il minimo rumore. Sicuramente quelli del piano di sotto avevano sentito. Li odiava perché una volta li aveva sentiti parlare di lui. “Quello del piano di sopra...strillano sempre quando siamo a tavola...è malato, poverino...è anoressico o qualcosa del genere...infatti si vede...”

Quelle parole lo avevano ferito profondamente, era stato come se qualcuno avesse preso i suoi sentimenti, ci avesse fatto una grossa palla e ci avesse giocato al tiro delle freccette. Pessimi. Li odiava anche perché loro erano felici come lui non aveva mai potuto essere: madre, padre, tre figli e un cane. Che bello che sarebbe stato. Inoltre se anche con lui la vita fosse stata così clemente a quell'ora avrebbe meno freddo e venti chili in più.

Si infilò il pigiama azzurro con scritto 'Stockholm bank internationell' che gli avevano regalato quando sua madre aveva aperto un conto in banca. In realtà non era un pigiama, ma aveva trovato un paio di pantaloni di lana dello stesso colore e abbinandoli decise che quello sarebbe stato il suo abbigliamento invernale per la notte ma avendo ancora freddo quella sera si infilò anche un maglione rosso scuro. Si lavò accuratamente i denti e, tenendosi lo stomaco per calmare i morsi della fame che non aveva saziato, alzò il piumone verde scuro e il lenzuolo bianco e ci si mise sotto.

 

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Capitolo 12
*** Parte 12 ***


Quando si svegliò era da poco passata la mezzanotte. Era arrivato il momento. Pensò a come fare ad uscire di casa evitando il più possibile di correre il rischio di svegliare sua madre che dormiva dall'altra parte del corridoio, nel letto matrimoniale che aveva fatto spostare dal piano di sotto a quello di sopra al momento del trasferimento.

Lukas si ricordò che c'era una finestra nel muro della stanza armadio; prima molto probabilmente dava su un giardino condominiale, ma ventidue anni addietro, molto tempo prima che Laura ed il suo ex marito si sposassero e quindi ci andassero ad abitare, c'era stato un ampliamento del palazzo che aveva comportato la costruzione di altri cinque piani paralleli a quelli che già c'erano e lo spostamento del giardino sul lato destro della struttura. Ora quella finestra dava sul corridoio che portava agli appartamenti 14 e 15 e volendo si poteva tranquillamente accedere alla portineria e quindi al ripostiglio del custode. Lukas aprì quella finestra tirando con delicatezza e prudenza la maniglia verso l'interno.

Accidenti, cigola...” pensò. Una volta aperto il passaggio chiuso da anni doveva pensare a come aprire anche il doppio vetro che c'era dietro la corazza di ferro e la prima cosa che gli venne in mente fu il coltellino svizzero che aveva usato per aprire il ripostiglio. Si incamminò per il corridoio buio con il passo felpato di un gatto e la vista di una talpa, ma alla fine arrivò a tentoni allo zaino blu rimasto buttato sulla poltrona.

Dov'è? Dove l'ho messo?” frugando tra le tasche alla fine lo trovò. Il coltello che gli serviva per pungersi le dita e procurarsi delle ferite quando si sentiva solo e triste, e nemmeno pensare ad Andrès lo aiutava. Sua mamma non lo aveva mai saputo e se un giorno avesse trovato da qualche parte quell'arnese di sicuro si sarebbe arrabbiata tantissimo anche non sapendo cosa il figlio se ne facesse.

Tornare alla finestra fu più facile che arrivare al salotto, forse perché sapeva già ciò che lo aspettava: un beneamato niente.

Non un mostro, non un ladro, non un serial killer pronto ad ucciderlo.

Aprire il lucchetto che chiudeva il pezzo di legno usato per tenere insieme le due parti del vetro della finestra fu più difficile del previsto.

Click, click, click, click,click. L'unica speranza era che quel suono metallico non svegliasse Laura.

Una volta aperta del tutto la finestra volle assicurarsi che sua madre dormisse davvero e par farlo si ricacciò nuovamente nel corridoio buio. Dormiva, via libera. Il ragazzo si riservò però di prendere una torcia elettrica dal cassetto di camera sua, visto che le luci del corridoio del palazzo si spegnevano alle ventitré e trenta, se uno vuole girare per i condomini dopo quell'ora, si arrangia. Questa decisione -più volte contestata- era stata presa dal proprietario del palazzo, nonché condomino del secondo piano.

Lukas accese la torcia solo dopo aver svoltato il primo angolo, percorso a tentoni aiutandosi con il fioco riflesso dei segnali delle uscite di emergenza. Dopo i primi cinque metri ebbe un sussulto: un ombra.

Respira, respira!” dandosi ordini da solo la cosa andava meglio. Chi cavolo poteva essere? Un ladro, armato e pronto a tutto “E io non ho portato nemmeno il coltellino svizzero.” A peggiorare le cose ci si mise una lucetta rossa intermittente che prendeva la testa, stringeva le tempie del terrore e le univa tra di loro. Voleva tornare indietro, ma due cose glielo impedivano: Andrès e il fatto che avrebbe fatto troppo rumore rientrando. Il raschio di una lama contro un vetro si riconosceva fin troppo bene per essere accantonato dal cervello impaurito di Lukas, che non aveva pensato lontanamente che tutto questo avesse una spiegazione più che razionale. Si sentì l'amaro in bocca e si morse la lingua più forte che poté perché aveva bisogno di sentire il sapore del sangue. Cominciò ad avvertire la pura vera quando l'ombra si rivelò essere le ombre e in due cominciarono ad avvicinarsi minacciose al corpo di Lukas, leggero come un fuscello in autunno e ormai completamente appoggiato al muro portante con la torcia spenta.

Vi prego, non fatemi del male...vi prego!” La mente gli divorava le corde vocali con i suoi pensieri spaventosi.

Lukas? No, aspetta... ma veramente sei tu?”

Il giovane aprì gli occhi lentamente, rassicurato dalla voce familiare e si trovò davanti la figura indefinita di una ragazza ed un ragazzo, così si decise a riaccendere la torcia e, con la mano destra che tremava come una foglia scossa dal Maestrale, spinse il tasto nero sull'arnese che inondò di luce i due volti che con i loro piccoli occhi lo fissavano.

Camille era del terzo piano e ogni tanto da piccoli giocavano insieme, mentre il ragazzo che le stava accanto non lo aveva mai visto. La vicina aveva sedici anni e così, a colpo d'occhio, il suo accompagnatore.

Che cavolo fai qui di notte? Non ti si è mai visto in giro dopo le dieci di sera.”

La pausa che seguì era il tempo di cui necessitava Lukas per realizzare che nessuno stava per ucciderlo ed elaborare una risposta decente con una voce ascoltabile.

Mi vuoi far credere che tua madre sa che esci a quest'ora con questo tipo? O usi ancora la scusa della serata a casa dell'amica del cuore?”

A quel punto il ragazzo biondiccio che stava in piedi accanto a lei fece uno scatto in avanti ed intervenne

Senti non ho la più pallida idea di chi tu sia, ma vedi di non rompere me e Camille altrimenti potresti...” Camille, che gli stava attaccata alla manica del giubbotto in pelle marrone, lo interruppe prima che avesse il tempo di finire la frase

Prima di tutto parla piano che svegli la gente...e lascialo in pace, che se non ci facciamo i fatti nostri questo malato racconta tutto a mia mamma e siamo nella merda.”

Il ragazzo prese aria dal naso, la trattenne per una manciata di secondi in bocca e poi cercò di arrivare a patti con quello che Camille aveva chiamato malato.

Noi ci facciamo i fatti nostri se tu ti fai i tuoi...ci stai?”

E che poteva fare? Annuì.

Il tipo lanciò un'occhiataccia a Lukas che ricambiò, anche se con timore. Avrebbero solo dovuto chiedere scusa per lo spavento che gli avevano fatto prendere...ma d'altronde lui che ci faceva li? Mentre i due si allontanavano notò la sigaretta stretta tra le dita del ragazzo. La luce rossa, che stupido.

Quando i due si allontanarono Lukas aspettò seduto in quell'angolo, come uno stupido secondo lui, di sentire il rumore della serratura dell'appartamento di Camille e poi la chiusura. Spense nuovamente la torcia e si mise a fissare il soffitto perfettamente intonacato di bianco e il suo pensiero andò di nuovo alla vicina di casa ed al ragazzo che la accompagnava...Chissà che cosa avrebbero fatto quella sera, di nascosto dalla signora Linda, la madre di Camille e chissà se avrebbero fatto a tempo a svegliarsi prima di lei per rivestirsi e far finta di non essersi visti.

Come me e Andrès” pensò. Andrès! Che cosa stava facendo il quel corridoio a mezzanotte e mezza passata? Doveva sbrigarsi ed andare a prenderlo, portarlo a casa sua, richiudere quella finestra ed addormentarsi, finalmente.

Il cuore riprese a battere velocemente quando si accorse di essere di nuovo solo in quel corridoio buio e riaccese la torcia alzandosi, tirandosi su con le mani dalle dita lunghe e sottili ed incamminandosi nuovamente ma gli venne voglia di arrivare da Andrès, il più presto possibile.

Aspettò però di svoltare l'angolo prima di accelerare il passo, poi si mise persino a correre con le pantofole blu scuro ma le tolse prima di arrivare alle scale perché facevano troppo rumore e le prese in mano con una velocità allucinante alimentata dalla paura e si scapicollò per la prima rampa di scale, le altre quattro vennero sempre più veloci fino ad arrivare al primo piano terra e poi alla porta della stanzetta che faceva da ripostiglio per le poche cose del custode.

Si avvicinò e puntando la luce della torcia attraverso il rettangolo di vetro opaco al centro della porta diede il segnale ad Andrès di aprire la porta. L'amico non dava segnale di muoversi così Lukas avvicinò timoroso la mano bianca al pomello della porta. E se non fosse stato più lì? Era una sciocchezza, certo che era lì, e dove poteva essere andato? Il custode in quella stanza non ci entrava mai, come poteva aver bisogno di una stupida scopa o un passa straccio che si trovava proprio li? Ne aveva tanti altri.

Il ragazzo girò il pomello in ottone dorato e con un cigolio aprì la porta dietro la quale Andrès dormiva seduto su una sedia girevole rivestita in finta pelle nera e il viso appoggiato al vecchio tavolo marroncino.

Lukas si avvicinò a lui lo svegliò semplicemente toccandogli il braccio con la mano e sorridendogli non appena l'amico aprì i grandi occhioni marrone scuro e li girò verso di lui ricambiando il sorriso.

Come stai?” Lukas parlava pianissimo per non rischiare di svegliare le due famiglie che vivevano al pian terreno, Andrès lo capì e cercò di imitarlo, nonostante avesse naturalmente molti più decibel dell'amico svedese.

Mmmh...bene, sono stanco...” Lukas lo guardò con tenerezza e lo aiutò a tirarsi su dalla sedia girevole tendendogli la mano che Andrès afferrò, mentre con l'altra si stropicciava gli occhi visibilmente stanchi, sia dalla lunga giornata che dalla postura scomoda che aveva tenuto per qualche ora.

Come hai fatto a venire senza che tua madre se ne accorgesse? Perchè non se n'è accorta, vero?” Lukas scosse il capo

No, non per ora almeno. Poi ti spiego tutto, andiamo sbrigati” sussurrò.

Lukas tirò Andrès per un braccio fuori dalla stanzetta, ma l'amico resistette con forza

Aspetta! C'è una cosa che devi vedere” Lukas aggrottò la fronte, che cosa avrebbe mai potuto dover vedere in uno sgabuzzino inutilizzato da mesi e mesi?

Una cosa importante?” Domandò.

Si, credo. Guarda che ci tiene qui, il vostro custode...” Andrès afferrò con la mano destra un pezzo di legno rotondo attaccato al cassetto del tavolo adibito a scrivania che serviva da pomello, lo aprì e ne tirò fuori un revolver nero.

Lukas lo guardò con stupore e lo ricollegò a fatica al vecchio custode che vedeva ogni mattina

Lo teneva qui dentro...non è stato difficile trovarlo, l'ho visto mentre frugavo le carte e le lettere. Non è legale tenerlo qui così, dovrebbe avere una cassaforte chiusa con la combinazione, non la può tenere alla portata di tutti!”

Lo so, cosa pensi che ci faccia? E' inutile...” Lukas era basito a dir poco

Forse ha paura di essere aggredito...comunque è forte. Guarda, è scarica, ma devono esserci dei proiettili da qualche parte.” Disse Andrès.

Andiamo ti prego, posa quel coso, mi fa paura.” Lukas lo tirò nuovamente per il braccio incitandolo ad uscire e lasciar perdere quell'arma.

Va bene, non ti agitare, andiamo.”

 



"Per me si va nella città dolente, per me si va nell'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente" (D. Alighieri.)

NB! LE RECENSIONI SIA NEGATIVE CHE POSITIVE SONO GRADITE :)

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Capitolo 13
*** Parte 13 ***


Per Lukas tornare nell'appartamento fu molto più facile che uscire, perché aveva già appurato che in corridoio non c'era nessun pericolo e perché ora Andrès era con lui.

Anche se il moro continuava con una raffica di domande ad alta voce, Lukas era felice.

Era felice perché ora finalmente aveva un nuovo motivo per andare avanti, per vivere la sua vita come un ragazzo normale e, per la prima volta, sentì la forte voglia di guarire.

Fu una sensazione bellissima che saliva in crescendo, e lo riempiva di eccitazione ed impazienza zuccherina.

'' Perché le luci non si accendono? ''

'' E' stata un decisione del proprietario del condominio. ''

'' Perché ci sono questi spuntoni appesi al muro? ''

'' Servono ad appendere i cappotti...Parla piano ti prego... ''

'' Dov'è la sala congressi? '' A Lukas sfuggì un risolino dopo aver sentito quella domanda.

'' Non abbiamo una sala congressi...è un condominio, mica un albergo a cinque stelle. ''

Andès non la smetteva con le sue domande poste a macchinetta, come se le avesse pensate prima, scritte e poi imparate a memoria.

Sembrava un bambino di cinque anni al parco giochi: che cos'è questo, a cosa serve quello, perché c'è quest'altro e cosa ve ne fate di questo.

Sembrava inoltre non aver intenzione di abbassare la voce, ma Lukas rispondeva distrattamente, aveva la testa altrove e non gli importava nulla dei suoi vicini.

'' Vieni, entra. Non fare assolutamente rumore, mia mamma dorme. '' Disse Lukas.

Andrès finalmente si decise a tapparsi la bocca.

Seguì l'amico all'interno dell'appartamento passando dalla finestra ed aspettò che la richiudesse.

Il biondo gli fece un cenno con la mano invitandolo a seguirlo.

La sua camera da letto la conosceva bene, eppure nel buio andò a sbattere contro la porta aperta.

'' Shhhh! Fai attenzione! '' Lo ammonì Lukas, preoccupato che sua madre potesse svegliarsi. Non immaginava la sua reazione se li avesse scoperti.

Andrès entrò e, per evitare di fare altri danni, si sistemò sul letto ed aspettò quieto che il padrone di casa chiudesse la porta e quindi accendesse finalmente la luce.

'' Allora '' disse '' dobbiamo anzitutto organizzarci per bene. Domani ci svegliamo alle cinque e mezza, così avrai tutto il tempo di andartene senza che mia madre sospetti nulla. Domani io vado a scuola, quindi tu dovrai arrangiarti ancora nello sgabuzzino del custode finché non torno. Ti prometto che non mi trattengo, subito dopo la fine delle lezioni sarò a casa. ''

'' E dopo? Non posso mica restare a vita nello sgabuzzino...Voglio dire, prima o poi al custode serviranno le chiavi inglesi o il piede di porco e dovrà entrare. ''

'' Hey, non crederai che ti lascerò lì per più di sei ore, vero? '' Lo rassicurò Lukas carezzandogli il mento.

'' E come si fa? Dove vado a stare? '' Domandò Andrès sconsolato.

'' Qualcosa ci inventeremo vedrai, ho già un'idea che credo funzionerà. Adesso però dormiamo. Dovrei avere un maglione largo che andrà bene per questa notte, ti terrà caldo. E in bagno dovrei avere uno spazzolino di riserva ancora nella confezione. ''

Andrès si sentì in imbarazzo, un po' come se fosse un invasore della casa e delle cose di Lukas.

'' Oh Lukas, non sarà troppo disturbo per te? '' Domandò.

'' Ma che dici! Vieni, seguimi. Togliti le scarpe così fai meno rumore.

Dopo averlo fatto lavare ed accomodare nel vestito per la notte, Lukas invitò l'amico a seguirlo nel letto.

'' Vieni qui, non ti vergognare. ''

Andrès, arrossendo notevolmente in viso, obbedì.

'' Mettiti pure comodo, tanto io ho bisogno di poco spazio.'' Lo rassicurò Lukas, avvolgendosi nella sua parte di piumino.

Anche lui era tanto in imbarazzo ovviamente, ma in qualità di padrone di casa non doveva darlo a vedere al suo gradito ospite.

Andrès si sistemò rigido accanto a lui, e finalmente Lukas spense la luce.

'' Rilassati...Hey Andrès, ti giri verso di me? '' Disse Lukas rivolgendosi all'amico che fino a poco tempo prima gli aveva dato le spalle.

'' Oh, certo, ma che maleducato! '' Si scusò il brasiliano.

'' Non preoccuparti, era solo per stare più caldi.'' Lo rassicurò Lukas.

I due bisbigliavano, per non farsi sentire, e così facendo andarono avanti a chiacchierare del più e del meno fino all'una passata, quando, in seguito ad una carezza concitata di Lukas, gli ormoni giocarono un brutto scherzo ad Andrès.

Il biondo se ne accorse e, subito, si preoccupò si tranquillizzare l'amico.

'' Non c'è problema. Davvero. Capita a tutti i ragazzi. '' Sorrise. Com'era dolce.

'' Succede in continuazione anche a me...stavamo parlando di Lina, lei ti piace, no? '' Disse Lukas, anche se ognuna di quelle parole gli provocava un tuffo al cuore.

'' Deve essere stata lei. '' Concluse.

'' No Lukas, sei stato tu.'' Avrebbe voluto dire Andrès, ma ovviamente non poteva, così si limitò a sussurrare un timido '' si, deve essere stata lei.'' Per poi girarsi e finalmente lasciare che il sonno avesse la meglio.

 

 

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Capitolo 14
*** Parte 14 ***


Il mattino seguente la sveglia che Lukas aveva impostato sul cellulare suonò puntuale alle cinque e trenta.

Si svegliò di colpo e, per evitare di svegliare anche sua madre, si affrettò a premere il pulsante di spegnimento.

Fortunatamente però la donna dormiva dall'altra parte del corridoio e non c'era pericolo che si fosse svegliata.

Dopo quattro ore scarse di sonno, i due ragazzi avrebbero voluto starsene a letto sino a mezzogiorno, ma ovviamente non era possibile: Andrès doveva uscire subito.

'' Andrès... '' Sussurrò Lukas.

'' Hey, svegliati! Sono le cinque e mezza, devi andare. '' Disse, alzando un po' il tono di voce ed avvicinandosi all'orecchio dell'amico.

'' Mhh, è prestissimo, sono stanco morto. '' Biascicò Andrès.

'' Lo so, anche io. Ma devi uscire subito, o mia madre ti troverà qui e saranno guai. '' Disse.

A queste parole Andrès si trascinò fuori dal letto con distrazione, e finì anche per inciampare tra le pieghe del tappeto.

'' Ancora! '' Rise Lukas. '' Sei proprio un pasticcione!''

'' E ne sono consapevole e fiero.'' Sentenziò scherzosamente Andrès.

'' Tu va a farti una doccia, io ti preparo i vestiti. '' Disse Lukas.

'' Posso rimettere i miei. ''

'' Ah, non se ne parla. Da quanto ce li hai addosso? Due giorni? Lascia perdere...lo so che pensi che mi stai disturbando, ma non è affatto così, mettitelo in testa una buona volta. '' Lo rimproverò l'amico.

'' Beh, ma i tuoi vestiti mi andranno...stretti? '' Nel dire queste parole Andrès pregò Dio di non aver urtato la già compromessa sensibilità dell'amico.

Lukas prese aria dal naso.

'' Ti cercherò qualcosa di largo. '' Rispose alla fine.

'' Il bagno sai dov'è, le tovaglie sono sistemate nel secondo cassetto, prendi quella che preferisci...Ah, e cerca di non scivolare ancora! '' Sorrise Lukas.

Andrès ricambiò il sorriso e poi si diresse verso la stanza da bagno facendo il minimo rumore.

Accese la doccia ed impostò il getto d'acqua sull'opzione “ BASSO “ , così da non correre il rischio di svegliare la madre di Lukas.

Scelse dal cassetto una tovaglia color lilla, che gli sembrava la più calda, e la appoggiò sul termosifone caldo, così che potesse avere una temperatura piacevole quando il ragazzo sarebe uscito dalla doccia.

Entrò nella cabina e la chiuse, e, mentre si versava sulle mani un po' del bagnoschiuma di Lukas, pensò che forse lo aveva offeso con quel commento sui vestiti. Ma poi rifletté e realizzò che gli sembrava tutto apposto, così decise di non tirare nuovamente fuori l'argomento, né quello dei vestiti né quello riguardante '' l'incidente'' della sera prima, o avrebbe peggiorato la situazione.

Diede un'occhiata alle due confezioni di shampoo: uno alle fragole per capelli chiari ed uno al miele per capelli platinati. Il secondo doveva essere quello di Lukas e, anche se non era di certo adatto per il suo colore di capelli, ne usò un po'.

Uscì dalla doccia assicurandosi di aver lasciato tutto pulito e, dopo essersi asciugato per bene, si lavò i denti e tornò da Lukas.

'' Sei pronto? Ecco i vestiti. Non sono il massimo ma di sicuro ti terranno caldo. '' Disse l'amico, sorridendo.

'' Grazie mille, non so che avrei fatto senza di te... '' Disse Andrès, arrossendo notevolmente e chinando il capo.

'' Non devi ringraziarmi, ma anzi, forse sono io che devo ringraziare te...'' Andrès lo squadrò con aria interrogativa.

'' Devi ringraziarmi? E per cosa? '' Domandò curioso.

'' Lascia stare...dai, vestiti, così non faccio ritardo. '' Gli rispose Lukas, restando vago.

Andrès osservò i vestiti appoggiati con cura sul letto, ed improvvisamente avvampò.

'' Ti..insomma, ti dispiace se mi spoglio? ''

Lukas aggrottò la fronte e, arrossendo altrettanto, scosse la testa.

'' Figurati, fa pure. '' Biascicò.

Andrès si tolse di dosso l'asciugamano lilla nel quale era avvolto e, dando le spalle a Lukas, che intanto lo fissava in un misto di piacere ed imbarazzo, iniziò ad infilarsi uno ad uno gli indumenti.

Quando ebbe finito si voltò verso l'amico che, ormai paonazzo, restava muto sulla sedia; quando all'improvviso ruppe il silenzio.

'' Io adesso...adesso vado a fare la doccia, tu aspettami qui. '' Disse, e corse in corridoio.

Lukas si era eccitato tantissimo e, chiusa la porta a chiave, non poté negare alla parete della doccia la sua dose quasi giornaliera di umori maschili.

Ci fu un periodo in cui non ci riusciva più, se lo ricordava bene. Non era nemmeno un anno prima e, preoccupato, ne aveva persino parlato con il dottore, che collegò il problema alla sua troppo scarsa alimentazione.

Poi però finalmente quel problema si era risolto naturalmente.

Si affrettò a prepararsi e una volta finto, con cura, ripiegò i vestiti di Andrès e glieli restituì.

Per colazione gli diede il sandwich alla marmellata che aveva lasciato in frigorifero la sera prima.

'' Devi avere pazienza '' gli disse '' non ho altro da darti. ''

'' Figurati, mi piace. '' Disse Andrès, e sorrise con gratitudine.

Uscì da dove era entrato e si infilò nuovamente nello sgabuzzino del custode e chiuse la porta.

Lukas intanto aveva messo la padella sul fuoco. Era felice, voleva mangiare tutto e non vomitare niente.

Sapeva che inizialmente sarebbe stato difficile, ma doveva farlo.

Per Andrès.

Per sua madre.

Per se stesso.

Stava mettendo i würstel in padella quando sentì la voce di sua madre dietro di lui.

'' Hey, zucchero. ''

Lo salutò affettuosamente con una carezza sul viso.

'' Buongiorno, mamma. '' Rispose sorridendo.

'' Come mai già sveglio e pronto? '' Gli domandò Laura.

'' Mi sono svegliato e non riuscivo più a dormire. Vieni, siediti a tavola. '' La invitò.

'' Certo, che hai preparato? ''

'' I würstel, spero mi siano venuti bene. ''

La colazione fu più che piacevole per Laura, che guardò per la prima volta il figlio mangiare l'interi pezzo di carne con gusto.

'' Ne lascio solo un pezzettino. '' Disse Lukas, guardandola con aria implorante.

'' Ma certo, sei stato bravissimo. '' Disse Laura, carezzandolo con dolcezza. Quasi le veniva da piangere.

Lukas ebbe lo stimolo del vomito per i dieci minuti che seguirono, ma lo combatté fino a sconfiggerlo del tutto, e si sentì talmente bene che credeva di avere la forza per correre dieci chilometri.

Il ragazzo aveva già un'ottima idea su dove far stare al sicuro Andrès, avrebbe messo in pratica il suo geniale piano quel pomeriggio stesso, si sentiva allegro e sicuro.

Arrivato a scuola però tutti i suoi amici gli si strinsero attorno.

'' Lukas, ci dispiace. '' Disse uno.

'' Voi due siete molto amici. '' Disse un'altro.

'' Vedrai che ritornerà presto... '' Lo rassicurò un suo compagno di calasse, dandogli una pacca sulle spalle.

I genitori di Andrès avevano denunciato la scomparsa.

 

 

 

"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri)

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Capitolo 15
*** Parte 15 ***


In classe persino il professor Leanderson dedicò i primi dieci minuti della lezione alla misteriosa scomparsa di Andrès.

'' Ragazzi, tutti sarete venuti a conoscenza della scomparsa del vostro compagno e amico. Sappiate che la notizia ha turbato molto anche me e sono disponibile a raccogliere ogni vostra dichiarazione, anche i dettagli apparentemente più insignificanti potrebbero essere utili alla polizia, che comunque sta già svolgendo le indagini. I suoi cari sono disperati, e vi pregano di parlare, se sapete qualcosa.

Anche se tutto fa supporre un allontanamento volontario la preoccupazione è forte e ovviamente speriamo che torni presto. ''

Accidenti, aveva addirittura ritagliato un po' di tempo dalla sua preziosissima ora di svedese, allora doveva essere davvero dispiaciuto.

Questa Lukas doveva raccontargliela.

Naturalmente non fu solo il professor Leanderson a parlare di Andrès, anche tutti gli altri lo fecero, e persino il preside radunò tutto l'Istituto in sala insegnanti; la raccomandazione era sempre la stessa: se sapete qualcosa, qualunque cosa, parlate.

Lukas giurò a se stesso che non si sarebbe lasciato scappare neppure una parola, lo giurò sulla testa di sua madre.

Tornando a casa scese due fermate prima della sua, e si fermò al ristorante giapponese a comprare una porzione di spaghetti in salsa verde al pesce da asporto, così facendo non sarebbe dovuto scendere a portare qualcosa ad Andrès dopo pranzo e non avrebbe destato alcun sospetto.

Quando arrivò a casa ed aprì lo sgabuzzino però Andrès dormiva, così per non svegliarlo strappò una pagina dal suo diario, una delle ultime, e scrisse '' Ciao Andrès, sono tornato. Ti ho portato qualcosa dal ristorante giapponese perché so che ti piace, spero di aver azzeccato il piatto. I tuoi genitori hanno denunciato la scomparsa, dopo ti racconto. Appena leggi spegni il cellulare o la polizia può sapere dove sei. So dove portarti, devi solo avere un po' di pazienza. Non lasciare niente, se ti affacci alla finestra dietro di te, vedrai che c'è un bidone, butta tutto lì, invece questo foglio buttalo nel gabinetto vicino all'armadio, mi raccomando! Sono da te tra un paio d'ore. Ti abbraccio, Lukas. ''

Appoggiò il foglio sulla scrivania e corse su per le scale.

 

Sua madre lo abbracciò appena lo vide dalla porta.

'' Tesoro, vedrai che tornerà prestissimo.'' Gli disse.

Anche lei sapeva.

Lukas doveva fingere ora, fingere di stare male davvero, o non avrebbe funzionato.

Pensò a come sarebbe stato se davvero Andrès fosse scomparso senza lasciare traccia, e si fece persino venire le lacrime.

'' Oh, povero tesoro. L'importante è che tu dica qualunque cosa sai. Te lo chiedo con il cuore in mano, zucchero: sai qualcosa? Sospetti dove possa essere andato? ''

A Lukas dispiaceva molto dover mentire a sua madre, che gli voleva così bene e si fidava ciecamente di lui, ma non poteva tradire Andrès, così scosse la testa.

'' Va bene. Non te ne parlerò più allora, ma prometti che se saprai qualcosa lo dirai. ''

'' Lo prometto. '' Disse Lukas mordendosi i lati della lingua.

Per pranzo Laura aveva preparato della pasta con il sugo di verdure, che a Lukas piacque tanto, ma che non ebbe la forza di finire.

Ne mangiò comunque una buona parte e, come gli succedeva ogni volta da quando non vomitava più, subito dopo pranzo doveva stendersi dieci minuti sul letto, con il petto vicino alle ginocchia, per evitare che gli venisse la nausea.

Dopo questo tempo iniziò a preparare qualcosa che gli sarebbe servito, aprì l'armadio e, aiutandosi con una sedia, prese dall'ultimo ripiano lo zaino verde e marrone che gli aveva regalato sua nonna Bonnie qualche anno prima, e lo riempì dello stretto indispensabile poi, quando fu sicuro che sua madre fosse completamente assolta dalla telenovelas che stava guardando, Lukas andò in camera sua e prese la chiave del cottage che teneva nel secondo cassetto del comodino.

Era fatta, ora poteva mettere in atto il suo piano.

Scese da Andrès, che lo accolse con un caloroso sorriso.

'' Hey, buongiorno!'' Gli disse.

'' Buongiorno, '' rispose, con un sorriso ampio quanto quello dell'amico.

'' come stai? '' Gli chiese.

'' Bene, anche se stare qui zitto e solo tutto il giorno non è che sia il massimo...Oh, grazie per il pranzo! ''

'' Figurati, '' rispose Lukas '' non potevo mica lasciarti digiuno. Piuttosto, hai fatto tutto quello che ti ho scritto? ''

Andrès annuì con decisione.

'' Ma ora che facciamo? Dove mi porti? ''

'' Ascoltami bene: '' iniziò Lukas '' adesso io vado dal ferramenta su questa via, ci metto veramente poco. Tu intanto mettiti quello che troverai qui. '' Disse porgendogli lo zaino, e, senza lasciare che l'amico potesse dire una parola, se ne andò.

Arrivato al ferramenta fortunatamente trovò un solo cliente davanti a lui, e fece molto presto a farsi duplicare le chiavi del cottage.

Rientrò nell'appartamento velocissimo, e trovò una scusa con sua madre perché potesse stare via per un po'.

'' Mamma, oggi ho bisogno di distrarmi...Posso andare a casa di Ole? Mi ha invitato a giocare a carte. Prometto che sono a casa in meno di tre ore. ''

Laura staccò lo sguardo dal televisore per volgerlo al figlio.

'' Ah...e va bene zucchero, ma sai...di sicuro il tuo amico si è allontanato volontariamente però, devi capirmi, sono un po' preoccupata, quindi preferirei se tornassi a casa accompagnato da un adulto. ''

'' Va bene, mi farò accompagnare da uno dei genitori di Ole. ''

Laura sia alzò dal divano per baciarlo '' Mi mandi un messaggio sul cellulare quando arrivi a casa sua? ''

'' Ma certo.'' Rispose Lukas, che aveva previsto tutto, e sgattaiolò nuovamente in camera di sua madre prima di uscire, così da rimettere nel comodino la chiave originale del cottage.

'' Ciao mamma. ''

'' A dopo zucchero! ''

Arrivò al primo piano e non poté trattenere un risolino: Andrès sembrava un pinguino avvolto in tutta quella roba.

'' Ah-ah...molto divertente. Che ci trovi da ridere? '' Disse il brasiliano, scherzosamente sulla difensiva.

'' Morirò qui sotto. ''

'' Beh, almeno non ti riconoscerà nessuno...andiamo adesso, o perderemo il pullman. ''

 

Durante il viaggio Lukas raccontò ad Andrès cosa era successo a scuola, cosa avevano detto i professori ed i compagni, e gli disse anche di sua madre.

Quando fu sicuro che nessuno poteva sentirli, gli illustrò il suo piano.

Andrès ne era entusiasta, ma presto dovettero smettere di parlarne, perché erano arrivati alla fermata degli autobus e c'era troppa gente, era rischioso.

Quando si sedettero Andrès non si tolse né cappello né sciarpa, per non rischiare di essere riconosciuto, e i due fecero finta di parlare di nazionale sportiva, anche se nessuno di loro era tifoso di calcio.

Lukas calcolò il tempo che sarebbe servito per arrivare a casa di Ole e puntualmente mandò un messaggio a sua madre con su scritto che era arrivato a casa del compagno, mentre Andrès per mascherare la parlata ispanica fingeva un marcato accento inglese.

Scesero una fermata prima rispetto a quella più vicina al cottage per non destare sospetti, ed arrivarono alla stretta via di campagna a piedi.

 

Mentre camminavano ripassavano il piano, tanto lì non li avrebbe sentiti nessuno, non c'era neanche un'anima.

Quando arrivarono alla casa bassa ma accogliente Andrès si guardò in torno.

'' Sei sicuro che non viene mai nessuno? '' Domandò un po' preoccupato.

'' Certo che sono sicuro, è dove mio padre mi ha fatto quello che mi ha fatto...non ci siamo più tornati da allora e solo mia madre ha la chiave. Non ci verrà mai, stai tranquillo, solo il pensiero le da la nausea. '' Lo rassicurò Lukas.

'' Beh, non è il massimo, ma ti ho portato lo stretto indispensabile e domani ti aiuto a mettere un po' d'ordine...Ah, ho anche questo. '' Disse Lukas, porgendogli un cellulare grigio.

'' E' il mio vecchio telefono, è intestato a mia madre e non ti rintracceranno mai. ''

'' Grazie Lukas, sei speciale, davvero. Non ci credo ancora di avere un amico come te! Ma tu pensi sia giusto quello che sto facendo ai miei genitori? ''

'' Io non sono mai stato d'accordo...''

A queste parole Andrès prese aria dal naso, ed aggrottò la fronte.

'' Ma come? E allora perché mi stai aiutando? '' Chiese perplesso.

'' Ecco...è esattamente questo il punto. Mi faccio paura da solo, perché sono convinto che anche se tu volessi uccidere una persona, io starei incondizionatamente dalla tua parte...Lo so che è terribile quello che ho detto, e non intendo certo che tu sia in grado di...''

Andrès non lo lasciò finire.

Decise di non riflettere su quelle parole, perché se lo avesse fatto non sarebbe mai riuscito a pronunciarle.

Lo fece di getto, quasi con noncuranza.

'' Lukas, io ti piaccio? Intendo...come dovrebbe piacerti una ragazza. Parlo anche di attrazione fisica. Vorresti baciarmi, se te lo chiedessi? Ti prego di non offenderti, te lo sto dicendo perché tu mi piaci in quel modo. ''

 

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Capitolo 16
*** Parte 16 ***


Gli occhi di Lukas si sbarrarono in modo innaturale, fino a sembrare due enormi pozzi azzurri.

Il silenzio imbarazzante fu rotto solo dal ticchettio della pioggia sui vetri e sul tetto.

'' Ha iniziato a piovere, controllo se da qualche parte c'è un ombrello. '' Disse Lukas, sperando che quelle parole Andrès non le avesse mai pronunciate, e per un attimo si convinse che fossero solo il frutto della sua immaginazione.

'' Rispondimi, per favore. Io ti piaccio?'' Insistette Andrès, sull'orlo di una crisi mistica.

A quel punto Lukas non poté fare altro che elaborare, prendere aria dal naso e poi lasciarsi andare al suo istinto, come non aveva mai fatto prima d'allora.

'' Oh Andrès, non immagini quanto e da quanto tempo! ''

Disse, e si strinse tra le braccia dell'amico.

O forse non era più solo un amico?

Andrès capì che Lukas aveva già dato troppo, e non si sarebbe mai spinto più in là di sua iniziativa, ma lo conosceva bene, e sapeva anche quanto poco gli bastasse perché si sciogliesse.

Gli appoggiò con delicatezza una mano sul viso, sfiorando con la punta delle dita la cicatrice profonda e lunga abbastanza da solcargli tutta la guancia, ma questi non si ritirò.

'' Non ti preoccupare. ''

Disse soltanto, il che bastò ad Andrès per lasciare che le sue labbra si avvicinassero a quelle di Lukas, fino a sfiorarle.

Visto che non si opponeva, il brasiliano continuò a baciarlo dolcemente, finché non ritenne che fosse arrivato il momento di un bacio vero.

Si fece spazio tra le labbra di Lukas con la lingua ma, quest'ultimo, essendo alle primissime armi non sapeva se permettere o meno quella gradita intrusione.

Alla fine cedette, tanto, perché fingere di resistergli? Era inutile.

Era come se i loro corpi si stessero improvvisamente liberando tutto d'un colpo delle migliaia di farfalle che i loro stomaci avevano collezionato quando pensavano l'uno all'altro.

Una primordiale e piacevolissima stretta alla bocca dello stomaco, e poi alla testa li invase, erano improvvisamente pieni di tutto l'amore che nella vita gli era stato negato, e sentivano il bisogno di trasmetterlo all'altro.

Andrès con molto savoir faire, che reclutò dentro di se nonostante tutta la sua insicurezza, e prese a tirare lentamente i lembi della maglia di Lukas, che era tanto preso che non avrebbe opposto resistenza neppure se gli avessero sparato.

Toccargli le costole in evidente rilievo era un piacere amaro, che portò in Andrès un misto di eccitazione e tristezza.

Lukas intanto provvedeva a sbottonargli i pantaloni, imitando le mosse di Andrès, che stava facendo lo stesso sul suo corpo esile.

Andrès restò un po' a guardare la su struttura ossuta, che avrebbe potuto essere un dolce invito all'assaggio, se solo avesse avuto qualche chilo in più.

Ma era ugualmente bellissimo.

Per lui irresistibile.

Andrès, che oramai si era guadagnato la fama del più deciso, prese a giocare con l'elastico del boxer XS di Lukas, che si ritirò un po', lasciandosi sfuggire un mugolio contrario.

Andrès fece presto a zittirlo, coinvolgendolo in un nuovo e più passionale bacio, che iniziò mordendogli il labbro inferiore con delicatezza.

 

Lukas però non voleva saperne di togliere i boxer al suo amante, così lo fece lui stesso.

Quando le loro bocche si separarono, i due restarono a guardarsi senza rivolgersi la parola, senza sfiorarsi.

Stavano semplicemente a fissare l'uno il corpo dell'altro, e solo dopo minuti interi si accorsero del freddo che invadeva ora l'aria.

Questa volta, inaspettatamente, fu Lukas a concedersi la prima mossa, tirando con fermezza Andrès sul divano rosso impolverato posto proprio di fronte al camino spento da anni.

Con la poca forza che aveva, spinse i loro corpi l'uno contro l'altro, per farli combaciare in ogni loro parte.

Coccole.

Corpo su corpo.

Anima su Anima.

Si carezzavano semplicemente.

Mentre Andrès scopriva la durezza scomposta della schiena di Lukas, Lukas si accingeva a solleticare il fondoschiena levigato di Andrès.

 

Come avrebbero potuto i ragazzi immaginare che la loro tenera intimità sarebbe presto stata rotta da una tragedia come quella che li aspettava?

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                                                                                                ATTENZIONE!!!!

Alor! So bene che questo capitolo è molto corto, ma non c'è modo di allungare con fronzoli una scena così dolce :3 Baciii -S-

NB! LE RECENSIONI SIA NEGATIVE CHE POSITIVE SONO GRADITE :)


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Capitolo 17
*** Parte 17 ***


Erano passate due settimane esatte da quando Andrès era scappato di casa.

I suoi genitori, nonostante avessero richiesto il silenzio stampa, non perdevano occasione per fare appelli alla cittadinanza affinché loro figlio fosse ritrovato.

Lukas si recava da lui con regolarità e restava due o tre ore nel cottage.

Chiacchieravano, bevevano cioccolata calda e mangiavano torta di mele.

In tutto quel tempo Lukas vomitò solo due volte, era un enorme passo avanti.

In quei giorni scoprirono quanto sapevano essere fastidiosi ed ingombranti i vestiti, che consideravano un intralcio e che puntualmente scivolavano a terra ogni qualvolta si coccolavano.

Stavano anche bene attenti a non consumare troppa luce, acqua e gas, o Laura si sarebbe accorta che qualcosa non quadrava dalle bollette.

Un giorno, il giorno del compleanno di Lukas, Andrès si sentì obbligato a fare qualcosa di speciale per lui.

'' Non posso comprarti niente di materiale, come sicuramente avrei fatto se fossi stato a casa. Però oggi hai quattordici anni ed avere rapporti sessuali tra minorenni non è illegale alla nostra età. ''

Disse maliziosamente mordendosi il labbro inferiore.

Lukas non disse una parola per tutto il tempo, ma riuscì ad emettere solo mugolii di piacere, mentre Andrès era impegnato a passare delicatamente la lingua sul suo membro.

Descritta così potrebbe sembrare una cosa sporca, invasiva, forzata, ma non era nulla di tutto ciò.

Il naturale impulso sessuale di due adolescenti si fondeva con l'amore che provavano l'uno per l'altro.

Quella fu la cosa più spinta che fecero.

Lukas però era comunque tanto triste quel giorno.

'' Hey, che cos'hai? '' Gli chiese Andrès, che temette di aver fatto qualcosa di sbagliato.

'' Non...non avrei dovuto, prima? Mi dispiace così tanto...ma tu mi lasciavi fare così ho pensato che...''

Lukas lo zittì prima ancora che potesse finire la frase.

'' No, non è per quello. Sei stato bravissimo. '' Gli sorrise, arrossendo.

'' E' solo che... oggi mio padre non mi ha chiamato per farmi gli auguri. '' Disse abbassando lo sguardo a terra.

'' Oh...ma magari ti chiamerà questa sera, forse è occupato.'' Cercò di rassicuralo Andrès.

'' No, lavora questa sera. Fa i turni e non può parlare a telefono per tutta la notte...Si è dimenticato di me, anche nel giorno del mio compleanno. Deve pensare ad avere un figlio con quella merda della sua ragazza diciottenne!''

Mentre pronunciava l'ultima frase, un forte impeto d'ira lo colpì; e, staccandosi dall'abbraccio di Andrès, fece volontariamente cadere a terra un soprammobile in porcellana da quattro soldi, facendolo frantumare a terra, quindi scoppiò a piangere.

Andrès lo strinse a se ed odiò suo padre, per essersi dimenticato di lui.

Di una creatura così fragile, dolce ed innocente che dona incondizionatamente, e non chiede altro che poter amare ed essere amato.

Per fortuna però Lukas si sentiva protetto e coccolato con Andrès, che effettivamente avrebbe dato la sua vita per renderlo felice.

 

La loro armonia si ruppe due giorni dopo, quando Lukas, di ritorno dal cottage, fu accolto con uno schiaffo in viso.

'' Mamma! Che ti ho fatto?! '' Domandò, più stupito che altro.

'' Che cosa mi hai fatto? Che cosa mi ha fatto? Hai fatto che vuoi vedermi morta o pazza! ''

Lukas sgranò gli occhi senza capire...no, non poteva essere che...

'' Non capisco...'' Disse.

Un lampo di rabbia si accese negli occhi di sua madre.

'' Sono basita! Dove sei stato tutto questo tempo? In tutti questi giorni! E ti conviene dirmi la verità!'' Urlò.

'' Mamma te l'ho detto! Da Ole! ''

Laura alzò gli occhi al cielo.

'' Ah, da Ole? Ma tu pensa! Che strano, l'ho incontrato giusto un'ora fa in strada con i genitori, gli ho chiesto di te e mi ha detto che non sei andato a casa sua oggi, e che per la verità non ci vai da due mesi!Tu mi farai morire! ''

Accidenti! Avrebbe dovuto avvertire Ole, che invece non sapeva niente...che sciocco che era stato! E adesso?

'' Mamma, ti prego, io...'' bisbigliò.

'' Mamma ti prego io cosa? ''

Laura aveva gli occhi fuori dalle orbite per la rabbia.

Prese aria dal naso per calmarsi e si mise a sedere.

'' Adesso mi spieghi per filo e per segno cosa è successo nelle ultime due settimane, senza urlare ed arrabbiarci...parliamo come due persone mature...cosa mi nascondi, Lukas? ''

Silenzio.

Lukas stava in piedi davanti a sua madre, seduta sul divano, e fissava l'intonaco delle mattonelle del pavimento.

A quel punto Laura si alzò, andò verso di lui e gli tirò su il viso con la mano.

Ma quanto era paziente quella donna?

'' Lukas, io non mi arrabbierò...c'è una ragazza? ''

Il ragazzo scosse la testa.

'' Ti prego, Lukas! Ti supplico dimmi la verità! Io non so più cosa stia succedendo al mio bambino, non so dove va e non so chi frequenta, e questo mi distrugge dentro, capisci? ''

Laura si lasciò cadere in ginocchio e scoppiò in un pianto dirotto.

'' Io so di non essere la madre perfetta, e so di aver sbagliato tante volte...ma cavolo, proprio adesso che stavamo risolvendo il tuo problema con l'alimentazione arriva questo mistero irrisolvibile! ''

Lukas non ce la faceva a vederla così, gli faceva più male di quanto gliene avrebbe fatto un pugno in bocca.

Non poteva permettere che sua madre stesse così male per colpa sua.

'' Mamma io...mi piacciono i ragazzi. ''

Laura tirò su con il naso come una bambina, e volse lo sguardo al figlio.

'' Ma cosa stai dicendo? '' Chiese a voce bassa.

'' Cioè...ne sei proprio sicuro? ''

Lukas aveva strappato quel cerotto, ormai tanto valeva essere sincero, almeno con sua madre.

'' Si mamma. Mi dispiace se ti ho deluso, ma non è colpa mia. ''

Laura si rimise in piedi e lo guardò con tenerezza.

'' Ma che dici? Come puoi pensare una cosa del genere?! Tu sei e sarai per sempre il mio bambino, e io ti accetterò per quello che vorrai essere, in ogni caso! Potrò esprimere il mio dissenso, ma mai ti impedirò di seguire le tue idee. ''

Lukas tirò un sospiro di sollievo ed amò sua madre, per tutto il bene che gli voleva.

'' Allora c'è un ragazzo? ''

Lukas questa volta annuì, non poteva fare altro.

'' E chi è? Lo conosco? Lui...si, insomma, lui ti ricambia? ''

'' Si...tu lo conosci, e lui mi ricambia. Mamma sono così felice! Tu non puoi immaginare come mi sento quando sto con lui...Oh, che Dio mi perdoni...''

'' Perché dici questo? '' Chiese Laura, corrucciando la fronte.

'' Non lo so mamma. Vedi, io non so se Dio permetterebbe una cosa simile. ''

'' Certo che lo permetterebbe! Lo permette! Dio crea felicità, e se tu sei felice con questo ragazzo è sicuramente opera sua. ''

'' Si mamma, io sono tanto contento! Ma ho paura...'' Disse Lukas, guardando la madre negli occhi.

'' Hai paura? E di che cosa? Non c'è niente di cui avere paura, è solo amore. ''

Concluse Laura, prima di abbracciarlo.

Lukas si sentiva bene.

Bene con se stesso e con gli altri.

Non era fuori posto.

Ma non poteva certo pensare che sarebbe durata così poco.

 

 

"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri)

NB! LE RECENSIONI SIA NEGATIVE CHE POSITIVE SONO GRADITE :)  

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Capitolo 18
*** Parte 18 ***


Quello stesso pomeriggio la madre di Lukas riaprì l'argomento con una domanda quantomeno tagliente.

'' Posso sapere chi è questo ragazzo? ''

Lukas, che in quel momento stava lavando i calzini sporchi nel lavabo della stanza da bagno, alzò gli occhi verso sua madre e cercò disperatamente di temporeggiare.

'' Quale ragazzo? '' Dio, che domanda idiota.

'' Beh, lo sai, no? '' Incalzò sua madre.

'' No, non lo so.'' Mentì fin troppo chiaramente Lukas.

Doveva prendere tempo a tutti i costi, ma era talmente agitato e preso alla sprovvista che non ci riusciva.

'' Non prendermi in giro...il ragazzo che ti piace, e chi altri sennò? ''

'' Oh...'' Disse solamente Lukas, che invece per la testa aveva tutt'altro suono; merda.

'' Appurato che Ole non può essere, è forse Emil? ''

No, tutto ma non Emil...non avrebbe mai lasciato che sua madre lo accoppiasse con quello sfacciato presuntuoso di Sjöberg, così scosse energicamente la testa in segno di negazione.

'' Mmmh allora potrebbe essere Jk, lui è carino con te. ''

Certo, come no.

Lo pensava solo perché era amica di sua madre.

Jk era un finlandese alto come un palo della luce, dai capelli lisci color arancione acceso ed il viso ricoperto di lentiggini chiare.

Sicuramente non era il tipo di Lukas, anche se aveva pure lui interessi sessualmente ambigui.

'' No mamma, - sospirò – io e Jk siamo solamente amici, niente di più. ''

Non poteva mentire così, perché Laura avrebbe presto scoperto la verità visto che usciva con la signora Erika, la mamma di Jk, tutte le settimane per andare a fare la spesa e ogni tanto andava anche a casa sua a lavorare il punto croce.

Laura non parlava più.

Si mise una mano davanti alla bocca e tirò aria.

'' Non può essere... ''

Disse piano, quasi come se non volesse farsi sentire.

'' Andrès. ''

Sussurrò a voce ancora più bassa, sembrava quasi che si vergognasse del suo pensiero.

Cazzo, porca puttana! I pensieri si Lukas si fecero mano mano più funesti, e la sua mente si riempì di immagini.

'' Come ho potuto essere così stupida? Ma certo! È scomparso proprio dopo che...è venuto a pranzo da noi! ''

Laura era sul punto si piangere.

Gli occhi blu le si gonfiavano ed arrossavano a vista d'occhio.

'' No mamma! Ma che dici?! Ti assicuro che io non so niente.'' Le ultime tre parole Lukas le pronunciò in un angosciante calare di tono.

'' Dimmi dove si è cacciato quel ragazzo! '' Urlò Laura, lasciando che la sua mano destra colpisse il volto di Lukas violentemente, e prima di pentirsi di quel gesto gli urlò in un orecchio.

'' Dimmi immediatamente perché mi stai mentendo!''

Lukas cercò inutilmente di difendersi.

'' Ti sto dicendo la verità, te lo giuro!''

Un guizzo di rabbia e amara tristezza balzò nello sguardo limpido della donna.

'' Ah, ho un figlio che giura anche il falso! Ti conosco troppo bene, te lo leggo in faccia che stai mentendo ora più che mai!''

Lukas si lasciò scivolare impotente sulla sedia di vimini accanto alla doccia, e gettò i capelli biondo platino sul vetro della scarpiera alle sue spalle, mentre sua madre continuava a parlare sottovoce, febbrilmente, come l'uomo cieco che si aggirava per le vie di Blakemberg tutti i pomeriggi, con qualsiasi temperatura.

'' Certo...ora si spiega tutto! ''

Sussurrava tra se e se.

Certo, anche Lukas dovette ammettere di essere stato estremamente sciocco, non aveva nemmeno fatto nulla per impedire a sua madre di trarre conclusioni, e si maledisse per questo.

'' Alzati di lì!'' Gli urlò sua Laura, esasperata.

'' Adesso mi dici immediatamente che cosa cavolo ti è passato per quella cavolo di testa in queste settimane!... Oddio, non ci posso credere! ''

Urlava fregandosene di essere in un condominio, e di tanto in tanto colpiva Lukas in fronte.

Quella fu la confessione più triste, disperata ma liberatoria di tutta la sua vita.

Dovette persino accompagnare i poliziotti sul luogo e, mentre lo portavano via, sussurrò un timido

'' Scusami tanto Andrès. '' All'orecchio dell'amico.

Il pomeriggio alla caserma fu il peggiore della sua vita, perché si sentì uno sporco ricercato che era riuscito a vivere in latitanza per diversi anni, ma poi, per pigrizia e mancanza di spirito, era stato trovato e rinchiuso.

Gli fecero delle domande, e lui rispose con sincerità dall'inizio alla fine, scosso dai singhiozzi.

Nonostante i genitori di Andrès non ce l'avessero con lui, anzi, gli erano grati perché alla fine aveva rivelato tutto, sua madre volle comunque che Lukas cambiasse sezione, e decise per la K, quella più lontana alla I°F, e che aveva addirittura un'altra entrata nell'edificio.

'' Non posso credere che tu l'abbia coperto per tutto quel tempo! ''

Continuò a ripetergli sua madre per i successivi tre giorni.

'' Non riesco a trovare una punizione adatta per quello che hai fatto...non uscirai per un mese, anzi, per due!''

Ormai Lukas aveva fatto l'abitudine a quelle frasi prive di volontà, che Laura pronunciava, puntuale come un orologio svizzero, ogni ora al massimo.

Una sera però, la sera prima che Lukas tornasse a scuola, sua madre gli rivolse la parola a tavola, durante la cena, per la prima volta in quei quattro giorni.

'' Ho preso una decisione.''

Lukas alzò gli occhi al cielo.

Era il primo ad essere consapevole del suo errore, ma quella era una tortura insopportabile!

'' Si mamma, non uscirò per un mese, anzi, per due. Ah, e dopo la scuola devo venire immediatamente a casa, lo so, me lo hai detto un migliaio di volte. ''

'' Eh ci mancherebbe! Ma comunque non si tratta di questo. Tu non vedrai più Andrès. Nemmeno per sbaglio. ''

 

 

"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri)

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Capitolo 19
*** Parte 19 ***


Quando Lukas tornò a scuola ebbe la spiacevole sorpresa appena entrò nell'atrio.
Il bidello, un uomo sulla sessantina, basso e tarchiato con pochi capelli in testa, lo chiamò in disparte, mentre tutti i compagni lo fissavano senza neppure degnarsi di rivolgergli la parola.
I loro sguardi erano sospettosi e persino un po' disgustati.
'' Lukas, vieni qui. ''
Lo avvicinò il bidello.
Lukas si avvicinò con talmente tanta lentezza e vergogna che l'uomo quasi temette che potesse scappare via da un momento all'altro.
In effetti Lukas avrebbe tanto voluto farlo, ma ripose la bizzarra idea per avvicinarsi alla cattedra dietro alla quale stava nascosto l'omone.
'' Si?'' 
Bisbigliò timidamente.
'' Bentornato.'' 
Disse Jimy, il bidello, con un sorriso che non aveva mai conosciuto i ferri del dentista.
Lukas fece un cenno con il capo per ringraziare, si vergognava troppo per attaccare bottone.
Jimy abbassò ulteriormente la voce cupa quando disse:
'' Tu non stai più in classe qui. Devi uscire ed andare all'altra entrata, a destra del cancello e poi sempre dritto. Sei in prima K.''
Lukas non parlò, ma si limitò a guardare l'uomo con aria interrogativa, corrucciando la fronte.
'' L'ha deciso tua madre. ''
Disse Jimy, come se gli avesse letto nel pensiero.
Il ragazzo lasciò cadere lo zaino gonfio di libri a terra, avrebbe solo voluto sparire.
Intanto la campanella che segnava l'inizio della prima lezione era suonata, così poté liberarsi di tutti quegli sguardi puntati su di lui.
Di quelle frecciatine, e di quelle occhiate, degli additamenti, e poi dei bisbigli all'orecchio del compagno che dicevano chiaramente '' E' pazzo. ''
'' Mi dispiace tanto, Lukas, ma non possiamo fare niente.''
A quelle parole del bidello Lukas si limitò a raccogliere lo zaino da terra ed uscire dalla struttura.
Mentre camminava per entrare nella nuova classe si chiese il perché di tante cose.
Perché sua madre prima si comportava da dolce sorella, poi da amabile amica nonché confidente e poi da nemica da evitare a tutti i costi? 
Qual'era il motivo di questo dispetto? Gli aveva detto che non aveva nulla contro la sua omosessualità.
Eppure lo aveva fatto, lo aveva cambiato di sezione, addirittura di edificio, e tutto questo purché non vedesse Andrès.
Non era già abbastanza avergli proibito di vederlo in privato? Ora anche le mura della sua scuola  dovevano diventare un ostacolo al suo amore proibito?
“ Occhio non vede, cuore non duole. “
Pensò, ingannandosi, mentre bussava alla porta della sua nuova aula.
'' Oh, eccoti, ti stavamo aspettando! ''
Lo accolse con queste parole un uomo alto e robusto, quarant'anni circa, che stava seduto alla cattedra.
'' Tu devi essere il nuovo studente di questa classe. Io sono Aken, il tuo nuovo professore di svedese e storia, prenderò il posto che fu di Leanderson da ora in poi. ''
Gli sorrise, Lukas ricambiò.
Meglio lui del vecchio nazionalista, un milione, anzi, un miliardo di volte; e non sapeva dirsi perché, forse perché gli era più simpatico già solo a guardarsi.
'' Ragazzi, questo è il compagno del quale vi ho parlato, Lukas. Siate gentili con lui, lasciate che si integri tra di voi. ''
Lukas guardò i ventitré volti maschili che lo fissavano con curiosità.
Qualcuno lo squadrava dalla testa ai piedi, qualcun' altro era indifferente alla sua presenza, e qualcun' altro ancora bisbigliava frasi ambigue all'orecchio del compagno di banco.
'' Vuoi presentarti? ''
Non sapeva il perché, ma la voce del suo nuovo insegnante gli rimbombò nella testa come una eco lontana.
Dio, quanto gli mancava la presenza di Andrès, al banco in fondo.
'' Lukas? Non devi farlo per forza. ''
Disse Ake.
'' Meglio, preferirei farlo dopo, se è possibile. '' Bisbigliò lui, quasi impercettibilmente.
L'uomo tese l'orecchio per sentirlo, poi rispose.
'' Certo, puoi farlo quando preferisci. Dove vuoi sederti? ''
Lukas squadrò i nuovi compagni, che secondo lui erano tutti uguali, e poi decise.
'' Non ho preferenze, mi faccia sistemare dove preferisce lei. '' 
Il professore aggrottò la fronte.
'' Oh, bene. Allora mettiamola così: chi vuole fare spazio a Lukas? ''
Il nuovo arrivato guardava tutti con aria implorante, finché un ragazzo con i capelli castano chiaro e l'apparecchio ai denti prese iniziativa.
'' Vieni a sederti accanto a me. '' Disse.
 
**********
 
Due ore dopo, appena passato l'intervallo, Laura fu rintracciata al cellulare: doveva andare a riprendere Lukas, che era appena stato visitato da un medico.
La donna si precipitò a scuola, maledicendosi per non aver prima valutato la classe, ma poi si rassicurò pensando che quella, oltre ad essere la più lontana alla prima F, era l'unica con un posto disponibile.
Lo spettacolo che le si parò davanti quando entrò la raccapricciò tanto da farla scoppiare a piangere.
Lukas era steso a terra, su uno di quei materassini usati per gli esercizi in palestra.
Il suo naso grondava sangue e i suoi pantaloni erano ricoperti di piscio.
 
 
"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri)
 
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Capitolo 20
*** Parte 20 ***


Erano passati esattamente cinquecentotrentatré giorni da quando un gruppetto formato da quattro ragazzi della prima K aveva aggredito Lukas, trascinandolo nello sgabuzzino della scuola, rompendogli il naso a pugni, sputandogli addosso e poi, ciliegina sulla torta, urinandogli a turno sui pantaloni. 
 
'' Un anno che passa 
  Un anno in salita 
  Che senso di vuoto 
  Che brutta ferita...''
 
Si erano fermati solo quando, vedendo che la vittima non dava segno di reagire, si spaventarono e si preoccuparono di averlo colpito troppo forte.
Lo salutarono con le parole '' frocio '' e '' checca '', prima di sparire in corridoio, sicuri che lo            '' schifoso gay '' non avrebbe mai parlato a nessuno di quanto era successo.
 Tra di loro, c'era anche il ragazzo che si era offerto come compagno di banco.
Sfortunatamente per loro però uno dei segretari della presidenza di accorse di loro, ed accorse in aiuto di Lukas.
Questo evento segnò il ragazzo, che però accantonò questo come mille altri spiacevoli eventi in un remoto angolo del suo cervello.
Quello che c'era nel cervello piano piano, con il passare del tempo ed il susseguirsi degli eventi, lo dimenticava.
Era ciò che stava impresso nel cuore a non volerlo lasciare, ma che anzi, continuava a pervadere la sua anima tormentata.
Sua madre non gli lasciò mai usare internet, che poi non avevano nemmeno il computer a casa, e gli controllava i messaggi, e la cronologia delle telefonate, ed ogni volta che le si presentava un numero strano controllava uno per uno i nomi sull'agenda di Lukas.
Lei credeva di farlo di nascosto, ma il figlio se ne accorgeva sempre, ogni volta, solo che non le diceva niente.
Lukas ed Andrès non potevano vedersi neppure all'ingresso a scuola, visto che Laura accompagnava il suo '' bambino '' tutte le mattine fino all'ingresso, così che i suoi compagni potessero avere un motivo in più per prendersi gioco di lui.
'' Il bimbo viene con la mamma! ''
'' Ma quella donna lo sa che il figlio ha quindici anni o è rimasta bloccata nel '95? ''
'' Sono sicuro che gli dice anche come vestirsi. ''
Lukas sentiva tutto, ma incassava in silenzio, mentre Laura sentiva, ma faceva finta di niente.
I ragazzi però continuavano ad amarsi incondizionatamente, a passare ore ed ore, stesi sul letto, a pensare l'uno allo sguardo dell'altro, anche se le immagini andavano piano piano a sbiadirsi tristemente. 
Un giorno però si incontrarono, un giorno in cui Laura aveva la febbre ed aveva mandato Lukas a 
comprarle delle pastiglie in farmacia.
La famiglia di Andrès aveva ricevuto l'ordine di non lasciare entrare Lukas a casa loro proprio dalla madre di quest'ultimo, quindi se si fossero incontrati sarebbe stato un vero e proprio miracolo.
All'improvviso però voltò lo sguardo e Andrès era lì, davanti alla macchinetta delle sigarette, ad infilare monete.
Andrès era rimasto uguale a quando aveva dodici anni, i capelli scuri che gli incorniciavano un viso ambrato, e la statura medio bassa che lo distingueva tra i suoi compagni.
Lukas invece era cambiato molto negli ultimi tre anni.
Era almeno una spanna più alto di Andrès, ed aveva tagliato i suoi capelli che gli ricordavano tanto un principino settecentesco in un ciuffo platino ben più moderno.
 
Laura chiamò Lukas 25 volte quel pomeriggio, lui sentiva il cellulare squillare e naturalmente sapeva che si trattava di sua madre, e che quando sarebbe tornato a casa l'avrebbe ucciso.
Ma preferiva di gran lunga restare in compagnia di colui che lo rendeva felice in quel posto tanto squallido quanto idilliaco, perché si sa che quando sei con la persona giusta ogni luogo è perfetto.
Fu proprio in quella rimessa per auto sporca di grasso che, per la prima ed unica volta, fecero l'amore.
Ovviamente nessuno mai seppe quanto accadde quel giorno.
Laura si infuriò alla vista del figlio quella sera, che l'aveva fatta morire di paura, ma a Lukas non importava, voleva solo stendersi sul letto e pensare a quel pomeriggio all'infinito. E poi, anche se avesse voluto aiutare sua madre nelle faccende di casa, non avrebbe potuto giacché non riusciva a camminare decentemente.
I mesi passavano, i due ragazzi non avevano più avuto modo di vedersi o sentirsi, e Lukas cadde mano mano in una depressione profonda e cupa.
Sua madre un giorno lo chiamò mentre era a casa di un suo compagno, e questa volta ci stava davvero. Doveva immediatamente tornare a casa per conoscere delle persone.
Quelli che si ritrovò davanti erano due individui che potevano essere padre e figlio.
Uno sui quarantacinque anni ed uno della sua età circa.
'' Lukas, ti presento Marcus, un mio...un mio '' amico '', diciamo. ''
Laura era evidentemente imbarazzata, e Lukas più di lei.
'' Buonasera. ''
Disse l'uomo, tendendogli la mano che il ragazzo strinse.
'' Piacere di conoscerla. '' Disse, con stupore e spossatezza. 
Il suo sguardo però cadde subito sul corpo minuto del ragazzo che gli stava accanto e lo guardava sorridente. 
Non avrebbe saputo dire se era carino, perché in mente  non aveva altro che Andrès.
'' Lui è Em. ''
Disse sua madre, diventando ancora più rossa in viso.
'' Il figlio di Marcus. ''
Concluse con lo sguardo a terra.
'' Ciao. '' Lo salutò Lukas, ma fu ricambiato solo con un cenno della mano.
'' Come stai? '' Chiese, per rompere il ghiaccio.
'' Oh, Em non ti sente, Lukas, è sordo. '' Disse Marcus.
Lukas avrebbe solo voluto sparire.
'' Ah...mi dispiace – disse arrossendo – davvero. ''
'' Figurati, non potevi saperlo. '' Lo rassicurò l'uomo. Non erano male.
'' Vorrei portarlo in camera mia, se gli va. Può tradurlo? ''
Marcus fece velocemente dei gesti con le mani, che ovviamente né Lukas né Laura furono in grado di decifrare, ed Em annuì.
Mentre attraversavano il corridoio, il padrone di casa attaccò a parlare.
'' Lo so che non mi senti, ma vorrei comunque parlarti. Tuo padre è il fidanzato di mia mamma, no? Tu non ce l'hai la mamma? Voglio dire, i tuoi hanno divorziato o... ''
Si sentì così stupido.
Aprì la porta di camera sua e fece entrare Em. 
Accese la luce, ma subito dopo la spense, gli dava fastidio. 
Abbracciò quel ragazzo, che conosceva da cinque minuti, ed iniziò a piangere.
 

"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri)
 
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I diritti per lo stralcio della canzone '' Per tutta la vita '' (Noemi) non mi appartengono.

 

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Capitolo 21
*** The end. ***


L'ultimo mese passò talmente tanto lentamente che Lukas si convinse fosse un'eternità.
Magari avevano sbagliato il conto dei giorni, magari erano passati cinque mesi anziché uno.
L'unica cosa certa era che Laura passava sempre più tempo con Marcus, che di tanto in tento si portava dietro anche Em.
Una volta chiese a Lukas cosa ne pensasse di loro due.
'' Allora, ti sembrano apposto? ''
'' Mah, si. ''
'' Che mi dici di Em? Avete fatto amicizia? ''
'' Per quanto si possa fare amicizia con uno che non sente e non parla. ''
'' E Marcus? Ti dispiacerebbe se passassimo un po' di tempo con loro? Lui mi piace davvero... ''
'' Fa come ti pare. ''
Fine della conversazione.
Sua madre gli sembrava una ragazzina. Lui le piaceva davvero? Si certo. Se avesse minimamente saputo cosa significava essere davvero innamorati di una persona, non l'avrebbe mai separato da Andrès.
Andrès...il tempo passava, eppure continuava ad essere il suo chiodo fisso, non riusciva a passare un'ora senza pensarci, ed aveva cominciato a rassegnarsi al fatto che lui avesse sicuramente trovato un ragazzo o magari una ragazza ed ora fosse felice.
In un certo senso lo sperava, sarebbe stato contento per lui.
Aveva smesso nuovamente di mangiare, così Laura, esasperata e confusa, lo spedì dallo '' strizzacervelli ''.
Lukas odiava questa stupida idea.
Credeva fosse solo un modo alquanto estremo che sua madre aveva adottato per liberarsi di lui durante i pomeriggi e le serate intere passate con Marcus.
Em di tanto in tanto si faceva vedere, e giocavano anche insieme a scacchi, solo questo.
Gli sembrava però che sua madre fosse pronta a rimpiazzarlo con il nuovo ragazzo che adorava e vezzeggiava quanto e più di lui.
Lo psicologo si faceva pagare caro, e l'unica cosa che riuscì a rilevare fu del tutto insignificante.
'' Signora, prego si accomodi. '' Cominciò durante una riunione con sua madre, quando Lukas non c'era.
'' Suo figlio è evidentemente molto frustrato, e non solo gli si legge in faccia, ma lo racconta con estrema facilità appena lei chiude quella porta. ''
Laura prese un sospiro. È brutto da dire, ma in quel periodo aveva altri fatti per la testa.
'' Vuole dire che c'è qualcosa che non va in me, perché non lo capisco? ''
Il dottore alzò gli occhi al cielo.
'' Si, è proprio così, lei è un'ottusa, signora. '' Avrebbe voluto dire, ma purtroppo non avrebbe mai potuto.
'' Non sto dicendo questo.'' Sospirò.
'' E' solo che io glielo leggo in faccia. ''
'' Ah, - fece Laura – e perché mai io no? ''
Il dottor Muds aveva una faccia che dice chiaro e tondo Ma vada a quel paese, cercò però di non farlo trapelare per ovvie ragioni.
'' Io sono uno psicologo, signora. Vede, suo figlio mi ha confidato che sono più di quattro mesi che non si masturba. ''
Laura aggrottò la fronte.
'' E' preoccupante? ''
'' Beh, si, se si considera che ha quasi sedici anni e che prima lo faceva regolarmente. E' sintomo di stress e...dovrò dirglielo, un po' di depressione. ''
La donna era talmente tanto incredula che per un momento si auto convinse che Muds fosse un ciarlatano.
'' Si può essere depressi a sedici anni? '' Chiese, tirando la testa indietro, come se la parole pronunciate dallo psicologo la colpissero troppo violentemente.
'' Certo che si può. Si può essere depressi anche a nove anni, signora. Vede, suo figlio mi racconta  spesso di un certo Andrès, e da come ne parla deve essere davvero innamorato. Mi ha detto anche che sono quasi due anni che lei gli impedisce di vederlo.''
Laura non lo lasciò finire.
'' Ma lei sa quello che è successo? È gravissimo e...''
'' Si, si lo so. '' La interruppe l'uomo, '' ma non crede che sarebbe meglio se li riavvicinasse gradualmente? ''
'' No! Questo non lo farò mai, dovesse andare della sua salute mentale! Quel ragazzo potrebbe essere pericoloso per Lukas. Io non posso perdere il mio bambino. ''
Laura si alzò dalla poltrona rossa sulla quale era seduta, e, senza nemmeno salutare, imboccò la porta e se ne tornò a casa.
Parlò a Lukas di quanto le aveva detto il medico, e il ragazzo passò le due settimane successive a pensare che quel tipo lo stavano pagando così tanto perché ricordasse a sua madre quanto era pipparolo prima e quanto non lo fosse più ora.
La cosa era snervante.
Laura però omise l'argomento Andrès, come lo psicologo omise – per fortuna – il fatto che i due avessero fatto sesso.
Lukas glielo aveva confidato scongiurandolo di non dire niente a sua madre, e l'uomo era stato di parola.
Certe volte però Lukas avrebbe preferito vivere dallo psicologo.
Era successa una cosa spiacevole, negli ultimi giorni.
Sua madre si era dimenticata del suo compleanno, come suo padre ovviamente.
Solo alcuni suoi compagni di classe lo avevano chiamato al cellulare.
Laura passava così tanto tempo con Marcus ed Em che doveva essersi scordata di avere un figlio biologico, che però non perdeva occasione per tormentare.
Quando vide il giorno cerchiato in blu sul calendario della cucina la mattina dopo era già troppo tardi.
Le venne da piangere, era diventata un mostro! Corse per il corridoio fino ad arrivare alla camera del figlio.
Toc toc.
"Lukas, sei sveglio?"
Nessuna risposta.
"Lukas, rispondi alla mamma, sei sveglio?" Pausa.
"No."
"Posso comunque cantarti la canzoncina?"
"Non devi cantarmi nessuna canzoncina, oggi non è il mio compleanno."
"Lo so tesoro, ma vorrei cantartela lo stesso...Tanti auguri a te, tanti auguri a te, hai sedici anni e un giorno, tanti auguri a te."
"Lasciami in pace."
Laura si sentiva morire dentro...che razza di madre snaturata si sarebbe dimenticata il compleanno del figlio? E soprattutto, che razza di madre snaturata avrebbe negato al figlio l'amore della sua vita? Ma Laura lo faceva perchè lo amava, e doveva salvarlo dalla sua voglia di distruggersi, dentro e fuori. Doveva salvare il suo bambino che si torturava anima e corpo da troppo tempo, ma quello non era il modo giusto.
Si rifugiò in cucina, dove aspettava Marcus, e pianse.

                                                             *************

Lukas si era svegliato da poco, cinque giorni dopo il suo compleanno, cinque giorni dopo che Andrès, affacciato alla finestra di camera sua, ebbe sussurrato '' Tanti auguri Lukas, ti amo, mi manchi. '' Per poi lasciare che una lacrima calda rigasse il suo volto ambrato.
Non aveva ancora aperto gli occhi che sentì sua madre discutere animatamente con Marcus.
'' Devi dirglielo, devi dirglielo tu! Cosa preferisci, che lo senta in televisione? Sai che ti odierà per sempre se gli fai questo? ''
Le voci erano attutite dalle pareti, ma poteva sentirle con chiarezza.
'' Come glielo dico? Si sentirà male! Ed io ho promesso che non avrei mai più avuto nulla a che fare con quel ragazzo! Dispiace molto anche a me, che credi? Sono una mamma anche io, sai? ''
'' Queste sono notizie che non si vorrebbero mai sentire. Ma quando succede una cosa così terribile, non si può nasconderla! '' Ma di che notizia parlava Marcus?
Lukas si infilò i pantaloni del pigiama e decise di raggiungerli in salotto.
Marcus era in piedi davanti a sua madre, rossa e con il volto rigato di lacrime.
Em invece se ne stava rannicchiato a guardarli sul divano, nel suo angolo di silenzio.
I due adulti si pietrificarono alla vista di Lukas sulla porta.
'' Oh, bambino mio...mi dispiace così tanto. ''
Disse sua madre, correndo ad abbracciarlo.
Lukas non disse una parola.
Anche Marcus lo abbracciò.
'' Devi essere forte, ragazzo. '' Disse.
'' Qualcuno mi spiega che succede? '' Chiese Lukas.
Sua madre si asciugò le lacrime dal volto, poi cominciò.
'' Forse è meglio se ti metti a sedere, zucchero. ''
Lukas prese una sedia dal tavolo ed eseguì, il cuore iniziava a battere più forte.
'' Vedi...il tuo, ehm, il tuo amico, Andrès. ''
Lukas spalancò gli occhi più di quanto non lo fossero già.
'' Parla mamma, ti prego! '' La implorò.
'' Lui non c'è più...ecco. È morto nella notte, ha avuto un'incidente con il suo scooter mentre tornava a casa dal lavoro. ''
Lukas chiuse gli occhi.
Lasciò che le ginocchia non gli reggessero più il peso, anche da seduto, e le lasciò cadere sul pavimento talmente tanto violentemente che si sbucciarono.
Urlò talmente forte che i vetri delle finestre vibrarono, e sembrava che persino Em potesse sentirlo.

                                                     ***************

'' Mamma, ti scrivo questa lettera per dirti che ti voglio bene.
Ti voglio tantissimo bene e ti amerò per sempre. Non sono più arrabbiato con te, e come potrei esserlo? Solo ora mi rendo conto che tutto ciò che hai fatto, giusto o sbagliato che sia, lo hai fatto per il mio bene, perché credevi fosse giusto per me. E io ti ringrazio, nonostante abbia sofferto molto.
I bei momenti con te sono stati memorabili ed innumerabili. La misura del mio amore per te è, come dice un vecchio proverbio, amore senza misura.
Scusa se non mi dilungo tanto, è che mi tremano un po' le mani.
Dì a papà che l'ho perdonato, e che gli auguro il più felice futuro con la sua fidanzata, non voglio male nemmeno a lei.
Saluta per me Marcus, e saluta Em, sono sicuro che sarebbero stati una guida ed un amico preziosi, se li avessi conosciuti meglio. Purtroppo non ho il tempo, mi capisci?
Ringrazia per me i miei compagni di classe, i miei nuovi professori, e anche quelli vecchi.
Ah, soprattutto Leanderson. Non era male, se ci penso a mente fredda.
Adesso mamma sto sorridendo, anche se tu non puoi vedermi.
Sorriderò per sempre, ricordati questo.
Vuoi una ciocca dei miei capelli? È nel secondo cassetto del mio comodino. Lo so, se lo avesi fatto una settimana fa mi avresti ucciso, ma ora non mi serviranno più. :)
Ringrazio tutte le persone che ho conosciuto, e  che mi hanno permesso di vivere esperienze buone e cattive, perché tutto mi sarà utile, da ora in poi.
Ti voglio tanto bene mamma, buonanotte per sempre.
P.S. Dì al dottor Muds che lo ringrazio per aver mantenuto la parola. Lui sa a che mi riferisco ;)
Il tuo zucchero. ''

Dopo aver lasciato la lettera sul tavolo della cucina, con le gambe che lo reggevano a fatica Lukas si avviò al piano terra.
Lo sgabuzzino del custode era rimasto inutilizzato per un sacco di tempo.
Forse non ci era entrato più nessuno da quel giorno che ci era stato con Andrès.
Entrò con facilità e, per prima cosa, accarezzò la sedia sulla quale una volta era stato seduto colui che amava.
Restò così per qualche minuto, dopo di ciò aprì il cassetto che gli aveva mostrato Andrès più di due anni fa.
Carezzò con le dita ossute la pistola.
Cercò i proiettili, erano nell'armadietto di fianco.
Carica.
Togli la sicura.
Lukas però si guardò intorno, non sopportava che quello sgabuzzino buio fosse l'ultima cosa che avesse visto.
Si affacciò alla finestra.
Stoccolma.
Era bella.
Aprì la bocca per accogliere l'estremità della revolver.
La tenne così per un po', per abituarsi al sapore metallico.
Premette il grilletto.



"Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'eterno dolore, per me si va tra la perduta gente."  (D. Alighieri)
 
'' L'amor che move il sole e l'altre stelle. '' (D. Alighieri. )


FINE.

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