Near

di Deb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I

Non c'era più niente che la legasse a quel luogo.
Era difficile lasciare i ricordi passati però. Ogni angolo di quella casa le ricordava il padre: David Clarke.
Emily aveva coperto tutti i mobili sotto un telo e, una volta giunta sull'uscio della porta, si voltò ed osservò, forse per l'ultima volta, la sua casa.
Prese le valige in mano e cominciò a trasportarle dentro l'auto. Non voleva più rimanere lì, non c'era nulla che la trattenesse ormai.
Quella sarebbe stata la sua ultima estate negli Hamptons.
Dopo quel giorno non avrebbe più guardato al passato; finalmente sarebbe andata avanti con la sua vita.

Erano trascorsi due mesi dalla morte di Victoria Grayson, uccisa da un colpo da arma da fuoco. Era stata aperta un'indagine sulla sua morte ed era stata archiviata come “suicidio”.
Probabilmente non riusciva a sopportare gli sguardi di tutti e l'accusa (fondata) di come avesse incastrato il padre di Amanda.
Non che Conrad avesse avuto una fine migliore. Successivamente alla scoperta di come era stato lui a finanziare la cellula terroristica che aveva fatto precipitare il volo 197, era stato finalmente processato per i crimini che aveva commesso.
Alla fine tutte le persone che dovevano cadere l'avevano fatto, in un modo o in un altro.
“Te ne vai davvero, eh?!”.
Emily si voltò in direzione della voce: “Nolan…”.
“Non saluti nessuno, te ne vai così?", la voce del suo complice era un po' incrinata. Lo sapeva che, probabilmente, non l'avrebbe più rivista. Emily voleva staccarsi da tutte le persone con le quali aveva interagito durante quei quattro anni.
“Sarei venuta da te”, mentì. Non aveva minimamente pensato di dire addio a lui o a qualcun altro.
Non amava gli addii, fondamentalmente.
“Certo”, Nolan si avvicinò alla ragazza e le accarezzò un braccio: “sono davvero sicuro che saresti venuta da me”.
La giovane Thorne aveva capito quanto fosse sarcastico, ma non le importava.
“Nolan...”
“Lo sai, l’avevo immaginato che prima o poi questo sarebbe successo”.
Emily non poté fare a meno di sentire i suoi occhi bruciare un pochino.
“Voglio staccare da tutto questo”.
“Lo so”, le sorrise sinceramente. Ed Emily pensò che avrebbe voluto continuare a frequentarlo, non era poi così male stare in sua compagnia.
No, non poteva rimanere attaccata a quella vita. Ormai era finita.
In quei quattro anni, Nolan era stato l'unico a starle sempre vicino, ad aiutarla quando era in difficoltà, l'aveva confortata nei momenti più bui.
Lei gli era profondamente grata, anche se forse non glielo aveva mai fatto capire.
“Sappi, Amanda, che per qualsiasi cosa sai dove trovarmi”, sottolineò il suo vero nome; perché lui lo sapeva che, in fondo all'anima, lei sarebbe stata sempre aggrappata al suo passato.
Forse era per questo che si era dovuta attaccare tanto a Nolan quando Jack le aveva detto, con occhi fieri e luminosi, che si sarebbe sposato con Amanda Clarke.
In quel momento, ancora lo ricordava come se fosse successo il giorno prima, avrebbe voluto sprofondare.
Se Emily avesse preso decisioni differenti con Jack non ci sarebbe stata la finta Amanda: sarebbe lei la signora Porter.
Quel fatidico giorno, Emily aveva pensato per la prima ed ultima volta che la vendetta sarebbe stata inutile, che sarebbe stato meglio se fosse tornata negli Hamptons con il suo vero nome, fregandosene dei Grayson, per vivere una vita felice e serena con la persona che amava.
“Ems, vai a salutare Jack. Ci rimarrebbe troppo male se sparissi così”.
Sorrise amaramente. Perché doveva andare da lui e vedere la coppia felice?
Ancora gli faceva male vedere quel quadretto familiare.
Aveva finto per tre anni, sorridendo felice alla vista di Amanda con in braccio il piccolo David.
Quando era nato, aveva perfino fatto fare un test di paternità. Fino all'ultimo non voleva credere che David fosse veramente il figlio biologico di Jack.
Quant'era stata patetica.

Alla fine si era fatta convincere.
Stava entrando nel bar dei Porter.
Non appena varcò l'uscio, gli occhi dell'uomo che amava si soffermarono su di lei.
“Ciao, Emily”, salutò con enfasi, portandosi lo strofinaccio sulla spalla.
“Ciao”.
La donna si sedette su uno sgabello e con un sorriso in volto, nemmeno lei sapeva come riuscisse a fingere così bene, chiese un drink analcolico.
“Tutto bene?”.
“Perfettamente”.
Non sapeva cosa dire.
Come avrebbe potuto cominciare il discorso?
Già lo sapeva che, comunque, Jack avrebbe fatto il cosiddetto labbretto, sinceramente dispiaciuto per la sua dipartita.
Perché aveva deciso di dar retta a Nolan? Sarebbe stato molto più semplice se se ne fosse andata senza dire nulla a nessuno.
Alla fine, decise di mentire.
In fondo, bugia in più o bugia in meno, non faceva la differenza.
“Sono venuta a salutarti”, cominciò sorseggiando subito dopo la bevanda.
Jack inarcò le sopracciglia.
“Te ne vai?”, la sua tonalità di voce era davvero dispiaciuta.
Emily sorrise amaramente e si rigirò il bicchiere tra le mani.
“Sì, Boston. Ho trovato un lavoro a cui non ho potuto dire di no”, finse. Non lo guardava negli occhi. Come poteva sopportare di osservare la sua espressione triste?
Proprio in quel preciso momento, Amanda decise di entrare.
Teneva per mano il piccolo David che lentamente avanzava. Un passo dopo l'altro.
Avrebbe mai potuto rovinare la vita a quel povero bambino che, sfortunatamente, non aveva alcun tipo di colpa?
In passato, Emily si era ritrovata a pensare di raccontare tutta la verità a Jack, così da poter finalmente vivere la vita che voleva, ma era giunta alla conclusione più ovvia.
A volte, bisognava accantonare la voglia di vendetta per non far soffrire persone innocenti.
L'aveva fatto per David, soltanto per lui.
“Zia Emily!”, urlò il bimbo allontanandosi dalla madre per correre da lei.
“David, ciao”, la donna scese dalla sedia e si abbassò in modo tale da poterlo abbracciare, il sorriso radioso che aveva sul volto era sincero e solo quel piccolo ometto riusciva a strapparglielo.
Gli voleva davvero un gran bene.

Dopo aver salutato tutte le persone a cui doveva dire addio, Emily continuava a pensare che sarebbe stato meglio andarsene senza farsi notare, salì in auto.
“Aspetta!”, certo che era proprio un tipo pesante.
“Che c'è? Dovrei andare a salutare qualcun altro?”, esasperata, ecco come si sentiva. Nolan doveva lasciarla andare via.
“Oh, andiamo. Lo sappiamo tutti e due che lo volevi salutare”.
“Te lo ripeto, Nolan. Che vuoi?”, l'uomo appoggiò le braccia al finestrino aperto e sorrise.
“Scontrosa come al solito, eh?!” sghignazzò, porgendole poi un piccolo pacco dono.
Lei lo prese in mano e cominciò a scartarlo.
“Non dovevi, davvero", affermò prima di vederne il contenuto.
“Suvvia, mi stai...”, fece una breve pausa “…abbandonando. Devi avere qualcosa che ti ricordi di me, non credi?”, scherzò. Perché stava folleggiando, vero?
“Te la posso tirare in testa? Che razza di roba è mai questa?”.
Non era dispiaciuta per il regalo, alla fine era il pensiero che contava e, fondamentalmente, essere apprezzata da Nolan non le dispiaceva.
Lui le voleva bene davvero.
Sorrise lievemente rigirandosi tra le mani quella cornice di conchiglie.
“Ah, non puoi togliere la foto. Lì dentro ci deve rimanere quella”.
Nolan le scompigliò i capelli. Cos'era diventata, un cane?
Non sapeva nemmeno perché, o quando era successo, ma si sentiva le guance umide. Da quando in qua era così sentimentale?
“Wow, Ems che si commuove per un regalo del genere! Hai per caso la febbre?”, la prese in giro l'informatico.
“Taci, Nolan”.
Le asciugò le lacrime con il palmo della mano.
“Ems, piangi pure. Non l'hai mai fatto da quando hai... vinto. Sei anche tu una persona con dei sentimenti”.
Possibile che Nolan sapesse sempre come tirarla su di morale?
“La foto, comunque, la cambierò. Non ho voglia di continuare a vederti tutti i giorni”.
L’immagine ritraeva Nolan appoggiato al muro con espressione ammiccante, o almeno aveva cercato di farla, con scarsi risultati.
“Te l'ho detto, non puoi cambiarla”.
Improvvisamente calò il silenzio. Emily continuava a guardare la foto e Nolan continuava ad osservare lei.
“Lo sai che se solo me lo chiedessi verrei con te?”.
Ems si voltò a guardarlo e cercò di confortarlo con lo sguardo.
“Voglio stare da sola, Nolan. Sola e lontana da tutto questo”.
“Sei sicura? Sei stata sola per tutti quegli anni...”, Emily lo interruppe.
“Non fare quell'espressione da cane bastonato, Nolan. I cellulari esistono per un motivo”.
La verità era che quello che si sarebbe sentito più solo di tutti era proprio Nolan, ma forse Emily non riusciva ad arrivarci.
Da quando Ems era entrata nella sua vita, era tutto cambiato.
Certo, era stato ferito, rapito e ferito ancora, ma per Nolan quel cambiamento nella sua vita era stato davvero positivo.
Aveva cominciato ad avere uno scopo, un'utilità e non era più rimasto solo.
C'era sempre Ems che girava per casa sua: triste, imbronciata, con piani di vendetta a cui lui avrebbe preso parte.
Gli piaceva averla intorno ed in quel momento, pensare che sarebbe tornato tutto come prima, gli portava una grande tristezza.
Nolan cercò il suo sorriso migliore: “Allora, arrivederci”, si scostò dall'auto in moto e lasciò andare via la sua migliore amica.
“Ciao, Nolan”.
Quando l'automobile era ormai lontana e non riusciva a vederla più, si asciugò le lacrime che avevano cominciato a scendere.
Ah, odiava essere un tipo così sentimentale.

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Buongiorno! Eccomi qui, come promesso, con il primo capitolo di questa minilong! :)
La fanfiction è betata da Ili91 ed è completa. Non sarà molto lunga. Cinque capitolo più l'epilogo.
La aggiornerò una volta a settimana, il mercoledì, tempo permettendo. Se non riuscissi ad aggiornare, comunque, lo scriverò sul mio account di facebook.
Una piccola curiosità sulla storia:
per molto tempo non ha avuto un titolo e, mentre la scrivevo, la chiamavo minilong perché volevo scrivere una long su Revenge, ma non troppo lunga. xD Direi di esserci riuscita. :p La seconda curiosità è che la fanfiction è stata scritta per la sua quasi totalità sul cellulare in quanto non avevo un minuto libro per stare al pc. Il problema di scrivere con il cellulare era che non riuscivo a mettere le maiuscole. :°
Questo primo capitolo, come d’altronde quasi tutti i primi capitoli, è abbastanza introduttivo ai fini della trama. Ems decide di andarsene dagli Hamptons una volta conclusa la sua Revenge. Spero che la fanfiction vi piaccia e questo primo capitolo è dedicato ad Ili91 che mi sta sempre vicina a darmi consigli sui miei dubbi e con il betaggio e Cla90 che non vedeva l’ora di leggere questa minilong! :D
Grazie mille!
Altre piccole precisazioni: La fanfiction è spoiler free, il che significa che in essa non ci sono spoiler sulla seconda stagione. Se nella seconda stagione ci saranno scene simili o che potrebbero ricordare la fic (ma non credo) sarà solo per una coincidenza.
Nella fanfiction non è menzionata la madre di Emily (episodio 1x22) perché non era importante ai fini della trama, quindi in questa storia Emily e Nolan non hanno mai scoperto che la madre di Emily è viva. Proprio per questo motivo c’è l’avvertimento What if? In quanto cambio un fatto importante avvenuto nella storia originale.

Baci
Deb

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II

Emily rigirò quell’invito tra le mani.
Aveva la tentazione di buttarlo nel cestino.
Davvero, perché la sua vita negli Hamptons continuava a tormentarla? Non bastavano Nolan e le sue telefonate ogni santo giorno?
Credeva davvero che si sentisse così sola da voler parlare al telefono con lui ogni dannata sera?
Con un sospiro aprì la busta bianca.
“Sei stata invitata al matrimonio di Daniel Grayson ed Ashley Davenport”.
Scontato. Si ritrovò a pensare Emily gettando l’invito a terra.
Ashley aveva cominciato a mettere gli occhi addosso a Daniel molto tempo prima.
Avrebbero dovuto sposarsi quando negli Hamptons era ancora tutto rose e fiori, ma purtroppo, grazie ad Emily e Nolan, che aveva avuto una parte fondamentale del piano, anche la loro festa di fidanzamento era stata rovinata ed il matrimonio era stato rinviato a data da destinarsi.
Oh bhè, erano trascorsi soltanto due anni dalla morte di Victoria e dalla carcerazione di Conrad.
Daniel, fondamentalmente, era stato fortunato.
L’azienda di famiglia era andata, ovviamente, in malora, ma grazie al nonno – che gli voleva davvero un gran bene – Daniel era riuscito a ritornare a galla.
Emily credeva, però, che fosse ancora in depressione.
Quegli ultimi anni non erano stati facili per lui. Aveva perso prima la sorellina, poi i genitori. Era rimasto solo, le uniche sue ancore erano l’alcool ed Ashley.
Il nonno era entrato in gioco dopo. L’ultimo Grayson doveva riportare il proprio nome in superficie e farlo ricominciare a splendere.
Emily, in fondo, non ce l’aveva con Daniel. Lui era stato soltanto una pedina nelle sue mani. Doveva aiutarla a compiere la vendetta, anche se c’era stato un periodo in cui aveva creduto di provare qualcosa per quel piccolo uomo.
Non l’aveva potuto perdonare, però, quando aveva accettato senza remore la confessione di Conrad.
Lo sapeva che lui era ingenuo, quindi era riuscito perfino a perdonarlo. In fondo Daniel non peccava d’intelligenza e buonsenso.
Emily ritornò in sé quando sentì squillare il cellulare. Non aveva bisogno di leggere il numero per sapere chi fosse.
“Nolan…”, rispose controvoglia.
“Ti è arrivato l’invito?”, domandò dall’altro capo del telefono.
“L’ho appena aperto”.
“Verrai?”.
“Emily Thorne potrebbe mai perdersi il matrimonio della sua migliore amica?”, rispose sarcastica. Ovviamente il fatto di essere la migliore amica di Ashley era solo una menzogna. Una bugia da ambidue le parti.
Essere amiche – anche se per finta – della nuova regina degli Hamptons poteva comunque portarle beneficio.
Dalla testa della giovane Clarke, la vendetta non se ne era mai andata.
I Grayson rimanevano pur sempre i Grayson e avrebbero potuto fare qualcosa di talmente errato da meritare una punizione.
“Allora, finalmente, dopo più di un anno potrò rivederti”.
Emily sentì una gioia cristallina nella sua voce. Era mai possibile che Nolan non riuscisse a celare i propri sentimenti?
Non era poi così eclatante il fatto di vedersi.
“Potevi venire a trovarmi”.
“Non mi hai mai invitato a farlo”.
Emily sogghignò: “Non ti ho mai invitato nemmeno a chiamarmi, eppure lo fai costantemente”.
“Forse non lo sai, ma hai bisogno di sentirmi, tesoro”.
“Non sarà forse il contrario?”, quella sera aveva voglia di giocare un po’.
“Anche se fosse? Non mi hai mai detto di non cercarti più”.
“Infatti”, decretò infine, un po’ scocciata per il fatto che, per quella volta, avesse vinto Nolan. Di solito Emily non si faceva mai battere così.
In quell’anno trascorso a Boston, non era successo poi molto.
In fin dei conti era contenta di chiacchierare con lui.
Spesso parlavano del più e del meno, cosa che non accadeva quando viveva negli Hamptons.
Quando viveva laggiù parlavano di vendetta, anche se con il tempo il loro rapporto si era evoluto. Non erano più soltanto complici, ma dapprima amici e poi sempre pronti l’uno per l’altra.
Okay, Emily doveva ammettere – con se stessa, non l’avrebbe certamente detto a voce alta – che c’era stato un periodo in cui credeva che ci sarebbe potuto essere qualcosa in più, qualcosa che andava oltre all’amicizia.
Quel pensiero, però, si era spento presto. Loro erano Emily e Nolan ed erano perfetti così: come amici.
“Ems, non ti manca mai la vendetta?”, chiese l’informatico cogliendola alla sprovvista.
“Fa parte di me. Sono sempre all’erta”, rispose sinceramente, perché con lui poteva davvero dire tutta la verità.
“Ems, lo sai che ti voglio bene, vero?”.
“Tutta questa dimostrazione d’affetto a cos’è dovuta, Nolan?”.
Era forse in pericolo? Qualcuno lo ricattava?
“Così. Adesso devo andare. Ci vediamo al matrimonio dell’anno”.
Emily non fece in tempo a salutarlo che dall’altro capo del telefono non c’era nessuno.

Tornare negli Hamptons non la metteva propriamente di buon umore.
Fortunatamente sarebbe rimasta lì soltanto per due notti e non aveva preso nemmeno la briga di liberare i propri mobili dal telo che li ricopriva.
Il matrimonio era stato organizzato alla perfezione.
Da Ashley non ci si poteva aspettare diversamente, dopo tutti i party che aveva organizzato per Victoria.
Durante la cerimonia, Emily si era annoiata a morte. Il rinfresco ed il pranzo sarebbero stati più divertenti, almeno così sperava.
La ragazza avanzò verso gli sposi con un sorriso di circostanza stampato sul volto.
“Congratulazioni, ragazzi”, si asciugò le finte lacrime di commozione e riprese a parlare: “Sono davvero felice per voi”.
Ashley le strinse le mani ed un sorriso da trentadue denti fece capolino sulla sua faccia. La bionda non riusciva a capire se fosse effettivamente al settimo cielo, oppure se quella fosse la felicità della vittoria.
“Grazie, Emily. Non sai quanto mi faccia piacere vederti”.
Dopo essersi scambiate due baci, uno per guancia, Emily si voltò verso il suo ex fidanzato e depositò anche su di lui un gesto d'affetto.
“Hai davvero trovato la persona giusta, Daniel. Ashley è fantastica”.
“Grazie, Emily”.
Lo sentiva, lei, quanto fosse in imbarazzo. Eppure non ne capiva il motivo.
Ad Emily non interessava davvero più la sua vita amorosa, l'importante era che non ci fosse lei al posto della novella sposa.
“Ora vi lascio andare dagli altri invitati. Ancora congratulazioni”, si congedò.
“Emily, dovresti tornare qui per l'estate. Sarebbe davvero bello trascorrerla insieme come un tempo”, le sorrise.
“Certo”, mentì, allontanandosi dalla coppia.

Per tutto il tempo della cerimonia e del pranzo, Emily cercò con lo sguardo Nolan. Dove si era cacciato?
Non le aveva forse detto che si sarebbero visti al matrimonio dell'anno?
“Ems, sei davvero un incanto”.
Emily indossava un abito lungo fino alle ginocchia, azzurro chiaro. Le cadeva perfettamente sulle sue curve, senza stringerle.
La ragazza si alzò di scatto dalla sedia nella quale era seduta e lo pungolò.
“Nolan”, affermò osservandolo con sfida.
“Di’ la verità, ti stavi preoccupando”, la colpì in pieno su di un punto dolente. Il suo sorrisino fiero non accennava nemmeno a sparire.
“Devo ammetterlo”, cominciò. “Sì, mi stavo preoccupando”.
Emily appoggiò delicatamente le mani sul suo petto e si sporse verso il suo orecchio. “In fin dei conti sei solito a cacciarti nei guai e farti rapire”, gli sussurrò.
La verità era proprio quella.
Nolan non peccava di fortuna, anzi nei quattro anni trascorsi negli Hamptons aveva avuto un sacco di grattacapi per colpa sua.
Inoltre, per il solo fatto di essere lì, Emily aveva i propri sensi aperti.
Non si sentiva sicura, sarebbe potuto accadere di tutto.
Quel posto era decisamente maledetto.
Nolan si scostò e prese posto accanto a lei.
“Sono un imprenditore, Ems.”, la zittì cercando di farle intendere che aveva avuto da fare al lavoro, ma da quando in qua Nolan lavorava? Sì, okay, ogni tanto succedeva, ma al massimo una volta al mese.
Nell'anno in cui non l'aveva visto, Nolan era cambiato, o almeno così le sembrava. Appariva più freddo e distaccato, anche se non aveva deciso di cambiare il suo ridicolo taglio di capelli.
Un giorno o l'altro, Emily glielo avrebbe dovuto dire. Doveva tagliarsi quei capelli.

“Andiamo, Ems, non senti come la musica ti stia chiamando?”.
Nolan aveva posto la mano nella sua direzione.
Emily inarcò le sopracciglia e cercò di fargli capire con lo sguardo che non aveva la minima voglia di ballare con lui.
“Scusami”, affermò alzandosi in piedi e dirigendosi verso l'open-bar.
Il ragazzo la guardò allontanarsi e si domandò perché dovesse essere così gelida.
Lui non aveva certo trascorso i quattro anni passati con lei sapendo che poi l'avrebbe persa così.
La considerava sua amica, per quale motivo non sentiva che la controparte provasse lo stesso?
Nolan scrollò le spalle e si diresse sulla pista da ballo.
In fondo, voleva soltanto divertirsi.
“Certo che Nolan Ross non si vergogna proprio di nulla”.
“Come, scusa?”, Emily si voltò e guardò il suo amico danzare in modo assai scoordinato e fuori tempo. Non poteva non concordare con quello che aveva appena detto Ashley.
“Si sta soltanto divertendo”, disse cercando di trattenere una risata. Era decisamente buffo.
Fortunatamente aveva declinato il suo invito. Sarebbe potuta morire di vergogna.
“Dovrebbe andare a divertirsi da un'altra parte. Mi mette così in imbarazzo”.
Ashley lo stava osservando con sguardo malevolo.
“Mi spieghi perché ce l'hai tanto con Nolan?”, chiese senza pensarci.
“È un rompiscatole. Sarà pure ricchissimo, ma penso che sia una persona viscida”.
Più di te?”, avrebbe voluto dirglielo, ma quella domanda rimase soltanto nella sua testa.
Emily fece spallucce, come se non le interessasse davvero quel discorso. Nel profondo, però, le aveva dato davvero fastidio sentir parlare di Nolan in quei termini.
Lui era uno, anzi, era il ragazzo più gentile e disponibile che avesse mai conosciuto.
Ed Emily lo sapeva che se non ci fosse stato lui, probabilmente ancora starebbe meditando vendetta.
“Però a te piace”, riprese nuovamente la parola Ashley, osservandola con un cipiglio divertito.
“Con me è stato sempre gentile”. Rispose Emily sinceramente.
“Io mi chiedo chi potrebbe avere il coraggio di ballare con uno come lui”.
“Io potrei. Non vedo cosa ci sia di male, Ashley”.
“Allora vai da lui. Farò mettere un lento, così potrò ridere quando ti pesterà più volte i piedi”.
La giovane nuova regina rideva sotto i baffi.
Emily trangugiò velocemente il drink e sorrise all'amica.
Come le era stato promesso, cominciò un lento.
Emily avanzava, mentre Nolan, sapendo di non avere una compagna - o compagno - con cui ballare, si dirigeva nuovamente verso una sedia.
“Ehy”, lo chiamò Emily. “Volevi ballare, no?!”, domandò porgendogli la mano, come lui aveva fatto un po' di minuti prima.
In quel preciso momento, Nolan sorrise davvero felice e ad Emily le si strinse il cuore. Come poteva non ridere di rimando? Era contagioso.
La ragazza appoggiò una mano sulla sua spalla e l'altra la intrecciò tra le dita del suo amico.
Sorprendentemente, Nolan non ballava affatto male, anzi la guidava in modo eccelso. Che prima avesse fatto apposta a ballare come un idiota?
Emily appoggiò la sua testa sulla spalla dell'informativo e si lasciò trasportare dalla melodia e da Nolan stesso.
Non era una brutta sensazione, quella.
“Ems, la musica è finita”, Nolan le sfiorò la schiena per attirare la sua attenzione.
Quando Emily tornò in sé, si allontanò di qualche centimetro da lui.
Come aveva fatto a rilassarsi tanto?
Lei non perdeva mai la cognizione della realtà in quel modo. Eppure durante quei pochi minuti si era lasciata andare, si era fatta trasportare dalla guida dell'amico e dal suo calore.
Se la danza fosse continuata, Emily si sarebbe potuta perfino addormentare, cullata dal movimento lento della canzone.
Si erano da poco seduti quando il cellulare di Nolan cominciò a squillare.
Velocemente rispose e, per non far ascoltare la conversazione, si alzò allontanandosi dal ricevimento.
Emily trovò quel comportamento alquanto strano. Da quando in qua lui le nascondeva qualcosa?
Cominciò a sentire un moto di frustrazione, odiava non sapere le cose.
Inoltre, l'espressione di Nolan non era serena. Improvvisamente aveva perso la spensieratezza che lo accompagnava e ne aveva preso il posto la preoccupazione.
“Scusa, Ems, devo andare”.
“Ehy, aspetta", Emily gli corse dietro e lo raggiunse. "Che diavolo succede?".
“Nulla che ti riguardi”.
Era stato dannatamente duro e lei si bloccò, osservandolo correre via in un moto di disperazione.
Non la riguardava. Nolan era corso via e la cosa non doveva preoccuparla.
Come poteva non farlo dopo averlo visto in quello stato?

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Sono imperdonabile, lo so. ç_ç Avevo detto che avrei aggiornato di mercoledì, invece ieri non ci sono riuscita! So sorry!
Fortuna Cla90 che mi ha detto di andare a fare l’html! xD Grazie, cara!
Quindi eccomi qui, con un giorno di ritardo! In mia discolpa dico che… no, ieri credevo fosse martedì, davvero. e_e E, oltre a dimenticarmi, e quindi a non fare l’html la mattina, ho avuto da fare, quindi poi non sono più riuscita a pubblicare!
Mi scuso ancora!
Ora, passando al capitolo: finalmente i nostri Emily e Nolan si rivedono dopo tanto tempo. E scopriamo che Nolan ha qualcosa che non va, che cosa? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, of course!
Personalmente ho amato il pezzo del lento. *0* E’ un piacere vederli insieme così, ed Ems si preoccupa pure lui perché capisce che non le dice la verità. Ah, quanto li amo insieme!
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, spero di riuscire a pubblicare il prossimo mercoledì, sperando di non dimenticarmi che giorno è xD
Baci
Deb.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III

“Vengo con te”, affermò sicura salendo sull’auto di Nolan.
“Ems, scendi immediatamente”.
“No”.
“Quanto sei testarda. Mi sembra di avertelo già detto: non ti riguarda”, l'auto, già in moto, era ancora ferma nel parcheggio.
Emily odiava essere trattata così da lui. Se davvero voleva sbrigarsela da solo, allora doveva spiegarle cosa diavolo stava accadendo.
“Ti ho detto che non scendo”.
Cocciuta come al solito, davvero.
Le aveva proprio dato fastidio non sapere cosa gli passasse per la testa.
“Ems, che diavolo vuoi da me? Sei stata via un anno. Non ti interessava nulla, volevi stare da sola ed ora pretendi che ti racconti quello che mi turba?”.
Quel giorno, Nolan aveva deciso per caso di distruggerla? Non era vero che non le interessava nulla.
Dio, si sentivano per telefono ogni santo giorno. Avrebbe potuto dirle cosa stava accadendo.
Emily lo guardò scioccata. Gli occhi le bruciavano pure un po', quella era la prima volta che Nolan la trattava così, di solito era il contrario.
“Nolan”, cominciò senza risultato.
Le si era formato un groppo alla gola.
Emily per una frazione di secondo pensò a quanto fosse stata stupida a voler chiudere con gli Hamptons, anzi, a voler smettere di frequentare l’amico.
In quel momento le sembrava di averlo abbandonato, di non essere stata una buona amica nei suoi confronti a differenza di come lui era stato gentile con lei.
"Quando sono andata via mi hai detto che per qualunque cosa tu ci saresti stato, credevo fosse sottointeso che fosse lo stesso per me", ammise infine con gli occhi lucidi. “Quindi adesso, razza di idiota, dimmi che diavolo sta succedendo”.
Nolan sgranò gli occhi. Certo che voleva sempre averla vinta lei.

Emily si accorse di essere arrivata all'ospedale.
Durante il breve viaggio in auto era calato il silenzio.
Vedeva negli occhi di Nolan tutta la frustrazione che si portava appresso.
Emily seguiva silenziosamente il suo amico, che la condusse nel reparto di oncologia.
Improvvisamente capì che, probabilmente, c'entrava Carol.
“Perché non me l'hai detto?”, domandò sinceramente dispiaciuta.
“Non ne vedevo il motivo”.
“Avrei potuto aiutarti, Nolan”.
Dio, come si sentiva inutile. Avrebbe potuto stargli vicino psicologicamente, invece quando stavano al telefono parlavano soltanto di... di nulla. Di tutto e niente, di cose frivole.
Lui cercava di farla divertire e lei, invece, lo trattava con freddezza, come d'altronde aveva sempre fatto.
“Come?”, non la guardava nemmeno negli occhi, le dava le spalle.
Emily lo bloccò per un polso e si portò davanti a lui, guardandolo con sfida.
“Standoti vicino, Nolan”.
Lui sorrise sarcastico. “Eri a Boston, devo ricordartelo io?”
“Sarei tornata!”.
“Basta, Ems. Non mi interessa. Fammi andare da zia Carol”. Lei fece proprio quello che le era stato chiesto, tanto era inutile continuare a parlare.
Entrarono nella stanza e ciò che aveva davanti non le piaceva per nulla.
Nolan si avvicinò al letto e le strinse una mano. Carol teneva gli occhi chiusi ed aveva difficoltà a respirare anche se lo faceva aiutata dall'ossigeno.
Cominciò a parlarle e le rivelò che anche Emily era lì, così tentò di aprire gli occhi e le sorrise fievolmente.
Nolan aveva gli occhi lucidi, probabilmente i dottori gli avevano detto che non le rimaneva molto tempo.
Emily non riuscì a trattenersi e cominciò a piangere. Nei quattro anni passati, anche Carol l'aveva aiutata più volte.

Quando si ritrovarono in sala d'attesa, non era lei a consolare Nolan ma il contrario, come al solito.
Lui l'aveva avvolta con il suo abbraccio e tutti e due non riuscirono a trattenere le lacrime.
“Non volevo farti vivere proprio questo, Ems”.
Emily singhiozzò.
“Invece me l'avresti dovuto dire”.
Si asciugò le lacrime. “Da quando ha...”
“L'abbiamo preso troppo tardi. I dottori hanno detto che ce l'ha ormai da tre anni, ma noi ce ne siamo accorti soltanto cinque mesi fa. Ormai non è nemmeno più operabile”.
Emily lo abbracciò nuovamente, di slancio.
“Ci sono io”. Affermò stringendolo più forte. “Rimarrò per tutto il tempo che ti sarà necessario”.

La casa di Nolan non era cambiata affatto, era esattamente la stessa.
Emily si guardò un attimo intorno con fare indagatore, come era possibile che non avesse spostato di mezzo millimetro nemmeno un tavolo?
“Fai come se fossi a casa tua”, affermò l’amico cominciando ad armeggiare con il proprio tablet.
“Come sempre”.
La ragazza si sedette sul divano ed accese la televisione posta davanti a sé.
Si sentiva a disagio. Di solito, quando entrava in quella casa aveva il broncio e cominciava a parlare di qualche piano per distruggere i Grayson. Le faceva un effetto strano non doverlo fare, quella volta.
“Come va la tua società?”, chiese, cercando di porre fine a quel silenzio che, per una delle poche volte, la opprimeva.
“La nostra società, vorrai dire. Detieni sempre il quarantanove percento delle azioni”, fece una breve pausa. “È ancora in piedi, ed, ovviamente, ci regala tanti bei dividendi”.
Nolan cercò di sorridere, ma Emily lo sentiva quanto fosse lontano dalla realtà. Aveva un unico chiodo fisso e ci pensava in continuazione.
Ormai non pregava più affinché la zia si riprendesse, sperava che le sofferenze finissero e che incontrasse la morte, presto.
“Nolan, vieni qui”.
Diede delle piccole manate sul divano, vicino a lei.
Avrebbe davvero voluto aiutarlo, ma non sapeva come. E si sentiva diversa, non comprendeva appieno quel senso di protezione che aveva nei confronti di Nolan.
Avrebbe voluto che il suo dolore finisse, che tornasse ad essere la persona spensierata – ed anche un po’ esasperante – di sempre.
Sapeva, però, che non avrebbe potuto fare nulla di tutto ciò.
Capiva bene quanto potesse essere straziante una perdita, o cercare di prepararsi psicologicamente ad essa.
Non c’era niente che lei potesse fare, l’unica cosa che poteva donargli era la sua presenza.
Quando Nolan si sedette affianco ad Emily, lei appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo.
“Non abituartici”, affermò quando notò con la coda dell’occhio che Nolan stava per aprire bocca per dire qualcosa di malizioso, per cercare di sferzare la tensione.
“E se invece lo facessi?”.
Emily lo osservò di trafuga. Non capiva cosa diavolo stesse dicendo, probabilmente stava vaneggiando o, più semplicemente, aveva davvero bisogno di un’amica.
“Rimarrò qui tutto il tempo necessario”.
“Non credi che cominceranno a sparlare? Fondamentalmente in questo momento stai con lo scemo del villaggio”.
“Sì, uno scemo che è miliardario. Hai proprio ragione a definirti così”.
La verità era che lui era tutto fuorché stupido. Certo, a volte con le persone si imponeva in maniera sbagliata e poteva dare l’impressione di essere un idiota, ma se lo si conosceva bene, si poteva intravedere lo strato di gentilezza che lo circondava.
Ed Emily era davvero stata fortunata ad aver trovato un amico del genere. Questo lo sapeva bene, anche se – per sua natura – non riusciva a lasciarsi andare del tutto.
“Grazie, Ems”, Nolan le strinse un fianco con un braccio, portandosela più vicina. Voleva sentirla. Voleva sentire la sua presenza.
Dio, quanto le era mancata ed ancora faticava a credere che fosse lì con lui.
“Non ho fatto nulla”, rispose lei sincera. Difatti si sentiva in colpa per non essere riuscita a capire che in Nolan ci fosse qualcosa che non andava. E per un attimo si pentì della scelta di andarsene, anche se lui, se ne avesse avuto davvero bisogno, sarebbe potuto andare da lei.
Poi ricadde il silenzio. Rimasero lì, seduti su quel divano, stretti in una sorta di abbraccio per il tempo necessario a sentire ognuno la presenza dell’altro.
Perché, in fondo, avevano bisogno di quel legame che li univa.

Emily si rigirò nel letto nella sua casa negli Hamptons.
Nella sua vita aveva sofferto parecchio. Non aveva una madre, il padre era stato ingiustamente accusato ed ucciso, ed il suo scopo era soltanto la vendetta.
E lo sapeva fin dall’inizio che, una volta che il suo obiettivo fosse mancato, lei se ne sarebbe andata lontana da lì, da quel luogo.
Non aveva tenuto conto di una cosa però: parte della sua famiglia aveva deciso di restare. Perché Nolan, e lo ammetteva soltanto con se stessa e per la prima volta in quel momento, era diventato la sua famiglia.
Tra di loro non c’erano segreti, sapeva di potersi fidare ciecamente di lui.
Di certo, questi pensieri non li avrebbe mai ammessi a voce alta. Già immaginava Nolan sorridere a trentadue denti se solo avesse compreso quanto lei fosse, soltanto in fondo, dipendente da lui.
Perché Emily, l’emblema della ragazza forte ed autonoma, aveva bisogno di un amico e di uno scoglio su cui poter sempre contare. E Nolan era lì, a portata di mano. Sincero fino al midollo. Amico fino in fondo.
Anche quando la chiamava tutti i giorni, lei faceva l’annoiata, come se non le importasse nulla di quelle telefonate inutili, invece era felice di sentirlo. Di percepire quanto ancora fosse presente nella sua vita anche a molti chilometri di distanza.
Non l’aveva mai ammesso nemmeno con se stessa se non in quel momento, ma Emily Thorne non avrebbe potuto vivere senza Nolan Ross; e lui nemmeno lo sapeva, anzi, probabilmente si sentiva inadeguato e solo per la maggior parte del tempo che passava in sua compagnia.

Non c’era praticamente nessuno a dare l’ultimo addio a Carol. Certo, per la società e per chiunque altro che la conoscesse era già morta e quella nuova Carol l'avevano conosciuta in pochi.
Lei, Nolan e una piccola schiera di amici che aveva conosciuto nella latitanza.
Emily stringeva stretta nella sua la mano dell’amico. Lei stessa non voleva allontanarsi da quel contatto, era troppo fragile per poterlo fare.
Provava una repulsione per i funerali, forse perché non aveva avuto la possibilità di dare l’ultimo saluto al padre, o più probabilmente il motivo derivava dal fatto che si era stancata di perdere le persone che amava.
Aveva perso David, se stessa, Carol, Sammy, Jack e più volte aveva avuto il terrore di perdere Nolan.
Strinse più forte la mano del vicino e trattenne il respiro. Quando sarebbe finito quel supplizio?
Dopo il funerale non ci sarebbe stata alcuna veglia. Carol l’aveva chiesto al nipote in quanto credeva che mangiare a scrocco fosse un sinonimo di cattiva educazione.
“Andate in pace”. Affermò finalmente il parroco e, mentre Emily stava cercando di correre fuori da lì, Nolan si avvicinò alla bara della zia e pose sopra di essa una rosa rossa.

“Tutto bene?”, che domanda sciocca che le era uscita dalla bocca, come poteva stare bene? Era appena tornato a casa da un funerale. A volte Emily si domandava quanto potesse essere stupida. “Scusa, è che…”
“Sto bene, Ems”. La interruppe, “non trattarmi come se fossi un malato, per piacere. Questa è la vita, prima o poi tutti ci ritroveremo sotto terra”.
Emily non sapeva che rispondere, ma invece di stare in silenzio, ricominciò ad erigere il suo consueto muro davanti a sé.
“Meglio così”, affermò riprendendo la borsa pronta per tornare a casa sua per preparare le valigie.
“Dove vai?”.
“Torno a Boston”. Rispose seria, come se fosse stata la cosa più ovvia da fare. “Tu stai bene”.
“Avevi detto che…”, cercò di fermarla, in qualche modo, perché Nolan non voleva certo rimanere nuovamente da solo, questa volta per davvero. Se lei se ne fosse andata un'altra volta lui, probabilmente, non avrebbe retto. In quel momento, davvero, gli rimaneva solamente lei.
“Stai bene, Nolan. Avevo detto che sarei rimasta tutto il tempo necessario, ma dici che ti tratto come un malato, quindi direi che non hai più bisogno di me”. Aprì la porta dell’abitazione ma attese ad uscire. Aspettava che l’amico la fermasse, che le dicesse che non era vero che stava bene, che aveva ancora bisogno della sua presenza, ma da lui non arrivò alcuna frase.
“Ci si vede, Nolan”. Dichiarò prima di sparire.

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Buongiorno! Sono riuscita a fare l’html in tempo! \0/
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. È un po’ triste per Carol ç0ç E vediamo come Ems pensi a Nolan. Ah, quanto li adoro :3
Anche se poi, come al solito, fa la testarda e non comprende quanto Nolan abbia bisogno di lei in quel momento. u.ù
Accidenti al suo orgoglio.
Ci rivediamo mercoledì prossimo con il quarto capitolo. :)
Bacioni
Deb.

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

Strinse attorno a sé la coperta ed uscì in balcone a prendere un po’ d’aria.
Era tornata a Boston da quattro settimane e Nolan non si era ancora fatto sentire. A volte aveva pensato di chiamarlo lei stessa, ma c’era sempre qualcosa che la tratteneva: l’orgoglio.
Non si erano lasciati nel migliore dei modi, soprattutto per colpa sua.
Di certo, Nolan avrebbe dovuto sapere quanto fosse testarda, ma per la prima volta da quando lo conosceva, l’amico aveva deciso di tenerle testa.
Sospirò rientrando nell’abitazione. Avrebbe decisamente dovuto trovare un modo per mettere l’orgoglio da parte ed andarlo direttamente a trovare.
Proprio in quel mentre suonarono alla porta, chi poteva mai essere alle dieci di sera?
Guardò dall’occhiello e velocemente aprì la porta per soccorrere un Nolan Ross traballante.
“Ehy, che diavolo ti è successo?”, domandò trascinandolo con difficoltà sul divano.
“Una rissa in un bar”. Rispose e, dall’alito cattivo, Emily capì quanto fosse ubriaco.
Si tolse la coperta dalle spalle e la mise sopra l’amico, se ancora così poteva chiamarlo.
“Vado a prendere l’acqua ossigenata ed il ghiaccio”. Aveva un taglio sullo zigomo ed un livido sul labbro.
“Come diavolo ti è saltato in mente di fare a botte?”. Con un po’ di cotone imbevuto di disinfettante pulì la ferita.
“Al solito”, rispose, “stavo baciando una donna ed è venuto fuori che era la moglie del barista”.
Emily sbatté le palpebre più volte. “Al solito?”.
“Sì, è successo anche in passato. Con Jack. Anche quella volta la ragazza di Jack mi ha baciato e Jack mi ha dato un pugno”. Spiegò alla meno peggio, non riusciva ad articolare bene le frasi.
“Hai baciato Amanda?”, chiese alquanto scioccata per la notizia. Non credeva possibile che lui potesse pomiciare con la moglie di Jack.
“No, non bacerei mai quella lì, è successo prima… prima. Jack era giovane”.
Emily appoggiò con forza, con l’intento di fargli male, il ghiaccio sopra il labbro.
“Un po’ di delicatezza?”.
“Non te la meriti”. Rispose prontamente la bionda, alzandosi in piedi. “Anzi avrei dovuto lasciarti marcire fuori”. Continuò riponendo al proprio posto l’acqua ossigenata.
“Che c’è, adesso fai pure la gelosa se bacio qualcuna? Fino a prova contraria sei tu quella che se ne è andata per non si sa quale motivo”.
Nolan la guardava in modo da provocarla. Emily scrollò le spalle.
“No, Nolan, ma tu non sei il tipo di fare risse. Che diavolo ti è preso?”. Alzò la voce, esasperata.
“Mi è preso che sono rimasto solo, ancora. Te ne sei andata, ancora. Ed io… io avevo bisogno di un’amica e tu, invece, te ne sei altamente fregata, sei tornata qui, non ti sei fatta più sentire e… e sai una cosa? Sei proprio una stronza!”. Lo sfogo di Nolan lasciò Emily interdetta. Non si era mai rivolto a lei in quella maniera anche se, forse, si meritava un po’ di quelle parole.
Nolan era pur sempre un uomo e anche se, dopo la morte di Carol, diceva di star bene non lo stava affatto e lei avrebbe dovuto capirlo, visto che già la prima volta aveva avuto gli occhi foderati di prosciutto e non aveva compreso quanto Nolan avesse avuto bisogno di lei.
Ed era vero quello che le aveva detto. Aveva pensato soltanto a se stessa, come sempre.
Nolan sospirò. “Scusa, io…”.
“Non devi scusarti, hai ragione tu”, fece una breve pausa, “ora vado a dormire, se ti serve qualcosa, chiama. Buonanotte, Nolan”.
“Notte, Ems”.
Lo lasciò solo in quel salotto con i suoi pensieri. Soltanto perché l’aveva rivista si sentiva meglio e, allo stesso tempo, avvertiva di essere uno stupido perché lei non avrebbe mai capito quanto fosse dipendente dalla sua voce e dalla sua presenza.
Persino lui aveva avuto difficoltà a comprenderlo, l’aveva fatto soltanto nel momento in cui aveva sentito la sua lontananza.
Nolan era arrivato una settimana prima a Boston, ma non aveva avuto mai il coraggio di bussare alla sua porta. Non poteva continuare così.

Nolan aprì gli occhi quando sentì un odore di cappuccio, provò ad alzarsi, ma gli girò la testa.
“Non affaticarti, Nolan. Hai i postumi”. Emily gli si avvicinò. “Tieni: caffè, cornetto e aspirina”.
“Grazie”. Prese tutto in mano e cominciò a mangiare.
La donna si sedette al suo fianco. “Mi hai fatta spaventare ieri. Sei piombato qui messo in quella maniera… ti avevo detto che ci sarei stata, no?! Bastava telefonare e sarei arrivata”.
Emily non lo guardava negli occhi, non ne aveva il coraggio perché sapeva che quello che avrebbe letto sarebbe stata delusione. Frustrazione per il fatto che l’aveva abbandonato perché non aveva visto oltre se stessa.
“Ems, io non dipendo da te”. La liquidò lui.
“Ma siamo amici e mi sono… mi sono comportata male”. Ammise lei con difficoltà, cominciando a giocare con le proprie dita. “Tu mi hai sempre aiutata, invece…”
Il biondo sbuffò, “lascia perdere ti ho detto. Abbiamo sbagliato, tutti e due. Fine della storia. Oggi torno negli Hamptons, non ti disturberò ancora a lungo”.
“Non disturbi!”, affermò velocemente. “Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi, Nolan”.
“Non credo sia il caso. È meglio se vado. Il tempo di farmi passare il mal di testa e non mi vedrai più”.
Emily inarcò le sopracciglia, “sei diventato orgoglioso tutto d’un tratto?”.
“Ho imparato dalla migliore, Ems”. Rispose prontamente appoggiando il caffè sul tavolino di vetro posto davanti al divano.
“Lo sai che Jack e Amanda stanno divorziando?”. Enunciò dopo diversi minuti di silenzio.
“Cosa?”.
“Già. Non so il perché, probabilmente Amanda si è annoiata a giocare alla famiglia felice. Cosa vuoi fare, torni a riprenderti il tuo Jack?”, sorrise tristemente.
“Perché dovrei?". chiese sinceramente curiosa.
“Perché lo ami?”.
“E chi ti ha detto che lo amo? Non capisco perché dovresti pensare una cosa del genere, anzi, nemmeno mi interessa”. chiuse lì il discorso.
Davvero, non si spiegava perché, dopo tutti quegli anni in cui si era disperata per il fatto che Jack avesse scelto Amanda, dovesse continuare ad amare una persona che correva dietro al ricordo di un'altra che, in verità, non era nemmeno la vera ragazza che conosceva.
Ormai, Emily aveva la mente limpida. Jack era uscito definitivamente dalla sua mente e dal suo cuore. Una volta per tutte.
Si era stancata di vivere così, si era allontanata volutamente dagli Hamptons per poter dire addio a tutte le persone superflue della sua vita, non che Nolan rientrasse tra quelle, anzi era l'unico che le mancasse davvero.
“Sai, Ems, ho paura”. Cominciò a sfogarsi. “Ho paura di rimanere da solo”. Ammise infine osservando il pavimento.
“Ci sono io, Nolan”. Rispose, senza pensare che il biondo si stesse riferendo ad altro.
“Non hai capito. Vorrei una famiglia. Una vera famiglia e... so pure con chi la vorrei, ma non è possibile”. Sussurrò infine.
In effetti, Emily non aveva compreso che cosa volesse dirle. Anche lei voleva poter creare quello che le era stato negato, ma non aveva ancora incontrato l'uomo giusto. Nessuno con cui poteva aspirare un futuro.
Poi ripensò alle parole del biondo, voleva una famiglia con una determinata persona, chi? Non le aveva mai raccontato di una donna. Lei la conosceva?
“Chi è?”, chiese d'impulso.
“Chi?”.
“La persona con la quale vuoi mettere su famiglia. L'hai detto tu”.
Nolan si morse un labbro e sorrise sotto i baffi. Emily era una ragazza intelligentissima, ma quando si parlava di guardare oltre a se stessa non vedeva, come se fosse cieca. Tarda era la parola giusta.
“Na, non credo sia il caso di dirtelo”.
Anche perché non sapeva proprio come iniziare il discorso. Le sarebbe sicuramente preso un colpo se avesse ammesso che la donna in questione era proprio lei.
“Come vuoi, ma è seria la questione se parli di lei in questi termini”.
“Per me sì, per lei non credo”. Rispose scompigliandosi un po' i capelli, “ma non posso continuare a fare l'ipocrita così”.
Emily inarcò le sopracciglia, “perché saresti un ipocrita?”.
Lui sorrise amaramente, certe volte era davvero tarda, o forse faceva soltanto finta di non vedere. Cosa ancora più probabile visto che lei era una persona intelligente e intuitiva.
Quel giorno, stranamente, erano in versione: raccontiamoci i segreti, quindi perché Nolan sarebbe dovuto rimanere in silenzio? Forse, e soltanto forse, era la volta buona di farle capire quello che anche lui stesso aveva cercato di reprimere in tutti quegli anni.
Non poteva più nascondersi o chiedersi come sarebbe potuto essere. Doveva cominciare a fare l'egoista e metterla nella condizione di pensare a Nolan come un uomo e non solo come un amico a cui chiedere favori.
“Ad un... amico, tempo fa, ho suggerito di cogliere l'attimo e dichiararsi. Ed io stesso non seguo il mio consiglio?”, fece una breve pausa per riprendere fiato o forse, più semplicemente, per cercare di infondersi coraggio.
Si alzò in piedi, la testa gli stava già meglio e i postumi della sbronza del giorno precedente sembravano un ricordo lontano; era concentrato su quello che stava per fare, forse, dopo, avrebbe dovuto uscire di corsa per cominciare a scavare la sua stessa tomba. Si vergognava, soprattutto perché aveva la quasi certezza che una donna come quella che aveva di fronte non avrebbe mai potuto ricambiare i suoi sentimenti.
Emily, d'altro canto, non riusciva a capire dove Nolan volesse andare a parare. Vedeva la paura nei suoi occhi e non riusciva a capirne il motivo.
Lo conosceva ormai da parecchi anni, eppure lui era una di quelle poche persone che non riusciva a decifrare del tutto. Aveva un lato di carattere nascosto in profondità, probabilmente per tutte le delusioni che aveva subito in passato.
Emily, però, si stava spazientendo, “se devi dirmi qualcosa, fallo. Non girarci attorno, non lo sopporto, Nolan”.
Lui deglutì, “vorrei vedere tu al posto mio. Non è una cosa semplice da dire, soprattutto ad una persona come te”, sospirò. “Ti sono sempre stato vicino, inizialmente per tuo padre. Mi aveva chiesto di prendermi cura di te”.
Emily cominciò a comprendere su quale discorso stesse battendo ferro e, per un attimo, sentì che doveva fermarlo, che non voleva sentire il seguito. Lei gli voleva bene e non voleva ferirlo, soprattutto perché, come aveva detto lui stesso, Nolan le era stato sempre vicino, rischiando addirittura la vita, più volte.
“Nolan, senti...”, cercò di prendere la parola.
“Fammi finire. Devo essere egoista, per una volta. Devo togliermi questo peso di dosso, Ems. Lo so cosa mi risponderai, ma io devo liberarmi. Non ce la faccio più, davvero, a domandarmi: e se... Cerca di venirmi incontro per una volta”.
Emily rimase sorpresa da quanta determinazione vedeva nei suoi occhi. Era decisamente arrivato al limite e ormai lei non poteva fare nulla per fermarlo.
La donna sospirò, “vai avanti”.
Glielo doveva, almeno quello.
“Mi sono innamorato di te, anni fa”. Sputò finalmente fuori Nolan.
Emily avrebbe voluto piangere. Capiva cosa provasse il biondo e che non avrebbe potuto continuare a nascondersi dietro la facciata dell'amico che le stava vicino soltanto perché David Clarke glielo aveva chiesto, però le dispiaceva da morire perdere un amico così.
“Okay, lo sapevo che tu non hai mai pensato a me in quel modo, ma questo silenzio mi distrugge, Ems”. Sorrise.
“Avevo provato a fermarti, Nolan. Non ho nulla da dire, credo sia inutile continuare a parlare”. Alzò le spalle, lei, con fare risoluto. Ancora una volta l'orgoglio aveva preso prepotentemente il posto al dispiacere che sentiva. Non voleva illuderlo, giustamente, ma allo stesso tempo una parte di lei voleva ferirlo per essere stato sincero, rovinando il loro rapporto che, dopo anni, si era andato stabilizzando.
Nolan ridacchiò, “ma cosa mi aspettavo io?”, disse tra sé e sé dirigendosi verso la porta
“Aspetta”. Non sapeva perché lo avesse fermato. Nolan si voltò, c'era una quasi speranza nei suoi occhi e, finalmente, Emily capì che era inutile ferirlo ulteriormente perché, molto probabilmente, aveva già il cuore spezzato.
Emily gli si avvicinò e lo circondò con un abbraccio.
“Ti voglio bene, Nolan”. Fece una pausa, “ma non sono nella condizione, non lo sono mai stata, di amare davvero qualcuno”, ammise.
“Ems...”, le portò una ciocca di capelli dietro all'orecchio in modo assolutamente dolce, “devi smetterla di avere tutti questi complessi. Ed ora, scusami, devo fare una cosa, ma tu non prendermi a calci nel sedere”, concluse.
Emily lo guardò confusa, poi, quando sentì le labbra di Nolan appoggiate sulle sue, lo spinse via.
“Che diavolo...”, imprecò allontanandosi.
“Dovevo”. Rise, uscendo velocemente da quella abitazione.
Emily rimase lì, impalata, chiedendosi ancora cosa fosse realmente successo. Nolan era uscito di testa o, più probabilmente, aveva deciso di essere più determinato.
L'unica cosa che in quel momento sapeva, però, era che già il suo amico gli mancava e che il rapporto non sarebbe più potuto essere quello che avevano in precedenza.
Sospirò sedendosi sul divano e, senza che se ne accorgesse, cominciò a piangere. Era rimasta da sola, questa volta per davvero. Non aveva più nessuno vicino a lei e si sentiva oppressa da quella situazione.
L'unica persona di cui si fidava aveva deciso di uscire dalla sua vita e lei non poteva fare altro se non stare a guardare, immobile.

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Buongiorno! :) Eccomi qui ad aggiornare Near! Capitolo molto, ma molto importante, nonché il penultimo. :°
Ancora mi ricordo quando tutti i giorni scrivevo un pezzo della storia e poi lo mandavo ad Ili xD Le ho intasato la mail per sapere come fosse il pezzo. xD
Okay, a parte questo, ancora non ho finito di rispondere alle recensioni ricevute. Vi ringrazio infinitamente per le recensioni che mi lasciate e, non preoccupatevi, risponderò alle recensioni una ad una appena ho un attimo di tempo. :)
Parlando del capitolo, finalmente Nolan si dichiara! *0* Emily è rimasta un po’ spiazzata da tutto ciò, non se lo aspettava proprio. -_-
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! ^^ A mercoledì prossimo con l’ultimo capitolo prima dell’epilogo. :)
Baci
Deb

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V

“Non posso o non voglio rispondere, lasciate un messaggio e forse vi richiamerò”.
Emily sospirò, erano passate tre settimane nelle quali aveva provato più e più volte a contattarlo, e non era decisamente da lei, senza risultato. Probabilmente le aveva bloccato il numero, Nolan era solito rispondere a tutte le chiamate. Le uniche volte che non l'aveva fatto era perché era stato rapito ed in quel momento stava subendo una tortura.
“Nolan, chiamami. Smettila di fare il bambino”. Parlò ancora una volta con la segreteria telefonica.
Emily stava ormai perdendo la pazienza, e se stesse male e avesse avuto bisogno del suo aiuto? Non era da lui comportarsi in quella maniera, anche se le cose erano andate in quel modo non significava che la loro amicizia fosse conclusa. Certo, non la chiamava più, ma non poteva essere tutto finito. Lei non aveva dato il suo permesso e non era un segreto che Nolan facesse quello che diceva lei.
Si sta stava stancando, davvero.
Emily si domandava cosa avrebbe dovuto fare. Se fosse stato per lei, testarda com'era, sarebbe rimasta lì, a Boston. Alla fine non era certo colpa sua se quello stupido aveva fatto un colpo di testa, però sentiva che non poteva lasciare quella situazione così irrisolta. Non era nelle sue corde. Nolan avrebbe dovuto pagare per averla ignorata così volutamente.
La bionda sospirò e cominciò a preparare la valigia. Stava già ritornando negli Hamptons e la cosa non le piaceva granché, ma doveva pur sempre vendicarsi.
Cominciò a buttare dentro la valigia i primi vestiti che trovava.
Emily non aveva alcun piano nella mente, ma poco importava. Si sarebbe inventata qualcosa una volta arrivata alla sua casa al mare. In fondo, questa volta, la vendetta sarebbe stata alquanto blanda. Voleva bene a Nolan e voleva soltanto fargli imparare una piccola lezione: mai fare arrabbiare Emily Thorne, o ignorarla.

Una volta giunta negli Hamptons si fermò a casa, dove ripose tutte le cose che si era portata da Boston, si fece una doccia e si cambiò d'abito.
Emily uscì nel porticato e accarezzò il disegno del doppio infinito che aveva fatto il padre.
Nolan era legato a lei, Emily non poteva certo perderlo di vista così, in fondo conosceva tutti i suoi segreti, non poteva farlo andare in giro senza avere la certezza che non l'avrebbe mai tradita.
Gli uomini sono bugiardi per natura ed Emily non era ancora sicura al cento per cento di fidarsi di Nolan, non in quel momento almeno.
Indossò un leggero soprabito e cominciò ad avviarsi verso lo Stowaway.
Una volta arrivata corse a salutare Jack con un sorriso, sincero, sul viso.
“Ciao! Guarda chi si vede, ormai credevamo non venissi più negli Hamptons”.
Jack, con i suoi soliti modi gentili, le schioccò due baci sulle guance. “Ho avuto da fare”, rispose. “David e Amanda?”.
“Sono fuori. Credo che tornino tra pochi minuti”.
“Tutto bene tra di voi?”, chiese. Non voleva sembrare una pettegola, ma fondamentalmente le sarebbe dispiaciuto se Amanda li avesse abbandonati. Voleva che Jack fosse felice.
“Nolan ha spifferato come suo solito, eh?!”, rise. Non ce l'aveva veramente con l'amico, ormai lo conosceva e non se la prendeva più.
Emily annuì, sinceramente dispiaciuta.
“Lo sai, Amanda è una donna impulsiva...”, cominciò a raccontare, “... abbiamo litigato e lei ha chiesto il divorzio, e stata fuori due giorni e poi è tornata. È fatta così. Anche se all'inizio mi sembrava fosse seria e mi ero preoccupato”.
Emily sorrise e gli strinse una mano, “sono contenta che tutto si sia risolto per il meglio, Jack”.
“Anche io. Se cerchi Nolan è laggiù”. Il barista le indicò il ragazzo. Era girato di spalle e quindi non aveva visto né sentito il suo arrivo. Davanti a lui vi era una donna dai capelli castani.
“E quella sarebbe?”, domandò Emily apatica.
“La sua ragazza”.
Sgranò gli occhi, sinceramente sorpresa. “Da quando in qua ha una donna?”.
“Da circa una settimana e mezzo”. Rispose lui pulendo il bancone con uno strofinaccio.
“Guarda, guarda chi è tornata”. Amanda corse ad abbracciarla.
“Ciao”. Emily ricambiò quel gesto affettuoso e le diede un bacio sulla gota.
“Senti, mi presti la fede?”. Più che una domanda sembrava quasi un'affermazione.
Emily, infatti, aveva trovato la giusta vendetta. Non che non volesse la felicità di Nolan, ma aveva preso quella decisione e quel tipo di punizione era quella giusta, soprattutto perché, altrimenti, non sapeva proprio come fargliela pagare.
“Che ci devi fare?”, Amanda si sfilò l'anello e lo porse all'amica.
Emily sorrise, forse un po' malignamente.
“Voglio fare uno scherzetto”.
“Oh, questa cosa mi piace. Rimango qui ad assistere, fallo nero”.
La bionda le fece l'occhiolino. Si infilò la fede e si avviò al tavolo nascondendo la mano sinistra.
“Buongiorno, Nolan”. Annunciò il suo arrivo con un sorriso, guardò Nolan che, per poco, non gli andò per traverso il drink che stava sorseggiando.
“Che diavolo ci fai qui?”, dalla sua voce traspariva un po' di incertezza.
Emily alzò le spalle, “non te l'aspettavi, vero?”.
La donna, che fino a quel momento era rimasta in silenzio, prese la parola, “e tu chi saresti?”.
“Come, scusa? Non mi dire che mio marito non ti ha detto di essere sposato.” Fece vedere la fede gentilmente concessa da Amanda.
“Cosa?” Denunciò il biondo, visibilmente in crisi, mentre la castana, per poco, non sputava fumo dalle orecchie per quanto fosse diventata rossa.
“Brutto bastardo, non mi hai detto di essere sposato!”. La bevanda finì letteralmente in viso a Nolan.
Lui cercò di pulirsi alla meno peggio e, quando riaprì gli occhi, notò che fosse rimasto da solo.
Catherine, così si chiamava la sua ormai ex, si era dileguata, mentre Emily stava tirando la fede ad Amanda.
“Grazie”.
“Ottimo spettacolo!”, rispose lei ridendo sotto i baffi.
La signora Porter si avvicinò al biondo, “che diavolo le hai fatto per farla arrabbiare tanto?”.
“Taci”. Rispose lui alzandosi per uscire da quel buco infernale. Perché diavolo Emily si era dovuta comportare in quella maniera, cosa voleva ancora da lui? Nolan non era come lei, non trovava certo mille ragazze soltanto schioccando le dita e Catherine gli piaceva davvero.

Emily si accomodò sul divano, con le braccia conserte al petto e le gambe accavallate.
Sapeva che prima o poi sarebbe entrato da quella porta, in fin dei conti, era casa sua.
“Mi sai dire che diavolo ti è preso?”, sbatté violentemente la porta di vetro che vibrò.
Lei alzò le spalle, volgendo lo sguardo da un'altra parte.
“Dio, anche la bambina ti metti a fare adesso. Mi sembri la vecchia Amanda”.
“Fondamentalmente sono sempre la stessa persona, sai?”, rispose, “cambiare colore dei capelli o cercare di essere più sorridente non cambia il mio vero carattere, non credi?”.
Nolan la guardò e non riusciva a comprendere chi avesse di fronte. Davvero, era un mistero. Aveva già deciso che le avrebbe dato della gelosa perché sembrava davvero tale, anche se non ne capiva il motivo, invece, dal momento in cui aveva osservato quegli occhi, aveva inteso che al loro interno vi era una persona alquanto furiosa.
Eppure quello che doveva essere arrabbiato, anzi, deluso, era proprio lui. Era Nolan quello che si sentiva il cuore spezzato e che non voleva vederla, non ancora almeno. Invece lei era piombata lì, dal nulla, e aveva già stravolto tutto.
“Come vuoi, Ems”. Nolan sospirò. Non aveva voglia di litigare, soprattutto per il fatto che desiderava non averla di fronte.
“Lo sai che provo a chiamarti da tre settimane?”.
Emily si alzò in piedi e si pose proprio davanti a lui.
“Quindi? Non volevo sentirti se ti stai chiedendo perché non ti ho mai risposto o richiamato”. In effetti, in quelle tre settimane passate il suo cellulare riceveva almeno due o tre chiamate al giorno di Emily e lui, ogni volta, non aveva mai avuto il coraggio di risponderle. Doveva rimanere da solo, a pensare, ad andare avanti con la sua vita che, non per sua scelta, non comprendeva la bionda.
“Mi sono preoccupata”.
Nolan inarcò le sopracciglia, “per cosa ti dovresti preoccupare, Ems?”.
Emily sorrise e si chiuse nelle spalle, “negli anni passati ti ho salvato così tante volte il culo che ho perso il conto, Nolan”.
Lui lo sentiva, lei stava soltanto giocando e la cosa non gli piaceva per niente. Non voleva essere preso ancora in giro.
“Cosa vuoi, Ems?”. Tagliò corto lui scompigliandosi un po' i capelli per il nervosismo che sentiva.
“Potrei dire di volere tante cose, ma la verità è che non mi è piaciuto il modo in cui sei andato via”, ammise infine allontanandosi da lui per versarsi un po’ di vino rosso. Ovviamente Emily sapeva dove si trovasse; aveva passato così tanto tempo in quell'abitazione che oramai era come la sua seconda casa negli Hamptons.
“Ti rendi conto che mi hai detto che mi ami e poi te ne sei scappato a gambe levate?”. Sorseggiò il liquido scuro. Era difficile per lei stare lì, tutta colpa dell'orgoglio. Le sembrava quasi di essere tornata da lui strisciando, ma non poteva lasciare che finisse tutto così. Non poteva perderlo.
Nolan era stato praticamente sempre presente. C'era quando era uscita dall'istituto, c'era quando aveva cominciato a vivere una vita sregolata e l'aveva ricondotta sulla giusta via. Lui aveva dato inizio alla vendetta portandole tutti i diari del padre, era grazie a lui se i Grayson stavano finalmente pagando per tutto ciò che avevano fatto. Emily, questo, non poteva ignorarlo.
“Non sono scappato, avevamo finito...”
“Cosa, Nolan?”, lo interruppe, “cosa avevamo finito? Di parlare? Hai detto tu stesso, quel giorno, che io non avevo mai pensato a te in quel... quel modo e tu avresti davvero voluto una risposta immediata? Dio, dovevo metabolizzare la cosa!”, si sfogò finalmente.
“Ems, senti...”
La bionda lo interruppe nuovamente, posando il bicchiere.
“Fottiti, Nolan!”, esclamò cercando di trovare la forza per non picchiarlo, perché, davvero, aveva voglia di dargli uno schiaffo in pieno viso.
“Vieni qui”. Nolan le si avvicinò ed anche se avrebbe voluto che fosse rimasta a Boston perché gli faceva male vederla, la circondò con un abbraccio.
Lui non gradiva vederla in quello stato. In tre settimane per lui non era cambiato nulla, voleva la sua felicità.
“Scusami, Ems, scusami”. La strinse più forte a sé.
“Sei uno stronzo rompiscatole”. Lo scansò con un piccolo pugno sulla spalla che però non era poi così delicato.
Nolan sospirò, sarebbero mai usciti da quel circolo vizioso? Ormai Emily conosceva i suoi sentimenti, erano trascorse tre settimane, cosa doveva fare ancora?
Eppure, quando vide gli occhi in lacrime della sua Ems, non poté fare altro che correre nuovamente da lei per stringerla.
Lei aveva cercato di nasconderle, non era così debole, non piangeva lei.
“Mi hai lasciata sola”, ammise cercando di calmarsi. “Eri l'unico e... mi hai lasciata sola”.
Cosa le prendeva? Nemmeno una frase di senso compiuto riusciva ad articolare? La verità era che il senso di solitudine che Emily aveva sentito da quando Nolan si era dichiarato era come una voragine. Era rimasta sola con i suoi ricordi, non aveva nient'altro, era come se fosse morta.
E lui l'avrebbe dovuto capire perché si era sentito solo per tanti e tanti anni, a tal punto da cercare di comprare l'amicizia di Jack. Doveva capirlo, ma non l'aveva fatto ed Emily per questo ce l'aveva a morte con lui anche se, allo stesso tempo, voleva che Nolan le stesse nuovamente vicino come prima.
Era proprio lui la persona che voleva davvero vicino.
“Ti ho già chiesto scusa, anche se dovrei essere io quello incavolato nero visto che hai fatto scappare Catherine”. Le sussurrò all'orecchio.
“Non era il tuo tipo, Nolan”. Affermò sicura. “Anche perché... se volessi stare con lei, di certo non faresti la cozza con me, fra un po' non riesco nemmeno a respirare, Nolan”.
Lui rise sciogliendo l'abbraccio, “mi sembrava che avessi bisogno di un po' di calore umano, miss robot”.
“Parlando seriamente, Nolan, io non voglio perderti. Certo, sei un rompiscatole quanto una stanza satura di zanzare, ma non voglio perderti, e... non capisco nemmeno io il perché, ma pensare di vivere senza di te mi fa mancare il respiro, ormai... ormai sei diventato fondamentale”, ammise senza guardarlo in volto. Aveva perfino le guance in fiamme. Cosa le toccava fare per un po’ di felicità, doveva prostrarsi ai piedi di Nolan Ross. Cose da non credere.
“Sarei come una stanza piena di zanzare, eh?!”, cercò di essere serio lui, anche se la cosa gli risultava difficile visto che aveva gli occhi illuminati. Era fatto così, quando era felice lo sguardo parlava per lui.
“Hai sentito il resto, vero?”.
“Fin troppo bene, Ems”.
Sorrise, infine, prendendole il viso tra le mani.
“Sei sicura?”, chiese.
“Non dovrei?”
“Non lo so, dovresti dirmelo tu. Non voglio certo costringerti a fare qualcosa che non vuoi”.
Emily rise sarcastica, “non ci riusciresti nemmeno, Nolan”.
Lui le sorrise, felice come una pasqua, prima di unire le loro bocche. E tutto il resto gli uscì dalla testa. Aveva in mente soltanto lei, Ems, e la sua cocciutaggine e intolleranza verso il mondo.
Ma lui lo sapeva fin troppo bene che sarebbero rimasti insieme per sempre perché soltanto lui l'amava così tanto da fare tutto, davvero di tutto, pur di renderla felice.

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Scusate per l’immenso ritardo, ma queste sono decisamente settimane infernali. Ed ancora devono finire.
La fanfiction, comunque, giunge al termine. :) La prossima settimana pubblicherò l’epilogo e la saluterò. Mi spiace di ciò, ma sono contenta di essere riuscita a scrivere una fanfiction non troppo lunga. Penso che si sia sviluppata abbastanza bene e, finalmente, Emily è venuta a patti con se stessa e si è resa conto che l’unica persona con la quale può stare è Nolan :D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! *0*
Alla prossima settimana con l’epilogo! :) Se ci fosse qualche dislattamento, come al solito, lo scriverò su facebook e twitter.
Con il tempo, inoltre, risponderò anche a tutte le recensioni che mi avete lasciato, una ad una, scusate se ancora non ho trovato il modo di farlo, sappiate che le apprezzo tantissimo ^_^ ma voglio avere dieci minuti in santa pace per potervi rispondere con calma e senza fretta.
Baci
Deb

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Capitolo 6
*** Epilogo ***


Epilogo

Stava giocando con un ventaglio fatto di carta. Non credeva che in quel giorno si sarebbe sentita così tanto agitata.
Stava per caso sbagliando tutto? No, e allora perché, se avesse potuto, avrebbe volentieri strangolato Ashley che, in quel momento, era davanti a lei con un sorriso sulle labbra?
“Nervosa, Emily?”, la prese in giro volutamente.
“Non innervosirmi ancora di più per favore”, rispose buttando nel cestino il povero ventaglio ormai deceduto a forza di strizzarlo.
“È normale”. Affermò l'inglese accarezzandole un braccio. “Sei bellissima”.
Emily si guardò allo specchio per appurare quanto di quella affermazione fosse vera.
Indossava un abito bianco. Il bustino le incorniciava il petto risaltando il suo punto vita, la gonna cadeva dritta ed elegante, davanti era un po' più corta mentre il dietro terminava con un piccolo strascico.
I capelli della frangia erano tenuti insieme da un piccolo fermacapelli così da non averli sul viso, il resto della chioma era stata lasciata libera in modo tale da coprire la schiena.
Non avrebbe indossato alcun velo, come nessuna tiara. Come accessori aveva due orecchini di diamanti ed un girocollo dello stesso materiale.
“Sai, non avrei mai creduto che Nolan Ross potesse mai sposarsi”.
Ovviamente, Ashley non aveva peli sulla lingua e non era un segreto che lei ed il suo promesso sposo non andassero d'accordo.
“Solo tu potresti sopportare un tipo come lui, davvero”.
“Ashley... lo sai che tra poco lo sposerò, vero?”, rise. Non ce l'aveva con lei, in fondo anche lei l'aveva sempre preso in giro, insultandolo.
“Ma sei sicura?”.
“Certo. Non sarei qui se non lo fossi. Nolan è l'uomo che voglio avere al mio fianco, davvero”, fece una breve pausa per passarsi il rossetto sulle labbra. “È stato strano all'inizio, non me l'aspettavo... ma sto davvero bene con lui, Ashley. Non potrei proprio chiedere di meglio”.
L'amica sorrise e l'abbracciò, “se tu sei felice, lo sono anche io. E poi, devo ammettere che siete una bella coppia. Si vede che vi amate”.
Quando Nolan aveva chiesto ad Emily di sposarlo erano trascorsi poco meno di due anni dalla loro decisione di stare insieme.
L'aveva fatto in privato, dopo aver organizzato una cena a lume di candela ed Emily non aveva esitato un attimo a rispondergli di sì.
Ci aveva messo un po' a capirlo, ma fortunatamente il suo futuro marito era una persona paziente.
Non poteva essere altrimenti visto che si era innamorato di Emily.
“È ora di entrare in scena”, Ashley le fece l'occhiolino.
La sposa si guardò un'ultima volta allo specchio per poi cominciare ad avviarsi verso la navata.
Quando finalmente posò gli occhi su Nolan, sul viso della bionda nacque un sorriso sincero per la vista che le si parava davanti.
Nolan, davanti a lei, sorrideva come un bambino ed aveva gli occhi luminosi, come non li aveva mai visti e, in quel momento più che mai, pensò a quanto davvero fosse fortunata ad aver trovato un uomo come lui.
Ebbe la controprova di quanto avesse fatto bene a lasciarsi andare, ad aprirgli il suo cuore, perché l'amore che provava per Nolan non si poteva comparare a nulla per quanto immenso fosse.
Quando Emily gli prese le mani tra le sue si sentì completa e finalmente in pace con il mondo.
“Vuoi tu prendere quest'uomo come tuo legittimo sposo per...”.
“Lo voglio”.

FINE


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È finita. ç0ç
Come al solito, quando finisco di pubblicare una long, che sia mini o no, mi commuovo :°
Non credevo avrei aggiornato oggi, ma la fortuna (?) è stata dalla mia parte e sono riuscita a pubblicare! \0/
Ed il mio sogno è coronato, vedere Emily e Nolan insieme… forevah!
Ad ogni modo, ci ho beccato u.ù Come già dissi, ho scritto la fic prima della seconda stagione, ma anche qui, come nel telefilm, Emily vuole il test di paternità per il figlio di Amanda xD
Spero che la storia vi sia piaciuta! :)
Ringraziamenti:
- Ili91 che ha betato la storia e che la leggeva pezzo per pezzo :’D
- Tutte le persone che hanno recensito
- Tutti gli utenti che hanno letto in silenzio
- Cla90 che ha messo la storia tra le preferite :*
- _Sybil che ha messo la storia tra le ricordate! *w*
Grazie mille a tutti! *___* E anche a tutte quelle persone che, come me e con me, condividono la mia passione per questo telefilm :) Vi adoro!
Bacioni
Deb

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