Stardust.

di tunechi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


justin and madison.


Justin’s.


“Detention”
Questo era ciò che c’era scritto su quella specie di cartellino che la professoressa di biologia aveva osato attaccarmi alla maglietta. Classe delle punizioni, se possiamo chiamarla così. Non male come primo giorno.
Sbattei sonoramente le nocche sulla porta perfettamente laccata di azzurro aspettando di poter entrare.
“Avanti.” Sentenziò una voce femminile proveniente dall’interno.
“Lei deve essere…” 
In quei pochi secondi in cui attesi che il tipo la donna seduta alla cattedra nominasse il mio nome per intero mi guardai intorno.
La classe era mezza vuota ma riuscii a scorgere gli occhi di molti puntati su di me. Non era una sensazione sconosciuta, d’altronde ero nuovo, me lo sarei dovuto aspettare.
“Bieber, Justin Bieber, non è così?” Disse la professoressa dopo aver scorso una lista piena di nomi.
Annuii deciso, almeno del mio nome ero sicuro.
Mi fece cenno di sedermi, così attraversai rapidamente la lunghezza della stanza con l’intenzione di accaparrarmi uno degli ultimi posti, dove speravo avrei cazzeggiato per le due ore successive
L’aula era popolata quasi interamente da ragazze, non credevo fosse così, insomma, dalle mie parti sono i maschi i casinisti che finiscono in posti come questi…
Sentii bussare ma non rivolsi neppure minimamente lo sguardo alla porta, sfilai il cellulare dai jeans e (tentando di non farmi scoprire dall’insegnante) cominciai a giocare a Fruit Ninja nascondendomi dietro l’astuccio.
“Cooper! Ci si rivede a quanto pare… Entri pure, il prossimo ritardo verrà segnalato alla presidenza, è avvertita.”
“L’unica cosa che potrebbe segnalare dovrebbe essere il suo peso al dietologo…”
“Come si permette, io…”
“Mi spedisce dritta nell’aula di detenzione? Beh, troppo tardi.”

Brutte ma simpatiche, le ragazze di qui. 
Continuai ad ascoltare le due fino a quando chiusi l’applicazione e mi voltai per la prima volta verso la ragazza dalla parlantina sciolta, ritrovandomi a perdere la parola e il buon senso.
La prima ragazza carina in questa scuola (dopo l’insegnante di sostegno di Eric Norris a biologia, quella non era affatto male, mmh).
Carina… Forse un aggettivo troppo riduttivo, era assolutamente perfetta. Indossava una maglia nera che faceva intravedere gran parte dell’addome e un paio di jeans rigorosamente attillati che concedevano ben poco all’immaginazione.
Finalmente una ragazza che non veste solo di rosa (colore che io odio).
Mi attraeva, eccome se mi attraeva.
I suoi occhioni blu mi attraevano.
I suoi lunghi capelli biondi mi attraevano.
Quel nasino all’insù mi attraeva.
E il suo stile, beh, quello mi attraeva dannatamente troppo.
Iniziai a smanettare con l'iPhone, ma era davvero difficile riuscire a concentrarsi fra la paura di essere scoperti e i rumori presenti in quella stanza, così bloccai il cellulare e mi misi a guardare fuori dalla finestra, in qualche modo avrei dovuto far passare il tempo.

“Tu devi essere il solito perfettino figlio di papà che capita qui per caso, mi sbaglio?” Mi voltai all’istante verso la ragazza che mi aveva rivolto la parola, quella ragazza.
Era seduta proprio al mio fianco, ciò significava che fra tutti i banchi vuoti aveva scelto me.
Lo so, è un  pensiero idiota, non riesco neppure a spiegarmelo, sono nervoso e non sono abituato a questa sensazione.
“Decisamente, e potrei ritenermi offeso ora, sai?”


Madison’s.


“Allora chi sei? Non ti ho mai visto prima.” Gli domandai.
“Tu chi vorresti che io fossi?” Mi rispose il ragazzo prima di scoprire quella sua bianchissima dentatura apparentemente perfetta.
“Non lo so, non ti conosco.” 
“Ed è meglio così, fidati.” 
Commentò il biondo scuotendo la testa.
“Cosa intendi dire scusa?” 
“Diciamo solo che non sono il tipo che una ragazza dovrebbe avere come amico.” Rispose con lo sguardo perso nel vuoto.
“Ehi biondino, stai parlando con Madison Cooper, renditene conto.”
 Mi pavoneggiai facendo trafilare dell’ironia.
“E tu potresti essere usata e gettata via come un fazzolettino di carta, stai parlando con Justin Bieber, renditene conto.” Rispose prima di sfoderare un sorriso malizioso.
“Oh cazzo, l’ennesimo seduttore sfornato male!”
 Esclamai roteando gli occhi.
“Attenta a come parli, Cooper.”
“Ti prego, finiscila Bieber.”

Quelli furono forse i sessanti minuti peggiori della mia vita, il tempo trascorse molto più che lentamente, a causa del silenzio imposto dall’insegnante slash balena che ci sorvegliò per il resto del tempo.
Alla fine dell’ora mi diressi subito alle macchinette, in cerca di qualsiasi cosa fosse commestibile, la fame a dir poco mi assaliva dopo tutte quelle ore di prigionia trascorse senza cibo a scuola.

***

“Avanti bello.” Imprecai prima di sferrare un leggero calcio a quella macchina mangia soldi.
“Cazzo.” L’unica che aveva mangiato era la macchinetta, i miei soldi però.
“Novellino, disse la ragazza che non sapeva comprare una merendina alle macchinette.” Mi girai di scatto e mi ritrovai quel Justin a pochi centimetri di distanza.
“È colpa della macchinetta, quando succede non mangiano neppure i giocatori di football cosa stai cercando di insinuare?”
“Mmh, niente. Piuttosto… Che mi daresti se riuscissi a far scendere i tuoi soldi?” Mi propose malizioso.
“Niente perché non ci riusciresti.” 
Feci spallucce e mi voltai dandogli la schiena. Lo sentii ghignare, si stava forse prendendo gioco di me? All’idea mi fece ribollire il sangue. 
“Ok, se ci riesco però scelgo io, sei avvisata.”
 Mi minacciò.
“Va bene, se non ci riuscirai però mi pagherai la merenda per un mese, sei avvisato.”
Dopo essersi concesso una risatina snervante, si avvicinò a quell’ammasso di latta e assestò un colpo deciso ad un lato. 
Deve essere un idiota, se proprio deve colpire la macchinetta dovrebbe farlo da davanti. 
Diede un altro colpo, giusto poco più in basso e il risultato fu il medesimo.
“Ritirati, Biebe…” Non riuscii a terminare la frase che dalla macchinetta sgorgarono decine e decine di monetine.
“Come cazzo ci sei riuscito?” Gli chiesi euforica mentre lo aiutai a raccogliere gli spiccioli a terra.
“Sono un canadese cresciuto nel Bronx, tutto questo è nel mio DNA.” Ammise prima di farmi l’occhiolino. 
Canada… Anche io ero canadese. A dire il vero quasi tutta la mia famiglia lo era, ma da quando… Da quando è morta mamma, mio padre ha deciso di trasferirsi in California e io ovviamente l’ho dovuto seguire.
Un susseguirsi di ricordi si fecero spazio nella mia mente, tentai di scacciarli via scuotendo il capo, ma fu piuttosto difficile.
“Ah, Canada…” 
Queste furono le uniche parole che mi uscirono dalla bocca prima di quell’interminabile ed imbarazzantissimo silenzio.
Avevamo già raccolto quasi tutte le monetine quando sbadatamente le nostre mani si sfiorarono, nell’intento di raccogliere i medesimi ultimi spiccioli in terra.
“Vacci piano novellino.” Dissi ancora a capo chino per nascondere l’imbarazzo.
Lui scoppiò soltanto in una leggera risata.
“Mi devi un favore sai?” Mi ricordò interrompendo quell’orribile momento.
“Credo tu abbia ragione… Allora? Che ti devo?” Era stato gentile, infondo. Questo glielo dovevo.
“È una sorpresa… Una sorpresa che si vede solo con gli occhi chiusi. Non fare domande, ti prego.”
Ancora un po’ dubbiosa chiusi gli occhi come mi disse, ero quasi sicura che la sua “sorpresa” consistesse in uno scherzo bastardissimo ma l’istinto mi diceva di fidarmi.
In quel corridoio della scuola il silenzio era quasi tombale, se ne erano andati tutti da ormai un pezzo, tutti tranne Justin me e qualche bidello.
All’improvviso, un piccolo dettaglio mi fece rabbrividire, era come se una scarica di adrenalina mi avesse perforato la spina dorsale e il cervello fosse andato in standby per qualche secondo.
Il respiro di qualcuno, sicuramente di Justin era sempre più pesante e vicino.
Feci per cercare di capire cosa avesse in mente, ma mi resi conto di conoscere alla perfezione le sue intenzioni, e nonostante questo non mi mossi, lo lasciai fare come un’emerita cretina.
Nel giro di pochi attimi le labbra di quel ragazzo si erano già posate sue mie, che le seguivano esperte, mentre una sua mano era già intenta ad accarezzarmi la guancia.
Dopo qualche secondo, il cervello si decise a dare finalmente segni di vita e io misi fine a quel contatto che non ci sarebbe dovuto mai essere.
“Ah… Suppongo facciate così nel Bronx, giusto?” Dissi alzando il sopracciglio sinistro.
“Tu…? Beh, sì, cioè giusto.”
“In difficoltà, novellino? Sappi che se vuoi giocare io sono più brava di te.”


Justin’s.


L’avevo appena baciata, senza chiederle il permesso, così, di punto in bianco.
Nessuno schiaffo, nessun calcio nei gioielli… Non sembrava affatto una facile nonostante questo, non ai miei occhi.
Questa ragazza mi intrigava da pazzi, era troppo complicata e misteriosa, e non la conoscevo da neppure un giorno.
“Io? In difficoltà? Gioco da quando ero ancora un feto, ragazzina… E non a carte.”
“E sentiamo… A cosa, ai power ranger?” Mi provocò lei.
“No, un gioco da tavolo che preferisco giocare a letto, ma se preferisci il tavolo non c’è problema,  mi piacciono le posizioni strane.” 
Le feci l’occhiolino ma di tutta risposta lei mi rise in faccia.
“Non fare il puttaniere con me, tanto non attacca, ci sono tante troiette in questo istituto, e io non faccio parte di quella categoria.” Era piuttosto agitata, nervosa, non lo so.
No piccola, non ti scaldare.
Abbozzai un leggero sorriso, poi le sussurrai: “Per questo mi attiri.”

***

hi beautiful ladieesssssss.
spero davvero che vi piaccia questa ff perché è quello lo scopo per cui l'ho scritta, non avrebbe senso continuare altrimenti, no? uù
è per questo che vi chiedo di lasciare una ppppiccola recensione, giusto per farmi sapere cosa ne pensate. *occhidolci* (?)
accetto anche le critiche negative, anche se spero che non faccia così tanto cagare çç,

se non riceverò recensioni o se ne riceverò solo di negative abbandonerò la storia... davanti ad un monastero di suore... sotto la pioggia... e la grandine... 
no ok tornando serie, il banner sopra l'ho fatto io quindi non lo fottete anche perché non è che sia chissà che cosa.
al prossssimo capitolo.<3
-valeria.

 

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


Justin’s.


La vidi imprecare contro la macchinetta, che probabilmente le aveva mangiato i soldi per l’ennesima volta. Era così buffa… Ma allo stesso tempo estremamente sensuale.
Era decisamente eccitante avere quella visuale del suo fondoschiena ma il fatto di non poterlo toccare era davvero frustrante.
“Credo che tu ti sia appena aggiudicata il titolo di novellina, Cooper.” Le sussurrai a pochi centimetri dall’orecchio.
Credo non si fosse accorta della mia presenza alle sue spalle, non se lo aspettava, fece infatti cadere a  terra un paio di monetine, probabilmente dallo spavento, poi si voltò all’improvviso tentando di ricomporsi imbarazzata.
“Chi sei tu per dire che sono io la novellina? Perché non torni in Canada, pft, odio quel posto.” Incrociò le braccia sul petto, poi mi diede le spalle, senza rivolgermi più parola.
Continuava a premere a caso i tasti della macchinetta, ma invano, perché quell’ammasso di ferraglia sembrava deciso a non cedere.
“Ti sei svegliata male o hai le mestruazioni?” Azzardai.
“Oh cazzo, perché per voi maschi, se una ragazza è nervosa deve per forza avere il ciclo?”
Mestruazioni. Ora è sicuro.
“Non c’è un perché, è così è basta.”


Madison’s.

“Non è colpa mia, ci sono due fidanzatini davanti alle macchinette e non sono ancora riuscito a prendere niente, te la porto fra qualche minuto la merenda.”
Agghiacciai all’istante. Justin se ne accorse e cercò di trattenere le risate. Idiota.
“Non ho più fame.”
“Aspetta Cooper, ti sei dimenticata i soldi a terra!” Sentii i suoi passi dietro di me, con tutta probabilità mi stava inseguendo con quella sua camminata da pinguino. L’idea mi fece scappare un sorrisino idiota che decisi abolire all’istante. Quel tipo non lo conoscevo neppure e tentava in tutti i modi di prendersi gioco di me… Beh, non bastava questo?
“Credi me ne possa fottere qualcosa di quei due spiccioli?”
Gli risposi acida.
“Ehi si può sapere che ti prende?” Inarcò il sopracciglio sinistro provocando così delle piccole fossette sulla fronte.
Sembra quasi sia fatto di  ceramica, come può essere così… Oddio no, che diavolo di pensieri, mi sento il cervello esplodere, e non riesco a capire perché ho questo strano presentimento che le mie guance siano color porpora in questo istante. Dannazione, mi odio, è ufficiale.
“Niente, non mi prende niente.” Sbottai nervosa.
Continuavo a camminare svelta per i corridoi con il biondino a fianco. Nessuno dei due scuciva una parola e stavo quasi per invitarlo a lasciarmi sola quando interruppe i miei pensieri.
“Sei un cubo di rubik, io non riesco a…” Lo interruppi all’istante, alzando il tono della voce in modo da sovrastare la sua: “Senti, se non ti vado bene lasciami perdere, non ho bisogno di te, novellino.” Non so perché reagii in quel modo. Ero nervosa quella mattina… Solite discussioni con papà.
All’improvviso scoppiò in una leggera risata, poi disse: “Io amo i cubi di rubik.”
Quell’espressione seria e risoluta sul mio volto scomparve, per dare spazio ad un dolce sorriso. Era sincero, almeno questo lo avevo capito.
Continuava a guardarmi, come se si aspettasse una risposta, o meglio, la pretendesse.
“Ora è meglio se vada a lezione, fra poco finisce l’intervallo e inglese avanzato mi aspetta… A dopo Justin.”
Dissi prima di regalargli uno dei miei migliori sorrisi, uno di quelli sinceri, d’altronde era stato carino nei miei confronti.
“Aspetta!”
Sentii afferrarmi il polso e fui costretta a girarmi.
“Che c’è?” Lo guardai stranita.
“Anche io ho inglese avanzato, adesso.”
“Ah, perfetto.”
Roteai gli occhi e lo afferrai per l’indice della mano, trascinandomelo per i corridoi sotto lo sguardo attonito di molti.
Mi voltai verso Justin scorgendo il suo sorriso malizioso stampato in viso, così mi decisi a mollare la presa.

“Chi è il ragazzo che sta con la Cooper?”
“Però, mica male il biondino, ma chi è?”
“Tette, culo, tette, culo, tette, Cooper.”
Patetico.
Scossi energicamente il capo già chino prima di entrare finalmente in aula.

Presi posto e Justin mi affiancò in quel banco vuoto, come se fossi stata io a chiedergli esplicitamente di farlo.
“Vedo che sei molto apprezzata… Dai ragazzi di questa scuola intendo.”
“Beh, non mi interessa di ciò che pensano gli altri sul mio conto.”
Feci spallucce e cominciai a scarabocchiare sulle pagine ancora candide del mio nuovo quaderno degli appunti. Avrei fatto di tutto pur di non incontrare il suo sguardo, perché ogni volta che succedeva, accadevano cose strane in me…
“Non ti fa piacere… piacere?”
Mi chiese stupito.
“Non piacere a certi ragazzi. Mi guardano come se… Non lo so, mi sento sotto pressione e le mie insicurezze vengono a galla, e io odio quando accade. È così strana come cosa?”
Oddio cosa ho detto. A chi l’ho detto e soprattutto perché l’ho fatto?
“Suppongo di no.”
Rispose sicuro.
In quel momento ebbi paura che andasse a spifferare quello che gli avevo confidato al resto della scuola, poi trovai il modo di scacciare via quel pensiero.
“Cosa c’è che non va allora?”
Gli chiesi curiosa. Lui mi dava del “cubo di rubik”, ma forse non si rendeva conto di quanto misterioso e difficile da comprendere poteva essere.
“Beh… Troppi ragazzi che ti ronzano intorno, dovrò trovare un modo per far capire agli altri che sei una mia preda.”
Calcò bene sulla penultima parola e poi si voltò verso la finestra a fissare qualcosa a me impercettibile.
Io? Una sua preda? Avvampai all’istante. Solitamente io ero la ragazza stronza, mi piaceva anche fare la parte della dura, però quel fottuto biondino mi stava facendo andare in merda. Svuotai la mente da tutti quegl’inutili pensieri e risposi: “Ehi, frena novellino, io non sono la preda di nessuno, tantomeno tua.”
“Pensavo fossimo arrivati alla fase Justin, novellino mi sa tanto da pivello…” Sbuffò prima di passarsi una mano fra le ciocche color del grano.
“Beh non è quello che sei?”
Lo provocai.
Si concesse un breve ghigno, poi si voltò verso di me con sguardo serio, e molto lentamente si avvicinò sempre di più.
Dio, il mio cuore. È come se abbia appena afferrato le valige gridando “Io parto per i Caraibi, gente!”.
Mi sta per baciare per la seconda volta, ok, ora ne sono certa. E non sono l’unica ad essersene accorta, Cher, (mia acerrima nemica, nonché capo cheerleader) è appena entrata in classe, e a quanto pare è più sorpresa di me dal gesto del biondo a pochi centimetri da me.
Justin, già… I nostri nasi si sfiorano, voglio dire, per quale motivo un ragazzo si avvicina in quel modo ad una ragazza? Per canticchiarle la Macarena?
E perché diavolo non dico niente? Da una parte vorrei stampargli una cinquina in viso, a costo di farmi male ad una mano, mentre dall’altra mi ripeto “Ancora due secondi e lo faccio”. Peccato che quei due secondi stiano durando fin troppo...
“Suppongo di non esserlo per te.” Tenne lo sguardo fisso sul mio viso per tre secondi buoni (si, conto i secondi, problem?) fino a quando il professor Brown irruppe in classe come di sua abitudine. Justin si ricompose con calma, come se avesse previsto tutto nei minimi dettagli, mentre il mio cuore aveva appena deciso di andarci di corsa ai Caraibi, annientando la mia povera cassa toracica.
Non riuscivo a capire se il mio battito fosse così accelerato a causa del professor Brown che era entrato all’improvviso, o del biondino che mi ritrovavo a fianco. Mi sarei odiata in entrambi i casi, quindi cercai di smetterla di pensarci e concentrarmi sulla lezione appena iniziata.
Esatto, cercai, perché mi fu davvero impossibile non sentire lo sguardo di Justin pesarmi addosso come un enorme macigno. E la cosa peggiore poi, fu che non gli dissi nulla, feci come se non l’avessi notato, mentre dentro di me desideravo ardentemente risultare il più bella e interessante possibile ai suoi occhi. Patetica.
L’ora trascorse lentamente, la lezione noiosa del professor Brown non rese il tutto più semplice, anzi…

Era strano, non conoscevo quasi nulla di lui, eppure mi sentivo dannatamente attratta da quel ragazzo, e nonostante i tentativi che feci per allontanarmici, mi ritrovai sempre in quello stesso banco ad inglese avanzato, o alle macchinette, con la sola speranza di ritrovarmelo dietro. Perché? Non ne idea, e intendiamoci, non ci tengo a saperlo.



Lunedì,
Martedì, Mercoledì, Giovedì…
Una settimana dopo.


 

“Ieri le cheerleader stavano già mettendo gli artigli addosso a Justin, quanto odio quelle arpie...” Sbottai infilandomi anche la seconda scarpa.
La mia migliore amica mi guardò subito con aria stranita, poi alzò un sopracciglio in segno interrogativo.
“Cioè, non pensare che mi piaccia, ti sbagli Becky, è solo che mi da fastidio questa loro possessività nei confronto di tutti i ragazzi carini della scuola.” Mi giustificai.
Ok ho detto davvero “ragazzi carini” riferendomi anche a Justin? Voglio evaporare.
“Pensare che ti piaccia? Io non l’ho mai fatto, tu invece?” Chiese lei maliziosa.
“Stai scherzando, spero.”

“Non è affatto male il ragazzo, se non ci pensi tu potrei anche…” La interruppi.
“Becky!” Esclamai con gli occhi sgranati dallo stupore.
“Ok, scherzavo! È tutto tuo, tranquilla.”
“Non è che è tutto mio, è che…”
“È tutto chiaro, non aggiungere altro Madison.”
Mi interruppe lei prima di farmi l’occhiolino.
Era per questo che l’amavo, dannazione mi conosceva meglio di quanto io conoscessi me stessa!
Raccolsi lo zaino da terra e insieme a Becky mi diressi a scuola, non a conoscenza di quanto sarebbe stato sconvolgente ciò che mi aspettava…


***


hi ladiesss.
prima di ogni cosa vorrei ringraziare tutte le faighe che hanno letto, recensito o aggiunto ai preferiti questa ff, per me significa il mondo. fdvnjhvnf. c: grazie mille davvero.
non voglio farvi perdere troppo tempo, sappiate però che presto succederà una cosa un po’… scioccante. (?) fra justin e madison ovviamente.
non anticipo altro, alla prossima belle, recensite e fatemi sapere cosa ne pensate, se no non continuo. uù
-valeria.


ah, questa è una foto di come mi immagino la bellissima Madison Cooper. c:

 madison cooper.


ovviamente questo è Justin. uù
justin c:

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