Fatti di Melitot Proud Eye (/viewuser.php?uid=1469)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Convalescenza, questa sconosciuta ***
Capitolo 2: *** Ricordi di una star ***
Capitolo 3: *** Una seconda occasione (mai facile) ***
Capitolo 4: *** L'altra metà ***
Capitolo 5: *** In cui di due cervelli non se ne fa neanche mezzo ***
Capitolo 1 *** Convalescenza, questa sconosciuta ***
Nota:
questa raccolta di flashfic senza pretese vuole essere un
omaggio all'amicizia di Peter, Harry e Mary Jane e a quello che avrei
voluto fosse il finale del terzo film. Inutile dire che, quindi, si
tratta di what-if. Sembra che ultimamente il genere mi sia molto caro!
La doppia shot
Promesse può esser
considerata un prologo. Lo so che non l'ho ancora terminata, ma
l'ispirazione per editarla non arriva e, comunque, queste flash potete
leggerle anche senza passare prima da quella. Vi basti sapere che Harry
è sopravvissuto allo scontro con Venom.
Buona lettura
:)
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Fatti
I
Convalescenza, questa
sconosciuta
Appena un mese
d'acqua sotto i ponti, ma sembrano dieci. Da quando l'hanno dimesso
Harry si sottopone a una marea di controlli, prende
un'infinità di
pasticche, fa fisioterapia intensiva, è persino seguito da
uno
strizzacervelli. (Per superare il trauma. Poh.) E' una processione
interminabile di ambulatoi e antisettici, ai quali si ribellerebbe
anche un ragazzo con un'infanzia molto meno sportiva della sua; ma
lui resiste. E' a tanto così dallo strapparsi i capelli, o
dallo
strozzarli. O tutt'e due. Ma resiste.
Visti gli
incidenti che ha superato il
suo corpo è tutto buono e comprensibile, infatti –
ma porca
puttana.
Tempo, dicono
gli specialisti. Tempo e
riguardo. Tempo e pazienza di
santo, piuttosto.
Potrebbe anche
farcela. Sono riservati,
i medici da mille dollari l'ora, e non lo spiano in casa sua. Il buon
Peter e Mary Jane, invece...
(Enfatizzare
il primo, per favore.)
I suoi
migliori amici non sprizzano
gioia nel vederlo lavorare fino a tarda notte, pur sapendo che ha
medici da mille l'ora in fattura utenze e un'azienda da soccorrere.
Sprizzano tranquillanti. Schiuma. Talvolta ragnatele sonnifere.
Li ama, ma
ancora una volta: porca
puttana.
Non è un invalido (oltre il 30%; per ora). Ha
perso il conto delle volte in cui, di straforo tra un incendio e una
rapina a mano armata, Peter ha ficcato la testa dentro le finestre
del suo studio per rompergli le palle e mandarlo a letto. Poi si
lamenta che gli fa certi scherzetti.
Peter ha perso
il conto delle volte in
cui ha ficcato la testa nelle finestre dello studio di villa Osborn e
beccato Harry alla scrivania, mattina pomeriggio o notte fonda, occhi
gonfi e faccia da zombie. Né è particolarmente
contento di scoprire
che quel testardo rifiuta l'uso di una sedia a rotelle. Santo cielo,
sarebbe solo per qualche mese.
Quello che
più lo fa incazzare, però,
è vederlo di nuovo in quella tuta, a provare uno di quegli
aggeggi
volanti, quando sta a malapena in piedi.
Attaccato al
soffitto dell'atrio, punta
la sagoma in movimento e desidera spaccare qualcosa. Possibilmente la
faccia di Harry (se non fosse terapia-controproducente).
Non ne ha il
tempo. Con una sbandata,
Harry prende di striscio il lampadario veneziano e perde il contatto
con l'airboard, che prosegue il suo viaggio.
«Ah!»
Goblin Jr.
comincia a precipitare verso
la balaustra delle scale. L'airboard vira in automatico per
raggiungerlo – non ce la farà, e accade tutto
così in fretta che
Peter ha appena il tempo di sentire il cuore scedergli nei piedi e
rimbalzargli in gola.
E reagire,
naturalmente.
Fulmineo,
stacca le mani dal soffitto e
tesse una tela larga quanto l'intera stanza. Dev'essere un record:
neppure contro Goblin era stato così veloce, anche se
ammette che
l'aspetto non è granché.
Un istante
dopo, Harry ci casca dentro.
Quando finisce di dondolare, i loro occhi s'incontrano.
Saluto
militare. «Ciao, Spidey.»
«"Ciao"
un corno.» Peter si
cala verso il basso, appeso a un filo, e si toglie la maschera per
assicurarsi che il senso della frase sia chiaro. «Credevo
avessimo
già discusso di queste stronzate. Vuoi ammazzarti?»
Il rimprovero
di un pendolo rossoblu
dev'essere inefficace, perché passato lo spavento Harry
scoppia a
ridere.
«Ti
è mai venuto in mente che so
quando ci sei, Pete? Non rischio un accidente.»
«Ah.»
«Sei
un ottimo salvavita.»
«Divertente»
fa lui, caustico. «Prima
di ringraziarti dei capelli bianchi, posso ricordarti che testa rotta
o meno quel contorcersi non fa bene alle ferite?»
«Certo
che puoi.»
«Ma
non otterrò niente...»
Harry si fa
serio. Allarga le braccia
in segno di resa. «Mi sento esplodere di energia, Pete. Come
se
avessi addosso un formicaio. Certi giorni sono peggio degli altri, se
non mi muovo impazzisco.»
Peter sospira.
Rilascia la ragnatela e
atterra sul pavimento, evitando la rete di salvataggio con una
capriola. «Dai, ti aiuto a scendere.»
«...Ok.»
«Voltati
sulla pancia.»
Harry ci
prova, ma il suo costume è
rimasto incollato e il reticolo di seta lo tira indietro.
«Ugh.»
«No,
aspetta–» agitarsi di braccia
«piano–»
scalciare. «Har–»
«Che
palle!»
Harry
dà uno strattone troppo forte,
ed è fatta: il movimento innesca una rotazione che lo
insacca come
una mosca, fra rumore di tiranti e di stucco sbriciolato. Peter non
riesce a trettenere un sogghigno.
«Wow.»
«Non
ci trovo niente di divertente.
Disfa il tuo lavoro, ti spiace?»
«Forse.
Ora che ci penso, potrei
tenerti qui finché non giuri di piantarla con le bravate.
Tanto non
ho fretta.»
Harry lo
fulmina con gli occhi. «Tu
hai sempre fretta,
Peter.»
«Non
oggi.»
«Avanti–»
«Hm?»
Un sospiro.
«D'accordo: pizzica.»
«Non
è quel che volevo sentire.»
«E
mi si sta fondendo alla faccia.»
«Haha.»
Porca. Vacca.
«Vuoi una bomba zucca in
fronte, Parker?»
Nella vita gli
son stati rivolti
sorrisi più rassicuranti. «Oh, passiamo alle
minacce? Non sei nella
posizione più adatta, Osborn.»
Poi il sorriso
ingentilisce, si fa un
po' colpevole, e Harry viene sorretto da un braccio rosso mentre
l'altro strappa un lato dell'amaca. Districarlo dalla ragnatela,
però, è meno facile di quanto pensassero.
«Dio,
Peter» esclama, sputando un
filamento e allargando le braccia con un rumore di mastice che si
dilata. «Potevi farla meno appiccicosa!»
«Per
cosa mi hai preso, per
un'industria tessile?»
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Capitolo 2 *** Ricordi di una star ***
II
Ricordi
di una star
Mary Jane alla fine ci riesce: torna a
cantare sul palcoscenico di Broadway, prima da comparsa (gavetta,
gavetta che non finisce mai) poi da stella e, anche quando in platea
mancano due volti noti, non può fare a meno di tornare col
pensiero
a qualche anno prima. Due, tre... la vita non scorre senza intoppi,
ma da quando Harry e Peter si sono ritrovati – da quando
Harry è
tornato – tenere il conto del tempo è diventato
difficile. La
serenità fa strani scherzi.
La vita fa strani scherzi.
Ora quei due, come nessuno avrebbe più
creduto possibile, collaborano e si difendono e si crescono a
vicenda, un sodalizio che non s'illude di essere perfetto ma lavora
al compromesso in nome dell'amicizia. La città è
più tranquilla, e
così lei quando Peter esce nel cuore della notte. Certo il
crimine
si riprenderà, spunteranno nuove minacce, ma loro due
saranno
pronti.
Seduta nel suo camerino, muove le dita
per catturare la luce ambrata con la fede. Sorride, poi arrivano a
chiamarla e si alza.
Sembra ieri che camminava verso il suo
debutto, due bouquet davanti allo specchio e tante delusioni in
attesa; ieri che guardava Peter negli occhi per trovarvi dolore e
lontananza.
«Vuoi mettermi da parte?»
«Lo sai cos'è questo? Cosa voglio
per noi?»
E poi Harry, così lontano.
«Cos'è successo fra voi due?»
«...E' complicato.»
Ah, "complicato" non era il
termine giusto, ma ammette che al suo posto non sarebbe stata in
grado di trovarne un altro.
Norman Osborn era stato il volto sotto
la maschera di Goblin. Norman, il padre dell'amico
che, per
pochi mesi, aveva pensato di poter sposare; lo scienziato che Peter
aveva ammirato, il mecenate che aveva aiutato un ragazzo povero e
brillante per generosità. L'uomo che l'aveva guardata in
modo tanto
offensivo...
Il mostro che l'aveva lasciata
precipitare dal ponte, incontro alla morte.
Sono momenti che non le piace
ricordare, ma non può cancellare – ed è
meglio così, perché
senza non potrebbe capire Peter, Harry e il loro rapporto. Senza, non
sarebbe la persona che è.
(E potrebbe rilassarsi, dimenticando
quali siano i rischi di una vita con Spiderman.)
Un'amica nota il suo silenzio e le
tocca una spalla, offrendole un sorriso preoccupato. E' quasi ora di
entrare in scena.
Mary Jane ricambia il sorriso.
Basta coi musi, MJ. E' passato, e
quel che verrà non è ancora arrivato. Oggi la
vita è splendida!
Irrompe sul palcoscenico e inizia a
cantare, aprendo le braccia verso il pubblico.
Canta per Peter, per Harry, per se
stessa.
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Disclaimer:
non ho diritti su Spiderman, né fumetto né film.
Mi diverto solo un po' coi personaggi, come tanti prima di me (sperando
di far passare qualche minuto piacevole anche agli altri fan ;)
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Capitolo 3 *** Una seconda occasione (mai facile) ***
III
Una
seconda occasione (mai facile)
Ci
sono giorni in cui Harry sente di
poter affrontare qualsiasi cosa.
Giorni in cui
scoppia di salute,
buonumore, intuizione, ed è a suo agio ovunque. Il sole
batte
luminoso sulle finestre dello studio, mentre i problemi si risolvono
da soli.
Ma
ci sono anche giorni (soprattutto
certi anniversari) in cui qualcuno, lassù, decide di
filtrare i
colori del mondo sui grigi di un horror gotico: allora il background
si trasforma in cortina plumbea, fuori si addensano le nubi e la
grandine scalfisce i parapetti della terrazza, incrinando qualche
vetro. La casa sembra quella che era prima delle ristrutturazioni
–
un museo mancato, terra di fantasmi.
Balenano le
ombre di maschere che non
esistono più, la fronte si fa madida di sudore. Harry
s'affretta a
lasciare la stanza, computer acceso e conti aperti.
A
volte basta quello; due chiacchiere
al telefono o una birra in cucina con Bernard.
A volte no.
Lo
studio lo trattiene. I muscoli delle
gambe gli cedono con uno spasmo, la testa sembra esplodergli. Deve
aggrapparsi al bordo della prima cosa che capita e chiudere gli
occhi, sperando che passi presto; pregando che a Peter (a chiunque)
capiti di trovarlo.
Quando non
succede, maledice se stesso
per aver distrutto gli ultimi flaconi di incrementatori –
anche se
non ne ha più bisogno dopo il "Dottor Frankenstein"; anche
se ha un'idea molto chiara di quel che gli farebbero, dovessero
esserci... e il pensiero di Goblin, quello vero, gli strappa un altro
brivido.
Maledice
se stesso e suo padre e tiene
duro, perché sa di dover essere migliore di lui. Di avere
una vita
da vivere, persone da proteggere, una seconda occasione da cercare.
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Capitolo 4 *** L'altra metà ***
Note:
per gli appassionati Marvel: sono caduta nel vortice Thor-Avengers, per
cui aspettatevi qualcosina da quell'universo! Niente di stratosferico,
ma dopo lungo blocco dello scrittore sono già contenta...
E sì, mi rendo conto che in questa raccolta di flash ci sto
andando pesante con Harry, sia dal punto di vista narrativo sia da
quello della presenza XD ho scavalcato un po' Pet ed MJ, ma che ci
volete fare. Adoro il ragazzo.
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IV
L'altra
metà
Harry sa cosa vuol dire sentirsi
soli.
Dopo sua madre, prima di Peter e Mary
Jane... nessun amico, un padre assente, una casa troppo grande. Poi
un padre morto, un impero in crisi e solo Bernard a non farlo sentire
un fantasma – non all'altezza, non all'altezza dei bisogni di
un
ragazzo, pover'uomo, ma che Dio lo benedica per la sua
fedeltà.
Col tempo, Harry ha imparato a
nascondere l'alone della solitudine e si è sforzato di
espandere le
sue amicizie (d'affari). Quella di Goblin non è l'unica
maschera che
ha indossato nella vita, per fortuna. Ma il senso di vuoto non se ne va, neppure
quando lui raggiunge il successo e il suo nome viene osannato dai
mass media. Neppure quando muore senza morire e si sveglia in un
laboratorio sotterraneo, apre gli occhi, vede Spiderman e capisce che
l'amicizia con Peter è suturata come le ferite che aveva sul
(nel)
petto. Delicata ma sana, disposta a rafforzarsi.
Benché Peter ed MJ gli vogliano bene,
si appartengono l'un l'altro: il trio ha, inevitabilmente, nuove
distanze al suo interno, le dinamiche si sono riorganizzate. Col
passare lento e guaritore del tempo, Harry capisce di desiderare per
sé lo stesso tipo di compagno – qualcuno che
guardi oltre abiti e
alter ego e veda solo lui.
Qualcuno che dica "sei così, lo
so, va bene. Accetto tutto".
E dispera di trovarlo. In fondo, è
sempre stato solo. Non interrompi lo schema di un'intera esistenza da
un giorno all'altro.
Eppure è più forte di lui e cerca
ugualmente, ancora e ancora e ancora, chiudendo gli occhi davanti
alle delusioni.
E' inutile, Osborn, dice
la voce di Goblin. Non è stata creata
una metà per te.
Era un'impresa troppo complessa.
Poi, un mattino, gli presentano
Elizabeth Allen.
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Capitolo 5 *** In cui di due cervelli non se ne fa neanche mezzo ***
Note: rieccomi, stavolta
senza angst e con molta scemenza ;) Una vignetta senza pretese...
povera MJ.
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V
In
cui di due cervelli non se ne fa neanche mezzo
Sì,
insieme Harry e Peter formano una
squadra formidabile. Sì, sanno migliorarsi, controllarsi e
pararsi
il culo a vicenda nel modo più esemplare. E sì,
ovviamente vederli
così riempie Mary Jane di gioia.
Per sfortuna, le mirabilia della
loro fratellanza si estendono anche al regno dello scherzo e
dell'insulto: quando decidono di rompere le palle all'altro (Dio non
voglia arrivare alle mani, per il bene della città), non
c'è "ma"
che tenga. E le figuracce fioccano.
Stavolta il trio cena fuori.
«Hey, ladro!»
«Cosa?»
«Quella fetta era mia.»
«E' pizza al salame... son fette tutte
uguali.»
«No, ottozampe: quella ha più
formaggio. Ridammela.»
Negli occhi di Peter si accende una
luce. «Senti, gnomo...»
«Gnomo?»
Con un sorriso indisponente, Pete
stacca un morso dalla fetta, masticando di gusto. «Ormai
è mia.
Spiacente.»
Senza preavviso, sopra il tavolino del
fast food partono forchettate che sembrano colpi di sciabola; la
fetta prende il volo per finire in mano a Harry, che assaggia.
«Hmm,
buona.»
Al secondo boccone, però, una
ragnatela discreta gliel'ha fregata.
«Graziee.»
«Brutto arrampicamuri figlio di una
buona–» fa Harry, prendendo una manciata di popcorn
per munizione
e alzandosi in piedi.
Li fissa mezzo locale.
MJ si copre la faccia, incredula. «Non
esco più con voi due.»
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