Fatti

di Melitot Proud Eye
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Convalescenza, questa sconosciuta ***
Capitolo 2: *** Ricordi di una star ***
Capitolo 3: *** Una seconda occasione (mai facile) ***
Capitolo 4: *** L'altra metà ***
Capitolo 5: *** In cui di due cervelli non se ne fa neanche mezzo ***



Capitolo 1
*** Convalescenza, questa sconosciuta ***


Nota: questa raccolta di flashfic senza pretese vuole essere un omaggio all'amicizia di Peter, Harry e Mary Jane e a quello che avrei voluto fosse il finale del terzo film. Inutile dire che, quindi, si tratta di what-if. Sembra che ultimamente il genere mi sia molto caro!
La doppia shot Promesse può esser considerata un prologo. Lo so che non l'ho ancora terminata, ma l'ispirazione per editarla non arriva e, comunque, queste flash potete leggerle anche senza passare prima da quella. Vi basti sapere che Harry è sopravvissuto allo scontro con Venom.
Buona lettura :)
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Fatti



I
Convalescenza, questa sconosciuta



Appena un mese d'acqua sotto i ponti, ma sembrano dieci. Da quando l'hanno dimesso Harry si sottopone a una marea di controlli, prende un'infinità di pasticche, fa fisioterapia intensiva, è persino seguito da uno strizzacervelli. (Per superare il trauma. Poh.) E' una processione interminabile di ambulatoi e antisettici, ai quali si ribellerebbe anche un ragazzo con un'infanzia molto meno sportiva della sua; ma lui resiste. E' a tanto così dallo strapparsi i capelli, o dallo strozzarli. O tutt'e due. Ma resiste.
Visti gli incidenti che ha superato il suo corpo è tutto buono e comprensibile, infatti – ma porca puttana.
Tempo, dicono gli specialisti. Tempo e riguardo. Tempo e pazienza di santo, piuttosto.
Potrebbe anche farcela. Sono riservati, i medici da mille dollari l'ora, e non lo spiano in casa sua. Il buon Peter e Mary Jane, invece...
(Enfatizzare il primo, per favore.)
I suoi migliori amici non sprizzano gioia nel vederlo lavorare fino a tarda notte, pur sapendo che ha medici da mille l'ora in fattura utenze e un'azienda da soccorrere. Sprizzano tranquillanti. Schiuma. Talvolta ragnatele sonnifere.
Li ama, ma ancora una volta: porca puttana. Non è un invalido (oltre il 30%; per ora). Ha perso il conto delle volte in cui, di straforo tra un incendio e una rapina a mano armata, Peter ha ficcato la testa dentro le finestre del suo studio per rompergli le palle e mandarlo a letto. Poi si lamenta che gli fa certi scherzetti.

Peter ha perso il conto delle volte in cui ha ficcato la testa nelle finestre dello studio di villa Osborn e beccato Harry alla scrivania, mattina pomeriggio o notte fonda, occhi gonfi e faccia da zombie. Né è particolarmente contento di scoprire che quel testardo rifiuta l'uso di una sedia a rotelle. Santo cielo, sarebbe solo per qualche mese.
Quello che più lo fa incazzare, però, è vederlo di nuovo in quella tuta, a provare uno di quegli aggeggi volanti, quando sta a malapena in piedi.
Attaccato al soffitto dell'atrio, punta la sagoma in movimento e desidera spaccare qualcosa. Possibilmente la faccia di Harry (se non fosse terapia-controproducente).
Non ne ha il tempo. Con una sbandata, Harry prende di striscio il lampadario veneziano e perde il contatto con l'airboard, che prosegue il suo viaggio.
«Ah!»
Goblin Jr. comincia a precipitare verso la balaustra delle scale. L'airboard vira in automatico per raggiungerlo – non ce la farà, e accade tutto così in fretta che Peter ha appena il tempo di sentire il cuore scedergli nei piedi e rimbalzargli in gola.
E reagire, naturalmente.
Fulmineo, stacca le mani dal soffitto e tesse una tela larga quanto l'intera stanza. Dev'essere un record: neppure contro Goblin era stato così veloce, anche se ammette che l'aspetto non è granché.
Un istante dopo, Harry ci casca dentro. Quando finisce di dondolare, i loro occhi s'incontrano.
Saluto militare. «Ciao, Spidey.»
«"Ciao" un corno.» Peter si cala verso il basso, appeso a un filo, e si toglie la maschera per assicurarsi che il senso della frase sia chiaro. «Credevo avessimo già discusso di queste stronzate. Vuoi ammazzarti?»
Il rimprovero di un pendolo rossoblu dev'essere inefficace, perché passato lo spavento Harry scoppia a ridere.
«Ti è mai venuto in mente che so quando ci sei, Pete? Non rischio un accidente.»
«Ah.»
«Sei un ottimo salvavita.»
«Divertente» fa lui, caustico. «Prima di ringraziarti dei capelli bianchi, posso ricordarti che testa rotta o meno quel contorcersi non fa bene alle ferite?»
«Certo che puoi.»
«Ma non otterrò niente...»
Harry si fa serio. Allarga le braccia in segno di resa. «Mi sento esplodere di energia, Pete. Come se avessi addosso un formicaio. Certi giorni sono peggio degli altri, se non mi muovo impazzisco.»
Peter sospira. Rilascia la ragnatela e atterra sul pavimento, evitando la rete di salvataggio con una capriola. «Dai, ti aiuto a scendere.»
«...Ok.»
«Voltati sulla pancia.»
Harry ci prova, ma il suo costume è rimasto incollato e il reticolo di seta lo tira indietro. «Ugh.»
«No, aspetta–» agitarsi di braccia «piano–» scalciare. «Har–»
«Che palle!»
Harry dà uno strattone troppo forte, ed è fatta: il movimento innesca una rotazione che lo insacca come una mosca, fra rumore di tiranti e di stucco sbriciolato. Peter non riesce a trettenere un sogghigno.
«Wow.»
«Non ci trovo niente di divertente. Disfa il tuo lavoro, ti spiace?»
«Forse. Ora che ci penso, potrei tenerti qui finché non giuri di piantarla con le bravate. Tanto non ho fretta.»
Harry lo fulmina con gli occhi. «Tu hai sempre fretta, Peter.»
«Non oggi.»
«Avanti–»
«Hm?»
Un sospiro. «D'accordo: pizzica.»
«Non è quel che volevo sentire.»
«E mi si sta fondendo alla faccia.»
«Haha
Porca. Vacca. «Vuoi una bomba zucca in fronte, Parker?»
Nella vita gli son stati rivolti sorrisi più rassicuranti. «Oh, passiamo alle minacce? Non sei nella posizione più adatta, Osborn.»
Poi il sorriso ingentilisce, si fa un po' colpevole, e Harry viene sorretto da un braccio rosso mentre l'altro strappa un lato dell'amaca. Districarlo dalla ragnatela, però, è meno facile di quanto pensassero.
«Dio, Peter» esclama, sputando un filamento e allargando le braccia con un rumore di mastice che si dilata. «Potevi farla meno appiccicosa!»
«Per cosa mi hai preso, per un'industria tessile?»

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Capitolo 2
*** Ricordi di una star ***




II
Ricordi di una star




Mary Jane alla fine ci riesce: torna a cantare sul palcoscenico di Broadway, prima da comparsa (gavetta, gavetta che non finisce mai) poi da stella e, anche quando in platea mancano due volti noti, non può fare a meno di tornare col pensiero a qualche anno prima. Due, tre... la vita non scorre senza intoppi, ma da quando Harry e Peter si sono ritrovati – da quando Harry è tornato – tenere il conto del tempo è diventato difficile. La serenità fa strani scherzi.
La vita fa strani scherzi.
Ora quei due, come nessuno avrebbe più creduto possibile, collaborano e si difendono e si crescono a vicenda, un sodalizio che non s'illude di essere perfetto ma lavora al compromesso in nome dell'amicizia. La città è più tranquilla, e così lei quando Peter esce nel cuore della notte. Certo il crimine si riprenderà, spunteranno nuove minacce, ma loro due saranno pronti.
Seduta nel suo camerino, muove le dita per catturare la luce ambrata con la fede. Sorride, poi arrivano a chiamarla e si alza.
Sembra ieri che camminava verso il suo debutto, due bouquet davanti allo specchio e tante delusioni in attesa; ieri che guardava Peter negli occhi per trovarvi dolore e lontananza.

«Vuoi mettermi da parte?»
«Lo sai cos'è questo? Cosa voglio per noi?»

E poi Harry, così lontano.

«Cos'è successo fra voi due?»
«...E' complicato.»

Ah, "complicato" non era il termine giusto, ma ammette che al suo posto non sarebbe stata in grado di trovarne un altro.
Norman Osborn era stato il volto sotto la maschera di Goblin. Norman, il padre dell'amico che, per pochi mesi, aveva pensato di poter sposare; lo scienziato che Peter aveva ammirato, il mecenate che aveva aiutato un ragazzo povero e brillante per generosità. L'uomo che l'aveva guardata in modo tanto offensivo...
Il mostro che l'aveva lasciata precipitare dal ponte, incontro alla morte.
Sono momenti che non le piace ricordare, ma non può cancellare – ed è meglio così, perché senza non potrebbe capire Peter, Harry e il loro rapporto. Senza, non sarebbe la persona che è.
(E potrebbe rilassarsi, dimenticando quali siano i rischi di una vita con Spiderman.)
Un'amica nota il suo silenzio e le tocca una spalla, offrendole un sorriso preoccupato. E' quasi ora di entrare in scena.
Mary Jane ricambia il sorriso.
Basta coi musi, MJ. E' passato, e quel che verrà non è ancora arrivato. Oggi la vita è splendida!

Irrompe sul palcoscenico e inizia a cantare, aprendo le braccia verso il pubblico.
Canta per Peter, per Harry, per se stessa.




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Disclaimer: non ho diritti su Spiderman, né fumetto né film. Mi diverto solo un po' coi personaggi, come tanti prima di me (sperando di far passare qualche minuto piacevole anche agli altri fan ;)

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Capitolo 3
*** Una seconda occasione (mai facile) ***



III
Una seconda occasione (mai facile)



Ci sono giorni in cui Harry sente di poter affrontare qualsiasi cosa.
Giorni in cui scoppia di salute, buonumore, intuizione, ed è a suo agio ovunque. Il sole batte luminoso sulle finestre dello studio, mentre i problemi si risolvono da soli.
Ma ci sono anche giorni (soprattutto certi anniversari) in cui qualcuno, lassù, decide di filtrare i colori del mondo sui grigi di un horror gotico: allora il background si trasforma in cortina plumbea, fuori si addensano le nubi e la grandine scalfisce i parapetti della terrazza, incrinando qualche vetro. La casa sembra quella che era prima delle ristrutturazioni – un museo mancato, terra di fantasmi.
Balenano le ombre di maschere che non esistono più, la fronte si fa madida di sudore. Harry s'affretta a lasciare la stanza, computer acceso e conti aperti.
A volte basta quello; due chiacchiere al telefono o una birra in cucina con Bernard.
A volte no.
Lo studio lo trattiene. I muscoli delle gambe gli cedono con uno spasmo, la testa sembra esplodergli. Deve aggrapparsi al bordo della prima cosa che capita e chiudere gli occhi, sperando che passi presto; pregando che a Peter (a chiunque) capiti di trovarlo.
Quando non succede, maledice se stesso per aver distrutto gli ultimi flaconi di incrementatori – anche se non ne ha più bisogno dopo il "Dottor Frankenstein"; anche se ha un'idea molto chiara di quel che gli farebbero, dovessero esserci... e il pensiero di Goblin, quello vero, gli strappa un altro brivido.
Maledice se stesso e suo padre e tiene duro, perché sa di dover essere migliore di lui. Di avere una vita da vivere, persone da proteggere, una seconda occasione da cercare.


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Capitolo 4
*** L'altra metà ***


Note: per gli appassionati Marvel: sono caduta nel vortice Thor-Avengers, per cui aspettatevi qualcosina da quell'universo! Niente di stratosferico, ma dopo lungo blocco dello scrittore sono già contenta...
E sì, mi rendo conto che in questa raccolta di flash ci sto andando pesante con Harry, sia dal punto di vista narrativo sia da quello della presenza XD ho scavalcato un po' Pet ed MJ, ma che ci volete fare. Adoro il ragazzo.
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IV
L'altra metà



Harry sa cosa vuol dire sentirsi soli.
Dopo sua madre, prima di Peter e Mary Jane... nessun amico, un padre assente, una casa troppo grande. Poi un padre morto, un impero in crisi e solo Bernard a non farlo sentire un fantasma – non all'altezza, non all'altezza dei bisogni di un ragazzo, pover'uomo, ma che Dio lo benedica per la sua fedeltà.
Col tempo, Harry ha imparato a nascondere l'alone della solitudine e si è sforzato di espandere le sue amicizie (d'affari). Quella di Goblin non è l'unica maschera che ha indossato nella vita, per fortuna. Ma il senso di vuoto non se ne va, neppure quando lui raggiunge il successo e il suo nome viene osannato dai mass media. Neppure quando muore senza morire e si sveglia in un laboratorio sotterraneo, apre gli occhi, vede Spiderman e capisce che l'amicizia con Peter è suturata come le ferite che aveva sul (nel) petto. Delicata ma sana, disposta a rafforzarsi.
Benché Peter ed MJ gli vogliano bene, si appartengono l'un l'altro: il trio ha, inevitabilmente, nuove distanze al suo interno, le dinamiche si sono riorganizzate. Col passare lento e guaritore del tempo, Harry capisce di desiderare per sé lo stesso tipo di compagno – qualcuno che guardi oltre abiti e alter ego e veda solo lui.
Qualcuno che dica "sei così, lo so, va bene. Accetto tutto".
E dispera di trovarlo. In fondo, è sempre stato solo. Non interrompi lo schema di un'intera esistenza da un giorno all'altro.
Eppure è più forte di lui e cerca ugualmente, ancora e ancora e ancora, chiudendo gli occhi davanti alle delusioni.
E' inutile, Osborn, dice la voce di Goblin. Non è stata creata una metà per te. Era un'impresa troppo complessa.

Poi, un mattino, gli presentano Elizabeth Allen.

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Capitolo 5
*** In cui di due cervelli non se ne fa neanche mezzo ***


Note: rieccomi, stavolta senza angst e con molta scemenza ;) Una vignetta senza pretese... povera MJ.
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V
In cui di due cervelli non se ne fa neanche mezzo






Sì, insieme Harry e Peter formano una squadra formidabile. Sì, sanno migliorarsi, controllarsi e pararsi il culo a vicenda nel modo più esemplare. E sì, ovviamente vederli così riempie Mary Jane di gioia.
Per sfortuna, le mirabilia della loro fratellanza si estendono anche al regno dello scherzo e dell'insulto: quando decidono di rompere le palle all'altro (Dio non voglia arrivare alle mani, per il bene della città), non c'è "ma" che tenga. E le figuracce fioccano.
Stavolta il trio cena fuori.
«Hey, ladro!»
«Cosa?»
«Quella fetta era mia.»
«E' pizza al salame... son fette tutte uguali.»
«No, ottozampe: quella ha più formaggio. Ridammela.»
Negli occhi di Peter si accende una luce. «Senti, gnomo...»
«Gnomo
Con un sorriso indisponente, Pete stacca un morso dalla fetta, masticando di gusto. «Ormai è mia. Spiacente.»
Senza preavviso, sopra il tavolino del fast food partono forchettate che sembrano colpi di sciabola; la fetta prende il volo per finire in mano a Harry, che assaggia. «Hmm, buona.»
Al secondo boccone, però, una ragnatela discreta gliel'ha fregata.
«Graziee.»
«Brutto arrampicamuri figlio di una buona–» fa Harry, prendendo una manciata di popcorn per munizione e alzandosi in piedi.
Li fissa mezzo locale.
MJ si copre la faccia, incredula. «Non esco più con voi due.»

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