Le cronache di Osaka

di reby
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


















Pioveva quella mattina di fine Ottobre quando, esausta, posai a terra le valigie davanti all'ingresso di quella che sarebbe diventata casa mia per – almeno speravo- i prossimi due anni.
Non pensavo che alla fine l'avrei fatto sul serio.
Trasferirmi intendo.
Sono sempre stata abbastanza legata alla mia città d'origine, specialmente alla mia cara Odaiba, ma le esigenze e le aspirazioni per il futuro mi hanno costretta a trasferirmi qui, ad Osaka, lontana kilometri da casa.
Non è stata una scelta facile. All'inizio non l'avevo proprio considerata, come scelta, ma dopo aver passato un intero anno cercando di adattarmi alla facoltà di Letteratura a Tokyo -con scarsi risultati- ho ripiegato.
Con mano tremante mi ritrovai a suonare il campanello stringendomi di più nel mio semplice cappotto nero.
Sentii dei rumori provenienti dall'interno dell'appartamento e una risata maschile.
Dei passi sempre più vicini..
La porta si spalancò con impeto, stavo quasi per salutare cordiale colui che sapevo essere l'attuale -unico- abitante della casa quando mi ritrovai di fronte una ragazza con un misero asciugamano attorno al corpo e delle banconote in mano.
-Ops- si limitò a dire e poi scoppiò a ridermi in faccia ritornando sui suoi passi.
Ero alquanto senza parole, mentre mi limitavo a sbattere le palpebre velocemente.
-Taichiiii,- urlò con una vocetta stridula, -c'è una ragazza sulla porta e non penso sia una dipendente della pizzeria!-
-Yuuki che stai dicend..-
Ed eccolo il nostro primo incontro.
Io sulla soglia della porta, con bocca spalancata e sopracciglia inarcate e lui, Taichi Yagami, petto nudo e boxer neri addosso.
-Merda- , farfugliò osservandomi e sparì dietro una porta per poi riapparire qualche secondo dopo con una maglietta addosso.
Io ero sempre più paralizzata.
Si avvicinò con un sorriso imbarazzato e una mano tra i capelli castani che parevano avere vita propria.
-Tu devi essere Sora..sei..sei cambiata- mormorò venendomi incontro.- Scusa io non sapevo saresti arrivata og..-
-Se vuoi vengo più tardi...credevo che tua madre ti avesse avvisato del mio arrivo..- mi ritrovai a mugugnare in risposta, con la bocca completamente asciutta.
Quella situazione mi sembrava uno scherzo del destino.
Un ridicolo deja-vu.
-Ma no, no!Anzi ehm..accomodati pure- si ritrovò a dirmi e senza che io avessi tempo di ribattere prese i miei borsoni portandoli dentro.
-Scusami un attimo- aggiunse guardandomi per un attimo e sparì dentro quella che doveva essere la sua camera da letto.
Dopo qualche minuto la ragazza di nome Yuuki vestita di tutto punto usciva un po' sbuffando e guardandomi storto.
Sembrava un gatto con il pelo arruffato.
-Ma quando ci rivedremo?- miagolava sul ciglio della porta.
Io ero di spalle e totalmente concentrata nella contemplazione della punta delle mie ballerine.
-Ti..ti chiamo presto ok?- mormorò Taichi a bassa voce ma io lo sentii lo stesso.
Sinceramente?Non mi sembrò molto convincente.
Quando chiuse la porta piombammo nel silenzio più assoluto.
Per qualche secondo.
Poi lui cominciò a farmi da cicerone per tutta la casa come se niente fosse, come se non l'avessi interrotto nel bel mezzo di chissà quale amplesso.
Dimostrava una gran faccia tosta ma stranamente non mi diede affatto fastidio, anzi era evidente il suo tentativo di mettermi a mio agio.
Non che ci riuscì poi molto ma ahimè era in gran parte colpa mia in quanto non ero mai stata granché brava a socializzare.
Parlò delle pulizie, disse che ci potevamo accordare, che il condominio era tranquillo abitato da famiglie, che la zona era ottima e a sole due fermate di metro dall’Università.
Disse anche che la sua facoltà, Scienze motorie, non era molto distante dalla mia di Letteratura e che quindi per qualsiasi problema potevo chiamarlo.
Mi indicò la mia stanzetta -con una finestra abbastanza grande-, adiacente alla sua e ingombra di scatoloni e cianfrusaglie varie che mi promise di far sparire al più presto, il bagno -ovviamente in condizioni disastrose- e poi il mio ripiano per poggiare le stoviglie.
La casa era molto piccola a dire il vero, ma le pareti dai colori accesi la rendevano molto accogliente e...calda.
A pelle la prima impressione fu proprio quella di una vera casa. Piccola –un solo corridoio che si apriva su una cucina con tanto di tavolo, divano e tv, infondo ad esso le nostre due camere da letto l’una accanto all’altra, e di fronte alla mia porta il bagno-. Piccola, ma pur sempre accogliente.
-Allora,- esordì una volta concluso il mini tour, -conosci qualcuno qui ad Osaka?-
Che tipo strano, mi ritrovai a pensare mentre lo osservavo versare succo di frutta in due bicchieri dai colori vivaci.
Eravamo nella mini cucina che fungeva anche da sala da pranzo. Il piano cottura era un po’ datato ma il resto dei mobili erano abbastanza nuovi e, cosa di non meno valore, di una tenue sfumatura di rosso. C’erano diversi poster attaccati alle pareti, molti dei quali raffiguranti squadre di calcio giapponesi, e qualche foto qua e là.
-No, a parte te nessuno direi- gli risposi con un'alzata di spalle e lui mi porse il bicchiere pieno.- Grazie-.
-Mi spiace solo che non ci sia champagne in casa, sai di solito porta bene- continuò con un sorriso e avvicinò il bicchiere al mio per una specie di brindisi. -Comunque, se non hai altri programmi per la serata, ti porto a fare un giro con me, così puoi fare amicizia con i miei amici.-
Bevvi lentamente in modo da poter guadagnare qualche secondo in più per riflettere sulla sua proposta.
Quella era una di quelle situazioni che mi mettevano in imbarazzo. L’idea di entrare in un gruppo già affiatato e di essere la nuova mi aveva sempre fatta sentire a disagio.
Però in effetti li non conoscevo nessuno e lui era sembrato tanto gentile…
Non mi ero accorta che nel frattempo avevo bevuto tutto il contenuto del bicchiere e che lui mi osservava dall’alto del suo con un mezzo ghigno e gli occhi scuri puntati dritti nei miei.
Mi confuse per un attimo.
-Ehm, si d’accordo grazie mille per l’invito- mi ritrovai a farfugliare mentre dentro di me urlavo.
Lui sembrò riscuotersi e si perse in uno dei suoi sorrisi a trecentosessanta gradi.
Ma sorride sempre?, pensai mentre d’istinto sorrisi anche io.
- Perfetto!Allora adesso intanto ti faccio sparire gli scatoloni, così puoi cominciare a sistemarti,- e a passo di carica si diresse in camera mia.  -Va bene se usciamo per le nove?- mi urlò dal corridoio.
-Si va benissimo!- gli risposi con un tono di voce un po’ stridulo.
Posai i bicchieri nel lavandino e aggrottai le sopracciglia. Per due secondi, mentre lui mi stava fissando, avevo scollegato il cervello.
Brutto segno, mormorò una vocina dentro di me.
Già l’intera faccenda era strana.
Quando mia madre mi propose quest’ipotesi rifiutai di getto. Vivere in casa con un ragazzo che non frequentavo da pressoché dieci anni?No grazie.
Poi però, considerando che le spese sarebbero state dimezzate, l’ottima posizione della casa e, perché no, anche le insistenze di sua sorella Hikari, avevo ceduto.
Qualche volta giocavamo a calcio insieme da bambini, no?Ricordo che mi stava simpatico.
Chissà se lui ricorda.
Con Hikari avevo un bel rapporto. Durante le cene di famiglia lei c’era sempre – a differenza del fratello che disertava ogni volta,- ed era sempre di una dolcezza disarmante.
Mi ripromisi di mandarle un sms più tardi per avvisarla che suo fratello non mi aveva ancora sbattuta fuori.
Un’ora e qualche imprecazione dopo, la mia stanza era del tutto sgombra. Aveva portato tutta la roba giù, nel piccolo garage dove a quanto pare aveva anche una moto e dopodiché aveva annunciato che avrebbe fatto una doccia e si era chiuso in bagno.
Mi buttai sul letto osservando il soffitto bianco.
Avrei comprato qualche adesivo da mettere alle pareti, magari qualche fiore colorato.
Sentii l’acqua cominciare a scrosciare dal piccolo bagno di fronte alla mia stanza e chiusi gli occhi.
Vivere con un ragazzo. Con quel Taichi.
Non sembrava male, sorvolando sull’incidente di qualche ora prima.
Beh, è un bel ragazzo, mi sussurrò la coscienza. E’ normale che abbia ragazze che gli ronzano intorno.
Vero. Sicuramente sarà anche popolare.
Con un sospiro nostalgico e allo stesso tempo rabbioso ripensai al mio ex ragazzo, Kanata.
Ci eravamo conosciuti durante una partita di tennis, sport che praticavo per far star buona mia madre cosicché chiudesse un occhio sulle partite di calcio a cui di tanto in tanto partecipavo.
Relazione di un anno quasi, sorpresa a casa sua una sera e bam, non era solo.
Anzi, mi venne ad aprire la porta mezzo brillo con una ragazza in biancheria intima allacciata al collo.
Ecco, quell’episodio mi spinse definitivamente ad accettare la proposta di mia madre. Se prima ero combattuta anche per via di Kanata –che stranamente non aveva mai fatto storie a riguardo, poi capii perché-, dopo la brusca fine della nostra storia accettai senza remore.
E adesso ero lì, in una città sconosciuta e con un solo ragazzo con i capelli castani incasinati in testa come surrogato di amico.


Quando alle nove Taichi bussò alla mia camera, mi stavo guardando allo specchio- tenuto in precario equilibrio da alcuni borsoni,- da più di dieci minuti.
Faceva parecchio freddo per essere solo a fine Ottobre, quindi avevo optato per delle calze abbastanza pesanti nere lavorate, stivaletti in tinta con tacco basso e un vestito grigio chiaro, misto lana che mi sfiorava le ginocchia regalatomi da mia madre poco prima di partire.
Troppo banale?Troppo poco sexy?
Ma che m’importava di essere sexy infondo?
Sciolsi nuovamente i capelli lasciandoli liberi sulle spalle che sfioravano appena e aprii la porta trovando Tai con già il cappotto addosso.
Mi sfiorò con lo sguardo dalla testa ai piedi, velocemente. Per un attimo fui tentata di aggrottare le sopracciglia come mio solito, invece mi limitai a sentire un brivido freddo. Mi guardò negli occhi, dopo.
Per pochi secondi.
-Stiamo andando in un locale con musica dal vivo, spero non ti dispiaccia- disse mentre distoglieva lo sguardo e prendeva le chiavi dal centrotavola.
Mi risultava difficile crederlo un tipo dall’imbarazzo facile, eppure l’impressione che mi fece fu proprio quella.
-Oh no affatto, mi piace la musica dal vivo.-
Era la verità. Spesso costringevo Kanata a portarmi in uno di quei bar dove di tanto in tanto c’erano serate jazz.
Mi rilassavo tantissimo.
-Sora hai una sciarpa da metterti?Vorrei andare in moto, perché è abbastanza lontano e con la metro rischiamo di far tardi perché ci lascia troppo distanti dal locale.-
In moto?Ma c’erano appena cinque gradi!
-In..moto?- biascicai, immaginandomi già in versione cubetto di ghiaccio.
Lui si voltò, forse sorpreso dal mio tono e fece una piccola risatina- Si. So che fa freddo ed io per primo la prendo poche volte di questo periodo, ma avevo capito male l’orario dell’appuntamento e Yamato mi ha appena chiamato per chiedermi che fine avessimo fatto e…-
Lo bloccai con un sorriso. Aveva parlato alla velocità della luce, grattandosi la nuca e in quel momento mi era sembrato così…tenero.
-Prendo la sciarpa e arrivo- annunciai, e lui strinse le mani a mo di preghiera sussurrando un grazie.
Fatto sta che la mia, di sciarpa, era rimasta al sicuro ad Odaiba, e quindi alla fine mi prestò una delle sue: di un acceso blu elettrico, calda e con un intenso profumo maschile sopra che riconobbi come suo.
Quando scendemmo in garage e vidi la moto l’amai subito.
Non ero un’appassionata di motori ma quella era davvero bella, anche se aveva l’aria un po’ vissuta.
-Ti piace?- mi domandò Taichi, intercettando la scia dei miei pensieri e porgendomi nel frattempo un casco integrale.
-Beh si, poi il rosso è il mio colore preferito- ammisi senza difficoltà.
Lui si fermò per un istante, giusto il tempo per mormorare “anche il mio”, prima di accendere quella che aveva definito sua figlia mentre eravamo in ascensore.
Armata di positività per quella crescente simpatia che sentivo nei confronti di Taichi, salii in sella allacciando il casco.
La voce di Taichi mi giunse un po’ ovattata per via del casco. – Se hai paura puoi aggrapparti a me!- riuscii a scorgere una nota sarcastica nella sua voce perciò gli risposi con un leggero scappellotto sulla spalla che lo fece ridere apertamente.



E’ pazzo!, mi ritrovai a pensare qualche minuto dopo, una volta inseriti nel traffico della vita notturna di Osaka.
Eravamo sparati a tutta velocità e rallentava pochissimo anche in vista di curve a gomito.
Faceva freddo, sentivo l’aria ghiacciata perforarmi le calze e rimpiangevo di aver lasciato quelle di lana al caldo della valigia.
Dopo l’ennesimo sorpasso per il rotto della cuffia mandai al diavolo il mio orgoglio e gli cinsi il torace con entrambe le braccia.
E’ muscoloso, fu il primo commento della mia mente. Avevo già avuto modo di osservarlo di sfuggita quella mattina, ma adesso l’impressione si era trasformata in un dato concreto.
Alcune delle sue ciocche ribello uscivano dal casco sbattendo sul mio ma non mi davano fastidio.
Mi sistemai meglio quando mi accorsi che eravamo fermi ad un semaforo.
Sentii improvvisamente la sua mano coperta da un guanto sulla mia e un’ondata di calore arrivarmi dritta alle guance
Sussultai e feci per scostarmi quando lui riportò la mano sul manubrio.
-Ti stavo chiamando ma non rispondevi, non volevo spaventarti. Volevo chiederti se era tutto apposto.-
Ah ecco. La mia mente era già partita per altre spiegazioni da romanzo vittoriano prima che io potessi fermarla.
-Si, scusami non avevo proprio sentito!- esclamai sporgendomi in avanti mentre lui voltava il capo.
I nostri caschi si scontrarono e lo sentii ridacchiare.
-Continua pure a reggerti, non mi dai fastidio- rispose e subito dopo ripartì.
Non considerai nemmeno l’ipotesi di raccogliere la sua provocazione ed infatti continuai a stringergli il torace fin quando non parcheggiò di fronte ad un pub affollatissimo.
-Piaciuto il giro?- domandò sornione una volta scesi.
-Oh si, però la prossima volta avvisami prima così faccio testamento-.
Tra una battuta e l’altra riguardanti la sua guida entrammo nel locale già colmo di giovani e con la musica sparata a tutto volume.
-E’ un locale molto popolare qui ad Osaka. Il mio migliore amico suona sempre qui, per questo abbiamo un tavolo riservato tutto per noi-.
Camminavamo vicini e lui si tendeva vicino al mio orecchio per farsi sentire in quella bolgia.  Notai subito che molti ci guardano e lui salutava un sacco di gente con fare cordiale.
Non sbagliavo riguardo alla sua popolarità.
-Guarda è lui!- esclamò puntando un dito in direzione del palco di fronte a noi, indicandomi un ragazzo biondo al microfono, armato di chitarra.
Un altro bel ragazzo, e a giudicare dalle urla delle ragazze che lo guardavano non ero l’unica a pensarlo.
Abbassai lo sguardo e beccai Taichi voltato nella mia direzione, con sguardo indagatore.
-Cosa c’è?- non potei fare a meno di domandargli.
Lui scosse le spalle, accennando un sorriso- Niente, è solo che la maggior parte di voi ragazze alla vista di Yamato ha un mancamento. Non capite più niente!-
Istintivamente scoppiai a ridere.
Sarà stato quel tono mezzo rassegnato che aveva assunto mentre lo diceva, sarà stata la sua espressione indagatrice, ma per la seconda volta nel giro di una giornata mi era sembrato tenero.
Un allegro, tenero ragazzo.
Mi asciugai una lacrima sfuggita al mio occhio, indicandogli il bar.- Dai, beviamo qualcosa-, troppo tardi mi accorgo che la frase seguente che pronunciai poteva benissimo essere interpretata male.- A me piacciono i castani!-
Mi morsi la lingua e lui mi fissò per lungo attimo per poi sorridere nuovamente.- Buono a sapersi- sussurrò, ma io riescii comunque a sentirlo.- Prima del bar raggiungiamo gli altri che te li presento- e detto questo mi tese una mano che non faticai a prendere tra la mia.
















SPAZIO AUTRICE
Scommetto che questa non ve l’aspettavate!Beh, sappiate che nemmeno io me l’aspettavo. Per la prima volta mi cimento in una long sui Digimon dalle tematiche decisamente più leggere delle precedenti, narrata in prima persona dalla nostra Sora e completamente AU.
Sono abbastanza tesa per questo lavoro, un po’ perché tempo di sforare nell’OOC, un po’ perché, essendo narrata in prima persona appunto, ho paura di risultare poco chiara sugli atteggiamenti degli altri personaggi.
Non sarà lunga, spero di far rientrare il tutto in cinque capitoli più un possibile epilogo ma per ora è tutto in forse.
Spero di ritrovare alcuni di voi che mi hanno sempre seguita e che altro dire, aspetto le vostre opinioni!
A presto,
Sabrina

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Capitolo 2
*** Capitolo due ***














Gli altri di cui Taichi parlava erano quattro ragazzi –compreso il biondo rubacuori ancora sul palco a strimpellare-, e una ragazza dall’aria annoiata in un elegante vestito sui toni del rosa cipria.
Quando ci avvicinammo sentii un leggero senso di nausea salirmi su per lo stomaco, dovuto al fatto che da lì a poco mi sarei dovuta presentare e dalla consapevolezza che spesso la prima impressione che fai alla gente è quella che manterranno per il resto della conoscenza futura.
Inspirai e stavo quasi per schioccarmi le dita di entrambe le mani quando notai che Taichi -mi precedeva di qualche passo-, aveva ancora la mia mano stretta dentro la sua in una presa ferrea.
Involontariamente sorrisi, abbassando il capo.
Quel ragazzo tentava di farmi sentire a mio agio a tutti i costi – o almeno così mi sembrò-. Non faticai a collegare quest’altro aspetto del carattere alla sua popolarità.
-Ragazzi miei,- esordì a gran voce una volta giunti di fronte a loro. Mi lasciò la mano per indicarmi con fare teatrale.- Vi presento la mia nuova coinquilina, Sora Takenouchi!-
Mi guardavano tutti con fare cordiale.
Con un piccolo, goffo inchino mi presentai e a turno loro fecero lo stesso.
Un ragazzo più basso degli altri di nome Izzy fu il primo: mi sorrise cordiale mentre mi stringeva la mano e m’invitava ad accomodarmi con loro.
Poi Joe, un tipo allampanato con dei grossi occhiali da vista sul naso mi chiese se avessi già preso da bere e alla mia risposta negativa si adoperò pratico per trovare un cameriere.
TK, o almeno così mi chiese di chiamarlo dopo essersi presentato con il nome Takeru, mi sembrava la copia in miniatura di quel Yamato sul palco. Aveva però un’aria completamente diversa da quella da bohemièn tormentato del chitarrista, infatti sfoggiava un enorme sorriso nella mia direzione e dopo essersi presentato continuò a chiacchierare con Izzy lasciandomi il tempo di riprendere fiato.
In tutto questo presentarsi durato si e no una manciata di minuti, l’unica che non aveva spiaccicato parola era proprio l’unica ragazza, seduta di fronte a me con un bicchiere tra le mani, impegnata a far roteare l’oliva all’interno con una cannuccia fluo.
Incrociai il suo sguardo e m’indicò una sedia vuota vicino a lei.
Un po’ perplessa voltai il capo nella direzione di Tai –non per un motivo particolare, forse fu puro istinto-, ma vedendolo impegnato in una discussione con Joe mi avvicinai.
Aveva le punte dei capelli tinte di rosa e le unghie curatissime in una fresca manicure.
In confronto, io sembravo l’ultimo dei maschiacci.
-Tai ci ha parlato di te- esordì, dimostrando un timbro di voce chiaro e un po’ più alto del normale.- Come hai fatto ad accettare la proposta di vivere con un ragazzo?Già immagino il bagno…- lasciò la frase in sospeso mimando un’espressione disgustata.
Le sorrisi.
Stranamente quelle sue poche battute avevano un po’ alleggerito l’imbarazzo iniziale dovuto alle sue occhiate silenziose.- Ci hai preso, sul bagno. Stamattina era in uno stato pietoso.-
Lei mi guardò con fare sornione.- Tipico. Speravo che almeno in vista del tuo arrivo avrebbe dato una ripulita, quel capellone!Il solito sprovveduto.-
Due pensieri mi frullarono in testa. Il primo, che effettivamente quello del bagno era il male minore in confronto alla teatrale apertura della porta d’ingresso; secondo, forse anche questa ragazza era una habitué di quella casa. Della camera di Taichi per la precisione.
-Fatto sta che ammiro il tuo coraggio, davvero- continuò lei.- Io ho espressamente chiesto ai miei di vivere da sola altrimenti sarei rimasta a casa mia.-
-Non sei di Osaka?-
-Sono nata a Tokyo in realtà, proprio come te, Tai, Matt e TK. Ma per esigenze lavorative di mio padre ci siamo trasferiti qui da che ne ho memoria. I miei abitano dall’altro lato della città rispetto alla zona universitaria, perciò mi hanno affittato un piccolo appartamentino a pochi isolati dalla facoltà.-
Decisamente la disponibilità economica non le manca, pensai facendo mente locale sui costi esorbitanti degli affitti.
Poi mi venne in mente un’altra domanda, forse la prima che avrei dovuto porgerle, ma nel mio campo visivo entrò la mano di Joe che mi tendeva un cocktail colorato.- Beh, sono andato sul sicuro visto che non conoscevo i tuoi gusti. Tai mi ha detto che ti piace il succo dalla pesca.-
Mi piace il succo alla pesca?E quando l’ha scoper..
Ah si, ricordai. Il brindisi improvvisato di quel pomeriggio. Evidentemente la mia foga di bere era stata scambiata solamente per avidità del gusto e non per temporeggiamento.
O forse era stato fatto apposta?
Accettai il cocktail con un sorriso e lo vidi tornare da Taichi poggiato al bancone poco distante, che alzò il suo bicchiere a mo di cin cin a distanza.
Lo imitai alzando le sopracciglia.
Aveva appena portato il suo bicchiere alle labbra quando alle sue spalle apparve lei, la ragazza asciugamano.
Lo abbracciò cingendogli le spalle e lui si voltò a guardarla. Lei era raggiante e stretta in un vestito che lasciava decisamente poco spazio all’immaginazione.
Distolsi lo sguardo sentendomi di troppo e trovai la ragazza in rosa scrutarmi.
Mi sembrava quasi lo stesso sguardo di Taichi quando mi aveva indicato Yamato.
-Yuuki, gallinella da quattro soldi senza il minimo gusto per l’abbigliamento. Non capisco perché la frequenti ancora- sbottò, ma sembrava più arrabbiata che triste.
Così senza che me ne rendessi conto le spiattellai l’incidente della mattina.
Lei mi guardò per un secondo con la bocca semiaperta e poi scoppiò a ridere tenendosi la pancia.
Gli altri seduti al nostro tavolo si voltarono a guardarci ed Izzy scosse il capo vedendo la sua amica sbellicarsi, con l’espressione di chi conosceva bene quegli scatti l’ilarità. Poi mi rivolse un’occhiata divertita.
-Che bell’accoglienza che hai avuto!Tai è proprio un’idiota a volte. Non ci fare caso Sora, ti ci abituerai al suo carattere imprevedibile.-
Mi chiamò per nome per la prima volta e qualcosa scattò in me- Ma non ti ho ancora chiesto come ti chiami!- esclamai tra l’imbarazzato e il comico.
Lei si aprì in un sorriso spontaneo e mi tese la mano. –Mimi Tachikawa!Sono contenta finalmente di non essere più l’unica ragazza della compagnia!-
L’avevo conquistata.
Non avevo la più pallida idea di come avessi fatto, ma dopo quell’affermazione cominciammo a chiacchierare, e alla nostra conversazione poco a poco si aggiunsero anche gli altri tre ragazzi.
Scoprii che Mimi ed Izzy erano di un anno più piccoli di me e Tai e che frequentavano il primo anno di Università: la prima iscritta alla facoltà di Moda- non me ne stupii affatto- e il secondo studiava Informatica.
-Credimi, non so chi sia più secchione tra lui e Joe!- esclamò divertita Mimi, beccandosi due occhiate risentite di rimando.
Ridacchiai.- E tu cosa studi?- domandai allora rivolta a Joe, ma la ragazza lo precedette.- Studia Medicina, lui!E’ già al terzo anno ed è in regola con tutti gli esami-, e poi finse di ficcarsi due dita in gola per vomitare.
-Lo dici come se fosse una cosa di cui vergognarsi!- osservò indignato il diretto interessato, aggiustandosi gli occhiali.
Mimi rispose con una linguaccia.
Mi stava già simpatica. Mi ricordava una mia cara amica di Odaiba, Asako, sempre molto spontanea. Sentivo che saremo andate d’accordo ed un’amica avrebbe decisamente reso migliore la mia permanenza.
TK, il biondo, invece era più piccolo di tutti noi e frequentava l’ultimo anno di liceo all’indirizzo scientifico.
Quelle ultime informazioni mi fecero tornare alla mente un’altra persona.- Kari!- esclamai di getto, colpendomi la fronte con una mano. Non l’avevo ancora chiamata.
TK mi osservò.- La sorella di Tai?-
Lo fissai di rimando un po’ sorpresa.- Si, la conosci?-
Lui annuì energico.- Certo, eravamo vicini di casa da bambini. E poi viene spesso a trovare Tai qui ad Osaka.-
Vicini di casa?Mimi mi aveva detto che anche lui e un altro ragazzo erano di Tokyo, ma non avevo immaginato che già si conoscessero.
-Quindi siete amici di vecchia data?- domandai, ma fui interrotta dall’arrivo di un sudato Yamato che circondò con un braccio le spalle di TK. Facendoci caso, la musica aggressiva delle chitarre era stata sostituita da un sottofondo di omogeneo pop rock.
-Ho una sete, scusa fratellino- esordì togliendo il cocktail dalle mani di TK e scolandoselo tutto ad un fiato.
Ecco svelato l’arcano. Quindi il Matt di cui aveva accennato Mimi altri non era che Yamato e fratello di TK.
-Finito di far sgolare quelle povere ragazzine sotto il palco?- chiese Izzy sornione.
Lui rispose con un’alzata di spalle. Poi mi notò, inchiodandomi al mio posto.
Effettivamente, forse anche merito dei suoi occhi chiari, aveva uno sguardo penetrante.
Non mi stupii affatto di quello che mi aveva detto Taichi.
Taichi…chissà che fine aveva fatto.
-Tu devi essere la nuova coinquilina di Tai- osservò,- io sono Matt-.
-Sora, piacere mio- risposi educata mentre lui mi stringeva la mano. Subito dopo annunciò che sarebbe andato a cambiarsi e che ci avrebbe raggiunto dopo.
-Ciao anche a te-, disse prima di sparire rivolto a Mimi che non si degnò nemmeno di guardare nella sua direzione.
-Idiota-, disse stizzita lei una volta che si fu allontanato.
-Avete litigato di nuovo- non era una domanda, ma un’affermazione quella di Izzy.
TK scosse il capo, sospirando.
-Maschi idioti!- sbottò Mimi, ma gli altri risero di gusto.
Ridacchiai anche io.
Sembrava una bambina di cinque anni alla quale hanno appena rubato il leccalecca.
In quel momento, se fosse stata una mia amica di vecchia data, l’avrei abbracciata di slancio.
Qualche minuto dopo sia Joe che TK annunciarono che sarebbero andati via, entrambi per via dell’orario della sveglia puntato pericolosamente presto.
Mi salutarono entrambi cordiali, facendomi promettere di non sparire.
Fui sincera quando risposi che non avevo intenzione di farlo.
Izzy, dopo aver individuato un suo collega di facoltà ci lasciò sole, dicendo di non voler fare da terzo incomodo alle nostre chiacchiere da femmine.
Nemmeno cinque minuti e qualche sbuffo di Mimi dopo, lo speaker della serata annunciò che era aperto il karaoke.
Mi raggelai.
Ero stonata come una campana.
A Mimi però non parve importare granché mentre mi trascinava sul palco.
-Dai andiamo, è la tua prima serata ad Osaka e tanto non ti conosce nessuno oltre noi!-
-Appunto!Così facendo sarete gli unici che forse oseranno ancora avvicinarsi a me!- urlai per farmi sentire ma lei ridendo e saltellando non mi prestò attenzione.
Una volta in fila per il nostro turno, mi chiese cosa preferivo cantare.
Sconsolata, le risposi che una canzone valeva l’altra a quel punto.
Così scelse una in voga quel momento, prima di chiedermi se la conoscessi o meno e al mio assenso batté le mani entusiasta.- Andremo d’accordo, già lo so!-
Il suo entusiasmo però era contagioso. Così, non so nemmeno spiegarmi come sia stato possibile, una volta sul palco mi lasciai andare.
Cantammo a squarciagola mentre molti ragazzi fischiavano a mo di apprezzamento e noi ci guardavamo divertite.
Tra la folla poi, abbastanza distante dal palco, intercettai lo sguardo di Taichi.
Mi fissava con un’espressione stranamente seria in volto. Poi, una volta accortosi del mio sguardo scoppiò a ridere e con una mano si sbracciava nella nostra direzione.
Imitai quel gesto, quando poi notai che Yuuki richiedeva la sua attenzione.
Scocciato – o almeno così mi sembrò-, si voltò dandoci le spalle.
Quando la canzone finì eravamo entrambe su di giri. Stavamo tornando al tavolo quando Mimi fu fermata da una ragazzetta bassa e mi disse di andare avanti.
Ritornai al nostro tavolo appartato e ordinai una birra. Avevo ancora un sorriso enorme in faccia quando notai Matt seduto due sedie più in là.
Il sorriso mi si spense quasi all’istante nonostante anche lui sembrasse divertito.
-Mimi è fatta così. Bella esibizione-.
Telegrafico.
Fu questo il primo aggettivo che mi venne in mente.
-Sembra una ragazza molto solare-, gli risposi mentre afferravo al volo la mia ordinazione.
Lui annuì.- Oh, lo è eccome-.
Alzai le spalle come per concordare e per la seconda volta intercettai Taichi, questa volta impegnato a salutare una Yuuki con già il cappotto addosso.
Non volevo assistere ad una scena idilliaca di saluto, quindi voltai il capo quasi indispettita.
Stavano insieme o erano solo…come dire..
Il pensiero mi morì in mente quando notai lo sguardo sornione di Matt e capii che non si era perso un secondo del mio teatrino personale.
Si portò la birra alle labbra e ne bevve un lungo sorso prima di parlare.
-Non stanno più insieme. Taichi è solo troppo impacciato e perché no, anche stupido a dirle una volta per tutte che hanno chiuso-.
Mi fermai un attimo ad osservarlo con la fronte aggrottata.- Ma io non te l’ho chiesto!- sbottai punta nel vivo.
Sperai che con quelle luci basse il calore diffuso sulle mie guance passasse inosservato.
Per la prima volta lo vidi sorridere divertito.- Non ad alta voce!-
Ero combattuta tra il ridere e il soffiare indispettita come un gatto.
Alla fine emisi uno sbuffo che era una via di mezzo.
Rimanemmo in silenzio, ma non era un silenzio imbarazzato. Capii che Matt era un ragazzo di poche parole ma incisivo.
O almeno incisivo era stato con me poco prima.
Quando tornò Mimi l’aria si fece abbastanza elettrica e per fortuna Taichi arrivò in quel momento a salvarmi.
Matt lo fulminò con lo sguardo e lui abbassava il capo mesto. Mimi non fu così discreta.
-Yuuki?Ma che diavolo ti dice la testa?Sempre se sia rimasta un po’ di materia grigia sotto quei capelli!- e gli tirò uno scappellotto non tanto leggero.
-Mimi!Ho capito, ho capito, ma non picchiarmi!- si lamentò lui coprendosi la testa con entrambe le braccia.
-E poi sei sparito per tutta la serata- continuò lei con la sua filippica,- con un’ospite qui con noi!- finì indicandomi.
Io alzai le mani tentando di calmarla.- Ma no, non c’è nessun problem…-
-Ok, hai ragione!Ma quella lì è peggio di una cozza!Oggi è venuta a casa e per provocarmi si è fatta anche la doccia da me e andava in giro solo con un asciugamano…-
Matt scoppiò a ridere all’improvviso ed effettivamente Tai era uno spasso.
Anche Mimi sembrò sciogliersi davanti a quel tono da cane bastonato che aveva assunto e infatti sbuffò ravviandosi i capelli.
E quindi non avevo interrotto niente quel pomeriggio?Di certo lui non si era fatto problemi ad andarsene in giro solo in mutande.
Mi guardò ed io gli sorrisi scuotendo il capo.
Solo allora Matt porse a Mimi quello che doveva essere il suo cappotto e senza una parola le indicò l’uscita.
Lei non disse niente ma afferrò il cappotto con uno strattone e si voltò nella mia direzione.- Noi andiamo. Domani ho lezione e il signorino qui deve essere in studio di registrazione alle otto. Ci scambiano i numeri? Così se sei libera magari domani pranziamo insieme-.
Dopo esserci scambiate i numeri e dopo un abbraccio stritolatore di Mimi ed un cenno del capo divertito di Matt, anche io e Tai ci avviammo verso l’uscita.
Eravamo stranamente silenziosi, ma a differenza del silenzio con Yamato, questo sembrava pieno di cose non dette.
Lui sembrava in difficoltà, ma sinceramente non capivo per cosa. Era imbarazzato per avermi lasciata in balia dei suoi amici?

Il viaggio in moto fu relativamente tranquillo, escludendo una brusca frenata per evitare di passare con il rosso e un sorpasso ad un passo dal suicidio.
Avevo deciso di non aggrapparmi a lui –un po’ per orgoglio, un po’ perché il clima era un po’ freddo in tutti i sensi-, ma dopo il sorpasso e il mio conseguente mini urlo era stato inevitabile.
Una volta in garage gli porsi il casco e lui abbozzò un sorriso.
-Si d’accordo, mi sono fatta sotto quando hai passato quel camion- ammisi alzando le mani e ridacchiò mentre chiudeva la porta grigia con doppia mandata.
-L’avevo intuito sai?Forse da come stringevi il mio cappott..ahia!-
Gli tirai un pizzico sul braccio, ero famosa per questa mia arma.
Lui si finse offeso mentre all’improvviso poi cambiò espressione ed abbassò lo sguardo.- Senti Sora, mi spiace di averti lasciata sola con agli stasera. Non avrei dovuto lo so, ma Yuuki a volte è davvero appiccicosa e…-
-Ehi,- lo richiamai toccandogli per qualche attimo il braccio in modo da fargli alzare gli occhi nei miei.- Non devi scusarti, questa è la tua vita ed io sono appena arrivata. Non eri in dovere di fare niente stasera- conclusi, con un tono di voce dolce che mi usciva solo con i miei amici.
-Davvero?- lo vidi spalancare gli occhi in modo innocente.
Sorrisi vedendolo così. Che ragazzo strano.
-Massì!E poi sono stata benissimo!- esclamai e lui sospirò.- Ho visto la vostra performance sul palco. Mimi non ti lascerà per un secondo, finalmente adesso ha trovato una ragazza nel nostro gruppo!-
Risi alle sue parole, in cuor mio contenta e speranzosa di aver trovato un’amica.
La casa era calda e per la seconda volta non mi stupii di trovarla accogliente.
Chissà se era stato Taichi a dipingere le pareti di quei colori.
Me lo stavo chiedendo tra me e me ed invece lo sentii rispondermi.
-Si sono stato io. Il padrone di casa doveva ridipingere e mi ha lasciato carta bianca sulla scelta dei colori, visto che i miei hanno intenzione di acquistarla un giorno e lui già lo sa-.
Lo fissai stupita.- Dici sul serio?Beh complimenti per la scelta allora, e mi riferisco soprattutto ai colori.-
-Ti piacciono i colori?- mi chiese mentre lo sentivo cambiarsi nella sua stanza.
Alzai un po’ la voce per farmi sentire, visto che avevo socchiuso la mia porta per fare altrettanto.- Si. Non so se lo ricordi ma mia madre dirige un’accademia di ikebana*. Sono cresciuta in mezzo ai fiori, quindi sento la necessità di avere colori intorno a me-.
M’infilai il pigiama- uno semplice composto da maglia e pantaloni lunghi a pois-, e quando uscii lo trovai poggiato alla parete davanti alla mia camera. Indossava una tshirt nera con un enorme pallone intento a sonnecchiare su un letto a forma di campo da calcio e dei pantaloni larghi appena sopra le ginocchia. I capelli erano in uno stato assurdo, ma non riuscii a non vederlo come…bello. Non di quella bellezza di Yamato che colpiva al primo impatto ma di una da scoprire poco alla volta.
Si picchiettava l’indice sul mento.- Mhh, si ricordo che casa tua era sempre anche molto profumata. Poi se non sbaglio tua madre regalava alla mia composizioni di ogni tipo e poi lei proibiva categoricamente a me e Kari di toccarle-.
Annuii immaginando la signora Kamiya dire una cosa del genere.
Alla fine avevo mandato un sms a Kari poco prima di salire in moto, promettendole una chiamata il giorno dopo.
-Andiamo a letto?-
Sarà stato il fatto di non essere abituata a sentire una frase del genere da un ragazzo in pigiama ma arrossii.
Fortunatamente mi dava le spalle quando lo disse. Si stava stiracchiando e vidi la maglietta nera che si piegava assecondando i movimenti delle sue braccia.
Rimasi un attimo incantata da quell’immagine fin quando lui non si voltò stropicciandosi gli occhi.
-S..si. Domani mattina dovrò svegliarmi presto per andare in segreteria- affermai.
Lui annuì, sbadigliando.- Se vuoi facciamo la strada insieme, anche io ho lezione presto.-
Ci accordammo così, e dopo esserci augurati la buonanotte scivolammo ognuno nelle proprie camere.
La mia prima notte in una nuova casa.
Chissà se sarei riuscita a dormire, di solito non ci riuscivo.
Ripensai alla serata e a tutte quelle persone nuove che, già lo sapevo o almeno lo speravo, sarebbero entrate a far parte della mia quotidianità.
Senza accorgermene sorrisi e poco dopo entrai nel mondo dei sogni guidata da un placido Morfeo.
















SPAZIO AUTRICE:

*ikebana=La traduzione letterale della parola Ikebana è "fiori viventi"[1], ma l'arte dei fiori può essere anche indicata come Kadō, cioè "via dei fiori", intendendo cammino di elevazione spirituale secondo i principi dello Zen. (fonte Wikipedia, cosi anche la notizia che la madre di Sora effettivamente sia a capo di una scuola del genere)

Rieccoci qui con un aggiornamento a tempo di record, almeno per i miei standard.
Probabilmente vi aspettavate qualcosa di più e non solo il racconto della serata che era appena iniziata e vi dirò che inizialmente il mio progetto era proprio quello.
Ma la storia vien scrivendo e quindi, sperando di non aver deluso nessuna aspettativa, ciò che avevo pensato d’inserire in questo capitolo lo troverete nel terzo.
Il prossimo aggiornamento temo non sarà rapido come questo, gli esami si avvicinano ed io non posso, ahimè, passare le mie giornate solamente a scrivere. Conto di pubblicarlo entro martedì della prossima settimana; poi chi lo sa, magari l’ispirazione bussa prima.
Ringrazio ancora una volta chi ha recensito lo scorso capitolo e vi aspetto a questo!
Buon weekend a tutti voi,
Sabrina

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Capitolo 3
*** Capitolo tre ***


 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fu strano anche per me all’inizio, cominciare a parlare di abitudini solo dopo un mese e mezzo di vita ad Osaka.
Ma furono proprio loro, le abitudini, che pian piano s’infilarono nella mia vita silenziosamente e senza darmi alcun fastidio.
Erano piccole cose certo, ma rassicuranti.
Sveglia, bagno, caffè, mettere le tazze in tavola, guardare l’orologio in cucina scuotendo il capo, bussare alla porta della camera di Taichi più volte ritmicamente, aspettare un suo gemito dall’interno e tornare in cucina.
Uscire, prendere la metro insieme e poi ognuno diretto alla propria Università.
Pranzare quasi ogni giorno con Mimi, che dopo quella famosa prima serata al pub aveva mantenuto la sua euforia contagiandomi.
Era la persona più vicina ad un’amica che avevo in quel periodo ad Osaka. Senza considerare Taichi.
Già, lui.
Stranamente andavamo d’accordo, perché nonostante continuassi a dirgli che lasciare i propri boxer in bagno non era carino, o che la lavatrice era meglio usarla di sera e con almeno tre capi al suo interno, ci trovavamo bene.
Non ci vedevamo poi molto, in realtà. A pranzo io ero quasi sempre con Mimi, lui impegnato con Izzy o Yamato oppure in qualche partita amatoriale con i suoi colleghi d’Università.
L’unico momento in cui riuscivamo a beccarci era la sera, ma anche allora le volte in cui cenavamo insieme erano poche visti i nostri orari completamente diversi.
Ovviamente in quei quasi due mesi non erano mancate le uscite con il resto del gruppo. Lo scorso weekend eravamo tornati tutti in quel pub e in quell’occasione sul palco c’eravamo insieme io, Mimi, Izzy e lo stesso Taichi.
Yamato, appena rientrato dopo la sua esibizione, ci scattò una foto da sotto al palco che adesso troneggiava nella nostra cucina.
La mia prima foto in quella casa ed io venivo ritratta mezza brilla, con un braccio attorno le minute spalle di Mimi, la bocca spalancata impegnata in un acuto da brividi e con a lato i due ragazzi che litigano per il possesso del microfono.
Ogni volta che la guardavo mi sentivo…serena.
E mi veniva voglia di cantare.
Quel venerdì mattina però qualcosa turbò la mia quiete: l’orologio e le sue lancette che segnavano le otto e trentadue minuti.
Eravamo in tremendo ritardo!
Taichi evidentemente quella mattina non era riuscito ad ingranare, perciò mi diressi a passo di carica verso la sua stanza e ricominciai a bussare.
Niente.
Con un grande sospiro, spinsi la maniglia verso il basso ed entrai.
La stanza era quasi totalmente al buio, la tapparella abbassata fino a toccare il pavimento del balcone.
Ma riuscii a distinguere nel groviglio di coperte bianche e capelli la faccia di Tai beatamente immerso nel mondo dei sogni.
E con un auricolare ancora infilato nell’orecchio.
Ed era di una dolcezza disarmante.
Un sorriso mi salì sulle labbra mentre lo osservavo rigirarsi nel letto, aggrovigliandosi ancora di più nelle lenzuola.
Scossi la testa cancellando quei pensieri che non avrebbero portato a niente e continuai con il mio intento.
In quelle cinque settimane avevamo raggiunto un livello di confidenza tale da potermi permettere di fare quello che avevo appena pensato.
Afferrai un cuscino e dopo avergli sfilato l’ipod da sotto la mano, lo colpii sulla schiena.
Lui aprì gli occhi di scatto, e mentre tentava di capire ciò che stava succedendo lo colpii di nuovo attaccando a ridere.
Mi fissò stralunato per una manciata di secondi e prima che io potessi capire le sue intenzioni, mi aveva già afferrato il polso e buttata sul suo letto ad una piazza e mezzo.
-Ma che…- mormorai ma non ebbi tempo di dire altro in quanto mi strappò il cuscino dalle mani e cominciò a tartassarmi.
-Tu! Nemmeno mia madre mi ha mai svegliato in questo modo!- mi urlò mentre io continuavo a ridere rigirandomi su me stessa e coprendomi la faccia con le braccia.
-Ti prego…- biascicai a corto di fiato- basta..non ce la faccio!-
-No cara mia, non basta!- rise lui, mentre con una mano m’immobilizzava il polso sulla testa e con l’altra mi dava un’ultima, tenue, cuscinata sulla spalla.
I colpi finirono ed io riaprii gli occhi.
Avrei voluto non averlo fatto.
La scena che mi si parò di fronte mi fece mozzare quel poco di fiato che avevo ancora in gola.
Taichi, nella penombra, la maglietta sollevata accidentalmente, capelli incasinati più che mai e sorriso a trentadue denti stampato in faccia.
E cosa non meno importante a meno di cinque centimetri dal mio viso.
Quella fu la prima volta in cui mi persi completamente negli occhi di quel ragazzo. Avevo come azzerato tutto ciò che mi girava in testa e ricominciato a contare partendo dalle sue iridi.
Sentivo il suo respiro affannato sulle labbra e per un istante, un lungo istante, desiderai solo afferrarlo e tirare quelle labbra sulle mie.
Lo vidi spostare la mano dal cuscino, ormai abbandonato vicino la mia testa, alla mia guancia. Non capii cosa stesse facendo, ma poi lo vidi sollevare una piuma che sicuramente era uscita dall’imbottitura.
Però le sue dita continuavano a premermi sulla faccia in un modo così delicato…
-Ehm..-
No, non posso aver mugugnato una cosa così imbarazzante!
Vidi il suo sorriso ritirarsi e come se si fosse improvvisamente resosi conto della situazioni, mi guardò ancora più intensamente per un lungo attimo e poi si tirò su con velocità impressionante.
-Vado in bagno, siamo in ritardo per colpa mia!- esclamò una volta fuori.- Hai già fatto il caffè?Sei la salvezza!-
E chiuse la porta.
Ok, cercai di pensare a mente lucida rialzandomi.
Che diavolo è appena successo?
Avevo il cuore che mi batteva all’impazzata, riuscivo solo a vedere i suoi occhi nei miei, quel suo viso rilassato nel sorriso che solo lui era in grado di fare.
La situazione era strana.
E preoccupante.
Decisi -con la scarsa collaborazione del mio cervello che continuava a ripropormi quell’immagine-, di ignorare l’accaduto.
E no, non fu facile.
Per tutto il tragitto verso la metro, Taichi fu alquanto silenzioso e mi sembrò di cogliere delle occhiate nella mia direzione.
Arrivati al punto in cui ci separavamo poi, lui si voltò nella mia direzione con un’espressione talmente colpevole che mi fece stringere il cuore.
Ci mormorammo un timido ciao.
 
 
-E quindi alla fine sono stata rapita dagli alieni ed adesso sono una di loro, tornata in incognito sulla Terra per spiare voi umani-.
Annuii a Mimi, mentre continuavo a fissare la mia zuppa di miso. E si, a ripensare  all’episodio di quella mattina e agli occhi del mio coinquilino così vicini e…
Un momento, aveva appena nominato gli alieni?
Sollevai di scatto la testa aggrottando le sopracciglia nella sua direzione.
Lei mi guardava, la guancia poggiata sulla mano e un sorriso sghembo sul volto.
-Siamo distratte, eh?- mormorò, ed io mi ritrovai ad arrossire involontariamente.
-No, è che…-
Lei mi afferrò i polsi e vidi i suoi occhi quasi luccicare. –E’ successo qualcosa con Taichi, non è vero?-
Ma ha doti di chiaroveggenza?!
Sospirai.
Avevo già programmato di parlarle dell’accaduto, in se abbastanza insignificante, ma che mi aveva trapanato il cervello per tutta la mattinata.
Eravamo sedute al nostro solito tavolo in fondo alla caffetteria del complesso universitario ed ero durata ben poco nel mantenimento del segreto.
Le raccontai il breve episodio biascicando le parole e sentendomi avvampare ogni sillaba di più.
Ascoltandomi, mi sentivo una liceale in preda ad una crisi ormonale.
Alla fine, lei si aprì in un sorriso inquietante.
-Cosa c’è?- mi ritrovai a domandarle abbastanza impaurita.
Avevo imparato a riconosce quel sorriso sul suo volto fin dalle prime uscite. E, solitamente, non prometteva niente di buono.
-Lo sapevo! Stamattina ho incontrato Taichi mentre uscivo dalla lezione di Estetica…oh, a proposito, il professore è proprio un genio, ha visto il mio bozzetto e…-
-Mimi!- esclamai io, facendola tornare sul suo discorso principale.
-Oh scusa, scusa. Ti dicevo che ho incontrato Tai e mi sembrava abbastanza sulle sue. E lui non è mai sulle sue!-
Lo disse come se avesse appena scoperto l’esatta collocazione del Santo Graal.
-E quindi?- ribeccai io, scuotendo la testa.
Lei sospirò, bevendo un sorso della sua Diet Coke. –E quindi sapevo che c’entravi tu. Voi due fate scintille!-.
Ok, quella ragazza era pazza.
Scintille? Io e Tai?
Ma se eravamo appena diventati amici!
-Mimi, hai le travecole-.
Lei mi guardò senza capire ed io sorrisi istintivamente.- Intendo dire che hai appena detto una fesseria.-
Lei mosse la mano, come se stesse scacciando dalla mia faccia una mosca. –Sciocchezze. C’è qualcosa che bolle nella vostra pentola casalinga. Lo dice anche quel cretino di Yamato, e lui sai non è esattamente loquace nel dichiarare quello che pensa.-
-Che cosa?- mormorai, sempre più incredula. Mimi era un conto, ma se ci si metteva di mezzo anche il bohemien tormentato era la fine.- Che poi, perché insulti continuamente il tuo ragazzo?-
Lei sorrise, addolcendosi per un attimo. Poi mi guardò quasi stizzita.- Se lo merita, quel dongiovanni!-
Si, Yamato e Mimi erano una coppia.
Una coppia che scoppia come li aveva definiti Taichi qualche giorno prima.
Stavano insieme da quasi tre mesi, dopo un corteggiamento infinito da entrambe le parti, sfociato poi con un bacio teatrale davanti all’intero, solito pub.
Erano strani, litigavano sempre – o meglio, era Mimi a mettere il broncio per le numerose fan del cantante-, e a prima vista non avevano niente in comune.
Ma si compensavano.
E nei rari momenti di dolcezza che entrambi si concedevano in pubblico, traspariva il forte sentimento che li univa in realtà.
-Comunque, stasera vedremo. C’è ancora la cena a casa vostra o avete deciso di stare un po’ da soli?- domando lei non nascondendo affatto la malizia.
Non le risposi, mentre lasciavamo le banconote sul tavolo e tornavano ognuna alle proprie Facoltà per le lezioni pomeridiane.
 
La cena a casa mia e di Taichi –oddio, detto così era abbastanza strano-, l’avevamo decisa di comune accordo circa una settimana prima.
Le lezioni stressavano abbastanza un po’ tutti e poi c’era proprio bisogno di una riunione generale per battezzare ufficialmente la mia vita in quell’appartamento.
Avevamo già fatto la spesa il giorno prima e saremmo dovuti esserci tutti eccetto Joe, che era fuori per un seminario sulle tecniche di rianimazione e sarebbe tornato solo tra qualche giorno.
Tutti tranne anche Tk, che mi aveva chiamata dopo pranzo scusandosi per un improvviso impegno con altri suoi compagni di classe.
Con mio sommo disappunto anche Izzy, che mi aveva aspettata davanti all’aula, mi liquidò con quella che mi sembrava la seconda scusa della giornata e chiedendo di rimandare il tutto alla sera seguente.
Gli risposi che non c’erano problemi, ma qualcosa cominciava decisamente a non quadrare.
 
A conti fatti quella sera, per non annullare definitivamente il tutto, saremmo dovuti essere quattro: io, Taichi e la coppia che scoppia.
Considerando che io e Taichi non ci eravamo più visti dopo l’incidente della mattinata, e le dichiarazioni inquietanti di Mimi, la serata improvvisamente si era trasformata in una grande bolla d’ansia.
Almeno per me.
Quando girai la chiave nella toppa quella sera verso le sette, completamente a pezzi sia fisicamente che emotivamente, mi stupii di trovare già le luci accese e il rumore del frullatore proveniente dalla cucina.
-Tai?- provai a chiamare alzando la voce.
Il rumore cessò, e la chioma castana del mio coinquilino fece capolino dalla sala da pranzo.
Aveva uno strofinaccio – un tempo bianco, ora pieno di macchie colorate- sulla spalla a mo di grande chef, e con un sorriso dei suoi mi porgeva un bicchiere pieno di liquido rosso.
-Bentornata. Tieni, assaggia un po’-, mi disse tranquillo ed io afferrai il bicchiere un po’ scettica.
Strano, pensai, l’imbarazzo di stamattina sembra sparito totalmente.
Ma certo, l’unica che si è fatta tanti problemi sei tu!, mi sgridò interiormente la mia coscienza.
-Taichi…cos’è?- gli chiesi mentre lui continuava ad osservarmi impaziente.
-Dovrebbe essere un Cosmopolitan*, ma non sono sicuro del risultato. Temo di aver esagerato con il succo di mirtilli-, ammise incassando la testa nelle spalle.
Solo allora azzardai uno sguardo alla cucina.
Aveva tirato fuori un servizio di bicchieri da cocktail –sicuramente dono di sua madre-, e riempito il bancone di frutta fresca e bottiglie di alcolici vari.
Spostai nuovamente lo sguardo su di lui, con una sensazione di calore che s’irradiava nel petto.
Quel ragazzo era davvero sorprendente.
-Dai su, provalo!Io non ne ho ancora assaggiato nessuno, perché altrimenti rischiavo di finire con le mie dita nel frullatore- ammise ridacchiando ed io lo imitai, ormai ben consapevole dell’effetto che l’alcool gli faceva.
-Alla tua-, brindai, e mandai giù i primi sorsi.
Strabuzzai gli occhi ingoiando in fretta.
Cominciai a tossire, sputacchiando un po’, mentre lui mi dava colpetti sulla schiena per farmi riprendere.
-Troppi mirtilli rossi?- incalzò, mentre mi sfilava il bicchiere dalle dita e ne beveva un piccolo sorso.
-Mirtilli?Tai c’è solo l’ombra dei mirtilli là dentro, è tutta vodka!- gli risposi ridendo, mentre l’alcool mi fece salire il sangue alle guance.
Mi avvicinai al tavolo e solo allora notai che effettivamente, per una cena di quattro persone, i bicchieri erano troppi.- Ma sai vero che stasera saremo solo in quattro?-
Lui si voltò stupito.- Quattro?-
Non lo sapeva.- Già. Io, tu e Matt e Mimi. Gli altri hanno disdetto-.
-Oh- mormorò – e perché?Cavolo, ci tenevo!- esclamò mettendo quasi il broncio.
Mi venne voglia di abbracciarlo di slancio.
Ma poi pensai che non era una buona idea.
-Ehm, pensavo lo sapessi in realtà. Mi hanno avvisat…- mi fermai, sentendo il suono del suo cellulare e infatti si affrettò a rispondere.
-Ehi, biondo…- lo sentii dire, e capii che stava parlando con il musicista del gruppo.
Andai in camera a cambiarmi, pensando a quanta fatica sprecata per Tai nel preparare tutti quei cocktail. E menomale che non aveva già cominciato a cucinare!
Ero convinta che avrebbero avvisato anche lui dopo di me, ma a quanto pare mi sbagliavo.
Avevo una stranissima sensazione riguardo a tutta quella vicenda, sensazione che mi faceva tornare in mente il sorriso enigmatico di Mimi di quella mattina.
Decisi di ignorarlo.
Avevo appena infilato la mia tuta, pronta a mettermi ai fornelli, quando Tai bussò alla mia porta con l’aria più afflitta che gli avessi mai visto dipinta in viso.
-Non dirmelo…- mormorai, e lui allargò le braccia sconsolato.
-Yamato sta male. Ha detto che è a letto da stamattina con un mal di gola e domani deve registrare in sala prove e quindi preferisce rimanere a casa, con Mimi.-
Quell’aggiunta finale mi fece rabbrividire.
-Mimi eh? Ed era già con lui adesso?- chiesi, una nota assassina nella mia voce mi fece guadagnare uno sguardo perplesso del castano.
-Si. Effettivamente Yamato ha detto che sarebbe venuto ugualmente, ma che Mimi era preoccupata per lui e cose così…- concluse distrattamente, dandomi le spalle e tornando in cucina.
Ma io avevo tutte le informazioni che mi servivano.
Io l’avrei ammazzata. Si, avrei fatto qualcosa di molto brutto a Mimi Tachikawa.
Allora era tutta opera sua!
Le mandai un messaggio minatorio che avrebbe fatto rabbrividire anche il più intrepido dei cuori e lei non tardò a rispondermi.
Non te la prendere, Yamato sta male sul serio!Goditi la serata mi raccomando, ti chiamo domani!”
Adesso aveva anche firmato la sua stessa condanna.
Sospirando, mi lasciai cadere sul letto e ripensai a ciò che mi attendeva.
Io, Tai e una quantità di alcool pari al soddisfacimento di sei adolescenti. Ah già, con alle spalle un episodio alquanto equivoco di qualche ora prima.
Inaspettatamente una scarica di adrenalina mi attraversò la spina dorsale.
Era inutile nasconderlo: Taichi mi piaceva.
Ovviamente era una cosa molto blanda e ancora indefinibile, ma mi sentivo attratta dal quel ragazzo.
Da quel bel ragazzo,precisò la mia solita voce interiore.
Mi sfilai la felpa informe che avevo messo e indossai un semplice ma decisamente più carino maglione a collo alto color panna.
E lo raggiunsi in cucina.
 
 
 
Non so come finimmo buttati sul divano con una bottiglia di vodka mezza vuota in mano a testa, e canzoni del tutto discutibili a tutto volume.
-E poi gli dissi “beh adesso scopati quella troia!”- esclamai in conclusione del mio racconto sulla scoperta del tradimento del mio ex.
Lui mi guardò per un attimo serio e poi scoppiò a ridere gettando la testa indietro.
Avevamo cominciato con tutti i buoni propositi del mondo, avevamo anche cominciato a cucinarci la cena con alcune delle cose che avevamo comprato per l’occasione, ma poi per non sprecare l’alcool, aveva detto Tai, avevamo cominciato a mandare giù un cocktail uno dietro l’altro.
A quel punto avevamo abbandonato l’idea di cucinare e dopo aver alzato il volume dello stereo ci eravamo ritrovati a dirci di tutto e di più buttati lì sopra.
-Un brindisi!- urlò Tai, sollevando la bottiglia davanti a me.
Lo imitai continuando a ridere.- A cosa?-
-A quel coglione del tuo ex, che ha preferito una qualunque…- lasciò in sospeso la frase, e si avvicinò pericolosamente al mio viso quando poi mormorò-…a te-.
Rimasi per un attimo impietrita, ma lui non ci fece caso e si attaccò alla bottiglia.
Io lo osservai, posando la mia a terra.
Aveva gli occhi lucidi, così come dovevano esserlo i miei, ed era rimasto con solo la maglietta a mezze maniche che usava per dormire ed un pantalone sportivo scuro.
E pensai che non era mai stato più affascinante di così.
Lui sembrò intercettare il mio sguardo pensieroso, e con un sorriso più dolce dei precedenti, posò la bottiglia e si alzò in piedi, porgendomi una mano.
-Dai balliamo!-
La canzone di quel momento era molto ritmata e molto in voga. Al locale l’avevamo sentita un sacco di volte perciò non ci vidi niente di male ad assecondarlo.
Non che ragionassi poi molto.
Ci lanciammo in un ballo semi acrobatico, ridevamo a squarciagola e dopo l’ennesima piroetta mi trovai aggrappata alle sue spalle.
-Fermo, o rovinerò questo tappeto!- urlai e sentii le sue braccia cingermi la vita.
-Sora non c’è nessun tappeto- esclamò lui ed io risi ancora più forte.
Poi cominciammo ad ondeggiare sul posto più lentamente, andando completamente fuori tempo.
Ma non m’importava.
Non m’importava di niente, se non delle sue braccia calde che mi tenevano salda contro il suo petto.
-Hai un buon profumo, lo sai?..lo..lo sento sempre ovunque, anche quando sono fuori casa…sulla sciarpa blu che ti prestai la prima sera…-
Continuava a mormorarmi quelle cose con la fronte poggiata sulla mia spalla.
Era alto solo pochi centimetri più di me, quindi i nostri visi erano quasi allineati.
Il mio cuore era in fibrillazione, e l’alcool a quel punto faceva solo da contorno.
-Tai…-
Sentii qualcosa di caldo premere proprio sotto l’orecchio e mi fermai di botto quando realizzai che erano le sue labbra.
Le sue mani risalirono sulla mia schiena in una lunga carezza, mentre io gli arpionavo le spalle con le unghie.
Quando sollevò il capo e mi guardò, non ci fu bisogno di dire più niente.
Non fu un bacio vero e proprio all’inizio, ma solo uno sfregarsi di labbra socchiuse al sapore di vodka e mirtilli.
Chiusi gli occhi, abbandonandomi completamente a lui, a quelle scariche che sentivo pervadermi e al suo respiro accelerato che si confondeva col mio.
Mi tirò sul divano con lui e nemmeno me ne accorsi.
Nel cadere però avevo urtato la bottiglia e la vodka aveva completamente invaso il pavimento.
Senza tappeto.
-Ops..- ridacchio lui, gli occhi mezzi aperti e mentre si sistemava di lungo sul divano, tirando fuori il plaid con gesti goffi tipici di quando si è brilli.
-Vieni qua-, biascicò, e non me lo feci ripetere due volte.
Mi posizionai su un fianco, circondandogli il torace con le braccia, mentre lo sentivo posarmi un bacio sui capelli.
Sorrisi.
Dopo poco avvertii il suo respiro farsi più pesante e le mie palpebre cedere.
Chiusi gli occhi.
 
 
*Cosmopolitan.
Per la preparazione servono i seguenti ingredienti:
4.0 cl. Vodka
1.5 cl di Cointreau
1.5 cl di succo di lime
3.0 cl di succo di mirtillo rosso
So bene che non c’è affatto bisogno del frullatore per preparare questo cocktail e che basta shakerare, ma Taichi non è mica un barman esperto(come si è visto), e quindi ha ripiegato su quello.
 
 
 
 
 
 
 
SPAZIO AUTRICE:
Linciatemi, me lo merito.
Avevo cominciato questo capitolo secoli fa, l’ho riaperto più e più volte ma poi scrivevo una manciata di righi e chiudevo. Insomma oggi mi sono rimboccata le maniche e questo è il risultato. Pietoso o no, sarete voi a dirmelo come sempre.
Spero di non aver deluso nessuno, ho tentato di creare un capitolo denso per sdebitarmi in qualche modo dell’attesa…conf, conf.
Vi dico che in totale non saranno più di cinque capitoli compreso il possibile epilogo(anche se forse e dico forse ci sarà un seguito, quindi l’epilogo sarà superfluo).
Detto ciò, spero di riuscire a non farvi aspettare più così tanto e vi dico un enorme GRAZIE per le splendide recensioni e per l’affetto inaspettato che avete riservato a questa storia.
Ah già, rispondo a chi me l’ha chiesto: Hikari ci sarà nella storia, la vedrete presto.
Un saluto a tutti voi e buon weekend(attenti all’alcool!)
Sabrina
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro ***












Pov Hikari

Solitamente non piombo nelle case altrui senza un minimo di preavviso.
Quello che lo fa è mio fratello Tai e perché no, anche mia madre a volte, quando decide di cucinare l’ennesima torta ai ravanelli e pretende di farla assaggiare all’intero condominio alle tre di pomeriggio.
Quella plumbea e fredda mattina ero partita di buon ora da Tokyo, armata di borsone e tanta pazienza per affrontare le quasi tre ore di treno che mi avrebbero portata ad Osaka.
Avevo avvisato Sora circa una settimana prima e lei si era mostrata entusiasta del mio arrivo. L’avevo inoltre pregata di non dire niente a nessun’altro, un po’ perché volevo fare una sorpresa al mio fratellone, un po’ perché… beh, ad Osaka lui non era l’unico ragazzo che volevo rivedere.
Per tutto il tragitto, nonostante avessi riempito i cellulari di entrambi di chiamate e messaggi, non avevo ricevuto nessuna risposta e la cosa stava cominciando a farmi agitare.
Nel mio stesso scompartimento poi c’era una signora con due bambini alquanto scalmanati che tentavano di coinvolgermi nei loro giochi fracassandomi i timpani: armata di non poca pazienza li assecondai unendomi a loro e alla fine le mie risate erano sincere.
Anche se a dirla tutta, avrei preferito riposarmi un po’.
Quando arrivai davanti al loro appartamento, senza aver chiuso occhio, con un borsone da venti chili dietro e sopratutto senza aver ricevuto uno straccio di risposta, suonai alquanto titubante.
Ancora non sapevo cosa mi sarei trovata di fronte, ma vedere una Sora appena sveglia aprirmi la porta con una faccia sconvolta e con indosso solamente una canottiera, mi fece pensare al peggio.

-

Un suono insistente e metallico quella mattina mi trapanò la testa facendomi sollevare le palpebre che sembravano pesare tonnellate.
La prima cosa che notai, con gli occhi ancora appannati, era che non mi trovavo in camera mia: sentivo l’ormai tristemente nota molla rotta del divano conficcata nel mio fianco sinistro.
La seconda cosa che notai – ed era davvero impossibile non farlo -, era un corpo caldo saldamente ancorato al mio.
Con sforzo sovrumano sollevai entrambe le palpebre rimanendo per un attimo stordita dalla luce che entrava a fiotti attraverso i vetri del balcone. A quanto pare avevamo scordato di abbassare la tapparella.
Poi finalmente, abbassai lo sguardo al mio fianco.
Non so cosa mi trattenne dal lanciare un urlo apocalittico degno di Munch alla vista di quel corpo, di quel ragazzo addormentato al mio fianco e con un sorriso beato stampato in faccia nonostante il sonno pesante.
Deglutii più volte cercando con lo sguardo una veloce via di fuga ma poi i miei occhi vennero nuovamente calamitati su di lui.
La maglietta gli si era sollevata, lasciando scoperti gli addominali ben saldi.
Mi venne voglia di posarci la mano su per vedere come avrebbero reagito d’istinto i suoi muscoli…
Era quella la cosa strana di Tai: indubbiamente era un bel ragazzo, aveva un fisico che molti nostri coetanei di sesso maschile potevano invidiargli, eppure…
Eppure aveva sempre quell’aria da eterno adolescente, quell’espressione spensierata che rare volte gli avevo visto perdere ma che allo stesso tempo infondeva sicurezza a tutti coloro che lo circondavano.
E anche allora quel sorriso beato e quei capelli scarmigliati all’ennesima potenza sul cuscino rigido del divano, lo rendevano… completo.
Per un lungo attimo pensai di svegliarlo nuovamente a suon di cuscinate ma poi accadde ciò che era inevitabile: la consapevolezza della sera prima e del dove io effettivamente mi trovassi, mi fecero mancare il respiro.
Mi alzai stando ben attenta a non sfiorarlo e lo sentii mugugnare – le sopracciglia gli si erano aggrottate in un modo così indifeso che dovetti pestarmi i piedi per non costringermi a tornare lì-, mentre si rigirava e continuava a dormire.
Mi passai la mano nervosamente nei capelli e lo sguardo mi cadde accidentalmente sulle varie bottiglie di vetro sparse per la stanza.
Ed inesorabilmente vuote.
Mi stavo dirigendo a passo di carica verso la mia stanza, pronta a buttarmi sul letto, quando quel suono metallico che mi aveva svegliata mi trapassò nuovamente la testa.
Il campanello!
Agghiacciata mi voltai verso il mio coinquilino ma lui non sembrava minimamente turbato da quel suono.
Beato lui.
Mi guardai due secondi allo specchio per assicurarmi di sembrare almeno umana – preferii non averlo fatto-, e trafelata andai ad aprire.
Vidi Hikari Yagami aprire la bocca con un cipiglio che non prometteva niente di buono, ma poi, dopo avermi guardata per un interminabile secondo, la richiuse.
Ci guardammo ed io ricordai finalmente quello che avevo dimenticato: il suo arrivo.
- Ma stai bene?- fu la prima cosa che mi domandò ed io, posandomi un indice sulle labbra –oh, le labbra!-, le feci segno di seguirmi dentro.
Spiai con lo sguardo le sue espressioni e i suoi occhi sgranati quando vide suo fratello sul divano e gli alcolici sparsi.
Si girò verso di me, poi guardò nuovamente gli alcolici e poi Tai.
Il suo sopracciglio si sollevò ironico. Fu allora che le afferrai il polso e la trascinai in camera mia.
- Allora, non è come sembra- esordii con un tono talmente gracchiante da far accapponare la mia stessa pelle. Scoprii d’avere la gola secchissima.
Lei posò il borsone a terra. – Perché -, cominciò mentre si sfilava il cappotto – come sembra?-
Mi dava le spalle, ma dal tono riuscii ad intuire che sul suo viso si fosse formato un sorriso.
In quello lei e Taichi erano da sempre stati uguali: sorridevano allo stesso modo, loro.
Colta alla sprovvista cominciai a boccheggiare. Già, come sembrava?
- Non… non lo so, dimmelo tu allora – sospirai buttandomi sul letto.
- Beh, innanzitutto ciao Sora Takenouchi e si, è un piacere anche per me rivederti -, la sentii dire ridacchiando e con quel suo tono che non sembrava mai pungente.
Oserei dire sempre comprensivo: nonostante fosse più piccola, a volte i suoi atteggiamenti erano decisamente più maturi dei miei.
Battei un colpo sul letto al mio fianco e dopo poco sentii il materasso abbassarsi sotto il suo peso. –Ho interrotto qualcosa stamattina?-
Il sangue affluì alle mie guance in pochi attimi e la stanza mi sembrò improvvisamente di dieci gradi più calda.
La guardai negli occhi e mi stupii di vederli quasi pieni di… speranza?
Quella cosa mi spaventò. Difficilmente gli occhi di Hikari erano menzogneri.
-Ma cosa dici!Stavamo dormendo, insomma ieri sera ci siamo addormentati lì, o meglio cisiamoaddormentatidopoaverbevutoepoiinsomma…-
Le sue mani gentili si posarono sulle mie spalle interrompendo il mio sproloquio.- Adesso prendi fiato e mi racconti cos’è successo. Tanto sono solo le dieci ed è sabato, Tai dormirà per almeno altre due ore -.


E così Hikari fu la prima a sapere del bacio, -da ubriachi, solo sfiorato- ma pur sempre bacio.
Ricordavo le mani di Taichi che mi stringevano e poi c’era quella sua ammissione sul mio profumo che sentiva ovunque… era davvero assurdo.
Era quasi mezzogiorno quando il ragazzo si svegliò.
Parlare con Hikari mi aveva di molto tranquillizzata, ma non riuscii a frenare i battiti che acceleravano inesorabili.
Lo sentii urlare di stupore alla vista di sua sorella e sicuramente l’aveva presa in braccio perché lei continuava ad urlargli di rimetterla a terra.
Fintanto rimasi in camera, la situazione era gestibile.
Ma dovevo uscirne, prima o poi.
Ed il prima  si affacciò in camera mia con il sorriso malizioso di Hikari. – Allora, non esci?-
Sospirai. – E’ andato a farsi una doccia, via libera per il momento -, aggiunse poco dopo.
Non mi rassicurò granché, ma almeno riuscii ad abbandonare il mio nido sicuro.
Sentivo l’acqua scrosciare mentre io e Hikari cominciavamo a preparare il pranzo.
Il rumore delle stoviglie strideva nelle mie orecchie, ed Hikari capendo il mio imbarazzo mi lanciava sorrisi rassicuranti.
Il suono del campanello per la seconda volta in quella giornata mi riscosse. Guardai la sorella del mio coinquilino perplessa, ma lei mi ricambiò con lo stesso sguardo.
Tamponando le mani sul grembiule da cucina che avevo indossato, aprii la porta.
Trovandomi davanti l’intero nostro gruppo di amici, con a capo Mimi e subito dietro un Tk quasi febbricitante.
- E’ arrivata allora? – mi chiese il minore degli Ishida, e ad un mio cenno del capo si aprì in un luminoso sorriso correndo dentro.
Ma io guardavo Mimi, come lei guardava me.
Gli altri entrarono –per ultimo Yamato, che mi scoccò un’occhiata maliziosa difficilmente fraintendibile-, e sulla soglia rimase solo la ragazza, che mi scrutava attenta.
- Sei…- cominciò, ma io non la lasciai continuare.
L’afferrai per il polso – in un curioso dejà-vu di quella mattina-, trascinandola in camera ed ignorando totalmente tutti gli altri che avevano circondato Hikari in cucina: a quanto pare l’adoravano tutti.
Quando mi richiusi la porta alle mie spalle, Mimi scoppiò a ridere. – Siamo nervose o sbaglio? –
Io cominciai a contare fino a dieci, ma mi fermai a tre.- Tu! – esordii puntandole il dito contro il petto, fasciato da un cardigan in maglia rosso porpora. – Hai idea di cosa tu abbia scatenato ieri sera?! –
Lei mi guardò con una scintilla negli occhi e, congiungendo le mani come se si trovasse davanti ad un’immagine sacra, si avvicinò a me. –Cos’è successo? Perché io so che è successo qualcosa! –.
Con una mano sul fianco, mi massaggiai i lati del naso. Mi stava venendo un terribile mal di testa.
Stavo quasi per spiattellarle l’intero accaduto quando sentii Tai fare il suo trionfale ingresso in cucina.
- Ma… Sora?- chiese con un tono che mi sembrò… impaurito?
Era vicino alla mia stanza, quindi riuscii benissimo ad ascoltare ogni sfumatura di quella domanda.
- Arriva, è andata un attimo di là con Mimi -.
Dolce, cara Hikari.
Deglutii e mi voltai nuovamente verso quel terremoto umano.
Questa volta fu lei a puntarmi l’indice contro.- Dopo esigo un resoconto super dettagliato. Ora andiamo fifona -, e senza lasciarmi nemmeno il tempo di sillabare altro spalancò la porta.
Trovandosi davanti proprio il mio peggiore degli incubi - o il migliore dei sogni, mi suggerì la mia coscienza -.
- Oh! – esclamò Mimi fissando Tai e poi me. - Stavamo arrivando, ma se devi dirle qualcosa fate pure! - sventolò una mano con fare teatrale e andò dritta in cucina.
Mi sembrò di andare in apnea. I nostri occhi si erano incrociati solo per qualche istante ma, codarda, li distolsi subito dai suoi aggiustando delle pieghe sul lenzuolo in realtà perfetto.
- Sora volevo dirti…- cominciò.
Un nodo allo stomaco mi attorcigliò anche la mente. Fermai le mani nervose e le congiunsi pur di tenerle ferme.
Mi voltai lentamente, sfoderando uno dei miei migliori sorrisi: la mandibola mi tirava.
Taichi era in evidente difficoltà, con una mano si toccava i capelli e l’altra grattava nervosamente la guancia.
La ricordavo sulla mia, quella guancia, un po’ ruvida per via della barba dei tre giorni…
- Volevo dirti che ecco, qualsiasi cosa sia successa ieri sera… ti chiedo scusa-.
Una secchiata d’acqua gelida in testa non sarebbe riuscita a farmi sentire più persa.
Sgranai gli occhi, il sorriso si trasformò in una smorfia di stupore. – Qual… qualsiasi cosa?-
Lui abbassò lo sguardo con fare mesto e sospirò pesantemente. – Beh, lo sai ormai come sono fatto. L’alcool non lo reggo bene ed insomma io non sono molto responsabile da ubriaco e credo che ieri sera… insomma io abbia davvero esagerat…-
- Tai, frena! - bloccai quel suo flusso di coscienza senza nemmeno accorgermene.- Non è successo…- deglutii, - non è successo niente ieri. Stai tranquillo, sono crollata sul divano perché anche io avevo esagerato -.
Risollevò il capo di scatto e mi fissò dritto negli occhi con un’espressione talmente seria che per un attimo ebbi paura.
- Davvero? –
- Certo. Puoi stare tranquillo -, conclusi io.
Lui abbozzò un sorriso e si avviò verso la porta. Assorta com’ero non mi ero affatto accorta che fosse entrato in camera.
- Andiamo dagli altri? -, domandò con tono piatto e senza guardarmi ed io lo raggiunsi con nella mente lo stesso tamburo che mi stava squassando il petto.


Il pranzo allargato andò bene.
Hikari sedeva tra me e Tk, anche se ad esser sincera parlò quasi esclusivamente con lui e con un pizzico di malizia notai le sue guance colorarsi di un tenue pesca ogni volta che le sorrideva.
Quindi così soffiava il vento.
Dal canto mio, ero divisa tra le occhiate di Mimi – seduta all’altro mio fianco, - e lo sguardo sfuggente di Taichi, che il caso – oppure no?- aveva voluto proprio di fronte a me.
Ci divertimmo molto, e quando servimmo il dolce, offerto gentilmente da Izzy, Yamato suonò qualcosa con la sua inseparabile armonica. Dopo pranzo Joe e ahimè, anche Mimi andarono via, impegnati entrambi in Facoltà fino a tarda serata.
Sulla porta la ragazza mi fece promette e al tempo stesso promise, di liberarsi per almeno un’oretta verso cena per poter parlare in santa pace.
Acconsentii, pensando che in fondo la vendetta era un piatto che andava servito freddo.
Yamato, Izzy e Taichi si erano rifugiati in camera di quest’ultimo per provare un nuovo gioco portato dall’informatico del gruppo, mentre Hikari e Tk sedevano sul divano scherzando tra loro.
Il ragazzo la guardava in un modo così intenso che provai una sana invidia benevola per Hikari. Lei rideva delle sue battute in un modo talmente puro da non accorgersi che Takeru seguiva ogni suo singolo movimento.
Il biondo m’invitò nella conversazione con molta discrezione e lo stesso fece lei, ma mi sentii di troppo e con una scusa uscii sul balcone.
Il freddo pungente mi aiutava a schiarirmi le idee.
Dicembre era alle porte e il freddo copriva tutta Osaka. C’era una lieve nebbia quel pomeriggio, ed il sole non riusciva a penetrare quella coltre grigia.
Mi sentivo un po’ così, grigia come quel cielo, senza sapere nemmeno bene il perché.
O meglio, ne ero perfettamente conscia, ma non volevo ammetterlo nemmeno a me stessa.
I palazzi si fecero più sfocati e con sorpresa mi accorsi d’avere gli occhi lucidi.
Alzai lo sguardo al cielo per ricacciare indietro quelle inspiegabili lacrime di frustrazione e proprio in quel momento sentii l’anta del balcone aprirsi.
Per un attimo temetti sul serio di trovarmi di fronte il mio coinquilino, invece era soltanto la testa bionda di Yamato.
Richiuse la porta alle sue spalle e si poggiò di fianco a me senza dirmi una parola.
Ero nervosa perché aveva avuto la capacità di beccarmi in uno dei miei momenti no. Ma sapevo che i silenzi di Yamato spesso erano proprio così, senza cose nascoste.
Stranamente quella volta ebbi la sensazione opposta.
- Voglia di stare sola? – mi chiese, e nel farlo il vapore uscì dalle sue labbra.
Annuii, non c’era bisogno di mentire.
Voltò il capo e subito dopo i suoi occhi chiari mi fissarono. – Non devi pensarci, perché lui è fatto così -.
Lo guardai stranita ma allo stesso tempo il solito nodo allo stomaco salì ancora.
Alzò un angolo delle labbra, con un’espressione che non seppi definire altro se non… dolce. Capii il perché solo ascoltando quello che mi disse dopo.
- Tai è il mio secondo fratello. So che siamo completamente opposti. Non ti nego che in passato non sono mancati momenti di lotta tra noi e per lotta intendo anche scazzottate nel bel mezzo del cortile della scuola, - si toccò la mandibola pensieroso, forse ricordando di essere stato colpito dal suo migliore amico proprio lì.
- Lo conosco come conosco me stesso, - continuò - anzi forse meglio, perché lui è molto più facile da leggere, me ne rendo conto- ammise, strappandomi un sorriso. – Sono certo che qualsiasi cosa sia successa tra voi due l’ha sconvolto. Da quando sei arrivata è… beh, suppongo di dover dire ancora più Taichi di quanto lo sia di solito. Perciò non mollare la spugna con lui, non farlo mai -.
Ero rimasta con le sopracciglia aggrottate per tutto il tempo e solo quando finì di parlare me ne resi conto, tornando con il viso rilassato.
Mi lanciò un’ultima occhiata e prima di tornare dentro mi richiamò.
- Si? – risposi, completamente stordita da quanto mi aveva appena confessato.
Lo vidi sorridere, un sorriso per cui tante ragazze avrebbero ucciso e che io consideravo caldo come quello di un amico. – Non essere troppo dura con Mimi. Ha dei modi fin troppo diretti a volte, ma agisce sempre a fin di bene -.
E senza aggiungere altro si richiuse il battente alle spalle.










SPAZIO AUTRICE:
Più di tre mesi d’attesa, ne sono consapevole. Ahimè, questa volta la colpa è per 60% mia e per il restante della sessione estiva che di certo non rallegra le mie giornate.
Parlando del capitolo, so che forse vi aspettavate più momenti Taiora ma, dopo lo scossone finale del capitolo precedente, ho cercato proporre uno sguardo più ampio.
Finalmente Hikari ha fatto la sua entrata in scena: spero di non aver deluso i fan di questo personaggio con la mia versione, ho tentato di essere il più IC possibile.
Inoltre c’è una novità che potete trovare sulla mia pagina personale ma che vi dico anche qui. Con non poco imbarazzo – credetemi, è proprio tanto-, mi sono lasciata convincere a creare una pagina su Facebook che potete trovare digitando “Reby” sul social oppure cliccando sul bottoncino della mia pagina autore qui su EFP.
Non so esattamente come gestirla ma ogni aggiornamento, ogni avanzamento delle mie storie lo troverete scritto lì, così magari potrete anche insultarmi per i miei continui ritardi!
Ultima notizia e poi vi lascio: molto probabilmente troverete presto una mia nuova storia, ma ci devo pensare un po’ su prima di pubblicarla perché decisamente ricalca molto le orme delle mie precedenti long su questa serie(e ci siamo capiti).
A presto spero,
vostra Sabrina.

PS. Mi sono accorta recentemente che la mia “Breathlessly” è al primo posto tra le Storie più popolari nella sezione. Non so se questa situazione durerà perché ci sono ottimi lavori in giro, ma per me è stato un colpo scoprirlo perciò GRAZIE.

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