50,555 sfumature di grigio talpa tendente al tortora - Perché è la quantità che conta

di LeftEye
(/viewuser.php?uid=4234)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo le fangirls danno titoli ai capitoli ***
Capitolo 2: *** Cercate il vostro Christian... nella vostra testa ***
Capitolo 3: *** Oddio - il primo di una lunga serie ***
Capitolo 4: *** Galeotto fu il vomito ***
Capitolo 5: *** Di spazzolini e samba ***
Capitolo 6: *** Mondolibri è il male! ***
Capitolo 7: *** Formaggio ***
Capitolo 8: *** Rimediare all'onta ***
Capitolo 9: *** Di acqua che evapora e note di autunno ***
Capitolo 10: *** Di madri e vino nero (un capitolo vagamente fascista) ***



Capitolo 1
*** Solo le fangirls danno titoli ai capitoli ***


50,555 sfumature di grigio talpa tendente al tortora - Perché è la quantità che conta
 
 
 
Note: questa è una parodia che mira ad amplificare gli aspetti più ridicoli di “50 sfumature di grigio”. Ci tengo a precisare due cose: è una storia che appartiene al genere non-sense, e riprende praticamente del tutto la trama originale del romanzo, ecco perché alcuni passaggi e battute dei personaggi sono gli stessi. Alcuni riferimenti ironici sono chiari (es: la continua promozione di prodotti, come in uno spot pubblicitario), altri meno chiari, ma verranno spiegati a fine capitolo.
Attenzione! Il linguaggio può essere esplicito e rasentare il cattivo gusto.
Attenzione! Il linguaggio può essere esplicito e rasentare il cattivo gusto.
Attenzione (2)! Sì, ho scritto il titolo in Comic Sans solo per darvi fastidio.
 
 
 
Capitolo uno
 
Mi guardo allo specchio e sorrido soddisfatta. 
Ho i capelli di una che si è appena alzata dal letto, ma non mi importa: sono comunque una strafiga, anche se faccio finta di non saperlo e dico a tutti che sono brutta. Uso tutti i giorni lo shampoo Pantene “Lisci Effetto Seta” che rende i miei capelli splendidi e lucenti: dovreste provarlo!
Ringrazio mentalmente Katherine Kavanagh, che si è ammalata e mi ha chiesto di sostituirla in un'intervista che sul mio curriculum risalterà come la corona della regina Elisabetta in una bigiotteria. A proposito di bigiotteria: ieri ho comprato uno splendido braccialetto da Accessorize, che è il mio negozio preferito!
Ma ritorniamo all'intervista: è la cosa migliore che mi potesse capitare a poche settimane dalla laurea, e chi se ne frega se ora dovrei essere a studiare per gli ultimi esami, tanto questa è una storia ambientata in America e non esiste lo stress pre-esami.
Certo che, se non fossi andata a letto con i capelli bagnati, ora sarei in grado di girare il collo per ammirare al meglio la mia immagine riflessa sullo specchio.
“Non devo più andare a letto con i capelli bagnati. Non devo più andare a letto con i capelli bagnati.”
Recitando mentalmente questo mantra, mi schiaffeggio più volte per ricordarmelo meglio. «Non devo più andare a letto con i capelli bagnati, stronza idiota che non sono altro!» urlo alla mia immagine riflessa sullo specchio, dandomi anche qualche pugno. Lo faccio sempre, per incoraggiarmi.
Ora ho anche le guance arrossate, così sono pure più figa.
Ho degli occhi azzurri talmente grandi che, se mi avvicino troppo allo specchio, mi spavento da sola: una volta ho colto di sorpresa il mio riflesso che mi fissava e ho urlato dal terrore, pensando che ci fosse una pazza psicolabile che mi guardava. E invece ero io!
Mi lego i capelli – è risaputo che le ragazze sfigate ed insicure del proprio aspetto si legano sempre i capelli – sperando di avere ottenuto un bel look da appena scappata di casa, in modo da poter impietosire qualcuno, magari un affascinante miliardario superdotato.
Ah! Ecco perché ero davanti allo specchio, con tutto questo ciarlare me n'ero quasi scordata: devo fare un'intervista al posto di Kate, la mia coinquilina e migliore amica.
La adoro, lei è il mio modello di riferimento, la ammiro e la venero, soprattutto perché vivo a scrocco a casa sua.
Ma certo che è una gran despota! Solo perché non mi fa pagare l'affitto, non vuol dire che io debba farle da schiava!
In fondo ha solo la febbre a trentanove, il raffreddore, il mal di gola, il catarro e non si regge in piedi, poteva guidarsela lei la sua Mercedes CLK (un'auto stupenda, fila che è una meraviglia... dovreste provarla!) fino a Seattle per intervistare un figo multimilionario.
E invece, con tutte le cose che ho da fare, tocca a me andarci: che barba!
«Ananas, mi dispiace» mi dice Kate con voce rauca.
«Lo faccio solo perché sei tu» rispondo. «Ma è così importante questo tizio così misterioso? Chi è? Non ne ho mai sentito parlare!»
«Ehm... viene citato praticamente tutti i giorni sul Financial Times.»
«Oh, lo sai che io leggo solo classici inglesi» sbotto alzando gli occhi al cielo. Ma per chi mi ha preso? Che cosa sarebbe questo Financial Times? Io leggo solo roba di classe: classici, per l'appunto, ad esempio Tess dei d'Urbervilles.
«Beh, se digiti il suo nome su Google trovi più di centomila risultati» insiste Kate prima di sputare una palla di catarro su un fazzolettino.
«È la febbre che ti provoca queste allucinazioni» cerco di consolarla sistemandole i cuscini dietro la schiena. «Non riesco proprio a capire di cosa tu stia parlando e non so chi sia questo Gugol, ma vedrai che guarirai. Ora vado. Ah, prendo la tua auto perché la mia Wanda è troppo da sfigati.»
«Aspetta... ma Wanda non era il nome che avevi dato alla tua vagina?» mi chiede confusa. Io roteo di nuovo gli occhi: Kate sa della mia passione di affibbiare nomi a qualsiasi oggetto, ma non riesce mai a ricordarli.
«No, quella cosa lì si chiama Proprio Lì... Wanda è il mio Maggiolino che ho comprato appositamente per sembrare una disadattata. A presto, riposati!»
 
 
Arrivo alla sede della Grey Enterprises Holdings Company S.n.c. Inc. S.p.a. Federation Group Ikea Company & Bros giusto in tempo per l'appuntamento. Da dietro la splendida reception, una bionda massiccia e tutta in tiro mi sorride amabilmente. È una strafiga, ma mai quanto me, eppure indossa un tailleur Armani con scarpe Louboutin niente male. Ora che ci penso, avrei fatto meglio a scegliere con più cura il mio abbigliamento, invece ho messo una gonna in jeans viola, gli stivali da pioggia rossi a pois gialli, la camicia a quadri blu e verdi e una sciarpa di lana rosa confetto. Tutto comprato da Gap, se vi interessa.
«Sono qui per vedere Mr. Grey» annuncio squadrandola. Mi danno fastidio le bionde. Così, a prescindere.
«Ottimo, direi.» Mi porge il Pass con la scritta “Ospite”.
«Mi pare ovvio che sono solo un'ospite» sospiro desolata. «Non c'entro niente con questo posto. Nessuno mi calcola, nessuno mi vuole qui davvero. Tutti mi odiano, non esiste una persona che mi apprezzi come sono. Non vedete l'ora che me ne vada, è così? È perché sono vestita da sciattona? O forse perché sono mora? È perché sono mora e ho gli occhi troppo grandi per il mio viso, abbia il coraggio di ammetterlo!» scoppio a piangere.
«Signorina» mi interrompe la bionda. «Questo è il Pass che diamo a tutti gli ospiti...»
Mi indica la strada per gli ascensori; l'edificio è talmente immenso che devo chiederle di ripetermi le indicazioni per altre due volte; poi, quando penso di aver capito, faccio cinque passi, mi volto a destra e finalmente trovo gli ascensori.
Salgo fino al ventesimo piano a velocità supersonica, tant'è che, quando esco, sono spettinata e mi sento girare tutta.
Mi accoglie un'altra bonazza bionda che mi guarda storto, e mi chiedo perché la stanza continui a girare tutta.
«Ehm... si sente bene?» mi chiede. «Perché sta girando su se stessa?»
Mi fermo.
«Ah. Ecco perché mi sentivo girare tutta.»
La bionda mi dice di sedermi e aspettare, e ne approfitto per leggere gli appunti che Kate mi ha passato. Non so assolutamente nulla su questo Grey: ma proprio un emerito sconosciuto, dovevo intervistare?!
E in più sono nervosa: è la mia prima intervista e non so bene come comportarmi.
Mi do un altro schiaffo per cercare di calmarmi.
Un'altra gnocca bionda mi si avvicina: ma perché questa fissazione per le bionde? È inutile che se la tiri, tanto “rubia de bote, cocho morenote1.
«Miss Steele?» mi chiama.
«Sììì» gracchio sbattendo le braccia come se fossero ali. Mi schiarisco la voce. «Sì» ripeto con la voce cavernosa di un transessuale. Ecco, così suona più autorevole.
«Mr. Grey arriverà a momenti. Posso prendere la sua giacca?»
«Ok» rispondo con un'alzata di spalle; mi sfilo la giacca e, già che ci sono, pure gli stivali, così sto più comoda. Dopo qualche istante, mi dice di accomodarmi nell'ufficio di Mr. Grey, ma la porta è chiusa e vengo assalita da una sensazione di panico: che devo fare?
Mi inginocchio e comincio a guaire e a grattare sulla porta, fino a quando qualcuno apre, e io finisco lunga distesa sul pavimento.
“Merda, sono caduta! La mia solita figuraccia!” penso mentre due forti braccia mi aiutano a rialzarmi. Sollevo lo sguardo e... merda, è giovanissimo bellissimo ricchissimo.
«Lei deve essere la verginella che mi porterò a letto e che farà breccia nel mio arido cuore incatenandomi a lei per sempre felice e contento. Io sono Christian Dior.»
«In realtà, io sono Anafora Steele.»
«E io che ho detto?» mi stringe la mano e io vengo. Dev'essere l'elettricità statica. Sbatto in fretta le palpebre per far riavviare il cervello. Non funziona mai.
«Miss Kavanagh mi ha mandata a fare l'intervista al suo posto, affinché il nostro incontro potesse sembrare una pura casualità del destino, ma in realtà questa cosa sembra comunque ridicola.»
«Già. Vogliamo procedere con un'inutile conversazione che dia una parvenza di spessore psicologico ai nostri personaggi?»
«Ma certo! Io studio letteratura inglese alla Washington State University di Vancouver, e ho scoperto solo recentemente che non si trova né a Washington né in Canada.»
«Non me ne frega niente» dice lui semplicemente. Mi pare di scorgere sul suo volto l'ombra di un sorriso, ma non ci giurerei.
Mi fa accomodare su un divanetto a R di pelle bianca.
Il suo ufficio è troppo grande per un uomo solo e ammetto che questa è un'affermazione veramente stupida, perché Grey non ci abita mica nel suo ufficio, e poi perché sono affaracci suoi, e se vuole, ricco com'è, può anche avere un ufficio grande come una portaerei.
Ma questo è il pensiero dell'autrice di questa parodia, e siccome io sono Anastasia Steele, continuo a ritenere che l'ufficio sia troppo grande per un uomo solo e la cosa mi insospettisce.
Davanti alla vetrata c'è un'enorme scrivania moderna di legno scuro, bla bla bla, ma davvero vi interessa saperlo?
«I quadri sono di Trouton» dice Grey. «Giusto per far vedere che sono un uomo acculturato e non un cafone che compra opere d'arte costosissime solo perché se lo può permettere. Perché se così fosse, non sembrerei più così affascinante.»
«E io ora dirò qualcosa di apparentemente intelligente, per lo stesso motivo» rispondo. Tiro fuori dal mio zainetto da scolaretta il registratore e inizio con le domande: «Mr. Grey, a che cosa deve il suo successo?»
«Non ne ho idea, ma anche se in molti vorrebbero saperlo, non è importante ai fini della storia, e di sicuro le casalinghe che comprano questo libro non sono interessate a scoprirlo. Tuttavia, farò un monologo di dieci righe dove metterò in risalto le mie abilità imprenditoriali, citando a caso alcuni collaboratori, per dimostrare che non sono un egocentrico, e aggiungendo qua e là qualche frase priva di senso sui sogni, la logica e il duro lavoro.»
«Ok. Ma l'autrice del romanzo non poteva semplicemente scrivere che lei ha ereditato questo impero dalla sua famiglia, o che ha avuto una botta di culo?»
«No, poiché altrimenti non ci sarebbe stato spazio per una splendida frase ad effetto, contenente la parola “leadership” che fa sempre figo e incorniciata da una citazione a caso di un uomo d'affari a caso.»
«Lei sembra un maniaco del controllo.» Le parole mi escono di bocca prima che riesca a fermarle.
«Oh, io esercito il controllo su tutto, Miss Steele» dice, ed ecco lo primo scambio di battute creato ad hoc per far intuire alle lettrici di cosa parlerà il libro. Che tocco di classe, eh?
«Ha qualche interesse, al di fuori del lavoro?»
«Certo, sono assurdi e molto vari, perché senza non sarei potuto sembrare sufficientemente figo: faccio sci, sci nautico, parapendio, surf, snorkeling, nuoto con gli squali, pattinaggio artistico, ginnastica acrobatica, karate, kick boxing, zumba, pilates, zapping, five six prending, seven eight manging2, leggo, scrivo, suono il pianoforte, l'arpa, l'ukulele, piloto elicotteri, yacht, autotreni, tricicli, carrelli della spesa.»
«Lei investe anche nell'agricoltura, perché?»
«Monologo su quanto io sia buono e generoso e aspiri a sfamare tutti i poveri del mondo.»
«Lei è stato adottato. In quale misura ritiene che ciò abbia influenzato la sua personalità?»
«Risposta secca per far capire che sono suscettibile sull'argomento, molto probabilmente perché ho subito dei trami da bambino e sono molto molto sensibile.»
«Lei mangia la banana, Mr. Grey?»
«Prego?»
«Lei è ricchione?»
Lui sospira irritato e io mi sento mortificato.
«No, Anastasia. Io sono troppo fico per essere gay e in questo romanzo non esistono i froci, perché Gesù non vuole. Dio ha fatto l'uomo e la donna perché trombassero come conigli e non è carino disturbare le fantasie erotiche delle lettrici parlando di finocchi.»
«Le chiedo scusa...»
È la prima volta che pronuncia il mio nome, e infatti mi sono bagnata.
«Lasci stare, ma ora mi racconti qualcosa di lei. Che progetti ha dopo la laurea?»
«Naturalmente nessuno, è per questo che mi è stata affibbiata una facoltà scrausa come Lettere. Spero solo di farmi arare da un multimilionario, di sposarmi con lui e vivere di rendita fino alla fine dei miei giorni. Sono una ragazza di poche pretese, in fin dei conti. Bene, direi che l'intervista può finire qui, del resto non era una vera intervista e nella vita vera nessuno pubblicherebbe mai un articolo del genere, neppure sui rotoli di carta igienica.»
Mi accompagna alla porta e io aspetto che lui faccia qualche mossa, ma Mr. Grey mantiene il suo atteggiamento compassato e freddo. Forse non è bene usare la parola compassato, è troppo ricercata per questa storia. Dirò che Mr. Grey mantiene il suo atteggiamento freddo e freddo.
Abbandono l'edificio un po' delusa.
Non mi ha nemmeno dato una pacca sul culo.
 
 
 
 
 
Note:
1) è una colorita espressione spagnola che non so tradurre alla lettera, ma che descrive le donne bionde di capelli, ma more Proprio Lì.
2) quella stupidissima pubblicità di Bonduelle, avete presente?
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cercate il vostro Christian... nella vostra testa ***


Capitolo due
 
Il cuore mi batte all'impazzata. L'ascensore arriva al piano terra e mi sputa fuori schifato, facendomi ritrovare all'esterno dell'edificio.
Nessun uomo mi ha mai fatta sentire come Christian Grey e non riesco a capire il perché. È il suo aspetto? La sua ricchezza? È forse un aerostato? È forse un catamarano1? La sua ricchezza? La sua ricchezza.
Quell'uomo mi ha scombussolata tutta, mi si sono attorcigliate le budella, sento le farfalle nello stomaco, il cuore batte a mille. Mi avrà forse trasmesso qualche malattia contagiosa?
Cerco di riprendere il controllo mentre salgo in auto e parto per tornare a casa.
Certo, Grey è un uomo molto attraente, sicuro di sé, autorevole, a suo agio con se stesso, ricchissimo da far schifo, con un bel pacco, ma l'altra faccia della medaglia è che ha delle qualità camuffate da difetti. Una cosa da non prendere sottogamba.
È una persona fredda, ma solo in superficie: di sicuro nasconde un passato di traumi e soprusi che lo hanno portato a costruire un muro tra sé e il resto del mondo, per impedirgli di soffrire ancora.
È arrogante e intransigente, ma ha il diritto di esserlo. Perché di sì.
Mentre guido, la mia mente continua a vagare, e pure l'auto, che va a zig zag perché sono troppo distratta dal ricordo degli occhioni di Grey.
Accendo lo stereo e alzo il volume al massimo, proprio come in tutte quelle stupide commedie americane.
Quando arrivo a casa, Kate mi fa subito il terzo grado:
«Com'è andata l'intervista? Com'era lui?»
Oddio, quante domande!
«È stato educato, formale, un po' ingessato... come se fosse più vecchio di me. Non gli piace parlare come un ventenne. A proposito, quanti anni ha Mr. Grey?»
«Ventisette, ma siccome nella fanfiction da cui è nata la storia lui era il vampiro Edward, questa sarebbe dovuta essere una battuta chiave per svelare la sua vera identità.»
«Ok. Io scappo al lavoro, anche se il mio turno finisce tra quindici minuti.»
Quando arrivo da Brico, la signora Brico non si accorge che sono in ritardo di quasi cinque ore e dice una frase a caso per sottolineare la mia validità come impiegata che conosce la differenza tra un cacciavite e un martello.
Lavoro per cinque minuti e poi torno a casa, dove trovo Kate intenta a lavorare all'intervista.
«C'è davvero dell'ottimo materiale qui» si complimenta. «Non gli hai praticamente chiesto un cazzo. È un'intervista degna di Porta a Porta! È evidente che Grey ha passato tutto questo tempo con te perché sperava di stranfugnartisi.»
«Grazie, ma per le prossime cento pagine farò finta di non esserne consapevole e mi lagnerò del fatto di essere troppo sfigata per interessare a uno come lui.»
«Io invece inizierò a tartassarti perché so già come questa storia andrà a finire e non vedo l'ora che voi due trombiate. Dì la verità, lui ti piace.»
«A me?! Nooo!» esclamò facendo la bocca a culo di gallina. «A proposito, perché hai voluto che gli chiedessi se era gay? Quella domanda l'ha molto seccato.»
«Volevo vedere se eri così stupida da chiederglielo davvero. Hai confermato i miei dubbi.»
«È stato molto imbarazzante e sono contenta di non doverlo rivedere mai più.»
«Ma che dici? A me sembra molto preso da te, e l'ho capito solo ascoltando la registrazione della tua intervista.»
«Mi scappa la pipì.»
«E questo cosa c'entra, adesso?»
«Niente, è una tecnica che serve ad interrompere la conversazione nel momento clou e a tenere in sospeso le lettrici per altre cinquecento pagine, altrimenti la storia sarebbe già finita. Quindi ora vado a fare pipì.»
 
Quella sera, sempre per tenere in sospeso le lettrici, non parliamo più di Christian De Sica. Mi dedico alla mia tesina su Tess dei d'Urbervilles, perché è l'unico libro che io abbia letto e vi farò una testa così per tutto il romanzo, perfino elargendo teorie sconclusionate e del tutto errate sul significato dell'opera e facendo rivoltare Thomas Hardy nella tomba.
Il giorno seguente telefono a mia madre.
Poi telefono a Ray, il mio patrigno, colui che mi ha spiegato la differenza tra un cacciavite e un martello.
Poi vado in farmacia, e dal panettiere.
Poi arriva venerdì e finalmente entra in scena un altro personaggio, a cui dedicherò più attenzione solo perché mi muore dietro da anni. Si chiama Pablo, o José, o Bernardo, non ricordo bene: è un messicano, giunto fin qui clandestinamente, è ovvio, come tutti i messicani, e credo si mantenga facendo il giardiniere di giorno e lo spacciatore di notte.
«Pedro! Che. Bello. Vederti!» scandisco bene le parole perché, poverino, potrebbe non capire. «Yo muy feliz!» Lo abbraccio rapidamente, non vorrei mi attaccasse la latinità. «Entra. E. Vai. Nella. Cocina! Io. Volere. Tacos. E. Margarita!»
Alejandro è la prima persona che ho conosciuto all'università, ed è subito diventato mio amico perché mi faceva pena e perché è politically correct avere almeno un personaggio appartenente ad un'etnia diversa. Fosse per me, saremmo stati tutti WASP2.
Ad ogni modo, Jacob ha avuto l'imprinting con me e da quel giorno mi segue come un cagnolino.
Paco studia ingegneria ed è il primo della sua famiglia a frequentare l'università. È molto intelligente, per essere un messicano, ma la sua vera passione è la fotografia. Ha talento: lo devo dire per far felici le minoranze etniche.
«Ci sono novità.» Sorride, con gli occhi scuri che brillano. Anche i messicani provano emozioni, proprio come noi!
«Non. Mi. Dire... Hai. Imparato. Una. Nuova. Palabra. In. Inglese!» esclamo entusiasta, e lo sono davvero, perché a volte è davvero difficile capirlo.
«No. Il mese prossimo la Portland Place Gallery esporrà le mie fotografie. Vorrei che tu fossi presente.»
«Wow!» Felice per lui, gli tiro un biscotto e lui lo afferra al volo con i denti.
Diego de la Vega e io siamo buoni amici, ma so che lui vorrebbe qualcosa di più, perché altrimenti che ci starebbe a fare nella storia? È  un ragazzo carino e simpatico, ma è povero e latinoamericano. Non è il mio tipo, insomma, tuttavia, invece di farglielo capire chiaramente, mi diverto a tenerlo sulle spine.
Non guardatemi così, so che lo avete fatto anche voi, almeno una volta!
Katherine, che è tonta, mi prende in giro dicendo che mi manca il gene “ho-bisogno-di-un-fidanzato”, ma la verità è che mi sono rincoglionita leggendo Harmony e guardando commedie romantiche con Kate Hudson e sto aspettando un tipo di uomo che non esiste, ma che verrà creato appositamente per questo romanzo.
Ma proprio non capisco come facciano le altre donne a stare insieme a tipi pelosi, stempiati o calvi, con la pancia, senza muscoli, squattrinati, che sudano quando lavorano, che lavorano, che a ventisette anni non sono ancora dei miliardari, che non sanno pilotare un elicottero, che non hanno un pene di trentacinque centimetri, che non regalano prodotti della Apple (a proposito: Samsung merda), che non procurano orgasmi con il solo sguardo, che chiedono con gli occhi dolci di fare l'amore invece di sbatterle al muro e fotterle senza pietà, che hanno la pazienza di sopportarle quando loro si lamentano perché non assomigliano neanche un po' a Christian Grey... io davvero mi chiedo come facciano!
Ragazze, sveglia! Il vostro Christian è là fuori che vi aspetta!
Guardo Miguel preparare i margarita. È inutile che lo descriva, sapete già che è un figo assurdo e ha gli occhi ardenti. Ora dovrebbe seguire una battuta sugli occhi ardenti e sulla congiuntivite, ma qui non si fa della comicità da quattro soldi.
 
 
Il sabato il negozio è un incubo: ci sono due clienti e non so che pesci pigliare.
Durante la pausa pranzo, poi, non ne parliamo: la signora Brico mi mette alla cassa a confrontare i codici dei nuovi ordini con quelli del catalogo, e quel compito così difficile mi assorbe completamente.
Sono talmente concentrata che non mi accorgo dell'arrivo di Mr. Grey, che si ferma davanti a me e mi guarda con interesse.
«Miss Cartongesso, che piacevole sorpresa.»
Oh. Mio. Dio. Che diavolo è venuto a fare qui con i capelli scarmigliati, la pelle morbida e impomatata, fresca di pulizia del viso, gli occhi ardenti, e la sua tenuta da tempo libero, il maglione color crema leggermente tendente al papaya, fatto a mano a punto croce mescolato a punto quadro, i jeans modello a gamba regolare, sfilacciati con tasche oblique e le scarpe sportive con suola antiscivolo?
«Mr. Grey» è l'unica cosa che riesco a mormorare. Sulle sue labbra aleggia l'ombra di un sorriso e gli occhi brillano di ironia, come se fosse divertito da uno scherzo segreto.
Sì, ho detto proprio scherzo segreto.
«Passavo di qua.»
«Sì, certo. Scommetto che questo è l'unico Brico nel raggio di miglia.»
«Avevo bisogno di fare qualche acquisto...»
La sua voce è roca e morbida e calda e suadente come cioccolato nero (80%) fuso al caramello... o qualcosa del genere3. Boh.
Scuoto la testa per ricompormi. Il mio cuore batte furiosamente, e per qualche motivo arrossisco sotto il suo sguardo immobile. Sono totalmente sconvolta. Scombussolata. Sconcertata. Scioccata.
Alla fine, riesco a fare il riavvio manuale e a ripristinare le mie funzioni cognitive, anche se, come sempre, qualche dato è andato perso.
«Anemone, mi chiamo Anemone» farfuglio. «Come posso aiutarla?»
Lui sorride, e ancora una volta sembra immerso nella... in un suo grande segreto.
«Tanto per cominciare, vorrei delle fascette da elettricista» mormora con una punta di ironia negli occhi gelidi. Che prima erano ardenti ma ora sono gelidi, e poi saranno di nuovo ardenti.
«Fascette da elettricista? Ma io so solo la differenza tra un cacciavite e un martello!»
«Che importa, questa scena serve solo per descrivere nei modi più banali le sensazioni che ti provoca la mia sola presenza.»
«E che cosa ci fa qui da queste parti? È qui per affari?» chiedo, e la voce mi esce così stridula che sento dei cani abbaiare in strada.
«Bla bla università, bla ricerca, bla bla bla sfamare il mondo.»
“Visto? Non è venuto fin qui per bombarti.” Le mie ridicole fantasie mi fanno arrossire.
«Vorrei anche del nastro adesivo di carta.»
«Nastro adesivo di carta?»
«Devi ripetere tutto quello che dico?»
«Deve imbiancare?»
«Devi farti i cazzi di tutti i clienti che vengono qui?»
«Da questa parte» sussurro, imbarazzata.
Prendo il formato più grande di nastro adesivo che abbiamo in negozio e glielo porgo. Le nostre dita si sfiorano e sento una scossa, come se avessi toccato un cavo scoperto. Bzz. Mi si sono bruciate le sopracciglia.
Lui mi chiede cinque metri di corda, io la taglio e la arrotolo riuscendo a non mozzarmi un dito. Che brava!
«Era negli scout?» mi chiede lui con un sorriso divertito.
«Le attività di gruppo organizzate non sono la mia passione, Mr. Grey.»
«E qual è invece la sua passione, Anaconda?»
Lo guardo, incapace di articolare una risposta. Non perché sia troppo emozionata, ma perché il mio personaggio non è stato sviluppato a sufficienza e non so bene che cosa mi piaccia fare, oltre a farmi rimorchiare da stalker miliardari bisognosi di affetto.
«I libri» sussurro. “I libri sono sempre un'ottima risposta.”
«Che genere di libri?»
Oddio, e adesso che cosa gli dico? Il panico mi assale. Ma perché vuole sapere tutte queste cose?!
«Ehm... i classici. Tess dei d'Urbervilles
«E poi?»
«E poi... Orgoglio e Pregiudizio
«E poi?»
«Ehm... Cime Tempestose
«E poi?»
«Romeo e Giulietta
«E poi?»
«E poi basta, non mi vengono in mente altri titoli banali.»
Sono tutta sudata, mi ha davvero messa a disagio. “Smetti di parlare. Smetti SUBITO di parlare.”
Purtroppo non ascolto mai il neurone, e propongo a Jennifer Grey di posare per un servizio fotografico per l'intervista di Kate, così potrò incontrarlo di nuovo e magari lui si deciderà finalmente a mettermi a novanta.
Per una frazione di secondo sembra quasi smarrito, e mi sento di nuovo tremare le gambe.
“Oddio. Lo sguardo smarrito di Christian Grey.” Se avessi un cellulare, avrei twittato questa frase insieme all'immagine di un disegnigno che vomita arcobaleni, e l'avrei condivisa con tutte le mie amiche fangirl. Ma Christian non mi ha ancora regalato un telefono.
“Oddio. I peli nel naso di Christian Grey.”
Ho assolutamente bisogno di un cellulare.
«Okay.» Gli sorrido. Kate. Sarà. Contentissima.
«Ana!» mi sento chiamare da un personaggio sconosciuto e totalmente inutile ai fini della storia, ma che quando si avvicina mi si abbarbica addosso, giusto per far ingelosire Grey. Lui, difatti, mette il muso e pesta i piedi a terra.
«Le serve qualcos'altro?» chiedo.
«No» risponde freddamente.
«Sono sei per sette quarantadue dollari del Belize. Solo da Piccol.»
«Mi fa lo sconto?»
Oh, com'è sexy! Mi lascia in piena tempesta ormonale. Qualcosa mi dice che forse sono attratta da lui. Non posso continuare a negare i miei sentimenti. Non mi sono mai sentita così. Lo trovo attraente, molto attraente, super attraente, pluri attraente, attraententissimo.
Ma è una causa persa, lo so, e sospiro con un rimpianto dolceamaro al wasabi.
La sua Venuta è stata una coincidenza, lo so. Comunque, posso sempre sbavargli dietro da lontano, e se trovo un fotografo (dove mai lo potrò trovare? Sarà un arduo compito!), domani potrò ammirarlo meglio.
A quel pensiero, mi mordo il labbro per la prima delle duecentosettantasette volte che lo farò in questa storia e rido come un'oca tra me e me. Hi hi hi!
 

 
 
Note:
1) Quel rissoso, irascibile, carissimo Zborro. http://www.youtube.com/watch?v=Voz7IrR1kTY
2) WASP: White Anglo Saxon Protestant: indica un cittadino statunitense discendente dei colonizzatori originari inglesi, non appartenente quindi a nessuna delle tradizionali minoranze (fonte: Wikipedia). Come Bree Van De Kamp.
3) Come riportato nel romanzo.
 


Wow, non mi aspettavo tutto questo successo! Ringrazio di cuore tutte le persone che hanno letto e commentato il primo capitolo! Le vostre recensioni (a proposito, risponderò ad ognuna non appena avrò un attimo di tranquillità) mi hanno fatto davvero molto piacere, sono contenta che il primo capitolo vi abbia divertiti!
Mi ha fatto molto piacere anche il fatto che mi abbiate detto quali parti vi hanno fatto più ridere: molti di voi hanno detto di essere sempre stati un po' dubbiosi sulle parodie, e io sono della stessa opinione, è difficile trovarne di veramente divertenti. Io non ho la pretesa di far ridere tutti voi o di farvi ridere ad ogni singola frase, e so che alcune battute saranno più scontate e meno elaborate di altre. Sentitevi liberi di dirmi "questa parte non l'ho trovata divertente": non mi offenderò di certo, anzi mi sembrerebbe strano il contrario. Se avete qualche consiglio, ditemelo pure ^^
Il prossimo aggiornamento arriverà, penso, verso metà ottobre, se non più tardi, come ho già accennato sul gruppo di Facebook. Vi consiglio di dare un'occhiata alla pagina dedicata per tenervi aggiornati, e se vi va, continuate a condividere la parodia, mi fa più che piacere.
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Oddio - il primo di una lunga serie ***


Capitolo tre
 
 
Kate è entusiasta. Il suo entusiasmo contagia la mia narrazione.
«Non ti sembra strano che Grey sia capitato proprio nel negozio dove lavori?»
«No, per niente. Era lì per affari. Probabilmente, nel tempo libero fa il falegname per Ikea. E poi era in visita al Dipartimento di Agraria dell'università.»
«Ah, già. Ha fatto una donazione di millanta dollari per dare da mangiare a quei ricercatori che sono arrivati dall'Italia come perseguitati politici.»
«E tu come lo sai?»
Come fa questa donna a sapere tutto di tutti? Sarà forse un'agente della CIA?
«Era su tutti i notiziari e i quotidiani.»
«Ok, calmati. Ho detto calmati! Non è colpa mia se su Tess dei d'Urbervilles non era scritto. Allora, dobbiamo trovare qualcuno che faccia le foto. Non mi viene in mente nessuno... ma intanto dovremmo chiedere a Grey se ha scelto la location. Mi ha dato il suo numero di cellulare.»
«Hai il suo numero?! Oh, Ana, non ci sono dubbi: ti vuole mettere a novanta!»
«Ma non essere sciocca!»
Eppure, l'ipotesi che Christian Rock sia interessato a me mi fa accapponare la pelle, e nel mondo  di E.L. James e della sua traduttrice, questa è una splendida metafora letteraria. Mi crogiolo in quella gioia silenziosa, stringendo tra le braccia il mio cuscino di Justin Bieber ed esercitandomi a baciare un vero uomo.
Sento Kate tossicchiare dall'altra parte del telefono.
«Smettila di masturbarti con quell'osceno cuscino di Bieber e torna in te. Ho trovato il fotografo: José.»
«Chi?»
«Il tuo migliore amico. Non ricordi?»
«Ah, sì, come ho fatto a dimenticarmi di lui? Proprio oggi ho guardato una puntata di Ugly Betty
«Va beh. Chiama Grey e scopri dove vuole fare il servizio.»
«Lo devo chiamare proprio io?»
«No, perché non lo fai chiamare dalla tua mammina? Ana, smettila di comportarti da bimbetta e cresci un po'! Chiamalo e basta.»
Certe volte è così autoritaria! Io non sono una bimbetta! Aggrotto la fronte e faccio una linguaccia al cellulare. Dal cellulare spunta una mano che mi molla una sberla.
Mi rimetto a far finta di lavorare, cosa che sembrano fare tutti in quel negozio, visto che il figlio del capo, di cui non ricordo il nome, ricomincia a flirtare con me e ad insistere perché esca con lui.
Personaggio A Caso è il classico bel ragazzone americano: biondo, alto e muscoloso, ma di certo non è un eroe letterario, neanche con uno sforzo di immaginazione. Cioè... io non esco con certi pezzenti! Non posso accantonare le mie fantasie adolescenziali e uscire con il primo belloccio figlio di un piccolo imprenditore: come minimo deve essere multimiliardario e avere alle spalle una storia di sofferenze che neanche i bambini del Darfur!
 
 
Alla sera chiamo prima Speedy Gonzalez, che si cimenta in qualche latrato ma alla fine accetta di farmi questo favore; poi, con mano tremante, il cuore sobbalzante e lo stomaco contorcente, digito il numero di Mister Grey. Lui risponde subito, come qualsiasi altro business man col cellulare sempre attaccato al culo. Il suo tono è freddo, efficiente. Non che io sappia veramente come sia un tono di voce efficiente, ma tant'è.
«Ellò
«Ehm... Mister Grey? Sono Anastasia Steel. La chiamo a proposito del servizio fotografico.» Faccio una pausa per attaccarmi alla bombola dell'ossigeno. Quant'è difficile parlare ad un uomo talmente sexy. Non merito questo onore. «Le andrebbe bene domani? Dove le farebbe comodo?»
«Io alloggio al Paris Hotel, troviamoci alle nove e mezza.»
«Perfetto! Non vedo l'ora! Conterò i minuti!» rispondo senza lasciar trasparire il mio entusiasmo. Sono emozionata e (pausa per trovare un aggettivo che ci possa stare bene: eccitata, euforica, giubilante, esultante, festante, sconquassata, verde, rotonda, smussata, ansimante...) ansimante, come se fossi una bambina, anziché una donna adulta che può votare e bere alcolici nello Stato di Washington. Riprenditi, Ana: sei una donna adulta! Lo so perché ho il permesso di bere alcolici.
Non è una figata?
Io posso bere alcolici, e voi no! Ha ha ha!
Ora mi bevo un Bacardi Breezer, perché sono un'adulta e posso!
Kate è in cucina, e mi guarda con un'espressione attonita. Non capisco perché.
«Non ho idea di come quella bottiglia di Bacardi Breezer ti sia improvvisamente apparsa tra le mani, ma... Anastasia Cleopatra Magnolia Luna Virginia Rosalie Hachi Shoshanna Harry Potter Severus Juniper Fujiko Deanna Samantha Steele, quell'uomo ti piace! Non ti ho mai vista così turbata a causa di un uomo, prima d'ora. Sei perfino arrossita, eppure di solito sei un pezzo di ghiaccio!»
«Oh, Kate, sai che arrossisco per qualsiasi cosa. È il mio marchio di fabbrica che mi contraddistingue da qualsiasi altra persona nell'Universo» sbotto. Lei mi guarda sbigottita, perché è raro che io perda le staffe. Per me sbottare significa perdere le staffe. «È solo che quell'uomo mi intimidisce. Tutto qui.»
«Il Paris Hotel, niente meno» mormora Kate. «Telefonerò al direttore per chiedergli di riservarci uno spazio per il servizio fotografico.»
Io non riesco a nascondere un moto di irritazione verso la mia amica: come osa insinuare che Mr. Grey mi voglia mettere a novanta, e che lui mi piaccia? E poi perché ha detto “Il Paris Hotel, niente meno” con quel tono? Chi si crede di essere, una specie di so-tutto? Sono certa che è solo invidiosa di me!
Durante la notte sono irrequieta, continuo a rigirarmi nel letto e a sognare penetranti occhi grigi, tute da lavoro, lunghe gambe, dita sottili e oscuri luoghi inesplorati. Oscuri luoghi inesplorati.
Mi sveglio due volte con il cuore in gola.
“Fantastico, così domani avrò uno splendido aspetto finto trascurato. Le occhiaie mi donano incredibilmente!”
Il Paris Hotel si trova nel centro di Portland. L'imponente edificio di pietra marrone fu completato subito prima del crollo della Borsa alla fine degli anni Venti e io ricevo una mazzetta per descriverlo come se questa fosse una guida turistica.
Quando arriviamo, un dirigente marketing ci fa strada; è incredibilmente giovane e, per qualche motivo, molto nervoso. Forse perché sta facendo il lavoro che dovrebbe fare un fattorino, o un cameriere.
Kate ci comanda tutti a bacchetta: io alzo gli occhi al cielo, ma faccio come mi dice.
«È proprio dispotica!» mi lamento con José.
«A me sembra che stia solo facendo il suo lavoro...» cerca di difenderla lui.
«Sta zitto! Non capisci niente!» lo rimprovero.
Quando Mr. Grey arriva, splendido, con dei pantaloni che gli cadono sui fianchi in modo molto sexy, io faccio le presentazioni.
José lo guarda in cagnesco e i due si mettono a ringhiarsi contro. In un secondo hanno capito che entrambi vogliono la stessa cosa.
Io faccio finta di non accorgermene, ma gioisco all'idea di essere contesa tra due uomini.
Ci vuole un'oretta per completare il servizio fotografico di cui a nessuno importa veramente una cippa e che viene effettuato – ovviamente – con una Reflex, perché oggigiorno non sei nessuno, se non hai una macchina fotografica da cinquecento dollari che non sai usare e con la quale ti fai i selfie in bagno.
Christian Grey sembra nato per stare davanti ad un obiettivo: si gira di qua, si volta di là, fa la faccia a culo di gallina, fa il ballo del qua-qua.
Il sogno di tutta una vita si è finalmente realizzato: posso ammirare quest'uomo da lontano, ma non troppo. Mi sento una miracolata.
Dopo aver finito di smontare il set, Grey mi si avvicina e mi chiede di accompagnarlo fuori. Io inizio a tremare: avrò fatto qualcosa di sbagliato? Forse l'ho fissato troppo intensamente, o forse troppo poco intensamente. Ommioddio, mi odia! Mi viene voglia di piangere.
«Le andrebbe di bere un caffè insieme a me?»
Ommioddio! Si è accorto delle mie brutte occhiaie e pensa che abbia bisogno di caffeina per svegliarmi. Mi viene voglia di piangere. Stupida, stupida Anastasia! Come hai potuto deluderlo in questo modo?
«Va bene» accetto docilmente. Lui di sicuro sa cos'è meglio per me. Se Mr. Grey pensa che io abbia bisogno di caffeina, allora berrò un caffè. Anche se mi scombussola tutto lo stomaco e dopo faccio un sacco di puzzette. E poi mi vengono la gastrite e i denti gialli.
Kate, avendo assistito alla conversazione, mi chiama in un angolo prima che io me ne vada e mi dice:
«Glugluglugluglu!»
«Cosa?»
«Niente, è il verso del tacchino che ogni ragazza fa quando ci sono sviluppi nella vita della vita sessuale delle proprie amiche. Anacleta, c'è qualcosa in quell'uomo...» la sua voce si fa più apprensiva. «È un figaccione, e prima gli ho spidocchiato il pacco – mi sembra messo proprio bene! - ma TEMO CHE SIA PERICOLOSO» termina con un tono cavernoso e tragico.
«E quindi, cosa dovrei fare?»
«Ovvio: trombatelo!»
«Grazie.» La abbraccio.
Esco dalla suite e trovo Grey ad aspettarmi. Mi sorride e mi guida verso l'ascensore.
Durante il tragitto mi faccio mille paranoie su cosa mai potrei dirgli per apparire attraente e carismatica, ma ve le risparmio.
Quando usciamo in strada, inaspettatamente mi prende per mano, come se fossi una bambina rincoglionita che non guarda dove mette i piedi e va a sbattere contro ogni palo della luce. Oh, è così romantico!
Inizio parte descrittiva per dare spessore al romanzo:
il sole splende, i prati sono verdi.
Fine parte descrittiva.
Quando entriamo alla Portland Coffee House (nostro gentile sponsor – We make the best coffee in town! Open 24/7.), Christian Rock si offre di andare a prendere le ordinazioni mentre io scelgo un tavolo.
«Come lo prende il caffè?»
«Veramente...» rispondo timidamente, e mi sento morire al pensiero di doverlo contraddire. «Preferirei un tè, se possibile... se per lei non è un problema... se no, fa niente, prendo quello che vuole lei...»
«Per quel che mi importa, potresti anche ordinare l'acqua del water. Basta che poi ti lavi i denti. Come lo prendi il tè?»
«English Breakfast, che fa tanto sofisticato.»
«Certo: è il tè più comune al mondo. Qualcosa da mangiare?»
«No, grazie. Fingo di essere anoressica, che fa tanto cool. E fa anche un po’ inizio anni 2000.»
Gli lancio un'occhiata di sottecchi mentre si mette in coda per essere servito.
È gnocco, è sexy, i pantaloni gli cadono sui fianchi in modo arrapante... lo sapete già. Quando lo vedo toccarsi i capelli, io divento tutta un bollore.
«A cosa sta pensando?» Grey è accanto a me. Può anche teletrasportarsi, è incredibile! E mi ha portato la mia marca di tè preferita: TWININGS ENGLISH BREAKFAST (300 years of expertise1). Sicuramente ha chiesto al gestore del locale di andarlo a prendere appositamente per me.
Lui si è ordinato un caffè macchiato con un grazioso motivo di foglie disegnato sul latte, che sicuramente ha decorato da sé.
«A cosa sta pensando?» ripete mentre si siede.
«Questo è il mio tè preferito.» La mia voce è bassa, ansimante. Sì, proprio ansimante. E ho pure il naso bagnato, come i cani.
Immergo la bustina del tè nella tazza e quasi subito dopo la ripesco con il cucchiaino.
«Mi piace che il tè sia leggero» mi giustifico. Ho dei gusti particolari e sofisticati, sicuramente rimarrà colpito.
Grey mi guarda disgustato.
«Insomma, le piace bere acqua sporca.»
«Sempre meno della sua» rispondo lanciando un'occhiata al suo caffè, ma subito dopo mi pento della mia sfrontatezza. Come ho potuto mancargli di rispetto in questo modo? Spargo a terra una manciata di ceci e mi ci inginocchio sopra.
«No, quello lo facciamo dopo» dice lui. «Lei si tromba il messicano?»
«No, certo che no! Mi dà una certa impressione di sporcizia: così scuro, così poco caucasico... brrrr. E poi non ha una lira.»
«Bene. Non mi piace inzuppare il biscotto se uno ce l'ha già inzuppato prima. Sa, tutte quelle briciole che galleggiano sul latte mi fanno senso. Poi magari quello prima l'ha tolto troppo tardi, e sul fondo della tazza è rimasto quel pezzetto tutto molliccio che si spappola e lo devi tirare su col cucchiaio. Non fa per me.»
«Capisco cosa intende.»
Mi guarda intensamente, sporgendosi verso di me, e con voce cupa mi dice:
«Lei è un mistero, Missstiil. Penso che sia molto riservata.»
Ah sì? Oddio... e ora che dico? Mi guardo intorno, e mi accorgo che il mio suggeritore è seduto al bancone a mangiarsi un maritozzo. Che faccio senza quell'idiota che mi dice le battute?
È spiazzante.
Non succede mai che una persona dica ad un'altra che è riservata. Proprio mai.
Lo osservo infilarsi in bocca un pezzetto di muffin e masticarlo lentamente, al contrario di qualsiasi altro uomo, che se lo sarebbe pappato in due bocconi, disseminando briciole sulla camicia, sul tavolo, sul pavimento, per poi toccarmi la faccia e gli abiti con le dita tutte unte di cioccolato e burro.
«Perché non mi ha ancora chiesto di chiamarla per nome?»
Oddio! Come ho fatto ad essere così sfacciata?
«Perché di sì.»
Oh.
È un maniaco del controllo, non c'è altra spiegazione.
«Lei è figlia unica?»
Oddio.
ODDIO!
Oddio, ma perché ripeto sempre “oddio”2?
«Sì. Mia madre vive in Georgia con il suo nuovo marito, il mio patrigno vive a Montesano, mentre mio padre è morto quand'ero piccola.»
«Mi dispiace.»
Oddio, sto ricevendo la compassione di Christian Grey!
«E sua madre, si è risposata?»
«Gliel'ho detto quattro righe più in su.»
«Che zoccola!»
«Già... è un'inguaribile romantica. Attualmente è al quarto marito.»
«Che zoccola!»
«Già.»
Segue conversazione inutile sulle famiglie dei rispettivi personaggi, e si scopre – ma va'? – che Christian viene da una famiglia benestante e che quindi i soldi gli escono dal culo.
Poi, segue discorso insensato su quanto Anastasia amerebbe visitare l'Inghilterra:
«Il mio sogno è andare a Londra a trovare lavoro!» esclamo con entusiasmo.
Dei turisti italiani, seduti accanto a noi, si voltano e, guardandomi in tralice, ribattono:
«No, sorri, quello lo diciamo noi. Pliis, eh!»
«Andiamocene» suggerisce Christian. «Prima che questi ci attacchino la latinità.»
«Grazie per il tè, Mr. Grey.»
«Beh, visto che ti ho offerto un signor tè, e mica quello delle macchinette, come ringrazimento potresti farmi entrare dalla porta di dietro!»
«Temo di non capire.» Lo guardo con occhi trasognati.
«Di niente, Anastasia, è stato un piacere.»
Mi porge la mano e mi riconduce verso il Paris Hotel. Cerco di valutare come sia andato il nostro piccolo appuntamento. Mi sembra di aver fatto un colloquio di lavoro, ma non capisco bene per quale mansione.
«Indossa sempre i jeans?»
«Ehm... sì.» Che strana domanda.
«Che sciattona.»
E finalmente arriva il punto in cui io, Bella Cullen, dimostro tutta la mia goffaggine e inciampo da ferma.
«Porca troia, Ana! Ma quanto sei rincoglionita?» Christian mi afferra così forte per la mano che gli vado a sbattere addosso. Succede tutto così in fretta! In un attimo mi ritrovo stretta tra le sue braccia d'acciaio, contro il suo petto di marmo e il suo pacco che è come la sella di un cosacco. Respiro il suo profumo fresco e intenso, anche se quasi quasi mi stupisco che non sia muschiato. Ma qui non siamo mica in un volgarissimo Harmony! Lui odora di biancheria pulita e di sapone Lush "Nonsimangia". È inebriante.
Oddio!
Mi palpeggia un po' con la scusa di accertarsi che io stia bene, io lo lascio fare anche se lo conosco da un giorno. Il mio sguardo cade sui suoi labbroni piegati a duckface3 e, per la prima volta in ventun anni – in arrivo frase ad effetto spiazzante –  ho voglia di essere baciata.
 
 
 
 
Note:
1) questo non l'ho inventato io, è davvero lo slogan aziendale della Twinings. Giusto per tirarmela un po' e far vedere quanto mi documento per scrivere questa parodia.
2) Alla fine di questa parodia non vorrete più sentir pronunciare certe parole, tra cui “oddio”. Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Oddio! Oddio!
3) Se non lo conoscete già, googlate “Gunther”.
 
 
 
Allora. Oddio. Mi dispiace avervi fatti attendere così a lungo, ma chi segue le mie fanfictions avrà notato che da settembre non ho più pubblicato niente. Perché da settembre non sono riuscita a scrivere più niente, neanche un rigo. Un po' per mancanza di tempo, e un po' per una totale assenza di ispirazione. Inoltre, per questa parodia mi è difficile scrivere più di un capitolo per volta perché rileggere 50SDG è abbastanza pesante, neanche fosse Il nome della rosa. Inoltre ci lavoro con calma perché non voglio scadere troppo nel banale. Comunque adesso sto cercando di riprendere a scrivere, e questa fanfiction è in cima alle mie priorità.
Mi scuso se non ho risposto a tutte le vostre recensioni. C'è stato un periodo in cui non avevo internet e se ce l'avevo, non avevo tempo di guardare EFP. Per il momento faccio un ringraziamento generale, ma ci tengo a rispondere individualmente a ognuno di voi, anche perché in alcune recensioni mi avete fatto delle domande, oppure mi avete detto delle cose interessanti a cui voglio dare una risposta. Spero che la storia continui a piacervi! =)
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Galeotto fu il vomito ***


Capitolo quattro
 
 
 
“Baciami, stupido!” lo imploro, ma chissà come mai, lui non sente. Forse perché non sto parlando.
Lui mi guarda con gli occhi socchiusi, lo sguardo torbido. Ha il respiro più pesante del solito. Sarà stato il caffè.
Nonostante io faccia di tutto per celare i miei pensieri (ho solo gli occhi socchiusi, le labbra arricciate e uno sguardo supplicante), Christian riesce magicamente a leggermi la mente, ma scuote piano la testa e molla la presa, facendomi cadere a terra.
«Anastasia, stammi bene a sentire: ora inizia la parte della storia in cui io fingo di rifiutarti. Devi stare alla larga da me. Io non sono quello giusto per te!»
Cosa? Come? Perché? Dovrei essere io a giudicare! Sono una donna adulta di ben ventun anni, con la facoltà di votare e bere alcolici! Anzi no, deve decidere lui. No, io. No, lui. No, lui. Ma io sono una donna forte e sicura di sé.
«Respira, Anastasia, respira. Lo so che è uno shock immenso, non poter passare subito al sodo con uno stallone come me, ma devi cercare di mantenere la calma. Considerati fortunata: se fossi stata una cozza, ti avrei lasciata lì per terra. Invece ora ti aiuto a rialzarti e ti lascio andare.»
“No!” urla la mia vocina interiore.
Lettori, vi presento Vocina Interiore: è il terzo personaggio più importante di questa storia. “Non ti vuole!” urla Vocina Interiore, detta anche Dea Interiore. “Hai mandato tutto a puttane, sei una cretina!”
«Ho capito» mormoro riprendendo compostezza. «Grazie per avermi salvata dai miei due piedi destri.»
«Quei maledetti! Avresti potuto morire! Mi vengono i brividi solo a pensarci.»
Mi sento stupida. Come ho potuto pensare che Christian Grey potesse volermi portare a letto al primo colpo, così, senza prima tergiversare per almeno un centinaio di pagine?
«Grazie per il tè e per le foto» mormoro prima di allontanarmi.
«Anastasia, aspetta!» lui mi chiama e io mi volto speranzosa: forse ha cambiato idea? Forse non vuole abbattere centinaia di alberi per imbrattare la carta inutilmente? «Io...»
«Che cazzo vuoi?» ringhio irritata, visto che lui non ha terminato la frase. Non sopporto quando la gente non termina...
«Hai una scarpa slacciata» sussurra lui.
“Come????????????!!!!!!!!!!!!!1” È per questo che ha un'aria così desolata?
«Grazie. Addio, Mr. Grey.»
Giro sui tacchi, meravigliata di non inciampare, visto che per orgoglio non ho voluto allacciarmi la scarpa, e senza più girarmi sparisco lungo il marciapiede come gli Street Sharks – Quattro pinne all'orizzonte2.
Una volta raggiunto il parcheggio sotterraneo, mi lascio andare ad una delle mie scenate da bipolare paranoica: piango, mi strappo i capelli.
Non sono mai stata rifiutata in vita mia: quale umiliazione!
Voi non potete capire. Una vita di insicurezze: sono troppo pallida, troppo magra, ho il seno troppo grande, sono troppo scoordinata e trasandata, nessuno mi vuole, sono piccola e nera...
Quando arrivo a casa, trovo Kate seduta al tavolo della cucina, davanti al computer.
«Ciao! Come stai?»
«Per favore Kate, non iniziare con il tuo solito terzo grado!» sbotto.
«Ma... ti ho solo chiesto come stai... Dalla tua faccia si direbbe che tu abbia pianto. Cosa ti ha fatto quel bastardo?»
«Niente, Kate.»
Ed è proprio questo il problema: non mi ha fatto niente, e invece avrebbe dovuto sbattermi contro il muro e rivoltarmi come un calzino. Non è del resto quello che fanno tutti, al primo appuntamento?
«E allora perché hai pianto? Tu non piangi mai: sei più piatta della sagoma cartonata di Justin Bieber che vendono in edicola.»
«Sono inciampata sui miei piedi e ho fatto una figura di merda.»
«Poverina... Com'è andato l'appuntamento? So che detesti il caffè. Dev'essere stata dura.»
«Già, ma poi ho scoperto che nei coffee shop vendono anche altre bevande, e alla fine ho preso un tè. L'appuntamento è andato bene, ma ancora non capisco perché Christian mi abbia invitata. All'inizio sembrava volesse darmelo, poi ha come cambiato idea. In ogni caso, è un po' fuori dalla mia portata.»
«Perché sei una poveraccia ignorante che non sa stare in piedi e non sa vestirsi?»
«No: perché sono troppo magra, è ovvio!»
«Ana, per l'amor del cielo! Dici così solo perché vuoi sentirti dire che sei una gran gnocca!»
«Sì, e credo che continuerò con le mie paranoie per un altro paio di pagine.»
 
 
Poso la penna. Finito. L'esame finale è andato.
Stasera si festeggia, ma si festeggia sul serio! Potrei anche bere un Bacardi Breezer e addirittura ubriacarmi, dal momento che ho ventun anni!
Dentro la mia testa sto facendo le capriole, sapendo fin troppo bene che è l'unico posto in cui posso fare le capriole senza rompermi l'osso del collo. Ha ha.
No, va bene, questa battuta era pessima anche per me.
Quando torniamo a casa, trovo un pacco indirizzato a me davanti alla porta d'ingresso. Ci sono scritti solo il mio nome e cognome, e penso subito che a spedirmelo sia stata mia madre che abita dall'altra parte dello Stato, perché ovviamente tutti i postini sanno dove abito e non c'era bisogno di scrivere l'indirizzo.
«Aprilo!» mi esorta Kate. «Speriamo che sia una bomba!»
Obbedisco e, all'interno, trovo una scatola in pelle che contiene una scatola in pelle che contiene tre libri rilegati in pelle. C'è anche un bigliettino, sul quale è riportata una citazione di, ma guarda un po', Tess dei d'Urbervilles:
Perché non mi hai detto che gli uomini sono
pericolosi? Perché non mi hai messo in guardia? Le
gran dame sanno come difendersi perché leggono
romanzi che parlano di questi artifizi…

I tre volumi in pelle sono la prima edizione del romanzo e valgono all'incirca 14000 dollari: 'sticazzi!
Intuisco subito chi me li possa avere mandati: Grey. Sicuramente lo ha fatto per pietà.
«Che cosa vuol dire la citazione?» chiede Kate alle mie spalle.
«Ho letto e riletto quel romanzo centinaia di volte, ma non ne ho la più pallida idea.»
«Forse è un avvertimento: Grey vuole che tu stia lontano da lui perché è pericoloso.»
«Uhm... no, io credo che voglia che vada da lui scodinzolando.»
«Uhm... se lo dici tu.» Kate mi guarda perplessa. «Intendi tenere il suo regalo?»
«Certo! Ma prima farò finta di rifiutarlo e glielo rimanderò indietro con una citazione altrettanto misteriosa presa da Wikiquote!»
«Allora brindiamo!» esclama Kate porgendomi un bicchiere di champagne – oddio, sto bevendo champagne! Perché ho ventun anni e posso.
Il bar è affollato e rumoroso – un momento: come siamo finite da casa nostra ad un locale? Non importa, quando realizzeranno il film di questo romanzo ci sarà un effetto dissolvenza molto cool – pieno di laureandi usciti a ubriacarsi.
Abbiamo portato Paco con noi, ma solo per stavolta. La sera, i messicani si trasformano da giardinieri a stupratori, proprio come le romene di giorno fanno le badanti, e di notte le prostitute! Lo hanno detto al telegiornale.
Per farsi perdonare di questo suo grande difetto, Frida Khalo ci offre una caraffa di margarita. Al quinto bicchiere mi accorgo di avere un tantino esagerato.
Non sono abituata a bere, non mi sono mai ubriacata e ho mischiato dello champagne con ben cinque bicchieri di margarita, ma nonostante questo non sono ancora entrata in coma etilico, non ho vomitato il mio stomaco e addirittura capisco le domande che mi vengono poste.
«E adesso, Ana?» è la domanda molto vaga di Lola Ponce.
«Kate e io andremo a vivere a Seattle. I suoi genitori le hanno comprato un appartamento lì e io la seguirò a ruota, perché non ho voglia di lavorare per potermi pagare una casa tutta mia! Starò da lei finché non andrò a vivere con un riccone che mi manterrà per tutta la vita!»
«Maracas olè olè! Flamenco golpe, paella torero, tequila bum bum, siesta sombrero
«Cosa?» gli grido cercando di sovrastare il frastuono del locale.
«Niente! Dicevo solo parole spagnole a caso, per far capire ai lettori che sono messicano! Però, dev'essere bello vivere alle spalle degli altri, come fai tu! Però verrete alla mia mostra?»
«Ma certo, Che Guevara! Non mi perderei mai la mostra canina alla quale partecipi!» gli rispondo dolcemente. Lui mi prende per i fianchi e mi sorride.
«Per me è molto importante che tu ci sia» mormora. «Vuoi un altro margarita?»
«Josè Maria Fuentes Cardoso Gutierrez Sanchez Prado y Espinoza y Cordobez y Corrida y Llanez Lana Merinos y Madrid Blanco Carreras Domenghin3, stai forse cercando di farmi ubriacare? Perché mi sa proprio che ci stai riuscendo. Forse è meglio passare alla birra.»
«Certo!» sorride lui, e i suoi occhi brillano di una strana luce. «Non c'è niente di meglio che passare da un grado alcolico alto ad uno più basso: vedrai, ti sentirai subito più sobria!»
Sfuggo alla sua presa e mi alzo. Ooops... mi gira la testa.
Chissà perché.
Vado in bagno, perché mi scappa una pipì immensa, e per ingannare l'attesa in coda smanetto con il cellulare.
Tra le ultime chiamate effettuate, c'è il numero di Grey.
Sono ubriaca marcia. Ho un cellulare in mano. Ho una cotta per questo tizio che mi ha rifiutata.
Colpo di scena!
Gli telefono.
Lui risponde al secondo squillo.
«Anastasia?» Sembra sorpreso di sentirmi.
«Perché mi hai mandato quei libri?» dico, ma le parole che escono dalla mia bocca suonano più o meno così: “Fecchémdatoueilibri?”
«Anastasia, stai bene? Sembri in balla, e anche forte direi.»
«No, tu sei una palla!»
«Ascolta, dove sei?»
«In un bar, a Portland. E mi scappa tanto la pipì.»
«E come farai per tornare a casa?»
«Non lo so... sono qui con tutta la gente del mio corso... vedi te! Perché mi hai mandato i libri, Christian?»
«Anastasia, dimmi subito dove ti trovi.» Il suo tono è così risoluto! Oh, lo amo. Però è il solito maniaco del controllo. Ma è l'unico a cui la darei. Anche se è così prepotente. Tuttavia, è così sexy.
«Sei così dispotico!»
«Anastasia, dimmi dove cazzo sei!»
«Oh, il signorino ha detto una parolaccia» ridacchio. «Sono a Portland.»
«A Portland dove?»
«In un bar.»
«Sì, ma dove?»
«A Portland.»
«Ho capito. Aspettami lì.»
Gli riattacco il telefono in faccia. Non mi importa se sono ubriaca, non mi importa se ho appena fatto una figura di merda, non mi importa che cosa intendesse Grey quando mi ha detto di aspettarlo.
C'è una sola cosa che mi sta a cuore in questo momento, una priorità assoluta che solo coloro che si sono trovate nella mia stessa situazione possono capire.
Fare pipì.
Quando torno al mio tavolo, mi scolo un boccale di birra, e José mi osserva sfregandosi le mani e con un'espressione di cupidigia sul volto.
Mi alzo di nuovo e vado fuori per prendere una boccata d'aria. Non so perché, ma ci vedo doppio e mi viene da vomitare.
José mi segue e mi chiede se sto bene, cingendomi le spalle con un braccio. Lo spingo via, ma senza molta forza. Lui torna all'attacco e mi prende tra le sue braccia.
«Ana, dai, lo sai che mi piaci...»
Non c'è idea più brillante che provarci con una ragazza mentre questa tenta di reprimere i conati di vomito.
“Oddio, vuole baciarmi...”
Che cosa vi avevo detto a proposito dei messicani e delle loro abitudini notturne? Eh? Eh? E poi facciamo tanto i buonisti, li accogliamo in casa nostra ed ecco come si comportano! Io non sono razzista, MA questi ci rubano il lavoro e stuprano le nostre donne. Io dico basta! L'America agli americani! Prima gli americani, e gli altri föra da i ball!
«No, Peggiori Bar Di Caracas, smettila... no.» Che cosa meravigliosa, sto per essere molestata da un uomo! Come i personaggi delle mie fanfictions preferite! Finalmente ora tocca anche a me!
Lo spingo via, ma lui è troppo forte.
«Andiamo, cariño... besame mucho... oh sì, mucho calor...» Da bravo e timido ragazzo, José si è magicamente trasformato in un maniaco stupratore che emette suoni inquietanti, perché altrimenti le lettrici si sarebbero potute affezionare a lui, e noi questo non lo vogliamo. Difatti, gli puzza anche l'alito.
«Mi sembra che la signora abbia detto di no» mormora una voce emersa dal buio.
Oddio!
Christian Grey è qui. Gli ho telefonato tipo cinque minuti fa, mentre lui era a Seattle, ed è già qui.
«Grey» si limita a dire José, mentre l'altro lo guarda furioso. Io tento di profferire parola, ma riesco solo a chinarmi in avanti e a vomitare sull'asfalto.
«Diòs mio, Ana, che schifo!» esclama Juan in tutta la sua delicatezza. È fatta: ora lo odiate tutti, non è così?
Grey invece, da cavaliere adorabile qual è, mi scosta i capelli e mi accompagna verso un'aiuola al margine del parcheggio.
«Se vuoi vomitare ancora, sentiti libera di farlo qui» mi dice unendo le mani a coppa. Io preferisco di no e continuo a rigurgitare sull'erba. Ora che mi ha visto vomitare, io e Christian siamo decisamente più intimi.
Grey mi porge un fazzoletto. Solo lui può avere in tasca un fazzoletto di stoffa con le iniziali ricamate sopra, come i bambini dell'asilo.
Mentre cerco di riprendermi, lancio un'occhiataccia a Miguel Bosé che ora sembra mortificato e si sta cacando in mano, intimidito da Grey.
«È stata lei a provocarmi» si giustifica. «Con quella minigonna...»
«Porto i jeans!» biascico cercando di non soffocarmi con i miei succhi gastrici. Mi vengono in mente alcune parole per definire il mio cosiddetto amico, ma nessuna di queste è pronunciabile davanti al raffinato Christian Grey, amministratore delegato.
«Ma insomma!» sbotta Pedro. «Dovrò pure trovare una giustificazione a ciò che ho fatto! Sono l'unico personaggio non bianco del romanzo, e mi ritrovo a fare la parte dello stupratore! Va beh, ho capito, me ne vado.»
«Mi dispiace così tanto» uggiolo verso Grey.
«Per essere stupida?»
«Per averti telefonato, per aver vomitato davanti a te...»
«Capita a tutti di spingersi oltre il limite.»
«Beh, adesso non farmi la morale come un vecchio!» sbotto acidamente.
«Ma... ma se sei stata tu a scusarti?!» risponde lui, guardandomi sconcertato. Io davvero non lo capisco, quest'uomo misterioso e incostante.
Mi prende in braccio prima che io possa svenire, e siamo già ad altissimi livelli di romanticismo. Occhio!
«Vieni, ti porto a casa.»
«Devo avvertire Kate.»
«Ci ha già pensato mio fratello Elliott.»
«Cosa?»
«Ma certo, mio fratello e la tua migliore amica si metteranno insieme. Non è una trovata geniale?» commenta lui in tono entusiasta.
«Sono sbronza, temo di non capire più niente.»
«Già.»
«Si può sapere come hai fatto a trovarmi?»
«Ho rintracciato la chiamata.»
“Stalker” mormora la mia vocina interiore. “Che cosa romantica!”
Torniamo dentro al locale, dove Grey mi costringe a bere un litro d'acqua, ed è tutto così romantico.
Sia pure con la vista annebbiata, noto il suo abbigliamento da bimbominkia tamarro, ed è tutto così sexy.
'U pilu gli esce dalla camicia, ed è tutto così sexy.
Sono ad un passo dal coma etilico, non mi reggo in piedi, mi viene ancora da vomitare, ho sonno, non capisco niente, ma lui, molto romanticamente, mi porta in pista a ballare. Ed è tutto così romantico.
Ci scontriamo con Kate che si sta scatenando in pista ballando il Gangnam Style. Oddio. Lei balla il Gangnam Style solo quando qualcuno le piace per davvero. Ci sta provando con Elliott.
“Kate!”
Si mettono a ballare insieme il Gangnam Style, e anche se sono ubriaca, sono ugualmente sconvolta.
“L'hai appena conosciuto! Ma non ti vergogni neanche un po'?” vorrei dirle. La mia amica mi mette seriamente in imbarazzo. “Devo farle una lezione sul sesso sicuro. Io, che sono vergine e sto per darla via al primo sadico maniaco che ho incontrato.”
Grazie al cielo, perdo i sensi e i miei due neuroni possono finalmente riposarsi.
 
 
 
Note:
1) lo so che non si fa, ma nel romanzo ci sono tre punti interrogativi e tre esclamativi.
2) Street Sharks. Dopo varie consultazioni, ho stabilito che l'espressione “sparire lungo il marciapiede” è bruttissima e non ha senso, a meno che non si dica di persona che si scioglie sull'asfalto.
3) https://www.youtube.com/watch?v=_lUvPe-twwE

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Di spazzolini e samba ***


Capitolo cinque
 
 
 
C'è un gran silenzio. La luce è smorzata. Sono comoda e calda, in questo letto. Mmh... aah... ooh.
Oh, merda – ora che mi sono ubriacata come una vera donnaccia, posso usare parolacce più brutte.
Sono nella suite di Christian Grey. Come ci sono arrivata?
Ora ricordo. L'alcol, “oh no, l'alcol!”, la telefonata, “oh no, la telefonata!”, la pipì, “oh no, la pipì!”, il vomito, “oh no, il vomito!”, il fazzoletto di stoffa, “ha ha, il fazzoletto di stoffa! Bambino dell'asilo!”
Mi vergogno da morire. Indosso la maglietta, il reggiseno e gli slip. Niente pantaloni.
“Evvai, forse Christian mi ha violentata mentre ero ubriaca! Che onore!”
Sul comodino ci sono un bicchiere di succo d'arancia e una pastiglia di antidolorifico. Quel maniaco del controllo pensa sempre a tutto! Che rompiscatole!
In realtà non ho bisogno di prendere l'antidolorifico: sono splendida e profumata come una rosa, com'è giusto che sia.
Il succo d'arancia è fresco e dissetante. Che strano. Probabilmente l'ha fatto Christian con le sue stesse mani, altrimenti non spiego il perché di questo sapore delizioso.
Lui entra nella stanza e – oddio: è stato ad allenarsi. Ha i pantaloni della tuta che gli...1 e il suo profumo di cane bagnato mi investe subito. Il sudore di Christian Grey. Uhm... Com'è sexy.
«Buongiorno» mi dice. «Come ti senti?»
«Non lo so. Sono stata programmata per provare solo brividi d'eccitazione in tua presenza e sbalzi d'umore improvvisi dovuti ad una pessima costruzione del mio personaggio, quindi non so come ci si sente dopo una sbronza. Come sono arrivata qui?»
«Su di un ippogrifo.»
«Davvero?» chiedo sbalordita, guardandolo con occhi e bocca spalancati.
«Certo» mi assicura lui. «È lui che mi ha detto dov'eri.»
«Non eri tenuto a rintracciarmi con le diavolerie alla Harry Potter che allevi per i tuoi clienti.»
«Primo, gli ippogrifi si trovano facilmente su Amazon e su eBay. Secondo, io non allevo bestie mitologiche ma produco cose che producono cose che... insomma, hai capito. Terzo, se non fossi venuto a prenderti, ti saresti svegliata nel letto di quel nigga del cui corteggiamento, proprio in quanto negro, non mi sembravi del tutto entusiasta.»
“Corteggiamento!” alzo gli occhi al cielo. Perché deve sempre usare questi paroloni antiquati e difficili? Non lo capisco. Orbene, non mi riesce di tener fermo un riso, in loco di favellar.
«Da qualche cronaca medievale sei fuggito? Sembri un cavalier cortese.»
«Fossi in te, mi sarei paragonato ad uno Jedi. Il lettore medio pensa che il cavalier cortese fosse un cavaliere molto educato.»
«Perché, non è così?»
«Lascia stare. Hai mangiato ieri sera?»
Faccio segno di no con la testa. Lui cambia umore improvvisamente: contrae le mascelle, inizia a farsi verde e grosso, sempre più grosso, fino a trasformarsi in un'orribile mostro rabbioso.
«NON. HAI. MANGIATO?!» ruggisce facendo tremare le pareti della stanza. «Devi mangiare!»
«Intendi continuare a rimproverarmi?» gli chiedo spaventata.
«Perché, ti sto rimproverando?»
«Beh, sei diventato tutto verde e ti sei messo ad urlare battendoti il petto con i pugni...»
«Sei fortunata che mi limito a questo» commenta riprendendo le sue normali sembianze.
«Che intendi dire?»
«Beh, di solito quando divento di questo colore, mangio le persone. Ma se tu fossi mia, non potresti sederti per una settimana dopo la bravata di ieri sera. Hai messo in pericolo la tua vita!» esclama in tono tragico.
I suoi occhi si fanno lucidi, le pareti scompaiono, sostituite da uno sfondo celeste con un pattern di rose rosse e kanji giapponesi. Un vento leggero gli scompiglia i capelli e lui sospira, guardando verso l'orizzonte con un'espressione di disperato dolore2.
«Odio pensare a cosa ti sarebbe potuto succedere.»
Mi cede il suo posto davanti allo sfondo cartonato, così posso esprimere più liberamente i miei pensieri tristi tristi: “Perché se la prende tanto? Se fossi sua... beh, non lo sono, quindi a lui che importa?”
Un pensiero si fa strada nell'irritazione che provo per le sue parole severe. L'imprevidibilità del mio subconscio mi fa arrossire: l'idea di essere sua lo colma di gioia... la sua felicità è incontenibile3.
Il mio subconscio saltella e squittisce per la gioia!
«Vado a farmi una doccia. A meno che non voglia farla prima tu.»
Mi manca il respiro, entro in tachicardia. Lui sorride e mi sfiora la guancia con un dito.
«Respira, Anastasia. Non ho detto niente di che, ma ho come l'impressione che tu ti ecciteresti anche se pronunciassi una sequenza di parole a caso. Ad ogni modo, sarà meglio che tu vada da un medico per risolvere questo problema dell'apnea diurna: non voglio passare tutte le seicento pagine a doverti ricordare di respirare!»
«Credo che andrò a fare una doccia» mormoro.
«Sarebbe il caso. Perché al contrario di quanto pensi, non profumi di rose.»
Mi porge una borsa con degli abiti puliti che ha fatto comprare da Taylor, e io mi rintano in bagno per una scena topica di me che rifletto sotto la doccia.
Christian ha detto che gli piace che le sue donne siano coscienti. O meglio, lo ha detto nel romanzo, ma non in questa parodia, perché era una scena noiosa ed è stata tagliata. Ma la cosa mi fa riflettere.
Significa che forse Mr. Grey non è asessuato.
Ma con me non ci ha provato, a differenza di Personaggio A Caso e José. Com'è possibile che l'intero universo maschile mi voglia mettere a pecorina, tranne lui? E soprattutto, che cosa intende esattamente con “coscienti”?
Non è normale. Se non ci prova con me, dev'essere indubbiamente asessuato.
“Ehm ehm” fa capolino una vocina dentro di me. “Seriamente, Ana? Quanti casi di uomini asessuati conosci? Forse, ma dico forse, non gli interessi. O forse, ma è sempre un'ipotesi, gli faceva schifo toccarti mentre eri inzaccherata di vomito.”
La ignoro.
L'acqua calda, che notoriamente è un potentissimo eccitante, mi fa fare strani pensieri.
Accenno di una prima scena velatamente erotica. Anastasia si mette la mano sulla patonza, probabilmente per la prima volta in vita sua – del resto, in America non c'è il bidet.
«Guarda che così diventi cieca» Christian bussa alla porta, spaventandomi. «La colazione è pronta.»
Mi avvolgo un asciugamano intorno al corpo e uno intorno alla testa, in stile Carmen Miranda.
Ahi! Qualcuno mi ha tirato una banana addosso. Mi volto, e vedo Carmen Miranda in persona, nel bagno insieme a me.
«Non osare paragonarti a me, stupida oca!» esclama, e poi se ne va canticchiando Chica chica boom chic.
Guardo dentro la borsa che Christian mi ha dato, e... ooh! Aah! La parte più eccitante di tutto il romanzo: abiti di firma gratis!
Posso immaginare cosa staranno facendo le lettrici a questo punto della storia: hanno distolto lo sguardo dal libro per lanciare un'occhiata di rimprovero ai propri partner e commentare acidamente “Lui le regala valanghe di vestiti di firma! Perché non sei come lui?!”
“Perché sono in cassa integrazione” risponderanno molti di questi orridi uomini comuni.
“Uff! Non hai un briciolo di romanticismo!” rimbeccheranno le lettrici, prima di immergersi di nuovo in fantasie sconclusionate e sperare di trovare un uomo che le malmeni MA le riempia di regali costosi.
Io, nel frattempo, le compatisco ed indosso il mio nuovo completo intimo di raffinata fattura europea (il che significa che potrebbe essere made in Italy, ma anche made in Bulgaria. Non lo so: sono americana e per me l'Europa è uno stato!).
Raggiungo Christian in sala da pranzo. Mi guarda imperiosamente e mi ordina di sedermi e servirmi dalla tavola imbandita.
Io opto solo per pancake con sciroppo d'acero, uova, pancetta, cereali, fette di pane tostato, una cipolla cruda.
«Non hai fame?»
«Non molta» confesso.
«Dovresti mangiare di più.»
«Si può sapere perché mi stai facendo tutti questi regali? I libri, i vestiti...»
«Perché il giorno in cui sei inciampata e io ti ho presa tra le braccia, il tuo sguardo sembrava volermi dire “Trombami, trombami, Christian!”, ma ho pensato fosse da cafoni farlo subito. Così, come ogni uomo pieno di soldi, ho deciso di comprarti affinché tu non abbia la sensazione di averla data via per niente. Non solo: pronuncerò una frase che avrà su di te l'effetto di desiderarmi ancora di più. Sei pronta? Ebbene... Anastasia, dovresti stare alla larga da me. Ma in te c'è qualcosa per cui non riesco a starti lontano.»
Ooooh! Quest'uomo sì che ci sa fare!
Ci guardiamo nelle palle degli occhi, con intensità, per circa dieci minuti.
«E così, non sei asessuato?» chiedo infine.
«Anastasia, non esistono le persone asessuate. O se esistono, sono una su cento4. Fattene una ragione.»
«No, guarda che ti sbagli! Io ho conosciuto un sacco di persone asessuate: i miei professori dell'università, il farmacista, il postino, il cassiere del supermercato, il giornalaio, il fornaio, il dottore, il bidello della mia facoltà... e tutti i ragazzi del mio corso di laurea! Ce ne sono molti più di quanto credi!»
«Va bene, hai ragione tu. Senti, che progetti hai per il week end?»
«Devo preparare le valigie, io e Kate la settimana prossima ci trasferiamo a Seattle.»
«Davvero? E che lavoro farai, una volta là?»
«Ha ha! Non sapevo avessi uno spiccato senso dell'umorismo! No, sul serio, ti aspetti che io lavori?»
«Certo, almeno fino a quando non ti chiederò di sposarmi. Così non farai la figura di quella che si fa mantenere dal proprio uomo e ti daremo quel pizzico di falsa indipendenza che ci aiuterà a far tacere le femministe.»
«Capito. Beh, potrei fare domanda per uno stage.»
«Potresti presentarla anche alla mia azienda. Tanto, stupida come sei, chi vuoi ti assuma, se non l'uomo che ti sgnaccheri?»
«Non sottovalutare il potere della patata: posso darla a te, ma nel frattempo posso anche farla annusare ad un altro datore di lavoro. Non sono sveglia, non so usare un computer e ho una laurea in lettere, ma sono gnocca, non dimenticarlo!»
«Mi prendi in giro, Miss Steele?» Piega la testa di lato, come un pollo. Mi sembra divertito, ma non ne sono sicura: non ho grandi capacità ermeneutiche.
«Vorrei essere io a mordere quel labbro» mormora con voce roca.
Rimango di sasso, del tutto inconsapevole del fatto che mi stavo mordendo il labbro inferiore. Credo che sia la cosa più erotica che mi abbia detto, dopo “Io sono Christian Dior”. Da ora in poi, mi morderò il labbro molto spesso. Molto. Moltissimo.
«Perché non lo fai?» gli dico con un tono da verginella zoccola.
«Perché non ho intenzione di toccarti fino a quando non avrò il tuo consenso scritto e bollato, inviato con raccomandata con ricevuta di ritorno.»
«Eh?»
«Te ne parlerò stasera a cena. Un po' di suspance ci vuole sempre.»
Socchiude gli occhi – dev'essere un po' presbite – e prende un oggetto misterioso, piccolo e nero e pieno di pulsantini. Ne preme uno a dalla scatolina magica esce una voce umana.
«Taylor?» dice Christian. «Mi serve Como Torino5
“Como Torino! Chi sarà?”
«Da  Portland, per le venti e trenta. Tutta la notte.»
“Tutta la notte!!”
«Sì, a disposizione domattina. Piloto io da Portland a Seattle.»
“Piloto??”
«Sostituto pilota dalle ventidue e trenta.»
“Ventidue e trenta!!”
«Credi ci saranno perturbazioni?»
“Perturbazioni??”
«Fai in modo che ci sia sufficiente carburante.»
“Carburante!!”
«Ma poi sei andato da quel barbiere che ti ho consigliato?»
“Barbiere??”
«Gli hai detto che ti mandavo io? Ti ha fatto lo sconto?»
“Sconto!!”
«Va bene. A dopo.»
“Dopo?? Cos'ha in serbo per me quest'uomo misterioso e imprevedibile?”
«Le persone fanno sempre quello che dici?» gli chiedo, affascinata dalla sua capacità di persuasione.
«Beh, sì, sono i miei dipendenti... Hanno firmato un contratto, gli pago pure la quattordicesima...»
Sono ancora più affascinata: è un uomo che sa tenere le redini del comando con la sua sola personalità.
«E se non lavorano per te?»
«Chiedo per favore. Su, finisci di mangiare. Mangiacheèbuono, mangiacheèbuono!»
Si alza dal tavolo e si avvicina a me con n imbuto in mano.
«Va bene, ora mangio!»
«Prava pampina. Ti porterò a casa quando ti sarai asciugata i capelli. Non voglio che ti ammali.»
Nelle sue parole c'è una specie di promessa inespressa. Cosa avrà voluto dire? Sono confusa, tanto per cambiare.
«Ma tu dove hai dormito stanotte?»
«Nel mio letto. Ho fatto sestordicimila chilometri per venirti a salvare, ti tenuto la testa mentre vomitavi, ho ascoltato i tuoi deliri – hai la sbornia piagnona, lo sai? - ti ho portata qui, ti ho messa  a letto, ti ho comprato abiti puliti... cosa dovevo fare, prendere un'altra stanza? Hai idea di quanto sia caro quest'hotel? Credo di essere stato fin troppo galantuomo!»
Quest'uomo è un mistero per me. Se penso che ho dormito nello stesso letto con Christian Grey e non ho potuto vederlo addormentato e vulnerabile, con la bavetta all'angolo della bocca, mi prenderei a schiaffi. Ma se tutto va secondo i miei piani di verginella orditrice, stanotte sarà la notte in cui mi assicurerò un futuro da nababba.
Mi asciugo i capelli, poi mi accorgo di avere un alito da cadavere putrefatto.
Noto lo spazzolino di Christian.
Mh...
Sarebbe come averlo nella mia bocca.
Mmmmmmhhh...
Lo afferro di soppiatto e compio uno dei crimini più efferati della storia. Tocco le setole, sono umide: sono eccitate per essere entrate nella bocca di Christian.
In un lampo ci strizzo sopra il dentifricio e mi spazzolo i denti alla velocità della luce, sfregando da destra a sinistra e non in alto e in basso, come dicono i dentisti, perché io sono una bambina disobbediente. È un brivido delizioso. Mh...
Quando esco dal bagno, Christian è al telefono con Gino Strada, parla per due minuti di viaggi della speranza per far arrivare cibo e farmaci in Nigerambiatanawidan, giusto per ricordarci che lui lotta costantemente per rendere il mondo un posto migliore, poi riattacca e usciamo dalla stanza.
Una volta entrati in ascensore, fa passare trenta secondi, in modo da accrescere la tensione, poi mi salta addosso, mi schiaccia le guanciotte tra le mani e mi infila la lingua in bocca. Che bello essere finalmente assalita come si deve da un uomo, non come Juan che mi ha lanciato per anni segnali di interesse nei miei confronti (segnali che ho volutamente fatto finta di non cogliere) prima di tentare di baciarmi!
Non sono mai stata baciata così. Le nostre lingue guizzano, danzano, saltellano, si sferzano, si punzecchiano con frecciatine acide sulle loro papille gustative, lottano e poi si chiedono scusa, si attorcigliano, guerreggiano e di nuovo fanno la pace, fanno shake-shake-shake, e infine si siedono sul divano a guardare Real Time.
«Tu. Sei. Così. Dolce» mormora Christian scandendo ogni parola come forse neanche un bambino dislessico farebbe.
L'ascensore si ferma e lui si stacca da me proprio nell'istante in cui le porte si aprono e tre uomini entrano nella cabina. Il mio cuore è a mille, mi sembra di aver fatto una corsa in salita. Vorrei chinarmi e appoggiare le mani sulle ginocchia... ma sarebbe troppo banale.
Sì, anche come metafora è molto banale.
Lo guardo, e lui sembra così calmo e distaccato.
Metto il broncio, indispettita: “Non è giusto”, penso. “Perché mo' non mi si fila più? Possibile che la mia presenza non gli faccia alcun effetto?”
Lui mi guarda con la coda dell'occhio e sospira.
A-ha! Allora gli faccio effetto, eccome: quando mi è saltato addosso non è stato sufficientemente diretto da permettermi di capirlo.
Il mio subconscio/vocina viene promosso a Dea Interiore, che fa il suo ingresso nel mio cranio vuoto con un rullo di tamburi e un tappeto rosso che si srotola giù dalle scale. Sì, ci sono delle scale nella mia testa: c'era così tanto spazio che l'ho fatta pure soppalcare e arredare da Paola Marella.
Vem Magalenha rojão, traz a lenha pro fogão, vem fazer armação.
Hoje é um dia de sol, alegria de coió, é curtir o verão.

Te te te te te te
te te te te te te
te te te te te te

Vem Magalenha rojão, traz a senha pro fogão.. te te te coração.
Hoje é um dia de sol, alegria de xodó, meu dever de
verão6.
La mia Dea Interiore balla la samba.
Sì, proprio così. Cosa c'è di strano? Tutti abbiamo un omino nel cervello che balla latinoamericano, pure Pasquale del GF3 ce l'aveva!
«Ti sei lavata i denti» mi dice Christian. «Avrei preferito non l'avessi fatto.»
«Ho usato il tuo spazzolino» confesso in tono birichino.
Lui si volta verso di me, e mi guarda disgustato.
«Ma che schifo! Ma non lo sai che lo spazzolino è l'oggetto più pieno di batteri che esista sulla faccia della Terra? Non puoi usare lo spazzolino di un'altra persona: è un oggetto per-so-na-le! Ma che diavolo ti è saltato in mente?! Ora dovrò comprarmene uno nuovo, ma sai quanto ho faticato per trovare lo spazzolino con Winnie The Pooh?» Fa una pausa e rabbrividisce. «Dio, che schifo! E io ti ho pure baciata! Era meglio davvero, se non ti lavavi i denti! Io credevo di avere qualche problema, ma tu sei una pervertita di merda!» Fa un'altra pausa, e riacquista il suo autocontrollo. «Oh, Anastasia Steele, cosa devo fare con te?»
 
 
 

 
Note:
1) Basta. Non ce la faccio più. Siamo solo al quinto capitolo, ma mi rifiuto di ripetere ancora una volta che i pantaloni di C. G. gli cadono sui fianchi in modo sensuale. Ne va della mia salute mentale.
2) Ma solo io immagino Mr Grey come Tamaki di Host Club??
3) Come nel testo.
4) Davvero. Lo dice Wikipedia. Comunque dai, che cazzata è? Uno non ti sbava dietro e allora è asessuato?! Fortuna che Anastasia dovrebbe essere una insicura di sé!
5) Allora, molti mi avranno già sentito blaterare con particolare enfasi riguardo a questa cosa, ma lo ripeto e lo ripeterò all'infinito: chiamare un elicottero “Charlie Tango” è una cagata assurda! Per chi non lo sapesse: in inglese, quando bisogna fare lo spelling al telefono, per non avere alcun margine di errore, si usano delle parole che iniziano per quella determinata lettera: alpha, bravo, charlie, delta, echo, foxtrot... tango. Esattamente come quando noi, facendo lo spelling, usiamo nomi di città: Ancona, Bari, Como, Domodossola... Insomma, Christian, dall'alto della sua umiltà, ha chiamato il suo elicottero con le iniziali del proprio nome... ma allora dimmi “C.T”, non Charlie Tango, porca vacca!! A me sembra una cagata, e mi impunto su questa cosa ù____ù E poi Anastasia che dice “chi sarà questo Charlie Tango?”... ma secondo te può esistere davvero una persona che si chiama così?!
6) Testo della canzone Ey Macalena (ascoltatela, è bellissima!!)
 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Mondolibri è il male! ***


6.
 
 
Christian apre lo sportello del suo SUV Audi nero a cinque porte quattro per quattro, cilindrata 177 cavalli, velocità 0-100 Km/h in otto secondi e due... e insomma questi dettagli li lascio agli ometti, tanto alle femminucce interesserà solo sapere che l'auto è costata più di settantamila dollari.
“È un bestione di auto” è il mio commento da donna.
Saliamo e lui accende lo stereo: una musica dolcissima inonda l'abitacolo.
Oddio! Ho scoperto un'altra delle innumerevoli doti di Christian Grey: ascolta musica classica! È così... fuori dagli schemi, così romantico, e rivela il suo lato sensibile ed intellettualoide. Come si fa a non amarlo? È evidente che si tratta dell'uomo perfetto. Donne, affrettatevi a comprare gli altri due volumi di questa serie.
«Cosa stiamo ascoltando?» chiedo.
«Musica.»
«Wow...»
«Si intitola “Musica di cui nessuno sa il titolo ma che tutti conoscono e che non è per nulla ricercata come vorrei far credere” di Autore, dall'opera XYZ, scritta nel 1881 e basata sulla novella Novella
«Quante cose sai...» commento ammirata. Lui chiude la pagina di Wikipedia e si rimette in tasca l'iPhone. «Ti piace la musica classica?»
«Non solo quella, Anastasia, altrimenti sembrerei un vecchio barboso. Io sono una persona eclettica e ascolto di tutto: da Thomas Tallis a PSY.»
«I testi di PSY sono pura poesia, ma non so chi sia Thomas Tallis.»
«Ma tu non studiavi letteratura inglese? Comunque, è un compositore inglese del sedicesimo secolo. Epoca Tudor – te lo specifico perché mi sembri carente nella tua materia di studi. Da quanto parte il tuo voto di laurea?»
«Da sessantanove.»
«Ci avrei giurato. In ogni caso, Tallis è il mio compositore preferito, anche se guardando I Tudors1 ho scoperto che si faceva incaprettare da un tale William Compton. Quante cose si imparano con i telefilm!»
Il telefono squilla e Christian attiva il viva voce.
«Ehi, fratellone, come va? Allora, ci hai dato dentro? L'hai messa a pecorina o a smorza candela? Ce l'aveva rasata o pelosa? E le tette, come ce le aveva? Piccole e sode o grosse e cadenti? È una di quelle che urlano e si dimenano o sembrava morta? Te l'ha preso in bocca? Te l'ha fatto togliere all'ultimo o ti ha fatto rimanere dentro fino alla fine? Ti ha fatto entrare dalla porta di dietro?»
«Ciao, Elliott... sono in auto con il viva voce e c'è Anastasia accanto a me» sospira Christian.
«Ah, ciao, Anal! Ho sentito molto parlare di te.»
«Non credere ad una sola parola di quello che dice Kate.»
«Ha ha ha! Come sei divertente! Ha ha ha! Uno spasso! Oddio, muoio! Non ti posso trombare, ma mi limiterò ad adorarti e a considerarti la persona più simpatica che abbia mai conosciuto!»
«Ma com'è possibile? Tutti mi odiano! E comunque, Christian, non capisco perché ti ostini a chiamarmi Anastasia. Cioè, proprio non ci arrivo.»
«Perché è il tuo nome.»
«Ma dai?!» esclamò sbigottita. Con lui imparo un sacco di cose nuove: è un uomo talmente intelligente!
«E comunque, sappi che non te lo darò più per altre cinquanta pagine» mi informa quando arriviamo davanti a casa mia.
«Uffi... ho aspettato ventun anni, non so se riuscirò ad aspettare per altre cinquanta pagine.»
«Si chiama suspance, mia cara. Tutti i bravi scrittori vi fanno ricorso, e siccome E.L. James è più brava di tutti, vi fa ricorso ogni tre per due.»
«Che talento!»
Entrati in casa, troviamo Kate ed Elliott seduti al tavolo della cucina. Kate è splendissimerrima nel suo aspetto post-coito. La odio.
Pure Elliott è un figo da paura, ma che ve lo dico a fare? Lo sapevate già. In questo libro, i buoni sono belli e i cattivi sono brutti. Com'è giusto che sia.
«Fao, Evviot» lo saluto mordendomi il labbro. Boh, così.
«Elliott, dobbiamo andare» dice Christian, che solitamente si ingelosirebbe anche di una mosca che mi svolazzasse intorno, ma se faccio la gatta morta con suo fratello, è ok.
Elliott prende Kate tra le braccia e la bacia. Oddio, santo cielo, mamma mia! Ma che schifo! Ma non si vergognano?! Non hanno un minimo di pudore? Sono disgustosi!
«A più tardi, piccola.»
Kate si scioglie.
No, non sul serio. Era una metafora letteraria, ignoranti!
Mi vengono in mente le parole “docile” e “compiacente”: Elliott deve avere una tega grande così per riuscire a mettere al suo posto Kate. Finalmente lei si toglierà tutte quelle strane idee sul giornalismo dalla testa e capirà che il suo posto è in cucina. Meno male, iniziavo a preoccuparmi per lei.
Christian mi guarda, mi dà un poke sulla spalla e mi dice:
«A più tardi, piccola» ripetendo le stesse parole del fratello.
Il poke, seppur breve, è stato intenso e mi ha fatto ribollire il sangue. Il bacio slinguaccioso che Elliott e Kate si stanno ancora scambiando, ora distesi sopra al tavolo, non è nulla in confronto. Ma chi si credono di essere? Io e Christian siamo molto più affiatati! Il nostro è un rapporto vero, il loro è solo basato sul sesso. Bleah! Gesù non approva.
Finalmente i due si staccano, e Christian porta via se stesso e il fratello.
Quando alla sera ritorna a prendermi al lavoro e mi porta all'eliporto, dove assisto ad una scena fantasmagorica: Christian dice “grazie” al vecchiaccio che gli consegna il piano di volo.
Oddio.
È incredibile, davvero incredibile.
Chissà cosa mai avrà fatto il vecchio per meritarsi una risposta educata: come minimo, deve avergli salvato la vita.
Una volta saliti sull'elicottero, Christian mi lega come un salame, mi ordina di non toccare niente e mi ricorda di respirare. Uhm... tutto questo è molto sexy.
Ci sono tanti pulsanti che avrei voglia di premere, ma vengo distratta dall'abilità di Christian-pilota. L'ho trovato nella scatola di cereali e sto completando la collezione: Christian-supermiliardario, Christian-salvatore del mondo, Christian-surfista, Christian-veterinario, Christian-agente segreto, Christian-principessa delle fate.
La città sparisce sotto di noi e ben presto non si riesce più a capire dove siamo.
«Ma come fai a sapere dove stiamo andando?» chiedo a Christian.
«Perché sono magico» mi risponde lui facendomi l'occhiolino.
Mentre schiaccia un sacco di pulsanti, apparentemente casuali, osservo e ammiro il suo profilo: ho già detto che è bellissimo? Beh, sappiatelo, è bellissimo. È così bello che vorrei leccargli tutta la faccia.
Oddio. Forse ha già un cane che gli può leccare la faccia ogni volta che gli pare. Che invidia!
O forse ha un gatto, che gli si struscia sempre su quei pantaloni che gli cadono in modo divino.
O magari un pesce, in una boccia di vetro tenuta in bagno, e quel pesce ha l'immenso privilegio di poterlo guardare quando fa la cacca.
Io invece non sono nulla, non avrò mai l'opportunità di fare tutte queste cose.
Quanto odio i suoi ipotetici animali domestici!
«Quanto dura il volo?» chiedo poi.
«Meno di un'ora.»
“Mmh... meno di un'ora a Seattle, eccitante...” I muscoli mi si contraggono. Le farfalle impazzano nel mio stomaco. Mi chino in avanti e vomito.
«Anastasia!» esclama Christian, infastidito e disgustato. «Santo cielo, hai vomitato sui comandi! Potevi dirlo che stavi male, ho i sacchetti per il vomito!»
«Credevo fosse eccitazione sessuale» biascico mentre cerco di riprendermi. «È che sono tramortita
«Tramortita?» mi fa eco lui, confuso. «Mi sembri piuttosto cosciente.»
«Il fatto è che tu sei così... esperto.»
«Ah... volevi dire che sei scioccata. Oppure sorpresa, stupita, attonita, esterrefatta, sbalordita, basita, meravigliata, strabiliata, stupefatta, sbigottita. Ma non “tramortita”.»
«Christian, non cercare di sovrastare la mia autonomia di donna: sono io l'unica che può scegliere quali sinonimi usare, e ho scelto “tramortita”. Però dopo puoi darmi un ceffone, se ti va. Non voglio che tu ti senta meno uomo solo perché hai un lessico meno ricco del mio.»
«Ok, grazie Miss Steele» dice educatamente. Penso che sia lusingato, ma non ne sono sicura. Sono incerta se definire il suo tono lusingato o assetato.
«Certo che hai dei passatempi parecchio costosi» commento. Poi sospiro, che è una delle cose che mi riescono meglio. «Io invece mi limito a leggere e ad andare al cinema di tanto in tanto. Non sono al livello dei tuoi standard, lo so. Puoi anche buttarmi giù dall'elicottero, ora che sai che sono solo una plebea. Di certo esci solo con donne dagli interessi costosi come i tuoi...»
«Ma che vuol dire? La tua è tutta una scusa per giustificare il fatto che sei un personaggio piatto. Leggere e andare al cinema? Sei la fiera delle banalità! Guarda che ci sono un sacco di passatempi interessanti ma poco costosi. Il bricolage, l'uncinetto, le creazioni con il fimo, collezionare le sorprese degli ovetti Kinder, fare saponi con il grasso rubato dalle cliniche per la liposuzione...»
«Chi farebbe mai una cosa del genere?!» strillò disgustata.
«Tyler Durden di Fight Club, il romanzo più celebre di Palahniuk.»
«Scusa, non mi intendo di letteratura polacca, io leggo solo i grandi classici inglesi.»
«Vaaaa beeeeene.»
D'improvviso mi guardo intorno, e mi accorgo che l'elicottero è fermo su una piattaforma di atterraggio. Siamo arrivati e non me ne sono neanche accorta.
Christian si volta verso di me e sfodera un sorriso fluorescente a trentadue denti.
«Visto? Te l'ho detto che sono magico.» Da uno dei suoi denti scaturisce una scintilla di luce e il riflesso mi acceca.
Scendiamo dall'elicottero e raggiungiamo rapidamente l'interno dell'edificio. Stranamente, il vento non mi alza la gonna e perdo l'occasione di paragonarmi a Marilyn Monroe. E. L. James, cerca di concentrarti un po' di più, suvvia!
Entriamo nel suo attico megagalattico: c'è un salotto con il divano e la tele, una cucina con i fornelli, il tavolo e le sedie, e un pianoforte a coda... wow. Ha perfino il frigorifero, non ci posso credere!
Christian mi aiuta con garbo a togliermi la giacca, e poi la butta per terra.
«Vuoi qualcosa da bere?» mi chiede. Dopo l'altra sera? Che spiritosone! Vorrei chiedergli un margarita, ma non sono così spavalda. Significherebbe fargli un affronto, e io non oso.
«Io prendo un Sciasciasciosciué dell'82, per te va bene?»
«Christian, sono una poveraccia che non capisce niente di vini, certo che mi va bene!»
«Ok, allora prendo il cartone di Tavernello che ho in frigo. Mi è avanzato dall'ultima volta che ho fatto le scaloppine.»
Mi porge un bicchiere e io bevo un sorso: è leggero, frizzante, delizioso, con qualche nota di autunno, di more e Calippo.
«Perché mi hai regalato proprio Tess dei d'Urbervilles?» gli chiedo per la centomillesima volta.
«È l'unico libro che sembri aver letto. Non volevo farti diventare più intelligente regalandotene uno nuovo.»
«Ed è l'unico motivo?»
«Beh, mi sembrava appropriato. Sarei capace di innalzarti a qualche ideale impossibilmente alto come Angel Clare o degradarti completamente come Alec d'Ubervilles» mormora con la bava alla bocca, una bava umidiccia e pericolosa.
«Opto per la seconda» sussurro io, guardandolo fisso. Lui resta a bocca aperta, poi si riprende.
«Sì, in effetti Angel è una noia, ed è un morto di fame. Alec è ricco, aveva tutto il diritto di violentare Tess e poi abbandonarla con la pagnotta nel forno.»
«Ma certo, è quello che ogni vero uomo dovrebbe fare!» affermo.
«Mi fa piacere che la pensiamo allo stesso modo. Aspetta qui!» saltella via e torna dopo qualche minuto con un documento in mano. «Questo è un accordo di riservatezza.»
Sono senza parole: mi aspettavo che tornasse con un mazzo di rose rosse in mano, con un gioiello, o vestito da menestrello per mettersi a cantare una melodia d'amore, ma questo... questo è troppo. È la cosa più romantica che mi sia mai successa!
«Ok, firmo.»
«Ma non sai nemmeno di cosa si tratta! Non te l'ha detto la mamma che non bisogna mai firmare un contratto prima di averlo letto attentamente? È così che quelli di Mondolibri sono riusciti ad incastrarmi, e ora sono obbligato ad acquistare un libro ogni mese! E neanche avessero dei bei titoli: ho dovuto prendere tutte quelle stupide saghe sui vampiri!»
«Christian, quello che non capisci è che io comunque non parlerei a nessuno di noi due, nemmeno a Kate, perché sono un'amica di merda che ama ascoltare i fattacci degli altri ma non poi non racconta mai niente di sé.»
Senza attendere oltre, firmo tutte le copie del contratto, me ne tengo una e gli restituisco le altre.
«Grazie» dice Christian. «Ah, dimenticavo di dirti che, se violi l'accordo, la tua anima verrà venduta a Satana e tu brucerai all'inferno per l'eternità, sbranata dai Cerberi. Non è un problema, vero?»
«B-beh... no, c-certo che no!» rispondo, recitando la parte della spavalda. Ho voluto fare la figa non leggendo il contratto, non posso mica fargli capire che ora me ne pento!
«Bene, ora finiamoli con i convenevoli. Siamo al secondo appuntamento e quindi in ritardo sulla tabella di marcia.»
«Questo significa che stanotte farai l'amore con me, Christian?»
«No, Anastasia. Sei proprio stupida. Primo: io non faccio l'amore; io fotto...» sfodera dal nulla un mantello nero, con il quale cela il ghigno crudele che gli si è dipinto sulla faccia, «senza pietà! Ta-taaannn!»
«Che cos'era quel “ta-taaannn”?» chiedo intimorita.
«La musichetta da cattivo dei film. Perdonami, l'impianto stereo è guasto. Dove ero rimasto? Ah, sì: seconda cosa, ci sono ancora un sacco di scartoffie da firmare, perché il mio commercialista è italiano. Terzo: non sai cosa ti aspetta. Vieni, ti mostro la mia stanza dei giochi.»
Io sono rimasta a “fotto senza pietà” e non ho sentito il resto, a parte quell'ultima cosa sulla stanza dei giochi.
«Mi hai detto tutte queste cose porche e ora vuoi metterti a giocare con la Xbox?»
Lui scoppia in una fragorosa risata.
«No, sciocchina, niente Xbox, niente Playstation. Mi hai preso per uno di quei nerd che vanno tanto di moda ora? Io sono un uomo vero!»
Giungiamo davanti a una porta, la apre lentamente.
«Ehm... cos'è che dicevi?» dico, perplessa, mentre osservo il contenuto della stanza: Nintendo Wii, Playstation, Xbox, Risiko, Jenga, la casa di Barbie... e mille altri giocattoli.
«Pardon» si scusa lui richiudendo la porta in fretta. «Stanza sbagliata.»
Ci fermiamo davanti ad un altro uscio, lo apre e io dico una cosa che non ho mai detto prima d'ora:
«Oh mio dio.»




 
Note:
1) Telefilm con un sacco di personaggi manzi, ma storicamente poco attendibile, come potrete immaginare. Ma Chrissy è un credulone.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Formaggio ***


7.

 

 
La prima cosa che noto è l'odore: cuoio, legno, piedi e agrumi. Ma è quello di piedi a prevalere.
È un profumo molto piacevole e l'illuminazione è tenue, delicata. Non capisco da dove provenga, dev'essere una magia.
Sulla parete di fronte alla porta campeggia una grossa croce di legno a forma di X. Sembra un pezzo d'antiquariato, e posso leggere delle lettere incise su uno dei bracci: KKK. Dev'essere stata costruita da un sublime artigiano.
Sopra di essa c'è una griglia di metallo appesa al soffitto da cui pendono corde, catene e manette di ogni genere. Chissà a cosa servono.
Accanto alla porta c'è un solido cassettone di mogano, con dei cassetti. È strano che un cassettone abbia dei cassetti, chissà cosa c'è dentro. Voglio davvero saperlo? La mia mente non risponde, forse non lo saprò mai.
C'è un sacco di altra roba stramba, e un lettone a baldacchino in centro alla stanza. Sulla testiera c'è una targhetta dorata sulla quale è inciso: “A Christian, da S. Buon bunga-bunga.”
Mi avvicino al cassettone e prendo in mano uno strano strumento.
«Si chiama flagellatore» mi spiega Christian.
«Flagellatore? Mmmmmmmmmh!» muggisco.
Mi faccio mille pipponi poco convincenti sul come, quando, dove, perché, quanto, chi, su, giù, tric-e-trac, ma la verità è che sono eccitata (come lo sono sempre stata, a partire dalla prima di copertina di questo libro) e non vedo l'ora di vantarmi con tutti quelli che conosco.
«Sei tu a fare questo agli altri o sono gli altri a farlo a te?»
Spero vivamente sia la prima: un uomo che si fa sodomizzare non è un uomo, è un frocio ed è contro natura. Dobbiamo proteggere i nostri bambini da queste cose!
«Ma certo che sono io a farlo agli altri» mi rassicura Christian. «Lo faccio alle donne che lo desiderano, e ovviamente c'è la fila fuori casa mia. Però vorrei farlo a te in particolare.»
«Ah. E perché?»
«Ma ti sei vista allo specchio?! Hai una tale faccia da schiaffi!»
“Gli piace far male alle donne”, questo pensiero mi rattrista.
No, non è vero!
«Perché dovrei fare una cosa del genere?» chiedo.
«Per far credere alle lettrici che siamo una coppia sessualmente fantasiosa e farle crepare d'invidia.»
«E cosa dovrei fare?»
«Voglio che tu desideri che io voglia che tu desideri di compiacermi.»
«E cioè?»
«Ma da dove vieni, dal mondo delle oche? Vuoi farmi credere di non aver mai sentito parlare di sesso sadomaso?!»
«Beh, su Tess dei d'Urbervilles non c'era scritto niente a proposito...»
«Uff, mi tocca spiegarti tutto. Il gioco è molto semplice: tu fai quello che ti dico. È abbastanza chiaro per te?»
«Uhm, non lo so...» mormoro confusa e disorientata. «Tu sei così misterioso, e quello che mi dici sembra talmente complicato e oscuro... Ma poi, io cosa ci guadagno?»
Lui sgrana gli occhi e in tono ovvio mi dice:
«Me! Oltre a vestiti, gioielli, oggetti di lusso, viaggi, cene in ristoranti esclusivi...»
“Oddio.”
«Non devi rivelare niente, Ana. Ora torniamo al piano di sotto: mi distrae molto averti qui dentro.»
Kate mi aveva detto che lui era pericoloso: quanto aveva ragione. Come faceva a saperlo?
“È più sveglia di te” suggerisce la mia vocina interiore. È pericoloso per la mia salute, perché so che gli dirò di sì. L'ho incontrato quattro volte e già voglio piegarmi... ai suoi desideri.
«Se accetti, ti ricoprirò di soldi e regali» mi spiega, e io ancora non riesco a capire cosa mi attiri tanto di lui. Proprio non capisco. Proprio proprio.
Mi mostra un'enorme camera da letto e mi spiega che sarà qui che dormirò nel week end.
«Senza di te?» chiedo con uno sguardo da cucciolo.
«Ma insomma, quante pretese!» protesta Christian. «Io non dormo con nessuno, punto e basta.»
Stringo le labbra. Non riesco a far combaciare il gentile e premuroso Christian con il mostro che colleziona fruste e mi risponde male. Com'è possibile che il carattere di una persona abbia più di una sfaccettatura? E. L. James mi ha insegnato che non è così: la gente è o simpatica o antipatica, o buona o cattiva, o bella o inutile, o eterosessuale o dannata per sempre, o innamorata di me o gay, o innamorata di Christian o lesbica.
Mr Grey mi porta in cucina e mi mostra un'altra delle sue infine doti: è un cuoco provetto.
Mi prepara un panino col formaggio.
«Dovrai firmare un contratto» mi spiega mentre si destreggia tra pentole e fornelli. «Ho bisogno di conoscere i tuoi limiti e tu devi conoscere i miei. È un atto consensuale, Anastasia. Consensuale significa che devi essere d'accordo su tutto prima di firmarlo. Firmare significa appoggiare la penna sul foglio e scrivere il tuo nome. Il tuo nome è Anastasia Steele.»
«Credo proprio che firmerò quel contratto. Se non altro per istinto di sopravvivenza, visto che non so fare nulla senza il tuo aiuto. BTW, come sei diventato così? Sicuramente hai un passato burrascoso alle spalle.»
«Oh, Ana, perché le persone sono come sono? Non sempre c'è una spiegazione logica. Ma in questo caso c'è perché altrimenti la storia non avrebbe senso. Formaggio?»
«Eh?»
«Boh.»
“Ha detto formaggio... Mio Dio.”
«Quali sono le regole che dovrei seguire?»
«Ne ho una lista scritta. Ma prima mangiamo.»
«Ma io non ho fame! Io non ho mai fame, e non perché sia anoressica o fissata con la dieta. Ho il difetto di essere magra per costituzione. Avete sentito, lettrici? Sono magra e ho le tette grosse per costituzione!»
«Sì, ma mangerai lo stesso, perché odio le magre per costituzione! Io mi devo allenare ogni giorno con Jean Paul, per avere questo fisico, mentre ci sono migliaia di stronze come te che se ne stanno tutto il giorno sul divano a spiluccare schifezze, e hanno un corpo mozzafiato! Gradisci un altro bicchiere di vino?»
«Sì, grazie. Ma ancora non ho capito perché tu abbia scelto me.»
«Oh, che palle, ma perché continui a chiedermelo? Vuoi che solleciti il tuo ego dicendoti quanto sei speciale e diversa dalle altre? Beh, non è così. Sei solo così tremendamente ingenua e stupida che è impossibile non avere voglia di prenderti a schiaffi. E poi sei una maggiorenne con tutte le caratteristiche di una minorenne, il che è perfetto perché non corro rischi con la legge.»
«Mi sembra ottimo!»
Dopo avermi ingozzata come un'oca da pâté (mi ha fatto mangiare ben sei chicchi d'uva, quel pazzo!), ci spostiamo nello studio, dove mi mostra il contratto.
 
REGOLE
Obbedienza
La Stupida obbedirà a qualsiasi istruzione impartita dal Dominatore, subito e senza fiatare, altrimenti lo dico a papà quando torna a casa.
La Stupida accetterà qualsiasi attività sessuale considerata appropriata e piacevole dal Dominatore...
 
“Oh, che noia. Farò finta di leggerlo e poi dirò che mi va tutto bene” penso, leggendo solo qualche parte qua e là.
«Ok, però non mi va molto di accettare soldi per i vestiti. Meglio se me li compri direttamente tu, così potrò far finta di non credere che mi stai trattando come una prostituta. E che la cosa mi va bene così. Sì, insomma, devo essere un esempio per le persone che leggono questo romanzo.»
«Giusto, è uno dei consigli che mi hanno dato gli amici di gnoccatravels.net. Ah, spero ti piaccia la polenta.»
«C'è scritto lì, nella parte riguardante il cibo: ti nutrirai solo di polenta e Sprite.»
«Ok. Un motivo in più per correre al bagno e rigettare tutto subito dopo ogni pasto.»
«E per quanto riguarda la palestra? Ti vanno bene quattro giorni di allenamento da un'ora ciascuno?»
«Eh no, carino. Pretendo tre giorni da un'ora e uno da cinquantotto minuti. Visto come sono brava a negoziare? Sono una tipa tosta, io!»
 
LIMITI ASSOLUTI
Tutto ciò che Dio considera peccato.
 
“Oddio, era proprio necessario scriverlo? Nessuna persona sana di mente vorrebbe divertirsi con cose che sono contrarie alla legge di Dio – a parte i gay, difatti loro sono condannati alle fiamme eterne. Adesso che ci ho pensato mi sento un po' inquieta.”
«C'è qualcosa che vorresti aggiungere?»
«Non saprei... non ho mai fatto le cosacce.»
«Cosa?»
«Sai... fiki fiki.»
Christian sgrana gli occhi e diventa pallido.
«Vuoi dire che sei vergine?»
Io annuisco, mortificata. Lui chiude gli occhi e sospira. Quando li riapre, mi fissa ed esclama:
«SFIGAAAATA!»

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Rimediare all'onta ***


8.
 
 
Christian cammina avanti e indietro per il suo studio, passandosi le mani tra i capelli. Tutt'e due le mani, addirittura, e di quando in quando le solleva verso il cielo gridando “Allah akbar!”: siamo ben oltre l'esasperazione.
«Non capisco perché tu non me l'abbia detto prima» mi sgrida, e io mi sento terribilmente in colpa.
«Hai ragione, quando ci siamo incontrati per la prima volta avrei dovuto dirti “Sono Anastasia Steele e sono vergine”. Sono imperdonabile, lo so, ma ora voglio che non ci siano più segreti tra di noi, quindi ti confesserò le altre cose che ti ho tenuto nascoste: mi metto le dita nel naso; a volte, dopo aver fatto pipì, esco dal bagno senza essermi lavata le mani; mi mangio la forfora e quando faccio le pulizie nascondo la polvere sotto ai tappeti.»
«Ma almeno hai mai baciato qualcuno?»
«Beh, sì.»
«Voglio ben sperare! Hai ventun anni, quasi ventidue, com'è possibile che tu non abbia mai fatto sesso? Non puoi definirti una vera adulta se non l'hai ancora fatto! Ma non ti vergogni?»
«Ora che me lo fai notare, sì, un po' mi vergogno. È tanto grave?»
«Direi di sì. Mi chiedo come tu faccia a vivere sapendo che nel mondo tutti, dico tutti i tuoi coetanei fanno sesso dalla mattina alla sera e tu invece no. Non ti senti diversa, inferiore, quasi menomata? Cosa provi a sapere che anche le ragazze più brutte di te lo fanno?»
“Le ragazze più brutte di te”. Arrossisco di piacere. Mi sta dicendo che non sono io la più brutta, e che quindi sono un po' carina? Mi ha fatto un complimento! “Forse è miope” mi dice la vocina cattiva.
«Te ne vuoi andare?» mi chiede Christian con gentilezza.
«No!» grido disperata, scoppiando in lacrime. «Ti prego, non mi cacciare!»
«La mia era solo una domanda... se vuoi restare, resta, a me piace averti qui. Quando mi ricapita l'occasione di farmi una ventunenne vergine? Qui in città è impossibile trovarne, mi toccherebbe farne arrivare una dalla Thailandia. Ti stai mordendo il labbro» aggiunge con la voce roca e lo sguardo pensieroso. Starà pensando ai bambini thailandesi che muoiono di fame?
«Scusa.»
«Non ti scusare. Ho solo voglia di morderlo io, quel labbro. Ho detto una cosa sexy, vero?»
«Vero» bisbiglio, sentendo le mie gambe farsi budinose. Christian batte le mani e poi se le sfrega vigorosamente:
«Bene!» esclama con entusiasmo. «È ora di rimediare a questo problema. Ana, stasera ti renderò una donna!»
«E come?» chiedo confusa. «Mi insegnerai a stirarti le camicie?»
«No, quello un'altra volta... ti farò l'onore di fare l'amore con te.»
«Pensavo che tu non facessi l'amore. Pensavo che fottessi senza pietà.»
Mi sento strana a pronunciare queste parole, ma forse dipende dal fatto che sono vergine e non so nulla della vita reale. Sono certa che tutte le coppie del mondo comunicano in questo modo apparentemente artificiale e poco credibile.
«Per stavolta farò un'eccezione...» sbuffa lui. «Desidero davvero giocare al dottore con te. Ma non pensare che io stia diventando un sentimentale! Sono innamorato di te, voglio sposarti e voglio che tu sia la madre dei tuoi figli, ma non te lo posso dire adesso, altrimenti toglieremmo tutta la suspance alla storia. Le lettrici non se l'aspettano, quindi non lo dire a nessuno! Dai, andiamo, risolviamo il problema della tua imbarazzante verginità.»
Mi afferra per il braccio e mi stringe a sé: i suoi occhi sono luminescenti, eccitati, ardenti, brillantanti, birichini.
«Sei una ragazza molto coraggiosa» sussurra. «Ti ammiro.»
Alla tv parlano spesso di donne coraggiose: Anna Politovskaya, Rosa Luxemburg, Simone de Beauvoir... da domani parleranno anche di me?
«Voglio baciarti» mi annuncia Christian, prima di chinarsi su di me.
«Voglio succhiarti il labbro inferiore» aggiunge, e mi succhia il labbro inferiore.
«Voglio mordere questo labbro» prosegue.
Che carino, mi spiega passo passo quello che facciamo, così non farò fatica ad imparare.
«Ora andremo in camera da letto.»
La stanza è enorme. Non vi servono altre descrizioni, tanto so che le saltereste a piè pari.
«Ora faremo l'amore.»
«Sì» mormoro. D'altronde, è per questo che sono qui: è questo il mio unico scopo nella vita.
Tremo come una foglia. Ci siamo. Ecco. Ancora un po'. Un pelino. Finalmente lo sto per fare, e per di più con Christian Grey, l'unico uomo sulla faccia della Terra ad avere i mobili della camera color azzurrino pallido.
Lui fa con comodo, come se stesse seguendo un rituale sacro. Perché in effetti è di ciò che si tratta: la deflorazione di una vergine. Una fase importante, nella vita di un giovane uomo. Sono così fiera di lui!
Si toglie l'orologio e lo appoggia sul comodino. Poi si toglie i gemelli della camicia. Appoggia i Google Glass sulla cassettiera. Si toglie la giacca, le dà una spolverata e la appende all'attaccapanni, poi la mette nell'armadio. Si sbottona piano piano la camicia, se la sfila, tira fuori l'asse da stiro, aspetta che il ferro si scaldi e poi ci dà una ripassata (e io assisto, gelosissima di quella camicia: Christian è solo mio!); la inamida, la piega benino benino e la mette via.
Nel frattempo, io passo il tempo descrivendo le sue caratteristiche fisiche ancora una volta: ha i capelli biondo scuro (anche se mi pareva che, qualche capitolo fa, fossero biondo rame) scarmigliati, lisci effetto seta, gli occhi sfrontati e abbaglianti. Perdonatemi, non so in che altro modo occupare il tempo.
Alla fine Christian si toglie le Converse (com'è umile, da parte sua, indossare calzature da popolano) e si china per sfilarsi i calzini: ommioddio! I piedi di Christian Grey! Non ci posso credere, sto guardando i piedi di Christian Grey! Potrei svenire! Chi l'avrebbe detto che anche Christian Grey avesse i piedi! Si può essere più eccitanti? Un uomo vero con i piedi... e non ha nemmeno i peli sulle dita! Si può essere più perfetti? Si può?
Come se mi leggesse nel pensiero, lui posa lo sguardo su di me.
«Faccio anche la cacca.»
Oh. Questa non me l'aspettavo.
Non avrei mai pensato che Christian Grey facesse la cacca, come gli uomini comuni.
Sono un po' delusa, non pensavo che anche lui facesse queste cose. Ma del resto, è un semidio e può fare ciò che vuole.
«Immagino tu non prenda la pillola» dice.
“Oh, merda” penso. La mamma dice che le pillole anticoncezionali sono solo per le sgualdrine e che ogni volta che si usa un anticoncezionale, Gesù piange. Ma per Christian sono disposta a tutto.
«Non ti preoccupare» apre un cassetto e prende una manciata di preservativi. «Me li ha dati un tizio per strada... blaterava qualcosa su delle malattie, ma lo sanno tutti che questi servono per non avere bambini, mica per curare l'influenza!»
Si avvicina piano. Sicuro di sé, seducente come un gatto quando ha bisogno di qualcuno che gli gratti la pancia.
Dio, è così sexy.
L'ho già detto?
Beh, lo dico di nuovo, nel caso non fosse chiaro: è così sexy!
Mi aiuta a spogliarmi. Anzi, fa tutto lui mentre io sto ferma e continuo a pensare a quanto sia sexy.
Sotto i vestiti indosso un reggiseno di merletto azzurro, un po' scucito e non abbinato alle mutandine: meglio, così Christian ha la prova che sono davvero una vergine.
«Oh, Ana» mi sussurra, «hai una pelle bellissima, candida e perfetta. Voglio baciarne ogni centimetro.»
“Oddio.”
Con un gesto da maestro mi afferra la coda e mi scioglie i capelli, strappandomene solo cinque o sei.
“Oddio.”
«Adoro le brune» mi confessa, e io ringrazio il cielo di essere una delle poche fortunate sulla faccia della Terra ad avere i requisiti per piacere a Christian Grey.
Mi infila le mani nei capelli, stringendomi i lati della testa. Il suo bacio è come un rock. Gemo, cerco la sua lingua con la mia. È buffo quanta fatica faccia per trovarla, ma dove si era nascosta?!
Christian mi abbraccia e mi stringe con forza.
Penso sia di fondamentale importanza descrivere per filo e per segno ogni suo gesto. Chi non vorrebbe sapere cosa fa Christian in ogni attimo della sua vita? I maschietti dovrebbero studiare questo romanzo come un manuale di istruzioni per l'uso della donna, avrebbero molto da imparare.
Per le ragazze è più facile: basta che stiano sempre ferme.
Ma ritorniamo a Christian e alle sue affinate manovre di seduzione:
  1. la sua mano destra rimane tra i miei capelli;
  2. la sinistra scende lungo la mia spina dorsale;
  3. raggiunge la vita;
  4. poi il sedere.
  5. Mi stringe le natiche con dolcezza;
  6. mi attira contro i suoi fianchi (facendomi sentire la sua erezione, ovvio – sapete come si dice, old but gold).
  7. In tutto questo, io gli ansimo in bocca.
 
Stento a contenere il sentimento tumultuoso che mi travolge... o sono ormoni?*
Lo voglio da impazzire. Gli stringo le braccia, tastando i suoi bicipiti. Che maschio!
Lui mi spinge piano verso il letto. Penso che mi farà stendere, e invece mi stupisce ancora una volta! Cade in ginocchio davanti ai miei piedi.
Oddio! Vuole già chiedermi di sposarlo?
Ah no, vuole annusarmi Lì.
«Hai un odore così buono» mormora chiudendo gli occhi. «Di orata impanata. Con patata.»
Quasi mi vengono le convulsioni dal piacere. Ancora una volta mi fa un complimento da perfetto gentiluomo.
Finalmente mi butta sul materasso.
Ora mi spoglia e mi tromba, penserete voi.
E invece no. Siamo appena all'inizio, miei cari! Vi aspettano altre venticinque pagine di preliminari!
Potete evitarle solo se invierete questa fanfiction a dieci amici!
Sempre in ginocchio, Christian mi afferra un piede e inizia a leccarmi la caviglia.
Com'è possibile che io riesca a sentire la sua lingua sul mio piede? Ha dei poteri paranormali?
Dopo avermi spogliata, lasciandomi solo con le mutande e il reggiseno, si rialza per osservarmi meglio e mi dice:
«Sei bellissima. Non vedo l'ora di ribaltarti come il materasso quando cambia la stagione.»
Com'è romantico!
«Allora» aggiunge, sfregandosi le mani. «Fammi un po' vedere come ti tocchi.»
Io sgrano gli occhi, confusa. Sollevo il dito indice e mi tocco la punta del naso.
«Così.»
«No, scema! Come ti sgrilletti!»
«Non capisco...»
«Sprechen Sie Deutsch? Come-fai-a-raggiungere-l'orgasmo!»
«Ti ho già detto che sono vergine! Come potrei averlo fatto, senza un uomo?»
«Hai ragione. Del resto, le lesbiche sono solo in attesa di quello giusto che le faccia sentire vere donne.»
«Giusto» annuisco con decisione. Parole sagge.
«Bene, vediamo cosa si può fare qui» riflette Christian, utilizzando le stesse identiche parole del mio meccanico quando gli ho portato la macchina.
Si posiziona sopra di me, imprigionandomi col suo corpo, e mi abbassa il reggiseno. Io non riesco a star ferma. Tutto questo è troppo eccitante!
«Vediamo se riesco a farti venire così.»
Christian mi guarda i capezzoli e io ho il primo orgasmo della mia vita.
«Sei molto sensibile» mormora compiaciuto.
“Oddio”. È stato straordinario. Ora capisco di cosa parlano tutti, costantemente, in ogni luogo. Adesso potrò parlarne anch'io.
Ma non penso di potermi definire ancora una vera donna, manca la parte più importante del rituale.
Christian mi infila la mano dentro le mutandine... proprio lì. No, non là, lì. Là è vietato.
Christian fa delle cose, non lo so esattamente, ma in queste situazioni è meglio lasciar fare gli ometti, che sono più esperti, proprio come quando ti si rompe la caldaia o devi appendere un quadro alla parete. Fatto sta che un momento prima mi dice “sì, ce l'ho proprio grosso”, e il momento dopo non sono più vergine.
È stato bellissimo. Christian dice che ho avuto altri sette orgasmi.
«Rifacciamolo!» propongo.
«Ok, però stavolta alla pecorina, perché preferisco non guardarti in faccia.»
«Evviva!»
Mi prende come un vero uomo sa fare, ad ogni spinta mi dice una sillaba e io devo indovinare la parola che sta pensando.
All'ottantesimo orgasmo svengo dal piacere. Mi risveglio al buio, sola, e vado nel panico.
Christian mi ha abbandonato!
Mi avvolgo nel lenzuolo come in una pessima commedia romantica, e vado a cercarlo. In lontananza risuona una musica, ma non sono certa se sia Bach o PSY.
Arrivo in salotto e trovo Christian seduto al pianoforte, un'espressione dolente dipinta sul volto.
Dio, com'è romantico.
Essersi preso la mia verginità deve avergli trasmesso una malinconia infinita. È un momento importante della sua vita e lo capisco.
Alza lo sguardo, mi vede e si interrompe.
«Scusa, non volevo disturbarti! Ti prego non odiarmi!»
«Per stavolta...» Si alza in piedi e quasi vengo di nuovo, vedendo in che modo i pantaloni gli scivolano sui fianchi. Non sono ripetitiva, no?
«Era una brano magnifico» commento per farmi vedere intellettualmente curiosa. «Bach?»
«Oh, no, era una versione per pianoforte di “Gangnam Style”.»
«Sei braverrimo.»
«Lo so. E poi mi dà quell'aria un po' tenebrosa e romantica... funziona sempre sulle ragazze. Ora vai a fare la ninna, se fai la brava ti prometto che dormirò con te.»
Torno a letto, pensando alle sue parole.
Oltre ad un lato malinconico, Christian Grey ha anche un lato triste.
 
 
***
 
*Ho riportato fedelmente la frase del testo originale. Perché parla da sé.

Note: oddio. È passato così tanto tempo che non mi ricordavo più come si usa l'editor EFP. Mi vergogno da morire. Sono stata così lontana dal mondo delle fanfiction! Ma mi fa molto piacere che qualcuno continua a leggere e recensire le mie storie. Dall'ultima volta che sono entrata su EFP ho trovato tantissime nuove recensioni e temo che non avrò il tempo di rispondere a tutti! Perciò vi ringrazio qui, e spero che continuerete a leggere questa fanfiction, anche se gli aggiornamenti sono così vergognosamente saltuari.
Dal momento che ho eliminato il mio vecchio account Facebook e ora ne tengo solo uno dove fingo di essere una persona seria, se volevte potete seguirmi su Twitter: https://twitter.com/acinorevna
Per favore, seguitemi e tenetemi aggiornata sugli ultimi pettegolezzi e scandali del mondo delle fanfictions!! Ricambio il follow!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Di acqua che evapora e note di autunno ***


9.

 

 

Mi stiracchio e apro gli occhi. È una splendida giornata di maggio e Seattle è ai miei piedi. Perché? Perché ho fatto l’amore con Christian Grey, e voi no, gne gne gne!
Lui dorme placidamente, steso accanto a me. Uno dei pochi onori che sono concessi ad una donna è di trovare l’uomo con cui ha fatto sesso ancora vicino a lei, il giorno dopo. Significa che sono stata brava!
Nel sonno il suo viso sembra più giovane, le sue labbra scolpite e imbronciate sono socchiuse, ma non ha nemmeno un rivoletto di saliva che gli cola sul cuscino. Per forza, lui è Christian Grey.
È adorabile mentre dorme, come un bambino piccolo, ed ecco infatti che mi sale l’istinto materno e mi viene voglia di cullarlo e proteggerlo dal male del mondo.
Sfortunatamente, inizia a scapparmi la pipì veramente tanto e sono costretta a smettere di guardarlo per andare in bagno. Tuttavia, la mia sbadataggine cronica mi fa scambiare la porta della cabina armadio per quella del bagno e scopro un’enorme stanza, grande come la mia camera da letto, piena di vestiti, tutti ovviamente firmati.
Non so perché, ma mi sento ancora più attratta da Christian Grey.
Esco e provo con l’altra porta, ma scopro che è quella che porta verso il salotto. Mannaggia, in questa casa ci si potrebbe perdere! Provo con la porta a vetri, ma mi ritrovo sul balcone. Uffa! Dove sarà mai il bagno? Apro la quarta e ultima porta: il bagno è grande come la mia camera da letto, anche se ho già detto la stessa cosa della cabina armadio. Conosco un limitato numero di metafore e paragoni, ma sono certa che le lettrici non se ne accorgeranno.
Mi guardo nello specchio: sono diversa, ora che non sono più vergine? Certo, ora sembro una vera donna!
Ho dormito con lui, ho dato la mia verginità a un uomo che non mi ama.
“O meglio, a un tizio che conosci a malapena” mi interrompe la mia vocina interiore. “Senza prima porti minimamente il dubbio se fosse un assassino psicopatico."
Poi la mia vocina si risponde da sola: "SEI IMPAZZITA?!"
Accidenti,… innamorarsi di un uomo bello come un dio, più ricco di Onassis, e con una Stanza Rossa delle Torture che mi aspetta. Dovrò rifletterci bene.
Fatto.
Vado in cucina e cerco il mio cellulare: ci sono tre sms di Kate, che in virtù del suo nome, scrive ancora messaggini con le k e con le abbreviazioni, nonostante la sua età:
"tt k Ana?"
"dv 6 Ana?"
Nessuno, a parte lei, scrive "sei" con il numero almeno dal 2005.
"Ana, k kvl"
È abbastanza normale che la mia coinquilina mi tartassi di messaggi per tutta la notte, nonostante sappia bene che mi trovo con un uomo; dunque, la chiamo e le lascio un messaggio desolato per assicurarle che sono ancora viva e non sono caduta vittima di Barbablù… "O forse sì". Oh, non ci capisco niente! Devo cercare di incasellare e analizzare i miei sentimenti per Christian Grey (ma perché continuo a chiamarlo per nome e cognome?), quindi prendo carta e penna e scrivo:
PRO: 1) è bello; 2) è ricco; 
CONTRO: 1) ha un debole per il sadomaso; 2) io no; 3) sembra sapere sempre dove e con chi mi trovo; 4) sembra avere un'ossessione per il controllo; 5) sembra avere subito dei traumi psicologici che lo hanno portato alle ossessioni di cui sopra.
Uhm… scuoto la testa, sconfitta. I miei capelli in disordine sono un problema più importante, al momento.
Per fortuna, nella borsa trovo due elastici e mi faccio i codini. Ho ventun anni e mi faccio i codini. Forse, più sembro infantile, più sono al sicuro da Barbablù. Non so cosa ci sia di logico in questa affermazione, ma va bene.
Prendo l'iPod e mi metto a cucinare ascoltando la musica, facendo iniziare una scena infinita in cui cucino e ballo e penso all'amore e ballo e cucino e ascolto una canzone che si intitola "Disadattata" e penso che parli di me perché anch'io sono una disadattata (bianca, bella, protestante, di famiglia benestante, con un'educazione universitaria, e ora sto insieme ad un multigigamilionario… come potrei non essere una disadattata?!), poi mi giro e mi accorgo che mentre ballavo come una cretina, Christian Grey era lì ad osservarmi.
«Da uno a dieci, quanto ti fa male la patata?» esordisce. Com'è premuroso!
«Non lo so, non ho termini di confronto» gli ricordo. È solo la prima volta che vengo deflorata.
«Sai, mi chiedevo se continuare o meno il tuo allenamento di base. In ogni caso, il mio professore di educazione fisica del liceo diceva che quando si ha l'acido lattico, è bene continuare ad allenarsi. Ora mangia.»
Ma il mio appetito è ancora incerto, e un filo di bava mi cola dalla bocca mentre penso al sesso… ancora sesso… ormai sono una vera porcellona.
«Potremmo dedicarci all'allenamento orale» prosegue lui addentando un pezzetto dell'omelette che gli ho preparato. I pompini sono sempre un ottimo argomento di conversazione, durante i pasti.
Il tè che stavo bevendo mi va di traverso e un po' mi cola lungo il mento.
«Vedo che sei già in fase di preparazione» commenta Chrstian, compiaciuto. «Brava. Potremmo iniziare stasera.»
«Ftafera devo effere a cafa» dico. Lui si alza, si avvicina, e mi toglie il labbro che mi si era incastrato tra i denti.
«Mangia» mi esorta di nuovo.
«Non ho più fame» piagnucolo.
«Ma se non mangi da ieri a pranzo?! Guarda tutto questo ben di Dio che hai preparato, non vorrai mica che venga buttato? Non mi piace vedere il cibo sprecato.»
"Su questo gli do ragione" bisbiglia la mia vocina interiore.
«Mangia!»
"Però ha un po' stufato con questa solfa!" aggiunge poi.
«E poi, ci faremo un bagno.»
"Oddio" penso, eccitata.
"Oddio", mi fa eco la mia dea interiore. "C'è qualcosa di profondamente sbagliato in un uomo che vuole fare il bagno invece della doccia. È come… non lo so, come se questo fosse un romanzo rosa di bassa lega scritto da una donna che non sa adattare lo stile di scrittura al tipo di personaggio."
"Ma che dici?" la rimbecco io. "È così romantico! Quale altro uomo proporrebbe alla sua donna di immergersi in una vasca da bagno piena di bolle di sapone e sali profumati?"
"Appunto."
Christian si china per baciarmi e il mio desiderio si annida in qualche punto… giù in fondo. .
Andiamo in bagno e Christian riempie la vasca di acqua calda e versa qualche goccia di bagnoschiuma (ovviamente dall'aria costosa) al gelsomino. Poi si spoglia e mi invita ad entrare nella vasca mentre ancora indosso la camicia. Che cosa trasgressiva!
Devo farci l'abitudine, se intendo accettare la sua proposta oscena… "Se!" L'acqua è calda. Il cielo è blu.
«Girati, guardami in faccia» mi ordina lui, e io obbedisco. Quando mi volto, mi accorgo che Christian mi sta fissando. Pensavo stesse aggiornando il suo profilo Instagram.
«Smetti di morderti il labbro. Se lo fai, mi viene voglia di scoparti, e tu sei ancora dolorante, hai capito?»
In realtà no, non ho capito, ma obbedisco ugualmente. Poi lui mi toglie la camicia. Aiuto, sono nuda!!
Arrossisco come un peperone e Christian sembra accorgersene, perché mi dice:
«Anastasia, sei una donna splendida, dalla testa ai piedi. Non abbassare lo sguardo come se ti vergognassi, è una gioia guardarti.»
"Ha detto veramente è una gioia guardarti?" interviene la mia vocina interiore. "Che ti dicevo a proposito del romanzo rosa…?"
«Ora puoi sederti.»
Obbedisco.
«No, ho cambiato idea: rialzati.»
Faccio come mi ha detto.
«Fai una giravolta. Falla un'altra volta. Guarda in su. Guarda in giù. Ok, siediti di nuovo e fammi posto.»
"Ommioddio. Sono seduta in una vasca, completamente nuda, insieme a Christian Grey, anche lui nudo. È una delle cose più strane che abbia mai fatto in vita mia."
Lui inizia a lavarmi e sento la sua erezione crescente premermi contro il sedere. È così eccitante sapere che è il mio corpo a scatenargli questa reazione.
"Ah-ah… non la tua mente" dice la vocina cattiva nella mia testa. "Sei nuda con lui immersa nell'acqua e vi state palpeggiando, ma lui si eccita per il tuo corpo, e non per la tua mente brillante. Non è vero amore. La prossima volta, prova a citargli Shakespeare e vediamo se il pipino gli diventa di amianto."
"Non è affatto un pipino!" rispondo seccata, cercando di scacciare quei pensieri sgraditi.
Christian prende in mano un guanto di spugna e… "Quale uomo eterosessuale possiede un guanto di spugna… e un bagnoschiuma al gelsomino?!" s'intrufola di nuovo la mia dea interiore, ma io la mando via immediatamente. Il guanto di spugna mi fa ansimare di desiderio ancora prima che Christian se lo infili per stuzzicarmi Lì.
Sul più bello, tuttavia, si ferma.
«Eh no ciccia, ora tocca a te! Ora voltati e dì ciao a Mr Pipino Grey. Pipino Grey, ti presento Anastasia.»
"È così grosso, e continua a crescere". La sua erezione svettante spunta dal pelo dell'acqua, nonostante la vasca sia piena quasi fino al bordo. Un po' mi inquieta.
"Quel coso era dentro di me!!!!!!"
Lui mi guarda e sembra divertito. Christian, non Mr Pipino Grey. Oddio, vuole che lo tocchi. Non è possibile. Quest'uomo è la perversione fatta a persona.
Inizio a toccarlo – è duro, incredibile! – poi mi faccio coraggio e lo metto in bocca. Mr Pipino Grey è morbido e duro allo stesso tempo, come acciaio avvolto nel velluto, e ha un sapore sorprendente. Dolce, un po' salato, con note di autunno e caffè.
Lui geme e capisco che sto facendo bene il mio dovere.
«Oddio… fin dove riesci ad arrivare?» sussurra.
Non avevo idea che fosse così divertente. Ormai ci ho preso gusto!
«Anastasia, sto per venirti in bocca» mi avverte. «Se non vuoi, fermati adesso.»
"Fermati, Anastasia" mi suggerisce la mia dea interiore. "Guarda che nessun uomo leggerà questo libro, non devi farti bella con loro. Non importa se non sei un ibrido tra Sasha Grey e Linda Lovelace. Questo è un romanzo per donne. Solo Christian deve fare bella figura. Fermati. FERMATI. FERMATIFERMATI!"
Ma io non mi fermo.
Uhm.
Farò finta che mi sia piaciuto.
Quando Christian si riprende, mi guarda pieno di ammirazione.
«Wow! Che figata! Ma non ti vengono i conati?» mi chiede, da gentleman qual è. «Vieni, sei in debito di un orgasmo.»
"Orgasmo? Un altro? Pensavo che la donna ne avesse diritto a uno solo!"
Quando andiamo in camera da letto, mi lega le mani, mi fa stendere e inizia a baciarmi. Dopo un po' intuisco cosa vuole farmi: vuole baciarmi Proprio Lì!
Oddio. Pensavo che fossero solo le donne a farlo agli uomini. Ma Christian è così generoso!
«Questi peletti potremmo anche tenerli» dice mentre mi tira i peli dell'inguine. È davvero generoso.
Io guaisco e mi dimeno come un'indemoniata mentre l'orgasmo mi assale.
Poco dopo, mentre Christian cerca di convincermi a firmare quel contratto, sentiamo delle voci dal corridoio.
«Merda! È mammina.»
 
 
 

Note
Ebbene, sono ritornata giusto in tempo per l'uscita del film al cinema. Lo andrete a vedere? Io ho giurato di non farlo. Non lo guarderò al cinema. Ma lo guarderò. Devo sapere se quei poveri sceneggiatori sono riusciti a mantenere lo stesso livello di stupidità oppure se in qualche modo lo hanno reso un film guardabile. Dal trailer, mi sembra di no. 

 

La cosa che mi ha dato più fastidio in questo capitolo è la scena della vasca. Perché? Perché la James dice che la vasca viene riempita, ma poi l'acqua sembra abbassarsi di livello come per magia, visto che prima c'è Mr Pipino che spunta dall'acqua (ma quanto può essere lungo? Quaranta centimetri? Ok che Christian viene descritto come superdotato, ma qui passiamo dal genere erotico alla fantascienza!), e poi Anastasia esegue il suo numero alla Gola Profonda senza affogarsi. Dov'è finita l'acqua della vasca?! La James non è in grado di mantenere un minimo di coerenza nemmeno tra una pagina e l'altra.!E il suo editor, dove diavolo era mentre tutto ciò accadeva?!

Come sempre, vi ringrazio infinitamente per il continuo supporto che mi date, e vi chiedo scusa se non riesco più a rispondere singolarmente a tutti i commenti. Ci vediamo alla prossima!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Di madri e vino nero (un capitolo vagamente fascista) ***


Capitolo dieci
 
Ed è qui che si capisce che Christian Grey è davvero un bravo ragazzo, e che questa non è una banale storia di sesso, ma il racconto del Vero Amore. Perché se ti presenta la mamma, è Vero Amore.
«Forza, vestiti, voglio farti conoscere la mia mamma!» esclama Christian sorridendo.
È il momento più adatto, in effetti: ormai abbiamo fatto l'amore già due volte, è ora che mi presenti sua madre, o io potrei sembrare l'ennesima sgualdrina da una botta e via.
Forse, conoscere sua madre mi aiuterà a mettere a posto un tassello del puzzle. E con questa metafora, mi sono superata.
Mi infilo degli abiti a caso, ma senza dimenticare di nominarne la marca (Calvin Klein) e passo dieci minuti a cercare di capire come sistemare i miei capelli in disordine, finché non mi viene la geniale idea di legarli in una coda. Mi dirigo nel salone.
«Eccola qui.»
Christian, che è sprofondato nel divano, si alza in piedi e mi guarda con un'espressione affettuosa e di apprezzamento. Sembra proprio fiero di mostrare alla sua mamma la ragazza con cui ha appena copulato. Non dà per niente l’impressione di avere seri problemi edipici.
La donna seduta accanto a lui sembra altrettanto contenta e per nulla in imbarazzo, nonostante abbia capito perfettamente la situazione. Forse ci è abituata.
«Mamma, ti presento Anastasia Steele. Anastasia, lei è Grace CognomeNobile-Grey.»
La dottoressa CognomeNobile-Grey mi tende la mano. Un momento: come faccio a sapere che è una dottoressa? Non importa.
«Piacere» dice. Già mi adora. Non potrebbe essere altrimenti.
La nostra non-conversazione è interrotta dal mio telefono che squilla: è Gonzalo, che guaisce delle scuse incomprensibili.
Riattacco immediatamente, sentendo su di me lo sguardo carico di disapprovazione di Christian.
Subito dopo, sua madre si volatilizza, avendo portato a termine l’unico scopo della sua esistenza: darmi approvazione.
Poi compare Taylor, in una buffissima scena in cui io mi chiedo da dove sia sbucato fuori e se sia rimasto qui tutto il tempo ad ascoltare me e Christian mentre producevamo i suoni dell’amore. Questo è per dare al mio personaggio quel non so che di adorabilmente goffo.
Si sussegue una scena completamente priva di senso, in cui Christian dirige al telefono una delicatissima operazione umanitaria in un paese africano svantaggiato, esibendo il suo sangue freddo, le sue doti di leader e il suo cuore grande.
Oserei dire che, arrivati a questo punto, era già abbastanza chiaro che lui fosse un filantropo, e che non era necessario reiterarlo un altro milione di volte. Tuttavia, è probabile che l’autrice sia conscia che la capacità di attenzione del suo lettore medio sia molto, molto bassa, pertanto comprendo la sua scelta.
Christian riattacca, e mi guarda male. Non so cosa ho fatto, ma di sicuro l’ho deluso.
Tira fuori un malloppone di scartoffie e lo lancia sul tavolo.
«Ehi, volpe, firma questo contratto.»
«Ok» acconsento, tirando fuori una penna dalla borsa.
«Ma come?! Non lo leggi, prima?» mi chiede lui, allibito. «So che va contro il mio stesso interesse, ma... leggilo prima! La segretaria del mio avvocato ci ha messo parecchio per scriverlo. Almeno fai qualche ricerca in internet per capire di cosa stiamo parlando.»
«Non ho un computer. Di solito uso quello dell’università. Vedrò se riesco a farmi prestare quello di Kate.»
«Non hai... non hai un computer?! Questo è ancora più sconvolgente della notizia sulla tua verginità! Va bene, la aggiungo alla lista delle cose che ti comprerò. Preparati, ti riporto a casa.»
«Devo fare una chiamata» mormoro.
«Il fotografo?» Serra la mandibola, con gli occhi fiammeggianti. «A me non piace condividere, Miss Steele. Tienilo bene a mente.»
«Veramente, devo prenotare una visita dentistica...»
«Con un medico uomo? Come ho detto, non mi piace condividere.»
«Ma il dottor Smith è il mio dentista da quando ero bambina, ha sessantatre anni...»
«Non discutere con me, Ana.»
Il suo tono gelido nasconde una minaccia, e dopo una lunga, fredda occhiata, esce dalla stanza.
“Va bene, cercherò un dentista donna. Spero che nel frattempo la mia carie non si aggravi...”
Dov’è finito l’uomo generoso, rilassato e sorridente con cui stavo facendo l’amore meno di mezz’ora fa? Questo suo comportamento instabile è giunto inaspettato e mi ha completamente spiazzata.
Christian Grey ha ben DUE lati di sé!
«Pronta?» chiede Christian davanti alla porta d’ingresso.
Penso pensieri a caso e totalmente sconnessi. Perché Christian ha in mano una cartellina di cuoio? Ah sì, la laurea di giovedì. Io mi laureo giovedì. Si sarà asciugata la biancheria? L’ho stesa due giorni fa... Oh, com’è sexy con quel giubbotto di pelle. Sembra un ragazzo scapestrato, più che un imprenditore milionario. È il secondo tipo d’uomo che fa girare la testa alle donne.
Sono certa che, in alcuni giorni, Christian sia veste anche da pompiere, da marinaio e da cowboy, giusto per far contente tutte.
Taylor rimane sullo sfondo. Anche perché è un personaggio bidimensionale: se ci giri intorno, ti accorgi che in realtà è un cartonato a grandezza naturale.
«Buon viaggio, Mr Grey. Miss Steele» mi saluta la voce registrata di Taylor, con tono compassionevole. Senza dubbio, pensa che io abbia ceduto alle discutibili abitudini sessuali di Mr Grey.
Non ancora: sono una donna che si fa desiderare!
Per ora ho ceduto solo alle sue eccezionali abitudini sessuali, o forse il sesso è così per tutti. Quel pensiero mi innervosisce.
Ho bisogno di avere la certezza che nessuno su questo pianeta fa sesso bene come Christian! Sicuramente lui saprà rispondermi in merito.
Non ho termini di paragone, e non posso fare domande a Kate. Questo è un argomento di cui devo discutere con Christian. È perfettamente naturale che io parli con qualcuno, e con lui non posso farlo, se passa in un istante dall’umore estroverso a quello impenetrabile.
È perfettamente normale che il suo maggiordomo/autista, il suo avvocato, la segretaria del suo avvocato, il notaio, la donna delle pulizie, il portinaio, il suo fornitore di attrezzature, e più o meno tutto il suo entourage siano a conoscenza delle sue abitudini sessuali, ma io non ho il diritto di confidarmi con la mia unica amica, Kate. Significherebbe fare a Christian un torto troppo grande!
«Ascolta, io ho bisogno di parlare con Kate» dico dopo aver preso il coraggio a quattro mani. «Io non so niente di sesso e in America non si fa educazione sessuale nelle scuole!»
«Parlale pure, se proprio devi.» Sembra esasperato. «Ma assicurati che lei non dica niente a Elliot.»
«D’accordo» concordo prontamente, sorridendogli con sollievo. La sua generosità non ha limiti.
«Prima avrò la tua sottomissione, meglio sarà, così potremo smetterla con tutto questo» mormora.
«A che cosa ti riferisci?»
«Alla tua sfida nei miei confronti. Sei troppo ribelle, per i miei gusti!»
“La mia sfida… Ma di cosa sta parlando?” penso confusa.
“Sì, infatti” s’intromette la mia vocina interiore. “Di cosa diavolo sta parlando?!”
Arriviamo alla sua auto, e... c’è veramente bisogno di dire che macchina abbia?
È una di quelle auto che dovrebbero avere sdraiata sulla capote una bionda con le gambe interminabili e una fusciacca come unico vestito.
Fermi tutti.
Fusciacca?
Cara traduttrice italiana del romanzo; capisco che fossi stanca e demoralizzata, ma... sei seria?
Fusciacca?
Saltiamo la descrizione dettagliata dell’automobile da cafone di Christian Grey, che mette in moto e subito inizia a fare le cose che fanno quelli che guidano un’Audi: non mettere la freccia, fare gli abbaglianti a chi gli sta davanti rispettando il limite di velocità, fare sorpassi alla Fast&Furious, parcheggiare a cavallo delle strisce...
«Quando prendo il SUV, invece, parcheggio in doppia fila davanti alle scuole, oppure sopra i marciapiedi!» mi informa tutto fiero Christian.
“I ragazzi e i loro giocattoli” penso mentre la sua espressione felice mi scalda cuore.
Mi chiede di passargli il berretto, perché vuole abbassare il tettuccio. Sul sedile posteriore, trovo un cappello fedora un po’ consunto. Sembra il cappello di suo nonno.
«No, quello è per quando guido la Mercedes o il Pandino. Il cappellino da baseball, invece, per quando guido la Porsche o con il tettuccio abbassato.»
Gli passo il berretto giusto e continuiamo a sfrecciare sull’autostrada, a suon di sfanalamenti e sorpassi a destra, accompagnati dalle note di Bruce Springsteen, proprio come due ragazzi selvaggi in fuga dal piattume della vita.
«Hai fame?» chiede.
“Non di cibo” penso porcellosamente, e mi sento molto trasgressiva. Solo, non ho il coraggio di dirlo ad alta voce.
«Non tanta» rispondo invece.
Lui stringe le labbra.
«Devi mangiare, Anastasia» brontola. «Ti porto in un posto dove si mangia benissimo. Si chiama “Da Ciccio l’Onto1”.»
Il ristorante è piccolo e intimo, uno chalet di legno in mezzo al bosco. L’arredamento è rustico: sedie e tavoli spaiati con tovaglie a quadretti, e fiori di plastica in minuscoli vasi.
Accanto alla porta c’è una lavagnetta che riporta il menu del giorno:
polenta e radicchio;
radicchio e polenta;
polenta con contorno di radicchio;
radicchio con contorno di polenta;
radicchio e polenta con aggiunta di pastinaca;
bollito veneto con salsa cren;
gatto in pentola con polenta;
gatto al forno con polenta;
gatto in umido con polenta;
polenta e osei;
baccalà con polenta;
bigoli con sugo d'anatra;
fegato alla veneziana;
risotto al radicchio;
pasta al radicchio;
pizza al radicchio;
pizza con radicchio e polenta2.
«È tanto che non vengo qui. Non c’è un menu fisso: è l’oste che decide cosa fare, in base a come gli gira.»
La cameriera prende le ordinazioni delle bevande. Vedendo Christian, arrossisce, ed evita di guardarlo negli occhi, nascondendosi dietro la lunga frangia bionda. È attratta da lui!
“Dunque, non sono l’unica.”
È strano vedere a quante donne possa piacere un uomo bello e ricco.
«Una bottiglia di vino nero della casa» dice Christian con tono autorevole.
Storco la bocca, contrariata.
«Che cosa c’è?» sbotta.
«Volevo una Diet Coke» mormoro.
Stringe gli occhi a fessura e scuote la testa.
«Non dire queste cose ad alta voce, mi fai svergognare! Santo cielo, siamo in un’osteria! Qui hanno un ottimo vino nero. Andrà bene per accompagnare il pranzo, qualsiasi cosa ci diano» spiega con pazienza.
«Qualsiasi cosa ci diano?»
«Già.» Fa il suo sorriso irresistibile, con la testa piegata di lato. Impossibile non contraccambiarlo.
La cameriera torna con una bottiglia e dice:
«Ecco il rosso della casa.»
«Signorina, è sorda o cosa?» la sgrida Christian. Sembra molto irritato. «Io ho chiesto del Vino Nero. Non le hanno insegnato la differenza, al corso di sommelier?»
«Veramente io non sono una sommelier... faccio la cameriera per mantenermi gli studi di Scienze Politiche» balbetta la ragazza.
«Ah, ecco, questo spiega tutto. Una fricchettona comunista! Avanti, mi cambi la bottiglia e mi porti ciò che avevo chiesto.»
La ragazza scappa via con la coda tra le gambe e ritorna dopo qualche istante con un’altra bottiglia, sulla cui etichetta è stampata la foto di Mussolini e la scritta “Il Camerata – Vino Nero da tavola”.
«Ora va meglio» commenta Christian, soddisfatto.
«Cosa si intende per sesso alla vaniglia?» chiedo, se non altro per distrarmi dal suo sguardo seducente.
Lui scoppia a ridere.
«Quello tradizionale, Anastasia. Senza giochetti, senza accessori strani.»
Si stringe nelle spalle. «Sai, no?… Be’, è ovvio che non lo sai, comunque significa questo.»
«Ah.»
Pensavo che quello che avevamo fatto fosse sesso al cioccolato e caramello, con la ciliegina sopra. Ma, in fondo, io che ne so?
La cameriera di porta due piatti, che guardiamo con sospetto.
«Rognoni con polenta» spiega, alzando le spalle. Ma, siccome ha l’erre moscia, si capisce un’altra cosa3.
Che sfacciata, farsi venire l’erre moscia per attirare l’attenzione di Christian!
«È la prima volta che fai sesso alla vaniglia, Christian?» gli chiedo.
«Sì.»
Veniamo interrotti dalla cameriera che ci porta via i piatti. Accidenti, che servizio rapido!
«A quindici anni sono stato molestato da un’amica di mia madre, ma siccome sono un maschio, parleremo di “prime esperienze” invece che di “abuso su minore”. Sono stato il scuo schiavo per sei anni.»
«Quindi al college non sei mai uscito con nessuna?»
«No.» Scuote la testa per sottolineare il concetto.
«Perché?»
«Non ne avevo voglia. Lei era tutto ciò che volevo, e di cui avevo bisogno. Senza contare che mi avrebbe ammazzato di botte.» Sorride teneramente al ricordo. «A! Che bei ricordi!»
«Già! Ti invidio per queste belle esperienze che hai fatto in gioventù.»
«Non ti preoccupare, rimedieremo a questo. Mangia» dice tranquillamente, troppo tranquillamente.
Lo fisso.
Quest’uomo, sessualmente abusato da adolescente, ha un tono così minaccioso.
Questa storia si fa sempre più sexy!
«Sarà così la nostra… ehm, relazione?» sussurro. «Tu che mi comandi?»
«Sì» risponde. «E c’è di più. Sarai tu a volerlo.»
«Bello! Così potrò continuare a considerarmi una femminista!»
«Ma prima, fai le tue ricerche, Ana. E continua a pensare di essere reticente a tutto questo. Così, potremo andare avanti per altre trecento pagine.»
«Non diventerà poi pesante, portare il romanzo in spiaggia?» chiedo titubante.
«Ma certo che no! Le donne saranno fiere di sventolare la versione paperback ai quattro venti! Potranno dimostrare di essere donne emancipate che sanno esplorare la propria sensualità.»
«Ok allora.»
Finito il pranzo, Christian paga l’oste in visibilità e mi riporta a casa.
Gli chiedo se vuole entrare e restare un po’ con me, ma Christian Grey non ha certo il tempo di fermarsi a parlare con me, conoscermi meglio, scambiare due chiacchiere con la mia migliore amica...
Dopo essere rientrata a casa, trovo due lettere indirizzate a me. Sono di due case editrici che mi hanno accettata come stagista.
Sì, siamo nel 2016 e le Risorse Umane mi hanno mandato una lettera.
Invece di mandarmi una mail. O telefonarmi.
Questa storia tocca l’apice del surreale.
 
 
 
 

 
Non ci speravate più, eh? Nemmeno io, ad essere sincera. Ma ho deciso di approfittare di questo breve periodo in cui sono abbastanza libera per rimettermi a scrivere.
Devo confessare che, non avendo più toccato la fanfiction per molto tempo, mi ero davvero dimenticata il nome dell’amico messicano di Ana (tutt’ora non lo ricordo, pur avendo riletto il capitolo originale per poter scrivere questo), per cui sono andata diretta con un nome latino a caso.
Sono sprovvista di correttore automatico, quindi spero di non aver perso per strada qualche errore.
 
Note
1: per chi non avesse dimestichezza con il dialetto veneto, “onto” sta per “unto, sporco, lercio” e credo siano molte le trattorie/osterie che dalle mie parti hanno questo appellativo (ufficiale o ufficioso). Di solito, sorvolando sulle condizioni igieniche, ci si mangia benissimo, pertanto se Christian avesse davvero portato Ana in un posto del genere, allora sì che avremmo potuto definire il romanzo una Storia d’Amore.
2: i piatti tipici veneti, secondo Nonciclopedia.
3: true story.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1249909