The Jewelcrafter

di Yuchimiki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Addio! ***
Capitolo 2: *** La scatola ***
Capitolo 3: *** Anemone ***
Capitolo 4: *** Kinzoku ***
Capitolo 5: *** Cicatrice ***
Capitolo 6: *** L'albero ***
Capitolo 7: *** Delusioni ***
Capitolo 8: *** Cheimerinò Festival Island ***
Capitolo 9: *** Lezioni di nuoto e verità sconvenienti ***
Capitolo 10: *** Omake! ***
Capitolo 11: *** Seta Island - Parte prima ***



Capitolo 1
*** Addio! ***


Salve! One piece non mi appartiene, ma solo il personaggio da me creato.
Buona lettura!





 Una persona sana di mente non penserebbe certe cose.
Una persona sana di mente non cercherebbe di afferrare qualcosa oltre il suo raggio d’azione.
Una persona sana di mente, nei suoi panni, si sentirebbe piena di vergogna, di rimorso, di odio.

 



“Dannata cretina! Torna a casa! Immediatamente!” Ancora, non ne poteva più!

“Fottiti vecchio! Tornerò solo quando avrò compiuto qualcosa di epocale! Sayonara!” Non era certo un buon modo di salutare suo padre, ma ne aveva piene le scatole a quel punto.
Volete sapere di cosa? Bene, immaginate il lavoro che vorreste fare, il lavoro dei vostri sogni, ma aggiungeteci scocciature varie come lavori di casa, allenamenti estenuanti, per non parlare di missioni suicide che solo uno come suo padre poteva inventarsi, naturalmente tutto “Per il suo bene”. Haha. Certo, come no.
Le aveva fatto odiare quella professione.
E ora, a bordo di una piccola scialuppa la nostra protagonista, era “Scappata di casa”. Inserire una risata malefica ma poco convinta.

Non aveva portato molto con sé, il necessario per sopravvivere, nella speranza che qualche nave la prendesse a bordo.
Vi basta sapere che la fortuna è una grandissima figlia di buona donna.



Era una bella giornata soleggiata, niente nuvole in vista e nessun mostro marino a rompere l’anima.
In breve, Kidd era annoiato a morte.
Erano giorni, no, due settimane belle e buone che navigavano e non c’era un’isola in vista nemmeno a pregarla. Ma la cosa più drastica era che l’alcol era finito due giorni prima, e questo lo rendeva più nervoso del solito. Appena trovo l’idiota che ingurgitato tutta la birra lo-

“Kidd, alza le tue chiappe e vieni a vedere!” E così un poveretto era stato salvato dall’ira omicida del capitano dal suo vice Killer. Incuriosito, ma anche seccato dal tono del biondo, uscì dalla sua cabina, dirigendosi sul ponte “Che hai da urlare di prima mattina?”
L’altro ignorò il commento del rosso, indicando con il pollice dietro di sé, nel mare. Ancora irritato, a grandi passi raggiunse il bordo, guardando le acque. Non lontano vide una scialuppa con qualcuno a bordo, addormentato dalla posizione che aveva.
“E allora? Cosa dovrei farci con quello lì? Se ha istinti suicidi non è un mio problema” Ancora più annoiato, fece retro-front per tornarsene in cabina.
“Ma non stavi morendo di noia?” Ma ripensandoci bene… Si sarebbe divertito da matti!

 

Ma lei, che in tutta la sua vita non aveva mai avuto un sogno, aveva lasciato tutto, purché quel sogno,
che così tanto desiderava sbocciasse anche in lei, fosse finalmente qualcosa di reale.




 

Salve! Sono totalmente nuova in questa sezione ma credo che mi divertirò da matti.
Ammetto che come primo capitolo è cortino, ma mi sono accorta che tutti i miei prologi sono corti XD Beh, pazienza.
Commenti e critiche sono ben accetti!
Non scoccio oltre.

Alla prossima!

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Capitolo 2
*** La scatola ***


Eccomi col secondo capitolo, buona lettura!




Avevo già detto che la fortuna è una grandissima figlia di buona donna?



“Sveglia!” Dannato padre, non la faceva mai dormire in santa pace. Fece finta di non averlo sentito, girandosi dall’altra parte.
Che strano, il suo letto era insolitamente duro.

“Sto parlando con te!” Che rumoroso! Arricciò il naso.
Da quando la sua camera aveva un odore così salmastro?

“Ora la uccido sul serio” A questo punto, ancora nel mondo dei sogni aprì gli occhi, girandosi nella direzione della voce.
Stava sicuramente ancora sognando.

“Papà, ma che hai combinato ai capelli? Sei caduto in una vasca piena di succo di pomodoro?” La tensione stava salendo nell’aria, ma lei era ancora in stato di coma. Si sedette incrociando le gambe e udì qualcuno sopprimere una risata, girandosi nella direzione del rumore.
Si ritrovò davanti una immensa massa bionda di capelli. La guardò un po’“Chi è sta fighetta cotonata?” Disse rigirandosi verso la testa fiammante e indicando il biondo “E poi cosa sono quei pantaloni? Lo so che non sei un asso, ma seriamente, fanno schifo!” A quel punto, non si sa da dove vari oggetti di metallo volavano nella sua direzione come cercando di colpirla.
Stava sicuramente ancora dormendo.

All’improvviso, sentì che un oggetto nelle sue tasche interne si stava muovendo e di botto volò fuori.
Fu lucida all’istante.

“NO!” Saltò per prenderlo, ma fu troppo tardi. Era nelle grinfie di un uomo che non aveva mai visto in vita sua e aveva l’aria molto, ma molto arrabbiata “Bene bene, vedo che siamo svegli, sgualdrinella” Non lo conosceva neanche e già la insultava. Ma non le importava.
“Potrei riavere quella scatola?” Questo lo irritò ancor di più.

“Ma come siamo socievoli” La sua espressione non prometteva nulla di buono. Sarà stato il suo volto privo di sopracciglia e quel naso così stano, sarà stato il suo abbigliamento, coronato da quei ridicoli pantaloni, o addirittura la pelliccia, eppure, nonostante una vocina nella sua testa stesse strillando a più non posso di darsela a gambe perché aveva qualcosa di troppo famigliare e di sinistro, lei era lì, a fissarlo negli occhi con un’intensità che raramente mostrava.



Che faccia tosta! “Per quale motivo dovrei? Mi hai insultato davanti alla mia ciurma, sulla mia nave, dovrei ucciderti qui e adesso” Metteva a dura prova la sua pazienza. Poi si distrasse, squadrandolo ancora una volta, soffermandosi su qualcosa che non riuscì a identificare. Stupida. Sarebbe stata la sua fine.



“Non so per quale motivo sono su questa nave, potrei andarmene anche adesso, ma pretendo di riavere ciò che mi appartiene di diritto” Al diavolo la vocina, quella scatola aveva più valore di ogni altra cosa per lei. Poi, guardandolo meglio, qualcosa di stranamente famigliare attirò la sua attenzione, ma si schiaffeggiò mentalmente per la distrazione.

E per fortuna che si schiaffeggiò! Oggetti metallici di ogni genere cominciarono a volarle incontro, ma di ogni genere per davvero: palle di cannone, spade, fucili, perfino una forchetta minacciò di accecarla! Certo, era fuori allenamento, su questo non c’era dubbio, e le riusciva difficile schivare tutta quella roba. Doveva riprendersi la scatola prima possibile e andarsene a gambe levate.
 
Mentre tutto l’equipaggio osservava il capitano che era in procinto di ammazzarla, lei si affidava ai suoi riflessi per avvicinarsi il più possibile. Questo lo fece ridere, come se tutto quello che lei facesse fosse totalmente inutile.
Accadde tutto in un istante: saltò, rendendosi una facile preda, verso l’uomo che l’aveva offesa guardandola come se fosse un verme. Ma come osava? Chi si credeva di essere? Il re dei pirati?

Una spada trafisse il cappello che portava in testa, liberando i capelli, distraendo l’uomo. Quella distrazione lo fece cadere a terra, con lei sopra, la scatola tra le mani.
Sedutagli sopra, lo fissava dritta negli occhi rossicci con risentimento e disprezzo “Questo è mio



Che si fosse fatta trafiggere il cappello di proposito era evidente, ma il danno collaterale per la sua distrazione fu una caduta per niente piacevole, con lei addosso.  
Aveva ripreso quella scatoletta, fissandolo in cagnesco negli occhi “Questo è mio”.

Donna impertinente. Da dietro le aveva puntato una spada alla gola, pronta a reciderle la testa. Ma il suo sguardo si annebbiò e una goccia di sangue gli cadde in volto.

Non solo il cappello aveva subito danni…


Ricordo perfettamente il giorno che me lo regalasti.
Affinché mi ricordasse di te.
Il giorno che ti vidi l’ultima volta.




 

Salve di nuovo! Ringrazio Valealice per la recensione (nemmeno me la aspettavo!), Moyoko per averla aggiunta ai preferiti e Angelsword, Killy, Liberamente e Shot93 per avela messa tra le seguite ^_^ Mi avete dato la spinta per pubblicare più velocemente!
Critiche e commenti sono sempre ben accetti!

Alla prossima!

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Capitolo 3
*** Anemone ***


Rieccomi con un nuovo capitolo. Ribadisco che One Piece non mi appartiene. Buona lettura!

P.s. Sentitevi Blue di Yoko Kanno se volete durante la lettura!





Mamma, mamma! Che cos’è questo? È così bello!
È un anemone, piccola mia, bello proprio come te…



Si era spesso chiesta che aspetto avesse l’aldilà. Non per paura di finirci. Pura e semplice curiosità.
Mai avrebbe immaginato che puzzasse tanto.
Certo, non era una che si lamentava, però anche quello era troppo.

Si meravigliò quando, tastandosi la testa, si rese conto che l’odore era metallico. L’odore del sangue.
Quindi era viva… doveva essersi tagliata quando era saltata quella volta.

“Finalmente, ero convinto che fossi morta e stecchita” Per la prima volta in tutto quel lasso di tempo osservò i propri dintorni, contemplando ciò che doveva essere l’infermeria, con appoggiato alla porta l’uomo dalla testa fiammante. Si rese anche conto che aveva qualcosa nell’altra mano.
La scatola.
“Per quanto ho provato a stappartela di mano, non mollavi la presa” Constatò il pirata, una smorfia di disgusto in volto.

Non ci fece caso, tastando con calma la scatoletta “Per ragion di logica avresti dovuto uccidermi, invece di farmi medicare la ferita” Non lo guardava neanche, troppo indaffarata a controllare l’assoluta incolumità dell’oggetto tra le mani.

Udì un profondo verso di dissenso e poco dopo un bisturi le volò accanto ai capelli, incastrandosi nel muro “Se devo ammazzarti, preferisco farlo mentre sei al massimo” A quel punto levò gli occhi, lo sguardo indagatore che filtrava attraverso la frangia zaffirina, diretto in quelli rossicci dell’uomo.
Infine sospirò “Voi uomini col vostro orgoglio maschile…” Questa volta nemmeno lui rispose.

Provò a scendere dal lettino, ma un giramento di testa la fece crollare, solo una mano a tenerla ancora in piedi “Sai, si era formata una bella pozza di sangue” Se i capelli non le avessero coperto gli occhi, sicuramente l’avrebbe visto sbeffeggiarla.

Non ricordava nemmeno l’ultima volta che si era ridotta in uno stato simile. Forse era stato quattro anni prima, in quella missione suicida che suo padre le aveva affidato… portava le cicatrici per provarlo.
Non registrò nessuna delle parole del rosso, concentrata a rimettersi in piedi, troppo orgogliosa per mostrarsi in quello stato troppo a lungo. Se c’era qualcosa che odiava essere, era sicuramente mostrarsi debole. Lo detestava dal profondo. Questo le diede la spinta finale per rimettersi ritta, a fissare l’altro.

“Rosso, il tuo nome?” Scostò la frangia bluastra per vederlo meglio, lo sguardo grigio più freddo che mai.
Quello, che a prima vista le parve infiammarsi dal profondo, sorrise altezzoso “Eustass Capitano Kidd, il futuro re dei pirati. Portami rispetto, donna” Più si avvicinava a lui, più le sembrava fosse sul punto di farla fuori.
Sorrise divertita. Sognava l’One Piece? Quella carica significava gloria, potere, libertà assoluta. Un sogno grande e difficile da raggiungere.

Prima che potesse capire cosa aveva in mente, gli portò una mano tra i capelli, più alto di lei “Buona fortuna, pirata” Lo lasciò totalmente di stucco.
Si riprese all’istante, vedendo che era uscita dalla stanza, andando chissà dove “Dove credi di andare? Non abbiamo ancora finito” Le disse quasi inferocito. Odiava essere trattato come un bambino deducendo dal tono di voce che aveva.
La ragazza si girò “Io? A cercare un bagno, ovvio. Ti pare che vado in giro conciata in questo modo?” Le sembrò essere sull’orlo di una crisi di nervi per l’audacia che dimostrava e la faccia tosta che aveva in una situazione simile.

Gli diede le spalle, continuando a camminare “Io sono Anemone. È stato un piacere, pirata” Non era mai stata su una nave, quindi era Exploration Time. Almeno così credette.
Non fece nemmeno dieci metri che a passi pesanti Kidd la raggiunse, prendendola per una spalla e superandola, mettendosi davanti a mo’ di guida “Voi donne e le vostre manie d’igiene…” Forse dopotutto sarebbe stato un viaggio divertente, quello sulla nave dei pirati di Kidd.



Dopo aver camminato per vari minuti, con un calcio il rosso spalancò una porta, lasciandola fuori ad aspettare. Uscendo le tirò addosso la sua borsa e senza una parola continuò a camminare fino a quello che dedusse fosse la sua stanza, facendola entrare “Hai venti minuti” Indicò una porta infondo alla stanza, doveva essere il bagno.
“Ma come siamo gentili…” Disse tra sé e sé. Una cosa che saltava subito all’occhio era il dominio incontrastato del carmino in quella stanza, ma anche di molti libri, cosa che non si era aspettata da uno come lui, impulsivo com’era “Ti farò vedere io, donna…” Anche questo fu un sussurro, ma lei colse lo stesso le parole di Kidd.
Tanto valeva prendersela comoda.



Le dicessero quel che volevano, ma un bagno dopo un’esperienza come la sua fu una benedizione. Finì quasi per addormentarsi, svegliata solo dal passo pesante del rosso fuori, nella sua stanza.

Appena uscita, la condusse al ponte, un sorriso che aveva un che di maligno ad adornarne il volto “Guardati intorno” Le ordinò, cosa che prima le sembrò strana, ma dopo poco ubbidì. Era una nave particolare: nera, con vele anch’esse nere, rosse e bianche, un teschio enorme ad adornarne la prua. Ma non era questo l’importante: quel posto non era pulito, anzi, le faceva un po’ senso vedere il ponte tinto di varie macchie di sangue, non volle immaginare l’interno della barca come fosse, le venivano i brividi al solo pensiero.
“Il tuo compito, donna, è pulire questa nave da cima a fondo, e con questo intendo anche la cucina” Se avesse ghignato di più, la sua testa si sarebbe spaccata in due.

Inizialmente la colse alla sprovvista. Forse cercava di metterle paura, per il significato sottinteso delle sue parole, ovvero di morte cerca se lei non avesse fatto come richiesto. In verità le venne quasi da ridere.
Per la prima volta da quando era arrivata, un sorriso a 32 denti adornava il viso di Anemone “Certo, perché no. Non ho niente da fare, tanto vale che do una pulita a questo posto” Non s’immaginava in cosa si era cacciato quel pirata, nemmeno minimamente.



Per molti giorni non era riuscito a togliersi dalla testa lo sguardo inferocito della donna, quello di un animale che difendeva qualcosa di caro, rischiando anche la morte. Ma nell’istante che gli era saltata addosso, quel rischio, che ogni umano avrebbe temuto di correre, non c’era, una scintilla di qualcosa che non riuscì ad identificare a sostituirla.
Si era eccitato. L’idea di poter spegnere quella scintilla lentamente e nel modo più crudele possibile lo aveva fatto sentire quasi in estasi.

Sarebbe stato lui a sottrarle quella scintilla, nessun altro.



Intanto che quella se ne stava ad osservare la nave, era venuto fuori Killer e aveva sentito tutto lo scambio di parole, un po’ sconcertato.

Mentre quella nuovamente osservava i suoi dintorni, lui si avvicinò al suo capitano “Cosa vorresti ottenere con questo?”

Non smetteva di guardarla, neanche per un attimo “Lentamente, la ucciderò psicologicamente e solo quando mi pregherà in ginocchio di ucciderla finirò la sua patetica esistenza” Perché Kidd, per quanto potesse sembrare stupido a volte, in verità aveva veramente un diavolo per capello.


I'm so free!
No black and white in the blue…





Ammetto che è un po' tardino per pubblicare, ma sono due giorni che ci lavoro (Con tanta calma, ovvio!), quindi sarebbe un peccato lasciare questo capitolo a morire di freddo nel suo file XD

Cavolate a parte, ringrazio Ria-chan per quanto è stata carina con me (Stima profonda!) e averla messa tra le seguite, così anche tutti voi che leggete la storia, grazie ^_^
Commenti e critiche sono ben accetti!

Alla prossima!

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Capitolo 4
*** Kinzoku ***


Salve! Bentornati. Vi avverto fin da subito che questo è un capitlo moolto lungo, uno di quelli per cui ero conosciuta nella mia vecchia FF. Quindi vi consiglio di prendervela con calma.

P.s. per questo capitolo è di fondamentale importanza questa canzoncina http://www.youtube.com/watch?v=ZkQwEMXVH8I , ribadisco che gioca un ruolo fondamentale!

Buona lettura!




 


Never seen a bluer sky
And I can feel it reaching out and moving closer
There’s something about blue




Era una bella giornata soleggiata quan- “Uno di questi giorni la brucio questa nave!”
Anemone aveva fatto come richiesto da Kidd, pulito da cima a fondo quasi tutto il posto. Ma quella nave era troppo, anche per i suoi standard.

Certamente lei non era una maniaca del pulito. Anzi, facendo un lavoro come il suo lo sporco si materializzava all’istante, e poi quella voglia di pulizia era nata più per necessità, sempre a causa di quel lavoro.
Ma il punto era un altro. Tra tutti i posti che aveva pulito nella sua vita, e non erano pochi, quello era il vincitore incontrastato. Per non parlare dei bagni poi! Bleah…

Forse l’unico raggio di luce era stata la cucina, stranamente in buone condizioni, però aveva ancora due stanze da pulire e in verità non vedeva l’ora.

Macché! La curiosità stava poco a poco permeando ogni angolo della sua mente, doveva entrare lì dentro!

Ma c’erano anche i lati positivi! Era su quella nave da quasi una settimana e nonostante lo sporco, aveva concluso che non era poi così male. Macabra, ma niente male. E spesso, durante la mattinata e la serata, si era ritrovata a girovagare senza meta, finendo in posti come l’armeria oppure la stiva. C’erano un sacco di cose interessanti.

Tutti lati postivi, tranne uno.
Ora si penserebbe che a quel punto conoscesse tutta la ciurma, anche solo di vista, ma c’era un tale che sembrava essere più bravo di un fantasma a sparire appena la vedeva.
 
Un tale dicasi Killer.

Certo, essendo lei una donna che non sarebbe morta di solitudine per così poco, non subiva tutta quella situazione in modo drammatico, se non fosse per un fatto concreto: doveva pulire la stanza di Killer e non si sarebbe permessa di entrarvi senza il suo permesso. La sua testa le piaceva dov’era.

Aveva pensato a diversi motivi per quel comportamento così fuori dalla norma: uno, che il vice fosse uno di quegli uomini convinti che le donne a bordo della nave portano sfortuna; due, gli aveva detto qualcosa di altamente offensivo quella mattina di quasi 2 settimane prima.

Era sicuramente la seconda.
Ma di certo non era colpa sua se il rosso l’aveva svegliata in modo così brusco! Cavolo, tutti quelli che la conoscevano si tenevano alla larga in quelle situazioni! La sua acidità e crudele sincerità nello stato di dormiveglia erano rinomate in tutta l’isola, solo suo padre riusciva a svegliarla alle cinque di mattina, per lavorare, senza rischiare di cadere in depressione…

Tornando a noi, era da quella mattina che lo cercava. Non era venuto nemmeno nella mensa per pranzare.
Kidd, di cattivo umore, era rimasto nella sua cabina, facendosi vedere solo per dare degli ordini e sgranocchiare qualcosa, ma senza portarsi dietro niente al suo ritorno. Quindi, Killer non era nemmeno da Kidd.
E ora, dopo aver controllato ogni “buco” di quell’imbarcazione, rimaneva solo un posto. La vedetta.

Era determinata più che mai a parlare col biondo, avesse dovuto rincorrerlo per tutta la nave.
Salendo nel punto più alto, giocò d’astuzia, arrampicandosi sul lato d’ombra. Non c’era anima viva sul ponte.
Non appena la sua testa spuntò dal bordo della vedetta, una lama le fu puntata alla gola, la maschera del biondo, che si trovava proprio sotto la testa della donna, rivolta verso lei.
Ma fu qualcos’altro che notò: vicino ai jeans dell’uomo c’erano vari pacchetti di caramelle e roba simile.

Sospirò “Ma seriamente ti do così tanta nausea?” Quello non spostò la lama di un centimetro, rimanendo immobile.
“Possiamo parlarne?” Solo allora, guardandola dritta negli occhi grigi, abbassò la lama, lasciandola salire. Si sedette dall’altro lato, di fronte a Killer.

Rimase a guardarlo per qualche minuto. Era un po’ mingherlino rispetto a Kidd, ma nel complesso anche lui ben allenato. Peccato che non riuscisse a capire che espressione avesse sotto la maschera bianca e azzurra.
“Senti… quella mattina, cosa ho detto?” Non sapeva quanto tempo era passato, ma non si sentiva così in colpa da molto. Il modo in cui le mani del biondo si tesero, rendendo le nocche bianche, le fece intuire che era qualcosa di ALTAMENTE offensivo per lui. Accidenti… “So che potrebbe sembrarti poco, ma mi dispiace, qualsiasi cosa ho detto”

Era in momenti come quelli che voleva saper leggere la mente, come cavolo fai a capire cosa passa per la testa di un uomo con una maschera in faccia?
La presa non si allentò, però finalmente proferì parola “Cosa volevi? È tutta la mattina che mi cerchi” Certo, anche se si sentiva forte e chiaro che non era proprio felice di parlarle, già quello era un passo avanti.

Un piccolo sorriso di vittoria si fece strada sul viso della donna, forse dopotutto c’era speranza… “Vedi, Kidd mi ha detto di pulire tutta la nave, e non credo sia carino irrompere nella tua stanza senza permesso, quindi volevo sapere quando posso venire senza rischiare di far compagnia ai pesci” Tanto valeva essere gentile, no?
Il biondo sembrò rilassarsi, alzando la testa al cielo, come considerando la richiesta. Gli mancavano solo un paio di baffi e il pizzetto per completare la scena. Ma chi sapeva, forse sotto quella maschera c’erano veramente…

“Ad una condizione. Cosa c’è in quella scatola di tanto importante da buttarsi addosso a Kidd?”
Le si gelò il sangue. Si portò una mano alla tasca interna della giacca di cuoio nero, prendendo la scatoletta. Se la rigirò tra le mani, accarezzandola “Tu, quella maschera, la porti per un motivo vero? Un motivo che sicuramente vorresti tenere per te, e che non riveleresti a una sconosciuta come me” Chissà chi tra loro due era il più teso “Questa scatoletta mi è molto importante. Mi domandi se varrebbe la pena morire per riaverla?” Anemone rialzò gli occhi, cercando di vedere, almeno per un attimo, le emozioni di Killer “Si, darei la vita se fosse necessario”

Il cielo era così blu ai suoi occhi, così calmo, senza imperfezioni.
Nessuno dei due parlava. Tutto taceva “Never seen a bluer sky, and I can feel it reaching out and moving closer, there’s something about blue… Allora dimmi Killer, mi concedi di entrare nella tua stanza?”
Udì qualcosa di simile a un sospiro, forse bloccato dalla maschera dell’uomo, seguito da un rapido movimento “Fai un buon lavoro” Le sarà sembrato, ma avrebbe giurato di aver udito una risata. Nah, stava dando di matto. Prese la chiave lanciatale e andò a fare il suo lavoro.



Come previsto, la camera del vice era piena di roba interessante. Cioè, era abbastanza spoglia, ma quel poco che aveva era una goduria per gli occhi. Armi di ogni genere, per lo più coltelli, lame e spade, tutti di ottima fattura, e qualche oggetto curioso come una sveglia alquanto strana: sopra c’erano tre spazietti vuoti, tre perché accanto all’orologio c’erano tre piccoli pezzi di puzzle. Provò ad azionarla e si rivelò un aggeggio infernale. Ora capiva perché Killer era sempre lucido di prima mattina.

In più c’era una foto, un po’ ingiallita a causa del tempo. C’erano un ragazzino con capelli rossi indomati e un robot in una mano e un altro con capelli biondi, entrambi si tenevano per mano. Buffo come entrambi fossero rimasti molto simili nonostante gli anni trascorsi. In fin dei conti, lo aveva capito fin dall’inizio che erano amici d’infanzia…



La mattina dopo ci fu un gran trambusto.
“Alzati e splendi, bella addormentata!” Anemone era stranamente di ottimo umore quel giorno, così buono che il suo istinto di sopravvivenza era andato in vacanza e l’aveva lasciata a fare pazzie. Pazzie come ad esempio irrompere nella stanza del capitano, aprire le tende e urlare a pieni polmoni.

“Ah! Strega, chiudi quelle tende!” Forse si era pentito di aver messo il letto proprio accanto alla finestra…
Se la sarebbe goduta quella situazione. Ah, vendetta, dolce vecchia amica, quanto le era mancata! “E no! Capitano, come pretende che io ubbidisca ai suoi ordini se lei non me lo permette? Eppure ho lasciato la sua cabina come ultima proprio per non disturbarla” Quella sdolcinatezza innaturale che non le apparteneva stava facendo il suo gioco, infatti, il rosso aveva preso un cuscino per coprirsi le orecchie pur di non sentirla. Si, la vendetta era la sua miglior amica in fin dei conti “Capitano <3, la sua coerenza sta subendo danni drastici, lo sa questo?” Un oggetto volò pericolosamente vicino alla sua testa. Ancora un pochino “Ma capitaaaaano…” BINGO!                                                   (Fate caso alla A lunga XD)

“VA BENE! ME NE VADO!  Che ore sono?” Lanciò il cuscino e le coperte all’aria, alzandosi di soprassalto, solo le mutande rosse addosso.
Lei, in tutta risposta, andò verso la finestra, aprendola. Improvvisamente divenne buio “Le cinque del mattino capitano” In mano aveva una torcia più grande del normale. La accese e la spense come per spiegare il trucco.
Quello che nessuno sapeva sulla nave era che lei, sulla sua isola, era conosciuta anche per un altro fatto a parte lo stato di semi incoscienza: aveva un modo di vendicarsi alquanto crudele, che induceva in due reazioni, o come li chiamava lei “Stati di delirio”: uno, forti istinti Suicidi; due, forti istinti Omicidi.

Provate a immaginare a quale gruppo apparteneva Kidd.

Oggetti metallici di ogni genere cominciarono a volarle incontro, anche la pelliccia che però il rosso afferrò al volo assieme alla cintola e ai bracciali “Ho fatto male a lasciarti in vita…” Ufficialmente, Kidd era imbestialito. Lo capiva da tono basso della voce, che non prometteva nulla di buono.
Lei, che con l’agilità di un serpente evitava tutti i bolidi, era pienamente soddisfatta della piccola vendetta per lo scherzetto di due settimane prima “La finestra non te la ripago, pirata!” Piena d’adrenalina, Anemone saltò sul letto e grazie all’effetto molla volò sopra Kidd atterrando in perfetto stile acrobata davanti alla porta, dandosela a gambe levate.

Come detto prima, il suo istinto di sopravvivenza era ufficialmente in vacanza e sulla nave c’era un gran trambusto proprio per quel motivo. Risate divertite e urla inferocite al pari di ruggiti svegliarono tutti “SEI CARNE DA MACELLO, DONNA!” Ma per sfortuna del capitano, la donna in questione conosceva ogni buco di quell’imbarcazione.



Dopo neanche dieci minuti d’inseguimento Anemone si dileguò, e Kidd per domare la fiamma ardente si piantò le unghie nei palmi delle mani. Avrebbe aspettato e l’avrebbe uccisa nel più crudele dei modi, come da programma, ma ora era troppo allegra. Avrebbe atteso il momento giusto. Fosse l’ultima cosa che faceva.



Kidd non era stupido, lo aveva testato e confermato varie volte durante la settimana di pulizia. Ma Anemone era giunta a una conclusione: quando s’inferociva, vedeva solo rosso. Rosso. Ahaha, bella questa.

Ma tornando seri, si era nascosta nell’unico luogo dove per tutta la mattinata il capitano non avrebbe rimesso piede, certo che non si fosse nascosta lì. Quanto amava la logica. Era nella stanza di Kidd, ovvio!
Quello era il posto più interessante di tutta la nave, quindi con calma lo esplorò tutto, la libreria la parte più interessante; divideva in due la stanza, il letto e il guardaroba da un lato il tavolo e roba varia dall’altro. Tutte le pareti erano coperte di libri. Eppure non s’immaginava che il rosso leggesse tanto. Una ragione in più per portargli rispetto. La prima ragione? Il fatto che non si fosse arreso sul suo sogno di diventare Re dei pirati.
Ma bando alle ciance… aveva degli ordini da rispettare!



Quella sera, al ritorno di Kidd nella sua cabina, Anemone udì l’urlo di frustrazione più forte di tutta la sua vita. Neanche suo padre arrivava a quel volume. Sorrise tra sé e sé, a osservare il mare. Aveva deciso che per i seguenti due giorni sarebbe rimasta di vedetta e la ciurma aveva acconsentito a condizione che Kidd non ne sapesse nulla. Condizione che approvò a braccia aperte. Dopotutto la ciurma aveva subito l’ira del capitano per tutta la giornata. Il poveretto doveva pur sfogarsi con qualcuno, chi meglio della sua ciurma? Solo Killer fu risparmiato.



Certo il mare era uno spettacolo e tutto, ma si stava annoiando. Quando fu sicura che nessuno fosse più sveglio, tirò fuori la scatoletta, aprendola.
Quella dolce e fragile melodia le ricordava la madre, sparita tanti anni prima in un incidente sottomarino a causa del suo lavoro. Quello era stato il regalo prima di andarsene, affinché le ricordasse di lei. Era il suo tesoro più grande.

Ma la noia e il senso di vuoto rimasero, a rammentarle di cosa fosse nata per essere, di com’era cresciuta e lo scopo di tutta la sua vita. Detestava ammetterlo, ma era così. Si riscosse, scendendo dalla vedetta.

Sperando tanto che Killer non fosse suscettibile come Kidd, Anemone bussò alla porta del biondo, e poco dopo la porta si aprì. Stranamente la maschera era al proprio posto “Che c’è?” Non riusciva a capire se fosse stanco o meno, però decise di rischiare “Volevi sapere cosa c’è in quella scatola, giusto? Porta tutte le tue armi sul ponte e aspettami lì. Non preoccuparti, non ho intenzione di fare del male a nessuno”



La mattina dopo, tutta la ciurma si alzò abbastanza tardi. Kidd fu il primo, infastidito da un rumore che non riusciva a identificare. Provò a riaddormentarsi, ma fallì miseramente. Uno di quei giorni qualcuno avrebbe fatto una brutta fine.

Salì al ponte dopo cinque minuti, una scena senza una spiegazione logica davanti agli occhi.
Killer. Anemone. Molte, troppe armi “Ma che cazzo fate? E tu Killer, ti ha dato di volta il cervello?” Il biondo gli fece un cenno per dirgli buongiorno, mentre la donna nemmeno ci fece caso.
Quello che Kidd fallì nel vedere era ciò che Anemone stava facendo. Incuriosito, si avvicinò, notando la spada che stava affilando con una maestria che solo il suo vice aveva “Killer, perché gliel’hai insegnato?” Non c’era spiegazione logica, se non una “Io non le ho insegnato niente, lo sa fare da sola, e molto meglio di me” E a quanto pare era l’unica plausibile.

“Donna, da dove vieni?” In un primo momento quella non rispose, fermandosi solo quando lo udì battere il piede ripetutamente, aspettando una risposta. Rispose l’arma e la pietra, piegando la testa all’indietro, per vederlo meglio.
I suoi occhi non avevano niente di allegro “L’isola di Kinzoku ti dice niente?”

Perché non c’era risposta logica, se non quella.






Beh, come vi dicevo, è moolto lungo. Per la musichetta, vi avverto subito che non ho visto il film dal quale proviene e in sincerità l'originale non mi piace poi così tanto. Vi dico solo che è uno dei fattori base della storia, di quelli che mi hanno fatto venire in mente il tutto. E poi è quella che suona nella scatoletta, nel Carillon per la precisione.

Discorsi a parte, ringrazio ancora Ria-chan per quanto è carina e il commento, anche Valealice per aver messo la storia tra le preferite! E di certo grazie anche a voi, lettori ^_^

Commenti e critiche sono ben accetti!
P.s. Se trovate errori di vario genere, è perchè non sto proprio al massimo (Sono le due di notte O_O)

Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Cicatrice ***


Scusate un pò il ritardo, spero vi piaccia lo stesso. Buona lettura ^_^






Ciò che era,
 quello che era stata allenata per essere,
tutta la sua esistenza…
Odiava quell’intricato puzzle più di ogni altra cosa.
Ma ammettere a quel pirata chi fosse e la propria origine era una pugnalata al cuore.




Per la prima volta dal giorno del suo arrivo negli occhi di Kidd non c’era odio, ribrezzo o istinto omicida, ma solo… curiosità. Giacché era disposto ad ascoltarla, perché non accontentarlo?
“L’isola di Kinzoku ti dice niente?”

Avrebbe giurato di averlo colto di sorpresa con quella risposta, ma dopotutto, chi non lo sarebbe?
I suoi occhi rossicci non potevano fregarla. Avevano un che di molto interessante… quasi come una di quelle pietre che era solita maneggiare. Ma erano più vivi.

“L’isola dei maestri artigiani, coloro che si dice sappiano mutare la materia a proprio piacimento” Qualunque persona sana di mente sarebbe stata onorata di esservi nata, ma non lei. Mai.

“Se provieni da un posto di tale fama, mi spieghi per quale scherzo della natura eri in mezzo al mare su una scialuppa? Senza remi poi” Qui il suo ghignò fece ritorno. La stava prendendo per i fondelli.
Però al ricordo dei remi soffocò una risata. Mai fidarsi dei mostri di mare, neanche quando sembrano dei cuccioli indifesi. Appena ne aveva accarezzato uno, in un solo boccone i remi erano andati.
Comunque, era scappata di casa dopo l’ennesima litigata col padre. Non era che la picchiasse o cose del genere, solo le continue missioni e il vederlo ogni giorno le faceva venire la nausea dopo tutti quegli anni.
“Ho deciso che ne avevo abbastanza e mi sono affidata alla fortuna andando per mare” Del resto era anche vero.

“Beh, non è stata molto gentile con te” Adesso era ovvio che la prendeva in giro. Le cosa le dava ai nervi.
“Neanche con te se per questo, pirata” Certo, nonostante il suo istinto di sopravvivenza fosse tornato da una lunga e rilassante vacanza, non era proprio una buona mossa. Ma la guerra l’aveva cominciata lui.

“Voglio dire, guardati! I tuoi pantaloni sono a dir poco ridicoli! E quale uomo degno di tale nome si trucca?!” Era scattata in piedi di botto, puntandogli un dito in faccia “E credimi io, di uomini veri, ne ho conosciuti a palate!” Ma di certo Kidd non era rimasto fermo. Con tutto quel metallo attorno, forse la metà di quello che c’era sull’intera nave, non tardò ad accerchiarla con le punte di tutte le spade che diligentemente Anemone e Killer avevano affilato nel giro della nottata.

“Stavi dicendo?” Non è che non avesse paura, tutt’altro, solo che la rabbia la opprimeva. Non le piaceva essere presa per i fondelli.
“Se credi che mi rimangerò quello che ho detto solo perché ho detto quel che penso, ti sbagli di grosso!” I suoi occhi non erano più rossicci, ma color sangue “Vuoi farmi fuori? Fai pure, ma sappi che non ti supplicherò di risparmiarmi!” L’ammazzasse pure, in fin dei conti per metà della sua vita non aveva desiderato altro.



Killer era un uomo di poche parole, come pochi  erano i casi in cui formava frasi di una certa lunghezza. Quel caso non era da meno.

Più guardava la donna più si chiedeva quante volte avesse battuto la testa da piccola. Aveva qualche rotella fuori posto, su questo non aveva avuto dubbi dal primo giorno. Non fosse stato per Kidd, l’avrebbe eviscerata per l’offesa subita.
Non fosse che Kidd l’aveva reclamata come sua vittima, non avrebbe mai nemmeno avuto le sue scuse però. Almeno era sembrata sincera.

Ma tornando al presente, Killer non aveva mosso dito né proferito parola da quando il suo miglior amico e l’artigiana avevano cominciato il battibecco.
Era sul punto di farla fuori “Donna, mi chiedo quale dio si creda tanto audace da aver fatto vivere fino ad oggi una totale beota come te” Le puntò alla gola una delle tante spade e per meraviglia del vice Anemone non si era mossa.
“Forse uno che ti odiava tanto da aspettare che qualcuno ti facesse a pezzi in suo onore? Perché no…” Premé ancor di più la lama, facendo scorrere una goccia di sangue dalla sottile linea rossa.

“TERRA!”

Quel grido prese tutti alla sprovvista, facendoli tornare alla realtà. Se c’era davvero un dio che l’aveva a cuore, allora quello era stato il momento giusto per salvare la pellaccia della cretina. Perché Kidd, dopo quasi un mese senza mettere piede su terra, stava veramente diventando uno stronzo, anche per i canoni di Killer.

Non aveva ancora capito come, però Anemone era sgusciata via dalla morsa delle armi correndo verso il parapetto, eccitata per giunta, e seguita da Kidd “Non è ancora finita, sia chiaro”

Tra quei due non sapeva chi sarebbe stato il primo a far fuori l’altro, almeno a provarci. Col caratterino fuori dal comune che Anemone si ritrovava, era meglio non fidarsi, ma Kidd… era lui quello violento in fin dei conti.



Arrivarono all’isola verso sera. C’era un qualcosa di molto accogliente, forse perché era caldo ed era estate, che faceva rilassare Anemone come non mai.

Non appena arrivò in una locanda di una certa grandezza, la ciurma di Kidd cominciò a fare il comodo proprio. Anemone si limitò a prendere la chiave della stanza che le era stata affittata, tutta per lei per giunta, e a lasciarli a fare baldoria. Bello essere donna in casi come quelli. Ma era convinta che le cose erano state arrangiate così affinché nessuno potesse lagnarsi, lei in particolare. E lei di queste cose ne approfittava spesso e volentieri.



“Dimmi Killer, cosa ti ha raccontato la donna? E non cercare di prendermi in giro, perché qualcosa lo sai sicuramente” Era una di quelle rare volte che il suo vice si toglieva la maschera di fronte agli altri. Lo faceva solo quando era estremamente annoiato e voleva farsi una bevuta, una di quelle che ti ricordi a vita per giunta. Quindi le sue emozioni erano in piena vista, almeno per Kidd.

“Poco e niente a dire la verità. Mi ha solo accennato al fatto che sa lavorare con ogni genere di metallo, trasformandolo in qualsiasi cosa voglia, che siano spade o gioielli. Non so tu, ma da quando hai fatto fuori l’ultimo armaiolo non è che siamo riusciti a rimpiazzarlo con qualcuno degno di tale nome” Ah, quel cretino che aveva avuto la faccia tosta di insultare il suo sogno. Ghignò. Ora faceva compagnia ai pesci.

Pensandoci su seriamente si rese però conto che non aveva tutti i torti. Per quanto la donna gli desse ai nervi e lo provocasse di continuo, un’opportunità come quella non andava persa. Non era tanto stupido. L’avrebbe fatta fuori in un secondo momento, quando non gli sarebbe servita più, ma ora doveva approfittarne.

Senza proferire parola, si alzò, dirigendosi solo Dio sa dove, lasciando Killer che aveva l’aria da “Ho capito tutto” sul volto, un leggero sorriso divertito che pareva nemmeno esserci. Il suo vice aveva più che ragione: non sapeva ancora per quale scherzo del destino, ma se doveva ritrovarsi Anemone tra i piedi, era meglio che si rendesse utile.

Spalancò la porta senza tante cerimonie, trovando però la stanza vuota. Con passo pesante raggiunse un’altra porta all’angolo della camera, credendo di trovarla chiusa. Forse era uscita…
Non molto convinto, aprì anche quest’altra porta. Non era un bagno molto grande, ma abbastanza spazioso da metterci una gran bella vasca accanto alla finestra. Con Anemone dentro, gli occhi chiusi.
In un primo momento gli parve che lo stesse ignorando di proposito, ma poi udì un leggero russare.
Come si faceva a dormire dopo tutto il casino che aveva fatto?

Con l’intento di svegliarla le andò incontro, ma si fermò di colpo, a pochi passi dalla vasca. Aveva visto abbastanza donne nella sua vita per capire che Anemone era una gran bella donna tutto sommato. Curve nel posto giusto, capelli blu lunghi fino alla vita e un bel volto quando non lo insultava e non lo guardava con disprezzo con gli occhi grigi che con fierezza portava e la carnagione leggermente abbronzata.
Se non fosse un fatto che gli fece quasi gelare il sangue.

Cicatrici. Ovunque. Di tutte misure, la più grande accanto al cuore, grande come un pugno. Di tutti i tipi: tagli, alcune forse derivate da ossa fuoriuscite o mai guarite a dovere, addirittura alcune sembravano essere nuove.
Come accidenti faceva una donna con un corpo martoriato in modo simile ad essere ancora viva, a comportarsi come lei per giunta? Doveva come minimo essere rotta in mille pezzi…
Ora si spiegava perché portasse sempre vestiti che la coprivano totalmente, spesso e volentieri lasciando intravedere solo il volto e le mani. Almeno il suo vestire quasi totalmente “All black” andava in tema con la ciurma, anche se sembrava avere una certa passione per il rosso, bah.

Ma non era lì per quello.
La guardò ancora una volta prima di fare retro-front e andare nella sua stanza. Per molti versi sentiva che sarebbe stata una bella sfida.

Forse, e dico forse, c’era un leggera scintilla di rispetto nello sguardo di Kidd. Ma poteva ben essere altro.




Salve! Sono tornata XD è un capitolo un pò strano, noioso per certi v
ersi, ma a me piacce anche così in fine dei conti. Ora, so che potrebbero esserci errori di varia natura, ma vi prego di dirmelo se li trovate =D

Ringrazio come sempre Ria-chan così come SWAMPY per aver recensito e chiunque altro che in questo momento mi sfugge (Sto per addormentarmi...)

Come sempre commenti e critiche sono ben accetti.

Alla prossima!

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Capitolo 6
*** L'albero ***


Salve gente, eccomi col nuovo capitolo. Spero vi piaccia!




"We need to concentrate on more than meets the eye…"




“Achoo!” Mai, mai e poi mai avrebbe dormito in una vasca. Di nuovo.

“Ah- ah- achoo! ‘Cidenti!” Se c’era una cosa davvero umiliante per Anemone, avere il naso che colava era questa. Un altro modo per mostrare le proprie debolezze.

Quando scese di sotto, un cameriere alquanto intimorito la accolse, chiedendole cosa desiderasse per colazione. Poveretto, non poteva capitargli turno peggiore.
Gli sorrise, comprensiva “Una tazza di tè” Solo allora notò la presenza di Killer, intento a leggere il giornale “E anche una tazza di caffè, nero preferibilmente” A quel punto si avviò dal vice, dandogli il buongiorno. Quello annuì a mo’ di risposta.
Il cameriere non si fece attendere molto, posandole davanti le due tazze assieme allo zucchero e al latte.

Anemone rimase a guardare nel vuoto, in pensiero, finché non si stufò, rivolgendosi al biondo “Ti dispiace se do un’occhiata anche io?” Gli posò davanti la tazza “Prometto che non guardo” Inizialmente scettico, prese la tazza e lo zucchero mentre Anemone cominciava a sfogliare con interesse. Anche se il suo buonsenso non era il massimo, forse dipendeva da Kidd, Anemone era sempre stata interessata a quello che accadeva nel mondo.

“Achoo!” Tirò su col naso l’ennesima volta quella mattina, continuando a leggere qualcosa che aveva attirato la sua attenzione.
“Quando hai fatto in tempo ad ammalarti?” Le ci volle tutta la forza di volontà per non alzare lo sguardo. Le promesse rimanevano pur sempre tali. Non sollevando gli occhi, si costrinse a continuare a leggere “Mai provato a dormire una notte intera in una vasca?” Avrebbe giurato di averlo udito soffocare una risata “Non ti sei perso niente” Un modo più stupido per ammalarsi non esisteva, poco ma sicuro.

Rimasero così per vari minuti, nel silenzio di chi sorseggia in pace il proprio caffè e di chi s’informa sulle ultime del mondo, solo loro due data l’ora presta.
Nelle pagine finali del quotidiano trovò vari poster di ricercati “Chirurgo della morte, Cappello di paglia, dall’aspetto è più giovane di me… Ah, eccoti: Killer, il massacratore, 98 milioni di beli. Neanche Kidd sta messo male con i suoi 221 milioni di beli, e non siete nemmeno a metà del viaggio per l’arcipelago Sabaody. Davvero niente male” Per certi versi i motivi delle loro taglie così alte riusciva a capirli. Kidd ne era la chiara prova.

Udendo un clic, intuì che Killer si fosse rimesso la maschera.
Lo guardò mentre si sistemava la chioma con attenzione, per evitare di scompigliare oltremodo quella massa infinita di capelli. Per certi versi era tranquilla con lui. Provava pura simpatia per il biondo, forse amicizia e si sentiva a suo agio con lui, a differenza di un certo rosso che le dava ai nervi col passare del tempo e non sapeva neanche perché. Ma era troppo di buon umore per avere istinti suicidi così presto.



C’erano molti vantaggi nel far parte di una ciurma di pirati, uno di questi era la libertà assoluta nel fare quel che volevi, purché non creassi rogne al resto della ciurma. Era una di quelle regole che tutti sapevano ma nessuno diceva.
Infatti, non appena aveva finito di parlare con Killer a colazione, Anemone si era data alla pazza gioia andando in città di prima mattina. Alla domanda di Killer cosa avesse in mente di fare, per dissuaderlo dal seguirla, gli aveva detto che andava a fare cose da femmina. Ha! Una balla bella e buona, lei non si comportava come la maggior parte delle donne, ma non aveva più cinque anni e una baby-sitter che la seguiva per tutta la città sarebbe stato oltremodo snervante.

Exploration time!

Uno direbbe che tutta quella libertà le stava dando alla testa, dicasi Kidd, ma dopo aver vissuto sulla sua isola per vent’anni sbattuti, un po’ di divertimento lo meritava.

La cittadina dove si trovavano non era niente di speciale: bambini che correvano a destra e manca, anziani che discutevano amorevolmente, genitori indaffarati. Calma, gioiosa.
Era una di quelle città qualunque, dove non accadeva mai niente di interessante, quelle da favola. In breve quello che non aveva mai avuto. Le venne da prendersi a schiaffi. Mandò via i pensieri negativi, osservando i propri dintorni per distrarsi.

A prima vista poteva sembrare un posto come tanti, se non per qualcosa che prima non aveva notato: in tutta la città ricorreva un comune motivo decorativo. Certo, di roba interessante ne aveva vista, però decorazioni a forma di albero erano una novità, anche per i suoi standard.

Alla fine, la curiosità alle stelle, si decise a chiedere a qualche abitante in proposito.
Un vecchietto fumava beato in santa pace quando lei s’avvicinò, bramosa di sapere “L’albero? Intendi il Signore del bosco? È un albero molto antico. Si dice che risalga a tempi antecedenti ai 100 anni di vuoto. Ti consiglierei di andare a vederlo” Peccato che le era toccato documentarsi presso una libreria, perché restò molto vago sull’argomento.



Verso tarda sera, con cinque tomi tra le mani, era tornata alla locanda. Era felice come una pasqua! Prima di allora non aveva visitato altre isole e fin da bambina era stata costretta a leggere libri a proposito di metalli e storia di grandi artigiani e roba del genere. Ora, per la prima volta in vita sua, poteva leggere quel che le andava!
Poi, visto che avrebbe vissuto sulla nave di Kidd a tempo ancora indeterminato, le era toccato fare compere, solo lo stretto necessario per il momento.

Con una calma che non aveva da molto, con un piede spalancò la porta della locanda, attirando tutta l’attenzione su di sé. Poco male.
Certo, un piccolo problema c’era: quella sfilza di libri le bloccava la visuale, rischiando di farla inciampare in qualcosa o qualcuno, per non parlare delle buste appese alle braccia. Ma questo non contava con quelli più alti di lei. Infatti, dopo pochi metri, dei passi pesanti le giunsero alle orecchie, come anche un ringhio snervato provenire dal profondo.
Poco dopo, la chioma ardente di Kidd divenne evidente, come anche l’ombra che la sovrastava.
Erano rari i casi in cui si rendeva veramente conto di quanto fosse enorme Kidd rispetto a lei, di una testa come minimo. E guardandolo meglio, a dispetto di quello che aveva detto il giorno prima, anche col trucco, sembrava più uomo lui di molti altri…

Inutile dire che il capitano non fosse di ottimo umore “È tutto il fottuto giorno che ti cerco! Si può sapere dove eri finita, donna?!” Lo vedeva poco e niente, solo i capelli, ma dalla voce capiva tutto.
In tutta risposta Anemone gli sorrise, rendendo noto che era divertita con una leggera risata, lanciandogli un pacco e facendo quasi cadere tutto quel sapere “Esploravo. Quello è un souvenir” Prese una mela e andò in camera. Quello, non sapeva se era scioccato o imbestialito, urlò irritato. Almeno quel pugnale che aveva trovato vagando per la città era carino!

E ora, il sapere l’aspettava.



C’era un che di affascinante in quello che aveva letto. La gente del luogo adorava un albero di cristallo, nero per giunta. In un primo momento si era sentita una totale cretina. Un albero di cristallo nero? Ma chi volevano prendere in giro?
Ma in fin dei conti, la Grand Line era costellata di roba strana. Quindi… perché no? Se esistevano i frutti del diavolo, i Poneglyph e altra roba che era tutto fuorché normale, perché non poteva esistere un albero di cristallo nero?

Con le idee confuse, si era decisa di accertarsi della sua esistenza personalmente.

Di prima mattina, quando nemmeno Killer si era alzato, era sgusciata fuori dalla locanda. Sarebbero partiti quella sera, quindi sperava di tornare per tempo.



Non era un’isola estesa e al centro c’era un vulcano spento da secoli. A quanto aveva letto, l’albero era situato nei meandri della foresta, mostrandosi solo a chi non aveva intenzioni impure. Sperava che la curiosità non fosse considerata tale.

Vagava da ore nel folto bosco che apparteneva più ad una favola che alla realtà, avrebbe giurato di aver visto un farfalla volarle davanti agli occhi e lasciare una scia di… polvere magica? Ugh, le vennero i brividi.

Non sapeva quanto tempo fosse passato, quasi non ci sperava più quando, inciampando, cadde a faccia in giù. Cominciò a sputare profanità di ogni genere, smettendo solo alla vista di qualcosa che, per rigor di logica, non doveva esistere.

Un fottuto albero di CRISTALLO NERO!
“Mamma, credo di essere impazzita per davvero questa volta…”

Non poteva essere vero, eppure… Toccandolo, capì che quello non era solo cristallo, ma era vivo. Lo sentì pulsare, entrarle dentro, scavare nei meandri del suo cuore e… accettarla?

“No!” Ritrasse la mano, un dolore vecchio quanto lei risorgere nel suo animo. Era troppo per un essere umano, fragile come lei per di più. Si, era fragile, per quanto odiasse ammetterlo.

Non voleva ricordare, non lì, non in quelle circostanze. Se proprio doveva farlo, l’avrebbe fatto sulla tomba di quella donna, ridendo al ricordo dei vecchi tempi, magari fumando una sigaretta e facendosi un bicchierino, ma di certo non lì.

Corse a perdifiato, non fermandosi nemmeno un istante, neanche per riprendere fiato.



Nel tardo pomeriggio era tornata in città. Aveva un brutto presentimento da quella mattina, ma non ci aveva dato tanto peso. Forse avrebbe dovuto.
Vedeva membri della ciurma correre a destra e manca. Non capiva, perché? Eppure le varie compere e i rifornimenti erano stati fatti il giorno prima, allora perché?

Ma, notando cosa portavano tra le mani, i pezzi del puzzle combaciarono “NO! Cosa state facendo?! Non potete-!”

I capelli fiammanti di Kidd furono l’ultima cosa che vide.



Perché? Perché non l’hai fermato? Eppure potevi…

Riaprì gli occhi di soprassalto, un dolore atroce alla nuca le fece sfuggire un gemito. Il suo respiro era affannato.
Dopo vari secondi Anemone si rese conto di essere nuovamente sulla nave, riconoscendo l’odore di sangue e salsedine del legno su cui era sdraiata e le vele, benché sfumate, inconfondibili dopo così tanto tempo. Le ci volle un po’ per riuscire a rimettersi in piedi, sorretta al parapetto. Era debole in quel momento.
Debole, insignificante, impotente.

La vista era ufficialmente andata, non vedeva a un palmo dal naso, eppure un odore insolito le dava fastidio al naso. Almeno l’olfatto era al massimo.
Tastandosi con cautela la testa, si rese conto che sanguinava, di nuovo. Di certo non era un taglio causato dai rami dei cespugli del bosco, era troppo grande.
Dalla borsa a tracolla estrasse una borraccia, riversandone il contenuto sul capo. Fu lucida all’istante.
Ogni cosa ebbe di nuovo senso. L’isola, gli abitanti, la ciurma, Killer, Kidd, l’albero di cristallo nero.

Udì i passi di qualcuno, ma non si voltò. Forse, in fin dei conti, non avrebbe dovuto versarsi l’acqua in testa.

Era lì.
Era lì, che rifletteva quella luce infernale in tutte le sue sfumature. Come poteva esistere qualcosa di così puro, ma che odiava così fortemente?
Era lì, troppo lontano da lei perché potesse fare qualcosa. Era troppo tardi.
Era lì, a rimproverarla.

Anemone sapeva cos’era quell’albero, almeno credeva di intuirlo nel suo essere umana.
La sensazione provata al suo contatto era ancora lì, sulla punta delle dita. Mai aveva sentito la vita fluirle in corpo in tal modo. Mai aveva provato tanta soggezione. Forse era quella la ragione principale per cui non riusciva a rimanere impassibile davanti a quel teatrino del terrore. Nemmeno le lacrime trovavano la forza di scorrere.

L’isola, bruciava!

“Che c’è, donna? Ti fa pena un alberello?” Quindi era lui, il tristo mietitore. Ci mancava solo Kidd che la prendeva per i fondelli. Peccato che non fosse in vena di discorsi.
Solo ora la sua taglia così sproporzionata aveva senso. Quella scintilla di pazzia che pervadeva continuamente gli occhi del rosso non erano solo una sua immaginazione. Perché non poteva essere altro se non pazzia.
E come aveva fatto a sapere cosa la turbasse tanto? Certo, i libri. Li aveva lasciati sul letto.

Mantenne lo sguardo fisso, non distogliendolo. Non ci riusciva.
Più la nave si allontanava, più quella scena le dava i brividi.
Più si allontanava, più l’albero di cristallo nero sembrava di rimproverarle di non aver mosso un dito.
Più si allontanava, più si rendeva conto che forse, in fondo, avrebbe potuto fare qualcosa.
Questa realizzazione la colpì in pieno. Conficcò le unghie nel legno del parapetto per non urlare per la rabbia, una goccia che scorreva dal labro morso in preda alla furia.

“Credi che sia la prima volta? Credi che sarà l’ultima?” Si era dimenticata che Kidd era ancora lì.
E come sempre faceva i comodi propri, scompigliandole i capelli “Quell’albero è solo l’inizio. Ti farò pentire di essere nata” Le strattonò la chioma, tirando indietro il capo, per guardarla meglio. Finalmente si mostrava per il bastardo che era realmente “Te ne pentirai amaramente” Quei gesti, li detestava. Più andava avanti, più non riusciva a sopportarli.
Che fosse paura?

No… era odio.
“Benvenuta nella mia ciurma, donna” La sua risata riempì l’aria, quell’orchestra macabra che risuonava, l’incendio sullo sfondo.

Ardeva, divorava, uccideva. Proprio come Kidd.

Non distolse lo sguardo.
Perché sapeva che avrebbe potuto fare qualcosa.










Salve salvino, bella gente. Spero che abbiate gradito il capitolo, perchè sono quasi 3 giorni che ci lavoro! In verità l'ho usato in un concorso, ma era mooolto più breve. Questa è la versione arricchita.

Ringrazio Ria-chan e SWAMPY  per aver recensito il precedente capitolo, sono felice che lo abbiate gradito e spero vi piaccia anche questo. Ringrazio anche Shot93 per averla messa nelle preferite e tutti voi che leggete e mi seguite, mi rendete una scrittrice felice ^_^
Se ci sono errori ditemelo, perchè sono una che si distrae facilmente a quanto avete potuto notare, almeno quando scrivo...

Come sempre, commenti e critiche di ogni genere sono accetti =D

Alla prossima! 

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Capitolo 7
*** Delusioni ***


Salve salvino! Come avete potuto notare, aggiorno come mi pare e piace, e vi chiedo scusa, però sono fatta così ^_^'
Buona lettura!



Ooh, baby don’t you know I suffer?

How long before you let me go?


 

Non aveva nome e mai ne avrebbe avuto.

E se anche l’avesse avuto, non ci sarebbe stato più nessuno per ricordarlo.


Era diventata cenere, come il resto di chi l’aveva abitata.



Avevano lasciato l’isola in fiamme da quasi una settimana, sulla rotta di una nuova avventura.
Ad Anemone non poteva importare di meno.

Mangiava a malapena, non si mostrava in giro, nascondendosi in luoghi inimmaginabili, spesso e volentieri rifugiandosi nella vedetta. Per la prima volta da anni si era sentita impotente, inutile, debole. Non avrebbe soddisfatto il sadismo bastardo di Kidd mostrandosi così. Non a Killer né nessun’altro.

“È ancora lì?” Era confortante udire la voce del vice, anche se sembrava così lontano.
Ma non riusciva più a guardarlo senza distogliere immediatamente lo sguardo. Ci aveva provato, ma proprio non ci riusciva.
Non dopo quello che avevano fatto.

Così si cullava, cullava il proprio odio e leccava le ferite, l’amaro sapore dei ricordi onnipresente.



Una notte, quando si sentiva più in forze, era sgusciata in infermeria, a raccattare qualche medicinale per curare il taglio al capo. Aveva trovato uno dei membri dell’equipaggio, Heat, intento a mischiare qualche erba.
Non aveva fatto domande. Con pochi e veloci gesti le aveva medicato la ferita, dandole qualche farmaco per far passare il dolore.
La prima volta che l’aveva visto le era sembrato un non morto per il suo aspetto, ma aveva dovuto ricredersi. Era il dottore di quella marmaglia e portava grande rispetto a Kidd.

Era dannatamente più alto di Anemone e i capelli erano lunghi come metà del corpo di lei, di un celeste chiarissimo.
Per molti versi assomigliava a Killer: calmo, pacato, anche se fiatava di più rispetto al biondo. Il suo aspetto parlava di pericolo, ma in realtà era molto gentile.
“Non dico che devi accettare i modi del capitano, ma dovresti abituarti. Non tutti i pirati sono misericordiosi, e noi facciamo parte di una ciurma particolarmente violenta” Avrebbe voluto, avrebbe voluto con tutta se stessa essere capace di non farci caso, essere adamante a tutto quello, ma non ci riusciva.
Lo aveva ringraziato e se ne era andata in armeria.



Di giorno vegliava sull’orizzonte, di notte svolgeva i vari incarichi affidati da Kidd.
Spesso e volentieri il capitano la andava cercando nella stanza che l’era stata data, essendo lei l’unica donna sulla nave, mai trovandola. Sapeva nascondersi perfettamente, anni e anni di allenamenti non volavano via così, senza lasciare nulla di sé.
Ma una notte di luna piena, nel fulcro del buio, Anemone aveva fatto un errore madornale.



A quell’ora, di solito, tutta la ciurma dormiva sogni beati e non c’era anima viva in giro. Così, stanca di rintanarsi ogni santa notte nell’armeria, aveva deciso di svolgere le proprie mansioni al chiaro di luna sul ponte.

Affilava in pace alcuni coltelli trovati in un angoletto dell’armeria, quando, dal nulla, si ritrovò Kidd alle spalle ad afferrarle il collo “Non mi piace essere ignorato” La sua voce era roca, fredda, bassa. Non prometteva niente di buono. Possibile che fosse così in pensiero da non essersene resa conto?
Senza convenevoli, la alzò in aria, a quindici centimetri buoni da terra “In particolare per periodi di tempo tanto prolungati” La scaraventò a terra, contro l’albero maestro.
Peccato per lui che avesse ancora un pugnale in mano.

Si dice che l’istinto di sopravvivenza, in casi di estremo pericolo, trasformi la più razionale delle creature in una bestia scaltra e feroce. Anemone con un coltello in mano era molto pericolosa, anche per uno come Kidd. In pochi istanti era tornata in piedi, a guardare con disprezzo quel bastardo senza cuore.



Eccolo! Era quello! Era quello lo sguardo che non vedeva l’ora ritornasse!
Quindi bastava una strage per ridurla in quello stato? Niente di più facile!

La belva senza più catene era pronta allo scontro.



Maledetto! Bastardo! Feccia umana!
“Si può sapere cosa c’è che non va in te? Come può esistere un tale mostro?” Perché proprio lui? Perché proprio sulla sua dannata nave doveva capitare? Non poteva essere la marina una volta tanto? Possibile che tutta la sua vita fosse sfiga allo stato puro?!

Non ne poteva più! Quei dannati capelli rossi, quel fottuto ghigno, il suo stramaledetto ego e il suo sadismo gratuito “Chi ti dà il diritto di prenderti la mia libertà?” La osservava, da capo a piedi, come si fa con un verme.
Quello sguardo, lo odiava più di ogni altra cosa.


Accadde prima che nessuno di loro potesse rendersene conto.
Anemone scattò, un’agilità che si era convinta d’aver perso a darle supporto. Scivolò tra le gambe di Kidd, che era pronto a prendere il colpo, emergendo da dietro, il coltello pronto a conficcarsi nel polmone destro.
La reazione fu istantanea “REPEL!”

Ma quel nessuno non era un entrambi perché a parte Anemone e Kidd c’era un terzo spettatore.
“Voi due, vi sembra questa l’ora per- OH CAZZO!” C’era un piccolo particolare che Kidd non aveva considerato prima di far volare Anemone fuori dalla nave con i propri poteri. Particolare che Killer, da bravo vice, aveva scoperto per puro caso durante la chiacchierata di più di una settimana prima.

E per pura fortuna, quella notte, Killer aveva il sonno leggero e il trambusto dei due l’aveva svegliato.
Perché Anemone, a dispetto di quel che si potrebbe credere, non sapeva nuotare.


 

Anemone…
 

Allora era così che ci sentiva? Così si era sentita anche lei ?

Anemone…


La morte… non era poi così dolorosa…

Anemone...


Strano che vedesse un lampo di giallo prima di andarsene…
La mente e i suoi strani giochetti…

Anemone! 

No! Non poteva morire… non adesso!


ANEMONE!


“Respira dannazione!”
Spalancò gli occhi di botto, richiudendoli e riaprendoli varie volte, nella speranza di mettere a fuoco qualcosa, vari colpi di tosse a seguire. Dopo innumerevoli istanti le riusciva con più facilità.

Finalmente fu capace di vedere qualcosa.
Chi accidenti era? Però quella massa di capelli era famigliare… “Chi sei?” Le faceva male tutto e pensare non era un’opzione.

“Ottimo! Nemmeno mi riconosce” Sembrava… seccato? Ma che stava succedendo? “La prossima volta che decidi di buttare qualcuno in mare, accertati prima che sappia nuotare, testa calda che non sei altro!” A quel punto le venne l’illuminazione, almeno qualcosa di simile.

“È colpa sua se m’ignora da giorni! Poi che accidenti ne sapevo se era capace di nuotare o meno?! Ti pare che una persona normale va per mare su una scialuppa se poi rischia di affondare come un peso morto in acqua?!” Oh, che bastardo arrogante.

Non poteva averlo fatto per davvero “Non so se te ne sei reso conto, ma lei è tutto fuorché normale! Hai visto il suo corpo? Ti pare che una persona può essere stabile se è ridotta così?”

Killer. Era Killer che l’aveva salvata dopo che LUI - “Non ti avvicinare!” Ringhiò contro Kidd che era a pochi passi da lei e poco a poco si stava facendo più vicino, scattando a sedere “Stammi lontano, pirata” Cos’era? Odio? Disprezzo? Paura? Si, aveva paura di lui. Del suo istinto omicida e del fatto che non esitasse nell’uccidere un innocente. Della sua malignità gratuita cui non aveva fatto caso prima. Del suo sguardo, che poteva appartenere solo a un demone. Le metteva i brividi. Aveva premuto un tasto dolente, e ora le faceva venire la pelle d’oca.

Barcollante, si alzò in piedi, appoggiandosi alla spalla del biondo, che la guardava come se fosse finalmente impazzita. Cosa potevano sapere? Cosa poteva sapere Kidd? Quel dannato bastardo… nemmeno s’immaginava cosa avesse appena fatto.

“Sinceramente donna, desideri morire così giovane? Dopo tutto quel che hai passato? Possibile che non ti rendi conto della merda in cui ti metti avendo la faccia tosta di dirmi cosa fare?” Anemone si tolse la cintura di metallo, buttandola il più lontano possibile. L’aveva visto fare dei giochetti col metallo volte prima. Avrebbe dovuto aspettarselo.
Mai più avrebbe abbassato la guardia “Quello che non si rende conto sei tu, solo tu” Tutto il suo rispetto verso Kidd, era davvero così infondato? “Hai visto, non è vero? Hai visto la traccia indelebile che la vita ha lasciato sul mio corpo. Nemmeno lontanamente puoi immaginarti cosa le ha causate, quelle cicatrici, e mai ci riuscirai”

Le venne da ridere quando lo vide arrossire leggermente, ancora quell’espressione da duro incazzato a morte in volto. Non fosse stato per la situazione in cui si trovavano, forse ci avrebbe fatto seriamente due risate, ma non in quello stato “Sai, è buffo. Credevo di averti capito durante la mia permanenza, ma in realtà mi rendo conto solo adesso che per te non sono altro che un gattino, un gattino che fai inferocire per ucciderlo, tutto per gioco” Si sentiva una totale cretina per la situazione in cui si era cacciata.

“È impazzita sul serio questa volta” Era la voce di Killer quella? Si, doveva essere la sua.

Si avvicinò al rosso, a dispetto di tutto “E ora che vuoi, donna?” Le ringhiò contro Kidd, irritato.

“Spero ti sia divertito”

Aveva fatto male i calcoli. La sua non era paura. Non era odio.
Era delusione.

Solo… delusione.





Ha, ditemi quel che volete, ma se questi due avessero mai una relazione non saprei proprio chi sarebbe a dominare! Forse si sgozzerebbero prima XD
Ringrazio molto Shot93 e Ria-chan per aver commentato e per i complimenti, come anche Alies, AlexTanuki e Aubry97 per averla messe tra le seguite
 =D 

Come sempre commenti e critiche sono ben accolti ^_^

Alla prossima!

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Capitolo 8
*** Cheimerinò Festival Island ***


Di scuse ne avrei a palate, dopo tre settimane poi, ma credo che a questo punto siano inutili. Il capitolo è mooolto lungo, quindi prendetevela con calma.
Buona lettura!






In the white freeze, I never spoke of tears
Or opened up to anyone including myself
I would like to find a way to open to you
Been awhile, don’t know if I remember how to…




Da piccola, gli adulti avevano la brutta abitudine di chiederle quale fosse il suo più grande desiderio. Avanti con gli anni la domanda era rimasta la stessa, come anche la risposta.

“Ridatemi mia madre, non voglio altro”

Per questo, l’idea di crescere, di diventare come quegli odiati adulti, era allo stesso tempo diventata la sua più grande paura.



I giorni passavano lenti. Frustranti, pesanti, pensierosi.
Kidd era un uomo con la testa sulle spalle e sapeva usarla a dovere, ma riflettere in tal modo su una donna non era sua abitudine, tantomeno su una particolarmente anomala per il suo genere e con la testa cobalto. Perché lo faceva sentire così…incredulo? Frustrato? Era un qualcosa di così strano da fargli venire i brividi e neanche l’alcol aiutava.
Maledette donne.



Il tempo si era stabilizzato, segno che non mancava molto alla prossima isola.

Per molti versi si era fatta una ragione del gesto di Kidd, però non riusciva a guardarlo in faccia senza che le si formasse un smorfia delusa in volto, cosa che dava enormemente fastidio al rosso e non poteva far altro che meravigliarla. Il motivo? Il fatto che si sentisse frustrato, senza che lei neanche proferisse parola, era… buffo. Non le veniva in mente altra parola se non quella.
Dopo ciò che aveva combinato quasi una settimana prima, Kidd non le parlava, lanciandole spesso e volentieri qualche occhiataccia addosso.
Uomini.

Inutile dire che Killer fosse incazzato con entrambi: parlava meno del solito, e poiché allo stato naturale delle cose proferiva sì e no cinque parole, in quello “nuovo” stato creava sempre un silenzio imbarazzante anche per una come lei.

La soluzione a entrambi i problemi? Ovvio! Allenamenti intensivi di combattimento.

Erano passati un paio di mesi dall’ultima volta che aveva avuto per le mani i coltelli e, sentendosi arrugginita e annoiata da tutta quella situazione a un certo punto, spesso e volentieri cominciò ad allenarsi con gli altri membri della ciurma.
Certamente non era una di quelli che prendendo in mano un’arma imparavano a maneggiarla subito, ma anni e anni di allenamenti avevano fatto il loro gioco.
Tutto questo di solito accadeva sul ponte, tanto che era costretta a pulirlo più spesso del voluto, ma per quanto le desse fastidio, non poteva certo dare un calcio a Kidd là dove non batte il sole e sperare di uscirne indenne.
E come detto prima, spesso e volentieri tutto questo accadeva sul ponte, finché…



“Roger… che ora è?” Come dire, Killer non era l’unico che amava le sbronze che si ricordano a vita, in particolare quando il motivo sono incomprensibili teste cobalto, alquanto snervanti per giunta. Si, suona bene.
Dopo aver bevuto anche l’ultima goccia della sua scorta personale, con qualche insulto ad accompagnarla,
Kidd era crollato in un coma degno di un morto, risvegliandosi la mattina seguente con un mal di testa non descrivibile a parole, prontamente coronato da un fastidioso rumore proveniente fuori dalla cabina, per l’appunto sul ponte.

Quella volta avrebbe ucciso qualcuno sul serio.
Non aveva idea di quando si fosse spogliato la notte precedente, ma sfuggendo dal caldo abbraccio del piumino, prese la pelliccia e solo con quella e le mutande addosso si avventurò all’esterno, al freddo. Non una buona idea.

“Ditemi che non nevica” Mica era quello il problema! Ha!
Quel dannato rumore fastidioso poteva essere solo una cosa, che stupido da parte sua non rendersene conto, anche se dopo una sbronza del genere non è che pretendesse chissà che.
Avrebbe fatto meglio a continuare a dormire, evitare emicranie mattutine era la scelta migliore, e ora doveva subirsi Anemone che spalava la neve. La cosa in sé non era sbagliata se non per un piccolo ma snervante particolare “Si può sapere perché la raccogli in un mucchio al centro del ponte?” Ma quella, tutta imbacuccata in sciarpa, guanti e roba varia, in breve si vedevano solo occhi e naso, non lo degnava di uno sguardo.

Roger, non poteva annegare sul serio quella notte?” Pensieri bastardi gli riempirono la mente assieme a torture e offese della peggior specie, e mentre era nel suo mondo, il rosso non notò che Anemone era salita in vedetta. Ci fece caso solo quando una follata di vento particolarmente fredda gli rischiarì la mente “Addio effetti da sbronza”.
Dopo aver inspirato profondamente, guardandosi intorno non vide la più, finché un urlo degno di un moccioso per quanto acuto gli fece venire un accidente.

“BANZAI!” Era… saltata… dalla vedetta… nel mucchio di neve?

“Credo sia la sesta volta che lo fa questa mattina. Più la guardo più dimostra solo cinque dei venti cinque anni che realmente ha” Dannato!
“Ma che caz- Killer! Da quando sei qui?” Nonostante tutti gli anni che aveva passato col biondo, Kidd non riusciva ancora a capire come fosse capace di non farsi notare, salvo che l’avesse voluto.
Quello nemmeno lo guardava, la maschera in mano e un sorriso divertito alquanto strano in volto “Ah, ecco che lo rifà” Poteva sembrargli, ma Kidd era convinto che poco a poco il suo miglior amico si stesse affezionando ad Anemone. Conoscendolo non l’avrebbe mai ammesso, ma in fin dei conti quella… donna, se così la si poteva chiamare, aveva un alone tutt’attorno che portava la ciurma a essere gentile con lei.
Col cazzo che i suoi uomini sarebbero diventati un branco di principessine!

“Dille di smettere di comportarsi come una cogliona e di scendere a parlarmi in cabina” Ne aveva abbastanza e la sua povera psiche ne stava risentendo gravemente. Doveva farsi una doccia e schiarirsi le idee.

“Perché non lo fai tu?” Kidd non bloccò il passo, andando adagio.

“Uno perché sono il capitano, due perché quella non mi ascolta neanche a pagarla, quindi muovi il culo e fai il tuo lavoro. Non ammetto repliche” Killer neanche sbuffò come suo solito in casi come quelli, lasciandolo andare. Tanto meglio, aveva altro da fare.



Quei stramaledetti due. Ogni santa volta che si guardavano sembrava che un che di simile a una guerra fredda avesse inizio.
Tra Kidd e Anemone, Killer non riusciva a calcolare quanta noia gli dessero, e il rosso era già un terremoto vivente di suo. Per non parlare di Anemone poi, pareva una bomba a orologeria pronta ad esplodere in ogni momento.
Ma in tutta quella situazione il fatto peggiore era un altro: quei due si avviavano verso l’omicidio simultaneo.
Riflettendoci su, per quanto la donna fosse geniale a modo suo, quel giorno, se avesse predetto il disastroso risultato del loro convivere su quella nave, quella scialuppa, che gli aveva suscitato un anomalo senso di déjà-vu, non l’avrebbe neanche presa in considerazione, lasciandola magari in pasto a qualche mostro di mare. Però il danno era ormai fatto e su molti campi la colpa era soltanto sua.
Almeno Killer era capace di ammettere i propri errori, a differenza di certi cretini…



A una settimana da quella notte, finalmente Kidd e Anemone avevano parlato, almeno qualcosa del genere “Donna o no, come membro della mia ciurma pretendo una dimostrazione delle tue abilità.
Mi farai vedere quando arriveremo alla prossima isola”



Erano tornati in uno stato di vuoto, quello che solitamente c’è tra due persone al primo incontro e che mai si erano viste prima, quello che loro, a causa di alcune circostanze, non avevano mai avuto, almeno non normalmente.
A occhi esterni sarebbe potuto sembrare che facessero finta che l’un l’altro non esistesse, benché questa supposizione non potesse far altro che spaccarsi in mille frantumi al primo scambio di sguardi. Si vedeva che era tutto fuorché così. Semplicemente entrambi avevano capito come pensava l’altro e tutta quella storia era mutata in un’inutile perdita di tempo. Forse.



Come ormai si era dedotto, erano arrivati su un’isola invernale.

Verso mattina presto, poco dopo che l’ancora era stata buttata, alle prime luci del sole, Anemone era saltata dal bordo della nave, atterrando delicatamente sul tappeto di neve.
“Se Kidd mi cerca, digli che sono andata in cerca di materiali! Capirà!” Questo lo aveva urlato a Killer che, non avendo ancora bevuto l’abituale tazza di caffè nero, era particolarmente assonnato. L’aveva salutata facendole segno d’aver sentito

Quell’isola l’era nota… beh, si potrebbe dire che la conosceva come il palmo della sua mano. In verità non l’aveva mai vista prima d’allora.
Essendo lei cresciuta su un’isola autunnale, dove i mercanti erano all’ordine del giorno per di più, era sempre stata affascinata dalle storie di coloro che venivano da fuori, in particolare quelle sulla neve. Pura, bianca, ma allo stesso tempo letale. Questo fattore aveva determinato da parte sua una conoscenza di ogni isola invernale sulla Grand Line e dire che fosse eccitata era sottovalutato. Però le parole di Kidd non campavano per aria, doveva dargli una dimostrazione e togliersi di torno la scocciatura.

Come l’isola precedente, Cheimerinò Festivàl Island era un’isola vulcanica, però a differenza dell’altra, quel dannato cuore di fiamme si svegliava e si spegneva a piacimento, in particolare quando un certo ammiraglio della Marina faceva visita. Dannato Akainu.

Ma tornando a noi, oltre a conoscere queste isole, come conseguenza aveva imparato tutto quello che le riguardava. Cheimerinò non era molto ricca, però abbondava di ferro e, udite udite, pietra di mare. Neanche a farlo apposta, l’ironia della sorte le aveva concesso la possibilità di crearsi un’arma con cui proteggersi da Kidd, a sua insaputa per giunta. Perché diciamocelo chiaro, capitano o no, Kidd rimaneva comunque un bastardo violento.



C’erano sempre state alcune regole in ogni ciurma di pirati che tutti bene o male sapevano e nessuno diceva per quanto fossero ovvie.
Beh, una di queste era che, quando si giungeva su una nuova isola, il primo a mettere piede a terra era il capitano.
Quella dannata donna metteva a dura prova la sua pazienza facendo il comodo proprio e fregandosene altamente di questo, andando Roger sa dove tutta coperta e con alcuni attrezzi da minatore a detta di Killer. Tuttavia dopo la rabbia iniziale, stranamente, si era calmato di botto, neanche gli avessero somministrato una dose massiccia di calmanti.

Perché ormai Anemone era merce sua, e la sua sopravvivenza era nel palmo della sua mano. Bello fare Dio.
Ma quello che Kidd in un primo momento pensò, quello che forse non volle riconoscere per ciò che era, gli sembrò vero, una bellissima bugia che aveva usato per bendare l’ego ferito, in quanto non voleva ammettere che in realtà era profondamente incuriosito dall’incarico che le aveva affidato.



“PORCA MARINA CHE FREDDO!” Cattive opinioni sulla giustizia mondiale a parte, la neve, sì, era bella e tutto, ma il fattore freddo non era stato preso molto in considerazione, troppo poco a dirla tutta.
“Credo di essere una cretina per davvero” Lo stato di semi depressione che poco a poco stava fuoriuscendo era pericoloso, in particolare quando hai passato l’intera giornata a minare su una montagna. Chiamatela ironia della sorte però, mentre minava cercando qualcosa di utile, si era imbattuta in uno zaffiro, che a causa della formazione geologica dell’isola era un po’ anomalo.
La Grand Line, il posto delle stranezze per eccellenza, e lei ancora si meravigliava? Conviveva con una di loro sulla stessa nave! “Mi deludi Anemone” Ora parlava pure da sola…

Tardi nel pomeriggio, nel pieno di una tormenta, Anemone era scesa nella grande cittadina che versava sulla costa e che a dispetto freddo era nel pieno della vita, dopotutto non era l’isola dei festival per nulla.
Scendendo ancora più giù chiese informazioni alla gente del luogo sulla locanda più grande della città “Ma stai attenta, ragazzina! Una ciurma di pirati vi ha appena preso alloggio!” Le venne da ridere. La gente avrebbe avuto paura di lei appena avessero saputo che era una di loro adesso, questo non lo aveva considerato.

Fu Killer ad accoglierla, se così si può dire, al suo arrivo, gli altri non erano nello stato “Dov’è Kidd?” La domanda si formò da sé prima che lei se ne rendesse conto, neanche fosse la cosa più normale di questo mondo.
Killer non commentò il suo comportamento “È andato a divertirsi, non credo ci sia bisogno di spiegazioni” Tzè, bisogni fisiologici “Infatti, non servono. Io vado in camera se permetti” Certo, non è che Killer fosse del migliore degli umori, ma poco a poco si stava abituando a quella convivenza fuori dal comune tra lei e Kidd. Non fiatò, dandole la chiave della stanza.
Inutile dire che il pensiero di lavarsi in una vasca dopo tanto tempo le rallegrò l’umore “Vasca, mon amour, sto arrivando!”.



Quello che Killer non aveva specificato, quello che Anemone chiamava normalmente “andare a donnine”, era quello che Kidd si divertiva a fare all’arrivo su ogni isola. Un uomo rimane un uomo! Dopo una settimana d’astinenza poi…
Sulla nave una donna c’era, Anemone, però non sapeva se la si poteva considerare tale, maggiormente per il suo modo di fare che per altro, quindi l’occhio non ci faceva un pensierino e si limitava a distogliere lo sguardo, per quanto potesse essere una buona esponente del suo genere.

Andando per la città alla ricerca di possibili prede, non poté non notare un certo lampo color cobalto, maledicendolo, in quanto sapeva perfettamente a chi apparteneva. In quell’istante la curiosità sostituì il desiderio carnale e non poté far a meno di essere incuriosito su cosa avesse in mente Anemone.

Era una di quelle rare volte che aveva addosso una maglia oltre i soliti pantaloni e pelliccia perché faceva troppo freddo per i suoi gusti. Che vergogna rimanere a letto per un raffreddore! Lui, Eustass “Capitano” Kidd, ma scherziamo?
Processi mentali da parte, si chiedeva dove si stesse dirigendo Anemone con quella sacca sulle spalle.
Poi notò anche che l’abbigliamento era più sportivo del solito.
E mentre Kidd la osservava da capo a piedi, Anemone svoltò bruscamente, giungendo in quella che sembrava una fucina, entrandoci come fosse casa sua.



Metallo, metallo, metallo ovunque! Tutta la sua vita in quattro enormi blocchi di… metallo “Mamma, perché? Tra tutti gli uomini a questo mondo ti vai a scegliere proprio papà? Mi chiedo chi sia più demente tra voi due…”.

“Ragazzina! Già di ritorno?” Un uomo baffuto la accolse, già in età ma tuttora brioso come non mai.
“Che hai trovato di bello?” Quella stessa mattina, prima di salire in montagna, aveva fatto un salto in una famosa fucina del luogo, chiedendo il permesso di lavorare lì per massimo tre giorni, in cambio di qualcosa “Ho trovato uno zaffiro. Tutto tuo nonnetto!” Il capo di quel posto, Hayato, era un simpaticone e aveva acconsentito subito alla sua richiesta, volendo vedere di cosa fosse capace.

Così, prendendo posto davanti ad una fornace posta tra due dei quattro enormi blocchi di metallo che sostenevano l’edificio, Anemone si era messa a lavorare.

Per oltre cinque ore aveva lavorato senza sosta, finché, particolarmente stanca dopo una giornata simile, finalmente cominciò a far caso ai propri dintorni. La prima cosa che sentì fu un profondo russare proveniente da qualche metro da lei, in un angoletto. Quando lo vide, soffocò una risata.
La pelliccia era appesa alla sedia su cui era seduto, gli occhialini da aviatore appesi al collo, lasciando libera la furente chioma rossa, un’espressione di assoluta calma sul volto.

Pulendosi le mani con uno straccio, gli si avvicinò, notando che per una volta anche lui portava una maglia. Sembrava essere profondamente assonnato, forse era uno di quelli che dormiva come un sasso, come lei del resto. Quasi le dispiacque svegliarlo “Kidd… capitano? Credo sia ora che torniamo alla locanda. È tardi”

Non sembrava per niente sorpreso di vederla.
“Ma tu non ti stanchi mai?” Mentre lui si stiracchiava dopo uno scomodo sonno sulla sedia, lei andò a prendere la propria roba, seguendolo mentre si avviava all’uscita “A domani Hayato!”

“Da quando eri sulla sedia, capitano? Pensavo avessi altro da fare” Altri si sarebbero offesi, sentendosi presi per i fondelli, ma contando che sbadigliava due volte su tre e che si stava ancora grattando la testa, non le era parso urtato nell’ego.

Camminavano adagio per le strade della cittadina, solo alcuni si avventuravano al freddo, preferendo rimanere al caldo. Sbadigliando per l’ennesima volta, con una mano a strofinare gli occhi, parve annoiato, almeno così le sembrò “Da quando sei arrivata. Non ti voltavi nemmeno a urlarti contro. Così mi sono messo comodo mentre tu facevi quel che facevi. Il resto lo sai” Non ci volle molto per tornare alla locanda, o forse il tempo era volato quel giorno, ormai non si sentiva più i piedi per quanto aveva camminato, per non parlare della mani.

Killer era seduto a un tavolino ad aspettarli, neanche fosse loro madre “Chissà perché me lo sentivo che eravate insieme” E mentre il biondo e il rosso parlavano, Anemone li aveva salutati entrambi, andando al suo beneamato letto.



Da qualche tempo a quella parte, Anemone aveva cominciato a bere il caffè ogni mattina. Lo aveva provato una volta alla vista degli effetti miracolosi che aveva su Killer, definendolo la scoperta del secolo.
Infatti, quando il biondo scese il dì seguente al piano di sotto, Anemone con una mano teneva una tazza, sorseggiando beatamente, con l’altra un giornale. Era uno di quei rari momenti in cui somigliava a una donna e quel giorno in particolare mostrava più pelle del solito, con una maglietta senza maniche e dei pantaloncini addosso. E con l’occhio di falco che Killer aveva, non poté non notare gli innumerevoli tagli di ogni grandezza sugli arti. Non era la prima volta che li vedeva, ma era un primis per lei mostrare tanta pelle.

“Buongiorno, Killer” Da non si sa dove, prese un’altra tazza di caffè fumante, posandola davanti a sé, a mo’ di invito a sedersi.
Rassegnato al fatto che ormai fosse un’abitudine, prese posto al suo stesso tavolo “Buongiorno, Anemone” E come sempre, quella non distoglieva gli occhi da giornale “Lo sai, se mi guardi non ti trucido mica” Quel suo comportamento tutt’ora lo sorprendeva.
“Una promessa rimane una promessa…” A volte si chiedeva cosa le passasse per la testa. Di cretinate ne faceva a palate, Kidd non era da meno, ma non sembrava una stupida. Forse tutto il contrario. Allora cosa l’aveva fatta diventare quel che era? E le cicatrici? Erano loro la causa?

“Quelle cicatrici… te ne vergogni?” Neanche le avessero sparato, sgranò gli occhi per un secondo, calmandosi subito dopo. L’aveva colta alla sprovvista “Vergognarmene? Non credo. Se possibile ne vado fiera. Ognuna di esse rappresenta una vittoria. Le nascondo per il semplice fatto che le domande degli altri mi scocciano” Aveva lasciato sottintendere che lui era un caso particolare. Non disse altro, continuando a sorseggiare il caffè.

Per i seguenti due giorni la routine rimase la stessa: Kidd andava a divertirsi tutto il giorno, finendo sempre per tornare alla locanda con Anemone, lei se ne stava tutto il giorno in una fucina, a fare qualche arma a detta di Kidd, e Killer, beh, essendo lui il vice, svolgeva il suo lavoro come tale. Mancavano solo altri due giorni prima che il Log Pose segnasse un’altra rotta.



Era pronta! Si era un po’ arrugginita dopo due mesi di fermo, ma dovette ammettere che il lavoretto le fosse riuscito particolarmente bene.
Su tutta l’isola alleggiava un’aria di festa, quel pomeriggio ci sarebbe stata una grandissima celebrazione a quanto le aveva detto Hayato, anche se aveva una mezza idea di andare alla locanda e dormire in santa pace.
Forse quel desiderio si sarebbe avverato se non per un piccolo particolare.
“Anemone, vieni! Dobbiamo prepararci!” Il piccolo particolare si chiamava Nadia ed era la figlia di Hayato. Negli ultimi giorni si era imposta il compito di portarle da mangiare, dato che Anemone era capace di campare di mele tutto il giorno, nel caso peggiore, non mangiare affatto.

Aveva fatto solo in tempo a chiedere al padre di consegnare il “giocattolino” a Kidd, in quanto già prevedeva che forse non l’avrebbe rivisto fino a tarda sera.



C’era un motivo se Anemone non si truccava mai: la sua faccia diventava un blocco di pietra, e questo le dava particolarmente fastidio. L’aveva fatto solo per accontentare Nadia.
“Vedi, io faccio parte del gruppo delle danzatrici etniche dell’isola, per la precisione ne sono il capo, e una ragazza che doveva partecipare a una cerimonia si è sentita male. Non è che mi daresti una mano?” E così, per quasi tre ore quel piccolo diavoletto bruno le aveva fatto passare le ore più tremende ma allo stesso tempo divertenti degli ultimi mesi.

“Perché no? Sarà divertente!”



A quanto gli aveva detto il proprietario della fucina, Anemone era stata “sequestrata” da sua figlia, Nadia, per farla divertire.

Dovette ammetterlo, era davvero una bella sciabola, anche se non si addiceva affatto al suo stile.
Mentre camminava tra la folla della cittadina, non poté non notare il fluire di persone che si avviavano verso un punto preciso dell’isola: il tempio. Non gli era sembrato un gran che, ma se poteva intrattenersi, perché no?
Riuscì, a forza di scansare gente, a trovarsi un bel punto d’osservazione vicino al centro di un grande spiazzo, dove ardeva un falò, stranamente di colore azzurrino.

Quelli che inizialmente gli parvero dei sacchi a causa della lontananza si rivelarono un gruppo di dodici donne vestite in abiti tradizionali.

Iniziarono improvvisamente a danzare al rullo di tamburi, con movimenti fluidi e leggeri, ruotando su sé stesse, come avvolte da un illusione, come se non ci fosse altro al mondo.
Fu in quell’istante che notò un lampo di blu, non perdendolo più di vista.
Era… Anemone? Si, doveva essere lei, eppure quel volto sembrava non appartenerle. Troppo brioso, troppo… da donna, osò pensare. Possibile che per tutto questo tempo sotto quella maschera di esuberanza e stranezza si nascondesse… lei?



“Tanto per sapere, ma perché non ti comporti mai da donna, salvo che ti faccia comodo?” Aveva finito per aspettarla, accompagnandola ormai per la quarta volta alla locanda.

“Non mi sono mai posta il problema uomo – donna con tanto interesse, ma ripensandoci, se fossi nata uomo, forse tutto questo sarebbe stato più accettabile” A volte il suo restare così vaga gli dava ai nervi, ma conoscendosi, sapeva di suo che spesso e volentieri era meglio divagare che sputare tutta la verità.

“Ma sinceramente, ti pare che io mi comporterò mai come una donna? Come una di quelle che svengono quando gli si rompe un’unghia? Tutto di me ha sempre mostrato il contrario”.

E poi, di tempo per estorcerle informazioni ne aveva in quantità, ormai Anemone era legata indissolubilmente a lui e alla sua ciurma, e la delicatezza non era un problema. Avendola ormai capita, bastava litigarci rischiando la morte per estorcere informazioni.

E anche se poteva sembrare che addirittura andassero d’accordo, l’apparenza fregava tutti.
Niente era mutato. Il suo obiettivo era ucciderla nel modo più crudele possibile e il suo piano stava andando avanti a meraviglia.

Perché Kidd non avrebbe mai permesso a una come lei di averla vinta.
Meglio morire prima.



Stray!
No regrets ‘cause I got nothing to lose.
Ever stray!

So I’m gonna live my life as I choose.




 

Per rimediare all'assenza di oltre due settimane, vi ho fatto un capitolone, anche come conseguenza dei vari foglietti che scribacchiavo ogni giorno. Tecnicamente avrei il compito di chimica domani, ma contando che mi piace, mi sento abbastanza sicura XD

Se ci sono errori, ditemelo che sono le due di notte e non ci sto con la testa.

Ringrazio Alies e Shot93 per il commento, così come Mignolina94, Alies e Straw x Kisshu per averla messa tra le preferite e Fujiima per averla messa tra le seguite, e chi semplicemente mi segue ^_^
Avrei un sacco di cose da dire, ma sono troppo assonnata e sto per crollare da un momento all'altro.

Commenti e critiche sono accette (non mordo mica!).


Alla prossima!

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Capitolo 9
*** Lezioni di nuoto e verità sconvenienti ***


Salve! Sinceramente non mi ricordo neanche l'ultima volta che ho pubblicato, e vi chiedo scusa. Buona lettura!

P.s. È lungo, molto, molto lungo. casomai sentitevi "If I don't stay" di Darren Ashley o anche "Somebody told me" dei Killers, anche se la prima mi piaceva di più come tema.







Splash…

Splash…

Splash…


Era una bella giornata d’estate.
Quella mattina c’erano sia lati positivi, come il venticello fresco che tirava, sia negativi, come il sole che la costringeva a svegliarsi e quel suono, snervante ci teneva a precisare, che da qualche minuto non smetteva.

Erano trascorsi circa due mesi da quando erano salpati da Cheimerinò, la quale, per qualche ragione chiara solo a Killer, era rimasta illesa. O quasi. Qualche osso rotto e anche qualche morto ci avrebbe scommesso che c’era stato. Anche se aveva il presentimento che semplicemente non gliel’avevano detto, in generale il rosso non aveva fatto troppi danni.

La convivenza con Kidd, se era quello in termine giusto, era traballante. Caldo-freddo, caldo-freddo, caldo-freddo… una parola poteva farlo ridere fragorosamente, un’altra farlo diventare un maniaco omicida. Non era tanto stupida da sperimentare la seconda variante. Preferiva una convivenza più o meno civile, almeno fino a quando sarebbe rimasta su quella nave.

Un altro particolare interessante riguardo agli ultimi due mesi era Killer.
Senza fraintendimenti, non c’era niente tra loro due. Certo, passavano molto tempo assieme, ma di certo non per quei motivi. Se buttarla in acqua ogni volta che si distraeva era amore, beh, allora l’amava alla pazzia.



In seguito alla partenza da Cheimerinò arrivarono su un’altra isola, alquanto anonima se non per i manufatti in argilla, abbastanza decenti.
Mentre molti dei sottoposti di Kidd erano per la cittadina a festeggiare fin da mattina presto, alcuni della ciurma avevano deciso di meritarsi una vacanza al mare, tenuti d’occhio dal vice. Anemone, tutta contenta di essere libera, di certo non poteva aspettarsi che Killer, a tradimento, le avrebbe ordinato di mettersi costume da bagno e di legarsi i capelli in modo che non dessero fastidio. Il perché di quei preparativi mattutini li scoprì solo in seguito.

“Killer, dannato, lasciami! Non voglio!” Beh, lo scoprì quando la coricò a mo’ di sacco di patate sulla spalla.
Mica era finita lì! Il demente in questione l’aveva portata alla spiaggia, lasciando perfettamente capire le sue intenzioni. Avrebbe dovuto capirlo subito, il biondo non si metteva i bermuda ogni giorno, tantomeno si legava i capelli.
“Lasciami ti dico!” Il problema nel liberarsi stava nel fatto che, essendo lui più alto di lei di quindici centimetri buoni, non poteva far altro che dargli calci e provare a darsela a gambe, cosa che per altro non lo scalfiva neanche un po’.

Tra quelli che avevano deciso che era meglio godersi una giornata di riposo c’era anche Heat, il medico della ciurma, che nonostante l’aspetto sembrava insolitamente allegro. Almeno così le parve dalla risata fragorosa che udì.

“Hey! Heat! Quant’è profonda l’acqua?” E a quanto pareva anche Killer aveva udito la voce dell’altro, rivolgendogli la domanda. Anemone cominciò a colpire ancora più forte.

“Beh, per una decina di metri non è molto alta, non arriva neanche alla vita, ma dopo nel giro di tre, cinque metri diventa profonda e non si tocca più. Perché lo chiedi?” Heat sembrava sinceramente curioso, non che le importasse molto in quel momento.

“Killer, dannazione! Solo perché hai un bel culo non sta a significare che puoi farmi questo!” Non la smetteva di dimenarsi, facendo aumentare la presa del biondo che ormai camminava in acqua. La visuale non era male da certi punti di vista, ma la situazione non era delle migliori.

“Lezioni di nuoto!” E non appena pronunciò quelle parole, in risposta al medico, la lanciò il più lontano possibile. Heat aveva ragione, diventava subito profonda. Maledetto bastardo omicida! Voleva farla affogare, altro che lezioni di nuoto!
Oh, cavoli… aria…
Accidenti al biondo. “Ecco, lo vedi? Non riesci a stare a galla neanche a pagarti. Seriamente, che ti hanno combinato per farti andare per mare? Sei peggio di Kidd! Lui almeno ci prova”. Frenò un attimo, sembrò stesse pensando.
“Non è che hai mangiato qualche frutto del diavolo?” Non erano passati neanche trenta secondi che era venuto a riprenderla, portandola in acque più basse.

“Uno, fottiti. Due, non mi paragonare a quella testa calda. Tre, rimettiti quella dannata maschera!” Non aveva intenzione di vedere la sua faccia nel momento in cui voleva farlo a pezzi. Uccidere qualcuno mentre stai tossendo acqua non era la cosa più sexy a questo mondo per i suoi canoni.

“E poi, com’è che oggi parli così tanto, eh?” Dopo aver udito un distinto ‘click’, aveva rialzato il volto verso Killer che la guardava come se fosse impazzita, almeno credeva che lo stesse facendo. Forse avrebbe dovuto farlo rimanere senza maschera dopotutto.

“Uno, fottiti anche tu, è per il tuo bene. Due, ero totalmente serio, Kidd nuotava in modo fantastico prima di mangiare il frutto del diavolo. Tre, non sono poi così brutto. Quattro, e parte più seria”. Certo che era serio, aveva le braccia incrociate. Stava per farle la ramanzina. Aveva solo un anno in più di lei e si comportava come se fossero venti.
“Non capisci che non sarò sempre lì a recuperarti ogni volta che dici una cazzata a Kidd oppure cascate entrambi in mare? Non è un mio problema il perché non ci riesci, rimane il fatto che metti in pericolo te stessa e gli altri. Fossi a terra andrebbe anche bene per certi versi, ma non in una ciurma di pirati. Quindi alza le chiappe e smettila di fare la lagna. C’è un limite a tutto”. Ma che caz- era troppo serio adesso, con quella voce inquisitrice, anzi, sembrava addirittura seccato.  
Gli spruzzò dell’acqua in faccia per vendicarsi, il muso leggermente imbronciato. Roger solo sapeva quando odiava nuotare, gli altri non avevano idea, solo suo padre, ma neanche lui comprendeva affondo quel problema.

“Va bene, va bene… però promettimi che se sto per affogare mi prendi, ok? E stai un po’ zitto, parli troppo oggi”. Così cominciò l’inferno…



Il log pose aveva impiegato due settimane per registrare il campo magnetico dell’isola.
In quel lasso di tempo, si impegnò a imparare a nuotare, finché un giorno, a insaputa del biondo e degli altri, era andata a farsi un nuotata da sola.
Dire che aveva una fifa matta senza Killer vicino era poco. Tremava all’idea che se qualcosa fosse successo sarebbe annegata senza via di salvezza. Però Killer l’avrebbe presa a calci per un pensiero simile, e quando ci provò, beh… ci riusciva anche da sola!
Anche se tutto sommato, dopo due settimane di sgambetti e tuffi a tradimento, in un certo senso l’istinto di sopravvivenza faceva il suo gioco.

“Era ora! Davvero, stavo cominciando a considerare l’idea che fossi completamente negata”. La voce del biondo la prese alla sprovvista, e mentre lei si girava con gli occhi spalancati nella sua direzione, quello pareva ridersela di gusto.

“Beh, sono viva e vegeta, demente!” Quello a quanto pare lo fece ridere ancor di più. Poco male, non lo intendeva per davvero.
“Però, seriamente, grazie…”

“Dai, torniamo alla nave, altrimenti Kidd ci lascia qui, e quello sarà un problema per davvero…”



Si può sapere che avevano da far tanto rumore di prima mattina?
Ancora mezza addormentata, o per meglio dire, in uno stato di semi coma, sporse leggermente la testa dalla vedetta, guardando sul ponte.



“I MIEI LIBRI! Kidd ma che diavolo stai facendo?!!” In quel preciso istante, più velocemente che poté, scese dalla vedetta.
E intanto, dopo aver udito la voce stridula e leggermente roca di Anemone urlargli incontro, Kidd si era messo ancor più comodo accanto al cumulo di libri che da dieci minuti circa, uno a uno, dopo averli ispezionati a dovere ovviamente, buttava in mare come se niente fosse. In verità era incazzato nero.

“Dimmi, donna, dove li prendi i soldi per comprarti libri del genere? Voglio dire, questi sembrano costare parecchio”. L’idea di avere un ladro a bordo gli dava ai nervi. Ma come si permetteva? Era improvvisamente diventata così coraggiosa? Oppure le era dato di volta il cervello?
Poi sentì dei passi veloci venirgli incontro e un ghigno apparì sul suo volto.
“Lo sai come vengono trattati i ladri a bordo di questa nave? Ops, ne è cascato un altro…” Con la voce che si ritrovava il tono non uscì tanto sorpreso e innocente, ma l’idea era quella.

Splash…

Quello che Kidd davvero non si aspettava era che Anemone, presa una rincorsa, si lanciasse nel vuoto, per riprendere il libro appena gettato nel mare. Rimase un secondo a guardare in acqua, vedendo solo delle bollicine d’aria emergere a galla. Poi il cervello riprese a funzionare.
“Killer! La cretina si è tuffata in mare! Recuperala!” Certo, se non avesse girato la testa in direzione del vice, che stava giusto uscendo dalla cabina, avrebbe di sicuro visto il libro lanciato in direzione della sua testa, che per di più colpì in pieno.
Gli occhialini se ne volarono via. “Ma che cavolo-!” E forse avrebbe anche visto che la cretina in questione era ritornata a galla, come anche l’espressione omicida che aveva in volto.

“Ma dico io, ma sei totalmente fuori?! Lo sai quanto costano, eh? Ottocento berri l’uno! E ce ne erano quattordici! Lo sai quanti soldi sono quelli?! TANTI!” Era completamente imbestialita, cosa che poté notare anche Killer sporgendosi leggermente per guardarla, con una tazza di caffè nero in mano.

Prese una fune e la legò al bordo della nave, lanciandola alla testa cobalto, sedendosi a guardarla mentre risaliva.
“Che ti dicevo? Litigate e tu finisci in mare. Ma seriamente, dove hai preso i soldi per comprarti una collezione simile?” Il biondo, dal tono della voce, sembrava davvero curioso, in quanto dubitava che Anemone fosse una ladra. Stronza, con problemi di autocontrollo e leggermente fuori, anche interessante, sì, ma ladra, di sicuro no.
Kidd si stava ancora massaggiando la testa, il colpo era proprio andato a segno.

Anemone, afferrata la fune, aveva cominciato a risalire a bordo. “Sottinteso che ho capito che mi credi una ladra, capitano, sono la figlia di un artigiano, per Roger! Vi pare che sarei una poveraccia qualunque? E credete davvero che me ne sarei andata di casa senza neanche un soldo? Sono anche messa bene tutto sommato”.  Dovette evitare qualche oblò e le aperture dei cannoni. E una lavata anche all’esterno della nave non ci sarebbe stata male, ora che ci faceva caso.
“Ma questo non giustifica le tue azioni, maledizione! Erano i MIEI fottuti libri, dannata testa calda! Non li troverò mai più, erano in edizione LIMITATA!” Fradicia da capo a piedi, con i capelli incollati alla faccia, era finalmente risalita a bordo, ringraziando Killer e rivolgendo uno sguardo omicida a Kidd, che si stava rimettendo gli occhialini da aviatore come se non avesse fatto nulla di sbagliato. Poi vide che al solo contatto col bernoccolo che gli era spuntato, si mordeva il labbro.
Sorrise maligna. Gli faceva ancora male.

“Grazie, Killer”. Era un casino, e si vedeva che stava addirittura tremando, l’acqua doveva essere fredda.
In quel momento, Anemone notò la tazza di caffè nero fumante in mano al vice, adocchiandola avidamente.
Aveva fame, ed era completamente rimbambita e la tazza era immacolata e così, così invitante... “Mi dai un sorso?”

Il biondo naturalmente aveva seguito la traiettoria del suo sguardo, sapendo perfettamente cosa aveva visto. La donna era ormai dipendente da quella roba.
Trasse la tazza a sé. “Vai a cambiarti e prenditi una tazza tua, scansafatiche. Non condivido il mio caffè con nessuno.” La sua voce era ferrea, a mo’ di sfida.

L’aria estiva sembrò raggelarsi. “Killer, Kidd mi ha svegliato in un modo che nessun essere umano merita, ti chiedo solo un sorso.” Sembrava incredula.

“No”. A quella risposta il volto di Anemone si rabbuiò.
“Dammi un sorso o te lo ritrovi addosso”. Ottimo, ora ce l’aveva anche con lui.
“Non oseresti”. Aveva un tono ferreo.
“Oh, sì che oserei”. Non ci poteva credere, stava per rovesciargli il suo caffè addosso-.

“Ci sono anche io, GRAZIE. Sono il capitano e pretendo il dovuto RISPETTO!” Tutti gli oggetti metallici che avevano attorno presero a tremare.
Si erano totalmente scordati della sua presenza nel piccolo conflitto per la bevanda. Infatti, aveva ringhiato le parole in modo alquanto irritato e furioso. Era anche più fuori del solito.
Doveva averlo colpito proprio bene.

Anemone, ovviamente ancora su di giri, aveva rivolto di nuovo lo sguardo a Kidd, che aveva una gamba che penzolava per aria ed era molto sporto oltre il bordo della nave. E alla sua sinistra c’erano una montagna di libri. I libri di Anemone per la precisione.
Senza neanche pensarci un attimo, gli diede un calcio sulla spalla. Naturalmente, il rosso finì fuori bordo.
“Dannata put-”.  SPLASH! Almeno si era tolto la pelliccia quel giorno.
Con nonchalance afferrò la tazza che Killer aveva posato a terra, prendendo un sorso, mentre quello si toglieva il casco per tuffarsi.
Colse l’attimo per andarsene e si riprese la maggior parte dei libri. “Grazie per il caffè”.
 
E così ricominciò la guerra tra i due.



“Cacchio, cacchio, cacchio! HEAT!” Ma perché l’infermeria doveva essere proprio dall’altra parte della nave? Perché doveva essere così lontana nel caso in cui lei, ad esempio, si tagliasse leggermente sopra il polso? Qualche centimetro più in giù e addio mondo. Addio papà, addio Kidd, addio Killer, addio Dof- no, quello poteva andare a farsi friggere. Cavoli, era stata troppo vicina alla fine quella volta.

“HEAT! Sto sanguinando!” Certo, l’uomo in questione di sicuro non poteva aspettarsi che qualcuno, nel bel mezzo della notte, irrompesse nella sua stanza, vestito solo con canotta e pantaloncini per il caldo infernale e in testa un nido, altro che capelli, che per di più sembrava stesse per dar di matto. Fortuna che la sua stanza era vicino all’infermeria…

“Non potresti per una volta tanto stare più attenta? O dormire casomai? Sai, è quello che noi esseri umani facciamo a quest’ora della notte”. Appena entrati, la fece sedere sul lettino e prese il disinfettante. Tolse lo straccio che Anemone si era legata non appena la lama era affondata nella pelle, era anche sporco per di più.
“Attenta a non morderti la lingua…” Cominciò a disinfettare fin da subito e Anemone dovette soffocare un urlo in stile posseduta che fremeva dalla voglia di uscire.
Fasciato il taglio, anche abbastanza profondo a parere del gigante, la scacciò dall’infermeria. “Dai, vattene, ho sonno. E la prossima volta che ti tagli con una lama arrugginita nel bel mezzo della notte, fammi un favore, crepa dissanguata e lasciami dormire”. In conclusione, con un calcio nel sedere, Heat la mandò via.

“Grazie!” Certo, con un taglio al braccio sinistro non era che potesse fare molto. Beh, un panino però era ancora capace di farselo. Qualche minuto a seguire, mentre rovistava nell’enorme frigo che la ciurma aveva vinto a carte, non le avevano mai raccontato dove e come di preciso,  si accorse che stavano finendo le provviste. Sperava proprio che la prossima isola non fosse troppo lontana.
Fatto il panino, con qualche problemino nel processo con suo sommo orrore, e una tazza di thè, decise che avrebbe fatto compagnia a chiunque fosse al timone. Non poteva immaginarsi che ci fosse Kidd.

“Oh, per l’amore di- ma tu non stai al timone di giorno solitamente?” Beh, era già lì, non le si creava di andare altrove, e di sicuro non sarebbe riuscita a prendere sonno.
Senza tante cerimonie, si sedette a mezzo metro dai piedi di Kidd, che sembrava essere in pensiero, considerando che non le aveva risposto.
Tanto valeva mangiarsi il panino, che non era poi così male.

“Eri tu che urlavi prima?” Tra un morso e l’altro, finalmente parve che il rosso fosse tornato sulla terra. Masticò a dovere prima di mandare giù, valutando il modo più giusto per rispondere. Cominciare di nuovo la guerra o continuare la convivenza semi-pacifica?
Si guardò il braccio. “Si, mi sono tagliata mentre affilavo un coltello particolarmente arrugginito. Qualche centimetro più in basso e addio mondo. A quanto pare ho avuto fortuna di nuovo. Ora avrò un’altra cicatrice da aggiungere alla collezione in compenso”. Kidd aveva l’abitudine di non distogliere mai lo sguardo dall’orizzonte quando era al timone, e avrebbe scommesso tutto quello che aveva che anche per quella volta valeva la stessa storia. Meglio la convivenza pacifica.
Continuò a mangiare il suo panino.

“Parlando di cicatrici… quella come te la sei fatta?” Ok, quel boccone non lo aveva mandato a fondo, e stava quasi per soffocare. Due volte nello stesso giorno non era il massimo della vita. Per fortuna con un consistente sorso di thè lo mandò giù, evitando la propria fine.

“Per caso stai ammettendo che mi hai vista nuda?” Qualche colpo di tosse dopo, si chiese se per una volta tanto Kidd avesse distolto lo sguardo dall’orizzonte e l’avesse guardata. Girò il capo per controllare.
A quanto pare no.
“Anche se fosse, rispondi alla mia domanda”. Peccato, le era venuta improvvisamente voglia di cominciare la guerra.
“È una lunga storia”. Sbuffò annoiata, non le andava di parlarne. Non era uno dei suoi argomenti più gettonati.
“Non vedo dove sia il problema, abbiamo tutta la notte”. Eh no, proprio non li distoglieva gli occhi. Tanto valeva accontentarlo.

“Dimmi capitano, come m’immagini, che ne so, a quindici, sedici anni?” Quelli sì che erano stati anni duri, ma avevano un che di divertente dopotutto…

“Che razza di domanda è?” Quando la diretta interessata non rispose, cominciò a riflettere. Tanto valeva stare al suo gioco.
“Deducendo dal modo in cui parli del tuo vecchio e tenendo conto degli avvenimenti degli ultimi mesi, direi che eri una grandissima stronza che passava molto del suo tempo per conto proprio, magari non tornando a casa per giorni”. Magari stronza era un po’ poco.
“E considerando anche che molti imparano a controllare il proprio io con gli anni, ma non a cambiarlo, dovevi essere anche una testa calda, particolarmente suscettibile, che non accettava di avere torto e aveva seri problemi a non dire quel che pensava. Mi sono dimenticato qualcosa?” Non c’era gusto nell’offendere qualcuno sotto richiesta, però con Anemone era stato particolarmente interessante.

Aveva fatto centro. “No, però ora considera che Kinzoku, assieme alla sua isola gemella, Tochi, esportano in modo massiccio armamenti e armi chimiche e biologiche”. Infatti era uno dei motivi principali alla base dell’odio che le due isole avevano sempre espresso senza tante cerimonie.
“È sottinteso che il maggior acquirente è la Marina”. Pausò un momento, controllando che Kidd non stesse pensando ad altro.
“Non ti ho chiesto una lezioncina, donna. Quella roba la conosco già di mio”. Sembrava che avesse intravisto qualcosa nel cielo che non gli era piaciuto.

“Calma, ci sto arrivando… dunque, mio padre è uno degli artigiani più apprezzati dell’isola. Molta della roba che ha creato ha portato alla fine molte vite, innocenti e non”. Non ne andava fiera, tuttavia, facendo parte di una ciurma di pirati sanguinari, ci aveva fatto l’abitudine ormai.
“Il punto però è un altro. La Marina ha un certo dominio sulla mia isola, bastardi con manie di controllo…” Manie era dir poco. Le sue dita erano troppe poche per contare tutti i danni causati a Kinzoku e Tochi.
“Comunque, tra molti artigiani e la giustizia mondiale ci sono, come posso dire? Degli accordi? Si, suona bene”. Questo sembrò di nuovo attirare l’attenzione di Kidd.

“Che genere di accordi?” Ora si ricordava perché odiava parlare di quella roba.

“Accordi che potrebbero costarci la vita”. Le avevano reso l’esistenza un inferno in terra per molto, troppo tempo.
“Una delle ragioni perché me ne sono andata è che nessuno aveva abbastanza spina dorsale per fare qualcosa, e da sola non potevo fare molto”. Un tempo c’era stato il suo vecchio… poi era nata lei, e le regole del gioco erano cambiate.
“Ma tornando alla cicatrice. Alla Marina non stava bene che la figlia di un così rinomato artigiano, con un talento di suo per di più, scorrazzasse alla ricerca di guai, creandone anche alla Marina in primo luogo”. Aveva una bella cicatrice dalle parti del polpaccio destro che si era procurata durante una delle mini esplosioni che aveva progettato.
“Così… decisero di mandarmi una persona per mettermi in regola. Anche il diretto interessato era sotto l’occhio vigile della Marina. Non si erano mai fidati di lui, e io ero un incarico perfetto a quanto pare”. Roger, si ricordava quel giorno come se fosse ieri, con quel suo ego smisurato e-.

“Chi ti hanno mandato?” Kidd la interruppe. Non capiva perché- anzi! Lo sapeva perfettamente che si sarebbe arrabbiato e che magari le avrebbe fatto molto, molto male.

Infine, quel treno di pensieri finalmente frenò. Rimase solo una cosa. Un solo nome.

“Donquixote Doflamingo”.






Quando dico che è lungo, faccio sul serio XD
Dopo due mesi (almeno credo), volevo farmi perdonare, anche perchè il prossimo capitolo lo sto già scrivendo e non riesco a smettere!

E volevo dirvi quanto vi voglio bene! Si, lo so, faccio pena...

Passando oltre, ringrazio 
per aver messo la storia tra le seguite Fly29, Aryadaughter e Asiietta (e anche tra le preferite sempre lei =D) e Kamikiizumo per averla aggiunta alle preferite, senza dimenticarmi di SWAMPY e Sawakochan per aver commentato l'ultimo capitolo. Ringrazio tutti e anche i lettori per aver continuato a seguirmi e Kamikiizumo per avermi fatto la ramanzina, spronandomi a continuare XD

Chiedo scusa se ci sono errori!


P.s. Ho cambiato il nome di Eddie in Heat, in quanto ora si conosce il suo vero nome, e ho tutto il rispetto per Oda ù_ù
Ho modificato l'età di Anemone da venti a venticinque anni, per comodità.
In ultimo, ho sempre trovato divertente considerato divertente dire "Per Roger" e varie, ha un che di supaaaar (Ovvia citazione di Franky XD)!





Alla prossima!

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Capitolo 10
*** Omake! ***


Salve! Come dice il nome del capitolo, questo è un Omake che ho scritto per una delle mie lettrici per il suo compleanno (con conseguente ritardo di una settimana...), ovvero per Kamikiizumo! Auguri!

Buona lettura!







“Fottuta insonnia…”. Erano due settimane, DUE, che non riusciva a chiudere occhio. Anche se ci riusciva, si svegliava pochi minuti dopo, trattenendo con difficoltà l’urlo che minacciava di uscire.
La cosa che le dava davvero fastidio era che sapeva perfettamente cosa le stava accadendo, e le veniva la nausea solo al pensiero.
Dannato fenicottero del cavolo. Aveva fatto bene a dar fuoco alla sua giacca preferita per vendetta anni prima.

Erano arrivati su un’altra isola alquanto anonima.
Non si ricordava neanche il nome, aveva qualcosa a che fare con le mele, forse il sidro di mele… in verità neanche le interessava per una volta tanto. Sapeva solo che aveva sonno, era molto stanca e non riusciva a chiudere occhio. La soluzione? Armeria.
Era così dedita a quel che faceva che neanche notava come passassero le ore, a volte appisolandosi nel bel mezzo del lavoro e svegliandosi udendo i passi tuonanti di Kidd un momento dopo. Quell’uomo era un elefante fatto persona.

Il problema maggiore di tutta quella situazione era che le lezioni di nuoto erano stancanti sia dal lato fisico che quello mentale, e si sa che una Anemone stanca non porta bene. Almeno Killer l’aveva capito, lasciandola spesso da sola per riposare. Forse anche Kidd c’era arrivato, anche se la donna aveva i suoi dubbi.

Le perplessità erano cominciate a nascere quella mattina, dopo una notte particolarmente difficile, quando l’artigiana si era diretta in infermeria per chiedere a Heat qualcosa per risolvere la situazione. Davvero, non ne poteva più.
Udendo la voce tuonante di Kidd e quella più calma di Killer discutere, fu colta di sorpresa, poiché non erano soliti discutere, non con quei toni almeno, e come una calamita si sentì attrarre fino fonte delle voci. Non entrò nella stanza, rimanendo fuori, appiccicata al muro e trattenendo il respiro. Non le piaceva origliare, ma a estremi mali, estremi rimedi. E il rosso non era esattamente un santo.

“Kidd, non essere ridicolo. Capisco che non è un pirata vero e proprio, però questo non significa che-”. Di che stavano parlando?
“Kil, non ricominciare con le cazzate. Lo sai che quelle due isole pullulano di membri della Marina, e sai anche che la giustizia mondiale è piena di bastardi scaltri. L’abbiamo provato più di una volta, sulla NOSTRA pelle”. Poteva essere che…

“Mi stai dicendo che credi sia una spia? Usa la testa, Kidd! Era in mezzo al mare, su una barchetta da quattro soldi che non le garantiva neanche la sopravvivenza! E poi come avrebbe fatto a sapere la nostra rotta? A volte mi chiedo davvero cosa ti passi per la zucca che ti ritrovi”. Ridicolo! Semplicemente, fottutamente ridicolo.
“Pensala come vuoi, ma non mi fido di quella donna. Ne abbiamo già parlato. Tienila d’occhio”. Non poteva crederci…

L’artigiana si tolse le scarpe, andandosene senza far rumore. Di sicuro non avrebbe voluto concedere a Kidd il piacere di aver ragione, per quanto avesse torto. Neanche il fatto che il vice cercasse di far ragionare il rosso la fece sentire meglio.

Bastardi.




Dopo quell’episodio avvenuto di prima mattina, il mal di testa di Anemone era incrementato oltre ogni limite. Si sentiva scoppiare. E più di ogni altra cosa, si sentiva tradita, perché? Non si era mai aspettata niente dal rosso, eppure non poteva far a meno di sentirsi così.

Heat non aveva potuto fare niente per il suo malessere, siccome gli antibiotici e le medicine erano stati consumati tutti dagli altri membri della ciurma e non avevano ancora fatto rifornimento, troppo occupati a divertirsi...
Ora stava cominciando a diventare facilmente irascibile, non erano poi così male come la sua mente voleva farli apparire. Non poteva andare peggio.

E così, con una carenza di sonno cronica e una rabbia che non provava da tanto, tanto tempo, Anemone si era diretta al mercato di una delle quattro piccole cittadine dell’isola.
Aveva vagato senza meta per un’ora prima di cominciare a cercare seriamente qualcuno che vendesse erbe, poiché a quanto aveva visto di farmacie non ce n’erano. Anche per quello le ci volle almeno una mezz’ora perché riuscisse a trovare quel che cercava.
Una donna in età, sulla seconda metà della cinquantina a vederla da lontano, serviva un considerevole numero di donne e uomini attorno al suo bancone. Era fine primavera, il periodo perfetto per molte delle piante medicinali che crescevano in climi come quello con abbondanza, non che la cosa le interessasse tanto. Voleva solo far passare il dolore, riuscire finalmente a serrare le palpebre ed essere sicura di non svegliarsi dieci minuti dopo.

Dovette aspettare qualche istante prima che la donna avesse tempo per dedicarle la sua attenzione.
“Come posso esserti d’aiuto, cara?” Oh… aveva una di quelle voci calde e accoglienti tipiche delle madri. Le ricordava tanto la sua…
“Da quelle occhiaie deduco che non riesci a dormire da molto tempo, vero?” Era molto stanca, ma non sentiva il richiamo del riposo per niente. Si vedeva così tanto che stava uno schifo?
Si morse il labbro inferiore per la frustrazione. Il sapore metallico si diffuse nella bocca come un fiore appena sbocciato.

“Deduce bene… non avrebbe del biancospino, oppure della passiflora? Non chiudo occhio da due settimane e sono al limite. Mi andrebbe bene qualsiasi cosa…” Anche la sua voce era roca al momento, si sentiva proprio uno schifo. Forse le parve, ma avrebbe giurato di aver intravisto un lampo giallo nella visione periferica… e avrebbe anche avuto senso. Un buon vice ubbidisce al suo capitano.
“Mi dispiace cara, ma di questi tempi c’è difficoltà a dormire e la gente del luogo compra tutto quello che trova”. Aveva una voglia matta di spararsi a quel punto. Almeno in quel caso avrebbe dormito, anche se in un sonno eterno…

Infine, sconsolata, sospirò. Avrebbe fatto meglio a trovarsi una pistola il più presto possibile. Quella di Kidd non sembrava male come idea.
Stava per fare retro-front prima che la donna la riprendesse. “Sai, non lontano da qui, verso la fine della cittadina, c’è un bosco con un bellissimo prato alla sua destra. Penso dovresti trovare quello che cerchi, se non di più”. Probabilmente una passeggiata le avrebbe fatto bene in fin dei conti.
Ringraziò la donna col miglior sorriso che le riuscì, dirigendosi nella direzione indicata.

Avrebbe evitato a Kidd il piacere di ripulire la sua tanto amata pistola dalle sue interiora.

Per quanto si sentisse uno schifo, sapeva che con molta probabilità avrebbe trovato quel che cercava.  Anemone se la prese molto comoda, guardando il frenetico viavai del popolo, prendendosi il lusso di riflettere.
Non sapeva perché, ma aveva la netta sensazione che non fosse la prima volta che il vice e il capitano discutevano, e poteva immaginare quanta noia desse tutta questa situazione al biondo. Ma gli ordini rimanevano ordini, e il Killer era un vice molto leale che svolgeva i suoi compiti a dovere.
Quella situazione e il fatto che il biondo l’avesse difesa erano le ragioni per cui l’artigiana non se la prendeva tanto con lui. Poteva dire che negli ultimi mesi si era abituata al suo essere taciturno e alle poche parole. Capiva perfettamente la sua posizione.
C’era intesa tra loro due e tanto le bastava.

Certo, la questione del “pedinamento” le dava fastidio, ma quella era colpa di Kidd, testa calda del cavolo.
Per tutte queste controversie, quando vide di nuovo quel lampo di giallo mentre usciva dalla cittadina, non ci fece poi tanto caso, lasciando le cose così com’erano. Aveva un problema alquanto serio da risolvere, e il resto poteva attendere. Kidd al confronto era un soffio di vento.

Infine, finalmente arrivò alla sua meta.
Non era proprio un prato… era una distesa alquanto grande di piante che, grazie al cielo cosparso di soffici nuvolette bianche, era illuminato a chiazze, facendo risaltare di più alcune piante e di meno altre.
Per quanto potesse sembrare pittoresco, in mezzo a quella distesa c’era un melo, con frutti rossi alquanto invitanti, in particolare perché la colazione di quella mattina Anemone l’aveva rigurgitata dopo una sola corsa al bagno.
La cosa era diventata troppo seria per essere ignorata. Odiava sentirsi debole, ed essere in quello stato le dava una noia immensa. Non era da lei essere così fiacca.

Proprio ai lati del tronco c’erano tre cespugli alquanto grandi, in piena fioritura. Su due sbocciavano piccoli fiorellini bianchi, che da quella distanza la confondevano non poco, perché potevano essere ben altro a parte biancospino, e un terzo aveva dei fiori talmente caratteristici da essere riconoscibile fin da subito. Passiflora.

Raccolte le piante in quantità abbondanti, che aveva impacchettato e riposto nell’onnipresente borsa, si era arrampicata sull’albero, raccogliendo una decina di mele, una delle quali aveva cominciato a mordicchiare anche prima di scendere. Per concludere, compiuta la missione, si era adagiata contro il tronco, meditando.
Di colpo, tutta quella situazione aveva cominciato a darle ai nervi. Il biondo la seguiva ovunque andasse e la costringeva a fare quel che più odiava, ossia nuotare, e sembrava che il rosso trovasse immensamente divertente renderle insopportabile la vita. Prese una seconda mela, buttando via il torsolo dell’altra.
Diavolo, doveva farsi una dormita, e subito, prima che la situazione le sfuggisse di mano. Altrimenti non avrebbe avuto controllo sulle conseguenze…

Alzandosi, con una borsa alquanto pesante tra le mani e cercando di ripulirsi il fondoschiena da eventuale sporcizia, non poté non notare dei fiorellini bluastri, simili a non-ti-scordar-di- me, che stava quasi per calpestare. La mela le cadde di bocca. Non volò una mosca.
Inizialmente le si sgranarono gli occhi, poi un sorriso maligno si materializzò sul suo volto.
Dolce, cara vendetta.

Chi poteva aspettarsi che quella piantina dagli effetti divini crescesse in un posto sperduto come quell’isola senza nome? Lei no di certo.
Un piano semplice ma diabolico si nutrì della sua frustrazione, materializzandosi nella sua mente. Ma le serviva un complice e non era l’unica a doversi vendicare…

“KILLER!”




“Giù! Giù! Giù! Giù! Giù! Giù! OLÈÈÈÈÈ !” Chi avrebbe mai pensato che una vendetta sarebbe stata così divertente? Beh, non per il suo fegato, ma pur sempre uno spasso.

Tutta la ciurma, fatta eccezione per il capitano, era riunita nella taverna più grande del luogo. In particolare, due persone stavano facendo una gara su chi riusciva a rimanere cosciente il più a lungo. Il primo che avrebbe perso i sensi avrebbe perso. Tuttavia, entrambi erano fin troppo ottusi per mollare l’osso, era un fatto di onore, anche se essere mezzi morti non aveva nulla di onorevole.
La cosa assurda era che i due in questione erano il vice, che beveva, ma di rado in dosi così massicce, e una testa cobalto che non beveva da suo ventitreesimo compleanno, ovvero due anni prima, e per ovvi motivi che la diretta interessata preferiva non citare. Troppo imbarazzanti a sua detta.

“Giù, giù, giù!” Nessuno prendeva parti, in quanto Anemone non aveva mai mostrato la sua resistenza all’alcool e Killer era un tipo alquanto imprevedibile. Due forze della natura, come alcuni li definivano.
Ovviamente, dopo una mezz’oretta circa, anche il capitano era sopraggiunto nella locanda.
Era rimasto stranito dal fatto che la nave fosse deserta, dirigendosi verso il luogo da dove proveniva la maggior parte del fracasso. Non gli ci volle molto per capire i motivi di tale putiferio.
Il suo vice e l’unica donna della sua ciurma facevano una sfida di resistenza all’alcool, a sua totale insaputa, e sembrava si stessero divertendo per giunta.
Era uno di quei rari momenti in cui il biondo non portava la maschera, mostrandosi al mondo per quel che era. Anemone si rifiutava categoricamente di guardare nella sua direzione. Almeno una bella sbronza non le sconquassava totalmente la ragione.

Solo allora, udendo i suoi passi tuonanti, l’artigiana parve notarlo. “Capitano! Vuole aggiungersi a noi?” Aveva un sorriso da perfetta ubriaca in volto, anche se non da totale ebete come avrebbe detto per altri. Kidd non ci pensò neanche un attimo a fare una faccia annoiata, portando gli occhi al cielo. Ormai era istintivo quando Anemone era nei paraggi.
“Due idioti ubriachi sono già abbastanza”. Non si sarebbe abbassato al loro livello. Anche se un bicchierino se lo sarebbe fatto volentieri…

La donna naturalmente se ne infischiava assai di quei ragionamenti.
“O-ho, paura di perdere, capitano?” La guardò negli occhi, un mix tra sbalordito e lo scocciato. Analizzò un attimo il suo tono e capì che era sincera. Gli venne il tic all’occhio.
Nessuno, NESSUNO, era capace di battere Kidd in una sfida del genere. Neanche una pazzoide come lei, che ingurgitava caffè a litri.
L’avrebbe dimostrato a lei e al resto della ciurma…



La mattina dopo, sotto i raggi del sole che le finivano direttamente negli occhi e russando come un marinaio, Anemone dormiva beata abbracciata a un orsacchiotto abnorme. Era così dannatamente morbido che le tornò alla mente il suo caro Leo, un leoncino di peluche, anch’egli abnorme, che le avevano regalato anni prima. Anche se Leo non odorava di metallo, muschio e sangue, e di sicuro non alcool, andava bene comunque. Le bastava poterlo stringere a sé e dormirci.
Non riposava così bene da mesi. Lo abbracciò ancor di più, mettendosi comoda e nascondendo il volto in qualcosa di ancor più morbido, quasi fosse seta. E sembrava anche lungo… peccato che le pizzicasse il naso.

Alla fine, fu quel leggero pizzicare che la riportò al mondo dal dolce abbraccio del riposo.
Poco a poco, socchiuse gli occhi, dando un primo sguardo a cosa stesse amorevolmente stritolando. Non era Leo.
“Porca vacca, Killer!” Era saltata di scatto a sedersi, quasi cadendo dal letto che lei aveva condiviso col biondo quella notte. Non ricordandosi in un primo momento sul perché fosse lì, constatò che erano entrambi vestiti e con molta probabilità non era successo niente. Tirò un sospiro di sollievo.
Poi, poco a poco, le tornò alla mente la scena del giorno precedente…




“KILLER!” Di certo il biondo non si aspettava che di punto in bianco Anemone urlasse il suo nome. Con immensa soddisfazione della donna, il vice si avvicinò verso di lei. Cosa avrebbe pagato per vedere l’espressione sotto quella maschera.
“L’avevo detto a Kidd che era inutile… comunque, che vuoi?” Come aveva sospettato. Come lei, Killer era particolarmente scocciato da quella situazione, anzi, avrebbe scommesso che non ci avrebbe pensato due volte a darle una mano.

“Li vedi quei fiorellini blu?” Puntò ai piedi del biondo. Seriamente, era davvero messa male se non aveva notato quel dono di Roger, e stava per calpestarlo per di più…
“Ottimo, quelli, qualsiasi cosa tu beva, dalla semplice birra, ad alcolici più forti come il sakè, neutralizzano tutti gli effetti post-sbronza che affliggono dopo una sana bevuta”. Quello li squadrò per qualche secondo, piegandosi un attimo a coglierne alcuni, rigirandoseli tra le dita.
Poi il suo sguardo tornò su Anemone. “E allora? Cosa dovremmo farci? E poi tu non sei nella migliore delle forme. Dovresti tornartene alla nave e dormire”. Se non fosse così stanca, forse avrebbe avuto la forza di buttarglisi addosso e stritolarlo. Era l’unico che l’aveva notato. Forse ci teneva.

Inutile dire che lo sguardo dell’artigiana si addolcì, sentendosi per una volta tanto presa in considerazione. “Allora ci hai fatto caso… però, quello che avevo in mente è una vendetta al nostro caro rosso. Sappiamo perfettamente quanto gli piaccia farsi una bella bevuta, e premendo i tasti giusti…”Lasciò la frase incompiuta, con sottinteso quello che aveva in mente di fare.


“Cosa ti fa credere che accetterò di fare una cosa del genere?” Lo guardò come se si sentisse presa in giro, un espressione sul volto da “ma l’hai chiesto sul serio?” e gli occhi increduli.
Si riprese subito. “Dai, ti conosco abbastanza da capire che non sei proprio felice di tutta questa situazione. E so anche che non lasceresti passare una proposta del genere, in particolare quando hai la possibilità di uscirne con le mani pulite e totalmente indenne”. Aveva fatto centro, poiché il biondo ricominciò a rigirarsi di nuovo i fiorellini tra le dita.

Infine, ancora giocherellando con le piantine, si voltò verso la cittadina, cominciando a camminare adagio. Poco dopo la donna, colto un bel mazzo di quei fiorellini, corse dietro a Killer, prendendo posto al suo fianco, totalmente contenta di quella situazione e della vendetta imminente.
“Comunque, si vede che stai uno schifo. Sarei un cretino per non notare che rischi di affogare più spesso del solito durante le lezioni, per non parlare di tutto il caffè che ti bevi. Lo sai quanto mi costa ogni volta comprarne una scorta decente quando ne trovo dell’accettabile? È più difficile di quanto sembri”. Oh, era per quello che lo adorava. Lo lasciò brontolare mentre camminavano con molto piacere.

“E poi, com’è che funziona questa roba? Sembra innocua”. Per concludere, aveva stretto le piantine nella mano, lasciandole cadere dopo una bella strizzata di tale nome.
“Oh, le mangi prima di cominciare a bere, a seconda di quanti neuroni hai in mente di uccidere, e la mattina dopo stai anche meglio, rinvigorito”.




“Chiudi quelle dannate tende, Anemone…” Killer aveva cominciato a rigirarsi, facendo notare con sommo orrore della donna che la maschera non c’era. Prima che potesse vedere qualcosa, si spiaccicò le mani faccia, scendendo dal letto nel modo più delicato che poté, pur di non uccidersi. Non c’era neanche da chiedersi se ci fosse riuscita. Era atterrata col fondoschiena sul duro pavimento di legno, brontolando qualche profanità.
Ancora con le mani sugli occhi e un dolore accentuato al sedere, si diresse a chiudere le tende azzurrine che pendevano davanti alla finestra. Poi se ne scappò nel bagno, a darsi una sistemata.
Tutto sommato, non era messa male. Aveva un aspetto riposato, se non addirittura felice, e sciacquato il volto, uscì dal bagno del biondo, andando nella camera accanto, che aveva affittato la notte prima in vista di una situazione come quella. A quanto pare non c’era arrivata, non che si lamentasse del risveglio.

Dopo essersi cambiata in qualcosa di più decente e pulito, ritornò nella stanza del vice, controllando prima che le volgesse la schiena. Assicuratasi di questo, entrò e gli si avvicinò, evitando di dargli troppo fastidio. “Ti aspetto tra cinque minuti sotto, al bar. E datti una pulita, puzzi di alcool”.
Quello si raggomitolò ancor di più su se stesso, sbadigliando sonoramente. “Sei l’ultima a dover parlare su chi puzza… ed è l’ultima volta che ti aiuto a camminare dopo una bevuta come quella…” Si trovò sul punto di prenderlo a calci nel sedere, ma la possibilità di rompere quella promessa di mesi prima la bloccò all’ultimo momento, facendo rimanere solo un po’ d’irritazione.
“Non fare la lagna e alzati”. Senza tante cerimonie, se ne andò con tanto di porta sbattuta sonoramente, contenta dei risultati ottenuti.

Dopo aver ordinato due tazze di caffè fumanti e con un giornale di giornata tra le mani, Anemone si sedette con le gambe incrociate su una sedia, sorseggiando beatamente quella sostanza divina. Era due settimane che non stava così bene, e c’era da star certi che si sarebbe gustata la sua colazione al massimo.

“Sai, dovremmo far una bella scorta di quella roba e nasconderla, tanto per annoiare Kidd”. Finalmente il biondo era sceso, sedendosi di fronte a lei e cominciando a bere il proprio caffè, dopo essersi tolto la maschera e averla poggiata al centro del tavolino. Ormai era un’abitudine per entrambi.
“E parlando di rossi annoiati…” Proprio in quel momento Kidd era sceso dal secondo piano, entrando nel bar. Ed entrambi gli occupanti avevano subito posato lo sguardo su di lui, che era solo con quei ridicoli pantaloni e gli stivali. Non aveva neanche gli occhialini, lasciando libera l’ingovernabile massa di capelli fiammanti.
Come avrebbero voluto ridere sonoramente ambedue, trattenendosi solo perché la mattina era troppo bella per essere mandata a rotoli per una cavolata simile.

Anemone fu la prima a parlare. “Allora, chi ha vinto capitano?” Ovviamente, il fatto che stesse facendo finta di leggere il giornale e di bere il suo caffè contribuì a irritare Kidd più di quanto doveva già essere. Gli effetti post-sbronza non avevano pietà di nessuno, neanche di un gigante con istinti omicidi terrificanti.
“Ho vinto io naturalmente…” Aveva grugnito con una noia che non aveva pari. Strapazzato qualche povero cameriere di prima mattina, il terzo si era seduto tra di loro, girando appositamente la sedia così che avrebbe potuto appoggiarvi le braccia con sopra la testa. Poi aveva incominciato a guardare i due complici mentre leggevano entrambi il giornale, quello di Killer sbucato da non si sa dove.

“Ma come cazzo fate a stare entrambi così bene dopo una sbronza del genere?” Era davvero irritato. Quel ruggito li aveva riportati sulla terra, facendo piegare ad ambedue il giornale, senza guardarsi l’un l’altro, ma voltandosi verso Kidd, considerando la risposta giusta.

“Segreto!”
“Segreto…”

Udendo le proprie parole, il duo si era messo a ridere, senza esagerare troppo per non peggiorare il mal di testa di Kidd. Il rosso ci rimase di stucco.

“Bastardi…” Però si riprese egualmente velocemente. Dovevano essere stati loro due in qualche modo, anche se il rosso non comprendeva bene come.
In verità il capitano non aveva idea in che cosa si fosse cacciato.

Killer era passato ufficialmente dalla parte di Anemone.






Ed è per questi motivi che non dovete mai darmi una ragione per scrivere! Posso andare avanti per giorni, arrivando a lunghezze stratosferiche. Voglio dire, sono 3500 parole! Mica poche.
Comunque, benritornati! Per quanto riguarda il seguente capitolo, non preoccuoatevi, Amo/Odio abbastanza Doflamingo da starci già lavorando, anche se non riesco a decidere se rendere la cosa altamente deprimente o abbastanza realistica... (forse meglio la seconda).

Ringrazio moltissimo i lettori che ancora mi seguono, in particolare I_mail (mi viene voglia di ucciderti con abbracci >3<), Kamikiizumo (fatti uccidere anche tu XD) e SWAMPY (You're alive! Aggiungiti anche tu alle altre due XD) per i commenti, poi Caspi, Zick e Nico love efp per averla aggiunta alle preferite (venite qua anche voi!) e infine Sumichan e Starhunter per avela aggiunta alle seguite (venite anche voi due già che ci siete!). Visto che sono in vena di Abbracci, con la A maiuscola, si aggiungano anche i lettori =D
Cavolate varie a parte, seriamente, mi fa piacere che mi seguiate, non vi immaginate come sto fissa a vedere se qualcuno commenta o fa qualche altra cosa, mi sento una scema in questi casi -_-'

Ora, se ci sono errori potete anche sbranarmi, vi dico subito che il mio polpaccio è la parte più buona, ma i capelli non toccatemeli XD

Non vi prometto niente, ma cercherò di aggiornare più regolarmente possibile (prima che ricomincia la scuola... Ah, i brividi...)


Alla prossima!


P.s. Date un bell'abraccio a Kamikiizumo!

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Capitolo 11
*** Seta Island - Parte prima ***


Saaaalve.
One Piece non è di mia proprietà e se lo fosse, probabilmente mi starei bevendo un thè con Ivankov! Tanto per avvertirvi, 
 dubito che Kidd si preoccupi particolarmente di dire parolacce.
Buona lettura :D





I’ll show you the way, the way I’m going…

So I run, hide and tear myself up.
Start again, with a brand new name.
And eyes to see into infinity…

(30 Seconds to Mars - Capricorn)



 

 
Ma facevano sul serio? Non ci poteva credere. Maledetti vigliacchi senza spina dorsale!
Si era totalmente rifiutata di venire a incontrarlo, contrariamente a quanto i Marine le avevano ordinato di fare. Anemone che ascoltava la “giustizia mondiale”? Ha, ma per favore!
Mai.

Avevano addirittura provato a trascinarla lì con la forza, ma un calcio ben assestato faceva cadere in ginocchio qualsiasi uomo, secondo sua esperienza personale. Quella volta non era stata da meno.
Neanche un Marine poteva costringerla a fare quel che non desiderava, in particolare quel giorno, in cui tutte le emozioni negative che si erano accumulate nel corso degli ultimi mesi si erano liberate, per giunta alquanto violentemente. Sui loro futuri figli probabilmente.

Tuttavia, mentre ripensava a tutta quella storia assurda, non molto lontana dal porto principale e nascosta in una piccola grotta, celata dalla fitta vegetazione e con un binocolo in mano, non poté far a meno di notare una chiazza assurdamente rosa e anormalmente grande che scendeva da quella dannata nave della Marina. Quanto avrebbe voluto metterci una delle sue bombe, fremeva dalla voglia di creare grane a più non posso. Ma quel giorno doveva stare calma e non farsi notare.
Doveva osservare.

Continuando a guardare dal binocolo, sinceramente le venne da ridere. Le esplose in petto una risata ricca e gutturale che probabilmente avrebbe raggiunto le orecchie di mezza isola, ma proprio non era riuscita a trattenersi. Davvero, le facevano pena.
Quei dannati stavano proprio diventando scemi. Quel tale doveva farle da balia? Erano davvero fuori. Però…
Anche se il tizio era chiaramente più alto degli uomini che lo circondavano, quel suo aspetto assurdo era davvero forte.
Non aveva mai visto un uomo vestirsi in un modo così indecente in vita sua e fregarsene altamente di quello che la gente probabilmente pensava. Forse, in circostanze diverse, sarebbe addirittura potuto piacerle.
Ma in quelle no.





Passata tutta la giornata in montagna a cercare materiali per suo padre, come suo solito del resto, era tornata a casa solo alle prime luci dell’alba, crollando nel suo letto e appisolandosi immediatamente.
Avrebbe anche scommesso che puzzava di metallo, come sempre.

Dopo un paio di ore, le tende bluastre, che normalmente coprivano un’enorme finestrata affacciata proprio sul suo letto, erano state aperte, facendo passare la luce del sole, che le finiva direttamente in faccia.
“Non posso crederci, ha già riparato quel dannato sistema, vecchio del cavolo…” Mormorò tra sé e sé, ricordandosi quel sistema malefico che apriva le tende alle sette in punto, beh, almeno finché non lo aveva distrutto la settimana precedente. A quanto pare era stato riparato.

Qualche momento dopo, mugolando profanità che avrebbero fatto arrossire un marinaio, si rigirò dalla parte opposta alla finestra, nascondendo metà del volto sotto le coperte. Dopo tese le orecchie. Doveva esserci qualcuno nella sua stanza…
Avrebbe giurato d’aver udito qualcuno trascinare qualcosa, forse una sedia, e fermarsi molto vicino a lei. Poi un tonfo.
Forse era la sua immaginazione… di nuovo.

Non se ne curò molto, finché chiunque ci fosse davanti a lei cominciò a canticchiare sottovoce.
O forse no…
Aveva una mezza idea su chi fosse. Si costrinse ad aprire gli occhi.

Come aveva immaginato.
Davanti a lei era seduto un uomo alquanto imponente, biondo, con una camicia a dir poco ridicola, come anche i pantaloni, ma tutto quello, in confronto a quell’ammasso di piume rosa, era niente. Per non parlare degli occhiali.
Non aveva neanche la forza per ridere tanto era stanca.

“Oh, per l’amor di…” Si portò le coperte ancora sopra al naso, chiudendo gli occhi per un istante e riaprendoli, ritrovando di nuovo lo stesso ghigno di pochi istanti prima. Non sparì neanche dopo che lo osservò per vari secondi.
Doveva essere sulla trentina. E anche se abnorme, non era per niente male…

“Ero davvero curioso di sapere chi fosse il moccioso cui dovevo far da guardia, sai, metterlo in riga, evitare che creasse grane alla Marina, roba del genere. Ero curioso d’incontrare il più grande piantagrane dell’isola, che necessitava addirittura la mia presenza per calmarsi. E poi scopro che non solo non è venuto a salutarmi, ma che in realtà era una mocciosa…”. Almeno sembrava sinceramente divertito nonostante Anemone l’avesse deliberatamente ignorato per una giornata intera. A quel punto sorrise anche lei.

“Non so se qualcuno te l’ha detto, ma la vita non è giusta”. Se prima era divertito, ora era davvero sorpreso dal suo modo di fare.
Non comprendeva perché, ma anche in quello stato di semi coscienza in cui si trovava, Anemone sentiva chiaramente che l’uomo era pericoloso. Forse l’aveva irritato la sua assenza il giorno precedente.
Buon per lei che molti la considerassero un fenomeno da baraccone. Forse quel suo modo d’essere l’aveva salvata da una fine alquanto precoce, se non dolorosa.

“E poi, non si aspettano mai che sia una ragazza a farli penare… forse saranno i capelli. Sai, mi prendono per una principessina che ha bisogno di essere aiutata in tutto. Non t’immagini quanto se ne pentano dopo”. A quel punto aveva scostato le coperte, mostrando all’uomo il ghigno maligno che le adornava il viso. Tanto valeva continuare a sorprenderlo e tenersi buona la propria pellaccia.

Però in fin dei conti non le pareva così male, forse un po’ fuori dalla norma, ma questo non l’aveva mai fermata. E avrebbe scommesso tutto quello che aveva sul fatto che, alla fine, non sarebbe stato un guastafeste per lei. Lo sentiva.

“Mmm… cavolo… mi sa che me ne torno a dormire se non ti dispiace, umm… com’è che ti chiami?” Stava sbadigliando da cinque minuti buoni, durante i quali entrambi non avevano parlato, osservandosi a vicenda. Francamente, la vista le si stava annebbiando, segno che il suo corpo la stava forzando a spegnersi. Non che le dispiacesse infondo.

“Le signore prima…” Alzò gli occhi al cielo. Anemone non ce lo vedeva come un tipo galante, tantomeno un gentiluomo. Stava ridendo sotto i baffi per giunta.
“Anemone Darbinian, piantagrane, apprendista artigiana e orefice a tempo perso. E poi, ho diciassette anni per tua informazione, fenicottero…” Sbadigliò di nuovo sonoramente, fregandosene a quel punto del fatto che potesse ucciderla.
Il poco riposo faceva quell’effetto su di lei.

“Ma come siamo socievoli, mocciosa. Comunque, ‘per tua informazione’, il mio nome è…”




Kidd era un sanguinario. Era un dato di fatto.
Anche prima di aver ucciso la prima volta, all’età di soli quindici, era particolarmente violento.  Lui era quello da cui i genitori raccomandavano di stare alla larga e che finiva nei guai anche trovandosi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, prendendosi la colpa per il solo fatto di avere una reputazione alquanto orribile. Non c’era da meravigliarsi se alla fine era diventato un pirata.

Il mare meridionale aveva patito molte perdite durante il passaggio del rosso, che non si era limitato a distruggere basi e navi della Marina, ma aveva causato la morte d’innumerevoli innocenti nel mentre. Per molti versi era perita più gente comune che altro.

Nessuno poteva immaginare quanto si annoiasse da quando era entrato nella Grand Line.

Si era aspettato una sfida!
Erano cinque isole che visitavano, e soltanto una lo aveva minimamente divertito, ma non perché l’aveva rasa al suolo, ma perché aveva danneggiato la psiche di Anemone più di quanto la stessa donna a volte si rendesse conto. Provocarla era particolarmente divertente, a dispetto del suo carattere di merda.
Cheimerinò gli era piaciuta tutto sommato, quindi l’aveva lasciata in pace, se non per qualche Marine sfortunato di essersi trovato sulla sua strada e qualche cretino che gli aveva riso in faccia.
L’ultima isola si era salvata solo perché, dopo una sbronza di quel tipo, non era in grado di sopportare le urla delle sue vittime, e si rifiutava di concedere il divertimento solo alla sua ciurma.
Ovviamente aveva rimandato la strage alla prossima nave della Marina. Quello era stato piacevole.
Ma il punto era che, fino a quel momento, non c’era stato niente di veramente elettrizzante, che gli desse un brivido.

E poi quella se ne esce col fatto che non solo la marina la riprenderebbe a braccia aperte, ma che il suo baby-sitter era stato uno della Flotta dei Sette.

“… Donquixote Doflamingo.” Lo ammetteva, ci era rimasto davvero di stucco, e per una volta tanto l’aveva guardata per davvero, per capire se lo prendeva in giro come spesso era solita fare. Alla vista dell’assoluta sincerità sul suo volto, non poté che scoppiare in una fragorosa risata.

Anemone poteva aspettarsi di tutto, tranne che si mettesse a ridere. Non sapeva se sentirsi sollevata o darsela veramente a gambe perché era impazzito.
“Quindi, mi stai dicendo che- se Sengoku glielo ordina- Doflamingo ci verrà dietro per riprenderti?” Avesse almeno smesso di sghignazzare come un demente…
Aspetta, poteva essere che…? Ma dai, non poteva essere così incosciente, tuttavia... poteva essere davvero tanto stupido?

Sì, poteva.

“Mi ucciderebbe se gli andasse, ma mi lascerebbe in vita solo per vedere cosa faccio e per dare noia alla Marina come bonus”. E nel mentre avrebbe ucciso il resto della ciurma, solamente per vederla soffrire a ogni goccia di sangue che colava. Doflamingo avrebbe fatto di tutto per una sana risata.

“Quello si che sarebbe divertente…” Non si degnò neanche di guardarlo. Era totalmente fuori di testa.
Doflamingo poteva sterminarli e non battere un ciglio durante il tutto, lo aveva provato sul proprio corpo.
Infine, non potendone più di quell’orribile sghignazzare, con la tazza nella mano buona, si alzò e se ne andò in sottocoperta, non senza che prima Kidd le dicesse le sue ultime parole.

“Grazie per l’informazione! Adesso riuscirò a dormire meglio!” A volte era proprio insopportabile…



Il giorno dopo sembrò riflettere il suo umore.
Lei stava uno schifo? Si scatenava una tempesta, la cosa non faceva una piega.
Erano stati colti alla sprovvista dalle nuvole che la notte Kidd aveva visto in lontananza, ma che il genio in questione non aveva preso molto in considerazione, occupato quanto era a pensare a Doflamingo, quello scemo…

Passando ad altro, tutta la ciurma era in sovraccoperta, incluso Killer, che urlava ordini a destra e manca, e l’idiota, che era al timone e cercava di evitare che la nave si ribaltasse. Lei stava aiutando gli altri ad ammainare le vele, rendendosi il più utile possibile.
Non sapeva perché, ma da quella mattina un groppo in gola non la lasciava in pace, non aveva neanche mangiato tanto era agitata. La cosa fastidiosa era che, in un primo momento, aveva attribuito quella preoccupazione al fatto che Kidd non afferrava quanto fosse pericoloso il fenicottero e che fosse così su di giri che, semplicemente, non ci pensava. Almeno in un primo momento.
Pochi istanti dopo la donna aveva dovuto ricredersi.

Killer, notando che le onde diventavano pericolosamente più alte, doveva aver capito che, se il rosso restava fuori, poteva rimetterci la pellaccia. E il vice non era tanto stupido da rischiare una cosa del genere, prendendo, infine, a suon di calci nel sedere, il posto del capitano al timone. Ci voleva Killer per convincere quella dannata testa calda.
Di certo nessuno poteva aspettarsi che un’onda, nel giro di pochi secondi, si portasse via il capitano.

“KIDD!”. Non sapeva cosa l’avesse spinta a farlo.
Il fatto che Killer non potesse spostarsi? Oppure che fosse così dannatamente vicina al rosso? Prima che potesse pensarci razionalmente, l’istinto la spinse a saltare a riprendersi lo stupido.
A dispetto di quello che si diceva dalle sue parti, lo scemo stava andando a fondo troppo velocemente anche per i suoi gusti. Si costrinse a raggiungerlo, nonostante l’acqua fosse parecchio gelida.
Le ultime boccate d’aria stavano uscendo dalla sua bocca quando lo afferrò, cercando con tutta se stessa di ritornare a galla. Chi poteva immaginare che Kidd pesasse così tanto? Di certo non lei, ma almeno non aveva la pelliccia addosso, grazie a Roger.

Quando finalmente emersero a galla, il rosso tossì molta acqua, mentre Anemone cercava di reggerlo e allo stesso tempo di non annegare. Ci teneva alla sua pellaccia.
Solo allora si rese conto di quanto fossero lontani dalla nave.

“KILLER! SIAMO QUI! KILLER!” Il biondo non riusciva a sentirla, tutta colpa di quel maledetto temporale che caratterizzava l’isola dove dovevano approdare, Seta Island, o qualcosa del genere.
Compreso che era tutto inutile, cominciò a girarsi intorno, finché non vide un barile mezzo rotto. Si costrinse nuovamente a muoversi, sapeva che non sarebbe resistita a lungo col peso morto di Kidd che la trascinava a fondo.

“Kidd… sei un idiota”. Un lamento da parte del rosso le fece capire che era cosciente e che l’aveva sentita. A quel punto, deposto il rosso nel barile, cominciò a spingere verso la costa, che ormai non era lontana. Le onde li avevano spinti lontano rispetto alla nave.
Non si curò del fatto che forse non avrebbe più rivisto la ciurma, perché sapeva che il Log Pose puntava lì e che, in un modo o nell’altro, si sarebbero ritrovati. In quel momento le importava solo di camminare di nuovo sulla terraferma e di evitare che il capitano morisse in modo così ignobile, almeno per i suoi canoni.
L’avrebbe perseguitata fino alla fine dei suoi giorni sotto forma di spirito maligno se l’avesse permesso.




Non aveva idea di quanto le ci fosse voluto, ma quando aveva raggiunto la costa, trascinandosi dietro un Kidd incosciente, si lasciò cadere sulla sabbia, non lontano dall’altro. Forse non si sarebbe sentita così sfinita se il rosso non fosse scivolato una mezza dozzina di volte in acqua. L’unica cosa che l’aveva salvato dall’ira di Anemone in quel momento era che i muscoli lo rendevano così pesante, e non la ciccia.

Solo allora le tornarono in mente le parole del biondo, lasciandola particolarmente annoiata alla memoria di quella volta.
Non c’erano niente di minimamente paragonabile all’odio che provava Killer in quella situazione. Era dannatamente frustrante. E Anemone, frustrata e affamata com’era, non annunciava niente di buono.
Tutta rossa di rabbia, prese a staccarsi i capelli dalla faccia, che negli ultimi mesi le erano cresciuti fino al fondoschiena.
Erano diventati troppo ingestibili, s’impigliavano ovunque e senza un elastico non poteva uscire dalla camera perché, col vento che c’era di solito fuori, si scompigliavano immediatamente, per non parlare degli idioti di turno che prima le venivano a chiederle di affilar loro la spada e poi le creavano un nido in testa.

Cercò di legarseli con un pezzo di stoffa staccato dalla giacca, ma quando vide che era tutto inutile, decise che c’era una sola cosa da fare.
A grandi passi, raggiunse Kidd, che era ancora sdraiato sulla sabbia, a qualche metro dalla pietra su cui la donna si era seduta. Ringraziò Roger che almeno la cintola se la fosse tenuta.
Prese a sfilargli il coltello proprio mentre lui stava rinvenendo, dicendo qualche profanità perché non capiva bene dove si trovasse. Poi aprì gli occhi e la guardò in modo alquanto strano per uno come lui.

“Che fai?” Le chiese infine, mentre lei ormai si dirigeva verso una pozza d’acqua a un paio di metri da dove era sdraiato e si sedeva, affondandoci i piedi.
“Mi libero di una scocciatura…” Frase che si sarebbe potuta riferire ad ambedue… comunque, cominciò a tagliare inizialmente ciocche molto lunghe, buttandole via a caso, poi ciocche più piccole, specchiandosi sempre sulla superficie dell’acqua. Alla fine, quando Kidd si era finalmente alzato e si stava stiracchiando, i suoi capelli erano talmente corti da non raggiungere neanche la lunghezza di cinque centimetri, se non meno. E puntavano da tutte le parti, non che le dispiacesse.

“Sembri un riccio!” Almeno Kidd parve essere di buon umore, nonostante Anemone fosse tutto fuorché felice. Ignorando il commento del capitano, per la prima volta da quando era arrivata, Anemone si guardò intorno. Di certo i suoi commenti sarcastici non potevano annebbiarle la mente al punto da farle dimenticare della propria sicurezza personale. Quel che vide non la aggradò particolarmente.
“Com’è che si chiamava l’isola dove stavamo andando?” Gli lanciò contro la lama, che il rosso prese con assoluta nonchalance, guardandosi attorno anche lui dopo quella domanda. Quel posto era un po’ strano…

“Seta Island, il regno dei funghi”. A quanto gli aveva detto Killer, l’isola era un regno di cui restava solo il nome, in quanto l’ultimo re era decaduto ed era il consiglio di fatto a comandare l’isola. Si sottintendeva che c’era un particolare che caratterizzava tutta l’isola: i funghi.
“Funghi, eh?” A quanto pare, Anemone aveva appena trovato il suo inferno personale.

Sono fottuta.




“Siamo fottuti”. Erano appena approdati e molti della ciurma stavano dando di matto perché Kidd non c’era. E Anemone era con lui. Non poteva uscirne niente di buono.
“FATE SILENZIO! Li troveremo. L’unico pericolo che corrono adesso è quello di uccidersi a vicenda, alquanto probabile se non ci muoviamo!” Poteva nasconderlo, ma Killer conosceva Kidd e Anemone meglio di chiunque altro nella ciurma, e sapeva che cosa poteva uscire da una situazione simile, morte o… no, non voleva pensarci.

“Voi, andate a fare rifornimento e informatevi su quanto ci impiega il Log Pose a registrare il campo magnetico dell’isola. Voi cinque alla mia destra rimanete qui, a pattugliare la nave. Gli altri, con me!” Doveva muoversi, perché nessuna delle due varianti prevedeva un futuro roseo.




“Che posto di merda…” Era da un bel pezzo che giravano in quel luogo dimenticato dagli dei, ma quella era una cosa su cui erano entrambi d’accordo. L’unica. E neanche lo sapevano.
Appena aveva finito di tagliarsi i capelli, Anemone aveva insistito che dovevano procedere per la spiaggia per ritrovare gli altri, tanto per evitare di perdersi ulteriormente in un posto che nemmeno conoscevano e che poteva nascondere chissà quale sorpresa. Ma nooo, Kidd aveva dovuto far di testa sua, inoltrandosi nella foresta senza neanche darle il tempo di esporgli le sue ragioni. In quelle situazioni lo detestava a morte.

Alla fine, facendo come loro solito, ovvero con occhiatacce e gesti inappropriati, si erano divisi: lei per la spiaggia, lui per la foresta… il bosco… qualsiasi cosa fosse.
Questo riportava all’affermazione di prima, detta nello stesso momento, in due posti diversi, da due persone che probabilmente detestavano respirare la stessa aria in quel momento.

Non sapeva come se la stesse passando l’altro, ma Anemone alla fine si era calmata grazie al rumore del mare.
Camminando sulla spiaggia, era così tranquilla che non aveva notato che qualcuno la stava seguendo da un bel pezzo.  Se ne accorse solo quando fu troppo tardi…




Stupida, insopportabile, snervante donna!
Era lui che dava gli ordini! Era lui che comandava quella dannata marmaglia di sanguinari di cui era entrata a far parte anche lei! Eppure, salvo che le andasse, quella faceva come più la aggradava.
Era quello che Killer definiva il nefasto incontro tra due personalità troppo forti. Erano come due magneti che qualche scemo cercava di avvicinare con le parti della stessa polarità. Una gran cagata, a parole del vice.
Nel loro caso, poteva condurre solo a una fine dolorosa.

Quel posto era strano.
Gli alberi avevano una forma quasi a fungo, perché le foglie nascondevano i rami se si osservava dall’alto, con frutti di colori troppo cangianti per non essere pericolosi. Gli animali non si mostravano, né si lasciavano sentire. Ma dovevano essercene molti, altrimenti quell’odore acre e pungente tipico dei corpi in decomposizione non si spiegava.
In più, quella dannata nebbia bloccava la maggior parte della sua visuale oltre i dieci metri di distanza. Era come andare a vuoto, e neanche il suo senso dell’orientamento gli dava una mano. Il muschio era inutile perché non aveva idea se ci fossero delle cittadine a nord.
L’unica cosa che si sentiva distintamente era lo scorrere dell’acqua, forse di un fiume.

Tutta quella calma gli aveva dato il tempo di pensare al fatto che c’era una differenza sostanziale tra lui e Anemone.
Erano come fuoco e ghiaccio, solo che il ghiaccio poteva essere freddo fino a un certo punto, mentre il fuoco ardeva oltre ogni limite immaginabile. E come il ghiaccio, l’artigiana aveva un limite che preferiva non superare, mentre il capitano voleva sempre di più, per davvero come una fiamma che cresceva ogni qualvolta che l’ossigeno aumentava, inglobando tutto.
Era quello il motivo principale per cui era andato nella selva, perché la spiaggia sarebbe stata certamente la strada più sicura, ma la sicurezza non era nel suo stile. E Anemone era troppo cocciuta per addentrarsi in quel posto, anche se per una volta tanto gli era parso che forse aveva una ragione di fondo un po’ diversa dal solito…

Liberando la mente da quei pensieri, vide qualcosa che attirò la sua attenzione immediatamente.
In mezzo a tutto quell’arcobaleno di colori, c’era un albero con frutti di colore spento. Forse c’era qualcosa di normale su quell’isola dopotutto.
Vi si avvicinò senza fretta, porgendo una mano verso quella che sembrava una mela rossa particolarmente succosa. Gli era venuta fame, nonostante quella mattina avesse fatto una colazione abbondante. Era particolarmente invitante…

Poi udì un urlo, neanche così lontano da lui, avvicinarsi sempre di più, e dopo il distinto battere dei piedi di una folla. A quel punto aveva staccato il frutto e guardava nella direzione da dove era provenuto il grido, come in trance.
Sbucarono dai cespugli alla sua sinistra.
“AIUTOOOOOO!” Avrebbe dovuto immaginarlo. Chi altri poteva essere se non lei…

Poi lo vide.
“TU! Sali sull’albero se vuoi vivere!” Anemone, mezza isterica com’era, gli puntò contro il dito, nonostante non fosse in condizioni accettabili, sporca e strapazzata com’era.
Sembrava davvero messa male, non l’aveva mai vista con un’espressione del genere. Che avesse paura? Sembrava panico allo stato puro.

“Senti, sembra che tu abbia problemi a capire chi comanda tra-” Isterica o no, il suo comportamento rimaneva inaccettabile. Gli dava ai nervi, e stava per schiacciare la mela prima che gli corresse incontro, afferrandogli il braccio e trascinandolo verso il tronco dell’albero.
“Ti staccheranno il culo a morsi, e non sto scherzando!” Fece per mostrare un segno di denti sul fondoschiena, che stava leggermente sanguinando, sporcando i pantaloni azzurrini, e alla fine lo convinse a salire sull’albero, il frutto dimenticato ai piedi della massiva pianta. Appena fu seduto su un ramo abbastanza resistente, si permise di guardare a terra. Gli si sgranarono gli occhi.

“Ti sei fatta mordere il culo da una massa di… funghi? … AHAHAHA”. Ai piedi dell’albero c’erano degli esserini non alti più di venti centimetri con tutto il pacchetto: occhi, bocca, la cappa che fungeva da cappello, e poi delle gambine alquanto ridicole per le proporzioni improbabili. Mancavano solo il naso e le braccia. Avevano anche delle colorazioni strambe, ovvero grigi che tendevano sul blu, viola e verde, con macchie gialle. Insomma, degli esserini da favola!

“Ridi pure, ma si sono pappati i miei capelli! Mangiano tutto questi, anche le pietre che gli lanci dietro! Infatti, guarda…” Quel frutto tanto simile a una mela, che aveva abbandonato a terra, era stato circondato da un manipolo di mostriciattoli che lo stavano divorando avidamente. Poi accadde qualcosa di agghiacciante: quelli che avevano dato anche solo un morso a quel frutto, avevano cominciato a marcire tra urli agonizzanti sotto i loro occhi.
Kidd deglutì sonoramente… poteva esserci lui al loro posto. Distratto com’era osservando quella scena, si sorprese un po’ quando sentì il ramo muoversi più del dovuto. Si girò e vide che Anemone aveva cominciato a raccogliere quelle sottospecie di mele, passandogliene alcune.
“Uccidiamoli”. Per una volta tanto non sembrava pentirsi di uccidere qualcuno, era quasi ansiosa, se non eccitata all’idea…

Pochi minuti dopo, mentre si stavano pulendo i pantaloni dalla sporcizia ed evitavano quelle masse che a poca distanza dei loro piedi marcivano, Kidd non riuscì più a trattenersi.
“Hai paura dei funghi”. In quel preciso istante Anemone si bloccò, voltandosi di scatto verso di lui, con un sorriso alquanto beota sul volto. Immaginava come sarebbe andata a finire la cosa dopo una constatazione del genere..

“Io, paura dei funghi? Puff! Ma per chi mi hai presa? Non farmi ridere”. Non era proprio la reazione che si era aspettato da parte sua, ma quella gli aveva lasciato più modi per prenderla in giro. Non si sarebbe perso un’occasione del genere.
“Disse quella che urlava come una principessina mentre scappava da un branco di funghi colorati…” Era arrossita di colpo, guardandolo indignata. Con quell’acconciatura era il massimo.  Sembrava tanto uno di quei funghi che stavano marcendo tanto era colorata.
Scoppiò in una fragorosa risata. Gli ci volle un po’ per calmarsi.

Quando infine si calmò, Anemone sembrava ancor più indignata di prima, bordeaux come un peperone e i capelli rizzati come quelli di un gatto, sembrava pronta a tirargli addosso una mela o due. Solo allora il cervello le aveva ripreso a funzionare.
“T-Tu! TU! Tu dovresti essere l’ultimo a parlare! Credi che non abbia visto il peluche a forma di leoncino? O il ghepardo? Eh?!” Dopo quelle parole Kidd pensò una sola cosa.

Merda.

“Lo sai che non è la più furba delle cose rovistare tra le cose del tuo capitano?” L’avrebbe uccisa purché non si sapesse in giro della sua collezione. Quella minaccia le fece girare le orbite a mo’ di “certo, come no…”.

“Disse quello che regolarmente viene a prendersi i miei libri e poi li lascia in posti improbabili come se niente fosse!” A quel punto cominciarono a prudere le mani a entrambi, come in attesa di fare a botte per l’ennesima volta. Lei gli puntò l’indice contro il pettorale in modo accusatorio mentre lui si abbassava al suo livello, per poterle mostrare l’occhiataccia rivoltale in modo migliore.

Comportandosi da idioti, come spesso li definiva Killer, avevano cominciato a urlarsene a vicenda di tutti i colori, con lui che ormai le afferrava la camicia con entrambe le mani e lei che gli graffiava un braccio, cercando di liberarsi dalla sua stretta ferrea, e con l’altra mano tentava di tenerlo il più lontano possibile dalla sua bolla personale. Era troppo vicino anche per i suoi gusti, e capitano o no, detestava quando qualcuno la violava così violentemente.

“Stronza!”
“Imbecille!”
“Puttana!”
“Pezzo di merda!”
“BATTONA!”
“BASTARDO!”

Stavano urlando così animatamente che Kidd non si era neanche accorto che Anemone stava assumendo una colorazione atipicamente pallida, anche per una come lei, in particolare perché aveva una carnagione abbronzata. Aveva anche cominciato ad avere l’affanno e la smorfia a poco a poco stava svanendo, con qualcos’atro che prendeva il suo posto.

“Ebete senza rispetto!”
“Petulante pomodoro senza cervello!”
“Ma come ti permetti, puffa blu di merda!”
“Guardati prima di parlare, degenerato che non sei altro!”

Andarono avanti così per un bel pezzo, finché l’artigiana non poté più resistere al dolore della sua mente che si stava annebbiando con tanta veemenza. Fu l’ultima goccia.

“Non è colpa mia se tu… sei così… fottutamente… alto!”

Beh, alla fine il rosso se ne accorse.
Ovvero quando di colpo gli occhi della donna in questione ruotarono all’indietro, diventando di un bianco innaturale che avrebbe fatto venire i brividi a chiunque. O quando le sue gambe cedettero e l’unica cosa che la separava da terra erano le braccia di Kidd, che la reggevano in una morsa ferrea, con lui ancora troppo sorpreso per rendersi conto della scena che aveva davanti.
La giacca aveva cominciato a strapparsi poco a poco, facendolo ritornare dal suo mondo personale.  
Non era qualcosa che accadeva ogni giorno dopotutto.

Con la donna che gli penzolava davanti come uno straccio, a Kidd venne in mente una sola cosa.
“Perfetto, fottutamente perfetto”.









Allora, da dove cominciamo? Dalla lunghezza, ovvio! 4500 parole e dieci paggine di pura tortura perché non riuscivo a gestirmi Kidd e Doflamingo era una spina nel fianco.
L'altra metà è già pronta a ho deciso di farla in anticipo perchè la settimana prossima comincia l'inferno: la SCUOLA. Ho mai detto cosa ne penso? No, beh... la odio.

Tormenti a parte, ringrazio come sempre I_mail, Kamikiizumo e SWAMPY per aver commentato e avermi ricordato che qualcuno mi si calcola infondo >_> , ringrazio anche Slipper Wool e Tati_nana per averla aggiunta alle preferite >3< e I_mail, Funeral of Hearts (ho sempre voluto dirtelo, il tuo nome è una figata!) e Shin_Elle per averla aggiunta alle seguite, prendetevi un pezzo di torta virtuale! :D
Commenti e critiche sono graditi egualmente, non siate timidi! Non mordo mica! E farmi notare se ci sono errori sarebbe carino da parte vostra! :D

Alla prossima!



P.S. Stavo pensando... dopo che ho fatto l'omake per Kamikiizumo mi sono resa conto che è stato anche divertente pubblicare qualcosa che non fosse necessariamente in linea con la storia. Quindi, se avete qualche domanda in mente di particolare o che vorreste sapere, nei limiti possibili cercherò di accontentarvi!

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