INVICTA di esmeralda92 (/viewuser.php?uid=71176)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** nONE di NOveMBre ***
Capitolo 2: *** 7 NoVemBre 476 d.C. ***
Capitolo 3: *** rOMani VErsuS BArbARi ***
Capitolo 4: *** 8 NOveMBre ***
Capitolo 1 *** nONE di NOveMBre ***
L’hai
spinto insieme al comandante Claudio a cercare aiuto da Oreste. Non
credi che
tornerà mai, però. Chi, avendone la
possibilità, non scapperebbe di fronte al
carnaio in cui sta per finire. Eppure sai, speri, che lui torni.
È il tuo
migliore amico, sai che non vi lascerebbe mai, non ti lascerebbe mai.
Vi siete
giurati di coprirvi in battaglia, sempre, l’un
l’altro. Finora non ti ha mai
tradito, nonostante le occasioni per farlo non gli siano mai mancate.
È sempre
restato al tuo fianco e anche adesso che senti i tuoi compagni urlare
da una
parte all’altra del campo gli ordini per la disposizione, tu,
con lo sguardo
fisso su di lui, intento a allontanarsi da lì, sai che
tornerà. Batiato ti
guarda dubbioso.
-Tutto
bene?- chiede preoccupato in quella nebbiosa e fredda mattina del 5
Novembre.
-Tornerà.
Raggiungete le vostre postazioni, soldati. È ora di dare una
lezione a questi
barbari e fargli capire cosa vuol dire battersi con dei veri Romani.-
dici
guardando i soldati che ti circondano. Spade contro scudi e grida di
assenso
accolgono le tue parole, ma ormai sei troppo lontano per sentirli. Devi
lottare
per vivere il più a lungo possibile.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** 7 NoVemBre 476 d.C. ***
Quando
ti risvegli, qualcuno ti tiene forte per un braccio. Non lo guardi, non
ti
interessa: ma vedi che intorno
a te v’è
morte ovunque. La testa tambura , come fino a poco prima, o
così almeno
ricordi, la tua legione, i tuoi compagni hanno suonato il flauto per
incoraggiare il vostro passo cadenzato, e sostenervi in questa impresa
al di
fuori della vostra portata. Hai visto gli Eruli profilarsi sulla piana,
e più
li uccidevi con la tua forza, più sembrava che loro si
moltiplicassero. Hai
combattuto come un leone, veterano della Legio Nova Invicta. Hai
combattuto e
hai perso. Ora ti rialzi. E le truppe nemiche tirano su da quella
distesa di
morti maleodoranti il tuo amico, Cornelio Batiato, il gigante etiope e
pochi
altri. Aurelio non è tornato e tu, ferito e deluso dal tuo
migliore amico,
affronti sconsolato il tuo destino di schiavo.
NdA:
ciao a tutti!!!!!! vorrei ringraziare chi ha recensito la mia
storia (Lady Merendina), o chi è semplicemente
passato a leggerla.... Grazie a tutti e spero di non deludervi!! Alla
prossima!!! <3
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** rOMani VErsuS BArbARi ***
Il
sole pallido, coperto dalla nebbia è già alto nel
cielo quando arrivate
nell’accampamento barbaro. Niente a che vedere con le
costruzioni regolari e
geometriche degli insediamenti romani. Le tende sono messe in circolo,
intorno
a uno spiazzo rotondo dove risiede la tenda del comandante degli Eruli.
Un uomo
non alto, né con la presenza fisica che converrebbe a un
grande conquistatore.
I capelli arruffati e rossi crescono irregolari e insieme alla barba
coprono il
suo viso bianco. Gli occhi scuri sono tutto ciò che potrebbe
far pensare che
l’uomo che ti sta davanti è un comandante. Come
tutti i barbari si vestono solo
di rudimentali pelli, e anche il mantello che usa per coprirsi non
è che una
grezza raffinatura della lana del bestiame. Tu, nobile romano, guardi
quei
barbari con lo stesso orgoglio che avrebbe spinto Cesare o Mario a
guardare i
Galli o i Cimbri e i Teutoni dall’alto della
superiorità militare e culturale
romana.
-E
questi sarebbero i sopravvissuti della Legio Nova Invicta?- chiese lui,
con
fare sarcastico ai propri compagni, che sogghignano e ridono. La terra
è gelata
e umida, e nonostante il gelo, tu, inginocchiato e tenuto da dietro da
uno di
quei barbari, ti senti la rabbia montare dentro, incontrollabile.
-Sì,
siamo noi.- ti lasci sfuggire in un duro sibilo; quando comprendi
l’errore,
però, è troppo tardi.
-Allora
potete ancora parlare… E dimmi, soldato, dove sono i vostri
commilitoni?-
chiese, caricando di scherno gli appellativi.
-Sono
morti sul campo di battaglia,
con onore.- rispondi rimarcando le ultime parole
e guardandolo duramente negli occhi.
-E
dove vi ha portato l’onore?-
-Nell’aldilà!-
risponde uno ridendo e suscitando il riso degli altri.
-A
impegnare anche l’ultimo uomo delle vostre truppe fresche,
per sottomerci.-
ribatti tu, incurante di ciò che accadrà: non
c’è fine peggiore dell’essere
prigioniero di un barbaro. E lui, che ora ti guarda con attenzione e a
fondo,
lo sa.
-Portateli
a Miseno. Non voglio più sapere niente di loro. E teneteli
d’occhio: non sono
soldati qualsiasi.- risponde per poi rientrare nella tenda, seguito dal
suo
braccio destro.
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** 8 NOveMBre ***
Ripartite
all’alba, le none di Novembre sono superate da un paio di
giorni. Da quando hai
affrontato il capo dei barbari, niente è più
uscito dalle tue labbra, serrate
dalla morsa del dolore e della delusione. Procedi, le mani e le
caviglie
serrate nelle pesanti catene che ti trascini, o sono loro a trascinare
te?,
dietro con passi sempre più pesanti e lenti. I vostri
carcerieri procedono al
vostro fianco, strattonandovi quando non mantenete il passo, il che
capita non
raramente. E mentre tu arranchi sofferente, loro ridono sguaiatamente,
dicendo
qualcosa nella loro lingua barbara, esattamente come sono coloro che la
usano:
rozzi, incolti e sguaiati. Niente di desiderabile, anche se ora tu sei
prigioniero
e loro i tuoi padroni. Meglio schiavo, ma Romano, che padrone ma
Barbaro.
Procedi
solo per orgoglio. Non vuoi dare loro la soddisfazione di vederti
cadere. Non
in queste condizioni. Se ciò accadrebbe, saresti finito, tu
che hai dimostrato
coraggio nel rivolgerti al barbaro, e i tuoi uomini, che si presume
siano della
tua stessa stoffa, e tu sai che lo sono.
State
camminando da quando il sole è sorto e anche se ora calano
le tenebre, i vostri
carcerieri continuano imperterriti a camminare. Non conta se la
temperatura sta
calando vertiginosamente, se state tremando dal freddo, nonostante
cerchiate di
nasconderlo, ed è da questa mattina che non mangiate.
Continuano a camminare o
cavalcare sui loro destrieri al passo, trascinandovi per la corda che
tengono legati
alla sella. Mentalmente imprechi, guardandoli di sottecchi con
frustrazione e
dolore, tua complice la Luna assente, che ti permette di lasciar
trasparire il
tuo odio, non visto nel buio della notte.
A
un tratto si fermano, si accampano, abbandonandovi, apparentemente,
lì. In
realtà sapete benissimo che non potete fare nulla, che anche
se aveste ancora
le forze per scappare, vi sarebbero addosso ancor prima che voi
possiate fare
un solo passo. Vi guardate in silenzio l’un
l’altro. Siete stati miracolati e
non sapete ancora se rendere grazie agli dei o meno per essere ancora
in vita.
-Vatreno…-
inizia Batiato guardandoti negli occhi che, nonostante il dolore che
trasmettono, non risplendono più della speranza che fino a
qualche mattina
prima brillava.
-zitto.
Non voglio più sentirlo nominare.- ribatti freddo, duro,
avendo già intuito
cosa ti volesse dire.
-Mangiate,
e copritevi.- dice una delle due guardie che si è avvicinata
al vostro gruppo,
dandovi delle rozze ciotole di legno con dentro qualche strano
intruglio e
delle coperte. Poi si allontanano.
Canidio
guarda la ciotola diffidente. –dite che possiamo mangiare?-
-Mangia.
Se avessero voluto ucciderci l’avrebbero già
fatto. E poi, hanno bisogno di
noi, uno schiavo morto non serve a nessuno.- rispondi duro,
più di quanto tu
stesso volessi.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1252179
|