il sangue dei detective

di kazuha89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un risveglio ..insolito ***
Capitolo 2: *** ricordi di dieci anni ***
Capitolo 3: *** i nuovi baby detective ***
Capitolo 4: *** Buon sangue, non mente mai ***
Capitolo 5: *** memoria velenosa ***
Capitolo 6: *** assenzio amaro ***



Capitolo 1
*** un risveglio ..insolito ***


Sognare per me non era mai stato un problema. Anzi, probabilmente era la cosa che mi veniva meglio..beh dopo il mio lavoro, si intende. Mai avuto un incubo in vita mia, mai.
Mia madre spesso si era chiesta come mi fosse ancora possibile, dopo tutto quello che in vita mi era capitato di vedere. Beh, domanda azzeccata, per quello. Normalmente, ai bambini piccoli non si dovrebbe mostrare niente di brutto o sconvolgente, altrimenti poi avrebbero delle ripercussioni o dei turbamenti. Anche i film, spesso e volentieri, mettono nelle fragili teste infantili idee o fissazioni sbagliate, ed è per questo che alcuni di essi sono vietati ad un pubblico troppo giovane. Giustissimo, niente da dire, però io a modesto parer mio, non mi sono mai sentito mentalmente influenzabile o..beh, innocente. Infatti, mentre intorno a me i miei compagni di scuola trasalivano davanti a una cruenta immagine da film horror, io o mi annoiavo a morte, oppure mi mettevo a disfare l’opera del regista, spiegando nel dettaglio come era possibile la scena in questione. Però quando lo facevo, puntualmente mi ritrovavo pungolato vivo dalle decine di occhietti malvagi dei miei compagni a cui, a loro parere, stavo rovinando il film, per cui nella maggior parte dei casi mi limitavo alla prima opzione: la noia.
La cosa mi urtava molto, devo dire. Non facevo niente di male, in fondo. Anzi, reputavo istruttivo per le menti innocenti dei miei compagni impauriti spiegare che il sangue che usciva allegramente dal collo mozzato della fanciulla di turno, era in realtà tintura rossa commestibile inserita in un dispositivo mimetizzato col trucco di scena attorno al collo della malcapitata, che veniva azionato dal vampiro un attimo prima di piantare i canini che, fingendo di ammirare il color sangue della pietra, premeva il pulsante di innesco a forma di rubino nel cameo appuntato sullo scollo del vestito della sua vittima. Una scenetta alquanto banale, a mio credo, ma molto interessante, se spiegata nel dettaglio. Non vedo proprio il motivo per mettermi ogni volta nel corridoio per il resto della durata del film..
Alla lunga, imparai a non condividere il mio sapere con chi non lo sapeva apprezzare, e mi dedicai anima e corpo al suo accrescimento. Mia madre e i miei insegnanti erano alquanto intimoriti da questa mia decisione, ripetendo ogni due per tre che stavo diventando un misantropo, che stavo escludendo il mondo dalla mia vita, ma la cosa non mi toccava: perché avrei dovuto coesistere con persone incapaci di capirmi e che io stesso ero incapace di capire? Al diavolo, dico io..esisteva eccome, un rapporto, secondo me: un rapporto di reciproco disprezzo e incomprensione.
L’unica stella in quel cielo buio di ottusità, era mio padre. Lui non diceva mai niente, quando mia madre si prolificava nei suoi eterni discorsi sull’esistenza da granchio eremita che mi stavo costruendo. Lui la lasciava sfogare, la calmava, le dava la sua tisana al tiglio e bergamotto, la ficcava sotto le coperte e, quando eravamo a quattr’occhi, mi caricava sulle ginocchia, mi abbracciava forte e col naso posato contro il mio mi diceva: Amore mio, lascia che tutti parlino quanto credono, di te. Rimarrà sempre qualcosa di non detto. Tu sei splendido esattamente come sei, secondo me. Ci vorrà molto tempo, temo, ma presto anche il mondo, lo capirà..
Lascia che parlino. Rimarrà sempre qualcosa di non detto..mio padre me lo diceva sempre, ed è una frase che ho imparato a tenere a mo’ di motto. La gente su un bambino con una mente come la mia avrebbe sempre trovato modo di mettere bocca, ma grazie a mio padre e alle sue parole, io trovai il modo di fregarmene. Col tempo, poi, come mio padre aveva previsto, il mio amato talento finalmente vide la luce che meritava. Scoprì infatti un posto dove le mie spiccate capacità intuitive, la mia insolita arguzia e il mio inusuale sangue freddo sarebbero state accolte a braccia spalancate: la polizia. A essere onesti, sin dai primi incespicati passi verso il mondo, la mia vita era stata sempre un po inclinata verso quella direzione. La mia passione per i gialli e i polizieschi era risaputa, e non c’era giorno in cui non nominassi quella che, ai miei occhi, era la mia figura di riferimento e la fonte di maggior ispirazione dopo mio padre: Sherlock Holmes.
Però avevo sempre creduto che diventare come il famigerato detective di tweed vestito fosse solo un utopia, un mito. Immaginate invece il mio stupore quando un ispettore di polizia amico dei miei genitori, mi vide all’opera e, presomi in simpatia, decise di prendermi sotto la sua ala protettrice. Toccare il cielo con un dito era ancora poco, ai miei occhi.
L’ispettore Megure fu una mano santa nel vero senso della parola. Lui e sua moglie non avevano avuto eredi e, immagino vendendo in me il figlio che non aveva avuto, mi trattava come se fossi sangue del suo sangue. Ogni volta che aveva un caso per le mani, mi portava con se per, parole sue, farmi le ossa sul campo. Era natale ogni volta. Il quell’ambiente, io ero nel mio habitat naturale. Mi veniva spontaneo osservare il luogo del misfatto in questione scovando celati qua e la, indizi che anche ai più esperti sfuggivano. Mi riusciva naturale spiegare le dinamiche di eventi solo osservandone il luogo d’origine e, infine, mi dava una sensazione favolosa smascherare davanti agli sguardi dei poliziotti attoniti i colpevoli, fornendo tutte le prove e incastrandoli in maniera incontrovertibile. Ah, era una droga per me, quel tipo di sensazione, ne ero assuefatto. Capivo meglio anche il mio eroe Holmes, quando estasiato scopriva la prova schiacciante e accusava il colpevole, e quando invece mantecava nell’agonia nei momenti in cui non aveva lavoro e doveva suo malgrado lasciare il suo eccezionale cervello a risposo forzato. Odiavo quando capitava a me. Nei periodi in cui c’era magra al distretto, io vagavo come un anima in pena per i corridoi di casa mia alla ricerca di cibo per la mia mente ingorda e affamata. Sfogliavo febbrile la vasta collezione di libri gialli di mio padre nel disperato tentativo di placare la mia smania di lavoro, ma invano: il brivido non era lo stesso, se era già scritto cosa fare.
Fortunatamente per me, al mondo la pace ha sempre vita cortissima, e i miei periodi bui non duravano mai più di un paio di settimane. Se ci penso adesso, mi ritrovo sgomento davanti alla mia stupidità. Avrei dovuto godere di quei brevi intervalli di pace, non sputarci sopra. Avrei dovuto approfittare di quei momenti per dedicarli ai miei affetti che, per colpa del mio lavoro, trascuravo alquanto.
I mie genitori, i mie amici..ma più di tutti lei, Ran.
Che male fa, ora come ora, ripercorrere quei momenti. Fa l’effetto della lingua che batte sul dente cariato. Pensare a tutti i momenti che avevo sprecato, alle occasioni che avevo sciupato..e solo perché? Perché ero ingenuamente convinto che ne sarebbero arrivate altre. Perché ero ingenuamente convinto di avere una vita davanti, per fare tutto. Perché ero ingenuamente convinto che niente mi potesse mai capitare, dato che ero sempre un passo avanti ai cattivi..
Si, sempre un passo avanti. Anche quella notte, ero sicuro di essere un passo avanti a loro. E lo ero, infatti. I cattivi, quella maledetta notte, erano giusto un passo dietro di me, e fu proprio questa la mia più grande rovina..
Sognare..meno male che non mi è mai riuscito difficile farlo, visto che, ora come ora, a volte penso sia la sola cosa che mi rimane. Sognare..
Sognare quelle giornate prive di pensieri, quei giorni in cui l’unica cosa che mi importava era vedere se la mia foto sul giornale era abbastanza bella e grande, i pomeriggi spensierati a farmi rincorrere da Ran sotto la pioggia perché dividessi con lei il suo ombrello,i risvegli la mattina a suon di botti provenienti da casa del Doc..sognare la mia vecchia vita, il mio vecchio io..
Sognare..dio solo sa cosa pagherei perché tutto questo non fosse altro che un sogno. Che darei per svegliarmi domani mattina, e stirandomi vedere le mie braccia lunghe e le mie mani grandi. Che darei per correre in bagno e vedere nello specchio il mio viso adulti imperlato di sudore e col respiro corto, mormorare: oddio..era solo un sogno..ho di nuovo la mia vita!
Ma non accadrà. So che non accadrà. I sogni indorano la pillola fino ad un certo punto, poi lo zucchero dell’illusione si leva e ti devi sorbire il retrogusto amaro della realtà. E la mia realtà è che, tra un minuto, la mia sveglia suonerà, e stirandomi rivedrò come sempre le mie piccole mani e le mie corte braccia, e nello specchio il visetto di bambino assonnato di Conan..
Sognare..mi chiedo se ne valga la pena, in fondo..
La sveglia, puntualissima come sempre, mi riscosse da quei pensieri deprimenti. Beh, meno male, pensai. Altri dieci minuti, e sarei andato in depressione.
“Su, poche lagne, la vita va avanti..da bestia, ma va avanti..” mormorai a me stesso. La luce filtrava in tanti fili lucenti attraverso le tende tirate, tenue e biancastra. L’alba, di fuori, non era ancora matura, ma mi ero abituato da tempo a svegliarmi prima di tutti. Per lo meno, evitavo di imbattermi nella grottesca figura di Goro prima mattina post- sbronza. Uno spettacolo non adatto ai deboli di stomaco..
Ancora assonnato e vagamente mogio da tutto quel pappone di pensieri lugubri, mi misi seduto sul letto, e mi stirai. E la mia mano sbatté contro la finestra, dolorosamente.
“Ahia..” mormorai, massaggiando le nocche. “Cavolo, che botta, fortuna che non ho rotto il vetro..ehi, ma un attimo..”
Mi ero bloccato con il mio pungo pulsante in mano. Lo sentivo strano..
Pian piano, lo tesi, e articolai le dita. Che sensazione insolita. Sembravano incastrate in qualcosa..qualcosa di lungo e sottile appeso alle punte delle dita..come dei tubicini.
“Ma..ma che diavolo ho alle dita?” dissi piano, e ne afferrai le estremità per levarmeli. Avvertì un tuffo allo stomaco: non erano dei tubi, quelli che sentivo..erano le mie dita!
Ma erano troppo strane, per esserlo. Erano sottili..lunghe..
Nel buio, tesi una mano verso la finestra, deciso ad aprirla per fare entrare la luce. La sensazione si ripeté: anche le mie braccia, sembravano diverse. Sembravano..dei rami attaccati alle mie spalle!
Presi piato, e afferrai il gancetto per aprire la finestra, ma prima di riuscire a girarlo, da dietro la porta della mia camera,avvertì un leggero bussare.
“Conan, amore, sei già sveglio? Dai che stamattina mi devi aiutare con le commissioni, me lo avevi promesso, sennò non ce la faccio!”
Era Ran. Però la sua voce aveva un che di strano. Forse era per via della porta chiusa.
“Ah..si, Ran, sono sveglio!”
Nel dirlo, mi portai una mano alla bocca, allarmato. La mia voce..la mia voce era diversa! Non era la solita vocina acuta da bambino. Era grave, matura..adulta!
Piombai con veemenza verso il balconcino della finestra, girai il gancetto e la spalancai. La luce entrò con l’intensità di un faro antinebbia nella stanza e nei miei occhi abituati all’oscurità, accecandomi. Quando, poi, finalmente mi ci abituai, con un po di incertezza tesi le braccia davanti a me. Mi sentì venire meno.
Le mie braccia..le mie mani..erano lunghe!
Passai le mani sul resto del mio corpo, stordito e incredulo. Si, non esisteva margine di errore: il mio corpo..era tornato grande!
“Oh dio..ma come diavolo..come diavolo ho fatto?” mormorai sconnesso. D’istinto, mi portai, una mano alla fronte. Niente febbre, ero fresco. Ma allora come..
“Conan! Dai, per piacere, mi fai fare tardi!”
Di nuovo ran da dietro la porta, mi chiamava. Mi venne un colpo. Non doveva vedermi, cosi!
“Ah..ecco..”
Mi morsi la lingua. Non potevo usare la mia voce, mi avrebbe beccato. Tossì e con tono acuto risposi: “Arrivo, Ran!”
“Beh, e ora perché hai quella voce? Oh, non mi dire che ti sei preso un’altra volta il raffreddore! Entro..”
“NO!” urlai. Se mi vedeva..che cosa mi sarei inventato, se mi vedeva?
“Oh piantala, ti conosco a memoria..” rispose lei ridendo, e aprì la porta.
La finestra era aperta, la luce entrava copiosa. Non potevo fare niente, ero in trappola. La guardai stagliata sulla soglia, senza sapere cosa dire o fare. Lei entrò, posò una pila di asciugamani sulla mia scrivania e si avvicinò al mio letto, circospetta. Lo sapeva il cielo cosa le stesse passando per la testa, in quel momento..
“Ran..” mormorai, colpevole. “Ascolta, so che non è facile, ma..”
Ma lei mi interruppe, e mi posò una mano sulla fronte.
“No, niente febbre, per fortuna. Su, apri la bocca..”
Confuso, obbedì. Perché? Perché era rimasta così indifferente? Non poteva esserlo davvero. Insomma, chi lo rimarrebbe mettendo a letto un bambino di sette anni e svegliandolo la mattina dopo invecchiato di dieci?
“Mh..no, le tonsille non sono gonfie, per quello..ti senti qualche dolore?”
Io denegai, allibito.
Lei sorrise.
“Ah meno male, allora. Probabile che fossi solo un po rauco per il sonno! Su, alzati adesso! Se oggi non mi dai una mano, sono perduta, lo sai.”
Detto questo, apri il mio armadio, e mi lanciò senza tante cerimonie un paio di pantaloni scuri e una camicia azzurrino chiaro, per poi uscire, diretta in cucina.
Io ero senza parole. Ma che stava succedendo? Perché si comportava come se fosse normale che Conan avesse quell’aspetto?
Mi misi i vestiti che mi aveva dato. Poi, prendendo bene fiato, presi il farfallino dal comò e mi diressi verso lo specchio dentro l’armadio, per sistemarlo. Mi prese un colpo.
Ero io. Non potevo sbagliarmi. Ero tornato davvero ad essere Shinichi Kudo.
Passai le dita tremanti su ogni centimetro del mio viso e del mio corpo, in presa alla confusione più totale. Come era successo? Non avevo sentito dolore, non avevo la febbre, non mi sentivo stanco. Eppure mi ero trasformato, ero tornato normale..
Ran rientrò in camera.
“Gli asciugamani..” disse, ridendo. “Uh..magari metti quelli blu, di pantaloni, che questi sono troppo pensanti. Ma..Conan, che fai con quel coso?
Ridendo, mi tolse il farfallino dalle mai, e lo rimise sul comò.
“Non lo porti da un secolo, che ti viene in mente? Dai, muoviti, il caffè è pronto!”
Uscendo, la senti apostrofare suo padre sull’ora, e sentì il vecchio Goro grugnire. Tutto normale, a pensarci bene. Lei che mi sveglia la mattina, mi prepara i vestiti, mi fa il caffè e sveglia suo padre, che le grugnisce dietro. Si, tutto normale..se non fosse che il mio corpo è adulto e lei mi chiama ancora Conan!
Ero decisamente nervoso. C’era qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione. Io..io ero Shinichi! Perché, però, lei mi chiamava Conan?
Che le era successo? Cosa le avevano fatto?
“Goro..” mormorai. “Goro..”
Si, il vecchio Goro era la persona che mi serviva. Lui odiava Shinichi, e se ero davvero io lo avrei visto scritto sulla sua faccia. E poi sicuramente lui sapeva perché sua figlia mi chiamava Conan..
“Goro!” lo chiamai, camminando veloce per la casa. “Goro!”
“Che ti strilli? sono qui..” sentì rispondere. Veniva dal salotto. Correndo, lo raggiunsi. Trovai Goro seduto sul divano, una tazza di caffè in mano, la sigaretta tra i denti  e il giornale.
“Goro..Goro, guardami, per favore..”
Lui posò il giornale sul tavolino, e si voltò a guardarmi. Nel secondo in cui incrociammo gli sguardi, provai una sensazione insolita. Goro..sembrava diverso. Il suo viso, era diverso. Era sempre lui ovviamente, coi suoi baffetti, i capelli impomatati, l’odore di fumo e l’aria di uno che ha decisamente esagerato la sera prima..ma sembrava in qualche modo sciupato. Sembrava..vecchio.
“Beh? Che dovrei vedere, sentiamo..” borbottò.
Io deglutì.
“Non vedi..niente di strano?” gli chiesi.
Lui inarcò un sopracciglio.
“No..ah, Aspetta..”
Mi fece cenno di avvicinarmi. Io scavalcai il divano e gli sedetti accanto. Lui, posò la tazza di caffè, e mi fissò intensamente, fregandomi un dito sul viso. Poi sbottò, e mi mandò in faccia una nuvola di acre fumo puzzolente.
“No..no, falso allarme, sei il solito bamboccio..” grugnì, spiegazzando le pagine del giornale per aprirlo meglio.
“Perché, che credevi di aver visto?” gli chiesi.
“Barba..” rimbeccò distratto dalla pagina delle corse. “Mi sembrava di vederne un po su quelle tue guancette da lattante..perchè, tu che volevi farmi vedere, Conan?”
Ero ufficialmente nel pallone. Ma che accidenti era successo a tutti? Era uno scherzo, forse? Mi avevano visto trasformarmi, e ora cercavano di farmela pagare con questo assurdo comportamento di indifferenza? O forse..mi avevano visto trasformarmi e si comportavano con nonchalance per evitarmi dolorose spiegazioni? No, erano teorie assurde. Nessuno sano di mente, lo farebbe. E poi, pure che fosse..perchè se avevano capito o visto tutto, mi chiamavano ancora tutti Conan?
“Ma..ma non lo vedi, accidenti? Sono grande! Sono diventato un adulto!”
Lui rise.
“Un adulto? Ma se puzzi ancora di latte, fammi il favore..”
“Oh, non capisci un cavolo..” ringhiai. “Sono diventato grande..sono diventato Shinichi!”
Lui si voltò mesto verso di me, e mi afferrò per il bavero. Era livido di rabbia.
“No..” ringhiò, irato. “Tu non sei diventato come quell’avanzo di galera, chiaro? Io ti ho cresciuto in maniera esemplare, con molto più sale in zucca e molto più sentimento. Me ne frego se gli somigli..tu non sarai mai come lui..”
“Papà, piantala, per piacere, lo sai che così fai peggio..”
Ran era entrata in salotto. Goro mi lasciò andare.
“No, cara, lo correggo prima che devi. Non permetterò a Conan di diventare come quel disgraziato..”
“Smettila con quei termini. Non mi va che li usi..”
“Io non smetterò mai di sparlare di quell’elemento, lo sai..”
“Tutta invidia..”
Una voce acuta ma saccente era venuta dalla cucina. Io mi voltai. Chi era?
“Che hai detto?” ringhiò Goro.
“Niente, parlavo coi biscotti..” rimbeccò la voce.
“Ah, ecco..Ah, venendo di qua, portane un po anche al nonno!” disse Goro, ridendo soddisfatto.
“Si, si..” rispose la voce. Un attimo dopo, fece ingresso nel salotto la cosa più scioccante mai vista in vita mia. Lì, in carne e ossa, con indosso un maglioncino color panna, armato di biscotti al forma di animali al cioccolato e con un paio di occhiali identici ai miei, stava niente meno che..Conan.
“Ah, grazie, tesoro mio! E non le dire più quelle cattiverie al nonno, ok?” disse Goro pizzicandogli una guancia. Conan, o meglio il suo clone, lo guardò con aria di sufficienza.
“Cattiverie?” disse, afono.
“Eh si! Vedi, il nonno non ha invidia di nessuno, perché nessuno è meglio del nonno, chiaro?”
Conan lo guardò per un paio di secondi. Poi fece una specie di sorriso.
“Oh, certo, chiaro..” rispose.
Goro gli fece un buffetto, e il bambino gli mollò in grembo i biscotti, per poi girare i tacchi e dirigersi verso il bagno. Passando, mi fece cenno di seguirlo. Riluttante e stordito, lo seguì.
“Ignoralo..” disse, prendendo il suo spazzolino. “Parla perché ha la bocca, ma lo sa meglio di me e te messi insieme chi lo ha mantenuto in questi anni..”
“Certo..” risposi, senza smettere di fissarlo. Era la cosa più assurda del mondo, tutto quello che mi stava succedendo. Chi era questo bambino? È perché aveva l’aspetto di Conan? E io..perchè ero adulto e venivo chiamato Conan?
“Scusami, non volevo sbottare, ma a volte non riesco a darmi un freno. Ceto che però anche tu, dire che sei Shinichi..sei diventato scemo, per caso, fratellone? Lo sai che quando Goro è nei paraggi, quel nome suona come una bestemmia..”
“No..si,scusa, io..come mi hai chiamato?!”
Il bambino si voltò a guardarmi.
“Fratellone, come dovrei chiamarti, altrimenti?Oh cielo, mi chiedo che ti prenda stamattina. Prima rompi al nonno dicendo che sei Shinichi, e ora mi chiedi come ti chiamo. Beh, poco importa, adesso dobbiamo andare. Lo zio e Ellery arrivano tra poco..”
Sputò nel lavandino il dentifricio che aveva in bocca, si diede una rapida sistemata e usci quatto quatto dalla stanza. Poi, facendomi l’occhiolino, mormorò fingendo di urlare verso il salotto:
“Critica quanto ti pare, vecchia spugna! Tanto, caro il mio nonnino, neanche in cento anni riuscirai mai a eguagliare Shinichi Kudo!”
“Arthur..”
Ran era arrivata in silenzio alle spalle del bambino.
“Ah..ciano,non ti avevo vista..”
Ran si chinò verso di lui.
“Non chiamare il nonno in quella maniera, per favore..” disse Ran, ma trattenendo un sorriso.
“Papà lo fa!” sbottò lui. “E anche il fratellone!”
Ran mi guardò con aria di rimprovero.
“Lo so..” rispose. “ma loro sono grandi, tu sei piccino, devi portare rispetto..”
“Lui non lo fa..Insiste nel dire che Shinichi è questo, Shinichi è quello. Non mi va! Odio quando parla così..”
Ran lo strinse a sé.
“Anche a me non piace, ma lo sai che il nonno è arrabbiato con lui perché è sempre lontano. Però l’importante è che io te, lo zio e tutti gli altri gli vogliamo bene. Ok, amore?”
Il piccolo parve riflettere, poi annui.
“Bravo. Ti voglio bene, tesoro..e anche papà te ne vuole.”
“Anche io ve ne voglio..”
Ran sorrise dolcemente e lo lasciò finire di lavarsi. Io,dal canto mio,non avevo una sola goccia di saliva in bocca. Forse avevo capito..ma non potevo crederci.
“Uff, quella donna è una santa. Sempre a mettere pezze su tutto..dai, muoviti, che è tardi..” e fece per uscire dal bagno.
“Arthur..” mormorai. Lui si fermò.
“Dimmi.”
“Shinichi..tu gli vuoi tanto bene, vero?
Arthur rise.
“Beh direi..”
“E..vuoi bene anche a Ran, vero?”
Arthur mi guardo confuso.
“E perché non dovrei..sono i miei genitori, in fondo, no?”
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** ricordi di dieci anni ***


Tempo fa, mi è capitato di imbattermi in un documentario su dei tipi che di mestiere facevano i pescatori di granchi. Mestiere a dir poco sorprendente. L’inferno è nulla a confronto di quello che quei marinai devono sopportare durante una battuta: tempeste, maree infuriate, climi al limite dell’umano e, a volte, spietata concorrenza da parte di altre barche. Non mangerò più un granchio con troppa leggerezza, garantito.
In una di queste “giornate tipo” da pescatore di granchi, uno dei marinai ha avuto un incidente sul ponte. Mentre cercava di far ripartire il generatore di corrente zompato per colpa di un calo di pressione, involontariamente ha messo le dita su un filo scoperto, e si è beccato una scarica di corrente in tutto il corpo. Ci è rimasto, ho pensato. Invece no. Il marinaio è riuscito a portare a casa la buccia grazie agli stivaloni in gomma. L’elettricità non lo ha colpito a pieno per via dell’isolamento della gomma. Però non è che stesse bene. Ha barcollato senza meta sul ponte della barca finché un collega, notando la cosa, gli si è avvicinato e, come riferisce lui stesso, ha sentito odore di bruciato. Proprio l’odore gli ha fatto capire la dinamica dell’incidente, perché la vittima non era in grado di proferire parola sensata, solo un mucchio di versi sconnessi. Il poveretto ha passato un tre - quattro giorni in branda sorvegliato a vista, per paura che avesse un qualche attacco dovuto al sovraccarico di corrente nel corpo.
Mi sono impressionato a vedere quell’uomo. Sarà stato due volte me sia per altezza che per stazza, eppure sembrava su un altro pianeta, dopo la scarica. Dondolava, ciancicava, il suo sguardo era perso nel vuoto. Non riuscivo a smettere di pensarci: chissà che cosa provava..
Beh, chi l’avrebbe detto, sto nella sua situazione, adesso. Non ho subito alcuna scarica, ma con la bella sorpresa che mi ha aspettato stamattina al mio risveglio, lo shock è papale papale.
Ieri sera, mi sono messo a letto che avevo 7 anni, lo ricordo benissimo. Ma stamattina, sa dio come, sono adulto!
Si, ormai non c’è margine di errore: Conan Edogawa è diventato un adulto.
Mi sento da bestia. Sto camminando come quel pescatore folgorato per le strade di una città in cui so di essere cresciuto, ma che non riconosco. Si, pure quello, ci voleva.
La mia città, la mia Beika, è cambiata dal giorno alla notte: i negozi, i locali, gli edifici..tutti sbagliati, non corrisponde niente! Riconosco il quartiere, la morfologia delle strade, ma non portano più dove sapevo io.
Il giornalaio dove prendevo le figurine da piccolo, ora è un negozio di cd, il mini market ha messo su minimo tre taglie, e il mio amato negozio di libri e fumetti..una boutique! Questo poi, lo prendo sul personal. Perfino la fruttivendola, che era li dai tempi delle elementari, dove ran sin da piccola si fermava a prendere frutta e verdura era sparita..
Mi lasciavano un vuoto incolmabile, questi cambiamenti. Magari se il tutto fosse avvenuto più gradualmente, avrei pure potuto abituarmi, ma cosi era inconcepibile.
E le persone erano pure peggio.
Camminavamo in giro per la città da circa mezz’ora, quella mattina, Ran aggrappata al mio braccio e il piccolo Arthur appeso alla mia mano, intenti a svolgere le commissioni. Durante queste, mi ero imbattuto in diverse persone di mia conoscenza, alcune con cui Ran si era pure soffermata a parlare. Io le osservavo sconvolto. I loro visi..sembrava ci fosse un velo sopra, un velo opaco. Vedevo sulle loro facce un alone di vecchiaia innaturale. Non ero quasi stato in grado di parlarci.
Come era potuto accadere? Come aveva fatto, il tempo, a passare senza che me ne accorgessi? Ran e gli altri in casa non davano segno di alcuno stupore per nulla. E allora come?..
Ran. Mentre Arthur si crogiolava davanti ad un negozio di modellini, mi soffermai a guardarla. Grazie a dio, su di lei quel velo di vecchiaia non era calato. Lei era rimasta uguale, col suo sorriso dolce e quell’aria da bambina che mi piaceva tanto. Però si vedeva che in qualche modo era cambiata. La guardai osservare Arthur, e vidi nei suoi occhi la classica luce della mamma brillare vivace. Mamma..
Mi voltai verso il bambino, che in quel mentre cercava di appiccicare il più possibile il naso alla vetrina senza spaccarsi il setto. Ran era diventata mamma, vero, ma anche io..ero diventato..papà.
Mi sentì lo stomaco contorcersi come le spire di un pitone. Io, padre? Ma in che mondo deviato era successo? Eppure lui era lì, davanti a me.
“Hei, fratellone, butta un occhio, è la macchina di papà..dio, che sballo!”
Mi prese per la manica della giacca e mi trascinò al suo livello indicandomi un modellino piuttosto bello di una Ferrari Dino. La mia macchina, vero..i miei me l’avevo presa per i miei 21 anni già quando ne avevo 14. Papà non aveva resistito ad un affare, me lo ricordo bene. Mamma aveva urlato per ore, quella volta..
“Io..Shinichi la guida davvero?” chiesi.
Arthur annui, luminoso.
“La nonna non è molto contenta ma si, la guida. Non vedo poi perché criticare, dal momento che lei stessa ha una guida pressoché omicida..”
Mise su un espressione esasperata, scosse la testa e si ripiantò col naso sul vetro. Mi sorpresi a ridere. Lui mi guardò confuso.
“Perche ridi, adesso?”
Io scossi il capo.
“Niente. Pure..pure tuo padre faceva quella stessa faccia, parlando della guida della m..della nonna. Tu..gli somigli tantissimo, sai?”
Arthur si grattò il naso imbarazzato.
“Lo so..ne vado molto fiero, infatti..” e mi sorrise. Mi si strinse il cuore. Fiero.. Arthur era fiero di essere..mio figlio..
Mio figlio..ora capivo molte cose. Per il resto della mattinata, mi trastullai nella compagnia di quella creatura, confuso e felice allo stesso tempo. Non avevo mai nutrito particolare simpatia per i bambini, specie dopo la trasformazione. Eppure Arthur..Arthur era come una droga per me. Ogni suo movimento, ogni espressione, ogni parola o modo di dire e fare..ai miei occhi erano straordinari. Era spaventoso quando fosse simile a me. Il modo che aveva di camminare, di esprimersi, i suoi gusti in fatto di svariati argomenti..ero io in miniatura!
Però era strano..non mi ero mai soffermato sul mio aspetto, quando ero piccolo..in nessuna delle due occasioni in cui lo ero stato. Mi ero sempre trovato ordinario, francamente, nulla di che. Eppure, più guardavo Arthur, che era la mia copia sputata, più pensavo..che fosse il bambino più bello del mondo. Soprattutto il viso. A un primo sguardo, si sarebbe detto che aveva preso tutto da me. Invece aveva in serbo una sorpresa, che per poco non mi spinse alle lacrime. Un soffio di vento un po troppo forte gli aveva spinto una foglia umida sulle lenti degli occhiali, ed era stato costretto a toglierli per pulire via l’acqua. Tolta per bene, si era voltato verso di me protendendo gli occhiali puliti per vedere se erano rimati aloni, e per la prima volta lo avevo visto senza i vetri sulla faccia. Gli occhi..non erano i miei. Arthur non aveva preso il bizzarro color cobalto tipico dei maschi Kudo. No, gli occhi di Arthur erano di quel color indaco che conoscevo fin troppo bene..
Si, Arthur era il mio stampo..ma aveva preso gli occhi di sua madre, gli occhi della mia Ran.
Non c’erano dubbi, Arthur, con il mio naso arricciato e gli occhi di Ran era uno spettacolo per gli occhi. Decisamente incoerente, il punto di vista di un padre, direi..
“Oh grazie a dio, è finita. Mi faccio tutti i gironi dell’inferno, la prossima volta, piuttosto..”
Ran era sfinita. Avevamo passato la mattinata a girare come degli invasati per negozi comprando qui e la varie cose. Carichi come muli, a pochi minuti dall’una, eravamo sprofondati in una panchina.
“Ah non venire a batter cassa qui, mamma, io non ti ho certo spinta a rimandare tutte le commissioni fino a limite, hai fatto tutto da sola..”
Ran inarcò le sopracciglia aprendo un occhio.
“Dio..e sto anche a chiedermi come mai a volte tuo padre non mi manca..”
Arthur mandò il naso per aria con fare stizzito.
“Se fosse qui, non ti permetterebbe simili errori. Ridursi all’ultimo minuto per tutte queste cose..meno male che il fratellone è rimasto a casa per aiutarti. Ma ho la sensazione che gli avresti faccio bigiare la mattinata comunque, se anche non avesse potuto. Da sola, saresti affogata nei sacchetti e nelle buste molti negozi fa, credo bene..”
“Oh chiudi il becco, avvocato del diavolo! Tuo padre nemmeno si sarebbe ricordato che a tuo zio servivano queste cose, sai  saputello? E lo vorrei  proprio vedere, il signorino, a fare spese con le massaie inferocite a caccia di saldi che ti intasano le corsie dei negozi. Farebbe una strage, conoscendo la microscopica particella di pazienza che ha..”
Mai verità più vera fu detta. Se non fosse che ero distratto dai cambiamenti attorno a me e dal bambino, avrei fuso molte ore prima..
Arthur decise di patteggiare.
“Te la do per buona..almeno lo zio non potrà lamentarsi, gli abbiamo preso pure roba extra..”
Mi riscossi dai dolori di quella frenetica mattinata di shopping. Lo zio.. anche stamattina avevo sentito nominare questo fantomatico “zio”. Da che ne sapevo io, i genitori di Arthur erano entrambi figli unici, quindi doveva essere uno zio metaforico. Ovviamente chiedere, però, poteva suonare strano da parte mia, per cui, decisi di tacere. Comunque se Arthur e Ran lo conoscevano, e il piccolo lo chiamava addirittura zio, non doveva essere un estraneo o una persona di scarsa fiducia.
Arthur guardò l’orologio al polso di sua madre.
“All’una aveva detto, no? una e dieci, è in ritardo.. Ok che comunque parlare di orari con quell’uomo, è un paradosso..”
“Polemico come il tuo amato paparino, eh, arty? A strozzarvi entrambi, il mondo farebbe un affare..”
Mi si seccò la gola. Quella voce..conoscevo perfettamente quella voce. Ma non avevo il fegato di voltarmi. E se anche lui fosse cambiato?
“Non sono polemico, sono coerente, zio..”
“Sei un tarlo nel mocassino! È stata colpa del treno, tanto perché tu e il fisco lo sappiate. Ora, hai altre sentenze da sputare, o mi è concesso un abbraccio dal mio amato nipotino?”
Arthur fece una smorfia, poi però rise e spiccò la corsa. Lo sentì ridere di gusto.
“Mi sei mancato tanto anche se non rispetti gli orari, zio..”
“Anche tu mi sei mancato, piccolo mio. Fammi dare un occhiata.. Dio..ogni minuto che passa, diventi tuo padre un po di più. Ran, amore mio, mettiti una mano sulla coscienza, e metti fine a questa cosa prima che sia troppo tardi..”
“Temo sia già troppo tardi, mio caro. Alla genetica non si può scappare, lo sai meglio di me. Lo posso avere anche io, il mio abbraccio? Sei mancato molto anche a me..”
“Per te la luna se me la chiedi, bambolina mia..”
Bambolina. Ora avevo fondamenta per mi miei sospetti..e ancor meno voglia di guardare in faccia la realtà.
“Sembri in forma, Ran, un peso in meno per le mie spalle, benone. Vorrei però avere questa certezza ogni giorno, piccola. Sei davvero sicura di non voler venire con me al paesello? Mi farebbe dormire meglio, sapere sempre che tu e il bambino state bene, e a casa mia lo sai che siamo tutti dello stesso avviso..”
Sentì ran sospirare.
“Lo sai che non posso. Arthur ha la scuola, papà ha bisogno di me, e..”
La sua voce ebbe come una nota incrinata. Lo “zio” parve captare il pericolo.
“No, no,no, ok, va bene, tranquilla, va bene anche così, non mi cambia spostarmi, ogni tanto. Hai ragione, sballottare il piccolo sarebbe sbagliato, il vecchio Goro poi lo troveremo sul giornale se marchi visita per più di due giorni e..lui mi tirerebbe il collo, se sapesse che ti ho portata via con me, lo so..”
Lui..bene, sono entrato ufficialmente nel discorso. Questa cosa non era cambiata, ti pareva. L’unica cosa che avrebbe dovuto sparire..era rimasta.
“Hei tu.. hai in mente di rimanere là ancora per molto? Sarai pure immerso fino all’orlo nella pubertà, ma non sono disposto a scendere a compromessi, voglio il mio abbraccio!”
Sentì un passo sicuro e pesante incedere verso di me. Oddio..potevo sopportare il viso invecchiato di chiunque, ma il suo..
Una mano sulla mia testa. Persino la presa, era inconfondibile.
“Hei, moscardino, parlo con te.”
Ingoiai l’aria, presi fiato, e mi voltai.
Un tuffo al cuore. Era lui, l’abbronzato detective del Kansai che aveva sempre millantato di essere il mio migliore amico, e che poi effettivamente lo era davvero: Heiji Hattori, in persona.
Rimasi qualche secondo a guardarlo, in piedi davanti a me, sperando di non passare per matto. No, non si poteva dire che non era cambiato, in effetti. Oddio, ovviamente si capiva che era lui, stesso sorriso luminoso, stessi occhi pieni di vitalità, stessa faccia da schiaffi. Era lui, il solo e unico Heiji Hattori, diffidare dalle imitazioni, come diceva sempre lui. Però in qualche modo, sembrava diverso. La sua aria da sbarbatello era stata surclassata da un qualcosa di adulto, in un certo senso. Anche il fisico e il look erano notevolmente cambiati: non indossava più jeans slavati, felpe e quel cappellino SAX. No, il nuovo heiji indossava una giacca color panna, una maglietta nera e dei jeans bianchi. Ed era anche più alto e meno magro. E la sua mano, sulla mia testa, mi sembrava più grande e più forte del solito. Era sempre il vecchio Heiji, ma era inequivocabilmente diventato un uomo.
“Allora? Sto diventando vecchio..”
“Lo vedo..” mormorai, e lo cinsi forte a me. Era da tempo, che non capitava. In genere, mi sistemava sulle sue spalle o sotto al braccio per portarmi in giro, ed era parecchio umiliante. Quello, invece, era un abbraccio da pari a pari, ed era decisamente meglio.
“Oh si, ci siamo, ragazzino..come stai, eh? Tutto ok?”
Io lo guardai, e nel suo sguardo, vidi qualcosa che mi fece annodare la gola. Una nube..di tristezza. Che significava? Perché quella faccia.
“Heiji..” mormorai.
“Dica.” Disse lui, facendomi un cenno di invito a parlare. Io lo guardai, eloquente. Chissà se si capiva lo stesso, con un altro viso..
Lo vidi osservarmi circospetto per qualche istante, poi fece un cenno leggerissimo, e batté le mani.
“Le sigarette! Maledetto cervello, papà mi arrostisce se me le scordo..però vi ho fatto vagare come mendicanti di Calcutta fin troppo, per i miei comodi..va beh, mea culpa, meo danno, le prendo io..”
“Ma no, Heiji, tranquillo, le vado a prendere io!” disse pronta Ran.
Heiji sorrise amabile.
“No, tesoro, lascia fare a me. Tu porta il ranochietto a casa, che sono certo ne abbia avuto abbastanza di shopping per tutte le vite di un gatto. E poi..vorrei poter bene al più presto quel tuo caffettone con la panna, che a me stessi lì una settimana, non viene mai..”
Ran sorrise ammirata.
“Beh tu non sei me, per cui..”
“Ecco, quindi tu che hai il talento, ti becchi il lavoro. Fila a farmi il caffè! Io e l’amico Jo qui non tarderemo, promesso..”
Heiji mi agguantò per la vita e mi trascinò nel traffico. Ran e il piccolo ci fecero dei brevi saluti, poi presero una laterale, e sparirono alla vista. Che strana sensazione di vuoto, mi diede, separarmi da loro..
“Bene, le orecchie indiscrete sono andate. Ora, sputa il rospo, soldato, che ti preme?”
Io lo guardai, quasi esasperato.
“che mi preme? Guardami, secondo te, che mi preme?”
Lui fece un passo indietro, scrutandomi.
“Non vedo niente, francamente..ti sei dimagrito, forse?”
Io sbuffai.
“No, anzi, ho buttato su peso..”
“Ah bene, ti serviva un po di roba appesa a quelle ossa tremolanti..”
“Eh si..pensa, ho buttato su in una notte la bellezza di 50 chili!”
Heiji mi guardò interdetto. “Che?” disse.
“Heiji..ti prego..dimmi chi sono!”
Drastico, lo ammetto. La risposta avrebbe potuto benissimo causarmi il più grosso shock della mia vita, ma quel limbo ormai era invivibile, per me.
Heiji mi guardò un po stralunato. Poi però sorrise conciliante, e mi prese il viso tra le mani.
“Certo che ti dico chi sei, finché non mi si seccano le vie respiratorie te lo dirò. Tu sei il mio fratellino, il mio migliore amico, la persona che è lo specchio della mia anima. Tu sei Shinichi Kudo, il grande detective.”
Per un secondo provai a resistere, poi però i nervi cedettero e mi abbandonai contro la sua spalla. Era un sollievo immane, saperlo. Non ero pazzo, ero davvero io. Ma allora..
“Heiji, non capisco più niente. Perché se tu dici che sono Shinichi..tutti mi considerano Conan?”
“Beh..perchè tu per loro sei Conan, Kudo, lo sai..”
“Ma..guardami! non sono Conan, sono palesemente Shinichi, dai!”
Heiji mi mise le mani sulle spalle.
“Kudo..mi spieghi che diavolo cerchi di dire?tu sei Shinichi Kudo, su questo non transigo, ma..questo qui è il corpo di Conan, non il tuo, lo sai! Ovvio che sono simili, dato che Conan è la versione di Shinichi da piccolo, ed è quindi ovvio che adesso che sei grande, tu sia uguale a prima del farmaco, quando avevi come adesso 16 anni, no?”
Lo fermai.
“Cosa?” dissi, un filo di voce.
“Ho detto che è ovvio che siano si..”
“Quanti anni hai detto che ho?”
Heiji fece una smorfia di sorpresa.
“Come quanti anni hai? Ne hai 16, 17 ormai..ah beh però se intendi da Kudo, ne hai quasi una trentina, come me..Kudo, ma che fai!?”
Ero crollato, li sul marciapiede davanti al parco. 16 anni.. Conan Edogawa aveva 16 anni. Mi ero svegliato..10 anni..nel futuro?
Heiji mi raccattò da terra di tutto peso.
“Kudo, che hai? Santo cielo..ok, calmo, adesso ti porto a casa..”
Lo afferrai per la giacca.
“No, niente casa..posto sicuro..dobbiamo parlare ancora..” biascicai, senza fiato.
Lui mi guardò un po allarmato, ma mi accontentò. Mi trascinò nel mezzo del parco, su una panchina isolata sotto un salice, lontano da occhi indiscreti. Li, lentamente, presi fiato, sorseggiando piano l’acqua fredda di una fontanella. Dopo un po, la frescura di quelle fronde e l’acqua, mi ridiedero energia.
“Ok, sto bene, adesso..” mormorai, e mi lasciai cadere lungo sulla panchina. Heiji appallottolò la sua giacca e la infilò sotto la mia testa, ancora un po’ preoccupato.
“Gesù, Giuseppe, Maria e tutto il presepe, Kudo..se hai in mente di ammazzarmi per levarti la concorrenza pesante di torno, infila il phon nella mia vasca da bagno:  fa meno male e me ne vado al creatore bello profumato, e non sudaticcio per colpa di un dolorosissimo infarto,ok?”
“Scusami..” mormorai, ancora supino con lui che mi guardava seduto sull’erba vicino a me. “Non ti sedere sull’erba con i pantaloni bianchi, li macchi..”
“chissene, almeno mi libero di altre macchie molto più imbarazzanti. Quando hai girato gli occhi e sei caduto per terra, me la sono letteralmente fatta sotto..”
Avevo le forze di un gattino, ma non resistetti a scoppiare a ridere. Heiji mi seguì a ruota.
“Ah kudo, non smetterò mai di farmi venire la neve nelle vene con te, eh? Comunque, si può sapere che ti è preso? Prima mi chiedi chi sei, poi quanti anni hai, e quando ti rispondo, finisci lungo sull’asfalto. Che succede, eh?”
Sospirai, e mi tirai a sedere. Heiji mi si mi sedette di fronte, serio, in attesa.
“Ok, libero di non credermi, in primis, ma..io non ricordo..non ricordo niente di quello che è successo negli ultimi dieci anni. Non è mai successo, per me, in pratica..”
Heiji inarcò le sopracciglia.
“Prego?” disse.
“senti, lo so che è assurdo, ma è la verità! L’ultima cosa che ricordo è che mi hai telefonato prima che mi mettessi a letto, ieri sera..”
“Esatto..” disse lui, annuendo. “ti ho chiamato per dirti che sarei arrivato all’una, ritardo dei treni permettendo, certo..”
“No! non era per i treni, per niente! Tu ieri sera mi hai telefonato inferocito e biascicante, dicendo che nel pomeriggio eri stato dal dentista a farti togliere il dente del giudizio, che Kazuha per passarti Guerra e Pace dalla scrivania, ti aveva preso in pieno sui punti, e che prevedevi la nottata in bianco per il dolore..questo mi hai detto ieri sera, e io avevo solo sei anni, quando tutto questo accadeva, ieri sera!”
Heiji aveva sbarrato gli occhi, mentre parlavo, allibito. Poi,lo vidi passarsi la lingua da qualche parte in fondo alla bocca, riflettendo. Poi, lo vidi assumere piano un ‘espressione sbalordita.
“E’ così..Kazuha mi ha fatto saltare i punti in bocca, quella volta..mi ha passato il libro convinta che la stessi guardando, e invece ero di spalle.  L’ho visto arrivare tardi, e l’ho preso dritto in faccia..ma Kudo..ho tolto il dente del giudizio 9 anni e mezzo fa..non ieri sera..”
“Vedi?  eppure io ricordo che era ieri sera! Io di quanto sta succedendo qui, non so niente! Non riconosco i luoghi, i negozi..le persone, Heiji!
“Ok, calma, adesso, fammi capire..mi stai dicendo che tu, da quella sera in poi..non ricordi niente? La nascita di tuo figlio, il tuo matrimonio.. Mai successo?”
Io denegai.
“Bestie mai viste. Stamattina stavo collassando, quando mi sono specchiato e ho visto il me sedicenne, credevo di essermi trasformato nel sonno, vedi tu! Poi Ran ha iniziato a chiamarmi Conan, e sono andato in crisi. Sono andato da Goro, e pure lui mi dava del matto, se dicevo di essere Shinichi..”
“Hei, no, piano..hai detto al vecchio chi sei? Sei diventato matto, per caso?! Già quello non tollera ti si nomini in casa sua, figurati se il suo adorato figlioletto, che lui sa perfettamente a chi somiglia, va a dirgli che è il suo nemico giurato! È un miracolo che non ti abbia freddato..”
“Si ma il punto è..perchè io ieri sera avevo sei anni e stamattina sedici, eh? Me lo spieghi?”
Heiji si passò le mani nei folti capelli castano scuro, meditabondo.
“Fratello mio di madre diversa, non so che dirti. Io ieri sera ti ho parlato, ma eri cosi, non un pargolo. Uff..no, l’unica che può fornirti la risposta che cerchi so io chi è..”
“Chi?” chiesi, ansioso.
Lui aggrottò la fronte e assunse un tono lugubre.
“la sposa di Satana..” disse, agitando le mani con fare mistico. “Meglio nota come..Ai Haibara.”
Io picchiai un pungo sul tavolo. Ma si, certo, chi meglio di lei!
“sfortunatamente, mi risulta che sia nel Sapporo con il suo centauro, al momento..tonerà domani, per l’inizio della scuola, immagino..”
Io lo guardai, sgomento.
“Ce..centauro?”
Heiji mi guardò, poi scoppiò a ridere.
“Ok, lascia stare, se partiamo da li, non serve a un tubo. No, per sapere come, serve lei, ma..per sapere cosa..basto io!”
Tuffò la mano nella giacca e ne estrasse un coso minuscolo tipo mini televisore.
“Che hai, e solo un palma..oddio, nemmeno della tecnologia moderna, ti ricordi?” disse, con fare sorpreso.
Io denegai. Lo guardai destreggiare con le dita, scivolando su quel piccolo computer con fare tranquillo, incapace di capire che diavolo stesse facendo. Wow, ecco come si sentiva mia madre quando impazziva per mandare i messaggini..
“Oh ecco qua..non sono tutti i dieci anni che ti servirebbero, però..è un riassunto dei migliori episodi, diciamo, un medley..ci sei?”
Io annui, un po nervoso. Chissà se ero davvero pronto..
“ok..partiamo dall’evento meno recente. Qui, avevi si e no 10 anni, tenerino..”
Toccò un quadratino su quel suo mini PC, e un immagine si ingrandì a tutto schermo. Era una festa, a casa di Heiji.Mi visi seduto sul tavolo, abbracciato da Ran e Kazuha, un orrendo cappellino a punta in testa, l’espressione di chi ha appena baciato una capra in viso.
“Ecco..questa è la festa dei miei 20 anni. Che serata! Mi hai regalato questo,quella volta, il più bello dei regali ricevuti..”
Mi mise il polso sotto al naso. Un bel braccialetto in oro giallo pendeva luccicante. Al centro, una targhetta.
“C’è inciso il mio nome, Heiji. E sotto, il nostro sogno..
Girò la targa. C’erano incise le parole: Hattori & Kudo.
“Anche tu, in gran segreto, avevi compiuto 20 anni, ma non avevi potuto festeggiare. Cosi, di nascosto, io e te siamo andati a festeggiare: ti ho portato a fare un giro della stazione di polizia di Osaka, quella dove da sempre volevi andare a fare un giro. E’ stata una giornata super..”
Mi morsi il labbro. La stazione di polizia di Osaka..perchè non me lo ricordavo?!
“E’ stato allora che ci siamo fatto la promessa: io e io, fianco a fianco, a combattere il crimine. Una filiale a Osaka e una a Tokyo, per stare più larghi durante le indagini. Nella tua filiale il cognome Kudo è davanti, ma nella mia..”
E indicò il bracciale.
“Davanti c’è il mio..”
Io sorrisi. Che bel sogno, era..
“Poi, vediamo..Beh, molto vorrei che lo vedessi coi tuoi occhi, per cui non rovinerò tutte le sorprese..ok, passiamo alla roba tosta..oh,il tuo matrimonio!”
Mi parve di avere un fico d’india nella carotide. Il mio..matrimonio!
“Eccoci qua..ahaha, guarda che branco di contadini, uno più fuori dell’altro..”
Apparve sullo schermo una foto che ritraeva un gruppo di persone. Riconobbi Sonoko, decisamente brilla in un vestitino pesca orrendo. Il suo ragazzo Makoto, col suo inconfondibile fare da “fuori posto”. Poi vidi Kazuha, allegra e sorridente appollaiata contro la spalla di..
Il mio cuore ebbe un fremito. Ran.
Visione celestiale. Ran in abito sa sposa era pressoché divina. Un abito semplice, tipico di lei, ma incantevole, col suo velo e una piccola tiara tra i capelli sciolti.
“Bella, eh? E guarda lo sposino..”
Mi individuai alla destra di Ran. Ero vestito di un tenue color sabbia e del tutto diverso da uno sposo. Sicuramente, il modello era opera di mia madre, che odiava il tradizionalismo. Osservai il mio viso..sembravo strano.
“Ah non badare alla tua faccia, normali sia verde..avevi appena vomitato l’anima..” disse Heiji, ridendo.
Io lo guardai.
“Ah beh, logico che per esserci, avevi dovuto prendere due o tre pilloline per fare in modo che lo sposo avesse l’età giusta per convolare. Però, a sentire il dottor Frankenstein, devi aver avuto una reazione all’antidoto.. e ti è venuto un  virus intestinale insieme alla febbre. Non ho fatto altro che raccattarti per tutto il giorno. Pensa, ti tenevo su io mentre sposavi ran, sennò cascavi con la faccia sul leggio del prete..”
Rideva come un matto mentre raccontava. Io invece, dal canto mio, volevo solo morire. Anche nel giorno del mio matrimonio, maledetto farmaco!
“Olee, è nato il baby Sherlock Holmes..ahaha, sempre tutto tranquillo, ovviamente..”
Altro bel quadretto di persone. Riconobbi i genitori di Ran, commossi e felici, i miei nello stesso stato e..
Altro bel giro della morte per il mio cuore. Ran era stesa in quello che pareva un letto da ospedale, con un fagottino tra le braccia. Che meraviglia..questo si lo dovevo ricordare, ad ogni costo.
“Tu sei..ah eccoti qui!”
Spostò l’immagine, e dall’angolo sbucai io..seduto su una sedia vicino a Ran, con Heiji alle spalle.
“Ah..io non sono lì per caso, ti stavo facendo da piedistallo..”
“Fammi indovinare? Non sono arrivato san neanche alla nascita di mio figlio, vero?”
Heiji sospirò.
“No, il travaglio è durato poco, hai preso il farmaco troppo presto. Appena Ran ha rotto le acque, hai buttato giù il pastiglione e sei corso all’ospedale, con me. Poi però mentre entrava in travaglio, tu sei entrato nella fase “ritorno Conan” e hai dovuto correre ai ripari, prendendo una capsula per il raffreddore. Uff, quando hanno urlato le infermiere, quando hanno visto che avevi 39 di febbre e ti colava il naso..”
“Sono arrivato con le mie maledette gambe da qualche parte, negli ultimi dieci anni o no? mi sono rovinato i momenti più belli della mia vita, ma almeno un qualcosa di buono ci sarà rimasto..”
Ero abbattuto. I momenti più importanti della mia vita, li avevo passati aggrappato a Heiji per evitare di perdere i sensi..
“Dai, non abbacchiarti, adesso..ah guarda,qui stavi alla grande, per esempio..”
Mi mostrò un’immagine che sembrava molto il mio disastroso matrimonio. Però la gente era diversa.
“Che occasione è?” chiesi.
Heiji sorrise gongolante.
“Il mio matrimonio..”
Io sussultai.
“Ti..ti sei sposato?” chiesi.
Lui annui. Era raggiante.
“Fammi vedere..” dissi, curioso. Se non potevo essere felice per me, perlomeno volevo esserlo per lui.
“No! stasera ci sarà una festa a casa tua, e mia moglie verrà, quindi vedremo il resto delle foto più tardi. Ahaha, pensandoci bene, ci sono un sacco di sorpresine in serbo per te a parte questa, stasera, bello mio..”
Non sapevo dire perché, ma avevo la sensazione, dal riso malefico di quel buffone di Heiji, che sarebbero state sorprese affatto gradite..

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Capitolo 3
*** i nuovi baby detective ***


Io volevo bene ad Heiji. Davvero, in tutta sincerità, tenevo davvero molto a lui e alla nostra amicizia. Fin troppe volte, da che ero al mondo, avevo provato l’amaro sapore dell’incomprensione e della solitudine, che da sempre affiancano le menti speciali come quella con cui ero nato io. Perciò mi pare ovvio tenere a qualcosa che mai nella vita avrei pensato di incontrare: uno come me, uno con la mia stessa mente, le mie stesse passioni, la mia stessa anima. Ok, molte volte non condivido i suoi metodi di lavoro, ne la sua eccessiva passionalità che troppo spesso lo spinge a dar retta all’impulso piuttosto che al buon senso, però cose simili non potranno mai minare il nostro rapporto, poco ma sicuro. Heiji e io siamo unici nel nostro genere, e lo è anche il nostro amore per la giustizia che spingerà il nostro adorato paese ad una realtà decisamente migliore. E poi so per certo che, col cuore buono di Heiji, la mia persona sarà sempre custodita in una botte di ferro. Una volta, per amor mio, si è perfino spinto a boicottare un omicidio, e solo perché credeva che il colpevole fossi io. Che in seguito sia saltato fuori che era tutta una messa in scena per infognare il mio buon nome e che Heiji come gli altri era stato vittima degli eventi, per me non aveva importanza: Heiji aveva messo a repentaglio la sua vita futura di detective intralciando la legge per proteggermi, un gesto che difficilmente dimenticherò.
Si, lo avrei negato fin nel letto di morte logicamente, ma..gli volevo davvero molto bene.
Però, mentre ora sono qui ad osservarlo faticare per reprimere una risata durante una delle nostre solite partitelle a scacchi, mi chiedo che ne sia stato di questo fantomatico affetto. Ora come ora, sento solo un violentissimo impulso omicida.
“Cosa di preciso scateni in te tanta ilarità, mi è oscuro. A meno che invecchiando, tu non abbia finito per diventare un sadico capace di divertirsi solo dinnanzi alla sofferenza umana..”
Heiji spinse l’alfiere verso il mio cavallo, con aria esasperata.
“Ah per l’amor di dio, sadico, sofferenza umana..ti sei perso la memoria, non hai 6 mesi di vita, beata creatura!”
“Abbassa la voce, pescivendolo, vuoi che lo sappia tutta Tokyo?”
Fortunatamente, in quel momento nessuno poteva averlo sentito, dato che ran stava lavando i piatti del pranzo in cucina, Goro era avvinto a circa una decina di lattine di birra vuote davanti al suo televisore, per cui non era momentaneamente raggiungibile nemmeno da una seconda bomba atomica caduta dietro la sua scrivania, e il piccolo Arthur era assorbito da una lettura sulle piante.
“Comunque, non è colpa mia, se rido. Vienimi incontro, questa storia ha un non so che di esilarante se ci pensi..”
“Non colgo affatto il lato comico, spiacente, mi opprime decisamente troppo quello drammatico..non ricordo 10 anni della mia vita, Heiji!”
“Ho capito, non sono tardo, ho afferrato il concetto. Senti, dai retta a me: prendila alla leggera. Rilassati, e vedi di stare calmo. Secondo me, hai avuto un qualche sbalzo di pressione o roba simile, e ti si è offuscata la memoria. Però, come ti ho ripetuto 30 volte, io non sono pratico della scatola cranica e del suo inquilino color fumo. Stasera, quando la massima autorità in materia di mia conoscenza, ovvero Lady Macbeth per gli amici Ai, vedrai che la troviamo una soluzione.”
Heiji sembrava caldamente ottimista. Io, caldamente allarmato. Però riflettendoci, Ai poteva essere migliorata, negli anni, in fondo. Era già un genio quando l’avevo conosciuta io, in 10 anni poteva essere un premio Nobel mancato, chi poteva dirlo?
“Zio Heiji..hai in mente di far venire anche la zia, stasera?” chiese Arthur, sistemando un segnalibro sulla pagina da lui appena conclusa.
“Ho in mente..tua zia fa quello che le pare, cucciolo.” Rispose Heiji, bevendo il suo caffè con aria annoiata.
“Si, immagino, ma quello che mi preme sapere è..”
Heiji prese un biscotto ridendo tra se e se.
“Ha 8 anni, la lascio da sola in balia al mondo? Viene con sua madre, mi pare ovvio..”
Arthur assunse un aria decisamente insolita. Sembrava smanioso ma allo stesso tempo preoccupato.
Heiji inghiottì il boccone di nocciole e cioccolato, e posando la tazza, disse:
“Ah no, levarselo all’istante dalla testa, bello mio. Non ho intenzione di passare il week end a Tokyo col fegato ridotto a magma per colpa delle vostre testine bacate, comprendido?
Arthur annui sorridendo, e imboccò la porta della sua camera. Io guardai Heiji dubbioso.
“Che ha?” chiesi.
Heiji denegò.
“Niente, è solo tuo figlio. Dai, vai a farti il bagnetto che tra un ora bisogna essere da Agasa per preparare la roba. Ah si Agasa è ancora vivo, se ti stava venendo il dubbio.. ed è più matto che mai!”
Un’ora dopo, eccomi seduto sul solito divano del professor Agasa, tirato a festa, a snocciolare i miei crucci al mio più vecchio e caro amico. Agasa il tempo trascorso nemmeno pareva averlo sentito. Il suo volto era sempre roseo e gaudente come lo ricordavo, anche se i suoi capelli avevano perso un tono di grigio e ora erano color neve sporca. Rimase decisamente stupito del mio racconto.
“Oh benedetto figlio, ma ti è preso proprio il pallino di farmi venire un accidente ogni tot di anni, eh? anche questa adesso..”
Parve soppesare un po la situazione, mentre Heiji radunava le sedie.
“Beh, do ragione al nostro Heiji qui, se me lo chiedi. La mia bambina sicuramente troverà il modo di rimettere in ordine la tua mente confusa, vedrai..”
“Lo spero..non sa che peso sento, all’idea che mi sia stata portata via una fetta cosi abissale della mia vita. Portata via, poi..nella mia mente, tutto questo sembra non essere successo mai!”
“Però tuo figlio e tua moglie li vedi, no? e direi che sono decisamente concreti per essere frutto della fantasia, non trovi?
Io annui, e tanto per distrarmi da quei pensieri deprimenti, iniziai i lavori di addobbo del salone.
“Ah a proposito, Heiji..non hai detto niente di quei 4, vero?”
“No, doc, si figuri. E poi, dubito fortemente che mi avrebbe creduto, ci pensi bene..”
Agasa annui ridacchiando.
“No, ti avrebbe detto di piantarla di sfottere, molto probabilmente. Beh, chi diversamente, dopotutto? 10 anni cambiano davvero radicalmente le persone, ma quei 4 sono qualcosa di decisamente sconvolgente..”
“Ah..non per disturbare il vostro chiocciare, lungi da me, ma..vi decidete una buona volta a dirmi che accidenti è successo a chi?” sbottai, dopo essermi martellato un dito per la terza volta a furia di cercare di carpire qualche informazione dai loro discordi sibillini.
Agasa aprì bocca per rispondere, quando fuori dalla porta sentimmo l’assordante rombo di un motore. Sembrava una moto.
“Oh beh a quanto pare non serve che ti dica nulla..vedrai tu stesso coi tuoi occhi ogni cosa tra qualche istante.”
Con aria divertita ed eccitata, Agasa trotterellò verso la porta principale, e la aprì. Lo senti salutare concitato delle persone di cui non riconobbi la voce, ma in cui avvertì una certa familiarità. Un attimo dopo, fu solo perché fui scaltro a posare il martello, altrimenti me lo sarei lasciato cadere sui piedi dallo shock.
Sulla soglia, apparve quella che riconobbi come Shiho Miyano, solo coi capelli più lunghi.
Alle sue spalle, un tipo piuttosto alto con una giacca di pelle marrone e il segno del casco che teneva in mano sul viso, dove aveva stampata un espressione gentile ma un po convinta. Vero..Heiji me l’aveva detto che Ai usciva con un centauro. Agasa andò verso Shiho, o meglio Ai da grande, e la cinse forte, e lei di ricambio. Poi,lo vidi bisbigliarle qualcosa, e lei assunse un’aria esasperata da mammina che mi fece venire un tantino di nervoso. Era sempre la solita, qualche cambiamento radicale nei 10 anni!
“Oh tesoro, ma è mai possibile che con te non mi possa mai permettere di allontanarmi, eh?” mi disse, venendo verso di me e carezzandomi la testa. Era bella come la ricordavo, ed altrettanto esasperante. Mi abbraccio delicatamente, e nel farlo, mi soffiò nell’orecchio: “Adesso no, non ho tempo, ma finita la festa vieni giù nel laboratorio che vediamo cosa fare, ok?”
Io annui, mentre mi scivolava via dalla presa. Lasciandomi andare, avrei giurato che mi avesse dato un veloce colpettino di scanner con quei suoi occhi gelidi.
“Ai- chan, che stai facendo? Lo sai che sono gelosa, non mi va che lo tocchi in quella maniera!”
La voce era venuta dalle spalle di Ai, e a parlare era stata una ragazza che ora saltellava sul posto per sfilarsi velocemente gli stivali alti fino al ginocchio color prugna. Era molto carina, portava capelli castano cioccolato lunghi fino a metà schiena, un vestitino viola intenso fino al ginocchio molto scollato e aveva grandi occhi verdi. Strano..mi sembravano famigliari, quelli.
“Che motivo hai di essere tanto gelosa, eh? lei sta con me, figurati se cerca lui..” bofonchiò il centauro venendo verso di me con un tramezzino in mano. “Ho ragione o no, Conan?”
“Si.. certo,” risposi, osservando il viso di quel tizio. Perché mi sembrava di aver già visto sia lui che la ragazza con gli stivali?
“Beh chissene, non mi va e basta. Io sono l’unica a poter toccare Conan a quel modo!” rimbeccò lei, abbracciando forte il dottore.
“Non mangiare quel coso, ha le cipolline, sei allergico..” disse Ai, strappando dalle mani del centauro il tramezzino e ficcandoci dentro una tartina ai gamberi.
“Diamine..meno male che ci sei tu, cara..” disse lui, mordendo la tartina.
Un attimo..cipolline..allergia...
“..MITZUHIKO!” esclamai, sconvolto. Lui si voltò, allarmato.
“Che c’è, ci sono anche qui le cipolline?!” 
Io scossi il capo, avvicinandomi a lui, Si ora che lo guardavo bene, non esisteva margine di errore. Quel viso un po allungato, le sue lentiggini..
“Tu..tu sei Mitzuhiko Tzuburaya..”
“Ah..si, e tu sei Conan Edogawa..” disse lui, osservandomi, confuso. “Avevi dei dubbi a riguardo?”
“N..no,io..tu guidi una moto!?”
“Ah..si, da un anno, ormai, te ne sei scordato?”
“Ma..ma come accidenti fai, tu odi l’alta velocità! Hai sempre paura a stare in macchina, quando si corre troppo, fai sempre rallentare anche il dottore, che guida un maggiolino!”
Lui sbarrò gli occhi.
“Ah..questo succedeva quando avevo 8 anni, Conan. Ora ne ho 18, direi che può essermi leggermente passata, no? ma che strano sei, oggi. Hai bevuto, per caso?”
Mi venne vicino e mi guardò attentamente negli occhi. Io ero costernato. Vedere il bambino gracile e fifone che sedeva dietro di me a scuola vestito da motociclista, alto almeno due testa più di me e definitivamente diventato adulto era come veder passare una giraffa al centro commerciale.
“No che non ha bevuto, è astemio,lo sai!” belò la ragazza coi capelli lunghi, venendomi vicino anche lei.
“Naturale che lo so, per quello chiedevo. Magari ha bevuto per errore..”
La ragazza e Mitzuhiko presero a scrutarmi.
 “Amore, non hai bevuto per sbaglio, per caso?” chiese lei, carezzandomi dolcemente e sedendosi sulle mie ginocchia. Caspita, aveva una minigonna praticamente inesistente ora che era seduta!
“Io..no..” risposi, fissando attentamente il viso della ragazza, sia per capire dove diavolo l’avevo già vista, sia per evitare di far cadere lo sguardo sulle sue gambe o nella sua profondissima scollatura, ed entrambe le cose erano parcheggiate a un baffo dal mio naso..
“Boh..effettivamente non ha le pupille dilatate..” disse Mitzuhiko, osservandomi bene gli occhi.
“Se non lo sai tu, sei un medico, in fondo..” disse la ragazza, sfiorandomi la bocca con un dito.
“Sono un poliziotto della scientifica, è diverso. Io mica curo la gente..” rimbeccò lui, stizzito.
“Tu..tu sei un poliziotto?!” chiesi, sbalordito.
Lui mi guardò, vagamente urtato.
“Oh ti prego, non ricominciare con sta storia, per piacere! La polizia scientifica è sempre polizia, sebbene io non me ne vada in giro ad acchiappare i delinquenti al lazo come voi tre! e poi, fossi in voi, serberei un po più di gratitudine. In fondo, i comuni mortali aspettano dei giorni per i responsi dal laboratorio, mentre voi li avete un po più tardi di mezza giornata dopo il fattaccio, grazie a me!”
“Oh no, per carità, nessuno dice niente, lo sappiamo che sei un genio, Mitzu-kun, nessuna replica. E poi, in fondo.. nel nostro lavoro sono necessari anche i topi da laboratorio..” rispose la ragazza, reprimendo un ghigno.
Mitzuhiko la fulminò. La ragazza gli fece la linguaccia e gli pizzicò una guancia. In quel mentre, vidi appuntata al suo vestito, una spilla decisamente familiare..la spilla trasmittente dei detective boys.
“La..la spilla!” mormorai, indicandola. La ragazza sorrise. Mitzuhiko mandò gli occhi al cielo, divertito.
“Ogni volta che ci raduniamo, la devi mettere? Ormai sono anni che riposano silenti nei nostri cassetti, quei cosini, no?”
La ragazza si corrucciò.
“Non dimentico da dove vengo, Mitzu-kun, e non dovresti neanche tu. E’ dalle radici che vive la pianta, non dai rami. E le nostre radici sono in questo stemma!”
“Allora sei davvero tu..” risposi, completamente sconvolto. Mitzuhiko era scioccante in tutti i suoi cambiamenti, caratteriali e fisici, ma lei..lei era a un passo da “ai confini della realtà”.
“Io che cosa, tesoro?” chiese lei.
Io annui, la sensazione di avere dell’ovatta al posto del cervello.
“Tu..tu, la bambina con i cerchietti colorati che aveva paura del dentista e che mi voleva tanto bene..Ayumi Yoshida.”
Lei mi guardò, un po confusa.
“Si, ma..tesoro, questa roba risale a..”
“Si, lo so..10 anni fa. Scusatemi tanto, sto dicendo cose assurde, immagino. Vedete..venendo qui ho sbattuto la testa, e sono stato incosciente fino a  10 minuti fa..”
Ayumi portò le mani alla bocca, mentre Mitzuhiko iniziò ad esaminarmi la testa alla ricerca di ematomi o bernoccoli.
“Ma non vedo segni, però..” disse, alla fine, un po preoccupato.
“Meglio cosi, evidentemente ho solo toccato qualche terminazione nervosa, che ti devo dire..”
“Ma ora stai bene, vero? Lo sai che il coma celebrale subentra anche dopo diverse ore..”
“tranquilla, sto benissimo. Sono solo un po confuso, tutto qua. Una bella dormita e domani sarò nuovo, vedrai.”
Ayumi parve rincuorata, e Mitzuhiko di rimando, e io decisi che sarebbe andata bene cosi. Spaventarlo inutilmente rimanendo di stucco davanti ad ogni cosa sarebbe stato inutile, in fondo. Ai in fondo, entro sera mi avrebbe sistemato, quindi..
Pochi minuti dopo, il terzo membro dei Db, Genta, fece la sia apparizione, Grazie a dio, non notai chissà quali cambiamenti. Era sempre tondo, allegro, armato di manicaretti e straparlava ancora di essere il migliore tra noi 5. Per la prima volta, il suo modo di fare mi fece star meglio. Mi faceva sentire a casa..
Per il resto della serata, che tra l’altro scoprì leggendo gli striscioni era dedicata all’anniversario del nostro diploma al liceo Teitan (fu un altro bel colpo al mio stomaco:  mi ero diplomato prima da Conan che da Shinichi, alla fine..) rimasi seduto nel mio angolo ad ascoltare i discorsi di tutti, e ad osservarli attentamente. Ero sbalordito a dire poco. Quei tre..nelle forze dell’ordine? Quando, ma soprattutto come era potuto accadere, mi chiedevo.
 Li avevo cosi vivi nella mia mente, quei tre marmocchi rompiscatole, sempre li a ficcare il naso e a voler fare le cose dei grandi senza aver minimamente idea da dove cominciare senza l’aiuto mio o di Ai..e ora mi sentivo dire che erano i poliziotti più conosciuti di tutto il paese. Beh, a rischio di sembrare cattivo, iniziavo a dubitare della credibilità di quella realtà..
Avevo scoperto, inoltre, che per evitare di separarsi, avevamo scelto diverse mansioni nel campo della polizia, in modo da rimanere un team anche dopo gli studi. Ayumi era diventata una delle migliori detective in gonnella del distretto, sotto la guida delle veterane come l’agente Sato, che da sempre aveva un debole per i DB. Lei, a sentire Ayumi, aveva lasciato da un pezzo la polizia dopo che aveva sposato l’agente Takagi e avevano avuto un bambino. Non ricordavo nemmeno quello..
Mitzuhiko aveva scelto il ramo della polizia a mio avviso più noioso, ma decisamente più complicato. Lui diceva che lo aveva fatto perché da sempre sentiva di non avere abbastanza buccia per stare la fuori a tiro di proiettile, e che si sentiva più adatto a stare in un laboratorio a studiare il nemico nascosto da 4 mura, per poi fregarlo insospettato, ma io francamente sospettavo che tenersi sul ramo scientifico del lavoro centrasse col fatto che fosse, fin da piccolo, stracotto di Ai. Genta, a sentire lui, era di vitale importanza per le indagini, ma Ayumi aveva detto che l’unico ruolo che svolgeva come poliziotto era assicurarsi che i colleghi allupati la lasciassero lavorare, e per il resto, era una pacchia. Beh , se sene andava sulla scena del crimine con quei vestitini striminziti, doveva essere davvero un lavoraccio, quello del nostro gigante buono, altro che pacchia..
Ai era rimasta lei, morisse il mondo, non cambiava per nessuno. Immagino che sollazzo, mettersi li con quel suo cervellino da figlia spersa del dott. Spock a fare gli esamini di maturità. Li avrà presi per dei cruciverba, immagino. Lavorava con Mitzuhiko ai laboratori, e pareva essersi pure fidanzata con lui, a un certo punto. Per questa cosa non vedevo l’ora di essere ragguagliato. Quella, è il mio presunto fidanzamento con Ayumi..
Comunque, stupore a parte, non potevo in cuor mio non sentire un forte moto d’orgoglio, a l suono di quei discorsi. Era decisamente una soddisfazione vedere come erano, da perfetti bambini imbranati, diventati adulti capaci e diligenti. Li consideravo da sempre come dei fratellini un po invadenti ma affettuosi, e mi sentivo fiero nel vedere gli uomini e la donna che erano diventati. Se solo avessi potuto ricordare come, questo era stato possibile.
Ricordare. Non sentivo, nella testa, la sensazione di aver dimenticato, non mi venivano flash o chissà cos’altro, come succede quando si ha un amnesia. Sentivo piuttosto la sensazione..del non vissuto. Quella realtà io non sentivo di averla dimenticata in parte..sentivo di non farne parte affatto. Una sorta di viaggio nel futuro senza macchina del tempo. Era una realtà..ma non era la mia.
“Beh, l’amaro in bocca rimane, comunque.” Disse ad un tratto Genta, mordendo un sandwich. “Per quanto ci facciamo il fondo ogni santo giorno, Mr. Fantastic rimane cementato sul suo stramaledetto podio..”
“Beh siamo partiti sapendolo, francamente, non vedo perché continuare a rosicare come un tarlo bulimico, Genta. Conan è da sempre un gradino..beh fai anche una rampa di scale sopra di noi. No?”
Mi voltai a guardarli entrambi. Non c’era rancore, nelle parole di Mitzuhiko, come in quella di Genta, che per quello era da sempre molto invidioso di me, e che io ricordassi non c’era mai stato. Mitzuhiko, come Genta, sentiva molto di essere in competizione con me, in un certo senso (che poi, era giusto ci fosse, sta rivalità tra noi? Io ero mentalmente adulto e decisamente superiore alla media, mentre loro solo dei bambini, non esisteva gara..) Però, a differenza di Genta che mi scaraventava astio a badilate addosso fin dalla notte dei tempi, da Mitzuhiko avvertivo piuttosto una forte ammirazione. A detta bene, lui poteva essere l’unico tirate le somme che poteva riuscire a seguire decentemente le mie orme, dato che era molto intelligente per la sua età, per cui odiarmi poteva risultare normale. Eppure no, lui mi rispettava e basta. Beh, sorprendente, decisamente sorprendente..
Nel bel mezzo di questi pensieri, irruppe la suoneria del mio telefono. Guardai il display: Heiji.
“Pronto?”
“TU, IO, E IL NOSTRO STRAMALEDETTISSIMO DNA!”
“Ok, fammi dare un bel bacio di addio al mio timpano destro, e poi spiegami che accidenti hai da sbraitare!” dissi, allontanando il cellulare dall’orecchio che fischiava come un arbitro davanti a un fallo clamoroso.
“Ho da sbraitare che avrei dovuto prevederlo, sapendo perfettamente che diavolo scorre dentro le tue maledette vene..è la stessa roba che scorre nelle mie: idiozia e tanto vapore acqueo!”
Era decisamente agitato, e da come respirava stava o correndo o andando avanti e indietro come ogni volta che era nervoso.
“Ma che vuol dire, questa roba , posso chiedere?” chiesi, confuso.
Heiji imprecò sordo.
“Senti, in circostanze normali magari avrei capito, ma lo sai..che adesso non ci riesco!”
“Maledizione, anche quello adesso..ok, tanto vale andare al sodo: tuo figlio è scappato.”
Nel mio stomaco, avvenne qualcosa di sconosciuto. Una paura mai sentita prima fece presenza..
“Mio..Arthur?” belai, la gola secca.
“Direi di si uno ne hai, di figlio!” rimbeccò lui. “Lo sapevo, lo dovevo capire da quella sua faccetta, che gatta ci covava. E dire che la conosco bene quell’espressione, sono quasi 20 anni che ce l’ho sotto al naso, porca di quella vaccaccia!”
“Ok, datti una calmata, adesso. Dove sta..sua madre?”
Ran..come poteva essergli scappato? Io non ci ero mai riuscito, e non ero suo figlio!
“Ran non sa niente, sennò con quali denti ti chiamavo, secondo te? Li avevo io entrambi, ma appena ho girato il sedere per andare in bagno..volatilizzati. Memo per noi: vasectomia! Facciamo troppi danni, a figliare, dai retta a me..”
“Un momento..li avevi..entrambi? ma io..” abbassai la voce, dato che i DB mi stanavo osservando dubbiosi e incuriositi. “Io ho un figlio solo, perché usi il plurale? Sarà mica scappato con un suo amichetto?”
“Macché..è scappato con la sua complice, che oggi pomeriggio smaniava di incontrare. Ah ma mi sente, mi ero raccomandato di non combinare guai, sia con uno che con l’altra. Ma d’altronde, di che vado a stupirmi. E’ identica a me nel dettaglio, ovvio che disobbedisse. Niente regole, per chi ha sangue Hattori nelle vene..”
“Ma si può sapere di che cavolo parli? Arthur non ha sangue Hattori nelle vene!” sbottai, irato.
“Lui no..ma Ellery si, e fumante come il mio, per giunta..”
“E chi diavolo è Ellery?!”
“La Bonnie del tuo piccolo Clyde, ecco chi. Meglio nota come..mia figlia!”

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Capitolo 4
*** Buon sangue, non mente mai ***


Mia madre, da che avevo memoria, mi diceva sempre: se ho dovuto iniziare a tingermi i capelli fin da quando avevo 20 anni, so io chi ringraziare!
Bah, anche le colpe di madre natura, mi devo addossare, rispondevo io.
No caro, i capelli me li hai fatti diventare bianchi tu, altro che madre natura!
Da regina dei discorsi sconclusionati, neanche le davo più retta, quando diceva cosi. Chi avrebbe mai immaginato, anni dopo, invece, che le avrei dato ragione? Possibilissimo che a furia di gelarsi il sangue al pensiero di dove fossi e se stavo bene, le si siano imbiancate le chiome..
 Mi stavo giusto chiedendo, in quel momento, seduto in un treno con il padre di tutti i panici, come mai non somigliassi già a Merlino. Arthur, il mio unico figlio, che tra l’altro avevo appena conosciuto a regola della mia memoria..era sparito. 6 anni, ed era la fuori in balia al mondo. Con un'altra ragazzina sua coetanea, a quanto pareva. Che poi era niente popò di meno che la figlia di Heiji..
“Sai che sono in crisi?” disse lui, tamburellandosi sulle ginocchia con le dita. “Negli ultimi due mesi le ho sequestrato mezza camera da letto e deve ancora scontare tutte le sue pene, per cui non ha merce da pignorare. Non ho modo di punirla, in sta maniera! Beh, mi inventerò qualcosa..potrei sempre impedirle di vedere tuo figlio, ma già lo vede col contagocce, vivendo distanti..ci sono! Le impedisco di telefonare..”
“Heiji..” ringhiai, nervoso. “Sai in questo momento, quanto mi frega di come punirai tua figlia? Il mio non so neanche dove diavolo sia, figurati se penso a come castigarlo!”
Heiji sbuffò battendosi sulla fronte col palmo della mano.
“Scusa, continuo a dimenticare che hai l’amnesia.. io so benissimo dove sono. In genere vanno sempre nello stesso posto, quindi..”
Per poco non caddi dal sedile.
“Tu..tu lo sai? Un attimo..sempre? Non..non è la prima volta che scappano?”
“Magari..no, ogni volta che riescono a vedersi ci giocano sto tiro, da qui a 4 mesi, per quello manteniamo i loro contatti a telefono e mail, ormai. Però Ka..mia moglie a volte viene con me a Tokyo per vedere Ran, e ovviamente porta la piccola con sé. Non possiamo sempre lasciarla coi nonni, diventerebbe due quintali..”
“Capisco..ma perché scappano, e dove vanno ogni volta, e a fare che?”
“Kyoto, sempre a Kyoto. Però per quante torchiature subiscano sia da me che da te che dal resto della loro genealogia e conoscenza, non hanno mai detto il perché a nessuno..”
Sospirai, angosciato. Perché mio figlio andava a Kyoto? Non avevo mai detto a sua madre che ero li, quando mancavo da casa, per cui non ci andava certo per cercare di vedermi o roba simile.
“Non ne ho idea..” mormorai. “Beh,l’importante è riprenderli, poco importa che diavolo vanno a fare laggiù..”
“Si, però mi rimane sempre il cruccio di come punire Ellery..” grugnì Heiji.
Io risi. A mente serena, mi ritornò anche la capacità di elaborare gli eventi appena capitati.
“Dio..tu, una figlia.. robe dell’altro mondo! Perché non me l’hai detto, mentre mi mostravi le foto?”
“Sei matto? buttare il piatto forte della mia vita in un immagine a bassa definizione quando posso farmi bello con l’originale? Nossignore. Volevo che sapessi di Ellery solo dopo averla conosciuta di persona. E’ l’unico modo per darle giustizia.”
“ E’..è più grande del mio, o uguale?”
“6 mesi più piccola. Ka..mia moglie nega l’evidenza, ma so perfettamente che si è messa d’accordo con la tua perché i piccoli fossero coetanei o quasi..”
“Oh la vuoi piantare con questo ‘mia moglie’? lo so che hai sposato Kazuha, non ho scritto ‘Giocondo’ sulla fronte..”
Heiji, per quanto lo permettesse il suo incarnato color cappuccino, arrossì.
“Ah..l’avevi capito?”
“No, ti conosco, e sei esattamente come me. Uomini con la testa affollata di roba come la nostra è un miracolo se trovano 5 minuti nella vita da dedicare ad un innamoramento, e se succede li trovano una volta sola, per cui quella volta che succede è per sempre. Io mi sono innamorato di Ran che puzzavo ancora di latte, e tu di Kazuha che avevi ancora lo sfogo da pannolino..”
“Siamo messi male, eh?” disse Heiji ridendo, ancora un po roseo in faccia. “Beh lamentele non ce ne sono, quindi li abbiamo spesi bene, sti cinque minuti, no?”
Scoppiammo a ridere fino alle lacrime, e il resto del viaggio lo trascorremmo a suon di aneddoti sulla figlia di Heiji. Rifiutava di mostrarmi una sua foto per non sciuparmi la sorpresa, come aveva puntualizzato, ma da come la descriveva, potevo già tracciarne un profilo: Suo padre 2: la vendetta.
Arrivati in stazione a Kyoto, scendemmo dal treno e aspettammo che la folla di pendolari diramasse, poi ci buttammo uno sguardo intorno. Sapevamo che i piccoli avevano preso il treno che aveva preceduto il nostro, per cui a conti fatti era possibile che fossero ancora nei paraggi.
“Non è però consigliabile dividerci..” feci notare a Heiji. “Se si sono divisi per sviarci, posso tranquillamente rintracciare Arthur, ma non ho idea su come trovare tua figlia, visto che, per colpa di questa maledetta amnesia, non ricordo il suo viso e quindi non ho idea di come sia fatta, e che tu non me la vuoi far vedere..”
“Non occorre mettere in campo le nostre finissime capacità, per stavolta..sono seduti su quella panchina, guarda..”
Indicò un punto a una decina di metri da dove eravamo noi. Seguendo la traiettoria, individuai due figurette sedute vicine a parlottare. Uno era Arthur, senza margine di errore, l’altra era una bambina dai lunghi codini dello stesso castano scuro dei capelli di Heiji. Era lei? era sua figlia Ellery?
Poi all’improvviso, dalle mie spalle partì un fischio che mi fece dare un bacio d’addio anche al timpano che mi era rimasto sano.
“Sempre il solito capraio..ma neanche invecchiando, hai perso queste abitudini cosi burine?”
“Eh quanto sei noioso..l’ho sempre chiamata così, fin da piccola.”
“ Non è un cane da valanga, è una bambina..”
“E’ più pratico che sgolarsi chiamandola per nome, e con tutte le volte che mi è scappata sarei rauco a quest’ora..Toh, guarda tu stesso, funziona alla grande!”
Si, metodi di educazione discutibili a parte, i risultati c’erano innegabilmente. Anche col frastuono dei treni e delle persone che andavano e venivano, osservando di nuovo la giovane coppia di fuggitivi, notai che la bambina si era stranamente irrigidita, come se avesse ricevuto una scossa.
“Visto? Potrebbe sentirlo anche nel Sapporo. Anche mio padre faceva cosi, con me. Però lui credo che il fischio lo abbia brevettato per evitarsi di parlare, dato che a quanto pare detesta farlo. Tra un secondo dovrebbe venirci incontro. Lei sa bene cosa succede, se io fischio..”
Era sicuro delle sue parole, e non sbagliava. Infatti i piccoli, con aria sconsolata e molto lentamente, erano in dirittura d’arrivo. A pochi metri di distanza mi fu finalmente possibile vedere la tanto famigerata terza generazione della famiglia Hattori.
Avvertì dentro, un leggero sobbalzo. Nella mia mente, Heiji era ancora un ragazzino di 17 anni con il frontino dei SAX sempre in testa, amante dei gialli e delle zuppe del suo paese, col pallino dell’investigazione e che come me sognava di diventare un giorno un grande detective. Com’era possibile che ora  avessi davanti.. sua figlia?
Eppure lei era li, davanti a me..ed era bellissima.
Aveva ereditato la pelle bruna degli Hattori da suo padre, e anche quel loro fascino particolare che a volte veniva scambiato per una qualche essenza etnica. Ma nello sguardo, come nel caso di Arthur, la piccola aveva preso la bella tonalità smeraldina degli occhi di sua madre, Kazuha. Era più alta di Arthur, come Heiji lo era di me, e aveva lo stesso fisico allampanato, ma femminilmente modellato nei punti giusti. Probabile che da figlia di sportivi, praticasse o il kendo o il karate come i genitori prima di lei. Se non entrambi, pensando bene di chi era figlia..
Indossava una maglietta con le spalline a barca di un celeste vivace, in perfetto contrasto con la sua carnagione, una gonnellina a balze bianca a poise azzurri e dei pantacollant al ginocchio, tutto in tinta con le ballerine e la cinturina in vita. La nonna paterna e la madre dovevano divertirsi un mondo, con quella creatura. Se solo pensavo ai quintali di roba da vestire che mi aveva comprato mia madre.. e io ero un maschio!
Poi, un ulteriore dettaglio attrasse la mia attenzione: Al collo della piccola, era appeso il ciondolo portafortuna che anni prima, Kazuha aveva creato per sé e per Heiji, incastonando al suo interno un pezzo delle manette che gli avevano legati insieme da piccoli. Si, comprensibile: i suoi genitori avevano concentrato la fortuna di quei talismani sul loro tesoro più grande..
Si, tirate le somme non c’era dubbio: Ellery Hattori era pressoché meravigliosa, nel suo piccolo. E come nel caso di Arthur, seppure in maniera diversa, sentivo per le un profondo moto d’affetto. In fondo, era la mia “nipotina”.
“Buono, tieni al guinzaglio i lucciconi da zio svenevole, per adesso. E’ campionessa mondiale di ‘infinocchiamento polli’ specie se sa di essere nel torto. Con quel suo musetto da bambolina kokeshi, si comprerebbe anche un macchinista tedesco..”
Annui, e mi misi tatticamente dietro Heiji, sia perché nel contesto in cui eravamo Heiji giocava il suolo dell’adulto e del genitore responsabile mentre io ero solo un adolescente semi-imparentato con gli indiziati, sia per schermarmi da eventuali tentativi di corruzione a cui ero decisamente impreparato. E poi Heiji, seguendo la linea dei suoi racconti, in materia sembrava avere persino il dottorato.
Fece un passo avanti con seria decisione verso sua figlia, che rimase in silenzio ad osservarlo, le manine giunte in grembo e l’aria da Bambi in prima linea. Mossa poco saggia: l’avevo vista usare un numero incalcolabile di volte a suo padre, quella tattica, ne possedeva il brevetto originale..
Arthur, molto saggiamente, rimase in disparte, come me. Notai che qualche volta cercava il mio sguardo, ma io feci bene attenzione a non intercettare mai il suo. Era straziante, ma aveva sbagliato, e doveva capirlo.
Dio..solo ora capivo mio padre e la sua totale incapacità di impormi disciplina, quando ero piccolo. E capivo anche, che la cosa doveva essere ereditaria..
“Allora..”disse Heiji, il tono serio, la voce ferma. “Posso in giusto affermare che, come tutte le altre volte in cui ci si è trovati a mettere su questo siparietto di carnefice e vittima, che tu non sia in comodo a fornirmi alcuna spiegazione riguardo il tuo gesto, vero?”
“No, infatti, affermi il giusto, come sempre del resto..” rispose lei piano, ma in modo deciso. Cavolo, anche la lingua aveva preso dal padre. Era nei guai fino al collo, ma non quietava la sua impertinenza neanche a morire. Notai anche, che aveva preso il percettibilissimo accento della terra natia dei suoi genitori, il Kansai, che poi probabilmente era anche la sua. Heiji sospirò profondamente.
“Bene..Ellery posso farti una domanda?”
La bambina lo guardo esasperata, ma annui.
“Bene..dimmi, chi ti ha dato la tua prima katana?”
“Tu, papà..” bofonchiò lei.
“Contro il volere di chi?”
“Tutti..tranne il nonno!”
“Esatto..e chi ti ha insegnato il kendo?”
“Tu, papà..”
“Contro il volere di chi?”
“Tutti..tranne il nonno!”
“E chi ti porta con sé al distretto, e ti lascia a vagare senza meta dove ti pare indisturbata, curiosando anche negli archivi, a volte?
“Uff..tu, papà..”
“Contro il volere di chi?”
“Tutti..tranne il nonno!”
“Il nonno è un caso a parte, Ellery, neanche non lo sapessi..”
Mi accostai alla schiena di Heiji, incuriosito. Lui interpretò il mio gesto.
“Nonno paterno, logicamente..” mi soffiò piano. “L’altro nonno, ha tuttora in progetto di usarmi come sagoma giù al poligono perché ho messo incinta sua figlia..ed ero già sposato con lei da due anni quando l’ho fatto! figurati quanto è felice, quando porto la sua unica nipote al lavoro..”
“Ma tuo padre..lui..”
Sapevo che Keiji Toyama, padre di Kazuha nonché temutissimo capitano della polizia di Osaka, non era certo un tozzo di pane al burro, ma non mi risultava che lo fosse nemmeno Heizo Hattori, padre di Heiji e silenzioso ma intimidatorio questore di Osaka.
“Nah, quella è tutta facciata, mio padre è un cucciolone fuori dal lavoro. Poi da quando è nata Ellery, si è dato alla carriera del nonno a tempo pieno, e se ne frega di tutto il resto..comunque!” disse riprendendo il discordo con la piccola. “Dopo tutta questa bella frittata di fatiche erculee, quest’uomo a tuo modesto parere non merita ancora un po più di fiducia dalla propria figlia?”
Ellery si morse il labbro.
“Non sono una bestia, papi, so che te la meriti con gli interessi, ma..”  sorrise. “Non puoi chiedermela in un altro contesto? qui ho proprio le mani legate, sai..”
Heiji crollò definitivamente. A quanto pare, eravamo davanti a uno scoglio.
“Ellery..”
“Papi, so cosa mi scorre nelle vene, non dubitarne: io sono una Hattori, e la nostra famiglia da sempre spalleggia la legge, ed è mia intenzione proseguire il sentiero per me precedentemente designato, credimi. Gli Hattori sono fieri, leali e giusti, e lo sono anche io. Fidati di me, per favore. Non chiedere, ma fidati..”
Heiji rise piano.
“Che dice nonno Toyama, quando fai certi discorsi?”
“Niente, aggrotta la fronte e porta la mano alla fondina dentro la giacca, borbottando il tuo nome..”
Heiji deglutì, e io mi fregai le braccia. Per la prima volta, ero felice che il vecchio Kogoro fosse il padre di Ran..
“Bene, mi arrendo e mi accontento del beneficio del dubbio che mi propini, canaglia. Ti ho educata alla meglio possibile, non mi resta che spera..oh, ma tu guarda! Finalmente, dopo mesi..un indizio!”
Heiji pareva aver visto qualcosa che aveva l’arai del tè ghiacciato nel deserto, e io e i bambini cercammo di capire cosa fosse. Io brancolavo nel buio, ma i piccoli divennero cerei. Ellery prese le mani del padre.
“Papino..” mugugnò.
“Cara, in modalità investigatore, non mi compra nessuno, spiacente..e tu, esci dalla tua tana, piccola volpe, prima che ti stani col fumo. St parlando con te..Harry !”
Interdetto, aguzzai la vista per vedere con chi Heiji stesse parlando. Ma un secondo dopo, mi resi conto che era inutile: non conoscevo nessuno che si chiamasse cosi, come potevo cercarlo?
In breve però, la mia lacuna fu riempita. Da dietro una colonna, infatti, fece capolino un bambino, con indosso dei jeans, una maglietta, una camicia a maniche corte aperta sopra e..la stessa faccia di Arthur e me da piccolo!”
“Sa che potrei interpretarla come discriminazione, la sua? In fin dei conti Kyoto è il mio paese, sono libero di andare e venire come credo. Lei è l’intruso, invece, il clandestino..”
Heiji mise in piazza un sorriso velenoso come la bocca di una tarantola.
“Fai meno lo sbruffone, lo so che hai le dita sporche di marmellata anche tu..”
Il ragazzino rise, beffardo.
“Io neanche mi sono avvicinato al barattolo, mio caro signore. Ero qui per caso, ho sentito l’accento del kansai e mi sono detto: la dea bendata vuol forse farmi un regalo inaspettato? Così sono venuto qui e..ecco il mio regalo!”
Prese la mano di Ellery e fece il cenno del baciamano. Ellery lo guardò come fosse un acaro della polvere sul suo materasso. Arthur, invece, sbuffò adirato. Il bambino chiamato Harry fece una smorfia.
“Ah..hai portato fuori il gatto, a quanto vedo, ma diletta. Come va, Doyle?”
“Sicuramente meglio prima che arrivassi. E per l’ultima volta..smettila di toccarla e di chiamarla in quella maniera..” rispose Arthur, dividendo Ellery da lui.
“Sarà lei a dirmi di smettere, quando vorrà..”
“Te l’avrò detto cento volte di piantarla, ho esaurito la saliva..” rispose lei, pulendosi la mano. “Papi, dai torniamo a casa, mamma starà in pensiero..”
“Mamma non sa niente, per cui possiamo stare tranquilli..Dunque, caro Harry, se come dici tu sono solo discriminazioni, le mie..come mai stavi nascosto dietro la colonna? Uno che non ha colpe, non ha motivo di nascondersi, n’est pas?
“Non mi sono nascosto perché mi sento colpevole o simili..” rimbeccò lui. “l’ho fatto per evitarla. Sai, lei non mi piace affatto..”
“Ah immagino. Deformazione professionale, oserei dire..”
“Oh, non faccia sempre di tutta l’erba un fascio, per piacere. Non è l’essere un poliziotto, che la rende poco amabile ai miei occhi. Esistono centinaia di altri motivi..”
“La mela non cade mai troppo lontana dall’albero..”
“Vorrei che lei e sua figlia foste l’eccezione che conferma la regola..”
“Ah..scusate!”
Ero intervenuto, non avevo scelta. Heiji si voltò verso di me come a voler dire: “che c’è, adesso?” poi parve tornare in sé, e mi mise una mano sulla spalla.
“Non pensare male, non ho nulla contro i bambini. E’ solo questo, che detesto..”
“La cosa è reciproca..ma perché glie lo sta spiegando? Credo lo abbia capito da solo, ormai, sebbene sia palesemente un idiota..”
“Non sono un idiota, e bada come parli, ragazzino!”
Un lato positivo: ora che ero più grande, nessuno poteva più insultarmi o minimizzarmi..e potevo surclassare i bulletti, finalmente..
“Ku..Conan..” mormorò Heiji, mettendomi una mano sulla spalla.
“Oh cielo..da quando ha ripreso.. a parlare?”
Lo guardai interdetto, mentre Heiji mi portava una mano agli occhi, mortificato. Io lo guardai, e abbassai la mano.
“Che..che ha detto? Perché quel ragazzino credeva che non parlassi?” chiesi.
“Io..cazzo, l’avevo rimosso, scusa..” mormorò Heiji, tirandomi da una parte per non farsi sentire dai bambini. “Con me non lo fai, per cui neanche ci pensavo più..Ecco, è cosi da un paio d’anni, seppure in maniera molto leggera, ma..Beh, un paio d’anni fa hai..hai cominciato a parlare sempre di meno con la gente, fino a tacere del tutto in loro presenza. Io sapevo ovviamente, che eri solo molto depresso, però..I medici hanno detto a Ran e agli altri che, secondo loro, eri affetto da..una leggera forma di mutismo elettivo.”
Mi venne un mancamento. Mu..mutismo?!
“Heiji..stiamo scherzando? Io non sono muto, maledizione!”
“Lo so, credi che sia scemo? mi rintroni di chiacchiere, quando ti vengo a trovare o quando vieni tu giù a Osaka! Però con chi è estraneo alla tua famiglia..beh, non parli. Ran poverina ha dovuto trovare una spiegazione a questo, e quei ciarlatani le hanno detto che è una forma leggera di mutismo elettivo, cioè che..”
“Lo so cos’è, significa che non riesco o non voglio parlare con determinate persone, non passarmi per idiota anche tu, per piacere!” rimbrottai, frustrato. Cazzo..e ora che mi era preso? Perché avevo smesso di parlare? e come accidenti riuscivo a lavorare, se non lo facevo?”
“Heiji..ma perché diavolo nessuno ha fatto niente a riguardo? E tu, dato che sai che non è vero che ho questa cosa, perché non lo hai detto?”
Heiji mi sorrise tristemente.
“Kudo..l’ho fatto, ma..”
“Ogni volta che ti chiedeva di dire che eri ancora capace di farlo.. tu non parlavi mai.”
Arthur era venuto vicino a noi. Anche Ellery ci aveva raggiunti, trascinando il ragazzino chiamato Harry per il braccio in modo brusco. Io lo guardai. Era doloroso vedere il mio bambino così affranto per colpa..un momento..Heiji mi aveva chiamato col mio vero nome..e se lo avevano sentito?
“Oh, non andare nel panico, adesso..si, la risposta alla tua domanda è si, lo abbiamo sentito..” disse Ellery, sbattendo da una parte Harry a mo’ di valigia ingombrante.
“Come tutte le altre volte che si impappina, del resto,cosa che capita tipo diciotto volte al giorno..” bofonchiò lui.
Heiji fissò sua figlia per qualche istante, e io di rimando. Lei rise scuotendo la testa.
“Papi..ma sarai fortunato? Oggi finalmente hai scoperto i miei altarini! Tutta colpa dell’unico vero idiota della situazione..”
“Oh mia diletta, sii ragionevole. Tanto per le lunghe, non avresti potuto tirarla ancora per molto, no? lo hai detto tu stessa, che eri a corto di scuse..”
“Si, ma nessun piano prevedeva che tu mandassi tutto a rotoli, maghetto da strapazzo..” rimbeccò Arthur. “Beh, comunque sia andata, il finale era quello,no? avevamo già in programma di dire tutto, alla fine..”
“Alla fine, ovvero con qualcosa per le mani, non con il solito pugno di mosche, Arty!” rispose Ellery. Arthur sospirò, ed Ellery annui sospirando anche lei. Poi entrambi si rivolsero a me, mentre Harry si appoggiava ad una colonna lì vicino con le braccia incrociate, visibilmente annoiato.
“Beh, con quello che è successo in questo giorni, era inevitabile lo stesso, immagino..Bene, fai le domande, papi..stavolta avrai le tue benedette risposte!”
Heiji la guardò come se fosse la Madonna di Fatima e lui fosse il quarto pastorello.
“Bene..” disse, quasi emozionato dall’evento. Di per se, lo ero anche io. I piccoli non sembravano alle prese con qualcosa di semplice, all’apparenza, E poi i loro discorsi..che cosa sapevano?
“Bene..allora, in primis: che cosa sapete, e cosa di preciso..mi avete sentito dire?”
“Uh, andiamo al sodo..” disse Ellery ad Arthur, che annui. “Ok..Arty,credo debba rispondere tu. E’giusto, in fondo..”
Gli mise una mano sulla spalla, sorridendo amabile. Notai che era decisamente diverso l’approccio che aveva con Harry rispetto a quello che aveva con Arthur. Con lui era più dolce, più apprensiva. Quasi protettiva. E notai quanto questo scocciasse a Harry, che nel suo angolo, grugnì impercettibilmente.
“Si,grazie, Elle..” bofonchiò lui. “Ecco, noi..beh in primis solo io, ma  poi l’ho detto a lei. Ed è saltato fuori che lo sapeva già perché aveva sentito lo zio prima di me..”
“..E Brooke ha sposato Ridge, che era figlio del suo ex, da cui lei aveva avuto due figli..la tiriamo per le lunghe, Doyle?” sbottò Harry. Arthur lo fulminò. Ellery gli tirò la lattina vuota del tè che aveva in mano.
“Beh, in sintesi io..io so che..che Conan Edogawa non esiste. Io so che tu..che tu in realtà..che tu in realtà sei mio padre!”
Fissai Arthur, senza parole. Heiji iniziò a fare gesti senza senso.
“Tu..lei..voi..da quando?” balbettò. Io invece,non sapevo cosa dire. Sapevo che era altamente improbabile, dato che concretizzata come cosa, avrebbe causato la mia morte, ma mentre sentivo le parole di Arthur echeggiarmi nella testa, avrei potuto giurare che il mio cuore, sotto la mano che tenevo posata sul petto, fosse fermo. Arthur, il mio figlioletto di 8 anni, aveva scoperto..il mio segreto, la terribile verità dietro la maschera di Conan Edogawa.
Mille erano le domande che sarebbero state da farsi, ovviamente. Ma nell’istante in cui iniziai a reagire alla cosa, scattò in me un meccanismo mai percepito prima, subentrando in priorità su tutto, ed ero quasi certo di sapere cosa fosse: da qualche parte, mi era capitato di leggere che studi psicologici, avevano constatato che la maggior parte delle madri acquista coscienza della presenza del bambino e del fatto che diventeranno genitrici nel momento in cui avvertono il feto muoversi nell’utero la prima volta, mentre i padri solo nel momento in cui vedono i loro figli per la prima volta. Disgraziatamente, non serbavo ricordo della gravidanza di Ran, né del giorno in cui Arthur era nato. Ma so bene che gli uomini, come i loro discendenti diretti ossia gli animali, ragionano e compiono azioni mossi per la maggiore dall’istinto. E l’istinto animale spinge da sempre a proteggere i cuccioli e a difenderli da ogni rischio percepito, e così fanno anche gli umani. E cosi, mi sentivo di agire anche io. Percepivo in quella situazione, che il mio cucciolo era tormentato o sofferente per via dello stato delle cose, ed era mio dovere lenire tale cruccio, prima di ogni altra cosa. Mi chinai verso di lui, e posandogli le mani sulle spalle, mormorai. “Piccolo..tu stai bene, vero? Non è assolutamente facile da accettare, una cosa simile..”
“Tranquillo..” rispose lui, sereno. “Pensarti prigioniero là dentro un po traumatico lo è stato, inutile voler bearsi di una finta illusione. Però a mente lucida..ho realizzato che, seppure in questo modo, almeno posso sapere sempre con certezza dove sei e che stai bene..”
Lo guardai. Bene, ero felice di vedere vivo in lui il raziocinio dei Kudo, buon per lui. Era liberissimo di farsi prendere dal panico, essendo solo un bambino, ma aveva preferito affrontare la cosa e metterne in evidenzia i lati positivi e razionali, per poi affrontarla a mente lucida, proprio come avrei fatto io.
Era ufficiale: ero pazzo di lui!
Lo presi tra le braccia e lo strinsi a me, e in quella breve unione, trasmisi più affetto di quanto ne avessi mai manifestato in quasi 30 anni di vita, in un corpo o in quell’altro. Ora e solo ora capivo, quanto diventare genitori rivoluzionasse la vita di una persona, dentro e fuori.
Sciolto quell’abbraccio, però, dovetti lasciar subentrare il professionista che si annidava in me, e fu il momento delle delucidazioni. Arthur parve capirlo, e si preparò, con la piccola Ellery la suo fianco. Sapeva che non era possibile per me evitare di capire come lui e la sua complice erano riusciti a smascherarmi, quando molte persone più grandi e preparate di loro avevano solo percepito un leggero odore di bruciato a riguardo. Era da un po, ora che riflettevo, che non mi si metteva spalle al muro sull’argomento. Le uniche due volte che era successo, erano state una ad opera di Heiji, che a dirla tutta aveva finito per giocarmi a favore, come cosa: un detective con un talento simile era oro fuso averlo come socio in affari.
L’altra, era stata opera del caro ladro fantasma, Furto Kid. Lì, però, ancora adesso ero indeciso se esserne felice o meno. Che mi avesse tradito no, anzi, mi aveva aiutato molte volte a portare a casa la buccia. Però rimaneva pur sempre un valido esponente del fronte nemico, e avere questo nervo scoperto con lui non poteva non disturbarmi, in un certo senso. Oddio, era pur vero che aveva giocato in casa: io avevo il miglior travestimento immaginabile, ma lui del camuffamento ne aveva fatto un mestiere, ed è legge non scritta che da sempre è impossibile riuscire a rubare..a casa dei ladri.
In sintesi, ero stato beccato da due menti geniali impareggiabili, per cui mi godevo ancora una certa tranquillità per quanto riguardava il resto del mondo. Ma ora..due bambini delle elementari avevano tirato giù il velo e scoperto l’altare. Dovevo capire a tutti i costi il come..
“Allora..” ripresi. “Sorvolando sull’orgoglio disumano che mi sta divorando al pensiero che tu, la mia progenie, sia riuscito a smascherarmi prima ancora di finire lo svezzamento e in barba a miriadi di poliziotti super allenati a scovare truffe e raggiri che pensano ancora che io sia solo un bambino prodigio che ha assimilato le nozioni base dal detective Kogoro..”
“Signore, pietà..La ricetta della birra al malto, potresti aver imparato, da lì..” sospirò Arthur, esasperato.
“Vedo che hai capito..Ecco, sorvolando su tutta questa roba, io chiedo: come sei riuscito in quest’impresa? Hai pensato che..somigliando a tuo padre, potesse esserci qualcosa sotto? no perché se è cosi, mi conviene lasciare il paese. Io stesso mi sono reso conto di.. essere identico a ciò che ero.”
“No, questa cosa pare non essere cosi evidente, a sentire il parere del popolo. Probabilmente, l’arguzia latita, fuori dal DNA Kudo, con tutto il dovuto rispetto per la mamma..”
“Non è colpa sua, è la genetica che ti frega. Lei, poverina, ha i geni di tuo nonno Kogoro..”
“Io voglio bene al nonno, guai, ma..quale sciagura abissale, povera mamma!”
“Hei! Anche il DNA Hattori non è da meno, chiariamo!” sbottò Ellery, irritata. Heiji le carezzò la testa, sospirandole: “Inutile, l’ego dei Kudo è più esteso del continente asiatico, cara..”
“Comunque..” continuai, mentre cercavo di colpire Heiji con lui che si scansava facendomi le boccacce. “Se non è questo, che cos’è che ti ha spinto a simili conclusioni?”
“Beh dire che non è questo, è dire il falso. Mi sono sempre chiesto il motivo di questa straordinaria somiglianza somatica tra mio padre e te, ma non riuscivo a ricevere risposte concrete da nessuno. Per non parlare di quello che mi veniva propinato quando chiedevo da dove venissi. Nonna Yukiko ti cambiava di posto nel suo strampalato albero genealogico ogni volta che le chiedevo che grado di parentela avessi con la nostra famiglia. Si, credo sia stato proprio questo, a spingermi ad indagare sul tuo conto: la scarsità di risposte esaurienti. Io ti ho sempre voluto bene come se fossi davvero mio fratello, ma..dovevo sapere da dove venissi, era più forte di me..”
“Plausibile, ed ereditario aggiungerei: l’hai presa da me, la sete di risposte..” risposi, sorridendogli. Lui ricambiò il gesto.
“Lo so bene..” rispose. “Come la passione per i gialli, l’amore per il calcio e per i Tokyo Spirit, del resto..”
Mi azzannai la lingua con forza per impedirmi di urlare TU AMI IL CALCIO E I TOKYO!? per evitarmi spiacevoli momenti di confusione. Di norma, lo sapevo già di queste sue passioni, e uscirmene con una domanda simile, mi avrebbe fatto passare per matto di certo. Mi limitai a qualche balletto interiore, e lo lasciai proseguire.
“Però, come ho già detto, nonostante la mia insistenza nel fare domande, le tue radici non saltavano fuori, cosi a un certo punto mi sono stancato di chiedere, e ho iniziato una ricerca per conto mio. Ma non ero neanche partito, che mi sono imbattuto nel primo ostacolo: nell’albero genealogico in cui eri stato indicato, ovvero quello del dottor Agasa..non esisteva una sola goccia di sangue Edogawa neanche trasfusa. E da quel momento, nella mia testa hanno cominciato a spuntare le gemme di un pensiero: perché Agasa aveva mentito, dicendo a mamma che eri un suo lontano parente,quando ti aveva affidato a lei? In realtà, chi era veramente, quel bambino di 6 anni portato a casa nostra quella sera, e da dove veniva?
Poi, nonna Yukiko mi ha visto mentre facevo ricerche sulla tua famiglia, e mi ha detto che Agasa doveva aver fatto un po di confusione. Da sempre, lui considera i Kudo come membri della sua famiglia, per cui Conan, che era parente suo, veniva considerato automaticamente un parente, da Agasa. Però concretamente non lo era. Da quell’affermazione, io ho iniziato a frugare un nuovo albero genealogico: Quello dei Fujimine, il nome della nonna Yukiko da signorina. E indovina un po?”
“Niente Edogawa all’orizzonte, eh?” risposi, ridendo.
“Neanche in prestito. Se fosse capitato con un adulto, avrei pensato alla più grossa frode a scopo di estorsione del secolo. Ma eri solo un bambino, non poteva essere, dovevi essere uscito da qualche parte, santo cielo! Cosi, ho lasciato perdere la famiglia di tutti, e ho cercato la tua, gli Edogawa. Ma a parte il famoso  scrittore Rampo, non c’era traccia di loro. Conan Edogawa e la sua famiglia, compresa la sua fantomatica madre latente Fumiyo, non esistevano da nessuna parte. Era come se stessi cercando..”
“..dei fantasmi.” Conclusi per lui.
“Esasperante, a voler esser buoni..” borbottò, frustrato. “ Sconsolato, mi stavo arrendendo all’inevitabile sconfitta..quando è accaduto un miracolo!”
“Conosciuta ai più come Ellery..” intervenne lei, sorridendo estatica. “Beh, oddio, volersi prendere i meriti non sarebbe corretto, in questo caso. Il colpaccio lo ha fatto papino, per me..lui e la sua rinomata lingua quadri forcuta!”
“Uhm..chissà perché questo non mi sorprende..” mormorai, mentre arrostivo con gli occhi Heiji, in quel momento indaffarato a contemplare con insistenza un paio di nuvolette di passaggio in cielo.
“E chi mai, conoscendolo? Comunque, quel pomeriggio stavo in giardino a controllare le mie patate di tulipano nell’aiuola, quando è squillato il cellulare di papà dal salotto, e sul display ho letto CONAN. Non ho risposto, ovviamente, era il telefonino del lavoro, e l’ho portato in ufficio per far rispondere il diretto interessato alla chiamata. Io poi non sarei rimasta lì, papà spesso parla di lavoro con Conan, e non vuole che ascolti, però uscendo mi si è slacciata la scarpa, e mi sono trattenuta un attimo fuori dallo studio per legarla. E dopo qualche secondo che ero lì, ho sentito papà sbraitare: Kudo, falla finita, mi sta davvero stufando quel tuo testone di marmo! lascia che ti aiuti, porcaccia miseria!
 Non era chissà quanto forte il tono, ma per me che ero a portata d’orecchio,era stato sufficiente alto. Non so se papà sapeva che avevo letto il nome sul display, ma di sicuro non immaginava che io fossi  ancora lì e che potevo sentirlo..”
“Mi ero confidato con Elle dei mie crucci, e quando è successa la cosa, per evitare l’omissione di dettagli apparentemente privi di valore ma poi magari in seguito rivelatori, ha preferito comunicarmi l’accaduto via SMS. La chiave dei misteri è nascosta nei dettagli apparentemente invisibili. Si impara così nel vostro mestiere, no?”
“Amen, figliolo..” annui io, e Heiji di rimando.
“Di per sé, però non detti peso alla cosa. Era capitato spesso allo zio di impappinare la lingua e di confondere papà con Conan, e così ho concluso che doveva essersi trattato di uno dei suoi soliti lapsus e niente di più. Poi però, a mente fredda, mi è ritornato su un particolare interessante e curioso: Elle, mesi prima, mi aveva detto una frase molto strana..
“Capita spesso a papi di chiamare tuo fratello Kudo oppure Shinichi, ma quando chiama tuo padre, non lo chiama mai Conan, chissà perché. A papi manca tanto, lo zio, lo dice sempre, sai? Magari confonde i nomi perché Conan somiglia tanto allo zio Shin, e a papi, a livello inconscio, pare di averlo davanti per davvero..” continuò Ellery. “Art, dopo quest’illuminazione, mi ha chiamata al volo, emi ha ricordato questa mia affermazione. Facendolo, mi ha fatto tornare in mente un secondo episodio alquanto bizzarro riguardante il mio papino. Zio Shin, è risaputo anche dalla carta da parati ormai, manca spesso per lunghi periodi da casa. Mamma dice che è come le macchie sul fornello di nonna Shizuka: nemmeno hanno il tempo di essere notate, che già sono sparite..”
“Una macchia di sugo, sei diventato..” borbottò Heiji. Io annui, mogio.
“Pulizia domestica a parte, il paragone è azzeccato: Zio Shin è una macchietta nella vita della sua famiglia, una comparsa. Neppure sua moglie e suo figlio sanno mai dov’è. Eppure una persona che non hai mai mancanza di informazioni sull’argomento, e alla faccia di tutti, c’è..tu, papi.”
Ellery spostò con tocco leggero uno dei suoi lunghi codini bruni dietro la schiena, un sorrisetto furbo stampato sulla bella bocca, simile a quello nella nonna dalla spugna facile.
“Zia Ran spesso si interroga sulle location dello zio, senza però aver mai una risposta esauriente. Eppure tu papi, che teoricamente zio Shin lo vedi meno di tutti, sai sempre vita, morte e miracoli su di lui. Sei sempre tu che metti le pezze, dicendo alla zia Ran che zio Shin sta bene e che non c’è motivo di preoccuparsi, e lo fai sempre con una certezza nella voce un po troppo spropositata per uno che il suo adorato fratellino spirituale e socio in affari, lo sente solo via mail e in qualche sporadica telefonata. Il modo che avevi di rassicurare la zia, era di uno che non solo sente il diretto interessato telefonicamente..ma che vede chiaramente che quest’ultimo gode di ottima salute. E lì mi casca l’asino: come diavolo fai a essere cosi certo che sta bene, se non perché lo vedi coi tuoi occhi che è cosi? E se non è vero che lo vedi spesso..com’è che nemmeno sua moglie e suo figlio sanno niente, mentre tu di lui sai sempre tutto?
Ovviamente sapevo a priori che chiederti spiegazioni, equivaleva all’ennesimo polpettone di scuse, per cui ho risparmiato il mio tempo, e mi sono unita ad Arty nell’ arenarmi a quello scoglio che pareva insormontabile. Ma il fato aveva altri programmi, evidentemente, perché ci ha omaggiati con un'altra perla. Mentre mangiavo mandarini in veranda, 5 mesi fa, la zia Ran ha chiamato mamma, per sentire se papà aveva notizie dello zio Shin, che ormai era latitante da diverse settimane. Mamma ha chiesto a papà, e lui come sempre ha detto che non c’era motivo di stare in pena, che zio Shin non chiamava e mancava da tempo perché aveva per le mani uno dei suoi casi che lo tenevano inchiodato alle scartoffie, e che schiattava di salute. Lì per lì neanche un granello di polvere andava alzato, era tutto come al solito. Non fosse che mamma, prima di riattaccare mandando carriole di baci ad Arty e alla zia, se ne è uscita dicendo:
Certo che il destino lo alza il gomito, eh? Un pugno di anni fa, solo che nominavi la parola Kudo, a Heiji veniva la peste bubbonica, dal nervoso. Sputava veleno come un lama su di lui, dicendo che era un pomposo figlio di papà pieno di gas, buono solo per i rotocalchi..”
Mi concessi un’altra bella occhiata alla soda caustica all’osservatore di cumulonembi.
“Tanto più, ha proseguito mamma, che gli ha anche fatto fare una figura da cioccolatino da guinness, durante il primo caso in cui hanno avuto occasione di fronteggiarsi. Heiji è tornato a casa avvelenato come la mela di Biancaneve, dal caso di quel diplomatico ucciso dalla moglie..”
Ricordavo come fosse ieri, quel caso. Era stata la volta che avevo fatto la conoscenza di Heiji, che mi aveva propinato quel mefitico liquore cinese per curarmi il raffreddore, che poi invece aveva finito per farmi riacquistare le mie vere sembianze, per la prima volta dopo l’assunzione dell’APTX. E ricordavo bene anche che non ero stato io a fargli fare la figura del cioccolatino..l’aveva fatta da solo, per eccesso di zelo!
“Poi mamma ha detto: Eh ma Heiji si sa, ha una testa che non la vogliono neanche i porci! Due mesi, dopo, aveva finito di leccarsi le ferite, ed era pronto per la rivalsa. In quell’occasione, però, secondo me è successo qualcosa di strano, perché Heiji è tornato a casa completamente cambiato, non era più lui. Da un odio radicato che neanche Galileo e il Papa, Heiji ha preso ad adorare Shinichi come un oracolo. Ma quello che mi ha stupita di più,è stato che, pur avendomi assicurata che non era riuscito a vederlo in quell’occasione, Heiji non si è più prodigato in nessun modo di cercare Shinichi. Sembrava che non gli interessasse più sapere dove fosse o.. che lo sapesse benissimo.
Da quella volta, poi, i due hanno cominciato a sentirsi frequentemente, tanto che a un certo punto pensavo mi mettesse le corna, non sapendo che Shinichi fosse un maschio..”
“Solo lei, a questo mondo, poteva partorire un’idea cosi malsana..” commentò Heiji, scuotendo la testa.
“Si beh, sorvoliamo sulle tare della mamma, per piacere. Ha però comunque concluso il discorso con la domanda del secolo: come aveva avuto papà il numero dello zio, se in quell’occasione non era riuscito a vederlo? Come poteva  averglielo dato, se a quel convegno su Sherlock Holmes, lo zio Shin non c’era nemmeno?”
Altro bel ricordo da album di famiglia. In quell’occasione, non solo ero stato gabbato alla grande dall’organizzatore del raduno Holmesiano, che più che altro voleva vantarsi di un ritrovato volume di Holmes di prima stampa dal valore a più zeri, ma avevo finito per ritrovarmi invischiato nel caso di omicidio di quest’ultimo. Dulcis in fundo, non avevo potuto lavorare come dio comanda per colpa di Heiji, a cui come le piante in primavera erano germogliati i primi sospetti su di me.  Mi aveva tampinato per tutta l’indagine come un condor, e avevo più volte dovuto correre ai ripari carpendo le rispose nella maniera più lunga..facendoci arrivare gli altri per poterli ascoltare. Una cosa oltremodo snervante per me, che ero abituato a mandare a nanna il vecchio Kogoro e via. Ah si, anche quello era successo. Non avevo potuto usare il mio solito trucchetto con quegli occhi indagatori cuciti alla nuca, e mi ero visto costretto a usare Heiji..che poi mi aveva fregato, e in seguito smascherato. Decisamente un week end poco piacevole.
“Non vuol dire niente!” belò Heiji. “Shinichi, il numero, poteva avermelo mandato in qualsiasi occasione, no?”
“E’ perché avrebbe dovuto, se nemmeno sapeva chi eri? E poi mi sono informata, che credi? Zio Shin il suo numero non lo da mai a nessuno, da quando si è dato alla macchia. Dovevi averlo preso dal diretto interessato una volta conosciuto, non esisteva altra soluzione, papi.”
Heiji rimase senza munizioni, e si limitò ad annuire.
“Ora, raccolte queste informazioni..” continuò Arthur.  “Restava da capire questo: che cosa era capitato in quel frangente, a zio heiji, per fargli cambiare idea su papà? Dove aveva preso il numero e, domandone finale..perchè, contro ogni logica spiegazione, lo zio parlava di papà come..fosse in grado di vederlo?”
“Ci abbiamo lasciato giù un chilo e mezzo di cellule grigie, ma non abbiamo risposto a niente. “ disse Ellery, sbuffando. “L’unica cosa insensata che riuscivamo a concludere era: papi è diventato in seguito a sa dio cosa, l’unico al mondo a vedere zio Shin. Ecco perché pareva non esserci al raduno dei fanatici di Holmes. C’era..ma lo vedeva solo papà.”
“Uno spirito, in poche parole. E..heiji quando avrebbe preso lezioni di spiritismo, di grazia?” chiesi, ridendo.
“Ecco, domandagli..” rispose Arthur, mezzo sorriso in faccia. “lo sappiamo anche noi che era assurdo, ma che altro potevamo pensare?”
“Beh, del tutto non erano in errore, dai..” disse Heiji, comprensivo. “Io, effettivamente, solo l’unico che ti può vedere..ma solo perché sono l’unico a sapere che sei rinchiuso lì dentro.” E indicò il mio corpo.
“Beh, in effetti è vero ma..ciò non toglie che voi alla fine lo avete capito, come si sono svolti i fatti, no? come?
“Beh..grazie alle foto della zia.” Disse Ellery. Arthur annui.
“Mamma ha riempito la casa di foto tue, un po per nostalgia, un po per far dannare il nonno. Un pomeriggio, gli zii e Elle erano in visita, e ci siamo messi a guardarle. E per la prima volta, abbiamo fatto caso a un dettaglio. In tutte quelle immagini, papà era presente, ma..
“In tutte..sembrava sofferente.” Concluse Ellery.
“In primis pareva un caso, ma sfogliando in seguito gli album delle foto, abbiamo fatto caso che ogni volta, che fosse un occasione speciale o un semplice momento da foto, papà sembrava o malato o comunque poco in salute. E le foto avevano date diverse, era assurda come cosa!”
“E mentre ci si chiedeva l’origine di questa cosa, io mi sono resa conto di un’altra coincidenza bizzarra..” disse Ellery, le dita al mento, riflessiva. “In tutte le foto con lo zio Shin presente..tu non c’eri mai!”
E dicendolo, indicò me. Vidi Heiji sbarrare gli occhi.
“Strano a dire poco, vero? Abbiamo pure pensato che non essendoci proprio nell’inquadratura, tu fossi il fotografo in quell’occasione. Ma mamma ha detto che ricordava bene che in quelle occasioni, tu non eri proprio presente. Il giorno che mamma e papà si sono sposati, eri a letto con la febbre. Il giorno del matrimonio dello zio heiji, in gita coi DB. Il giorno che sono nato, via con tua madre. Ogni volta, un contrattempo. Un po strano, no? tornava papà, sparivi tu. Via papà, riecco te. E poi quella strano malessere di papà..in qualche modo..sentivamo le cose collegate l’una all’altra. Ma come..rimaneva un mistero.”
“E infine, il tassello mancante è giunto. Precisamente 4 mesi fa, vero Arty?”
“si, un preziosissimo tassello mancante di raro e unico splendore di nome Harry, al vostro servizio..”
Harry si fece avanti tronfio, con Arthur che lo guardava torvo.
“E’ inutile che ringhi, cane da tartufi. Lo sai che è merito mio che mister X qui ha perso la sua mascherina..”
“Vorrei poter dire il contrario..ma si, è merito suo. Un pomeriggio, è venuto a Tokyo con i suoi e ci ha sentiti parlare nel parco dietro scuola di papà. Ha origliato, per meglio dire..”
“Mi sono avvicinato soltanto perché mosso dal dilemma del perché una creatura angelica come Ellery fosse affiancata da un simile individuo spento e banale come te, Doyle..”
Ok, era ufficiale: quel moccioso stava sulle scatole anche a me!
“Comunque..” disse Ellery, prendendo un biscotto dalla borsa e ficcandolo a mala grazia in bocca a Harry. “Sembrava conoscere bene zio Shin, e ci ha detto che anche suo padre si era spesso posto domande su dove potesse essere finito, in gioventù, ma che poi aveva smesso. Però, a detta di Harry, aveva conservato gli articoli che parlavano di lui all’esordio, fino ovviamente al suo ultimo caso risolto riportato poi sui quotidiani. Ci disse che, come molti, anche suo padre si era chiesto perché, all’improvviso, Shinichi Kudo avesse preso ad aborrire la stampa, quando da sempre ne era il pupillo..”
“Copperfield Jr poi, ci ha invitati a casa per la merenda..”
“ho invitato lei, tu ci hai solo seguiti..” puntualizzò Harry.
“..e ci ha mostrato i ritagli di suo padre. E lì abbiamo scoperto l’ennesimo indizio strano. L’ultimo caso risolto di Shinichi Kudo, prima di iniziare la sua precaria presenza, risaliva al 28 novembre 1992..la stessa medesima data in cui mamma portò a casa Conan. Papà ha cominciato a sparire improvvisamente anche per settimane intere..il giorno che è apparso Conan. Per di più, quello stesso giorno, si è scoperto essere il giorno in cui lo sconosciuto detective Mouri  risolse brillantemente il suo primo caso, che portò come conseguenza una catena infinita di successi che lo hanno reso noto in tutto il Giappone. E si dava il caso che il tutto fosse successo in seguito all’arrivo in casa Mouri di un misterioso bimbo in custodia alla figlia adolescente del detective, considerato poi dai più come il portafortuna di Mouri.
Ma a noi suonava diversa. I DB hanno sempre detto che Conan è il migliore tra loro da sempre, fin da piccolo, e tutti hanno sempre detto che era geniale per la sua età. La conclusione, radunato il tutto, rimena una: Conan Edogawa e mio padre, per quanto inverosimilmente..erano la stessa persona. Papà era stato trasformato in un bambino in qualche maniera, aveva cercato asilo dall’unica persona di cui si fidava, ovvero Agasa, che poi essendo scienziato magari poteva aiutarlo e mamma aveva finito per vederlo. Affezionatasi al bambino all’istante, aveva espresso il desiderio di poterlo tenere finché i suoi non tornavano, e Agasa aveva dovuto accettare, incapace com’era di dirle di no. Ovviamente, genitori che venissero a riprenderlo, non ne esistevano, e Conan ha finito per crescere con mamma come suo ‘fratellino’. Ogni tanto riesce pure a tornare, ma con effetto collaterale di sintomi simili all’influenza o roba simile, e per pochissimo tempo. Zio Heiji, poi, doveva averlo scoperto a quel fantomatico raduno di Holmes, vedendo in Conan, l’ombra del suo rivale.”
“Già. E conoscendo papi, alla fine del caso, deve averlo torchiato con la sua solita finezza per farlo confessare. Zio Shin ovviamente deve avercelo mandato o cosa,e papi è ricorso ai suoi soliti giochetti mentali da carceriere psicopatico. Hai minacciato di dirlo alla zia o simili, eh papi?”
Beccato in pieno!
“Ma..ma perché si pensa sempre male di me, posso saperlo?” sbottò Heiji, smascherato.
“Beh, perché non esiste altro modo di pensarla, ovviamente..” sibilò Harry.
“Bene..” dissi, tenendo di malavoglia Heiji perché non scaraventasse in un cassonetto quella peste di Harry. “Pur non avendo certezze o prove a riguardo, avete avuto fiducia nella vostra deduzione..e avete avuto ragione. In effetti è così..io sono davvero Shinichi Kudo.”
Harry mi guardò interdetto.
“Che mi prenda un colpo..” mormorò.
“E che ti ascoltino..” mormorò Arthur. Poi guardò Ellery raggiante. Era comprensibile fossero soddisfatti e felici, dopo tutto il lavoro svolto dietro a quella faccenda.
“Però sia chiaro: nessuno deve sapere niente, ok? Neanche le mammine!”
Ellery e Arthur fecero croce sul cuore. Ellery fulminò Harry, che copiò il gesto.
“Ok..dio, che casino assurdo..”commentò Heiji. “Però ancora non mi spiego una cosa: che diavolo sono tutte queste fughe a Kyoto? Che venite a fare qua?”
I tre bambini si guardarono.
“Beh..lo facciamo in seguito a un dettaglio subentrato di recente, papi..” rispose Ellery. “E’ per via di una cosa..che ha sentito dire Harry da suo padre, una notte..”
Harry annui.
“Che ha detto tuo padre, parlava di me?”
“O di quello che eri, per meglio dire..” rispose ghignante il bambino. Odioso.. “Una notte mi sono alzato per fare due goccine, e ho sentito papà che parlava fitto. Ho sbirciato nel suo studio e ho visto che parlava al telefono con qualcuno, ed erano le due del mattino. Oddio, papà ha l’abitudine di stare alzato fino a tardi, a volte esce pure in piena notte, per cui niente di strano..”
“Beh niente di strano no, i criminali lavorano meglio di notte..” bofonchiò Heiji.
“Posso finire, ispettore Rinco?”
Heiji ringhiò un assenso.
“Come dicevo.. per l’orario papà non era fuori dagli schemi, ma il suo interlocutore lo era alquanto. Sono rimasto lì un paio di minuti, sperando saltasse fuori un nome,e alla fine eccolo! Papà ha concluso la chiamata dicendo: Qua, a parte quella maledetta notte, non ho più visto gente di quel tipo, Kudo. Ma se dici che sei sicuro che il prefisso fosse di Osaka, perché pensi siano qua? Magari quella ti ha mentito, che ne sai? Hai l’abitudine di fidarti dei tuoi nemici, ultimamente.. io sono una delle tue nemesi, eppure eccoci qui. Ahaha scherzo, lo so che ho fatto tutto io, non occorre alterarsi. Non è colpa mia, se sono straordinario, in fondo. Comunque non ti biasimo, ormai sarai stanco di quella situazione. Fai bene a non lasciare nulla al caso, nella ricerca delle persone che ci hanno rovinato la vita..beh, ti lascio ora, ho un lavoro da fare e il sole mangia le ore..beh, se non te lo dico, come mi diverto? Non arriverai mai in tempo per fermarmi, neanche se metti giù e salti sul primo mezzo di trasposto in partenza, quindi rilassati e fatti una bella dormita. Fammi sapere se senti ancora quella donna. Lo sai che roba mia quanto tua. Buonanotte, Sherlock Holmes del terzo millennio.”
Detto questo, spostò un ciuffo ribelle da una parte, abitudine che avevo già visto prima in quello che, solo sentendo quel discorso, avevo capito essere suo padre. Ora spiegavo l’odio di Heiji per quella creatura.
“Il padre di Harry aveva seminato indizi come Hansel e Gretel si sognerebbero la notte. Persone strane che hanno rovinato la vita a te e a lui. L’unica cosa strana nella vita del padre di Harry è stata la morte di suo padre, il nonno di Harry, apparentemente vittima di un incidente ma da sempre reputato da suo figlio come assassinato da mano ignota. Per quanto riguarda te..direi quello che ti è successo. Persone di quel tipo..strane, in sintesi, fuori dall’ordinario. Una donna, poi, è stata menzionata..”
“Basta!” esclamai. Heiji parve arrivare tardi a me di pochi istanti, a giudicare dalla sua faccia orribilata. No..mi andava bene che avessero scoperto chi ero, se questo quietava le loro domande e i loro dubbi..ma guai se sapevano troppo di quella gente..degli uomini in nero. Una donna, una nemica..lo sapevo io chi era quella donna, un altro bell’elemento da tenere a distanza..Vermouth.
I bambini mi guardarono un po esasperati, ma non mi mossi dalla mia posizione.
“Basta cosi, va bene? Oltre, guai se ci andate? Ci sono cose che non dovete sapere, per nessun motivo, chiaro? Io e Heiji abbiamo rischiato molto, e solo perché sappiamo una minima parte delle cose..”
“Cioè..nemmeno voi sapete la verità?” chiesero in coro i piccoli.
Io e Heiji, amaramente, denegammo. Ellery e Arthur sbottarono frustrati.
“Diamine! Un altro punto morto, che nervi!”
“No un attimo, rimane un cavillo, mia diletta..” saltò fuori Harry. “Quella strana ragazza bionda, ricordi?”
Ellery parve riprendersi, e annui.
“Ma certo! Stavolta chiedo, visto che ormai non avete motivo di mentire, dato che sappiamo. La ragazza bionda in questione..è la zia Ai.”
Mi si annodò la gola.
“Si.” Sopraggiunse Arthur. “da sempre è strana, con resto del mondo, tranne che con te. Sapendo chi sei, non mi bevo la storia del fidanzato..”
Annui, concordando.
“Ecco..mi dici, allora, chi è davvero e perché è cosi strana? Anche lei pare sbucata dal nulla, come Conan. C’entra qualcosa con quello che ti è successo?”
Respirai a fondo. Terreno molto instabile, quello dove si era addentrato il mio ragazzo. Dovevo stare attento a come rispondere.
“Si, c’entra qualcosa. Lei..anche lei è come me, una finta bambina. Ma non fatene mai parola con lei del fatto che sapete. Credo che odi tanto Heiji a questo proposito..”
Ellery e Arthur annuirono.
“Con..papà..” disse Arthur, raccogliendo il coraggio. Mi fece sbalzare il cuore sentirlo chiamarmi cosi. “Io capisco che non puoi dirmi niente, ma..almeno..dimmi come è successa questa cosa. Sono un uomo di scienza, ho bisogno di sapere..”
“ Si beh ‘uomo’ ..”
“Lo è più di te, lingua velenosa..” rimbeccò Ellery. Harry parve spiazzato. Arthur parve compiacersi.
“Beh..ecco..”
“Un farmaco. E’ stato un farmaco a conciarlo così.”
Heiji era intervenuto. Cosa che mi mise in corpo un ansia non da poco. Lo guardai.
“Tranquillo, non sono più un bambino..” mi rispose.
“No, da quando? E perché non ha detto nulla?” lo sfotté Harry. Heiji raccolse pazienza, ma il tic all’occhio annunciava un eminente esplosione.
“E da dove è uscito,sto farmaco?”
“Dalle persone di cui non dovete sapere nulla. Hanno obbligato la zia Ai, ai tempi una grande scienziata, a fabbricarlo sotto minaccia, lo hanno propinato con la forza a Shinichi per ucciderlo e poi hanno provato a sbarazzarsi della sua creatrice. Entrambe le cose, gli sono andate male. Quella gente crede che entrambi siano morti, per quello le false identità. Tutto chiaro? Oltre non vado, spiacente.”
I tre ragazzi annuirono, un po sconcertati.
“E in questo, mio padre che c’entra?” chiese Harry.
“Tuo nonno ha visto per errore il viso di una di quelle persone, ed è stato ucciso. Da quel che so io, tuo padre, ai tempi un bambino come te, ha intravisto la scena, ma nessuno gli ha creduto mai..”
“Già..gli stupidi poliziotti come lei gli hanno dato del bimbo fantasioso, lo so bene. Mio nonno era un grande, non sarebbe mai morto in un incidente provando un numero..”
“Anche l’uomo da cui hai preso il nome, morì per un incidente sul lavoro..”
“Harry Houdini, il mito della mia famiglia, morì di peritonite, specie di spaventapasseri ignorante!” sbraitò Harry. Ellery si morse un labbro.
“Offese a parte, ha ragione lui, papi..”
“Ah non darti pena, mia diletta. Da tempo ho imparato che ciò che esce dalla bocca di tuo padre è meno di un ciarlo da bimbo infante..”
Heiji caricò di nuovo verso Harry, ma lo fermai. Per quanto insopportabile, capivo l’odio che nutriva per l’ordine costituito.
“Ascolta..comprendo il perché odi le forze dell’ordine, ma non mi sembra che Heiji centri direttamente con quello che è successo a tuo padre e tuo nonno. Io stesso ho detto cosi a tuo padre, anni fa, sai?”
Harry sbarrò gli occhi.
“Sul..sul serio?”
“Si. Lo conosco da tanto tempo, e in te vedo il suo odio. Ma come a lui, vorrei dire a te questo: tuo nonno non ha avuto giustizia perché, lo so su pelle, ai bambini non crede mai nessuno. Ma ora che quei bambini sono cresciuti..la giustizia non attende che la luce meritata. E io farò tutto ciò che è in mio potere per assicurare alla giustizia l’uomo che ha ucciso tuo nonno. Perché Harry, e bada che dirò questo e nulla più, ti avverto: io conosco l’uomo che ha ucciso tuo nonno. E’ la stessa persona..che mi ha ridotto così”
Sotto le mie mani, posate sulle magre braccia di Harry, avvertì un tremito e un brivido.
I tre bambini non dissero altro, mentre riaccompagnavamo a casa Harry. Quando suo padre apri la porta in ciabatte e ci vide, fulminò suo figlio. Il piccolo chinò il capo, remissivo come mai avrei detto fosse. Furto Kid non era cambiato chissà quanto. Alla mia vista, rividi il solito sorriso beffardi fiorirli in viso e i suoi occhi luccicare pestiferi. Non era più, però uno sbarbatello. Era diventato un uomo anche lui. E a giudicare dai nomi sui campanelli, aveva finito anche lui per sposare la sua amica di infanzia, la figlia del capitano della polizia di Kyoto e amica di Ran, Aoko Nakamori.
“sadico a sposare la figlia di uno sbirro..furto kid.” Mormorai, mentre lui spingeva in casa il figlio e chiudeva la porta.
“Shh! In casa non sanno niente, per favore! Eh, che ti devo dire, amo il rischio!”
“Si, e non sai quanto stai per rischiare..” ringhiò Heiji. “Per colpa tua, i ragazzi hanno scoperto la verità..su quelle persone.
Kid divenne pallido in un nano secondo, egli morì il sorriso. Spalancò la porta di casa, ripesco apparentemente dal nulla suo figlio, lo trascinò nel vialetto, chiuse in malo modo la porta e lo prese brusco per le spalle, gli occhi pieni di allarmismo.
“Sta scherzando vero? Harry, dimmi che non è vero, dimmi che non sai niente!”
Harry guardò a terra per qualche istante. Poi parve trovare coraggio e guardò deciso suo padre.
“No, è vero, so tutto! So che un uomo cattivo ha ucciso il nonno e che tu lo hai visto, e so che l’uomo cattivo in questione.. ha ridotto il signor Kudo così.”
E dicendolo, indicò me. Kid, che era accucciato davanti al figlio, vide cedergli una gamba, e dondolò pericolosamente.
“Ah e..so anche che..che sei tu Furto Kid. Ti ho visto una notte l’anno scorso uscire dal balcone, mentre andavo a bere in cucina. E so anche che loro due lo sanno, e a loro due l’ho detto io.”
Addio alla gamba rimasta. Furto Kid ora sedeva inerte nell’erba umida, sconvolto. Harry gli picchiettò su una spalla.
“Rilassati, papà, non dirò mai niente a nessuno. Sono tuo figlio, dopotutto, no? è probabile che seguirò le tue orme, un giorno..”
Kid spalancò la bocca e prese ad annaspare.
“Ok, direi che può bastare, non vorrei che finisse per venirgli un colpo e lo facessi morire per davvero..”
Tirai indietro Harry e feci alzare Kid da terra.
“Buono, va tutto bene, gli abbiamo preso sul nascere, non sanno proprio tutto, sono al sicuro..”
Kid mi guardò stralunato.
“Giura..” pigolò.
“Quello che sanno te lo ha detto tuo figlio, nulla in più.”
Kid deglutì, ancora pallidino.
“L’uomo cattivo..Harry sa di quell’uomo!”
“No che non sa, non sa niente. Nessuno sa, dico bene?”
Kid respirò a scatti, ma annui. Poi riperse suo figlio, ancora un po incerto sulle gambe.
“Non cercare più niente, siamo intesi? Non fare domande a loro due, né ai loro figli. E soprattutto..non devi dire mai a nessuno chi sono..nemmeno alla mamma, promesso?”
“Certo, è una faccenda da uomini, tra me e te!”
Kid annui, e strinse a sé il suo figlioletto. Un altro a cui la paternità aveva cambiato i connotati.
“Lo sai papà, avevi ragione: Heiji Hattori sarà pure una mezza tacca, ma Shinichi Kudo è davvero un grande!”
Detto questo, diede un ultimo sprezzante sguardo a Heiji e Arthur, un tentato baciamano a Ellery boicottato da Arthur, e poi mi fece un breve ama rispettoso inchino, per poi filare dentro casa. Kid rise piano.
“Ha la mia stessa capacità di capire il valore delle persone. Mi da tanta soddisfazione..”
“L’ho sempre detto che andavi castrato da piccolo, tu..” ringhiò Heiji.
“Oh piantala di abbaiare, brontolo. Sei dove sei, no? che ti frega di quello che dico io o di quello che dice mio figlio? È la verità, per quello, ma sei libero di ignorarla..”
Heiji era decisamente irritato, mentre Kid si voltava verso di me.
“Grazie..” mormorò.
“Per cosa?” chiesi.
“Beh Harry stamattina detestava entrambi, per cui devi per forza aver fatto e detto qualcosa per fargli cambiare idea, quindi..grazie.”
Durante il viaggio di ritorno, pensai a quella frase, la frase di Harry. Kid aveva insegnato a suo figlio che io ero da rispettare, che ero un grande. Incredibile, ma vero. Nei miei ricordi, a parte la frase che avevo ripetuto a suo figlio, non ricordavo altri episodi in cui avessi potuto meritare da Kid simile gratifica. Doveva essere uno degli episodi..che avevo rimosso. Io e Heiji, a proposito, trovammo giusto dire ai bambini della mia amnesia. Almeno, avrebbero potuto darci una mano con gli altri a tenerla nascosta. E poi, ero del parere che erano meritevoli di fiducia, dopo quello che erano riusciti da soli a fare e la fatica impiegata.
“Wow..e non ti senti mal di testa o capogiri? Se si, può essere che hai sbattuto la testa, magari nel sonno..” chiese Arthur, seduto sulle mie gambe mentre mi tastava cauto il cranio in cerca di bozzi o ferite.
“No, sto benissimo, è quello il problema. Sarei ricco, se sapessi che è un’amnesia da trauma cranico..”
“Boh..” disse Ellery, mentre si appisolava tra le braccia del padre. “Forse è un effetto del farmaco che agisce a scoppio ritardato. Può essere?”
“Bello ritardato, dopo 10 anni, piccola..” le risposi, mentre la guardavo lottare per tenere gli occhi aperti.
“Dormite adesso, ne parliamo più tardi con la zia Ai.” Disse Heiji, tirando un po giù la tendina della finestra del treno. Ah, mi raccomando, voi non sapete nulla di questa storia, ok? Parlo del farmaco e del rimpicciolimento..”
“Un grugnito di assenso, e poi più nulla. I piccoli erano crollati. Arthur dormiva avvinghiato alla mia vita come un Koala, Ellery beata tra le braccia del suo papà.
“Eh, caro il mio vecchio Kudo, kid sarà stato pure da castrare.. ma non so se una potatina avrebbe fatto male anche a noi..”
“Perché? Io adoro Arthur!” sbottai.
“Cretino, anche io adoro la mia principessa, che credi? Però visti i risultati, ho idea che qui avremmo da tribolare un bel po..”
“Ah beh per quello si..in futuro, potremmo vedere se si può sfoltire via un po del DNA sbirro dal bagaglio genetico dei ragazzi, che dici? O almeno, limargli un po le unghie.
“Sarebbe da farsi. A piede libero, questi due ci sbatteranno in un ospizio prima degli ’anta, vecchio mio..”
Ci abbandonammo a una silenziosa risata. Poi mi sorse un dubbio:
“Dì un po, Hattori..ma cosa intendeva Kid con “sei dove sei”?”
“Ah..il mio lavoro.” Rispose lui, un po assonnato.
“Beh sarai detective ormai, credo..” borbottai, un po geloso.
“No, io e te facciamo lo stesso mestiere. Aspettiamo a ritirarci e a diventare detective fin quando avrai pianta stabile nella pelle di Shinichi Kudo..”
“Capisco..e che lavoro sarebbe? Poliziotto?”
“Si, in un certo senso si..”
“Bene! Beh per te sarà stato semplice, con tuo padre e tuo suocero di casa al distretto..”
“Ah come no, specie con mio suocero, guarda..” sbottò lui. “E poi anche tu non è che hai fatto fatica. Sei il beniamino della polizia di Tokyo, in una forma o nell’altra..”
“Beh io, a sentire i DB, sono un poliziotto, lo sapevo già..”
“Eh, i DB..hai fatto molta più carriera tu, di quei 3. 4, se contiamo Lady sangue di ghiaccio Macbeth..”
“Ahaha, la chiami ancora così?”
“E perché, come dovrei chiamarla, quello è il suo nome, no? comunque non pensare che io sia dove sono per via di mio padre. Ho fatto carriera perché sono un fenomeno, esattamente come te..”
“Vuoi dire che il fatto che tuo padre sia il questore non ti ha aiutato neanche un po?”
“No. anche perché mio padre non è più il questore di Osaka. E’ andato in pensione quando è nata Ellery, te l’ho detto anche prima che voleva fare solo il nonno, dopo la piccola..”
“Ah si, vero..”
“E anche Matsumoto è andato in pensione, lo stesso anno. Beh, era anche ora. Era un grande ai tempi d’oro, ma aveva 150 ormai..
“Caspita, sei anni fa entrambi i nostri questori  si sono ritirati. Chi sono quelli nuovi?
Heiji sbadigliò, mezzo addormentato ormai.
“Dunque..il questore di Tokyo non c’è mai, quindi il posto è un po vacante, ma il corpo di polizia non si lamenta. Quel poco che c’è il questore fa il lavoro di tutti messi insieme, è un mito..”
“Ah, meno male, un degno rimpiazzo..e quello di Osaka?
“Beh.. il nuovo questore di Osaka..sono io.”
Detto questo, piegò la testa da una parte, e iniziò a russare. Io, seduto davanti a lui, rimasi di pietra. Heiji..questore?!
No un momento..io e lui, a detta sua, facevamo lo stesso mestiere, quindi..il questore assenteista di Tokyo..ero io!!!

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Capitolo 5
*** memoria velenosa ***


Non bastasse la vagonata delicatissima di novelle appena ricevute, ad accogliere i miei nervi sfatti al rientro a casa, c’era uno dei peggiori acquazzoni mai visti: ogni goccia di pioggia cadeva con la grazia di una lama da fioretto, conficcandosi nella pelle lasciando quasi il segno dell’impatto, il cielo era talmente grigio che nonostante le quattro del pomeriggio in giugno, pareva serata inoltrata, e ogni tre secondi, un tuono mi provocava  dei mezzi infarti rimbombando come una gran cassa in tutto il circondale. Io e Heiji correvamo come esaltati per le strade, alla ricerca di un taxi, coi bambino belli addormentati infilati a involtino nei cappotti. Trovatone uno, mezz’ora dopo l’arrivo del nostro treno a Tokyo, ci accomodammo sui sedili con un litro d’acqua nelle tasche e i capelli ridotti ad alghe marine.
Ciliegina glassata sulla torta del disastro, varcata la soglia, Ran ci piombò addosso come una valchiria furente:
“Ma io mi domando, cosa ho fatto di male, per meritarmi simili trattamenti, eh ragazzino?”
Ragazzino. Ha persino un figlio da me, e ancora devo sentirmi etichettare in quella maniera. Bellissima, come cosa..
“Scusa, avrei dovuto telefonare..” borbottai, gocciolando come un cono gelato al sole sul tappeto del salottino dello studio del vecchio.
“No, quando mai, mi sarei stranita, credo, dopo tanti anni di vagabondaggi senza meta da parte tua..” sbottò sarcastica, mentre mi toglieva piano Arthur dalle braccia. “Però mi sarei aspettata che almeno per il tuo fratellino, un bruscolino di responsabilità fosse germogliato in te..sai cosa ho passato, nelle ultime ore?”
“Ti ho detto che mi dispiace, non so che altro dire, Ran..”
Momenti piacevoli come quello, mi facevano desistere dal mio intento di ricordarmi i momenti persi della mia vita matrimoniale..
“kazuha è già arrivata?” domandò Heiji, dopo aver messo a cuccia la piccola Ellery nella stanza dove Ran aveva messo dei lettini per i piccoli quando stavano allo studio. Ran soffiò come un vecchio gatto arruffato.
“No, signor questore, l’hai scampata bella! Il suo treno arriverà domani mattina, colpa del maltempo. E dio solo sa cosa mi ha fatto desistere dal telefonarle!”
“Beh, qualsiasi cosa sia, tienilo bello attivo, per l’amo di dio..” esalò Heiji, rincuorato. “Comunque, datti pace, piccola. Non credo che i nostri fuggitivi tenteranno un’altra evasione, in futuro..”
“Perché? Siete finalmente riusciti a scucir loro qualche informazione?” chiese subito Ran, ansiosa.
“Beh,oddio, niente di particolare..di per sé, l’unica cosa che abbiamo capito è che andavano laggiù a trovare un loro amico. Il figlio della tua amica Aoko, Harry..”
Ran portò una mano al petto, spiazzata.
“Tutta questa pappardella, solo per vedere il piccolo Harry? Ma bastava che chiamassi sua madre, lei e Kaito l’avrebbero portato qui, o saremmo andati noi da loro, è assurdo..”
“Che vuoi che ne sappia, io? Ho chiamato anche Shinichi, un’ora fa, per riferire..neanche lui ci capisce niente..”
Vidi un po di colorito sfumare via dalle guance di Ran, e fulminai Heiji per aver tirato in ballo l’argomento.
“Ah..lo ha sentito?” chiese Ran, la voce un po incrinata. “Ha..ha detto niente?”
Heiji, che in quel momento era impegnato a non farsi incenerire dalle mie occhiate, la guardò contrito. “Scusa, bambolina..per ora è immerso fin qui nel lavoro. Nel week end gli darò una mano, può darsi riesca a liberarlo un po, ok?”
Lei annui, molto poco convinta.
“Vado a preparare un caffè, sarete intirizziti dal freddo, non sia mai vi ammalaste..”
Detto questo, scivolò come uno spettro nel cucinino dell’ufficio. Controllando per bene che fosse fuori tiro, mi sfilai un mocassino, e lo scagliai in fronte a Heiji con forza.
“Ahio..e che diamine, ho capito, sono scemo, non occorre farmi diventare un unicorno, Kudo!” sbottò massaggiandosi la fronte.
“Rimpiango di non essermi trasformato in donna, quella volta con quel maledetto farmaco..  in questo momento avrei potuto scagliarci un bel tacco 12, su quella testaccia deserta!”
“Saresti stato un cesso, secondo me..” ringhiò Heiji, sbirciando nel vetro del suo mini PC se aveva segni in fronte. Ran tornò pochi minuti dopo, un po gonfia in viso. Tuttavia, evidentemente allenata dai molti anni passati in quella situazione, schermò il tutto dandosi da fare per dare un asciugata ai posti dove avevamo gocciolato. Poi, mentre io e Heiji inghiottivamo grandi sorsate di intruglio caldo, lei salì al piano di sopra e fece ritorno con un cambio asciutto a testa. Quando ci fummo cambiati, Heiji sprofondò su uno dei due sofà, sospirando profondamente, mentre io mi sedetti a gambe incrociate sull’altro di fronte, posai la testa sullo schienale, e chiusi gli occhi, la mente che ronzava come un tafano, dai tanti pensieri.
“No, che mi bagnate tutti i divani, coi capelli zuppi!” sbottò Ran, lanciandoci due asciugamani. Mi avvolse intorno alla testa un asciugamano rosa confetto, e prese a frizionarmi la testa con energia.
“Quando la pianterai di farci da mammina, eh?” chiese Heiji ridacchiando, mentre si tamponava via dal collo le gocce colate dai capelli.
“Quando vi comporterete da adulti, immagino..” sbottò lei. “ Suppongo che abbiate infilato i piccoli nei lettini ancora bagnati, vero?”
Entrambi sbarrammo gli occhi.
“Ecco, per l’appunto..signore, pietà..bene, vado a cambiarli e poi me ne vado a letto, che domani Kazuha arriva presto, e la devo andare a prendere in stazione. Vedete di non fare confusione. Buonanotte.”
Mi lanciò l’asciugamano in grembo, e si diresse a passo spedito verso la cameretta dei bambini.
“Uff, ogni tanto me lo chiedo sai? Se abbiamo fatto davvero un affare, quella volta, a sposare quelle due..”
“Probabilmente saremmo morti molto tempo fa, se non lo avessimo fatto. Anzi, con tutta probabilità saremmo morti anche solo se non le avessimo conosciute..”
“Amen,fratello mio..Kazuha, a volte, somiglia così tanto a mia madre, che ho paura a lasciarla sola con mio padre, rischiando che si confonda anche lui..”
Ridemmo entrambi. Beh, scherno a parte, era vero, le nostre dolci metà fin troppe volte avevano dovuto badare a noi come delle madri improvvisate. C’era da invidiarla, la loro infinita pazienza..
Posai la testa ancora un po fresca sui cuscini del divano, mentre Heiji accendeva la tv sulla scrivania del vecchio per sentire il meteo, e iniziai a ripercorrere gli eventi appena vissuti.
Ran piangeva ancora per la mia assenza, per cui evidentemente non c’era stata traccia di antidoto definitivo, in questo dieci anni dispersi. Il mio bambino era diventato Shinichi kudo jr sotto il naso di tutti, come pure Ellery era diventata il clone in gonnella di suo padre. Beh, rischi a parte, non potevo non gongolare un po, al pensiero..
“Piove, poi piove ancora e, se avanzano cinque minuti..piove!” ragliò Heiji contro un innocente meteorologo dall’aria pallida in tv. “Dio.. di questo passo, ci toccherà tornare in patria col gommone!”
“Com’è che siamo in contatto con Kid, Heiji?” chiesi. Era da quando lo avevamo incontrato, che mi arrovellavo sull’argomento.
Heiji, prese una caramella dalla ciotola sul tavolinetto da caffè.
“Beh oddio, non è che si sia diventati amici di canasta, Kudo, precisiamo. Il rapporto tra noi è sempre lo stesso..esclusivamente lavorativo.”
“Chiaro..” dissi, annuendo. Bene, cercavo ancora di acchiapparlo, dunque. Ottimo, avevo piacere a sentire che le vecchie abitudini erano rimaste tali.
“Ran ha legato molto con sua moglie giusto in queste occasioni. Spesso e volentieri, Nakamori si è trovato a pensare che Furto Kid, in realtà fosse il suo amatissimo genero, e lei poverina, ogni volta moriva al pensiero. Aoko odia kid più di ogni altra cosa, per via dello stress a cui suo padre si sottopone da anni, per cercare di acciuffarlo..”
“Certo che ne ha fegato, quel ladrastro..come fa a guardare la madre di suo figlio e l’uomo che lo ha allevato come suo negli occhi, ogni volta che parlano male di Kid? Tutta la sua famiglia, escluso il suo bambino, odia furto kid, ovvero odia lui.. ci pensi?”
“Lo so, ne abbiamo parlato spesso, anche con lui a volte..” annui Heiji, succhiando la sua mentina. “Lui però dice che alla lunga, ha smesso di farci caso. Amava Aoko e l’ha sposata, vuole bene a Nakamori, e lo rispetta. Quello che fa nei panni di Kid..beh, lui dice che è una cosa che con la vita di Kaito Kurobane ha talmente poco a che fare, che può essere benissimo definita come una vita a sé. E’ come se Kid e Kaito..fossero due persone distinte, ecco..”
“Una specie di bipolarismo pilotato, dunque..ah beh, contento lui, contento il mondo.”
Heiji fece un cenno con la testa in segno di approvazione, e prese un’altra caramella, stavolta al lampone.
“A proposito..” disse, le labbra che andavano colorandosi di fucsia. “ Che diavolo hai detto a Kid, al telefono? La conversazione di cui ha parlato baby Houdini, intendo..”
“E lo chiedi a me? Pronto, amnesia, ricordi?” dissi, indicandomi la testa.
Heiji grugnì, irritato.
“E ora che ti prende? Non puoi prendertela con me, non ho mica deciso io di perdermi la memoria, sai?”
“No, quello no, certo..hai però deciso fin dalla notte dei tempi, di tenerti sempre tutto dentro e di non dire mai niente a nessuno! Sai, preoccupazione per la tua salute mentale a parte, non ti nascondo una certa soddisfazione, a vederti ridotto così. Almeno adesso riesci a capire che a fare il granchio eremita, ad odiare tanto il cameratismo e la condivisone..non hai guadagnato un bel niente!”
Lo guardai, sconvolto. Stava scherzando o cosa?
“Hai trasformato il tuo cervello in una banca dati, da quella maledetta notte, e fino ad oggi, nessuno ne ha mai avuto l’accesso, tranne il suo padrone di casa. E che risultati abbiamo avuto, da questa meticolosa segretezza? Tutta la roba che sapevi, le informazioni sui MIB e tutto il resto.. sono andate a farsi friggere! La tua scheda madre si è bruciata, e hai perso un quintale di Gb di roba! L’unica cosa che rimane a riguardo, sono le 4 cose che so io, ovvero un bel niente, dato che non conosco altro che dei nomignoli da superalcolico e neanche una faccia. Poi, le cose che ricorda Ai, che però sono vecchie di anni, e decisamente obsolete. Ci sarebbero poi i dati raccolti dall’ FBI, per quello, però rimane un piccolo marginale dettaglino..tu non hai raccontato nemmeno a loro tutto! Loro non sanno, per esempio che sono anni che vedi di nascosto Vermouth, non sanno che ti è arrivato almeno venti volte il respiro di Gin dietro al collo.. non sanno praticamente niente!”
“Vuoi piantarla di urlare, idiota, vuoi che ti sentano tutti?” ringhiai, adirato. “Cameratismo..condivisione? Heiji, qui non si tratta di condividere una prova nella risoluzione di un caso o un sandwich nella pausa pranzo, chiaro? Qui si tratta di: se non sai vivi, se sai muori!”
“Credi di aver a che fare un bambino? Le avrei sapute gestire esattamente come te, le cose..”
“Cosa? Tu.. tu sei convinto che non abbia mai detto niente a nessuno..perchè non davo fiducia? Tu..non ci posso credere, tu..”
Mi sentivo sperso. Ok, ero diffidente d’indole, e poco incline alle deleghe ma.. Heiji, colui che si definiva il mio migliore amico, lui..non mi aveva mai capito davvero!
“Oh, ora non fare la faccia da incompreso, per cortesia..” rimbeccò lui, agitandomi l’indice in faccia. “Tu non ti sei mai fidato di nessuno, nemmeno di me che per diverse volte mi sono strinato il pelo, per salvare il tuo, quindi ora non fare il martire..”
“E in tanti anni, tu non ti sei mai chiesto quale fosse l’origine di questo mio atteggiamento, Heiji? per tutti questi anni, presenti o non nella mia memoria, tu ti sei definito il mio migliore amico, mi hai fatto da testimone di nozze e tu hai fatto il mio, ho tenuto tua figlia al suo battesimo e tu hai tenuto il mio, e ancora..ancora non mi hai capito del tutto?”
Heiji parve spiazzato, per qualche secondo. Poi, si riebbe.
“C..certo che so chi sei davvero, credi che sia scemo? Sei la copia incarnata di Sherlock Holmes, ecco chi sei! Borioso, arrogante, permaloso, egocentrico, vagamente sociopatico se non per interesse bel preciso verso una persona specifica, iperattivo sul lavoro ma alquanto svogliato nel resto, diffidente e lunatico. Non ami collaborare o delegare, fai sempre tutto da solo e.. ah si, te la tiri un casino quando riesci in qualcosa prima degli altri..”
Lo guardai, una punta di irritazione in corpo.
“Bene..e, tanto per la cronaca, mi dici perché se sono tanto sgradevole, mi sei lo stesso rimasto appiccicato, negli ultimi anni? Uno che descrive una persona come tu hai descritto me, mi indurrebbe a pensare che la terrebbe volentieri al distanza, non che la farebbe membro onorario della sua famiglia..”
Heiji mi fece una smorfia.
“Sì, certo.. sarebbe cosi, se..chi descrive non fosse identico a chi viene descritto.”
Lo guardai confuso.
“Dio li fa e poi li accoppia, si dice, no? Io ho passato una vita alla berlina, perché la gente comune non accettava che fossi decisamente più mentalmente dotato di loro..”
Evviva la modestia..
“Poi sei arrivato tu, che avevi vissuto specularmente a me, e per la prima volta nella mia vita, mi sono sentito capire davvero..”
L’avrei negato anche sotto tortura, ma.. condividevo in pieno.
“Però non puoi negarlo lo stesso, gemellino..” risposi, sentendo mio malgrado scemare la rabbia. Dannata sensibilità ai complimenti. “Non hai mai capito il perché non condivido mai niente con nessuno. Specie con te.. ”
“Perché..non c’è nessun perché, tu sei fatto così, punto. Beh, il perché non lo fai con me, magari dipende dal fatto che non so tenermi bene la lingua tra i denti, forse.. ”
“No, altrimenti avrei negato fino alla morte di essere..” abbassai il tono fino a renderlo un sospiro. “Shinichi Kudo..”
“Non avevi grandi scelte, eri spalle al muro, bellezza..”
“Avrei sempre potuto farti passare per matto, volendo. Chi diavolo ti darebbe filo, anche al giorno d’oggi, se andassi a raccontare questa storia?”
Heiji, suo malgrado, annui. Poi però, tornò cupo.
“Beh, me ne frego lo stesso, mi ha sempre dato fastidio che diffidassi dei tuoi amici come fossero nelle file rivali. Ok per i poliziotti e l’FBI, ma io! Sai che neanche adesso, non mi dici mai un cavolo? A volte, come ha sentito anche mia figlia, mi fai uscire talmente dai gangheri che mi perdo il controllo per strada. Specie dopo due anni fa.. ”
Vidi sul volto di heiji scendere una maschera scura, e il suo sguardo si perse nel vuoto.
“Cosa? Che vai dicendo..che è successo due anni fa?”
Heiji grugnì, furioso.
“E chi lo sa? Come sempre, silenzio stampa! Tre parole in croce e via.. neanche con me, hai voluto parlare. Dio, che odio, non mi ci far pensare, con la paura che mi sono preso.. Ok, Kudo, se esiste un perché, lo voglio adesso, sono stufo! Si ,ok, sono un amico di merda, non ho mai capito il tuo intento da buon samaritano nascosto dietro la tua faccia da duro..adesso però dimmi perché, perché non ti fai mai aiutare almeno da me!”
“Perché? Ok, te lo dico subito il perché.. perché moriresti, idiota! Il prefisso del numero del capo dei MIB, l’unica persona a cui una bestia malata come Gin obbedisce, è di Osaka! Sapendo questo, aggiungi che tu sei nato lì, tua moglie e tua figlia sono nate lì, tutta la vostra famiglia ha le sue radici lì. Ecco..sommando le due cose, e ponendo il caso che quella persona, il capo dei MIB, venga a sapere che tu, niente meno che il questore di Osaka, il poliziotto più in vista esistente nel tuo paese, da più di dieci anni dai asilo a me e Ai..quanto tempo dai da vivere alla tua famiglia?”
Heiji divenne serio come mai lo avevo visto. La serietà che nasce in volto solo a un uomo che sa di avere un carico sulle spalle del peso di una famiglia.
“E sappi anche, se avessi in mente di replicare come credo, che non esiste nascondiglio al mondo da quella gente, Heiji, neanche ad inventarsene uno. L’unico abbastanza sicuro.. è quello che usano Shinichi Kudo e Shio Miyano, e non credo ti piacerebbe. Non abbiamo a che fare con i soliti furfantelli casalinghi che si pentono tre secondi dopo aver piantato il coltello. Questa gente è come i vampiri: uccide per il piacere del sangue. E non importa da dove sgorga, basta che ce ne sia tanto. Non si fermerebbero davanti a nulla, per fartela pagare, se avessero sospetto che sai anche mezza cosa in più del normale poliziotto di provincia. E come ben sai facendo il nostro mestiere, Heiji, la ferita più dolorosa non è certo sulla tua pelle. E tu, come pure io, hai un punto debole che fa male da ammazzarti, se viene toccato..”
Heiji deglutì, il labbro superiore tutto imperlato di sudore. Dire che ero già in grado di capire cosa potrebbe provare un padre all’idea che la carne della sua carne venisse anche solo guardata da un paio d’occhi come quelli di Gin, magari non mi era ancora possibile ai livelli di Heiji, che ricordava nel dettaglio ogni momenti di vita della sua bambina. Però sottopelle, l’istinto animale di protezione del cucciolo, stimolato da un simile pensiero, tirò comunque su le antenne.
“Tu sei più esposto di tanti altri, Heiji, ma a questo mondo non esiste anima viva che manterrebbe una vita normale, una volta che viene a contatto con quel colore nero maledetto. Macchia fin dentro l’anima, e non te lo levi più. Io ho giocato con la sorte, e ho perso miserabilmente, ogni singola cosa che avevo. Con che coraggio mi chiedi di condividere quello che so, sapendo cosa è successo a me una volta che ho saputo?”
Per qualche istante, heiji rimase in silenzio monacale, fissando gli involti colorati delle caramelle nella ciotola davanti a lui, il respiro ridotto a un filo. Poi, con mia sorpresa, sorrise.
“Mi chiedo..dovrà andare avanti ancora a lungo, questo inferno? Che diavolo, ho quasi trent’anni, e ancora mi ritrovo a puzzare di latte, al tuo cospetto..”
Mi sporsi un po’, e gli posai una mano sulla spalla.
“Chi fa il nostro mestiere, non smette di imparare..”
“..neanche l’ultimo giorno di lavoro, lo so. Però sa dio perché, ho sempre l’impressione che sia io l’unico che impara, tra noi due, e tu quello che si limita a dispensare insegnamenti..”
“Sbagliato. Io me lo ripeto sempre, sai? Per quanto riesca a capire come facciano nel dettaglio, non mi sarà mai chiaro il perché un criminale fa quello che fa. Questo si che è un insegnamento che gradirei imparare, amico mio.. ”
“Ah beh, grazie tante..se sapessimo questa cosa, tanto varrebbe darsi alla pesca d’altura, lavoro non ce ne sarebbe più..”
“Bell’idea! E ci portiamo via anche Kid, mi pare di ricordare che adori il pesce!”
“Sì, come tu adori i clown e io quelle maledette bambole di porcellana..brr!”
Scoppiammo a ridere. Poi; mentre Heiji prendeva un’altra caramella, mi venne in mente una cosa.
“A proposito di bambole.. perché io e Vermouth ci vediamo ancora? Voglio dire, ora che sono il questore, il rischio dovrebbe essere triplicato, no? Le conviene ancora, incontrarmi di nascosto? E soprattutto..perchè ho interpellato Kid a riguardo, e in piena notte, per giunta?”
“Boh, dovevi chiederlo a lui..” disse heiji, spostando da un lato all’latro della bocca la caramella.
“Si, per sentirmi sfottere un ora sul fatto che non ricordo un fico secco, certo..”
“Non credo ti prenderà..beh molto in giro, diciamo. E’ diventato grande anche lui, sai? Col tempo, maturano anche le nespole, si dice. A pensarci, due anni fa si è ingrigito parecchio la chioma anche lui.. ”
“Ancora quel fatto.. ma mi spieghi che diavolo ho fatto, due anni fa?”
Heiji smise di far passeggiare la sua caramella in bocca, e sospirò a fondo, scrutando il diluvio che si stava abbattendo contro le finestre dell’ufficio.
“Non lo sa nessuno, tu non ne hai mai voluto parlare. L’unica cosa certa è..che il discorso dell’autismo è saltato fuori col tempo, dopo quel giorno, tanto che sia i medici che..beh chi non sa di te, diciamo, lo associa direttamente..”
“Quindi..ho avuto un incidente, o cose simili?” chiesi. Heiji denegò.
“I medici e, in seguito e in separata sede, io e Ai, ti abbiamo rivoltato come un guanto, ma non avevi neanche la puntura di una zanzara sul corpo, nulla. Però rimane comunque un fatto assurdo..”
“Quale? Che cosa è capitato, di strano, per ridurmi all’autismo selettivo?”
“Solo tu lo sai, Kudo, e ora che hai perduto i tuoi ricordi, credo che rimarrà un mistero, quello che hai fatto quel giorno..”
Heiji prese un sorso del suo caffè, ormai appena tiepido, lo sguardo perso nel vuoto.
“Ricordo tutto come fosse successo ieri, uno dei peggiori spaventi che la mia pelle ricordi. Ellery aveva solo quattro anni, e ricordo che stavo giocando con lei in salotto, quando il mio cellulare ha squillato, col nome di Ran sopra. Ho preso in braccio la bambina e sono andato a rispondere.”
Heiji posò la tazza, e iniziò a farla girare su se stessa.
“Ran, percettibilmente agitata, mi chiedeva se sapevo per caso di qualche impegno di Conan  per quella mattina, perchè lei quella mattina lo aveva mandato a portare Arthur all’asilo, e non era ancora tornato. Io le ho risposto che non sapevo nulla, e di aspettare un altro po’, che probabilmente ti eri perso in qualche negozio di libri o avevi trovato da chiacchierare con qualche agente di pattuglia tipo Yumi. Riagganciato il telefono, però, feci caso che erano ormai le dieci passate, e che perciò eri fuori da almeno due ore buone, troppo tempo per due chiacchiere o per una vetrina. Così, ho provato a chiamarti, ma sia il cellulare di Conan sia quello di Shinichi, mi davano spento o non raggiungibile. Cosa che prima di allora, non era mai capitata.. ”
“Beh può essere che fossi al laboratorio di Ai a casa del dottore. Là sotto, la ricezione fa pena..” risposi, tranquillo.
Heiji si alzò in piedi, e andò alla finestra dietro la scrivania, il riflesso dell’acqua sul viso.
“Tre ore dopo, ran mi ha chiamato. Piangeva ed era fuori di sé dall’angoscia.. ”
“Cosa? Tre ore dopo non ero ancora tornato? Ma..avete provato a vedere che non fossi andato a trovare qualcuno o cosa?” chiesi, stupito. Non era da me, un simile comportamento. Ok, spesso dimenticavo di avvertire, se deviavo da qualche parte, ma non tenevo mai entrambi i telefoni spenti.
“Certo. Ran, in preda alle lacrime, mi disse che ti aveva cercato dappertutto: a casa dei Db, dal dottore, ed era persino uscita per vedere se eri nel tuo solito negozio di libri o al Poirot. Niente, non eri da nessuna parte. Mi aveva richiamato per chiedermi, se per caso eri venuto qui o se ero riuscito a trovarti al cellulare..che a lei dava ancora irraggiungibile. Mi ha detto inoltre.. di aver cercato anche Shinichi sul cellulare, per vedere se eri con lì, ma non era riuscita a trovare nemmeno lui. Cosa che, grazie a dio, capita spesso, e non l’ha insospettita più di tanto..”
“Assurdo.. dove diavolo ero, alla fine?”
Heiji posò le mani sulla scrivania, dandomi le spalle.
“Passate le tre del pomeriggio..”
“Passato cosa?!”
“Passate le tre del pomeriggio, Ran ha iniziato a stare male, così io e Kazuha siamo partiti col primo treno per venire qui. Arrivati, abbiamo trovato Takagi e Sato. Ran li aveva chiamati nel panico, dimenticando che erano entrambi a casa per il loro bambino appena nato. Tuttavia, essendo praticamente della famiglia e legatissimi a te, erano corsi immediatamente..”
“Gesù..beh, alla fine mi hanno trovato, immagino. Dov’ero?”
Heiji sospirò.
“Erano quasi le otto di sera, quando all’improvviso, la porta di casa si è aperta e..tu sei entrato, come se niente fosse..”
“Co..sono tornato a casa da solo? No, non è possibile..non posso aver fatto una cosa così stupida per niente! Mi avevano rapito, o ero ostaggio da qualche parte, o roba simile.. ”
 “Niente..nessuna banca rapinata, nessun sequestro. Eri semplicemente sparito nel nulla per quasi 12 ore..”
“Io..beh d’accordo, posso aver detto così alla polizia e agli altri..ma a te devo aver detto la verità, per forza! Ok che non ti dico niente sui MIB, ma sai benissimo quante volte Gin mi è arrivato a tiro, te l’ho sempre detto! Se mi succede qualcosa, te lo dico sempre, e tu lo sai! Ok, qual è la versione ufficiale?”
Heiji rise amaro.
“La verità? La versione ufficiale? Eccola: non è successo niente, stai tranquillo.. ”
Lo guardai, sconvolto.
“Me..me l’hai chiesto davanti a tutti o..”
“Te l’ho chiesto davanti a tutti, a quattr’occhi a casa mia, in macchina da soli tu ed io, te l’ha chiesto Ai almeno cento volte nel suo laboratorio e fuori.. la risposta non cambiava mai.”
“No, è impossibile..e i telefoni? Avete controllato le chiamate?”
“Questo è l’unico dettaglio che ci ha indotti a pensare che, benché non volessi ammetterlo per sa dio qualche motivo, avessi effettivamente incontrato qualcuno. Il telefono di Conan.. l’ ha trovato la polizia nel canale, tre giorni dopo il fattaccio. Quello di Shinichi l’avevi ancora con te, ma non aveva più la schedina memoria. Quando ti ho chiesto se l’avevi buttata insieme al telefono o se l’aveva fatto qualcun altro.. tu non hai risposto. Non hai risposto a moltissime domande, a dire il vero.. ”
“Mi rifiutavo di rispondere? Anche a te?”
Heiji annui.
“I medici, come pure Ai, te l’ho detto anche prima che non hanno trovato segni sul tuo corpo. Quindi non sei stato legato, ne niente. Non avevi nel sangue tracce di sonniferi, per cui non eri nemmeno stato drogato o sedato in alcun tipo. Non avevi nemmeno l ma d test d cloroformio. Qualsiasi cosa sia successa.. l’hai fatta di tua spontanea volontà. Kid l’ha visto al telegiornale, tornando a lui: sequestro lampo del figlio del famoso detective Goro. Anche i Kudo l’hanno saputo da lì. A tua madre è quasi venuto un accidente. Anche lei ha provato col bello e col buono a farti parlare, ma niente. Non hai mai detto assolutissimamente nulla a nessuno. Però, da quel giorno, hai iniziato la pantomima del silenzio. Prima a scuola, poi in seguito al distretto dove tu ei DB fate tirocinio. La gente all’inizio pensava fossi solo musone, un po’ orso ecco. Poi però, hai preso a non rispondere neanche alle domande quando qualcuno te le porgeva, ti giravi dall’altra parte e te ne andavi. Conoscendo il tuo carattere, Ran e il vecchio hanno iniziato a preoccuparsi. E poi..beh è storia saputa..”
Abbassai lento la testa, e lasciai che le mie dita sprofondassero tra i miei capelli umidi, sconvolto a dir poco. Ero impazzito, o che cosa? Che diamine di comportamento era? Avrei compreso un silenzio con Ran e il resto del popolo, ma.. perchè non avevo detto niente nemmeno ad Ai e Heiji? Era assurdo.. semplicemente assurdo.
“Hai continuato a vivere normalmente solo con le persone di cui ti fidavi o con i conoscenti stretti. Per gli altri, hai issato un muro. Pensa, persino con Sonoko, hai smesso di parlare. Per questo oggi quella canaglietta era stranita. Quando viene qua con suo padre o voi andate da loro, lui non ti ha mai sentito parlare. Kid, ok, lo senti al telefono, ma prima di oggi, non si sospettava che lui ne fosse la corrente.. ”
“E nessuno hai ami fatto niente? Mi hai sempre lasciato lì in silenzio, anche quando qualcuno mi parlava e vedevi che lo ignoravo? Mi stupisco che Goro non me le abbia mai suonate, francamente.. ”
“Ran non lo permette. Nessuno, da quel giorno, è padrone di dirti o farti niente, se ti rifiuti di parlare. Di solito, ti manda a giocare con Arthur, quando succede.. ”
“Bene, proprio come fossi ritardato o roba simile..” dissi fregandomi il viso, innervosito. “ No, questa cosa è insostenibile, ne verrò fuori, vedi tu. Da domani, tornerò a parlare normalmente, e dirò che quel giorno sono stato sequestrato da un pazzo che mi ha minacciato, che gli sono scappato solo in serata, che ho avuto paura e perciò non me la sono sentita di sporgere denuncia  nel timore facesse del male al piccolo Arthur..”
“No.” disse Heiji perentorio. “Non fare sciocchezze, Kudo..”
“Io non voglio che la gente pensi che abbia dei problemi mentali, Heiji! Ho già abbastanza grane per le mani senza tirarmi in barca anche questo pesce, grazie.. ”
“Non per quello, e che io..io non ho niente in mano a sostegno della mia tesi, fuori che ipotesi campate in aria, e un unico appiglio su un cellulare buttato in mare e una sim card svanita nel nulla. Però.. però io so che come me, Kudo, non ti conosce nessuno, e so..so che se fosse tutto al contrario, tu penseresti: ok, Heiji, stai covando qualcosa, ma non puoi dir cosa, bene. Diamo tempo al tempo, dunque. Mi hai proposto di diventare questore dopo questo casino, sai?”
“Davvero?” chiesi, quasi speranzoso. Se davvero Heiji avesse ragione..dio, perché non ricordo nulla!
“Si, e come ben sai, tu mi dicesti che sapevi cosa facevi, e io mi sono fidato al buio, Kudo. E lo faccio anche per questa cosa. So che è successo qualcosa di strano, in quelle maledette 12 ore nere, ma che tu non ne puoi parlare ad anima viva, nemmeno a me. E grazie alla spiegazione da te fornita oggi, si ha finalmente anche una porca spiegazione a riguardo. Bene, direi che si è fatta l’ora della nanna, eh? Giornatina intensa esige dormita intensa..”
Lo guarda sfilarsi i vestiti e inforcare il pigiama, il cuore gonfio di un affetto. Era impressionante quanto tenesse a me, non ne avevo davvero idea. Se avessi riacquistato i miei ricordi, feci un fioretto a me stesso che avrei iniziato a essere più aperto con lui, più cameralista. Un uomo del genere, come pure la donna che ora era mia moglie, capita una sola volta nella vita.
Srotolammo i futon mentre fuori dalla finestra, iniziarono dei violenti tuoni. Heiji non aveva neppure toccato il cuscino, che già ronfava. Io dal canto mio, con tutte le emozioni vissute quel giorno, mi addormentai praticamente con una gamba si e una no nel pigiama.
Immediatamente, i miei sogni iniziarono a cospargersi d’immagini strane, distorte. Vedevo Ran, che mi supplicava di parlare, e sentivo di morire davanti a quegli occhi, ma una forza dentro di me imponeva alle mie labbra di rimanere sigillate. Poi, mi apparvero dei vicoli familiari.. l strada di casa mia! Vedevo il mio cancello, e le finestre aperte in tutta casa. Subaru stava arieggiando le stanze? Poi, vidi la casa del dottore, un fumetto grigio che filava fuori da una delle finestre. Un’altra invenzione andata male, pensai ridendo. Feci per avvicinarmi, per soccorrere un eventuale dottore ferito, come al solito, ma all’improvviso mi sentì trattenere, trattenere da qualcosa che mi avvolgeva le braccia ma che non vedevo..
Devi stare buono, sai? Stai parlando troppo..
Una voce..una voce di donna..una voce che non conoscevo.
Io non sono come lui, sai? Io non vengo mai vista da nessuno..
Chi sei? Di cosa parli?
Non devi dare la colpa a me, sai? Eri tu che dovevi farti gli affari tuoi..
 Che cosa vuoi da me? Chi sei, dimmelo!
Non devi preoccuparti, sai? Non fa neanche tanto male..
Improvvisamente, la mia testa fu come colpita da un fulmine. Una scarica elettrica dolorosa mi avvolse tutto, le orecchie, il naso, la bocca, gli occhi.. tutto bruciava come il fuoco. Provai a urlare, ma non usci alcun suono. Era come, se mi avessero azzerato l’audio. Pregai intensamente che finisse, cercando ancora di urlare, ma senza risultato.
E’ inutile urlare, sai? Nessuno può sentirti..
Smettila.. ti prego, mi sta facendo impazzire, smettila!
Devi stare attento, sai? La fata verde è velenosa, se vuole..
In quel momento, il dolore raggiunse un’intensità talmente elevata che fui sul punto di espellere dalla bocca il mio stesso cervello, se non fosse cessato. Quando improvvisamente, mi sentì afferrare per le spalle con forza.
“CRISTO, APRI QUEI MALEDETTI OCCHI!”
Nel momento che udì quelle parole, il dolore svanì nel nulla. Mi ritrovai seduto nel mio futon, la pelle di tutto il corpo coperta di sudore ma gelida, le mani e le gambe tremanti come foglie, il naso di heiji praticamente premuto contro il mio, le sue mani salde attorno alle mie spalle. Lo guardai. Era agitato.
“Ci sei? Mi senti, Kudo?” esclamò, concitato.
Io tentai di rispondere, ma avevo la lingua appiccicata al palato, un sapore bruciante e dolciastro in bocca. Annui.
“Gesù santissimo..mi mancava solo questa, porca troia! Credevo che ne fossimo usciti, almeno da questa!”
Prese bruscamente il suo asciugamano dal divano, e iniziò a tamponarmi via il sudore dalla faccia. Sembrava fossi appena uscito dalla doccia, da quanto ero sudato.
“Co.. cosa ho fatto?” farfugliai, la bocca impastata.
“Niente, hai avuto una crisi, tutto qua. Non è la prima volta, tanto per la cronaca, non metterti paura..toh, bevi, ti calma il fiatone..”
Mi spinse sotto il naso un bicchiere d’acqua. Lo trangugiai con voracità. Ne sentivo il bisogno.
“Non..non ricordo di essere mai stato così..” dissi, annaspando per la gran bevuta.
“Sempre un gentile omaggio di quel cazzo di giorno buio..” disse Heiji, prendendomi il bicchiere. “E anche il tempo coincide, devo dire..tutto come al solito..”
“So.. solito?”
“Da quel pomeriggio, sembra che i temporali violenti, ti scatenino una sorta di reazione di panico inconscio. Nel sonno, inizi a respirare male a sudare, e a dimenarti come in preda al dolore. Si fa persino fatica a svegliarti, sai? Poi, in genere hai una sete boia e tremi per un po’, ma in genere stai meglio. E’ strano, come fenomeno, a dirla tutta. Anche perché.. anche il giorno che sei sparito, veniva giù un acquazzone assurdo. E’ come se il tutto fosse associato.. ”
“Quante volte è successo?” chiesi, cercando di calmare il tremore alle gambe fregandole forte.
“Non spesso, per fortuna..però ran si spaventa ogni volta. Continua a finire nel tunnel dei danni mentali.. ”
“Heiji.. cosa ho sognato prima delle crisi..l’ho mai detto?”
Heiji mi guardò stupito.
“No, hai sempre detto di non ricordarlo.. perchè?”
“Perché adesso me lo ricordo, e dato che invece il motivo per cui magari lo omettevo in passato, non lo conosco più..credo di doverlo dire, magari serve a qualcosa..”
Heiji si fiondò al mio fianco.
“Eccolo qua, sono tutt’orecchi.”
“Beh, è un gran casino, all’inizio..vedo Ran che mi incita a parlare, ma sento..sento di dover tacere. E’ come se.. se dentro mi dicessi: non parlare, non farlo..”
“Ok, e così appuriamo un fatto: non parli perché non puoi, bene. Una delle mie teorie, tra l’altro, ottimo! Poi?”
“Vedo le strade che portano a casa mia, casa Kudo. Vedo il mio cancello. Poi, vedo casa del dottore, e vedo del fumo grigio. Penso che il doc abbia fuso l’ennesima invenzione.. ”
“Normale amministrazione.. ok, poi?”
“E poi inizia la confusione..mi sento prendere da dietro e stringere. Sento una voce, una voce di donna..”
“Ran? O magari Ai?” chiese Heiji, ansioso.
“No, mai sentita in vita mia..” risposi. “Mi sussurra all’orecchio..frasi molto simili..sembra una cantilena..”
“Cosa dice?”
“Cose assurde..che parlo troppo, che devo stare al mio posto, e così via..”
Heiji aggrottò la fronte.
“Che parli troppo? E se.. e se fosse quella donna, che ti ha fatto sparire quel pomeriggio? Non hai visto il suo viso?”
“No, e lei ha aggiunto che sono in pochi, quelli che la riescono a vedere, non come lui..non so chi intendesse..”
“Lui..non potrebbe essere..Gin?”
Riflettei.
“Non credo..non ho mai sentito quella voce, da uno dei MIB. Kir, Chianti e Vermouth non hanno quella voce e quel tono. Sembrava.. una bambina scema, a ad essere sincero, anche se si sentiva che era adulta..”
“Però ciò non toglie che gli unici che avrebbero di cui lamentarsi per il fatto che parli o che, per meglio dire, sai un sacco di cose, sono loro. Magari è un membro nuovo, che ne sappiamo? Magari poi tu sai chi è, però l’informazione in questione è finita nel gabinetto insieme all’ultimo decennio di roba.. ”
“Si grazie Heiji, fammi finire..” rimbeccai, stizzito. “Ha continuato a farfugliare assurdità per un po. Poi, ha detto che non dovevo preoccuparmi, che tanto male non faceva.. ”
“Che cosa non doveva far male? Che ha fatto?” chiese Heiji.
“La cosa che mi ha fatto venire la crisi, ovvero un male cane. Mi sono sentito fulminare il cervello, avevo tutta la testa in fiamme! A un certo punto, temevo di espellere tutta la materia grigia, dal dolore.. ”
“Onesta, la signora..poi?”
“Ho iniziato ad urlare, ma non emettevo un suono, così ho pregato che smettesse. Lei ha detto che era inutile, nessuno poteva sentirmi.
“Balle, io ti ho sentito, forte e chiaro, alla faccia sua! Poi, che altro ha detto madame?”
“L’ho supplicata di smettere, e lei ha detto: devi stare attento, la fata verde è velenosa, se vuole.. e poi mi hai svegliato tu.”
Heiji mi guardò confuso.
“Fata verde? E che diamine è una fata verde?”
Io feci spallucce.
“Teoricamente, una specie di elfo color foglia, a detta sua tossica. Piuttosto insensato, devo dire. Nei miti e nelle fiabe che conosco, non ho mai sentito di fate velenose. Di fate che ti danno e che bevono veleno sì, ma velenose di loro essenza no..”
“No,lo escludo anche io. Però tu non potevi vederla, ergo può non essere umana..”
“Heiji, per l’amor di dio, siamo uomini di scienza! Non mi dirai che a rapirmi, quel giorno, è stato un folletto o un suo parente, spero.. ”
“Lo so anche io che è una stupidaggine, cosa credi? Sto cercando di capire che diavolo era, tutto qua.. ”
“Beh ci sono varie spiegazioni al fatto che non riuscissi a vederla, prima di ricorrere alle teorie sulle fatine e affini. I sogni sono immagini residue rimaste nell’inconscio, no? probabilmente quella donna non aveva volto perché quando l’ho incontrata, quel giorno, non sono riuscito a vederla in faccia, no? Magari mi ha assalito alle spalle, o aveva il viso coperto.. ”
“Si,possibile..ok, riassumendo..”
Heiji pescò da uno dei cassetti della scrivania del vecchio carta e penna, e prese a stilare appunti in maniera febbrile.
Punto primo: ti ha detto che parli troppo. Se davvero si tratta di un MIB nuovo, induce a pensare alla frase come a una metafora, dato che in realtà tutto quello che sai su di loro non lo hai mai detto ad anima viva, se non le 4 cose tirate che hai concesso al tuo popolo. Magari lei intendeva..che sai troppe cose!”
“Già..beh, sarà soddisfatta, adesso, immagino..non so più un accidente!”
“Punto secondo: ti ha detto che lei non è paragonabile a un certo LUI, che lei non viene vista quasi mai..membro poco utilizzato? Novellina? Oppure.. ”
“Arma segreta..” mormorai, la mano a sorreggermi il mento. “Una specie di asso nella manica, un jolly..”
Heiji prese nota.
“Punto terzo: ti ha detto che la colpa di tutto è tua, che ti dovevi fare gli affari tuoi.. direi che qui la teoria dei MIB è bella che fondata, eh?”
“Già.. però non è da loro attaccate un ragazzino in pieno giorno, ti pare?”
“Ehi, tu hai detto che parlava come una bimbetta demente..magari il boss non la usa giusto per quel motivo: le manca qualche rotella..”
Io annui, e Heiji appuntò anche questo dettaglio.
“Punto quarto e quinto: inutile urlare, nessuno ti sente e..non fa molto male. Ok, è scesa in campo, ha fatto la sua mossa. Hai detto che hai avvertito una scarica elettrica, no? Può essere che ti abbia fatto una specie di elettroshock, o roba simile.. ma no, è assurdo! Ero lì quando i medici ti hanno visitato, e quando Ai ti ha passato al microscopio. Non avevi segni di ustione da elettricità o un qualsiasi segno attorno alla testa. Che ha fatto, ti ha fulminato con la magia, la fatina?”
“Non mi ha appiccicato niente alla testa, niente elettrodi o placche, niente. Prima parlava, poi mi fulminava. Nel mezzo, niente.. ”
“Punto finale: la fata verde può essere velenosa. Sorvolando sul folklore, può significare diverse cose, ma.. a me ne viene in mente una, Kudo..”
“Fammi indovinare..per ora ti lascio vivo, ma sappi che volendo..posso ammazzarti quando voglio?”
Heiji annui.
“Se la pensiamo allo stesso modo, generalmente è la pista giusta, lo sai, no? tu che cosa vedi, qua dentro?”
Mi porse il figlio con gli appunti.
“Dunque..questa donna è un membro dei MIB che, o non ho mai conosciuto, o che non conosco più. E’ diversa dai suoi colleghi di ufficio, generalmente non scende in campo. Ergo, non è un’assassina qualsiasi, per cui, il suo tasso di pericolosità gratta le stelle. Non è molto sana di mente, o non lo è del tutto. Tradotto in lingua corrente: pericolosa, imprevedibile e, come tutti i bravi psicopatici, sprovvista di coscienza. Anche il fatto che, qualsiasi cosa sappia fare, lei lo reputa indolore anche se fa un male assurdo, induce  a pensare che sia svitata non poco. Per concludere il quadro, si fa chiamare fatina verde, sa perfettamente chi sono in realtà e.. dichiara apertamente che se sbaglio di nuovo, sono un uomo morto. Esimio collega, lei concorda?”
Heiji sospirò.
“Gemelli divisi alla nascita, come del resto quasi tutti i nostri pensieri..” disse, e riprese gli appunti dalle mie mani. “Però mi rimane un neo..siamo usciti dagli schemi, per la prima volta negli annali dell’organizzazione dei corvacci. Non è strano?”
“In che senso, sono usciti dagli schemi?” chiesi.
“Fatina verde. I MIB non hanno mai usato soprannomi fuori dal ramo dell’alcool. Gin, Vodka, Chianti, Kir, Vermouth, Calvados, Korn, Tequila, Pisco e chi più ne ha, più ne ammazzi..perchè lei è diversa, ora?”
Stavo per alzare le spalle, confuso quanto lui su questa cosa, quando.. improvvisamente fui folgorato da un illuminazione.
“Heiji.. quell’affare dove tieni le foto..è un computer vero?”
Heiji estrasse il mini schermo dove mi aveva mostrato le foto.
“Questo, intendi? Tanto per evitare di passare per scemo, ti informo che questo cosino di chiama Tablet, e non esiste ragazzino della tua età che non sappia che cos’è, E si, è un computer portatile, solo che non ha la tastiera fuori coi tasti, ma dentro a touch screen..perchè me lo chiedi?”
“Mi serve internet, puoi connetterti?” chiesi, osservando con un certo interesse quell’aggeggio. Tecnologia a touch..bel passo avanti, aveva fatto, la tecnologia!
“Certo, è istantaneamente..che cosa ti serve?”
“Digita fata verde..superalcolici..se ho ragione, avremmo la risposta al tuo interrogativo sul nome di quella donna..”
“Fata verde..superalcolici..ok, vediamo che mi da..oh, cristo..Kudo, esiste! È un liquore alle erbe, di colore verde smeraldo, con un tasso alcolico assurdo e.. in dosi massicce velenoso! E’ lei, senza dubbio! Ok, il nome d’arte di questa roba è fata verde, ma normalmente, il suo vero nome è.. ”
“Assenzio.” Conclusi per lui. Mi alzai, e andai alla finestra. La pioggia piano andava cessando. Heiji continuò a leggere.
“cristo..non toccherei questa roba mi puntassero un mitra in fronte: L’abuso è causa di gravi disturbi. L’essenza di assenzio è un veleno. Ad alte dosi l’assenzio rivela, inoltre, le sue proprietà di droga e diventa piuttosto tossico per effetto del suo contenuto in tuiolo: tale sostanza, infatti, ha intense proprietà eccitanti sul sistema nervoso centrale e può produrre allucinazioni e manifestazioni epilettiche; ha inoltre una forte azione irritante sugli organi pelvici per via della quale ha trovato impiego in passato come emmenagogo e abortivo. Gesù, ma perché la vendono, una simile porcheria?
“Non ne ho idea, però so perché lei ha scelto quel nome. Il Gin e la Vodka non hanno colore, ma sono molto forti. Il chianti ha un sapore morbido e vellutato, ma ha il colore del sangue. Il vermouth si mischia con talmente tante cose, che alla fine, non sai più quale sia il suo vero gusto. Ognuno di loro sceglie un nome rassomigliate alle loro personalità, Heiji, è così da sempre. Ed ora è arriva lei, Assenzio, la fatina verde che può diventare una droga..oppure un veleno.”

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Capitolo 6
*** assenzio amaro ***


Heiji aveva ragione. Dio solo poteva sapere quanto ciò mi fosse difficile da ammettere, ma negare l’evidenza era voler essere ipocrita oltre i limiti, in quel caso, perciò pane al pane: Heiji aveva ragione. No, ok, no, ammetterlo era troppo, non scendeva, al diavolo, ammetterlo apertamente era troppo. Ne avrei preso atto, ecco! Chiaramente non in maniera esplicita ma solo nel mio intimo pensiero, ma ne avrei preso ufficialmente atto. Eh beh, quel che è giusto, è giusto..
La notte, dopo tutta la roba che era salita a galla dal mio inconscio, era filata via a suon di congetture e teorie sull’identità e la natura di questo fantomatico nuovo elemento del Team MIB: la fata verde, alias Assenzio.
Heiji mi aveva spremuto come un acino d’uva dorante la vendemmia, ma il mio vino era risultato essere ben poco: di quella donna, io, non serbavo alcun ricordo o traccia residua. All’alba, con l’immancabile mancanza di tatto firmata Hattori, Heiji aveva annunciato furente:
“Che fumo, che mi viene, guarda…più penso a questa donna e a te, più mi convinco che di lei, tu sapevi molto di più di questo pungo secco di mosche che ci rigiriamo tra le mani da ore! Nessuno di quella banda di animalacci ti aveva mai spinto a un silenzio omertoso simile, nemmeno quella testa svitata di Gin. E dire che dopo il fattaccio del tetto con Ai, sentivi l’odore del suo dentifricio praticamente ogni settimana! Porche neri dappertutto, neanche ci fosse stata una svendita. Parole tue: se non fosse che sono alto si è no come un estintore, l’avrei già messo in gabbia..”
“Beh, è vero..o almeno lo era allora” mormorai, abbattuto, la voce deformata. Non avevamo chiuso occhio, e alla fine i miei nervi erano crollati, insieme alla mia faccia, nei cuscini del divano. Heiji, invece, cercava di tenere sveglia la mente, stimolando l’afflusso sanguigno al cervello. Era sdraiato al contrario sul divano, le gambe agganciate allo schienale, la testa ciondoloni dal sedile. Sembrava uno stranissimo esemplare di lemure.
“Ecco, impossibilitata, ma determinatissima, come caccia all’uomo, niente segreti o verità celate..perlomeno, voglio sperare..”
“No, niente segreti, ti ho detto o hai scoperto tutto quello che sapevo su quella gentaglia, Heiji..”
“ A quanto pare no, invece..”
“Ma mi spieghi cosa pretendi, da me? Non mi ricordo un fico secco, chiaro? Non so cosa è capitato, non so chi ho visto o sentito..” abbassai la voce. “non so nemmeno quando mi sono sposato, o quando compie gli anni mio figlio..stamattina neanche sapevo di averli, un figlio e una moglie!”
Heiji parve in procinto di rimbeccare. Poi però parve cambiare idea, e assunse un espressione a me nuova.  Lo osservai, incuriosito.
“E adesso che ti prende?” gli chiesi.
Lui annui, e gli spuntò un mezzo sorriso.
“A mente lucida, solo ora..forse ho capito qualcosa, di questo faccenda..”
“Ossia?” chiesi, avido di sapere.
Sempre restando capovolto, Heiji mi chiese:
“Dieci anni fa, parlando della tua vera vita logicamente, la vita del detective del liceo Shinichi Kudo..”
“Ok..” annui.
“Ecco..dieci anni fa.. quanto ti svegliavi la mattina, a cosa pensavi come prima cosa?”
Mi prese in contropiede. Cosa c’entrava, in un contesto come quello in atto, una domanda simile? Tutta via, riflettei.
“Oddio..beh, suppongo..si, quasi certamente pensavo a quali casi strani avrei potuto incrociare nel mio cammino, o speravo almeno che ciò accadesse..”
Heiji annui.
“Idem con patate. Ok, e invece nei panni di Conan?”
“Beh, decisamente..all’inizio il primo pensiero che mi sorgeva era: perché non tocco terra, stando seduto sul letto? Sai, non mi ci sono abituato in una giornata..a quel corpo..”
Heiji si rimise dritto, lo sguardo contrito. Vero, non avevo mai parlato dei primi tempi nei panni di Conan Edogawa con nessuno, neanche col doc o Ai.
“Scherzando, Ai una volta mi aveva detto che i primi giorni, al mattino, le capitava di stranirsi davanti al suo riflesso, chiedendosi chi fosse la bambina dentro lo specchio al suo posto. Io, invece, per le prime settimane..lo specchio lo avevo evitato come la peste, mi ero vestito sempre al buio e..evitavo di toccare il mio stesso corpo, o di guardarne le parti come mani o piedi. Per le prime settimane..mi ero trattato come un mostro..”
Heiji deglutì, contrito.
“Però in seguito, la ragione ha avuto la meglio, e lo spirito di sopravvivenza è subentrato allo shock, e il mio pensiero fisso è sempre stato lo stesso ad ogni ora del giorno: Li devo trovare, li devo tenere lontano dalla mia famiglia..”
Heiji annui, un po sconvolto, ma sollevato. In fondo, era gloria passata.
“sai..” disse poi, bevendo un po della mia acqua. “Dopo che ho saputo di te, i primi tempi pensavo sempre: se non fosse che me lo ha detto lui in persona, che mi ha spiegato come è stato possibile..alla lunga credo che sarei impazzito. Insomma, io sapevo che eri dentro Conan, ti vedevo..ma non riuscivo a spiegarmi come..”
“Già, deve risultare strano,specie per chi come te mi conosce nel dettaglio..”
“Non ti puoi immaginare, robe da giraffe in salotto. Comunque, il duro è arrivato dopo che ho assimilato la cosa, e ho iniziato a radunare notizie sui nostri amici di nero vestiti. Capitava sempre più spesso che mi coricassi con la mente piena di roba tipo: wow, certo che ce n’è di gente suonata, al mondo. Come si fa ad ammazzare senza peso tutta quella gente e..dei bambini innocenti?
Da allora, tipo una volta o due alla settimana, stai sicuro che mi svegliavo in piena notte urlando o in un bagno di sudore, uscendo da incubi in cui arrivavo tardi e Gin ti sparava in testa, oppure in cui non riuscivo a salvarti e..mi morivi tra le braccia.”
“Come quel sogno, la prima volta che venni ad Osaka, ricordi? Sognasti che venivo pugnalato al cuore, no?”
“Si, esatto. E devo confessarti che, sebbene ormai sei tornato quasi te stesso e sono passati tantissimi anni..a volte, capita ancora..qualche notte così..”
Rimanemmo in silenzio un paio di secondi, guardando altrove, seri. Poi, io parlai.
“Perché mi hai fatto queste domande? Non sono inerenti al discorso, mi pare..”
Heiji si riscosse dai propri pensieri, mi guardò ancora un istante, e infine sorrise amabile.
“Beh,si invece..vedi Kudo, ogni cosa, prima che la tua vita venisse distorta e..beh seppur non in modo irreversibile distrutta, girava su un'unica cosa per te: l’investigazione. La tua vita leggera e spensierata poteva permettersi di ruotare tutta intorno alla tua, e pure mia, più grande passione. In fondo, che c’era di male, che altro avevi da fare?”
“Beh, avevo 16 anni Heiji, tutti sono a cuor leggero in quel periodo della vita, credo..”
“Certo che si. Io stesso, per dirne uno, ero come te. Nella vita, per me il mio lavoro pareva essere la priorità maggiore. Poi però le cose sono cambiate no? i Mib hanno scombinato le carte in tavola e il gioco è cambiato. Il tuo lavoro è rimasto la tua priorità, ma lo è diventato per forza di cosa. Dovevi lavorare per riuscire a ritrovare il bandolo della matassa a cui erano legate le persone che ti avevano rovinato la vita, e anche per affinare le tecniche necessarie per la loro cattura. Sbaglio, forse?”
“No, affatto..” risposi. Lo guardai.“E tu?” chiesi, piano. “Sei cambiato anche tu, vero?”
Heiji prese fiato.
“Beh, si. Nella mia vita, avevo sempre tenuto tutto sotto controllo, tutto era in ordine, tutto funzionava bene. Mia madre era felice. Mio padre..beh, era mio padre. Kazuha stava bene. Tutto in regola. Poi sei arrivato tu..e mi hai scombussolato l’ordine naturale delle cose. Il pensiero di te, che bighellonavi per la città con quel mastino che poteva aspettarti dietro ogni angolo della città, pronto a infilarti nel suo sacco nero e farti sparire per sempre..mi gelava il sangue.”
Non potei non scoppiare a ridere.
“Oh dio, Heiji, Gin non è letteralmente l’uomo nero, sai? Non va in giro rapendo bambini armato di sacchi neri, ah ah..”
“Mai sentito parlare di metafore? Per quello che ne sa il mondo, tu potresti essere effettivamente finito nel sacco dell’uomo nero, dato che dalla velocità che hai impiegato a sparire nel nulla, pare ti abbia inghiottito la terra..”
“Si..si scusa, hai ragione anche tu..” dissi, prendendo fiato. “Ad ogni modo..cosa ti è chiaro di questa faccenda, che c’entra anche con questo tuo discorso sulle priorità?”
Heiji annui.
“Le priorità stesse, Kudo. In base a come va la nostra vita, noi impostiamo le nostre priorità. Se la vita è semplice e priva di peso come quella di due sedicenni, le priorità sono logicamente le passioni. Se invece è in ballo qualcosa di grosso o se siamo in pericolo costante, la priorità è tenere a galla le chiappe e cercare di acchiappare il nemico più velocemente possibile. Se poi oltre a questo, in gioco ci sono persone a noi care che potrebbero restare coinvolte..”
“..la priorità, in quel caso, è fare in modo che quelle persone restino al sicuro. Ti seguo, Heiji, ma non capisco. Ho sempre badato che Ran, suo padre, tu e chiunque possa rimanere pizzicato in questa maledetta rete resti fuori dalla linea di tiro..”
“Non parlo di Ran e gli altri, Kudo. Ma ora non puoi capire, perché tirate le somme, non sai cosa si prova davvero..”
“No, aspetta, che stai insinuando?” chiesi alterandomi. Mi mancava solo che mi accusasse di comportarmi con leggerezza, dopo tutto quello che avevo passato. Non era certo l’unico, che si svegliava urlando, lui..
“Insinuo che, come giustamente hai detto poco fa, non ricordi nemmeno di esserti sposato e di avere avuto un figlio. E per questo motivo, che non puoi capire il mio discorso..”
“E perché non lo posso capire?”
“Perché non hai, o non hai più per meglio dire, idea di cosa si provi a infilare l’anello al dito della donna che ami e a tenere per la prima volta in braccio tua figlia, e contemporaneamente essere consapevole..che le hai appena condannate entrambe a morte..”
Calò il silenzio, Guardai heiji sconvolto. Lui fissò un punto fuori dalla finestra.
“Co..condannate a morte?”
“Vedi che non capisci?”
“No, infatti, e sei pregato di spiegarmi!”
Heiji si mise  seduto davanti a me, fissandomi serio come mai lo avevo visto.
“E’ lo stesso discorso che hai fatto tu ieri sera, la spiegazione. Quanto rimarrebbero vive mia moglie e mia figlia, se Lady Godeva e il resto degli alcolisti anonimi sapesse che da dieci anni do asilo a te e ad Ai? Sai..è giusto a questo che penso ogni mattina, oggi come oggi. E non solo per te e i MIB. Kazuha e Ellery hanno il mio cognome. Da chi mi odia, loro vengono associate automaticamente a me, sono bollate di eresia, ufficialmente il nemico. Ogni volta che mi scappa un ladro o un killer, o ogni volta che per colpa dei buchi che disgraziatamente ha ancora il nostro sistema giudiziario, uno di loro viene liberato, a me sale il vomito. Non per il fatto che l’ennesimo aborto della società pascola allegramente per il mio paese, ma..perchè mi terrorizza l’idea che vadano a cercare mia moglie o mia figlia. A me non fregherebbe un beneamato accidente se, uscendo dal lavoro, vedessi Gin appollaiato contro la mia moto ad aspettarmi, e mi sparasse un colpo, neanche mi scomporrei. Beh, se mi ribalta o mi ammacca la moto, magari si, ma se è per me, ben venga, tanto giro sempre con l’antiproiettile. Ma l’idea che possa anche solo passare davanti a dove lavora Kazuha o alla scuola di Ellery, tante volte mi fa venire voglia di prendere e mandare una pattuglia sul posto. Vivo nell’angoscia, capisci?”
Annui. I MIB neanche se lo sognavano la notte che Heiji e sua figlia erano in mezzo a quella storia. io non lo avevo mai coinvolto nei fatti miei più di tanto, era rimasto pulito. Però la sera prima, avevo comunque scorso in lui, nel suo sguardo, il timore che ora mi manifestava a parole. Ed aveva ragione..io non ricordavo nulla, di quel tipo di paura. Tuttavia..ero finalmente arrivato al nocciolo di quel discorso.
“Il mio silenzio..tu credi che sia per mia moglie e per mio figlio, che ho deciso di smettere di parlare, vero?”
Heiji parve stupirsi, poi però annui.
“Non so più cosa sia la paura che tu invece senti viva sotto pelle ogni giorno, ma..visto che io e te siamo quasi uguali, e poco o niente ci smuove.. posso comprendere il tuo stato d’animo anche solo ascoltando quello che hai detto..”
“Non lo auguro a nessuno..” commentò fregandosi le braccia. “Comunque, riassunto delle puntate precedenti, cosi cambiamo discorso e mi evito i soliti cacchio di incubi e le occhiaie, che poi mi fanno sembrare un panda uscito da un solarium..”
Mi strangolai con l’acqua che stavo bevendo.
“Alluura.. tutto ciò che hai fatto negli ultimi dieci anni, è stata un’enorme serie di conseguenze dovute all’incontro con na donna dal tono demente di nome Assenzio, per gli amici del bar, la Fatina Verde. Poi..oserei, credo nel giusto, incolpare la donzella anche del tuo oscuro silenzio e della tua ancor più celata improvvisa smania di carriera nella polizia. Che le stia facendo un torto?”
“No, affatto, butta tutto in pentola..” lo incitai. Lui annui.
“Bene..ah si, aggiungici pure le tue strane crisi da temporale, di cui è poi, seppur indirettamente, rea confessa. Benone! Abbiamo estratto dal cilindro un bel po di roba, stanotte! Sappiamo che non sei autistico elettivo, ma semplicemente sotto obbligo di omertà da parte della fata, sappiamo che due anni fa fu lei a farti sparire e sappiamo che è sempre lei la causa della tua amnesia. Caspita..”
“Che? Cosa ti è venuto in mente?”
Heiji non mi rispose. Semplicemente, mi saltò addosso e prese a frugarmi la testa come un macaco a caccia di pidocchi da gustare.
“Che..che accidenti fai, tieni giù le zampe, mi stai strappando i capelli!”
“Ma..e che caspio,niente di niente!” sbraitò allontanandosi bruscamente. Io lo guardai, lo scalpo in fiamme.
“Beh, soffri di raptus adesso? Che diavolo ti è pigliato?”
“Non ci arrivi? Io e te ci siamo sentiti al telefono due sere fa, e stavi da papa, niente amnesia. Ieri mattina invece, ecco la bella smemorata. Conclusione..la fata verde è passata di qua, di recente!”
Sbarrai gli occhi. Vero! Come avevo fatto a non pensarci, dovevo averla vista pochissimo tempo fa, se Heiji sosteneva che stavo bene fin poco tempo prima.
“Magari proprio due mattine fa, mentre andavo a scuola o rincasavo. Però non capisco che cercavi sul mio cranio..”
“Dei segni no? bruciature, segni di elettrodi o che diavolo ne so io..”
“oh, in che lingua te lo devo dire che non usa niente di niente! Nel mio sogno, mi ha folgorato a mani nude..”
“E tu che ne sai? Magari, come pure la sua faccia, non hai visto i giocattolini che usa per friggere la materia grigia di chi le passa sotto..”
“Uhm, plausibile anche questo..” borbottai, tastandomi la cute. Non sentivo dolore o bozzi. “Beh, non hai visto segni, per cui..”
“Può essere che siano già guariti o..che il giocattolo in questione sia parente dell’ APTX, la caramellina ringiovanente di Ai: niente segni.”
“Si..può essere. Alla lunga, con quella gente, non scarto più nessun ipotesi, vecchio mio..” commentai. “ma perché, mi chiedo. Gin ha sempre detto che ero roba sua, che se qualcuno doveva appendermi al chiodo, il martello lo doveva avere lui. Perché di punto in bianco..arriva questa donna?
“Già..e a che scopo tapparti la bocca, per poi azzerarti la memoria? Se stavi zitto da solo, a che le serviva il Black Out totale?”
“Beh, probabile che non riuscisse a fidarsi..oppure che si sia accorta che stavo combinando qualcosa. Mi hai visto fare cose strane ultimamente, ti sono sembrato misterioso, sulle mie o roba così?”
Heiji alzò un sopracciglio.
“Ci conosciamo?”
Ok, me l’ero cercata.
“No, comunque..” proseguì Heiji, stizzito. “Ci sentivamo come al solito, si parlava di questo e quello normalmente. Aspetta..”
“Che? che?!”
“C’è qualcosa che hai fatto, che mi ha incuriosito..la telefonata a kid! Però Io non sapendo neanche che c’era stata,  ovviamente non so cosa gli hai detto, per cui..”
Lo guardai schifato mentre mi porgeva il telefono. Iniziavo seriamente a pensare che avesse fin troppo ragione: dovevo piantarla di fare il granchio eremita.
“Non so il suo numero..” dissi, ridandogli la cornetta.
“chiamo io..” disse, premendo i bottoni.
“E l’alba..” dissi, alzandomi.
“Chissene..” rimbeccò lui, ricacciandomi al mio posto.
“E cosa gli dico?” chiesi mentre mi ficcava il telefono davanti all’orecchio.
“Che dovete parlare, magari a sei occhi..”
“Non era quattro?”
“Vuoi escludermi di nuovo!?”
“Siete ubriachi o cosa?!”
Qualcuno aveva risposto mentre io e Heiji battibeccavamo. Ma non era Kid. Era sua moglie.
Heiji mi si mise davanti, prese il suo Tablet e iniziò a sfregarci su con un piccolo pennino grigio. Poi me lo mise davanti. C’era un messaggio scritto in modo rudimentale. Diceva..
“Aoko!”
Heiji cancellò e scrisse..
“Sono io..Conan..il figlio di Ran!”
Mi sentì salire il vomito, nel dire così.
Heiji fece cenno di andare avanti, premendo il tasto vivavoce per poter sentire anche lui.
“Ah ecco, mi pareva di aver sentito la tua voce e quella di Heiji, ma non capivo che diavolo aveste! Allora, come mai chiamo a quest’ora del mattino, tesoro? Ran sta bene, vero?”
Heiji annui, e scrisse.
“Si, certo..Ki..kaito non c’è?” chiesi, fulminando Heiji, che sbarrava gli occhi, allarmato. Aveva scritto Kid..
“Certo, dove vuoi che vada alle 6 e 30 del mattino. Aspetta, lo vado a svegliare..”
“Grazie mille..deficiente, so ringraziare da solo!” dissi, dando una manata al Tablet di heiji che diceva: GRAZIE!
Un minuto o due dopo, sent’ prendere in mano la cornetta.
“Normalmente non ammazzo nessuno, come ben sai, ma in questo momento mi state grandemente tentando, sai?”
“Scusa, ma è un’ emergenza, non potevo aspettare che ti svegliassi..” dissi, un po nervosamente. Odiavo avere la consapevolezza che gli stavo dando la possibilità di umiliarmi..
“Bene..che vuoi?” rispose lui, dopo una pausa.
Heiji disegnò due occhi sul suo Tablet.
“Devo..vederti. Puoi raggiungermi, possibilmente oggi?”
Heiji alzò due pollici in su.
“E perché, di grazia?”
Heiji fece il gesto del “che palle!”
“Ho bisogno di parlarti senza orecchie indiscrete, kid..”
“Giro la telefonata nello studio, là non sente nessuno..”
“Si, come quella sera con Harry, no?”
Heiji scrisse GOAL! sul Tablet. Kid rimase in silenzio. Io mentalmente, mi morsi la lingua. Non era una buona idea, farlo irritare, mi serviva!
Kid sospirò, marcatamente irritato.
“Dì a tua madre che voglio le polpette, piccolo Conan, intesi?”
E riattaccò.
“Si..è maturato molto..”
“beh, uno matura,certo. Ma se è pestifero, tale rimane..”
Kid arrivò la bellezza di tre ore dopo la telefonata,moglie e figlio al seguito. Quando li vedemmo in stazione, non potei non esasperarmi. Tanto valeva parlarsi al telefono!
“Heiji!” disse sua moglie quando vide il mio amico. Lui l’abbracciò calorosamente. “Kazuha?”
“Ha chiamato un’ora fa, le hanno annullato il treno, arriva nel pomeriggio, temo..”
“Buff!” fece lei,rabbuiata. Ricordavo di averglielo visto fare, quel verso, quando era una ragazzina. Harry e Kid si fecero avanti.
“Ciao..” Disse Heiji, visibilmente amaro. Beh, non lo biasimavo. Non piaceva nemmeno a me, quella peste.
“Che cera orribile..mi sa tanto che era davvero ubriaco, stamattina, signor questore..”
Ecco, appunto.
“Harry..” disse Kid, con l’enfasi che hanno nel tono le mammine coi neonati. Neanche ci si impegnava, a educarlo. Difatti, Harry sbuffò annoiato. Poi mi vide. Cambiamento radicale.
“Ciao..Conan..come stai?” chiese, vendendomi vicino. Kid pure cambiò faccia, e assunse un’aria intenerita. Aoko invece, spalancò la bocca, interdetta.
“Bene, piccolo, grazie.” Dissi, carezzandogli la testa. Somigliava tanto a suo padre. Can che abbaia e stuzzica..ma poi morde mai.
Arrivati a casa, Ran era visibilmente alterata. In dieci minuti, le avevamo detto che sarebbero arrivati i Kurobane e che sarebbero rimasti a pranzo con menù a richiesta. Io e Heiji avevamo sentito odore di sangue umano, nell’aria.
Anche il mio Arthur era un po’ cupo, mentre la piccola Ellery vagamente schifata, ma tranquilla.
“Ovviamente, non è una visita di cortesia, no?” mi chiese Arthur, mentre apparecchiavamo la tavola.
“No, per quello, ma..”
“Lo sappiamo niente domande e niente spionaggio.. “ concluse Ellery per me posando le forchette e i coltelli. “Se penso a tutto il lavoro fatto per niente..”
“Che non andava fatto, per meglio dire, signorina!” ringhiò Heiji arrivando coi piatti.
“Ah beh, se voi adulti imparaste cosa significa la parola DISCRETO, magari tante cose non le sapremmo. Specie per un certo questore di mia conoscenza con una boccaccia tanto larga da farci passare un trattore..”
Heiji fece per rimbeccare, ma con nonchalance, lo ricacciai in cucina a prendere da bere. Col cavolo che avrei estorto informazioni da Kid, se Heiji gli strangolava l’erede.
“Oh, senti un po,tu..” intervenne Ellery, piantando una forchetta nel tavolo. “Anche tuo padre l’ha fatta grossa a chiacchierare di notte con la porta aperta. Cos’è, i ladri nascono in barca?”
“Colombella mia, abbassa la voce..” la redarguì Harry.
“Piantala con quei nomignoli del cavolo..” ringhiò Arthur.
Harry rise beffardo.
“Perché, sei geloso, forse?”
Arthur divenne paonazzo. Io lo guardai, stranito. Aveva le mie stessa reazioni di quando da piccolo, qualcuno avvicinava sua madre..
“No..” sbottò, sedendosi, e guardando altrove con sufficienza. Uguale a me!
“Bene..se è così, allora non ti dispiace se mi siedo vicino a Ellery, vero?”
Harry mosse un passo verso la sedia vuota accanto a Ellery, ma Arthur con uno scatto fu lì, e la spinse sotto il tavolo.
“Non ho detto questo..” sibilò, altero ma calmo. Il mio sangue freddo..ok, sto per piangere!
“Piantatela, non siete delle bestie!”
Ellery era intervenuta per evitare che si arrivasse ai cazzotti. I due ometti si bloccarono. Caspita, la Francia dettava legge!
“Uno, Arty smettila di lasciarti provocare..”
Arthur la guardò interdetto, ma lei lo tacitò col dito.
“Due..Harry, una volta per tutte..piantala con quella roba leziosa, con me non attacca il tuo cosiddetto charme, ok? E poi..Arty non ha motivo di essere geloso di nessuno.”
Detto questo, Ellery prese posto a tavola accanto ad Arthur, e gli sorrise amabile. Harry annui, sorridendo in maniera convinta.
“Appunto. Che diritto ha di essere geloso di te? Tu non sei affar suo..”
“No, non mi hai capita..” disse Ellery. “Arty non ha motivo di essere geloso..perchè lo sa benissimo che a me piace solo lui.”
Heiji  mollò tutte le bottiglie che aveva in mano. Fortunatamente, fui svelto abbastanza per impedire il disastro, e le acchiappai al volo.
“Piccola..” mormorò, afono. Ellery mi prese una bottiglia di aranciata dalle mani.
“Sempre il solito melodrammatico, papi..” commentò versando da bere per sé e per Arthur, che sorrideva compiaciuto.
“Tutti i torti non li ha, vecchio..” commentai, dandogli un bicchiere con del vino, che fece sparire che neanche Kid in persona. “Sono solo dei bambini..”
Heiji si voltò di scatto.
“Avevo la sua età quando mi sono perso dietro Kazuha..ed è sua madre!”
Io risi facendo spallucce. Heiji sbuffò mesto.
“Maledetto charme alla Kudo..”
“Oh cielo, e adesso che vuoi da me?”
“Ran ha sempre detto che l’hai rapita col fascino. Lo stesso, tua madre con vecchio Yusaku Kudo. E ora eccola li, la mia piccina preda di questa famiglia di barbablù..”
Risi di gusto, osservando mio figlio gongolare come un matto, mentre il piccolo Romeo prestigiatore si leccava le ferite in un angolo. Un padre vede davvero cose strane dappertutto, a quanto pare. Pregavo dio, di vederle anche io, un giorno.
La cena filò via tranquillamente, con Aoko che chiacchierava a disco rotto con Ran e sparlava di ladro Kid con heiji. Io guardavo ipnotizzato Kid, seduto a fianco a sua moglie sorseggiare vino con una tranquillità da monaco tibetano da fare invidia. Che cosa non si fa, per amore, pensai. Sa dio quante volte Ran aveva sparlato di Shinichi proprio col sottoscritto. Verso le 3, Kazuha comunicò che sarebbe giunta in stazione entro mezz’ora. I piccoli, gonfi di polpette, patatine fritte e bibite dolci, erano crollati sul divano, cosi le mammine spedirono noi tre a recuperare la terza, mentre loro avrebbero dato una pulita e badato ai pargoli. Grasso colato, eravamo finalmente da soli con Kid.
“Allora, qual buon vento mi ha trascinato qua, Kudo?”
Eravamo in macchina da neanche tre minuti. A quanto pare, tutti e tre eravamo curiosi.
“Bene, vado al solo. Però ti avverto..non voglio sentire commenti, ok?”
“Eh, che pretese..tuo figlio oggi ha mandato al tappeto il mio. Non è che gli ometti Kudo si stanno allargando troppo, ultimamente?
“Concordo..” borbottò heiji al volante.
“Piantala, tu..Kid, sono serio, è una faccenda delicata. Io..ho bisogno di sapere che tipo di conversazione abbiamo avuto la notte che tuo figlio ci ha sentiti..”
Kid mi guardò interdetto.
“Perché diavolo fai domande simili? Lo sai benissimo, mi hai chiamato tu!”
“Ecco..io..”
Heiji sbuffò.
“Ha perso la memoria, ok? Non ricorda una beata cippa di quello che è successo. E non mi riferisco alla tua telefonata..non ricorda niente degli ultimi 10 anni..”
Kid rimase interdetto a fissarmi per 10 minuti buoni. Poi, come previsto, scoppiò a ridere come un demente.
“Dì, è tanto distante la discarica?” chiesi a Heiji.
“No, ma prima lo dobbiamo ammazzare..”
“Dammi un secondo..”
“Ok, mi fermo dal ferramenta, allora. Servirà una sega per spezzettare il cadavere..”
“Ok, buoni. Non giochiamo al poliziotto killer come quel tipo del telefilm, per piacere..”
“E allora piantala di fare l’idiota! Pensi che mi diverta? Ti piacerebbe dimenticarti di tua moglie e di Harry, eh?
La natura di padre di Kid scese in campo, e lo fece smettere di ridacchiare.
“Non ricordi.. di tuo figlio?”
“No! fino all’altro ieri, io avevo 7 anni, e tu avevi appena rubato l’ametista di Alexandra Romanov..”
Kid sbarrò gli occhi.
“L’ho rubata la bellezza di dieci anni fa, quella pietra..e tu mi sei pure venuto a rompere le scatole!”
“Appunto. Io poi, quella sera, mi sono messo a letto. E la mattina dopo, eccomi in questo corpo, sposato, questore,e con figlio annesso..”
Kid scosse la testa come una mucca che allontana le mosche.
“Stanotte poi, ha avuto una delle sue crisi, sai..” proseguì Heiji.
Kid annui.
“Sai delle crisi?”
“Le nostre mogli sono amiche, sai..”
“Lo so, Heiji mi ha fatto un riepilogo generale..”
“Però stavolta ha detto cosa ha sognato! Dice di aver sentito una strana donna sciroccata che lo minacciava di tenere il becco chiuso..una donna che dice di essere la fata verde..”
Kid inarcò le sopracciglia.
“Mangiato pesante?”
“No, idiota, la fata verde è un liquore, detto anche Assenzio.”
Kid aprì piano la bocca, la richiuse e divenne scuro in volto.
“Sono tornati, allora..”
Heiji ci teneva d’occhio dallo specchietto retrovisore.
“Si. “disse. “Sai niente tu di questa donna?”
Kid denegò.
“Kudo non viene da te o dalla biondina algida, quando deve confessarsi? Perché suonate al mio campanello? Io sono il nemico, no?”
“Male minore, in questo caso. Comunque, non ti ho parlato di questa donna, in quella telefonata?”
“No, la bottiglia in questione quella notte, non conteneva un liquore verde, ma uno bianco..”
“Vermouth” commentammo all’unisono io e Heiji.
“100 punti. Ricordo che mi telefonasti per chiedermi qualcosa riguardo delle informazioni ricevute da lei, su qualcuno che pareva bazzicare le mie zone. Non mi hai detto chi, però..”
“Non potevi chiedermelo?”
“E perché, da quando rispondi alle domande, tu?”
“Ok, ti grazio dalla sega, kid..” ridacchiò Heiji.
“Spiritosi..Harry mi ha detto qualcosa, adesso che ci penso. Ha detto che ti ha sentito dire che mi fido troppo dei miei nemici, che dopo la notte in cui Gin uccide tuo padre, di MIB nel tuo territorio non se ne sono più visti..”
“Grazie al cielo no, è vero..si, ti dissi che non mi piacevano i tuoi appuntamenti al buio con quella tipa..”
“Vermouth non mi farebbe mai del male. E’ alla ricerca del senso della vita, e crede che lo scoprirà da me. E’ strana, ma non sono certo che sia marcia come la gente per cui lavora..”
“Contento tu..lei, a detta tua, ti ha soffiato che uno dei loro era nella zona di Kyoto, ovvero la mia. Però non so se ti abbia detto o meno chi, non lo hai detto. Io ho risposto che non ne avevo visti e morta lì. Non so altro, Kudo, proscioglimi..”
Mi sporsi verso il sedile del guidatore.
“Il suo parere, collega?”
Heiji cambiò marcia, pensieroso.
“Il mio parere..magari parlava della fata, ma chi può dirlo?”
“Già, concordo..”
“E’ per colpa sua che ha smesso di parlare, tra l’altro, sai kid? E anche quel giorno di due anni fa fu colpa sua..”
Kid annui cupo.
“Un peso in meno. Da anni, io e il signor Hattori qui presente si marcivamo la testa per capire questo silenzio assurdo..”
“Nel sogno, o nel flash back per meglio dire, lei gli dava tipo la scossa alla testa, per impedirgli di parlare. Possibile che l’abbia vista di recente, e il suo lavoretto sia stato troppo per le cellule celebrali del nostro Kudo, e un paio ci abbiano rimesso la pelle..”
Kid tese le mani verso la mia testa, ma mi scansai.
“Già controllato, niente segni..”
Kid annui.
“Non so che dirvi, ragazzi, cado dal pero. Va beh, massimo che posso fare è tenere gli occhi aperti. Se sento di altri casi simili al tuo o roba simile..”
“Ne dubito. Lei è stata mandata per me, kid, non è un killer occasionale. I MIB non lo sono mai..”
Kazuha arrivò puntuale in stazione. Mi fece un certo effetto vederla. Era decisamente più matura, ma sempre molto graziosa.
“Ciao, tenerezza, come stai?” mi chiese, forse con tono troppo alto.
“Zucchero, non è scemo, ti sente benissimo..”
Kazuha avvicinò le labbra all’orecchio del marito, che alzò gli occhi al cielo.
“Ho letto che alcuni casi di autismo manifestano estraneità al mondo. Alcuni soggetti paiono vivere in mondi tutti loro..”
“Non è autistico, Kazuha, porca di quella vacca!”
“Sto bene, grazie Kazuha. Niente mondi alternativi, tranquilla, sono qui..”
Mi ero avvicinato, e le avevo accarezzato il viso, sorridendo tranquillo. Se mi vedeva bene, lo avrebbe raccontato a Ran, che si sarebbe tranquillizzata molto.
“Heiji.. ha parlato con me! oh Conan, tesoro..”
Mi schioccò un bacio rosso papavero sulla guancia, in preda alle lacrime. Heiji storse la bocca esasperato.
Per tutto il viaggio, mi parve che il tempo non fosse passato. Kazuha spedì Kid davanti con heiji, e prese a coccolarmi come se lei avesse ancora 17 anni e io 7. Un po imbarazzante, specie per quegli occhi azzurro oltremare puntati in fronte attraverso lo specchietto retrovisore.
“Oh non vedo l’ora di dire a Ran che hai preso a parlare anche con me! chissà che faccia..ispettore Shiratori!”
Alzai lo sguardo, e in effetti lo vidi anche io. Ninzaburo Shiratori, collega di Takagi e Sato, l’attuale ispettore capo del distretto di Tokyo.
Alla nostra vista, venne verso di noi. Sembrava serio, oltre che visibilmente invecchiato. Ora portava anche il pizzetto, e vidi dalla fedina alla sua mano, che alla fine aveva anche sposato la signorina Kobayashi.
“Buonasera Kazuha..questore Hattori, signor Kurobane..ciao Conan.”
Mi diede un leggero buffetto su una guancia con sguardo tenero. Strano, non gli ero mai piaciuto granché. Ah giusto..l’autismo..
Per buona forma, non risposi. E Shiratori non fece una piega. Heiji mi mise una mano sulla spalla, e mi tirò indietro con la scusa di farmi due coccole fraterne.
“Bravo, fatto bene..” soffiò nel mio orecchio. Io annui.
“Come mai da queste parti?” chiese poi Heiji, mentre Kazuha mi stringeva a sé passandomi le dita sulla guancia per smacchiarmi dal suo rossetto.
Shiratori divenne scuro in volto.
“Stiamo giusto contattando il detective Goro, sua figlia dice che è partito stamane per un convegno sul majong nel Sapporo. C’è stato un furto..nell’agenzia.”
Heiji divenne cereo, Kid e io pure.
“Arthur, Ran?”
“Ellery?”
“Harry, Aoko?”
“Calma, le ragazze sono laggiù..” rispose Shiratori, sorridendo, e ci indicò il Poirot, dove vedemmo Aoko e Ran che parlavano con un agente. Tutti e tre corremmo in quella direzione. Un momento..e i piccoli?
“Aoko!”
Aoko alzò la testa, e quando vide il marito, lo abbracciò forte. Kid baciò sua moglie un paio di volte, carezzandole il viso.
“stai bene, cara?”
“Si, certo, non eravamo mica lì quando sono entrati. Eravamo qui al Poirot, volevamo comprare una torta per mangiarla con Kazuha..”
“Ran, stai bene?” chiese Heiji. Lei annui, e venne da me.
“Ti sei spaventato?”
“No, ora che vedo che state bene..Ran dove sono i bambini?”
Kid e Heiji sbiancarono, e si voltarono verso Aoko e Ran, Le due ci guardarono interdetti.
“Come dove sono? Con nonno Goro, no?”
Mi venne un infarto.
“Co..cosa?”
“Ran, guarda che..” intervenne Kid.
“Zitto!” esclamai. Presi Ran e Aoko da parte, le mani gelide e tremanti. “Ragazze, sicure che i bambini siano lì?”
Le due annuirono tranquillissime.
“Si, sono partiti tutti e tre stamattina con Goro. Volevano mangiare le pere dei Sapporo!”
Io annui, sforzandomi di sorridere.
“Hai mandato Ellery nel Sapporo senza dirmi niente?”
Mi voltai. Kazuha scuoteva il braccio di heiji, che però pareva assente. Fissava il vuoto, la bocca un po aperta. Io mi feci avanti.
“Colpa mia…a Ellery piacciono tanto le pere, e Arthur voleva la sua amica, Kazuha..scusami.”
Kazuha mi guardò intenerita.
“Oh beh, è con Goro, quindi va bene. Ma tu la prossima volta dimmelo, intesi?” disse rivolta a Heiji. Lui la guardò.
“intesi..” mormorò assente. Kazuha annui, mi carezzò il viso, e raggiunse le ragazze, che poco dopo, salirono in casa con la torta.
Heiji osservò Kazuha e le altre salire, e attese che la porta fosse chiusa. Poi, partì a razzo verso la macchina.
“Monta dietro, kid. Kudo, davanti. In velocità..”
Salimmo tutti in macchina, e Heiji mise in moto. In inserì nel traffico ad una velocità assurda. Guidando, mi lanciò il telefono.
“Trova Vermouth all’istante..”
“Dov’è mio figlio?” chiese Kid.
“Silenzio, tu! Trovala, Kudo..”
“E lei che chiama Heiji, io..”
“Rispondetemi..” insisté Kid.
“E allora cerca Chris Wineyard! Trova quella maledetta, muoviti!
“DOVE CAZZO E’ MIO FIGLIO!”
Heiji frenò di colpo in mezzo alla strada, le altre macchine suonarono con insistenza interdette.
“Esattamente dove sta la mia e il suo, se vuoi saperlo..gli ha presi la fata verde.”

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