It's Mystic Falls. Nothing Bad ever happens here.

di MarsRose
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno - L'invito ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Mystic Falls ***
Capitolo 3: *** 3. Altri fantasmi dal passato. ***
Capitolo 4: *** 4. Un 'Bentornato' fa presto a diventare 'addio' ***
Capitolo 5: *** 5. Morte ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno - L'invito ***


Ero seduta comodamente nella poltrona di casa mia, stavo leggendo un libro sui vampiri. Sfogliavo le pagine con un ghigno stampato in faccia.
-Mamma mia quante cose false si inventa la gente pur di vendere libri.-
Accavallai le gambe e girai un’altra pagina. Avevo sentito qualcuno suonare al campanello ma non mi importava, sarebbe andato qualcuno del mio “Staff”.
-Signorina McDonald, c’è una lettera per lei.-
Alzai gli occhi dal mio libro e presi quello che quella donna mi offriva, evidentemente era una nuova perché non l’avevo mai vista. 
-Grazie cara, torna quando è ora di pranzo.-
La busta era firmata con una calligrafia ordinata e molto familiare, alzai un sopracciglio poi l’aprì. 
“Sei pregata di unirti alla Famiglia Mikaelson questo pomeriggio alle sette e mezza per balli e festeggiamenti.”. Girai il biglietto e dietro vi trovai scritto “Spero mi riserverai un ballo,come ai vecchi tempi. Kol.”
Leggendo quelle righe disordinate sorrisi chiudendo gli occhi, così ricordavo meglio.
Qualche millennio prima vivevo in una terra sconosciuta, l’attuale America, più precisamente in un villaggio isolato. Quel villaggio era popolato di licantropi, altrimenti chiamati Lupi Mannari. Avevamo tutti molta paura di loro così, ogni mese, io e la mia famiglia ci nascondevamo in casa. Poi ci fu il grande scandalo: un lupo morse Erich. Erich era il più giovane della famiglia Mikaelson, altri umani che vivevano in quel continente sconosciuto. Ricorderò per sempre la disperazione che si dipinse sul viso della madre, Esther, quando Klaus, uno dei figli, riportò il corpo orami senza vita del ragazzo. Ero accorsa anche io sentendo il suo urlo disperato ed ero rimasta sconvolta. Quella famiglia era come una…una mia seconda famiglia, ci volevamo bene. Avrei ricordato per sempre come mi ero avvicinata a Rebekah, l’unica figlia femmina, e l’avevo abbracciata. Come se fossimo veramente sorelle. Poi anche loro erano passati dalla parte “del male”: grazie alla madre erano diventati dei vampiri, creature che si nutrono di sangue. Non era più stato lo stesso, non lo sarebbe mai stato… questo se anche io non fossi diventata come loro. Era successo nella notte più bella della mia vita mortale, avevo solo 16 anni. Kol, il più giovane Mikaelson dopo la morte di Erich, mi stava insegnando un nuovo ballo di coppia. Lui lo chiamava valzer. Stavamo volteggiando a destra e a sinistra mentre io ridacchiavo quando i suoi occhi si erano trasformati, era diventato un mostro. Poi aveva affondato i suoi denti nel mio collo e aveva bevuto il mio sangue mentre io rimanevo immobile per non ferirmi ulteriormente. Ricordavo poco del “dopo”: Kol mi aveva lasciata cadere e mi ero ferita alla testa. Vedevo appannato e sentivo che stavo per svenire, se non morire. Poi avevo bevuto qualcosa di caldo, qualcosa che mi aveva fatta sentire quasi subito meglio. Ma non era durato molto: ero stata subito trapassata da una spada. La mia vita era ufficialmente finita. Cassie McDonald era morta quel giorno trafitta da quella spada, questo sapevano tutti. La verità era che dopo poche ore ero tornata in vita, assetata di vendetta e di sangue. Mi risvegliai dai Mikaelson con Kol e Rebekah accanto a me, Kol disperato e Rebekah in lacrime, non mi aspettavano viva.
Eravamo spaventati tutti e tre così decidemmo di tenerlo nascosto, non sapevamo come era possibile che fossi diventata un vampiro. Poi erano successi casini uno dietro l’altro: Klaus aveva ucciso Esther quando lei aveva confessato a Mikael ,il padre, che lo aveva tradito con un lupo mannaro. Dopo di che la famiglia si era dispersa e non avevo più visto nessuno. 
Aprì gli occhi accorgendomi di aver pianto, i Mikaelson mi mancavano tantissimo.
-Signorina McDonald va tutto bene?- Mi chiese la ragazza di prima.
-Tutto bene grazie. Potresti far preparare il mio miglior abito da sera?-
-Certo signorina, per che ora?-
-Per le sette, poi voglio un passaggio fino alla residenza dei Mikaelson a Mystic Falls.-
-Sarà fatto signornina McDonald.- si congedò la donna.
Appoggiai il libro e la lettera su un tavolino li affianco, mi alzai e mi diressi nella mia stanza al piano superiore. Vivevo in una bellissima casa molto agiata in Virginia, poco fuori Charlottesville. Mancava un ora circa alle sette e ci avrei messo un quarto d’ora buono per andare…per tornare, a Mystic Falls.
-Signorina…quando tornerà?- era ancora quella fastidiosa donna. Mi avvicinai a lei e la guardai negli occhi influenzandola.
-Questo non deve importarti. Dirai all’autista di lasciarmi alla residenza dei Mikaelson a Mystic Falls e di tornare qui immediatamente. Nei giorni in cui non ci sarò procederà tutto normalmente e non fate entrare nessuno!-
La donna si chiuse la porta alle spalle lasciandomi sola con i miei preparativi: avrei indossato un abito bianco con ornamenti oro nel petto e una pochette oro. Feci un lungo bagno rilassante poi mi infilai nel vestito, indossai un paio di scarpe bianche col tacco e legai i miei capelli in una semplice coda.
-Astrid…muoviti, voglio arrivare a Mystic Falls il prima possibile!-
Astrid era la mia più vecchia aiutante, stava con me da circa quindici anni ed era più come una madre che altro. Salì in fretta in macchina attenta a non far sfiorare al vestito il pavimento, poi appoggiai la fronte al finestrino in attesa di arrivare a Mystic Falls.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Mystic Falls ***


L’auto si fermò dolcemente davanti all’imponente dimora dei Mikaelson. Feci un cenno verso l’autista poi scesi eccitata, non vedevo l’ora di rivedere la mia “famiglia”. Entrai dalle porte aperte, mi guardai un po’ intorno cercando di vedere qualcuno conosciuto poi finalmente ci riuscì: vidi Finn che saliva le scale preceduto da una donna a cui non sapevo dare un nome; Klaus che parlava con una ragazza bionda; Rebekah insieme a un umano qualunque e Elijah insieme a Tatia.
Stavo voltando il viso quando mi bloccai di colpo per poi tornare a guardare Elijah. Tatia era morta secoli prima, come poteva essere viva e vegeta ora? Rimandai la ricerca di Kol a un secondo momento e mi avvicinai a Elijah.
-Ciao Elijah…ciao Tatia.- Tatia guardò Elijah confusa, forse non si ricordava di me? Impossibile. 
-Cos…Cassie! Quanto tempo che non ci vediamo, non sei cambiata affatto.- Disse alzando il bicchiere come per brindare.
-Bhe, sono un vampiro. Come ha fatto a sopravvivere così a lungo la Petrova?- chiesi indicando Tatia come se non potesse sentire.
-Cassie, lascia che ti presenti l’incantevole Elena Gilbert, è una delle discendenti di Tatia nonché sua Doppleganger.-
-Oh…- dissi imbarazzata. -Mi spiace, Elena. Io sono Cassie McDonald, se mi fai arrabbiare potrei diventare il tuo peggior incubo.- Le feci un sorriso intimidatorio poi mi allontanai per cercare Kol.
-Come da tradizione, inizieremo con un Valzer. Ora signori, prendete la vostra damigella e seguitemi in sala da ballo.-
Avevo riconosciuto Elijah anche senza bisogno di voltarmi a controllare chi avesse parlato.
-Mi concede questo ballo Signorina McDonald?-.
Mi voltai raggiante. Davanti a me c’era Kol, sorridente in un mezzo inchino a mano tesa.
-Ne sarei onorata Signor Mikaelson.-
Afferrai il braccio che mi porgeva e lo seguì nella sala da ballo ancora sorridendo. Mentre danzavamo rivedevo davanti agli occhi quella giornata di un millennio fa: io e Kol che danzavamo sotto le stelle, le nostre risate che mi risuonavano nelle orecchie, poi il morso e la sensazione di essere completamente sua.
-Sei rimasta bellissima, proprio come un millennio fa.-
-E immagino che tu sia rimasto il solito ragazzo dolce e perfido vero Kol?- Ammiccai.
-Mi conosci davvero bene devo dire Cassie.-
-Direi di si. Hai già qualche piano malefico?-
Stava per rispondermi quando, dopo una giravolta, ci fu uno scambio di partner e mi ritrovai a ballare con un Klaus.
-Guarda, guarda. Miss McDonald in persona.-
-Però Mister Mikaelson, vedo che non è cambiato per niente.-
-Schietta come sempre vedo. Cosa ci fai a casa mia?-
-Vedo che anche tu non ti perdi in chiacchere. Sono stata invitata al vostro ballo e ho deciso di onorarvi della mia presenza.-
Klaus fermò il nostro moto circolare per guardarmi negli occhi serrando la mascella.
-Scendi dal tuo piedistallo McDonald.- Se ne andò lasciandomi ferma in mezzo a tutte quelle coppie. Mi sentivo stupida ferma immobile mentre quegli sconosciuti mi urtavano. Lasciai la pista da ballo e andai a prendere da bere, mi sentivo umiliata da Klaus e anche ferita. Mentre bevevo mi misi a osservare una coppia di ballerini: la Doppleganger della Petrova e un vampiro moro. Non capivo cosa ci trovasse lui in una semplice umana; era affascinante, perfino sexy direi. Però la guardava con una dolcezza incredibile, come se lei fosse la cosa più importante del mondo per lui… come se non l’avrebbe lasciata mai nemmeno se lei non fosse diventata un vampiro.
-Come ha potuto mio fratello abbandonare una ragazza così bella nel mezzo di un valzer?-
Sorrisi notando come Kol si era accorto del comportamento del fratello. 
-Dopotutto, lui è l’ibrido, non è possibile ucciderlo. Altrimenti sarebbe morto nel vecchio mondo.-
Finì di bere poi appoggiai il bicchiere vuoto su un vassoio lasciato li vicino.
-Ti è stato detto che mia madre è tornata e ha perdonato Klaus?-
Sbarrai gli occhi ricordandomi di quella donna che avevo visto salire le scale con Finn.
-Io non mi fiderei di lei, Kol.- dissi preoccupata.
-Infatti non mi fido di mia madre. Crede che tutti noi siamo un abominio e farebbe di tutto per ucciderci. Per questo non ho bevuto niente questa sera, nemmeno quando mia madre ha proposto un brindisi quasi obbligatorio per noi.- Indicò il bicchiere vuoto che avevo lasciato lì vicino.
-Chi è quel ragazzo con la Doppleganger?- chiesi indicando il vampiro moro e sexy.
-Quello è Damon Salvatore, non starai mica pensando di portartelo a letto Cassie?-
-Ho 1012 anni e non mi sono mai goduta la vita.- Gli feci l’occhiolino. -Perché no?-
Mi mise le mani sui fianchi e mi attirò vicino a lui. Alzai il viso guardandolo negli occhi e accennando un sorriso.
-Perché tu Cassie, sei troppo piccola!- Scoppiò a ridere dandomi un bacio in fronte.   -Torna alla festa Cass, io ho un impegno con Rebekah.- Mi fece un baciamano da perfetto gentleman poi si avviò su per le scale verso la terrazza. Ignorando il suo commento sulla mia età mi avvicinai a Damon Salvatore.
-Damon Salvatore giusto? Io sono Cassie McDonald.- Gli porsi la mano. Il ragazzo mi guardò alzando un sopracciglio, poi mi sorrise e mi strinse la mano.
-Esattamente ragazzina. Quanti anni hai? 15? Non dovresti essere a ninna a quest’ora?- Sentì i miei occhi cambiare e diventare quelli di un mostro e strinsi forte la sua mano.
-Ho 1012 anni… ragazzino.- Mi piegai sussurrandogli all’orecchio. -Quindi non farmi arrabbiare.-.
Lasciai la sua mano e mi diressi verso un angolo della casa da cui potevo osservare tutti e non essere osservata. Successero molte cose a distanza di poco tempo: Damon seguì Kol in terrazza, sentì qualcuno gemere di dolore poi Kol e Damon caddero dal terrazzo e iniziarono a fare a botte nel cortile. La Doppleganger uscì di corsa insieme a un ragazzo che come tratti mi ricordava molto Damon. Kol si alzò e mi sorrise come a dirmi che quello non era un buon partito per me, come se non l’avessi già capito. Mi avvicinai sorridendo a lui.
-Signor Mikaelson, credo che resterò a casa sua per tutto il mio soggiorno a Mystic Falls.- 
Mi sorrise, era un sorriso molto equivoco… era come se… se Kol se lo aspettasse. 
-Immaginavo, seguimi… ti mostro la tua stanza.- 
Afferrai il braccio che mi porgeva e mi feci portare su per le scale. Feci un sorriso malevolo alla Doppleganger e a Damon che ci guardavano sospettosi. Entrammo in una grande camera con un letto a baldacchino ornato da tende nere. In camera c’era anche un grande armadio, una scrivania, due librerie e una finestra enorme che portava a un terrazzo.
-Il terrazzo è comunicante con il mio, ci vedremo tutti i giorni.- Mi fece un sorriso bellissimo poi decise di lasciarmi sola.
-Ti lascio a sistemare la tua roba. Ci vediamo domani… principessa delle tenebre.- 
Mi diede un bacio sulla fronte poi uscì.

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Capitolo 3
*** 3. Altri fantasmi dal passato. ***


La prima settimana che trascorsi a Mystic Falls fu piuttosto tranquilla: mi iscrissi a scuola; mi informai sulla storia di quella piccola cittadina e soprattutto, sui suoi abitanti. Una sera, mentre ero seduta molto comodamente sul letto di Rebekah, mi ero fatta raccontare tutto. Alla fine della “favola” avevo inclinato il viso fingendo di interessarmi al dilemma di Rebekah sul colore dello smalto e avevo esclamato: “Però, è peggio di una telenovela questa città.”. Ci divertimmo molto quella sera, proprio come due normali adolescenti americane …avevo sperato che durasse, ma quando sei un vampiro in una città piena di creature sovrannaturali non puoi sperare che vada tutto bene.
Avevo iniziato ad andare a scuola da quasi una settimana e non mi pareva fosse una cosa utile come dicevano tutti, o almeno, non per un vampiro. Come sempre, quella mattina mi svegliai molto presto, feci una lunga doccia poi, ancora avvolta nell’asciugamano, tornai in camera e aprì l’armadio. Impiegai poco per scegliere cosa indossare, non avevo molti vestiti come a casa mia quindi la scelta era limitata e, di conseguenza, più facile. Jeans, felpa e scarpe da ginnastica …Rebekah mi aveva detto che, il più delle volte, era così che si vestivano le quindicenni. Mi voltai e vidi Kol appoggiato allo stipite della porta che mi guardava sorridendo.
-Da quant’è che sei lì ?- Chiesi scacciando il pensiero che forse mi aveva vista cambiarmi.
-Non preoccuparti, ho chiuso gli occhi quando ti sei cambiata.- 
-Bugiardo.-
-Ti ho già vista nuda.- Al ricordo di quella notte arrossì.
-Sono cresciuta da allora.-
-Bugiarda.-
-Mi accompagni a scuola ?- chiesi per cambiare argomento mentre legavo i capelli in una coda alta. 
-Non so guidare. Dopotutto sono stato chiuso in quella bara per tutta la durata della mia vita.-
Mi voltai sconsolata ma mi ripresi subito quando sentì un urlo giungere dalla strada:
-Cassie, muoviti è arrivato Matt!-
-Ci vediamo dopo Kol.- Gli diedi un bacio sulla guancia veloce mentre afferravo la borsa poi mi lanciai dalla finestra direttamente sul tetto del furgoncino di Matt; atterrai senza causare danni al veicolo.
-Andiamo?- Chiese impaziente Rebekah seduta sul sedile del passeggero affianco a Matt.
-Muoviamoci!- Esclamai ridendo. Passò un’altra giornata di scuola, tranquilla …monotona. Mi avevano detto che quella città era piena di avvenimenti eppure da quando ero arrivata io c’era una calma innaturale, come se avessi tranquillizzato Mystic Falls invece di sconvolgerla. Tornai a casa con Rebekah, ci diede un passaggio Matt proprio come all’andata. 
-C’è qualcosa fra di voi ?- chiesi curiosa.
-Niente che non dovrebbe esserci.- Mi rispose con voce piatta, calma.
Entrai, c’era fin troppa calma… se continuava così sarei esplosa. Mi diressi a passo svelto verso la mia camera, per quanto poteva essere anonima, mi piaceva.
-Ehi Cassie.-. Mi voltai di scatto: appoggiato al muro, con stampato sul volto un sorriso malizioso, c’era un ragazzo dai capelli marrone scuro, i tratti del volto marcati e gli occhi scuri. 
-Tu… ma come…cosa… ?- balbettai confusa.
-Ti sono mancato vero ?- mi corse incontro a velocità disumana e mi bloccò al muro. Odiavo sentirmi vulnerabile, lo odiavo dal profondo; sentirmi bloccata al muro mi faceva pensare di essere vulnerabile. Alzai un braccio e lo tenni fermo per il mento rivoltandomi e attaccandolo al muro, gli puntai i denti al collo ringhiando.
-Ehi Cassie ti andrebbe di… cosa ci fai tu qui ?!- Entrando, Kol aveva visto la scena e riconobbe subito il ragazzo. 
Per quanto mi sforzassi di bloccare quei pensieri, tornavano a galla con la forza di un uragano... anzi, di un onda anomala ...che mi sommergeva con la sua potenza devastante.
Era il 1944 quando conobbi Dylan Heston, lui era un giovane militare tedesco mandato in guerra io una ragazzina “innocente” rinchiusa in un campo di concentramento. Dylan si innamorò di me, mi aiutò a fuggire e quando fummo lontani, accecata dalla sete, lo morsi. Fu il mio primo vero amico dopo la scomparsa di Kol, l’unico che mi restò accanto per oltre vent’anni. Riemersi dal mio shock improvviso appena in tempo per vedere Kol che prendeva il mio posto nel puntare i denti alla gola di Dylan …non erano mai andati particolarmente d’accordo.
-Bene, bene, bene …Kol Mikaelson ci si rivede a quanto pare.- Scoppiò in una risata fragorosa che mi fece sorridere istintivamente.
-Mi sei mancato Dylan.- Sospirai liberandolo dall’energica stretta di Kol. 
-Anche tu Cassie.- Mi sollevò in un abbraccio che avrebbe mozzato il fiato a un qualsiasi umano.
-Sono stanco di tutti questi …fantasmi del passato.- mi voltai notando il sarcasmo pungente nella voce che aveva parlato.
-Klaus.-. I due si guardarono, senza sorridere, senza mostrare segni di debolezza …si guardarono con odio, un odio così profondo che nemmeno la morte può colmare.

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Capitolo 4
*** 4. Un 'Bentornato' fa presto a diventare 'addio' ***


Forse Dylan era quello che mi serviva per movimentare la mia vita spenta e monotona, per risvegliare quella cittadina dal suo stato di shock. Ma soprattutto per vedere quel lampo di gelosia accendersi negli occhi di Kol quando ci guardava.
Credevo che non ci fosse cosa più bella della gioia che si dipingeva sul suo volto quando mi vedeva. Invece quando lo vidi geloso capì che era quella la sua vera bellezza: perché era geloso di me.
Perché però non riuscivo a vedere un mio futuro vicino a Kol ? Se pensavo al mio futuro, vedevo solo …giornate tutte uguali fatte di noia infinita e delle cose che già facevo da un millennio. Sobbalzai sentendo uno schianto al piano di sotto, ero rimasta immobile così a lungo che quasi mi ero dimenticata spazio, tempo e luogo in cui mi trovavo. Feci mente locale guardandomi attorno: la sedia era ribaltata dopo la discussione tra Klaus e Dylan, sul muro c’era una profonda crepa che segnava lo schianto di Kol dopo che Dylan lo aveva spinto via, la mia valigia chiusa era ai piedi del letto… .
Mi alzai un po’ indolenzita, presi la valigia e la borsa che vi era appoggiata sopra e scesi piano le scale. Osservai la scena che mi si presentò davanti: Klaus e Dylan che litigavano mentre Kol stava tranquillo appoggiato alla parete.
-Ora fermi!- esclamai risoluta scendendo gli ultimi gradini. Si voltarono tutti e tre: Klaus a metà tra lo stupito e il contento, Kol sbalordito e Dylan trionfante.
-Cassie torna di sopra.- 
-No Kol! Ho deciso di andarmene, mi sono trattenuta anche troppo.- trascinandomi dietro la valigia mi posizionai davanti alla porta d’ingresso.
-Dylan, vieni.- lanciai un ultima occhiata a Kol mentre Dylan afferrava la mia mano tesa. Mi guardava come se, andandomene, mi stessi portando via un pezzo del suo cuore. Se davvero ci teneva a me mi avrebbe fermato ...giusto? Invece mi lasciò andare.Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a togliermi dalla mente la sua espressione sofferente. Dylan riusciva a farmelo dimenticare, ma per poco. Era come un antidolorifico: calmava il mio dolore ma non per sempre. Non andammo molto lontano, solo cambiai casa e andai a vivere con Dylan. Ci eravamo comprati un vecchio rudere ai confini della città: appartato e semplice. La prima sera che passammo nella nuova casa fu di sicuro la più bella. Cenammo tranquillamente con le sacche di sangue dell’ospedale; guardammo un film in televisione e infine io uscì in cortile a guardare le stelle. Non mi ero accorta che mi era alle spalle fino a quando non lo sentì che mi cingeva la vita con le braccia e appoggiava la sua testa sulla mia spalla.
-Sai Cassie… io credo di amarti.- sospirò chiudendo gli occhi.
-Sai Dylan… forse ti amo anche io.- sussurrai voltandomi per premere le mie labbra contro le sue.
Da quanto capì della sua reazione se lo aspettava, anzi, ne era certo! Mi prese in braccio, continuando a baciarmi, e mi trascinò nella nostra nuova stanza da letto.
Mi svegliai il mattino dopo sdraiata accanto a lui e, stranamente, felice. Forse, quando quella mattina pensai “che città tranquilla!”, lo pensai troppo presto. Come non detto, Esther aveva combinato qualcosa la sera del ballo: aveva legato la sorte di tutti i fratelli assieme.
Scoppiò il putiferio più totale quando lei, una notte, cercò di ucciderli tutti usando il sacrificio di Finn… quel ragazzo era stupido nell’anno 1000 e ora, nel 2012, era ancora più stupido!
Sta di fatto che, dopo quella notte, la famiglia Mikaelson non esisteva più. Tutti sparirono, se ne andarono. E così iniziò una nuova settimana, però questa volta ero sola.
Dylan mi accompagnò a scuola e mi venne a riprendere sulla sua Lamborghini Gallardo nera. “Che te ne fai di una macchina così?” gli avevo chiesto quando me l’aveva mostrata il giorno della mia fuga da casa Mikaelson. Aveva risposto che amava le auto veloci e costose. Non avendo l’età per guidare, non avevo mai capito a fondo l’utilità delle auto; preferivo di gran lunga le mie gambe.
Era lunedì, molti odiano i lunedì… a me piacciono invece. Così tranquilli… così piatti e monotoni… ormai la monotonia era di casa nella mia vita.
Comunque, quel lunedì era più monotono di altri, più piatto… più spento. Dopo essere tornati a casa, io e Dylan andammo in salotto e mi apprestai a fare la domanda che tanto avevo aspettato a esporre.
-Dylan io non so niente della tua vita da umano.- Mi guardò interrogativo. -Raccontami di chi eri prima che io ti trasformassi.- Lui guardò fuori dalla finestra, perso nel passato.
-Nacqui il 4 Febbraio 1926, vivevo in una famiglia benestante e per questo imparai a scrivere e leggere. Allo scoppiò della Seconda Guerra Mondiale mi arruolarono, i miei erano nazisti convinti. Poi sai com’è andata no? Ti vidi e mi innamorai.- Mi guardò sorridendo. -Eri stupenda… non una riga di sudore velava il tuo volto mentre lavoravi. Non avevo mai visto qualcuno di più bello e… tranquillo. Tutti gli altri erano morenti, tu sola eri con un po’ di vita in corpo… lo percepivo. Poi sai com’è andata. Mi donasti questa vita e io te ne sarò per sempre grato.- Mi sorrise felice sdraiandosi sul divano.
-Davvero reputi così importante quello che ti ho fatto?- 
-Tu mi hai donato la vita eterna.- 
-Se io avessi potuto scegliere sarei volentieri morta.- Mi guardò stupito.
-Ma che dici Cassie? L’immortalità è una cosa stupenda!-
-Tu non capisci…- Andai malinconica verso la finestra osservando il cielo piovoso.
-Spiegami allora !-
-Io non potrò avere figli.- Sospirai. -Non potrò invecchiare, non potrò morire. Quando sono nata ero ebrea. Per i demoni non c’è paradiso.-
-Il paradiso non esiste.- Disse in modo sprezzante. Lo guardai stupita. -Ero ateo.- 
-Gli atei potevano diventare soldati nazisti ?-
-Ho detto di essere cattolico.-
-Che bugiardo.- Mi sorrise sardonico.
-Ha parlato miss sincerità.-
-Non venire a far la morale a me sulla sincerità Dylan Heston!- 
-Cosa vorresti dire ?-
-Spiegami perché Klaus ti odia così tanto e io ti risponderò.- Lo fulminai.
-Non sono affari tuoi Cassie !- Uscì correndo di casa, in un soffio era fuori. Andato. Borbottando imprecazioni, andai a sdraiarmi a letto. Mi addormentai pensando a Kol.

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Capitolo 5
*** 5. Morte ***


Molti dicono che la felicità non esiste. Altri che, invece, bisogna solo aspettare che arrivi. Io penso che la felicità mi stia evitando.
Dylan non tornò il giorno dopo. O almeno, tornò ma io non lo trovai. Non appena mi svegliai, vidi la sua parte di letto ancora intatta, come era rimasta la sera precedente. C’era solo un bigliettino piegato e appoggiato sul cuscino. Con mani tremanti, lo presi e lo aprì. Sapevo cosa vi era scritto ancora prima di leggerlo… in verità, penso che ormai fosse ovvio.
“Cassie,
ci abbiamo provato, ma tu vuoi sapere troppe cose e io non disposto a farti conoscere il mio passato. Spero che un giorno potrai trovare qualcuno migliore di me, che ti ami veramente.
Grazie per l’immortalità.
Con affetto,
D.”
Sentì quasi un senso di sollievo invadermi. Io non amavo Dylan, le mie erano tutte bugie. Mi alzai di corsa e mi vestì alla velocità della luce. Non vedevo l’ora di dirlo a Kol, di tornare da lui… abbracciarlo e dirlo che era sempre stato lui.
Al diavolo la scuola, non ero nata  per passare sei stupide ore chiusa tra quelle mura. Ero nata per vivere una lunghissima vita accanto a Kol.
Mi precipitai a casa sua ed entrai, senza bussare. Bekah, quella mattina, aveva marinato la scuola come me e stava litigando allegramente con Nicklaus.
-Reb sai dov’è Kol?-
-Perché vuoi saperlo?- scattò subito Klaus.
-Zitto Nick, dopotutto, anche lui la cercava, no? E’ andato a casa dei Gilbert.-
-Casa… dei Gilbert? Ma non era andato a Denver?- Rebekah mi guardò preoccupata.
-Cassie… ma cosa stai dicendo? Sparisci per settimane e ritorni dicendo che Kol è a Denver… stai bene?-
-Sparita per settimane? Che vuol dire?-
-Cassie… dopo che Dylan se ne andato… non ricordi?- Scossi la testa invogliandola a continuare.
-Ricordi di essere venuta qui a cercare Kol proprio come oggi? Ti abbiamo detto che era a Denver poi io ti ho riportata a casa… ti sei addormentata e non ti ho più vista fino ad oggi.-
-Io ho… dormito fino ad oggi? Quanto è passato?-
-Tanto tempo. E tanti avvenimenti.- Rebekah si alzò e, con evidente frustrazione, andò a versarsi da bere. –E’ un peccato che tu ti sia persa l’isteria di Elena per essere diventata un vampiro.-
-Perché Kol è da lei?-
-Tu non… vero, scusa. Ha deciso di essere sadico con il piccolo Gilbert. Lo troverai là .-
Non li salutai. Non li ringraziai per avermi spiegato tutto ma me ne andai. Perché non mi erano venuti a cercare? Sapevano dove abitavo, non era così tanto faticoso, mi pare.
Dopo la piccola chiacchierata con Rebekah, un brutto presentimento si era istallato dentro me, così corsi più velocemente che potevo verso casa dei Gilbert.
Quando entrai, ebbi appena il tempo di scorgere una fiammata prima che tutto tacesse. Accecata da una rabbia che non sentivo mia, corsi verso quella luce sfuggente. A terra, carbonizzato, giaceva Kol… non lo vedevo così da tempo… solo allora mi accorsi di quanto sentissi la sua mancanza. Ignorando i due Gilbert che mi guardavano esterrefatti, mossi qualche passo verso il MIO Kol e mi inginocchiai accanto a lui. Lacrime gelate mi rigarono le guance e la rabbia che avevo prima iniziò a venire fuori.
-Come avete potuto… voi, stupide e inutili creature!- mi alzai di scatto e scavalcai il tavolo accanto al quale c’era il corpo di Kol. I miei arti si mossero senza che il mio cervello avesse comandato loro una qualsiasi azione: mi ritrovai a chiudere le mani attorno al collo di Jeremy Gilbert facendolo annaspare con un calcio nello stomaco. Elena mi attaccò alle spalle cercando di trafiggermi con un paletto ma la allontanai con un calcio.
-Dimentichi che ho un migliaio di anni più di te, ragazzina.- afferrai meglio il collo di Jeremy poi lo scagliai contro Elena. Entrambi finirono a terra con sguardo sconvolto.
-E tu dimentichi che è meglio non toccare i miei familiari!-
Elena prese una mannaia appoggiata sopra il ripiano e me la scagliò contro; l’afferrai ruotando il busto per metà ma un secondo coltello mi raggiunse e mi colpì nello stomaco. Mi piegai su me stessa estraendolo quando un secondo coltello mi colpì alla testa. Caddi a terra gridando per il dolore lancinante quando vidi Elena sopra di me.
-Non volevo.-
Disse semplicemente, poi mi infilò una gamba della sedia nel petto. Era come se nel mio corpo ci fosse una lucciola… continuava a splendere e si muoveva dal punto esatto in cui il paletto mi aveva colpita. Viaggiò per tutto il mio corpo fino a tornare al punto di partenza, dopo di che… divorò letteralmente il mio cuore e io non fui più in grado di percepire nulla. 


//Angolo Autrice:

Il mio primo angolo autrice, mi sento emozionata ahah. Allora, volevo ringraziare tutti quelli che hanno seguito la mia storia :) Vorrei anche scusarmi con coloro che hanno sperato in un lieto fine... scusate ma non è nel mio stile. Spero che vi piacciano anche le mie prossime storie. Grazie mille per la lettura,
Cass.

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