Il Necroforo di Azathoth (/viewuser.php?uid=211695)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Jack Daniel's on the blood ***
Capitolo 3: *** La sensazione di un battito ***
Capitolo 4: *** La ferita si riapre ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
NOTE DELL'AUTRICE : questa
è la prima storia che scrivo, sono aperta a tutti i tipi di
critiche e anzi spero di riceverne di costruttive per migliorare il mio
stile di scrittura o il contenuto della storia in base ad esse. Spero
che comunque risulti interessante ai vostri occhi. Mi farebbe piacere
sapere cosa ne pensate..
(Il titolo momentaneamente è provvisorio in quanto non mi
convince appieno)
Azathoth
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Il silenzio della notte.
Sirio che illuminava il Cielo.
La neve bianca adagiata delicatamente al suolo.
Tutto ciò porta alla mente il pensiero di un amabile momento.
Un amabile momento. . . Di angoscia e paura, come piaceva a Lui.
- Agente Hoover.
- Sono Kane, 11 West 53rd Street, codice 187. Credo sia tornato.
Hoover, Hailey Hoover, rimase incredula nell’udire quelle
parole dal suo partner, spense il telefono e si fermò a
riflettere portandosi entrambe le mani sulla testa come se volesse
sfiorare i suoi pensieri per farli risuonare nelle corde vocali che
quasi le stritolavano la gola.
- Maledizione!
Prese la pistola e corse fuori dal suo appartamento, colma di
adrenalina nel sangue.
- Crediamo sia successo tra l’1.15 e le 02:00, è
ancora presente l‘eccitabilità del miocardio e
l‘ ipostasi è di 1° grado, si sta
sviluppando la fase di insorgenza, attualmente è in atto il
Livor Mortis e questa bassa temperatura invernale rallenterà
il processo di Rigor Mortis.
- Dimmi di lei.
- Ragazza bianca, sui 25 anni, capelli neri, alta 1.73. Ha vari
tatuaggi sul petto, tutti rappresentano la religione cattolica. Una
donzella molto credente… che fottuta morte le ha riservato
il suo caro Dio.
Ironicamente Hailey gli rispose - Ah, esiste un Dio? -
L’agente Hoover era una donna molto testarda e schietta, non
dava retta a nessuno e seguiva la sua strada. A volte dava
l’impressione di sembrare un uomo, credo sia per questo che
decise di intraprendere la carriera di Detective al Federal
Bureau of Investigation, preferiva essere qualcuno con le palle che una
semplice donnetta vuota che prepara la cena, pur dovendo sopportare i
suoi squallidi colleghi e le loro battutacce.
Con Kane era se stessa: lavoravano insieme da 3 anni, quando lui da
Boston fu trasferito al Dipartimento di NY la moglie lo
lasciò e si tuffo a capofitto nel lavoro giorno e notte e
lei gli rimase sempre accanto,senza dover dimostrare per forza di
essere l’Agente Hoover, ma solo Hailey.
- Dai dimmi la tua versione.
- La mia versione? Secondo me ha voluto soltanto riprendersi la scena.
Ha trovato una ragazza e l’ha massacrata per bene, praticando
la resezione dell’intestino, degli occhi e
l’infibulazione genitale, per poi ricucirla con ago e filo,
il nostro signore dell’uncinetto.
Hailey tirò fuori una risata frenata - Signor che?!
Lavoriamo assieme da anni, ma resterai sempre un coglione!!Ascolta,
prima hai parlato di tatuaggi cattolici; l’infibulazione
è legata a tradizioni dell‘antico Egitto, ma
tutt‘ora è praticata solo in Africa, nella
penisola araba e nel sud-est asiatico. -
- Si, viene consigliata come sistema per mantenere intatta la purezza
della donna. Pensa che un’associazione islamica sta
finanziando campagne di infibulazione gratuita nelle scuole per bambine
indonesiane, assurdo! -
- La scientifica sta arrivando, abbiamo contattato il Medico Legale,
faremo immediatamente l’autopsia e cercheremo in tutti i modi
di risalire a Lui, sempre che sia realmente l’assassino. La
Dott.ssa Beverly ci aspetta al Presbyterian Hospital.
- Capo, è lui l’assassino ne sono certa.
- Agente Hoover, non è da sottovalutare l’ipotesi
che si tratti di un imitatore ossessionato.
- No. È Lui.
Rimase lì, inamovibile, guardando allontanarsi Jacob Gavin,
a capo delle indagini, sapeva quanto fosse irascibile.
Si accese la sigaretta, e in quel momento la nicotina non le bastava
più. La eccitavano queste situazioni, del resto aveva scelto
lei l‘ F.B.I., e ciò che egli concupiva era
proprio questo: vederla lì, in piedi, di fronte la pozza di
sangue che lui stesso le aveva conferito, con il suo cappotto nero di
pelle, i capelli che le scivolavano sulle spalle cullati dal vento
gelido di Novembre, aspirando ripetutamente quella Lucky Strike.
Il suo amabile momento… era arrivato.
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Capitolo 2 *** Jack Daniel's on the blood ***
NOTE DELL'AUTRICE: Eccomi con il secondo
capitolo, spero vi risulti interessante, non vi ho ancora svelato come
mai Hailey conosce così bene questo assassino e
perchè provi così tanta rabbia nei suoi
confronti, per ora preferisco lasciar viaggiare la vostra fantasia!!
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il Prologo e che lo
hanno recensito!! Attendo altri pareri per migliorare.
Buona lettura . . .
A.
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Hailey in quel momento non capì cosa stesse realmente
accadendo, non riuscì a spiegarsi come potesse essere il
“Necroforo”, ma sapeva bene che era Lui
l’autore di quel crimine. La cosa che più
le inondava il cervello era il fatto che lo aveva visto
saltare in aria, uccidersi con le sue stesse mani, in quel cantiere a
East Harlem, strappandole quella soddisfazione.
Ora le interessava saperne di più su quella donna
brutalmente uccisa.
- Kane, sei stato il primo ad arrivare sulla scena,
com’è stato scoperto il corpo? -
- Ha chiamato il ragazzo del palazzo di fronte, sta al terzo piano, ha
notato il sangue dalla finestra, non è difficile notare una
chiazza del genere sulla neve -
- C’era qualcosa di particolare attorno alla donna? -
- Cazzo smettila! Non è Lui
l’assassino. Basta con queste stronzate, quando ti
passerà questo terrore?!
Le prese un braccio con forza guardandola dritta negli occhi per vedere
se in lei ci fosse ancora un briciolo di lucidità - Lui
è morto! -
Hailey lo allontanò con tutta la rabbia che aveva in corpo,
quasi come se nei suoi occhi si celasse il veleno.
Si tolse la giacca di pelle che le nascondeva fin troppo bene quel
corpo sensuale, la gettò sul letto, camminando tra le mura
del suo monolocale intravide una bella donna raffigurata nello specchio
di fianco la credenza dei liquori. E per una volta si piacque. I
capelli ondulati tenuti sempre sciolti, di un colore nero corvino che
le facevano risaltare ancor di più i suoi grandi occhi
verdi, era sempre stata un’appassionata di sport ed
è inutile dire quanto fosse scolpito il suo corpo con quel
seno prosperoso che tendeva sempre a coprire. Desiderava avere qualcuno
accanto, qualcuno che la stringesse facendole dimenticare anche solo
per un istante quale fosse il suo compito. Aprì la credenza
e prese il suo fedele Jack Daniel’s versandosene una bella
quantità nel bicchiere che teneva sempre lì, a
portata di mano. - Beh, anche per stasera saremo solo io e te! -
Si mise in balcone con le gambe distese sulla ringhiera pensando ad una
soluzione logica mentre si gustava piccoli sorsi di whiskey .
Attorno a lei il calore, il fuoco, udendo quelle frasi che le colmavano
la mente.
- Non aver paura Ley, sono forte, e finché ci sarai tu con
me nulla mi attaccherà.-
E subito dopo sentì il cuore scalarle la gola.
- Hoover, c’è stato un omicidio. 383 Lafayette
Street.-
- Ma quella è l’università. -
- Mi dispiace. -
Il bicchiere le cadde in terra ed improvvisamente si svegliò
con cenni di lacrime represse sul viso.
- Kane, scusa, non avevo intenzione di svegliarti all’alba ma
sto andando al dipartimento, appena puoi raggiungimi. -
Riprese il cappotto e tornò a svolgere il suo compito.
-La Dott.ssa Beverly ha già dato risultati riguardanti
l’autopsia?-
L’agente Gavin non le rispose, si allontanò di
soppiatto, odiava avere una donna tra i piedi.
- Bastardo! -
In quel momento dall’ingresso principale entrò
Kane con due tazze di caffè. Era un uomo buono e premuroso,
sembrava quasi buffo con quella barba crespa, era intelligente e sapeva
giocare di astuzia. Con il suo fisico robusto da battitore di Baseball
alto circa 1.83, ma che di quello sport non conosceva neanche il numero
di giocatori, due occhi color giacchio e dei capelli castani che teneva
sempre tirati indietro, ed immancabilmente la sigaretta
sull’orecchio.
Non fumava più, ma diceva sempre che se mai ci fosse stata
occasione per ricominciare avrebbe dovuto averla.
- Dai, butta giù qualcosa di sano, hai ancora
l’odore di quel fottutissimo whiskey!-
- Ehi non parlare così del mio Jack! Ti perdono solo per il
caffè. -
- Ho sentito poco fa il Medico Legale, ci sono risultati. Nella scatola
cranica della donna è stato trovato un “Edema
cerebrale”, la causa della morte sarebbe un emorragia acuta
in multipli traumatismi che implica l’arresto
cardio-respiratorio causato dal dolore estremo. -
Rimase immobile a fissare il vuoto continuando ad ascoltare
ciò che Kane aveva da dirle. Come se in quel momento, stesse
provando dentro sé quel “ dolore
estremo”.
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Capitolo 3 *** La sensazione di un battito ***
NOTE DELL'AUTRICE: Ho
inserito qualche stuzzicante dettaglio romantico, spero che questo
terzo capitolo verrà apprezzato. Ritenetevi liberi di
commentare e criticare, anzi, lo spero! :) Buona lettura appassionati
di FF.
A.
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L’agente Gavin in quel momento era impegnato a
scegliere accuratamente l’aroma da inserire nella pipa quasi
sdraiato sulla sedia accanto la finestra, ascoltando i dettagli che
Kane riferiva alla sua rivale. Non accettava il fatto che gli fosse
stata assegnata lei alla squadra. Ebbero grandi discussioni irrisolte
l’anno precedente a causa dell’ultimo omicidio che
questo Killer lasciò alla Hoover.
Era a favore per sospenderla dal caso, ma lei non si fece sottomettere,
nonostante tutto il dolore e la rabbia che provava non
lasciò il dipartimento per farsi affliggere da psicologi
indiscreti come desiderava lui, soltanto per lasciargli completamente
la via libera e non perché le interessasse realmente
qualcosa di lei.
- Se continuerete a svolgere le indagini in questo modo vi
farò sospendere entrambi! -
Hailey si voltò e lo fulminò con quegli occhi
pieni di risentimento lasciandolo inerme.
Lui capì immediatamente di trovarsi in una situazione
pantomima e rimase fermo senza dire una parola.
- Lo sai che non riuscirai a farlo. Questi omicidi non ti riguardano
nemmeno. Ricorda che prima ero io a capo delle indagini, ero il tuo
superiore, quindi smettila di blaterare. Piuttosto, torna al lavoro! -
Con aria di sfida si voltò poggiando il caffè
sulla scrivania accanto ad un’infinità di
fascicoli e fogli di giornale sparsi un po’ ovunque. Prese le
chiavi della sua Lexus e fissando Gavin disse - Kane, abbiamo del
lavoro da svolgere. - incamminandosi verso le grandi porte vetrate del
dipartimento diretta verso l’uscita, seguita dal suo partner.
- Dannazione Ley, lo sai che non puoi rivolgerti a lui con certi
termini. -
Si fermò di scatto provando a trattenere i nervi - Non
chiamarmi più così !! -
- Lo so, lo so! - Salirono in macchina senza dirsi una
parola, accese il motore e partirono, senza sapere dove
stessero andando.
[…]
If we could take the time to lay it on the line
I could rest my head
Just knowin' that you
were mine
All mine. […]
Tenendo la sigaretta tra le dita e battendole sul volante per tenere il
ritmo della canzone fece uscire quella strofa che tratteneva tra le
labbra - […] All
mine… -
- Non pensavo ascoltassi questo tipo di musica. -
- E cosa pensavi ascoltassi? -
- Non so, magari Lady Gaga! - E scoppiò a ridere scrutando
con la coda dell’occhio Hailey.
- Ma io bevo Jack Daniel’s!! -
- Ohh già, avevo dimenticato questo dettaglio, “
tu bevi whiskey”! -
Non riusciva a fare a meno di guardarla, era così bella,
nonostante il freddo gelido che li avvolgeva sentiva un tale calore
dentro sé. Aveva una gran voglia di accarezzarle i capelli e
perdersi tra i suoi occhi, contare i nei che le ricoprivano il corpo
per conoscere ogni cosa di quello splendore di donna, e a dirla tutta,
quell’odore di whiskey che emanava le piaceva fin troppo.
- Ehi, sai una cosa? Credo sia arrivato il momento. -
- Di che parli? -
- La voglio, non resisto più. Passami l’accendino!
-
- Finalmente cazzo!! - Ed ammiccando un sorriso di vincita gli
passò l’accendino.
-
- Ti và un caffè? si congela.. Offro io!
- Come desidera donna! -
Si fermarono al Candle Cafè. Un posticino tranquillo tra la
74th e 75th Strett, al 1307 3rd Avenue. Speravano di riscaldarsi un
po’ davanti ad un caffè bollente.
Restarono a lungo seduti al tavolo sorseggiando caffè
corretto dimenticando persino di dover lavorare. Kane aspettava questo
momento da quando iniziò a capire che Hailey lo faceva stare
bene, considerandola donna non più come una semplice collega.
Improvvisamente le squillò il telefono rovinando
quell‘istante tanto atteso.
- Dove siete finiti? - esclamò Gavin. Così forte
che Kane lo udì dall’altro lato del tavolo.
- Che succede?? -
- Vi aspetto al dipartimento. -
Hailey interruppe la chiamata e fissò per un attimo Kane
facendogli cenno con la testa di alzarsi - Andiamo! -
- L’arma non è un coltello, crediamo sia un
bisturi. -
- Come immaginavo. - esclamò Hoover sogghignando.
Gavin le lanciò un’occhiataccia e riprese subito
il discorso.
- Capire il tipo di strumento è molto difficile: il foro
d’ingresso è sempre più piccolo del
diametro dello strumento, e la profondità del foro non
è indicativa.
Kane ribadì -La ferita assume la dimensione della lama solo
se il colpo è stato inferto perpendicolarmente, ma spesso
è maggiore per l’inclinazione del colpo
d’entrata o della retrazione. Se l’inclinazione
è molto pronunciata si possono avere accenni di codette,
ovvero le due estremità della ferita. -
- Esattamente agente De Falco. -
- Ha usato un bisturi Nr. 13-15, è quello più
adatto per incisioni precise e delicate, specialmente per il viso. -
Hailey tornò in sé e si rivolse a Kane -
Aspetta!!Gli egizi effettuavano incisioni a fini medici con bisturi in
ossidiana, il vetro vulcanico la cui formazione è dovuta al
rapido raffreddamento delle lave. -
- La cosa più curiosa è che si torna sempre a
loro. Gli Egizi.-
Spense la macchina e rimase a pensare godendosi il silenzio della
notte, il mondo dormiva e lei aveva paura di farlo. Credeva stesse per
impazzire, un anno senza pace, non era più un lavoro, ormai
era diventata una questione personale. Tra lei e Lui.
Nonostante la temperatura quasi artica si sdraiò sul letto
con indosso solamente la sottoveste di seta, lasciò le tende
aperte per farsi cullare dalla luce della luna, si accese una sigaretta
e in quel momento non riuscì a controllare i suoi pensieri.
Desiderava Kane.
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Capitolo 4 *** La ferita si riapre ***
NOTE: Eccomi tornata con un nuovo
capitolo, scusate la lunga assenza ma tra le vacanze e il lavoro
ripreso non ho avuto tempo di pubblicare, ma in mente ho molte idee ;)
, la storia continua e succederanno cose inaspettate, spero sia di
vostro gradimento!
P.S. Credo di aver scritto meglio dei capitoli precedenti, ma questo
dovete giudicarlo voi!! :D
Buona lettura amici di FF...
A.
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6:15 a.m.
Delicatamente si spostò qualche ciocca corvina che le
copriva il viso, tirò su il lato del lenzuolo che era finito
quasi ai piedi del letto, si strofinò gli occhi e mentre si
voltò a controllare quell’interminabile sveglia
che non smetteva di infastidirle i timpani pensò che un
nuovo giorno stava iniziando.
Un nuovo. Interminabile.
Giorno.
Si diresse in cucina e alzando le braccia si stirò i muscoli
che sentiva ancora indolenziti per via del troppo riposo di
quella notte appena trascorsa, la quale non era solita fare. Vide la caraffa di caffè piena per metà, lo
desiderava caldo ma si accontentò di quello che stava
lì da giorni senza perder tempo a doverlo rifare,
girò intorno al tavolo e si soffermò notando
l’innumerevole corrispondenza che le occupava il ripiano
accanto al frigorifero, Richard, il portiere, gliela consegnava ad ogni
suo rientro e lei, ad ogni suo rientro, l’abbandonava
lì pensando che l’avrebbe letta poi, quando
avrebbe trovato il tempo. Alzò la serranda permettendo alla
luce di entrare, notò che il cielo era grigio e che molto
probabilmente sarebbe scoppiato un diluvio a breve, lasciando
quell’inutile pensiero si diresse nel bagno, guardandosi allo
specchio pensò fino a che punto potesse ancora andare
avanti, distruggersi dentro, logorarsi l’anima fino a non
riconoscersi più, si passò le dita sotto gli
occhi andando ad accarezzare quelle occhiaie nere come se volesse farle
sparire con quel semplice gesto, sospirò e aprì
l’acqua facendola scorrere così forte che in un
attimo la stanza si riempì di vapore, fece scivolare la
sottoveste lasciandola sul tappeto ed entrò in doccia
sperando di lavarsi dallo sporco che le imprigionava la mente.
Con i capelli ancora bagnati si sedette sul letto vestita solo
dell’intimo, l’unico capo che secondo lei la
rendeva donna e sensuale, posò lo sguardo fermo sul
distintivo che si trovava sul comodino accanto alla pistola e in un
attimo lo squillare del telefonino la riportò sulla terra
ferma.
- Hoover.-
- Ehi! Buongiorno fabbrica
di whiskey.-
- Simpatico! Che c’è?- Hailey cercò di
liquidarlo pensando a ciò che aveva desiderato quella notte,
prima di addormentarsi.
- Sono qui fuori, caffè amaro e cornetto alla crema.-
Hoover sgranò gli occhi, era in intimo sul letto e Kane
fuori dalla sua porta di casa.
Si mise l’accappatoio e prima di aprire la porta si
fermò davanti lo specchio accanto alla credenza dei liquori
per sistemarsi i capelli.
- Ma che ci fai davanti la mia porta alle- si girò per
controllare l’ora che rifletteva sul microonde in cucina
-sette di mattina!?-
- Beh, sai, stavo leggendo il giornale e c’era un articolo
sulla borsa, è calata del 2%, sono venuto a discuterne.-
Hoover provò a trattenere una risata e le labbra si
curvarono all’insù. -Fammi capire, mi stai dicendo
che sei venuto da me a quest’ora con la colazione in mano per
discutere della borsa in calo?!- Kane mostrandogli la colazione sorrise
- Secondo me si discute meglio con un cornetto che riempie lo stomaco!-
- Dai entra!- si scostò dalla soglia per permettergli di
entrare e si richiuse la porta alle spalle pensando quanto era stato
premuroso, sapeva che si trovava lì solo per controllare se
quel giorno, stesse bene.
- Ti ringrazio per essere passato, e soprattutto per il
caffè, quello che mi attendeva avrebbe rovinato la mia
giornata!- indicando con un cenno del capo la caraffa che si trovava
sul tavolo della cucina, aggiungendo - anche se avere ospiti
all’alba non era il mio più grande desiderio!-
- Non ho chiuso occhio stanotte Hailey - ammise avvicinandosi a lei,
poggiando le mani sul tavolo. Hoover sentì un brivido
percorrerle la schiena.
- Come mai? C’è qualcosa che ti turba?-
- Ti ho pensata- confessò con tono basso fissando le nuvole
scure che coprivano il manto del mondo. Hailey rimase un attimo in
silenzio e capì di doversi togliere quel pensiero dalla
testa prima di commettere un errore che non si sarebbe perdonata.
Kane alzò lo sguardo e la fissò dritta negli
occhi - Non mi capacito di ciò che è successo
quel maledetto giorno, non doveva andare così - Hoover si
immobilizzò - Non è stata colpa tua - e
abbassando lo sguardo si portò una mano tra i capelli -
Dovevo proteggervi, sono il tuo partner! - replicò Kane
sbattendo entrambe le mani sul tavolo.
- Smettila, è andata così e non possiamo farci
nulla ormai, voglio solo impedire che quel bastardo faccia del male a
qualcun altro che non c’entra nulla- Kane si
avvicinò a lei e accarezzandole il mento le alzò
delicatamente la testa, Hailey si tirò indietro, lui rimase
per un attimo in silenzio e avvicinandosi alla finestra aggiunse -
Sarà meglio che vada ora, ci vediamo al Dipartimento -
Hoover non rispose e lo seguì con lo sguardo
finché non lo perse di vista uscendo dalla cucina.
- Agente Gavin.
- Agente Hoover.
Si salutarono solo per educazione ma entrambi avrebbero preferito
evitarsi, come del resto ogni giorno. - Abbiamo ricevuto questa- le
disse porgendogli una lettera senza mittente - da stasera avrai una
scorta sotto casa e non dovrai mai abbandonare l’appartamento
senza prima aver avvertito l’agente di turno - Hailey
aprì la busta e camminando fino alla sua scrivania lesse la
lettera senza dare ascoltò a ciò che le era
appena stato riferito.
Mia cara,
non mi sono dimenticato
di te come noti, come hai trascorso questo ultimo anno? Io ho
riflettuto tanto e ho avuto molte idee per i miei prossimi lavori.
Eri molto eccitante
stanotte con quella sottoveste rosa, avrei voluto strappartela di dosso
e assaporare il tuo sangue ma dormivi così bene che mi sono
limitato a fissare la tua carotide aspettando il momento adatto per
farla mia, sprofondare all’interno del tuo collo la mia arma
per poi affondarci le labbra e succhiare ciò che ti tiene in
vita fino a vederti impallidire, sentire il tuo respiro farsi
più lento fino a farti smettere di esistere lasciando tutto
per me solo Il tuo corpo con cui giocare, a breve avrai il tuo regalo
per questo giorno, diciamo, speciale.
Buon compleanno.. E
condoglianze.
N.
Le mani le tremavano, gli occhi si erano riempiti di lacrime e di
rabbia, era stato a casa sua quella notte, l’aveva fissata e
avrebbe voluto ucciderla.
- Cosa dice quella lettera?- le disse Kane notando la ragazza scossa da
ciò che aveva appena letto - L’ha fatto apposta un
anno fa e oggi non ha perso tempo per ricordarmelo -
- Vuole solo spaventarti e renderti fragile, questo è il suo
gioco, aspetta il momento in cui crollerai per farti sua ma tu sei
forte, non mollerai.-
- Oggi è un anno che è stata uccisa, ed
è anche il mio compleanno - disse rimettendo la lettera
nella busta e nascondendola nel cassetto con i documenti del caso.
- Lo so - si limitò a dirle Kane - Non aver paura, non sei
sola - ed avvicinandosi le mise una mano sulla spalla cercando il suo
sguardo purtroppo non ricambiato.
Nessuno poteva immaginare come si sentisse sola contro il mondo, quanto
volesse avere la sua vendetta per tutto il male che le aveva fatto,
senza un vero motivo.
Era seduta nel parco, le avevano lasciato il pomeriggio libero anche se
lei era decisa a non lasciare le indagini, tra le mani un libro, Che tu
sia per me il coltello, gli occhi fissi su quelle pagine quasi come se
volesse far parte di quella storia per scappare dalla sua
realtà, nell’aria l’odore della pioggia
faceva intuire che l’inverno ancora non voleva lasciar posto
alla primavera, si sistemò il cappotto chiudendo gli ultimi
bottoni per ripararsi dal vento freddo, avrebbe preferito tornarsene a
casa e leggere quel libro sul divano bevendo un po’ di
whiskey, ma non lo fece, anche se sapeva che prima o poi sarebbe dovuta
tornare a casa. Chiuse il libro e si accese una sigaretta, odiava
fumare mentre leggeva, non riusciva a godersi entrambe le cose
facendole contemporaneamente, pensò a sua madre, quella
meravigliosa donna che le aveva insegnato ad essere forte nei momenti
in cui il mondo sta per crollarti addosso, ripensò a quel
giorno, quando dovette telefonarle, le sembrava ancora di sentire le
sue lacrime e le sue urla di disperazione lacerarle il cuore.
Alzò lo sguardo al cielo, “E’ solo colpa
mia. E’ solo colpa mia se tu non sei più al mio
fianco, avrei dovuto proteggerti”, questo pensiero che non
l’abbandonava mai.
Mise il libro nella borsa e tirando fuori le chiavi si diresse verso la
macchina.
Mentre guidava cercava un modo per impegnare il tempo una volta
arrivata a casa e un pensiero le solleticò la mente , prese
il telefono e digitò il numero.
- Kane. - appena le rispose si blocco, stava facendo la cosa
giusta? - Pronto?-
- Si Kane, sono Hoover, novità sul caso?-
- No, abbiamo una pista ma senza certezze, il suo telefono ha
allacciato la cella della 34th oggi alle 2 p.m. -
- Bene, speriamo di trovarlo quel bastardo -
- Hailey, lo troveremo, tu riposa e stai attenta -
- Kane, ti andrebbe di essere stracciato a scacchi finito il turno?-
lui non sapeva bene quale fosse la risposta giusta ma seguì
l’istinto senza tirarsi indietro - Ehi, sarò io a
stracciarti.- e sorridendo aspettò la risposta di Hailey -
Beh, l’importante è esserne convinti.- e chiuse la
chiamata, capendo che forse era giunto il momento di farsi avanti.
Dentro era piena di dolore, ma non sai mai quando darai
l’ultimo respiro in questo universo.
Le tremavano così forte le gambe che quasi faceva fatica a
salire le scale che conducevano al suo appartamento, estrasse la
pistola dal cappotto in caso di eventuali sorprese e con passo lento
poco dopo si trovò dentro casa. - Fottuto bastardo, hai reso
inaffidabile anche l’unico posto sicuro che avevo! - rimise
la pistola al proprio posto e posò il cappotto sulla sedia
della cucina per poi lasciarsi cadere sul divano, cercò il
telecomando senza sapere bene dove fosse, quando lo trovò
fece zapping passando da un canale all’altro in
continuazione, cercò l’ora sul display, - le 7:45
p.m., muoviti Kane - era spaventata, non era più solo un
agente che indagava su questo caso, ma era anche una sua vittima.
Si alzò andando verso la cucina, aprì il frigo
sapendo di dover mettere qualcosa sotto i denti, ma quando
scrutò i ripiani per fare una selezione di ciò
che le andava di mangiare prese l’acqua e lo richiuse, aveva
lo stomaco a pezzi e mangiare controvoglia avrebbe peggiorato la
situazione.
Si accese una sigaretta e si avvicinò alla finestra, vide
l’agente che le avevano affidato come protezione fermo in
macchina parcheggiato vicino il vialetto, si sentì umiliata,
solo un anno prima era capo delle indagini, padrona di ogni decisione e
scelta, ed ora si trovava indifesa anche nel suo appartamento con un
ragazzetto forse poco esperto a farle da scorta.
Si fece mille domande, non riusciva ancora a capire perché
avesse preso di mira lei, perché volesse distruggerle la
carriera, la vita. Ormai faceva parte di ogni cosa.
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