Killer Queen

di danish
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** l'anniversario ***
Capitolo 2: *** la vecchia base ***
Capitolo 3: *** profumo d'ambra ***
Capitolo 4: *** verso Inferno Nero ***
Capitolo 5: *** le intenzioni di Raflesia ***



Capitolo 1
*** l'anniversario ***


l'anniversario

Piove.
Gocce pesanti come sassi cadono al suolo, frantumandosi in mille aghi pungenti che mi trafiggono il cuore.
Raffiche violente di vento mi sferzano il viso facendomi rabbrividire di freddo, il cielo è scuro, grigio, spento.

E’ notte o forse è giorno, non riesco a distinguerlo. 

Protetta da un lungo impermeabile nero mi incammino di soppiatto per i vicoli maleodoranti della città, puntuale all’appuntamento.
Come ogni anno torno sulla Terra  a rendere visita ai miei più cari amici, alla mia famiglia.
Attraverso in fretta quest'angolo malfamato in cui vivono solo poveri, ammalati, disperati, delinquenti. Alcuni dei pochi terrestri rimasti ancora in vita, persone  che  gli invasori  alieni  hanno  relegato qui perché non sono degni nemmeno di far loro da schiavi, abbandonati al loro destino di morte sicura per stenti e fame.

Oggi l’oppressore festeggia: si commemora il quinto anno di conquista della Terra da parte del popolo di Mazone.
Impresso nella mia mente, davanti ai miei occhi rivedo ogni singolo istante della nostra disfatta. Ma oggi il dolore è ancora più forte, come più intenso e lacerante è il ricordo.

Erano passati all'incirca trenta giorni da quando Harlock ci lasciò sulla Terra, col compito di ricostruirla, quand'ecco che la Dokras,  ammiraglia Mazoniana, si materializzò all'improvviso nel cielo, circondata e protetta da migliaia di astronavi da battaglia.
Raflesia era tornata sui suoi passi, aveva cambiato idea.
Non se n'era andata lontana con il suo popolo alla ricerca di un posto in cui ricostruire il suo regno.
Bensì era tornata, più accanita e più determinata che mai, a riprendersi ciò che riteneva suo di diritto. A lavare nel sangue l’onta che Harlock le aveva inflitto sconfiggendola e lasciandola in vita.

"Questa è la seconda patria dell'onnipotente Mazone!"

L'esercito terrestre, come previsto,  non era pronto ad affrontare quel nemico ancor più incattivito e motivato di prima.
In meno di ventiquattr'ore i soldati mazoniani occuparono le principali basi militari, sottomettendo il nostro governo  ed uccidendo il primo ministro ed i suoi quattro scagnozzi, senza pietà.
Contemporaneamente , uno squadrone raggiunse la radura dove io, Tadashi, Yattaran e tutti gli altri avevamo cominciato a costruire un centro ricerche spaziali, ristrutturando una vecchia base per le telecomunicazioni interplanetarie.
Un solo colpo di cannone laser bastò a distruggere il nostro futuro, le nostre speranze, a mandare in frantumi i nostri sogni.
Tadashi, Yattaran, Maji e tutti gli altri perirono all'istante, schiacciati dai detriti e dalle macerie o trafitti dai colpi di pistole laser sparati dagli squadroni di terra.

Quel pomeriggio Mayu mi aveva accompagnata a far compere.  Ci accorgemmo subito, all'uscita del centro commerciale, della presenza di quelle astronavi minacciose. Guidai veloce come un fulmine per tornare prima possibile dai nostri compagni... ma fu inutile.
Non arrivai in tempo.
In lontananza vedemmo stagliarsi contro il cielo una colonna di fumo nero e acre.

Gli occhi di Mayu mi guardarono terrorizzati.
Lo ero anch'io ma continuai a guidare fino ad arrivare al centro comunicazioni....o a quello che ne restava.
Ordinai a Mayu di restare nell'auto che parcheggiai ben nascosta da siepi e alberi e scesi , armi in pugno, per verificare la situazione.

Il nemico se n'era già andato.
Tutto intorno, sparsi a terra,  i corpi senza vita di alcuni dei miei amici che avevano cercato via di scampo correndo verso la collina o  nel folto del bosco.
Altri galleggiavano inermi sulla superficie del fiume che scorreva accanto, tinto di rosso del loro sangue.
Con la vista appannata di lacrime e la gola arsa dal fumo  mi avvicinai ad ognuno di loro, per constatare, con dolore e rabbia, la morte sui loro visi e nei loro corpi.

E sulla cima delle macerie vidi con sdegno e ripugnanza una bandiera mazoniana sventolare con arroganza, simbolo di scherno e di beffa nei nostri confronti.
Aver sterminato i seguaci di Harlock doveva servire come monito alla popolazione sopravvissuta.

Qualsiasi tentativo di rivolta sarebbe stato soffocato nel sangue.

Alzai istintivamente lo sguardo al cielo nella speranza di scorgere una nave dall'aspetto familiare.
Una nave che accorresse in nostro soccorso e ci portasse in salvo, lontano, nel mare delle stelle a cui un tempo appartenemmo.
Nulla.
Solo lugubri e spettrali incursori mazoniani dall'aspetto terrificante.

Udii in lontananza rumore di spari, di cannoni laser, di grida disperate e di terrore.
Ma un urlo, più lacerante che mai, mi scosse dallo stato di  shock in cui ero caduta.

"Mayu!!"  

Feci in tempo a vedere tre o quattro persone armeggiare intorno alla mia auto e trascinare la piccola all'esterno per poi dileguarsi frettolosamente a bordo di una navetta.

Provai  a correre nel disperato tentativo di raggiungerle ma un colpo di laser, sparatomi alle spalle, mi trafisse facendomi barcollare e cadere pesantemente nel torrente che scorreva accanto.
Affondai in un istante nell'acqua torbida, sfiorata  da decine di altri colpi che miracolosamente non raggiunsero l’obbiettivo. Volevano essere sicure che non avessi scampo.


"Harlock...dove sei? "  fu il mio ultimo pensiero.

Poi il buio ed il silenzio mi avvolsero completamente.
Mi risvegliai, parecchio tempo  dopo, distesa sopra ad un vecchio divano sconquassato.
Il dottor Zero e la signora Masu stavano in ginocchio al mio capezzale.
Non so come erano sopravvissuti e mi avevano salvata dall'annegamento e curato le ferite, portandomi al riparo in un vecchio e fatiscente appartamento di periferia.

"Bevi cara, questo ti aiuterà a rimetterti in forze.."

La spigolosa signora Masu , con gli occhi arrossati dal pianto, mi porse una ciotola con del brodo fumante.
Ne sorbii pochi sorsi ma il mio stomaco sottosopra non volle saperne. Vomitai  tutto all'istante.

"Beh....forse ci vorrà ancora un po'..." mormorò con comprensione paterna il dottor Zero mentre aiutava Masu a ripulire il pavimento.

"....c'è qualcun altro, oltre a noi, che....."  domandai con un filo di voce, sperando in un improbabile grazia.

Il dottore chiuse gli occhi e scosse il capo, Masu singhiozzò sommessamente.

"Mayu!" esclamai, ricordando di colpo che l'avevano portata via sotto ai miei occhi.

"Non ti agitare cara, devi rimetterti in forze e riprenderti per bene..." mi disse Masu accarezzandomi i capelli.

Quello fu l'ultimo gesto che percepii prima di ripiombare nel buio assoluto di un sonno senza sogni.
A poco a poco mi ripresi e domandai notizie di quanto accaduto nei giorni precedenti. Masu mi raccontò, tra una patata da sbucciare ed una cipolla da affettare che Raflesia aveva invaso completamente la Terra, aveva messo a ferro e fuoco tutto il pianeta e sterminato  gran parte della popolazione, prima di tutto i governanti. Ora era il suo esercito a regnare mentre i terrestri erano diventati loro schiavi.

Guardai prima lei e poi il dottor Zero , formulando silenziosamente  con gli occhi quella domanda che mi tormentava la mente ogni istante dal mio risveglio.

"..Lui non ha potuto aiutarci perché..." il medico fece una pausa, traendo un grosso sospiro e asciugandosi la fronte imperlata di sudore.

Si alzò con fatica dalla poltrona, in cui abitualmente stava accoccolato avvolto in una pesante coperta di lana, per raggiungere un portatile. Digitò alcuni tasti e si avvicinò  a me, porgendomelo. Mi disse che lo avevano trovato sulla mia auto e che probabilmente lo avevano lasciato lì apposta le mazoniane per i "posteri" o per eventuali sopravvissuti della nostra ciurma.

Sul piccolo schermo si formarono delle immagini  riprese dalla sala comando di una nave aliena di cui era riconoscibilissimo il ponte principale. La scena mostrava un combattimento spaziale molto cruento nei pressi di Deimos, il satellite di Marte.
Il sangue mi si gelò nelle vene nell'istante preciso in cui riconobbi il vessillo dei pirati e la prua dell'Arcadia, squarciata,  che andava a fuoco.
Il comandante della nave mazoniana urlò di sparare nuovamente ed in pochi secondi la nave di Harlock fu fatta esplodere senza scampo.
Le inquadrature non lasciavano dubbi, l'Arcadia era stata ridotta in pezzi.
Il filmato si interromperva bruscamente pochi istanti dopo.

"...questo non vuol dire che Harlock non sia riuscito a fuggire..." mormorai sommessamente.

Masu e il dottore abbassarono la testa sconsolati, gli occhi fissi al pavimento.
Della ciurma di pirati, simbolo di  libertà prima e  di difesa della Terra poi, eravamo rimasti solo noi tre.
E ben presto rimasi solo io.
Il medico e la signora Masu si ammalarono pochi mesi dopo. Entrambi erano troppo anziani e provati nel corpo e nell'anima per poter fronteggiare un virus sconosciuto di probabile origine aliena, secondo l’autodiagnosi fatta dal dottor Zero.  

Lasciai la Terra subito dopo la loro morte, imbarcandomi clandestinamente, come mia abitudine,  su un’astronave cargo diretta su Marte. Rubai una navicella dall’hangar e mi diressi velocemente verso Deimos.

Dovevo capire perché Harlock non era accorso in nostro aiuto.
Dovevo vedere di persona i segni della battaglia tra L’Arcadia e la nave mazoniana.

Dovevo aggrapparmi in qualche modo alla speranza di ritrovarlo vivo per poter andare avanti.

Ricordo come fosse oggi, la sensazione di sgomento e di vuoto che provai alla vista dei detriti e delle lamiere bruciate dell’Arcadia che galleggiavano ancora, dopo cos’ tanto tempo, in quella zona.

A motori spenti mi lasciai trasportare lentamente, attraversando i resti di quella che fu la mia casa.
Il prezioso legno di cui era rivestita la cabina del capitano fluttuava annerito intorno al vetro della mia navetta.

Lanciai l’arpione di prua per catturarne alcuni frammenti. Quelli che da allora porto sul cuore, rinchiusi gelosamente in un pendente di cristallo a forma di goccia. 

Di Harlock nessuna traccia, nessun segno tangibile.

Questo, anziché sconfortarmi, mi convinse ancora di più che doveva essere vivo, doveva essersi rifugiato in qualche parte del cosmo. E giurai solennemente a me stessa che lo avrei cercato fino alla fine dei miei giorni.

Continua a piovere incessantemente e a tirare un vento freddo, gelido.
Sono nuovamente qui, come ogni anno, mentre l'invasore festeggia, per raggiungere di nascosto quella collinetta ai piedi di un'antica quercia  tra le cui radici riposa serena la mia seconda famiglia.
La piccola Mayu, che ora è quasi un'adolescente, è viva ma ancora nelle grinfie di Raflesia. Spesso compare al suo fianco nei messaggi ufficiali alla popolazione.
La tiene rinchiusa, ancora non mi è chiaro per quale motivo,  nella fortezza in cui risiede denominata dai Terrestri "Inferno Nero".

Impossibile avvicinarsi al suo palazzo maledetto. Un imponente servizio di sicurezza lo circonda ventiquattro ore su ventiquattro e sofisticati congegni elettronici ne sorvegliano il perimetro. Nessuno si può avvicinare se non è munito di apposito lasciapassare ed ottenerlo è praticamente impossibile. Nessuno dei suoi ufficiali è corruttibile. Ci ho provato negli anni ma i miei tentativi sono falliti miseramente.

La pioggia ora si fa più leggera ma il vento soffia ancora.
I rami della quercia si agitano e le foglie sembrano stridere tra di loro come se ridessero malignamente.
Qualcuna si stacca e cade a terra, altre si appiccicano ai miei stivali fradici ed infangati.
Estraggo dalla mia tracolla due rose bianche e le deposito ai piedi delle croci di Masu e del dottor Zero. Poi mi raccolgo silenziosamente in preghiera.
Uno stormo di uccelli neri si alza improvvisamente in volo, forse spaventato da qualcosa.

Rumore di rami calpestati, proveniente dalle mie spalle, mi mette in allerta.  
Impugno la pistola che ho in tasca e rimango immobile per alcuni istanti, aguzzando l'udito mentre ricomincia a piovere violentemente.
L'acqua scroscia a dirotto martoriando i fiori bianchi .

Ora sono scuri, ricoperti da fango e foglie morte.

 
Una figura esile mi affianca, avvolta in un cappotto nero con  un cappuccio calato sulla testa a nasconderle quasi completamente il viso.

Non parla.

D'un tratto mi porge una busta chiusa. La guardo con aria interrogativa ma questa si allontana velocemente sparendo tra lampi e nuvole di acqua prima che io possa aprir bocca.


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Capitolo 2
*** la vecchia base ***


la vecchia base

“”Se la fiamma della speranza arde ancora in fondo al tuo cuore, recati all’indirizzo che trovi in fondo alla lettera.”

Con le mani tremanti e gli occhi velati dalle lacrime ripiego il prezioso biglietto e lo ripongo nella busta, ormai fradicia di pioggia, infilandola gelosamente in tasca.

Poche parole ma e’ la sua calligrafia, non ho alcun dubbio.
L’ho cercato così a lungo…e alla fine è stato lui a trovare me.

Non riesco ancora a crederci.

Com’è possibile….?
Davvero questo biglietto me lo manda Harlock?

Perché ora?

E se fosse una trappola?

Mille domande mi frullano per la testa ma c’è un solo modo per avere la risposta: recarmi al luogo indicato.

Torno lentamente verso la città dopo aver salutato i miei vecchi amici e pregato ancora per le loro anime. In cambio ho chiesto loro protezione affinché veglino su di me in questo incontro che mi accingo ad avere.
Raggiungo a piedi la decrepita metropolitana che mi condurrà abbastanza vicina alla meta.

Ai bordi della banchina ci sono poveri che chiedono l’elemosina e facce da delinquenti che mi guardano in modo strano.  Ad ogni angolo un soldato mazoniano armato fino ai denti, pronto ad evitare incidenti o a reprimere risse nel sangue.

Proseguo velocemente e salgo sul vagone più vicino, accomodandomi su di un sedile vecchio e sporco. Il pavimento è impregnato di fango come tutte le strade della città. Come le scarpe delle persone che sono intorno a me, circa una ventina, tutte infagottate nelle loro sciarpe e avvolte nei loro impermeabili. Le loro facce sono inespressive. Non so se siano Mazoniani  o Terrestri, la loro carnagione è pallida, smorta come quella di un cadavere.

La metropolitana corre attraversando cunicoli e cunicoli fino ad arrivare al tratto che percorre in superficie.
Quasi non c’è differenza tra interno ed esterno. Sempre il medesimo colore grigio che avvolge tutto quanto.

La prossima fermata è la mia.

I vagoni rallentano poco dopo, emettendo un fastidioso stridio metallico. Mi alzo e scendo i gradini mischiandomi agli altri passeggeri, cercando di non dare nell’occhio. 
Il mezzo riprende senza fretta il suo percorso.

Sospiro silenziosamente cercando di farmi forza mentre mi incammino verso il luogo dell’appuntamento che conosco fin troppo bene.
Da quel giorno non sono più tornata lì.

Scorgo in lontananza quella maledetta bandiera che continua a sventolare beffarda sui resti della vecchia base. 

Ai lati della strada vi sono ancora i piccoli cumuli di pietra che io stessa formai cinque anni fa in memoria, uno per ciascuno, degli amici che qui lasciarono la vita in nome di un nobile ideale, in nome della libertà.

Li saluto ad uno ad uno sfiorando con le dita la sommità dei piccoli ammassi, chiamandoli per nome mentalmente:Tadashi….Maji….Yattaran…e via via tutti gli altri fino ad arrivare di fronte a quello che un tempo era l’ingresso della base.

Con il cuore colmo di dolore lo oltrepasso e mi dirigo verso destra.
Questa è l’unica ala dell’edificio che non è crollata sotto il peso delle macerie e dei bombardamenti.

Ricordo che fu Tadashi ad ordinare come prima cosa che venisse rinforzata perché intendeva destinarla agli alloggi del personale.

Estraggo dalla tracolla una piccola torcia elettrica e mi incammino lungo il primo corridoio.

Infiltrazioni di acqua piovana scorrono lungo le pareti buie ed un caratteristico odore di muffa mi colpisce le narici. Scruto il pavimento di cemento e scorgo in un angolo una vecchio modellino di aeroplano. Poco più in là una vecchia scacchiera e qualche pedina sparsa intorno. Più avanti una bottiglia di liquore rovesciata a terra e due bicchieri rotti. Frammenti di vite spezzate dalla barbarie mazoniana.

Continuo a camminare mentre sento le lacrime solcarmi il viso.
Una luce fioca provenire dalla stanza in fondo al corridoio attira la mia attenzione. Automaticamente accelero il passo senza dimenticare di tenere a portata di mano la pistola.

Dalla soglia riesco a vedere l’intera camera al cui centro vi è un vecchio tavolo di legno e su di esso è accesa un’antica lanterna ad olio.

Mi avvicino lentamente percorrendo tutta le pareti con la torcia arrivando ad illuminare anche l’angolo più nascosto.

Sento provenire dalla stanza accanto uno strano rumore di acqua, ancora non saprei dire se è la pioggia che cade copiosa all’esterno o altro. Sotto la porta socchiusa colgo uno spiraglio di luce.
La apro lentamente spingendola con la punta delle dita e scorgo qualcuno nella penombra, immerso fino al collo in una vecchia vasca da bagno in legno, quella tanto desiderata da Yattaran, ora ricordo,  per farci navigare i suoi velieri.

“Sei in anticipo…”

Un tuffo al cuore.
Quella è la sua voce, ne sono sicura.

Mi tremano le gambe ma devo rimanere calma e lucida. In fondo potrebbe anche essere una trappola delle mazoniane. Potrebbero anche sapere che sono ancora viva.

Resto ancora in silenzio ad osservare quella figura avvolta dalla semi oscurità.

Con uno scatto deciso punto la torcia direttamente contro il suo viso.

Devo vedere con i miei occhi se è davvero Harlock.
L’uomo accenna un sorriso portandosi la mano verso l’occhio sinistro a proteggerlo dalla luce.

Poi si alza lentamente in piedi uscendo dall’acqua.

Sposto all’istante il fascio di luce dal suo corpo mentre lui si avvolge in un telo e si asciuga velocemente.

Indietreggio con cautela fino al tavolo della stanza illuminata dalla lanterna.

Dopo pochi istanti mi raggiunge indossando un paio di comunissimi Jeans ed una camicia scura.
Mi aspettavo di vederlo con la sua uniforme da pirata ma probabilmente ha dovuto nascondersi anche lui in questi anni e cambiare abitudini.

Si avvicina a me.

La camminata è la sua senza ombra di dubbio.

“Sapevo che saresti venuta!”

La luce della lanterna illumina appena il suo volto segnato dall’inconfondibile cicatrice ed incorniciato dalla benda sull’occhio destro.
Sorride mentre porta la mano alla tempia onorandomi del suo classico saluto militare.

Ha ancora i capelli bagnati che gli ricadono scomposti e selvaggi sulla fronte regalandogli un fascino ancora più misterioso di quello di cui gode già.

“Dove sei stato per tutto questo tempo?”

Le parole mi escono dalle labbra come un fiume in piena.
Me le mordo maledicendo la mia impulsività.

Supponendo che sia davvero lui, questo non è certo il modo migliore per dargli il bentornato, di dirgli quanto sia felice di sapere che sia vivo.

“Non è esattamente quello che vuoi sapere….” Mi risponde con voce bassa.

Ha ragione.
Non voglio sapere dov’è stato.

Ma non mi permetterò di chiedergli “perché non sei venuto a salvarci ?”

In fondo al cuore so che se non è intervenuto è perché era impossibilitato a farlo.

“Come sapevi che oggi sarei stata alla collina?”

“Ci vado anch’io in quello stesso giorno, da cinque anni. Ti ho vista ogni volta. ” Risponde, strofinandosi i capelli con un asciugamano che poi appoggia distrattamente sullo schienale di una sedia.

Io non mi sono mai accorta invece della sua presenza…com’è possibile? E sono certa di essere stata sempre più che attenta.
Si allontana verso un armadietto da cui estrae una bottiglia e due bicchieri dal vetro appena incrinato.

Versa del vino  e me ne porge uno.

Lo accetto volentieri, fosse solo per scaldarmi un po’. La pioggia cade incessantemente ed il vento fischia attraverso le fenditure dei vecchi muri.

Le mie dita sfiorano per un istante le sue.
Sono gelide.

Lo sono anche le mie.

Sento un gran freddo avvolgere tutto il mio essere.

“Mi dispiace…il riscaldamento non funziona a dovere…” Risponde intuendo le mie sensazioni. “Posso offrirti solo un bicchiere di vino ed una vecchia coperta...o un bagno caldo!”.

Inarco un sopraciglio mentre allungo la mano verso di lui per accettare il bicchiere.
Bevo il liquore tutto d’un fiato e mi avvolgo nel plaid che mi porge cortesemente.
Ho mille domande da fargli, mille cose che vorrei sapere ma mi sento stordita, confusa.

Quindi taccio.

Lo osservo di sottecchi mentre ripone i bicchieri nell’armadietto. Poi va a sedersi al tavolo accanto alla lanterna ed estrae qualcosa da un piccolo cassetto.
Si porta l’oggetto alla bocca e dopo alcuni istanti la musica di un’ocarina invade tutta la stanza.

Trattengo il fiato. Quella melodia malinconica mi fa venire un nodo alla gola e mi procura una grande tristezza.
Mi domando se sappia che Mayu è nelle mani di Raflesia e se abbia mai tentato di liberarla o di mettersi in contatto con lei.

Vado a sedermi in un angolo della stanza, accomodandomi su di un vecchio cuscino sformato, la coperta ben stretta intorno al corpo.

Non so se sia il suono dell’ocarina, il vino che ho bevuto o il tepore che mi procura il plaid ma comincio a sentirmi leggermente rilassata.

Pco dopo Harlock smette di suonare e ripone lo strumento nel cassetto del tavolo.
Si protende verso la lanterna e la spegne soffiando delicatamente sulla fiammella.

“Meglio non sprecare. Il buio non ti dà fastidio, vero Kei?”

Faccio un cenno di assenso con la testa mentre lo osservo avvicinarsi e sedersi a terra, a poca distanza da me.
Rannicchia le ginocchia al petto appoggiandovi le braccia e reclinando il capo sulle mani.

La Terra ha ancora una piccola speranza di salvarsi…” mormora. “Anche se i suoi abitanti non lo meritano. Non fanno assolutamente niente per ribellarsi alla loro condizione di schiavi. Hanno accettato il dominio Mazoniano senza fiatare.”

“Per questo sei qui, vero?” domando, scorgendo il suo profilo nell’oscurità.

“Anche per questo.” Risponde brevemente.

Attendo in silenzio che riprenda a parlare, limitandomi ad osservarlo.

“Mayu.” Sospira e fa una breve pausa prima di riprendere a parlare:”Non avrò pace finché non l’avrò liberata dalla prigionìa di Raflesia.”

Si gira verso di me, posso percepire i suoi movimenti attraverso un flebile raggio di luce che penetra dal soffitto crepato. Mentre si muove gli sfugge un lamento e lo vedo portarsi una mano sul fianco destro.

“E’ finalmente giunto il momento di agire. Ma non posso farlo da solo, ho bisogno del tuo aiuto. Sei l’unica persona di cui posso veramente fidarmi….” Mi dice con fare deciso, spostandosi esattamente di fronte a me.

“….sono l’unica rimasta…..” sottolineo. “..non hai molta scelta…” aggiungo in tono ironico.

Lo sento accennare una lieve risata.
Immagino quanto possa essere bello il suo volto in questo istante ed il mio cuore accelera improvvisamente i battiti.

“Che cosa vuoi che faccia, Capitano?” gli domando, tentando di non far trapelare la mia emozione.

“Dobbiamo introdurci nella fortezza di Raflesia e dobbiamo farlo oggi stesso. Tra poco cominceranno i festeggiamenti e la gran parte delle forze di sicurezza sarà impegnata dall’altro lato della città dove si terranno le manifestazioni.”  Risponde con enfasi.

Mi espone il suo piano.
Dice di avere un aggancio all’interno del palazzo.

Quella stessa persona che mi consegnò la lettera qualche ora fa sulla collina. Si tratta di una servitrice personale di Raflesia che ha perso la famiglia proprio per mano della regina e che desidera vendicare i suoi cari.

Ci farà accedere passando attraverso i sotterranei del palazzo assicurandosi che non vi siano guardie. Al segnale prestabilito entreremo nell’ala riservata alla servitù e da lì, attraverso i condotti dell’aria, raggiungeremo la camera di Mayu.

Mi sembra una tattica azzardata ma Harlock certamente non teme di affrontare i soldati da solo. Mentre lui si occupa delle guardie io dovrò pensare a condurre in salvo Mayu.

“Ci ritroveremo qui a missione compiuta.” Conclude.

“Che ne è di Mimeh?” chiedo, cambiando discorso.

“Si è sacrificata per salvarmi. Mi ha paralizzato con i suoi poteri, imprigionandomi su ombra di Morte mentre lei, alla guida dell’Arcadia, si lanciava verso le navi Mazoniane che ci stavano assediando. La nave è andata distrutta e anche buona parte del nostro satellite artificiale.” Mi comunica con voce tremante.

“Che cosa è successo dopo?” mi decido a chiedere. Ora che il velo è stato sollevato, desidero sapere il più possibile su quanto accaduto nei dintorni di Deimos.

 

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Capitolo 3
*** profumo d'ambra ***


ricordi

Si rialza lentamente dal pavimento, premendosi una mano sul fianco destro.
Muove alcuni passi verso una piccola finestra oscurata con stracci e ne sposta cautamente una parte per osservare fuori. 

“Ombra di Morte andò alla deriva per giorni e giorni ed io con lei. Ero stato ferito durante l’attacco e persi i sensi. Quando mi risvegliai mi trovai a casa di un mio vecchio amico, sul pianeta Gasmal. Mi raccontò di aver riconosciuto ciò che restava di Ombra di Morte e vi atterrò con la sua nave. Mi prestò soccorso e mi portò subito da un medico suo amico.Mi disse che a causa delle ferite riportate i medici decisero di tenermi per lungo tempo sospeso tra la vita e la morte attraverso l’utilizzo di un marchingegno di loro invenzione affinché le cure potessero funzionare meglio.” 

Oscura nuovamente la finestrella e ritorna a sedersi sul pavimento accanto a me.
Si passa la mano tra i capelli ed appoggia il capo contro la parete alle sue spalle per continuare il racconto. 

“Ci vollero parecchi mesi per riprendermi e quando fui in grado di camminare di nuovo sulle mie gambe mi feci prestare una nave con la quale tornai immediatamente sulla Terra. Ma ormai era troppo tardi, non avevo armi,  non potevo far niente in quelle condizioni per salvare Mayu…così, in preda a mille rimorsi, tornai su Gasmal. Era trascorso esattamente un anno dall’invasione… ”

La sua voce assume un tono dispiaciuto e rassegnato mentre pronuncia l’ultima parte della frase. 

“Raflesia colse tutti di sorpresa.” Rispondo. “mentre una parte del suo esercito si occupava del governo, altre navi si recarono qui e con pochi colpi di cannone, in pochi istanti, abbatterono la base come fosse fatta di carta.”
Devo fermarmi. Il dolore del ricordo mi assale nuovamente e mi serra la gola in una morsa. 

“Cos’è accaduto agli altri?”  mi chiede con un filo di voce. 

Racconto ad Harlock dei corpi riversi lungo la strada e di quelli che avevo visto galleggiare sul fiume. Di come le Mazoniane portarono via Mayu e mi spararono alle spalle.
Del virus che infine consumò il dottore e la signora Masu, strappandomi anche l’ultimo brandello di famiglia rimasto. 

“Un terrestre di buon cuore mi aiutò a seppellirli in cima alla collina. Poco tempo prima il dottor Zero aveva curato uno dei suoi figli, ferito da un colpo di laser…” devo fermarmi perché l’emozione mi sta spezzando il fiato.
Mi alzo e lascio scivolare la coperta a terra, avvicinandomi alla porta che dà sul corridoio buio e umido. 

“….poi dove sei andata….?” chiede Harlock, rimanendo seduto al suolo. 

“il dottore mi mostrò, qualche tempo prima di morire, un filmato in cui si vedeva l’Arcadia perire sotto i colpi delle mazoniane, nei pressi di Deimos. La registrazione mostrava la nostra nave bruciare, ridotta in pezzi.” 

Mi giro verso la sua direzione e lo osservo nella penombra della stanza. 

“Non volevo credere che tu fossi perito in battaglia. Avevo bisogno di vedere con i miei occhi, per questo appena ne ebbi l’occasione mi imbarcai clandestinamente su una nave cargo diretta su Marte e da lì, con una navetta raggiunsi la zona dello scontro…..trovando solo frammenti dell’Arcadia” . 

Torno a rivolgere lo sguardo verso il corridoio provando quelle stesse sensazioni di sconforto e vuoto di allora. Chiudo gli occhi per un istante e respiro profondamente. 

“Eppure, in fondo al cuore,  continuavo a nutrire la speranza che tu in qualche modo te la fossi cavata….” Mormoro a bassa voce, come se stessi parlando a me stessa. “Per questo ho continuato a solcare lo spazio alla tua ricerca…”. 

Una mano di Harlock poggiata con fermezza sulla mia spalla destra mi fa trasalire per un istante. Istintivamente giro il capo in quella direzione trovandomi a pochissima distanza da lui. Riesco a sentire il suo respiro calmo e la sua presa sicura. 

“Quando tornai sulla Terra venni a rifugiarmi in questa base. Sapevo che qualcuno della ciurma era ancora in vita e volevo ritrovarlo.” Mi sussurra facendomi girare delicatamente verso di lui. “Contai le lapidi lungo il viale…mancavano tre persone all’appello. Girai tutti i locali malfamati nei bassifondi della città, alla ricerca di informazioni e qualcuno mi disse che sotto la vecchia quercia riposava un dottore, sempre alticcio ma con un gran cuore che ai tempi dell’invasione aveva curato parecchi terrestri.”   

Annuisco con un cenno del capo. 

“Quando fui sul posto vidi ben due croci nel terreno. Una potevo immaginare a chi appartenesse….ma l’altra…” fa una pausa e incrocia le braccia al petto chiudendo gli occhi per riflettere.  “….promisi a me stesso che chiunque fosse il superstite l’avrei trovato. Pensai che sarebbe ritornato prima o poi a rendere omaggio agli amici caduti e che lo avrebbe fatto in un’occasione speciale….” Conclude, abbozzando un sorriso amaro. 

Non mi sorprende che Harlock conosca profondamente i suoi uomini ed intuisca i loro comportamenti. 

“Credo che questo sia il giorno ideale per ricordare i nostri amici a dispetto di coloro che festeggiano. Anche il cielo è sempre scuro e la pioggia scende fitta durante il loro anniversario…quasi a volerlo maledire…” concludo. 

“Quel giorno di cinque anni fa ti riconobbi immediatamente in cima alla collina, sotto la pioggia. Ero abbastanza lontano da non essere notato. Indossavi questo stesso cappotto nero ed un folulard dello stesso colore a coprirti il capo.”

La voce di Harlock sembra addolcirsi.

“Restai distante ad osservarti in silenzio, decidendo se fosse il caso di rivelarmi o forse di attendere…poi improvvisamente un corteo di auto aliene che passava a poca distanza mi costrinse a nascondermi tra i cespugli. Appena la situazione tornò sotto controllo guardai verso la quercia ma tu te n’eri già andata.” Conclude.

Prosegue raccontando che tentò di rintracciarmi lontano dalla Terra ma ogni volta qualche intoppo impediva il nostro incontro.
Non so davvero cosa pensare di questa situazione. Io lo cercavo per tutto l’universo mentre lui contemporaneamente cercava me…davvero singolare. 

 “L’anno dopo arrivai alla collina troppo tardi. Eri appena andata via….” Mi dice accennando un sorriso. “Nell’aria c’era ancora il tuo profumo di ambra. Nonostante la pioggia potesse averne cancellato le tracce, riuscivo a percepirlo senza difficoltà. Quello stesso profumo che sento adesso….”. 

Il modo in cui pronuncia la frase, la sua voce calda e la distanza ravvicinata mi danno i brividi in tutto il corpo.
Ringrazio il cielo di essere al buio e che lui non possa vedere le mie guance andare in fiamme. Non immaginavo che sapesse riconoscere l’essenza che uso abitualmente….
Senza dubbio però intuisce il mio totale imbarazzo perché si allontana quasi immediatamente per tornare a sedersi nell’angolino della stanza. 

“Dobbiamo riposare qualche ora. Riprenderemo il discorso più avanti, tra non molto entreremo in azione.” 

Già.
Tipico di Harlock rinchiudersi a riccio non appena dice qualche parola in più.
Mi siedo a terra sul vecchio cuscino tirandomi la coperta addosso per proteggermi dal freddo che sento farsi più pungente.
Nel silenzio che ci avvolge in questo momento sento solo il rumore ritmico delle gocce che cadono sul pavimento infiltrandosi dalle crepe del soffitto.
Guardo Harlock cambiare continuamente posizione. Probabilmente il fianco gli dà noia. Mi domando che cosa gli sia accaduto, forse sono gli strascichi dell’ultimo combattimento con Mazone. 

“Con il freddo e l’umidità la ferita mi dà il tormento…” mormora infastidito. 

Lo vedo rabbrividire per un istante. Del resto indossa solo una camicia leggera.. 

“Tieni. E’ abbastanza grande per due…se stiamo vicini…” gli dico timidamente, porgendogli una parte di plaid. 

Non se lo fa ripetere due volte e con estrema naturalezza si accosta a me facendomi passare il braccio dietro la schiena. Rimbocca la coperta tutto intorno a noi e poi si appoggia alla parete. Poggia l’altra mano sul mio capo invitandomi a reclinarlo sulla sua spalla. La distanza tra i nostri corpi ora è nulla. Sento il suo cuore battere a ritmo regolare ed i muscoli rilassarsi. 

“Decisamente meglio…” sussurra. 

Di sicuro il mio viso non ha freddo perché sento le guance bruciare nuovamente.
Io che ritengo Harlock inarrivabile, una sorta di divinità…mi sono permessa di chiedegli di stare vicini….??
Lui che mi abbraccia sotto alla coperta e mi tiene accoccolata al suo petto??
O sto sognando o sono morta assiderata e sono in paradiso.

O forse…..

Poche ore dopo un rumore inatteso, proveniente dal corridoio, mi risveglia bruscamente. 

“Shhhh…” 

Harlock mi suggerisce di tacere e di rimanere immobile. Ma la sua voce non fa trapelare preoccupazione. Esce dalla coperta e con passo tranquillo si avvicina al tavolo e accende la lanterna ad olio.
Un istante dopo una figura esile, avvolta in un cappotto con cappuccio calato sul viso, fa il suo ingresso nella stanza. 

“Eccomi! Spero di non avervi spaventato!” Dice con voce melodiosa.

 

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Capitolo 4
*** verso Inferno Nero ***


ad Inferno Nero

All’interno della stanza, illuminata dalla fioca luce della lanterna, una graziosa ragazza, di età apparentemente simile alla mia, si toglie con gesto elegante il cappotto e lo appoggia alla sedia. Scuote i lunghi capelli ramati e sfrega le mani una contro l’altra soffiandoci sopra per riscaldarsele. La sua carnagione è molto pallida, dai toni verdognoli. E’ sicuramente una mazoniana. 

“L’hai trovata, finalmente!” cinguetta guardando prima Harlock e poi me.“Io sono Yuriko  tu devi essere Kei Yuki!” . Si avvicina sorridente tendendomi la mano. 

Gliela stringo con poco entusiasmo e gran diffidenza. La sua gente ha ucciso i miei amici, sottomesso il mio pianeta, emarginato i terrestri più deboli.
Vorrei sputarle in faccia da vera pirata ma sono soprattutto una signora per cui mi trattengo. Osservandola da vicino noto in lei, in particolare nei suoi occhi,  qualcosa di familiare. 

“Ti puoi fidare di Yuriko.” Mi dice Harlock notando la mia reticenza. 

“Sono la sorella minore della povera Namino. Poiché il capitano è stato magnanimo con lei, io voglio fare qualcosa in cambio per ringraziarlo.” Aggiunge lei. 

Ecco chi mi ricordava!
Ora che so chi è non sono certo più tranquilla di prima.
La osservo avvicinarsi all’armadietto e prendere la bottiglia di vino, riempire un intero bicchiere e berselo tutto d’un fiato. “Davvero Buonissimo! Ci voleva proprio per scaldarmi un po’!” dice allegramente. Lo riempie nuovamente e lo porge ad Harlock con un sorriso splendente.

Da come si comporta sembra avere molta confidenza con questo posto e….e con lui. Il che mi infastidisce alquanto.
Poi va verso il cuscino su cui stavo io e si avvolge infreddolita nella coperta, annusandola come un segugio. 

“…aaah… c’è ancora il tuo profumo su questo vecchio plaid!!” dice strofinandovi sopra la guancia.

Guardo lei e guardo Harlock alternativamente. Che ci sia qualcosa tra loro? 

“Quello che senti è il mio profumo.” Dico un po’ acidamente. “Ambra dorata di Venere.” Puntualizzo. Subito dopo mi sento una stupida ragazzina gelosa. 

Lei fa spallucce e sbatte la coperta sul pavimento con nonchalance. Si rialza e saltella accanto ad Harlock, passandogli ripetutamente le mani sulle maniche della camicia per rassettarla. 

“Ho lasciato il mio furgone nel bosco. Salirete dietro dove si trovano casse di frutta e verdura che consegnerò alle cucine reali. Troverete dei vestiti da inservienti che dovrete indossare. Una volta entrati a palazzo dovrete confondervi con la servitù nei locali delle dispense mentre io tornerò negli appartamenti di Raflesia.” Gli dice poi, assumendo un’aria seria. 

“Credevo che ci saremmo introdotti attraverso i sotterranei…” obietta Harlock. 

“Ho dovuto cambiare programma. Ci sono nuove guardie a sorvegliare quella zona, gente che non conosco e di cui non mi fido. Passeremo direttamente dalle cucine.” Risponde Yuriko con aria sicura.
Poi estrae dal cappotto un paio di pugnali a lama lunga e li porge ad Harlock. “Niente pistole con voi. Questi sono in pietra di Gautrion e non saranno rilevati dai sistemi di sicurezza.” 

“la pietra di Gautrion è un minerale esauritosi parecchi anni fa. Come fai a possederne?” chiedo incuriosita mentre ammiro quegli oggetti acuminati. 

“Sono il prezioso regalo di un amico speciale!” mi risponde facendomi l’occhiolino. “se qualcosa mi interessa, so come ottenerla con facilità!” aggiunge in tono malizioso. 

Immagino con quali metodi se li sia procurati. 

Harlock si dirige verso il tavolo e indossa il cappotto infilando uno dei pugnali nella tasca interna. Mi porge l’altro e con un cenno mi invita a fare la stessa cosa con il mio impermeabile.  
Eseguo senza parlare. Yuriko non mi convince, non mi fido di lei ma mi vesto e li seguo attraverso il corridoio fino all’uscita.
Ha smesso da poco di piovere ma il cielo è sempre cupo. Si sente in lontananza il frastuono dei festeggiamenti mazoniani provenienti dall’altro lato della città.
Ci dirigiamo in gran fretta verso il furgone attraversando la fitta boscaglia.
Come prestabilito Harlock ed io saliamo nel retro e ci nascondiamo dietro alle casse di verdura accanto alle quali ci sono dei vestiti.
Mentre ci cambiamo rapidamente, Yuriko ingrana la marcia e si dirige a tutta velocità verso il palazzo, verso “Inferno Nero”. 

Infilo in testa il cappellino da cameriera raccogliendovi sotto i capelli il più possibile.

“Dannazione…non si allaccia!” inveisco a bassa voce nei confronti della lampo che mi si è inceppata all’altezza dello stomaco. 

“Lascia fare a me…” dice a bassa voce Harlock mentre armeggia con la cerniera dispettosa. In poche mosse riesce a sbloccarla e a chiudermela  appena sopra al seno.

Santo cielo, che situazione imbarazzante.
Come se nulla fosse lui termina di vestirsi da inserviente e si calca un cappellino sulla testa abbassando il più possibile la tesa sul viso per mascherarsi meglio.
Durante il percorso attraverso le strade sterrate del bosco veniamo sballottati a destra e a sinistra come sacchi di patate ma Harlock, anziché esserne infastidito, sembra quasi divertito dalla cosa. 

“…mi ricorda quella volta che attraversammo la fascia di asteroidi di Cerere e al timone dell’Arcadia c’era il Dottor Zero!” dice sogghignando. 

“..già!! Fu come andare sulle montagne russe!” esclamo, tentando di aggrapparmi come posso alle pareti del mezzo. Ma le dita non fanno presa come dovrebbero e mi ritrovo pericolosamente sbilanciata all’indietro.

Per fortuna, con gesto fulmineo, Harlock mi afferra per la mano e mi sorregge, attirandomi vicino a sé. 

“…quella volta ci salvammo per miracolo. Da allora vietai al dottore di mettersi al timone…” aggiunge con voce malinconica.

Vedo l’espressione del suo viso intristirsi ed il suo sguardo perdersi nei ricordi.
Credo che gli manchi quel simpatico ubriacone….almeno quanto manca a me.
Osservo Yuriko in cabina di guida attraverso l’apertura nella lamiera che divide i due scompartimenti.
Le dita di Harlock si stringono più forte intorno al mio polso.

“Non ti preoccupare… presto riusciremo a liberare Mayu e poi ce ne andremo via, fuggiremo insieme nello spazio .” Mi dice in tono complice. 

Lo guardo con aria interrogativa: fuggiremo insieme… chi? 

“Verrai con me.” Aggiunge, intuendo il mio disorientamento. “Grazie di non aver perso la speranza e di avermi cercato per tutti questi anni…” 

“…non ho potuto farne a meno…ma alla fine sei stato tu a trovare me…” rispondo con un filo di voce. 

Si protende verso la mia direzione con una strana luce nell’occhio mentre con la mano mi sfiora delicatamente una guancia. 

“Stiamo per arrivare! Presto, preparatevi a recitare la parte e state all’erta!”

Yuriko infrange l’atmosfera magica in cui mi stavo perdendo. Sono ancora frastornata dalle parole di Harlock e dal suo gesto affettuoso.
Da quando ci siamo incontrati ha avuto diversi atteggiamenti di questo tipo nei miei confronti.
Harlock si allontana immediatamente e si calca per bene il cappello sulla fronte. Rialza il bavero della camicia e si rimbocca le maniche fino al gomito. Si sta calando perfettamente nel ruolo che dovrà sostenere.
Io non sono da meno. Militare sull’Arcadia, in mezzo ad una ciurma di pirati, mi ha temprata per bene. In missione so mantenere il sangue freddo meglio di chiunque altro. 

Allora perché…mi sento le gambe tremare come se fossero di gelatina?

E’ inutile che tenti di negare a me stessa quello che sto provando….
Forse farei meglio a dire….quello che ho sempre provato dal primo momento che i nostri sguardi si sono incrociati su quella nave cargo tanti anni fa… 

Il furgone smette di traballare.
Probabilmente stiamo percorrendo una strada asfaltata e in salita.
Yuriko ci fa cenno attraverso lo specchietto retrovisore e noi ci nascondiamo all’istante. Il piano prevede di rimanere nascosti finché non saremo all’interno di Inferno Nero.
Il mezzo svolta un paio di volte a desta e prosegue ancora lungo il percorso ripido. Dopo alcuni attimi comincia a rallentare.
Primo posto di controllo. I soldati riconoscono Yuriko e le dicono di passare ma di fare in fretta perché la Regina attende con ansia il suo ritorno. Lei risponde secca e decisa e riparte a tutta velocità verso il palazzo. 

“Bene, la prima parte l’abbiamo superata. Ora ci attende il secondo check point dove controlleranno anche il carico.. State zitti e non fate alcun rumore.” Ci dice in tono decisamente serio.

Nuovamente rallentiamo e ci fermiamo.
Questa volta i soldati aprono il portellone per verificare il contenuto del furgone mentre Yuriko li affianca e mostra loro solo quanto devono vedere.
Harlock ed io siamo nascosti sotto ad un telo di plastica nera nell’angolo più lontano rispetto ai soldati. 

“Bene Yuriko!” dice una voce femminile “Vedo che hai scelto con la massima cura il cibo per la nostra regina! Ma… che cosa c’è là in fondo, accanto a quel telo scuro?” 

Sento il sangue gelarsi nelle vene. Spero che non ci scoprano adesso. Non siamo nemmeno arrivati all’interno del palazzo…. 

“Jurabeth, se prometti di non rivelarlo a nessuno, ti svelo un segreto.” Bisbiglia Yuriko con tono di chi la sa lunga. “Lì c’è un frutto esotico che il venditore mi regala ogni volta che vado a fare rifornimento, chiedendomi di darlo a Raflesia. Arriva direttamente da Artemis ed è di una dolcezza infinita. Appena giungo a palazzo mi nascondo per divorarlo….è di una bontà indescrivibile…. ma non dirlo alla Regina!!” 

Che razza di stupidaggine sta dicendo?

Sento le due confabulare per qualche istante. 

“E va bene Jurabeth, per questa volta lo regalo a te il frutto. Ma lasciami andare in fretta o Raflesia me la farà pagare!!”
Yuriko armeggia in una cassa a pochi centimetri da noi. Poi scende dal furgone, consegna il frutto, torna al posto di guida e riparte a tutta birra. 

“A volte mi vergogno dell’ingenuità di alcuni soldati! E pensare che occupano un posto di gran responsabilità!” ci dice in tono rassegnato. 

“Che le hai dato?” chiede Harlock spostando la plastica che ci copre. 

“E’ un Krazal e arriva davvero da Artemis. Se mangiato crudo provoca improvvisi dolori addominali ma grattugiato in piccole dosi rende il cibo squisito!....ops…ma io questo non l’ho detto a Jurabeth!!” conclude ridendo allegramente. 

“A Masu sarebbe piaciuto provarlo…” osservo sentendo le lacrime salirmi agli occhi. 

“Già.” Conclude Harlock guardandomi con tenerezza. 

“Ci siamo! Stiamo attraversando i cancelli del palazzo. Ora giro a sinistra ed entro con il furgone nella sezione delle cucine. Aspettate un mio cenno prima di uscire!” ci comunica Yurico con concitamento. 

Harlock ed io ci scambiamo uno sguardo d’intesa.
Sento la fronte imperlarsi di sudore freddo mentre ripasso mentalmente le fasi del nuovo piano.
Una volta introdotti nelle cucine ci confonderemo con la servitù. Yuriko servirà la cena a Raflesia nella sua camera, come fa abitualmente. Mayu sarà in sua compagnia.
Al momento di servire il dolce, io porterò il carrello delle vivande mentre Harlock quello dei vini. Sopra al dolce riservato alla regina ci sarà del potente veleno paralizzante che si attiverà nel momento in cui verrà a contatto con il liquore che le servirà Harlock.
Ai primi cenni di malessere Yuriko accompagnerà via Raflesia in modo che noi si possa portare via Mayu e fuggire utilizzando questo stesso furgone. 

Prego mentalmente Masu e il Dottore affinché veglino su di noi.

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Capitolo 5
*** le intenzioni di Raflesia ***


finale

Con una destrezza ed un’agilità incredibile Yuriko ci fa infiltrare tra lo stuolo di inservienti e servitori di Raflesia. Solo nella stanza dedicata alla dispensa ne incontriamo più di quindici, tutti affaccendati nei loro compiti ed attenti ad eseguire alla perfezione ogni istruzione ricevuta. Non ci degnano di uno sguardo o lo fanno di sfuggita, non per maleducazione ma per riservatezza. Vietato perdersi in chiacchiere. 

Una signora sulla cinquantina chiede che le vengano portate le casse di verdura fresca nelle cucine. Raflesia che è notoriamente vegetariana predilige verdure e frutta di stagione e per sé vuole solo il meglio.
Ci confondiamo tra gli altri e cominciamo a consegnare la merce alla cuoca che seleziona ad uno ad uno gli ortaggi. 

“Biondina, sbuccia le mele, taglia i limoni e spremi le arance!” mi ordina guardandomi di sfuggita.

Mi siedo sullo sgabello e comincio a pelare la frutta e ad affettare i limoni. Le arance hanno un aspetto meraviglioso e a ben pensarci è da parecchio che non metto qualcosa sotto ai denti. Quasi quasi…. 

“Non provarci nemmeno!! Quella non è roba per la servitù! A noi spettano quelle altre!” mi sbraita in faccia la donna, indicandomi con il suo coltello un contenitore sul tavolo. 

Frutta avariata.
Naturalmente.
Comincio a capire perché Raflesia abbia la fama di tiranna e di regina dal pugno di ferro. 

Harlock si è mischiato agli altri inservienti e si sta occupando dello smaltimento della spazzatura. Una quantità imponente dato che lo vedo trasportare, attraverso le vetrate della cucina, diversi carrelli per diverse volte.

Le cucine sono modernissime, dotate di tutte le suppellettili possibili e immaginabili. Vedo sul piano di lavoro diversi frullatori, sbattitori, impastatori ed altri aggeggi simili. Quattro grossi forni ed un fornello con almeno una dozzina di fuochi. Immagino che anche tutto il resto del palazzo sia dotato di tecnologia all’avanguardia.

Partono le prime portate: passato di verdura con crostini dorati. Due porzioni.
La cuoca compone il piatto con estrema eleganza e maestria. 

“Per la mia Regina solo il meglio!” borbotta mentre decora il piatto con un ciuffo di prezzemolo. “E a noi gli scarti!”dice un attimo dopo in tono indispettito. 

“Perché non ve ne andate a lavorare altrove, signora?” le chiedo sottovoce. 

“Perché mia figlia è arruolata nell’esercito della Regina ed ha solo quattordici anni. E’ una bambina!! Come minimo potrebbero giocarle dei brutti scherzi per vendetta!!” mi dice a mezza bocca. “Gira più veloce la crema con quelle manine! Avanti!!” mi ordina subito dopo tornando acida. 

Mentre monto la panna lei prepara il secondo piatto: sformato di radicchio e miele.
Sistema diverse pirottine al centro di un grosso piatto da portata e tutto intorno spande verdura condita con una vinaigrette dal profumo intenso.

“Questa è leggera, senza grassi. Sua maestà ci tiene alla linea” mi confida la signora. Chiama ad alta voce una ragazza bionda di nome Brigit che accorre subito a prendere il carrello da portare a Raflesia.
La cuoca infine si mette a preparare il dolce: un tortino di mele tiepido servito con salsa aromatizzata all’arancia e crema di vaniglia. 

“Brigit!! Briiiiiigiiiitt” grida, appena sformato il dessert. “Santo cielo..non è ancora tornata!! Dov’è finita quell’incosciente?? Sa benissimo che sua maestà non vuole attendere! Non deve attendere!!” La donna si agita vistosamente.

Ci siamo, è il momento di entrare in azione. 

“Signora non si disperi! Andrò io a consegnare il dolce alla Regina! Forse Brigit si è sentita poco bene…” dico con aria angelica e servile allo stesso tempo. 

Lei sembra pensarci su. Probabilmente ha delle disposizioni precise in merito o non si fida. 

“Coraggio, sono in gamba! Fidatevi di me!” la incalzo. 

“Ooohhh! E va bene! Ma fai presto, il tortino dev’essere servito tiepido, non freddo!!” mi risponde lei. “Peter! Peter!! Forza con quel carrello del vino! Mostra la strada alla signorina e fate presto se non volete finire nelle celle di rigore!!” 

Entra Peter.
Un signore dai lunghi capelli grigi raccolti a codino con la schiena leggermente curva ed un paio di occhiali le cui lenti sono spesse come fondi di bottiglia.
Lo seguo mentre percorre i corridoi bui di Inferno Nero con estrema naturalezza. Svoltiamo un paio di volte e poi prendiamo il montacarichi che ci porterà ai piani nobili, dove vive sua maestà.
Improvvisamente la luce dell’ascensore si spegne mentre sento un tonfo sordo alle mie spalle ed un lamento soffocato.
La luce torna subito dopo. 

“Harlock!” esclamo vedendo il capitano accanto al carrello dei vini e Peter a terra tramortito. A dire la verità credo lo abbia colpito con troppa forza…sembra quasi morto…

“Sono Peter! E tu sei Brigit !” mi dice con sorriso complice infilandosi gli occhiali dell’uomo mentre l’ascensore arriva a destinazione. 

Appena le porte si aprono trasciniamo il malcapitato in uno sgabuzzino, all’interno del quale, guarda caso, è stata rinchiusa ed imbavagliata anche Brigit. Dovrebbe essere stata Yuriko a tramortirla e a nasconderla lì.
Non ci sono guardie in quest’ala di palazzo e scorgo in lontananza solo una telecamera di sicurezza.
Probabilmente Raflesia si sente sicura quassù…..però è strano.
Procediamo a passo spedito verso la stanza situata in fondo al corridoio.
Vi è una porta a doppio battente finemente intarsiata e decorata, chiusa da grandi maniglie dorate.
Sento la tensione salire alle stelle.
Tra poco sarò di fronte a Raflesia. E questa volta non sarà Cleo con le sue sembianze ma lei in persona.
Un brivido mi percorre la schiena mentre vedo le porte aprirsi e Yuriko fare capolino dall’interno del salone reale.
Scorgo alle sue spalle una lunga tavola sontuosamente apparecchiata con argenteria di ottima fattura e un paio di candelabri accesi al centro. Sono l’unica fonte di luce all’interno di questo salone. Da un lato siede la regina e dall’altro la piccola Mayu. Piccola non più oramai. Porta i capelli lunghi ed ha la fronte incorniciata da un gioiello luccicante. Ho un strana sensazione vedendola agghindata così. 

Testa bassa e sguardo a terra  si era raccomandata Yuriko mentre ci spiegava i dettagli del piano.
Entriamo lentamente mentre la donna ci precede ed illustra a Raflesia nel dettaglio come è stato preparato il suo dessert.

 
“Bene! Procedi pure Yuriko” risponde la Regina con la sua consueta voce profonda che ben ricordo. 

Rabbrividisco.
Le mani cominciano a tremarmi mentre tento di tagliare la porzione di tortino che Yuriko servirà a Raflesia.
La vedo estrarre furtivamente da sotto la divisa una bustina con della polvere bianca che sparge con grazia su tutta la fetta. Subito dopo fa sparire con gesto felino quella dello zucchero a velo che era accanto al piatto di portata e quella della polverina bianca che invece ha usato.

Arretro fino alla porta per lasciare il passo ad Harlock ed al suo carrello dei vini. 

“Ad accompagnare il dessert la cantina è onorata di offrirvi dell’ottimo Moscato ambrato, servito all’ideale temperatura di 8-10 gradi per esaltare i profumi e l’aroma sia del vino che del dolce.” Recita Harlock con convinzione, alterando leggermente la voce, calato perfettamente nella parte del sommelier. 

Versa il vino nel calice e Yuriko prontamente lo serve a Raflesia che attende che anche Mayu venga servita. 

“Vedi cara, dopotutto essere la Regina ha anche dei vantaggi oltre che doveri….non sempre piacevoli!”  dice Raflesia rivolgendosi a Mayu. 

La ragazza annuisce e comincia ad assaporare il dolce mentre la regina fa la stessa cosa dall’altro capo della tavola.
Resto in silenzio ad osservare la scena.
Harlock si è accostato a me e mi lancia una rapida occhiata. Presto dovremo intervenire. 

“Questo dolce è davvero ottimo…” mormora Raflesia degustando subito dopo un sorso di moscato ambrato.

Si gira verso la mia direzione e mi fissa a lungo, tenendo il calice in mano e facendo ondeggiare il suo contenuto.
Resto a testa bassa sperando che non mi riconosca, almeno non ancora.
In questo momento vorrei avere l’incoscienza di Tadashi e lanciarmi contro di lei per trafiggerla con il pugnale di gautrion che tengo sotto la divisa. 

“Una vera delizia…” ripete Raflesia.

“Tu! Avvicinati e servimene ancora!” mi ordina con tono secco e deciso facendomi gesto di avanzare. 

Questo non era previsto. Assaggiando il vino avrebbe dovuto avvertire dei capogiri immediatamente. Invece , a giudicare dal suo tono di voce, sembrerebbe perfettamente lucida e presente. 

“Lasciate che lo faccia io, Regina Raflesia, è compito mio!!” interviene Yuriko con atteggiamento decisamente preoccupato. Forse qualcosa sta andando storto nel nostro piano…. 

“No! Voglio che sia lei a servirmi.” Ribatte la sovrana seccata. 

Spingo il carrello del dessert lentamente, cercando di guadagnare tempo nella speranza che l’anestetico cominci a fare il suo effetto e che la scarsa luce del salone mi nasconda.
Resto a qualche passo di distanza dalla tavola e comincio a tagliare un’altra porzione di dolce. Appoggio con delicatezza la fetta su un piatto di fine porcellana, la cospargo di salsa aromatizzata e lo servo al tavolo, passando accanto a Raflesia.

Sento distintamente il suo profumo di petali di rosa.

Indietreggio di qualche passo per tornare al mio posto.

 “Aspetta!” mi intima Raflesia. 

Deglutisco.
Sento le gambe tremarmi leggermente ed una morsa allo stomaco. Guardo con la coda dell’occhio Harlock che rimane immobile al suo posto. 

“Mayu cara, precedimi alla terrazza, io devo parlare un attimo con questi signori. Ci vediamo più tardi al momento della cerimonia!” le dice in tono quasi materno. 

La ragazza annuisce sorridendo e si alza, lasciando velocemente il salone.
Passa accanto ad Harlock sorridendogli con cortesia.
Lui non fa una piega. Non un’ombra di commozione o altro passa sul suo viso.
Che strano….tutta questa situazione è surreale a dire il vero. 

Ora siamo solo noi quattro nella stanza.
La regina si alza da tavola mostrandosi in tutta la sua eleganza ed avvenenza, fasciata in un abito nero, tempestato di cristalli, che ondeggia in modo sinuoso accompagnando i suoi movimenti. 

“Seguimi!” mi ordina. 

In silenzio si allontana verso un angolo del salone nascosto dalla penombra.
Guardo furtivamente verso Harlock che però non accenna alcun movimento. Yuriko si dirige nella medesima direzione della regina e si avvicina ad un grande quadro sfiorandone la cornice.
Nello stesso istante un cono di luce proveniente dall’alto illumina Raflesia, rivelandola  seduta su di un trono di granito nero. Da un lato, accanto a lei,  brilla sinistramente la sua inseparabile sfera di cristallo mentre sul lato opposto, illuminato separatamente da un fascio di luce più piccola, spicca un tavolino di pietra.

Vi è appoggiato sopra qualcosa che è nascosto alla vista da un drappo di velluto nero. 

“Avvicinati!” mi dice con un ghigno stampato sul viso. 

Mi muovo lentamente verso di lei, osservandola di sottecchi.
Il nostro piano per liberare Mayu sta andando in pezzi….è chiaro che ci ha scoperti. Forse Yuriko ci ha traditi e le ha rivelato la nostra identità. 

“Avvicinati anche tu!” ordina guardando Harlock.

 Gli indica di mettersi accanto a me. 

Siamo a qualche passo da lei che ci osserva in silenzio con espressione indecifrabile sul volto.
Sebbene la luce non ci investa direttamente, sento come se il suo sguardo di ghiaccio ci trapassasse da parte a parte. 

Ad un suo cenno Yuriko si avvicina al tavolino di pietra.
Harlock, senza guardarmi, si sposta dal mio fianco e raggiunge la ragazza. 

“Ho una sorpresa per te….Kei Yuki!” mi dice Raflesia, scoppiando subito dopo in una risata malefica. 

Sono pietrificata…..ha capito benissimo chi le sta di fronte.
Yuriko ci ha traditi davvero. 

“oh…non fare quella faccia!!” mi dice sarcasticamente Raflesia. “Il meglio deve ancora venire!! Preparati, tra poco ti sarà servito il dolce!”. Fa un gesto con la mano a Yuriko. 

Lei ed Harlock si scambiano un rapido sguardo d’intesa e contemporaneamente cominciano a sollevare il drappo nero che copre qualcosa di semitrasparente che non riesco ancora ad identificare. 

“E tu puoi smetterla di recitare!” dice ad alta voce Raflesia, rivolta ad Harlock, quasi spazientita. 

Yuriko sogghigna  mentre il corpo di Harlock cambia forma improvvisamente emanando un agghiacciante bagliore verde. Riconosco in lui una pericolosa razza di mutanti proveniente da Thelen. 

Mi sento svenire.
Mi sono lasciata abbindolare come una principiante credendo che fosse davvero il mio amato capitano.
Il drappo si solleva completamente rivelando un cubo trasparente al cui interno vi è qualcosa che ancora non riesco a distinguere nettamente. 

Ma mi occorrono solo pochi istanti per metterne a fuoco il contenuto.
Mi sento nuovamente mancare, la testa mi gira vorticosamente ed il respiro è come spezzato. 

“Si è conservato bene, non credi?” sibila Raflesia con espressione sadica negli occhi. 

No! Non è possibile!!
Osservo pietrificata quella scatola di resina trasparente.
Vorrei gridare ma la voce non esce.
Sento lo stomaco rivoltarsi e le lacrime annebbiarmi la vista.
Muovo alcuni passi barcollando, trascinando le gambe che sembrano paralizzate, fino ad arrivare al tavolino.
Appoggio entrambe le mani sulla superficie gelida della teca vedendo con orrore al suo interno il volto cereo di Harlock. Del vero Harlock. 

“Lo decapitai personalmente, con queste stesse mani, cinque anni fa!” mi dice Raflesia con orgoglio. 

Si alza dal trono e si avvicina osservando con distacco il cubo ed il suo contenuto mentre io scivolo sulle ginocchia ed appoggio la fronte al freddo sarcofago. 

“E ora ti dirò come: cambiaii idea e non me ne andai dal sistema solare. Lo colsi di sorpresa sul vostro satellite artificiale e lo affrontai in duello. Ovviamente vinsi io e non ebbi pietà di lui. Feci a pezzi anche la vostra amata nave. Tutto di Harlock e dei suoi pirati doveva essere distrutto, annientato!” mi vomita in faccia con alterigia. 

Sono senza parole, frastornata dalla visione della testa di Harlock nella resina e dalla crudeltà di Raflesia nel raccontarmi i minimi dettagli della sua vendetta.

Si china verso di me avvicinandosi in maniera minacciosa al mio volto.

“Ora manchi solo tu all’appello!! Mi sei sfuggita cinque anni fa durante l’invasione ma ora che sei alla mia mercé….potrò completare la mia vendetta!!”. 

“Questo è ancora da vedere!” rispondo accennando una debole reazione. 

Il suo ceffone mi colpisce in pieno viso. 

“Non vuoi sapere il resto della storia?” mi dice con aria derisoria. “Ti ho fatta seguire a lungo mentre con l’aiuto inconsapevole di Mayu ricostruivo il vostro passato sull’Arcadia. Concessi la grazia al più pericoloso dei mutanti di Thelen che era rinchiuso nelle nostre prigioni affinché impersonasse alla perfezione il ruolo che serviva alla tua cattura…e come vedi lo ha fatto con estrema diligenza! Sei caduta in trappola come una stupida ragazzina innamorata!!”
 

Smette di parlare e scoppia a ridere in una risata satanica che mi fa rabbrividire da capo a piedi.
Come posso uscire da questa situazione?
Improvvisamente, in un barlume di lucidità, mi ricordo del pugnale di gautrion nascosto sotto alla gonna della divisa da cameriera. Muovo appena la mano per raggiungere l’arma. 

Con un balzo repentino Raflesia mi è addosso afferrandomi il polso e  stringendolo con estremo vigore, obbligandomi a piegare il braccio dietro la schiena. 

“Non ho ancora finito di raccontare!!” sbraita, spingendomi con una forza spaventosa verso la parete del salone mentre continua a tenermi bloccata la mano armata.

“La mia vendetta verso Harlock si concluderà nel modo più sublime….” Mi sussurra mentre con i suoi occhi gelidi mi scruta a distanza ravvicinata. 

Attende ancora qualche istante prima di sputarmi in faccia il suo piano infame: ”Ho trasformato l’essere a lui più caro. Ho fatto della sua pupilla la mia discendente! Mayu diventerà la nuova Regina di Mazone!” . 

“Lei non accetterà mai!” grido sconvolta da quanto ho appena sentito. 

“Oh si che lo farà! Io stessa ho provveduto personalmente alla sua educazione e ti assicuro che ho ottenuto ottimi risultati!” mi risponde con fierezza. “Le ho inculcato l’amore per il suo nuovo popolo ed il disprezzo per i terrestri….per quei pochi rimasti…” Mi dice aprendosi in un sorriso beffardo. “Ed al momento opportuno le ho fatto cancellare i ricordi di Harlock e della Terra…Ora è sulla terrazza dove tra poco si concluderanno i festeggiamenti ed io annuncerò la sua candidatura a mia erede!” conclude in un ghigno. 

Non posso crederci.
Abbasso la testa per un istante, completamente priva di forze mentre lascio che le lacrime che ho trattenuto fino ad ora scorrano liberamente sul mio viso.
Raflesia allenta la presa al polso per un istante e lascia che il mio braccio ritorni nella posizione naturale senza però liberarmi. 

“Ti rimane una sola cosa da fare…” mi suggerisce guardandomi dritta negli occhi e appoggiando la punta del pugnale, che stringo ancora tra le dita, al centro del mio petto. 

Mi sta concedendo la possibilità di togliermi la vita da sola.
Almeno è quello che pensavo prima di vederla premere il pugnale con violenza inaudita contro di me.
Cado sulle ginocchia ma lei non lascia la presa e rigira la lama nelle mie carni. 

“Ora sono soddisfatta.” Mi sibila in faccia con perfidia “ questa è la mia vittoria mentre per voi….è la fine di tutto…….”.

  

                                                                *   *    *  

Uhm….mi sembra di udire grida di gioia.....Jose sei tu???Spero di non essere stata troppo crudele…e consiglio a chi non l’avesse fatto di leggere “Red sky” per vedere nei dettagli com’è andato il duello in cui Harlock ha perso la testa!

 

 

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