Anomalie

di trix334
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** un film, un blackout, uno sparo ***
Capitolo 2: *** Dei quadri, un post-it, dei pop corn ***
Capitolo 3: *** Un ladro, Un'esplosione, Dei quadri ***
Capitolo 4: *** Un computer, Una spada, Una pistola ***
Capitolo 5: *** Una siringa, un deserto, un angelo ***
Capitolo 6: *** Un paesino, un nuovo nome, nessun ricordo ***
Capitolo 7: *** un ricordo, una promessa, un viaggio ***
Capitolo 8: *** Una superstrada, una fitat, una pistola ***



Capitolo 1
*** un film, un blackout, uno sparo ***


-FERMO MANI IN ALTO!!- Disse il poliziotto entrando dalla porta
-Prova a prendermi- replicò il ragazzo buttandosi dalla finestra, i vetri uscirono verso l'esterno accompagnandolo nella sua caduta, i suoi lunghi capelli neri puntavano dalla parte opposta della direzione della caduta, l'uomo guardò a terra, il suolo si avvicinava sempre più velocemente, si mise in posizione eretta e premette un bottone sulla cint...
-AH CAVOLO!- La luce si spense di colpo, la casa si fece buia, mi alzai in piedi di scatto, mi girai per andare a prendere una torcia ma andai a sbattere contro un comodino -DANNAZIONE!- Il rumore rimbalzò per le pareti della camera e Harvey si mise a ridere
-Devi fare attenzione Jessica- Harvey era la mia ragazza, aveva la mia età, capelli biondi e occhi versi, aveva il naso leggermente a gobba, delle bellissime lentiggini e una corporatura normale
-Grazie, la prossima volta che la mia casa diventerà un circolo di gatti ciechi farò più attenzione- Harley riprese a ridere più forte di prima, mi avviai ferso la cucina, rantolando e tenendo le mani davanti a me tastando  tutto quello che mi si trovava intorno, arrivai in cucina, tastai un po' i balconi per arrivare fino al cassetto che cercavo, lo aprii e frugai fra le varie cianfrusaglie che si distendevano per la capienza del mobile, ne tirai fuori una torcia grande quanto la maniglia di una porta.
Accesi la torcia, mi abituai alla luce della torcia e tornai in salotto e Harvey mi saltò davanti di colpo urlando, d'itinto mi misi in posizione orizzontale reggendomi con una gamba mentre con l'altra diedi un calcio in pancia alla ragazza, la sentì sbuffare e cadere sonoramente qualche metro più avanti -Oh merda- Accorsi verso Harvey prendendo al volo un cuscino intanto lei era totalmente distesa a terra, le alzai la testa e le misi il cuscino sotto, adagiandola delicatamente sopra di esso
-Nota personale: *coff coff* mai più fare uno scherzo a Jessica Harvey- ridacchiai mentre la prendevo in braccio per portarla in camera, mi abbassai piegando le ginocchia per afferrare la torcia che avevo precedentemente gettato.
Mi avviai lentamente verso le scale la torcia cominciò a lampeggiare non appena salii il primo gradino, fuori dalla finestra si vide un lieve lampo giallo, seguito da un piccolo buco sulla finestra e un dolore come una puntura al collo, i miei muscoli si irrigidirono, mi sforzai allo spasmo tentando di assecondare la caduta di Harvey per evitarle una brutta ferita, l'effetto che ottenni fu una caduta all'indietro che mi fece sbattere violentemente la testa, svenni poco dopo.
Al mio risveglio mi ritrovai in ospedale, un forte odore di disinfettante e medicinali mi pervase il naso, cominciai a tastarmi per vedere in che condizioni ero, mi guardai intorno e vidi Harley di fianco a me che stava dormendo, le presi la mano e la accarezzai, mi guardai di nuovo intorno con la speranza che qualcun'altro fosse venuto a trovarmi "E'inutile che continui a guardarti intorno, i tuoi sono morti, hai rimasto solo Harvey, tientela stretta" Strinsi la sua mano leggermente più forte, Harley si svegliò di colpo urlando di dolore, le lasciai la mano e lei se la massaggiò
-Jessie... Mi hai fatto male-
-Io... Scusa... Io non... Io non volevo-
-Non è niente, l'importante è che tu stia meglio- Harley mi si avvicinò dolcemente nascondendosi la mano arrossata e mi diede un bacio sulle labbra, mi venne voglia di abbracciarla ma avevo paura di farle male, strinsi forte il manico del lettino su cui ero sdraiata, finito il bacio lasciai la presa e vidi poco dopo l'espressione stupita di Harvey, che mi fece posare lo sguardo dove prima avevo la mano, notai appena che il manico aveva la forma della mia mano quando fui costretta a girare il volto spaventata dall'arrivo di un uomo in camice bianco che sfogliava le pagine di una cartella, istintivamente appoggiai la mano dove prima avevo stretto talmente forte da far piegare il metallo 
-Beh fortunatamente ha solo un piccolo bernoccolo, e vista la sua caduta mi aspettavo almeno un trauma cranico-
-Sembra quasi deluso- Risposi al dottore
-Sono solo molto stupito, credo che non ci sia altro da dire, possiamo farla uscire subito se vuole-
-Sono d'accordissimo- Il dottore mi fece firmare alcune carte e mi ridiede i miei oggetti personali.
Uscimmo in fretta e furia dall'ospedale per dirigerci a casa mia
-Come mai vai così di fretta?-
-Hai visto come ho stretto forte la tua mano? E come ho distrutto quel lettino? Ieri non mi sarei nemmeno sognata di farlo ma oggi... Penso sia successo qualcosa ieri notte e devo scoprire cosa-
-Ma dai, magari quel lettino era molto vecchio-
-Non penso sia andata così- Mentre stava parlando un vecchietto veniva minacciato da un uomo incappucciato, guardai Harley -Guarda questo- Le dissi mentre mi avvicinavo al malvivente per fermarlo, gli arrivai da dietro e diedi qualche colpetto sulle spalle per attirare la sua attenzione, il ladro si voltò e si rivolse a me con un tono nervoso
-Che vuoi, vuoi che ti ammazzi? O forse vorresti un trattamento speciale!?- Il ladro abbassò lo sguardo e fissò con ossessione il mio seno
-Se per trattamento speciale intendi tu che finisci in galera allora ci sto-
-Senti, fai poco la spiritosa, quello col coltello sono io, tu sei solo una ragazzina indifesa- Nel mentre Harley mi si avvicinò silenziosamente e mi sussurrò all'orecchio
-Andiamocene, chiamiamo la polizia e allontaniamoci-
-Tranquilla ci penso io-
-Oh vedo che hai anche l'amichetta, se vuoi posso trovare un posto anche per...- No lo feci finire, lo afferrai per il colletto e lo sollevai a un metro da terra
-Torci un solo capello alla mia ragazza e mi assicurerò che tu ti penta di quel nefasto giorno in cui i tuoi hanno bucato quel preservativo da due soldi per dare alla luce un bambino con qualche chiaro problema mentale- Il teppista spaventato strinse l'impugnatura del coltello e tentò di affondarmelo nella carne, sentii Harley che gridava di terrore, non guardai la ferita, non sentivo dolore e la faccia sconvolta del ladro mi tolse ogni dubbio, fece cadere il coltello e tentò di liberarsi dalla presa, lo alzai un po' più in alto e poi lo lasciai cadere, lui si rimise subito in piedi e scappò a gambe levate, tutta la gente lì attorno aveva lo sguardo stupito, presi il coltello da terra e lo diedi ad Harvey -Hai bisogno di altre prove adesso?- Harvey rimase immobile a fissare il coltello per qualche istante mentre io mi ero già avviata verso casa -SBRIGATI- Lei si girò e mi rincorse.

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Capitolo 2
*** Dei quadri, un post-it, dei pop corn ***


Arrivammo in fretta e furia a casa mia, stavo per aprire la porta quando venni fermata da Harvey
-Senti perché non andiamo a casa mia a rilassarci!? Lo so che può una cosa incredibile quella che ti è successa ma penso che tu abbia bisogno di un po' di riposo... Anche perché sai che giorno è oggi- Aveva ragione, su tutto, mi sentivo sfinita per quello che mi era successo e per un mucchio di altre cose, e inoltre oggi era l'anniversario della morte dei miei
-Come ho potuto dimenticarmene- Mi sedetti sull'uscio della porta appoggiandomi le mani al volto, poco dopo sentii la calda mano di Harvey appoggiarsi alla mia spalla destra, delicatamente cominciò a muoverla su e giù per confortarmi, tutto quello che riuscii a dire furono incomprensibili singhiozzii
-Non piangere, forse per te è meglio non rientrare in questa casa per un'altro po', puoi venire a stare a casa mia- mi asciugai le lacrime e mi alzai in piedi.
Durante il tragitto nessuna disse una parola, arrivammo nell'edificio dove abitava, in silenzio, la osservai tirare fuori dallo zaino un mazzo di chiavi e a sceglierne una in paricolare, inserì la chiave nella serratura e aprì la porta che scricchiolò rumorosamente, entrammo entrambe nell'appartamento, Harvey appoggiò le chiavi in una ciotola posta su un comodino sistemato subito dopo la porta, camminammo per un piccolo corridoio grigio dove erano appesi ogni tanto dei quadri, tutti erano molto colorati e vivaci con molte sfumature e ognuno con un numero in un angolo, l'unico diverso dagli altri era l'ultimo, raffigurava una donna coi capelli rossi come i miei senza volto che prendeva per il colletto un uomo, lo sfondo mostrava varie sfumature di grigio e una scritta coperta dalle due figure in primo piano, sembrava ci fosse scritto "verkefni J..." le altre lettere erano coperte
-Sei davvero brava a disegnare
-Me lo dici ogni volta che entri in casa mia-
-Beh, ogni volta che entro in questa casa trovo un nuovo quadro con dei bellissimi colori, l'unico diverso è quello... Si chiamava... "Progetto"...-
-"Progetto J..." il mio primo quadro, a quei tempi non sapevo nemmeno che stile di disegno utilizzare, quindi è normale che sia diverso dagli altri-
passammo il resto della giornata parlando del passato e di come ci eravamo incontrate, Harvey sembrava in qualche modo assente, come se stesse pensando a qualcos'altro.
Si fece tardi, stavo per andarmene quando la ragazza mi tirò la manica di una mano, io persi per un attimo l'equilibrio e caddi sulle sue labbra, Harvey mi diede il più passionale bacio che mi avesse mai dato -Resta qui a dormire per favore- Questa volta era lei che piangeva, la abbracciai, non conoscendo bene il motivo della sua frustrazione, continuava a piangere e a ripetermi fra i singhiozzi "ti amo."
La campanella suonò, avevo ripensato per tutto il tempo alla serata precedente, Harvey aveva continuato a piangere fino a quando non si addormentò, il giorno dopo di lei non c'era più traccia, solo un post-it giallo che diceva
 
"Sono andata a trovare i miei genitori, tornerò questa sera tardi, tu stai pure a casa mia per quanto vuoi, ti amo
Harley Lloyd"
 
Quel messaggio aveva un che di criptico, soprattutto perché nel retro del foglietto c'era una versione miniaturizzata del suo primo quadro, solo che al posto del volto vuoto c'erano questa volta dei lineamenti, erano troppo piccoli per definire un volto preciso ma era sicuramente il volto di una donna, ignorai il disegno e rilessi più e più volte quel messaggio, poi, mentre stavo per uscire, vidi che il suo primo quadro era cambiato, ora la ragazza aveva un volto, era il mio, gli stessi occhi verdi e lo stesso minuscolo naso, rimasi a fissare il quadro per un'altra decina di minuti quando decisi di uscire di casa.
Le lezioni mi sembrarono non finire più, ma finalmente suonò anche l'ultima campanella, nel ritorno verso casa venni fermata da una persona
-Hey Jessie- Era Aaron, un mio amico d'infanzia -Avresti potuto chiamarmi ieri sera-
-Scusa Aaron ma sai che giorno era ieri-
-Ehi! Non sono solo i tuoi genitori che sono morti- Anche i genitori di Aaron erano morti, nello stesso modo in cui erano morti i miei, in un incidente aereo
-Scusa Aaron hai ragione- gli misi una mano dietro alla spalla e lo accompagniai fino a casa sua, lo osservai salire le scale di casa sua per poi sparire coperto dall'arco della porta.
Prima di andare a casa passai in una drogheria, non molto distante da casa mia, presi un pacchetto di pop corn, andai alla cassa e feci vedere il pacchetto al commesso, un ragazzo giovane, pieno di brufoli con una divisa addosso, mi prese scorbuticamente il pacchetto e lo fece passare sotto quei macchinari che leggevano il codice a barre dei prodotti, dietro di me era apparso un uomo incappucciato che tirò fuori una pistola, mi afferrò per il collo e mi puntò una pistola alla tempia, il cassiere si spaventò e si mise sulla difensiva-
METTI TUTTI I SOLDI DENTRO QUESTA BORSA O LA RAGAZZA SI TROVA CON UN NUOVO ORECCHIO- Gridò il ragazzo lanciando una borsa al cassiere
-Per favore non è giornata- dissi al teppisa in tono calmo, lui rise e riprese a osservare il cassiere che metteva nervosamente tutto il sudato incasso nella borsa -Ti conviene lasciarmi andare, è per il tuo bene- Il teppista mi afferrò un seno e mi intimidò:
-Il tipo con la pistola sono io, tu cos'hai? se non un paio di bellissime tette!?-
-Ti avevo avvertito- In un istante afferrai il braccio che mi palpava del teppista e lo strinsi talmente forte che lo fece indietreggiare, ne approfittai per tirare un calcio alla pistola che andò a sbattere contro il muro dalla parte opposta e lo sfondò andandosi a conficcare contro un cassonetto della spazzatura, il teppista intanto si era ripreso e stava per tirarmi un pugno, lo bloccai col gomito e risposi con un pugno in pancia che lo scaraventò fino al muro opposto.
Controllai che fosse ancora vivo, per poi dirigermi dalla pistola e piegarne la canna, tornai dal commesso e afferrai arrogantemente il sacchetto di pop corn, mi diressi fuori dal negozio mentre qualche curioso si era affollato attorno al negozio, li osservai per qualche momento e ripresi a camminare non appena sentii le sirene della polizia.

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Capitolo 3
*** Un ladro, Un'esplosione, Dei quadri ***


Tornai all'edificio dove abitava Harvey, salii le scale mentre ripensavo a quanto era appena successo, ripensai anche al biglietto che mi aveva lasciato la mia ragazza e alle modifiche nel primo quadro.
finalmente arrivai alla stanza di Harvey, tirai fuori le chiavi ma mi accorsi che la porta era socchiusa
"Ero sicura di averla chiusa" Rimisi nella borsa le chiavi e aprii del tutto la porta, sentii uno sparo che mi mancò di qualche millimetro l'orecchio, caddi per terra per lo shock e mi accorsi che un uomo incappucciato stava correndo nel corridoio dell'edificio, mi rialzai in fretta e furia senza badare al dolore all'orecchio e cominciai a rincorrere l'uomo, che intanto era riuscito ad uscire dall'edificio, lo vidi che spingeva la gente in strada per farsi spazio e per poco non venne investito mentre attraversava la strada, distrussi un vetro nel corridoio e saltai giù dalla finestra, vidi il ladro voltarsi e cadere goffamente, attraversai la strada noncurante delle macchine, alcune sbandarono ma non andarono a sbattere da nessuna parte, arrivai dall'altra parte, il malvivente stava tentando di rialzarsi mentre io gli arrivai vicino, lo presi per il collo e lo lanciai contro una vetrina, la vidi andare in frantumi mentre il malvivente si contorceva dal dolore sdraiato a terra in quel negozio di ferramenta, lo riafferrai, questa volta per il colletto per farlo respirare
-Dimmi chi sei e cosa ci facevi in camera mia o la prossima volta ti lancio contro un muro, e ti assicuro che fa molto più male- Vidi una gocciolina di sangue scendergli sulla fronte, intanto dietro di me si erano affollati un sacco di curiosi e le persone nel negozio si erano nascoste dietro a degli scaffali, li osservai mentre mi accorsi di tutto il casino che avevo fatto
-M... Mi hanno ingaggiato per... Per cercare qualcosa... N... Non è colpa mia, ti prego lasciami- Lo lasciai andare e tornai sui miei passi, arrivai davanti alla porta dell'edificio per poi cambiare totalmente direzione.
Camminai per un'oretta per poi arrivare al confine, dove per chilometri e chilometri si estendevano montagne piene di boscaglie, entrai in quei boschi per poi fermarmi in mezzo al nulla, mi abbassai con le ginocchia per prendere la rincorsa e feci un balzo che mi fece alzare per quasi un chilometro, potevo vedere oltre le montagne fino alla città gemella, dopo pochi secondi cominciai la ricaduta e atterrai poco dopo, riatterrando l'impatto delle gambe spianò per venti centimetri il terreno intorno a me, i piedi affondarono nel terreno, li tirai fuori e mi piegai di nuovo, questa volta piegando in avanti le anche per dare direzione al salto, aspettai qualche altro secondo e poi saltai, il balzo mi fece avanzare per chilometri in distanza e per metri in altezza, continuai a saltare per poi arrivare in cima a una montagna, rimasi senza fiato nel vedere il bellissimo spettacolo che mi si parava davanti, rimasi lì fino a quando il cielo divenne di fuoco e le prime stelle apparvero.
Decisi di tornare a casa quando si era fatta sera, sperando di rivedere Harvey, balzai dalla cima della montagna atterrando vicino al marciapiede, da lì in poi continuai a piedi per poi cominciare a correre.
Arrivai mezz'ora dopo aver cominciato a correre, mi affacciai alla porta della casa di Harvey, la porta era ancora socchiusa, la aprii per vedere che la stanza era totalmente devastata, i quadri erano tutti caduti con i vetri delle cornici in frantumi e i vestti e i cassonetti rovesciati, mi chiusi la porta alle spalle e sospirai per poi ignorare tutto quel casino e avviarmi verso il tavolo dove la mattina stessa avevo trovato il post-it lasciatomi da Harvey, lo afferrai e lo rilessi un'ultima volta, mi andai a sdraiare sul letto per poi addormentarmi.
Il giorno dopo fui svegliato da un incessante bussare alla porta, mi alzai e andai ad aprire, un poliziotto in divisa mi guardava con occhi stanchi e con dei documenti sotto braccio
-Mi scusi, lei è Harvey Lloyd?-
-No, sono la sua ragazza Jessica Harvey perché?-
-Ah lei è Jessica, allora ho una brutta notizia per lei, casa sua è andata a fuoco dopo quella che crediamo sia una fuga di gas, abbiamo anche trovato un cadavere e abbiamo bisogno di un accertamento- Il cuore mi batteva a mille, avevo ancora in mano il post-it di Harvey e continuavo a ripetermi che lei stava bene per tranquillizzarmi, seguii il poliziotto fino in commissariato, dove mi portarono in una stanzetta piena di strumenti chirurgici e di qualche cadavere completamente coperto ad eccezione dei piedi dove nell'alluce era appeso un cartellino, un uomo in camicie mi aspettava davanti ad un corpo quasi completamente sfigurato dalle ustioni, non assomigliava per niente ad Harvey ma non ne ero totalmente sicura, osservai più e più volte quel corpo sfigurato, continuai a dire che non assomigliava per niente ad Harvey, poi, mi venne consegnato un post-it identico a quello che mi aveva lasciato Harvey e con i bordi bruciati, lo afferrai e lo lessi
 
"verkefni Jessica"
 
Dietro c'era un'altra volta una miniatra del primo quadro di Harvey, mi mancò il respiro e per poco svenni, era la sua scrittura, confermai i sospetti dei poliziotti e me ne andai di corsa, tornai a casa e afferrai fra le lacrime il primo post-it, mi asciugai gli occhi e confrontai i due biglietti, riflettei un attimo e poi mi ricordai del cambiamento avvenuto nel quadro e delle due miniature dello stesso dietro i fogliettini gialli, tornai dai quadri e presi il primo, lo tolsi dalla cornice e lo girai e con mio stupore vidi un testo scritto a mano da Harvey, lo lessi tentando di trattenere le lacrime
 
"Cara Jessica, se stai leggendo questo probabilmente io sono morta, ma non è questo l'importante, ti stanno cercando, vogliono catturarti per degli esperimenti sulla tua forza, in questi ultimi tempi ti ho periodicamente somministrato delle pillole contenenti un nuovo prodotto chimico che aumenta drasticamente lo sviluppo del cervello seguito dalla crescita del corpo, quella sera che sei svenuta era tutto pianificato, ti hanno inoculato un ulteriore siero ricavato da una speciale pianta cresciuta in laboratori, questa pianta ha inibito l'effetto della pillola e ha marcato lo sviluppo di un'area specifica del cervello in modo che sviluppi in modo esponenziale una parte del corpo, l'effetto cambia di persona in persona e ogni volta essa sviluppa strane capacità (di solito si sviluppano solo poteri psichici o forte agilità, il tuo è un caso raro e per questo vogliono studiarlo).
 
Harvey Lloyd
 
p.s.: Ti prego di perdonarmi anche se so che ti sarà difficile, inizialmente ti ho avvicinata solo per lavoro ma col tempo mi sono davvero innamorata di te, e il fatto che ora tu ti trovi in questa situazione mi fa stare male, non voglio perderti, non voglio che ti catturino e che ti studino come un topo da laboratorio, dietro ogni quadro c'è un documento su varie parti del progetto Jessica, prendili tutti e dagli fuoco, incluso l'appartamento in cui abitavo, è l'ultimo favore che ti chiedo, scappa e contina a nasconderti, ti amo e ti amerò per sempre."
 
Disperata abbracciai forte il foglio al petto e piansi come non mai.

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Capitolo 4
*** Un computer, Una spada, Una pistola ***


Stetti qualche ora sdraiata per terra a disperarmi per la morte di Harvey, continuai a rileggere il foglio che mi aveva lasciato come se questo potesse riportarla in vita.
Venni svegliata, quando qualcuno cominciò a bussare alla porta, mi alzai, riposi i quadri in una valigia pronta ad andarmene e andai a vedere chi era, il catenaccio era alzato, non mi fidavo a far entrare qualcuno, sentii una forte pressione e venni sbalzata all'indietro insieme alla porta, un ragazzo giovane, aveva più o meno la mia età, occhi marroni e capelli neri, si guardò attorno come se cercasse qualcosa, poi posò gli occhi su di me, io mi tirai su da terra ma venni di nuovo sbalzata all'indietro, questa volta ero troppo vicina al muro e venni sbattuta fuori, fortunatamente dietro l'edificio c'era un cortile quindi non atterrai in strada.
Mi misi un'ennesima volta in piedi con un piccolo dolore dove quel tipo aveva colpito, feci un balzo e atterrai dove poco prima c'era un muro, vidi che l'individuo stava rovistando in giro per la casa, si girò a guardarmi per qualche attimo poi finalmente parlò
-Sei resistente, l'ultimo colpo avrebbe potuto trapassare tre volte senza rallentare un corpo umano normale-
-Beh il mio non è un corpo normale- Scattai in avanti e afferrai la borsa con i quadri, feci in tempo a vedere che il ragazzo mi stava puntando con una mano quando un buco enorme si creò dal nulla sulla parete di quello che rimaneva di casa di Harvey, feci un balzo per evitarlo, mi misi le mani davanti agli occhi perché stavo per andare a spattere contro un muro, sentii un colpo alla schiena e venni sbalzata a forza fuori dall'edificio, atterrai lontano da quel ragazzo ed ebbi il tempo per fare un altro balzo per allontanarmi ulteriormente, fortunatamente non venni seguita.
Aspettai la notte per uscire da quel bar in cui ero andata per nascondermi, pensando che in un posto affollato non mi avrebbero attaccata, fortunatamente non successe niente, decisi di incamminarmi fuori dal bar, mi fermai un secondo all'uscita per controllare il portafogli, avevo rimasto poca roba, dovevo tornare all'appartamento ma il rischio era troppo alto, decisi invece di andare da Aron, l'unico di cui potessi fidarmi in quel momento.
Arrivai a casa sua che erano ormai le due, suonai ripetutamente al campanello e dopo qualche minuto al citofono si udì una voce stanca e leggermente arrabbiata
-Chi diavolo è a quest'ora di notte?-
-Aaron sono io-
-Oh Jessie, ti apro subito- Sentii un clack, aprii il cancello che scricchiolò rumorosamente, mi dimenticai di staccare la mano talmente ero assorta nei miei pensieri e mi portai dietro il cancello fino all'appartamento del mio amico, appena entrai lo salutai e gli spiegai la situazione senza dargli il tempo di dire niente.
Appena ebbi finito lui mi guardò storto per qualche secondo poi si decise a parlare -Inanzitutto perché hai un cancello in mano?- Mi guardai perplessa la mano e mi accorsi di cosa mi ero portata dietro, rimasi in silenzio per qualche secondo ma l'imbarazzo non durò molto -Ok non importa, sarei davvero felice di aiutarti ma non ho molto da darti-
-Non importa, potresti darmi una mano con delle indagini?-
-Speravo me lo chiedessi- Vidi Aaron incamminarsi verso uno sgabuzzino vicino alla camera da letto, tirare fuori un mazzo di chiavi e aprire la porta, lo seguii incuriosita e vidi che la stanza era piena zeppa di cavi e apparecchi elettronici, gardai Aaron ridacchiare seduto in una sedia mentre tutti quei macchinari si accendevano
-Non vorrei cacciarti in situazioni pericolose-
-Non devi preoccuparti, so badare a me stesso, ora, ho bisogno di indicazioni precise su quello che devi cercare- Appoggiai il cancello su un divano lì vicino ed afferrai la valigia, tirai delicatamente fuori i quadri e li misi altrettanto delicatamente nelle mani di Aaron, li aprì e li mise uno ad uno in uno scanner, che ne creò una copia digitale in tre dimensioni, si girò a guardarmi mentre io ero incantata ad osservare le meraviglie che le macchine create dall'uomo potessero compiere, poi mi resi conto che molto probabilmente tutto quello che mi stava capitando era per colpa di quelle stesse macchine che ora mi stavano aiutando -Perfetto, la riproduzione digitale è completata, ora, inserisci delle parole chiave per cominciare la ricerca- Si fece da parte e mi lasciò spazio davanti alla tastiera.
Nel pensare a cosa inserire mi tornò in mente ciò che stava succedendo e che era successo, finii di inserire le parole chiave, parole come "verkefni J..." o "Harvey Lloyd" e persino il mio nome, mi girai verso Aaron, stava cliccando altri pulsanti su un'altra tastiera mentre il computer finiva la ricerca
-Aaron, quando tutto questo finirà io sparirò dalla circolazione per un po', probabilmente andrò a vivere in un'altro stato, o magari in un'altro pianeta- Dissi ridacchiando, notai che Aaron aveva smesso di cliccare pulsanti, mi avvicinai lentamente e lo scossai leggermente per una spalla -Aaron, stai bene?- Successe tutto in un attimo, vidi una scia di rosso che scese per il collo del ragazzo, mentre la sua testa si staccava e rotolava fino ai miei piedi, un misto di emozioni mi assalii, volevo lanciare un urlo ma stavo trattenendo un conato di vomito quindi mi risultò difficile urlare.
Qualcuno o qualcosa mi colpii allo stomaco, caddi all'indietro, mi rimisi in ginocchio e cominciai a vomitare
-Aaaah no! Le scarpe no!- Da dove veniva quella voce!? Ero spaventata come non mai, sentii un rumore di un aggeggio elettrico spegnersi e comparire di fronte a me due uomini adulti.
Uno dei due aveva lunghi e lisci capelli neri con un elastico, una benda agli occhi e un lungo camice bianco che toccava il pavimento e una bellissima spada giapponese alla mano sinistra, l'altro aveva nella mano destra una pistola dall'aspetto decisamente futuristico e un grosso coltello da caccia, non riuscii a vederlo in faccia per via del buio ma dalla voce capii che era decisamente il più vecchio dei due.
Il mio cuore batteva a mille, avevo cominciato a piangere e ad intervalli regolari un conato di vomito mi attanagliava lo stomaco, mi alzai in piedi asciugandomi la bocca e gli occhi mentre riabituavo la vista offuscata dal tanto piangere.

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Capitolo 5
*** Una siringa, un deserto, un angelo ***


"Aaron... Aaron è morto" in quello stanzino angusto e con tutta quella confusione faticavo a pensare chiaramente, riuscivo a pensare solo alla testa di Aaron che rotolava fino ai miei piedi, per poco non vomitai di nuovo.
Mi ripresi non appena vidi che il tipo in camice bianco scattò brandendo la spada contro di me, alzai il gomito e mi venne in mente il combattimento contro il teppista del negozio.
Venni riportata alla realtà quando ormai il colpo era andato a segno, non mi aveva scalfito, anzi, io avevo scalfito la sua spada.
Insisitetti a parare fendenti finché l'uomo anziano non fischiò, osservai leggermente compiaciuta la lama ormai distrutta di quella bellissima spada, continuai a guardarla persino quando mi accorsi che stavo volando all'indietro distruggendo apparecchiature elettroniche e immobili della casa del mio amico.
Ero a terra a pensare al mio terribile destino, venni afferrata per il colletto dall'uomo bendato mentre l'uomo anziano si avvicinava lentamente ricaricando la pistola e facendosi spazio fra le macerie. Lo osservai mentre tirava fuori una siringa dalla tasca dei suoi pantaloni e lo osservai mentre mi iniettava il composto contenuto nel barilotto che lentamente si svuotava nel mio braccio. Mi sentii d'un tratto fiacca e stanca, tentai di liberarmi dalla presa ma ero troppo debole per riuscirci.
L'uomo bendato lasciò la presa, la sensazione di caduta venne subito rimpiazzata dal forte dolore che provai quando un'altro colpo di quella pistola elettrica mi colpii e mi fece volare all'indietro per vari metri, sentivo tutti i muri distruggersi contro la mia schiena fino a quando non finitono. Cominciai una caduta nel vuoto, non delle più alte ma comunque fatale per un comune essere umano, mentre cadevo riuscii finalmente a concentrarmi
"Troppo tardi" disse una voce nella mia testa
"Come fai a sapere che è troppo tardi?" risposi a quella voce nella mia testa.
Chiusi gli occhi e mi rintanai nella mente, l'unica via di fuga da quella situazione disperata, venni catapultata in un deserto che pareva estendersi per chilometri e chilometri. Fluttuava vicino a me una piccola nuvoletta di fumo nero, aveva un'aria decisamente cupa e non tentai nemmeno per un secondo di toccarla.
Mi buttai a terra di sedere mentre la nuvoletta pareva fissarmi
-Perché ti fermi?- Chiese
-Devo andare avanti!?-
-E' una tua scelta, puoi decidere di arrenderti o di continuare a camminare, io ti seguirò per tutto il tempo e ti giudicherò- Disse mentre mi rialzai
-Giudicare cosa!?- Cominciai a camminare
-Al momento non ti è dato saperlo- Camminai per giorni, mentre il sole e la luna si alternavano lentamente.
La piccola nuvoletta di fumo era ancora lì di fianco a me, a "giudicarmi" come aveva precedentemente affermato lei stessa.
Camminai un altro giorno, senza rivolgere una sola parola alla nuvoletta, non soffrivo né il caldo né il freddo né tantomeno provavo il bisogno di nutrirmi o di dissetarmi, provavo però la stanchezza, una stanchezza che si faceva ogni secondo più pesante, mi sembrava di avere una zavorra enorme che mi pesava sul dorso. Mi fermai poco dopo sotto la rinfrescante ombra di una roccia -Perché ti sei fermata!?- Chiese la nuvoletta
-Sono stanca, ho bisogno di riposarmi- Passarono i secondi senza che nessuno disse nulla
-E' solo riposo quello di cui hai bisogno? Non vorresti invece una via di fuga da tutto questo? Io posso offrirtela, posso darti tutto il sollievo e la pace che vuoi, basta che tu dica "Mi arrendo"- Osservai a lungo la nuvoletta, ora sembrava avere la mia altezza
-Potrei sapere esattamente cosa sei tu?-
-Cosa sono io dici!? Potrei anche dirtelo, ma questo non porrebbe alcun sollievo alla tua stanchezza- Aveva ora smessodi crescere, ora aveva braccia e gambe e un accenno appena percettibile di volto -Scommetto che ora ti senti meno stanca- Era vero, ero meno affaticata -Come mai sei ancora seduta? Vuoi forse arrenderti?-
-No di certo- Mi rimisi in piedi e ripresi la marcia verso il nulla. Di nuovo ad ogni passo sentivo il peso sulle mie spalle crescere, ero sul punto di fermarmi di nuovo ma una voce mi persuase
-Non fermarti- Di fianco a me ora aleggiava una frenetica nuvoletta bianca, chiaramente visibile nonostante la forte luce del sole.
Continuai l'avanzata osservando occasionalmente la nuvoletta bianca e quella nera, il peso sulle mie spalle aumentava sempre di più, osservai nuovamente la chiara figura bianca di fianco a me che in qualche modo mi dava sollievo, notai che diventava ad ogni passo sempre più simile ad un essere umano, una donna, i capelli avevano iniziato a prendere un vivace colore rosso e la faccia cominciava ad avere lineamenti chiari e definiti, mi voltai verso la nuvola nera, che intanto era diventata poco più piccola del palmo della mia mano.
Avevo oramai perso la cognizione del tempo, nessuna traccia era rimasta della nuvoletta nera, ora camminava vicino a me una copia di me stessa con una lunga camicia da notte bianca che sfregava sulla sabbia. Il peso sulle mie spalle cominciava a diventare insostenibile, crollaiagonizzante sulle ginocchia ma continuai comunque ad avanzare gattonando
-Non ti arrendere, ci sei quasi- Mi diceva in continuazione quella dannata me stessa
-Comincio ad odiare la mia voce- Sdrammatizzai.
Superai infine dopo immani fatiche una duna particolarmente più grande delle altre.
Oltre quella duna mi aspettava un enorme cancello con dei bellissimi ornamenti ai lati e delle maniglie raffiguranti vari serpenti dorati che si avvinghiavano su loro stessi. Il peso sulle spalle era svanito, lasciandomi libertà di movimento, corsi velocemente verso il cancello, mentre la me stessa "angelica" mi seguiva
-Finalmente sei giunta- Disse non appena arrivammo davanti alla maniglia -Hai dimostrato di avere la forza di portarti un enorme peso sulle spalle e non ti sei arresa quando sembrava ormai tutto perduto, ora hai la possibilità di scegliere, andartene, e non dover mai più provare dolore, stanchezza o qualsiasi altra emozione negativa, ma non trovare mai una risposta alle domande che gravano sul tuo fato, oppure- Disse afferrando la maniglia di serpenti -Rimanere ed affrontare la realtà, provare per tutta la vita fatica e dolore e mille altre emozioni negative per trovare risposta alle tue domande più grandi e magari provare un po' di pace- Rimasi a fissare a lungo quel deserto che mi aveva fatto dannare per giorni interi per poi voltarmi e osservare un mondo pieno di pace e serenità, rimasi a lungo in silenzio, guardai infine in faccia la me stessa "angelica" ed aprii la bocca per proferire verbo
-Mi scoccia stare ferma a far niente-
-Allora hai deciso, voltati indietro, riprendi il tuo cammino e non tornare fino a quando non sarà ora- Lo sfondo desertico cominciò a dileguarsi per lasciare spazio ad un paesaggio urbano che ben conoscevo, la sabbia sotto i miei piedi sparì improvvisamente e io ricominciai a cadere.

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Capitolo 6
*** Un paesino, un nuovo nome, nessun ricordo ***


"Cosa ne facciamo di lei?"
"Portiamola con noi, le troveremo una nuova casa"
Mi svegliai di soppiatto nel cuore della notte, mi alzai lentamente per non fare svegliare i miei genitori e con passo felino mi avviai verso la mia scrivania, mi sedetti lentamente, fermandomi ogni volta che la sedia scricchiolava, accesi la luce della lampada vicino a me,osservai per qualche secondo la mia scrivania per poi prendere una scatola cammuffata da libro e tirarne fuori un'agenda. La aprii lentamente, come se fosse un testo antico vecchio di anni e la sfogliai altrettanto lentamente, presi una penna e cominciai a scrivere i miei pensieri:
 
"
18/3/2012
Caro diario, domani sarà passato un mese esatto da quando Gaho e Yutsuko Goto (due simpatici vecchietti che vivono in questo bellissimo paesino sperduto del Giappone) mi hanno trovata disorientata in mezzo alla strada, a quanto pare ho avuto un'amnesia dovuta ad uno shock, ora tutti in quel paesino mi chiamano Yūhi ga ushinawa, che significa qualcosa come "tramonto smarrito", tramonto perché tutti dicono che i miei capelli hanno lo stesso colore del cielo durante il tramonto mentre smarrito... Beh... Penso tu possa immaginare il perché... Comunque mi sono perfettamente ambientata in questo luogo, ho fatto amicizia con i ragazzi e mi sono anche fidanzata, è una lei (a quanto pare avevo gusti diversi prima dell'amnesia) si chiama Harvey e anche lei è straniera, i suoi genitori sono  entrambi scienziati venuti fino in giappone per studiare le varie proprietà di una pianta che a quanto pare sia un ottimo rimedio contro varie malattie, sono davvero simpatici e hanno subito accettato il fatto che io mi veda con lei, ora mi sta tornando sonno, ci si risente domani
 
Yūhi ga ushinawa"
 
Con lo stesso silenzio tornai verso il futon accuratamente sistemato per terra, mi coprii e mi addormentai poco dopo.
Il giorno segunte andai a scuola e seguii le lezioni normalmente, la divisa mi andava un po' stretta ma era comunque piacevole portarla, finite le lezioni mi diressi velocemente fuori dalla scuola, raggiunsi Harvey che stava camminando insieme ad altre persone, le saltai sulla schiena e per poco non la feci cadere, le appoggiai la testa sulle spalle e le sussurrai un ciao all'orecchio, scesi dalla sua schiena per radunarmi col resto del gruppo. Io e Harvey ci fermammo in un bar e salutammo il resto del gruppo, ci sedemmo ad un tavolo fuori e ordinammo due caffè
-Come va con l'amnesia?-
-Male, continuo a fare sempre lo stesso sogno dove cado da una montagna e questi due uomini che mi guardano mentre parlano che dicono sempre le stesse cose-
-Tranquilla Yūhi, vedrai che presto ricorderai tutto quanto-
-Ma io ho paura, paura di come fossi precedentemente e paura di cosa ho fatto, e se ero un'assassina? O magari ero un...- Harvey si sporse dalla sedia per avvicinarsi alle mie labbra, mi diede un piccolo bacio, forse per farmi stare zitta
-Smettila di preoccuparti e goditi la vita, vedrai che tutto si sistemerà- Osservai perplessa la ragazza negli occhi per qualche istante, alzai la mia tazzina e bevvi un sorso di caffè
-Sai, a volte ho l'impressione di averti già incontrata da qualche parte- Harvey mi guardò per qualche secondo, come se ci avessi azzeccato
-Magari in una vita passata- Disse bevendo un sorso di caffè.
Continuammo a parlare per un'altra mezz'ora anche dopo che il caffè fu finito, mi guardai intorno, una strana aria aleggiava intorno a me, come se fossi seguita da qualcuno, non ci feci comunque troppo caso e proposi di andarcene, pagammo il conto e ci incamminammo verso casa.
Arrivammo dopo un quarto d'ora di cammino e ci salutammo davanti alla casa di Harvey. Continuai a camminare da sola, accelerai istintivamente il passo, come se qualcuno mi stesse seguendo, mi spaventai a morte quando uno sconosciuto mi afferrò alla bocca e mi sussurrò all'orecchio:
-Non urlare, non voglio farti del male, voglio solo parlare con te, ora ti lascerò andare, non gridare perché non ce n'è bisogno- In qualche modo quelle parole mi calmarono, come promesso quel tipo mi lasciò andare, ebbi l'istinto di scappare via ma rimasi lì ferma a guardare in faccia quell'uomo. Aveva i capelli arancione sbiadito, probabilmente per la vecchiaia, si mise una mano in tasca e ne tirò fuori un ciondolo -Mettitelo al collo- Guardai sempre più perplessa la sua mano-Che cos'è?-
-Un filtro di percezione, serve a renderti invisibile agli occhi della gente comune- Notai che anche lui aveva uno di quei cosi appesi al collo
-Però io ti vedo-
-Non ho detto che ti rende completamente invisibile, sposta soltanto la percezione degli altri su qualcos'altro, in modo che loro non ti notino, comunque se fai cose che possano attirare l'attenzione si accorgeranno di te, quindi evita di fare troppo casino- Si voltò di scatto e si incamminò in direzione opposta a casa mia.
Camminammo per quasi mezz'ora, per arrivare ad una vecchia casa abbandonata, l'uomo accese una luce e si sedette in una sedia vicino ad un caminetto acceso, mi invitò a fare lo stesso
-Allora... Abbiamo molte cose da dirci Jessica- Quel nome mi suonava troppo famigliare, forse era il mio vero nome
-E'... E' percaso questo il mio vero nome?- Stavo quasi per piangere, quest'uomo conosceva me e il mio nome
-Mioddio, sei cresciuta così tanto... Mi ricordo ancora quando feci i tuoi primi passi e dissi le tue prime parole- La testa cominciava a farmi male, cominciai a ricordare qualcosa, riconobbi quella faccia e quel colore di capelli, erano unici, unici come l'uomo che mi sedeva davanti
-P... Papà- Cominciai a piangere come una bamina piccola, molti ricordi, troppi, stavano riaffiorando tutti nello stesso momento, la testa mi pulsava e girava come una trottola, mi alzai di scatto dalla sedia ma caddi e svenni.
"Ti avevo detto di tornare solo quando fosse giunta l'ora" tutto era nero, solo una piccola luce bianca brillava in lontananza, facendosi ogni secondo più vicina. Passarono pochi secondi quand vidi che era l'esatta copia di me stessa
-C... Cosa o chi sei tu?-
-Io? Sono solo un personaggio creato da un ragazzino di diciassette anni che passa il tempo scrivendo storie e creando mondi, un ragazzino che conosce il tuo futuro e sa cosa acadrà a te e a chi ti sta intorno, io sono solo una proiezione della mente di un ragazzo che gioca a fare Dio nel tuo mondo-
-N... Non capisco-
-Già è troppo complicato per te, mettiamola in questo modo, io sono te, sono la tua mente, i tuoi pensieri e persino il tuo corpo, tu sei me e io sono te, io sono la luce dei tuoi ricordi e la speranza del tuo domani, posso darti le risposte che cerchi, basta che mi chiami quando vuoi-
-C... C... Come faccio a contattarti?-
-Dormi, o medita, io sarò sempre qui ad aspettarti, prendi, questo è un regalo- La mia copia tese una mano, sopra di essa apparve una piccola sfera luminosa, la afferrai e venni travolta dai ricordi, vidi la figura sparire lentamente dalla vista mentre i miei occhi si riaprivano lentamente.

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Capitolo 7
*** un ricordo, una promessa, un viaggio ***


-Come ti senti?- Vidi mio padre seduto accanto a me, proprio come faceva quando ero piccola, mi misi a sedere sul letto e strinsi forte -Non.. Non respiro- lasciai la presa e osservai la sua pelle riprendere un colorito normale
-Ommioddio papà... Saranno quindici anni ormai che tu e la mamma siete... Un momento, se tu sei qui all'ora l'incidente aereo... La vosra morte... Cosa...- Ero perplessa, la testa mi faceva male osservai mio babbo abbassare lo sguardo ratristito
-Era tutto falso, una sceneggiata per nascondermi alla vista del mondo, mi hanno... CI hanno rapiti e portati in un centro ricerche in Islanda, li ci hanno obbligato a sviluppare uno strano siero in grado di donare grandi capacità alla gente comune, tua madre nel frattempo ha cercato di trovare una via di fuga, un giorno però è stata scoperta ed è stata freddata sul posto- Divenni seria, non piansi, avevo già pianto abbastanza quando quindici anni prima mi diedero la notizia che i miei erano morti, rimanemmo in silenzio per qualche minuto poi finalmente ruppi il silenzio
-Sono felice che almeno tu sia vivo, non sai quanto è stato duro crescere senza una figura paterna e materna-
-Sì lo so, mi dispiace-
-Non preoccuparti, l'importante è che tu sia qui, ci sono un sacco di cose che voglio dirti-
-Sei cresciuta così tanto, quanti anni hai adesso?-
-Ventidue, sono successe un sacco di cose ultimamente-
-Tipo cosa?- Scesi dal letto e andai a posizionarmi davanti a questultimo, ne afferrai una gamba con una mano e lo sollevai senza nessuna fatica, mio babbo si alzò di scatto e si avvicinò meravigliato -Ommioddio, è incredibile, il siero non aveva mai agito prima direttamente sui muscoli, di solito agisce soltanto su parti del cervello che creano svariati tipi di effetti, tipo la telecinesi- Sapevo tutto, Harvey mi aveva lasciato tutto scritto dietro ai quadri "un momento" pensai, in effetti qualcosa non tornava, Harvey era effettivamente morta
-Ma se Harvey è morta com'è possibile che...-
-Chi è Harvey?-
-La mia ragazza, ma non è questo che conta, il fatto strano è che...- Gli raccontai tutta la storia, dalla notte in cui svenni fino ad oggi, quando ebbi finito mio babbo non era per niente stupito
-Beh, sono shoccato per il fatto che tu sia omosessuale, ma non è un problema troppo grosso, il fatto è che durante la mia permanenza in quel centro di ricerca mi hanno obbligato a lavorare a ben più di un progetto... E' difficile da spiegare, in pratica li ho aiutati in un progetto di clonazione, può darsi che la Harvey che conosci adesso sia solo una coppia, comunque vada però hanno bisogno dell'originale per far funzionare il clone, può darsi che abbiano fatto il lavaggio del cervello a quella ragazza o siano riusciti a trovare un modo per far pensare il clone senza l'aiuto dell'originale- Ero shoccata, non ci avevo capito molto ma un'idea generale me l'ero fatta
-Sei terribile nelle spiegazioni papà, proprio come sei sempre stato- Lo vidi ridacchiare -Comunque non c'è tempo, devo andare a casa e spiegare la situazione ai miei attuali genitori adottivi- Aprii la porta in fretta e furia e mi diressi verso casa con mio babbo.
Entrammo con violenza in casa dei vecchietti che mi ospitavano, erano preoccupati, ma vedendo il mio sguardo capirono che avevo riacquistato la memoria, mi diressi in camera, raccattai un paio di vestiti e qualche provvista e mi diressi di nuovo dai due vecchietti <-Io... Molto grata vuo due per avere ospitare me-> Balbettai a fatica, vidi i due ridacchiare, fecero qualche ichino tenendo le mani incrociate, finito ciò mi passarono un paio di guanti, me li misi e alzai le mani al cielo, erano neri, con dei caratteri giapponesi sopra
-Li abbiamo fatti noi, la stoffa ce l'hanno data i genitori di Harvey ed è la più resistente al mondo, non è stato facile cucirli- Mi tornò in mente dove ero diretta, salutai un'ultima volta i due vecchietti, afferrai la valigia e corsi fuori dalla casa.
Marciai frettolosamente in direzione della casa di Harvey, processi diretta senza mai voltarmi, facendomi quasi investire. Arrivai qualche minuto dopo, vidi Harvey sedere sulle scale di legno che precedevano l'entrata di casa sua, appena mi vide si alzò di scatto, mi avvicinai senza rallentare, la afferrai per il colletto e la baciai, quando le nostre labbra si divisero la guardai intensamente negli occhi
-Non so se riesci a sentirmi Harvey originale ma sto venendo a prenderti, aspettami ferma dove sei- Aveva la faccia sconvolta, mi voltai e mi diressi verso mio padre, era leggermente rosso in faccia, forse per la corsa che aveva dovuto fare per seguirmi
-Forse è stato un po' avventato, inoltre hai totalmente rovinato l'effetto sorpresa, ora infiltrarsi sarà impossibile-
-E chi ha detto che io voglia infiltrarmi, farò una super-entrata-con-un-mega-effetto e non gli lascerò nemmeno il tempo di pensare "cosa diavolo mi ha colpito?" oppure "quel buco nel muro prima non c'era" o cose simili- Mio babbo scoppiò in una sonora risata
-Sei proprio la figlia di tua madre- Repliclò ridendo fino alle lacrime.
Eravamo in cammino da ormai una settimana, avevamo lasciato il Giappone tramite una barca che imbarcava illegalmente immigrati, arrivammo dopo cinque giorni di scomodità e spazi angusti, approdammo in un porto asiatico, velocemente ci disperdemmo fra la folla presente nel mercato del pesce e cominciammo la nostra marcia.
Camminammo per qualche altra ora quando decidemmo di accamparci, eravamo in una piccola foresta, con qualche strada dissestata ogni tanto. Raccogliemmo qualche ramo secco ed accendemmo un fuoco, parlammo per qualche ora fino a quando il cielo fu completamente nero, spegnemmo il fuoco ed andammo a dormire.
"Bentornata" Disse una voce che conoscevo ben -Beh la conosci bene perché è la tua-
-Come fai a sentire quello che sento?-
-Mi ha dotato di questo potere-
-Ah sì... Il ragazzino o quella roba lì-
-Proprio lui, mi ha portata anche in un'altro mondo e mi ha fatto parlare con un'altro ragazzo, si chiamava... Cecil o qualcosa del genere ed indossava una strana maschera anti-gas, stava per morire, proprio come te la prima volta che mi hai incontrata-
-Ed è morto?-
-No, non era giunta la sua ora, il creatore ha in mente grandi progetti per lui-
-Oh si diverte proprio a vederci soffrire questo tipo-
-Non è così, ogni cosa che fa la fa per un motivo-
-Allora spiegami perché ha fatto uccidere Aaron!- Dissi infuriata
-Se lui fosse ancora vivo non avresti mai incontrato tuo padre e la tua storia non sarebbe proseguita-
-MIO PADRE ERA MORTO FINO A DUE SETTIMANE FA... SE AARON NON FOSSE MORTO IO NON AVREI MAI SAPUTO CHE IN REALTA' ERA ANCORA VIVO!? MEGLIO! MI ERO GIA' RASSEGNATA ALL'IDEA CHE NON AVREI MAI SAPUTO NULLA SUI MIEI GENITORI, NON AVEVO BISOGNO DELLA MORTE DI UN AMICO PER UNA COSA CHE NON MI SERVIVA!!- urlai disperata alle lacrime, mi accasciai al suolo e mi misi in posizione fetale stringendomi le ginocchia al petto, sentii l'angelo mettermi a sedere ed abbracciarmi, era calda, emanava un caldo tepore che mi fece addormentare "E' ancora troppo presto per te per capire"

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Capitolo 8
*** Una superstrada, una fitat, una pistola ***


Era l'alba quando mi svegliai, vidi mio padre con un'agenda in mano scrivere qualcosa, mi avvicinai per sbirciare ma calpestai un rametto, il rumore fece scattare in piedi mio padre che chiuse istintivamente l'agenda su cui stava scrivendo
-Sei sveglia! Pensavo stessi ancora domendo... Ma hai gli occhi gonfi... cos'è successo?-
-N... Non è  niente, solo un brutto sogno- Dissi sfregandomi gli occhi "dannato ragazzino" pensai, non sapevo chi fosse ma era lui che faceva andare avanti il mondo, forse era un dio, o forse solo un idiota -Scusami un attimo, vorrei meditare qualche secondo- Dissi rimettendomi a sedere, incrociai le gambe, tenni la schiena ben dritta, chiusi gli occhi e cominciai a inspirare col naso ed espirare con la bocca
-Non mi avevi detto che sapevi meditare-
-Non lo so fare infatti, mi è venuto tutto naturale- Era poco credibile, ma era la verità
"Sei tornata presto"
-Non sono venuta a parlare con te, voglio parlare con questo "ragazzino"-
-Oh ma tu ci parlerai, solo non oggi, per ora puoi parlare con me-
-Ma tu sei me, mi dici sempre quello che voglio sentirmi dire, sei solo una parte del mio subconscio che sa perfettamente cosa provo-
-No, io sono una portavoce, ho il tuo aspetto per farti sentire a tuo agio, per prepararti ad un incontro non lontano col creatore-
-Posso parlare con Aaron?- L'angelo stette in silenzio qualche istante
-No, non è il momento, ma parlerai anche con lui- Sbuffai sentendo la frase dell'angelo ma mi rassegnai
-Fammi tornare indietro- L'angelo con un gesto della mano mi fece svenire per farmi risvegliare nel mondo reale, Vidi mio padre seduto in un angolo, mezzo addormentato, che si spaventò quando mi vide rimettermi in piedi -Quanto sono stata in meditazione?-
-Quasi un'ora... Cos'hai visto?-
-Niente... Ma ora ho le idee più chiare- Mio padre era sempre più confuso, afferrai il borsone e ripresi a camminare.
Arrivammo dopo poco ad una superstrada, ci fermammo a chiedere l'autostop, durante la prima ora le macchine scorrevano ignorandoci, poi finalmente qualcuno si fermò, entrammo in macchina, era una fiat punto classic, gli interni erano neri e i sedili ricoperti di materiale sintetico
-Dove siete diretti?- Chiese il guidatore
-Qual'è la città più vicina?-
-La città più vicina è Macao, è lì che sto alloggiando per una settimana con la mia famiglia-
-Macao è perfetta-
-Sapete, abbiamo tre figli, un maschio e...-
E' davvero strano- Mi sussurrò mio padre mentre il tizio continuava a parlare
-Cosa?- Gli domandai
-Un uomo che parla Americano in un paese in cui le persone parlano cinese mandarino-
-Beh, ha detto che è un turista-
-Con una fiat? in Asia!?!? No, non ci casco, probabilmente è della ný heim, l'associazione che ti ha fatto tutto questo- Osservai per qualche istante l'uomo che guidava, non aveva per niente l'aria di una persona malvagia
-... E quegli spiedini al pollo? Una gleði...-
-Come scusi?- Chiese mio padre
-Gleði? E' un termine che ho imparato in città, significa "delizia"-
-Potevano mandare una persona più intelligente a catturarci, Gleði è il termine islandese per "delizia"- Disse mio babbo, l'uomo sogghignò e tirò velocemente fuori una pistola con la mano destra, per puntarla contro mio babbo, continuando a tenere il volante con la sinistra
-Forse tu puoi resistere ad una pallottola ragazza, ma lui no, vi conviene stare lì buoni- Minacciò lo sconosciuto, mio babbo sembrava calmo, come se di pistole ne avesse viste abbastanza
-Haukur!- Disse mio babbo in tono minaccioso
-Sono onorato, ti ricordi addirittura il mio nome?-
-Come potrei dimenticare l'assassino di mia moglie- Mi scappò un gemito, lo guardai mentre il suo sogghigno si trasformava in un'inquietante risata -E' uno dei migliori soldati dell'agenzia, lo mandano in missione solo come asso nella manica, uno dei tanti, devono tenere proprio molto a te-
-Già, i superiori hanno detto che vogliono studiarti per creare dei super-soldati, una cosa abbastanza banale ma io mi limito ad eseguire gli ordini, cioè di portarti da loro viva, di lui non mi hanno detto niente quindi potrei anche ucciderlo- Staccò l'altra mano dal volante, ora nessuno stava guidando, l'auto iniziò a sbandare, vidi Haukur scomparire nel nulla un attimo prima che l'auto si schiantò contro un albero, cercai di gettarmi sopra mio padre per proteggerlo ma andammo a sbattere prima che potessi fare niente, non mi feci male, ma mio babbo sbattette la testa e svenne, lo tirai fuori dalle macerie, feci qualche passo con mio padre sulle spalle ma la macchina esplose, lo sbalzo mi fece volare per qualche metro, lo strinsi forte per non farlo volare via, atterrai di pancia, ancora una volta non sentii dolore. Feci in tempo ad appogiarlo al suolo quando venni spinta all'indietro da qualcosa, mi rialzai e Haukur era ora di fronte a me, tirai un pugno ad occhi chiusi ma fu come prendere a pugni l'aria, infatti appena li riaprii Haukur era scomparso, era ora dietro di me che caricava un pugno, mi prese in pieno naso, feci qualche passo all'indietro per lo spavento ma non sentii dolore, lo vidi mentre si massaggiava le nocche, ne approfittai per colpirlo ad un fianco, purtroppo scomparve prima che riuscissi a toccarlo, mi voltai di nuovo e vidi che teneva in ostaggio mio babbo puntandogli la pistola di prima alla tempia, alzai le mani al cielo in segno di resa e lo vidi sorridere soddisfatto -Brava ragazza, sei intelligente, fai onore a tuo padre- disse sogghignando -Ora avvicinati lentamente- Feci come disse
-Dove mi vuoi portare?-
-In Islanda, dovresti essere felice, potrai vedere il luogo dove tua madre è morta!- Disse in tono allegro, strinsi i pugni, sentendomi sottomessa, non potevo fare niente per impedirlo. Arrivai vicino a Haukur, che gettò violentemente a terra mio padre e mi afferrò un braccio, sentii una forte pressione pervadermi il corpo che mi fece svenire
"Due volte in un giorno, sicura di non volerti abbonare?"
-E' forse il ragazzino che ti suggerisce certe battutacce?-
-A me ha fatto ridere-
-Cosa mi è successo?-
-Nulla, sei semplicemente svenuta-
-Da quanto?-
-Qualche ora-
-Mio babbo è rimasto indietro, come farò a trovarlo ora?-
-Troppe domande, la pazienza è la virtù dei forti, e tu dovresti averne un sacco di pazienza-
-Puoi smetterla con queste battutacce e farmi rinvenire?-
-Sì scusa, hai ragione- L'angelo mosse la mano come la volta scorsa e sentii il corpo cedere prima di essere catapultata di nuovo nella realtà.

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