La gita

di Ginevra_Alexia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A ritorno dalle vacanze ***
Capitolo 2: *** L'arrivo del Biondo ***
Capitolo 3: *** Un lato inaspettato ***
Capitolo 4: *** Un messaggino importante ***
Capitolo 5: *** Dietro quella porta da bagno ***
Capitolo 6: *** Occhi negli Occhi ***
Capitolo 7: *** Fatto il mistatto ***
Capitolo 8: *** Colpisci ***
Capitolo 9: *** Di nuovo l'errore ***
Capitolo 10: *** Casa d'aiuto ***
Capitolo 11: *** Con Affetto Daniele. ***
Capitolo 12: *** Su quella panchina si poteva morire o sognare ***
Capitolo 13: *** Kiss me ***
Capitolo 14: *** Hot ***
Capitolo 15: *** Passi famigliari per il mio cuore ***
Capitolo 16: *** Ultimo capitolo ***



Capitolo 1
*** A ritorno dalle vacanze ***


Ciao, io sono Anastasia, una ragazza punk di 14 anni, punk nel senso che mi vesto così; ai polsi bracciali con borchie e teschi ovunque. Sono sempre stata giudicate per i Dramalove, un gruppo musicale, non molto noto, ho subito del vero e proprio bullismo per loro, vi state domandano se è tutto finito e se me ne pento? In tutti e due i casi la risposta è no. No, non me ne pento, no, non è finito. Quella mattina era la prima di scuola, dopo le vacanze di natale, ed io ero nel ultimo banco, sola, come sempre. Stavo guardando fuori dalla finestra, durante l’ora di storia, quando ad un certo punto arrivano loro, i ragazzi che si divertivano a rendermi impossibile la vita. Feci un respiro profondo, la mia mano iniziò a tremare, come sempre avevo paura, uno di loro tre, Kevin, il classico tipo che si crede figo perché è biondo e ha gli occhi azzurri, si sedette vicino a me e ridendo mi disse:- allora? Il cantante ricambia il tuo amore?- poi cercò lo sguardo dei suoi amici, e il suo scagnozzo, travestito da rap aggiunse accarezzandosi la fronte:-Dramalove, vi amoo, ooh, sti stronzi stanno facendo bullismo, venitemi a salvare- . Kevin rise e aggiunse:- dove sono? He? Non ci sono? E allora perché non la smetti di amarli tanto? loro non ti aiuteranno mai- avrei voluto spiegargli che loro, mi servivano per superare tutto questo, che da quando li ascolto mi sento leggermente meglio, ma a cosa sarebbe servito? Loro non avrebbero mai capito, quindi abbassai la fronte e non risposi, attesi che se ne andarono e scoppia in lacrime, nessuno, nemmeno uno si avvicino per chiedermi cosa avessi, i professori insistevano a dire che era frutto della mia fantasia, ma credetemi, non lo era. Passarono le ore, era arrivata l’ultima, quella da me tanto odiata; educazione fisica. La odiavo da quando avevo paura di sbagliare, l’unico che li mi stava vicino era un ragazzino, si chiamava Cristian, capiva come mi sentivo e ogni volta che non ne potevo più, mi dava un po’ di energia, forse anche lui passava ciò che passavo io. La prof ci condusse in palestra, ma le galline della mia classe, fecero chiasso, e per punizione ci fece correre tutta la lezione, anche se ero asmatica adoravo correre, era l’unica cosa che facevo volentieri, quindi per me non fu’ di certo una punizione. Alla fine del ora, poco prima che suonasse, la prof ci fece sedere in cerchio e lei andò in mezzo e inizio a dire, con tono da madre, come se si stesse per comunicare la nascita di una sorellina o un fratellino;- bene ragazzi, voi sapete che la scuola serve per educare no?- omiodio ora dirà di Kevin e gli altri due, no no no ti supplico, pensai ma lei prosegui, i miei pensieri non la sfioravano- in un'altra classe, ci sono troppi studenti, e noi, per educarvi a convivere con altre persone, li abbiamo accolti nella nostra classe, e dopodomani si trasferiranno da noi, pretendo, da ognuno di voi, massimo rispetto- la prof guardò i bulletti e incalzò- e non dimenticatevi che ci sarà una gita, e ovviamente ci saranno anche loro, quindi, se non volete rimanere a casa, comportatevi come si deve intesi?- la campanella suonò e tutti ci alzammo, io corsi per prima verso la porta, la spalancai e scappai via dall’istituto. Non ne potevo più, già tre bulli, non volevo quelli anche delle altri classi. Arrivai a casa e lasciai cadere lo zaino per terra all’entrata, mia madre era di riposo e mi accolse calorosamente a casa, io le raccontai tutto, di come mi avevano trattato di nuovo i soliti tre, della gita e dei ragazzi che arrivarono il giorno seguente; la campanella era già suonata da un ora, ciò significa che era già iniziata la mattinata, e io stavolta non avevo ne borchie ne indumenti strani, solo i capelli legati da un nastro nero, mi ero svegliata tardi e avevo indossato il primo pantalone nero che trovai e la prima maglia azzurra che afferrai nell’ armadio. Entrò la professoressa di italiano è come un lampo, tuonò:- bene ragazzi oggi si interroga, Anastasia alla lavagna, e non voglio sentire scusanti- sta calma, pensai, ero agitatissima, io di grammatica scarseggiavo, come in ogni materia, ma credo che il mio problema dipendesse dal bullismo, non ero per niente rilassata e non riuscivo a ragionare, sparavo parole, lettere e suoni a caso. Ad un certo punto bussarono, io mi girai e vidi Kevin che mi suggerì , in preda al panico scrissi ciò che mi disse, entrarono tre ragazzi, uno bello come il sole, con la carnagione chiara, biondo e gli occhi neri, l’altro capelli color carota occhi coperti dal ciuffo e grassottello, non notai il colorito della pelle ed infine l’ultimo, a no scusatemi, lui era solo il bidello. Ero troppo assorbita dalla bellezza del biondo per rendermi conto che il cancelletto mi era caduto prima sulla maglia, poi sui pantaloni, lasciandomi ovunque il segno bianco ed infine in terra. La prof mi vide e scoppio a ridere, poi guardò la lavagna, e mi corresse cio che mi aveva fatto scrivere Kevin, io mi voltai verso di lui e lo vidi piegato in due dalle risate, con la voce dispiaciuta la proff. mi disse:- Ana che succede? Dai vai a posto che adesso ci sono loro, si presentano e settimana prossima ti interrogo nuovamente.- Il bidello chiese il permesso per entrare, e si avvicinò alla prof in un orecchio le bisbigliò, qualcosa e poi uscì. In una situazione normale non ci avrei fatto caso, ma ora stranamente, stavo tenendo la faccia alta e guardavo in giro, anche se più che altro guardavo il biondino, era cosi bello, sperai con tutte le mie forze che si sedette vicino a me, e ciò capitò, prese la sua cartella e la mise a terra, poi l’aprì afferrò le cose che gli servivano e le mise sul banco, ciò che non capivo era il motivo di perché aveva preso un pacco di sigarette e il telefono acceso.

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Capitolo 2
*** L'arrivo del Biondo ***


La prof incoraggiò i due ragazzi a presentarsi, e loro si alzarono, il rosso era timido e riservato, non amava parlare molto, specie di se, infatti iniziò a dire: - em si em ecco..- fece una pausa come per cercare le parole che in quel momento non c’èrano; Kevin ridacchio insieme a Lorenzo (il suo amico travestito da Rapper) e Francesco (l’altro suo amico, quello che si crede bello perché è ricco) –Hey Ana hai trovato qualcuno sfigato come te- mi urlò Kevin, la prof non intervenne, forse non aveva manco sentito, ma il rosso senti e anche bene, gli scese una lacrima, ma non parlò, forse anche lui aveva passato ciò che stavo passando io, il biondo occhi neri invece sbotto – Hey perché non te la prendi con chi ti risponde? La lasci in pace? È solo una ragazza, e tu, tu non sei altro che un verme-.
Kevin lo guardò malissimo, si avvicino al suo banco e cercò di prendere le sigarette, ma io arrivai prima e le presi, era sbagliato, non dovevo difendere una persona che sicuramente avrebbe fumato in classe, ma non avevo altra scelta, dopo tanto tempo, qualcuno aveva protetto me.
Lorenzo si alzò e si avvicino a me mi prese il braccio e inizio a stringere, il sangue rallentava, mi faceva male, le lacrime scesero dal mio viso, a quel punto intervenne la prof: - Lorenzo dammi il diario- lui mi lasciò ridendo diede il diario alla prof, ed essa disse: - per stavolta solo una nota, ma se si ripete sarai sospeso- io mi chiesi cosa volesse dire “solo una nota, per sta volta, cosa deve succedere ancora? O ma certo quella che soffre sono io, non di certo la prof, che importanza ha per lei se loro tre mi rendono la vita un inferno, che importanza ha per lei se io non esco più perché ho paura di essere aggredita? Io la odio, odio tutti” mi alzai e corsi fuori a finire di versare le lacrime restanti, il ragazzo biondo aveva aperto la porta ed era venuto da me, mi abbracciò anche se percepì che io non ricambiai, troppa paura, troppo tempo senza un abbraccio da un amico.
-Non dovresti farti trattare cosi- disse tenendomi ancora fra le sue braccia, lui non sapeva, lui non capiva, non era facile per me essere forte.
-dov’è finita quella ragazza che urlava sotto il palco dei Dramalove? Quella ragazza che si veste da punk, dov’è?- come faceva a sapere che ero andata al concerto dei miei artisti preferiti? Io non ne avevo parlato con nessuno, comunque non glielo chiesi, avevo paura anche di lui, sai quando ti abitui a essere picchiata anche una carezza fa paura.
Lui mi guardò negli occhi, non sembrava a suo agio, era come se mi volesse chiedere scusa, infatti si allontanò, ma non pronunciò le sue scuse, e io lo gradì molto, in quel momento della mia vita, mi serviva qualcuno di forte, qualcuno che non si sentisse in colpa solo per aver fatto ciò che secondo lui era giusto fare.
Gli passò le sigarette che avevo messo nella manica per nasconderle dalla prof, e lui mi sorrise ne tirò fuori una e iniziò a fumare – vuoi?- non sapevo cosa rispondere, io non fumavo, ma dirgli di no mi faceva paura, e se sene fosse andato per stare con gli altri bulletti? –em..- uscì dalla mia bocca, lui capì che non ero intenzionata e mi disse: - come non detto stai tranquilla- io presi il coraggio e gli chiesi: - ma come ti chiami?- lui mi guardò e ridacchiò –hai ragione non mi sono presentato, piacere io sono Daniele- allungo la mano verso di me e io iniziai a tramare, era ovvio che non voleva picchiarmi ma io comunque avevo paura, le gambe stavano per cedermi, gli occhi per esplodere nuovamente in lacrima, ma prima che accadde lui ritrasse la mano.
La prof uscì e lo vide fumare – giovanotto non si fuma qui, se no mi tocca sospenderti- era ovvio si sospendeva per una sigaretta e non per bullismo, l’odio aumentava sempre di più e lui stava per dire ciò che io pensai ma lo afferrai per mano e gli dissi: -lascia stare- lui mi diede retta e spense la sigaretta contro la parete, un gesto abbastanza da bullo ma lui era diverso, lo sentivo dentro la mia pelle, li proprio dove c’è il cuore.
La prof decise di far finta di non aver visto, come in altronde è sua abitudine e disse: - adesso entrate forza-
Lui mi prese per mano, e anche se tremavo dalla paura io strinsi la sua ed entrammo in classe.
Kevin, Lorenzo e Francesco scoppiarono a ridere, infine Kevin aggiunse: - allora sei anche una ragazza facile, l’hai appena conosciuto e già così ti comporti?- Daniele senza pensarci su due volte afferrò Kevin, e lo strinse dal collo…

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Capitolo 3
*** Un lato inaspettato ***


Kevin iniziò a sudare, percepii il panico nei suoi occhi, improvvisamente i suoi amici non ridevano più, nessuno di loro venne a difenderlo, Daniele guardandolo malissimo disse: - non parlarle, non guardarla, lasciala vivere, se lo merita- io non sapevo cosa fare, non mi piaceva vedere mani addosso, non mi piaceva che qualcuno picchiasse le persone, nemmeno adesso mi piaceva, non ragionai e dissi: -lascialo stare, vattene- Daniele mi guardò, non capiva, ma lo lasciò andare, io andai al mio posto e prendendo la cartella con dentro la roba scolastica cambiai banco.
 
Daniele ci rimase davvero male, i tre non capivano, nessuno capiva, ma io si, avevo visto troppe scende del genere, ne avevo la nausea, troppe mano alzate, troppi pugni, troppi calci, troppa violenza.
E quando credevi che tutto era finito era li che incominciava, Daniele si avvicino a me, ma mentre si piegava per parlarmi, Lorenzo lo buttò a terra e gli tirò un calcio nello stomaco, lui si rialzo e lo strascinò fuori dalla classe verso le scale, dove lo spinse giù, la preside era li, prese i due ragazzi e dopo essersi garantita che tutte e due stavano bene, li condusse nel suo ufficio, sedendosi disse: - bene ragazzi, qualcuno mi spiega che succede?- nessuno rispose, nessuno dei due sembrava intenzionato a parlare, Francesco busso all’ufficio e prima che la preside disse di entrare era già seduto sulla sedia difronte alla scrivania: - io so, io c’ero, io ho visto- dicendo cosi le raccontò tutto, anche del mio bullismo, ovviamente lui se ne tenne fuori.
La preside era sconvolta, e decise di farmi chiamare da Francesco, ma prima che lui uscì Daniele urlò: - no, lei non centra niente, lei non voleva che accadesse ciò- ma la preside fece segno a Francesco di uscire e fare ciò che gli aveva chiesto.
 
Quando me lo disse non ci volevo credere, cosa centravo io? Non ero io da incolpare, ma non importava la preside voleva vedermi, e io non avevo altra scelta, aprii la porta dalla mia classe, uscii e una volta fuori la chiusi delicatamente, per prendere tempo, anche dalla preside no, però ero già li dentro prima che mi venne in mente di far finta di avere la febbre e tornarmene a casa.
 
-Ana siediti- disse dolcemente Daniele indicando una sedia vicino a lui, ma io andai nel angolo opposto, lontana da tutte e due, fissavo la preside, per dar chiaro segno che se io ero li, ero li solo per lei.
-Anastasia… io ti conosco…vuoi dirci cosa succede?- disse la preside con fare dolce, ma io non risposi, cosa dovevo dire? Lei sapeva già tutto, era inutile aggiungere altro, ma lei proseguì: - credi che sia giusto ciò che ha fatto Daniele?- io guardando Daniele dritto negli occhi, cosa che non facevo spesso dissi: - no, non è mai giusto quando una persona alza le mani, la violenza porta solo altra violenza e dato che non ho intenzione di dire altro…- guardai la prof e feci un segno di saluto con la testa, poi guardai Daniele e un senso di tristezza mi attraversò nel cuore, alla fine anche lui era come gli altri, solo violenza e sesso.
 
La mia affermazione si rivelò reale, alla fine della scuola, io uscii prima da scuola e lo aspettai nascondendomi, non gli volevo parlare lo volevo solo vedere per un ultima volta, prima di dimenticarlo.
Lui uscì, si avvicino a due ragazze, entrambe belle, con almeno una 4 di seno, entrambe alte, una bionda e l’altra castana, la bionda aveva una minigonna e una maglietta nera, indossava tacchi 13cm.
La castana invece era in jeans con maglietta aderente rossa, come le scarpe con tacco 15 cm.
 
Lui si avvicino sbottonandosi la camicetta e lasciando vedere i pettorali, coperti da una maglietta bianca.
Afferrò la  vita della castana e baciò entrambe, -avvedi che porco- mormorai fra me e me, dirigendomi a casa.
Mia madre non c’era, ero sola, e forse era meglio così, non mi andava di parlare, ero arrabbiata, era inaccettabile ricambiare la violenza con violenza, era inaccettabile che avesse due tipe a corte.
Si fece sera, mia madre arrivò a casa, era un giorno importante per lei, finalmente il suo uomo sarebbe venuto a convivere con noi, l’idea mi piaceva.
 
Lui dopo un oretta arrivò, mia madre andò ad aprigli:- entra tesoro- si baciarono, e poi venne da me, entrando nella mia camera vide i poster dei Dramalove e scoppio a ridere: -tu ascolti sti froci?- mi disse, io non risposi, mi trattenni, non volevo dargliela vinta, poi lui aggiunse: - non mi meraviglio che sei una sfigata- io alzandomi presi il telefono e il giubbotto ed uscii di casa, non ne potevo più di sentirmi giudicata, non avevo un posto dove andare, presi il telefono e misi una traccia; Dramalove – Stelle.
La mia canzone preferita, e iniziò a piangere, di li passo Cristian, mi notò e salutando gli amici che brontolarono un po’.
Si avvicinò a me, lui era l’unico che poteva abbracciarmi, ma non lo faceva spesso.
Mi alzai e lo guardai, lui non fece domande mi abbraccio e io ricambiai stringendolo a me mentre le mie lacrime continuavano a scendere, ero stanca, triste, sola e non avevo un posto dove andare.
-cosa ci fai qui?- mi chiese, levandosi il giubbotto nero e restando con una maglia rossa, per metterlo a me che tremavo sotto il mio giubbotto bianco.
 
Io prima ancora di collegare il cervello mi trovai a raccontarli di ciò che era successo a casa, e rincominciai a piangere, gli dissi che non avevo un posto dove andare e lui non rispose, si limitò a chiedermi: - ti fidi di me?- e io sorridendo mentre lo guardavo negli occhi gli dissi: - certo scemo- anche lui sorride e prendendomi per mano mi portò a fare un giro, nonostante i problemi, riuscì a farmi ridere, ridere per la prima volta in quella giornata, poi lui disse: - un giorno senza vedere un tuo sorriso è un giorno perso- era leggermente arrossito e io sussurrai: - una vita senza un amico come te, è una vita persa-
Continuammo a camminare, lui mi fece cantare in riva al mare le canzone dei Dramalove, e io cantai come una pazza, con lui era tutto più bello, con lui era tutto più amichevole.
Dopo 2 orette, ci ritrovammo sotto un palazzo, il suo.
 
Citofonò –ma apri, a ma apri sto portone che fa freddo-
Oddio mi ero dimenticata di ridargli il giubbotto, povero stava congelando e io avevo due giubbotti.
-em.. tieni- dissi passandoglielo – bene … grazie di avermi sentita e… fai dei bei sogni- ormai l’ora di cena era andata per tutte e due, era giunta ora di rintanarsi per dormire.
-ma sei pazza? Credi che ti lascio sotto un ponte? Tu adesso vieni a casa mia e non accetto un no- disse e entrammo nel palazzo, poi salimmo tre piani di scale, ne mancava ancora uno ma io ero stanchissima, lui lo notò e mi prese in braccio.
Sua madre era alla porta vedendoci salire cosi scoppio a ridere –ciao ma- disse mente lei ci lasciava entrare e lui mi butto sul letto e rise.
-          Oi ma che modi sono questi?- incalzai io ridacchiando.
 
Lui mi osservò, era tenero, poi si sedette vicino a me – beh cena ormai è tardi ma almeno dormirai al caldo-
-a dorme qui? Ma dove la mettiamo?- chiese sua madre, io guardai a terra e mi sentì terribilmente in colpa, lui disse: - non preoccuparti ma, più che altro hai un pigiama da darle?-
-certo Cri, adesso lo vado a prendere- e si allontanò.
- em io… non voglio dare fastidio- dissi appena lei non fu nelle vicinanze
-ma tu non dai fastidio- mi rispose lui dolcemente
- dove dormirò?- chiesi osservando che c’era solo un letto, uno dei due avrebbe dormito in un altro modo.
- tu dormirai sul letto, e io per terra non è mai morto nessuno perché dormiva sul pavimento- rise, ma io restai seria- non se ne parla che tu dormi per terra, ci dormirò io-.
Sua madre torno con il pigiama, un dolce pigiama color crema – tieni Ana e dammi retta fai dormire a lui per terra, è un maschio e tutti sanno che noi femmine dobbiamo essere viziate.-
-em… grazie signora- non era tanto ciò che le risposi ma mi dovetti impegnare molto, ero tanto, troppo riservata.
 
Passarono le ore, nel frattempo Daniele era a casa sua, non era maggiorenne, ma i suoi genitori non erano con lui, erano puntualmente fuori città, chiamò il suo migliore amico:- hey Domenico, ti ricordi di Anastasia? Quella ragazza che sogno da due anni? Cavolo ho avuto modo di conoscerla- sorride al telefono, pensando alla ragazza, che era seduta sul letto sopra una coperta rossa con Cristian a mangiar nutella, o meglio a sporcare l’amico di nutella e poi leccargli le guance.
-come? Cos’è successo?- gli chiese l’amico indifferente mentre stava giocando a carte con suo padre.
Daniele gli raccontò tutto e alla fine disse: - quindi credo di averla già persa…-
-ma che te frega? Hai già due tipe che so nà bomba atomica- gli rispose l’amico…

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Capitolo 4
*** Un messaggino importante ***


-ma con loro è diverso, loro sono belle si, ma non hanno niente dentro, invece lei l’ho osserva, seguita, desiderata, tutto in silenzio, manco sapeva della mia esistenza- disse convinto, come se fosse l’unica sua certezza
-o amico devo andare che se no perdo contro mio padre a briscola, ci sentiamo e fattele adesso che sei in tempo, poi per la tipa ci penserai tanto sai che ti cercherà sempre, è sola.-
Daniele stava per ribattere alle parole amare dell’amico ma non fede in tempo che il telefono era già chiuso.
 
Si distese nel suo letto non fatto, nella sua stanza senza colore, solo pareti bianche attorno a lui, manco la tv gli faceva compagnia, solo libri abbandonati a terra e un album di foto, foto di Anastasia, da due anni prima fino al giorno stesso – quanto vorrei averne una nostra- disse a se stesso, l’unica persona vera con lui, era più solo di Ana anche se lui era sempre fuori, con diversi amici, diverse ragazze.
Nel frattempo a casa di Cristian la luce era spenta, Ana nel letto e lui per terra.
-Cri, ho paura… vieni qui con me?- chiese, per lei lui era un fratellone, lui ridendo si mise con lei sotto le coperte e l’abbracciò e le sussurrò:  -ci sono io non devi avere paura di nulla, capito?- io lo strinsi a me e mi addormentai poco dopo mentre lui mi accarezzò i capelli.
 
Daniele quella mattina si sveglio presto, aveva 5 chiamate perse, tutte da ragazze con qui usciva, ma quel giorno non era intenzionato ad uscire con nessuna di loro, si lavò e si vestì, poi prese le chiavi della moto, le sigarette e si diresse al parcheggio, salì sopra il suo 120 truccato e partì in direzione della scuola, era sospeso come lo era Kevin, ma al contrario di lui, voleva darmi il buon giorno, quindi era li davanti al cancello della scuola.
Io mi ero svegliata al tocco delle labbra di Cri sulla mia fronte – buon giorno cucciola- mi sorrise, era bello vedere un amico che ti sorrideva di prima mattina – forza la colazione è pronta- disse levandomi le coperte da dosso e spalancando la finestra.
Io mi alzai ero troppo stupita di tutto ciò per parlare ma scesi in cucina, ero ancora nel pigiamone, lui invece era già vestito, scarpe nere, pantaloni blu aderenti e camicetta nera con due bottoni slacciati.
A tavola c’era anche sua madre, lui aveva i genitori separati e sua madre non si era rifatta una vita dopo la separazione, ne soffriva ancora.
Tutte e tre ci sedemmo a tavola, era un tavolo quadrato, io ero di fronte a lui e sua madre era dalla parte vicino alla porta.
-Hai intenzione di fare conquiste oggi?- gli chiesi osservando il suo abbigliamento.
-Ma smettila chi mi considera li? Sono sempre solo- ed era vero anche lui era sempre solo, anche se ci volevamo bene non riuscivamo a stare assieme a scuola, io non riuscivo a stare con nessuno all’interno del istituto e lui neanche.
 
Era ora di andare a scuola e io mi ero appena finita di preparare, con la roba di ieri, pantaloni bianchi e maglietta viola come le scarpe.
Speravo che dato che non c’era Kristian non mi deridevano, almeno per oggi.
Eravamo arrivati davanti al cancello e scendemmo, per gli altri era un bambinello perché mamma l’accompagnava ancora a scuola, per me era la cosa più naturare e benvoluta al mondo.
Era ancora li, in piedi, ad aspettarmi, lo riconobbi dal ciuffo biondo, molto più ordinati dei miei neri.
Non volevo vederlo, non volevo incontrarlo, non volevo incontrarlo – Cris… non voglio incontrarlo aiutami-
-ma smettila- mi disse lui, ed era deciso di non aiutarmi – grazie tante he- dissi seccata.
-hey capelli scuri- e che diamine è adesso questo soprannome? Pensai.
Non mi voltai, non gli avrei dato retta, ma mi prese dal polso – non snobbarmi-  mi disse molto serio – mi manchi- disse mentre mi voltai – non mi conosci, lasciami stare capito? Non ho bisogno del tuo aiuto- ero ancora arrabbiata con lui, ma lui ci restò male e mi lasciò andare, Cri era già entrato.
Io senza salutarlo mi diressi dentro, corsi per il corridoio e entro in aula.
 
Mi buttai sul primo banco libero e ci lanciai sopra la cartella, ero distrutta, prima mattina e già mi veniva da piangere, anche lui mi aveva preso dal polso, anche lui ha usato la violenza…
Cristian era in prima fila già con i libri fuori pronto a scrivere, Daniele era andato via, sul suo cavallo.
La classe in ben che non si dica era piena di gente che urlava, si spintonava e faceva finta di complimentarsi per i vestiti nuovi degli amici.
 
Prima che arrivò la professoressa Francesco era li, davanti a me con i suo amico, lui iniziò a dire: - allora? Sfigatella non ti sei manco cambiata? Oh immagino che siano gli unici tuoi abiti- fece la faccia fintamente dispiaciuta, lui non sapeva cosa avevo passato la sera prima, non sapeva che non avevo idea di dove passare la mia nottata attuale, io non gli diedi retta, non avevo voglia di rispondergli.
Lorenzo aggiunse: -che c’è? Non fai più la furba adesso che non c’è lui?- rise – oh povera bimba non sa ciò che le aspetta- e dicendo cosi tutte e due tornarono apposto, era insopportabile tutto ciò, e mi faceva paura.
 
La professoressa entrò, era in abito color confetto, i capelli legati da un nastro nero come i suoi capelli, indossava un paio di scarpe bianche come la borsa.
-bene ragazzi, oggi mi scriverete cosa pensate dell’amore, tutto ciò che vi viene in mente, ogni sensazione, ogni emozione, ogni desiderio- disse guardando ogni uno di noi, alla fine i suoi occhi cercarono i miei, io ero troppo confusa sul tema per sostenere lo sguardo, non ero mai stata amata da un ragazzo, non ero mai stata desiderata da una persona fortemente; li abbassai.
Lei uscì e io sperai con tutta me stessa che non facesse più ritorno: ma prima che riuscii ad appoggiare la testa sul banco era già in piedi a distribuire i fogli, -tieni Ana, e vedi di fare un bel lavoro, mi aspetto grandi cose di te, tu sai scrivere, lo so- mi disse posandomi la verifica sul banco traballante, si aspettava che io riuscissi a fare un bel lavoro, ma per me era impossibile fare un racconto sull’amore.
Presi il foglio lo fissai, scrutai ogni angolo come per cercare indizi inesistenti, afferrai la penna, guardai pure essa ma niente, non c’era modo di salvarmi era la mia fine.
 
Passarono i minuti, passò un quarto d’ora, ancora niente, ero finita, morta, ero già in tomba.
Drinn mi vibrò il cellulare, mi era arrivato un messaggino, recitava: - vieni in bagno.-
Mi alzai e andai dalla prof, lei mi guardò e mi sorrise, era possibile che fosse complice del messaggio?
-em.. devo.. bagno… - bisbigliai, lei ridacchio e mi fece uscire, ero vicina alla porta del bagno, qualcuno mi afferrò dalla vita e mi mise una mano sulla bocca, era dietro di me, non riuscivo a vederlo, mi baciò la guancia, io tremavo, avevo paura, e se fosse stato Francesco e mi avrebbe picchiata? Le mie gambe mi stavano cedendo, lo sentivo sarei svenuta da un momento all’altro, la testa mi girava… mi lasciò
-non andare..- la voce mi era famigliare, e non sembrava nessuno di quei tre, tremando più forte mi girai, era Daniele , in bagno, cosa ci faceva a scuola quando era stato sospeso? Perché era in bagno? Lo guardai stupita, e anche impaurita, se fosse stato un accordo con Kevin? Se loro due erano amici in realtà? Mi allontanai, ma subito dopo lui mi abbracciò –non andartene- mi sussurrò, stava piangendo, lo sentivo, sentivo le sue lacrime scendere sulla mia spalla, sentiva la sua schiena tramare.
 
Non me la sentii di allontanarlo, ma non ricambiai l’abbraccio – perché sei qui?- chiesi
-per te, mi manchi, non voglio stare un secondo in più, pensando che tu c’è l’abbia con me-  anche la voce tremava, io ero confusa, era violento, eppure mi era comparso un sorriso sulle mie labbra.
-come ti stanno trattando?- mi chiese dopo alcuni secondi
Non volevo farlo preoccupare, avrebbe potuto fare qualsiasi cavolata, e non me la sentivo di correre il rischio –em bene- bisbigliai ma lui capì che mentivo – me la pagano, giuro che appena torno a scuola me la pagano-  disse arrabbiato, ma sempre abbracciato a me; - no, fallo per me- la mia voce era timida ma sicura, forse più sicura che mai.
-Okey.. ma se ti alzano le mani è la fine…diglielo pure-  dichiarò e io, per la prima volta l’abbracciai, le lacrime che si erano bloccate dal viso di lui esplosero nuovamente, era la prima volta che lui riceveva un abbraccio vero, e quel abbraccio era di quella ragazza che aveva osservato da lontano per due anni e lei non lo sapeva, non l’avrebbe mai saputo.

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Capitolo 5
*** Dietro quella porta da bagno ***


Il tempo passò in quel bagno, tanti sguardi, in quel abbraccio solido.
Mi dimenticai della verifica, del bullismo e di dove avrei dormito quella notte, non mi andava di tornare in classe volevo rimanere con lui: - cosa facevi in classe?- mi chiese sorridendomi
-verifica.. tema… cos’è l’amore ci chiede la prof…- ricambiai il sorriso
-e per te cos’è l’amore?- le sue domande continuavano, mettendomi sempre più confusione
-non lo so, non ne ho idea- dissi arresa all’evidenza
Lui mi baciò la fronte, senza far più domande, dandomi solo un ordine –fila in classe, che devi scrivere- i suoi occhi intrecciati ai miei;
Stavolta toccò a me far una domande: - scrivere di cosa?- ero seria, non lo chiedevo per metterlo alla prova o altro, lo chiedevo perché magari lui sapeva cosa fosse l’amore
-scrivi di me- disse prendendomi per mano e accompagnandomi alla porta;- ci vediamo dopo, ti vengo a prendere a scuola-
-hai tempo per me? Le due pupe potrebbero offendersi- mi riferivo alle ragazze di ieri, non sapevo perché ma mi dava fastidio
-loro? Om sono…le mie sorelle- non aveva la forza di guardarmi negli occhi, si sentiva sporco
-non dirmi palle, non me lo merito, ma questa è la tua vita, quindi vivitela e .. non dimenticarti che oggi si esce mezz’ora prima he- uscì dal bagno e ritornai in classe, erano passati i prima 30 minuti, il che voleva dire che il tempo stringeva, ancora 30 minutini e la verifica sarebbe finita, io mi sedetti al banco e feci ciò che mi aveva detto lui, scrissi di noi.
 
La campanella suonò  quando io avevo finito di scrivere, ero salva, come era possibile? Un attimo prima ero morta e poi improvvisamente salva.
Lorenzo si avvicinò:- allora scema di chi hai scritto? Tu non hai nessuno sfigata-
Io per la prima volta risposi: - non temere prima o poi Daniele tornerà, stavolta mi sa che volerai tu giù dalle scale- gli sorrisi di sfida, sfida che lui non accettò e voltandosi tornò apposto, per la prima volta mi ero fatta rispettare, per la prima volta avevo detto basta ad alta voce.
 
Le ore passarono, italiano o matematica, storia o Geografia, per me non aveva nessuna differenza, la mia mente era fuori, era con lui, mi sentivo strana, non volevo tutto ciò, non volevo provare questa sensazione, eppure era dentro la mia pelle.
 
Suonò la campanella dell’ultima ora, ero fuori, la cartella era ancora aperta e disordinata, non avevo messo in giubbotto ma lo portavo con il mio braccio destro, volevo vederlo ma lui non c’èra, non era venuto a prendermi a scuola, questa me la paga pensai.
 
-merda- il ragazzo era rimasto bloccato nel traffico, -dai cavolo, è verde andate, stupidi andate, muovete il culo cavolo- il traffico si mosse di qualche cm.
Prese la moto e la posteggiò sul divieto di sosta, era l’unico posto libero, si slaccio il casco e iniziò a correre dalla ragazza che era fuori ad aspettarlo.
 
-hey Ana- sentii esclamare, sembrava la voce di Kevin, ora mi ammazza, pensai, non dovevo rispondere al suo amico, mi ripetei mentalmente
-hey ana.. ascolta… Daniele mi ha chiamato- disse raggiungendomi
-em… okey- mi sforzai di sembrare indifferente
-e mi ha detto che non può venire… insomma mi ha chiesto di non dirti niente ma… so quanto sei fragile e io… ti ricordi le ragazze di ieri? Quelle che erano con lui.. beh ecco.. diciamo che ha avuto un contrattempo con loro- mi fece l’occhialino –capisci che contrattempo? Ho devo spiegartelo?- disse con il suo solito tono da pallone gonfiato.
Non volevo crederci, non poteva essere vero, le lacrime scesero dal mio viso fragile, Kevin rise e si allontanò.
 
Stupida Ana, sei una stupida, rimbombava nel mio cervello.
Daniele non era ancora arrivato e mi incamminai verso casa, come sempre sola, pensai al tema, non mi riuscivo a dare spiegazioni, sentii strada facendo una coppietta litigare, lei diceva:- mi hai usato per scopare, sei stato viscido, io ti odio, ero sola prima che arrivassi tu, perché mi hai fatto cio?- era a pezzi lui continuava a star zitto.
Li superai di certo non volevo farmi gli affaracci altrui, Daniele era arrivato a scuola al momento esatto in qui io entrai in casa.
-merda non c’è- esclamò, poi si diresse in direzione –mi scusi vorrei sapere dove abita una studentessa-
La direzione gli rise in faccia –forse lei non ha capito non è una domanda è un ordine- disse mostrando il coltellino che aveva in tasca, la segretaria interrogata prese l’archivio e lui disse il mio nome, gli diede il mio cellulare e l’indirizzo.
Driin mi vibrò il telefono, stavolta era una chiamata, la sua, avevo salvato il numero quando mi aveva mandato il messaggio, io non risposi mi stesi sul letto e iniziai a piangere, per  un tempo che parve infinito, finché non bussarono alla porta.
-chi è?- chiesi e alzandomi sbirciai dallo spioncino
-aprimi, ti prego, scusa del ritardo- proseguì lui capendo che non avevo intenzione di aprirgli, ma io non cedetti, continuò a bussare per un po’ e alla fine disse.
-io sto qui, non importa quanto devo aspettare, piuttosto aspetto che domani esci per andare a scuola.-
Non sembrava condannarmi per il mio comportamento infantile.
 
Dopo due orette, comunque mia madre gli aprì, e mi chiamò, già non volevo starci in quella casa, per di più gli apriva come niente fosse, lei non sapeva che era lui pero’ ero arrabbiata con tutti.
 
-che vuoi in casa mia?- gli urlai contro
Lui mi guardò negli occhi –non volevo rimanere nell’traffico-
-traffico? ma quale traffico? Kevin mi ha detto tutto-  la mia voce era sempre più alta
-Kevin?- non riusciva a capire –cosa ti avrebbe detto Kevin?-
-ti sei divertito con le tipe? He? Ne è valsa la pena lasciarmi sola a scuola?- ero arrabbiata sempre di più.
Scosse la testa, -tu ti fidi di lui? Io non sono andato da nessuna tranne te, ero in coda, ho lasciato la moto nell’divieto di sosta, per sentire che tu dubiti di me per Kevin?-  era allibito
-ho paura- riuscii a dire prima di esplodere in lacrime, lui mi abbracciò forte forte.
-shh piccola, non voglio farti del male- mi  bisbigliò
Mi lasciai abbracciare, non dissi nulla, una parte di me, chissà quanto importante e quanto grande si fidava di lui.
 
-posso portarti fuori?- mi chiese timidamente, il ragazzo aggressivo e violento che era a scuola  e successivamente in segreteria non c’era più, era meraviglioso e sensibile.
-certo- gli sorrisi –dove mi porti?- mi prese per mano –vedrai- aveva deciso di tenermi sulle spine.
-non è un posto originale è il classico posto dove si porta qualcuno di importante.. dove non ho portato nessuno- mi rispose pensieroso
-dai non scherzare, non sono stata  l’unica ragazza importante per te- ridacchiai
Non mi rispose ma mi strinse la mano, era una sensazione magica, una di quelle che io ancora non avevo provato…

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Capitolo 6
*** Occhi negli Occhi ***


Mi aveva portata al mare, era calmo, posò sulla sabbia dorata il suo borsone nero come i pantaloni e il sole giallo, sembrava lo stesso della maglia e delle scarpe.
Era bello, tanto bello.
-hey, come fai?- gli chiesi sedendomi
-come faccio?- non capiva e si sedette vicino a me
-sei bellissimo, come fai?- mi meravigliai delle mie parole.
Lui sorrise, non mi rispose, ma ormai mi ero abituata ai suoi silenzi.
-allora? Com’è andato il tema?-
-credo….bene- non ne ero sicura, ma non lo sono mai stata di niente
-io ne sono certo, è andato bene- mi rassicurò
Io sorrisi, non ero mai stata così bene, l’adoravo.
Si striò vicino a me e mi fece striare sopra di lui, non ero pronta per stargli così vicino, e mi allontanai striandomi vicino a lui che mi accarezzò i capelli e sorrise.
Sorrisi anche io e gli raccontai della mia giornata, fin a dirgli che avevo risposo a Lorenzo, era fiero di me, lo leggevo nei suoi occhi.
 
Passarono le ore mentre giocavamo,  e parlavamo, mi raccontò che era sgattaiolato  di nascosto dentro la scuola e poi in bagno, non mi volle dire come aveva avuto il telefono, ma il ragazzo l’aveva ottenuto da un amico un anno prima.
 
-hai freddo?- mi chiese quando il sole stava tramontando
-si, un po’- gli risposi esitante, non volevo andarmene, lui si alzò e prese una coperta dal borsone, aveva disegnata delle piccole stelle con una luna al centro di color bianco mentre lo sfondo era blu.
-vieni qui- mi disse avvolgendosi nella coperta, io mi abbracciò a lui sotto le coperte e ci stendemmo nuovamente, era la classica scenda da bacio, tramonto, sotto le coperte, ma ciò non accadde, non so se lui ci pensò ma io no.
-vedi, non posso darti più di ciò- disse un po’ dispiaciuto
-em.. e cosa credi che io voglia?-  gli domandai curiosa
-non lo so, magari ristoranti di lusso… pomeriggi al cinema… ma la verità e che io arrivo a fine mese per fortuna- mi confessò
-mi dispiace.. però a me non interessa del lusso o del cinema, io voglio star bene, e tu riesci… hai una vaga idea di ciò che significa per me avere una persona che mi vuole bene? Dopo tutto il bullismo avere te è bello- sorrisi
Lui mi avrebbe voluto raccontare dei suoi genitori, delle ragazze con qui cerca di distrarsi, del suo amico troppo impegnato a giocare a carte, ma non mi disse nulla di ciò.
-però se tu desideri essermi amico… basta violenza ok?- ero seria
-io… basta che nessuno ti fa del male, è la mia condizione- era irremovibile tentai di convincerlo ma fu inutile, non sapevo del accaduto all’interno della segreteria scolastica.
 
Era ora di andare a casa mi alzai –si è fatto tardi… io devo andare-
-resta con me stasera- mi chiese lui
-no, non mi va- non volevo dormire con un ragazzo, lui era diverso dagli altri, ma alcune cose mi spaventavano lo stesso.
-ti accompagno allora- disse alzandosi anche lui.
 
Arrivammo sotto casa mia –Sali? Vorrei presentarti a mia madre-
 Lui sorrise – è importante per te tua madre?- non era abituato a sentir la parola Madre, quel nome tanto importante nella vita di tutti, ma assente nella sua.
-è la donna più importante della mia vita-  dissi con tono fermo
-allora salgo- ridacchiò
Aprii la porta con le chiavi e entrammo in casa, il compagno di mia madre non c’era.
-hey Ma siamo arrivati- urlai
mia madre scese dal piano di sopra tutta di fretta - è il ragazzo di oggi, avete fatto pace?- chiese
-salve signora, mi scusi se oggi mi sono comportato male e non mi sono presentato, piacere io sono Daniele- non era possibile, pure educato con gli adulti, quanti pregi.
-buondì ragazzo, non preoccuparti- gli rispose sorridendo –io sono sua madre, mi chiamo Natasha- concluse in fretta.
-ma’.. oggi è successo un casino- iniziai e poi le raccontai il tutto.
-sembra un bravo ragazzo, e non dar peso alle parole dei soliti tre- mi disse sorridendo, come solo una madre sa fare.
 
Un ora dopo era pronta la cena, e lui arrivò, Daniele mi lesse negli occhi, sapeva che non lo sopportavo.
Il compagno di mia madre le diede un bacio e poi entrando mi derise nuovamente per i Dramalove.
Daniele cercò di sembrare educato, un tentativo nullo: -mi scusi signore, ma lei chi è per ferire Ana? Conosce la ragazza, o forse sa qualcosa dei Dramalove di cosi scioccante per essere così stupido? No perché sa un adulto non dovrebbe mettere tristezza nel cuore dei giovani per la musica, per Ana la musica è la sua vita, quindi la finisca di essere arrogante- ogni sua parola era veleno per l’uomo
Alla fine mi chiese scusa e andò a lavarsi
Daniele rivolto a mia madre disse: - mi scusi signora, ma deve ancora nascere la persona che può ferirla in mia presenza.-
La mia mamma non disse nulla si limitò a sorridere e successivamente disse: - è pronto da mangiare, venite a tavola-
 
Daniele mi diede un bacio sulla fronte – adesso vado- io lo guardai con gli occhi lucidi, non volevo che se ne andasse, ma non potevo fermarlo
-no ragazzo tu resti- piombò il compagno di mia madre – ci sto io, ed è giusto che ci stai pure tu-
Lo guardò stupito:- ma io e Ana non…stiamo assieme-
Mia madre intervenne: -tu la fai star bene-
.per lei posso restare signora?- chiese prudente
Ma prima che mia mamma potesse rispondere io ero già in cucina saltellante a prendere le posate.
 
La serata fu piuttosto piacevole, anche per lui, ci furono tanti sguardi teneri, la cena era finita, volevo uscire un po’ con lui, ma mi disse che era troppo tardi e non se la sentiva di uscire  quindi una volta che mia madre si fidava di lui, cosa molto rara, decisi di andare a dormire con il suo compagno.
io e lui ci coricammo nel letto sotto le coperte, la mia mano cercò la sua, la trovò e si intrecciarono.
 
-resta qui, non voglio passare tempo senza di te.- mi uscì dal cuore, gli occhi erano chiusi e non ragionai
-Ana.. mi farebbe piacere ma.. non è il caso, voglio prima che i tuoi si fidano di me, è importante per me-
Mi accarezzò il naso con l’indice della mano sinistra, mentre con l’altra accarezzava la mia mano.
Non avevo mai permesso a nessuno di avvicinarsi così tanto, ma con lui, era tutto diverso.
Mi fidavo, anche se non sapevo molto di lui.
-perché?- chiesi dopo un po’
-perché cosa?-era confuso
-perché io, non ho niente, eppure sembra che io per te sono importante- ero convinta di ciò che dicevo, solo lui riusciva a darmi sicurezza
-tu sei, tu sei diversa… tu tu tu non pensi solo alla moda o a quanti kg devi perdere, tu vai oltre- non disse ciò con facilità, si impappinò, ma fu comunque stupendo sentirselo dire.
 
Il resto della serata fu silenziosa, nessuno dei due amava parlare, e allora riuscivamo a trovarci tramite sguardi, coccole, tutto ciò che a entrambi era mancato fin a quel momento.
Gli squillò il cellulare, era un messaggio, io non volli leggere, la tentazione era alta ma mi fidai di lui, anche se….
 
 
 

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Capitolo 7
*** Fatto il mistatto ***


 
Un attimo dopo lui mi salutò un po’ di fretta e corse via, era una di quelle due dell’altro giorno? Era possibile che mi abbandonava per loro?
Lui si diresse verso la moto, si infilò di corsa il casco e corse all’ospedale, il suo amico era finito in coma etilico, era andato il discoteca e alzato troppo il gomito, ma lui non me lo disse per non mettermi ansie.
 
Arrivò e posteggio in un posto delle auto la moto, infatti un vigile gli fece la multa un ora dopo.
Arrivato alla porta di entrata corse dritto nel reparto apposito: - dov’è Domenico? Dove cazzo è il mio amico?- urlò, era disperato, un infermiera gli disse che non poteva stare li, e lui bestemmiando andò dai dottori, che gli dissero di accomodarsi nella sala d’aspetto, e li lo condussero, lui arrivato li buttò all’aria le sedie e i giornali, poi si calmò e si sedette.
Passarono le ora, cercò di parlare diverse volte con i dottori, ma le cose non cambiarono, gli avevano spiegato che era finito in coma etilico, ed era molto grave, le possibilità che si riprendeva erano poche, il modo di Daniele gli crollò addosso.
 
Quella notte dormì li, su una sedia, sperando che l’amico si riprendesse, ma non ebbe notizie, nemmeno al suo risveglio, nemmeno nel mattino, neppure nel pomeriggio, nemmeno alla sera, cercai varie volte di chiamarlo ma lui non rispose, non rispose a nessuno, nemmeno all’anonimo.
 
Era giunta notte, io ero nel mio lettino a piangere, ero convinta che lui si fosse stancato di me, piangevo come una fontana o un pozzo.
Lui aspettava ancora notizie, ma i dottori ogni volta che passavano dicevano che non era cambiato nulla, più passava il tempo, e meno possibilità c’erano.
Io ero triste, non era venuto a scuola, non rispondeva al telefono, era possibile che era tutto un sogno? Era possibile che non c’era più ed era tornato nella mia fantasia?
 
Il giorno dopo ero a scuola, più triste che mai, Kevin mi si avvicinò: - Hey sfighi stai ancora con Daniele? Ma dimmi un po’, gliel’hai già data? No perché se non gliela dai quello sparisce nel nulla te lo dico io- i suoi amici risero e si allontanarono, era possibile che dicesse la verità? No, non ci crederò stavolta, mi dissi da sola, ma fu impossibile non prendere in considerazione quella possibilità, nel corso della giornata i tre si divertirono a farmi passare le pene dell’inferno, non ne potevo piu, sentii una voce dire: -BASTA- sperai con tutta me stessa che fosse Daniele, ma non fu lui, era Cristian, in piedi dal suo banco che guardava verso di noi.
 
I tre andarono da lui, Kevin lo prese e lo tirò a se, lo gonfiarono di botte, ovviamente i prof non disse nulla, era dalla porta ma fece finta, secondo me, di non vedere e sentire niente.
Poi Francesco gli disse: - non ne parlare con nessuno o..- fecero segno di accoltellarlo tutte e tre nello stesso momento, rivolti al collo.
Io rimasi interdetta, poi andai da lui: -devi andare in ospedale, non puoi stare così- sussurrai
In quello stesso momento Daniele stava osservando l’amico da dietro un vetro, i dottori l’avevano fatto avvicinare.
Cris non volle, e la giornata riprese come sempre, ma le sue ossa ne risentivano, riusciva a stento a camminare.
 
La campanella dell’ultima ora suonò, e corsi a casa, avevo più paura del solito, mia madre non c’era, non c’era nessuno in casa, solo il ricordo di lui, mi distesi nel letto, lo stesso che aveva ospitato me e lui e piansi per ore, non avevo la forza di lottare, mi erano rimaste solo le lacrime.
 
Nel ospedale, l’andò a trovare la bionda, gli aveva scritto poco prima.
Andarono in un bar, li si iniziarono a baciare, lui poi gli chiese di andare in bagno e lei accetto, la sua maglietta rossa si levò a seguire il reggiseno, non importava il posto, i pantaloni neri di entrambi si sfilarono, le scarpe rosse di tutte e due erano già state levate  lo fecero, mentre io ancora piangevo e ignoravo tutto ciò.
Poi lui dopo che si era distratto un po’, si rivestii e andò nuovamente dall’amico, ormai il sesso era come la sua droga più potente di tutte, quella che devi usare quando stai troppo male, usa e getta, non aveva nessun valore la ragazza che si era appena fatto.
 
Le ore passarono tentai varie volte di chiamarlo ma lui non mi rispose mai, ero a pezzi.
Il mio campanello di casa suonò dopo cena, corsi ad aprire la porta convinta che fosse lui, ma non era cosi.
-Hey Cris- ero felice di vederlo, ma la delusione che non c’era Daniele fuori dalla porta fu tanta
-ciao Ana.. speravo di non dar fastidio ma dato il tuo sguardo.. forse è meglio che ci vediamo domani a scuola- sembrava davvero dispiaciuto
Io finsi un sorriso e dissi: - ma che dici? Dai entra che qui fa freddo-
Il ragazzo mi seguì, mia madre e il compagno non c’erano ancora
-sei sola?-  mi chiese guardandosi intorno, che domanda è? Si che sono sola, vedi forse qualcuno in questa casa che non sia io e te? Si formarono queste parole nel mio cervello, ero arrabbiata, ma non le dissi, lui zoppicava ancora.
 
Giunti nel salotto lo feci accomodare su una sedia e gli offrii un bicchiere di aranciata
Mentre sorseggiava mi chiese cosa avessi, mi conosceva da troppo tempo per non capire e io sputai fuori tutta la faccenda, sapendo che ogni parola che lui avrebbe detto non mi avrebbe consolata, ma mi fece bene sfogarmi e ricevere un suo abbraccio, io però non ricambiai, non era lui che volevo stringere fra le mie braccia.
-hai tutto il viso segnato da lacrime Ana, non dovresti ridurti così per lui- mi disse dispiaciuto
-Cris.. e per chi dovrei soffrire? Forse per Kevin, lui è l’unico ragazzo che pensa a me, che vuole proteggermi, che va contro tutti per me- ero seria, ancora una volta ero convinta delle mie parole, e non mi resi conto che il ragazzo fu molto ferito da esse
- certo io che non riesco a camminare non valgo molto vero?- era seccato
-non sto dicendo questo, solo che tu sei il mio migliore amico e lui,… lui è altro- la mia voce si alzò, odiavo quando lui mi parlava con tono seccato
-va bene Ana.. allora fatti consolare da lui dato che adesso vuoi stare solo con lui, mi hai aperto la porta e sei rimasta delusa, ti ho abbracciata e mi hai ignorato, e adesso dici che lui ti protegge su e giù, okey vai da lui- e prima che io potei ribattere era uscito di casa, ancora una volta zoppicando, quindi forse se davvero avrei voluto, avrei potuto fermarlo, ma non era da me fermare gli amici, chi vuole restarmi accanto bene, se no ciao.
 
E cosi pure il mio migliore amico si allontanò, aveva ragione a dire ciò, ma io non riuscivo a fare niente se non sapevo che Daniele sarebbe stato dalla mia parte, mi mancava tanto, ma alla fine dovevo aspettarmelo che sarebbe sparito nel nulla.
 
Le settimane passarono, lui non si fece sentire, il suo amico era ancora in coma, dunque non veniva a scuola, nemmeno a casa mia, e neppure mi chiamava, mi mancava tanto, non riuscivo ad abituarmi a non vederlo attorno a me.
 
Il bullismo continuò più forte di prima, ogni ora avevano una novità per farmi pentire di essere nata, Cris non prese più le mie difese, non so dire se fosse per le botte che gli avevano dato, o per il mio comportamento brutale nei suoi confronti.
 
A casa c’era un’atmosfera tesa, orribile, non si poteva parlare più, ogni volta che aprivamo bocca si litigava, avevo i nervi che non mi reggevano più, passò un mese, ormai la mia vita stava andando a capofitto, mi rifiutavo di mangiare, di uscire con mia madre, mi rifiutavo di vedere gente, di essere interrogata, di far verifiche, di provar a sorridere, ormai niente aveva più un valore, lui era sparito….

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Capitolo 8
*** Colpisci ***


L’amico si stava riprendendo anche se era un percorso molto lungo e tortuoso, infatti Daniele gli rimase sempre vicino, qualche bacetto alla bionda, ma niente di più, non voleva allontanarsi da Domenico.Sentiva la mia mancanza, questo era leggibile nei suoi occhi, ma comunque non si fece sentire.
Un mese e mezzo dopo la sua scomparsa, i prof ci cambiarono di banco, fu un brutto colpo per me, il sapere che prima dove c’era Daniele adesso doveva esserci Cris.
Da quella litigata non c’eravamo più parlati
-Ciao Ana… posso?- indicò il banco vicino a me, dove i prof avevano assegnato il suo posto, io levai una foto delle mani mie e di Daniele che avevo scattato la sera a casa mia.
-certo- dissi senza guardarlo, le mie lacrime esplosero nuovamente, mi mancava la nostra amicizia, mi mancava Daniele, non ne potevo più, avevo perso parecchi Kg, i dottori dicevano che se continuavo così avrei fatto una brutta fine.
 
Prima di rendermene conto raccontai tutto a Cris, lui mi abbracciò e mi promise che da quel momento in poi io avrei rincominciato a sorridere, mi sembrava una cosa impossibile dato che il mio motivo di sorridere non c’era più.
 
I giorni passarono, i mesi si susseguirono, l’amico era uscito dal ospedale ma aveva bisogno che qualcuno gli stesse vicino 24 ore su 24 a casa, Daniele se ne prese cura, ormai viveva per lui, non usciva più con nessuno, tranne con la biondina, che andava a casa loro, ogni sera guardava le mie foto, ma non mi chiamava mai al suo risveglio, perché sapeva che se avesse sentito la mia voce sarebbe corso da me, non poteva abbandonare l’amico proprio in quel momento.
 
Nella seconda ora del mattino, la prof decise di farci uno dei suoi discorsi, era chiaro che si riferiva a me, Daniele e Cris, purtroppo lui provava attrazione per me.
Dopo un ora intera che parlava di cose insensate concluse con: - quindi, avolte bisogna accettare ciò che ti fa star bene- ed effettivamente lui mi faceva star bene, almeno quando era vicino a me, anche se un minimo silenzio mi riportava al ragazzo sparito.
La prof proseguì: - anche se ciò significa, dimenticare quello che si vorrebbe al proprio fianco- la campanella suonò, era l’intervallo, tutti uscirono, tranne me e Cris… era giunta ora di dimenticare Daniele, lo sapevo, lo sentivo.
 
-hey Ana.. so che non sarò mai lui ma..- si era già dichiarato tempo fa, le parole non le ricordo, non ci feci pienamente attenzione, non riuscivo, l’idea di baciare labbra non sue mi dava fastidio, ma lo azzittii lo stesso con un mio bacio, non aveva il sapore che cercavo e nemmeno la sensazione.
Ma sperai di dimenticarmi del mio biondo e di poter dare il mio cuore a lui.
Mi sentivo male, non era ciò che volevo, infatti corsi in bagno, quel bagno dove aveva ospitato il mio primo abbraccio con l’angelo biondo e piansi, passai tutto l’interavano a piangere in bagno ma quando uscii le lacrime non si vedevano più, era sbagliato, ma lui sapeva benissimo che il mio cuore era solo di uno, e quel uno non era lui.
 
 
Tre mesi, tre mesi senza sentirlo, ormai era sparito, mi ero rassegnata all’idea che non sarebbe più tornato, il bullismo continuò, Cris cercava di proteggermi, ma mi faceva male anche dopo tre mesi vedere che era lui a difendermi e non Daniele.
 
Daniele invece, si era fidanzato con la bionda, e ogni sabato sera si davano da fare nella camera dei genitori di Domenico, che per sei mesi erano fuori regione per lavoro.
Non mi aveva dimenticata, e sapeva che prima o poi sarebbe tornato a prendermi, ma nel frattempo decise di divertirsi un po’, non aveva la testa per pensare a proteggere anche me, quindi si divertì con la complice.
 
Sei mesi dopo, io e Cris entrammo in classe mano nella mano, era la prima volta che gli permettevo di trattarmi come la sua ragazza.
Non immaginavo che al banco suo, che prima era di Daniele, ci fosse un ragazzo incappucciato, di viso famigliare.
Quando tutti lo ebbero notato, calò il silenzio, le mie gambe tremarono, Cris mi lasciò la mano.
Persino Kevin e i suoi amici non fiatarono, tutti compresa me ci aspettavamo una reazione da lui, ma l’unica cosa che fece fu di levarsi il cappuccio della felpa nera lasciando vedere i suoi capelli biondi, i suoi occhi neri guardarono dritto, non vedevano la gente attorno a lui, nemmeno me.
 
Mi avvicinai: - ciao devi levarti da questo banco perché è del mio ragazzo- ero acida come non mai, ma la mia voce tramava, come se da un momento all’altro dovessi iniziare a piangere
Mi guardò, non sorrise, non fece passare alcuna emozione, era freddo: - ci sono tanti posti, non vedo perché devo alzarmi io- disse con tono calmo
-Perché io e lui vogliamo stare vicini- la mia voce era molto meno calma della sua
- non è un problema mio, cambia tu di posto se vuoi- disse e tornò a guardare altrove
Cris si avvicino a lui arrabbiatissimo –senti levati o saranno guai per te- era la prima volta che lo vedevo cosi arrabbiato, non volevo che nessuno toccasse Daniele, ma era abbastanza maturo da difendersi da solo, fece una risatina e aggiunse: - tu stai minacciando me? Sei ridicolo- Cristian lo afferro dalla felpa tirandolo su, cosa che lui gli permise: - ora che hai fatto bella scena davanti a Ana lasciami o saranno guai per te- era serio, sapevo benissimo che era meglio allontanarli, ma io ero impietrita, stava andando tutto cosi velocemente.
 
Cris non lo lascio e Daniele muovendo solo il braccio gli tirò un pugno nello stomaco, lui cadde a terra, non era mai stato bravo con le mani.
La prof entrò e lui si rialzò, lei disse: - bene ragazzi sedetevi-
Io prima che il mio amato si allontanò esclamai: - prof abbiamo un problema qui, il nuovo ritornato vuole fare come se tutto fosse suo, ignorando che non è più di sua proprietà- feci capire che mi riferivo al banco, ma in realtà mi riferivo anche a me –quindi non vuole alzarsi e lasciar sedere il mio ragazzo, quello che grazie a lei è diventato mio, il ragazzo che non sparirà nel nulla perché mi ama- ogni mia parola usciva come veleno nel cuore di Daniele: - senti mezza troietta che cosa vuoi? Io non mi levo da qui, ti sei messa con lui? Vuoi un applauso?- prima che il mio cervello mi disse di non farlo gli tirai una sberla, era arrabbiatissima con lui
-continua, fai uscire fuori la tua rabbia, so di meritarmelo- mi disse con calma
Io uscii dalla classe piangendo, mi mancava tanto, troppo.
 
Cris aveva già capito, sapeva che l’avrei lasciato, e venendo da me mi abbracciò e mi disse: -grazie per avermi fatto sognare, io sarò sempre vicino a te, come amico, come prete, come avvocato, come fratello- lo strinsi a me, piangendo ancora di più, poi suonò la campanella e tutti uscirono dalla classe, vedendo me e lui abbracciati, ma Daniele rimase li, e lui mi portò dento.
-hey biondo tinto- esclamò il mio amico
Dani guardò verso di noi e lui proseguì: -non sparire più, ne morirebbe- e dicendo ciò scese a fare l’intervallo
Io guardai Daniele era tanta la voglia di abbracciarlo e dimenticarmi tutta questa stupida storia.
 
Guardandomi mi chiese: -come stai? Ti ha protetta mentre io non c’ero?-
Io risposi fermamente: -mentre tu non c’eri è stato il ragazzo migliore che potessi incontrare, ma adesso sei tornato a rovinare tutto vero?-
Scosse la testa: - lui è un bravo ragazzo lo so, ma tu, tu ami me, quindi non fare la forte, non fare quella che mi odia, perché la rabbia è tanta, ma so che mi ami-
Cercai di sforzarmi ma fu inutile le mie lacrime scesero, una per una, davanti a lui che si avvicino e mostrandomi un lato del suo viso mi disse: -forza colpisci, ti aiuterà a stare meglio- ma io scossi la testa non lo volevo ferire.
-colpisci, Ana, non mi portare a dire cose cattive per farti sfogare- il suo tono era più alto rispetto a prima

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Capitolo 9
*** Di nuovo l'errore ***


Ma io scossi di nuovo la testa e lui disse: -mentre tu non c’eri ho avuto compagnia sai Ana? Non ero solo, ma non ti ho voluto cercare lo stesso, perché la tua voce mi avrebbe ferito, ho fatto del vero e proprio sesso, ti ricordi la biondina? Quella che ti dissi che era mia sorella? Bhe ha un fisico pazzesco sotto a quei abiti- il suo intento era di farsi picchiare in modo che la rabbia sbollisse, ma ogni sua parola mi feriva sempre di più, la mia testa iniziò a girarmi, stavo per svenire.
-Dani mi gira la testa ti prego aiutami- dissi quando i miei occhi si stavano per chiudere e lui mi fece striare per terra poi andò a chiamare aiuto, mi diedero le pastiglie che dovevo prendere per non svenire da quando non mangiavo più.
Gli spiegarono tutta la storia e lui una volta tornato da me mi disse: -sei scema? Cavolo Ana, non devi permettere mai a nessuno di ridurti cosi, devi mangiare Ana- la sua voce da duro, da arrabbiato si sciolse in lacrime: -io non voglio perderti, tu sei tutto per me- mi era mancato tanto sentirmi dire ciò.
Lo guardai per un attimo che sembrava infinito, la testa mi girava ancora, ma alla fine mi alzai da terra e lo abbracciai:-anche tu sei il mio tutto-gli sussurrai, era vero, non avevo mai amato nessuno come lui, odiavo l’idea della biondina, ma non credevo molto a questa assurda storia.
 
Passarono i giorni, non toccai cibo, con il compagno di mia madre era sempre peggio, ero stufa di tutto, i miei angeli Dark, erano ossigeno soprattutto ultimamente, ogni loro canzone riusciva a farmi star meglio.
 
Prima ora di lunedì, a scuola proseguiva tutto regolarmente, le interrogazioni e le verifiche avevo ripreso a farle, adesso la prof di francese stava scegliendo chi interrogare, guardandoci disse:- Anastasia, toi, interrogata-  mi sorrideva –prendi due sedie e venite- mi sorprese sapere che veniva interrogato qualcuno insieme a me, di solito era uno alla volta, la classe brontolò –ma pasinterrogo un altro, solo’ che Ana, ha bisogno del suo boy vicino- diceva tutto con il suo bellissimo accento francese, che rendeva tutto più tenero, lui allora prese con una mano due sedie, e l’altra la teneva a me, da quando era tornato non litigavamo più, era strano tenerci per mano davanti a Cristian, non parlavamo più, ogni volta che i nostri sguardi si incrociavano lo vedevo intristirsi, mi sentivo sporca al suo sguardo, e lo ero, lui mi amava tantissimo eppure io non ricambiavo, io ero sempre stata di quel ragazzo davanti a me che sistemava le due sedie sorridendo, -c’è la farai amore- mi sussurrò e poi con disappunto della prof mi baciò, era uno dei primi baci da quando era tornato.
 
 
Dopo un ora di interrogazione suonò la campanella, e la prof mi diede un bel 10, ero soddisfatta di quel voto, anche se credevo che in parte era perché dopo tanto che non studiavo avevo ripreso.
 
 
La giornata proseguì ed era ora di uscire, con mia grande tristezza, da lontano vidi la biondina e Daniele era confuso come non mai, iniziò a tremare –cos’hai?-gli chiesi, mentre la ragazza si avvicinava, prima che lui ebbe tempo di rispondere era li, con il suo miniabito rosa come le scarpe, era dannatamente bella, sicuramente più di me che ero in tuta rossa e nera.
Lo prese dal polso: -Hey, splendore, non mi presenti alla tua amica?- sorrise –piacere io sono la sua scopamica, e tu non sei ne più ne meno che un illusa-
Allora era reale, erano stari a letto davvero, mi sentivo cosi stupida, non riuscivo a parlare, a dir nulla di sensato o meno, e anche Daniele restò senza parole prima di allontanarla e dirle: -dimenticami, sono tornato da lei per restare…- a quel punto la ragazza lo spinse contro il muro e lo baciò, lui non si levò, era dannatamente sexy la biondina, prese la mano del mio ragazzo e se la mise sul culo, per farglielo palpare, io piangevo senza rendermene conto, ogni muscolo di lui, era dipendente da lei, anche se il suo cuore amava me, lei era la sua droga, si levò da Daniele, era sicura che lui l’avrebbe ripresa e ciò accade.
 
Scappai via, corsi fino a casa, ma non entrai, dopo qualche oretta che ero sulle scale sentii un gruppo di ragazze urlanti, gridavano il nome del mio idolo, Andrea, il cantante, era inseguito e cercava di scappare, lo afferrai da un polso e lo trascinai dentro al palazzo, nascondendolo dalle ragazze restate indietro per la velocita di lui.
 
Quando loro sparirono lui mi ringraziò, io non gli diedi peso e mi girai per andarmene,  -hey, aspetta, posso invitarti a mangiare fuori?- era del tutto disinvolto, come se ciò fosse la cosa più semplice da chiedere –non so te, ma io non mangio con gli stranieri, soprattutto da quando il mio ragazzo mi ha tradita sotto al mio stesso naso- in una situazione normale non gli avrei risposto cosi, ma adesso volevo solo piangere e restare sola, il mio Daniele mi aveva ferito nuovamente, era inaccettabile, incredibile, deludente.
 
Il ragazzo in pantaloni neri e scarpe blu come la maglietta mi guardò senza dir nulla, e sentendo ancora una fan invocare il suo nome si nascose, io me ne andai a casa senza salutarlo…

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Capitolo 10
*** Casa d'aiuto ***


I giorni passarono, a scuola era sempre la solita merda.
Daniele mi bloccò fra le scale i 5° giorno, dicendomi che gli mancavo che non poteva stare senza di me, tutte le cose che ormai ero stufa di sentirmi dire, io che fin a quel momento avevo cercato di non guardarlo sbottai: -Allora sai cosa c’è? Mi sono stufata di essere io la cogliona innamorata, tu tu  tu- cercai di prendere il contegno e proseguire più calma, ma mi era impossibile –tu mi fai schifo, vuoi quella troia? Eh? È questo quello che vuoi? Vuoi che lei te la dia ogni fottutissima sera per poi tornare da me ogni maledetto mattino bene caro, io non ci sto sei sparito nel nulla, sei ricomparso, hai rovinato la mia storia, mi hai ripresa e poi mi hai tradita sotto il mio stesso naso, fai schifo Daniele, io credevo che tu fossi, molto ma molto diverso.- lo guardai negli occhi, la rabbia mi faceva dire tutto ciò che pensavo forse avevo esagerato, ma non mi sentivo per niente il colpa.
Lui mi guardò e scoppiò in lacrime: - ma Ana, io ti amo ti giuro amo solo te…. Con lei mi sono lasciato andare e mi dispiace…. Ma vedi quando qualcuna riesce a provocarmi, qualcuna come lei intendo…. Beh perdo la ragione e vado a istinto-
Lo odiavo, odiavo tutto ciò che mi stava dicendo.
Che cavolo significava –perdo la ragione e vado a istinto- non è un animale, è un uomo, anzi no è solo un mostro.
-senti, se vai a istinto come dici tu… beh divertiti con la tua troietta, e mi raccomando non consumarla troppo che poi non è più soddisfacente per te- mi girai dandogli le spalle e scesi a fare merenda.
 
Stupida Ana mi ripetei all’infinito, stupidissima Ana, come potevi credere che lui ti amasse realmente? Hai davvero creduto che qualcuno potesse scegliere te fra cosi tante ragazze e adesso ne paghi le conseguenze.
 
Il resto della giornata non so come trascorse, io ero in ultima fila ad ascoltarmi la musica nel mp3, i prof cambiarono ogni ora e ad ogni cambio credevano che gli avremmo dato retta, ma nessuno lo fece.
Daniele stava parlando con Kevin, organizzavano di prendermi in giro? Cosa stavano facendo? Notai che il bulletto gli passò un sacchettino e lui dei soldi… non feci in tempo a controllarmi ero già da loro con il sacchetto in mano, Kevin mi diede una spinta che gli fu restituita da Daniele, io ero caduta per terra e il ragazzo mi tese la mano per aiutarmi ad alzarmi ma io ne feci a meno e mi alzai da sola.
 
Presi Daniele per un pulso e lo portai fuori dalla classe, mentre la prof di inglese ci blaterava dietro, una volta fuori chiusi la porta e lo guardai malissimo, lui in tutta risposta chiuse gli occhi.
 
-perché ti fai ciò? He? Perché mi fai ciò?- chiesi arrabbiatissima, forse anche più di prima
-Ana… non sono una bella persona… ma ti amo, lo giuro-  disse tenendo ancora gli occhi chiusi, come per catturare quell’istante e non dimenticarlo mai.
-non mi interessa se mi ami- urlai – non puoi fare uso di…- abbassai la voce, esattamente non sapevo che droga fosse non mi interessava il nome, quella roba non avrebbe distrutto il cuore del ragazzo che amavo.
-Ana io…non farmi domande o sparirò nuovamente- disse infine aprendo gli occhi
-tu cosa? Oh certo, scappiamo di nuovo, chiusene frega se Ana sa che mi drogo, tanto non parlerà…. Perché a te interessa solo che io tenga la bocca chiusa non è cosi? Non ti interessa se ne soffro come un cane, basta che non parlo mh?- ero di nuovo arrabbiata, la mia faccia rossa si intonava con la maglietta e le scarpe, mentre i miei jeans bianchi sembravano esattamente la faccia di lui, era impallidito e quella tuta nera lo evidenziava ancora di più.
 
-Ana… non sono più in grado di smettere capisci… non riesco….- sembrava la cosa più sincera che mi avesse mai detto –e un po’ come fare ameno di te, impossibile- concluse aspettandosi che io partissi di nuovo in 5° ma non lo feci, con mia grande sorpresa riuscii a controllarmi –se è vero che mi ami fatti aiutare, ci sono tante case cura che ti salveranno, io ne sono certa- i miei occhi si stavano per riempire di lacrime
-voglio solo che tu sappia una cosa prima che io vada li… perché ci andrò se tu mi aspetterai…- mi guardò negli occhi e poi proseguì: -c’è una cosa che è giusto che tu sappia… i soldi che uso per quella roba che ora tieni fra le tue mani… me li da la biondina…. E in cambio vuole il mio corpo… ho provato a smettere, ma non riesco… e non ho abbastanza soldi per pagarmela da solo- mi guardò –Ana io ti amo come non ho mai amato nessuno- lo bacia, ero disgustata da questo modo di fare soldi, ma gli credevo, gli credevo di nuovo.
Continuammo a baciarci finché la preside ci spedisse nel suo ufficio: -saltate lezione per baciarvi quindi- urlò contro di noi, io iniziai a tremate e lui si alzò in piedi: -non urli contro la mia ragazza- disse molto deciso prima che lei proseguì: -io non urlo contro la tua ragazza, faccio di peggio, vi sospendo a entrambi, per un mese e adesso andate che chiamerò le vostre famiglie- era arrabbiatissima e forse aveva pure ragione.
Uscimmo senza dir nulla, lui era ancora deciso a combattere ma io tenendolo per mano lo strascinai via.
Quel giorno sarebbe stato l’ultimo di scuola e sicuramente l’ultimo che io avrei visto il mio sorriso.
-Ana, niente e nessuno potrà dividerci… finché tu vorrai- mi disse, come se mi avesse letto i pensieri
-Dani io… ti amo…- non era un granché da dire ma era la frase più onesta che riuscissi a dire in quel momento
 
Le ore passarono, era giunta l’ora di ritornare a casa: -ti accompagno piccola? Vuoi che vengo con te?- mi chiese dolcemente.
-no meglio che vado da sola,  se no mia madre si arrabbia ancora di più… promettimi che domani mattina ti farai trovare sotto casa mia e ti farai accompagnare in quella casa… promettimelo- ogni mia parola mi feriva non volevo lasciarlo in una casa cura da solo, ma era l’unico modo per aiutarlo.
-si amore te lo giuro- mi baciò  era bello riavere le sue labbra mie.
Salutandolo salii in casa, mia madre era in piedi davanti all’entrata di camera mia: - allora? Che diamine fai? Rispondi male alla preside? No, non si fa Ana…non si fa cosi- urlava –solo perché ti sei innamorata di un drogato, non è che devi fare ciò che vuoi, e non lo rivedrai mai più chiaro?- drogato? E come faceva a saperlo? –lui non è un drogato- dissi gelida –oh è quel che vuoi, ma non è una bella persona da come si è comportato con te.- mi rispose lei altrettanto gelida prima di levarsi dall’entrata e lasciarmi passare.
 
Passarono le ore, arrivò il nuovo giorno, mia madre era andata a lavoro.
Mi alzai dal letto, mi lavai e mi vestii al meglio forse era un po’ inopportuno ma lui non era solito a vedermi in vestito quindi misi il mio vestito più bello, quello nero con i volant e stivali neri con i tacchetto, mi pettinai a scimmion e misi i miei orecchini a piuma sintetica color neri, come la mia matita sugli occhi forse più pesante del dovuto per la società.

Scesi per aspettarlo ma invece di trovare lui c’era di nuovo Andrea in una giacca eco pelle e pantaloni bianchi le scarpe erano verdi come gli occhi evidenziati da un trucco nero che erano in perfetta armonia con i capelli di un rosso acceso.
Ero di nuovo arrabbiata di vederlo, non doveva esserci lui ma il mio ragazzo cavolo.
Venendomi in contro mi disse:- sono suo amico…di Daniele… mi ha raccontato tutto e mi ha detto di dirti che andava da solo li, mi ha mandato prima un messaggio con su scritto che era arrivato e la sua stanza è bellissima, mi ha detto anche di dirti che ti ama da impazzire- disse con tono pratico
-perché non ha voluto che lo accompagnassi?- chiesi tristissima
-perché lui sa che questo è un addio e li odia- stavolta era più umano mentre parlava
-ma non è un addio- iniziai a piangere e lui mi abbracciò –non può essere un addio, io lo amo- piangevo come non mai il mio trucco messo poco prima si sciolse valicandomi le guance, tirai qualche pugno al petto di lui, per cercare la forza che in quel momento non avevo, lui non disse niente continuava a tenermi stretta e a lasciare che lo riempissi di pugni, molto probabilmente era stato male pure lui quando aveva letto il messaggio.
 
Lo volevo chiamare ma avevo paura che lui non mi rispondesse, ero ritornata a casa, non mi andava di passare tempo con nessuno che non fosse lui, era possibile che ci stesse prendendo in giro e in realtà non ci era andato? Le domande mi bombardavano il cervello.

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Capitolo 11
*** Con Affetto Daniele. ***



 

I giorni si susseguirono, lui non si fece sentire, Andrea era venuto in casa due o tre volte, mia madre lo faceva entrare pervia dei poster appesi al muro in qui c’era il suo gruppo.
Ma a me non interessava, volevo solo Daniele.
3 settimane dopo era nella mia cameretta, quando sedendosi sul mio letto mi levò il cuscino da sopra la faccia e mi disse: -basta piangere…Dani mi ha mandato una lettera da darti- e mi porse la lettera ma non me la fece prendere –voglio che tu mi prometta di non soffrire se ci sono notizie brutte- mi disse guardandomi serio.
Io lo guardai negli occhi, ero in pigiama a righe e non mi ero ancora lavata la faccia perciò sembravo uno zombie, ma dato che ero ancora sospesa non avevo la fretta di vestirmi, anzi di uscire dalla camera.
-dammi la lettera Andrea…non ti ci mettere pure tu adesso- dissi secca, non avevo voglia di parlare.
Mi fece prendere la lettera e io lessi le parole più ingiuste della mia vita:
 
Cara Ana.
Qui il tempo passa lentissimo senza di noi, mi manchi da star male.
ho parlato con il responsabile, dice che per un anno non potrò uscire, ne avere alcun contatto con il mondo esterno, questa lettera te l’ho fatta inviare di nascosto da una donna delle pulizie.
Quando mi ha detto cosi mi sono sentito malissimo, un anno che io e te non potremmo parlarci, perché non potrò inviarti altre lettere, se no lei rischia il posto di lavoro e nella mia vita ho già fatto troppi casini, ho pensato di andarmene sai? Ma non posso lasciare tutto, te l’ho giurato e adesso mi farò aiutare da loro, ti chiedo solo di NON ASPETTARMI, il mondo li fuori è pieno di bravi ragazzi che aspettano solo di incontrarti, anche Andrea è un bravo ragazzo, perché ogni tanto non uscite un po’ insieme? Promettimi che lo farai anche solo in amicizia, se poi dovrà accadere qualcosa succederà…
Ti voglio bene cucciola, per questo ti chiedo di dimenticarmi, fra un anno, mi farò vivo io se lo reputo necessario, ma ti avviso, se tu non ti impegnerai ad avere una vita migliore di quella che ti posso offrire io, non tornerò mai più.
 
Con affetto Daniele.
p.s. a parte questo sto bene, qui sono tutti molto carini con me.
 
Guardai Andrea mi morsi i labbro e scoppiai nuovamente in lacrime, era la cosa più brutta che potesse accadermi.
Andrea si sentiva tanto impotente, aveva smesso di aggiustarsi i capelli e mi guardava –posso leggere?- mi chiese e gli passai la lettera, dopo averla letta mi abbracciò io cercai di allontanarlo ma lui non si mosse di un millimetro.
Non volevo dimenticarmi di Daniele, non volevo star un anno senza sue notizie, senza sui messaggi, senza di lui.
L’amavo da star male, Andrea non disse nulla, eravamo tutte e due scossi, il viso da superstar era sparito e adesso sembrava un agnellino smarrito almeno quanto me.
Passarono le ore cosi, io che piangevo e lui che mi abbracciava, era giunta l’ora di mangiare –dai mettiti un cappotto che ti porto a pranzare, non resterai qui per un anno intero, anche perché se lo fai lui non ritornerà- mi disse sbrigativo e vedendo che non mi alzavo mi prese in braccio mi portò in bagno mi mise nella vasca e mi chiese –allora, devo farti io il bagno o sei in grado di lavarti la faccia da sola? No perché a me non interessa se esci tutta inzuppata e domani avrai la febbre- io lo guardai malissimo e gli risposi –io non esco, io l’aspetto qui- lui sbuffo e aprendo l’acqua mi fece andare il getto in faccia, io mi dimenavo, ma lui era più forte di me, non che in quel momento ci volesse tanto.
Poi mi pettinò, mi sentivo tanto una bambina neonata ma lui non ascoltava le mie lamentele, mi riprese in braccio e si incamminò verso la sala d’entrata, mi prese un cappotto nero lungo fino ai piedi me lo mise e salutò mia madre uscendo con me sulla sua spalla tenendomi come un sacco di patate.
-non ti rovinerai la vita in questo modo, perché sei una mia fan- era tornato in se, pretendeva che il mondo gli girasse intorno solo perché era famoso.
 
 
 
Io nel cappotto e lui in giacca e jeans, con accessori molto apparenti e stivali da star
–sembro una barbona contro di te- incalzai alla fine rassegnata di essere fuori casa
-o beh, tu non volevi uscire- rispose lui sorridendo
-e ascoltarmi no he?- domandai sarcastica
-no, mai- disse sistemandosi il suo ciuffo –adesso mangiamo, poi vieni a vedere le prove di noi, tanto tu hai la casa tappezzata dei nostri poster- disse vanitoso
-oh signorino, tiratela di meno he- sorrisi, o almeno mi sforzai e lui lo notò –sei stupenda quando sorridi- mi disse sereno
-si anche Daniele me lo diceva sempre- risposti intristendomi di più, arrivammo in una pizzeria
-costa un occhio della testa qui- non volevo spendere troppo considerando che non avevo soldi con me e anche se li avessi avuti non mi piaceva il lusso sfrenato
-e secondo te perché scelgo questo posto? Perché è caro e posso permettermelo- incalzò felice
-non ho abbastanza soldi- sussurrai
-scema te lo pago io, sei con me e non devi farti problemi, basta che esci- disse accarezzandomi una guancia ma io gli levai la mano e lui entrò seguito da me.
 
I camerieri ci fecero superare la fila e ci diedero il tavolo migliore, dove si stava per sedere una famiglia, io mi sentii in colpa e guardai a terra, lui invece era del tutto disinvolto.
Ci sedemmo con i camerieri che ci avvicinarono la sedia al tavolo, non ero abituata, mi sentivo soffocare in un posto così.
 
-un sorriso potresti anche farmelo- si lamentò lui
-scusa se odio tutto ciò, ma tu che ne sai, mica sei Daniele- risposi acidamente
-si io non sono lui e tu non smetti mai di rinfacciarmelo, ho rimandato l’appuntamento con la mia ragazza per te e tu mi tratti malissimo, grazie tante-  e continuò a lamentarsi, ma io non diedi attenzione alle sue parole, mangiammo in silenzio, poi una volta che avevamo mangiato  lui pagò e se ne andò, c’era rimasto davvero male.
 
Io non lo seguii mi allontanai da quel ristorante e mi sedetti su una panchina, iniziai a piangere, sentivo la sua mancanza come non mai, il mio Dani non era più con me.
 
 

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Capitolo 12
*** Su quella panchina si poteva morire o sognare ***





Nel pomeriggio lui andò alle prove, non mi chiamò, ma io non gli diedi retta.
Mentre lui cantava, io ero ancora sulla panchina, a un certo punto vidi in lontananza Daniele il vento soffiava più forte di prima e il sole si era allontanato.

-Danieleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee- urlai ma lui non si avvicinò ne diede segno di sentirmi
-Amore mio ti prego aspettami- urlai nuovamente rincorrendolo ma una volta arrivata dov’era lui lo scenario cambiò, eravamo noi due sul divano, io avevo solo le mutandine rosse e lui era completamente nudo, facevamo l’amore, i nostri respiri erano a un solo ritmo, i nostri corpi uniti in una splendida magia.

Ma al punto di piacere più profondo la scena cambiò, ero davanti a scuola e Daniele stava baciando quella troia bionda,  io stavo piangendo nel mio miglior abito, messo lo stesso giorno che lo dovevo accompagnare in quella casa di cura, mi accasciai a terra e piangevo come non mai.

-Ana- mi sentivo sussurrare e una mano passava fra i miei capelli, il mio corpo sdraiato sulla panchina e Andrea era vicino a me, realizzai che era solo un sogno quando…
-dov’è lui? Dove cazzo è? Era con quella troia, e prima era con me, dov’è?- urlai al ragazzo alzandomi in piedi in quel cappotto nero Andrea senza dir nulla mi abbracciò e dopo qualche istante disse: - Ana…era solo un sogno- io iniziai a piangere, solo un sogno restava di lui
Andrea aggiunse solcemente: -andiamo via da questa panchina che si puo sognare o morire- chiaramente per morte si firefiva alle mie lacrime.
 
Mise un braccio intorno al mio collo mettendosi a camminare, io ero distrutta per obbiettare e lo seguii, mi portò a prendere un gelato che io mangiai contro voglia.

-promettimi di non fare più questi sogni- mi disse sembra abbracciato a me, cercando di asciugarmi le lacrime che parevano rubinetti aperti
-è l’unico modo per essere vicino a lui, i sogni, solo li possiamo stare assieme- e gemei dal dolore, mi faceva male non sapere come stava, non essere vicino a lui, lui era il mio tutto ed era chissà dove.
-devi star bene tesoro capito?- insisté lui ed io lo lasciai fare annuendo, ero troppo stanca per combattere.
 
Le ore passarono cosi i mesi,  9 mesi dopo la sua sparizione, Andrea era sotto casa mia, stava citofonando.
-chi minchia è?- risposi controvoglia al citofono fastidiosamente bianco
-apri daiii, chi vuoi che sia qui?- rispose lui, beh un desiderio l’avevo ma lui non sarebbe venuto prima di un altro anno e 3 mesi, aprii.

Lui entrò con a seguito tutta la sua band, il batterista vicino a lui mi salutò dandomi una pacca sul sedere io lo guardai malissimo e Andrea gli prese la mano stringendola molto forte, in modo da fargli male
-non si tocca, non lei, è di Daniele- disse guardandolo negli occhi
Il batterista di nome Lorenzo ridendomi in faccia mi disse: -e dov’è lui? Hm? A quanto ne so io, e sparito dico bene?-
Lo guardai con profondo disprezzo e aggiunsi: -a quanto ne so io tornerà e sarà molto felice di sapere che razza di bastardo sei e spaccarti quella cazzo di faccia che hai-
Andrea non si aspettava un carattere tanto determinato da parte mia e a quanto pare nemmeno l’amico dato che calò il silenzio rotto dal bassista: -ebbè ha gusto quel Daniele- mi sorrise, io cercai di ricambiare il sorriso, ma la paura che Lorenzo potesse farmi del male stava aumentando, Kevin non indugerebbe oltre per farmi sta malissimo, d’istinto mi avvicinai ad Andrea e lui abbracciandomi mi bisbigliò: -non ti farà niente, te lo giuro- io lo strinsi forte, era la prima volta che ero davvero felice che lui era li

-il mio cuore sta provando un briciolo di felicità a queste tue parole- gli sussurrai nel orecchio e a lui scese una lacrima che bagno la mia spalla scoperta da quella maglia grigia che mi scende de una spalla e dal altra mi stava a pennello.
-ma tu piangi- sussurrai nuovamente
Lui mi strinse –vuoi sapere la realtà di me?- io annuii, lui mi portò lontana dagli altri e guardandomi negli occhi disse: -non ho mai reso nessuno felice, o almeno nessuno me l’ha mai detto- gli scese un'altra lacrima
-beh, questo perché ti comporti da divo la maggior parte del tempo, ma sappi, che tu aiuti un sacco di ragazza, prima di incontrare la tua voce e Daniele io ero il nulla… anche adesso lo sono perché lui non è più qui con me ma… la tua presenza rende sopportabile questa mia inutile vita e credimi è tanto- ero stata abbastanza dura, cercavo di dire qualcosa di dolce, ma non riuscivo, non riuscivo più a dire nulla di tenero a nessuno.
 
 

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Capitolo 13
*** Kiss me ***


Lorenzo si avvicinò  a  noi  e disse: - i piccioncini hanno finito? Credevo che lei fosse di Daniele- sorrise tutto sodisfatto di aver rovinato quel momento, Andrea guardandolo malissimo disse: - la smetti? A che gioco stai giocando? Speri che facendo cosi ottieni la sua simpatia? No perché non è la classica ragazza che te la da appena gliela chiedi sai? E tu, tu vuoi solo quello da loro- gli occhi di lui erano pieni di rabbia, Lorenzo si avvicino al mio viso e mi disse: -Ana, tu credi di essere bellissima vero?- mi accarezzò la guancia, io ero bloccata dalla paura che riusciva a incutermi lui -Beh sappi che non lo sei, e quando ti stuferai di aspettare il ragazzo verrai da me- disse a tono normale, facendosi sentire da tutti e poi mi bisbigliò nel orecchio -e ti renderò più felice di quanto ha fatto lui, sai tutte le ragazze dopo aver avuto un assaggio di me chiedono in bis- mi baciò il collo e se ne andò.

Io iniziai a tremare e Andrea mi abbracciò, stringendomi mi disse: -non ti farà nulla di male, te lo giuro- era davvero un buon amico, cercava di proteggermi, di farmi sentire tranquilla, ma l’unica volta che ero tranquilla era perché Daniele era vicino a me.

 

Passarono i giorni, si susseguivano i mesi, io e Lorenzo eravamo più in una sorte di armonia, amava provocare e io forse amavo lasciarmi provocare, dato che nelle sue provocazioni riuscivo a non sentire quel vuoto che mi aveva lasciato Daniele, ero troppo impegnata a render pane per focaccia per sentirlo.

 

Era il giorno di capodanno, quando sentii il mio campanello suonare e andai ad aprire senza chiedere chi fosse ormai sapevo chi veniva a casa mia e chi no.

Bussarono alla porta ed entrarono, Andrea era li con la sua ragazza mano nella mano, e poi c’era Lorenzo, io ero ancora con una maglia larga che mi faceva da pigiama e boxer femminili, Andrea era in tuta nera e la sua ragazza in un completino sexy nero e calze a rete e tacchi, Lorenzo era con un Jeans e maglietta rossa come le scarpe, la voglia di abbracciare Andrea era alta ma ovviamente non l’avrei fatto davanti alla sua ragazza quindi mi limitai a lanciargli uno dei miei migliori sorrisi e a salutare tutti quanti con un semplice: -benvenuti popolo di nettuno-  mi sedetti sul divano, Andrea invece su una sedia e la sua ragazza in braccio a lui, era orribile vedere una coppietta felice, mi faceva male pensare Daniele fra le braccia di un'altra, ad ogni modo il mio sguardo intristito non impedì a Lorenzo di sedersi vicino a me, avevo abbandonato la scuola, quindi non c’erano inutili libri sullo mio scaffale, ma si vedeva molto bene, la saga di Harry Potter.

C’era anche una foto appesa di Daniele, la guardai e sentendo le lacrime che stavano per uscire dissi: -mi vado a cambiare- prima di sentire obbiezioni ero in bagno a piangere silenziosamente, per evitare domande, ad ogni modo mi cambiai mettendomi dei Jeans e una maglia bianca.

Quando tornai Lorenzo mi disse sorridendo: -hai proprio un bel culo, peccato che l’hai coperto- io risi e gli risposi: -peccato che non si può dire l’ossesso del tuo- tutti compreso lui ridettero

 

Le ore passarono, tra risate che lasciavo andare e sospiri, ero andata in cucina per prendere da bere quando Lorenzo urlo per farsi sentire anche da me: -certo che quella Anastasia è proprio strana- e rise, Andrea gli resse il gioco, io con la bottiglia d’acqua andai da lui dietro il divano misi il mio viso davanti al suo per guardarlo negli occhi pronta a innaffiarlo e sorridendo gli chiesi: -cosa sono io?- lui guardandomi ripeté: -strana- eravamo diventati amici, anche se lui non perdeva occasione per toccare le mie labbra o il mio sedere e infatti mi sorprese che in quella situazione non ci provò, era la prima volta e io desideravo le sue labbra, forse perché c’era un'altra coppietta, mi avvicinai alle sue labbra dimenticandomi del motivo per qui io ero cosi e gli sussurrai: -baciami- lui non se lo fece ripetere due volte e mi bacio le mie labbra a stampo.


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Andrea non se l’aspettava e fece un salto, la sua ragazza lo guardò stranita ma sorrise, io mi sedetti sul divano e posai la bottiglia per terra, guardai negli occhi Lorenzo e prendendolo da dietro il collo lo tirai verso di me, ero decisa di baciarlo, ma a quel tratto, ebbi una sensazione, uno dei miei migliori ricordi, Daniele era sotto casa mia, o almeno questo era ciò che sentivo, corsi alla porta e poi scesi le scale di corsa, arrivai fino a   sotto e mi guardai intorno lui non c’era, mi sedetti per terra e inizia ai a piangere, urlando al vento dissi: -perché non mi lasci vivere he? Sono stufa di te-

 

 

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Capitolo 14
*** Hot ***


Non ne potevo più, il suo ricordo mi seguiva sempre, passarono i giorni la sua presenza la sentivo sempre di più e come se non bastasse quando baciavo Lorenzo riuscivo anche a vederlo, ma era freddo, appena allungavo la mano verso di lui si volatilizzava come avrebbero fatto i fantasmi, la gioia per me era solo un ricordo, ma avevo bisogno di vederlo e cosi scelsi di continuare con Lorenzo.
 
Era capodanno, il che significava che mancava soltanto un anno senza di lui, eravamo io, Lorenzo, Andrea e la sua ragazza in un hotel, sugli sdrai davanti alla piscina, tutti in costume i ragazzi erano in azzurro, lei solo con il pezzo di sotto nero e io in viola sia sopra che sotto.
 
Lorenzo non smetteva di guardare il mio seno, era fastidioso, ma non mi andava di fare parole, specie perché non aveva guardato un solo secondo l’altra,  alla fine si avvicinò e si sdraiò alla mia destra, io misi un braccio intorno alla sua vita poi gli accarezzai il petto lui mi prese la mano e la posò dentro al suo costume, era eccitato, lo percepivo, mi sdraia su di lui iniziando a massaggiarglielo mentre le sue labbra erano sfiorate dalle mie, mi sentivo squallida, mi mancava il mio amore, ma alla fine era risparito e a tempo lui mi aveva tradito con la biondina.
 
 Lorenzo vide che stavo per piangere e mi bisbiglio: -so che non sono lui, ma se ne andato senza salutarti, io non lo farei mai- continuammo a divertirci cosi ancora un po’, ero anche io eccitata lo devo ammettere, ma era solo contatto fisico, il mio cuore apparteneva ancora al mio cucciolo.
 
Poi però ci dividemmo quando si avvicino Andrea,
Lorenzo guardandolo gli chiese: -tu se non stai fra le scatole sei triste vero?-
 Andrea andò da lui e lo sollevo dal braccio stringendo il polso gli disse: -non è una troia, lasciala stare- era arrabbiato, parlava con estremo odio
Lorenzo non si mosse e disse: - non ho mai detto che sia una troia, e tu reagisci cosi solo perché io non sono lui vero? Sei falso Andrea, smettila di avere queste preferenze, io non l’abbandonerei mai-
a quelle sue parole io inizia a piangere e alzandomi urlai: -adesso basta parlare di lui, io lo amo- piangendo come una fontana scappai dentro al hotel, dove c’è il bar e ordinai un alcolico.

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Capitolo 15
*** Passi famigliari per il mio cuore ***


Ordinai un alcolico giusto per distrarmi, mentre bevevo però sentii dei passi famigliari,  -è Daniele- sussurrò il mio cuore, mi voltai di scatto e vidi un ragazzo incappucciato, si avvicinò a me e scosse la testa tirando giù il cappuccio, si era proprio lui e a giudicare dal suo comportamento Andrea gli aveva detto di Lorenzo, mentre io provai ripetutamente ad aprire la bocca per emettere parole arrivò piangendo anche Lorenzo.
 
era tutto cosi strano, lui che arriva un anno prima, Lorenzo che piange, io che non sapevo che dire o chi guardare, ma alla fine prese il controllo della situazione Lorenzo e disse: -prima che tu prenda una qualsiasi decisione voglio che sappi che io ti amo, è una parola che non ho mai usato- si avvicinò a me e mi prese per mano, Daniele lo guardò malissimo, però non intervenne –al inizio era solo divertimento, come con tutte, poi però quando mi hai chiesto tu di baciarti.. beh li è stato tutto diverso.. ma nel tuo cuore c’era ancora lui.. adesso ti chiedo, dopo ciò che è c tra noi e so che per te non è poco, ti chiedo- si inginocchia davanti a me –vuoi tu Ana essere mia? Avrò cura di te, come mai nessuno prima-  gli scesero delle lacrime e io mi inginocchia davanti a lui per essere alla sua stessa altezza, Dani stava per scoppiare.
 
-Lorenzo tu sei un bravo ragazzo- inizia a dire accarezzandogli una guancia –solo ti sei innamorato della persona sbagliata, io credo che potrò amare per sempre solo uno.. e se decidessi di darti un opportunità solo perché con te sarebbe più facile, ne soffriremmo in tre.. io non posso essere tua Lory.. non odiarmi- lo guardai negli occhi e lui si sforzo di sorridere poi se ne andò senza dir nulla.
 
Eravamo soli, io e Daniele, non ero mai stata più felice e allo stesso tempo cosi triste, lo guardai negli occhi e lui si irrigidì –ascolta io… è vero è successo qualcosa con Lorenzo.. ma tu eri di nuovo sparito, non ti facevi vivo, io stavo impazzendo Daniele..- dissi alla fine
-sei squallida- commentò lui pieno di rabbia
-si lo sono..- non era facile spiegare che riuscivo a vedere il suo “spettro” quando baciavo altre labbra e comunque lui non avrebbe capito.
-ti vorrei odiare lo sai Ana?- disse con ancora più rabbia
-si so anche questo- risposi con voce piatta
-ma non posso vero? Non posso odiarti per quanto lo desideri- prosegui lui con voce tremolante come se stesse per scoppiare in lacrime
-si che puoi, se vuoi- lo guardai di nuovo negli occhi
-no Ana- si avvicinai a me facendomi una carezza sulla guancia, mi era mancato il calore delle sue mani –non si può odiare quando c’è di mezzo un amore come il nostro- d’istinto mi alzai sulle punte e lo baciai, lui ricambiò stringendomi a se, finalmente le sue labbra erano di nuovo mie, finalmente stavo ritrovando la gioia di vivere il presente e futuro.
 
-ti amo- gli bisbigliai
-sei tutta la mia vita- mi sussurrò, io sorrisi e l’abbracciai forte forte
-allora com’è andata alla casa di cura?- domandai sperando per il meglio –come mai sei uscito un anno prima?-
-sto bene adesso- mi sorrise felice almeno un po’ di vedere che ci pensavo –sono uscito un anno prima perché mi avevano fatto scegliere se fare il programma intensificato oppure quello semplice, l’intensificato è uno strazio e loro me l’avevano detto ma… hanno anche aggiunto che ci voleva un anno in meno, dunque ho scelto di provarci, è anche per questo che avevo smesso di mandarti lettere, o meglio di mandarle ad Andrea… ma non ti ho mai scordata Ana…mai- scoppiai in lacrime e lo strinsi più forte che potevo, lui si era preoccupato, messo sotto, stressato per me e io, io me la facevo con Lorenzo, era squallido quel pensiero che arrivò pure al suo cuore –Hey Ana, non sentirti in colpa, ho sbagliato ripetutamente con te… solo volevo essere il tuo primo in tutto..- mi scompigliò i capelli –Dani tu sei il primo ragazzo che amo e anche l’ultimo.. non importa se con Lorenzo ho fatto quella cosa… tu sei tu.. voglio viverti- dissi con tono tremolante ma sicuro di ciò che dicevo…
 
 

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Capitolo 16
*** Ultimo capitolo ***


#you are my air | via Tumblr




Passarono i giorni, Lorenzo non aveva smesso di amarmi, non potevo far altro che dispiacermi per lui, quella sera dovevano fare un concerto e dopo essersi esibiti…
Una fan dai capelli lunghi e biondi si avvicinò a lui che gli sorrise
 –mi fai un autografo?-  le chiese con tono sexy
-dove lo desideri bella ragazza?-  domandò lui
-qui, dove se no?- disse indicando il suo seno e lui obbedì, lei lo prese per mano e lo allontanò dalle altre fan poi lo spinse contro un muro iniziando a baciarlo, in benché non si dica finirono in una stanza d’Hotel e iniziarono a unire i loro corpi, Lorenzo era sempre stato un anima ribelle e nonostante mi amasse decise di divertirsi.
Invece per quanto riguarda Andrea e la sua tipa scelsero di sposarsi, ed io naturalmente feci da testimone a lui.. fu un matrimonio stupendo, quello che accade nelle classiche favole, come Biancaneve o Cenerentola
 
Me e Daniele non ci dividemmo più, e nonostante non c’eravamo visti per un anno, ci amavamo più di prima.. lui è ciò che mi serve per essere felice, lui è il mio essenziale
 
Note del autore:
Dicono che le favole non diventano realtà, beh io spero che incontrerò la mia principessa, quella che mi amerà per il resto dei nostri giorni… spero che con questa storia non vi ho annoiati e ricordate l’amore è, è stato e sempre sarà vero, non smettete mai di crederci, perché è ciò che fa muovere la terra e respirare i fiori.
 
                                                                   
                                                                                                                   Ginevra_Alexia        

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