Pane e tulipani

di o donnell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


PROLOGO

 

Merda. Ma quando imparerò a darmi il fondotinta? Probabilmente mai, pensai guardandomi allo specchio con la faccia piena di macchie arancioni.
Come avete potuto notare, non sono un’amante del make-up, e credo non lo diventerò mai. Nulla sarà mai abbastanza forte da coprire il mio pallore spettrale. Rassegnata me ne scesi di sotto, trascinando a calci il mio zaino di scuola.
-Elizabeth, scendi, andiamo a scuola!- gridò mia madre davanti alla porta di casa aperta, a braccia conserte con aria scocciata, aprendomi la macchina per farmi salire. Quell’oca di Elizabeth trascorreva ore intere in quel bagno, anche se lei non aveva nessun problema con il fondotinta, anzi, il make-up era la sua vita, la sua passione. Non c’era giorno in cui lei non sperimentasse qualche trucco nuovo. Ma nonostante tutti i suoi sforzi, non riusciva proprio a correggere quella faccia da culo che aveva.
-Eccomi!-strillò scendendo senza scomporsi Elizabeth. In quel preciso istante pregai il Signore di farla cadere dalle scale, ma, ovviamente ciò non accadde. Ovviamente, avevo chiesto troppo.

Avevo odiato quella ragazza, se così si può chiamare, fin dal primo istante che mia madre me l’aveva presentata, la vigilia di Natale di due ani fa. Sì esatto, erano due maledettissimi anni che la sopportavo, e non dava segno di volersene andare da casa mia.
-Mia, ti devo presentare due persone- esordì mia madre la mattina del 24 dicembre. Credevo che mi dovesse presentare due delle sue tante amiche del club di cucina del quale faceva parte, ma scendendo al piano di sotto, mi resi conto di sbagliarmi. -Buongiorno, tu devi essere Mia -disse George, un uomo sulla quarantina, con i capelli brizzolati -Esatto- gli risposi assonnata. Dietro di lui, si nascondeva timidamente una ragazza alta, con i capelli lisci e biondi e gli occhi castani. -Ciao, sono Elizabeth- mi disse pretendendo che le stringessi la mano. Già da quel primo momento la situazione era chiara: quei due estranei erano destinati a diventare rispettivamente il mio patrigno, e la mi sorellastra. Il primo periodo Elizabeth faceva di tutto per mettermi in cattiva luce, insomma, mia madre mi ripeteva sempre: “Vedi Mia? Prendi esempio da Elizabeth, vedi com’è carina? Come si veste bene? E’ sempre curata e fine. E in più aiuta in casa. Tu te ne stai sempre immersa in quei libri. Perché non esci con lei?“ Se solo mia madre avesse saputo che per essere “così carina” Elizabeth finiva un tubetto di fondotinta al giorno, se solo mia madre avesse capito che aiutava in casa solo per ricevere qualche spicciolo in più, se solo avesse aperto gli occhi e avesse visto chi portava a casa nei lunghi pomeriggi in cui diceva di dover fare ricerche con gli amici.
Diciamo che io e lei siamo come diavolo e acqua santa. Lei ovviamente è l’acqua santa. Solo perché si veste sempre di rosa, ha i capelli biondi, profuma di zucchero filato e ha diciannove anni. Ah dimenticavo, perché esce con Harry Styles.
I due si sono conosciuti in panetteria. Si esatto, in panetteria. Lui lavorava lì, e solo dopo un po’ capimmo perché da un mese a quella parte il pane era l’unica cosa che non mancava mai a casa nostra.

Ad ogni modo, adesso Harry, per mia fortuna, non è più qui, ad Holmes Chapel, perché ad x factor ha trovato altri quattro dementi come lui, e insieme hanno deciso di andare in giro per il mondo a far morire di infarto giovanile miliardi di teenager, anch’esse dementi. Se non di più. Seriamente, quando superò la prima fase di audizioni, non credevo mai fossimo arrivati addirittura ad andare a vedere lui e i suoi 4 amichetti alla finale di x factor. Non credevo fossero talmente dotati, da poter essere definiti i nuovi Beatles, né tantomeno cantanti. Ma forse è meglio sorvolare. Quest’anno, durante il quale lui se n’è andato a portare la sua “musica” in giro per il mondo, insieme con gli altri, è stato il più bello della mia vita, nel quale non vidi mai la sua stupida faccia in giro per il paese, e neanche per i corridoi della scuola.
Ma anche questa, come tutte le belle storie, ha una fine. Oggi. Infatti oggi Harry farà ritorno dal suo tour mondiale, e ovviamente Elizabeth sarà là, all’aeroporto ad aspettarlo, con tutta la mercanzia in mostra, nel caso possa fare colpo anche su uno di quegli altri ebeti.
Il loro ritorno è atteso per le 16. Abitando sotto il suo stesso tetto, sarei dovuta rientrare con lei, dopo la scuola e ciò voleva dire che io sarei dovuta andare all’aeroporto a fare la “hostess” con lei.

Insomma, ero stata così bene durante questo anno. Finalmente potevo andare in panetteria senza che tutti sapessero che ero la sorella della sua fidanzata, e che mi chiamavo Mia Shiver. Finalmente non dovevo più sostenere conversazioni ambigue con Harry al banco del pane, per fargli capire che tipo di baguette volessi. Mi ricordo ancora quel fottutissimo venerdì sera, in cui Elizabeth e Harry, sarebbero dovuti uscire, e la mamma mandò me a prendere il pane, perché Liz, come la chiama George, era troppo impegnata a ricoprire la sua faccia con una coltre di 10 cm di fondotinta. Appena entrai nel negozio, sentii la voce di Harry chiamarmi da dietro il bancone -Ah ma quale onore avere qui Mia, la mia futura cognatina! - disse con tono ironico. In un secondo ebbi tutti gli occhi dei clienti puntati addosso. Ovviamente io diventavo sempre più goffa. Inciampavo nelle borse delle persone e sbattevo contro gli scaffali. Tutto sotto gli occhi di mezza Holmes Chapel, e i suoi maledetti occhi verdi, che ora mandano in tilt milioni di ragazze. Cieche.
Lui mi aveva sempre trattata come una bambina piccola, da prendere in giro, solo perché avevo due anni meno di lui, e perché ovviamente avevo i capelli castano scuro, gli occhi blu spento, e un’espressione troppo intellettuale per lui. Insomma, perché non avevo una bella terza piazzata e un bel culo, come quelli di Elizabeth.
Quando poi, dopo mezz’ora di fila, finalmente era il mio turno, tra tanti commessi e commesse, lui serviva sempre me.
-Vorrei uno sfilatino da due etti e mezzo-gli chiesi con voce sicura.
-Quale tipo? Quello più lungo, o più corto?- chiese tradendo una risata
-Quello più corto-gli dissi arrossendo
-Ma sai, non è ben cotto, e poi più lungo è meglio è!-mi disse quasi urlando.
-Ok, fa come vuoi-gli risposi scocciata.
-Te lo incarto nella bustina di plastica oppure lo tieni in mano alla francese?- mi chiese passandosi la lingua sulle labbra
-Preferirei che lo incartassi, se ne sei capace-gli risposi scocciata.
-Come vuoi tu, Tua- giocava sempre col mio nome. Evidentemente era più forte di lui. Comprendere che mi chiamo Mia e che non è divertente sentirsi chiamare Tua era fuori da ogni logica per lui.

Ad ogni modo, dopo la buona dose quotidiana di figure di merda e discorsi imbarazzanti in panetteria, potevo uscire gloriosamente di lì, tornando a casa e sentirmi dire che, se avessi comprato anche un dolce, la cena sarebbe stata completa. Ma per quale oscuro motivo esisteva solo una panetteria a Holmes Chapel? Ero persino disposta a farlo io personalmente, a mano, quel dolce, pur di non rimettere piede in quella stupida panetteria. E infatti andò così. Modestamente ero molto abile in cucina, e sarei stata disposta ad imparare anche a fare il pane, pur di non rivedere la sua faccia di merda.



Questo prologo inizia e finisce con la stessa parola: MERDA. ahahah. Che dire di questa FF? Diciamo che questo prologo serviva solamente a presentare un po' i vari personaggi e poi volevo stuzzicare un po' la vostra curiosità. Sarà una storia diversa dalle altre che ho scritto in precedenza, meno depressa, e molto sarcastica, credo.
La storia è interamente dal punto di vista di Mia, che ha le sembianze di Zooey Deschanel ed è incentrata principalmente su Harry (si è capito che mi piace Harry?)                                                  Volevo inoltre aggiungere che sono scettica su questa storia, perché è una storia un po’ complicata, quindi mi affido a voi lettrici, sperando che mi diciate se una storia del genere potrebbe interessarvi o no. I don’t Know. 
Al prossimo (?)

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


 Capitolo 1

Ora stavo percorrendo il tratto di strada dalla scuola all’aeroporto, dietro Liz, che non aveva mai avuto in tutta la sua vita, un passo così spedito, nonostante i tacchi a spillo. Appena arrivammo all’aeroporto, se ne andò . -Vado in bagno, aspetta qui, tu. Non vorrei ti perdessi.-mi disse sentendosi in dovere di farmi da tata. Dopo un quarto d’ora di dovuto restyling, la vidi ricomparire dalla porta del bagno, con la camicetta slacciata e le labbra color fuoco. Aveva un aspetto ambiguo, e la sua camminata spastica dovuta ai tacchi, la faceva assomigliare ad un trans. Mi venne vicino e impettita -Mettiti dietro di me, sai ci saranno parecchie persone qui, e se ti perdi, rovinerai tutto come al tuo solito.- disse stizzita.
Ad un tratto vidi una folla di ragazzine in preda a crisi di panico, correre verso di noi, per poi spingermi e farmi perdere di vista Liz. Non sapevo se ciò fosse un bene o un male sinceramente. Fatto sta, che tutte queste pazze nevrotiche stavano aspettando l’arrivo degli One Direction con equipaggiamenti degni di un fotografo professionista. Con la differenza che un fotografo professionista non urla dimenandosi. Quando quei cinque individui varcarono la porta dell’aeroporto, tutte le ragazzine strepitarono spingendosi. Io avevo il posto d’onore, vicino ad una ragazza che mi ruppe un timpano urlando: -Ommioddio! Ommioddio! Harry!- secondo me aveva appena perso conoscenza ed era andata in iperventilazione. Aveva le guance cianotiche.

Sinceramente, provai a spremere le meningi, provai a pensare almeno una, una dannata ragione per la quale io, ragazza di 16 anni, sarei dovuta impazzire e perdere la mia dignità morale per quei cinque stupidi. Ma non la trovai. Anzi successe che vedendoli di persona passarmi davanti, trovai un miliardo di ragioni per non voler sapere nulla né di loro, né della loro musica. Insomma : tutte le ragazze perdevano la testa per i riccioli di Harry, ma io vedevo solo una matassa informe sulla sua testa. Che dire del biondo? Era talmente magro che credevo fosse trasparente. Poi, scorsi appena la testa di un ragazzo con i capelli scuri e la pelle olivastra. Ciò che riuscii a vedere fu abbastanza per capire che lui saltò tutto il processo evolutivo, e che discendeva direttamente da una scimmia. Era talmente peloso. Quando invece vidi un tipo con una maglia a righe e i pantaloni arricciati, mi guardai in giro, credendo che l’aeroporto si fosse allagato, e per finire in bellezza, mi passò davanti un ragazzo castano, con una camicia a scacchi, degna di essere usata come tovaglia per un pic-nic.
Notai poi una bionda, che con movenze goffe si accingeva a baciare Harry in bocca. Tutte le fans urlarono, scattando foto all’impazzata, sembrava l’alba lì dentro. Solo quando vidi arrivare Liz vicino a me, avvinghiata a Harry, capii che era lei quella bionda -Ma guarda chi c’è! Ciao Tua!- mi disse Harry facendomi un frugoletto, come ai cani. -Ah sei tornato-gli dissi noncurante. -Non sei felice?- mi chiese lui guardandomi, mentre stringeva la mano di Liz. Stavo per aprire la bocca, quando Liz mi diede una gomitata nelle costole, bloccandomi il respiro. –Sii gentile!- mi sussurrò all’orecchio minacciosamente -Sono…senza parole, davvero, in tutti i sensi- risposi ad Harry cercando di riprendere fiato -Benissimo, adesso che vi siete salutati, tu puoi anche camminare dietro di noi, sai dobbiamo recuperare il tempo perso- mi disse Liz allontanandomi da Harry, con l’ aria di una che ha cose più importanti da fare che tirare gomitate in giro per zittire la gente.
I due piccioncini cominciarono a farsi strada tra la gente, per dirigersi verso casa di lui. Harry si trascinava dietro un trolley e una borsa a tracolla, che Liz, educatamente, non si offrì neanche di portare per lui. -Stasera andiamo a cena fuori?-chiese Harry accarezzando sdolcinatamente la guancia di Liz. -Oh ma certo!- rispose Liz spalancando la bocca . -Beh sono arrivato. - disse suonando il campanello di casa sua. -A dopo Harry!- strillò sgraziatamente Liz -Ci vediamo dopo Liz! Passo a prenderti alle 20,00.- disse lui- ah e ciao anche a te Tua!- mi strillò salendo le scale. Io non me lo filai minimamente. Già mi ero avviata verso casa, e nulla mi avrebbe distolto dal percorrere senza alcun intralcio la strada fino a casa mia. –Non ti hanno insegnato le buone maniere, eh? Ah dimenticavo che qui nel Cheshire siete tutti dei rustici popolani.- mi disse Liz dall’alto della sua finezza, che le fece puntualmente calpestare una cacca di cane. Ma decisi di non dirle nulla. L’odore che emanava parlava chiaro.

Finalmente, dopo un’interminabile giornata, ero a casa. 
Mi spalmai prontamente sul divano dopo averlo scavalcato con un salto degno di un atleta. Accesi la tv per guardare la mia sit-com preferita, che andava in onda ogni sera. Distesi le gambe sul tavolino davanti a me. Dio che pace. Non sentivo neanche la voce di quella stupida. Era sotto la doccia. Mi tolsi le scarpe, e alzai il volume della tv, perché finalmente Eric, protagonista della sit-com, scopriva che il suo amico era mutante. Aspettavo questo momento da una vita. Il mio cervello era pronto. Anche Liz era pronta. Per accendere il phon e asciugarsi i capelli, però. Così puntualmente non capì nulla del film, che tra l’altro finì dopo poco.
Decisi così di andarmene in camera a leggere un libro che avevo comprato il giorno prima. D’un tratto la porta della mia camera si aprì, lasciando entrare Liz.
-Ti serve qualcosa?-dissi fissandola -Sì, cercavo il tuo cerchietto rosa- disse passandosi una mano sul mento -Non ho nulla di rosa. Né tantomeno un cerchietto. Mi dispiace infinitamente.-le dissi aspettando che uscisse dalla porta. Ma nulla. Anzi, si avvicinò alla mia cassettiera, e cominciò a rovistare tra le mie cose. -Ehi, giù le mani dalle mie cose! Se ti serve qualcosa, me lo chiedi- gli dissi incastrandole le dita nel cassetto. -E se ti chiedo qualcosa, devi darmelo!-mi ordinò lei -Tutto quello che ti darò, è un calcio in culo se non te ne vai dalla mia stanza. - le dissi scandendo le parole aggressivamente. -Gradirei che tu fossi più gentile con me. In fondo, non mi costa nulla dire ad Harry che tu hai una cotta per lui, o per uno dei suoi amichetti.- mi minacciò inarcando il sopracciglio. -Gradirei non rivedere mai più la tua schifosissima faccia. In fondo, non mi costa nulla farti una foto mentre sei struccata e mandarla ad Harry e i suoi amichetti.- le dissi sfottendola. Evidentemente la mia minaccia l’aveva spaventata sul serio. Evidentemente si rese conto che la sua faccia struccata poteva spaventare chiunque. -Sono tornata!- urlò mamma dal piano di sotto, posando le chiavi sul tavolinetto all’entrata. Io non mi sforzai neanche di salutarla, tanto non mi avrebbe sentita.
Mancava un quarto d’ora alle 20.00, e l’agitazione regnava sovrana in casa. Sentivo i passi pesanti di Liz per tutta casa, era così aggraziata che il pavimento tremava. Poi sentivo sbattere i cassetti e sbuffare. Suonò il campanello.
–Vai tu Mia!- gridarono in coro mamma e Liz. Solo all’idea di dover aprire la porta a quell’energumeno, mi infastidiva tremendamente. Mi ritrovai davanti la sua faccia pallida e quei capelli che per la specialissima occasione avevano assunto le sembianze di un furetto morto. Aveva in mano un papavero bianco. Si direbbe appena strappato dal campo dietro casa sua. Era famoso in tutta Holmes Chapel per conquistare una ragazza con i papaveri. Regalava sempre e solo quelli, chi sa perché -Oh Tua!- mi disse ridendo Harry - Ma che bella sorpresa!- gli dissi sarcastica -Stavo aspettando Liz, ma se non c’è posso accontentarmi di te.- mi disse squadrandomi dalla testa ai piedi con aria ironica -Mi dispiace, sono io che non mi accontento di te. E comunque, l’attesa sarà ancora lunga, sai si stava depilando…- gli dissi tradendo una risata, dirigendomi al piano di sopra per bussarle alla porta del bagno. -Arrivo! Eccomi!- si precipitò verso di lui lasciando una scia stucchevole di profumo allo zucchero filato. Che si insinuava in ogni angolo della casa. Ora aveva impregnato anche la mia camera. Lo odiavo, me lo sentivo anche in bocca. Questa volta non sprecai neanche le mie preghiere. Tanto non sarebbe mai caduta dalle scale. Ma decisi di seguirla lo stesso con lo sguardo fino all’ultimo scalino, giusto per essere sicura di non perdermi un’eventuale caduta.
Lui le porse quel papavero spelacchiato e lei lo ringraziò baciandolo maldestramente -Oh ma che carino, grazie !-disse guardandolo schifita. -Ciao ciao. Divertiti stasera!- mi urlò Liz. Io non ci feci caso, e mi infilai le cuffiette. -Ciao ragazzi!- urlò mamma dalla cucina. La porta si chiuse dietro di loro, facendoli scomparire. Tirai un sospiro di sollievo. 

Improvvisamente il mio cellulare si illuminò e sul display lessi il nome di mio cugino, non che mio migliore amico. Decisi di rispondere. -Pronto?- dissi sorpresa. -Mia! Stasera sono solo a casa, e non ho nulla da mangiare, ti va di venire da me, e magari, mentre vieni, ti fermi a prendere un po’ di pizza. Che ne dici? – mi chiese Alan, al di là del telefono. -Perfetto direi!- dissi convinta. Ero felice di poter scappare da questa noiosa serata che mi si prospettava in compagnia di mamma e George.
Infilai le mie Coq: -Mamma, vado da Alan !- non aspettarmi alzata. Ciao!- gli feci prima di sbattere la porta.

Io amavo mio cugino. Non in quel senso. Lui per me era come quel fratello che non avevo mai avuto, aveva la stessa età di Harry, infatti era un suo compagno di classe, ed erano amici. Ma non avevano nulla in comune. Alan era il ragazzo più disponibile, sincero, leale, altruista e divertente che abbia mai conosciuto. Eravamo soliti trascorrere molto tempo insieme e visto che lui era figlio unico e che i suoi genitori erano morti in un incidente stradale appena due anni fa, eravamo molto uniti e avevamo un rapporto unico. 
Bussai tre volte velocemente e due piano, era il nostro segnale segreto. -Mia! Entra!- mi accolse Alan -Ciao cuginetto!- gli dissi scompigliandogli i capelli, alzandomi sulle punte. -Ho saputo che non hai perso tempo a rivedere Harry!- mi disse aprendo le scatole della pizza. -Ti riferisci a Liz!- gli dissi acida, cercando con lo sguardo la pizza ai peperoni -Dimenticavo quanto odiassi entrambi. E’ più forte di te, vero Mia?- mi fece scoppiando a ridere -Mh, sai, comincio a capire come mai si trovino così bene insieme! Entrambi sono fidanzati solo perché uno è famoso, e l’altra troppo stupida per capire. E poi, non puoi negare il fatto che lui sia un Dongiovanni. In un anno sarà uscito con 30 ragazze almeno.- ribattei sedendomi. -Invece io non capisco cosa ci trovi Harry in una ragazza come lei! Sembra una barbie.- disse masticando a bocca aperta -Sì, una barbie riuscita male!- lo ripresi indicandolo col dito.-E lui sarà il suo Ken.- continuai -Oh andiamo!- mi disse Alan spingendomi- Harry non è poi così male come ragazzo! Magari non sarà il tuo principe azzurro-disse prendendomi in giro- ma ti assicuro ti sei fatta un’impressione sbagliata di lui- continuò -Forse stiamo parlando di due Harry diversi!- gli dissi scrollando la testa. -Dai, non giocare sempre! Fa così solo per dimostrarsi misterioso ed affascinante, ma in realtà, è una persona semplice, fidati.- mi rassicurò ridendo -Guarda che non devi convincere me!-gli dissi scocciata. -E va bene. Uno di questi giorni lo inviterò qua, e te lo farò conoscere meglio, fuori dagli sguardi indiscreti di Liz.- disse facendomi l’occhiolino, accarezzandomi il braccio. -Ma per piacere!- gli gridai sbattendo il piede per terra- non ho bisogno di uno speed-date, né tantomeno con lui!- gli dissi aggrottando la fronte, togliendomi la sua mano dal braccio. -Ok, ok. Non ti scaldare. Forse è meglio cambiare argomento.- disse sorseggiando la sua Sprite.



Ecco che entra in scena il cugino di Mia, Alan, uno dei personaggi chiave della nostra storia. In quanto a Liz, immaginatevela come Ashley Tisdale, Alan immaginatevelo come il vostro migliore amico o vostro cugino ahah. Scusate se il capitolo e soprattutto i dialoghi sono tutti storti, ma oggi EFP fa i capricci, è quasi da due ore che ci combatto e ora non ne posso più. Scusate.
Non so che dire se non grazie a voi che avete letto, recensito, che seguite e preferite questa FF, per me significa molto, quindi grazie davvero.
Ditemi se trovate che i capitoli siano troppo lunghi o corti o non lo so, così mi organizzo per il futuro.
Ora vi lascio, grazie ancora, vi voglio bene,

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


Mi svegliai per colpa di un imbecille fuori, in strada, che suonò il clacson. Non riuscii bene a realizzare dove fossi, poi vedendo le scatole della pizza, ancora sul tavolo, mi ricordai di essere a casa di Alan. Avevo la sua coperta sopra, probabilmente me l’aveva messa lui, vedendomi addormentata.
Decisi di andare a svegliarlo, nella sua camera, aprii la porta e lo scrollai dal letto: -Buongiorno Alan!- gli sussurrai all’orecchio, sedendomi sul suo letto.
-Mamma sei tu?- mi disse con gli occhi chiusi. Avrei preferito potergli rispondere di sì, ma ciò non era possibile in ogni caso.
-No, sono Mia!- gli dissi sedendomi accanto a lui fissandolo premurosamente.
-Ah!- disse girandosi nel letto sbadigliando. Quel ragazzo dormiva in modo stranissimo, aveva il cuscino ripiegato sotto la testa, ed era completamente avvolto nelle coperte, come una mummia, infatti mi stupì il fatto che riuscisse a muoversi nel letto.
-Andiamo a fare colazione da Steve’s ?- gli chiesi avvicinandomi a lui, scandendo bene le parole, come se parlassi ad un bambino di due anni. Di mattina non connette proprio.
-Va bene! Mi vesto e andiamo- disse rotolando dal letto. Dopo appena due minuti era pronto, nella sua felpa blu elettrico. 
-Andiamo!- mi disse-ho una fame!-continuò massaggiandosi la pancia.

Steve’s era il bar praticamente sotto casa tua, c’andavamo sempre da piccoli, e ormai Steve sapeva a menadito cosa prendevamo per colazione. Appena ci vide entrare nel bar semi-deserto ci salutò con un cenno del capo: -Buongiorno ragazzi! Il solito?- disse sorridendo affacciandosi da dietro il bancone.
-Ciao Steve! Sì il solito!- rispose Alan stropicciandosi gli occhi, e come potevo dargli torto? Erano solo le 7,32 di un sabato mattina. Ci sedemmo al bancone, e subito i nostri cappuccini arrivarono fumanti. Alan era così sporto in avanti che credevo stesse intingendo i capelli nel cappuccino.
Stavamo chiacchierando del film che avevamo visto la sera prima, con gli occhi sbarrati, quando sentimmo la porta aprirsi e ci girammo all’unisono per guardare chi fosse questa persona che oltre a noi due, si fosse svegliato così presto di sabato.
Appena lo vidi, pregai il Signore di essere in un sogno, di non essermi mai svegliata, di avere un’allucinazione da post-risveglio, ma nulla. Questa pseudo allucinazione da post-risveglio si chiamava Harry Styles. E non era un’allucinazione.
Holmes Chapel era troppo piccola per tutti e due. Riflettei dentro di me. Prima che potesse notarmi, me ne andai a prendere un quotidiano, dietro il bancone.
-Dove vai Mia?- chiese Alan sbrodolandosi la felpa col cappuccino. Io non gli risposi, e gli feci segno di stare zitto, mettendo l’indice sotto il mio naso, al centro delle labbra. Mi sedetti ad un tavolo, dove sopra c’era appoggiato un cappello. Non gli diedi troppa importanza, e nascosi la faccia dietro il giornale, rivolgendolo verso Alan.
Alan si guardò attorno senza capire bene la ragione della mia fuga, ma poi vedendo Harry avvicinarsi a lui, si girò per guardarmi e mi fece l’occhiolino.
-Come mai anche tu qui, Alan?- gli chiese Harry con la faccia stranita – serata selvaggia eh?- insinuò dandogli una gomitata.
-Beh a dire il vero…-cominciò Alan, ma Harry non lo fece finire: -E chi è la fortunata eh? La posso conoscere? E’ qui? Fammela vedere dai!- disse Harry alzandosi dallo sgabello aspettandosi di vedere una ragazza da qualche parte.
-Ci conosciamo, signorina?- esordì con un colpo di tosse un vecchietto, che molto probabilmente era il proprietario di quel cappello, non che avventore di quel tavolo, dove io mi ero appena seduta. Io mi girai verso di lui imbarazzata, continuando a tenere il giornale rivolto verso Alan.
-Mi scusi, signore, non volevo disturbarla.-gli dissi balbettando alzandomi dal tavolo.
Gli altri tavoli dietro il bancone, nascosti da Alan e Harry erano occupati da altri vecchietti, e non sapevo dove andare, così mi diressi verso loro due, sempre dietro il giornale, pronta a collezionare la mia seconda figura di merda della mattinata.
Mi sedetti accanto ad Alan, cercando di fare l’indifferente, sperando che Harry non mi riconoscesse.
-Ah ma è lei! Piacere, sono Harry!- disse Harry abbassandomi dalla faccia il giornale. Quando mi riconobbe, scoppiò a ridere.
-Credo vi conosciate già- disse Alan a voce bassa, godendosi la scena del fallimento del mio piano.
-Non credevo foste fidanzati!- urlò Harry guardando sconvolto Alan, come per dire, che tra tutte le ragazze di Holmes Chapel, aveva scelto proprio la peggiore.
-Infatti non lo siamo!- ribattei alzando gli occhi al cielo. Dio quant’era stupido. Di mattina rasentava la demenza in persona.
- Lei è mia cugina!- gli rispose Alan posando il cucchiaino nella tazza ormai vuota.
-Potevate inventarvi una scusa migliore! –esclamò convinto Harry.
-So che chiedo troppo-mi rivolsi ad Harry- ma prova a ragionare: qual è il mio cognome?- gli chiesi acida.
-Shiver. – rispose senza dubitare
-E qual è il cognome di Alan?- gli chiesi guardando Alan divertita.
-Shiver- ripetè Harry rendendosi conto dell’errore madornale in cui era appena inciampato.
-Ben detto amico!- disse Alan dandogli una pacca sulla spalla. –E adesso scusaci, ma dobbiamo andarcene. E’ stato bello rivederti. Stammi bene. Ciao!-aggiunse Alan alzandosi, estraendo il portafoglio dalla tasca posteriore dei suoi jeans, per pagare.
-Anche per me! Ciao Alan! Ciao Tua!- ridacchiò con la faccia da ebete Harry, girando il suo caffè nella tazzina.

-Chi è Tua?- mi fece Alan appena svoltammo l’angolo di Alumbrook Ave.
-Harry mi chiama Tua.- esordii scocciata
-Come mai?- chiese confuso Alan
-Perché evidentemente non gli piace il mio nome, o trova necessario doverlo cambiare.- gli spiegai agitando le mie mani in aria.
-Per me il tuo nome va bene così, perché tu sei mia!- mi disse stringendomi a sé. Amavo questi improvvisi slanci di dolcezza non richiesta, ma ben accetta in qualsiasi momento.
Trascorremmo la mattinata insieme, vagando senza meta come barboni per tutta Holmes Chapel, quando ad un tratto mia madre si ricordò di avere una figlia di nome Mia, alla quale doveva assolutamente telefonare per sapere se fosse ancora viva e vegeta, non avendola vista in giro per casa fin ora.
-Pronto!- dissi scocciata schiacciando il pulsante verde della tastiera del mio Sony Ericsson blu.
-Mia! Tutto bene? Dove sei?- chiese mamma preoccupata
-Mamma tranquilla, sto bene, sono con Alan, ma non so dove di preciso- dissi staccando il telefono dalla guancia per guardarmi in giro. -Dov’è che siamo di preciso?- Chiesi ad Alan sentendo la mamma dire -Cosa vorresti dire con “non so dove di preciso”?-
-Siamo tra Eastgate e St. Luke’s close- mi suggerì a bassa voce Alan
-Siamo tra Eastgate e St. Luke’s close-riportai a mia madre fedelmente, riaccostando la guancia al telefono.
-Va bene, ora che so che sei con Alan, sono più tranquilla.-mi disse la mamma, probabilmente mettendosi una mano sul cuore in quell’istante.
-Ti lascio, a dopo mamma. Ti voglio bene!- le gridai al telefono
-Ti voglio bene anche io, ma quando tor-non le feci finire la frase, le chiusi il telefono in faccia, ma non ci feci apposta.

Però poi mi sentii in colpa, e decisi di rientrare a casa, onde evitare di far morire di crepacuore la mamma.
Salutai Alan, che mi aveva riaccompagnata a casa, malgrado non fosse di strada, e poi entrai.
-Ah sei tornata.-mi accolse George, con l’aria scocciata aggiustandosi la giacca.
-Sì, la mamma mi ha cercata- gli dissi seria, cercando di non fare caso al fatto che per lui ero solo una persona in più che consumava vitto e alloggio in quella casa.
-Sì, ma adesso io e la mamma ce ne andiamo a pranzo fuori. Prepara tu il pranzo anche per Liz.- mi ordinò infilandosi il cappotto di pelle. 
Feci di sì con la testa, e poi salii di sopra, ma lui non contento della mia risposta, mi seguì per le scale, afferrandomi per il braccio:
-Non sei un cane, che scodinzola, quindi apri la tua boccuccia, e parla.- mi disse stritolandomi il braccio.
-Sì, scusa George.- gli risposi guardandolo seria.
-Mh così va meglio.- disse aprendo la porta di casa, e chiamando la mamma.
Fanculo. Ma chi era quell’uomo per trattarmi in quel modo? Spero solo che con la mamma si comporti meglio. E spero anche che quando va fuori casa se li lavi i denti. Mi ha appena narcotizzata con il suo fiato. Pensai inorridendo dentro di me.

-Eccomi, sono tornata!- sentii strillare dal salotto Liz.
-Che vuoi per pranzo?- le chiesi affacciandomi dalla cucina, senza neanche salutarla
-Voglio un hamburger con le patatine fritte.- rispose lei guardandosi le unghie appoggiata al tavolo.
-Come lo vuole l’hamburger, ben cotto o al sangue, signorina?- le dissi sfottendola- qui non siamo al McDonald’s.- le dissi.
-Ah vorrà dire che se non sei in grado di cucinarlo, lo andrai a comprare.-mi disse sorridendomi con aria di sfida.
-No cara mia. Vorrà dire che se lo vuoi davvero tanto, ci vai con le tue gambine storte a comprartelo.-le risposi, trattenendomi dall’aggredirla con il mestolo a portata di mano.
Poi fortunatamente le squillò il cellulare che teneva nella tasca dei pantaloni, lo aprì e rispose prontamente. Doveva essere una sua amica. Mentre parlava con la sua amichetta, altrettanto simpatica immagino, si attorcigliava una ciocca di capelli attorno al dito.
Poi tornò da me:  -Per stavolta te la sei scampata Mia. Vado a casa di un’amica. Mi raccomando, non dare fuoco a casa mentre cerchi di cucinarti il pranzo.- mi disse con una smorfia.
-Mi raccomando, fatti investire da un autobus mentre attraversi la strada- dissi ricambiando le premurose raccomandazioni.

Perfetto. La casa era in mio possesso ora. Niente e nessuno mi poteva disturbare adesso.
Ma per mia sfortuna, le ore in solitudine passarono troppo veloci in compagnia del mio tele film preferito e dei miei amati libri. Ero comodamente seduta in salotto sul divano, quando suonò la porta. Se le chiavi le hanno inventate, ci sarà un motivo, no? Pensai essendo sicura di aprire la porta alla mamma o a Liz. 
Andai svogliatamente ad aprire, e mi trovai davanti quel simpaticone di Harry Styles.
-Ciao Tua! Sono venuto per Liz- mi disse col suo solito sorriso di plastica.
-Mi dispiace, ma Liz non è ancora tornata.-gli dissi per poi richiudergli la porta in faccia e tornarmene davanti alla tv. Non feci in tempo neanche ad appoggiare il sedere sul divano, che risuonarono alla porta. -Sì, che c’è adesso?- dissi aprendo la porta con espressione irritata.
-Non è carino sbattere la porta in faccia alle persone. Che ne dici di farmi entrare, mentre aspetto Liz?- mi disse lui mordendosi le labbra.
-Devo proprio?- gli risposi io fin troppo educatamente.
-Oh andiamo, nessuno ha mai rifiutato la mia compagnia, finora!-mi disse entrando e prendendomi sotto braccio.
-Ecco, hai detto bene, finora. Sai, io ne farei volentieri a meno.-gli risposi togliendomi il suo braccio di dosso.
-Ma come siamo suscettibili quest’oggi! Che c’è, il tuo ragazzo ti ha lasciata?- mi disse sedendosi sul divano, dopo essersi tolto il suo loden blu.
-No, c’è uno stupido seduto vicino a me che non mi lascia vedere in pace il mio telefilm, ecco cosa c’è!- gli risposi a tono, avrei voluto strangolarlo.
-Scusami, prometto che mi tappo la bocca. Ma lo farei più volentieri se mi offrissi qualcosa da bere.-mi disse avvicinando la sua brutta faccia alla mia.
-Senti, qui come puoi vedere, non ci sono camerieri, quindi se proprio hai la gola così arsa, ti alzi, e te lo vai a prendere. La cucina è là.-gli dissi indicandogli la porta con l’indice, non distogliendo, però, lo sguardo dalla tv.
-Ma una buona padrona di casa che si rispetti, offre sempre qualcosa ai propri ospiti.-aggiunse lui facendomi il labbretto.
-Sei qui solo da tre minuti-gli dissi guardando l’orologio che avevo al polso- e già mi hai logorato il sistema nervoso.- gli risposi alzandomi e dirigendomi in cucina.
-Non era mia intenzione, credimi. Ma è colpa tua, sei tu che opponi resistenza a tutto ciò che ti dico.- mi disse sedendosi sullo sgabello .
-Va bene dell’acqua liscia?-chi chiesi cercando il bicchiere nella credenza.
-Non avresti qualcosa di più forte?-mi chiese lui corrucciando la fronte
-Vediamo, sì. Della soda caustica. Dicono sia il migliore per chi si vuole dissetare una volta per tutte.-gli dissi chinandomi per prendere il flacone.
-Credo che prenderò dell’acqua. Liscia hai detto, vero?-mi chiese lui guardando per terra.
-Esatto. –gli dissi porgendogli il bicchiere pieno. Lo osservai bere goccia dopo goccia quel bicchiere d’acqua, sperando che gli andasse di traverso, ma niente. Anzi, trovò anche il fiato di chiederne ancora.
-Sei cambiata molto dall’ultima volta che ci siamo visti, Mia- disse lui posando il bicchiere sul tavolo. Per la prima volta in tutta la mia vita, mi aveva chiamato con il mio nome di battesimo.
-Cosa vorresti dire?-gli chiesi sedendomi a gambe accavallate sullo sgabello di fronte al suo.
-Voglio dire che non sei più la ragazzina goffa, obesa e piena di brufoli che eri prima che partissi.-mi spiegò lui descrivendo delle circonferenze sul tavolo, mentre mi guardava negli occhi.
-Invece io trovo che tu sei rimasto sempre il solito coglione.-gli risposi allungandomi a prendere la bottiglia d’acqua, per berne un sorso anche io.
-Non cambiare discorso Mia. Sai benissimo ciò di cui parlo. Il tempo fa miracoli.-mi disse guardandomi attentamente, mentre si asciugava le labbra.
-Nel tuo caso no. – ribattei pungente, per poi girarmi a rimettere a posto l’acqua.-e comunque, nessuno ti autorizza a guardarmi il sedere.-continuai. Qualcuno glie lo doveva dire che l’acciaio della cucina riflette.
-Non volevo metterti a disagio, scusami.-mi disse con aria maliziosa. Non si era pentito neanche un po’ di come mi aveva guardata.
Poi per fortuna quell’imbarazzante silenzio che mi spingeva a fissare i suoi occhi verdi, fu interrotto da Liz, che rientrava sommersa dalle borse dello shopping. Si fece largo in salotto con la grazia di un elefante, scaraventando a terra tutti i suoi preziosissimi acquisti.
-Mia! Vienimi ad aiutare con le scatole delle scarpe!-urlò Liz dal salotto senza neanche salutarmi.
-Questa deve essere la tua Liz.-dissi ad Harry eccitata dall’idea di rivedere quella ragazza.
-Ciao Liz!-la salutò Harry baciandola a stampo.  Ma che bella scenetta. E io avrei dovuto fare il facchino?
-Fatti aiutare da Harry con le tue scarpe, io ho ben altro da fare.-le dissi salendomene in camera. Finsi di mettermi le cuffiette dell’ i-pod, ma in realtà stavo ascoltando attentamentei loro discorsi.
-E’ sempre la solita scansafatiche!-disse Liz rivolgendosi a Harry, mentre si sistemava ia capelli.
-Ha un bel caratterino tua sorella, eh?- le rispose Harry sorridendole.-comunque dimmi dove devo portare queste borse, posso farlo io.- continuò Harry offrendosi di darle una mano.
Avevo sentito bene? Harry si era appena offerto di portare le buste di sopra a Liz, salendo ben 17 scalini, ma si era rifiutato di versarsi da solo, un bicchiere d’acqua in mia presenza? Scossi la testa, e poi accesi l’i-pod. Per oggi ne avevo sentite abbastanza.
Dopo il suo sforzo immane, Harry pensò bene di venirmi a salutare prima di uscire.
-Ciao Mia, ci si vede in giro!- mi disse infilando la sua faccia di bronzo nella mia camera.
-Spero proprio di no!-gli risposi io sollevando lo sguardo dall’i-pod.
-Credo proprio che invece ci vedremo più spesso di quanto immagini.-mi disse salutandomi portandosi due dita vicino alla tempia. Cos’era quella, una minaccia terroristica?

Quella sera stranamente saltai la cena, forse era per via di tutti quegli incontri un po’ troppo ravvicinati, per i miei gusti, con Harry.
Ero anche riuscita a trovare facilmente una posizione comoda che conciliasse il mio sonno in quella fredda sera di fine ottobre, quando fui svegliata dalle grida di Liz.
-Dopo tutto quello che ho passato per lui, i paparazzi, i giornali di gossip e le sue stupide fans, mi ripaga così? E’ proprio un bastardo!- la sentii gridare tra i singhiozzi al piano di sotto.
Assonnata, ma curiosa di vedere quell’essere spregevole piangere, scesi di sotto, ad assistere alla scena. Le grida provenivano dalla cucina.
-Non è giusto! Solo io merito d’averlo, nessun’altra!-continuò poi soffiandosi il naso.
-Cos’è successo?-dissi entrando in cucina, reggendomi alla sedia.
-Niente Mia, questi non sono affari tuoi!-mi disse George.
-Oh George! Mia si sta solo preoccupando per Liz. Non essere così impulsivo.-mi difese la mamma. Apprezzai questo suo sforzo, e mi sedetti affianco a lei.
Probabilmente a Liz sembrava di essere come nei film d’amore, dove le star, dopo una delusione si ingozzano di gelato guardando un film strappalacrime, ma a me l’unico film che al momento, l’immagine di lei che piangeva, riuscisse a suscitarmi, era quella dell’esorcista: i suoi capelli, in precedenza piastrati, avevano ceduto all’umidità inglese, il suo maskara waterproof, non si era dimostrato poi così waterproof, la sua coltre di fondotinta si era sciolta per via delle sue acide lacrime, lasciando trasparire le occhiaie, e i suoi occhi, erano talmente gonfi, che neanche le cipolle avrebbero potuto causare un effetto simile.
Me ne ritornai in camera, assonnata, salendo le scale con le gambe pesanti. Chissà se sarei riuscita a riprendere sonno dopo la mostruosa visione di Liz.


Ciao a tutte bellezze :)
Ecco a voi questo capitolo, ho apprezzato molto le vostre recensioni, siete veramente carine, tutte quante.
Grazie a voi che seguite la storia, o che l'avete messa nei preferiti, grazie anche ai "lettori silenziosi" anche se preferirei che fossero meno silenziosi, capisco che il caldi vi metta KO, ma dieci paroline me le potete scrivere, no? No. Grazie, vi voglio bene lo stesso ahahaha.
Il prossimo capitolo ne vedremo delle belle. Ora me la smetto di rompervi. Grazie e a presto ciccine, vi voglio bene.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3


Svegliati!- mi urlò con voce roca George, sbattendo un pugno sullo stipite della porta della mia camera. 
Io non feci neanche caso alla voce di quell’uomo, e appena chiuse la porta, mi girai dall’altra parte. Dopo due secondi, la sua brutta faccia fece di nuovo capolino alla mia porta
-Hai sentito? Svegliati! Siamo in ritardo!-urlò George, questa volta scoprendomi, facendo percorrere il mio corpo da un brivido. Dopo averlo maledetto più volte, mi sedetti sul letto, e mi infilai le ciabatte, accesi il cellulare e trovai un messaggio da Alan:

Mi devo vestire elegante per oggi?
#A


Poi d’improvviso sgranai gli occhi, ricordandomi che giorno fosse oggi. Oggi era il giorno della presentazione degli studenti dell’ultimo anno che avrebbero conseguito gli ALevels, con relativo discorso.
Gettai il cellulare nel letto, scesi di corsa in cucina, dove bevvi velocemente un caffè, poi risalii al piano di sopra, dove presi le prime cose che mi sembravano più adatte all’occasione, e me le infilai velocemente.
Infine andai in bagno, per cercare di rimediare al mio aspetto al quanto orripilante, ma la porta era chiusa a chiave, così bussai.
-E’ occupato! Non vedi che è chiusa a chiave!-strillò acida Liz, probabilmente impegnata nella trasformazione.
-Lo so, appunto, sbrigati!-le urlai impaziente incrociando le gambe.
-Senti, oggi è il mio giorno, e tu non me lo rovinerai!-mi minacciò lei strillando con la sua voce acida e stridula.
Evidentemente era troppo occupata a nascondere i segni del pianto della notte precedente.
-Liz, in questa casa siamo in quattro, e c’è solo un bagno!-le urlai bussando ripetutamente
-Lo so, ma non è colpa mia se sei sempre in ritardo!-starnazzò Liz.
-Ti giuro che vado in camera tua e faccio quello che devo fare nel tuo bel lettino rosa!-era proprio un bel ricatto. Mi stupii di me stessa e della mia creatività.
Sentii girare la chiave nella toppa della porta, e la vidi uscire con la sua bella maschera di fondotinta in viso.
-Ora è tutto tuo!-disse lasciando uscire tutto il profumo della lacca che si era spruzzata in testa.
-Ragazze! E’ ora di andare!-gridò la mamma dal piano di sotto.
Ancora una volta quella brutta oca mi aveva fregata. Nonostante ciò mi infilai velocemente nel bagno e guardai la mia immagine allo specchio. Rabbrividii alla vista della mia faccia pallida e dei miei capelli arruffati.
Poi afferrai il pettine e cercai di disciplinarli. Mi lavai la faccia con del sapone, mi lavai i denti e uscii dal bagno, dirigendomi in camera per cercare il cellulare, che non trovai facilmente, ma dopo aver alzato le coperte, cadde fragorosamente a terra.
Lo raccolsi e mi precipitai in macchina, lasciando che la mamma chiudesse la porta.
In macchina accesi la radio, dove per la prima volta in tutta la mia vita, passarono la mia canzone preferita, così alzai il volume
-Spegni questo rumore! Non vedi che sto ripassando il mio discorso?-si girò verso di me Liz
-Prima di tutto questa è vera musica, altro che quei cinque babbei, e poi, non ti pare un po’ tardi per ripassare il discorso? Hai avuto una settimana per prepararlo.-le rinfacciai io.
-Ragazze smettetela, Mia, abbassa un po’ il volume, e tu Liz, zitta e ripassa.-come al solito la mamma è molto diplomatica.
Una volta arrivati alla scuola, Liz entrò dal retro della palestra, mentre io, la mamma e George entrammo dalla porta principale, cercai subito con lo sguardo un posto lontano da loro, poi sentii prendermi per le spalle
-Vado bene così?-chiese Alan sistemandosi i capelli.
-Sei impeccabile, come sempre-gli dissi dandogli una pacca sulla spalla.
-Tu non hai più risposto al mio messaggio, così nel dubbio ho optato per una camicia-spiegò lui sedendosi accanto a me.
-La camicia è perfetta in ogni occasione-gli dissi fissando il palco, dove stavano iniziando a salire gli studenti.
-Alan! Ehi Alan!-sussurrò una voce dietro le nostre spalle. Alan si girò di scatto.
-Josh! Amico! Che ci fai qui?-chiese Alan a quel tale.
-La mia fidanzata terrà un discorso, e io sono venuto per lei-spiegò il suo amico. Poi Alan si girò completamente verso Josh, che gli fece segno di sedersi vicino a lui.
-Mi siedo accanto a Josh, se vuoi c’è un posto anche per te, vieni?-chiese Alan abbandonandomi. 
-No resto qui-rifiutai, raccogliendo le gambe al petto, per farlo passare.
Finalmente entrò il primo studente, si presentò, e poi andò al leggio per fare il suo discorso, quando davanti a me arrivò un uomo alto come minimo due metri, che sedendosi proprio nel posto davanti al mio, mi ostruì la vista.
Così scorsi di un posto, sedendomi sulla sedia che prima era di Alan.
-Anche tu qui?-disse una voce purtroppo a me familiare
-Potrei dire la stessa cosa di te, come fai a capire questi discorsi altamente culturali, hai l’interprete?-gli dissi canzonandolo.
-No, ma potrai provvedere tu!-rispose Harry dandomi una pacca su una spalla. 
-Non credo proprio-gli gettai un’occhiata di disappunto, per poi guardare dietro, sperando che il posto vicino ad Alan fosse ancora libero. Ma purtroppo vi si era seduta una ragazza bionda, con la quale Alan non aveva perso tempo, da bravo sciupa femmine quale è.
-Tranquilla, non sono qui per tua sorella.-mi rassicurò guardandomi
-Lo so, sei qui per rovinarmi la vita.-gli dissi scortese togliendomi il cappotto. Improvvisamente sentii il sangue ribollire nelle mie vene.
-Ti sbagli di grosso, sono qui perché sono interessato -fece convinto lui
-Interessato a cosa, alla testa pelata del tizio davanti a te? E’ l’unica cosa che riesci a vedere da qui!-gli risposi sbruffando sottovoce.
-Vorrà dire che allora mi avvicinerò un po’ di più a te-disse avvicinandosi con la sua sedia alla mia.
-E pensare che c’erano tanti posti liberi..-gli dissi rimanendo con lo sguardo fisso sul palco
-Ma questo è perfetto-mi disse guardandomi.
Io rimasi per un po’ a guardare quell’analfabeta balbuziente che sul palco, da cinque minuti cercava di dire “propedeutico”, ignorando gli stupidi discorsi di Harry.
Poi finalmente salì sul palco Liz, che ci deliziò con una presentazione su di lei
-Beh che dire, io sono Elizabeth Hunningham, una ragazza semplice, onesta, e simpatica.- l’importante è esserne convinti, pensai tra me e me. Ma da quando questo era diventato l’inizio di una perfetta presentazione? Ad ogni modo, il peggio non era ancora venuto, non bastava dover osservare una bambola di plastica che dimostrava con scarsi risultati di saper parlare, ma quando Liz cercò di dare prova di saper sostenere un discorso intellettuale, mi sembrò di essere finita a “Miss America”, quando quelle specie di manichini agghindati salgono sul palco in vestiti scintillanti e provano a mettere in fila due parole di senso compiuto.
-Come studentessa spero che un giorno ci sia la pace nel mondo, e che non ci sia più l’analfabetismo, perché la cultura è molto importante!- dovresti cominciare da te stessa la lotta contro l’analfabetismo, sospirai scrollando la testa.
-Usciamo insieme-affermò Harry con nonchalance.
Io feci finta di non sentire quelle due mostruose parole, e uscii dalla palestra, seguita da lui.                                                                                                                                                               Quando arrivai vicino alla porta, mi ricordai di essermi scordata di prendere il cappotto, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, così sperai che Alan non si fosse rincitrullito troppo con la bionda, e si fosse accorto del mio giubbotto.
-Non intendevo subito!-esclamò lui.
-Forse non ci siamo capiti, io non ho nessuna intenzione di uscire con te.-gli dissi spietata
-Riuscirò a farti innamorare di me Tua! Vedrai!-mi disse pacato trapassandomi con lo sguardo. –Comunque, questo deve essere tuo-disse Harry porgendomi il cappotto. Ero sbigottita, non pensavo fosse così sveglio il ragazzo.
Poi arrivò Alan, il mio salvatore
-Che ci fate qui? Il discorso di Liz è appena cominciato!-disse Alan guardandoci incredulo
-Appunto, è appena cominciato e già fa ribrezzo.-gli risposi cinica
-Ma non è ancora finito! Magari il seguito sarà meglio!-esclamò fiducioso Alan.
-No, non posso, questo è un insulto alla mia intelligenza. Ho già sentito troppo.-conclusi incrociando le braccia al petto.
-Come vuoi, allora ce ne andiamo di qui?-mi propose gentilmente.
-Magari!-dissi io prendendolo sotto braccio.
-Ci vediamo in giro Mia!-mi salutò Harry
-Ciao Harry!-lo salutò Alan

-Noto con piacere che stai socializzando con lui-scherzò Alan
-No, è lui che cerca di socializzare con me, pensa che mi ha anche chiesto di uscire con lui-dissi divertita infilando le mani nelle tasche del giubbotto.
-Lo sapevo, lo sapevo! –disse lui dandomi un lieve cazzotto sulla spalla
-Sapevi cosa? Che era un brutto cretino? Lo sapevo anche io-risposi sorniona
-Guarda che si vede benissimo che lui è cotto di te! –esclamò lui girandosi verso di me camminando all’indietro.
-Più che cotto è fumato. Insomma, io e lui? Deve essere nuova questa!-risposi scuotendo la testa.
-Mia, non essere troppo cattiva con lui, infondo è un bravo ragazzo ed è innamorato di te, ha degli strani modi per fartelo capire, ma fidati di me, dagli una possibilità!-mi pregò Alan
-Ma da che parte stai Alan? –chiesi retoricamente strabuzzando gli occhi.
-Dalla parte dell’amore-canzonò lui accennando qualche passo di danza classica.
-Alan, smettila! Sembri un elefante con i tacchi a spillo.-gli dissi fermandolo per la camicia.
-Va bene, va bene. Però promettimi almeno che sarai un po’ meno dura con lui.-chiese a mani giunte
-Vedremo che si può fare…-risposi vaga, alzando gli occhi al cielo
Insomma, per quale motivo Harry Styles avrebbe dovuto chiedermi di uscire? Io non sono una modella, né una bionda senza cervello.

Hi girlz!
Lo so, questo capitolo è un pò più corto degli altri, e poi non mi convince molto, ma in questo capitolo c'è la vera e propria svolta della storia. Mia cederà al fascino del nostro Harreh? Non posso dirvelo. Mi dispiace ahahaha.
Ringrazio tutte voi che avete inserito la storia nei preferiti, seguiti, ricordate e anche voi che recensite naturalmente :) Grazie a tutte, siete carinissime.
Ora vi lascio a questa cacca di capitolo. Scusate ancora, il prossimo sarà *uau*, ve lo prometto :D
A presto, un bacio

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ì

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


-Janet! Dov’è finito il mio blocchetto di fogli?-chiese stizzito George sbattendo il cassetto della scrivania dello studio.
-George, non lo so, probabilmente sarà finito, e l’ho buttato via!-rispose la mamma dalla cucina.
Poi George fece il giro della scrivania, aprendo un altro cassetto -C’è una maledettissima penna dentro questa casa?- chiese battendo un pugno sulla scrivania George
-Sì, ce n’è una nel secondo cassetto del lato sinistro della scrivania!-tentò la mamma di aiutarlo.
-Se magari scrivesse!-rispose George provando l’ennesima penna su uno stralcio di carta.
-George, non ti alterare! Vengo io a darti una mano!-rispose la mamma chiudendo il rubinetto del lavello in cucina.
Finalmente se la sarebbero finita di urlare da una stanza all’altra, costringendomi a leggere il labiale di Patrick Jane.

-Non dovresti essere a scuola tu oggi pomeriggio?-chiese Liz scendendo dalle scale, sorpresa di vedermi spalmata sul divano.
-E tu non dovevi scomparire dalla faccia della terra?-chiesi io altrettanto sconcertata.
-Seriamente parlando, perché non sei a scuola?- domandò Liz mettendosi tra me e il televisore
-Liz, mi dispiace, ma non avrai mai lo stesso fascino di Patrick Jane, lui buca lo schermo, tu lo rompi.-le risposi cercando di continuare a vedere il mio telefilm.
-Mh vedremo, intanto io a soli dieci anni ho vinto la fascia di Miss Yorkshire-rispose lei facendosi un po’ più in là.
-Sembra il nome di uno di quei premi per i cani.-sbottai io ridendo
-Ma no, cretina! Era un concorso di bellezza!- rispose incrociando le braccia al petto, spostandosi da davanti la tv.
-Allora perché non ti vedo dall’altra parte dello schermo se sei così bella?-le chiesi continuando a fissare i riccioli biondi di Patrick.
-Senti te lo chiedo per l’ultima volta, perché non-fece lei per l’ennesima volta, cominciando a perdere la pazienza
-Oggi non sono a scuola perché è lunedì, e la scuola di lunedì pomeriggio non c’è mai stata. Ma se proprio vuoi che ci vada, posso anche andarci, almeno non vedo la tua faccia per un po’-le risposi ridendo sotto i baffi. Amavo farla spazientire, reagiva sempre in modo divertente e mi faceva morire dal ridere.
-No, no, stai pure comoda. Io ho di meglio da fare che parlare con te- rispose lei piccata, dirigendosi verso la porta di casa
-Sì, perché non vai a parlare con i bambini di tre anni, magari loro ti troveranno abbastanza interessante, chi lo sa.-risposi alzando il volume mentre lei si apprestava a rispondere a una delle mie tante provocazioni.

-Mia! Puoi andare a fare la spesa?-chiese la mamma. Ora ecco spiegato il motivo di tanta fretta di Liz.
-Devo proprio?-risposi io, che cercavo disperatamente di riuscire a vedere almeno la fine di questo episodio.
-Sì Mia, per piacere! La lista è pronta, la trovi sul tavolo! Ti conviene andare ora, così troverai meno gente! Ciao- mi consigliò la mamma prima di andare al lavoro.
-Aspetta, esco anche io!-gridò George ancora intento a trovare una penna funzionante.

Tirai un sospiro di sollievo coperto dal rumore della porta che si chiudeva, lasciandomi finalmente da sola. Così, presa un po’ di spinta per alzarmi dal mio comodo divano, mi diressi in cucina, per leggere l’interessantissima lista della spesa, che mi stava aspettando.
-Mh non sono poi così tante le cose da comprare..- sussurrai a me stessa. Incoraggiata dal fatto che erano si e no dieci cose inutili, mi spalmai per un’altra ora sul divano, alla ricerca di qualcos’altro di interessante da vedere.
-Oh mio Dio! Che ora è?- urlai aprendo gli occhi, dopo aver realizzato di essermi appisolata sul divano. Vagai per tutta casa alla ricerca di un orologio, come se non sapessi che l’unico funzionante che avevamo era nello studio della mamma.
-Merda!- esclamai infilandomi le scarpe prima di afferrare la lista della spesa ancora sul tavolo della cucina.
Presi a camminare verso il supermercato a passo svelto, cercando di far mente locale su dove potessi trovare questi pochi prodotti sulla lista.  Il freddo era tagliente, non aveva pietà delle mie mani e credevo di averle in cancrena, avevo perso del tutto la sensibilità, e una folata di vento mi portò via dalle mani la lista, che andò puntualmente a posarsi in una pozzanghera. Perfetto, ora le scritte erano tutte completamente sbavate.Raccogliendola, però, notai che la lista non terminava lì, ma continuava anche dietro il foglio.
Mi aggiravo tra gli scaffali cercando di decifrare che cosa ci fosse scritto sulla lista, e cercando di ricordare le poche cose che avevo letto, e dopo aver litigato con un’anziana per l’ultimo  yogurt alla fragola rimasto, finalmente imbustai la mia spesa e pagai il conto.
Uscita da lì, cercai di raggiungere casa mia come meglio potevo, nel minor tempo possibile, anche se ciò non era del tutto fattibile, visto che mi trascinavo dietro due buste piene zeppe di detersivi.
Poi ad un tratto vidi una macchina grigia affiancarsi la marciapiede, il conducente abbassò il finestrino e io sentii la sua voce
-Buonasera signorina, serve una mano?- chiese il ragazzo, che per mia sfortuna aveva una voce familiarissima.
-No, faccio volentieri da sola, grazie.- risposi io continuando a camminare.
-Avanti Tua ! Guardati, non arriverai mai a casa per l’ora di cena se continui a camminare con questo passo.- osservò Harry seguendomi a passo d’uomo dalla sua macchina, mentre io continuavo a camminare per il marciapiede.
-Ho detto di no, ce la faccio benissimo da sola- lo respinsi ancora guardando dritto avanti a me.
-Guarda che non mangio le ragazze !- esclamò lui mettendo il freno a mano.
-Peccato! A quest’ora mi sarei sbarazzata di Liz. Comunque non mi interessa di ciò di cui ti cibi.- dissi a denti stretti.
-Come vuoi, allora !- disse ripartendo a tuta velocità.
Ad un tratto, sentii un manico della busta della spesa cedere, proprio come nei film, più precisamente come in Mamma Ho Perso L’aereo.  Avevo riso fin troppe volte alle sciagure di quel ragazzino, e finalmente questa era la sua vendetta su di me, pensai. Dopo aver maledetto le buste della spesa poco resistenti, mi adoperai a racimolare i prodotti sparsi per il marciapiede, quando vidi che Harry stava percorrendo tutta la strada a marcia indietro, per poi scendere e avvicinarsi a me
-Visto? Te l’avevo detto Tua! Se mi avessi dato retta, a quest’ora saresti già a casa, ma tu sei troppo cocciuta.- mi sfotté, chinandosi a terra per aiutarmi con la spesa.
-Sentiamo, vuoi che ti paghi per questo servizio sociale ed estremamente umanitario?- gli risposi con aria scocciata alzandomi in piedi.
-No, affatto. Non mi devi niente.- esordì lui prendendo le mie buste e caricandole nella sua macchina.
Rimasi per un po’ basita e stupefatta, insomma per quale motivo avrebbe dovuto aiutarmi? Non avrei mai pensato che un essere come lui fosse capace di compiere questi gesti così gentili.
-Salta su, avanti !- esclamò Harry intimandomi di salire a bordo della sua fiammante audi.
-Grazie- riuscii a dirgli. Ero troppo impacciata in quel momento, ero stata ferita nell’orgoglio, non avrei mai pensato che sarei arrivata a doverlo ringraziare per qualcosa.
-Di niente, figurati.- rispose lui. In quel momento mi aspettavo che imboccasse la strada per Hampton Avenue, che conduceva a casa mia, ma invece lui se ne andò dritto, senza girare. Così mi tenni la scorciatoia per me, senza dire nulla. Non so perché lo feci, d'altronde avrei voluto passare meno tempo possibile con lui in macchina, ma non riuscii ad aprire bocca.
-Ecco siamo arrivati.-disse lui spegnendo il motore della sua macchina, sorridendomi.
-Grazie.- ripetei. Insomma un quarto d'ora in macchina con lui e avevo dimenticato tutto il mio vasto repertorio di insulti dedicato appositamente a lui, e ora sapevo solo dire “grazie”.
Lui scaricò le buste dalla macchina e le poggiò in terra davanti casa mia.
-Ora vado, è stato un piacere Tua !- mi salutò lui ripartendo, con quel sorrisetto sghembo.
Qualcosa non mi convinceva.
-Mia! Come mai ci hai messo tutto questo tempo per fare la spesa? Avanti vieni dentro che mi devi aiutare con la cena!- mi salutò calorosamente la mamma.

Ehilà.
Allora comincio con ringraziare tutte voi che avete inserito la storia nelle preferite, nelle seguite, voi che la recensite e voi che semplicemente leggete. Ora vi dico un fatto lollissimo. Il primo capitolo ha raggiunto le 7 recensioni, l'ultimo 2. Devo essere proprio una schiappa noiosa ahahaha, se è così, scusatemi.
Ci tengo a precisare che questo capitolo, e ciò che è successo, è solo la prima di una lunga serie di sventure capitate a Mia, quindi da questo capitolo in poi ci sarà da ridere, ma non solo, non preoccupatevi romanticone aahahaha
ora vi lascio e non vi snervo più.
un bacio,

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


-Signorina Shiver immagino che lei saprà già l’argomento che sto spiegando visto che si permette di chiacchierare- esordì l’uomo posando gli occhiali sulla cattedra.
-Beh veramente non ero io che chiacchieravo- gli feci notare educatamente.
-No, infatti, la sua compagna è talmente demente che parla da sola, adesso, vero?-esordì sarcastico
-Mai demente quanto lei, comunque- risposi fissandolo con sguardo truce.
-Vedremo chi è il vero demente, venga alla lavagna Shiver !- mi urlò spazientito.
Quando una persona mi provoca, io non posso fare a meno di reagire, soprattutto se le sue accuse sono infondate.
Dopo un’ora di interrogazione di matematica, dalla quale uscii brillantemente con una B, il professore, non contento, mi mandò in punizione.
-Salve, lei deve essere nuova, non l’ho mai vista qui.- mi accolse il professore Cestwick.
-In effetti è la prima volta che vengo in punizione- spiegai sorridendo.
-C’è sempre la prima volta cara, basta che non ci faccia l’abitudine- insinuò l’uomo sedendosi per ricominciare a leggere il giornale. –Ah e posa tutti gli oggetti pericolosi qui, sulla cattedra.- fece lui austero.
-In che senso pericolosi?- chiesi io girandomi di scatto verso di lui
-Hai coltelli, taglierini, asce, cellulari o altro?- elencò lui svogliato
-No- risposi fermamente. Adesso qualcuno mi dovrebbe spiegare perchè dovrei venire a scuola con un'ascia..
-Allora siediti- mi ordinò per poi riprendere la lettura.
Se seriamente pensava che il mio cellulare l’avrei affidato a lui per un’ora, si sbagliava di grosso.
Al contrario di come si vede nei film, il nostro professore che  faceva sorveglianza, non si addormentava sulla cattedra e non mangiava merendine, ma ad ogni minimo rumore alzava lo sguardo e controllava in giro. L’aula non era molto affollata, c’era un tizio con il codino che stava disegnando sul banco, una ragazza che stava approfittando dell’oretta per farsi la manicure e poi c’ero io, che guardavo fuori dalla finestra.  Fuori la gente passeggiava tranquilla potando a spasso il cane, o i bambini, c’era chi rientrava da lavoro, e chi tornava a casa con la spesa, e poi c’era lui. Harry Styles.
Stavo scontando un anno di sua completa assenza nella mia vita e ora lo vedevo dappertutto.
Feci l’indifferente sperando che non mi notasse e tornai a fissare il professore che leggeva il giornale  -Psst !- sentii da fuori –Ehi- insisté. Io mi girai seccata.
-Ohoh! Ma guardate chi c’è! Non sapevo fossi una bad girl, Tua!- disse a bassa voce aggrappandosi alla finestra, attento a non farsi vedere dal professore.
-Ci sono tante cose che non sai di me, piuttosto quando riparti per il prossimo tour?- chiesi a bassa voce.
-Proprio non mi sopporti eh? Andiamo Tua, perché non vuoi ammettere che ti piaccio?- domandò lui appoggiandosi col mento al davanzale.
-Perché non è vero.- sbuffai dando un’occhiata distratta al professore.
-Tua, dammi una possibilità, ti prego- disse Harry reggendosi sui gomiti, congiungendo le mani
-Aspetta che la cerco- feci cercando nelle  tasche. –Eccola!- dissi estraendo il dito medio dalla tasca dei pantaloni.
-Non stento a credere che lei sia finita in punizione, signorina!- esclamò il professore schiarendosi la voce.
Harry scese dalla finestra ridacchiando, godendosi la scena. Dopo altri sessanta minuti aggiuntivi di punizione, ricevuti in dono grazie ad Harry, uscii dalla scuola, mi guardai attorno per assicurarmi che quel demente non fosse ancora nelle vicinanze,  e accesi il cellulare.
Mia sono arrivata da un’ora, dove sei finita?
Brooke.
Dopo aver letto il messaggio gli occhi mi uscirono dalle orbite, ricordandomi che oggi Brooke, la mia migliore amica, sarebbe ritornata da Aberdeen, dove era stata per una settimana dai suoi nonni, e io sarei dovuta andare a prenderla alla stazione. Ero in un fottutissimo ritardo, così iniziai a correre come mai prima  -Se mi vedesse il professore McKinsgley sarebbe fiero di me, ora!- dissi a me stessa pregando che in qualche modo il professore di educazione fisica mi stesse vedendo, magari affacciato dalla finestra dell'aula professori.
 
-Ciao Brooke!- la salutai col fiatone. C’era solo lei in stazione, visto l’orario, così non ebbi difficoltà a trovarla.
-Mia, come va?- chiese lei abbracciandomi dopo aver posato la borsa.
-Tutto bene, un po’ stanca. – risposi guardando il cielo.
- Ho saputo che Harry è ritornato in paese. L’hai già visto in giro?- chiese innocentemente Brooke riprendendo la sua borsa, per incamminarsi.
- Anche troppe volte.- risposi dando un calcio ad una cartaccia per terra.
-Ah certo, è fidanzato con Liz!- ricordò lei portandosi le mani in testa
-Che stupida! Non te l’ho detto che si sono lasciati!- esclamai io dandomi una botta in fronte.
-Davvero?- esordì lei sgranando gli occhi.
-Sì, e ora da il tormento a me. Mi ha anche chiesto di uscire, ti rendi conto?- gli feci traumatizzata.
-Non ci posso credere! Hai accettato, vero?- chiese lei trattenendomi per una spalla.
-Cosa?Dovrei accettare? Ma se lui è l’essere più spregevole che io abbia mai incontrato!- le spiegai inorridita
-Ma sei matta? Sai quante ragazzine vorrebbero essere al posto tuo? – chiese lei con fare sconcertato agitando le mani in aria.
-Anche Alan è convinto che gli debba dare una chance, ma evidentemente è chiaro che siete tutti matti.- risposi io scoppiando in una risata.
-Aspetta, mi fermo in edicola, oggi dovrebbe essere uscita la rivista di calcio- spiegò la rossa cercando qualche spicciolo dalle tasche.
-Va bene, vuoi che entri con te?- chiesi io.
-Sì, sai non mi è mai piaciuto l’edicolante, ha un’aria perversa- rispose lei tirandomi per il braccio.
L’edicola era una stanzetta buia e stretta, e le sue pareti erano interamente coperte da giornali di ogni genere, ma la mia attenzione cadde sulla prima pagina dell’inserto gossip del quotidiano “The Mirror”
“Harry Styles degli One Direction è tornato a casa, e aiuta una graziosa vecchietta con la spesa.”
Non potei fare a meno di prendere in mano il giornale e osservare la foto. Ma quale graziosa vecchietta? Quella sono io. Merda.
-Fatto, possiamo andare- esordì Brooke sfogliando la rivista distrattamente.
-Eh prendo questo, ecco a lei, tenga pure il resto. – dissi all’edicolante porgendogli pochi spiccioli.
Fuori dall’edicola ero furente.
-Mia, che succede, tutto bene? In tutta la mia vita non ti ho mai vista così colorita in faccia.- esordì Brooke, vedendomi arrossire.
-No che non va bene. Scusa, devo andare adesso- dissi riguardando ancora una volta quella orrenda foto che mi ritraeva inginocchiata per terra.- ti spiace tornare a casa da sola?- chiesi aggrottando la fronte.
-No, vai pure. Ma cos’è successo?- chiese disorientata Brooke
-E’ una storia lunga, te la racconto stasera, ciao e.. scusa!- urlai mentre riprendevo la mia corsetta. Ormai non sentivo più neanche la fatica.
 
-Salve, sono Mia, potrei parlare con Harry?- chiesi gentile alla madre di quel bamboccio.
-Ciao Mia, entra ora te lo chiamo- mi accolse Anne.- Harry mi ha molto parlato di te ultimamente- esordì salendo le scale.
-Ah sì?- chiesi esterrefatta rimanendo impietrita. Chissà cosa le aveva raccontato..
-Mia, Harry si sta facendo la doccia, mi ha detto che puoi aspettarlo in camera sua.- disse gentilmente la madre facendo cenno di seguirla.
-Grazie.- asserii accasciandomi allo stipite della porta della camera di Harry.
Era una bella casa in complesso, si vede che Anne ha buon gusto nello scegliere l’arredamento, le pareti erano rigorosamente di un color panna e le scale e le porta di ogni stanza erano color avorio, lo stesso colore dei mobili in camera di Harry.
-Mia, che ci fai qui?- chiese lui sorprendendomi alle spalle.
-Sono sorpresa quanto te di ritrovarmi qui, ma vedi sono venuta per farti vedere questo- gli spiegai ancora rivolgendogli le spalle, lanciandogli il giornale
-Dimmi pure, ti ascolto- disse entrando in camera a torso nudo, rovistando nei cassetti per cercare sua una maglietta.
-No, guarda lì.- gli consigliai fredda indicandogli in giornale.
 -Dai almeno hanno scritto “graziosa”- mi disse con quel sorrisetto sghembo dopo aver riletto due volte il titolo in prima pagina.
-Se è uno scherzo, mi dispiace, ma è di cattivo gusto- gli feci notare
-Beh adesso che mi ci fai pensare è vero. Nessuna vecchietta che conosca qui a Holmes Chapel ha le tue gambe e un sedere così sodo- esordì schiarendosi la voce.
-Harry!- lo rimproverai.
-Va bene, come vuoi. Me ne occuperò più tardi, adesso devo proprio scappare.- disse avvolgendomi il suo braccio attorno alle spalle.
-Va bene. Me ne vado anche io, ho fretta. Ciao.- lo salutai scendendo le scale.
-Aspetta, com’è andata poi a scuola, a che ora sei uscita?- chiese lui aggrappandosi al corrimano delle scale
-Sono uscita da un’ora. Grazie a te. Ciao- risposi chiudendo la porta alle mie spalle senza dargli possibilità di rispondere.
Tornando a casa mi interrogai sulle possibilità che avessi di trascorrere un giorno senza dover incrociare la sua stupida faccia, ma evidentemente ciò non era possibile visto che Holmes Chapel è un piccolissimo paese, troppo piccolo.
 
-Allora, già scelto il costume per domani?- chiese Brooke mettendo della panna sulla sua macedonia.
-Per domani?- chiesi io confusamente. Molto evidentemente avevo perso la cognizione del tempo, non sapevo neppure che giorno fosse domani.
-Ma come, non ti ricordi? Domani è Halloween!- mi rimproverò Brooke mettendosi a saltellare per tutta la cucina. Le era sempre piaciuto festeggiare Halloween perché fin da piccole eravamo solite mascherarci e andare di porta in porta a chiedere “dolcetto e scherzetto” insieme e qualcosa mi diceva che nonostante fossimo cresciute e non avessimo più cinque anni, lo avremmo fatto anche quest’anno, come sempre.
-Sai cosa Brooke? Mi sei mancata tanto.-le dissi abbracciandola. Profumava di fresco e quel profumo mi era sempre piaciuto, perché sapeva della mia migliore amica.
-Anche tu, Mia- rispose lei affondando la bocca nella mia spalla.


Tadaaan (?)
Allora, questo capitolo è pieno di avvenimenti, prima Mia risponde male al professore di matematica, che decide di interrogarla, poi viene spedita in punizione, dove incontra Harry, dopo un'altra ora di punizione si ricorda che sarebbe arrivata Brooke, la sua migliore amica, personaggio che dedico a
"il muffin di tomlinson" alla stazione, durante il tragitto Mia vede la prima pagina del "Mirror" che la ritrae con Harry, scambiandola però per una vecchietta. Mia va a chiedere spiegazioni ad Harry, che le promette di occuparsene.
Da come avete capito, nel prossimo capitolo, sarà Halloween! Cosa succederà? Starete a vederee :)
Ringrazio tutte voi che seguite questa FF e che l'avete messa tra i preferiti, ringrazio voi che la leggete e voi che lasciate sempre delle bellissime recensioni, siete carinissime, grazie :)
al prossimo, un bacio

old yellow brikcs


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Tutti per Halloween si adoperano a ricoprire le loro facce con colori scuri, oppure a usare i loro volti come tele sulle quali disegnare.
Liz stava chiusa in bagno ormai da un’ora e mezza, alla ricerca di qualcosa da disegnarsi in faccia, di un trucco adatto, ma secondo me bastava semplicemente che si presentasse fuori di casa senza trucco, al naturale, avrebbe fatto talmente paura che sarebbe stata eletta sicuramente la maschera migliore della serata.
Infatti a Holmes Chapel si usa fare una festa nella piazzetta del paese per poi decretare, a fine serata, le due maschere più realistiche e suggestive.
Sbuffando me ne andai a casa di Brooke a truccarmi, visto che il bagno di casa mia si era momentaneamente trasformato in un beauty studio.
Presi la busta contenente il mio costume e tutto il necessario, e mi incamminai verso casa della mia amica.
-Ma credevo..-esordì Brooke aprendomi la porta.
-Non fare domande, è colpa di Liz!- la interruppi bruscamente per poi farmi strada in camera sua.
Quest’anno io e Brooke ci saremmo travestite come i personaggi di Harry Potter, serie che ci ha stregate, in tutti i sensi.
-Quell’oca giuliva è chiusa in bagno da un’ora.- ripresi chiudendomi la porta della camera di Brooke alle spalle.
-Ti aiuto con i capelli.- mi propose lei raccogliendomeli in uno chignon per poi porgermi la parrucca. Mi infilai poi la tonaca e mi disegnai in fronte la cicatrice.
-Ti mancano gli occhiali, Harry Potter!- mi sfottè Brooke calzandomeli sul naso.
-Oh grazie!- ringraziai in risposta sistemando gli ultimi dettagli.
Eravamo finalmente pronte con i nostri cestini per i dolcetti in braccio, per andare a rompere le scatole alla gente, pretendendo che non ci ridesse in faccia e soprattutto che non ci sbattesse la porta in faccia, vedendo due bambine un po’ “cresciute.”
Prima facemmo un giro per il vicinato, sicure che non avrebbero disdegnato nel darci qualche dolcetto. Chi sa magari si erano impietositi nel vederci così grandi, ma così irrimediabilmente..adorabili in quei costumi rispettivamente da Harry ed Hermione.
Finalmente ci spostammo nel quartiere di rimpetto al nostro, e da lontano scorsi una bizzarra coppietta travestita da marito e moglie-cadavere.
-Ma che idea originale!- disse divertita Brooke indicando col dito quei due. Ci avvicinammo sempre di più a quella strana coppia che girava per il paese, che per ora restava sconosciuta ai nostri occhi.
Devo ammettere che io impersonavo un Harry Potter poco mascolino, ma Harry Styles era ancora meno mascolino di me, soprattutto quando scoprii che quella deliziosa sposina-zombie, fortunatamente con il velo calato in volto, era lui.
E che dire del suo sposo? Era un ragazzo castano, con gli occhi cristallini e un sorriso da ebete stampato in faccia. Erano ben accoppiati insieme.
-Ti scoccia se divento io la sposa di quello?- chiese Brooke smaniosa di voler essere al posto di Harry
-Sì che mi scoccia, io non voglio andare in giro con Harry Styles, stasera di Harry, ce n’è solo uno!- la rimproverai facendole l’occhiolino
-Suvvia, dagli una chance! Alla fine è un bel ragazzo. Come il suo sposo in questo momento- aggiunse la Brooke ammiccando in loro direzione.
-Mi stai davvero preoccupando, perché adesso ci stiamo dirigendo verso di loro, e loro ci stanno letteralmente facendo una TAC?- le chiesi esprimendo il desiderio che Harry oggi fosse più tonto del solito da non riconoscermi.
-Hermione mi ha stregato!- gridò lo sposino vedendo passare Brooke.
-Ma guarda chi hai sposato!- ripetè facendo la rima la mia amica, canzonandolo.
-Allora, se è questo che vuoi, lascerò la mia Betty, per scappare con te!- ribatté il ragazzo riferendosi a Harry, per poi mollarlo da solo, in un gesto alquanto teatrale.
-Mi abbandoni così, Hermione?- chiesi supplichevole a Brooke disperata.-Già, Louis mi lasci così?- aggiunse Harry sconsolato.
-Scusami Harry,  ma sappi che resterai per sempre nel mio cuore!- gridò Brooke facendomi l’occhiolino, mentre si allontanava con Louis. Ricordai che tra tutti gli amichetti  barra cantanti di Harry, Louis doveva essere quello con la maglia a righe e i pantaloni con il risvolto alle caviglie, come se fosse perennemente in gondola.
-Allora che facciamo, amico? Scusa, piacere, sono Harry.- si presentò Harry colpendosi in fronte con l’altra mano in segno di sbadataggine. Forse avevo ancora una possibilità che non mi avesse riconosciuto.
-Ciao, John!- esitai improvvisando la voce più mascolina che le mie corde vocali potessero.
Poi realizzai di aver appena inventato un nome orrendo, tipico di quelle sit-com americane, magari avrei potuto aggiungere di avere un amico chiamato Jack.
-Sai John, non ti ho mai visto da queste parti, eppure in te c’è qualcosa di familiare..- esordì Harry accasciandosi sulle scalette di una villetta.
-Lo so, sono un amico di Hermione e non sono di qui..- risposi senza troppa convinzione cercando di non fissarlo negli occhi verdi, verdi intenso, come non mai .
-Ah capisco, puoi dirlo che sei il fidanzato, non mi scandalizzo.-ribatté dandomi una gomitata, è incredibile come i maschi socializzino facilmente.
-No, siamo solo buoni amici.- gli risposi tranquillamente, giocherellando nervosamente con il mio braccialetto.
-Ce l’hai una ragazza?- chiese Harry sistemandosi i capelli per poi indagare in giro come se cercasse qualcuno con lo sguardo.
-No, tu invece?- chiesi io in risposta. Mi stavo domandando che cosa mai potesse spingerlo a farmi una domanda simile.
-No, nonostante tutti mi attribuiscano flirt con ogni ragazza che respiri sulla faccia della terra. Ma c’è una ragazza in paese, che mi piace.- rispose lui seccato.
Rimasi per un’ora buona seduta a guardarlo, strizzato in quel lungo vestito bianco, mentre cercava di mangiare al volo le caramelle poco prima ricevute dalla gente, ma evidentemente gli serviva un po’ di allenamento.  Stufo di fare il giocoliere, con scarso risultato, si alzò e, sollevandosi il vestito con un gesto leggiadro, prese a camminare sui suoi tacchi sei cm, verso la piazza, dove di lì a poco si sarebbe saputo il nome delle due maschere vincitrici.
 Le strade erano tutte imbrattate, piene di carta, coriandoli e uova, che i ragazzini usavano per fare gli scherzi, così, mossa dalla fretta di riacciuffare Harry, camminai troppo velocemente e scivolai a terra. Lanciai un grido di dolore poco mascolino a dire la verità, massaggiandomi il sedere, ma a quanto parve Harry non fece caso alla mia voce alquanto melodica e mi tirò su
-Tutto bene, amico?- chiese il ricciolino dandomi la mano per rialzarmi, proprio in quel momento mise una mano sopra il mio fondoschiena, per non farmi scivolare di nuovo visto il pavimento malconcio, e dopo aver dubitato della sua eterosessualità, sussultai al contatto con la sua mano. Devo ammettere che aveva delle labbra molto carnose, perfette direi.
Una volta giunti in piazza riuscii a rivedere tra la folla Brooke con il suo sposino
-Brooke! – la chiamai senza dare troppo nell’occhio.
-Oh Mia! Finalmente! Com’ è andata con Harry?- chiese Brooke portandomi lontana dalla confusione e dai due ragazzi.
-Benissimo, non mi ha riconosciuta! A te invece, com’è andata?-esclamai felice gettando un’occhiata verso i due sposini che chiacchieravano.
-Bene, abbiamo fatto due chiacchiere, è un ragazzo molto simpatico e solare, sai?- rispose Brooke con lo sguardo perso.
-No, Brooke, non mi dire che ti stai innamorando, perlomeno non di uno degli amici di Harry, ti prego dimmi che quello sguardo è dovuto a qualcosa che ti sei fumata!- cercai di scuoterla, di dissuaderla dal poter perdersi dietro una persona del genere.
-Shh non urlare! Comunque ha ancora la sua ex che gli ronza attorno..- disse Brooke rattristandosi in volto.
-Ma si sono lasciati, ormai non credo sia pericolosa..- notai per tranquillizzarla, è vero forse mi dava fastidio il fatto che si fosse presa una cotta per Louis, uno degli amici di Harry, ma volevo vederla felice, perciò non infierii oltre.
-E ora, decreteremo le maschere vincitrici!-gridò la voce baritonale del sindaco di Holmes Chapel. Era un uomo serio, ma amava trascorrere il tempo con i cittadini del suo paese e scendere in piazza per queste manifestazioni ridicole.
-Quest’anno abbiamo tre premiati!- continuò il sindaco Dallas.
-Il ragazzo vestito da Sposo cadavere!- gridò il sindaco.
-Vai Louis!- gli intimò Harry spingendolo verso il palco. La folla acclamò Louis sul palco, aspettando ansiosamente gli altri due nomi.
-Il prossimo premiato è…Elizabeth  Hunningham!- quell’oca della mia sorellastra corse immediatamente sul palco, e quando la vidi strizzata in quel vestito da Diavolessa, che non lasciava molta fantasia a chi la guardava, mi sentii a disagio per lei, sembrava a metà tra una spicegirl e un trans. Quando Harry sentì il nome di quest’ultima soffocò una risata beffarda e si schiarì la voce, passandosi una mano tra i capelli.
-E ora signori e signore, l’ultimo nome! Brooke Davis!- urlò il sindaco gettando la busta contenente i nomi a terra.
-Vai Brooke!- la incitai, sempre con la mia voce maschile. La folla applaudì i tre premiati per poi scatenarsi a ritmo di musica. Harry si avvicinò a me, e appoggiò il gomito sulla mia spalla.
-Ora puoi rilassarti, Mia- mi sussurrò lui all’orecchio. Subito le mie guance presero fuoco, non sapevo cosa rispondere e poi mi sorpresi della perspicacia del ragazzo, lo facevo più rincitrullito.
-Grazie a Dio! Ci hai messo a capirlo, eh!- gli feci scocciata per nascondere la mia sorpresa.
-Sono sempre stato bravo a giocare a “indovina chi” e poi anche quando papà a Natale si travestiva da Babbo Natale io non ci cascavo mai!- esclamò lui accarezzandomi una guancia con l’indice della sua mano destra
-Ma che bravo, da grande diventerai un detective!- gli risposi di rimando. Si aspettava che gli facessi i complimenti per le sue spiccate abilità?
Quando finalmente Brooke e Louis scesero  dal palco, finalmente salutai  svogliatamente Harry, mentre Brooke stampò un bacio sulla guancia di Louis, che diventò rosso, e poi ce ne tornammo a casa, contente di questo Halloween così insolito, passato in compagnia di una coppia di sposini-cadavere.
Era da tanto che non vedevo Brooke così felice, e per rivederle quel sorriso da ebete stampato in faccia, avrei trascorsi  altre mille notti con Styles.

Ehilà belle :)
questo capitolo non è un gran che, va è solo di passaggio.
In questo capitolo di Halloween, Brooke, si traveste da Hermione, Mia da Harry Potter, Louis da sposo-cadavere e Harry da sposa cadavere.
Brooke rimmane folgorata dalla bellezza dello sposo cadavere e lascia Mia per fare un giro con Louis, mentre Mia rimane con Harry, sperando che non la riconosca, e gli dice di chiamarsi John.
Alla fine della serata Harry scopre la nostra Mia. 
Il prossimo capitolo sarà un capitolo importantissimo, direi un capitolo chiave.
Grazie a tutte per le recensioni che lasciate, siete carinissime :)
Alla prossima, un bacio

old yellow bricks

P.s.: sarei felicissima se passaste dalla mia nuova FF "100 modi per farli lasciare".
Grazie se lo fate :)


 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


Oggi che avrei potuto dormire fino ad un’ora indecente, visto che la scuola non ci sarebbe stata, fui svegliata dal rumore del mio telefono che vibrava sul comodino, ad un ora inconcepibile.

Ho appena visto la pubblicità in tv, oggi passano la maratona di ScoobyDoo, quindi vieni da me appena puoi, non possiamo perderci nemmeno un episodio!
#A

Mi scappò un sorriso appena lessi quelle parole, nonostante Alan avesse quasi venti anni, era sempre un bambino, e io lo adoravo. Lui amava ScoobyDoo e adorava guardarlo stravaccato sul divano, sotto la sua coperta a scacchi, con marshmallow e una tazza di cioccolato caldo, oppure un ciotola con patatine e popcorn, dipendeva dal suo umore.
Così, impaziente di rivederlo, mi precipitai al piano di sotto, ancora un po’ frastornata e mi versai del caffè nella tazza, per poi appoggiare il mio sedere sulla sedia, e sorseggiare il caffè con lo sguardo perso nel vuoto.
-Ma come siamo svegli stamattina!- mi diede il buongiorno Liz sedendosi di fronte a me. Io non le risposi minimamente, di prima mattina non ho mai le forze per sprecare il fiato con certa gente.
-Credevo Halloween fosse finito, perché sei ancora mascherata? Ah scusa, sei tu al naturale!- ribattei dopo qualche minuto. Mi ci volle un po’ persino per realizzare la sua bruttezza.
-Qualcuno qui è invidioso perché non è stato eletto “miglior maschera” !- mi sfotté vantandosi come se avesse vinto chissà quale prestigioso premio.
-Mi dispiace solo che hai sprecato tempo a truccarti quando avresti potuto vincerlo tranquillamente senza tanto fatica..-aggiunsi facendole un’espressione disgustata.
-Ragazze, calmiamoci. Quale cravatta mi consigliate?- chiese George entrando in cucina, interrompendo la nostra amorevole conversazione mattutina.
-Blu- soffiai mentre stavo bevendo il caffè
-Viola!- esclamò Liz.
-E viola sia!- scelse George fermandosi davanti allo specchio del salone per annodarsi la cravatta, dopo essere stata considerata così tanto da George, me ne tornai in camera mia per prepararmi, mentre Liz se ne andò a fare la doccia.
-Io vado!- gridai scendendo le scale, per poi avventarmi alla porta.
-Dove credi di andare? Tu non ti muovi di qui!- mi fermò George tenendomi ferma per i polsi.
-Ma io volevo solo fare un salto da Alan!- esclamai un po’ per il dolore, e un po’ per ribellarmi.
-Per adesso non ci andrai. Ieri sera sei tornata a casa tardi, e stamattina giri per casa insultando mia figlia. Guarda che ti ho sentito, trattala meglio, ti conviene.- aggiunse con tono minaccioso, facendomi appoggiare la schiena al muro. Mi incastrò la gamba sinistra tra le sue, stritolandomela. Gemetti dal dolore, cavolo cominciai a sospettare di un suo passato da Wrestler.
-Ma..-trovai il coraggio di replicare, poi però mi tappai la bocca, vedendo avvicinare la sua stupida faccia alla mia. Mi aveva sicuramente bloccato la circolazione all’altezza dei polsi.
-Niente da fare, te ne andrai solo quando avrai messo un po’ di ordine alla tua stanza, quella di Liz è sempre tirata a lucido, la tua sembra una catapecchia.- asserì George respirandomi in faccia,  il suo fiato puzzava terribilmente di alcohol ed erano solo le nove di mattina.
-Va va bene- annuì col capo per poi riprendere a respirare una volta che lui si allontanò da me, lasciandomi libera dalla sua presa. Giurai di aver appena perso l’uso della mia gamba sinistra.
-Liz controlla che Mia faccia il suo dovere!- si raccomandò George prima di andarsene a lavoro. Liz annuì con un cenno del capo, richiamandomi ad entrare in camera mia e a dare una sistemata.
Io mi apprestai a fare tutto molto velocemente, chiudendo le mie cianfrusaglie sparse per terra, dentro il mio armadio, sperando che Liz fosse abbastanza demente da non aprirlo; nascosi le carte delle merendine sotto il letto e spruzzai del profumo in giro per la stanza.
-Bel lavoro..- constatò Liz passando l’indice sulla mia scrivania, -ma vedi, ti sei dimenticata di questo..- aggiunse rovesciando a terra il portapenne sulla mia scrivania. La gamba mi faceva male, e non riuscivo a chinarmi, ma strinsi i denti, pensando che poi me ne sarei stata sdraiata sul divano di Alan a guardare ScoobyDoo.
-Bene, adesso me ne vado.-la salutai scendendo le scale con poca destrezza per via della gamba dolorante, per non parlare poi dei polsi dove ancora erano rimasti i segni della stretta di George.
Mi incamminai verso casa di Alan, cercando di non sforzare troppo la gamba, quando decisi di fare una sosta, il dolore mi stava togliendo il respiro, e ancora la faccia di George mi tornava in mente, con quei suoi occhi spiritati e quell’alito che sapeva di alcohol.

-Dove te ne vai di bello, Mia?- chiese la voce inconfondibile di Harry, che, credo per la seconda volta in vita mia, mi aveva appena chiamato con il mio vero nome di battesimo.
-Da Alan- risposi pensando seriamente dentro di me che avrei fatto meglio a rinchiudermi in casa pur di non rivedere ancora quei suoi occhi vellutati e quei suoi riccioli senza sesto. Si avvicinò a me, prendendo a camminarmi affianco, solo dio sa quanto mi urtasse in quel momento la sua faccia sorridente che fissava la mia.
-Senti, credevo fosse finito Halloween, invece sei ancora truccata in faccia- mi fece lui ironico riferendosi alla mia faccia dotata di bellissime occhiaie.
-Senti me, invece, non ho voglia di parlare con te, oggi proprio no, intesi?- gli feci trascinandomi la gamba, con gli occhi che si facevano sempre più gonfi di lacrime al dolore.
-Che succede, qualcosa non va?- chiese Harry con tono stranamente interessato, non avrei mai creduto potesse interessarsi di altre persone al di fuori di lui stesso e i suoi ricci.
-No, tutto magnificamente bene- risposi io cercando di accelerare il passo per abbreviare le distanze tra il mio stanco sedere e l’accogliente divano di Alan.
-Allora perché zoppichi?- insisté lui guardando la mia gamba che faceva fatica a starmi dietro.
-No, non è vero, io non zoppico affatto.- gli risposi cercando di non farci troppo caso neanche io.
-Dimostralo.- fece lui con aria di sfida. Come minino sarei caduta a terra, o avrei perso la gamba del tutto sotto i suoi occhi. Così provai ad accelerare il passo e ad appoggiare la gamba a terra mentre camminavo, con disinvoltura, ma fui colta da un dolore lancinante che mi fece perdere l’equilibrio e per poco non caddi a terra.
-Mi dici cosa ti è successo?- chiese Harry offrendomi il suo braccio per aggrapparmi. Dovevo fargli proprio tanta pena in quel momento.
-Sono..ho sbattuto sulla porta, sai sono un po’ sbadata..- mentii. Non ero mai stata brava a mentire, ma del resto non avrei mai avuto il coraggio di dire la verità, credo che nessuno ci avrebbe creduto.
Lui fece uno sguardo poco convinto, non ero riuscita ad abbindolarlo. Ma nonostante avesse capito che dietro la mia gamba dolorante si nascondesse tutt’altro, non disse nulla, come per osservare silenziosamente, come se avesse paura anche lui di sapere la mia risposta.
-Comunque così non puoi andare da nessuna parte. Ti porto al pronto soccorso, non puoi neppure camminare - esordì con tono premuroso. Mi fece appoggiare completamente a lui, avvolgendo un suo braccio attorno alla mia vita. Aveva  più muscoli di quanto mi ricordassi, prima che partisse per il tour aveva la braccia flaccide, sembrava un bambino che si ingozzava di schifezze e basta.
-Al pronto soccorso? No, non ci penso proprio.- lo ammonii sgranando gli occhi. Avevo sempre avuto una maledetta paura degli ospedali in generale e non avevo nessunissima intenzione di trascorrerci le prossime due ore, visto che è sempre affollato.
-Taci- mi interruppe. Come avrei potuto permettergli di parlarmi in questo modo? In ogni caso non avevo fiato abbastanza per replicare.
Dopo mezz’ora di sfiancante camminata, mi sedetti sulla prima sedia della sala d’attesa, del pronto soccorso, aspettando che venissimo chiamati.
Harry si era seduto vicino a me, facendomi appoggiare la gamba sulle sue. Non sopportavo il suo sguardo nel mio, i suoi occhi brillanti nei miei blu opaco. Non sopportavo il fatto che mi avesse aiutata e portata qui, sapevo che avrebbe preteso uno scambio di favori prima o poi. Ma la sua faccia era diversa, come se stesse lì accanto a me perché lo volesse e non per ricevere qualcosa in cambio.
-Shiver?- chiamò la voce dell’infermiera. Harry si alzò lentamente, posando la mia gamba a terra e porgendomi una mano mi diede la spinta per rialzarmi, accompagnandomi fino alla porta dello studio del dottore.
-Mi dispiace, ma lei non può entrare con la signorina- lo bloccò l’infermiera staccandolo da me.
-Ma non può camminare!- esclamò lui. L’infermiera mi aiutò ad entrare nello studio del dottore, mentre lui si risedette nella sala d’aspetto.

-Allora, mi spieghi cosa le è successo signorina.- disse la voce ferma e possente del dottor McNally.
-Stavo camminando e non ho visto la porta e ci ho sbattuto- risposi decisa e convincente.
-Si tolga i pantaloni, almeno posso vedere se ha segni di contusione..- mi intimò il dottore facendomi sedere sul lettino.
-Ha un bell’ematoma signorina e non sembrerebbe causato da un urto, ma prima di mandarla a casa, vorrei farle una radiografia per essere più sicuro.- spiegò il dottor McNally tastandomi delicatamente la gamba che ora aveva assunto un colorito violaceo.
Mi risedetti accanto ad Harry, aspettando l’esito della radiografia.

-Senti se è successo qualcosa, puoi dirmelo..-esordì Harry accanto a me.
-Non è successo nulla, va tutto bene- risposi guardando fissa davanti a me.
-Hai fame, ti serve qualcosa?- mi chiese poi alzandosi per dirigersi alla macchinetta per prendere un caffè.
-Senti, cosa vuoi in cambio?- gli chiesi fredda, sicura che il motivo di tanta gentilezza non fosse solo compassione o interesse.
-Niente Mia.- rispose lui accasciandosi al distributore automatico.
-Un favore, qualche spicciolo, un po’ di sangue? Tanto siamo qui al pronto soccorso. Solo non credo che siamo compatibili- dissi elencandogli tutto ciò che mi passasse per la mente in quell’istante.
-Oh credimi Mia, siamo più compatibili di quanto tu possa pensare- rispose lui avvicinando pericolosamente la sua faccia alla mia. Mi sentii umiliata al cospetto di quei lineamenti così perfetti ma così vanesi.
Io non gli risposi, ero preoccupata per la mia gamba in quel momento.
-Allora cosa vuoi?- gli chiesi per l’ultima volta sperando che fosse quella giusta.
-Voglio solo che tu impari ad amarmi.- rispose indifferente risedendosi accanto a me. “Solo”? pensai. Ero troppo sconvolta per poter replicare, ma mi interrogai più volte, chiedendomi il perché lui, con tutte le ragazze di Holmes Chapel, e quelle del restante globo, ce l’abbia proprio con me.
-Shiver, l’esito della radiografia!- mi richiamò l’infermiera aiutandomi a rientrare dal dottore.
-Allora, come si può vedere, non c’è nulla di rotto, solo ha subito un bel trauma e la parte risulta indolenzita. Le consiglio vivamente di stare a riposo per qualche giorno, signorina.- mi spiegò indicando la radiografia. Per me quella era solo un pezzo di carta nera, con disegnato lo scheletro della mia gamba, ma a quanto pare io non avevo poi così tanta fantasia.

-Cos’ha detto?- chiese Harry riprendendomi sotto braccio per rincamminarci a casa.
-Devo stare a riposo e andrà meglio.- gli risposi accennando un sorriso per nascondere l’espressione affaticata dal dolore.
-Capito. Mi dispiace di non avere la macchina proprio oggi, ma se aspettiamo una decina di minuti dovrebbe arrivare il bus- mi disse fermandosi all’angolo della strada.
Salimmo sul bus e poi  ne scendemmo a casa di Alan.
-Non c’è bisogno che mi accompagni.-gli dissi fredda. Magari stavo esagerando, avrei almeno dovuto dirgli un misero “grazie” per tutto quello che stava facendo.
-Volevo salutare Alan, se non ti dispiace.- mi rispose ammiccando, per poi bussare alla porta.
- Che ci fate insieme?- ci accolse Alan aprendoci la porta per farci accomodare in salotto.
-E’ una lunga storia..- risposi facendomi largo in casa, impaziente di riabbracciare il divano di Alan.
Sentii parlare Harry e Alan alla porta, avrei giurato di staccare la testa ad Harry se solo si fosse azzardato a dire qualcosa di sbagliato, ma ero troppo stanca per potermi alzare.
-Harry capiti a puntino! Volevo chiederti se..- iniziò Alan, ma poi non riuscii a capire più nulla visto che mi squillò il cellulare e decisi di rispondere leggendo sul display il nome di mia madre, la informai del mio stato di salute, onde evitare di creare falsi allarmismi, e poi le dissi che mi sarei fermata da Alan, ma non accennai nulla sul fatto di George, mia madre ha la pressione alta.

Eccomi qui :)
questo capitolo è il capitolo chiave della storia, da questo capitolo in poi le cose tra Harry e Mia si animeranno e si faranno più divertenti, credetemi aahahah
spero di aver scritto in modo decente e chiaro e che abbiate afferrato la situazione di Mia.
Ringrazio voi lettrici affezionate, voi che seguite, che avete inserito la storia nelle seguite/preferite e voi che recensite, amo le vostre recensioni :D
Grazie a tutte, al prossimo

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


La compagnia di Alan sembrava essere la terapia più azzeccata per la mia gamba, e l’astinenza da scuola, per via delle vacanze, e da Harry Styles avevano fatto sì che la mia gamba riprendesse quasi tutte le sue funzioni normali.
-Mia ti devo dire una cosa- esordì Alan con faccia truce, mentre si sedeva accanto a me sul divano.
-Dimmi pure- lo incitai. Alan amava farmi restare sulle spine, e non sarei mai riuscita a resistere.
-La notte di Halloween, non riuscivo a dormire visto il baccano di fuori, così me ne sono andato al pub..- cominciò Alan arrossendo.
-E…?- lo esortai a continuare. Odiavo quando si bloccava sul più bello.
-E ho conosciuto Gemma, la sorella di Harry, noi due ci troviamo molto bene insieme e così ho deciso di invitarla a cena con me, stasera.- mi spiegò Alan giocando nervosamente con i lacci delle sue converse.
-Stasera? Quindi suppongo che mi dovrò guardare la maratona dei fantastici quattro da sola..- intuii io.
-Beh no. Ho pensato di ordinare della pizza e per non farti rimanere da sola ho pensato di invitare anche Harry.- disse lui sorridendo maliziosamente.
-Adesso ti ammazzo. Andava tutto alla perfezione e tu che fai? Chiami Harry Styles!- gli urlai contro tirandogli il cuscino.
-Calmati! – mi gridò in risposta.
-Vieni qua che ti strozzo.- lo minacciai con aria perfida. Ero seriamente incavolata. Dopo avergli dichiaratamente espresso il mio odio verso Harry, lo invita appositamente per me.
-Oops! Qualcuno ha suonato alla porta! – disse scappando da me ridendo soddisfatto.-Era la pizza.- continuò appoggiandola sul tavolo.
-Ecco adesso nulla mi potrà impedire di ucciderti, Alan!- ripresi alzandomi goffamente dal divano per afferrargli la maglia.
-Oops, di nuovo, hanno suonato alla porta! Vado a rispondere, se no non sarei un bravo padrone di casa- disse Alan interrompendomi. Ce l’avevo quasi fatta stavolta.
-Venite, venite pure. Lei è Mia.- mi presentò Alan. Gemma mi strinse la mano, è una ragazza dolcissima e simpaticissima, non avrei mai creduto che potesse essere la sorella di Harry, seriamente, non ci volevo credere.
Dopo aver mangiato la pizza tutti insieme a tavola, assistendo a piccoli atti di gentilezza inaudita da parte di Alan, e altre smancerie varie, Harry mi trascinò sul divano, dicendo che dovevamo concedere ai due piccioncini del tempo da soli.
Inizialmente facemmo dello zapping aspettando la maratona dei fantastici quattro, una volta iniziata, Harry, spense di colpo la televisione, avrei voluto ucciderlo, sbattergli quella sua testolina vuota sul muro, ma riuscii solo a lamentarmi passivamente.
-Ehi, è evidente che non capisci nulla, quindi dammi quel telecomando, chiaro?- lo ammonii cercando di essere gentile.
-Non ci penso neanche morto, i fantastici quattro sono da vecchi.- mi fece lui nascondendosi il telecomando dietro la schiena.
-Senti, qui di vecchio ci sei solo tu, quindi dammi quel telecomando.- insistei irritata.
-Prendilo se ci riesci!- disse lui ammiccando, facendolo volteggiare in aria e nascondendolo. Io cercai di prenderlo ma non avevo voglia di alzarmi dal divano, perciò mi limitai a rotolargli sopra goffamente, stritolandogli le braccia, ma non mi sforzai più di tanto e mi arresi facilmente sotto il suo sguardo deluso. Forse si aspettava che gli fossi saltata addosso.
-Giochiamo a carte, ti va? Scala quaranta- propose lui con aria di sfida. Stavolta non mi sarei arresa così facilmente, non glie l’avrei data vinta.
Per tutto il corso della partita, Harry fu concentratissimo, non distolse mai lo sguardo dalle carte, e io lo tenni sott’occhio. Andavamo avanti da un po’ a pescare una carta, e subito a scartarla, finché io non interruppi il circolo, con una delle mie rarissime mosse fortunate.
Poi vidi Harry sorridere maliziosamente per poi mordersi un labbro, raggruppò le carte in mucchietti da tre, e pescò una carta, la prese e stese tutte le sue carte in tavola.
-Ho chiuso!- Disse fiero gettando la carta rimasta.
-Guarda che non puoi pescare una carta da quelle scartate se prima non hai aperto.- lo ripresi acida. Non avevo alcuna intenzione di farmi imbrogliare così da lui.
-Guarda che non l’ho presa dalle carte scartate!- insisté lui guardandomi imbronciato.
-Guarda che non sono scema!- gli feci notare buttando sul divano il mio mazzo di carte.
-Sei solo invidiosa perché hai perso.- mi snobbò con quella faccia di superiorità.
-Basta, io con te non ci gioco più. Sei la persona più insolente che io conosca.- lo ammonii per poi incrociare le braccia al petto stizzita. Sembravo una bambina piccola.
-E tu sei la ragazza più carina che io conosca. Anche quando metti il broncio.- esordì lui avvicinandosi a me per poi sorridermi.
- Così non mi intenerisci, sai?- gli feci notare stizzita. Avrei voluto soffocarlo con un cuscino.
-Ragazzi calmi, adesso vediamo un film insieme prima che vi ammazziate. Oggi Mia è un po’ nervosa- disse Alan entrando in salotto con un dvd in mano. Avrei voluto soffocare anche lui.
Però poi riflettei sulle conseguenze: sarei dovuta andare in galera, e per due scemi così, non ne valeva la pena.
Il film faceva a dir poco schifo, era noioso e privo di un senso logico, ma tanto io stavo già tra le braccia di morfeo, se non fosse per il fatto che mi sentivo quegli stupidi occhi vellutati di Harry puntati addosso.
Ogni volta che mi giravo verso di lui, e il mio sguardo si incatenava al suo, si girava, facendo finta di nulla, come i bambini piccoli. E’ incredibile quanto questo ragazzo sia infantile.
Continuavo a chiedermi come Gemma, ragazza così carina e posata, possa davvero essere sua sorella. Insomma sono uno l’opposto dell’altra. Magari all’ospedale hanno scambiato la culla con quella di un altro bambino e così Harry ora fa parte degli Styles, proprio come nei film.
Mi addormentai cosciente di offrire me e la mia faccia vinta dalle strani espressioni del sonno, in pasto a Harry, già mi immaginavo le foto che avrebbe pubblicato in giro ,di me che dormivo sul divano con la bocca spalancata e la bava che usciva dalla bocca. Speravo ancora che Alan non fosse così ignobile da permetterglielo.
Ogni tanto trasalivo confusamente dal sonno, aprendo un occhio, giusto per controllare che tutto fosse sotto controllo, sembrava che tutti fossero veramente interessati a quel film. Meglio così, pensai riperdendomi nel sonno.
 
Improvvisamente sentii sollevarmi dal divano, ero completamente abbracciata a qualcuno, qualcuno che profumava di buono, e così infilai la faccia nell’incavo del suo petto, per sbronzare le mie povere narici.
Sicuramente era Alan, era così delicato, mi mise a letto e mi rimboccò le coperte, sentii che rimase per un po’ seduto ai piedi del letto a fissarmi, per poi alzarsi delicatamente, come per non svegliarmi
-Alan, non mi dai il bacino della buonanotte?- chiesi ancora addormentata ad occhi chiusi, tendendo le braccia in avanti. Alan mi aveva sempre dato il bacio della buonanotte, fin da quando eravamo piccini.
Lui si chinò verso di me, e mi baciò sul naso, lentamente, premurosamente, proprio come un buon padre farebbe con la sua bambina.
-Buonanotte – mi sussurrò all’orecchio. Spalancai gli occhi, riconoscendo il tono caldo della voce di Harry invece di quello di Alan. Mi diedi qualche pizzicotto giusto perché speravo fosse un sogno, ma non era così.
Se ne andò via dalla camera, girandosi per un’ ultima volta a darmi un’ultima occhiata, e poi affondai la testa nel cuscino, una volta certa se ne fosse andato di casa.
Lo sapevo che sarebbe riuscito a ingannarmi, ad approfittare della mia sonnolenza. Non avrei dovuto permetterglielo. Sarei dovuta essere vigile. Merda.
Ancora una volta i miei pensieri e le mie imprecazioni contro Harry, furono messi a tacere da morfeo.
Non so perché, ma tutto sommato, quella fu davvero una buona notte.


Zum Zum (?)
Eccomi qua con il capitolo 8 di questa FF.
sarò breve in questo spazio autrice perchè la connessione qua in vacanza fa defecare, e anche tanto.
E' da un'ora che sto imprecando in turcomanno antico contro divinità non esistenti, credo.
Grazie a tutti voi che recensite e che seguite la storia e che l'avete messa nelle preferite, siete sllkfjsfjl, veramente.
i'll be back

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


Mi svegliai ancora con l’immagine di Harry che mi baciava sul naso per darmi la buonanotte.
Di soppiatto, per non svegliare Alan, andai in cucina e mi preparai del caffè, che bevvi, come al solito fissando il vuoto, ripensando sempre ad Harry, che mi posava nel letto. Rabbrividii al solo pensiero di aver posato la mia faccia sul suo petto e di aver pensato che profumasse di buono.
Decisi di lasciare un biglietto ad Alan con scritto che sarei andata a farmi un giro e che molto probabilmente non sarei tornata per cena, visto che il giorno seguente sarebbe ripresa la scuola.
Fuori era una bella giornata, così decisi di starmene un po’ al sole, cercando di ravvivare il mio pallido faccino. Solo che non ho mai sopportato il sole negli occhi, perciò mi stufai subito, già non ci vedevo più.
Annoiata decisi di dirigermi verso casa di Brooke, la mia migliore amica, con lei non mi annoiavo mai.
Nonostante  le nostre vite scolastiche si siano divise dopo la scuola materna, abbiamo mantenuto un ottimo rapporto, siamo molto legate, come se il tempo si fosse fermato e noi andassimo sempre all’asilo, infatti non è un caso che insieme diventiamo infantili, sclerotiche, e spariamo le cavolate più assurde, ma pazienza, se la nostra amicizia vuol dire dimenticarsi di ciò che esiste attorno a noi per qualche ora. Mi fa sentire meglio.
Prima di passare da lei, passai al bar a prenderle la colazione, vista l’ora indecente a cui mi sarei presentata a casa sua.
 
-Buongiorno Brooke!- la scrollai del letto salendoci sopra.
-Perché  mia madre ti ha permesso di entrare?- mi chiese con la solita delicatezza che la distingueva di prima mattina.
-Perché le sono simpatica. Credo. Comunque alzati, ti ho portato la colazione.- la rimproverai scoprendola.
-Mia! Mi dici che ore sono per favore?- chiese lei infilando la testa sotto il cuscino.
-Sono le nove- risposi guardando il suo orologio a forma di pallone da calcio. Brooke ama il calcio.
-Vado a farmi una doccia, poi faccio colazione, va bene?- chiese lei alzandosi dal letto ancora assonnata.
-Perfetto, sbrigati però- la incitai. La aspettai nella sua stanza seduta sul suo letto. La sua camera era un macello, come la mia del resto, i vestiti erano sparsi ovunque, i cd senza custodia, i poster dei suoi idoli, un po’ stracciati, ricoprivano le pareti, il suo armadio non si chiudeva bene per via delle cianfrusaglie stipatevi dentro casualmente.
Ecco perché io e lei ci intendevamo così bene. Viviamo alla perfezione nel nostro disordine e caos.
-Che c’è di buono qui dentro?- chiese Brooke ancora gocciolante sedendosi sul letto accanto a me.
-Ti ho preso due croissants al cioccolato.-le risposi fissando il poster di Ed Sheeran. Condividevamo la passione per Ed, sapevamo ogni singola parola di ogni sua singola canzone, e quando le cantavamo insieme, era la fine per chiunque ci ascoltasse. Diciamo che non eravamo perfettamente intonate, ecco.
-Oh no! Mi  sono ricordata ora che oggi avrei dovuto fare da babysitter a mio cugino, Jamie.- disse infilandosi velocemente nel suo enorme armadio per poi riuscirne vestita.
-Per oggi avrà due babysitter.- notai rifacendo il letto di Brooke, a quasi diciassette anni non aveva ancora imparato a farlo decentemente.
-Ti avverto, Jamie è una teppa.- mi avvertì Brooke con sguardo truce. Basterà comprargli un gelato o dello zucchero filato e farà il bravo, pensai.
 
Dopo essere andate a prendere a casa Jamie, ed esserci presentati, mi sfuggì il perché continuasse a chiamarmi May invece che Mia, ma lasciai correre.
Io e Brooke lo osservammo giocare con gli altri bambini al parco, decretando la sua asocialità e la sua totale incapacità di rapportarsi con gli altri bambini, visto il suo continuo dire parolacce e insultare altri bambini, impedendo loro di salire sullo scivolo, perché a sua detta era il suo rifugio, con tanto di parola d’ordine, che sapeva solo lui.
Gli si avvicinò anche una bambina dai capelli rossi e gli occhi verdi, era graziosissima, lei salutò Jamie, e lui rispose: “a me piacciono le ragazze mature”.
-Eccoci di fronte al diretto erede di Harry Styles.- sbottai scrollando la testa.
-Mia, quanto sei cattiva! Augurare questo al piccolo Jamie..- mi rimbeccò lei ridendo.
-Lasciamo perdere questo argomento, grazie.- le sillabai ormai scocciata.
-Mia io non starò ad annoiarti, ma voglio solo dirti che secondo me è veramente innamorato di te, si vede da come la sera di Halloween ti guardava. A scuola quando usciva con Kate o anche con tua sorella, non si comportava come si comporta con te. Pensaci su.- mi spiegò Brooke dandomi una pacca sulla spalla.
-Va bene, ci penserò su. Ti dico solo che ieri sera, credendo che fosse Alan ho preteso un bacio della buonanotte da lui, dopo aver perso a scala quaranta sempre  con lui.- gli dissi scocciata.
-Ieri? – chiese basita Brooke legandosi i capelli.
-Sì, stavo da mio cugino perché mi faceva male una gamba, e volevo passare del tempo da lui, ma poi mi ha confessato di aver conosciuto Gemma Styles e che l’avrebbe invitata a cena, e per non sentirsi in colpa ha pensato di chiamare anche Harry per farmi compagnia, capisci?- gli spiegai ripensando a ieri sera e agli istinti omicidi che mi pervadevano.
-Quindi te lo ritroverai in famiglia, non hai scampo.- mi avvertì divertita scrollando la testa. –Sai con Louis siamo restati in contatto, mi ha chiesto se il prossimo weekend vado da lui alla casa al lago.- spiegò Brooke sfoderando i suoi occhi a cuoricino, come quelli dei manga.
-Ci andrai?- chiesi curiosa. Capii che finalmente aveva trovato qualcuno che le piacesse davvero. Per Brooke la questione “cuore” è da sempre stata un taboo per via delle relazioni pericolose e sbagliate in cui incappava sempre.
-Credo di sì, sai Louis mi piace veramente. Non è come tutti gli altri che mi hanno solo usata per divertirsi, questa volta è lui che mi fa divertire. Mi basta guardarlo per essere felice.- spiegò lei guardando l’orizzonte. Io la abbracciai trattenendo a stento le lacrime. Finalmente aveva trovato un ragazzo decente, e avrebbe smesso di essere ferita.
-Brooke, mi compri il gelato?- chiese Jamie indicando l’ambulante che si era appena appostato sotto un albero.
-Ma Jamie non si mangia il gelato di mattina!- lo bloccò Brooke rimandandolo a giocare on gli altri bambini.
-Sei cattiva!- urlò il bambino mollandole un calcio in una gamba. Brooke si limitò ad alzare gli occhi al cielo.
E’ inconcepibile quanto i bambini siano maleducati al giorno d’oggi, sono viziati, pretendono tutto e la maggior parte delle volte ottengono tutto. Io quando ero bambina non ero così, sicuramente ero più dolce ed educata.
Dopo qualche minuto richiamammo il piccolo Jamie, perché volevamo andare a fare due passi in giro, ma il piccolo Jamie non rispondeva.
Ci infilammo dentro le casette, ci arrampicammo sugli scivoli, sotto lo sguardo indignato degli altri genitori che vedendo due bambine un po’ cresciute fare questi giochi scrollavano la testa in segno di disprezzo. Di Jamie non c’era traccia.
Così prendemmo a correre per tutto il paese, ci separammo per cercarlo in ogni angolo, finora avevo sempre detto che Holmes Chapel era troppo piccolo per me e Harry, ma ora mi stavo maledicendo, cercare un bambino in un paese di quasi seimila abitanti non sarebbe stato facile.
Finalmente dopo aver perso il fiato e dopo essermi presa quattro o cinque infarti, lo trovai a fare la fila per il gelato, in un chioschetto, per mano con un ragazzo con uno stupido cappello tubolare.
Mi avvicinai a Jamie, cercando di capire chi fosse il ragazzo, ma c’era troppa gente.
-Jamie!- lo chiamai di fuori dal chischetto.
-May!- mi chiamò lui scuotendo la mano del ragazzo che girandosi mi rivelò la sua identità.
Harry Styles. Ancora una volta.
-Da quando rapisci i ragazzini?- chiesi scocciata a Harry nel rivederlo.
-E tu da quando ti riduci a fare la babysitter?- chiese lui in risposta. Avrei voluto spalmargli il gelato sulla faccia.
-Stavo solo aiutando Brooke, Jamie è suo cugino.- gli spiegai staccandogli la mano di Jamie dalla sua.
-La prossima volta perché non fai da babysitter a me ?- chiese inumidendosi le labbra con quel suo solito sorrisetto stupido. Io mi premurai di tappare le orecchie al povero e ancora innocente Jamie.
-Mi dispiace, ma bado solo ai bambini sopra ai due anni.-gli risposi cinica sfottendolo.                   -Adesso mi dispiace ma dobbiamo andarcene. Ciao- lo salutai fredda.
-Aspetta, lascia almeno che ti offra un gelato!- mi disse Harry afferrandomi di sfuggita per un braccio.
-Scusa, ma devo riportare a casa Jamie, però grazie.- lo ringraziai, mi sembrava il minimo che potessi fare, immaginando Jamie per mano ad uno sconosciuto qualunque.
Lui non rispose, ma mi seguii con lo sguardo fino all’altra parte della strada, sempre con quel suo sorrisetto, adesso un po’ meno malizioso, forse un po’ compassionevole. Non saprei.
Chiamai Brooke per tranquillizzarla e per dirle che avevo ritrovato il suo cuginetto barra teppa, lei mi disse di incontrarci a casa sua, per oggi Jamie aveva fatto troppi danni.
Mi astenni dal fare una ramanzina a Jamie, infondo non era mio cugino e non volevo risultare moralista, stronza e acida con un bambino che conoscevo appena.
-Ma come ti è saltato in mente?- gli gridò contro Brooke riabbracciandolo. –Mi hai fatto prendere un colpo!- erano così carini insieme abbracciati, e poi amavo vedere Brooke adirata, strillare contro il suo cuginetto, ma abbracciarlo al contempo. Che dolce.
-Dove lo hai trovato?- chiese curiosa Brooke mettendo a sedere Jamie.
-Al chioschetto, con Harry.- gli risposi con gli occhi al cielo.
-Ma che carino! Com’erano insieme? Dolci? Carini? Secondo me sarà un bravo papà per i vostri figli.- esordì Brooke. Come al solito si era appena fatta uno dei suoi soliti film mentali, pessimi aggiungerei.
-Brooke! Smettila!- la rimproverai assestandole una gomitata su un fianco.
-Harry ha detto che vuole che May gli faccia da babysitter!- interruppe Jamie. In quel momento mi resi conto che non era servito a un cavolo tappargli le orecchie, magari aveva letto il labiale.
-Ohh qualcuno qui ha fatto colpo!- mi sbeffeggiò Brooke stritolandomi con uno dei suoi abbracci. Avevo nostalgia dei suoi abbracci stritolatori, le sue braccia fini che mi cingevano le  spalle, e quel sorriso sempre un po’ imbronciato in faccia.
-Dai Brooke, ti prego, abbi pietà di me!- le urlai ridendo, cominciando a correre goffamente per tutta casa, imbarcandomi, con la mia solita grazia, ogni mobile, spigolo, e stipite.
Poi mi gettai sul divano, dove restammo per tutta la giornata con Jemie seduto tra noi due, a guardare le foto di quando eravamo piccole, il primo giorno d’asilo, che corrisponde al nostro incontro, le gite, le scampagnate, le feste, carnevale, natale, il suo primo tatuaggio, la sua prima tinta per i capelli, andata un po’ male, i nostri primi fidanzatini, il nostro primo ballo scolastico, passato a fare tappezzeria, sbavando dietro quelli più grandi, i compleanni, le giornate passate insieme, avrei dato qualsiasi cosa per rivivere ogni singolo momento trascorso con lei.
 
 
 
Ehilà
Eccomi, finalmente con una connessione decente, speriamo solo che duri.
Questo capitolo è basato sul rapporto tra Brooke e Mia, ma solo alla fine spunterà il nostro Harry ;)
grazie a tutte voi, veramente mi state dando un sacco di soddisfazioni, grazie ancora.
devo chiedervi un favore però, potreste passare dalla mia altra FF?
100 modi per farli lasciare
per me è molto importante (: perciò grazie se lo fate.
a presto, e grazie di tutto.

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10


Dopo una lunga ed estenuante giornata a scuola, una volta ritornata a casa, mi spalmai sul letto, colpita da un sentimento di riluttanza verso ogni edificio scolastico esistente.
Mi chiesi perché gli insegnati si ostinino a propinarci ogni giorno la solita solfa, dicendoci di studiare e ci rimpinzano il cervello di cose inutili, perché io sono pienamente convinta che quando sarò grande e andrò a fare la spesa, la cassiera non vorrà sapere da me la direttrice della parabola o la somma dei radicali.
Ma tanto alla fine quelle stupide nozioni non mi sarebbero mai entrate in testa, subivo passivamente ogni parola dei professori, a volte ne venivo colpita, ma non avevo mai la sensazione di aver afferrato a pieno il concetto, malgrado andassi abbastanza bene a scuola.
Spesso mi tormentava il ricordo di Harry, con quella sua espressione sempre così felice, come se nulla lo turbasse davvero, come se nella sua vita non ci fossero problemi, prendeva tutto con estrema facilità, ma non lo avrei giudicato superficiale. Ero certa che però per me, quel ragazzo sarebbe sempre restata un’incognita.
Stranamente oggi i professori non ci avevano assegnato nulla per il giorno dopo, così decisi di continuare a leggere il mio amato libro, che avevo cominciato a leggere circa una settimana fa, ma per ragioni ovvie come Harry Styles, non l’avevo più continuato.
Poi ad un tratto il display del mio cellulare prese ad illuminarsi, e con un gesto disinteressato lo presi.

Tra qualche giorno sarà il compleanno di Gemma e io non ho la più pallida idea di cosa regalarle. Mi daresti una mano? Oggi pomeriggio alle quattro ti passo a prendere.
Harry.

Non mi curai di nulla oltre a chiedermi chi gli avesse dato il mio numero. Senza alcun dubbio telefonai ad Alan, rimproverandolo, dicendogli che non aveva alcun diritto di distribuire il mio numero di cellulare in giro, e lui mi rispose che Harry lo aveva preso per sfinimento e alla fine cedette. 
Non risposi al messaggio di Harry, sembrava un ordine più che una proposta, ma tanto non avevo nulla di meglio da fare quel pomeriggio, e poi mi faceva così tanta pena che decisi di aiutarlo e accettai passivamente l’idea di trascorrere del tempo con quell’essere riccioluto.
Sentii un clacson suonare da di fuori, così scesi prendendo le mie cose e me ne andai

Arrivammo subito al centro, e facemmo un giro veloce in qualche negozio, ma non trovammo nulla di soddisfacente.
-Quando darà la festa?- chiesi mettendomi le mani in tasca.
-Non darà una festa, vuole una cosa in famiglia, mercoledì prossimo.-mi rispose guardando una vetrina. Di questo passo neanche per mercoledì saremmo riusciti a comprarle qualcosa.
-Ma cosa avevi idea di comprarle?- chiesi curiosa. Non potevamo mica andare avanti così tutto il pomeriggio.
-Non lo so, a te cosa farebbe piacere ricevere?- mi chiese perplesso uscendo dall’ennesimo negozio.
-Beh non lo so, Gemma ama i profumi? Indossa i gioielli?- chiesi giusto per farmi un’idea. Stavamo brancolando nel buio.
-Sì ha molti profumi, anche buoni, e adora i gioielli, quindi direi che potremo provare..-rispose sfoderando un sorrisetto soddisfatto.
Entrammo in una profumeria, la commessa fu molto gentile e ci fece provare qualche profumo, poi insoddisfatti, cercammo da soli.
-Questo?- chiese Harry spruzzandoselo addosso.
-Ma Harry, è da uomo!- lo rimbeccai facendogli notare l’evidenza.
-E quindi? Almeno lo posso usare anche io.- rispose noncurante. Astuto il ragazzo, pensai.
-Che ne pensi di quest’altro?- gli chiesi spruzzandolo in aria.
-Mia, sa di vomito!- mi rimproverò ridendo. Per fortuna non me lo ero spruzzato addosso.
-Sentiamo questo..-disse lui spruzzando il profumo .
-Harry! Me lo hai spruzzato in un occhio! Merda.- cominciai a gironzolare per il negozio con l’occhio lacrimante, mi prudeva, mi faceva male, sembrava che stessi piangendo, come afflitta da pene d’amore.
Continuavo  a dimenarmi come un’ossessa sotto lo sguardo colpevole di Harry che tentò più volte di fermarmi, ma io lo respinsi, non ci vedevo più da un occhio. Ero appena diventata cieca. Già mi vedevo andare in giro con una benda sull’occhio come capitano uncino.
-La sua ragazza sta bene, signore?- chiese la voce cristallina e premurosa della commessa del negozio
-No, non sto bene, e non sono la sua ragazza.-gli risposi irritata, intenta a sfregarmi l’occhio.
-Sì, sta bene, le passerà, mi scusi- rispose Harry bloccandomi di fronte a sé.
-Stai ferma, non ti toccare l’occhio!- mi disse con voce calma e pastosa avvicinando il suo viso al mio. Mi teneva ferme le mani, stringendole nella sua, cercando di farmi calmare, e con l’altra mano mi prese il viso e mi soffiò delicatamente nell’occhio, cercando di darmi sollievo. Riuscivo a vedere, un po’ sfocati, i suoi occhi così verdi e profondi e lui che cercava di rassicurarmi.
-Va meglio ora?- chiese lui lasciandomi le mani, ma continuando a tenermi il viso vicino al suo. Mi guardava fissa negli occhi e io mi persi nei suoi. Non mi ero mai accorta che avesse degli occhi così vellutati.
-Sì, grazie- gli risposi riuscendo a liberarmi dal suo sguardo. Sembrava mi stesse guardando in fondo all’anima .
Uscimmo dal negozio affranti, non avevamo trovato nulla di decente per Gemma, così ci dirigemmo verso la gioielleria più rinomata del paese, sicuri che qui avremmo trovato qualcosa.
-Che ne dici di quel ciondolo?- mi chiese Harry facendomi notare un ciondolo a forma di orsacchiotto.
-Harry, Gemma non ha cinque anni.- lo rimbeccai. Un ciondolo a forma di orsacchiotto. Non avrei mai immaginato che avesse un così cattivo gusto.
Scorrendo le vetrine della gioielleria, mi imbambolai a fissare un braccialetto bellissimo, era piccolo, grazioso, fine, ma molto luminoso.
-Questo?- gli chiesi puntando il dito sulla vetrina, lasciando un’impronta.
-Non è nel suo stile, è troppo semplice per lei. – mi spiegò Harry passando ad un’altra vetrina.
-Mia vieni! Guarda questa!- esclamò lui con espressione meravigliata, come se fosse la prima volta che entrasse in una gioielleria.
-E’ molto carina, e sul ciondolo potresti chiedere di fa incidere una H di Harry, almeno si ricorderà sempre di te.- gli consigliai prendendo ispirazione dal suo tatuaggio.
Dopo aver chiesto aiuto al commesso, che gentilmente incise il ciondolo e fece un grazioso pacchetto regalo, uscimmo finalmente soddisfatti.
-Grazie per avermi aiutato.-mi disse Harry mostrandomi il regalo  per Gemma. Io gli feci un sorriso in risposta.
Poi mi trascinò con sé dentro un negozietto minuscolo, più che negozietto sembrava una di quelle vecchie botteghe, luce suffusa, grandi scaffali di legno sui quali erano appoggiati tanti barattoli di vetro con caramelle cioccolatini e schifezze varie.
-Ciao Bobby, hai le caramelle quelle gommose alla meringa?- chiese Harry all’anziano signore.
-Vado a controllare in magazzino, aspettami qui tu- disse il vecchietto da dietro il bancone per poi sparire dietro un tenda.
Intanto Harry prese da un barattolo quattro cioccolatini e da un altro quattro caramelle alla fragola, e se le mise in tasca, mentre io con sguardo impotente lo osservavo abbastanza divertita.
-Mi dispiace Harry, ma non ce le ho. Scusa.- disse il vecchio ritornando. Harry  è veramente stronzo.
-Va bene Bobby, alla prossima- lo salutò uscendo, io gli restai dietro per poi sederci su un muretto mentre si svuotava le tasche e ci dividevamo il bottino.
-Sai che sei proprio disonesto? Se quest’anno la sua attività chiuderà in perdita, sarà colpa tua.- gli feci notare divertita, scartando la caramella.
-Ah sì? E allora avresti potuto impedirmelo, eppure non hai fatto nulla.- ridacchiò sotto i baffi, mangiando il suo cioccolatino
-Ora avrò la fedina penale sporca, ed è sempre colpa tua- gli dissi insistendo sulla questione, mi aveva fatto pena il vecchietto.
-No, è colpa tua.- insisté lui avvicinando la sua faccia alla mia.
-No, tua.-
No, tua.-
Le nostre facce erano troppo attaccate, ancora una volta rischiavo di perdermi nei suoi smeraldi, mentre il suo respiro mi accarezzava il viso.
-Scusa, ma ora devo proprio andare. Mi dispiace. Ciao- lo salutai confusamente cercando di camminare decentemente e di non sembrare imbarazzata come se già non fossi arrossita.
-Aspetta ti riaccompagno in macchina!- fece per alzarsi e cercare in tasca le chiavi della sua auto.
-No, andrò a piedi, non è poi così tanto distante..- cercai di dissuaderlo avviandomi lentamente alla prima salita che avrei dovuto superare. Holmes Chapel è tutta in collina.
-Come vuoi, allora, a domani!- mi salutò lui sorridendo. Sorrideva sempre, al contrario di me che ero sempre uggiosa, mi domando come diavolo faccia.


Houstoon i think we've got a probleeeem (?)
rieccomi, non sono ancora morta per vostra sfortuna ahaha
eccoci con il capitolo 10, vi prometto che l'undicesimo sarà sklfjeoirir. parola di lupetto.
Grazie a tutte voi che recensite, vi amo, cioè vi rendete conto? Ho totalizzato 52 recensioni! Sono tantissimeee! grazie ancora.
E poi 33 di voi hanno inserito la storia nelle ricordate e 27 nelle preferite, ommioddio, ma siete pazze(?) grazie veramente tanto.
io lo so, che sono una rottura di maroni, ne sono pienamente al corrente, avete il diritto di uccidermi se volete e anche di prendermi a sprangate,
ma se vi va, potreste passare dalle mie due altre FF?
una ormai la conoscete, è
100 modi per farli lasciare
l'altra è frutto dell'ispirazione di Ferragosto e si chiama #asdfghjkl
grazie se lo fate, ci tengo molto e so che siete tutte carinissime e disponibili (:
ora mi dileguo, a presto

old yellow bricks

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

La scuola stava mettendo a dura prova i miei poveri neuroni e la mia pazienza, ma anche quest’oggi, i professori erano stati clementi con noi, non assegnandoci nessun compito per l’indomani.
Decisi di chiamare Brooke per andare a fare un giro al centro commerciale dove oggi ci sarebbe stata l’inaugurazione di un paio di nuovi negozi, come quello di articoli sportivi. Sapevo che Brooke non avrebbe rifiutato, lei va pazza per lo sport.
Però Brooke non poté venire a causa dei tanti campiti, lei aveva scelto una scuola molto più impegnativa della mia, e se voleva essere libera quest’estate, avrebbe dovuto lavorare sodo. La scuola la stava uccidendo in tutti i sensi.
Chiamai Alan, sicura che non mi avrebbe detto di no, visto che oggi sarebbe stato inaugurato anche un nuovo negozio di video games, alla fine ce lo avrei trascinato a forza.
-Alan mi chiedevo se oggi volessi venire con me al centro commerciale- gli chiesi timida, temevo un rifiuto.
- Sai Mia, ti stavo per chiedere la stessa cosa! Tra un po’ ti passo a prendere e al centro incontreremo Gemma e Harry.- rispose entusiasta come i bambini piccoli a causa del troppo consumo di cocacola.
Quella ragazza deve davvero aver dato alla testa ad Alan e poi mi domandavo per l’ennesima volta se sarei riuscita a passare almeno un giorno con il mio amato cuginetto e senza Harry Styles. Mi stava perseguitando. Se non avesse avuto quelle labbra perfette, lo avrei già denunciato per stalking.
 
-Ciao ragazzi!- salutò Alan andando in contro a Gemma e Harry. Ci salutammo brevemente per poi iniziare il nostro giro al centro commerciale.
-Alan possiamo fare un salto qui? Vorrei cercare un vestito per il mio compleanno, se non ti spiace.- chiese gentile Gemma, prendendo sotto braccio Alan, che annuì imbambolato.
-Vi spiace se io vado al piano di sopra? Vorrei fare un salto al negozio di articoli sportivi- chiesi. Non avevo alcuna voglia di entrare dentro quel negozietto rosa e provare centotrentotto gonne per poi scoprire di essere troppo tozza per permettermi di indossarne una. Se Brooke fosse stata con me, a quest’ora non avrei avuto questo tipo di problemi.
-Vengo con te!- gridò Harry per poi seguirmi. Ci dirigemmo verso l’ascensore, visto che il negozio era al piano superiore.
Entrammo e schiacciammo il bottone per il secondo piano, dentro l’ascensore si creano sempre quegli imbarazzanti silenzi in cui ti guardi i piedi per paura di sollevare lo sguardo.
Poi ad un certo punto, la corsa del nostro amatissimo ascensore si bloccò, trattenendoci al suo interno con un tonfo stridulo e metallico.
-Dimmi che non è vero che siamo appena rimasti bloccati qui dentro.- sospirai chiudendo gli occhi.
-Vorrei potertelo dire, ma non posso.- mi rispose Harry accasciandosi con le spalle verso l’ascensore.
Possibile che dovevo sempre finire nei pasticci e per di più con Harry Styles? Alla fine l’avrei provato volentieri un vestitino di tulle, pensai scettica.
-Se provi a gridare?- gli chiesi sedendomi a terra.
-Non ci sentirebbe nessuno, credo.- rispose sicuro Harry. Come diavolo faceva a rimanere così calmo?
-Senti, ti avverto che io soffro di claustrofobia e che la mia autonomia respiratoria è messa a dura prova qui dentro, capito?- gli spiegai. Ho sempre odiato gli spazi troppo chiusi, stretti e opprimenti. E in più c’era poca aria lì dentro.
-Mia, stai calma, andrà tutto bene, non c’è bisogno di agitarsi.- disse lui avvicinandosi a me. Mi sentivo piccolissima rispetto a lui. Forse perché ero seduta per terra e lui passeggiava tranquillamente per il perimetro quadrato dell’ascensore.
Estrassi il cellulare dalla tasca, ormai rassegnata, sicura che avremmo dovuto trascorrere come minimo un’ora lì dentro.
-Il telefono non prende.- notai sgranando gli occhi vedendo solo una tacca.
-Neanche il mio.- replicò grattandosi la testa.
-Ma che peccato, vero? Non potrai fare le foto con instagram e poi metterle su twitter ricevendo milioni di retweet dalle tue fans.- gli risposi acida. Avrei giurato che qualunque cosa fosse successa, prima Harry si sarebbe preoccupato di aggiornare le fans.
-Mia, farò finta che questa tua uscita sia colpa della mancanza d’aria, va bene?- chiese lui ironico trattenendosi dal ridere o dal picchiarmi, non so bene.
-Scusa. E’ che ultimamente capitano tutte a me. E poi non mi piace stare chiusa qui dentro. Non è colpa tua, anzi apprezzo la tua compagnia qui dentro, solo che mi manca l’aria.- dissi tutto d’un fiato arricciando il naso.
Lui mi si avvicinò, porgendomi le mani per rialzarmi da terra e avvicinarmi a sé.
-Non fa niente, ti capisco, non è facile, vedrai che capiranno che siamo rimasti chiusi qui dentro.- mi rassicurò prendendomi il viso e accarezzandolo con il suo pollice. Io cominciavo a singhiozzare e i miei occhi cominciarono velocemente a riempirsi di lacrime, costringendo Harry a darmi un bacio sulla fronte per tranquillizzarmi. Ero così irrazionale. Credevo di saper gestire meglio le mie emozioni, paure e fobie varie, ma evidentemente non era così.
Mi staccai da lui e ritornai a sedermi per terra, ammazzai il tempo giocando a snake con il mio cellulare, cercando di non pensare a nulla.
Però mi rimaneva strano pensare che circa una settimana fa, avrei voluto vedere Harry morto e ora mi ritrovavo a condividerci questa terribile agonia qui dentro e a condividerci persino la stessa aria che respiravamo. Ormai avrei giurato che mi avesse visto in ogni modo e che sapesse ogni punto debole.
I miei pensieri furono interrotti da un rumore metallico proveniente dalla tromba dell’ascensore, che provocò anche lo spegnimento delle uniche due luci di emergenza nell’ascensore. Ora sì che stavo meglio.
-Merda.- sibilai a denti stretti. Mi alzai da terra facendo luce con il mio cellulare per vedere dove andare, non volevo dare una testata sulle pareti dell’ascensore, un bernoccolo era l’ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento.
Illuminai il volto di Harry e i suoi occhi si fecero più luminosi, potevo vedere i lineamenti delicati del suo volto allentarsi in un sorriso per tranquillizzarmi. Mi avvicinai a lui, e lui mi strinse a sé. Io appoggiai il mento sulla sua spalla e chiusi gli occhi sentendo il contatto con il suo corpo.
-Va tutto bene- continuava a ripetermi a bassa voce. Per un momento sospettai che fossimo su candid camera o che avesse manomesso Harry stesso l’ascensore, ma poi mi dimenticai di tutto, quando lui prese ad accarezzarmi la schiena.
-Harry ti ricordi quando ti ho detto che sei la persona più insolente che io conosca?- gli domandai tenendo gli occhi chiusi.
-Sì- disse lui.
-E quando ti dissi che avrei voluto che ripartissi perché non ti voglio qui a Holmes Chapel?- continuai.
-Sì- ripeté lui.
-E quando ti dissi che ti odio?- avrei potuto continuare all’infinito.
 -Sì Mia, mi ricordo ogni singola cosa che mi dici, anche la più stupida, anche il modo in cui la dici.- esordì lui
-Scusami. Scusami tanto. Io sono solo una ragazza debole che si vuole far vedere forte, ma sono solo una povera stronza, acida, fallita e non so come tu riesca a starmi abbracciato in questo momento. Non lo so proprio.- mi svuotai completamente con lui, con la paura che queste parole sarebbero uscite da questo ascensore non appena questo si sarebbe deciso ad aprirsi.
-Ti voglio bene Mia.- come poteva dirmi una cosa del genere? Insomma lo avevo trattato malissimo ma nonostante ciò riusciva a non insultarmi e ad abbracciarmi con così tanto calore che avrei rischiato di prendere fuoco, o forse ero solo io che stavo avvampando dall’imbarazzo.
Io abbassai lo sguardo sentendomi stupida e in colpa come non mai. Restammo ancora per un pò lì dentro, finché le luci di emergenza si riaccesero e una voce esterna chiedeva se c’era qualcuno nell’ascensore.
Harry rispose affermativamente, poi un tizio aprì manualmente le porta dell’ascensore dicendo che era tutta colpa di un black-out causato da un troppo sfruttamento dell’energia elettrica.
-Tutto bene, ragazzi?- chiese il tizio pelato con un sorriso rassicurante. Io e Harry rispondemmo affermativamente e, dopo averlo ringraziato, andammo a cercare Alan e Gemma
-Ma dove siete stati? Vi abbiamo chiamati per un’ora!- ci rimproverò Gemma mollando un cazzotto al fratello.
-Oh è una lunga storia..-risposi io lanciando un’occhiata di imbarazzo a Harry, mettendomi le mani nelle tasche.
Alan mi guardava con aria maliziosa, stranamente sapevo già cosa frullava nella sua testa e cosa mi avrebbe chiesto mentre mi avrebbe riaccompagnata a casa, ma evidentemente non ero poi così brava, visto che mi anticipò, mandandomi un messaggio.

Sesso violento in ascensore?
#A
Era sempre il solito scemo.

aieah(?)
rieccomi come al solito con questo appuntamento ormai fisso (:
come vi avevo preannunciato, questo capitolo è piuttosto sdklfjejt, credo, cioè spero.
Molto sinceramente parlando, in questo capitolo c'è tanto, anzi troppo di me.
come al solito vorrei ringraziare voi per tutte le belle recensioni, veramente siete gentilissime, carinissime e io sono senza parole, sul serio.
Grazie anche a voi che avete inserito la sotria tra le preferite/seguite/ricordate, graaazie.
vi avverto già da ora, che il prossimo capitolo sarà un pò particolare, spero comunque che rimarrete sintonizzati(?)
grazie ancora, a presto
un bacio

old yellow bricks

 
 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12


La ricerca su John Milton non era obbligatoria, ma decisi di farla lo stesso, giusto per impressionare un po’ la Cowell, la professoressa di Letteratura inglese.
Si dice che dia i voti alti solo alle persone che le consegnavano le ricerche facoltative e che le facevano i complimenti ignorando il fatto che non fosse esattamente poi così giovane e snella.
 
Dopo dieci minuti di lungo lavoro, consistente in un fedele copia e incolla da wikipedia, me ne scesi in cucina per bere qualcosa di fresco, nonostante di fuori fossero otto gradi circa.
Decisi di farmi una bella spremuta d’arancia, anche se in realtà non mi piace nulla che sia all’arancia, ma per passare del tempo, questo ed altro.
Presi lo spremiagrumi e le arance, poi sentii dei passi dietro di me arrivare in cucina, temetti che fosse quella rompiscatole di Liz, ma poi ricordai che era già uscita, così mi voltai e vidi George, che straordinariamente,  era tornato prima da lavoro.
Io continuai noncurante a spremere l’arancia che avevo in mano. Stavo sviluppando i miei bicipiti a forza di spremere, ecco perché mia madre dice sempre che la spremuta fa bene.
 
Sentii George chiamarmi e avvicinarsi a me, per poi posarmi una mano sul ventre e girarmi verso di lui, per sbottonare con un sol colpo la mia camicetta. Mi teneva avvinghiata a lui, stretta tra il suo corpo e il bancone della cucina. Mi venne istintivo provare a gridare, ma poi mi ricordai che non c’era nessuno a casa.
Lui mi tappò la bocca con la mano. Sentivo il suo fiato che puzzava tremendamente di alcool.
-Shh vedrai se non opporrai resistenza, non farà male..- mi disse percorrendo tutto il mio corpo con un dito, esercitando pressione una volta arrivato al cavallo dei miei pantaloni, per poi slacciarmeli  con una mano, mentre l’altra faceva una leggera pressione sulla mia bocca.
Io gli morsi una mano e il leggero dolore lo fece allontanare leggermente da me, ma lo spazio era abbastanza per assestargli un calcio, prendendo tempo per correre  in bagno e chiudermici dentro a chiave. Lui mi raggiunse e prese a bussare alla porta come un dannato.
Così, non sapendo dove sbattere la testa, uscii dalla finestra, per fortuna ero a piano terra.
Scappai dal retro di casa a testa bassa, e a passo felpato, attenta a non fare rumori sospetti.
Mi ricordai di avere la camicetta un po’ strappata, ma tanto chi se ne sarebbe accorto?
 
-Capisco che tu abbia voglia di vedermi, ma addirittura scappare dalla finestra del bagno!- esordì la voce inconfondibile di Harry. Per la prima volta ringraziai il signore di averlo fatto essere da queste parti, proprio ora.
Ma nonostante tutto il bene che gli volessi in questo momento, ero sempre un po’ restia nei suoi confronti.
-Non adesso, Harry.- gli dissi cercando di evitarlo. Non avevo voglia di cercare nella mia mente la solita risposta sarcastica per azzittirlo, non volevo offenderlo ancora con la mia stupida lingua tagliente.
-Cos’è successo?- mi chiese venendomi vicino per poi sollevarmi il viso. –Stai piangendo.- continuò seguendomi mentre seguitavo a scendere le scale di casa mia, come se nulla fosse accaduto.
-Non è vero, non piango- risposi tirando su con il naso. Ero pienamente cosciente che quel poco di finezza che avevo, era scomparsa in quell’istante.
-Dai dimmi cos’è successo- insisté lui facendomi sedere sulle scale di casa mia.
Avevo una fottuta paura che da un momento all’altro George avesse aperto la porta di casa, ma il fatto che ora Harry era seduto lì, accanto a me, mi faceva stare più tranquilla in un certo senso.
-Brutta giornata.- risposi io singhiozzando. Ancora una volta avevo mentito, ma non credo avrei mai avuto il coraggio di dire a nessuno ciò che stava succedendo, neanche a mia madre, anche perché non credo mi avrebbe creduto, o per lo meno non volevo rovinare la stabilità sentimentale e familiare che si era creata faticosamente dopo il divorzio con mio padre, appena un anno fa.
-Ah e per una brutta giornata ti sei strappata la camicetta.- notò lui prendendo tra le dita il lembo della mia camicia. Però non sembrava una domanda e io non volevo tentare di trovare un’altra scusa,perciò non risposi.
Poi mi domandai come mai nei film, quando la ragazza piange, non ha mai del muco che le esce dal naso, mentre io sembravo un mostro in quel momento e non capivo il perché Harry restava lì con me, a vedermi sgocciolare incessantemente il naso.
Avevo freddo, non avevo preso neanche il cappotto prima di uscire, ma io non ero uscita per una passeggiata, ero semplicemente uscita dalla finestra del bagno, come tutte le persone normali fanno, eh.
Harry si sfilò il suo maglione verde per infilarmelo, restando solo con la sua camicia bianca. Mi alzò le braccia, come se fossi una bambina piccola, poi mi sistemò il maglione  addosso con aria compiaciuta -Brava bambina- constatò sorridendo frugandosi nelle tasche per estrarne un fazzoletto.
Stava per soffiarmi il naso lui stesso, ma poi gli strappai il fazzoletto dalle mani.
-Grazie- risposi cercando di fare un sorriso, sbiadito tra le lacrime.
Mi porse la mano, come per farmi alzare, e io glie la presi, facendomi trascinare passivamente in un posto che neanche io sapevo, ma che scoprii subito, quando lo vidi svoltare verso la grande insegna di Milkshake City.
Avevo sempre odiato quel posto anche se ci ero entrata solo una sola volta in tutta la mia vita. Mi era bastata quell’unica volta. Fortunata come sono mi versarono un milkshake addosso per sbaglio. Così non ci entrai più.
Ci sedemmo ad un tavolo appartato, dietro un angolo remoto del locale, tutto rosa e bianco con quelle stupide figure di mucche. Che schifo.
Capisco che per quel locale le mucche portano avanti gli affari, ma adesso anche venerarle in questo modo mi sembra eccessivo.
Vedermi Harry seduto di fronte, con quegli occhi così trasparenti in cui vi si rifletteva tutto ciò che aveva davanti, mi faceva sentire piccola e inutile. E stupida.
Quando Harry vide il cameriere avvicinarsi, gli fece cenno con le mani di portare “due del solito”,  non permettendo neanche al cameriere di fare un passo in più per avvicinarsi al tavolo.
Speravo dentro di me che “il solito” non fosse stato un milkshake alla banana. O all’arancia.
-Cosa ci facevi vicino casa mia?- gli chiesi scettica, ripensando a quanta fortuna ebbi, per una volta, a ritrovarmelo davanti proprio in quell’istante. Fosse stato per me, sarei rimasta nascosta dietro la siepe di casa, pregando il signore di far prendere a George una sbronza tale da addormentarsi. Addormentarsi per sempre.
-Stavo venendo a casa tua per parlarti di una cosa, ma poi mi sei venuta incontro tu.- rispose lui increspando le labbra.
E se avesse suonato la porta proprio nel momento in cui George stava molestandomi? O se avesse sentito George gridarmi e bussare violentemente alla porta del bagno? Sarebbe stato peggio forse.
-Non ti sono venuta incontro, non sapevo neanche che fossi lì.- ci tenni a precisare. Spinta dal mio solito cipiglio acido. Mi morsi la lingua pentendomi di averlo offeso ancora, e rimproverandomi per la mia incapacità di mettere un freno alla mia acidità. –Cosa volevi dirmi?- continuai, stavolta addolcendo il tono, mettendomi una ciocca di capelli dietro le orecchie.
-Louis mi ha invitato a trascorrere questo weekend alla sua casa al lago, e mi chiedevo se volessi venire con me, visto che la tua amica, Brooke lo raggiungerà già da venerdì mattina.- mi chiese lui descrivendo circonferenze concentriche sul tavolo del bar.
D’un tratto mi sentii sempre più ingrata e letteralmente stronza con lui. Era sempre così carino con me, e io sapevo solo trattarlo a pesci in faccia.
-Ringrazia Louis per l’invito, ma credo proprio che non verrò.-gli risposi fissando le macchine passare per la strada. Non avevo precisamente idea di cosa fare durante il weekend, ma magari l’avrei passato con Alan, ammesso che non fosse stato troppo occupato con Gemma. Ecco. Sono appena diventata una forever alone.
-Perché?- chiese Harry gridando, mettendosi diritto sul divanetto del locale. Intanto  cameriere ci portò i milkshake, lui lo ringraziò con un cenno del capo, e schiarendosi la voce, mi rifece la domanda con tono più basso, rendendosi conto che aveva appena attirato l’attenzione di tutto il locale.
-Harry non lo so, oggi è mercoledì, il weekend comincia venerdì, c’è tempo. Non so neanche quello che farò domani.- gli risposi con ovvietà scrollando la testa.
Iniziai a mordere la cannuccia del mio milkshake, cominciai a diventare nervosa.
-Ma Mia c’è anche la tua amica Brooke. E poi venerdì è vicino.- mi riprese lui insistendo. La sua fronte corrucciata gli diede un’aria da cane bastonato, ma non mi intenerì.
-Lo so, ma Brooke vorrà stare con Louis, no? E poi se venerdì è tanto vicino, allora dico direttamente no.- risposi acida. Non sapevo cosa mi trattenesse qui a Holmes Chapel invece di andare alla casa al lago di Louis.
-E io e te li lasceremo in pace. Dai vieni. Ti do cinque secondi per pensarci.- insisté lui gesticolando. Si stava leggermente alterando e stava diventando rosso in faccia.
-Cinque-
-Quattro-
-Tre-
-Due-
-Uno-
-Tempo scaduto. La risposta, prego- sembrava uno di quei bambini ciccioni che voleva le patatine fritte subito, all’istante, e ciò mi irritava.
-No.- risposi fermamente.
Quel suo essere così irritante mi indisponeva che mi trattenni da andarmene da lì, solo perché non volevo riandare in casa ed essere stuprata dal mio patrigno.
-Mia, ti avverto. Io sono come un bambino piccolo e capriccioso, e quando voglio una cosa, la ottengo sempre, e ora voglio che tu venga con me alla casa al lago.- esordì lui cambiando tono e facendosi serio. Sembrava mi avesse letto nel pensiero e avesse capito che io lo avessi paragonato ad un bambino piccolo.
-E va bene, va bene, vengo. sei contento ora?- chiesi io cedendo.
Mi aveva presa per sfinimento, e poi ripensai che passare il weekend dentro casa con George e la mamma e Liz, non sarebbe stato esattamente il mio più grande desiderio da avverare.
-Sì, sono la persona più felice al mondo, va bene?- rispose lui sfoderando quel sorriso.
Ora non mi sembrava più quel sorriso stucchevole di plastica che usava anche in tv. Sembrava vero.
 
L’unico problema adesso era rientrare a casa e sperare che magicamente George fosse sparito dalla circolazione, fino alla mia partenza, se fosse stato possibile.
Una volta arrivata a casa, notai che la macchina di George non era né in garage, né parcheggiata nel vialetto, così decisi di entrare.
-C’è nessuno?- chiesi al vento chiudendomi la porta alle spalle.
-Mia! Sto preparando la cena, vieni a darmi una mano!- come al solito mia madre era già ai fornelli e toccava sempre a me aiutarla.
-George?- chiesi curiosa. Speravo in una risposta come “ci siamo separati per sempre” ma sapevo benissimo che questa era una falsa speranza.
-Non ti ricordi? E’ partito per Londra, tornerà domenica- rispose la mamma.
Dentro di me stavo già festeggiando e facendo il trenino.
-Perfetto.- risposi automaticamente, sfoderando un sorriso ebete in faccia.
-Come scusa?- chiese la mamma aggrottando la fronte.
-Volevo dire, bene, comunque volevo dirti che passerò il weekend alla casa al lago di un amico di Brooke- spiegai sedendomi con le gambe incrociate sul bancone della cucina.
-Scendi da lì. Con chi ci vai?- chiese lei con quel solito sorriso, come quando sospetta che io abbia un ragazzo o sta mentalmente indagando  sulla mia possibile cotta per qualcuno.
-Con Brooke e qualche suo amico- risposi vaga. Se avessi fatto il nome di Harry e gli altri, Liz sarebbe voluta venire, oppure mi avrebbe sfinito la vita, perciò tenni la bocca cucita.
-Va bene. Allora comincia a preparare il borsone, credo sia in soffitta.- rispose lei infornando la cena.
Odiavo salire in soffitta, c’è troppa polvere.

boom(?)
eccomi qui.
ve lo avevo detto che il capitolo sarebbe stato particolare..
dai però Mia va alla casa al lago, eh.. ;)
come sempre grazie a tutte voi che recensite, che seguite la storia, che l'avete messa tra preferite/ricordate, 
grazie, merci, thanks, danke, gracias (???)
perchè una volta non mi si cagava nessuno su efp, mentre adesso mi fate sentire importante :')
grazie ancora.
vi lascio il mio twitter se voleste parlare con qualcuno, seguo sempre indietro ahahah io sono @harryviamo però ditemi chi siete (:
ora vi lascio, che il mio mouse scantona -.-
ah, prima di andare, volevo chiedervi di passare dalla FF di Armonydream, si chiama 
"All can be fallen in love" passate, perchè merita, veramente.
grazie se lo fate (:
al prossimo

old yellow bricks


 
 
 
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13


-Hai preso tutto?- chiese mia madre per l’ennesima volta, mentre si apprestava ad infilare l’ennesimo pacchetto di fazzoletti nella mia valigia. Per lei non erano mai abbastanza.
-Sì mamma, guarda che starò via per due giorni non per due mesi..-le feci notare, lei è sempre ansiosa, e si fa più paranoie di me.
Quando sentii il clacson suonare mi precipitai fuori di casa in un batter d’occhio, salutando frettolosamente mia madre, che mi guardò salire in macchina di Harry con gli occhi lucidi, manco mi dovessi sposare.
Procedemmo spediti, senza indugi, senza togliere il piede dall’acceleratore neanche un secondo, per circa un’oretta.
Persone, alberi, macchine scorrevano veloci sotto i miei occhi, mentre sentivo Harry sospirare più volte alla vista dell’ennesimo camion che rallentava il nostro viaggio.
Andavamo circa a cinquecento all’ora, se fosse stato possibile, e per un secondo vidi la morte in faccia, salutai già tutti i miei parenti e li ringraziai per tutti i bei momenti passati insieme, i regali, i canti di Natale, i compleanni, tutto.
Sedici anni schiantati sul retro di un furgone.
E invece mi sorpresi di vedere che affianco a me avevo un pilota professionista di formula uno, che faceva allegramente slalom tra macchine e camioncini di ogni dimensione, facendo scatenare i clacson degli altri automobilisti. Stavano intonando un bel concerto dedicato a noi.
-Harry! Potevamo morire!- gridai guardandolo male, tenendomi saldamente aggrappata al sedile.
-Sono riuscito a farti parlare finalmente! Sei così silenziosa..- mi disse lui, soddisfatto di avermi fatto prendere un colpo, con la speranza di farmi aprire bocca.
Certo parlerei se non andassimo ad ottocento all’ora e non rischieremmo di ucciderci, ad ogni curva.
-Soffri di mal d’auto?- chiese lui girandosi a guardarmi.
-Non so come, ma stranamente, no.- gli risposi incredula. Di solito stavo male già dopo dieci minuti di macchina, stavolta, che sembrava di essere in una gara di rally, era passata un’ora e avevo risparmiato ad Harry di fermarsi ogni dieci minuti per farmi vomitare.
-Ora che siamo arrivati nella campagna di Doncaster, tieni questa.- mi disse tirando fuori dal cassetto della macchina un cartina. Io la aprii, me la rigirai tra le mani più volte, senza capire bene da che parte leggerla, poi finalmente trovai il verso giusto.
-Mi stai dicendo che noi stiamo andando alla casa al lago, ma non sai dove si trovi e non hai neanche un navigatore satellitare?- gli chiesi scettica agitando in aria quella maledetta cartina che mi sembrava un lenzuolo.
-Esattamente.- rispose Harry con nonchalance. Avrei voluto sbattergli la testa sul finestrino e aprigliela per vedere se c’era qualcosa dentro. Ma tanto sapevo già che era vuota.
-Ah e perciò ce ne stiamo così, tranquilli vagando senza meta per le campagne di Doncaster.- constatai aggrottando la fronte in segno di protesta.
-No, se ti degnassi di leggere la cartina, sapremmo dove andare.- mi rispose lui tranquillamente mentre uscivamo dall’autostrada.
-Come si chiama questo lago?- gli chiesi cercando sulla cartina la nostra destinazione.
-Hampton, Hemson.. non mi ricordo, inizia con l’H, comunque.- balbettò lui infilandosi per una stradina sterrata.
-Cioè mi vuoi dire che non sai neanche come si chiama il lago? Harry ma ti rendi conto che siamo nella m..-lo rimproverai io. Stavamo praticamente brancolando nel buio.
-Nella macchina.- mi interruppe tradendo uno di quei suoi soliti sorrisetti sghembi. - Ora leggi la cartina, a Doncaster c’è solo quello di lago.- mi ordinò spiegando la cartina e poggiandola sul cruscotto.
Dopo qualche minuto impiegato a leggere la cartina e a rigirarla tra le mani, trovammo questo famoso lago, e procedemmo abbastanza spediti verso questo.
 
-Adesso gira a destra.- gli dissi seguendo il percorso che stavamo facendo sulla cartina. Credo che se non avessimo avuto neanche quella, saremmo morti all’istante o ci saremmo ritrovati a fare cerchi nel grano per attirare l’attenzione degli aerei e chiedere soccorso.
-Mia, non ci sono strade a destra.- mi rispose lui fermandosi in mezzo alla strada, sollevando le mani dal volante.
-Impossibile, qui è segnalata. Forse un po’ più avanti..- insistei io non staccando gli occhi dalla cartina.
-Mia, a destra e a sinistra ci sono solo distese interminabili di grano.- mi rispose lui facendo qualche metro con la macchina e illuminando la strada con i fari.
Io ripiegai alla bell’e meglio la cartina, la tirai arrendevolmente  sul cruscotto davanti a me e poggiai la testa sulla testata del sedile, chiudendo gli occhi.
-Fammi vedere..- disse lui prendendo la cartina, cercando di trovare un’altra strada.
-L’unica è questa.- continuò. Almeno non poteva incolparmi, pensai.
-Va bene, allora chiamo Louis e gli chiedo informazioni.- disse. Stava praticamente dialogando da solo, visto che io non me lo stavo filando minimamente, ma stavo invece maledicendo il momento in cui cedetti a quegli occhi verdi che mi pregavano di venire al lago.
-Ah ma non c’è campo. Il tuo di cellulare prende?- mi chiese avvicinandosi a me, tranquillamente. Io sfilai il cellulare dalla mia tasca e constatai che non prendeva neanche il mio.
-E quindi ora cosa facciamo?- gli chiesi sperando che, essendo un po’ più esperto di me, sapesse che fare in questi casi.
-Non lo so, potremmo..-tentò lui con quella voce pastosa e roca. Avrei voluto strangolarlo.
-Mi stai dicendo che è quasi buio, è freddo, siamo sperduti nella campagna di non so dove e tu non sai che fare?- gli urlai contro alterandomi e slacciandomi la cintura di sicurezza.
-Mia, calmati. Vedrai che arriveremo entro stasera.- mi tranquillizzò lui posando una mano sul mio ginocchio.
-Come faccio a stare calma se ogni volta che io e te stiamo insieme, ci ritroviamo nei pasticci?- gli chiesi spostandomi una ciocca di capelli nervosamente.
-Forse è proprio per quello. Dovresti rilassarti quando sei con me.- mi consigliò lui da grande uomo navigato.
-Sì, perché non mi porti una tisana allora? Certe volte sei proprio un bambino.- gli dissi incrociando le braccia al petto.
-Senti Mia, so ciò che pensi di me, che non mi sopporti e che preferiresti essere a casa in questo momento, ma dammi una possibilità, io ci tengo a te.- mi disse avvicinando la sua faccia alla mia. Io mi girai verso di lui, ma continuai a guardarmi i piedi. Quelle parole appena uscite dalla sua bocca erano troppo pesanti per me, soprattutto in quel momento.
-Non è vero, non può essere, io sono acida e insensibile.- gli risposi ripensando a tutti gli insulti che gli avevo blaterato contro, alle mie maniere rudi, ai miei pregiudizi, infondati.
D’un tratto mi sentii terribilmente in colpa.
-Mia, tu mi piaci così come sei. Non sei acida e neanche insensibile, sei la ragazza più acidamente dolce che io abbia mai conosciuto.- mi disse accarezzandomi la guancia con i pollici. Forse anche per tranquillizzarmi.
Per la prima volta, mi trovavo disarmata, boccheggiavo davanti a lui alla ricerca di una risposta sensata, mi sentivo troppo debole e fragile davanti a lui, mi sentivo impotente.
Trovai solo il coraggio di puntare i miei occhi spenti nei suoi verdi, verde carico.
Poi avvicinò sempre di più le sue labbra carnose e perfette, alle mie, e ce le appoggiò sopra delicatamente. Io sgranai gli occhi ma non mi tirai indietro al contatto con le sue labbra, poi mi scostai da lui, ponendo un pugno sul suo petto.
-Harry …io non lo so.- cincischiai insensatamente, dopo essermi staccata da quel bacio a stampo, sospirando sonoramente, per ritornare a consultare quella cartina.
Lui mi rivolse uno sguardo tra il deluso e lo stupefatto, forse perché per la prima volta una ragazza lo aveva respinto. Ma io non stavo cercando di fare la difficile, quella che vuole essere conquistata. Non ho mai amato queste cose.
-Senti se cerchiamo qualcuno per chiedere indicazioni?- gli suggerii scendendo dalla macchina guardandomi in giro. –Ah là c’è una casa!- dissi indicando col dito una specie di baracca che cadeva letteralmente a pezzi.
Cominciai a camminare tra il grano, anche perché non c’era nessun’altra opzione per raggiungerla, Harry mi seguì e bussammo delicatamente, per paura di sfondare la porta, poi finalmente ci aprì un ragazzo alto e dai capelli rossi con una camicia a scacchi e un paio di galosce.
-Scusi, ci siamo persi e ci chiedevamo se avesse un telefono da farci usare.- esordì Harry impeccabilmente dopo essersi schiarito la voce.
-Solo perché stia sperduto in campagna non vuol dire che viva nell’età della pietra. Il telefono è in cucina, da quella parte.- ci rispose sarcasticamente quel tizio.
Harry, dopo averlo fulminato con lo sguardo, andò a telefonare e io rimasi lì davanti al rosso che mi squadrava dalla testa ai piedi.
-Qualcosa non va?- chiese Harry ritornando dalla telefonata, notando il mio disagio con il tizio che mi stava facendo una TAC.
-No, è tutto apposto, allora novità?- chiesi distogliendo lo sguardo dall’orribile camicia a scacchi del rosso.
-Sì, Louis mi ha spiegato come arrivarci, quindi grazie del telefono amico.- lo ringraziò Harry dandogli una pacca sulla spalla.
Ce ne uscimmo da quella catapecchia puzzolente e ci dirigemmo in macchina, riattraversando il campo di grano; dopo altri venti minuti di strada arrivammo alla casa al lago.
-Ce l’avete fatta! – ci accolse Louis prendendoci le borse.
-Sì, con un po’ di fatica, ma eccoci qua.- rispose Harry abbracciando calorosamente Louis. Per un momento dubitai ancora una volta della loro eterosessualità, quando li vidi avvicinarsi pericolosamente e sussurrarsi qualcosa, ma poi decisi di non indagare a fondo.
Abbracciai Brooke, mi colpì subito un’ espressione diversa sul suo viso, era più luminoso e i suoi occhi brillavano, credo c’entrasse Louis, li vedevo bene insieme, lui è un tipo molto solare e aperto, lei è il suo opposto, ma si sa, gli opposti si attraggono.
 
Dopo cena restammo un po’ alzati per vedere la tv, sul divano, col fuoco acceso; il lago influenzava l’aria e la faceva diventare sempre più fresca.
Ad una certa ora io non ne potevo più, il viaggio in macchina con Harry mi aveva logorata in tutti i sensi e non avevo più le forze neanche per trascinarmi al piano di sopra, in camera da letto.
Una volta salito l’ultimo scalino, cominciammo a litigare: prima per le stanze, poi per scegliere i compagni di stanza, così, ci ritrovammo tutti e quattro, alle tre di notte, in mezzo al corridoio a  scannarci a vicenda.  
Alla fine, decidemmo di tirare a sorte, onde evitare dissanguamenti vari, scrivendo su dei pezzetti di carta i nostri nomi.
-Harry!- gridò Louis estraendo il biglietto dalla busta.
-Louis- aggiunse aprendo anche l’altro biglietto. –Visto? Lui è solo mio!- gridò sbaciucchiandolo. Harry mi lanciò un’occhiata come per dire “devi scusarlo”, ma non ne capivo il motivo, insomma noi due non eravamo nulla, e le sue giustificazioni non mi servivano. Se voleva diventare omosessuale, poteva farlo tranquillamente.
Poi, non contenti di aver fatto le tre e mezza di notte, litigammo anche per la stanza.
-Noi vogliamo quella con il letto matrimoniale!- si impuntò Louis abbracciando Harry.
-No, è nostra!- ribatté Brooke al quanto seccata.
Ecco, ora capivo come mai Brooke e Louis si trovino bene insieme: sono entrambi cocciuti.
Alla fine tirammo a sorte ancora una volta, e come sapevo, la stanza matrimoniale andò a noi due.
Finalmente ci infilammo sotto le coperte. Era da tanto che non dormivo con Brooke, mi ritornarono in mente tutti i pigiama party che facemmo da piccole, i segreti che ci raccontavamo a letto, le cotte per i ragazzi, le promesse fatte prima di addormentarci.
Mi mancavano i bei vecchi tempi con lei.

Ehilà, belle rampolle (?)
sono tornata con il capitolo tredicesimo (:
come al solito, vorrei ringraziarvi tutte, dalla prima, all'ultima.

voi, 72 magnifiche personcine che avete recensito la storia finora;
voi, 34 mignificherrime people che avete inserito la storia tra i preferiti;
voi, 6 stratosferiche persone che avete inserito la storia tra le ricordate,
e voi, 43 girlz/boyz(?) che seguite la storiaa.
cioè: grazie :')
vi avverto già da ora, che i prossimi due capitoli, saranno un pò più lunghi del solito
e saranno più schifosi, perciò vi chiedo di perdonarmi in anticipo.
#scusatemi
vorrei ricordarvi poi che il personaggio di Brooke è dedicato a "il muffin di tomlinson", mia prima conoscenza qui su EFP :')
se stai leggendo, bella mia, sappi che ti voglio bene lfjioejroiwjop.
ora vi lascio, grazie di tutto.
un bacio

old yellow bricks

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


Mi strinsi nelle coperte girandomi  e ritrovai nel letto Harry.
E così, dopo tanto tempo sprecato, per decidere dove e con chi dormire, era andato tutto al diavolo, scrollai la testa ripensandoci.
Mi avvicinai a lui e mi soffermai un poco a osservarlo dormire. Decisamente lo preferivo addormentato. Almeno non parlava.
Il silenzio mattutino, fu interrotto dal mio stomaco che brontolava così me ne scesi di sotto, in cucina. Fissai per un po’ il frigo vuoto, poi lo richiusi, vagando disperatamente cercando qualcosa da mangiare. Aprii la dispensa, vuota anche quella.
-Mia!- mi sentii chiamare dalla voce cristallina di Louis. Mi girai di scatto.
-Louis, mi hai fatto prendere un colpo.- gli dissi trovandomelo davanti a torso nudo, nei suoi pantaloni a scacchi.
-Scusa. – rispose con un sorriso tenero. -Hai fame, vedo.- continuò tirando fuori da un cassetto dei biscotti. Poi prese del latte da sotto i fornelli e lo versò in una tazza, porgendomelo. Mi sedetti al tavolo e inzuppai qualche biscotto, sotto il suo sguardo scrutatore che mi fissava.
-C’è qualcosa che non va?- mi fece trasalire la voce di Louis, che ora si era seduto di fronte a me, a fare colazione.
-No, va tutto bene. –gli risposi continuando a inzuppare i biscotti.
-Sicura? Magari c’è qualcuno che non va?- insisté facendo riferimenti a persone non proprio casuali. –Harry?- continuò lui. Io lo guardai rassegnata, facendo cadere il mio biscotto nel latte freddo. Riuscivano tutti a leggermi nel pensiero ultimamente.
-Tu gli piaci Mia, e anche tanto. Perché non accetti il fatto che lui si sia innamorato di te?- chiese Louis da suo migliore amico quale era. Il latte mi andò improvvisamente di traverso e mi diedi dei colpi leggeri sul petto, giusto per evitare di morire soffocata.
-Ho paura, Louis.- non avrei mai immaginato di riuscire ad aprirmi con uno sconosciuto, ma mi venne spontaneo, guardando in quegli  occhi così limpidi e cristallini, sinceri. E poi avevo bisogno di parlare con qualcuno, Brooke però era in coma nel letto.
-Paura di cosa? – mi chiese lui aggrottando la fronte. Come se non ci fosse arrivato, come se non sapesse che razza di donnaiolo fosse il suo migliore amico.  - Harry è il mio migliore amico e io il suo, non ci sono segreti tra noi. E credimi quando ti dico che tu gli piaci come mai nessuna ragazza gli è piaciuta prima.- continuò guardandomi fissa negli occhi. Mi fece quasi paura. Quelle parole significavano molto, troppo, ma io feci finta di non capirle a pieno.
-Abbiamo interrotto qualcosa?- chiese Harry entrando in cucina, seguito da Brooke che stava sbadigliando.
-No, no assolutamente.- rispose Louis al posto mio, lanciandosi un’occhiata d’intesa con il suo amico.
-Allora che facciamo oggi?- chiese Brooke contornando le spalle di Louis con un abbraccio.
-Pensavo di andare al lago, che ne dite?- chiese Louis cingendo la vita di Brooke con le braccia.
 
-Ragazzi è calda!- esclamò Louis immergendo i piedi scalzi in acqua. Ovviamente gli lanciai un’occhiata sbieca, che però non servì a nulla. -Dai perché non ci facciamo un bagnetto?- aggiunse. Era una bella giornata, il sole splendeva e gli uccelli cantavano, ma era novembre e io non avevo nessuna voglia di morire di ipotermia.
Louis si spogliò e si tuffò, seguito da Harry, io e Brooke rimanemmo un po’ incerte sul da farsi e soprattutto un po’ impacciate per il fatto di rimanere in intimo davanti ai ragazzi, soprattutto io, che indossavo l’intimo con i pupazzetti dei cartoni animati, ma poi, prese da uno slancio di coraggio, ci spogliammo e ci tuffammo anche noi.
All’inizio credei di essere morta, non mi sentivo più il sangue nelle vene, poi me ne andai lontano dai due piccioncini, a farmi una nuotata, tanto ormai mi ero tuffata.
Quando tornai a riva, raggiunsi Louis e Brooke intenti ad uscire dall’acqua, ma Harry mi afferrò per il braccio, trascinandomi nuovamente dentro. Giurai che l’avrei affogato, se solo ne avessi avuto le forze, e la piena volontà. Cominciò a schizzarmi, come se già non stessi soffocando e ingoiando abbastanza acqua per conto mio.
-Tregua!- gli gridai voltandomi. Lui rimase a fissarmi, sul pelo dell’acqua, i ricci scompigliati gli ricadevano sulla fronte, mentre sul viso gli scorrevano delle goccioline.
Ci avvicinammo entrambi alla riva, uscendo dall’acqua e notammo con piacere che Louis e Brooke erano spariti con i nostri vestiti, ma erano stati talmente gentili e caritatevoli da lasciarci un telo.
-Prendilo tu il telo, fa freddo adesso.- mi disse Harry porgendomelo, per arrotolar mici dentro. Io l’avevo detto che il bagno a novembre non si doveva fare.
Dopo aver giurato a me stessa che non avrei più messo piede in nessun lago esistente al mondo, ci incamminammo verso casa, ero pienamente cosciente del fatto che non mi sentivo più nessuna parte del corpo dal freddo che faceva. Avevo le mani livide, e stavo battendo i denti.
-Vieni qui- mi disse Harry stringendomi a sé per scaldarmi. Il suo corpo, nonostante fosse nudo, emanava calore, calore umano. Nascosi la testa nell’incavo del suo petto.
Perché tutte le volte che ero con lui, mi sentivo debole?
-Tu non hai freddo?- gli chiesi togliendomi il telo, per porge gliene un lembo, per coprirsi.
Puntò i suoi occhi nei miei e io distolsi subito lo sguardo. Odiavo quella sensazione di impotenza.
Dopo esser ritornati a casa vivi e vegeti, ed aver riversato la nostra ira su quei due coglioni dei nostri amici, ci concedemmo una doccia calda e rigenerante, e dopo un bel pranzetto, ci spaparanzammo sul divano, pronti ad accogliere gli altri tre dementi del gruppo.
-Sono arrivati!- esclamò Louis precipitandosi alla porta, per accoglierli.
-Piacere sono Zayn.- si presentò quella  sottospecie di scimpanzé tatuato, sembrava Cheetah.
-Ciao, come va? Io sono Liam.- disse il boscaiolo con la sua immancabile camicia a scacchi.
-Niall.- aggiunse lo smilzo, bene ora eravamo al completo per iniziare a vedere il match di football.
Ci posizionammo davanti alla tv, con i popcorn, io ero seduta a terra, visto che non c’era abbastanza posto per tutti, rifiutando l’invito di Harry a sedermi sulle sue gambe.
Mi piaceva il calcio, ma con quei deficienti che commentavano ogni singola mossa, i giocatori sembravano solo pedine, sembrava di essere allo stadio.
Poi mi atterrò un popcorn sui pantaloni, mi girai, ma tutti erano con lo sguardo fisso alla tv, così cominciai mentalmente a indagare su chi fosse il colpevole, quando fui interrotta da un altro popcorn. Stavolta mi girai, e trovai lo sguardo ridente di Zayn su di me, così decisi di ritirargli il popcorn e ritornare a guardare la partita, scocciata.
Ma nulla, quello scimpanzé non se la voleva finire.
-Non ti hanno insegnato che il cibo si mangia e non si tira?- gli chiesi scocciata da sotto il divano.
-Eh no ragazzi tiratevi tutto, ma non il cibo!- esordì lo smilzo costernato. Lo scimpanzé rispose con un’occhiataccia e continuò a guardare la partita.
Finimmo di vedere il primo tempo in pace, quando Harry si alzò dicendo che sarebbe andato in bagno. Presi per un po’ il suo posto accanto allo smilzo, giusto per far ricordare al mio sedere la comodità di un divano in pelle.
Quando poi il secondo tempo cominciò, tutti eravamo di nuovo inchiodati alla tv, tutti tranne Harry e Louis.
-Harry?- chiese il boscaiolo, mentre mangiava i popcorn.
-Uno dei suoi soliti sbalzi d’umore..- disse vago Louis, ricomparendo dalle scale, facendomi segno di andare a controllare che tutto andasse bene. –E’ in camera sua.- mi sussurrò mentre gli passai accanto. Salii le scale, e bussai alla porta della sua camera, ma non rispose nessuno, così mi girai, sicura di aver sbagliato porta.
-Vattene Louis!- esclamò Harry dalla camera.
-Non..non sono Louis!- gli gridai da dietro la porta.
-Vattene anche tu, sparisci!- gridò Harry.
Ma che bel caratterino. E poi sono io quella acida e strana. Non mollai e decisi di entrare in camera sua, rischiando di beccarmi uno sputo in faccia probabilmente.
Era sdraiato sul letto con lo sguardo rivolto verso la finestra, dalla quale l’unica cosa visibile era il cielo terso.
-Guarda che la partita è ricominciata.- gli dissi sedendomi sul bordo del letto accanto a lui.
-Non me ne frega nulla della partita.-mi rispose accigliato, nascondendo la faccia nel cuscino. Mi sporsi leggermente su di lui, scostandogli i capelli dal viso, che cominciava a fare capolino dal cuscino.
-Tanto lo so che ti piace Zayn!- riprese prima che, spazientita, mi alzassi dal letto.
-Chi, Cheetah?Ma come ti salta in mente?!- dissi fermandomi ai piedi del letto, scoppiando in una risata fragorosa.
-Guarda che si vede da come vi guardate! Tutte quelle frecciatine..- insisté lui girandosi nel letto verso di me.
-Mi sa che non ci hai capito nulla. Come potrei innamorarmi di una scimmia tatuata che tira mi tira i popcorn?- gli chiesi. Giurai di aver visto i lineamenti del suo viso corrucciato allentarsi, per accennare un sorrisetto sollevato.
-Adesso torniamo di sotto?- gli chiesi scrollandolo dal letto. Stranamente riuscii a convincerlo e scendemmo di sotto, dove i ragazzi erano allegramente impegnati ad inveire contro i giocatori, lo smilzo cominciò addirittura a tirare le cartacce contro la tv.

Dopo cena rimanemmo tramortiti sul divano a guardare un film horror, solo Louis e il boscaiolo, però, lo stavano realmente vedendo, gli altri nascondevano sempre la faccia dietro i cuscini, compresa me, che alla fine, dopo essermi riempita la testa di strane paranoie, mi alzai informando i ragazzi che sarei andata a letto.
-Oh aspettate! Vi devo dire le sistemazioni per stanotte!- mi fermò Louis prima che potessi salire le scale. -Allora, io e Brooke dormiamo insieme, Liam e Niall, voi dormirete sul divano, mentre Harry, Mia e Zayn, dormirete assieme, nella camera matrimoniale!- decise Louis sotto lo sguardo sbieco di Harry. Accettai passivamente le sue disposizioni, d'altronde quella era casa sua, salii al piano di sopra, seguita da Zayn e Harry.
-Sia chiaro, io dormo sul lato sinistro, e tenete entrambi le mani a posto.- li ammonii appena entrai in camera. I due annuirono come cagnolini.
-E tu, copriti!- feci ad Harry che aveva intenzione di dormire mezzo nudo, solo con i boxer. Dopo aver messo in chiaro alcuni dettagli, ci sistemammo a letto. Per fortuna Harry si era messo nel mezzo, così non sarei morta asfissiata tra i due.
Per tutta la notte non chiusi occhio.
Non solo Cheetah russava profondamente, ma parlava, faceva un vero e proprio monologo ce l’aveva con una certa Perrie e si era sdraiato letteralmente su Harry che a sua volta si era sdraiato su di me.
Ormai presa dall’esasperazione, scostai le braccia di Harry dal mio ventre, scesi dal letto e mi diressi in cucina. Rovistando nei tanti cassetti e sportelli trovai della cioccolata calda, e decisi di prepararmela.
-Che ci fai qui?- chiese Harry facendomi sobbalzare. Era la seconda volta in due giorni che la gente mi appariva alle spalle facendomi morire di infarto.
-Potrei farti la stessa domanda- risposi accennandogli un sorrisetto, per poi controllare che la mia cioccolata non si fosse bruciata. –Ne vuoi anche tu?- gli chiesi mescolandola. Non sentii risposta, così mi girai per vedere che fosse ancora vivo, e mi ritrovai la sua faccia vicina, troppo vicina alla mia, così cercando di evitare il contatto con le sue così maledettamente perfette labbra, mi scostai indietreggiando, e sbattei la testa sulla cappa.
-Ti sta bene, così impari.- mi soffiò Harry sulle labbra.
Ormai aspettavo passivamente il contatto tra le nostre labbra. Sentivo il calore della sua mano che si posava delicatamente sulla mia testa, sul punto dolente, non potei fare a meno di perdermi nei suoi occhi.
-Accidenti!- gridò Harry scostandosi da me. Aveva appena messo una mano vicino alla piastra bollente dei fornelli.
-Ti sta bene, così impari- lo scimmiottai. Ricevetti una spinta e poi gli feci mettere la mano sotto l’acqua fresca.
Era destino che non ci baciassimo.


Aieah (?)
Rieccomi:)
io ve lo avevo detto che questo capitolo avrebbe fatto schifo.
Cioè l'ho riscritto ottocentosessanta volte e ancora mia schifo più della prima volta.
Io mi scuso, se volete avete l'utorizzazione di prendermi a calci,
a frustate, di insultarmi, veramente, potete dirmi di tutto.
mi dispiace tanto T.T
btw, grazie ancora una volta a tutte voi che recensite questa FF,
che seguite la mia FF, che avete inserito la storia nelle preferite e ricordate.
grazie mille.
vi ricordo che il prossimo capitolo, farà
anche più cacare di questo.
parlando di cose importantissime, 
lo sapete che all'inizio questa storia non doveva chiamarsi "pane e tulipani?" ahaha
ma nessuna di voi ancora si è chiesta cosa c'entrino i tulipani in questa FF, visto che ancora non ne ho mai accennato hahahah
va bene, basta con le minchiate.
belle ragazze, amanti della lettura e di tutto ciò che è scritto divinamente, passate da
Harrys, lei è la mia scrittrice preferita e la amo, come amo tutto ciò che scrive. aslkdjwrj
bene, ora me ne vado, perchè non vi meritate di rompervi le palle con tutte le mie cazzate.
a presto, vi amo.

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15


Questa era una di quelle tipiche giornate invernali, in cui te ne stai rintanata in casa, avvoltolata nella tua felpona consumata, con le ciabatte enormi a forma di pupazzetto, perennemente in giro per casa, cercando qualcosa da fare, o da mangiare. Rigorosamente struccata, e rincoglionita dal sonno.
Avevamo tutti optato per un bel brunch, visto che ci svegliammo tardi quella mattina, mentre nel pomeriggio ci dedicammo ad attività ludiche, come puzzle.
Io, Harry e il boscaiolo tentammo di portare a termine un puzzle di Barbie delle sorelle di Louis, trovato rovistando negli armadi. Accettammo la sfida quasi spavaldamente, sicuri che in quattro e quattr’otto saremmo riusciti a completarlo, ma c’era un problema.
 Il boscaiolo non conosceva l’anatomia femminile. Pretendeva che il tassello del seno di Marika -amica del cuore di Barbie-, si incastrasse a perfezione con quello delle gambe della poverella in questione. Per fortuna che fa il boscaiolo, pensai.
Fatto sta che dopo un’ora perdemmo tutti e tre la pazienza, insomma era ovvio che mancavano dei tasselli. Dov’era finita la testa bionda di Barbie?
Mi diedi ad altro e decisi di rompere le scatole ai due piccioncini, giocando a carte con loro, solo che a giocare con Louis non c’era divertimento, vinceva sempre lui.
Bussai alla porta della camera dello smilzo, cercando il mio amato compagno di abbuffate selvagge, non avendo di meglio da fare.
-Niall, posso?- chiesi bussando alla porta della camera di Louis.
-Entra pure.-mi disse. Quando aprii la porta vidi lo smilzo spaparanzato sul letto, circondato da carte di cioccolatini ovunque.
-Perché non mi hai chiamata?- lo rimproverai furiosa, balzando sul letto con lui.
-Scusa, è che avevo troppa fame.-si giustificò lui, massaggiandosi la pancia.
-Mh, capisco ...- lo guardai scettica, sbattendomi la porta alle spalle come una bambina piccola. In quella casa rischiavamo di morire di fame, visto che per il brunch avevamo mangiato di tutto.
Me ne scesi di sotto, maledicendo la mia ingordigia, e trovai Harry alle prese con un pettine rotto. Anzi, con il pettine rotto di Zayn. Certo e adesso come potrà pettinarsi ogni due secondi quel suo maledettissimo ciuffo? Non gli avrei mai prestato il mio, in ogni caso.
Mi sedetti sul divano, intenta a godermi lo spettacolo di “Harry l’aggiusta tutto” con il suo aiutante Zayn.
-Scotch!- ordinò Harry a Cheetah, come nelle sale operatorie.
-Ma come faccio a pettinarmi se ci metti lo scotch? Mi strapperò i capelli!- osservò sapientemente Cheetah. Mi stupii del fatto che certe parole così sensate e intelligenti fossero uscite dalla bocca dello scimpanzé tatuato.
-Lasciami fare, Zayn!- lo allontanò Harry spingendolo verso il divano.
-Guarda che ha ragione Zayn!- intervenni. Quei due erano una strana coppia. D’imbecilli.
Harry sollevò lo sguardo dal pettine e mi lanciò una frecciatina come per dimostrarmi che se ne intende di bricolage e fai da te.
-Colla!- urlò a Zayn che prontamente scattò in cucina e rovistare nelle ante delle credenze. Dopo poco tornò con la colla. Sembrava di stare al pronto soccorso, correva esagitato per la stanza, preoccupato per il suo pettine. Avrebbe fatto di tutto per lui.
-Eh sentite, dottor Jekyll e mister Hyde, abbiamo finito qui di fare ER medici in prima linea?- chiesi scettica. Forse era la noia che si stava impossessando di me.
I due si spostarono sul tavolo in cucina che ora si sarebbe trasformata nella loro sala operatoria. Io invece mi diedi allo zapping cercando qualcosa di decente da vedere in tv, quando mi si avvicinò il boscaiolo, con il suo portatile.
-Perché non me lo hai detto prima che avevi il portatile?- gli chiesi strappandoglielo dalle mani. Non che sia una computer-dipendente, sia chiaro, ma almeno avrei passato un po’ di tempo.
-Aspetta che stabilisco la connessione, e poi è tutto tuo.- mi disse gentile. Che cuore tenero questo boscaiolo, mi ricorda tanto il boscaiolo di latta del mago di Oz.
Dopo poco, mentre finalmente stavo entrando su facebook e twitter, pronta a farmi gli affari degli altri, si sedette accanto a me Harry, che non perse tempo a ficcanasare.
Cominciai finalmente a farmi i cavoli degli altri, a scoprire relazioni tenute nascoste, ma facebook non ha pietà, non risparmia nessuno, e così io vengo sempre a sapere tutto.
Poi improvvisamente mi vibrò il telefono.

Domani ci sarai al matrimonio? Io verrò con Gemma.
#A

Quanto avrei voluto vedere la faccia beata di Alan, che finalmente aveva una ragazza.
E non una qualunque, stiamo parlando di Gemma Styles, erede femminile della famiglia Styles, non ché sorella del babbeo che proprio in quel momento poggiò il mento sulla mia spalla per vedere meglio a chi stessi inviando un messaggio.
Ricordandomi del matrimonio, cominciai ad avere scompensi cardio-circolatori.
Domani, lunedì, ci sarebbe stato il matrimonio del sindaco di Holmes Chapel, e ciò aveva fatto sì che tutte le scuole sarebbero rimaste chiuse, per mia fortuna.
Beh forse non so quanti vantaggi avrei veramente trovato nell’indossare un’odiosa meringa azzurra come vestito e vedere due sessantenni che per la seconda volta nella loro vita si sarebbero giurato amore e fedeltà eterni. Lasciai Harry in balia dei post della mia home su facebook, e andai da Brooke, appartata con il suo Louis.
-Scusate, Brooke posso parlarti?- dissi entrando in cucina, ma vedendo che anche Cheetah era lì, non mi preoccupai tanto del disturbo.
-E’ grave? Sei sbiancata..- notò Brooke cingendomi le spalle per poi condurmi in veranda.
-Beh più o meno. Domani c’è il matrimonio del sindaco, ricordi?- chiesi a Brooke sperando di ottenere una risposta affermativa.
-Sì, ma io non vengo, ho convinto i miei a farmi restare qui da Louis. Viene Zayn, però- mi spiegò Brooke. Ma che bella notizia. Avrei dovuto rivedere Cheetah anche al matrimonio.
-Capito, beh allora niente.- le dissi lasciandola ritornare dal suo Louis. Me ne tornai sul divano, cosciente che non sarebbe stato facile superare la giornata di domani.
-Harry che diavolo fai?- lo beccai in flagrante mentre cercava di scrivere con il mio account “amo harry styles”. Gli assestai quattro cazzotti, che lui accettò molto volentieri dopo qualche capriccio e minaccia.
La giornata tetra e noiosa che si era preannunciata, stava passando magnificamente, quando vedemmo un lampo, che squarciò il cielo, e fece andar via la luce.
Il panico si disseminò per tutta casa, Louis strillava come se lo stessero scannando vivo, mentre il boscaiolo cercava di tenere a bada le crisi di panico dello smilzo.
Solo lo schermo del pc illuminava il mio volto e quello di Harry.
Avevo sempre avuto paura dei temporali, fin da piccola, mi nascondevo sotto il letto e ci rimanevo finchè mio padre non mi trovava. Mi faceva paura il rumore assordante dei tuoni e la luce fredda e accecante dei lampi.
Decisi di spegnere il pc e di posarlo sul tavolinetto di fronte al divano.
-Louis, hai una torcia?- chiese il boscaiolo, che di queste cose evidentemente se ne intendeva.
-Sì, è dentro il primo cassetto della credenza in cucina.- rispose per poi andarla a prendere.
Un altro lampo, seguito da un tuono ci fecero sussultare, e io non potei fare a meno di cercare nel buio la mano di Harry e afferrarla, lui fece combaciare perfettamente i nostri palmi e intrecciò saldamente le sue dita con mie. Mi lasciai rassicurare dalla sua stretta vigorosa e dai suoi occhi verdi che per un attimo accarezzarono troppo dolcemente i miei.
-Andiamo ad aggiustare il contatore!- esclamò Louis.
-Vuoi morire fulminato?- lo riprese Brooke afferrandolo per la maglia, trattenendolo a sé.
Udimmo un rumore provenire da di fuori e tutti ci spaventammo ancora, soprattutto Niall.
-E’ come nel film horror di ieri sera! Ragazzi rimaniamo uniti, e teniamoci d’occhio.-consigliò agitato Niall che stringeva la mano destra di Zayn e quella sinistra di Liam.
-Ma cos’è questo rumore?- chiese sgranando gli occhi Liam, riferendosi alla porta.
- E’ il killer che vuole che apriamo la porta, poi ci farà secchi!-continuò Niall scrivendosi la trama di un film mentale.
Restammo per un in piedi girovagando per il salotto, non sapendo cosa fare, quando sentimmo bussare alla porta.
-Non aprire, Louis!- lo ammonì Niall urlando. Liam si affacciò alla finestra per cercare di vedere chi fosse. Louis aprì la porta lentamente, impugnando la torcia come fosse un’arma contundente. –No, Louis non lo fare!- gridò ancora Niall a squarcia gola.
Louis aprì la porta, ma non trovò nessuno.
-Probabilmente sarà stato un ramo dell’albero che ha urtato sulla porta per colpa del vento- notò serio Liam.
-Ve l’avevo detto io! Adesso chissà dove si sarà nascosto il killer! Magari è entrato dalla finestra e ora è dietro di noi!- continuò convinto Niall.
Tutti ci girammo di scatto dietro di noi, presi dalle inutili paranoie di Niall, ma ovviamente non c’era nessun Killer.
Passammo l’intero pomeriggio al buio, a sentire le fobie di Niall, quando io, all’ennesimo tuono, strinsi più forte la mano di Harry, sempre rimasta saldamente attaccata alla mia.
-Senti Mia, è da un po’ che avrei voluto chiedertelo..-cominciò Harry girando il suo busto verso di me.
-Cosa?- chiesi io un po’ spaventata dalle sue strambe richieste. Mi sarei aspettata di tutto da quel ragazzo.
-Beh ecco, praticamente, allora, mhh domani c’è il matrimonio del sindaco e mi chiedevo se volessi venirci con me.- mi disse dopo aver indugiato per un quarto d’ora.
-Va..bene.-dissi sentendo Brooke spingermi da dietro il divano.
Purtroppo la nostra breve vacanza qui al lago di Hampton o Hemson, ancora non avevo capito come si chiamasse questo lago, era giunta al termine. Aspettammo che smettesse un po’ di piovere, racimolammo le nostre cose, compreso Zayn, e ripartimmo per Holmes Chapel, dove Zayn avrebbe passato la notte, con Harry.
Dopo aver salutato tutti i ragazzi, salimmo in macchina, io mi offrii di stare nel sedile posteriore, così avrei potuto schiantare un bel pisolino, anche se non mi fidavo poi così tanto della guida spericolata di Harry, che stavolta fornì di cartina stradale Zayn.
-Buona fortuna!- gli augurai prima di scomparire dietro i sedili. Zayn si limitò ad imitare una risatina sarcastica, mentre Harry mi fulminò con lo sguardo dallo specchietto.
Tacqui fino all’arrivo a casa mia, salutai i ragazzi e li ringraziai, per poi accordarmi con Harry per quel benedetto matrimonio
 
-Com’è andata Mia? Ti sei divertita con il mio Harry?- mi accolse in casa Liz, col suo solito sorrisetto nervoso. Io non le risposi e filai in bagno a farmi una doccia.
Facevano uno strano effetto le parole “mio Harry” pronunciate da quelle stupide labbra glitterate, di quella stupida oca, ma una doccia calda avrebbe alleviato anche quel fastidio.


aieah.
ehi, belle tulipane(?), rieccomi.
oggi devo dirvi parecchie cose, perciò mettetevi comode.

1) grazie come al solito a tutte voi che recensite, che seguite la storia e che l'avete messa nelle ricordate/preferite, veramente, grazie, mi state dandoo tantissime soddisfazioni :')
2) come ben sapete, è settembre, e la scuola è alle porte. So già che quando inizierà la scuola aggionerò le storie una volta ogni due settimane, causa mancanza di tempo, ma siccome io non voglio lasciarvi troppo sulle spine e non mi piace neanche la sciare le cose in sospeso, ho deciso di aggiornare la storia più spesso durante questa settimana, perchè voglio finire questa FF prima che la scuola inizi a distruggermi i neuroni.
Perciò vi chiedo un favore:  se farete le brave con le recensioni, aggiornerò mercoledì, #prometto.

3) molto probabilmente, cambierò nickname qui su EFP, ma trnaquille, sarò sempre io, non potete liberarvi così facilmente di me muahahahah.
4) scoprirete cosa c'entrano i tulipani soltanto nell'ultimo capitolo, sì, lo so, sono una stronza bastarda, ahaha
E ora, grazie ancora, a tutte voi, veramente.
Vi lascio, e se tutto andrà bene,
"ci vedremo" mercoledì:)
a presto, un bacio

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
 

Guardai per l’ennesima volta il mio viso pallido e slavato allo specchio. Non persi neanche tempo a provare a rimediare al mio mostruoso  aspetto.  Lisciai il mio vestito turchese a forma di meringa, che mi faceva sembrare un puffo e sbuffai.
-Sei ansiosa eh?- chiese Liz affacciandosi al bagno, stretta nel suo vestito rosa confetto che non lasciava molta fantasia. Sembrava dovesse fare la comparsa in uno di quei film a luci rosse, invece di andare ad un matrimonio. Le gettai un’occhiataccia e scesi di sotto, sentendo il campanello suonare.
-Ma tu devi essere Harry, prego entra.- lo accolse George stringendogli la mano. Odiavo quel suo falso sorriso, quel tipico sorriso di circostanza.
Harry salutò educatamente Liz, intenta a scendere le scale sui suoi trampoli, e poi la mamma, quando io imbarazzata, decisi che avremmo fatto meglio ad incamminarci.
-Sei stupenda.- mi disse guardandomi in quell’odioso vestito azzurro. Come poteva dire una cosa del genere?
-Beh tralasciando il fatto che sembro a metà tra una meringa e una a cui è caduto un barattolo di vernice azzurra addosso, grazie.- gli risposi enfatizzando il fatto che odiassi quel vestito.
Camminando per le strade di Holmes Chapel, sentii la mano di Harry avvicinarsi alla mia, per sfiorarla, e un brivido mi fece venire la pelle d’oca.
-Mia, Harry!- ci salutò Alan, io non persi tempo a correre velocemente -quanto le mie ballerine mi permettessero- verso di lui per abbracciarlo, lasciando indietro Harry, che poi ci raggiunse.
-Quanto siamo eleganti!- gli dissi toccandogli il collo della giacca.
-Grazie, anche tu non scherzi.- mi disse dandomi una leggera spinta, per poi abbracciare Harry.
-Come mai Gemma non è con te?- gli chiesi guardandomi attorno sperando di trovarla.
-E’ sempre la solita ritardataria, starà ancora davanti allo specchio. Amico, l’attesa sarà più lunga di quanto pensi.-gli disse Harry dandogli una pacca di solidarietà maschile sulla spalla.
-Mi armerò di pazienza allora.- esordì sommessamente Alan, sistemandosi la giacca. Per poi posizionarsi vicino al gazebo bianco ornato da nastri e fiorellini.
Io ed Harry entrammo nel giardino insieme ad altri invitati e facemmo un giro per cercare Zayn. Ci fermammo entrambi con lo sguardo all’insù per ammirare il palazzo storico in cui si svolgeva questo maledetto pranzo. Restammo basiti dall’imponenza e dalla mole dell’edificio.
 
Entrando, mi accorsi che dentro era tutto così veramente falso. Invitati strizzati per l’occasione in vestiti griffati ma che in realtà non si sarebbero potuti permettere, gente che aveva mandato a puttane i risparmi di una vita intera per presentarsi dovutamente a questo spocchiosissimo matrimonio.
Donne in vestiti rosa confetto, verde smeraldo, giallo canarino, viola lavanda, con quegli odiosi cappellini a forma di qualunque cosa esista. Gli uomini si aggiravano con papillon stretti in gola, blazer e panciotti. Sembrava di essere ritornati indietro nel tempo.
Alla fine non era poi tanto male il mio vestito.
Girovagammo dentro quella sala affrescata, schivando i camerieri che correvano velocemente da tutte le parti e beccandoci occhiate poco rassicuranti da parte della gente più attempata. Dovevamo essere proprio brutti insieme, io e Harry.
Harry mi mise una mano dietro la schiena, come a guidarmi, poi finalmente dopo aver girato per tutto il palazzo, trovammo Zayn che stava allegramente bevendo un bicchiere di Champagne con una bionda, non potemmo far altro che sbruffare per poi salutarlo.
Harry rimase con lui, mentre io continuai il mio giro turistico in quel palazzo, ci saranno state come minimo cento porte per il corridoio, che lasciavano scorgere stanze da letto simili nell’arredamento barocco e antico, se non fosse stato che ogni camera era caratterizzata da un colore diverso.
Decisi di ritornare in salone che ora era stracolmo di gente danzante in abiti lunghi.
Afferrai qualcosa di non identificato dal vassoio del cameriere, che mi esplicò il piatto dicendomi un nome francese incomprensibile, assaggiai quel coso mignon che avevo appena preso e dopo poco decisi di sputarlo in un vaso di fiori, fuori da occhiate indiscrete.
Le ore passavano veloci nonostante la noia e il pranzo cominciò ufficialmente facendo accalcare tutta la folla al buffet, dove per poco un vecchietto non mi rovesciò le ostriche sul mio stupendo vestito. Odio le ostriche.
La gente aumentava a dismisura in quel salone, intravidi Zayn e Harry che cercavano di venirmi in contro, ma la gente si spostava e io li persi di vista, fin quando non mi sentii girare per i fianchi.
-Harry! Finalmente, non so quanto vi ho cercati!- dissi spalancando gli occhi vedendomi i ragazzi davanti.
-Anche noi, e poi eccoci qui.-esordì Zayn guardandosi intorno per schivare la gente che si apprestava ad assaltare il buffet. Io restai a digiuno, non mi piaceva nulla di ciò che c’era al buffet.
 
-Evviva gli sposi!- gridarono tutti mentre i due tagliavano la torta nuziale. Sembravano felici, ma tanto sapevo benissimo che tra un anno nemmeno, i due avrebbero divorziato.
A questi livelli, l’amore non conta.
-Chi sa se da grande anche io potrò avere due belle statuette come quelle, sulla mia torta.- esordì Zayn. Beh in effetti erano piuttosto strambe, il pupazzetto maschile scappava, mentre quello della sposa lo acciuffava per la giacca.
-Ho la bocca sporca?- chiesi ad Harry dopo aver posato il piatto vuoto. Beh vista la fame. Harry non rispose e si stava pericolosamente avvicinando alla mia bocca, conoscevo già quel trucchetto, ma stranamente non cercai di allontanarmi alla vista delle sue labbra così soffici e morbide venirmi in contro, con la scusa di pulirmi da un pezzettino di torta, inesistente, direi.
-Harry, Zayn!- sentii una voce femminile da lontano. Io mi scostai velocemente, mentre Harry imprecava silenziosamente alzando gli occhi al cielo.
-Danielle! Liam non c’è?- chiese Zayn avvicinandosi a lei per darle una pacca sulla spalla.
-No, ha detto che sarebbe restato in famiglia oggi e io non ho insistito.- rispose la riccia spostandosi con un gesto secco i capelli dietro le spalle. Era truccata perfettamente, il viso ambrato era levigato e luminoso, le sue gambe affusolate e snelle che sbucavano dal suo tubino blu, catturavano gli occhi degli altri invitati.
Dopo aver scambiato quattro chiacchiere con Danielle, ci spostammo verso  gli sposi intenti a scartare i regali, e finalmente, dopo tanto cercare, la mano di Harry trovò la mia e la strinse, mentre Zayn rideva beffardo, cercando di mascherare una smorfia sul viso.
-Harry, eccoti!- disse da dietro di noi una voce sgradevolmente familiare. Mi girai per incrociare lo sguardo di Liz, e poi sciolsi la mia mano da quella di Harry per allontanarmi gradualmente senza dare troppo nell’occhio. Aspettai qualche minuto, prima di dileguarmi del tutto, lasciando i ragazzi in balia di Liz, sperando di confondermi tra la folla, anche se a dire la verità, grazie a quel vestito a dir poco catarifrangente, non sarei sparita a lungo.
Mi rifugiai in una delle tante stanze del palazzo, affacciandomi alla finestra da dove potevo vedere un labirinto fatto con le siepi e dei bambini che giocavano allegramente.
-Ti stai divertendo abbastanza?- chiese la voce familiare di George alle mie spalle. Io rabbrividii nel sentire la sua voce così calda e stridula allo stesso tempo, mentre si stava avvicinando sempre di più a me.
-George, stammi lontano.- gli dissi cercando di spingerlo via da me, ma lui non ne voleva sapere, e mi prese per i polsi stringendomi al muro, inserendo una mano sotto la gonna del mio vestito pomposo. Cominciai ad urlare, ma come avrebbero potuto sentirmi?
-Non sprecare il fiato, dolcezza, non ti sentirà nessuno.- precisò lui accarezzandomi la guancia con l’indice della mano. Io provai a dargli un calcio, ma incastrò la mia gamba tra le sue –Ah, mossa sbagliata, dolcezza!- insinuò sghignazzando.
Io cominciai ad urlare, sperando che una buona anima mi sentisse, anche un vecchietto, un cane, una ragazza, qualcuno.
-Lasciala amico. Non ti conviene.- apparve Zayn dalla porta, serrando la mascella.  Da quando Cheetah era anche un segugio? Benedissi Zayn mentalmente in quel momento. George tolse la mano da sotto il mio vestito, lasciando in pace le mie gambe nude, girandosi lentamente verso la porta.
-Oh e lui chi è? Il tuo nuovo amichetto?- chiese retoricamente George guardando beffardamente Zayn, che intanto si avvicinava lentamente a noi.
-E come mai Harry non è qui? Magari sarà troppo occupato con Liz, tu che dici? Dov’è il tuo fidanzato?- insisté. Avrei voluto sputargli in un occhio, peccato che lui  fosse troppo vicino a me, e temevo in uno schiaffo.
-Eccolo qui.- esordì Harry avanzando verso di noi. Superò Zayn e venne dritto verso George, che non voleva saperne di lasciarmi andare. Appena sentii la sua voce risuonare nella stanza mi sentii sollevata e trattenni un sorriso.
-Che cazzo fai? Non ti fai schifo da solo?-continuò Harry per cercare di allontanarlo da me, a quel punto George mi lasciò i polsi, mentre Zayn mi allungò una mano per farmi  allontanare da George.
-E tu saresti l’ex di mia figlia, Liz..complimenti.-infierì George guardandolo in cagnesco mentre spuntava sulla sua faccia un sorriso malizioso.
-Vattene a fanculo, porco!- gli gridò contro per poi abbattersi su di lui con tutta la sua forza, stampandogli un bel destro in bocca. George barcollò, ma non cadde, reggendosi al muro e tastandosi il punto dolente e sanguinante.
Harry mi prese per mano con una stretta decisa e mi portò fuori da quell’orrendo posto, quasi correndo.
-Zayn?- dissi mentre stringevo la mano di Harry, che stava accarezzando la mia con il pollice, come per rassicurarmi.
Ci incamminammo verso casa di Alan, perché di andarmene a dormire a casa mia, col pericolo certo di rivedere la brutta faccia di George, non ne avevo voglia.
 
-Quindi quella volta in cui ti eri fatta male alla gamba, e l’altra volta, quando piangevi davanti casa tua, era sempre per colpa sua, deduco- esordì Harry puntando i suoi smeraldi nei miei occhi, che a sentire quelle parole si fecero lucidi. Io annuii sommessamente con un cenno della testa.
-Perché non me lo hai detto subito? Perché non lo hai detto a nessuno?- chiese lui alterandosi cominciando a stringere la mia mano, forte nella sua.
-Harry, lui è un avvocato. Non avrei nessuna speranza. E poi mia madre ci resterebbe male.- spiegai singhiozzando. Ecco che ricominciavo a piangere come una stupida.
-Ma è anche un diritto di tua madre sapere che razza di uomo è George, devi trovare il coraggio di dirglielo, Mia, non puoi permettergli di continuare a farti del male.- mi disse gesticolando.
 –Dovresti denunciarlo!- esclamò Zayn da dietro, rimanendo con lo sguardo fisso sul suo cellulare. -Mentre tu accompagni Mia, io vado a casa. A dopo Harry! Ciao Mia!- ci salutò Zayn svoltando in un vicolo buio.
Arrivati a casa di Alan, tastai sotto l’anfora per cercare il duplicato della chiave che vi lascia sempre sotto, e una volta trovato, aprii la porta, e feci entrare anche Harry, facendolo sedere sul divano, mentre mi liberavo finalmente di quell’orrendo vestito. Presi un paio di pantaloni e un maglia di Alan e me li misi, assaporando finalmente ciò che si prova ad indossare qualcosa di largo e di un colore non fluorescente.
-Mia, mi dispiace di averti lasciata andare, mentre parlavo con Liz. A quest’ora se fossi rimasto con te, non ti sarebbe successo nulla.-mi disse Harry sistemandosi i capelli e togliendosi la giacca per rimanere in camicia.
-Non è affatto colpa tua, Harry, anzi grazie.- gli dissi sedendomi accanto a lui sul divano, nonché mio futuro letto per quella notte.
-Qualunque sia il problema, io sono qui.- mi rispose  prendendo tra le mani un lembo della maglietta extralarge di Alan per poi accennare un sorriso divertito, vedendo che mi arrivava fino alle ginocchia. Io sentii il viso avvampare dopo quella sua affermazione, e nascosi la faccia tra le mani, imbarazzata.
-Beh allora vado Mia. Buonanotte.-mi salutò dandomi un bacio sulla fronte. Mentre riprendeva la sua giacca in mano.
-Harry.- lo fermai per un braccio mentre mi baciava in fronte. Rimasi estasiata nel sentire il suo profumo che impregnava la camicia. Lui si fermò davanti a me, poggiandosi la giacca sulla spalla.
-Dormi con me stanotte- affermai trattenendolo, mostrandogli l’accoglientissimo divano di Alan. Harry riappoggiò la giacca sulla poltrona per poi sedersi accanto a me, facendomi sdraiare su di lui.


Ehilà
come potete vedere sono una donna di parola ahahhaha
allora eccovi questo capitolo in cui chiaramente succedono molte cosucce...
ringrazio come al solito tutte voi che recensite, voi che seguite la storia e voi che l'avete me ssa tra preferiti e ricordate, grazie :')
vi ricordo come sempre che se fate le brave con le recensioni, aggionerò venerdì, #prometto
ora vi lascio, perchè non potete neanche immaginare che ora sia.
okay, sono le 8,37 della mattina e per me è troppo presto, 
però era l'unico momento libero che ho per oggi.
vedete che ci penso a voi? mi sveglio anche presto :')
ora vado.
a venerdì (:


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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17


-Harry che ci fai qui?- chiesi vedendo la sua figura slanciata accasciata pesantemente al cancello della scuola.
-Ti da fastidio vedermi qui?- chiese lui in risposta, con tono acido.
-No, no affatto. Quanti autografi hai già firmato?- chiesi ridendo, mentre lui mi sfilava la cartella dalle spalle.
-Una ventina.. e poi sono fuggito nel retro della scuola..- rispose lui aprendo la sua macchina.
-Sei cattivo con le fan. – notai io entrando in macchina.
-A proposito di cattivi, hai già parlato a tua madre di George?- chiese lui con fare sospettoso, mettendo in moto la sua audi.
-Non ancora..- cincischiai a bassa voce, allacciandomi la cintura.
-Dovresti farlo subito, anzi pensavo che sarebbe stato meglio se le parlassi mentre è al lavoro, così non ci saranno né Liz, né George tra i piedi..-suggerì lui girandosi a guardarmi.
-Harry non c’é bisogno che ti preoccupi in questo modo, parlerò presto con mia madre, prometto.- gli dissi non pienamente certa.
-Mi preoccupo in questo modo, perché se non l’avessi ancora capito, ci tengo tanto a te.- esordì lui calzando il piede sull’acceleratore. Io non risposi e mi limitai a guardarlo. Non riuscivo proprio a capire il perché di quell’interesse nei miei confronti, nei confronti di una ragazza timida, acida, scontrosa e con diversi problemi, mentali, come me.
-Senti mi insegneresti a guidare?- fu la prima cosa che mi venne in mente, per sviare dal quel discorso.
Non avevo mai avuto la possibilità di provare a guidare.
Alan mi aveva sempre detto di no, perché aveva paura che gli sfasciassi l’auto, mia madre ha sempre avuto troppa paura per la mia incolumità, così presi l’occasione al balzo.
-Vuoi che t’insegni a guidare?- mi chiese Harry girandosi verso di me con una chiara espressione sorpresa.
-Solo se ti va...-balbettai vergognosa sotto il suo sguardo attonito.  Sembrava avessi ucciso qualcuno con quell’affermazione.
Di colpo deviò improvvisamente verso una strada di campagna. Mi maledissi da sola per aver tirato fuori proprio quell’argomento, in fondo speravo che non avesse veramente accettato.
-Allora, scendi e vieni dal mio lato.- mi ordinò lui inflessibile e ansioso. Io scesi e lo raggiunsi velocemente.
-Questo è il freno a mano, questo è il cambio con cinque marce, la prima serve per partire, le altre nel dritto, in salita puoi usare fino alla terza. A destra c’è il pedale dell’acceleratore, e a sinistra la frizione. Tutto chiaro?- chiese lui da istruttore di guida provetto.
-Ehm sì..- annuii io aspettando che mi facesse spazio sul sedile.
-Dai sali! – mi intimò lui battendosi una mano sulle sue gambe. Io esitai, ma poi mi sedetti sulle sue ginocchia. Per quanto ero bassa non sfioravo neanche il tettuccio della macchina.
Girai la chiave nel quadrante di accensione, e la macchina si mise in moto facendomi sussultare, tolsi il freno a mano, misi la prima con decisione, e spinsi il pedale dell’acceleratore.
-Vada dritta davanti a sé signorina!- mi ordinò Harry cercando di imitare la voce di un istruttore di guida. Io cercai di tenere lo sguardo fisso in avanti e di tenere il volante fermo. Harry portò le sue braccia sopra le mie, spostandomi le mani sul volante.
-Le mani devono segnare le dieci e dieci- mi riprese solleticandomi il collo con i suoi riccioli. Feci qualche metro sotto il suo sguardo austero, devo dire che non ero poi così tanto male.
-Cambia marcia.- mi ordinò lui indicandomi il cambio. Io cercai disperatamente di cambiare marcia, ma ciò non mi riuscì molto, continuavo a far girare a vuoto il cambio, finché la sua mano forte e decisa sfiorò la mia, per cambiare marcia. Io subito tolsi la mano schiva.
-Faccio io!- mi disse ridendo. Si stava divertendo eh? Beh io non molto. Chissà cosa avrà pensato di me, magari che sono una frana e un’impedita.
Tentai anche di prendere una curva, e poi una leggera salita, ci riuscii senza troppo sforzo, stranamente, poi ci stornammo e ripercorsi tutta la strada di nuovo fino a ritornare indietro. Sentivo il suo respiro caldo sul collo, e una sua mano avvicinarsi al mio ventre, mi girai lentamente, sentendo la sua faccia vicino alla mia, sapevo benissimo che se mi fossi girata del tutto avrei incontrato le sue labbra, ma frenai di scatto e scesi dalla macchina.
-Che ti prende?- chiese lui riprendendo in mano il volante della sua audi.
-Nulla, è che mi è venuto in mente che oggi la mamma esce prima dal lavoro e se vogliamo beccarla è meglio correre- gli risposi facendo il giro della macchina per poi risalire.
-Ah giusto! Dove lavora?- chiese lui uscendo da quella stradina sterrata per ritornare sulla via principale.
-Reddington road, 24- gli dissi io allacciandomi la cintura. La nostra lezione di guida era durata fin troppo, pensai ricordandomi del suo respiro caldo sul mio collo. Scrollai la testa per dimenticarmene.
-Siamo arrivati. Io rimarrò qui sotto.- disse lui posandomi una mano sulle ginocchia per incoraggiarmi. Scesi dalla macchina a passo svelto e convinto, entrai nell’edificio grigio e austero  e chiamai l’ascensore, spinsi il tasto col numero 5 e aspettai impaziente che la corsa dell’aggeggio finisse per condurmi davanti alla porta dell’ufficio di mia madre.
Mi ricordai quando George mi mise la mani addosso per la prima volta e una lacrima mi rigò il viso. Succedeva sempre quando ripensavo a quel bastardo, fosse perché era una di quelle persone che mi faceva sentire sbagliata e inutile.  
Mi tremavano le mani, afferrai il mio cellulare e d’istinto composi il numero di Harry bloccandomi davanti alla porta dell’ascensore.
-Harry e se non ce la faccio? E se mia madre non mi crede?!- gli dissi singhiozzando appena udii la sua voce calda e rassicurante al di là del telefono.
-Mia, calmati. E’ tua madre, come può non crederti? Tu sei la cosa più importante per lei, vedrai.- mi rassicurò lui. Era strano, ma non appena sentii il suo respiro alla cornetta, mi tranquillizzai.
-Va bene, vado allora..- lo salutai per poi chiudergli il telefono in faccia. Sentii che stava per rispondermi, ma ormai avevo chiuso la telefonata.
 
-Salve, sono Mia Shiver, la figlia di Janet.- dissi presentandomi alla segretaria seduta dietro la scrivania di legno scuro.
-Salve, ora è troppo occupata, se vuole le dico che è passata.- mi disse con faccia impertinente Margareth, così lessi dal cartellino che teneva attaccato al collo della giacca.
-Senta è una cosa importante.. – insistei io poggiando le mani sulla scrivania.
-Vedo cosa posso fare, signorina.-  mi rispose la donna alzandosi, scomparendo nel corridoio. -Prego, l’accompagno- disse questa ricomparendo dopo poco sulla soglia. Io la seguii in silenzio.
-Mia! Che ci fai qui?- chiese mia madre vedendomi entrare.
-Devo parlarti di una cosa importante.- dissi io dando un’occhiataccia alla segretaria, che non voleva chiudere la porta dello studio. Mia madre fece segno di andarsene a Margareth e poi mi sedetti.
-Che succede? Sei incinta? Hai un ragazzo? Vi siete mollati?- chiese allarmandosi mia madre. Fa sempre così, si agita per nulla.
-No, si tratta di George, vedi, lui ha tentato di violentarmi più di una volta, e quella volta che mi sono fatta male alla gamba, è stato lui.- gli dissi guardandomi le scarpe. Non avevo il coraggio di affrontare lo sguardo affranto di mia madre, che vedeva sgretolarsi per la seconda volta, l’idea perfetta di famiglia che aveva in testa.
-Da quanto va avanti?- chiese lei con voce tremante.
-Da dopo Halloween..credo. Ieri al matrimonio ha tentato di violentarmi, per fortuna c’erano Harry e Zayn con me.- aggiunsi timidamente tirando un sospiro. Mi sentivo più leggera.
-Oh Mia, vieni qua! Perché non me lo hai detto prima?- mi chiese la mamma abbracciandomi forte, mentre le mie lacrime prendevano a bagnarle la giacca.
-Avevo paura che non mi credessi.-le risposi affondando la faccia nella sua giacca.
-Ora è tutto finito Mia, ci penso io.- mi disse la mamma posandomi un bacio tra i capelli, mentre mi accarezzava la schiena, con gli occhi chiaramente lucidi.
Dopo quella scena strappalacrime come nei film, uscii dal suo studio sentendomi un’altra persona, finalmente potevo vivere la vita felice e soprattutto potevo usare il bagno quando volevo. Fantastico.
-arrivederci- salutai freddamente Margareth. Lei ricambiò con un sorriso.
Svoltai l’angolo per prendere l’ascensore e mi trovai davanti Harry, che mi venne incontro abbracciandomi.  Quell’abbraccio valeva più di tanti pianti e tante parole, o insulti che finora non avevo dubitato a regalargli.
-Ho sentito che domani sera ci sarà il ballo della scuola.- mi disse lui dentro l’ascensore.
-Sì, ma io non ci andrò. Non ci sono mai andata e non credo che sia questo il momento di cominciare..- gli feci notare scettica. Avevo sempre odiato il ballo, per due motivi: uno, perché ero sempre sola, senza accompagnatore e due, perché mi dava fastidio indossare un vestito pomposo per l’occasione.
-Ti andrebbe di andarci insieme?- mi chiese lui prendendomi la mano, iniziando a giocare con le mie dita tozze.
-Beh vedi..- iniziai cincischiando,- Non credo ti divertiresti, insomma è tutto così schifoso lì dentro, sai come funzionano queste cose..- continuai. Lui si avventò lentamente sulle mie labbra, stavolta non avevo scuse per sottrarmi da quella dolce tortura.
Forse aveva ragione Alan.

bonjour!
oddio, sono ancora altamente rincoglionita a causa dei #vma di ieri notte.
li ho visti tutti fino alle quattro e venti e stamattina mi sento rintronata,
però ne è valsa la pena, i ragazzi hanno vinto tre premi :')
btw, lo so, questo capitolo è molto da bm e me ne scuso ewe.
grazie mille per tutte le recensioni ottenute nel capitolo precedente,
veramente, e grazie a voi
7 creature magnifiche che seguite la storia,
57 persone che seguono questa FF,
46 people che l'avete messa tra preferiti e 
ovviamente a voi 107 che avete recensito finora :')
veramente siete delle lettrici magnifiche  elkfjkfjhdhakw
ah vi avviso che manca soltanto 1 capitolo + l'epilogo alla fine della nostra storia T.T
perciò, se come al solito farete le brave con le recensioni, aggiornerò domenica. #prometto.
e poi l'epilogo pensavo di postarlo lunedì, giusto per non farvi morire, però ditemi voi che ne pensate...
bon, vado.
a domenica. (:

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18


-Smettila di mangiarti le unghie! Che hai sei nervosa?- mi rimbeccò la mamma. Perché si notava tanto? Infondo ero solo seduta sulla sedia a fissare il vuoto da venti minuti, già pronta e vestita come una stupida, per questo maledetto ballo.
Vista la brutta esperienza, da non ripetere, avuta al matrimonio del sindaco, con l’abito a meringa, sta volta optai per un anonimo tubino blu, almeno non mi faceva sentire più ingombrante di quanto fossi.
-E’ arrivato, è arrivato!- gridò la mamma correndo davanti ai miei occhi spalancati, vedendo i fari della macchina, dalla finestra.  Sembrava più eccitata di me, saltellava come una bambina piccola.
-Allora, vediamo, se questo Harry è un bravo ragazzo, suonerà alla porta per venirti a prendere in casa e salutarci, altrimenti suonerà il clacson.- esordì la nonna. Esatto, c’era anche mia nonna a questo strabiliante evento, non bastava la mamma.
Dentro di me, sperai che non suonasse il clacson, perché già mi immaginavo tutti gli spiacevoli commenti che avrebbero fatto su di lui.
-Ti avverto Mia, se Harry suona il clacson, rimarrai qui seduta finchè non si degnerà di venirti a chiamare in casa!- mi avvertì la nonna. Ci tiene molto che io frequenti “giovanotti per bene ed educati” come quelli che c’erano “ai suoi tempi”.
I miei pensieri furono interrotti dal suono del campanello, la nonna preparò un sorriso a quarantadue denti, da mostrare ad Harry, mentre la mamma non esitò ad aprire la porta.
-Buonasera!- esordì Harry non appena la porta si aprì. Strinse velocemente la mano a mia madre e a mia nonna, risparmiando ogni minima imbarazzante smanceria.
-Salve, tu devi essere Harry!- disse la nonna avventandosi su di lui, per poi farlo accomodare. Lui annuì col capo per poi raggiungermi  sulla sedia.
-Ciao Mia, sei stupenda stasera!- mi disse prendendomi la mano per farmi alzare.
-Vogliamo andare?- chiedo prendendogli la mano.
-Aspettate! Vi faccio una foto!- ci bloccò la mamma, già armata di macchinetta fotografica. Le foto mi mettono in imbarazzo, non so mai che posa assumere e, diciamo la verità, non sono fotogenica, non che dal vivo sia meglio che in foto, poi.
-Mamma, siamo già in ritardo.- la fermai spingendo Harry verso la porta.
-Andiamo, sono sicura che ad Harry non dispiacerà!- aggiunse la nonna. Ma come ci avevo pensato a dire a mia madre e alla nonna del ballo?
-Certo!- esclamò Harry afferrandomi per il braccio, come per farmi mettere in posa vicino a lui, rivolgendomi un’occhiata come per dire “non ci vorrà tanto, vedrai”.
-Su, Mia, sorridi!- mi intimò la mamma da dietro la macchinetta. Io mi sforzai di apparire felicissima, anche se dentro di me stavo chiaramente morendo di imbarazzo.
-Cheese!- fece la nonna.
E un flash mi accecò completamente, privandomi della vista.
-Ora potete andare a divertirvi ragazzi!- ci salutarono le due. Noi ricambiammo i saluti e ci avviammo verso la macchina.
-Scusale tanto, mi dispiace!- dissi appena entrata nell’abitacolo della macchina di Harry.
-Per cosa?- chiese Harry avviandosi verso la scuola.
-Per tutto, sai..la foto e il resto, ti posso giurare che di solito non sono così..esaltate.- gli spiegai mettendomi la faccia tra le mani.
-Mia è tutto apposto, è normale, anche mia madre ha insistito a farmi una foto prima di uscire di casa, lei ci tiene tanto a queste cose.-  mi tranquillizza lui sorridendomi.
 
Appena parcheggiata la macchina, ci avviammo verso il vialetto della scuola, che non sembrava neanche più quell’edificio orrendo, grigio, inespressivo, puzzolente, nonché luogo di torture gratuite, anzi sembrava una discoteca, c’erano palloncini rosa e azzurri ovunque e striscioni argentati.
-Sei ancora convinto di voler passare la serata qui? Non sei obbligato..- gli ripetei per la centesima volta. Lui mi prese la mano, intrecciando le dita con le mie e posò le sue labbra sulle mie, in segno di risposta affermativa.
Appena superato il gazebo bianco ornato di rose, dove le coppiette si fermavano a fare le foto per l’annuario, entrammo in palestra, il tavolo dove di solito sedeva il professore di educazione fisica, si era trasformato in un bancone di un bar con punch, salatini, cioccolatini e schifezze varie.
I miei occhi si posarono subito sul vestito appariscente di Liz, che pur essendo in fondo alla palestra e dietro un tavolino, impegnata a raccogliere i fondi da donare all’associazione “contro l’analfabetismo”, vendendo muffin, mi saltò subito all’occhio.
Una folla di ragazzi scatenati, invase la pista, mentre io mi guardavo attorno spaesata. Era la prima volta in tutta la mia vita scolastica che avevo un accompagnatore al ballo.
Osservai le sedie attaccate al muro, che fino ad un anno fa mi accoglievano per ore durante questi scomodi balli di inverno e primavera. Scorsi anche Johanna, mia compagna di tappezzeria che anche questo anno non aveva trovato un accompagnatore, e così si ritrovò ancora una volta seduta in quelle scomode sedie di legno, ad invidiare le altre che ballavano allacciando le braccia al collo del proprio ragazzo.
Decisi di salutare Johanna con un cenno del capo, senza sfoggiare il fatto di avere un accompagnatore, so cosa si prova.
L’ennesima canzone attirava ragazzini frenetici e vogliosi di un ballo, e Harry mi strinse la mano per poi condurmi in pista. Non era ancora l’ora del fatidico lento, ma un po’ di riscaldamento non guasta mai.
Era imbarazzante la vicinanza con lui e con i suoi lineamenti scolpiti da Michelangelo, i suoi occhi limpidi, erano fissi nei miei, che io cercavo di puntare altrove.
 La sua mano scivolò sulla mia schiena, come per confortarmi, avvicinandomi a lui, io abbozzai un sorriso, per poi suscitare il suo, involontariamente. Il sorriso più bello che avessi mai visto.
Per mia (s)fortuna, un tizio del quinto anno, riconobbe Harry, e ci trascinò fuori dalla pista per scambiare due parole. Continuava a sorridermi, come se ci conoscessimo già, si chiamava Jared, e se non vado errata, doveva essere il tipo che si beccò una sospensione per aver chiesto alla professoressa di Latino di che colore portasse le mutande; certe “imprese” le viene a sapere tutta la scuola.
Passato il tizio delle mutande, un altro tipo, biondo con dei lunghi capelli si fermò qualche istante con noi, offrendoci del punch. Dedussi che in passato, aveva fatto parte con Harry di una band, e, se non sbaglio, musica permettendo, il complessino si chiamava White Eskimo.
Mi sorpresi che folle di ragazzine in calore non venissero a chiedere un autografo ad Harry, infatti per ora era stato tutto tranquillo.
L’ora x -il ballo lento-, era sempre più vicina e devo ammettere che le mie mani cominciarono a sudare leggermente. Già tipi agghindati in giacca e cravatta si rifugiavano negli spogliatoi maschili, per l’occasione diventati bagni, per sfuggire a questo ballo. Sarei voluta scappare anche io, sinceramente, ma la mano di Harry aveva tenuto stretta la mia, per tutta la sera e non avevo chance.
Lo speaker annunciò, come previsto, il ballo tanto atteso da tutte le ragazze, Harry non perse tempo e mi ri-trascinò  in pista, sorridendomi, per lui  ballare non era un problema.
Mi aggiustai freneticamente i capelli e il vestito, pur di non affidare le mie sudate mani a quelle calde e vellutate di Harry, ma non ci fu scampo, e me le afferrò, facendole allacciare al suo collo. I nostri volti erano troppo vicini e potevo respirare senza problemi la sua stessa aria. Le sue labbra si avvicinarono lentamente alle mie, sfiorandole giusto quanto basta per desiderarle a pieno sulle mie. Passò delicatamente le sue mani sulla mia schiena, senza cedere all’istinto maschile di posarle sul mio fondoschiena, fortunatamente.
La sua presa sicura su di me, ci fece danzare a ritmo di quella snervante musica troppo lenta. Ci movevamo piano e nonostante i suoi occhi cercassero i miei io ero impegnata a guardarmi i piedi, per far si di non pestare i suoi.
Harry mi sollevò il mento, e incrociai i suoi occhi, illuminati dalle luci soffuse.
-Rilassati Mia- mi soffiò all’orecchio con voce calda. Mi venne la pelle d’oca.
-Scusa, ti ho pestato un piede..- gli dissi trovando il coraggio di fissarlo negli occhi. Lui sfoggiò un sorriso tranquillo. -Scusa, l’ho fatto di nuovo..- esordii io imbarazzata. –Forse è meglio che tenga la testa bassa, almeno non ti pesto i piedi..- continuai.
-Mia, stai tranquilla, va tutto bene, mi farei pestare anche a sangue da te, se è questo il problema..- sdrammatizzò lui. Io non trattenni una risata, stavolta aveva fatto una battuta carina, dai.
-Harry, forse è meglio che il nostro ballo lento finisca qui.- gli dissi slacciando le braccia dal suo collo, dopo avergli pestato i piedi per l’ennesima volta.
-No, aspetta, se vuoi ce ne andiamo da qui, ma non far finire questa serata così..-mi trattenne per il braccio. Io gli afferrai la mano e lo trascinai con me verso il retro della palestra. Passammo per i bagni, ormai diventati dei veri e propri privés dove accogliere le coppiette, attraversammo il corridoio poco illuminato, dove una voce femminile spezzò il silenzio.
-Ma che carini che siete! – esordì. Entrambi ci girammo di scatto. -Prima mi sbatti fuori di casa, accusando mio padre di averti violentata e adesso te la fai con il mio ragazzo, che coraggio che hai!- urlò Liz fuori di sé.
-Liz, smettila, sai benissimo che io non sono il tuo ragazzo, e poi tu non sai quello che ha passato Mia, perciò lasciaci in pace!- la ammonì Harry.
-Zitto tu!- gli dissi io con gli occhi lucidi. Mi avvicinai a Liz a passo lento, pensando al modo migliore per offenderla, in quel momento non mi sarei risparmiata.
-Non c’è che dire, sei senz’altro figlia di tuo padre..- le dissi guardandola dall’alto in basso. –Ma fammi un piacere, la prossima volta che ti guardi allo specchio, tanto ne avrai occasione, ne sono certa, guarda bene quanto fai schifo.- le dissi per poi ritornare verso Harry, già con la mano protesa verso la mia.
Ci fermammo sulle scalette del retro della palestra, e mi sedetti, togliendomi le ballerine che mi stavano distruggendo  i piedi. Harry si sedette vicino a me, dandomi un bacio in fronte, per poi far avvicinare la mia testa al suo petto. Il suo cuore batteva forte, fortissimo.
Sorrisi leggermente, per poi rivolgere lo sguardo ad Harry, per concedergli il tanto agognato bacio della serata.
Le nostre bocche non esitarono a trovarsi e a combaciare perfettamente, le labbra soffici di Harry lasciavano lunghi baci che assaporavano le mie labbra, mentre le sue mani percorrevano la mia schiena, e io giocherellavo con le mani nei suoi capelli, assecondando con le dita le onde naturali dei suoi morbidi ricci. I nostri occhi erano aperti e i nostri sguardi erano incatenati, decisi a non volersi perdere.
-Sporcaccioni! Per queste cose ci sono i bagni!- gridò una voce maschile a me familiare. Io ed Harry ci staccammo subito e le nostre facce assunsero tutte le possibili sfumature di rosso, a causa dell’imbarazzo.
Scorgemmo Gemma in compagnia di Alan, il solito demente.

hi guys!
riecomi.
scrivendo il titolo mi sono sorpresa di me stessa,
sono arrivata al diciottesimo capitolo?? Oddio.
e domani vi aspetta l'epilogo belle ragazze!
sono eccitata e fra poco mi metto a piangere sdijffjsfsjf
mi sono affezionata tanto a 'Marry' come li chiamate voi :3
voglio ringraziare per l'ennesima volta voi lettrici, cioè siete
'unbelievable' vi amo tanto tanto.
sono tentata di mettervi una canzone romantica nel prossimo capitolo..
bohhh vediamo.
ringrazio tutte voi ancora una volta e a domani, belle.
'a massive thank you'

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Capitolo 20
*** epilogo. ***


Epilogo.

play it!


Chi non ama il Natale?
Chi non aspetta impaziente il 25 Dicembre?
Chi, almeno per una frazione di secondo, non ritorna il bambino piccolo e curioso di scartare i regali?
Bene, ci siamo, tra meno di un’ora, sarà Natale e io me ne sto ansiosamente sdraiata sul letto, cercando di ingannare il tempo e la mia voglia assurda di scartare tutti i regali.
Mi torturo le mani e cerco freneticamente qualcosa di decente che tenga impegnata la mia testa bacata, quando sento qualcosa infrangersi sulla mia finestra.
Guardo l’orologio e poi scendo dal letto, avvicinandomi alla finestra, decido di aprirla vedendo delle palle di neve sciogliersi contro il vetro freddo.
-Finalmente! Volevi farmi congelare qui fuori?- chiede una voce ovattata dalla neve. Mi stringo nella mia felpa consumata, venendo a contatto con il freddo pungente. Harry si arrampica per la grondaia fino a piombare sul mio terrazzo, spingendomi in camera mia, per poi chiudere la finestra.
-Buon Natale Mia!- grida Harry baciandomi e porgendomi un bouquet di tulipani e un pacchetto rosso. Io mi fiondo su di lui, abbracciandolo.
-Harry non è ancora Natale, mancano quarantatrè minuti !- gli faccio notare pignola, respirando il profumo dolce ma deciso, che impregna la lana morbida del suo maglione bianco.
-Grazie per i fiori, ma non eri tu quello che regalava sempre papaveri?- chiedo perplessa annusando il mazzo di fiori.
-Sai, credevo sapessi il significato dei fiori, Mia.- mi dice lui inclinando il capo per guardarmi.
-Illuminami!- lo esorto staccando la testa dal suo petto, guardandolo incuriosita.
-I papaveri significano dubbiosità e oblio.- risponde lui corrugando la fronte.
-E i tulipani?- chiedo io.
-Significano “Ti amo.”- risponde lui avvicinando il viso al mio. Io mi aggrappo al suo maglione, per poi baciarlo
-Non apri il mio regalo?- mi chiede Harry. Io poso il pacchetto sul mio comodino.
-No Harry, io apro sempre i regali la mattina di Natale..- gli spiego avvicinandomi al letto.
-Dai, non puoi fare uno strappo alla regola per il mio regalo? Tanto sono sicuro che non resisterai neanche un’ora..- esordisce lui malizioso. Io scuoto la testa  e mi butto sul letto, affondando la faccia nel cuscino cercando di combattere la tentazione di aprire quel succulento pacchetto. Harry prende a far scivolare le sue soffici labbra sul mio collo –Dai aprilo!- mi sussurra con voce calda e pastosa.
-Non cederò così facilmente ai tuoi subdoli giochetti..- dico rigirandomi nel letto.
-Scommettiamo!- propone lui balzando a sedere sul letto. –Se non resisti alla tentazione e lo apri prima di domattina, passerai il capodanno con me e i ragazzi.- continua. Io accetto passivamente le sue condizioni.
-Se invece resisto e lo scarto domattina, ti tagli i capelli stile Zayn Malik, ci stai?- chiedo sicura di me. So quanto Harry ci tenga ai suoi famosi riccioli. Lui mi porge la mano e io la stringo per convalidare la nostra scommessa.
Come d’accordo cerchiamo in tutti i modi possibili di rimanere svegli, per portare a termine la scommessa (che ovviamente vincerò io).
Passiamo la serata facendo zapping, giocando a bingo e a carte, malgrado mi fossi ripromessa in passato che non ci avrei più giocato con Harry, visto che vinceva sempre lui.
Incappiamo finalmente nel film “mamma ho perso l’aereo”, che ci aiuta a combattere il sonno per qualche ora, quando sento un leggero russare. Mi giro verso Harry che giace inerme sul letto, già tra le braccia di Morfeo.
Così, la mia mente malvagia e curiosa, non perde occasione per escogitare un piano.
Se scarto il regalo facendo attenzione a non strappare la carta, una volta aperto il pacchetto, e visto il regalo, posso ri-incartarlo, facendo finta di nulla e vincendo la scommessa.
Bene.
A passo felpato mi dirigo verso il regalo, afferro il pacchetto e comincio lentamente a scartarlo, cercando di non fare troppo rumore, per non svegliare Harry.
-Lo sapevo, lo sapevo!- grida Harry improvvisamente accendendo la luce, per sorprendermi con il suo pacchetto in mano. Rimango ferma come una criminale colta in flagrante, paralizzata. Già che ci sono finisco di scartare il regalo, però.
 –Guardati, sembri una bambina piccola in preda a crisi di astinenza da cioccolato!- mi sfotte.
-Come hai fatto a sapere che mi piaceva?- chiedo sorpresa trovandomi davanti il bracciale di cui mi innamorai quella volta che io ed Harry andammo in gioielleria per cercare un regalo per Gemma.
-Intuito maschile..- risponde lui baciandomi una guancia.
-Tieni questo è il tuo.- gli dico porgendogli il suo regalo. Lui lo prende con faccia perplessa e lo scarta. Ho cercato per tutto il paese questo maglione con la scritta “ramones”, e a quanto pare, dalla faccia di Harry, la mia fatica è stata apprezzata.
-Quindi ho vinto la scommessa, e quindi passerai il capodanno con me!- esclama Harry sorridendo. Io non resisto e gli poso un bacio sulla fossetta.
-Non hai scampo Mia, passerai la tua vita con me, ormai!- continua tenendomi stratta a sé.
-Ti amo, Harry, Buon Natale!- gli dico.
-Scusa, temo di non aver capito bene, potresti ripetere?- chiede lui facendo il finto tonto.
-Buon Natale!- grido sorridente.
-No, non questo, la frase prima, scusa evidentemente devo essere sordo, ripeti ancora una volta..- insiste lui bloccandomi per i polsi, mentre io cerco di scappare.
-Ho detto che ti amo, Harry, ti amo.- ripeto. –Anche sei sordo..- aggiungo.
-Anche io ti amo, Mia.- dice schioccandomi un bacio sul naso.


Ommioddio.
quel triangolino con scritto 'play it!' non è una bomba
ma una canzoncina che mi piace sentire mentre leggo questo capitolo..
ragazze questo è l'epilogo, cioè l'ultimo capitolo,
è corto, lo so, ma è significativo.
come potete notare ho saltato un mese, catapultandovi a Natale,
chiaramente Mia e Harry si sono fidanzati, e sono felici e contenti :')
ancora non ci posso credere che questa storia sia finita,
sembrava ieri che postavo il primo capitolo e che non me lo cagava nessuno, e invece
ora ci siete tutte voi bellissime lettrici :')
prima di tutto vorrei ringraziare
armonydream che mi è stata vicina durante la stesura di questa FF e soprattutto che 
ha letto in anteprima ogni capitolo, consigliandomi e dandomi i suoi preziosissimi pareri, perciò, grazie.
Poi vorrei ringraziare voi che avete recensito ogni singolo capitolo,
che avete sprecato un pò del vostro tempo a leggere e recensire questi capitoli e questa FF,
voi che vi siete affezionate a 'Marry'.
Voi che avete inserito la storia nelle preferite, nelle ricordate e nelle seguite,
e voi che mi avete fatto tantissimi conplimenti ad ogni recensione.
Qualcuna di voi lettrici mi aveva chiesto di passare a dare un'occhiata alla sua storia,
ma siccome ho l'alzheimer, non mi ricordo più il nome di queste fanciulle, perciò se volete
che passi a leggere le vostre FF, ditemelo, ora avrò più tempo, sicuramente :)
spero di 'rivedervi' presto, ovviamente mi mancherete tutte :')
okay ora mi do una calmata..
basta, altrimenti piango.
grazie di tutto. 
vi voglio bene
 

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