La mia realtà..

di SoleStelle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Io, lui.. ***
Capitolo 3: *** Tremenda. ***
Capitolo 4: *** Milano. ***
Capitolo 5: *** Due giorni insieme (parte 1). ***
Capitolo 6: *** Due giorni insieme (parte 2). ***
Capitolo 7: *** Due giorni insieme (parte 3). ***
Capitolo 8: *** A come Anonimo. ***
Capitolo 9: *** Gabriele. ***
Capitolo 10: *** Ricordi (parte 1). ***
Capitolo 11: *** Ricordi (parte 2). ***
Capitolo 12: *** Discorsi universitari. ***
Capitolo 13: *** Messaggi indesiderati. ***
Capitolo 14: *** Imbarazzo insensato. ***
Capitolo 15: *** Sembra tutto perfetto. ***
Capitolo 16: *** Tutto finito. ***
Capitolo 17: *** Passaggio. ***
Capitolo 18: *** Forse non tutto è perduto. ***
Capitolo 19: *** Piccoli riavvicinamenti. ***
Capitolo 20: *** Ti amo.. ancora.. ***
Capitolo 21: *** Pace fatta?. ***
Capitolo 22: *** Cambiamenti.. ***
Capitolo 23: *** Una festa particolare. ***
Capitolo 24: *** L’inizio della fine.. o dell’inizio?! ***
Capitolo 25: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Gli salto al collo, baciandolo con foga.
“Sei pazzo.” dico, stringendolo forte.
“No.” risponde, convinto.
“Si, lo sei” dico, baciandolo senza dargli il tempo di rispondere.
“Forse un po’..” ammette. “Di te.” aggiunge, Mi baciandomi mentre io lo lascio fare.
 
Cammino mano per mano con lui, approfittandone per tirarlo a me e strappargli qualche bacio di tanto in tanto, al settimo cielo.
“Amore mi stai distruggendo a fare così.” protesta, massaggiandosi il braccio che tiro in continuazione.
“Perdi colpi allora, ti ricordavo più resistente.” rispondo, prendendolo in giro e facendogli la linguaccia. Mi si avvicina e mi si piazza davanti.
“Davvero?” chiede, sorridendo sghembo. Alzo il viso e lo guardo, dal basso del mio metro e sessanta scarso.. Io, la sua puffa, contro lui, il mio gigante di un metro e novanta.
Lo guardo in quegli occhi verdi in cui spesso mi perdo e sorrido annuendo.
“Si amore, perdi colpi.” dico, continuando imperterrita ma appena finisco mi prende in braccio, sollevandomi senza difficoltà.
Riprende, così, a camminare con me in spalla fino a casa sua poi mi lancia sul suo letto, ridendo di gusto.
La sua risata.. casa.
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
Il primo capitolo è andato.. ma in realtà è solo il prologo.. i capitolo di per se saranno più lunghi e scritti diversamente.
Se vi va di continuare a leggere passate subito al secondo capitolo..

 

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Capitolo 2
*** Io, lui.. ***


Mi sistemai meglio il vestito cercando, inutilmente, di coprirmi le braccia, e lo percepii  rallentare fino a fermarsi. Spense la moto e mi fece scendere mentre io, congelata, aspettai che mi affiancasse.
Mi abbracciò baciandomi una tempia e io mi strinsi a lui per scaldarmi.
“Siamo a luglio e hai freddo?” chiese, prendendomi in giro.
“In moto e alla tua velocità, si: ho freddo.” risposi, facendo la finta imbronciata.
Non erano molte le volte che avevo avuto l’occasione di salire in moto con lui, fortunatamente, ma ogni volta era un trauma. Ero terrorizzata.. letteralmente.
“Vieni va, nana.” disse, trascinandomi in casa sua. “Vieni in braccio.” aggiunse.
“Come?” chiesi, smarrita e lui mi guardò i piedi.
“Se non vuoi svegliare i miei con il ticchettio dei tuoi tacchi vieni in braccio.” specificò, chinandosi e sollevandomi che se non pesassi nulla.
Appoggiai la testa alla sua spalla, mentre lui entrò in camera sua, per poi essere appoggiata sul suo letto. Mi tolsi le scarpe, mentre lui chiuse a chiave la porta, e spensi il telefono, lasciandomi cadere con la schiena sul letto.
“Sono cotta.” ammisi.
“Mmh, mmh.” mugugnò, sedendosi sul letto e sorridendomi. “Stai bene vestita così, sembri più grande.”.
“Cosa vorresti dire? Che gli altri giorni non sono bella?” borbottai, prendendolo in giro.
“No, sei bellissima anche gli altri giorni.” disse, baciandomi. “Ma a dire il vero ti preferisco in un altro modo.” specificò.
“Quale?” chiesi, curiosa. Ero troppo stanca perché il mio cervello si adoperasse in una conversazione logica, era già un grande passo avanti che non biascicassi le parole.
“Te lo mostro subito” disse, impossessandosi delle mie labbra.
La sua mano scivolò sulla mia schiena e aprì, senza difficoltà, la zip del vestito mentre io mi ritrova, improvvisamente, sveglia.
 
Mi svegliai e mi ritrovai sdraiai completamente sopra di lui.
Spero di non aver dormito tutta notte così o tra un paio di ore avrò un mal di schiena allucinante!
Appoggiai entrambi gli avambracci sul suo petto e mi alzai a guardarlo, credendo che dormisse, ma lo trovai sveglio.
“Buongiorno.” disse, baciandomi.
“Buongiorno”.
Ricambiai il bacio poi mi spostai e mi misi affianco a lui, intrecciai una mia gamba alle sue e iniziai a giocare con i suoi capelli neri. Mi fermai a pensare a quanto fossimo diversi sul piano fisico.
Io bionda, lui moro..
Io occhi castani, lui occhi verdi smeraldo..
Io bassa, lui alto..
Io mingherlina, lui un ammasso di muscoli..
Io con la pelle diafana, lui con la carnagione scura..
“A cosa pensi?” chiese. Alzai leggermente il viso e lo vidi intento a fissarmi, sorridente.
“A nulla.” mentii.
“E io ti credo anche” mi prese in giro.
“Fai bene.” risposi, ridendo e lui mi seguì a ruota facendomi incantare a fissarlo.
Dio se è bello!
Mi spostai sopra di lui e lo baciai.
“La mia ragazza è un piccolo pavone, andiamo bene!” disse.
“No, la tua ragazza ha ottimi gusti. È diverso.” esordii. “Ha davanti a se un uomo che farebbe impallidire persino un Dio greco o un bronzo di Riace”.
“Sei di parte.” disse, ridendo.
“No, sono obbiettiva.” risposi, convinta per poi baciarlo.
Si guardò il polso, controllando l’ora, e si alzò prendendomi in braccio.
“Miss Obbiettiva il suo ragazzo avrebbe fame, e visto che la casa è vuota, cosa ne dice di andare in cucina?” chiese, mentre tracciava una scia di baci lungo il mio collo.
“Cosa ne dici se prima ci vestiamo?” risposi, cantilenandolo.
Ok che non c’era nessuno, ma andare in giro per casa sua nuda proprio non mi sembrava il caso.
Sbuffò sonoramente e mi rimise sul letto, contrariato. Presi la mia biancheria e me la infilai mentre lui si rimise i boxer, poi aprì un’anta del grande armadio e tirò fuori il pantalone corto di una tuta, che si mise, e due maglie. Una se la mise e l’altra me la lanciò. La misi e mi guardai allo specchio, sentendomi ridicola: ci sarei, tranquillamente, potuta stare due volte dentro e ne sarebbe avanzata ancora di stoffa!
Mi prese in braccio, distraendomi con un bacio, e andò alla porta, girando la chiave e aprendola.
Mi strinsi meglio a lui e appoggiai il viso nell’incavo del suo collo, assaporandone tutto il profumo.
Buono..             
Mi bloccai di colpo e lo annusai meglio, poi mi spostai guardandolo.
“Cosa c’è?” chiese, appoggiandomi sul tavolo.
“Hai cambiato profumo.” constatai.
“No, uso sempre quello..” rispose, dubbioso.
“Non il tuo, quello dei vestiti. È diverso.” ribadii.
“Boh, non lo so, è mia mamma che lava non io.”.
“Maschilista!”.
Gli diedi uno schiaffetto sul braccio e in tutta risposta mi morse il collo.
“Si, quindi cucini tu.” disse, staccandosi.
“Avrei comunque preparato io, a meno che non vuoi far saltare in aria casa tua.” risposi, facendogli la linguaccia e alzandomi dal tavolo per mettermi ai fornelli.
Mi muovevo in quella cucina con estrema difficoltà senza sapere dove trovare la roba, che si trattasse del pentolino del latte, della moka per il caffè o dello zucchero.. e sicuramente il fatto che il mio ragazzo, nonostante abitasse in quella casa da quando era nato, non sapeva dove fossero le cose che gli chiedevo non aiutava.
Aprii, praticamente, tutti i cassetti prima di riuscire a preparargli la colazione ma, alla fine, mi sedetti davanti a lui trionfante e lo guardai mangiare. Sorrisi nel vederlo soddisfatto e questo mi bastò a scacciare tutto il resto dalla mia testa.
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
Ecco a voi il primo capitolo vero e proprio..
Cosa ne pensate? Io spero che vi sia piaciuto, nonostante sia ancora l’inizio..

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Capitolo 3
*** Tremenda. ***


Mi sedetti in braccio a lui, dopo aver sparecchiato, e iniziai ad accarezzargli il collo. Gli diedi un bacio distraendolo dalla televisione.
“sai di caffè” dissi ridendo.
“ti ricordavo meno tremenda” rispose. Mi guardò di sbieco per qualche secondo poi tornò a guardare la televisione.
Iniziai a stuzzicarlo con il solletico.
“no.. semplicemente mi tenevo occupata con lo studio.. ma ora non ho nulla da fare” ammisi.
“e rompi a me?” chiese senza guardarmi.
“io non rompo” bofonchiai. Iniziai a mordergli l’orecchio, la guancia, il collo e la spalla mentre lui, imperterrito, insisteva a dire che rompevo.
“Sara, basta” disse, severo, dopo un po’.
Mi alzai in piedi, spostandomi da lui, e mi avvicinai alla tele, spegnendola. Mi guardò esausto e io sorrisi. Mi avvicinai a lui e mi ci piazzai davanti.
“sono tremenda?” chiesi giocando con la mia collana.
“si..” rispose.
Lo fissai. Era seduto sul divano con la testa piegata all’indietro.. esausto.
Mi sedetti a cavalcioni su di lui e iniziai a giocherellare con le sue collane.
“e se non volessi farti guardare la tele!?” dissi.
“si era capito” sussurrò, guardandomi.
“ma mi annoio a non far nulla”. Mi imbronciai.
“potresti guardarla anche tu” disse, ovvio.
“sai che non mi piace” risposi in una smorfia.
“andiamo a fare un giro?” propose. Mi illuminai e sorrisi annuendo. Si alzò tenendomi in braccio e tornò verso camera sua. “allora prepariamoci”. Mi mise in terra e io mi avvicinai verso una delle mie valigie. Presi un cambio di biancheria e la richiusi. Passai ad un’altra valigia e presi un jeans e una canotta poi lo guardai dubbiosa.
“ti ricordi dove ho messo le scarpe?” chiesi.
“li” disse indicandomi una valigia. Presi un paio di converse e preparai tutto. Lo fissai prendere dei vestiti e preparali. “perché mi guardi così?” chiese.
“ammiravo.” ammisi, per poi alzarmi e prendere la biancheria affianco a me e incamminarmi verso la porta.
“dove vai?” chiese.
“vado in doccia” dissi uscendo.
Entrai nel suo bagno e mi spogliai entrando in doccia. Mi lavai, stando attenta a non bagnare i capelli poi mi misi la biancheria. Tornai in camera sua e lo trovai steso sul letto intento a chiacchierare al telefono. Mi fissò mentre iniziai a vestirmi intenta a capire con chi parlasse. Tuttavia non riuscii nel mio intento.. sentivo quello che diceva lui ma non quello che dicevano dall’altro capo del telefono. Finii di vestirmi sotto il suo sguardo e mi sedetti affianco a lui. Vidi che abbassò drasticamente il volume del telefono per non farmi sentire con chi parlava per poi liquidarlo con un semplice “scusami ma ora devo andare, ciao”.
Mi rubò un bacio veloce poi si alzò, prendendo la sua roba, e uscì lasciandomi in camera da sola.
Mi sdraiai con la schiena sul letto e, senza volere, presi contro al suo cellulare.
Lo presi in mano e sbloccai la tastiera controllando le chiamate.
Mi morsi il labbro inferiore.. lo avevano, si, chiamato.. ma lo aveva chiamato l’Elena.
Rimisi il suo cellulare esattamente dov’era prima e mi alzai dal suo letto. Iniziai a girare per la camera fino a quando non rientrò.
“con chi parlavi prima?” chiesi, fingendo di non saperlo.
“nessuno, tranquilla” mentì.
“non credo che tu parlassi da solo” dissi, cercando di rimanere calma.
“infatti.. ma non era nulla di importante.. era solo l’Elena, sta organizzando una specie di cena di classe se non ho capito male” disse tranquillo. Sorrisi e mi avvicinai a lui, baciandolo leggermente.
“andiamo?” chiesi. Annuì prendendomi la mano e uscimmo.
“dove vuoi andare?” chiese. Feci spallucce.
“non mi interessa” ammisi. “decidi tu, io ti seguo”. Mi aprì la portiera della sua Audi TT e salii.
Lo lasciai guidare senza badare alla strada. Non riconoscetti dove eravamo nemmeno quando parcheggiò.
“ma non siamo a Verona” dissi. Negò con la testa.
“Peschiera” rispose. Iniziò a camminare e io lo seguii. Mi prese la mano e passeggiammo fino al lago. Lo costeggiammo per un po’ poi cambiai direzione e lo trascinai verso l’interno. Passammo davanti a tutti i negozi e ogni volta mi fermavo almeno mezz’ora davanti ad ogni vetrina.
Scoprii che, al contrario di molti uomini, non disprezzava fare compere. Non gli pesava aspettarmi né gli pesava darmi un parere.
Passammo l’intera mattinata così, poi il suo metabolismo gli ricordò l’esigenza di mangiare.
Sorpassò alcuni ristoranti senza degnarli di nota poi entrò nella prima pizzeria che trovò e io lo guardai soddisfatta.
“ma allora mi ascolti davvero quando parlo” dissi. << si è ricordato che avevo voglia di pizza >>.
“ovvio che ti ascolto” rispose baciandomi. Chiese un tavolo per due e ci fecero sedere nella veranda esterna.
Guardai il menù e, dopo aver deciso cosa prendere, iniziai ad alternare lo sguardo tra il paesaggio e lui..
<< che splendore.. >>.
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
Altro capitolo finito.. cosa ne pensate? Piaciuto?
Io spero di si.

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Capitolo 4
*** Milano. ***


Passammo due intere settimane insieme, approfittando dell’assenza dei suoi genitori che erano in vacanza, poi mi accompagnò a Milano, dove mi aspettava un appartamento vicino alla Bocconi.
Avevo deciso di frequentare giurisprudenza in quella sede molto prima di mettermi con lui e, sfortunatamente, quando avevo fatto la domanda mi avevano, subito, risposto che se la mia uscita dalle superiori sarebbe stata degna del mio curriculum scolastico sarei stata ammessa senza alcun problema. Il problema però si poneva ora che ci eravamo messi insieme e che lui avrebbe frequentato architettura a Verona mentre io sarei stata a Milano.
Mi aiutò a portare tutte le mie valigie in casa e mi aiutò anche a iniziare a metter via la roba.
Il lato positivo? Si fece tardi e restò a dormire a Milano.
Inutile dire che la camera da letto venne inaugurata nel migliore dei modi..

Mancavano, ancora, due settimane abbondanti all’inizio dei corsi e io era già a Milano.
Sarei rimasta lontana da casa mia.. e questo era un bene.
Sarei rimasta lontana da Riccardo.. e questo non era un bene, era un trauma!
“A cosa pensi?” chiese. Alzai il viso, allontanandomi dal suo petto, per guardarlo.
“Nulla.” mentii, malissimo. Mi riappoggia al suo petto stringendolo maggiormente, bisognosa di un suo abbraccio. Mi accontentò dandomi, anche, un bacio sulla tempia.
“Non pensarci.” disse. Gli baciai il petto e gli andai in braccio.
“Ti ricordi un anno fa?” chiesi, ripensando a come tutto era cambiato in pochi mesi. Mi strinse più forte annuendo.
“Si, decisamente.” rispose.
“E tu che non volevi nemmeno venirci al concerto.” bofonchiai, facendolo ridere.
“In realtà non credo che dipenda tutto dal concerto.” ammise.
“Oh certo, tu pensavi che io stessi con Matteo, mi consideravi schizzinosa e di me non sapevi praticamente nulla!” dissi. Mugugnò contrariato.
“Non potevo immaginare come stavano realmente le cose..” disse, in protesta.
“Benedetto concerto!” constatai, mentre lui rise e annuì.

Rimanemmo insieme ancora qualche ora, poi partì per tornare a Verona.
Lo accompagnai fino alla macchina, cercando di prolungare al massimo i pochi secondi che mi rimanevano per stare con lui, poi, però, fui costretta a lasciarlo andare.
Passai la settimana peggiore di sempre, non poterlo vedere era incredibilmente difficile.
Abituata com’ero a stare attaccata a lui almeno 10 ore al giorno non riuscivo ad accettare la sua assenza.
Lo sentivo ogni sera, se lui non chiamava me ero io a chiamare lui, ma era, ugualmente, tremendamente difficile.. e sbagliato. Ma soprattutto difficile.
Il tutto non fu facilitato dalla chiamata del venerdì sera.
Appena rispose la voce di Elena che gli diceva che si sarebbero sentiti l’indomani si sentì benissimo. Ci rimasi male e, a rincarare la dose, ci si aggiunse lui che mi disse che non sarebbe riuscito a venire quella settimana.
Riattaccai il telefono ignorandolo e non gli risposi quando tentò di richiamarmi.
Deviavo tutte le sue chiamate e non rispondevo a quelle sconosciute.
Non lo sentii fino a martedì pomeriggio, quando mi arrivò un suo messaggio.
Odiai il mio telefono e il fatto che non mi dicesse chi era il mittente così lo aprii e lo lessi. Il suo nome fu la prima cosa che notai. Sbuffai e, mentre lo chiusi, lessi quelle uniche due parole che c’erano scritte.
- Mi apri? -

Corsi in balcone e mi affacciai. La sua macchina era li, parcheggiata accanto alla mia. Corsi in sala e guardai il video del citofono, lui era li..
Aprii e presi le chiavi, corsi fuori fregandomene di essere scalza e, infischiandomene della caviglia già gonfia per altri motivi, corsi per le scale, sapendo che non avrebbe mai preso l’ascensore.
Gli saltai addosso appena lo vidi e rischiai di farci cadere entrambi.
Lo baciai senza dargli tempo di parlare e lui continuò a salire le scale con me in braccio. Mi feci mettere giù quando arrivò davanti al pianerottolo e aprii la porta, facendolo entrare. Lo seguii e iniziai, inevitabilmente, a zoppicare.
“Vai a sdraiarti.” disse, andando in cucina. Obbedii e dopo poco lmi raggiunse con del ghiaccio che mi mise sulla caviglia. Gli feci spazio, facendogli capire cosa volevo, e lui si sdraiò accanto a me. “Mi spieghi perché mi hai ignorato per quattro giorni?” chiese, mentre mi accovacciavo su di lui. Mi staccai, allontanandomi, e lo guardai male.
“Perché non sei venuto sabato?” chiesi, acida.
“Ho avuto da fare te l’ho detto.” disse, ricevento un'altra occhiataccia.
“Immagino cosa..”.
È venuta solo venerdì e solo per dirmi quando ci sarà la cena di classe.” disse.
“Poteva mandarti un messaggio.”. Mi allontanai ancora di più e lui rise, riavvicinandosi.
“Non fare la gelosa ora.”. Mi abbracciò.
“Non faccio la gelosa.”. Cercai di liberarmi.
Io sono gelosa!

“Come no, guardati”. Rafforzò la presa. “Amore ferma, su.”. Mi baciò il collo e io cedetti.
“Sei uno stronzo!”.
“Mmh, mmh..”. Mi diede un altro bacio, questa volta sporgendosi un po’ di più in avanti. “Mi spieghi perché ti arrabbi così tanto?” chiese, retorico.
“Ci prova con te, dovrei fare i salti di gioia?” ribattei.
“Mi sembra che le tre ore di macchina me le faccio per vedere te, non lei.” rispose, coccolandomi ancora un po’ e io cedetti del tutto.
N
iente non riesco a tenergli il broncio..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ammetto che questo capitolo non mi convince molto.. ma non riesco proprio a scrivere di meglio ultimamente.. scusate.
Prometto, però, che non vi deluderò in futuro..

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Capitolo 5
*** Due giorni insieme (parte 1). ***


Rimanemmo in quella posizione, sdraiati a letto, con lui che mi coccolava, ancora qualche ora poi, quando il ghiaccio si sciolse del tutto, si alzò. Me lo tolse dalla caviglia e lo rimise in congelatore. Tornò in camera e si sedette prendendomi la gamba destra e facendola appoggiare a se. Mi massaggiò un po’ la caviglia poi lo feci fermare. Mi alzai dal letto e presi la cavigliera dall’armadio, tornai sul letto e la misi.
“come mai sei qui?” chiesi andandogli in braccio.
“avevo voglia di vedere la mia ragazza, che per altro mi ignorava” disse baciandomi. Evitai di rispondergli.. avevamo discusso poco prima proprio su quell’argomento.. in compenso però mi godetti tutto il bacio.
“hai mangiato?” chiesi. Annuì dandomi un altro bacio e io lo lasciai fare. Lo strinsi a me e, quando si staccò, mi appoggiai con la testa nell’incavo del suo collo giocherellando con le sue collane.
Passammo tutta la giornata insieme poi, con mia grande sorpresa, scoprii che avrebbe dormito a Milano.
Saltellai contenta in cucina e mi misi subito a cucinare.. fosse stato per me mi sarei arrangiata e avrei mangiato qualcosa alla veloce, ma lui.. amavo viziarlo..
Mi piaceva cucinare sotto il suo sguardo attento, mi piaceva fargli assaggiare tutto quello che preparavo e mi piaceva vederlo mangiare di gusto.
Mi seguì in cucina e, mentre io iniziai subito a lavorare, si sedette a fissarmi.
Diedi un’occhiata veloce all’orologio poi lo guardai supplicante..
“amore.. mi fai un favore?” chiesi avvicinandomi a lui.
“dimmi” disse posando le sue mani sui miei fianchi.
“se ti faccio la lista vai al supermercato qua dietro a prendermi due cosucce?” chiesi.
“certo” rispose. Gli diedi un bacio veloce poi presi carta e penna e scrissi la breve lista della spesa. Gli passai il bigliettino dandogli un altro bacio, questa volta come si deve, poi lo feci alzare.
Uscì per fare la spesa e io misi la moka sul fuoco. Iniziai a dividere i tuorli dagli albumi e montai a neve gli ultimi.
Quando tornò finii di preparargli anche il tiramisù. Lo misi in frigo e riaccesi sotto alle pentole. Apparecchiai e mi sedetti in braccio a lui in attesa che si cuocesse anche la pasta.
Mi lasciai coccolare mentre io, di tanto in tanto, tornavo ai fornelli per girare la roba.
Mangiammo indisturbati e io mi incantai a guardarlo.. << come cavolo ho fatto a non notarlo prima?! >>.
“a cosa pensi?” chiese, notando che avevo la forchetta sospesa a mezz’aria.
“mi chiedevo dove avessi avuto gli occhi fino a qualche tempo fa.. ti ho sempre avuto come vicino di banco ma mai notato” bofonchiai.. quello non riuscivo proprio a concepirlo.. non era certo uno che passava inosservato.. anzi!
Rise poi mi fregò una forchettata di pasta dal piatto. Guardai nel suo e lo trovai vuoto. Gli passai il mio piatto e lui mi guardò male.
“devi mangiare” disse severo.
“c’è il secondo.. e poi non mi va più, tranquillo..” dissi sorridendogli. Aspettai che finisse di mangiare poi portai via entrambi i piatti. Portai il secondo in tavola e gli diedi un bacio.. “dopo c’è anche il dolce.. tiramisù”.
“poi mia mamma si chiede chi mi ha viziato!”. Rise e io con lui.
Riprendemmo a mangiare e anche questa volta metà del mio piatto fu spazzolato via da lui.
Presi fuori il tiramisù e ne feci una grande porzione, gliela misi davanti e mi sedetti in braccio a lui.
“ora sono io a fregare il mangiare a te” dissi prendendone un po’ e mangiandolo. Lo baciai e lui ne approfittò per mordermi il labbro.. piano..
“liberissima di mangiare dal mio piatto, non mi offendo” disse sorridendomi. Lo baciai ancora e posai il cucchiaino nel piatto per poterlo abbracciare.
Mangiò indisturbato anche il dolce poi, mentre io finii di sparecchiare, andò nella piccola sala e si sedette sul divano a guardare la tele. Lo raggiunsi e mi sedetti in braccio a lui, accovacciandomi per benino. Lo lasciai guardare la tele per mezz’oretta poi iniziai ad annoiarmi.
Cominciai a giocherellare con le sue collane e pian pianino mi avvicinai col viso al suo collo.
Iniziai a baciarglielo, risalendo fino al mento, poi riscesi, ancora sulla spalla. Risalii ancora una volta, ma continuai fino alle labbra. Mi voltai, mettendomi a cavalcioni, mentre continuai a distrarlo dalla televisione. Posò una mano sul mio fianco mentre con l’altra cercò il telecomando. Spense la tele e raggiunse la mia schiena.
Continuò a baciarmi, accarezzandomi, poi spostai le mie mani dal suo collo alla sua schiena. Afferrai il bordo della maglia e gliela sfilai. Appoggiai le mani sul suo petto e cominciai a baciargli la spalla. Scesi a baciargli il petto e risalii sull’altra spalla.
Le sue mani si infilarono sotto la mia canotta e la sfilarono, risalirono, poi, sul reggiseno e cominciarono a tastare. Sorrisi iniziando a dargli dei piccoli morsi alle spalle mentre lui continuava a tastare.
Gli sganciai i jeans e sfilai i pantaloni della mia tuta ridendo.
“ha il gancio davanti” sentenziai, decisa a velocizzare i suoi tempi di ricerca.
“dopo mezz’ora che cerco ti è venuto in mente di dirmelo?” chiese riprendendo a baciarmi.
Fece scivolare le mani in avanti e riuscì a sganciarlo senza fatica.. << finalmente >>.
Quella era, certamente, la degna conclusione del primo di due giorni insieme..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
La scena del gancio davanti mi è stata gentilmente offerta da Scrubs.. è una vecchia puntata ma mentre scrivevo mi è tornata in mente e ce l’ho buttata dentro..
l'ho, ovviamente, modificata però..

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Capitolo 6
*** Due giorni insieme (parte 2). ***


Mi svegliai con la schiena appoggiata al suo petto, le sua braccia che mi stringevano a lui e le sue labbra che lasciavano una scia di bacia dal collo alla spalla per poi ripercorrerla al contrario. Mi lasciai qualche attimo per riprendere completamente conoscenza e recuperare le facoltà mentali, poi intrecciai la mia mano alla sua.
“se tu sei già sveglio vuol dire che è veramente tardi” dissi sapendo, perfettamente, che se non lo svegliava qualcuno avrebbe dormito anche per giorni interi.
“invece è presto” sussurrò vicino al mio orecchio per poi baciarlo. Mi allungai leggermente col busto per arrivare alla sveglia, schiacciai il grosso pulsante centrale per farla illuminare e notai che non erano nemmeno le 7.00. Mi voltai a guardarlo curiosa.
“chi sei tu e cosa ne hai fatto del mio ragazzo.. lui è dormiglione.. te non so chi sia”. Ris,i baciandolo.
“lui si sveglia tardi, ma solo se si addormenta, non se passa la nottata sveglio” rispose.
“amore tutto bene?” chiesi preoccupata.. non era da lui non riuscire a prendere sonno. Annuì baciandomi ancora e lo sentii sorridere.
“non avevo sonno tutto qui”.
“si ma.. non è normale.. ieri hai guidato fino a qui e una volta steso a letto non ti sei di certo riposato.. saresti dovuto essere cotto”.
“non lo ero”. Fece spallucce e io lo guardai nella penombra.
“sarà..”. Gli accarezzai la guancia e passai al collo. Scesi sul petto e poi sull’addome. Continuai a scendere fino a quando non sentii il bordo del lenzuolo che gli copriva a malapena la vita. Risalii facendo esattamente lo stesso percorso. Quando arrivai alla guancia ripresi a scendere e tornai al bordo del lenzuolo. Ripresi a salire ma mi bloccò la mano appena la mossi.
“ferma o mi farai impazzire..”. Portò la mia mano sul cuscino e la premette contro l’altra mia, intrecciata alla sua. Mi indispettii un po’.. così non sarei riuscita a sentire i sui addominali scultorei, o i suoi pettorali possenti, non sarei riuscita a sentire le spalle larghe, il collo ben delineato o la guancia perfettamente rasata.. mi rassegnai e mi liberai dalla sua presa. Gli diedi un bacio leggero poi mi rimisi la mia biancheria, recuperandola da dove era finita la sera precedente.
“ti vado a preparare la colazione”. Uscii lasciandolo solo e mi precipitai in cucina. Mi raggiunse con solo i boxer addosso e io dovetti fare affidamento a tutta la mia forza di volontà per non riportarlo in camera.
Gli preparai la colazione e lo fissai, incantata, mentre mangiava.
Rimasi basita nel constatare quanto ogni singola cosa detta o fatta da lui mi attraesse.. che si trattasse del timbro di voce, del gesticolare, dell’espressione nel parlare, del modi di mangiare o anche solo di sorridere o guardarmi..
Vidi la sua mano passarmi davanti al viso e mi ridestai.
“piccola tutto bene?” chiese. Lo guardai.. ok avevo omesso che mi piacevano anche tutti i soprannomi che mi dava.. piccola, nana, puffa, scricciola, patata.. amore.. ecco quello lo preferivo tra tutti..
“si, tutto bene” dissi alzandomi e togliendogli la tazza vuota da davanti, misi via i pacchetti di merendine e biscotti e mi sedetti in braccio a lui che mi diede un bacio leggero.
“ti amo” disse. Rimasi incredula a fissarlo.. rise mentre io non riuscii a muovermi.. “sai amore, dovresti rispondere”. Lo baciai ma non dissi nulla..
Lui non era il mio ragazzo.. impossibile.. il vero Riccardo era stato rapito dagli alieni e sostituito con una copia..
Il mio ragazzo era quello che quando io gli dicevo ‘ti amo’ rispondeva con un ‘idem’ o quando era proprio in vena di sbilanciarsi con un ‘anche io’ ma non era di certo quello che lo diceva..
Lui che, in quella corazza, nascondeva, in realtà, molta più timidezza di chiunque altro..
Mi staccai dalle sue labbra..
“penso di avere le traveggole” ammisi, sicura, col senno di poi, di aver sentito, o quantomeno capito, male.
“ti amo” ribadì guardandomi negli occhi.. mi aprii in un sorrido e lui mi ribaciò.. lo strinsi forte perdendomi in quel bacio.
Sentire male una volta ci poteva stare.. ma due no.. lo aveva detto davvero!
“idem” dissi staccandomi. Rise.
“questa me la sono meritata” ammise. Annuii pensando, solo in quel momento che le nostre battute erano simili a quelle di un film. Risi. “perché ridi?” chiese.
“pensavo alla comicità di questa situazione” dissi facendo spallucce.
Si alzò e mi prese in braccio portandomi sul divano. Mi passò un libro e poi accese la tele facendomi accoccolare tra le sue braccia.
Iniziò a guardare lo schermo mentre io iniziai a divorare le pagine.
Amavo leggere.
Ma amavo ancor di più leggere stando abbracciata a lui e assaporandone tutto il profumo.
Ogni volta lo facevo diventare il protagonista della storia e, leggendo, me lo immaginavo a destreggiarsi tra tutte le peripezie che erano narrate..
Ammetto, anche, che il più delle volte non mi dispiaceva affatto immaginarmelo in quelle situazioni bizzarre, anche se sapevo per certo che le sue scelte sarebbero stare parecchio diverse da quelle che l’autore aveva scelto di far fare al protagonista..
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
inutile dire che il film in questione è Gost.. ma preciso che non è stato copiato..
Nel precedente capitolo è stata volutamente presa ispirazione dalla serie tv ma qui mi sono accorta della somiglianza solo rileggendolo. Ho, poi, aggiunto il pezzo dove Sara si accorge di questo.
Chiedo, quindi, scusa ma non me la sono sentita di cambiare quel pezzettino..

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Capitolo 7
*** Due giorni insieme (parte 3). ***


Il pomeriggio scoprii che quella sera non sarebbe tornato a Verona da solo ma mi avrebbe portata con lui, prolungando di un giorno i nostri giorni insieme.. e facendoli diventare tre.
Sulle prime mi rifiutai di andare con lui, poi, quando mi disse che era per la cena di classe, cominciai a cambiare idea.. ci sarebbe stata anche l’Elena e ci avrebbe provato con lui.. decisi di andare.. un po’ perché non volevo che Elena gli si avvicinasse e un po’ perché, comunque, avevo diritto di esserci..
Mi truccai leggermente e mi vestii con un vestito semplice. Salii sulla sua macchina e lasciai che guidasse.
Lo guardai per tutto il tragitto, attratta anche in quell’occasione..
<<
ok.. sono partita.. l’unico neurone che avevo se n’è andato a puttane.. o in questo caso a pensare a Riccardo >>.
Tre ore abbondanti di viaggio e arrivammo sotto casa sua.
Aprì il grosso cancello con il telecomando e scendemmo.
Rimanemmo pochi minuti, giusto il tempo che lui si cambiasse, poi risalimmo in macchina e partì andando al ristorante.
Arrivammo che più di metà classe era già arrivata.. Elena compresa.. si illuminò nel vedere la macchina di Riccardo.
Parcheggiò slacciandosi la cintura. Lo imitai poi lo guardai.. forse era meglio che non ci vedessero scendere dalla sua macchina.. d’altronde nessuno sapeva che stavamo insieme.
Scese mentre io rimasi in macchina, cercando di ritrovare la calma.
Vidi la portiera dal mio lato aprirsi e subito la sua mano spuntare davanti al mio viso. Uscii senza afferrarla ma appena mi accorsi delle occhiatacce cambiai idea. Gliela strinsi nella mia e rimasi ferma ancora qualche secondo.
“sei pronta?” chiese in un sussurro.
“mmh, mmh” mugugnai. Lo prese come un si e si incamminò, tenendomi la mano.
Salutò tutti.. ricevendo tutti sorrisi. Poi salutai io.. dissi un unico “ciao” ma nessuno si degnò di rispondermi. Mi guardarono male.. tutti.
Ora, io capivo che le ragazze potessero guardarmi in cagnesco.. ma perché lo fecero anche i ragazzi?!
<< questa sarà una serata infinita >>.
Si misero a chiacchierare mentre aspettavamo gli ultimi ritardatari. Mi appoggiai con la schiena al muro, poco dietro Riccardo, e mi eclissai completamente.
Non mi accorsi che erano arrivati e che bisognava entrare fino a quando non mi sentii prendere la mano. Mi ridestai e lo guardai.
“entriamo?” mi chiese. Annuii e lo seguii, chiudendo la fila.
Ci sedemmo e Riccardo si mise affianco a me.
Altre occhiatacce.
“non penso che venire insieme sia stata una buona idea” sussurrai.. << in realtà non credo che sia stata una buona idea venire e basta.. me ne sarei dovuta rimanere a casa.. >>.
Rimasi isolata per tutta la serata, non staccai gli occhi dal tavolo nemmeno per un secondo, non seguii le loro conversazioni e non mi inserii nemmeno.
Arrivò il dolce e lo allungai a Riccardo senza nemmeno assaggiarlo. Li mangiò entrambi senza fare complimenti imboccandomi quando riuscì a prendere una grossa scaglia di cioccolato con solo il pan di spagna e senza crema, o panna. La mangiai sorridendogli ma non mi rivoltai. Rimasi a fissarlo mangiare finchè non mi guardò male. Alzai gli occhi al cielo sbuffando.. << lui e il suo odiare che qualcuno lo fissi mentre mangia.. >>. Tornai a fissare il tavolo fino a quando Elena non lo abbracciò da dietro baciandogli la guancia. Mi voltai a fissarla, mantenendo la calma.
“Ricky ho saputo che ti sei iscritto ad architettura” disse Elena.
“si” rispose Riccardo, liberandosi dal suo abbraccio.
“saremo vicini allora, io mi sono iscritta a scienze motorie” disse. Alzai un sopracciglio incuriosita.. la sua ispirazione era fare l’insegnante di educazione fisica?! “sai si imparano anche i punti critici di tensione, potrò farti dei massaggi rilassanti”.. no, avevo sbagliato, la sua aspirazione era un’altra..
La guardai male.. molto male.. e lei si voltò verso di me.
“Elena come mai hai scelto una facoltà così semplice?” chiesi facendo, ovviamente, riferimento al suo scarso rendimento scolastico.
“e tu dove andrai sentiamo?” chiese, senza rispondere alla mia domanda.
“giurisprudenza.. alla Bocconi” dissi sorridendole bastarda. Ci rimase malissimo poi si riprese.
“peccato che dovrai trasferirti a Milano, so che le case vicino all’università sono molto rumorose, chissà se riuscirai a studiare” disse riabbracciando Riccardo.
“non sono per niente rumorose, chiedi pure a lui” dissi indicando il mio ragazzo. Lo mollò di colpo e Riccardo trattenne una risata.
“Sara andiamo? Sono leggermente stanco per il viaggio” disse alzandosi.
<< ma come?! Proprio ora che iniziava il divertimento? >>. Mi alzai prendendo la piccola borsa che avevo portato.
“io però ho solo le chiavi di Milano, quelle di casa qui non le ho” dissi, ricordandomi di averle lasciate a casa, mentre fissai l’Elena.. aprofittandone per prendermi la mia piccola rivincita.
“tanto avresti dormito da me comunque” disse quasi minaccioso. O si stava arrabbiando per le mie provocazioni all’Elena o si era arrabbiato ripensando al casino successo a casa dei miei quando avevano saputo che mi sarei trasferita..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ok, prometto che il prossimo capitolo non si intitolerà ancora Due Giorni Insieme..
ammetto che sia una sfilza pesante.. scusate..

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Capitolo 8
*** A come Anonimo. ***


Le rimanenti due settimane le passammo a Milano, da me, ma volarono troppo in fretta per i miei gusti.
Finirono le vacanze e iniziarono le lezioni..
Finirono i pomeriggi di chiacchiere con Riccardo e iniziarono i pomeriggi di studio..
Finirono le mattine di risveglio abbracciata a Riccardo e iniziarono quelle di solitudine..
Finirono le giornate passate in suo compagnia e iniziarono le giornate in facoltà..
Finì la tranquillità e iniziarono i problemi..
 
Per tutto il primo mese fummo, entrambi, immersi dagli esami di valutazione iniziale e riuscimmo a sentirci solo una sera. Lui non riuscì a venire a Milano e, anche se fosse venuto, io non avrei avuto, comunque, il tempo per stare con lui.. nemmeno nei week end.
Il secondo mese si raddrizzarono un po’ di cose. Riuscimmo a sentirci tutte le sere e riuscì a venire per il primo fine settimana poi, di volta in volta, saltava fuori qualche nuovo impegno che gli impediva di raggiungermi.. sarei potuta andare io da lui ma, essendo impegnato con la nostra vecchia scuola a controllare che il ministero inviasse i diplomi in modo corretto, non avremmo avuto, comunque, il tempo per vederci, aggiungendoci le sue partite di calcio e gli allenamenti che gli impegnavano cinque sere a settimana.
 
Anche questo week-end Riccardo non sarebbe riuscito a venire.. impegnato com’era non potevo aspettarmi altro..
Mi sedetti sul divano con un misero pacchetto di schiacciatine in mano.. il mio pranzo. Presi il libro di Storia Del Diritto e ripresi a studiarlo.. avevo quasi finito ma quello sarebbe stato il primo esame che avrei dovuto dare e mancavano solo due mesi.. avevo, inoltre, intenzione di dare due esami una volta rientrata dalle ‘vacane di Natale’ quindi dovevo darmi una mossa.
Sentii suonare il citofono e mi alzai senza aver fatto nemmeno in tempo ad aprire il libro. Andai a vedere chi fosse ma non si vedeva nulla. Chiesi chi fosse e mi risposero che c’era un pacco per me. Un tipo mi mostrò il mio nome su un bigliettino dicendo che dovevo scendere a prenderlo. Aprii il cancello e presi le chiavi. Scesi le scale con molta calma e poi corsi fuori, mi trovai il tipo che avevo visto prima davanti, sorridente, e vidi che aveva la divisa di un fiorista. Mi consegnò un mazzo di rose e se ne andò. Sorrisi pensando che fossero di Riccardo e aprii veloce il bigliettino che avevo visto dal video citofono. ‘vorrei uscire con te.. ti passo a prendere questa sera, cosa ne dici?! A.’. Rimasi incredula.. non erano di Riccardo..
<< A. >> pensai a chi potessero appartenere quella firma e quella calligrafia ma non le riconobbi. Guardai le rose.. erano belle.. molto, avrei potuto accettare le rose ma non rispondere al campanello fingendo di non essere in casa.. in fondo che male c’era?!
Mi voltai e aprii il cancello con le chiavi. Prima ancora di riuscire a entrare due mani mi coprirono gli occhi tirandomi indietro. Sbattei contro il petto di qualcuno e presi paura, cercai di liberarmi ma nel momento in cui cercai di divincolarmi ne riconobbi il profumo.
“amore!” trillai voltandomi e saltandogli in braccio. Mi gaurdò curioso e io mi bloccai pensando al mazzo di rose che avevo in mano.
“di chi sono?” chiese indicando le rose. Le fissai a mia volta.
“non lo so.. era firmato A. ma mi dispiaceva buttarle, sono così belle..” ammisi. Mi guardò sorridendo.
“mi devo fidare?” disse guardandomi serio. Annuii.
“se vuoi le butto” risposi. Rise tirandomi a se. Mi diede un leggero bacio, poi si staccò guardandomi.
“è stato bello vedere la tua faccia quando hai letto il bigliettino..” ammise “puoi tenerle sono mie”. Mi tirò a se baciandomi ancora e io sorrisi.
“sei un bastardo lo sai?!” dissi.
“sarebbe stato troppo scontato ricevere un mazzo di rose con un bigliettino scritto da me.. ho preferito farti un piccolo scherzetto” disse aprendo il cancello. Mi fece entrare e mi seguì. Aprì anche il portone e quando fummo davanti alle scale mi prese in braccio. Salì i tre piani senza difficoltà e quando arrivammo davanti alla porta aprì senza posarmi. Mi mise giù solo quando fummo in sala, rigorosamente sul divano. Si sedette affianco a me e lo baciai contenta.
“amore vuoi farti una doccia per rilassarti o preferisci stenderti?” chiesi accarezzandogli la testa dolcemente.
“è meglio se faccio una doccia” ammise. Gli sorrisi e annuii.
“ok” dissi dandogli un bacetto “hai mangiato o vuoi che cucino qualcosina?”.
“non ho mangiato ma puoi riposarti tranquilla” disse alzandosi. Mi diede un bacio poi andò in bagno a lavarsi.
Mi alzai e corsi in cucina. Misi le rose capovolte poi iniziai a preparargli della pasta. Feci della semplice carbonara, l’unica cosa che sarei riuscita a preparare in così poco tempo, ma gliene feci due piatti abbondanti. Quando uscì dalla doccia avevo appena buttato la pasta.
Apparecchiai per entrambi e mi sedetti in braccio a lui.
“va meglio?” chiesi abbracciandolo. Annuì.
“decisamente si..” disse guardandomi per poi voltarsi verso i fornelli “ti avevo detto che potevi riposarti..”.
“non ho fatto nulla di particolare” dissi facendo spallucce. “semplice carbonara, ma non ti lascio senza mangiare”.
“ovviamente cuciniamo solo quando Riccardo viene, tanto se non si mangia non fa nulla” disse rimproverandomi.
“ma io mi arrangio” ammisi, sapendo che comunque non me l’avrebbe fatta passare liscia, ogni volta mi rimproverava per lo stesso motivo: a detta sua mangiavo troppo poco..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
gli impegni nei fine settimana di controllo per i diplomi non sono una balla..
quando mi sono diplomata io il ministero aveva sbagliato a stampare i diplomi di tutti (tutte le scuole) e i segretari hanno dovuto provvedere a controllarli tutti (e intendo controllare ogni minimo decoro)..
peccato solo che nella nostra scuola sia toccato ai rappresentanti di classe perché a detta del personale ATA non spettava a loro e quindi sono andati gli studenti ogni sabato. -.-"

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Capitolo 9
*** Gabriele. ***


Mi sedetti in braccio a lui dopo aver sparecchiato e iniziai a richiamare la sua attenzione baciandogli il collo e mordendoglielo di tanto in tanto. Sulle prime cercò di ignorarmi poi cedette. Mi prese in braccio baciandomi e mi portò in camera. Mi appoggiò al centro del letto e io mi sdraiai tirandomelo dietro.
Prima mi accarezzò, baciandomi, poi iniziò a spogliarmi. Sollevò al maglia senza toglierla e mi sfilò i jeans mentre io gli tolsi la maglia e passai con le mani sui suoi muscoli.  Tastai addominali, pettorali e dorsali senza perdermi un solo centimetro.. Dio quanto mi era mancato!
Dopo poco riprese il possesso della mia maglia e la tolse. Gli tolsi i pantaloni ma non andai oltre.. e nemmeno lui.
Il suono del mio cellulare ci interruppe.. lo odiai.. profondamente.
Si ‘arrotolò’ ritrovandosi sdraiato affianco a me mentre io mi allungai a rispondere.
“ponto!” dissi scorbutica. Silenzio. “pronto!”. Aumentai il tono alterata e sentii balbettare.
“hem.. si.. ecco..”. Ancora silenzio. Sbuffai. “sono.. sono Gabriele”.
“Gabriele?” chiesi dubbiosa guardando Riccardo. Scattò seduto.
“si, faccio giurisprudenza anche io, mi ha dato il tuo numero Luisa” disse.
“Luisa.. si” dissi confermando di conoscerla.. << questa me la pagherà.. >>.
“le ho chiesto io di darmi il tuo numero” ammise timido. “volevo sapere se.. se ti andrebbe di uscire stasera”. << perfetto.. e io ora come rifiuto senza offenderlo? >>.
“mi dispiace ma non posso” dissi, sperando che ci mollasse.
“ah, e domani?” chiese.
“nemmeno”.
“ah.. vabbè dimmi tu quando sei libera”. La sua timidezza sparì quando iniziai ad essere gentile.
“non credo sia possibile”. Guardai Riccardo leggermente contrariata.
“ma non ho fretta tranquilla, anche la prossima settimana”.
“Gabriele sono fidanzata, non uscirò con te”. Quella telefonata stava iniziando a stressarmi.
“almeno le balle inventale migliori” urlò. Riccardo mi strappò il telefono di mano e se lo portò all’orecchio.
“prova ancora a urlarle contro e ti rovino. Ora se permetti avremmo da fare.” Gli attaccò il telefono in faccia e mi guardò male. “Gabriele?”.
“ha avuto il mio numero da Luisa.. lunedì mi sente!” dissi giustificandomi.
“vorrei proprio vederlo questo Gabriele” disse arrabbiato.
“io no..” dichiarai. Gli presi il telefono e lo misi sul comodino andandomi a risedere in braccio a lui. Cercai di riprendere da dove eravamo stati interrotti ma il mio telefono suonò ancora.. questa volta era un messaggio.
Riccardo fu più veloce di me e lo prese aprendolo. Gli andai dietro e abbracciandolo mi intrufolai sulla sua spalla leggendolo insieme a lui.
‘tutti sono capaci di far parlare un amico per difendersi.. ma io non demordo.. ci vediamo in facoltà’. Vidi Riccardo rispondergli.
‘perché non subito allora?’. Feci una smorfia.
“amore lascia perdere dai” dissi, cercando di persuaderlo dal suo intento.
“vediamo cosa risponde” disse. La risposta arrivò subito.
‘io sono sotto casa tua perché non scendi?’. Riccardo scattò spingendomi via. Recuperò i vestiti e corse fuori. Quando sentii chiudersi la porta io avevo ancora la mia maglia in mano. Me la infilai correndo fuori e scesi le scale scalza.
Li trovai uno di fronte all’altro.
Gabriele basso e mingherlino.. Riccardo alto e muscoloso.
Gabriele terrorizzato.. Riccardo incazzato.
Mi piazzai in mezzo appoggiando le mani sul petto di Riccardo.
“amore lascia stare dai” dissi terrorizzata. Gli sarebbe bastato un solo schiaffo per metterlo k.o. .. e Riccardo non era certo uno che si limitava a un misero schiaffo. Mi voltai verso Gabriele. “cancella il mio numero e dì a Luisa che faremo poi i conti e non deve più permettersi di dare il mio numero e il mio indirizzo in giro” dissi alterata.
“lo ha dato solo a me.. e per una giusta causa.. chi mi dice che lui non sia solo un vicino di casa?” << ma allora dillo che te le cerchi >>. Sentii Riccardo scattare ma lo bloccai abbracciandolo. Lo ammonii in dialetto veronese, sapendo che Gabriele non avrebbe capito, e Riccardo mi rispose nello stesso modo. Gli dissi che non ne valeva la pena e lui lo guardò.
“ringrazia che ci sia stata lei a fermarmi o non sarebbe finita così semplicemente” disse. Lo spinsi dentro il cancello e lo chiusi tirando un sospiro di sollievo.
“facciamo i conti lunedì” sussurrò, Gabriele, cattivo in mia direzione. Riccardo si voltò.
“prova a toccarla e finisci male” lo minacciò.
“amore buono su”.
Tornammo in casa e iniziò a urlarmi dietro.
Litigammo per due ore piene urlandoci dietro. Lui diceva che non avrei dovuto fermarlo ma che se lo avevo fatto significava che mi piaceva io dicevo che lo avevo fermato solo per evitare di farlo finire nei casi e, né io né lui, eravamo disposti a darla vinta all’altro.
La discussione finì quando disse che se era capitolato in così poco tempo era perché, evidentemente, avevo fatto la troia. La mia mano volò sulla sua guancia lasciandogli il segno delle cinque dita. Mi chiusi in camera dopo avergli urlato contro che era uno stronzo e non uscii da li per ore.
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
che bella litigata vero?! Chissà ora cosa combineranno.

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Capitolo 10
*** Ricordi (parte 1). ***


Rimasi chiusa in camera per tutto il pomeriggio.. arrabbiata, triste, umiliata e ferita.
Uscii solo dopo parecchie ore e lo trovai appoggiato al muro affianco alla porta. Lo guardai in cagnesco e lui si alzò avvicinandosi.
“scusami” disse prendendomi la mano. La tirai indietro cattiva. “non pensavo veramente quelle cose, ero arrabbiato con quel cretino.. scusami”
“quando si è arrabbiati si dicono le cose che non si ha il coraggio di dire normalmente.. ma che si pensano” dissi arrabbiata.
“sai che non è così” rispose prendendomi, nuovamente, la mano.
“no, non lo so.. eri molto convinto di quello che hai detto!”. Ero acida, ma avevo tutti i motivi per esserlo.
“guardami e dimmi se potrei mai pensare quello che ho detto” disse. Mi voltai dall’altro lato e lui si chinò fino ad arrivare alla mi altezza. “Guardami”. Obbedii. “potrei mai pensare quelle cose? Di te per di più?!”
“no” sussurrai distogliendo lo sguardo. Mi prese il viso sorridendomi.
“esatto..” disse. Mi tirò a se abbracciandomi e io lo lasciai fare rimpicciolendomi contro al suo petto.
“ci sono rimasta male” ammisi. << parecchio male >>.
“sarebbe strano il contrario” disse stringendomi più forte. Mi diede un bacio sulla testa e mi coccolò fino a quando non mi liberai.
“hai fame?” chiesi. Annuì. Mi incamminai verso la cucina ma mi bloccò abbracciandomi.
“ti porto fuori” disse dolce.
“tranquillo, non ce n’è bisogno” risposi.
“vero.. non è necessario.. ma voglio portarti fuori” disse dolce.
Lo accontentai. Andammo in camera a toglierci la tuta per metterci qualcosa di migliore addosso, poi uscimmo. Chiusi la porta di casa e mi abbracciò. Uscimmo così, ridendo e scherzando come se, solo qualche ora prima, non avessimo litigato.
Varcammo il portone del condominio con me che camminavo all’indietro in preda alle risate e lui che mi teneva stretta facendomi il solletico. Si fermò fissando un punto alle mie spalle e io mi voltai a guardare.
Trovai Gabriele seduto sul cornicione del marciapiede. Sbuffai. Riccardo iniziò a respirare velocemente io gli strinsi la mano.
“lascialo stare, andiamo a mangiare” sussurrai verso di lui. Annuì e riprese a camminare. Lo sorpassammo ignorandolo e mi aprì la portiera per farmi salire in auto. La richiuse e salì a sua volta.
Partì ignorandolo e gli sorrisi. Ricambiò prendendomi la mano e portandola sul cambio intrecciata alla sua.
 

*Riccardo*

 
La presi in braccio e chiusi la macchina. Istintivamente si accucciò meglio nel mio abbraccio e io sorrisi. Frugai nella sua borsetta cercando le chiavi di casa sua, stando attento a non svegliarla. Le trovai.
Mi incamminai, sorreggendola senza fatica, verso il cancello del palazzo e ci trovai ancora Gabriele davanti. Lo sorpassai evitandolo e aprii. Entrai, chiudendogli il cancello in faccia ancora prima che riuscisse ad avvicinarsi.
“apri” sibilò cattivo.
“tornatene a casa” dissi calmo. Aprii il portone e lo richiusi troncando quella discussione sul nascere. Salii ed entrai in casa. La posai sul letto e le tolsi scarpe e vestito. Mi spogliai e mi stesi affianco a lei che, appena sentì il movimento del letto, si avvicinò e si accucciò su di me. Sorrisi stringendola tra le braccia e le baciai la fronte. Cominciai a coccolarla un po’ ma non distolsi lo sguardo dal suo viso.. ero come rapito..
Ripercorsi mentalmente gli ultimi mesi.. pensai al giorno in cui mi aveva dato i biglietti del concerto..
 
“ti piacciono i Bon Jovi?” chiese, lasciandomi di sasso
“eh?”. Quasi balbettai dalla sorpresa.
“stamattina ho sentito che li ascoltavi” disse. La guardai male.. << cos’è ora mi spia? >>.
“quindi?” chiesi leggermente alterato. Prese il suo portafoglio dalla borsa che aveva e tirò fuori una busta, poi un biglietto.
“sarei dovuta andarci con una mia amica ma non riesce a venire” disse facendo una smorfia “andrebbe perso.. e sarebbe un peccato”. Presi il biglietto in mano e lo guardai, strabuzzai gli occhi notando i posi.. erano i migliori..
“veramente non posso” dissi cercando di non dare a vedere quanto in realtà mi costasse rifiutare.. quei biglietti erano introvabili oramai. Le riallungai il biglietto ma indietreggiò impaurita.
“non ti sto chiedendo di uscire, andrebbe realmente perso, dovrei buttarlo, non sei vincolato a venirci con me ma mi sembra un peccato sprecarlo sapendo che più o meno ti piacciono.. se non vuoi venire sei liberissimo di buttarlo ma non restituirmelo, non saprei cosa farmene!” disse, poi prese la borsa e uscì.

 
Istintivamente la strinsi più forte. Allora non avevo compreso il motivo del suo indietreggiare terrorizzata ma ora sapevo tutto quanto.. e sapevo tutto perché, alla fine, avevo deciso di accettare quel biglietto.
Ammetto che ero tentato di andarci da solo, come lei stessa aveva proposto.. sarei andato la e avrei fatto finta di non conoscerla.. ma mia mamma, devotissima alle buone maniere, mi aveva imposto di andare con lei, come simbolo di gratitudine.. l’avevo odiata, lo ricordo bene, eppure ora ero felice di averle dato ascolto.
Guardai Sara dopo essermi, momentaneamente, distratto con quel ricordo e le diedi un leggero bacio sul collo.
Quante ne aveva passate questo povero corpo?! Aveva il diritto di essere amato e coccolato!
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
voglio provare a cimentarmi a scrivere sotto il punto di vista di Riccardo. Non sarà semplice ma spero di riuscirci.. spero che il capitolo vi sia piaciuto..

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Capitolo 11
*** Ricordi (parte 2). ***


La osservai dopo averle liberato il collo dalle mie labbra e notai, dalla sua reazione, che le avevo baciato l’unico punto ancora sensibile. Si chiuse a riccio, rabbrividendo. La liberai dal mio abbraccio voltandomi a guardare il soffitto buio.
<< l’hanno rovinata.. >>.
Per quanto le sia passato il terrore del contatto fisico inconsciamente ne ha ancora paura.
Ripensai a come avevo scoperto della sua aptofobia1.
 
Arrivai a casa sua e uno dei vari maggiordomi mi fece entrare. Mi disse di seguirlo nel salone principale e così feci.. o meglio: tentai. Non varcai mai la soglia.
“non azzardarti mai più a rispondermi con quell’aria strafottente. Non sei nessuno per poterti permettere di rivolgermi la parola” disse Matteo stringendole il collo e spingendola di lato, facendola cadere in terra. Si voltò verso di lui ma si pietrificò quando notò che ero dalla porta. Non riuscivo a credere ai miei occhi.. non poteva essere vero quello che avevo davanti.. “sei solo una sostituzione.. anzi, nemmeno quello, non ne sei degna!”. Matteo le si parò davanti chinandosi e prendendole il viso tra le mani con cattiveria, ma lei non lo guardò.. strinsi i pugni e mi mossi verso di lui per fermarlo ma lo stesso maggiordomo, che mi aveva accompagnato fino al salone, mi disse di non farlo.
“se lei reagirà la signorina avrà solo una punizione maggiore” disse a capo chino, sparendo dietro il muro.
Mi fermai, come mi era stato detto, e notai che Sara mi stava fissando. Serrai i pugni agghiacciato dalla frase così spontanea del maggiordomo e rimasi a fissare la scena. Fortunatamente Matteo si accorse che lei fisava oltre e si voltò, liberandola. Mi incenerì con un’occhiataccia ma me ne fregai. Si rivoltò verso Sara e si chinò sussurrandole qualcosa all’orecchio, poi se ne andò.
Sara si alzò, come se nulla fosse, e mi raggiunse mentre io rimasi zitto.. non sapevo casa dire..

 
Serrai i pugni arrabbiato ripensando a tutto quello che aveva patito. Eppure ero riuscito a fargliela pagare.
Ripensai a quando ero riuscito a mettergli le mani addosso e sorrisi soddisfatto.
 
Mi trovai Matteo davanti durante l’intervallo. Mi sorpasso e prese Sara per il braccio portandola fuori. Non li seguii. Sapevo già cosa sarebbe successo.. erano giorni che si ripeteva la stessa storia.
Eravamo da poco tornati dalla gita a Mykonos e, grazie a delle nostre compagne di classe, tutta la scuola credeva che lei fosse venuta a letto con me. Ce ne fregavamo altamente entrambi.. sapevamo che non era vero, ma suo cugino non tollerava l’idea.
A fine intervallo entrò sbuffando e io mi trattenni dal ridere. Mi guardò male sedendosi affianco a me e prese fuori i libri.
Tutto era tranquillo, o così credevo..
Il giorno successivo la vidi entrare in classe con il braccio ingessato. Sbiancai.
Tutti iniziarono a dire che, probabilmente, era caduta da cavallo e lei confermò quella teoria quando i professori le chiesero cosa fosse successo. La grossa sciarpa che portava legata al collo, però, era per coprire i lividi. Sapevo fin troppo bene che quella del cavallo era una scusa. Jersey era una puledra estremamente docile e Sara l’aveva cresciuta.. non si sarebbe mai ribellata a lei..
La conferma la ebbi quando la vidi scrivermi un bigliettino. Lo lessi, con non poche difficoltà.. lei scriveva bene.. ma non con la sinistra!
Mi chiese di andare a casa sua nel pomeriggio. Capii che era terrorizzata di rimanere sola e accettai.
Quando uscimmo da scuola andammo subito a casa sua. Theodor era venuto a prenderla e mi accodai.
Passammo tutto il pomeriggio in silenzio, tranquilli, poi cucinò. La seguii in cucina per controllare che non facesse danni, poi, a cena cucinata, ci sedemmo per mangiare.
“apri questa porta” urlò, Matteo, da fuori, sbattendo i pugni contro la porta.
“ferma li” dissi indicandola minaccioso per poi andare ad aprire la porta.
“tu..”. La voce di Matteo si marcò vedendomi.
“si, la cosa ti crea qualche problema?” chiesi, chiaramente, ironico.
“devo parlare con lei, fuori” disse mentre cercò di entrare ma lo bloccai chiudendogli il passaggio con il braccio.
“le puoi parlare anche da qui”.
“tu stanne fuori.. a lei ci penso io!”.
“no.. a lei ci penso io!” dissi chiudendogli la porta in faccia. Diedi le mandate e tornai a sedermi davanti a Sara. Ripresi a mangiare mentre lei mi fissava, sbalordita. “cosa c’è?” chiesi.
“tu sai che questa te la farà pagare vero?!” disse sconcertata.. << non vedo l’ora.. >>.
“che si avvicini, non aspetto altro che ridurlo come lui ha ridotto te!” dissi fissandola.
E fortunatamente provò veramente a vendicarsi.
Me lo ritrovai davanti, qualche ora dopo, mentre guardavo Sara cavalcare Jersey nella ‘piccola’ arena di sabbia che le avevano fatto appositamente costruire per poterla cavalcare anche con il brutto tempo.
“stalle lontano” mi minacciò.
“se me lo chiederà lei si” dissi calmo. Mi spinse ma non reagii.
“è mia cugina, so io cosa merita o no, tu fatti i fatti tuoi” disse cattivo.
“il trattamento che le riservi non se lo merita.. non è colpa sua se suo fratello è morto.. lei non era ancora nata!” sibillai acido.
“come no” disse. Cercò di tirarmi un pugno ma lo evitai. Ci riprovò ma lo bloccai.
Nel giro di poco la situazione si ribaltò. Tutto quello che lui aveva sempre fatto a Sara ora lo subiva.
Mi fermai quando vidi che non si reggeva più in piedi. Lo lasciai cadere e mi chinai su di lui.
“toccala ancora e questo sarà solo un assaggio!” dissi andando nella scuderia, dove Sara era entrata appena aveva visto arrivare suo cugino..


Eppure lo aveva fatto. Aveva cercato di metterle ancora le mani addosso.
Era successo un pomeriggio, eravamo a casa e, mentre io giocavo col cellulare in camera sua, lei andò ad aprire la porta.
Sentii un vaso rompersi dopo pochi secondi e andai a controllare cosa stesse succedendo.
Vidi Sara contro il muro con Matteo addosso a lei.
Ribaltai la situazione in poco tempo..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
modalità ‘sapientino’: on √
1 - l’aptofobia o afefobia è la paura del contatto fisico con le persone..

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Capitolo 12
*** Discorsi universitari. ***


Mi svegliai trovandomi sola nel letto.. feci una smorfia contraria.. << dov’è Ricky?! >>.
Mi rivoltai nel letto, ancora assonnata, sperando di trovare la luce del bagno accesa.
Spenta. Mi alzai per andare a cercarlo. << la casa è un buco.. non può essere sparito.. >>.
Andai in cucina e non lo trovai, mi affacciai in sala e non lo vidi nemmeno li.. i balconi erano chiusi e non poteva essere certamente li. Tornai in camera e recuperai il mio cellulare, chiamandolo.. non rispose.
Mi ributtai sul letto e formai un stella occupandolo tutto.
Aspettai per mezz’ora, col rischio di riaddormentarmi, poi sentii la porta aprirsi. Mi rialzai e mi incamminai, assonnata, verso la porta. Camminai, a occhi chiusi, tastando davanti a me per non inciampare.. abitavo in quella casa da troppo poco tempo perché riuscissi già a muovermi al buio senza fare danni.
Mi sentii abbracciare da dietro e ne riconobbi il profumo. Mi appoggiai con la testa al suo petto e lasciai che mi prendesse in braccio.
“dov’eri?” chiesi, biascicando.
“al bar qui di fronte” disse sedendosi su una sedia della cucina e prendendomi in braccio.
“come mai?” chiesi, anche questa volta biascicando.
“ho preso la colazione” disse ridendo. Mi nascosi nell’incavo del suo collo, assonnata, e lui si voltò dandomi un leggero bacio sulla fronte.
“ho sonno” ammisi.
“ecco perché ti ho fatto fare un cappuccino con doppio caffè” disse sereno. “poi ti ho preso una brioche alla marmellata”. Lo sentii aprire il sacchetto di carta e io feci una smorfia contrariata.. << non mi piace la marmellata.. >>. “treccia ai frutti di bosco”. Mi ritrovai improvvisamente sveglia e pimpante. Rise. “pensavi davvero che ti avrei preso una brioche normale? So che mangi solo questa”. Me la passò e io mi illuminai, contenta.
“grazie” dissi col sorriso ma me la strappò di mano.
“no, cambio idea.. ti mangi la mia.. così impari a dubitare di me” disse.
“non mi piace l’integrale con il miele” dissi imitando una bimba. Mi guardò.
“non ti ci vedo proprio nei panni della bimba piccola” disse ridendo.
“antipatico” dissi facendogli la linguaccia. Riuscii a riprendermi la mia brioche in  mano e l’addentai impossessandomi anche del brik con il cappuccino. Mi abbracciò, baciandomi la spalla, poi prese la sua roba e fece colazione con me..
Il tempo che lui impiegò per bersi due latti macchiati e mangiarsi tre brioche io lo impiegai per bere un cappuccio e mangiare una brioche.. e avanzai anche del tempo visto che dovette aspettare che finissi.
Mi guardò mentre detti gli ultimi morsi e bevvi gli ultimi sorsi.. era sorridente, in pace con se stesso. Sorrisi di rimando.
“come mia tanto allegro?” chiesi. Fece spallucce.
“sono sereno, tutto qui.. non c’è un motivo particolare” disse.
“hai già iniziato a studiare?” chiesi.
“non ricordarmelo.. avevo intenzione di togliermi due esami a gennaio ma mi sa che ne farò uno a gennaio e uno a febbraio” ammise, stravolto. Mi alzai e gli andai alle spalle, iniziando a massaggiargliele un po’. “tu?”
“probabilmente darò sia Storia Del Diritto che Filosofia Del Diritto tornata della vacanze, voglio lasciarmi più spazio per Diritto Romano ma vorrei darlo comunque prima di aprile per non accavallarlo con Diritto Costituzionale o Diritto Privato che sono i più voluminosi, ma non so ancora quale darò a giugno e quale a luglio.. ma sarà un casino averli così vicini” ammisi. Notai che mi fissava incredulo.
“io so a malapena quale dare a gennaio e tu mi parli già di luglio.. sei assurda amore” disse schietto.
“grazie”. Mi finsi offesa poi scoppiai a ridere e mi risedetti in braccio a lui. “sai che amo Diritto.. sono andata contro ai miei genitori per iscrivermi a Giurisprudenza e non ad Ingegneria dovevi aspettartelo!”.
“esattamente come mi aspetto che tra cinque anni tornerai a Verona stringendo la tua laurea magistrale in mano.. sarai l’unica che non uscirà fuori corso.. questo è poco ma sicuro!” disse, poi mi diede un bacio. Sorrisi.
“probabile” dissi quando si staccò. “tu sei messo meglio.. hai scelto la triennale, come mai?”. Di quello non avevamo mai parlato, anche se effettivamente parlavamo tutti i giorni delle nostre facoltà, anche prima che iniziassimo l’anno accademico.
“la magistrale offriva corsi che non mi interessavano.. così ho scelto la triennale. Farò poi il passaggio per la specializzazione.. ma per il momento sono interessato a più corsi” ammise.
“prendi un foglio bianco, una squadra e una matita e sei nel tuo mondo” dissi accarezzandolo.
“più o meno come lo sei tu tra codice civile, penale e costituzione” disse.
“dimentichi i testi unici e le varie leggi collegate”. Lo presi in giro e lui annuì dandomi corda..
Che bello era stare con lui.. si rideva e scherzava in continuazione..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
anche questo è andato..
premetto che per le descrizioni delle facoltà sono molto più portata per quelle di giurisprudenza, forse perché l’ho frequentata e so di cosa parlo.. mentre con architettura dovrei arrampicarmi sugli specchi..
farò però la brava e mi informerò (santo internet ù.ù) per rendere la storia più articolata..

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Capitolo 13
*** Messaggi indesiderati. ***


Arriverò presto, però, il momento di separarci.
Riccardo, infatti, partì la domenica sera per tornare a Verona e io mi ritrovai ancora sola.
Ripresi a studiare, sperando che la settimana finisse in fretta in modo da poterlo vedere ancora. Purtroppo, però, lo studio ci portò via troppo tempo e non riuscimmo a vederci.
 
Passarono le vacanze e appena la mia facoltà riaprì detti i due esami che avevo prenotato.
Feci il primo e dopo una settimana l’altro. Entrambe le volte mandai un messaggio con il voto a Riccardo, ma non ricevetti mai risposta.. immerso com’era nello studio aveva pochissimo tempo da poter perdere dietro al cellulare, ed era normalissimo..
Il giorno dopo il mio secondo esame mi arrivò un suo messaggio.
‘Lode’. Capii subito cosa significasse. Lo chiamai entusiasta.
Scoprii che aveva dato Analisi Matematica I ed era a buon punto anche con Curve E Superfici Per L'architettura. Ma soprattutto scoprii che era appena partito per venire a trovarmi.. mi illuminai a quella notizia.. era solo martedì quindi sarebbe rimasto per quasi un’intera settimana a Milano.
Lo lasciai guidare in santa pace e ne approfittai per andare a fare spesa.
Rifornii completamente la dispensa, quasi vuota, di casa.. comprai tutto quello che, ero certa, avrebbe mangiato volentieri poi tornai a casa. Scaricai la spesa e iniziai a preparare subito qualcosa che avrebbe potuto mangiare appena arrivato.
Misi l’acqua sul fuoco e ci aggiunsi un pezzo di carne e delle verdure per preparare il brodo.
Lasciai fuori i capelletti e apparecchiai, anche se era ancora presto.
Dopo due ore sentii il citofono suonare. Mi alzai e aprii vedendolo nel video. Corsi in cucina e buttai i cappelletti nel brodo poi andai dalla porta e gli aprii. Aspettai che arrivasse poi gli saltai in braccio baciandolo, contenta.
Lo feci quasi cadere per la sorpresa e quando notai la piccola valigia che aveva portato decisi di scendere. Entrò e io lo seguii. Andai in cucina mentre lui svuotò la valigia in camera mia, dopo che gli ebbi liberato un cassetto dell’armadio.
Lo chiamai a mangiare e gli misi il piatto, fumante e strabordante, davanti.
Mangiammo tranquilli poi lo mandai a farsi una doccia mentre sparecchiai..
 

*Riccardo*

 
Sentii il suo cellulare squillare. Mi voltai per prenderlo. << ma chi cavolo è che le manda messaggi a notte fonda?! >>. Aprii il messaggio, assonnato, e lo lessi.. rimasi incredulo.
La sentii voltarsi nel letto e si appoggiò a me. La spostai, in malo modo, e lei si svegliò.
“che succede?” chiese assonnata.
“dimmelo tu cosa succede” dissi acido. Si mise a sedere, rimanendo coperta dal piumone. Accese l’abatjour sul comodino e mi guardò interrogativa.
“cosa succede?” chiese nuovamente. Voltai il cellulare in sua direzione.
“mi manchi amore.. perché non rispondi ai miei messaggi?” dissi, recitando il messaggio.. corto ma sostanzioso.. strabuzzò gli occhi.
“amore ma dai i numeri?” chiese. La guardai male.
“non sto scherzando Sara!” dissi, fermo. Prese il suo cellulare e lo guardò.
“avranno sbagliato numero.. non so chi sia.. non è nemmeno salvato in rubrica” disse piano.
“certo.. come no”. Mi alzai, rimettendomi i boxer e uscii dalla camera. La sentii corrermi dietro e mi fermò prendendomi il polso. Mi voltai e la incenerii con lo sguardo.
“chiama.. non ho problemi.. non so chi sia”.
“non si mandano messaggi del genere ad un numero sbagliato”. Ero incazzato.. parecchio.
Schiacciò il tasto verde e fece partire la chiamata mettendo il vivavoce. Fece uno squillo poi le deviarono la chiamata.
“visto? Perché non rispondere se conosci il numero?” disse. Le presi il cellulare dalle mani e provai a richiamare. Ma deviarono, ancora, la chiamata.
Tornai in camera, seguito da lei, e presi il mio telefono. Digitai il numero e chiamai con il mio. Non mi risposero.. attaccarono anche a me dopo il primo squillo.. ma il nome comparse ugualmente. “cosa c’è?” chiese, notando la mia espressione. Ci ero rimasto di sale.. lo ammetto.
“è il numero di un mio compagno di università” ammisi. Mi tirò uno schiaffo sul braccio.. me lo meritavo..
“e di grazia, spiegami io come facevo a conoscerlo” disse cattiva. Mi grattai la testa, colpevole.
“scusa” dissi piano.
“possiamo tornare a letto?” chiese. Annuii guardandola. Sorrisi e la tirai a me baciandole il lato del collo.
“sei troppo bassa, mi devo sempre chinare io” dissi prendendola in giro mentre, con la sua schiena schiacciata contro il mio petto, la spingevo, piano, vero il letto.
“trovatene un’altra più altra” disse in una smorfia, cercando di reggermi il gioco. La presi in braccio.
“no.. non voglio un’altra.. mi accontento della mia nanetta”. La baciai continuando a camminare e quando arrivai dal letto ce la posai sopra. Mi sdraiai affianco a lei e l’abbracciai.. l’indomani avrebbe avuto lezione.. doveva riposare.
“buona notte” sussurrò.
“buona notte.. ti amo” risposi. La sentii farsi più piccola, se possibile, contro il mio abbraccio e la strinsi più forte, immaginandola sorridente..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ok.. io ho fatto la brava e mi sono informata sui corsi inerenti gli studi del nostro Riccardo.. ma se ci saranno errori di materie, siate clementi!
Per il resto.. avete via libera..

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Capitolo 14
*** Imbarazzo insensato. ***


*Sara*

 
Mi svegliai abbracciata a lui. Spensi subito la sveglia e mi alzai piano. Andai in bagno e mi preparai per andare in facoltà..
Dopo un’ora parcheggiai la macchina davanti alle imponenti aule.
Presi la borsa con i libri e andai dentro, stando attenta a non scivolare sul ghiaccio. << freddo.. >>.
Mi rifugiai in aula attaccandomi ad uno dei piccoli termosifoni, che senza condizionatore impostato in modalità invernale avrebbero fatto ben poco per quell'ambiente così grande, e lasciai che le mie mani riprendessero sensibilità.. pochi metri senza riscaldamento era bastati a farmi gelare!
Mi guardai intorno.. << se Riccardo fosse qui criticherebbe ogni singolo angolo! >>.
ogni aula era un padiglione a sè sgtante.. il tuto era stato costruito senza un minimo di riguardo verso l'architettura. Erano solo quattro mura messe in croce, bianche, con un soffitto di a vetrata, ma non decorata.. una semplice lastra di vetro per dare più illuminazione e nulla più.
Nulla era stato personalizzato, in nessuna aula.. oltre alla porta, dove avevano avuto la grazia di appendere una targhetta con il nome della materia che si sarebbe svolta in ogni padiglione.
Aspettai la docente senza conversare con nessuno e quando arrivò ci sedemmo tutti ai nostri posti. Mi tolsi, solo in quel momento, la giacca e presi fuori tutto il necessario per gli appunti.
 
Seguii le 5 ore di lezione, intervallate solo da 10 minuti di pausa, senza fiatare.
Più volte Luisa aveva provato a parlarmi ma ogni volta l’avevo sempre ignorata.. da quando aveva dato il mio numero a Gabriele, sostenendo di aver ragione, avevo smesso di rivolgerle la parola.. avevo dovuto cambiare numero perché, quel cretino, non si rassegnava e io, certamente, non avevo voglia di litigare con Riccardo.
Uscii alle 14.00 da quel ‘carcere’, ma la temperatura esterna mi fece venire voglia di non finire le lezioni..
“porca miseria che figo” disse Monica. Mi voltai verso di lei, senza guardare nella sua stessa direzione e la vidi a bocca, letteralmente, spalancata. Risi.
“nemmeno fosse Alain Delon in persona” dissi, continuando a ridere.
“no meglio.. è un Adone misto ad un Dio Greco” rispose Monica.
“io aggiungerei che ha anche qualcosa che ricorda i Bronzi di Riace” aggiunse Luisa.
“esagerate!” dissi voltandomi a guardare nella stessa direzione loro. Non mi ci volle molto per capire a chi si riferissero. Rimasi a bocca aperta.. era, semplicemente, perfetto!
“esagerate” mi cantilenò Monica.
“stai per sbavare!” mi prese in giro Luisa. Tornai in me e la guardai male..
“non sto affatto sbavando.. ho visto ben altro” dissi bastarda.
“io uno migliore non l’ho mai trovato” disse Monica. “alzo moro e leggermente abbronzato..”.
“aspettate di vederlo da vicino poi mi saprete dire!” dissi. “occhi verde smeraldo che da qui non potete vedere, esattamente come con quella giacca non si vedono i muscoli..”.
“eh?” dissero in coro.
“vi presento il mio ragazzo” dissi sorridente.
“certo, come no” disse Luisa. Le sorrisi bastarda poi mi avvicinai a Riccardo ignorandole. Sorrise. Gli sorrisi di rimando.
Gli andai davanti e alzandomi in punta di piedi gli legai le braccia al collo. Si chinò a baciarmi e mi sollevò, portandomi alla sua altezza, senza fatica.
“come mai qui?” chiesi quando mi mise giù.
“volevo vedere la mia ragazza” rispose spostandomi il ciuffo dietro all’orecchio per liberarmi il viso.
“vieni, ti presento alcune delle persone di cui sei tanto geloso” dissi prendendogli la mano e incamminandomi verso Monica e le altre ragazze. Mi seguì e arrivammo dov’ero io poco prima. “tu ora le vedi zitte e mute, ma ti garantisco che prima di vederti sembrava che avessero ingoiato una radio!”. Rise mentre le ragazze mi guardarono male. “loro sono Monica, Cristina, Anna e Giada”. Le indicai.
“ciao” disse Riccardo guardandole sorridente.. fin troppo.. mmh.. questa me l’avrebbe pagata!
“lei invece è Luisa” dissi indicandola.. lei gli sorrise, lui la guardò male.. lei ci rimase male. “ragazze noi andiamo..” spinsi via Riccardo, infreddolita e affamata.
“tu sai che ho già cucinato io, vero?” chiese mentre ci avviavamo alle nostre macchine. Lo guardai interrogativa. “beh, cucinato.. ho solo scaldato il brodo che hai preparato tu ieri.. ma non ho buttato la pasta.. in compenso però ho apparecchiato”. Sorrise contento e io risi.. << perfetto nei suoi difetti.. dategli tutto ma non una cucina in mano >>. In quel momento mi resi conto che eravamo completamente differenti..
Lui amava tutte le materie che io odiavo e odiava quelle che amavo io..
Io adoravo cucinare.. anche se cucinavo solo quando c’era lui.. lui era negato ai fornelli!
Lui era atletico e sportivo mentre io avevo le ossa talmente deboli che mi si spezzavano solo a guardarle.. anche se questo non era certamente per colpa mia.. non avevo scelto io di traumatizzarmi le ossa, talmente tante volte da piccola, da lesionarle permanentemente..
Notai che aveva parcheggiato affianco a me solo quando arrivammo alle macchine..
“potrebbero prenderci come testimonial dell’Audi” dissi ridendo.. guardò le nostre macchine e mi seguì..
“solo perché io ho un TT e tu un Q7? Nah, non credo.. mancano tutti gli altri modelli” disse..
“tra il garage di mio padre e il tuo non credo che ne manchino poi molti” risposi guardandolo..
“più quello di tuo padre in realtà!”. Si grattò la testa, imbarazzato, e mi sforzai per arrivargli alla guancia e baciargliela.. quello era decisamente un argomento che lo imbarazzava: la mia famiglia aveva quasi il doppio del suo reddito.. e lui non era certamente uno che se la passava male.. casa con piscina, casa al mare, casa in montagna, cambiava macchina ogni volta che voleva.. suo padre era il socio maggioritario di alcune delle più importanti imprese veronesi.. e spesso era via per lavoro perché aveva filiali in tutt’Italia.. peccato solo che per tutte le altre importanti aziende veronesi il socio maggioritario fosse mio padre e che lui esportava anche all’estero.. complice anche il fatto che era il fondatore (oltre che socio maggioritario) di una delle più importanti aziende produttrici, a livello mondiale, di elettrodomestici..
“andiamo a casa?” chiesi, cambiando discorso e togliendolo da quell’imbarazzo insensato. Annuì e salimmo sulle macchine.. ci aspettava mezz’oretta di viaggio vista tutta la neve che era caduta ma, tutto sommato, non era poi molto.. avevamo a disposizione tutto il resto della settimana..
Già.. visto il disagio stradale la sua facoltà aveva chiuso i battenti, mentre la mia aveva ridotto gli orari alle materie più difficili e quindi avevamo lezione solo i primi tre giorni della settimana..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
questo era più un capitolo di riempimento.. lo ammetto..
ma dal prossimo si torna nel vivo della storia.. lo prometto..

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Capitolo 15
*** Sembra tutto perfetto. ***


Passammo insieme tutta la settimana, senza mai uscire di casa, poi, il sabato sera, decise di portarmi fuori.
Aveva nevicato per tre giorni ininterrottamente e non eravamo riusciti a muoverci di casa, non che questo dispiacesse a qualcuno, ma ora che le strade erano praticabili ne volle approfittare. Andammo a mangiare una semplice pizza e io fui costretta a prenderla rossa.. come sempre. Odiavo la mia allergia, ma odiavo ancor di più aver finito le pastiglie e dover aspettare di tornare a Verona per farmi fare la ricetta dal mio medico..
Mangiammo tranquilli, poi andammo a fare un giro a piedi. Passammo davanti al Duomo e io mi fermai a guardarmi intorno. Scoppiai a ridere e Riccardo mi guardò dubbioso.
“sbaglio o quando c’è stata la rivoluzione, in seconda superiore, era perché ci volevano portare qui?” chiesi, senza riuscire a trattenere le risate.
“sai che me ne ero completamente scordato.. ci si erano ribellati tutti contro perché noi, in qualità di capiclasse, dovevamo risolvere la situazione” disse. Annuii.
“ne sono passate parecchie” ammisi, un po’ nostalgica.
“abbastanza” confermò.
Riprendemmo a camminare rivangando il passato e ci ritrovammo a parlare di tutte le gite fatte dalla prima media alla quinta superiore. Evitammo di rivangare il viaggio della maturità.. quello, era ovvio, lo ricordassimo entrambi.. erano passati già cinque mesi, sembrava incredibile!
I nostri ricordi vennero interrotti quando Luisa e Giada ci comparvero davanti. Salutai la seconda e guardai male la prima, poi rifiutai il loro invito di unirci a loro. Sarebbero andate in discoteca e io, per quanto avessi superato la mia aptofobia, mi trovavo ancora a disagio a stare ammassata a tanta gente estranea.
Rifiutammo più volte, poi Riccardo, esasperato, accettò. Lo guardai male.. malissimo!
Andammo verso la sua macchina e gli dissi io dove andare, senza però degnarlo di ulteriore nota.
“ci sarò io amore, tranquilla” disse prendendo la mia mano e portandola sul cambio, sotto la sua. La tolsi e incrociai le braccia senza rispondere né guardarlo. “terrai il muso tutta serata?”. Mi voltai a guardare fuori dal finestrino. << capirà che deve starsene zitto? >>. “siamo arrivati”. Scesi dalla macchina e sbattei la portiera. “vuoi anche portartela via o pensi la sciarmi la macchina intatta?”.
“certo, freghiamocene della macchina e non del resto” risposi cattiva mentre, dandogli le spalle, mi avvicinai all’entrata. Mi afferrò per il braccio facendomi voltare.
“ci sarò io, non succederà nulla ok? Non mi staccherò da te, promesso” disse. Appoggiai la testa al suo petto stingendogli la giacca sui fianchi, quasi come fosse un antistress, e inspirai il suo profumo, calmandomi, mentre lui mi cinse le spalle con entrambe le braccia e mi diede un bacio sulla testa.
Aspettammo Luisa e Giada, che arrivarono con l’Anna e la Monica, poi entrammo. Notai che dentro c’erano anche Gabriele, Cristina e Federica, seduti su alcune poltroncine. Li raggiungemmo e mi sedetti in braccio a Riccardo, tirando un sospiro di sollievo.
Rimanemmo seduti per tutta la serata, bevendo e chiacchierando, ma rimanendo lontani dalla massa di gente che si dimenava a tempo, o meno, poi, finalmente, andammo a casa.
Mi buttai sul letto, sprofondando con la faccia sul cuscino, esausta. Sentii Riccardo ridere di gusto e poco dopo sentii il letto muoversi, segno che si era sdraiato anche lui. Mi voltai verso il suo lato e lo guardai male.
“vorrei sapere perché ridi tanto di gusto” dissi, quasi scontrosa.
“perché sei stravolta, nonostante tu non abbia fatto nulla” rispose.
“ridi, ridi.. tanto ci perdi tu” dissi coprendomi fin sopra la testa e facendogli, chiaramente, capire cosa avrebbe perso.
Lo sentii bofonchiare qualcosa e mi scoprii per guardarlo. Sembrava quasi imbronciato. Risi.
“sei assurdo.. grande e grosso e fai certe facce” dissi. Mi avvicinai a lui e mi appoggiai al suo petto mentre lui non rispose. Si voltò appena e mi abbracciò.
“buona notte” disse.
“buona notte” sussurrai contro il suo petto. Lo strinsi più forte e andai in cerca di un bacio che non si fece attendere.
 
Per tutti i mesi successivi continuammo a sentirci per telefono e, almeno due week end al mese, lui veniva a Milano a trovarmi.
Era diventata una tappa fissa anche la discoteca con i miei compagni di facoltà e pian piano cominciai anche a vederli come amici e non solo come conoscenti.
Mi legai molto a Monica, ma forse solo perché, anche lei, come me, era una studentessa fuori sede.
Inizialmente uscivo con loro solo quando c’era Riccardo poi cominciai anche in sua assenza.
Era addirittura capitato che Monica dormisse a casa mia e la cosa non mi preoccupava.
Nonostante tutto, però, non andavo d’accordo con tutti i ragazzi della compagnia. Luisa più volte aveva cercato di provarci con Riccardo, ed era anche arrivata a dirgli che uscivo con loro anche senza di lui, cosa che già sapeva. Ci rimase male quando Riccardo gli rispose che sapeva tutto quello che facevo, anche quando non dormivo in casa.. già perché oltre a far dormire Monica da me era capitato che dormissi io da lei..
Sembrava che tutto avesse preso la piega giusta.. che tutto fosse perfetto..
Ma mi sbagliavo..
Presto tutto sarebbe cambiato.. nel
peggiore dei modi..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ok.. lo ammetto: questo capitolo non mi piace..
ma ho il continuo della storia pronto e non so come legarlo.. quindi mi tocca fare un salto temporale..

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Capitolo 16
*** Tutto finito. ***


“non mi sento tranquillo ok?” disse ribadendo, per l’ennesima volta, che non voleva che uscissi sola con i miei amici.
“amore ma cosa vuoi che succeda? Non è la prima volta che esco con loro” dissi cercando di convincerlo.
“lo so, ma l’inaugurazione di una discoteca è diversa dalla solita serata in discoteca” disse categorico..
“amore ma tanto tu ci raggiungi dopo.. cosa ti cambia? Ci vediamo la” dissi riattaccando.
Avevamo organizzato di andare all’apertura della nuova discoteca che stavano aprendo per gli studenti universitari.. era appena fuori Milano ma in macchina ci si metteva poco, doveva venire anche Riccardo ma non era riuscito a partire nel pomeriggio quindi, quando mi trovai Monica attaccata al campanello, lui non era ancora arrivato..
<< quante storie.. come se in un’ora potesse accadere il mondo.. >>.
Salii nella macchina di Cristina, seguita da Monica, e partimmo.
Arrivammo in nemmeno mezz’ora ma il problema fu entrare..
All’ingresso c’era una coda chilometrica.
Riuscimmo, finalmente, a superarla ed entrammo. Cercammo il tavolo che avevamo fatto riservare e ci trovammo tutti gli altri ragazzi già seduti. Notai una quantità, esorbitante, di bicchieri vuoi sul tavolino. Risi.
<< le due consumazioni gratuite a testa le hanno già superate da parecchio.. >>.
Mi sedetti su una sedia libera e mandai un messaggio a Riccardo dandogli le indicazioni del tavolo.. così che fosse più comodo a raggiungerci, poi misi via il cellulare.
Ordinai un cocktail e mi guardai intorno.. non era male come struttura e anche l’arredamento era stato ben scelto ma dubitavo fortemente che sarebbero riusciti a tenere un livello così alto..
Camerieri che passavano ogni cinque minuti, inservienti a controllare e tenere puliti i bagni, alcool-test gratuito all’uscita.. tutto questo era molto bello.. ma aveva anche un costo. Certo era che se continuavano così avrebbero potuto permettersi anche altro!
Iniziai a sorseggiare il mio drink e mi puntai a fissare l’ingresso, in attesa di vedere Riccardo.
“vieni a ballare?” chiese Claudio. Negai. “eddai, guarda che lo so che aspetti il tuo ragazzo non ti mangio mica”. Mi guardò sorridendo e accettai. “allora.. come mai è in ritardo?” chiese mentre andavamo verso la pista.
“traffico” mentii.
“arriverà, tranquilla” disse. Ballammo per tutta la ‘canzone’ e gli concessi anche il ballo successivo.. il dj aveva cambiato musica e messo un classico latino americano. Mi divertii ma quando finì tornammo al nostro tavolo.
“ora però fai ballare anche me” gli disse Cristina quando arrivammo.
“va bene” accettò. Mi sedetti e li guardai andare in pista. Risi di gusto.. << si le piace decisamente Claudio! >>.
“voglio ballare con te” disse alle mie spalle. Lo ignorai. Mi afferrò per il braccio, facendomi male.. molto male. cercai di liberarmi. “ho detto che voglio ballare con te”
“e io no.. mollami Gabriele” dissi dimenandomi. Mi tirò su con forza e mi spinse contro il muro. Lo spinsi via.
“perché lui si e io no?” chiese cattivo, riavvicinandomisi.
“perché lui voleva solo un ballo.. tu no..” lo rispinsi via ma mi afferrò per le braccia. “mollami” urlai. Mi ignorò e mi baciò. Iniziai a dargli pugni sul petto per allontanarlo ma se ne fregò. Iniziai a tirargli anche dei calci, poi si allontanò di botto.
Rimasi zitta a guardarlo mentre mi inceneriva con lo sguardo.
“fuori” sibilò cattivo. “subito”. Raccolsi la mia roba e obbedii. Uscii a passo svelto seguita da lui e quando fummo fuori mi voltai a guardarlo.
“Ricky mi dispiace” dissi piano, avvicinandomi a lui. Mi spinse contro il muro.
“te lo avevo detto di non venire da sola.. ti avevo detto di aspettare me ma tu no, hai voluto fare di testa tua.. aspettare che arrivassi io era troppo vero?!” urlò.
“mi dispiace” sussurrai. “avevi ragione ma non pensavo che sarebbe finita così”.
“fammi un favore: sta zitta e sali in macchina!” si allontanò e lo seguii.
 
“mi dispiace” ribadii, per l’ennesima volta.
Erano due ore che eravamo a casa.. erano due ore che litigavamo. Oramai non avevo più voce e avevo prosciugato la riserva di lacrime. Non avevo nemmeno più la forza di reggermi in piedi.
“non torno indietro.. non ora” disse avviandosi verso la porta. Scattai e gli afferrai il braccio.
“per favore”. Si liberò dalla mia presa e uscì sbattendo la porta. Rimasi immobile, incapace di realizzare quello che era appena successo. Mi voltai e, appoggiando la schiena alla porta, mi lasciai cadere sul pavimento. Guardai verso la camera da letto e vidi l’armadio aperto.. vuoto. Scoppiai a piangere.. non poteva essere tutto finito.. non per una sciocchezza del genere..
Mi alzai a fatica e mi incamminai verso il balcone, sperando di vederlo tornare indietro, o anche solo tentennante vicino alla macchina.
Ebbi appena il tempo di aprire la portafinestra che lo vidi salire in macchina e partire velocissimo..
Caddi in terra inginocchiandomi e strinsi i pugni iniziando a piangere.. ancora.
Era tutto finito.. tutto sparito..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ops..
si sono lasciati..
ma che peccato!

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Capitolo 17
*** Passaggio. ***


Cercai di chiamarlo per mesi, ma non rispose mai.. così come non rispose mai ai messaggi e alle mie e-mail.
Andai anche a Verona, solo per guardare la finale di calcio della sua squadra.
Esultai quando segnò due goal.
Mi sentii morire quando, dopo un fallo, non si rialzò per qualche secondo. Ripresi a respirare solo quando, mettendosi seduto, iniziò a massaggiarsi la gamba. Uscì dal campo, accompagnato dal medico e si sedette in panchina.
Lo fissai per tutto il tempo.. terrorizzata.. ma quando si rialzò e corse in campo tirai un sospiro di sollievo.
Aspettai, non solo che uscisse dal campo, ma anche dagli spogliatoi..
La prima volta mi vide e, per evitarmi, passò dall’altra uscita. La seconda volta, invece, salì direttamente in macchina, ignorandomi palesemente.
Mi rassegnai a pensare che, forse, aveva bisogno di tempo.. almeno per sbollire la rabbia.
Anche se non ero stata io a baciare Gabriele c’era comunque stato un bacio.
Ripensai a quello che mi aveva detto quando mi aveva lasciata e decisi che non mi sarei arresa.
Gli avrei dimostrato di amarlo e lo avrei riconquistato..
Dovevo e volevo riconquistarlo..
E ci sarei riuscita!
Mi cade, però, il mondo da sotto i piedi quando, spulciando le foto della cena di classe della sera prima, su facebook, notai una foto che ritraeva lui e l’Elena.. vicinissimi.
La foto di per se non era nemmeno tanto ‘scandalosa’.. quello che mi fece star male fu la didascalia: ‘Appena prima di sparire per un’ora intera.. cosa avete combinato nelle stanze del piano superiore?!’
Spensi, immediatamente, il computer.. era ora di reagire.. dovevo farlo.
Salii in macchina e corsi a Verona. Arrivai a casa dei miei e, approfittando dell’assenza di mia madre, entrai nello studio di mio padre.
“Sara, tesoro.. tutto bene?” chiese scattando in piedi. Annuii e mi sedetti facendogli segno di risedersi. Obbedì.
“ho bisogno di un favore” dissi piano.
“dimmi amore”. Mi sorrise.
Già, quando non era con mia mamma era dolce.. ma se la iena era nei paraggi diventava di ghiaccio.
Tutti i lividi provocati dai miei genitori in realtà erano di mia madre e lui, più volte, la notte, quando ero piccolina, era entrato in camera mia di nascosto per farmi addormentare coccolandomi.
“voglio cambiare facoltà” dissi schietta. Ci rimase corto. “non sono indietro con gli esami e la mia media è sempre la lode.. ma voglio cambiare”.
“e cosa vorresti fare? Dove?” chiese.
“architettura.. qui a Verona” risposi.
“va bene, facciamo il passaggio” disse tranquillo.
“non voglio un passaggio normale” dissi.
“ecco perchè ti serve il mio aiuto” rise.
“non voglio perdere l’anno.. darò gli esami senza aver maturato la frequenza.. ma voglio passare direttamente al secondo anno” dissi.
“sei sempre stata una studentessa modello e con un ‘piccolo’ incentivo non credo che obbietteranno” rispose.
Sorridi baciandogli la guancia.
“grazie papi” dissi allegra.
“ora sparisci prima che ti veda tua madre” disse.
Corsi via e tornai a Milano.
Andai a ordinare subito i libri e, per una settimana intera, sentii mio padre di nascosto.
Saltai le lezioni, facendo preoccupare soprattutto Monica, e saltai, anche, l’ultimo appello..
Abbandonai completamente giurisprudenza per dedicarmi ad architettura, col risultato che quando il mio passaggio fu accettato, a fine agosto, io ero già pronta per dare gli esami.
Sostenetti quattro esami in tre giorni, riuscendo a prendere in tutti la lode..
Ora non rimaneva che trasferire tutte le mie cose a Verona.
Tornai a casa e iniziai a impacchettare  tutto quanto. Misi i vestiti nelle valigie, impiegandone ben dieci, mentre tutto il resto finì negli scatoloni.. mi sorpresi di quante compere avevo fatto in pochi mesi a Milano..
Portai tutto da sola, senza l’aiuto di nessuno, al contrario del precedente trasloco dove ero stata aiutata da Riccardo.
Mi armai di pazienza e, un po’ per volta, riportai tutto nella dépendance.
Impiegai cinque giorni ma riuscii a riportare tutto a Verona.. tutto da sola.. tutto prima che i corsi riprendessero..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
lo so, è un po’ più corto degli altri ma mi farò perdonare..
direi che Sara non demorde..

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Capitolo 18
*** Forse non tutto è perduto. ***


*Riccardo*

 
Mi appoggiai al banco e risi alla battuta di Mattia, seguito da Luca.
Ridemmo di gusto per quella stupida battuta, poi si fermarono di botto.
Capii, nonostante fossi di spalle alla porta, che non si trattava del docente perché nessun altro smise di chiacchierare.
Placai la mia risata mentre loro fischiarono sommessi.
“Porca miseria, quella me la farei volentieri.” disse Luca.
“Non sei il solo.” rispose Mattia appoggiandogli il braccio sulla spalla.
Mi voltai curioso, seguendo il loro sguardo, e non feci fatica a capire a chi si riferissero.
Sara era l’unica persona che si stava avvicinando a noi.. l’unica sulla traiettoria dei loro occhi.
La fissai incredulo e quando mi sorpassò, passando nello spazio appositamente creato da Mattia e Luca, non potei non seguirla con lo sguardo.
<< e lei che diavolo ci fa qua?! >>.
“Siamo ad architettura giusto?” chiesi, pensando di avere le traveggole.
“Oh, neanche l’hai guardata che già ti sei rincoglionito.” disse Luca.
<< io non mi sono rincoglionito.. ma lei dovrebbe essere a fare giurisprudenza.. a Milano.. >>.
Entrò il docente e tutti prendemmo posto.
Quello era il secondo anno che frequentavo l’università ma era la prima volta che non riuscivo a seguire. Mi ritrovai a fissarla, incredulo, mentre, china, prendeva appunti.
<< dritta non riesce proprio a starci.. sembra una contorsionista >>.
La fissai per tutta la mattinata, poi Mattia la invitò a pranzo con noi. Osservò lui.. osservò Luca.. e vide me. Accettò.
Andammo a mangiare una semplice pizza ma rimasi incredulo nel vedere che prese una semplice margherita.. lei che era allergica ai latticini prendeva una pizza margherita?!
Per tutto il pranzo la tempestarono di domande, impedendole di finire la pizza prima che si freddasse. Lei rispose sempre.. per loro in modo soddisfacente, per me che la conoscevo in modo enigmatico.
Quando ebbe finito decisi di farle una domanda anche io..
“Non frequentavi architettura prima, ma passi direttamente al secondo anno, come mai?” chiesi continuando a mantenere le distanze.
“Magari studiava a casa.” disse Mattia, difendendola. Lo fulminai con lo sguardo e lei sorrise.
“No, ha ragione, non frequentavo architettura. Ero iscritta a giurisprudenza ma ho fatto il passaggio.” disse guardando tutti e tre. “Diciamo che ho fatto una cazzata, qualche tempo fa, e trasferirmi ad architettura era l’unico modo per rimediare. Ma, visto che ci sono sedi diverse di anno in anno, sono dovuta partire dal secondo, altrimenti non sarei riuscita a risolvere nulla.”. Questa volta fissò solo me. “Ho fatto la richiesta per il passaggio ma nessun esame era, chiaramente, riconosciuto, così ho dato quattro esami nei tre mesi estivi. Nonostante non avessi maturato la frequenza mi hanno permesso di provarci e questo mi ha permesso di non perdere l’anno.” concluse, tornando a guardare tutti e tre. << ovviamente lei e le regole non sono compatibili.. >>.
Aveva dato esami che non avrebbe potuto dare.. e avrei scommesso che questo suo capriccio non era costato poco.. ma per lei era tutto normale..
 
Il mattino seguente vidi Luca e Mattia guardarsi intorno impazienti. Sospirai, sapendo già cosa stessero cercando.. o meglio chi..
“Spiegatemi, ancora, perché non possiamo aspettarla dentro.” dissi.
“Perché così la vedono entrare con noi.” disse Mattia.
“Marchiamo il territorio.” rispose Luca. Li fulminai con lo sguardo.
<< come se fosse un oggetto da rivendicare >>.
Guardai oltre le loro spalle, attratto dal suo Q7 bianco. Osservai la manovra che fece per parcheggiare e sorrisi.. nonostante la macchina fosse enorme per la sua statura riusciva a gestirla benissimo..
Scese dall’auto e, istintivamente, serrai i pugni.
“Preferivo i vestiti che aveva ieri.” esordì Luca.
“Oggi sembra una suora..” confermò Mattia.
“Dove cavolo ha nascosto tutto il ben di Dio che aveva ieri?”. Ancora Luca.
Andò verso l’entrata, ignorandoci e schivando ogni contatto fisico, ma si bloccò quando se li trovò vicini. Mattia davanti e Luca dietro.
“Chi?” chiesi rimanendo fermo dov’ero, fissandola. Non rispose. “Ho detto: chi?”. La fissai male dopo averle quasi urlato contro.
“Matteo..” sussurrò. Ancora prima che finisse il nome avevo già iniziato a camminare verso la mia macchina.
<< questa l’avrebbe pagata.. eccome.. >>.
“Ricky..”. Mi chiamò ma la ignorai. Salii in macchina e misi in moto..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ecco il capitolo..
ammettetelo: mi avete perdonata..

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Capitolo 19
*** Piccoli riavvicinamenti. ***


*Sara*

 
Lo vidi salire sulla sua macchina e partire.
Salii sulla mia e lo seguii.
Giudò come un pazzo fino a quando non arrivò alla facoltà di ingegneria.
Parcheggiò alla veloce e scese. Lo imitai. Corse verso l’entrata seguito da me che cercavo, invano, di fermarlo.
Arrivammo davanti al portone trovando ancora tutti fuori, Matteo compreso.
Gli corsi dietro, cercando di bloccarlo nuovamente, ma quando riuscii a raggiungerlo non riuscii a fermarlo.
Ci guardarono tutti male, non capendo perché Riccardo si fosse scagliato così violentemente su Matteo.
Dovevo fermalo o lo avrebbe, letteralmente, ammazzato.
Riuscii, non so come, a frappormi tra di loro e Riccardo di bloccò per evitare di colpirmi.. scrupolo che Matteo non si fece.
Si rialzò e, prendendomi per il braccio, mi fece voltare. Mi spinse e andai a sbattere con la schiena contro Riccardo. Lo sentii prendermi prontamente e sorreggermi. Mi spostò, senza farmi male, e si ributtò contro mio cugino. Mi rimisi in mezzo e appoggiai le mani sul petto di Riccardo, allontanandolo appena.
“basta.. per favore..” sussurrai.
Riuscii a riportarlo dalle macchine e a farlo salire dentro alla mia. Salii dall’altro lato e misi in moto, portandolo via.
 
“fammi vedere” dissi prendendogli la mano.
Eravamo appena arrivati a casa mia.. nella mia dépendance.. e lui si 'lamentava' del dolore alla mano.
Andai in cucina e presi del ghiaccio dal frizer, poi tornai in sala. Lo trovai seduto sul divano. Lo raggiunsi e mi sedetti accanto a lui. Gli presi la mano e gli misi il ghiaccio sopra. Mugugnò contrariato ma rafforzai la presa.
“fa male” disse piano, con gli occhi chiusi.
“sei livido.. ti farà bene” risposi.
Gli passai, istintivamente, una mano sul collo, iniziando a massaggiarglielo. Riaprì gli occhi e fissò il vuoto.
Ritrassii la mano e lui si voltò verso di me.
“continua” sussurrò. Non me lo feci ripetere due volte.
Mi avvicinai a lui e mi impossessai di entrambe le spalle. Iniziai a massaggiargliele e feci altrettanto con il collo e la schiena.
Sentii, man mano, i suoi muscoli rilassarsi ma continuai per ore.. nel silenzio. Mi fermai quando notai il ghiaccio sciolto. Mi spostai e glielo tolsi, rimettendolo nel frizer. Andai in bagno e presi la crema che usavo io quando venivo, gentilmente, malmenata da mio cugino.
Tornai da lui e gli presi la mano. Gli spalmai un po’ di crema sulla mano e iniziai a massaggiargliela.
Massaggiai fino a quando la crema fu completamente assorbita, poi mi alzai e andai in cucina a lavarmi le mani. Lo raggiunsi, risedendomi accanto a lui, e notai che aveva richiuso gli occhi.
Ne approfittai per ammirarlo..
Dio se era bello!
Ebbi l’istinto di avvicinarmi a lui per cercare un contatto.. anche il più piccolo.. ma lo repressi.
Mi morsi il labbro e serrai i pugni.. dovevo trattenermi.
“non farlo” sussurrò. Riaprì gli occhi e si voltò a guardarmi. Fece un mezzo sorriso e subito dopo sentii la sua mano stringere la mia.
Trattenni il respiro e ricambiai la presa. La rafforzai e iniziai a piangere mentre lui mi abbracciò.
Singhiozzai contro il suo petto mentre lui cercò di calmarmi. Ci riuscì tenendomi, semplicemente, stretta a lui.
Mi accoccolai contro di lui che, nonostante avessi smesso di piangere, continuò a tenermi stretta.
Mi beai di quel contatto fino a quando si staccò, poi, consapevole di aver già ottenuto troppo, mi allontanai maggiormente.
“scusami” dissi triste.
“volevo solo togliere la camicia” disse. Ed è proprio quello che fece. Si tolse la camicia e rimase con a t-shirt. Mi guardò. “perché? Era un anno che non ti toccava, perché ieri si?”.
“non mi toccava perché c’eri tu a difendermi.. poi sono andata via e gli era impossibile” confessai.. ora che non stavamo più insieme ero tornata ad essere un facile bersaglio.
“non dovevi tornare a Verona, né trasferirti ad architettura.. tu amavi giurisprudenza” disse.
“è vero.. amavo giurisprudenza ma non era al numero uno.. ci sono cose più importanti di una laurea” dissi.
<< e tu sei una di quelle.. >>.
Si massaggiò il collo per schiarirsi le idee ma dopo poco si blocco senza aver ancora parlato.
Aveva lo sguardo fisso nel vuoto e il piede che picchiettava sul pavimento.
“nuotare ti ha sempre aiutato a schiarirti le idee.. la piscina è di la se vuoi.. tanto non credo che per oggi torneremo in facoltà”.
“non avrei comunque il costume”. Inventò una scusa ma mi alzai. Andai in camera mia e recuperai il costume che aveva dimenticato l’ultima volta che eravamo stati nella mia dépendance insieme. Glielo allungai.
“approfittane.. in casa non c’è nessuno” dissi. Lo afferrò e andò in bagno a cambiarsi..
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
e anche questo capitolo è andato..
è la mia impressione o quei due stanno facendo pace?
Sarà definitivo o sarà solo la calma prima della tempesta finale?


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Capitolo 20
*** Ti amo.. ancora.. ***


Dieci minuti dopo mi ritrovai seduta su uno sdraio ad ammirarlo nuotare..
Quanto avrei voluto raggiungerlo..
Fece una dozzina di vasche, poi si fermò e si avvicinò vicino al muretto.
“mi allunghi l’asciugamano?” chiese.
Scattai subito e, dopo averlo preso dall'armadio vicino, glielo portai. Lo prese ma lo buttò in terra. Mi afferrò, poi, il braccio e mi tirò facendomi cadere in acqua, vestita.
Ringraziai, mentalmente, di aver lasciato il cellulare in casa e riemersi dall’acqua, trovandolo vicinissimo.
Notai che, al contrario mio, toccava così ne approfittai per sorreggermi alle sue spalle.
Cercai di parlare, per scusarmi, ma venni interrotta, ancora prima di iniziare, dal suo bacio.
Me lo godetti a pieno e, quando si staccò, mi ritrovai con il sorriso stampato in faccia.
“mi manchi” confessai.
“anche tu” rispose. “nonostante tutto ti amo ancora” continuò. Lo abbracciai e gli baciai il collo.
“ti amo anche io.. non immagini quanto.. mi dispiace per quel bacio” sussurrai.
“non è stato il bacio ad avermi infastidito.. tu hai cercato di allontanarlo.. mi ha dato fastidio il fatto che non ti fossi fidata di me.. ti avevo detto di non andare sola” disse tenendomi abbracciata.
“avevi ragione.. lo so, mi dispiace”.
“devo chiederti scusa anche io, comunque.. quando l’ho visto li, che ti baciava, non c’ho più visto”.
“già, so quello che si prova”.
“eh?” disse, incredulo e curioso. Annuii contro il suo collo..
Non lo avevo ancora lasciato andare.. e non avevo intenzione di farlo.
“ho visto le foto della cena di classe.. la rimpatriata” dissi.
“ah..”.
“già..”. Feci una smorfia e sentii la sua presa rafforzarsi. Dopo poco mi ritrovai a baciarlo, sott’acqua.
Rimanemmo in piscina ancora qualche ora poi, visto che era ora di pranzo, tornammo nella dépendance.
Mi tolsi i vestiti bagnati di dosso e mi misi una tuta asciutta poi feci vestire anche lui.
Cucinai e apparecchiai, poi mangiammo.
Dopo mangiato sparecchiai mentre lui andò a guardare la televisione in sala. Lo raggiunsi e rimanemmo tranquilli per un po’, poi si sentì la porta sbattere.
Riconobbi la voce che urlava il mio nome e mi alzai per aprire. Mi ritrovai mio cugino davanti che mi spintonò, facendomi cadere.
Riccardo scatto e mi aiutò a rialzarmi ,poi mi si piazzò davanti, tenendomi dietro di se con un braccio.
“non ti sono bastate stamattina?” chiese retorico. “sfiorala ancora e ti garantisco che riprendo da dove mi sono fermato”. Mi liberò e gli si avvicinò, sovrastandolo. Matteo indietreggiò, quasi fosse una formichina impaurita e Riccardo lo spintonò fuori, chiudendogli la porta in faccia.
“grazie” dissi.
“ti sei fatta mele?” chiese, apprensivo, mentre mi diede un bacio sulla fronte. Negai con la testa. “sicura?”. Annuii.
“non mi sono fatta nulla.. tranquillo..” dissi. Mi sollevò, prendendomi in braccio, e si risedette sul divano.
Mi ritrovai seduta a cavalcioni su di lui e mi persi a fissarlo..
Seguii tutti i lineamenti del suo viso.. era tutto esattamente come lo ricordavo: il naso dritto, le labbra carnose, le sopracciglia ben definite, il mento sottile, il collo muscoloso, i capelli folti.. persino il suo profumo era sempre lo stesso.
Sorrise.
“mi fisserai ancora per molto?” chiese.
Tornai sui suoi occhi e sorrisi di rimando, annuendo.
“mi piace guardarti” confessai. << lo farei per ore intere.. >>.
Ed è proprio quello che feci. rimasi a fissarlo fino a quando non andammo a prendere la sua macchina..
 
Dopo essere andati a recuperare la sua macchina nella facoltà di mio cugino tornammo a casa e rimanemmo fermi sul divano a chiacchierare fino alla sera, poi decise di andare a mangiare fuori.
Subitmo mi rifiutai ma, alla fine, ebbe la meglio.. vinsi, però, nella scelta del ristorante.
Andammo a mangiare una pizza e, quando ordinai, notai il suo sguardo curioso su di me.
“hai preso una margherita anche ieri” constatò. Annuii e frugai nella mia borsa. Estrassi un piccolo contenitore trasparente con delle pastigliette dentro.
“devo prenderne due ogni volta che assumo dei latticini. Contrastano l’allergia” dissi. “ieri le ho prese mentre eri andato a lavarti le mani” specificai.
Mangiammo tranquilli e dopo cena tornammo a casa mia.
Mi accompagnò fino alla mia dépendance.. un po’ per evitare di lasciarmi sola, sapendo che Matteo era nei paraggi, e un po’ perché aveva lasciato le chiavi della sua macchina sul tavolo della cucina, quando avevamo deciso di prendere la mia, e doveva prenderle se voleva tornare a casa sua.
Posai la borsa sull’attaccapanni mentre lui recuperò le sue chiavi. Aspettai, vicino alla porta, che tornasse e quando me lo ritrovai di fronte non potei non guardarlo sorridendo, contenta della serata.
“buona notte” disse.
“buona notte” sussurrai mentre lui sfiorava le mie labbra con le sue. Rimase fermo qualche secondo poi mi baciò.
Trattenni il fiato qualche istante, giusto il tempo necessario per capire se erano davvero le sue mani quelle che sentivo sotto il vestito, poi gli legai le braccia al collo.
Mi sollevò da terra senza fatica e chiuse la porta alle mie spalle. Diede una sola mandata poi mi portò in camera. Mi mise sul letto e si sdraiò sopra di me, senza mai interrompere il nostro bacio.
Nel giro di pochi secondi tutti i nostri vestiti finirono sul pavimento..
Era arrivato il momento di fare pace.. questa volta come si deve!
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
sara, davvere,pace fatta o succederanno altri casini?

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Capitolo 21
*** Pace fatta?. ***



Il mattino seguente, quando la sveglia suonò per ricordarmi che dovevo andare in facoltà, mi ritrovai avvolta nel lenzuolo sdraiata, completamente, sopra di lui.
“non sei stato solo un sogno” dissi. Negò con la testa.
“sono reale” disse stringendomi.
“per fortuna”. Sorrisi.
Rimanemmo qualche minuto fermi, poi mi alzai e andai a preparare la colazione mentre lui si lavò.
Fece colazione mentre io riordinai e mi lavai poi, insieme, ci preparammo. Andammo in facoltà con un’unica macchina ma appena arrivammo si allontanò per raggiungere un’altra ragazza.
Ci rimasi male.. malissimo.
Entrai e mi andai a sedere lontano da Luca e Mattia. Tirai fuori il quaderno degli appunti e l’astuccio senza degnarli di nota. Iniziai a far tremare nervosamente la gamba fino a quando entrò il docente.
Passai le prime quattro ore di lezione a prendere appunti, ignorando il cellulare che, nella borsa, vibrava in continuazione per l’arrivo di nuovi messaggi, poi mi stancai e, appena ci lasciarono liberi per il pranzo lo spensi. Mi alzai e mi incamminai verso l’uscita.
Passai affianco a Riccardo, intento a parlare con la stessa ragazza, e lo sorpassai. Aumentai il passo e corsi fuori.
Andai in biblioteca, per niente affamata, e mi sedetti in uno dei tavoli liberi iniziando a trascrivere in bella copia tutti gli appunti.
“Perché sei scappata?” chiese. Lo ignorai, continuando a scrivere. Mi si sedette di fronte e mi chiuse il quaderno. Lo guardai male.
“Starei ricopiando, se non ti dispiace.” dissi, acida.
“A dire il vero s:. mi dispiace.” disse.
“Vorrei finire di trascrivere gli appunti.” risposi cattiva. Mi tirò via anche l’altro quaderno da sotto e lo chiuse appoggiandolo sull’altro.
“Li copierai a casa.” disse. “Ora però mi ascolti.”. Sospirai.
“Dimmi..” dissi allargando le braccia. “Non credo di avere molta scelta.”.
“Voglio sapere perché sei scappata prima.” disse. Voltai il viso dall’altro lato. “aveva i miei appunti”. Lo guardai neutra. “Aveva i miei appunti. Non ha passato l’ultimo esame del primo anno e me li ha chiesti, io glieli ho prestati e ha passato l’esame. Fine della storia, voleva solo restituirmeli.. e ringraziarmi.”
“Non mi interessa.” mentii.
“Strano, perché dalla tua faccia non si direbbe.” disse.
“Perché dovrebbe interessarmi?” chiesi.
“Non lo so, ma se non ti interessa posso anche andarci a letto. Era molto ben disposta..” disse alzandosi. Lo fulminai mentre si incamminò.
 

*Riccardo*

 
Feci qualche passo sostenendo il suo sguardo poi scoppiai a ridere..
Fortuna che la biblioteca era vuota..
Mi riavvicinai a lei e le presi la mano baciandogliela.
“Mi piace vederti gelosa.” ammisi. “Significa che a me ci tieni veramente”.
“No guarda.. sono tornata a Verona, ho cambiato facoltà, mi sono studiata in tre mesi tutto quello che tu hai studiato in un anno così per divertimento.. non avevo niente di meglio da fare per impiegare il tempo!” rispose, velenosa. La baciai a stampo. “Sei tornata a Verona per tornare con me, perché ora ti allontani?”.
“pavone..” bofonchiò. Risi. Beh.. me l’ero meritato.. “non ti allontano..” sussurrò.
“non ho detto che mi respingi.. ma che scappi” dissi rimanendo chinato davanti a lei.
“scusa” disse.
“non voglio che mi chiedi scusa.. ma se vuoi tornare a stare con me devi tornare la Sara di sempre.. non devi fuggire.. ti amo e devi fidarti di me” dissi spostandole il ciuffo dietro i capelli.
“io mi fido di te” disse sicura. “e delle altre che non mi fido” specificò borbottando. Sorrisi.
“a me basta sapere che di me ti fidi” dissi. Sorrise guardandomi. “vogliamo andare a mangiare? Tu non hai nemmeno fatto colazione”. Annuì.
“metto via la roba” rispose, iniziando a raggruppare tutto. Le aprii la borsa e lei ci infilò dentro tutto poi se la caricò sulle spalle. L’abbracciai e mi incamminai ma mi fermò tirandomi per il braccio.
“cosa c’è?” chiesi.
“devo dirti una cosa prima” disse contenta.
“dimmi” dissi curioso.
“Ti amo.” disse sorridendo. Sorrisi di rimando e la tirai a me baciandola.
“Idem.”. La presi in giro e lei rise.
“Invece che migliorare qui si regredisce, andiamo bene!”. Stette al gioco e mi prese in giro a sua volta.
Se sarebbe durata o meno non lo sapevo.. ma una cosa era sicura: per il momento avevamo fatto pace!
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
in quanti mi stanno odiando?
per il momento sembra che abbiano fatto pace.. ma durerà?!
ci si avvicina sempre di più alla fine..e io non so ancora se vi meritate il lietofine o meno.. voi cosa dite?

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Capitolo 22
*** Cambiamenti.. ***


Tornammo in facoltà, ma questa volta non la feci scappare. Vidi Mattia e Luca guardarmi male ma gli ignorai. Seguimmo le restanti tre ore di lezione rimanenti tranquilli, poi, quando finalmente finirono, preparammo tutta la roba per tornarcene a casa..
Non vedevo l’ora di poter stare solo con lei.. senza occhiatacce o frecciatine.
 
Mi buttai sul letto e me la porta dietro tenendola abbracciata. Rise.
“amore devo asciugarmi i capelli” disse.
“stai bene anche così” risposi, senza lasciarla andare.
“si ma poi mi ammalo.. lo sai” bofonchiò.
“tra poco devo andare.. gli asciughi dopo” dissi.. << perché sprecare gli ultimi minuti che puoi passare con me?! >>.
“e se dormissi qui?” chiese.
L’idea era allettante.. molto.. c’era solo un piccolo problema..
“dovrei farmi vivo anche a casa mia amore” dissi.
“avvisi.. non hanno mai fatto storie quando ti fermavi prima.. ed eravamo alle superiori.. dai..”. Mi supplicò per un pò, poi cedetti.
“e va bene.. chiamo” dissi rassegnandomi a qual, dolce, supplizio.
Andò ad asciugarsi i capelli e io chiamai mia madre avvisandola che non sarei tornato fino a data indefinita. Borbottò che avevo scambiato la casa per un albergo e che non le interessava se avevo altri impegni, ma sabato sarei dovuto essere a casa. Mi ricordò della cena che avevano organizzato e mi diedi una manta sulla fronte..
Me ne ero, completamente, scordato!
Dissi che non sarei mancato e riattaccai.
“tutto bene?” chiese. Mi voltai a guardarla.
“scusa ma perché non li tagli?” chiesi, riferendomi ai capelli. Impiegava mezz’ora per asciugarli e poi li teneva sempre legati perché le davano fastidio sciolti.. non aveva senso.
“lo sai che mia madre non vuole” disse. Si voltò di scatto verso di me e sorrise.
“mi devo preoccupare?” chiesi. Negò e poi annuì..
Ok, si.. dovevo preoccuparmi.
“sabato mattina hai da fare?” chiese. Negai. “mi accompagneresti dal parrucchiere?”. Strabuzzai gli occhi.. mi prendeva per il culo?! Aveva appena detto di no!
“si..” dissi incerto.
“non è per andare che mi servi.. è il ritorno.. se mi vedono con i capelli tagliati mi ammazzano.. a meno che tu non sia con me” disse.
Mi venne un’idea..
“passami il cellulare, devo mandare un messaggio a mia mamma” dissi. Mi allungò il mio cellulare e scrissi veloce. ‘saremo in due’. Inviai e le sorrisi. “sabato sera mangiamo fuori”.
“ok..” disse sedendosi in braccio a me. Misi via il cellulare..
Chissene della risposta di mia madre.. ora la mia attenzione gravitava altrove..
 

*Sara*

 
Uscii dal parrucchiere con un look completamente rivoluzionato.
I miei lunghi capelli biondi e lisci erano diventati un corto caschetto rosso e riccio.
Taglio, colore e permanente erano bastati a rendermi irriconoscibile!
Lo vidi fissarmi mentre salivo in macchina..
“amore..” dissi incerta. Sorrise.
“stai bene” disse. “mi piaci.. credevo fosse azzardato invece stai bene”.
Salimmo in macchina e andammo a casa mia.. ora veniva il bello.
Scendemmo e appoggiai la mano sulla porta. Respirai profondamente, cercando di prendere coraggio, e lo sentii attirarmi a se. Le sue mani stringevano la mia vita e facevano aderire, perfettamente, la mia schiena al suo petto.
“ci sono io” sussurrò baciandomi il collo.
“lo so”.
Presi coraggio e aprii la porta. Entrammo, trovandoci i miei genitori davanti. Strabuzzarono gli occhi e io sorrisi.
Riccardo sciolse l’abbraccio e si scostò di qualche centimetro. Andammo nella mia dépendance e mi infilai in doccia. Evitai di lavare i capelli, mi diedi solo una sciacquata. Uscii con solo la biancheria e lo vidi deglutire.
“ringrazia che abbiamo i minuti contati” disse, senza togliermi gli occhi di dosso. Mi passò un vestito che aveva scelto e lo guardai bene..
“ehm.. sicuro che vuoi che metta questo?” chiesi. Annuì e io aprii il cassetto della biancheria. “devo cambiarmi allora” tornai in bagno e feci il cambio. Tornai fuori e tossì vedendo il nuovo pezzo di sotto. Presi il vestito e lo infilai. Chiusi la zip laterale e feci una piroletta su me stessa per farmi vedere da lui.
Era arrossito.. vistosamente..
“mmh.. mi sa che tu da me non ti stacchi stasera” disse passandomi le scarpe. Le misi e gli sorrisi.
“possiamo andare”.
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
cambio look..
capelli e biancheria..
e a Riccardo per poco non viene un coccolone!
di questo capitolo è presente un missing moment:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1303180

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Capitolo 23
*** Una festa particolare. ***


Entrammo in casa sua sotto lo sguardo indagatore di sua madre..
Ok, forse fare un caschetto rosso non era stata una buona idea..
“vieni” sussurrò Riccardo, prendendomi la mano. Lo seguii e mi ritrovai davanti alla madre.
“ciao” disse guardando il figlio, curiosa.
“mamma, lei è Sara, ti ricordi di lei, vero?” chiese sorridendole.
“buona sera” dissi porgendole la mano. La strinse senza rispondere, si limitò a guardarmi.
“veramente no” disse secca lasciandomi la mano in malo modo.
Prevedevo una pessima serata..
“era in classe con me.. l’hai vista a tutti i ricevimenti dai.. era anche lei capo classe” disse Riccardo, aiutando la memoria della madre che mi guardò incredula..
“ma non avevi dei lunghi capelli biondi?” chiese già più tranquilla.
“li ho tagliati nel pomeriggio” dissi, imbarazzata.
Rimasi li, a subire quella conversazione per qualche minuto poi, fortunatamente, arrivarono alcuni parenti e sua madre si dileguò. Vidi Riccardo voltarsi verso di me e lo guardai imbarazzata.
“tutto bene?” chiese. Negai con il viso.
“mi sento di troppo” ammisi. Sapevo perfettamente di essere indesiderata a quella festa.
“ci saranno solo alcuni parenti.. e voglio che vedano quanto tu sia fantastica.. non voglio che vedano la Sara impacciata.. ok?! Sii, semplicemente, te stessa” disse dandomi un leggero bacio a stampo.
Parlava facile lui.. non era certamente lui il bersaglio delle occhiatacce della madre.
“Ricky, tesoro, vieni a salutare lo zio?” disse Rebecca, chiamandolo. Sospirò.
“arrivo” sussurrò allontanandosi e lasciandomi sola.
Lo guardai raggiungere la madre e mi andai a rintanare in un angolo. Rimasi li, sola, per parecchie ore. Osservai, per tutto il tempo, Riccardo, correre da un parente all’altro per salutare tutti. A peggiorare la situazione arrivarono anche altri amici di famiglia che pretendevano di parlare con lui per un tempo infinito.
Decisi che, vista la situazione, fosse meglio andarmene, così mi spostai lungo il perimetro della sala, senza infastidire nessuno, e mi avviai alla porta. Mi bloccai, però, quando vidi una ragazza buttargli le braccia al collo. Rimasi a fissarli mentre lui cercava di scrollarsela di dosso e lei gli rimaneva incollata come una cozza.
Mi morsi il labbro inferiore e abbassai lo sguardo.. triste. Indietreggiai e mi appoggiai con la schiena al muro mentre continuai a evitare di guardarli.
“vieni” disse. Alzai il viso ritrovandomi Riccardo davanti. Lo riabbassai.
“perché mi hai portata qui?” chiesi in un sussurro. Mi prese la mano accarezzandola e mi diede un bacio sulla testa.
“nascondermi dai tuoi mi sta bene, sapendo quello che possono farti quando non ci sono.. ma non voglio nascondermi dai miei” disse tranquillo. Lo guardai ma non sorrisi come, invece, si aspettava.
“mi sento come un pesce fuor d’acqua” confessai. “nessuno, oltre te mi vuole qui..”
“nessuno, oltre a me è importante” disse sicuro. Lo guardai male. “ti interessa di più quello che penso io o quello che pensano loro?” chiese.
“tu, ovvio.. ma il punto non è questo” risposi.
“no.. il punto è questo.. devi solo ignorarli e stare tranquilla. Ci sono io.. sono qui” disse.
“come no.. come ci sei stato nelle ultime due ore” dissi acida. Ignorò quello che dissi e mi trascinò con se al tavolo dove tutti stavano prendendo posto. Spostò una sedia e mi fece sedere. Obbedii poi si sedette accanto a me. Mi prese la mano e la intrecciò alla sua, appoggiandola sul tavolo.
Ricevetti una prima occhiataccia da sua madre e una seconda dalla ragazza che non lo lasciava andare prima. Ignorai entrambe, sotto consiglio di Riccardo, e mi godetti, per quanto possibile, la serata.
Come promesso non si staccò più da me, nemmeno per un secondo, e mi fece, addirittura, ballare.
Continuai a ricevere occhiatacce ma quelle della madre ben presto scemarono e rimasero solo quelle della ragazza.
Sbuffai, dopo l’ennesima occhiataccia e lui mi sollevò di peso dalla mia sedia e mi prese in braccio.
“è la figlia di un socio di mio padre” disse. Lo guardai interessata e lo incitai a continuare. Mi disse che già da anni Barbara era diventata il suo tormento e che più volte l’aveva respinta ma lei non demordeva. “è anche per questo che ti ho voluta portare, sapevo ci sarebbe stata.. spero che così la smetta una volta per tutte” concluse. Gli sorrisi.
“apprezzo la sincerità, ma magari tienimela lontana..” dissi in una smorfia. Rise.
“si.. te la tengo lontana.. scricciola come sei non ci mette nulla a farti nera” disse, continuando a ridere. Gli diedi una pacca sul braccio.
“scemo” dissi, ridendo anche io.
“si.. ti amo anche io amore” rispose. Mi baciò la spalla e io lo lasciai fare.
“ti amo” sussurrai quando si staccò. Sorrise dolce e lo ammirai, incantata. “ci sono volte in cui ti guardo e mi domando se tu possa essere realmente così bello” confessai. Sorrise.
“sei di parte” disse. Gli passai una mano tra i capelli.
“alto, muscoloso, carnagione leggermente bronzea, capelli neri in contrasto con gli occhi verdi smeraldo e un fisico da far impallidire un bronzo di Riace..” dissi. “si, sono di parte.” Scherzai. Mi baciò leggermente e mi spinse piano per farmi alzare. Obbedii e mi riportò a ballare premurandosi, questa volta, di farsi vedere bene sia dai genitori che da Barbara..
Sfacciato e sfrontato.. ecco cosa avevo omesso nella descrizione, perfetta, che avevo fatto di lui nella mia mente..
 
 
 
 
 
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Note dell’Autrice:
ci si avvicina sempre di più alla fine..
e le mie idee stanno tornando ad accavallarsi. Spero che vi sia piaciuto..
a presto.

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Capitolo 24
*** L’inizio della fine.. o dell’inizio?! ***


# 4 anni dopo #

 

*Riccardo*

 
La osservai rigirarsi nel letto, inquieta, e la presi tra le braccia.
<< solita storia.. prima di un esame vederla tranquilla è impossibile.. >>.
Le baciai la spalla e la sentii rilassarsi. Sorrisi e la coccolai ancora per qualche minuto, poi la sua sveglia suonò. La spense mugugnando irritata. Risi, non riuscendo a trattenermi, e ricevetti un pugno sullo stomaco. Mi fermai, anche se non mi aveva fatto minimamente male, e la guardai.
“dovremmo prepararci” dissi mentre si rannicchiò sotto il piumone e si coprì fin sopra la testa. “amore..”. Iniziai a stuzzicarla e si scoprì, ancora più irritata di quanto fosse poco prima.
“ok, ok, mi alzo. Contento?” disse, scorbutica. Alzai le mani in segno di resa. La conoscevo fin troppo bene: era intrattabile in certi momenti.. e quello era uno di quelli!
Mi alzai anche io dal letto e mi infilai in bagno, seguendola. Si raccolse i capelli e si infilò in doccia mentre io presi dentifricio e spazzolino e iniziai a lavarmi i denti.
Quando finì ci dammo il cambio.
Nel giro di mezz’ora eravamo entrambi pronti.
Io con una semplice camicia con golfino e jeans.. lei con jeans, camicia, golfino di lana e poncerino.
Mi risedetti sul letto e mi misi le all star mentre lei si infilò gli stivali.
Scossi la testa.. fortuna che ancora non aveva nevicato quest’anno. Mi alzai e misi entrambi i libretti nella sua borsa poi gliela passai. La prese e si rifugiò tra le mie braccia, in cerca di caldo..
La strinsi, assecondandola.
Ventitré anni e un comportamento di una bimba di due.
Uscimmo con lei rannicchiata addosso a me e appena aprii la sua macchina ci si rifugiò dentro, accendendo macchina e riscaldamento.
Salii e partii per l’università..
Iniziò a tamburellare con la gamba e iniziai ad agitarmi anche io..
Ultimo esame prima della tesi.. poi sarebbe finito tutto..
 
Uscii dall’aula dopo aver fatto l’orale e mi appoggiai al muro.. agitato.. molto agitato.
La vidi uscire disperata dall’aula di fronte alla mia. Le corsi incontro e mi guardò terrorizzata.
“non mi ricordo nulla” sussurrò buttandosi contro il mio petto. La strinsi.
“non è vero devi solo rilassarti. Sei pronta.. basta calmarsi” dissi.
“no.. sono in blocco” disse piano.
“chi c’è sotto?” chiesi.
“la biondina dell’ultima fila” disse. “ma dopo tocca a me”.
“e allora vai in bagno e datti una sciacquata al viso.. vedrai che andrà bene”. La spinsi verso il bagno e mi obbedì. Tornò in classe più tranquilla e io fui richiamato dentro dal docente.
Lo seguii e arrivai alla sua scrivania. Mi fece sedere e mi aprì il libretto davanti.
Ignorai le sue parole e guardai direttamente il voto.
 

*Sara*

 
Uscii dopo aver sostenuto l’orale e lo trovai già fuori. Sorridente.
Sorrisi di rimando e mi avvicinai a lui.
“com’è andata?” chiesi.
“bene” disse soddisfatto. Gli fregai il libretto dalle mani e lo aprii all’ultima pagina.. lode.
“lode” dissi entusiasta. Feci un rapido conto mentale.. se avesse preso la lode alla tesi si sarebbe laureato con la lode.
“tu?” chiese.
“ci vuole pensare su” dissi, leggermente preoccupata.. non era mai un bene se non ti consegnavano il libretto con il voto subito.
Rimanemmo fuori qualche minuto poi mi richiamarono dentro.
“vai.. e stai tranquilla” disse, dandomi un leggero bacio. Inspirai il suo profumo per rilassarmi poi rientrai.
Andai a passo svelto davanti alla docente e la guardai scrivermi il voto. Non badai alle sue parole ma guardai direttamente il libretto e tirai un sospiro di sollievo vedendola scrivere il 'trenta' affiancato dalla 'lode'.
Era fatta.. avevo ufficialmente finito ogni esame.. mancava solamente la tesi.. il pezzo più difficile.. e poi tutto sarebbe finito.
Ringraziai e uscii. Corsi verso Riccardo e mi lanciai, letteralmente, su di lui.
“lode” dissi allegra, baciandolo. Mi sorresse contento.
“non avevo dubbi” disse, girando su se stesso. Lo ribaciai contenta.
Non potevo essere più contenta di così..
Certo ora sarebbe arrivato il momento più difficile: elaborare e studiare la tesi. Ma io e Riccardo, come molti altri, ci eravamo già portati avanti ed era quasi tutto pronto.
Mi potevo considerare laureata.. anche se era un azzardo farlo, ma presto tutto sarebbe finito..
Sarebbero finiti gli incubi pre-esami, sarebbero finiti gli scleri post-studio..
Sarebbe finito tutto, ma sarebbe iniziato molto altro ancora..
Presto avremmo chiuso una porta per aprirne un’altra.. magari migliore..
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
e anche questo è finito.. vi ricordo che questo era l'ultimo capitolo vero e proprio e quello che troverete di seguito è solo l'epilogo che vi darà il quadro generale della situazione..
ciao...

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Capitolo 25
*** Epilogo. ***


Mi appoggio a lui avvolta nel lenzuolo e guardo i due anelli che ho al dito. Sorrido giocando con entrambi.
“se dovessi scegliere una data ora.. su due piedi, quale sarebbe?” chiedo, nel buio della stanza.
“non lo so.. probabilmente sceglierei il 18 di luglio” risponde, calmo. Sorrido istintivamente.. << è la data in cui è iniziato tutto.. >>
“e 18 luglio sia” dico felice. Mi sposto e lo bacio contenta.
“fortuna che doveva essere una data così tanto per..” dice.
“mai detto questo”. Lo ribacio. “mi hai fatto la proposta di matrimonio è giusto che la data vada bene anche a te”.
“tecnicamente così va bene solo a me” risponde baciandomi il collo. Gli tiro uno schiaffo sul braccio.
“come se per me quella data non significasse nulla!”. Ridiamo, insieme.
“architetto lei dovrebbe riposarsi, domani ha un impegno importante” mi prende in giro.
“verissimo.. ecco perché mi porto il mio socio dietro” rispondo baciandolo a stampo “ci aspettano alle 8.00 nel loro ufficio”
“no.. questo non mi piace.. siamo soci solo in ufficio a casa ti proibisco di parlare di lavoro amore” risponde serio.
“ok.. rimandiamo a domani.. ti sveglio io”. Gli do un ultimo bacio e mi appoggio al suo petto.. addormentandomi contenta..
Avevo vissuto un incubo che grazie a lui era diventato una favola..
Ma questo non era nulla di tutto ciò.. era la pura e semplice realtà..
Mi era laureata e avevo un lavoro che andava a gonfie vele. Ero fidanzata e ora era arrivata anche la proposta di matrimonio.. non potevo assolutamente chiedere di meglio!
 
 
 
 
--- --- ---
Note dell’Autrice:
Beh.. che dirvi se non grazie?!
Ringrazio chi l’ha messa tra le seguite, le preferite e chi in quelle da ricordare…
Ringrazio chi l’ha recensita e ringrazio anche te, che l’hai letta ma non recensita..
Le visite non sono mancate e significa che, almeno in minima parte, vi è piaciuta..

 
 
Un grazie particolare alla mia scricciola che, come sempre, si è letta tutti i capitoli in anteprima correggendo eventuali errori.
E ringrazio, particolarmente, anche voi.. lettori assidui:


Lalla_95
fiordicampo
gabry01121992
DolceLuce
vava24
coronabis
fiordicampo
Lalla_95
Martina_Cooper_Pink
_Flowers_
scaccomatto_8
chiaretta90_90
tay labellaelabestiia
elelove98
karol97
happyness elly
Chelinde
Evelinge
Minelli
lara27
BrightStar97

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