After, before and now... about a story of a man with a werewolf.

di VenerediRimmel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dopo. ***
Capitolo 2: *** Prima. ***
Capitolo 3: *** Dopo ***
Capitolo 4: *** Prima. ***
Capitolo 5: *** Dopo. ***
Capitolo 6: *** Mentre - La Festa (Parte Prima) ***
Capitolo 7: *** Dopo. ***
Capitolo 8: *** Mentre - La Festa (Parte Seconda) ***
Capitolo 9: *** Epilogo (After, before and now ) ***



Capitolo 1
*** Dopo. ***


Dedicata ad un’amica
che conosco da quando sono nata.
A te, che hai sempre la pazienza di leggere
ciò che scrivo.
A te, che mi hai fatto scoprire Teen Wolf.




After, before and now... 
about a story of a man with a werewolf.

Capitolo 1 - Dopo.



Quante volte, ormai, aveva baciato quelle labbra? Aveva smesso di contare.
In effetti non gli era mai piaciuto contare. Non gli piaceva perché lo annoiava talmente tanto da indurlo ad addormentarsi. Forse per questo si contano le pecore prima di addormentarsi?
Ecco, lo aveva fatto di nuovo. Stava divagando. Accadeva spesso nella sua vita, non poteva certo negarlo, ma non aveva mai divagato così tanto in vita sua... Non da quando, almeno, aveva iniziato a baciare quelle labbra.
Iniziava a farneticare per evitare spesso situazioni assurde, imbarazzati, complicate, difficili, dolorose e…chi ne ha più ne metta, insomma. E ora che le loro lingue si erano incontrate nuovamente, beh, era la quinta volta che stava facendo sguazzare, nella sua mente, pensieri idioti. Questo doveva, forse, allarmarlo del fatto che si trovasse in una situazione critica?
Quando fu braccato dal corpo dell’altro ne ebbe la conferma. Sentì i loro corpi congiungersi perfettamente e l’eccitazione d’entrambi salì alle stelle. Il primo a mugolare di piacere fu l’essere umano al di sotto della presa del lupo, il quale poi sorrise soddisfatto, senza mai staccare il contatto tra le loro labbra. Si toccarono, per scoprirsi più di quanto già non si conoscessero. Senza la stanchezza di sapere ogni dettaglio, anche il più insignificante, l’uno dell’altro.
Poi sciolsero il loro legame improvvisamente, guardandosi entrambi con gli occhi sbarrati e con i respiri affannati.

Oh, merda, i licantropi sono telepatici? No, non dovrebbero esserlo. Insomma se lo fossero, sarei già morto. Cazzo, era molto più facile quando tutto questo accadeva dopo una bella sbronza. Almeno i pensieri erano innacquati con il Jack Daniel’s e io evitavo di farmi prendere dagli attacchi di panico…

“Tuo padre dorme nella stanza accanto?” Chiese sussurrando e inclinando appena la testa, come se volesse udire meglio qualcosa di poco distante da loro.
Prima di rispondere, sospirò di sollievo. No, i licantropi non possono leggere nella mente.

“No. Dorme sul divano al piano di sotto, cioè, da quando non riesce ad alzare le chiappe dal divano…” Iniziò a farfugliare, ma la mano dell’altro sulla propria bocca gli impedì di continuare. “Allora. Sta. Zitto.” Sussurrò appena, ma con una tale autorità da ammutolire perfino i pensieri dell’altro. Un miracolo, insomma.
Se i suoi pensieri non si fossero silenziosamente attutiti dopo quell’ordine, avrebbe potuto seriamente pensare che lo eccitava quando lo intimava di ammutolirsi.
Ora l’ennesimo dubbio che fece cessare il silenzio all’interno della propria mente fu: se davvero avesse pensato a lui eccitato per l’ammonimento del lupo mannaro. Tuttavia si decise, con convinzione, di non averlo fatto, soprattutto quando vide lo sguardo divertito sul viso dell’uomo che schiacciava ancora e con prepotenza la mano sulle sue labbra.
I suoi occhi si spalancarono, nuovamente. Cazzo, è telepatico.

“Allora sta venendo qui.” Sussurrò, e a quel punto gli sembrò sul serio che tutto questo lo divertisse, perché ormai aveva imparato a riconoscere quello sguardo che per qualsiasi estraneo, invece, sarebbe parso uguale a tutte le altre espressioni che indossava come maschera; ma per lui, appunto, non era così. Ormai sapeva riconoscere ognuna delle mille sfumature del volto dell’altro, anche se non sapeva se questo fosse un bene e dove, se lo fosse, potesse trarne vantaggio.
Lo aveva paralizzato da capo a piedi quella nuova scoperta, ovvero che suo padre lo stava per cogliere in flagrante a letto con un uomo… In realtà, se fin dalla nascita fosse stato un precisino avrebbe dovuto sottolineare che si trovavano a terra durante il ritrovamento - perché era un dato di fatto che, presto, quella stanza sarebbe diventata il luogo di un delitto e che il corpo ritrovato era il suo - ma l’espressione: “lo stesse per scoprire in piena copulazione con un uomo, sul pavimento, dove aveva potuto coglierlo, nel corso della loro vita insieme, in altre possibili situazioni meno imbarazzanti… Dannazione.

Non era mai stato un precisino e la realtà è che stava divagando ancora.
Come poteva permetterselo ora che il padre stava per scoprire che le parole dette sarcasticamente davanti al “pub gay”, dopo l’aggressione di Jackson in versione Kanima, erano vere? Anche se in realtà in quel momento non sapeva nemmeno lui di esserlo. Ad esser preciso, di nuovo, non lo sapeva nemmeno ora.

“Invece di star lì a pensare, fa qualcosa” Lo intimò nuovamente, strappandolo dalle sue seghe mentali.

Ah certo, forza, tu che risolvi sempre i problemi degli altri, perché adesso non provi a risolvere anche i tuoi? Sai, giusto una volta tanto per non far credere al resto del mondo che non ti fai soltanto i cazzi degli altri!

Il moro ricambiò lo sguardo contrito, perché alla fine dei conti, quando le loro conversazioni andavano oltre le due o tre battute in più, e che raramente si scambiavano per dialogare civilmente, finiva sempre in quel modo. Lo sfidava. Con lo sguardo, con una battuta sarcastica, con una frecciatina tagliente… Poco importa, sfidava il lupo.
Possibile che un essere umano come lui, in circostanze critiche come quella, non avesse paura del licantropo che avrebbe con facilità potuto staccargli la testa a morsi? In risposta gli occhi dell’altro divennero di un rosso elettrico e Stiles capì che, al contrario di come credeva, Derek gli faceva una paura fottuta. E nonostante questo dato di fatto aveva le palle di rischiare la vita rispondendogli a tono. Cazzo se sono un figo!

Quando Stiles provò ad alzarsi e a ricomporsi, Derek capì che era troppo tardi per salvare le sue chiappe e quelle dell’altro, così si nascose nella cabina armadio, vicino alla porta, chiudendo la porta dietro di se. Il ragazzo rimasto al centro della stanza si guardò e notò di essere in boxer. Quando diavolo mi ha sfilato canottiera e pantaloncini? Fece due passi veloci verso il letto e, come se lo facesse di proposito, andò a sbattere contro il comodino.

“Cazzo, cazzo, cazzo! Che dolore!” Si ritrovò ad imprecare. In quel momento sentì i passi di quello che doveva essere senza dubbio suo padre, al di là della porta. Anche se Stiles non era un licantropo poté intuire che suo padre fosse inizialmente diretto verso il bagno, e che, sentendolo inveire, avesse deciso di dare un’occhiata a suo figlio; come un perfetto sceriffo d’altronde.

“Vuoi chiudere quella bocca, giuro che quan…” Lo minacciò Derek dal fondo della cabina armadio. “Sta zitto” Lo rimproverò, poco prima che il padre facesse capolinea nella stanza.

*

Eppure ricordava che qualcuno gli aveva consigliato di stare lontano da quella stramaledetta lingua, circondata da quel fastidiosissimo faccino, tanto curioso che gli si leggeva in faccia anche quando si trovava in un luogo dove non era necessaria la sua presenza.

Possibile che fosse così difficile riuscirci? A quanto pareva sì, perché per come erano andate le cose ora, tante erano state le volte in cui aveva provato a stargli lontano e tutte quante si erano concluse in mezzo alle gambe di quel ragazzino.
Questa volta non poteva nemmeno scappare. Fottutissima sorte che lo aveva rinchiuso in un armadio ad aspettare che il padre del minorenne, che si scopava, se ne andasse da dove era venuto.

“Figliolo va tutto bene? …Ma perché stai vicino alla finestra, svestito?” Chiese lo sceriffo dopo aver accesso la luce nella stanza.

Se questa volta non gli faccio fare una brutta fine, io… Non è riuscito nemmeno ad infilarsi nel letto! Sbraitò il lupo, mentre il suo corpo si accendeva di rabbia. La passione, provata fino a poco prima, si era lentamente assopita. I suoi pensieri si erano fatti più nitidi e si stava sinceramente chiedendo cosa ci trovasse di così attraente in quel ragazzo.

Tutta colpa di quella maledettissima festa. Si ritrovò a giustificarsi. Colpa di quello stupido gioco che si erano ritrovati a fare dopo quel maledettissimo Jack Daniel’s. Se solo avesse saputo che c’era dello strozzalupo al suo interno, a quest’ora non si sarebbe ritrovato in questa situazione. Maledetta Lydia. Doveva fare un discorso a quella ragazza, al diavolo che fosse immune. Sicuramente, però, non era immortale.

“P-perché fa caldissimo, non trovi?” Parlò Stiles, dopo dieci secondi di esitazioni, che parvero al lupo un’eternità. Dalla pochissima visuale che aveva, poté vedere Stiles mentre si grattava la testa. Almeno era cosciente di raccontare stronzate!

“Siamo in pieno inverno, sicuro di stare bene?” Continuò lo sceriffo, alzando un cipiglio di incomprensione.

“S-sì. In effetti adesso sento un po’ freddino, meglio chiudere la finestra. O-okay, buonanotte boss”

Ti prego qualcuno lo faccia smettere.

“Buonanotte” Rispose titubante Stilinski Senior, uscendo velocemente dalla stanza. Il secondo dopo Derek uscì furibondo dall’armadio, avvicinandosi al ragazzo con la stessa velocità con cui era entrato nella cabina.
Lo prese per le spalle, portandolo presto e con forza a contatto con il muro, vicino alla finestra. Le iridi innacquate di un rosso spento.

“Riprendiamo da dove eravamo rimasti?” Ironizzò l’animale appena braccato, sorridendo incerto sul da farsi. Derek digrignò i denti facendo uscire un latrato distorto e mostrandogli, così, quali erano le sue intenzioni.

“Ho capito che hai fame, ma potresti non mangiarmi? Insomma, vorrei avere una morte più… serena e per una motivazione più… valida. Sai, non sono un eroe, quello è Scott ma…”

“Possibile che tu non riesca a stare zitto nemmeno quando io sto per staccarti la testa a morsi?” Ringhiò Derek, fissandolo con la rabbia che stava già scemando, sostituendosi al divertimento.

“Oh, quindi hai già deciso da che parte iniziare. Bene, io avrei iniziato dalle...” fece una pausa. “dalle gambe. In effetti qual è la parte migliore del pollo? Le cosce, no? La testa non la mangia mai nessuno… Anche se alcuni preferiscono il cervello. Lo trovano succulento.” Disse, facendo una smorfia di disgusto e puntando gli occhioni da cerbiatto sul volto del lupo. Derek lo fissò a sua volta. “Io amo la testa, la trovo deliziosa” Sussurrò lentamente, in risposta.

Alla fine arrivavano sempre a quel punto. Si guardavano con ostinazione senza niente da dire. Il che, come notava perfino Derek, era strano per Stiles. Quest’ultimo ingoiò la saliva in eccesso.

“Non sei più arrabbiato” Aggiunse, poco dopo.

“No”

“Perciò non vuoi più mangiarmi”

“No, quello voglio ancora farlo” Rispose, frettolosamente, allentando la presa sulle spalle e lasciandolo libero di muoversi per la stanza.

“Grazie”

“Senti, Stiles, questa cosa tra di noi non può più andare avanti…” Iniziò il lupo, incrociando le braccia al petto. “Lo sceriffo stava per scoprirci e Dio solo sa cosa avrebbe potuto fare se ti avesse visto con me, perciò basta così. È stato bello finché è durato e ti prometto che proseguiremo la nostra vita come se questo non fosse mai accaduto...”

Per quanto ne sapeva, aveva parlato fin troppo e aveva dato a quella situazione fin troppa importanza. Tuttavia la risata di Stiles lo lasciò senza parole. Per la prima volta, da quando conosceva quel ragazzino, era lui ad essere rimasto a bocca aperta e non viceversa.

“E ora perché diavolo stai ridendo?” Disse, irritato.

“Dimmi, Derek. Sei un fan della Meyer?” Continuò l’essere umano, avvicinandosi al licantropo. “No, perché pare che tu abbia citato alla perfezione un discorso di Edward Cullen. New Moon, capitolo "La Fine", in caso volessi controllare.” Commentò, sarcastico, avvicinandosi ancora. Derek continuava a rimanere senza parole. Possibile che in quel momento, non capendo assolutamente cosa stesse dicendo, lo trovasse attraente? Se avesse potuto si sarebbe leccato i baffi, perché quella che aveva davanti era una preda sarcasticamente sexy.

“Peccato che tu sia poco credibile in quel ruolo, tu sei un licantropo.” Rise ancora, bloccandosi a pochi passi dal lupo.

“Senti, amico, se vuoi finirla qua, grazie, mi fai un piacere” mentì, ma si scoprì a essere bravo perché Derek sembrava ancora turbato dal suo comportamento per intuirlo. Dopo quelle parole Derek si riscosse.
Perché mai avrebbero dovuto finirla lì? E in quel momento capì quanto il suo amante, sì poteva definirlo in quel modo, fosse astuto e quanto lui fosse stato un’idiota a considerarlo un imbranato di prima categoria.
Ok, ora stava decisamente esagerando.

“Davvero, non c’è bisogno del discorso… Non stavamo mica insieme” Iniziò quando, cosciente del fatto che il lupo fosse tornato in sé, si sentì nuovamente preda.

“Taci, per favore” Lo rimproverò, eliminando la poca distanza che ancora li divideva. “Dove eravamo rimasti?”

“Al punto che inspiegabilmente io sono in boxer e tu ancora completamente vestito” Continuò divertito, cercando di allontanarsi dalla presa di Derek e incrociando le braccia al petto. Si sentì fiero, come quando davanti all’invito di un professore ad andare alla lavagna, si sa di essere pronti per l’interrogazione.
A quel punto non fu difficile per Derek spogliarsi con estrema lentezza e lasciare a bocca aperta l’essere umano che riusciva sempre e incomprensibilmente a stupirlo, soprattutto se lui aveva appena cercato di piantarlo ed erano finiti a fare sesso, ricominciando da dove erano stati interrotti.



Continua.

Macciao. Sono estremamente terrorizzata dal pubblicare questa storia. Il perché? Perché lo sono sempre e Stiles e Derek non mi hanno di certo aiutato nel semplificarmi la cosa! -.-‘ E la prima storia che pubblico su di loro, perciò boh! Sono felice però, perché questi due mi hanno tolto da un bruttissimo periodo di “pagina bianca”. Ebbene sì, non aveva né voglia nè fantasia di scrivere… loro mi hanno aiutata. Perciò ringraziamoli, oppure condannateli! ^^’’’
Allora questa storia non è una one-shot, nonostante possa sembrarlo. Piuttosto è “il dopo” della storia che ho in mente. E voi ora starete pensato: Cosa? Ma ti sei bevuta il cervello?
No, non l’ho fatto credetemi. La mia storia inizia così e durante tutta la durata ci saranno costanti cambiamenti “temporali”. Dal dopo, al prima, al mentre…
Okay ora starete sul serio pensando: cosa sta farfugliando? Perciò la smetto. Se la storia vi è piaciuta e vi piacerebbe scoprire come questi due siano arrivati a questo punto, bene, la scelta sta a voi! Intanto, nell’attesa, mi farebbe piacere sapere il vostro parere su questo “capitolo” che potrebbe rimanere one-shot, giusto nel caso risultasse veramente schifoso.
Bye!

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Capitolo 2
*** Prima. ***



After, before and now... 
about a story of a man with a werewolf.

Capitolo 2 - Prima.



 
Seriamente, di situazioni imbarazzanti ne avevano vissute tantissime perché dover andare ad aggiungerne un’altra? Eppure, in quel momento, dopo tutte le cose che erano trascorse come un uragano, gli sembrava l’unica soluzione ragionevole. Doveva farsi aiutare.
Ma partiamo dal principio, magari mi convinco.
Il problema partiva tutto dal fatto che Scott fosse diventato un lupo mannaro. Perché questo aveva causato tante, tantissime conseguenze. 
Una a caso era Peter, colui che aveva morso Scott, che aveva tentato di uccidere Stiles&Co e che aveva ucciso parecchie persone senza troppi scrupoli. E sebbene tutti pensassero che fosse bello che morto, il bello era ancora vivo e vegeto. Grazie a Lydia, a quanto pare.
Un altro problema era Derek che si era fatto dei nuovi amici. La sua giustificazione? Il branco lo rendeva più forte. Stiles avrebbe voluto volentieri correggerlo, dicendogli che l’aveva reso soltanto meno solo, ma piuttosto che rischiare la vita stavolta aveva preferito tenere la bocca chiusa.
E il branco dell’Alpha era formato da Boyd, un bestione che era desicamente meglio non far arrabbiare, da Isaac, un ragazzo con un brutto passato alle spalle e un sorriso da psicopatico e da Erica, una ragazza invisibile fino a quando non era diventata un lupo…Ma il dettaglio più importante, secondo me è che Erica è follemente innamorata del sottoscritto, da sempre.
Altra catasfrofe era stata Jackson, che avendo sempre desiderato diventare un lupo mannaro, dopo il morso di Derek si era trasformato nel kanima. Un viscidone verde, grande, forte e schifoso. Bleah.
Un'altra conseguenza, giusto perchè quelle di prima non dovessero essere abbastanza: I cacciatori. Coloro che volevano uccidere i licantropi, ergo il mio migliore amico Scott.
Tra questi, Gerard, il nonno di Allison, che voleva il morso per non morire e che per questo motivo aveva sguinzagliato Jackson in versione kanima – con cui aveva in precedenza fatto amicizia.
E anche qui ho rischiato la vita.

In realtà l’avevano rischiata tutti. Perfino lo sceriffo e, al solo pensiero, gli si accapponava la pelle.  
Fortunatamente era andata per il meglio, alla fine. Grazie a Scott. Il mio migliore amico ci ha salvato le chiappe, dimostrando a tutti di non essere il “tutto muscoli e niente cervello” che la maggior parte di noi credevamo che fosse.
E, infine, Jackson che sembrava morto, era resuscitato come lupo, finalmente. Questa potrei anche non considerarla come una catastrofica conseguenza. - Anche se una parte del mio corpo non ne è del tutto convinto. Il mio cuore, infatti, si è spezzato nel vedere Lydia e Jackson felicemente riuniti, ma questo temo che sia un dettaglio irrilevante. Doloroso ma inutile.
 E l'ultima, fresca di poche ore, era l'arrivo del branco di Alpha. L’ennesimo pericolo.
Dove diavolo volevo andare a parare?
Il punto era che da quando Scott si era trasformato, Stiles aveva rischiato la vita in ogni momento. Qualsiasi strano psicopatico capitato per Beacon Hills, si era in seguito avvicinato pericolosamente alle loro vite.
Il fatto era che Scott, diventando un licantropo, sapeva difendersi.
Jackson, in versione lupo, sapeva difendersi.
Perfino Allison aveva subito un allenamento per diventare cacciatrice e sapeva difendersi. D’altro canto discendeva dagli Argent. Mica pizza e fichi.
Insomma, tutti potevano difendersi senza l’aiuto di nessun altro. Eccetto Lydia, tuttavia qualora fosse stata in pericolo, poteva contare su colui che - ahimè - le girava attorno come fosse un cagnolino, Jackson.
E Stiles? No, il sarcasmo questa volta non sarebbe bastato. Lui era un essere umano, drammaticamente in pericolo di vita. Sempre.
La situazione era gestibile quando avevano formato anche loro un branco: L’essere umano, il lupo mannaro e la cacciatrice, erano un trio strano ma formidabile. Poi, però, Scott e Allison si erano lasciati. E Stiles aveva aperto gli occhi. Difatti in lui, dissipato negli angoli, necessitava il desiderio di sapersela cavare da solo. Di saper difendere lui e suo padre dai pericoli oscuri che la gente normale non conosceva e che comunque non avrebbe saputo affrontare.  
Così aveva deciso.
Non poteva affidarsi a Scott, nonostante fosse il suo migliore amico e nonostante avesse una forza sovraumana, era decisamente la persona sbagliata per chiedergli aiuto. E poi, da quando aveva chiuso con Allison, era intrattabile.
Jackson e Isaac erano fuori discussione.
Aveva pensato a Boyd, ma era scomparso insieme a Erica.
Perciò rimaneva lui.
E a quel punto Stiles tornava a porsi la stessa domanda: Non ne avevano passate fin troppe di situazioni imbarazzanti?
Insomma, averlo considerato il cugino Miguel con problemi di epistassi, e l’avergli consigliato di togliersi ripetutamente la maglietta per convincere Danny ad aiutarli, poteva essere una giusta motivazione per farlo ricredere in ciò che aveva intenzione di fare, no?
Tuttavia Stiles continuava a camminare nel bosco, verso la tana del lupo. Dimostrazione che, no, le pippe mentali non stavano funzionando. Ormai aveva deciso. Doveva saper proteggere se stesso e la sua famiglia, Scott e nessun altro era d’aiuto. Soltanto lui.
Nemmeno le scene successive, come quella in cui era dannosamente caduto addosso a Derek, senza possibilità per entrambi di muoversi e di togliersi da quella situazione imbarazzante e nemmeno il consiglio di Matt di fare coppia fissa, bastarono. Stiles camminò fino ad arrivare a destinazione.
Soltanto quando si fermò davanti alle scale di casa Hale, capì che Derek non l’avrebbe mai, MAI, aiutato.
A meno che non fossero scesi a patti.
E lui era disposto ad avere un debito con l’Alpha?
 
*
 
Era preoccupato e nervoso. Boyd ed Erica se ne erano andati e l’arrivo imminente del branco di Alpha gli aveva messo addosso una terribile sensazione. Che fossero incappati in loro?
Senza contare il fatto che Peter fosse – ancora -  in circolazione. Un motivo in più per essere sulle spine. Era suo zio, certo, ma non poteva fidarsi. Lui non si fidava di nessuno. Soprattutto di colui che aveva ucciso la sorella per diventare un’Alpha. Avrebbe potuto agire nel medesimo modo da un momento all’altro, lo sapeva.  No, senza dubbio non poteva fidarsi.  
Quando vide l’ultima persona al mondo, che si aspettava di vedere quel giorno, sopraggiungere dall’oscurità, pensò che il Destino, forse, ce l’avesse con lui per qualche strano motivo che ancora non conosceva. Alzò gli occhi al cielo, incrociando le braccia al petto. Era distratto, altrimenti avrebbe sentito l’odore di quel ragazzino, molto prima di vederlo comparire.
Non si colpevolizzò più del dovuto, perché in fin dei conti era soltanto Stiles.

“Che vuoi?”

“Ciao anche a te, Derek” Affermò sarcastico il nuovo arrivato, alzando una mano per salutarlo e sorridendogli “alla Stiles” – perché non c’era altro aggettivo per descrivere quel fastidioso sorriso  che spesso trapelava sul volto del ragazzo-. “Sono qui perché dopo tutto quello che ci è successo e… sto parlando del kanima e di…”

“Vieni al punto, Stiles” Tagliò corto Derek, puntando le iridi verdi sul corpo dell’altro. A pochi metri di distanza, Derek poté sentire il cuore del ragazzo accelerare in una strana danza irregolare.
Intanto dal fondo del vecchio autobus emerse Isaac, che udendo l’arrivo del ragazzo, era sbucato fuori con la curiosità dipinta in volto. Si salutarono entrambi con un cenno della mano. Stiles si maledisse, non sapeva se fosse un problema il fatto che ci fosse anche Isaac ad ascoltare la sua richiesta d’aiuto.
Decise che non lo era. Ma non aveva pensato minimamente alle conseguenze, cosa che accadeva spesso nei suoi astutissimi piani.

“Ehm, sì” Annuì guardandosi intorno, incerto sul da farsi. Si abbracciò per infondersi un po’ di fiducia, ma non funzionò. Sapeva di giocare una corsa veloce contro la rabbia del lupo e prima fosse arrivato al sodo, meglio sarebbe stato. Si grattò la testa e poi decise di parlare: “Mi serve il tuo aiuto”

“Scordatelo” Rispose con rapidità Derek, senza nemmeno pensarci troppo. Camminò a passo lento verso l’altro lupo che lo guardava di sottecchi. “Avresti potuto ascoltarlo” Aveva tentato Isaac, senza farsi udire da Stiles, il quale sembrava paralizzato sul posto a bocca aperta, sbalordito e seccato del fatto di essere stato piantato in asso con una sola parola.  Derek lo fulminò con lo sguardo e quel gesto bastò a chiudere l’argomento.

“Devo forse accompagnarti alla porta, Stiles?” Brontolò Derek, girandosi a guardarlo.

“Me lo devi, Derek. Devi aiutarmi” Continuò, andando dritto al punto. Era vero, in fin dei conti quante volte Stiles si era ritrovato a salvare la vita dell’Alpha?

Derek non capì a cosa alludesse finché non guardò la sincerità della sua espressione sconvolta. Era realmente disperato, quel ragazzino. Era veramente spaventato da qualcosa che lo stava facendo aggrappare anche all’ultime delle sue ancore, perfino all’idea assurda di chiedere aiuto a Derek Hale, e aveva avuto abbastanza coraggio da essere riuscito ad arrivare fin là, doveva ammetterlo. Alzò gli occhi al cielo, era un Alpha piuttosto orgoglioso, non avrebbe ceduto per due occhioni da cerbiatto che lo stavano fissando insistentemente.

“Va via!” Continuò con poca convinzione, sapendo che l’altro avrebbe continuato a insistere. La rabbia stava svanendo. Quel tipo aveva la facoltà di dissipare la sua più grande forza e di sostituirla con il fastidio. Come ci riusciva?

“Ti ho salvato la vita. Più di una volta e…” Si bloccò, cercando velocemente qualcosa da aggiungere.
Derek notò che parlava a fatica, come se gli costasse parecchio farlo. Si avvicinò a Stiles con un’andatura meticolosamente attenta. Voleva farlo impazzire e se l’altro già non riusciva a spiccicare parole – cosa difficile se si parlava di Stiles Stilinski – voleva dire che ci stava riuscendo.

“Hai dimenticato un piccolissimo dettaglio.” Incominciò senza aspettare che Stiles continuasse la sua arringa, quando fu a pochi passi da lui. “Non ti devo niente o forse devo elencarti tutte le volte che IO ho salvato la vita a te?”
Stiles si grattò frettolosamente la testa, stava pensando a qualcosa. Derek aspettò, il cuore del ragazzo rallentò fino alla rassegnazione degli eventi. Stiles era arrivato dove Derek lo aveva condotto.

“D’accordo. Farò qualsiasi cosa se mi aiuterai” Concluse, poco dopo, alzando le braccia in segno di rassegnazione.

“Inizi a parlare la mia lingua” Annunciò Derek. Sul volto del lupo apparve presto uno dei pochi sorrisi che Stiles aveva visto da quando malauguratamente lo conosceva. La mente del minorenne immagazzinò involontariamente quell’immagine, prima che scomparisse.  “E a questo punto torniamo alla mia prima domanda: cosa vuoi?”

“Stai accettando?” Chiese Stilinski, con l’euforia che trapelava da tutti i pori. Derek alzò gli occhi al cielo.

“No. Prima dimmi cosa vuoi” Rispose a denti stretti. La voglia di ammazzarlo senza troppe esitazioni aumentò di una cifra non indifferente. Cosa aspettava? Incrociò nuovamente le braccia al petto, per respingere l’istinto di buttarlo a terra e staccargli la testa. Con Stiles Stilinski, il ricordarsi della propria parte umana attraverso un’ancora, che per Derek Hale era la rabbia, non bastava assolutamente. Al contrario, era proprio attraverso quella consapevolezza di essere legato a lui, a causa di quell’esile parte umana, che la voglia di ammazzarlo aumentava precipitosamente.

“Ok, perfetto. Io voglio che tu mi alleni. Sai, da quando sono circondato da licantropi e la nostra città è il ritrovo di mostri e cacciatori penso che un po’ di addestramento mi occorra.”

“Ma tu sei un essere umano” Interruppe Isaac dal fondo dell’ampia tana. Stiles si girò a guardare il ragazzo alto, che avvinghiato a un palo del vecchio autobus, si lasciava penzolare con un sorriso divertito in volto.

“Ti si sono evoluti parecchi sensi dopo la trasformazione, Isaac,  ma l’acume continua ad essere ancora la tua peggior nemica” Concluse quest’ultimo sforzandosi di sorridere, tornando poi a guardare il volto dell’Alpha che, pareva, fosse divertito. Grandioso, oltre il danno anche la beffa! Derek divertito, infatti, era un evento paradossalmente eccezionale.

“Però ha ragione, tu sei solo un essere umano” Concordò Derek, girandosi a guardare il beta, per poi tornare subito a posare gli occhi su Stiles.  

“E grazie per averla fatta sembrare un’offesa” Rispose dopo qualche istante speso a fissare le iridi verdi dell’Alpha, infine abbassò il capo e fece dietro front.

“Perché non gli hai chiesto il morso? Saresti forte…” Continuò Isaac, Stiles si fermò sul posto e si girò in direzione del compagno di squadra.

“Perché non sono interessato al morso, ho già rifiutato una volta.” Fece una pausa, nella quale notò il sopracciglio di Derek alzarsi notevolmente. Non lo sapeva che il suo carissimo zietto gli avesse già fatto quell’offerta? “Io voglio solo sapermi difendere da…”

“Noi” Concluse perentorio Derek. Si guardarono come se si stessero sfidando, Derek si stupì di come il ragazzino non cedesse sotto il suo sguardo. Succedeva raramente, ma con Stiles quella rarità non era poi così scontata. Soltanto quando lui lo intimava di staccargli la testa, con i denti, allora Stiles spostava lo sguardo, palesemente seccato. Eppure la verità era che ad arrendersi per primo era proprio Derek, che apriva la bocca per intimorirlo e per farlo cessare. “D’accordo” Concordò l’Alpha, senza nessun segno di entusiasmo dipinto in volto. Stiles, d’altro canto, sarebbe voluto scoppiare in un gioioso ringraziamento, ma dopo un mezzo salto su se stesso si ricompose e guardò Derek che lo fissava con sguardo sbalordito.

“Quando iniziamo?”
 

*

 
“Quando mi avresti detto che sei andato da Derek?” Gli chiese il migliore amico, entrando negli spogliatoi dopo l’allenamento di lacrosse.

“Chi diavolo te l’ha detto?” Sbottò Stiles, girandosi verso l’amico.

“Isaac” Rispose, ostentando lo sguardo sull’amico. “Allora? Che ti è preso?” Continuò, poco dopo.
Sapeva che la presenza di Isaac sarebbe stato un problema. Quel problema era Scott.

“Te l’avrei detto, è successo solamente tre ore fa. Quel cane chiacchierone poteva anche evitarsela…” Brontolò Stiles, sfilandosi velocemente la maglietta impregnata di sudore. Da quando aveva segnato, all’ultima partita, per ben tre volte, il coach aveva deciso di farlo giocare regolarmente.

“Il cane chiacchierone sarei io?” Chiese Isaac, spuntando da dietro una fila di armadietti. Entrambi i ragazzi saltarono dalla sorpresa e scoccarono uno sguardo teso al ragazzo che si era appena intromesso.

“Sul serio, Isaac, dovresti avvertire quando vuoi entrare in scena” Gli consigliò Stiles, prendendo un asciugamano e dirigendosi verso le docce. Scott guardò il biondino e gli sorrise impercettibilmente, ringraziandolo in silenzio, poi si allontanò anche lui verso le docce.
Quando si rivestirono e uscirono dallo spogliatoio, diretti verso casa, Stiles credeva che l’argomento “Derek” fosse già lontano dalla mente del migliore amico, ma dovette ricredersi quando, saliti sulla jeep, Scott tornò all’attacco.

“Perché sei andato da Derek?” Chiese, come se quell’argomento gli desse particolarmente fastidio. Stiles alzò gli occhi al cielo, per la prima volta in vita sua non voleva affrontare un argomento. Per la precisione, quell’argomento.

“Sul serio, Scott, tu avresti saputo aiutarmi? Sai a malapena controllare la tua rabbia e il lupo che c’è in te. Derek è più… controllato. E sa come funziona un addestramento”
Scott guardò fuori dal finestrino, la scuola era già lontana dalla visuale ma si potevano scorgere ancora alcune luci del parcheggio.

“Ma tu…” Cominciò nuovamente.

“Non dire che sono un essere umano, perché me lo sono già sentito dire due volte oggi. Voglio sapermi difendere, okay? Dopo tutto quello che è successo… Lo devo fare. E ora che tu e Allison vi siete lasciati, io mi sento come un nervo scoperto. Sono un essere umano, sì, avete ragione. Ed è un motivo in più per volerlo.” Si era stancato. Per una volta voleva essere sincero con se stesso e con gli altri. In special modo con Scott.
Oppure era soltanto stanco per l’allenamento di lacrosse e stava farneticando.
Fino al tragitto sotto casa del migliore amico rimasero in silenzio. Un silenzio che sapeva poco dell’amicizia che condividevano… da quanto? Una vita, forse?

“Hai tutte le ragioni per volere una cosa del genere, Stiles. Ma quello che cercavo di dirti non era che tu fossi soltanto un essere umano, anche perché sono contento che tu sia ancora la parte normale della mia vita.” Fece una pausa e guardò davanti a sé, la luce del salone era accesa, sua madre era ancora in casa. “Piuttosto volevo dirti che avrei preferito che fossi venuto da me e non ti fossi messo nelle mani di Derek.” Sbottò, infine, cercando lo sguardo del migliore amico, che non trovò. Scott lo fissò ancora per un istante, poi abbassò gli occhi, chiaramente deluso dall’inappropriato silenzio del suo migliore amico. Scese velocemente dalla macchina e prima di chiudere lo sportello aggiunse: “Non ti fidare di Derek”.
Lui non si fidava di Derek, ma aveva bisogno del suo aiuto. Potevano conciliare le due cose? Nella sua mente sì, ma in quella dell’amico?
Quando Scott avrebbe scoperto che doveva all’Alpha un favore, Stiles sapeva che doveva essere pronto a subire l’ira del lupo.
Si ritrovò a sperare, nel tragitto verso casa, che l’ira non si scatenasse durante la notte di luna piena.
 

*


Derek Hale non dormiva quasi mai. Lo faceva soltanto quando le sue pupille cedevano per la stanchezza e non aveva altra soluzione, se non quella di dormire. D’altronde la caffeina non funzionava con i lupi mannari, altrimenti ne sarebbe stato dipendente.
Quelle volte che accadeva, riusciva a dormire per pochissime ore, poi si risvegliava completamente sudato e scosso dagli incubi, che dimenticava all’istante. Infine sbuffava e correva fino al lago, nel cuore della foresta. Nuotare lo rilassava. Nuotare completamente libero di essere ciò che era, lo tranquillizzava. Perciò restava nell’acqua fino all’alba, che spesso arrivava fin troppo presto per i suoi gusti. Poi con la luce si rivestiva e tornava a casa. A volte capitava che lasciasse qualche pensiero di troppo nelle acque oscure di quel lago. Altre, invece, tornava a casa con una dozzina di preoccupazioni in più.
Quella notte nemmeno il lago riuscì a rilassarlo, perciò ne uscì verso le quattro del mattino. Si asciugò velocemente e si rivestì. Infastidito di aver perso anche l’ultima isola che gli era rimasta, si diresse verso casa, ma cambiò direzione quando pensò che avrebbe potuto sciogliere i nervi, complicando la vita di un’altra persona.
Arrivato davanti casa dello sceriffo di Beacon Hills, salì sull’albero più vicino alla finestra da dove già una volta era entrato. Una volta nella stanza si guardò intorno, non era cambiata poi molto dall’ultima volta. Si avvicinò lentamente verso il letto, dove uno Stiles completamente addormentato, respirava profondamente con un rivolo di bava che gli ricadeva su un lato della bocca spalancata.
Derek invidiò la facilità del ragazzo di dormire così beatamente. Prima di aprire bocca per svegliarlo, però, il suo sguardo cadde su una fotografia sopra il comodino; raffigurava lo sceriffo e una donna bellissima, la quale ricordava molto, nei lineamenti del volto, il ragazzo che aveva davanti. Doveva essere la madre di Stiles.
Riposò la cornice al suo posto, accanto ad essa ne trovò un’altra senza cornice. Era scivolata o spostata da poco e raffigurava Stiles e Scott, con un sorriso spontaneo stampato nei loro visi. Doveva essere stata scattata prima del morso, altrimenti gli occhi di Scott avrebbero rovinato lo scatto. Tornò a guardare il ragazzo assopito e decise che era venuto il momento di svegliarlo.  

“Svegliati” Iniziò, mettendosi seduto sul letto. La sua richiesta non ricevette nessun responso, Stiles continuò a dormire.

“Stiles” Proseguì, con l’aria di chi era già stufo della situazione. “Avanti, svegliati” Concluse, afferrandolo per una spalle e scuotendolo con forza. Quando Stiles sbarrò gli occhi dalla sorpresa, non ebbe il tempo di urlare dallo spavento poiché una mano si posizionò sulle sue labbra. Guardò l’essere che era entrato nella sua stanza e che lo aveva svegliato nel cuore della notte, era Derek Hale. Posò i suoi occhi nello sguardo severo dell’Alpha e cercò di tranquillizzarsi, sebbene il suo cuore non ne volesse sapere di smettere di battere così freneticamente. Derek piegò appena la testa, come se volesse spiegare al ragazzo che era proprio lui e non doveva urlare. Quando Stiles fece un accenno di assenso, il lupo tolse la presa sulle labbra.

“Ma che diavolo ti prende?” Iniziò, sottovoce, guardando l’intruso mentre si ripuliva la mano, ricoperta della sua saliva, sulle lenzuola del letto.

“Tu sbavi mentre dormi” Iniziò Derek, senza rispondere alla domanda incompiuta dell’altro.

“Perché sei qui?” Insistette Stiles. Derek decise, finalmente, di alzarsi dal letto e di allontanarsi dalla troppa vicinanza con l’essere umano. Incrociò le braccia al petto e senza rispondere - nuovamente - alla domanda di Stiles, affermò perentorio: “Vestiti”

“Ok, probabilmente è solo un sogno e sebbene non capisca perché tu ne faccia parte, so che prima o poi mi sveglierò e ringrazierò il cielo per avermi dato ragione sul fatto che fosse soltanto un incubo...C-cosa? Sono le quattro della mattina? Sì, un incubo, non può essere altrimenti.” Iniziò il ragazzo, alzandosi velocemente dal letto e avvicinandosi a Derek con aria minacciosa, sicuro di avere la situazione sotto controllo. In fondo si trovavano in un sogno, no?

“Vestiti” Ululò Derek, afferrandolo per la maglietta e sbattendolo contro il muro.

“Sì, mi hai convinto, questo non è decisamente un sogno.” Borbottò in risposta, cercando di divincolarsi dalla presa del lupo. Derek lo lasciò libero e lo fissò fino a quando l’altro non si liberò di pantaloncini e maglietta per vestirsi con una tuta larga e trasandata.

“Di grazia, posso sapere almeno dove siamo diretti alle quattro del mattino?” Disse, una volta vestito.

“Non avevi detto che volevi un allenamento?” Rispose Derek, cambiando decisamente umore e avvicinandosi alla finestra per uscire.

“Sì, certo. Tuttavia non sono uno squilibrato, come te, e penso opterò per la porta. Tu Tarzan, io Jane.” Disse Stiles, indicando prima Derek e poi se stesso. Il lupo aggrottò la fronte. “C-cioè non che io mi reputi una ragazza…ma… Oh, al diavolo sono le quattro di notte! Tu scendi da dove diavolo vuoi, io prenderò le scale!” Concluse borbottando, mentre usciva dalla porta della sua stanza. Derek alzò gli occhi al cielo e capì che ci sarebbe stato parecchio lavoro da fare con quel ragazzo.

 
*


Erano arrivati nella foresta con la sua Jeep fino a dove, per lo meno, arrivava il sentiero. Poi erano scesi a piedi, Derek procedeva dritto, senza dubbio sicuro di dove andasse, mentre Stiles, intimorito dall’Alpha e dalla foresta piuttosto oscura, considerata l’ora, incespicava dietro di lui ogni due o tre passi. Quando il lupo si fermò improvvisamente in un ampio spazio circolare, mancò poco che Stiles gli andasse addosso. Evitò l’ira del licantropo bloccandosi a pochi centimetri di distanza dall’altro. Velocemente fece un passo indietro e ingoiò la saliva in eccesso. Stava realmente succedendo tutto questo? In fondo era ancora convinto che si stesse svolgendo tutto all’interno della sua testa.

“Togliti la maglietta” Iniziò Derek, girandosi a guardarlo.

“C-cosa?”

Oddio, vuole violentarmi. No, forse vuole sbranarmi ma prima vuole assicurarsi che ci sia della carne oppure…
Mi ha chiesto realmente di togliermi la maglietta?
Ma cosa mi è preso? Fidarmi di Derek Hale. Devo essermi rincretinito.


Derek aspettò in silenzio, fino a quando non capì che c’era qualcosa che non andava in quello che aveva detto e che, però, non aveva ancora afferrato.

“Perché mi guardi in quel modo?” Chiese, sollevando un cipiglio d’incomprensione e alzando appena le braccia, per poi farle ricadere velocemente lungo i fianchi.

“Mi hai chiesto di togliermi la maglietta” Ripeté Stiles, fissandolo a occhi aperti. Derek continuò a non comprendere, come se quello che aveva detto fosse un’assurdità. Perciò non rispose.

“Posso sapere perché dovrei farlo?”

“Spogliati” Ruggì quest’ultimo, facendo saltare dallo spavento l’altro, che finalmente ubbidì alla richiesta. Quando Stiles si tolse la maglietta, la lanciò verso Derek. Quest’ultimo la prese all’istante e la strinse forte nel pugno.
Stiles non sapeva di aver fatto un grande errore e non se ne preoccupò più del dovuto perché l’attenzione cadde sullo sguardo fisso di Derek sul suo petto. Lo stava osservando come essere umano o come licantropo? Rabbrividì.
Derek fissò l’addome di Stiles e pensò che le magliette larghe, che spesso indossava, lo facevano apparire snello e denutrito, quando in realtà era tutto il contrario. Aveva spalle larghe e ben definite, l’addome allenato. Era snello, certo, meno palestrato di Scott o Isaac, ma sotto quelle magliette larghe Stiles Stilinski non era affatto scarno. Derek pensò che, fortunatamente, alcune parti dell’addestramento  - le più noiose per lui - avrebbero potuto evitarle.
Sotto lo sguardo indecifrabile del licantropo, Stiles si sentì leggermente in imbarazzo. Ma ciò che lo rendeva agitato non era soltanto lo sguardo di Derek, ma piuttosto l’attesa. Era sicuro che stesse andando incontro, molto lentamente, alla morte.

“Sono appetibile?” Tentò dopo qualche secondo, sentendo l’imbarazzo aumentare di pari passo con la paura. Derek alzò gli occhi al cielo.

“Ora dovrai correre, nasconderti, fare in modo che io non ti trovi o che senta il tuo odore, intesi?” Pronunciò, serafico.

“E come si chiama questa parte dell’addestramento, Cappuccetto rosso e il lupo cattivo?” Borbottò Stiles, sapendo che il sarcasmo, in quell’occasione, non avrebbe aiutato.

“Corri” Ringhiò il licantropo, mentre le iridi iniziavano a cambiare colore.
Rosso elettrico. Stiles fece dietro front e scappò a gambe levate.
Con la voce roca Derek riuscì a ringhiare soltanto: “Hai cinque minuti di vantaggio”, ma Stiles era già troppo lontano per poterlo udire.

 
 


Continua.
 




Premettendo che avrei voluto continuare a scrivere ma che non ho potuto perché altrimenti avrei appesantito il capitolo, ho deciso di concludere in questo modo e continuare forse con il prossimo capitolo. Non so, devo ancora decidere. Forse prima ci sarà un nuovo salto temporale!
Ma comunque, tralasciando questo dettaglio che potrebbe non interessarvi affatto… Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le Preferite/Ricordate e Seguite. Tutti quelli che hanno semplicemente aperto la mia pagina e letto la storia, ma soprattutto chi ha lasciato un commento a questa persona -  veramente disperata – che sarei io.
Non sapendo più cosa altro aggiungere e rendendomi conto che fino ad ora non è che abbia scritto molte cose utili – a parte i ringraziamenti -, vi lascio… Con la speranza di sapere tante belle nuova “opinioni” da chi mi segue!
 
Un abbraccio,
DolceVenereDiRimmel

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Capitolo 3
*** Dopo ***



After, before and now... 
about a story of a man with a werewolf.

Capitolo 3 - Dopo.



Si ridestò quando sentì il letto muoversi sotto il suo peso, aprì gli occhi come se fosse il gesto più complicato e notò che fuori era ancora buio. D’improvviso senza la presenza dell’altro nel suo letto, sentì freddo. Derek Hale cercò di rivestirsi provocando il minor rumore possibile, all’insaputa del fatto che Stiles fosse sveglio e lo stesse osservando.

“Che ore sono?” Chiese a quel punto e notò, nella penombra, il volto del lupo piegarsi in una smorfia impercettibile.

“Torna a dormire” Gli ordinò Derek, ma Morfeo era già troppo lontano per richiudere gli occhi e addormentarsi, perciò piegò il braccio all’altezza del cuscino e ci appoggiò sopra il capo, sbuffando di proposito. “Torna a letto” Pronunciò, sottovoce, e insicuro – come tutte le volte che si era ritrovato a pronunciare quella frase -. Sebbene Stiles non fosse tipo da farsi troppi problemi a dire ciò che pensava, soprattutto in quelle occasioni dove il “soggetto” dei suoi desideri stava scappando via nel pieno della notte, era diventato difficile e complicato supplicarlo di restare almeno fino alle prime luci dell’alba. Perciò aveva imparato a dire semplicemente “Torna a letto”, tre parole che facevano meno male al suo orgoglio. Derek, però, lo salutava con un bacio e saltava giù dalla finestra, senza aggiungere altro.

“Ci sentiamo” Affermò difatti, avvicinandosi al letto e cercando il cosiddetto bacio. Stiles si allontanò appena, scappando dalla sua presa, e lo fissò con sguardo contrariato. Derek non disse nulla, lo guardò a sua volta, era chiaro però, anche nel suo volto indecifrabile, quanto fosse seccato da quell’inaspettato gesto. Indietreggiò e inclinò appena la testa, come se volesse chiedergli cosa desiderava in cambio. Con Derek Hale funzionava così, bisognava interpretarlo.  “Resta” Ripeté l’essere umano, facendogli spazio nel letto, Derek alzò gli occhi al cielo e, dopo un sonoro sbuffo, s’infilò sotto le coperte.
Pienamente soddisfatto di essere riuscito ad avere ciò che da settimane desiderava, Stiles si sdraiò accanto al lupo e iniziò a fissarlo. Derek lo imitò, visibilmente offeso del fatto di essere stato rifiutato.

“Cosa vuoi?” Sussurrò in un soffio il vincitore, lanciando da sotto le coperte un sorriso spontaneo. L’altro, in risposta, guardò insistentemente le sue labbra. Stiles tornò improvvisamente serio, colpito dal modo in cui Derek, spesso, riusciva a lasciarlo senza parole.
Nelle iridi verdi dell’altro, Stiles poté leggere desiderio e possessione benché il lupo apparisse, in contrasto a quei desideri, calmo e taciturno. Tuttavia sapeva anche quanto fosse difficile per Derek chiedere le cose, così tentò di accontentarlo: Lo imitò, fissandogli le labbra, e desiderò con tutto se stesso di poterle baciare, mordere e leccare. Come conseguenza, entrambi sentirono il cuore dell’essere umano capovolgersi in una leggera trottola felice e Derek, prendendola come una concessione, gli si avvicinò impercettibilmente e baciò le sue labbra umide.
Non rimase un bacio casto per molto tempo, i desideri di entrambi si accesero di passione nell’arco di un brevissimo istante e in quello successivo, sia l’uno che l’altro, vollero di più.
Derek lo sospinse sopra il proprio corpo e iniziò a navigare, con entrambe le mani, per la lunga schiena di Stiles, accarezzandola delicatamente. C’era poco di Derek Hale in quei gesti, Stiles si era ritrovato a pensarlo più volte, ma era eccitante sapere che fosse così diverso dalla realtà nei momenti che condivideva soltanto con lui...

Si staccò frettolosamente dal viso del lupo mannaro e lo fissò con circospezione.
L’aveva pensato sul serio?
Derek d’altra parte mugugnò infastidito da quell’inaspettata distanza e cercò velocemente di avvicinarsi alle labbra del compagno, ma Stiles glielo negò. Per la seconda volta.
Il latrato del lupo mannaro e il ribaltamento delle posizioni avvennero così velocemente agli occhi di Stiles che, quando si ritrovò braccato sotto il corpo di Derek, non fece nemmeno in tempo ad avere paura.

“Cosa c’è?” Ululò e, sebbene lo avesse fatto sottovoce, la voce roca e profonda del lupo risuonò per tutta la stanza e fece rabbrividire Stiles, che si ritrovò di conseguenza a corto di parole.
E ora come sarebbe uscito da quella situazione imbarazzante senza menzionare al licantropo i suoi pensieri assurdi? Aveva seriamente provato quel sentimento di possessione?

“Stavo pensando…” Iniziò, bagnandosi le labbra con scarso risultato. La gola secca e l’assenza di salivazione gli fecero credere che non ci sarebbe riuscito a essere sincero.
Peccato che con i licantropi non si potesse mentire.

“Tu riesci a pensare anche quando non dovresti?” Rispose a denti stretti il lupo, guardandolo dall’alto con sguardo torvo.

“N-no” Rispose, incerto e mordendosi un labbro. Derek fissò quell’impercettibile movimento delle labbra e fu scosso da un irresistibile desiderio di morderle e baciarle al tempo stesso. Riuscì a placarsi con grossa difficoltà, tornando poi a guardarlo minaccioso. Stiles sembrò non accorgersi di quell’improvviso cambiamento d’umore e, dopo aver cercato invano le parole giuste, tornò a parlare: “Beh, sì… piuttosto mi è venuto in mente, ma è successo involontariamente. C-cioè… Ti è mai capitato di fare una cosa e mentre la stai facendo, ti viene un’idea assurda in testa e poi ti chiedi se l’hai pensato veramente?” Farneticò, Derek lo fissò con un cipiglio teso. Quando Stiles Stilinski straparlava, c’era da preoccuparsi.

“Tu, beh, sai ho pensato che se fai quello-che-facciamo con me, potresti farlo benissimo con qualcun altro, giusto?” Chiese, infine, Stiles con un filo di voce e guardando un’istante altrove. Derek alzò gli occhi al cielo, poi sciolse la presa dal corpo del compagno e gli si sdraiò di fianco, posando una mano sopra la testa per tenerla alzata.

“Era questo il tuo pensiero ‘involontario’?” Chiese retoricamente, mentre Stiles apriva la bocca, richiudendola all’istante. Si voltò a guardarlo, si sentiva un’idiota ad aver parlato senza pensare. Un attimo, lui parlava sempre senza pensare.

“Seriamente?” Continuò Derek, come se lo stesse rimproverando.

“Non che mi interessi, ovviamente…” Cercò di tergiversare, sapendo che con il lupo mannaro era completamente inutile. Il battito in più che fece il suo cuore, difatti, lo tradì. Si morse nuovamente il labbro, mentre fissava le iridi verdi del compagno, sperando di non aver rovinato tutto.

“Fai una cosa: chiudi quella bocca!” Lo ammonì, avvicinandosi e baciandolo con irruenza, cogliendo Stiles di sorpresa. “E fammi un altro piacere” Mormorò, a pochi centimetri di distanza dal viso dell’altro. “Non pensare” Continuò, guardandolo torvo. Stiles annuì con poca convinzione, insoddisfatto di non aver ricevuto una risposta. Era quello il suo problema principale: quando desiderava qualcosa, la voleva al cento per cento, non se ne parlava di averne un po’ o una fetta. Lui voleva tutta la torta.
Baciò Derek senza aggiungere altro e, condotto dalle braccia dell’altro, si portò nuovamente sopra il suo corpo. Tentò di togliergli la maglietta, ma non riuscendoci, lasciò fare a  Derek, che staccandosi dalle sue labbra sbuffò, seccato dall’ennesimo motivo che li aveva portati a dividersi.

Quando ciò che li aveva divisi cadde sul pavimento, Stiles si riavvicinò con l’intenzione di tornare a baciarlo e se non fosse stata la mano di Derek, improvvisamente appoggiata sul suo petto, a fermarlo sicuramente ci sarebbe riuscito. “Quello-che-facciamo” Affermò, alludendo al discorso delirante del ragazzino, mentre continuava a fulminarlo con lo sguardo, amareggiato del fatto di dover realmente affrontare quel discorso.Non accade con nessun altro” Sussurrò con voce roca, strozzata dal desiderio inespresso.
A quella rivelazione lo stomaco di Stiles fece una capriola d’assenso, e soltanto in quel momento capì di essere in un pericolo più grave di quello che riteneva fosse semplicemente desiderio di possessività, ma non ci badò. La mente si era finalmente offuscata di desiderio represso e, senza aggiungere altre inutili parole, si avventò sulle labbra bagnate di Derek e le baciò.

Nell’impenetrabile luce oscura della stanza si accarezzarono e studiarono, come se fosse la prima volta. In effetti, in quei gesti c’era qualcosa di diverso. C’era più attenzione, dedizione e sicuramente più lussuria.
Stiles, smosso da un impaziente coraggio, diede a Derek una parte di lui che non aveva mai mostrato di essere e che lui stesso non pensava di conoscere. Sovrastando il corpo del lupo, baciò ogni centimetro di pelle a sua disposizione e accarezzò ogni luogo che, costatando i gemiti dell’altro, gli dava piacere. Quando all’estremo dell’impazienza, Derek ribaltò la situazione si ritrovarono ben presto sul pavimento.
Si ritrovavano sempre sul pavimento, in realtà.

“Ahi” Mugolò l’essere umano, una volta a terra. Derek, per scusarsi dell’irruenza, lo baciò su una guancia, scendendo lentamente lungo il collo e lasciando una scia di baci e morsi dietro di se. Stiles concordò mentalmente che quel tipo di ammenda era decisamente migliore delle parole e che ritrovarsi sul pavimento non era poi così scomodo e fastidioso.

“Togliti i pantaloni” Gli ordinò Stiles, sorridendo al ricordo di quando per la prima volta – e in una situazione del tutto differente– Derek gli aveva ordinato di togliersi la maglietta.
Il licantropo obbedì accondiscendente alla richiesta del ragazzo, il quale ora lo stava guardando con uno strano sorriso dipinto in volto. Senza chiedergli cosa stesse pensando, Derek parlò con voce strozzata. “Poi devo mettermi a correre?”
Si guardarono entrambi, ricordando insieme alcuni episodi della loro vita che si erano impressi, nelle menti di entrambi, con troppa semplicità. E quando Derek fu libero dalla presa fastidiosa dei suoi pantaloni, si gettò sul corpo di Stiles per costruire quello che sarebbe stato, presto, un altro ricordo indimenticabile.
Arrivò l’alba quando, esausti e sopraffatti dal piacere, caddero l’uno accanto all’altro. Stiles si addormentò per primo, cullato dal respiro regolare di Derek accanto a lui.
Ma quando il primo raggio di sole, colpendo il letto, lo costrinse ad aprire gli occhi, Derek Hale era già scomparso e lui era nuovamente poggiato sul materasso, coperto dalle calde coperte. Sorrise, contento di sentire impresso sulla propria bocca il sapore dell’altro, si rigirò per nascondersi dalla luce, sapendo che Derek non se ne era andato senza prima averlo salutato con un bacio. 
 
*
 
Quando quella mattina parcheggiò all’interno della Beacon Hills High School si sentiva piuttosto sereno. Scese dalla sua adorata Jeep e raggiunse l’amico, Scott, che cercava di legare la sua bicicletta al palo.

“Se me lo avessi detto che tua madre ti ha tolto nuovamente l’auto, ti sarei passato a prendere” Cominciò, salutando Scott con una pacca sulla spalla.

“Ieri sera ho provato a chiamarti, infatti. Ma avevi il telefono staccato!” Si girò a guardarlo, mentre il lucchetto si chiudeva con un fragile tac.

Oh, merda.

“Ah sì? Devo comprarne uno nuovo, temo che non funzioni più tanto bene…” Mentì spudoratamente, non considerando che anche Scott fosse un lupo dannatamente attento ai suoi battiti del cuore.

“Non c’è bisogno che tu menta per non farmi arrabbiare, Stiles” Cominciò subito dopo, avvicinandosi insieme verso le scale dell’entrata. Stiles corrugò la fronte e rimase in attesa, non sapendo come uscire da quella situazione. “So benissimo che eri con Derek” Continuò Scott, guardandolo con uno strano sorriso dipinto in volto. Da quando era diventato così astuto?

Dannazione.

“C-cosa? No no, ero a casa con mio padre. Sai, l’ho aiutato a risolvere un cas…” Bla, bla, bla. Ma perché continuare a scavare la fossa, più del dovuto?

“Stiles, sul serio? So che eri con Derek per via dell’allenamento.”

Ah già. L’allenamento. “Tana per Stiles! Mi hai beccato!” Affermò con poca convinzione, alzando le braccia e riabbassandole subito dopo. Peccato che non riuscissero più a terminare un maledetto allenamento da quando… Stiles, smettila di pensare.

“Ciao ragazzi!” Salutò Erica, con un sorriso malizioso in volto, passando accanto ai due. Dietro di lei, Boyd e Isaac li salutarono con un semplice gesto della mano. Stiles ricordò velocemente il modo in cui aveva ritrovato i corpi in fin di vita di Erica e Boyd e rabbrividì. Fortunatamente si erano ripresi piuttosto bene, anche se le speranze erano veramente poche. Ogni volta che li incrociava per i corridoi o fuori dalla scuola, non poteva fare a meno di pensare a quell’evento. Se non fosse stato per loro, sicuramente non sarebbero stati lì a passeggiare disinvolti, come se nulla fosse. Erica si rigirò a guardarlo, facendogli poi l’occhiolino, che Stiles ricambiò con un gesto incerto della mano. Senza contare la festa. Si ritrovò a pensare, ingoiando la saliva in eccesso.

“Allora, come sta andando con Derek?” Quella domanda lo riportò alla realtà.

“I-Intendi l’allenamento?”

Oh, al diavolo. Era così dannatamente bravo a far apparire tutto palese? Derek l’avrebbe ammazzato, ne era sicuro. Ringraziò il cielo che non fosse presente. Si guardò intorno, al pensiero di essere sotto controllo, rabbrividì nuovamente. Era davvero sicuro che non ci fosse?

Santo Dio, questa è paranoia! Si rimproverò, alzando gli occhi al cielo.

Scott lo guardò confuso e Stiles si lasciò quella terribile ansia alle spalle, sorridendogli con convinzione. “Ora non ti sembra più una stronzata?” Chiese, avvicinandosi al suo armadietto. Aspettò la risposta dell’amico, mentre inseriva la combinazione del lucchetto; questa, tuttavia, non arrivò con la velocità che si aspettava, così si voltò a guardare il migliore amico per capire cosa fosse successo. Lo trovò con sguardo sofferente rivolto verso l’entrata. Stiles lo conosceva bene quello sguardo, era esattamente quello che metteva su quando avvertiva in lontananza l’odore della sua ex ragazza. E, infatti, quando si girò a guardare per confermare o confutare la sua tesi, vide Allison e Lydia camminare velocemente verso di loro.
Lydia, possibile che fosse sempre così bella anche di prima mattina?

“Diamine, io e te abbiamo lo stesso sguardo ogni volta che le incrociamo! Dobbiamo trovarci uno sfogo, amico…” Convenne Scott, quando si girò verso Stiles.
Stiles lo guardò con un sopracciglio alzato. Uno sfogo?
Lui credeva di averlo uno, ma fino a quel momento non l’aveva considerato tale.

“Hai ragione! Anche se credo di esserci passato sopra la questione “Lydia e Jackson”! ” Affermò, prendendo un paio di libri e incamminandosi verso l’aula, al suo seguito Scott lo guardò, sorridendo divertito.

“Sì, anch’io credo di averci messo una pietra sopra riguardo me e Allison” Ironizzò Scott, dando una spallata al migliore amico.

“Sono serio e tu sai che non sto mentendo!” Annunciò, fermandosi sul posto e prendendo l’amico per una spalla. Si guardarono per un breve istante, Scott cercò di ascoltare i battiti del cuore ma fu interrotto.

“STILES” Urlò Lydia da dietro le spalle larghe del diretto interessato. Stiles saltò dall’improvviso e inaspettato richiamo della ragazza e si girò frettolosamente a guardarla. Le sorrise come meglio sapeva fare e attese che questa proseguisse. 

“Posso parlarti?” Chiese, afferrandolo per una mano e allontanandolo senza troppe discussioni. Il cuore del ragazzo mancò di un battito e prima di girarsi completamente verso la ragazza, vide il volto di Scott aprirsi in un sorriso malizioso.
Tuttavia Stiles sapeva che Scott sbagliava.
Giusto?

“Sono stanca, Stiles” Annunciò, fermandosi davanti alla fontanella dell’acqua, poco distante da dove il suo migliore amico li stava osservando.

“Riguardo a…?” Chiese a quel punto Stiles, guardando prima l’amico e poi girandosi e donando la sua completa attenzione alla ragazza.

“Di Allison e Sc…” Si bloccò, presa di contropiede dall’improvvisa presa del ragazzo che la trascinava più lontano. “Ma che fai, Stiles?” Urlò, seguendolo interdetta.

“Scott, lo so che mi stai sentendo perciò trovati un’altra cosa da origliare perché questi non sono più affari tuoi” Borbottò Stiles, mentre camminava velocemente verso l’aula di chimica, la più lontana che in quel momento gli venne in mente. Senza sapere se l’amico avesse preso in parola il suo consiglio, si girò verso la bionda e la guardò contrariato. Erano abbastanza lontani, almeno lo sperava.
Prese dallo zaino l’mp3 e lo accese, tolse le cuffie e scelse la prima canzone che gli capitò. “D’ora in poi, si parla in codice. D’accordo?!” Chiese, sussurrando, mentre la melodia iniziò a risuonare per il corridoio.

“Non sarai troppo paranoico?” Domandò, piuttosto seccata, fissandolo con circospezione.  

“No, se serve a non dare false speranze al mio migliore amico. Parliamo di mela e mandarino, d’accordo?” Farneticò velocemente Stiles.

“M-mela e mandarino?” Balbettò Lydia, allacciando le braccia al petto. “Seriamente?”

“Ti pare che io stia scherzando?” Chiese retoricamente, guardandola teso. Lydia lanciò uno sguardo al cielo e borbottò: “Speravo di sì” Poi, incerta sul da farsi lo fissò. Le venne in testa il ridicolo ricordo della festa, quella festa. E per un istante si ritrovò a fissare le labbra del ragazzo. Si ridestò immediatamente, dandosi della stupida, e iniziò a parlare: “Oggi pomeriggio io, te, mela e mandarino… Quanto suona stupido, Stiles!” Urlò, fissandolo bruta. “Comunque, noi ci vediamo a casa mia.”
Stiles si accigliò, non capendone assolutamente il motivo. “Oh andiamo, ti sarai accorto di come si guardano! No?”

“Chi?”

Lydia alzò gli occhi al cielo, piuttosto seccata. “All…Mela e mandarino” Farfugliò, fissandolo come se stesse dicendo un’ovvietà e una stupidità nello stesso momento. Stiles la guardò per un istante, ancora confuso, poi intuì tutto il discorso e si animò, annuendo con vigore. “Certo, certo! Lydia sei un genio, come ho fatto a non pensarci io, con la scusa dei test di fine semestre, andiamo all’attacco con la questione: Sc…Mela e mandarino! Ottimo!” Affermò con vigore, abbracciandola velocemente. Lydia si staccò dal corpo dell’altro e rise impercettibilmente. Stiles aveva la capacità di prenderla sempre in contropiede.

“In realtà non avevo pensato a tutto questo, ma ora so di aver parlato con la persona giusta. Allora ci vediamo questo pomeriggio, per studiare” Continuò, facendogli l’occhiolino. Poi lo salutò con la mano, prima di allontanarsi. Stiles la fissò per un paio di secondi prima di seguirla a sua volta. “E Jackson non verrà?” Chiese, da dietro le spalle della ragazza. Lydia si girò a guardarlo con un sorriso malizioso stampato in viso. “No, ha l’allenamento con la squadra di nuoto” Affermò, prima di scomparire dentro un’aula. Senza poter pensare ad altro, Stiles iniziò a correre verso l’ultima aula del corridoio. Era in ritardo e la campanella aveva appena smesso di suonare.
Si ritrovò a sperare con tutto se stesso che Finstock fosse di buon umore e non lo mettesse in punizione.

“Cosa voleva Lydia?” Gli chiese il migliore amico, quando si sedette nel banco dietro il suo. Stiles si allungò frettolosamente verso Scott e gli sussurrò: “Mi ha chiesto di andare a studiare da lei, vuoi venire?”
Scott si girò a guardarlo con un’espressione meravigliata e contenta allo stesso tempo.

“Scherzi? E rovinarti così l’appuntamento?” Bisbigliò, rigirandosi a guardare il professore di Economia che, intanto, aveva iniziato a spiegare la lezione.

“C-cosa? Quale appuntamento?” Biascicò.  “No, no mi ha chiesto anche di te. Dobbiamo studiare per i test di fine semestre.” Rispose velocemente. “Ci sarà anche Allison”
Scott si girò a guardarlo nuovamente, con la stessa espressione contenta. “Davvero?”

“Non comportarti come se non sapessi niente, lo so che hai sentito!”

“Perciò Mela e Mandarino…” Continuò, lasciando in sospeso la frase. Stiles alzò gli occhi al cielo.

“McCall e Stilinski, spero che il vostro discorso così interessante sia riguardo l’imminente test di venerdì e non di affari extrascolastici che potrebbero farvi bocciare entrambi e farvi escludere dalla squadra, giusto?”

“In effetti, è proprio di questo che stavamo parlando.” Cominciò Stiles, ma dopo l’occhiataccia del professore e del suo migliore amico, chiuse la bocca e annuì silenziosamente. Prima che potesse mettersi ad ascoltare con attenzione la lezione, sentì il cellulare vibrare nella tasca dei suoi pantaloni. Lo prese velocemente e lesse il messaggio.

Ci vediamo in pomeriggio.
                                           DH


Non appariva come una richiesta, era piuttosto un ordine. Lo erano sempre, d’altronde. Stiles si mosse velocemente sulla sedia, incerto sul da farsi. Doveva andare a studiare da Lydia, lo doveva a Scott che, a stretto contatto con Allison, si rincretiniva più del dovuto. Lo doveva a Lydia e al suo diabolico piano di metterli insieme. E ormai non aveva nemmeno una buona scusa per annullarlo e, per quanto volesse trascorrere del tempo con lui, sapeva che stavolta doveva dire di no.

Non posso, affari superiori.
                                        Stiles.


Si sentiva un cretino a firmare i suoi messaggi, ma ormai lo faceva per divertimento. Guardò lo schermo finché la luce del cellulare non si spense. Gli avrebbe risposto o non lo avrebbe fatto? Perché aveva addosso tutta quell’ansia?

Sono così eccitato all’idea di oggi pomeriggio!

Quando lesse quel messaggio, poco ci mancò che si strozzasse con la sua stessa saliva. Poi guardò il numero salvato e si rese conto del fatto che fosse Scott e si calmò. Guardò il migliore amico che, intanto, si era girato verso di lui e notò quel sorriso che da molte settimane era scomparso dal suo viso. Quando sentì vibrare nuovamente il telefono tra le sue mani, lesse immediatamente sperando che fosse Derek.

Ci sarà anche Jackson? Altrimenti anche tu potresti avere una chance con Lydia, soprattutto dopo quello che è successo alla festa. No? Ne avete parlato?

Era nuovamente Scott, cosa era successo, aveva forse scoperto i messaggi gratis? Alzò gli occhi al cielo e si chiese se davvero volesse un’occasione con Lydia. Pensò a Derek e all’ansia che sentiva addosso solo per non aver ricevuto – ancora – una risposta. Lydia era stata tutt’altro. Sempre. Ma, soprattutto, Lydia era stata ciò che non aveva mai potuto avere. La desiderava dalla terza elementare, ma lei si era accorta della sua presenza, da quanto?, forse non era passato nemmeno un anno. Sbuffò.
Sì, la festa aveva combinato parecchi danni.

Jackson non ci sarà. E no, non abbiamo parlato. Ma temo che nemmeno tu lo abbia fatto con Allison e se non ricordo male nemmeno con Isaac… :D

Il sussulto dell’amico lo fece scoppiare in una risata strozzata.

Vogliamo parlare di te, Stiles?

Lo imbeccò nuovamente Scott, girandosi e sorridendogli maliziosamente.
No, era meglio evitare quel tasto doloso. E per fortuna il suono della campanella lo salvò dall’ennesimo messaggio di Scott. Uscirono velocemente dall’aula, diretti verso la nuova lezione. Prima che potesse, però, entrare all’interno della nuova aula, il telefono di Stiles vibrò nuovamente e, leggendo il contenuto, si fermò sul posto.

“Cosa succede?” Chiese Scott, girandosi e raggiungendo in fretta l’amico.

“N-niente. È Lydia” Mentì, ma l’euforia che il lupo provò nuovamente al pensiero del pomeriggio insieme ad Allison, lo confusero quel tanto da non accorgersi della bugia dell’amico. “Per le tre dovrebbe andare bene, no?” Gli consigliò, mentre Stiles leggeva nuovamente il messaggio di Derek che diceva semplicemente: Vieni in bagno.

“Sì, ora glielo scrivo. Intanto tu vai, io passo un secondo in bagno” Affermò, prima di scappare via verso i gabinetti.
 
*
 
Quando Stiles entrò nel bagno si guardò attorno e trovò l’ambiente completamente vuoto. Controllò perfino ogni cabina, ma non c’era traccia di Derek Hale. Che fosse diventato invisibile? No, era più probabile che la testa gli avesse giocato un brutto scherzo e che si era immaginato di ricevere il messaggio, così preoccupato del fatto che fosse diventato d’improvviso – Non proprio con questa velocità, in realtà – pazzo, controllò il cellulare.

“Cosa hai da fare di così importante da classificarlo come ‘affare superiore’?” La voce del licantropo risuonò nel piccolo bagno e Stiles, colto dallo spavento, saltò in aria, alzando le braccia subito in segno di resa. Odiava Derek e le sue, mai banali, entrate in scena.

“Ci tieni tanto alle tue entrate in grande stile, vero?” Lo rimproverò il ragazzino, massaggiandosi con cerchi concentrici il cuore. Derek lo fulminò con lo sguardo. Il sarcasmo poteva essere la sua migliore arma, ma era anche il peggior nemico dell’uomo che, in quel momento, aveva chiaramente espresso in volto il desiderio di morderlo ovunque, non era importante il dove. “Devo studiare per i test” Concluse, eliminando qua e là alcuni dettagli irrilevanti. Irrilevanti un par di palle. Alla fine aveva imparato che eliminando delle informazioni, evitava di mentire e di farsi scoprire.

“Da solo?” Chiese il lupo, avvicinandosi a Stiles con passo lento.

“N-no” Balbettò, indietreggiando di qualche passo fino a quando, perlomeno, non andò a sbattere contro la porta.

“E posso sapere con chi, Stiles?” Continuò Derek, chiudendo rapidamente la porta a chiave.

“Con Scott, s-sai deve rimediare a qualche insufficienza di troppo, altrimenti rischia il posto nella squadra” Continuò Stiles, cercando di pensare a tutto fuorché alle labbra bollenti del compagno che, con estrema facilità, lo aveva braccato contro la porta.

“E allora perché sto sentendo proprio ora Lydia che chiede ad Allison di studiare insieme, voi quattro?” Domandò Derek, annusando il collo di Stiles mentre con una mano andava ad accarezzare la pelle nivea di Stiles, al di sotto della maglia.

“Derek Hale, non riuscirai a tentarmi con il tuo modo inspiegab-bilmente audace e tremend-damente astuto…” Si bloccò, quando il lupo baciò il suo collo, mentre con le mani stava già slacciando la cintura dei suoi pantaloni. “Ok, forse potresti riuscirci ma…smettila.” Disse, con poca convinzione. Tentò schiarendosi la voce, e ripeté con più decisione: “Smettila” E lo spinse via. Derek lo guardò furente, serrando la mascella. “Oggi pomeriggio devo studiare con Lydia, Allison e Scott.” Affermò, pentendosi immediatamente di averlo allontanato.

“Lydia” Pronunciò il licantropo, con l’ira a caratterizzare la voce, il viso e gli occhi. “È una sua idea, vero?”  Stiles lo fissò, accigliato. “Vuole far tornare insieme quei due.” Borbottò, avvicinandosi nuovamente al ragazzo e prendendolo per la maglietta. “Rispondi Stiles o inizierò a torturarti. Ma stavolta non urlerai di dolore” Lo provocò Derek, fissandolo con uno sguardo indecifrabile.

“Sì, la sua idea era quella...” Rispose, con l’idea assurda in testa di non volerlo fare per sapere di che tipo avrebbero potuto essere le sue urla.

“E Lydia non ha in testa nient’altro, giusto? Vuole metter mano solo su Allison e Scott” Chiarì Derek, guardandolo torvo.

“Suppongo che il suo piano sia questo… e lo studio.”

Si fissarono carichi di una passione che girovagava distratta nel piccolissimo ambiente in cui si erano rinchiusi.

 “Noi ci vediamo stasera, allora” Concluse, baciando velocemente le labbra dell’essere umano, che accettò di buon grado quell’improvvisa irruenza. Si baciarono per qualche breve istante, le mani di Derek si sciolsero dalla presa sulla maglietta per circondarlo in vita con un abbraccio e per sentire, così, i loro corpi a contatto, mentre le mani dell’altro afferrarono con vigore i capelli del lupo. Quando si divisero, Derek si affrettò ad aprire la porta e a sparire dietro di questa.

“Controllerò l’agenda e le farò sapere. Oh, niente in programma! Stasera sesso in grande stile” Si ritrovò a farneticare, mentre a passo svelto si affrettò a raggiungere l’aula.
 

 
Continua.




Questo capitolo è stato un’agonia. Vi prego, ditemi se vi è piaciuto altrimenti temo che il mio istinto mi condurrà a cancellare l’intera storia. U.U

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Capitolo 4
*** Prima. ***


After, before and now...
about a story of a man with a werewolf. 


 
Prima.
 


Correre. Nascondersi. E sperare che il lupo non avesse tanta fame. Era questo il nuovo mantra del ragazzino che, alle quattro della mattina, correva per la foresta di Beacon Hills.
Correre. Anche se dopo dieci minuti senza sosta e con un ritmo piuttosto veloce, iniziava a sentire le gambe indolenzirsi.
Nascondersi. Si guardò intorno, stando attento a non inciampare nelle erbacce e nei vecchi rametti adagiati ovunque. Non c’erano luoghi dove potersi nascondere, a meno che farlo dietro un albero potesse bastare per scampare a un licantropo dall’olfatto straordinariamente sviluppato.
Sperare che Derek Hale non avesse tanta fame. Era convinto che l’avrebbe divorato anche dopo un abbondante pasto completo. Solo per il gusto di farlo, insomma. Avrebbe degustato la sua carne come fosse un dessert. D’altronde lui era Stiles Stilinski, il ragazzo che gli stava sempre in mezzo ai piedi. Toglierselo davanti, una volta per tutte, doveva essere davvero un’ottima consolazione. Anzi, un’ottima motivazione.
Si fermò, fulminato da una terribile idea. Era stato inutile correre e cercare un riparo. Idiota. Derek sarebbe riuscito a seguirlo fino a quel punto grazie al suo odore, impregnato nella maglietta che lui gli aveva lanciato addosso poco prima di darsela a gambe. Idiota.
Perciò non doveva né correre, né nascondersi né tantomeno sperare che il lupo non lo divorasse solo per il gusto di farlo. Doveva fare soltanto una cosa: mascherare il suo odore.

Sì, d’accordo, ma come?

Serviva dell’acqua e Stiles ricordava un lago nel cuore di quella foresta. Lo ricordava, molto vagamente. E non aveva la minima idea di quanto fosse lontano – o vicino – da lui. Si rimise a correre seguendo l’istinto. Di solito, era piuttosto fortunato. Sperò di esserlo anche in quel momento… perché aveva dannatamente bisogno di un colpo di cul…fortuna.
Ringraziò il cielo quando correndo verso quello che credeva fosse il sud, trovò il lago che ricordava. Senza pensarci, si tolse frettolosamente i pantaloni e si buttò al suo interno. L’acqua avrebbe fatto perdere il suo odore, certo, ma la scia che aveva lasciato per arrivare fin lì era nell’aria.
Cazzo! D’altro canto, i suoi piani avevano sempre qualche difetto e, quando tentò di rimediare, era ormai troppo tardi. Sentì i passi del lupo dietro un albero e l’istinto lo portò a nascondersi sotto l’acqua. Che si fotta anche l’istinto.

“Stiles, pensi realmente che tu possa nasconderti da me sotto l’acqua?” Affermò il lupo, mostrandosi dall’alto di una cunetta. I suoi occhi rossi erano allietati da tutta quella situazione. Una nota positiva gliela doveva, Stiles era scandalosamente divertente. Prima di riemergere, il ragazzino cercò di rispondere al lupo lasciando fuoriuscire dalla propria bocca alcune bolle e, non contento della pessima figura che stesse facendo, alzò le spalle interdetto.

“Ho l’olfatto e la vista ben sviluppati, ma non riesco ancora a sentire gli idioti che cercano di parlare sotto l’acqua. Sali su!” Urlò Derek tra la beffa e il rimprovero, affondando le mani all’interno delle tasche del giubbotto nero. In tutta risposta Stiles riemerse dall’acqua, perché a corto d’aria, e con la bocca spalancata e il respiro affannato, guardò il licantropo con un insolito sorriso stampato in volto. Alzò velocemente una mano verso Derek, con il pollice rivolto verso l’alto. “Allora? Sono andato alla grande, no?” Farfugliò, avvicinandosi infine verso la riva.

“Sì, certo, a quest’ora avevo già finito di mangiarti” Rispose, raggiungendolo velocemente.

“Certo, certo. Come se potessi farlo senza poi dover dare delle giustificazioni…” Borbottò, cercando i pantaloni lungo la riva del lago.

“Sempre SE qualcuno venga
da me a reclamarti...” Concluse Derek, con uno strano tono di voce.
Sul serio aveva intenzione di mangiarlo? Stiles lo fissò con la bocca aperta, impalato al suolo, come se quello che il lupo avesse appena detto, fosse una frase profondamente blasfema.

“Le tue intenzioni sono sempre state quelle di farmi fuori, non è vero?” Concluse con voce atona, assottigliando lo sguardo in direzione del lupo.

“Oh sì, da quando le tue chiappe sono finite nella mia proprietà” Ribatté Derek. “I tuoi pantaloni” Continuò usando lo stesso tono con cui lo aveva minacciato, alzando appena il volto per indicare un’oggetto dietro le spalle di Stiles. “Indossali o ti prenderà un accidente” Lo rimproverò, puntando le sue iridi, tornate in forma umana già da un pezzo, sul corpo bagnato di Stiles.

“Ti preoccupi? Tranquillo, non mi guasto mica. ” Ironizzò, voltandosi in fretta a prendere i suoi jeans. “Se vuoi, la data di scadenza è scritta sul mio corpo, puoi controllare…” Continuò sarcastico, mentre si abbassava a raccogliere i pantaloni e dando, come visuale al licantropo, l’immagine del suo fondoschiena. “…Ora!” Concluse, alludendo alla posizione che aveva assunto. Quando tornò a guardare il volto del lupo, con il solito sorrisetto sfrontato, Derek era scomparso. Che fosse scappato per l’imbarazzo?

“Andiamo, ora fai anche il difficile?” Continuò urlando invano, mentre faceva un giro su se stesso per cercare di scovare tra gli alberi l’ombra dell’Alpha.
Quando indossò i pantaloni, decise che la prima cosa da fare in quella situazione era andarsene, d’altro canto Derek Hale sembrava lo avesse piantato in asso, perciò perché attendere? Ma quando fece dietro front, per seguire i passi che lo avevano condotto fino a lì, trovò il lupo ad attenderlo, nella medesima posizione in cui l’aveva visto l’ultima volta. Saltò dallo spavento, cosa che iniziava a odiare considerato che era sempre quel lupo a terrorizzarlo così facilmente.

“Ok, ci sono, stai forse cercando di dirmi che hai il dono dell’invisibilità!” Esclamò, alzando le braccia verso l’alto. Derek lo guardò, senza voler minimamente rispondere alla pessima affermazione dell’essere umano. “Oh, andiamo, un sorriso non nuoce gravemente alla salute, sai?” Concluse, facendo spallucce. Stava inscenando un monologo da quelli che sembravano essere dieci minuti e non si rendeva mai conto quando, giunto all’estremo dell’impercettibile soglia in cui la pazienza delle persone cessava di esistere, doveva semplicemente chiudere la bocca. No, era un concetto che non riusciva proprio a concepire. “E poi…” Tentò di continuare, ma il licantropo lo bloccò. “Apri di nuovo quella bocca e ti pentirai di essere venuto al mondo.”

“Ecco era proprio di questo che stavo parlando, sei troppo suscettibile. Dovresti essere più estroverso, ecco, così sei troppo…scontroso. E, un parere del tutto spassionato, risulti piuttosto antipatico.” Concluse, fissandolo con i suoi occhioni ambrati. Quando Derek gli si avvicinò con passo felino, si pentì di aver parlato. “Inizia a correre” Ululò, mentre l’altro indietreggiava velocemente. “Prima potrei riavere la mia maglietta? Sai, c’ero abbastanza affezionato e comincio a sentire freschin…” Iniziò, cercando di temporeggiare, ma Derek lo fermò rispondendogli con un semplice: “L’ho buttata”. Lo sguardo che si scambiarono per i dieci secondi successivi nessuno dei due seppe descriverlo. “C-cosa? Voglio essere risarcito” Balbettò incerto, ostentando lo sguardo del lupo, che nel frattempo gli si era avvicinato, e al quale stava lanciando ogni sorta di maledizione – naturalmente tutto all’interno della sua testa, altrimenti non avrebbe avuto una testa.

“Inizia. A. Correre. Stiles.” Ripeté, scandendo bene ogni parola, mentre guardava, divertito, lo sguardo atterrito del ragazzo che aveva di fronte. Stiles se la diede a gambe levate. Per la seconda volta, in quel giorno.
Si ritrovò a correre per la foresta con la testa completamente ripiena d’insulti verso quel maledettissimo lupo. Eppure se l’era cercata, considerato che era andato lui a chiedergli aiuto. Certo, se avesse saputo che era questa la sua fine, ci avrebbe pensato seriamente prima di agire.
Ma quando mai lui pensava, prima di fare qualcosa? Si ripromise di ascoltare di più il solito consiglio che suo padre, quasi ogni mattina, gli affermava: Pensa.
Eppure era un concetto semplice. Ciò nonostante con Stiles Stilinski funzionavano solo quelli più complessi.
Si guardò intorno, voleva assolutamente tornare alla sua macchina e allontanarsi da lì. Ne aveva subite a sufficienza per quel giorno. E Derek non aveva forse parlato di scappare?
Capì di andare dalla parte sbagliata troppo tardi. Difatti, quando rivolgendo lo sguardo alle sue spalle, tentò di vedere se fosse riuscito a seminare il licantropo, cadde a terra inciampando in quello che credette, di primo acchito, fosse un grosso masso.
Quando tentò di rialzarsi, capì di essersi sbagliato: Le mani erano ricoperte di sangue e, alla vista di quel colore così denso e dall’odore così acre, iniziarono a tremare. Sperò, da egoista, prima di svenire, che non fosse il suo e che il lupo non lo avesse già afferrato per sbranarlo, ma la vista si annebbiò irrefrenabile come ogni muscolo che cedette al terrore.
Prima di perdere i sensi riuscì a vedere solamente una sagoma dai capelli biondi sotto il peso del suo corpo. Poi il buio.
 
*
 
Derek decise fin da subito di non concedere il vantaggio al ragazzino, così iniziò a correre alla ricerca di quell’odore - quello di Stiles - con passo svelto e deciso. Era ormai diventato così familiare da riuscire a sentirlo ovunque. Era su ogni corteccia che oltrepassava, su ogni foglia secca ricaduta sul terreno. C’era Stiles Stilinski ovunque. Senza l’aiuto della maglietta, quell’odore si era insinuato nel suo cervello. Quell’odore, che all’inizio era fastidioso come la kryptonite per Superman, era diventato – sì, aveva pensato bene – familiare.
Arrivato a un bivio, inspirò con forza, aprendo i polmoni e facendo entrare nuovamente quell’odore agrodolce all’interno del proprio corpo; Stiles era giunto fin lì, ma poi aveva scelto la strada sbagliata. Sapeva fin dall’inizio che le intenzioni dell’essere umano erano quelle di tornare verso l’auto, ma aveva sbagliato. Invece di tornare indietro, si era addentrato ancora di più all’interno della foresta. Derek serrò la mascella infastidito dai suoi stessi pensieri. Pensò che Stiles e la capacità di imbattersi nel pericolo andassero di pari passo, ma ciò che lo infastidì - e turbò – fu di come si preoccupò all’idea che potesse essere in pericolo.
Nell’aria, difatti, c’era odore di morte.
Sangue e morte.  
I fatti non negarono i suoi pensieri, trovò Stiles disteso a terra, privo di sensi. Corse immediatamente a soccorrerlo quando si accorse che, sotto il peso dell’essere umano, c’era un altro corpo. Era irriconoscibile poiché il sangue e le ferite la ricoprivano interamente, ma Derek seppe chi fosse appena ne distinse l’odore. Stiles aveva, in qualche modo, trovato il corpo di Erica.
Lo spostò dalla ragazza, prendendolo in vita e rivoltando a pancia in su. Aveva perso i sensi e lo risvegliò colpendolo in viso con due schiaffi. “Stiles!” Urlò, e quando gli enormi occhi lo fissarono con il solito sguardo atterrito, Derek gli chiese velocemente se stesse bene. Stiles annuì velocemente, riportandosi in piedi. Poi, come se si ricordasse del sangue e del corpo sul quale era inciampato, si girò a guardare Erica, mentre Derek si chinava su lei per accertarsi delle sue condizioni.

“È…Erica?” Chiese , alzando gli occhi al cielo e portandosi le mani sul viso, terrorizzato all’idea che fosse morta. 

“Sì, ed è ancora viva” Rispose Derek alla domanda incompiuta dell’altro. Stiles sospirò, felice che non avesse trovato un cadavere. “M-ma è un licantropo, perché non è guarita?” Chiese più a se stesso che al lupo che tentava di farle riprendere i sensi. “Sta guarendo, ma se vieni aggredito da un’Alpha… lo fai più lentamente. Molto più lentamente.” Biascicò, prendendola in braccio.

“Dobbiamo portarla dal Dottor Deaton.” Concluse Stiles, iniziando ad incamminarsi senza sapere dove andare.

“Da questa parte” Lo aiutò Derek, precedendolo con il passo. Dopo pochi passi Stiles si fermò sul posto e fissò le spalle dell’Alpha, fino a quando questo non si girò a guardarlo. “Che c’è, Stiles? Non c’è tempo da perdere in chiacchiere…”

“Boyd? Deve essere anche lui da queste parti…” Sussurrò, con la voce inclinata dal terrore. Sapevano benissimo cosa avevano dovuto subire quei due lupi, ma né Stiles né tantomeno Derek aveva voglia di dirlo ad alta voce. “Dobbiamo trovarlo” Continuò, le lacrime a pungergli gli occhi. Derek lo fissò per qualche istante prima di parlare, poi si avvicinò al ragazzo e gli passò la ragazza tra le braccia. “Vai sempre dritto, troverai un bivio, va a destra. Continua sempre dritto e troverai la tua Jeep” Disse, mentre constatava se Stiles riuscisse a sorreggere il peso di Erica.

“E tu?” Chiese, sistemandosi la ragazza tra le braccia.  

“Cerco Boyd, hai ragione tu, deve essere da queste parti.” Stiles annuì, incominciando ad allontanarsi verso la direzione che gli era stata suggerita.

“Non aspettarmi, Stiles. Va da Deaton, chiaro?” Ululò il lupo, mentre gli occhi si trasformavano nuovamente in un rosso elettrico.
Quando si divisero, il licantropo iniziò la ricerca del suo beta intorno alla zona in cui avevano trovato Erica. Tuttavia la ricerca fu vana, il corpo del ragazzone di colore non c’era. Mentre tornava sui suoi passi, pensò che il branco di Alpha lo avesse preso con sé, ma dovette ricredersi quando sentì una voce poco distante da lui. Anche se inizialmente credette fosse quella di Stiles, che si era messo ad aspettarlo - invece di seguire i suoi ordini – dovette ricredersi, capendo che si trattava di Boyd; il quale, nascosto dietro un cespuglio, aveva esalato la sua ultima richiesta di aiuto.
Si affrettò a raggiungerlo, poi lo afferrò per un braccio che pose lungo le sue spalle. “Ce la fai a camminare?” Chiese, con un tono differente dal solito. Boyd si limitò ad annuire, le sue condizioni non erano migliori di quelle di Erica ma la robustezza del suo corpo lo stava facendo reagire in modo diverso. Il processo di guarigione stava già procedendo, anche se certe ferite erano piuttosto gravi e ci sarebbero voluti giorni, se non settimane, prima di rimarginarsi completamente.

“Mi dispiace…” Biascicò Boyd, con la testa china verso il petto. Derek continuò a guardare in avanti.

“Non affannarti e continua a camminare.” Aveva borbottato, stringendo la presa sulla vita del ragazzo con più decisione. Boyd annuì impercettibilmente. “Non… devo essere… così grave, allora” Balbettò, sorridendo appena. Derek si voltò a guardarlo per un istante, Boyd alludeva al tono di voce e al comportamento di Derek spesso privo delle deboli emozioni, alludeva a quelle emozioni che solitamente colpiscono gli esseri umani in certe circostanza, ma non l’Alpha. Alludeva…ma si sbagliava.
Derek era diventato bravo, dopo anni di pratica, a indossare una maschera. La maschera della finta indifferenza. In realtà era colto da quelle ‘deboli’ emozioni, più spesso di quando si pensasse. Era solo bravo a nasconderlo.
Era sollevato, Derek, ma anche atterrito dai suoi stessi pensieri. La sola idea che uno dei due fosse morto, lo riempiva da capo a piedi di una sensazione che, già una volta, aveva provato. La colpevolezza.

“Taci, Boyd. O ti do il colpo di grazia” Borbottò, accelerando il passo mentre l’altro rideva a fatica.
 
*
 
Quando arrivò davanti all’ambulatorio del Dottor Deaton, le luci dei primi raggi di sole colpivano già la sua Jeep. Aveva disteso il corpo, ancora privo di sensi, di Erica accanto a se e la controllava sempre più spesso, per convincersi che fosse realmente lì e che avevano realmente ritrovato il suo corpo. Pensò a Derek e sperò che avesse ritrovato anche Boyd. Li conosceva appena, era vero, ma sentiva sopra di se il peso di un’agitazione che, nell’ultimo periodo, si era ritrovato spesso a dover sopportare. Tenne stretto lo sterzo della macchina e si fissò le mani sporche del sangue di Erica per un tempo che non considerò. Quando vide l’auto di Derek posteggiare accanto alla sua, si ridestò e controllò velocemente all’interno dell’autovettura nera, con gli occhi infiammati dal terrore di non vedere il corpo di Boyd o ancora peggio di vederlo e capire che non ce l’aveva fatta. Fece uscire velocemente l’aria in eccesso, quando si accorse che i suoi dubbi erano privi di fondamenta. Boyd era in gravi condizioni, non migliori di Erica, ma era lucido ed era seduto in quella maledetta macchina. Derek uscì velocemente dalla Camaro e andò subito ad afferrare l’altro lupo che, intanto, aveva tentato di scendere dall’auto, con scarso successo.  Quando lo sguardo di Derek incrociò quello di Stiles, quest’ultimo saltò sul posto e uscì immediatamente dalla Jeep. Imitò le azioni dell’Alpha e andò a prendere tra le sue braccia il corpo di Erica. Poi a passo spedito e con il fiato corto seguì Derek all’interno dell’ambulatorio.
Il Dottor Deaton era sempre lì quando serviva, come se sapesse già tutto.
E difatti come se, in realtà, si aspettasse il loro arrivo, sorrise a entrambi. Stiles lo riconobbe, quello era un sorriso di conforto. Lo aveva visto spesso nei volti delle persone dopo la morte della madre, ma quello del dottore aveva qualcosa d’inespresso, che incuteva terrore. Non ci badò, distogliendo lo sguardo sul volto deturpato della ragazza che aveva tra le braccia. Una stretta allo stomaco lo avvisò che quella vista non era delle migliori e che presto il suo corpo avrebbe reagito, così si sbrigò a poggiare la ragazza dove il Dottore gli stava indicando.

“Dove li avete trovati?” Chiese, iniziando a visitarli. Derek si avvicinò velocemente alla ragazza distesa sul lettino e, prima di rispondere, fissò prima l’una e poi l’altro.

“Nella foresta, a sud.”
Il dottore si limitò ad annuire, troppo impegnato a controllare la situazione del lupo. Stiles, d’altro canto, si avvicinò al lavandino per lavarsi le mani e cercare di togliersi di dosso quella sensazione che lo abbracciava come un’ombra.

“Devo dedurre che li hai trovati tu, ragazzo” Chiese retoricamente il dottore, rivolgendosi all’essere umano. Stiles non rispose, si girò a guardare il volto del licantropo, che fissava senza batter ciglio il corpo di Erica.

“Cosa glielo fa credere, lo sguardo agghiacciato?” Ironizzò, con un finto sorriso stampato in volto.

“Mh, piuttosto avrei optato per le chiazze di sangue sull’addome…” Concluse il dottore, guardandolo un secondo e sorridendogli. Un altro sorriso di circostanza, se tentava di tranquillizzarlo non ci stava riuscendo affatto. Stiles annuì, puntando gli occhi in alto e sorridendo, senza sapere cos’altro aggiungere.

“Dovresti andare a casa a lavarti” Proferì Derek, smorzando il silenzio in cui era sprofondato.

“N-no, voglio restare per sapere come stanno…” Ribatté subito il ragazzo, sedendosi sulla sedia accanto al lavandino e aggrappandosi con forza alle proprie ginocchia, per non cedere alla stanchezza di tutta quella pesante situazione.

“Mh, potrebbero stare molto meglio! Ma se la caveranno…” Pronunciò il Dottor Deaton, passando a controllare Boyd. “Il processo di guarigione si è già messo in atto ma…” Si fermò, disinfettando la ferita sul torace del lupo che, nel frattempo, aveva perso i sensi.

“Sono stati colpiti da un branco di Alpha, perciò sarà lenta” Concluse Stiles, ripetendo le parole che erano state pronunciate poco prima da Derek.

“Esattamente” Concordò il medico. “È una fortuna che non li abbiano uccisi” Continuò, come se stesse parlando di ortaggi. Stiles sorrise rammaricato da quelle parole. Era stanco di sentire così spesso quel verbo. Uccidere. Andava di moda, ormai.

“Suona piuttosto come un avvertimento…” Annunciò, con un filo di voce. Derek si girò a osservarlo, poi gli si avvicinò velocemente e lo fece alzare. Lo guardò dritto nelle iridi ambrate e stanche e Stiles si ritrovò a osservare gli occhi verdi del lupo, senza la voglia di muovere nemmeno un muscolo.

“Stiles, va a casa, fatti una doccia e va a scuola” Ordinò, serrando con forza la presa sulle spalle.

“No, voglio restare” Insistette, con poca convinzione.

“Se non ti muovi da solo ti ci spedisco a calci, intesi?” Lo minacciò il lupo con tono severo. “Ti faccio sapere io appena so qualcosa” Continuò, domando la voce per cercare di convincere il ragazzo. In qualche modo riuscì a persuaderlo, perché dopo aver salutato il dottore, si affrettò a uscire dalla stanza.

“Sei molto persuasivo, quando vuoi” Disse sarcastico Deaton, sorridendo affabile. Derek alzò gli occhi al cielo. Il sarcasmo di Stiles Stilinski bastava per la sua esile pazienza. “Derek” Continuò poco dopo, cambiando totalmente il tono di voce. “Quel branco vuole soltanto una cosa e suppongo che tu lo sappia. Il ragazzo ha ragione, questo è un avvertimento. Temo che il lavoro peggiore lo faranno fare ad altri…”

“Da quando lei ne è un esperto, Dottore?” Disse a denti stretti l’Alpha, serrando i pugni che teneva nelle tasche della giacca.  L’altro si limitò a fissarlo con uno sguardo deciso, le intenzioni di rispondergli erano assenti.

“Derek, quel branco vuole un Alpha. E farà di tutto per averlo. Ma temo che questa sia la parte meno preoccupante…” Si fissarono, Derek non aveva la minima intenzione di proferire parole. Lui sapeva già tutto.

“Se vogliono un altro membro, lo otterranno anche se dovessero metterci anni. Hanno la pazienza necessaria per riuscirci. La tua ostinazione non basterà, le tue carte non basteranno. Guarda come hanno ridotto questo ragazzo! Guarda quella ragazza, invece! L’hanno fatto perché dovevano, non sono soliti divertirsi in questo modo. Sono subdoli, ognuno di loro non ci ha messo molto a sbarazzarsi del proprio branco…”

“La smetta!” Urlò, sopraffatto dalla rabbia. Lo sapeva, lo sapeva e non voleva più sentire. Il dottore si ammutolì, continuando a disinfettare il corpo di Boyd.
 
Stiles, da dietro la porta, aveva udito tutto. Aveva intuito, dopo l’ordine del lupo, che stavano cercando di sbarazzarsi di lui per affrontare un discorso che gironzolava in quell’ambiente, con ostinazione, da quando erano arrivati. Quel discorso lo aveva scosso fino all’inverosimile.
Con la poca lucidità che si ritrovò ad avere ancora addosso, uscì velocemente dall’ambulatorio. Salì nella sua Jeep e si aggrappò al volante. Tremava. D’improvviso gli vennero in mente le parole della signorina Morrell: Se stai attraversando l’inferno, continua ad andare avanti. Quelle erano parole di Churchill, lo sapeva, e lo tormentavano nelle lunghe notti passate sveglio e con l’ansia a fargli da compagna, e sapeva anche questo.
Era una costante nella sua vita, ormai, quella di vivere all’Inferno. E no, era stato un disilluso a credere di aver trovato l’uscita di emergenza. Perché quell’incubo era appena ricominciato.
Rincasò alle sei della mattina, si fece una doccia e soltanto a quel punto svegliò suo padre, completamente addormentato sul divano.

“Dormito bene?” Chiese lo sceriffo, mentre osservava il figlio che preparava la colazione. Stiles si lasciò scappare una risata agitata e poi rispose: “Alla grande!” Ho solo fatto un addestramento con un lupo mannaro che era quasi sul punto di sbranarmi e abbiamo ritrovato due corpi in fin di vita. Niente di così insolito se pensiamo a quello che è successo nemmeno una settimana fa… “Tu papà?” Continuò, impostando la voce con un tono tranquillo.

“Ho sognato un enorme salsiccione che mi inseguiva con una pistola” Borbottò il padre, sbadigliando. Stiles si voltò a guardarlo. “Hai di nuovo mangiato pensante, non è vero?” Lo fulminò con lo sguardo, quelli erano i tipici problemi che un’adolescente, come lui, doveva affrontare. Non di certo mutilazioni, lupi mannari, morsi e mostri mitologici. Alzò gli occhi al cielo, mentre il padre gli faceva spallucce con diffidenza. “Spero che il salsiccione abbia avuto la meglio!” Brontolò, mentre si avvicinava al tavolino con due piatti in mano.
 
*
 
Quando rincasò a casa, quella mattina, trovò suo zio ad aspettarlo sul ciglio della porta.

“Hai saputo?” Chiese Derek, guardandolo dal fondo dei quattro scalini. Peter Hale si alzò velocemente e si avvicinò al nipote, sorrise e lo afferrò per una spalla, salutandolo. “Le voci corrono in fretta” Rispose, guardandolo con circospezione. “L’importante è che stiano bene…” Continuò, cercando di rassicurarlo.

“Come se ti interessasse” Rispose Derek, allontanandosi dalla presa dell’altro e oltrepassandolo.

“Questa è solo la prima delle loro mosse, Derek” Cominciò, mentre seguiva l’Alpha all’interno della casa in macerie. Derek non rispose, era stufo di parlare e sentiva sulle spalle la stanchezza di una notte insonne. “Dobbiamo…” Tentò di continuare il lupo, con il solito tono suadente.

“Non pensare che in una situazione tale io sia propenso ad ascoltarti, Zio” Cominciò, voltandosi a guardare l’altro lupo con aria minacciosa. Peter Hale si fermò sul posto e Derek lo imitò. L’aria intorno a loro si fece d’un tratto pesante.

“So soltanto una cosa dopo tutto quello che sta accadendo, posso aspettarmi di tutto da tutti. Soprattutto da te” Ringhiò, furibondo. “E non credere che sia così stupido da non capire che, in una situazione del genere, tu sarai il primo ad approfittarne”

“Ancora con l’insana idea che voglia diventare un’Alpha” Affermò, roteando gli occhi come se quello che avesse appena detto fosse un’assurdità. “Sei l’ultimo parente che ho, Derek” Continuò con convinzione. Derek lo fissò inespressivo. “D’accordo non credermi, ma io sono preoccupato per te” Continuò, guardandolo con decisione. “Se sono arrivati fin qui è per…”

“Me. Lo so. Vogliono un altro Alpha. Non mi avranno, io non voglio far parte di un branco di assassini” Disse a denti stretti, non aveva più voglia di parlare. Diede le spalle a Peter e tornò a camminare, diretto verso il piano inferiore della casa. Lo zio lo seguì in silenzio, Derek, però, sapeva che presto sarebbe tornato a parlare.

“Ti obbligheranno” Continuò, difatti. “E useranno ogni mezzo…” Concluse.

“E tu cosa mi consigli?” Chiese, senza il reale desiderio di voler sapere la risposta.

“Evita di dargli un mezzo” Disse, prendendolo nuovamente per una spalla e fissandolo con i suoi occhi enigmatici. Sorrise e Derek annuì impercettibilmente, poi si staccò nuovamente dalla presa dello zio e si rintanò nella sua stanza. 
 
*

Quando entrò nella sua Jeep, quel pomeriggio, sentiva ogni muscolo del suo corpo indolenzirsi sotto il suo controllo. Aveva raccontato al migliore amico ogni cosa successa quella mattina e Scott, dopo il lungo discorso di Stiles, sembrava aver messo da parte il rancore che serbava a causa della sua scelta di farsi addestrare da Derek.
Quando rientrò nella sua auto sapeva già che Scott, scortato da Isaac, si sarebbe diretto dal dottor Deaton per accertarsi delle condizioni di Erica e Boyd. Tuttavia non aveva voglia di seguirlo. Voleva solo distendersi e dormire. Si appoggiò allo schienale della seduta e chiuse gli occhi. Il volto ricoperto di sangue di Erica tornò a farsi ricordare e riaprì velocemente gli occhi. Con il viso arrossato e il respiro affannato, si voltò a guardare verso il sedile del passeggiero e vide la sua maglietta, quella che aveva lanciato al lupo prima di darsela a gambe. Sorrise e si rilassò prima di prenderla tra le mani. Era ricoperta di macchie di sangue.

“Era la mia maglietta preferita…” Si disse, mentre un pezzo di carta giallo ricadeva sul sedile.
La calligrafia di Derek era contraddistinta dallo stile brusco con cui due semplici parole erano state scritte su di esso. “Staranno bene” diceva soltanto, posò foglio e maglietta sul sedile accanto  e accese il motore.
Aveva solo bisogno di dormire.
 
 
Continua
 



Questa storia si fa sempre più complicata. Non volevo cadere in questioni così poco ‘leggere’, ma ho dovuto farlo… e spero che, dopo tutto, la STEREK non ne risenta.
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato nello scorso capitolo, mi avete AIUTATA. E non sto scherzando, lo giuro.
Ringrazio le 31 persone che seguono questa storia e le 11 che l’hanno inserita tra le preferite. Anche questo gesto, per me, significa molto.
Continuate, comunque, a farmi sapere il vostro parere…Mi rendete doppiamente felice!
A presto,
DolceVenereDiRimmel 

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Capitolo 5
*** Dopo. ***


After, before and now...
about a story of a man with a wirewolf.


Dopo.



Uscì diretto verso il parcheggio, scortato dal suo migliore amico ed era sovrappensiero quando Jackson gli si avvicinò vicino alle scale e lo prese per la maglietta, sbattendolo sul corrimano. Scott rimase per qualche istante interdetto, prima di avventarsi contro i due ragazzi per cercare di dividerli, ma il ringhio di Jackson lo fece allontanare.

“Sta lontano, McCall, non sono affari che ti riguardano” Scott indietreggiò non perché si fosse spaventato dall’irruenza del co-capitano, ma piuttosto perché era terrorizzato all’idea che qualcuno, all’infuori di loro tre, vedesse quelle atipiche iridi azzurre, illuminate nello sguardo furioso di Whittemore.

“Cosa posso fare per te, Jackson?” Chiese Stiles, fissandolo con le sopracciglia alzate per l’inaspettata – forse non troppo inaspettata – prepotenza del ragazzo.

“Sta lontano da Lydia” Sussurrò a pochi centimetri di distanza dal volto dell’essere umano. Stiles sbarrò gli occhi, prima di sorridere a mezza bocca.

“Mi stai considerando un possibile rivale o sbaglio?” Concluse sfacciato. Jackson lo costrinse con ancora più forza del dovuto contro la ringhiera, digrignando i denti.

“Vi ho sentito oggi nel corridoio, cosa dovete fare in pomeriggio?” Continuò, assottigliando lo sguardo e indurendo la mascella quadrata.

“Dobbiamo studiare, noi quattro” Rispose Stiles, indicando il migliore amico Scott.

“E perché parlavate in codice?” Chiese ancora, stringendo la presa sulla maglietta.

“C’era sicuramente un motivo e non sono qui a spiegartelo, Whittemore” Borbottò.
Le iridi azzurre si accesero più del dovuto e Jackson lo fissò come se stesse in procinto di sbranarlo. A quel punto Scott lo afferrò per una spalla e lo costrinse a girarsi, riuscendo ad allontanarlo dal suo migliore amico. Stiles, tornato libero, si sistemò i vestiti, guardando poi i due licantropi senza ben sapere come agire.

“La vuoi smettere di comportarti in questo modo?” Convenne Scott, fissandolo con severità. Sebbene lo sguardo severo di quest’ultimo fosse poco utile a convincere un licantropo a non sbranare la preda. “Lydia vuole solo aiutarmi” Continuò, Stiles sospirò sollevato. Quel tipo di convincimento sarebbe stato più pratico.

“Te?” Chiese Jackson, alzando un cipiglio curioso e guardando prima l’essere umano e poi il lupo. “In cosa dovrebbe aiutarti?” Continuò, incrociando le braccia al petto. Era in attesa.

“Nello studio. Scott è un tale caprone” Intervenne Stiles, mentendo. Il battito del cuore irregolare lo fregò, come aveva sempre fatto. Jackson ringhiò sommessamente, guardandolo con le iridi liquide di rabbia. Odiava le bugie. Scott lo guardò allibito e particolarmente offeso.
Sì, questa avrebbe potuto risparmiarsela.

“Per Allison. Lydia vuole aiutarmi a riconquistare Allison” Concluse a denti stretti, particolarmente infelice di aiutare il ragazzo che gli aveva appena dato del caprone. Jackson sembrò rilassarsi, fissò Stiles come se volesse chiedergli una conferma.

“Esatto, vuole aiutarlo a riconquistare Allison” Affermò, grattandosi velocemente la testa. A quella rivelazione vera, confermata dal suo cuore, Jackson si rilassò. Lo sguardo derisorio che lanciò all’altro licantropo, fece sentire entrambi dei completi idioti.

“Allora buona fortuna” Concluse Jackson, allontanandosi verso la piscina della scuola. “Spero che la cacciatrice porti con se la balestra!” Continuò, girandosi e mostrandogli il tipico sorriso sghembo.

“Era necessario darmi del caprone?” Chiese Scott con sguardo afflitto, mentre si avvicinavano alla Jeep di Stiles.

“Davvero te la prendi per questo, amico? Te ne ho dette di peggiori!” Affermò con sincerità. “E io amo questa tua particolare qualità!” Concluse, sorridendo beffardo. Scott, in risposta, gli tirò un pugno su un braccio, che lo fece lamentare lungo tutto il tragitto verso casa di Lydia.

 
*

 
Era furioso per una motivazione così ridicola. Perché Derek Hale non poteva fare a meno di quella rabbia accecante che lo possedeva da capo a piedi, anche per un futile motivo. Quel giorno la colpa andava attribuita a Stiles Stilinski – anche se, nell’ultimo periodo, era sempre lui la causa della sua rabbia.
Voleva spaccare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro e l’uomo che gli si piantò davanti, dopo essere sceso dalla sua Camaro, rischiò di essere sbranato all’istante.

“Bella macchina, Derek” Iniziò con tono deciso e affabile. Il lupo lo guardò dritto negli occhi e capì all’istante di essersi imbattuto in uno dei componenti del branco di Alpha. Dopo il ritrovamento di Erica e Boyd non avevano più saputo nulla, il branco sembrava essersi dileguato. Derek ricordò le parole del Dottor Deaton e comprese solo in quel momento cosa intuisse il medico con “hanno la pazienza necessaria per riuscirci”. Era passato poco più di un mese e, ora, avevano fatto la loro prima e reale mossa.

“Cosa vuoi?” Chiese duramente, infilando le mani dentro le tasche del giubbotto di pelle. L’altro lo squadrò con un sorriso laconico.

“Me lo avevano detto che eri piuttosto brusco” Borbottò, accentuando il sorriso. “Voglio solo esserti amico, Derek” Concluse, porgendogli la mano. Derek la fissò per poi tornare immediatamente sul volto del ragazzo.  Ripeté quello scambio di sguardo un paio di volte, indurendo la mascella per le scosse di rabbia che lo smuovevano dall’interno. Quello sconosciuto lo infastidiva con il suo comportamento languido.

“D’accordo, non me la renderei facile” Continuò, ritirando la mano e lisciandosi velocemente i capelli biondo cenere. “Sono Dean” Disse, infine, infilandosi entrambe le mani all’interno delle tasche dei jeans. L’altro, piuttosto taciturno, rimase a fissarlo atono. Era alto quanto lui, atletico e, soprattutto, sicuro di sé. La sicurezza gliela si leggeva chiaramente nel suo sguardo. Avevano colori diversi, uno biondo l’altro moro, tuttavia Derek si ritrovò a pensare di avere qualche particolare somiglianza con quell’uomo. Pensò che, forse, fossero simile nell’atteggiamento, anche se in quella circostanza Dean appariva molto più amichevole rispetto a lui che aveva soltanto voglia di filarsela via ed evitarsi una lotta tra licantropi. 

“Senti, Derek, noi non siamo i cattivi. Se è questa l’idea che ti sei fatto di noi” Biascicò, guardandosi le punte dei piedi e tornando subito sulle iridi verdi dell’altro. Si lasciò scappare un sorriso bieco e attese che Derek prendesse parola, ma quest’ultimo non sembrava avesse affatto l’idea di aprire bocca, così continuò: “Noi vogliamo esserti realmente amici…”

“E ridurre in fin di vita il mio branco era una richiesta d’amicizia?” Puntualizzò Derek, smosso dall’ennesimo impeto di rabbia. Gli occhi di Dean si infuocarono di un rosso elettrico e Derek lo imitò di conseguenza.

“Quei beta ci avevano chiesto di far parte del nostro branco” Affermò con voce roca, mentre il suo viso si dispiegava in una smorfia disgustata. 

“E vorrei precisare…” Continuò, mentre le iridi tornavano del colore dello smeraldo e la smorfia nel suo viso scompariva. “Che appena ci hanno sbiascicato il tuo nome li abbiamo lasciati vivi” Lo guardò con un’espressione carica di sincerità. Peccato che Derek non si fidasse di nessuno, a prescindere chi fosse e che intenzioni avesse.

“Li avete lasciati in una foresta a morire.” Lo corresse Derek, a denti stretti.

“Questioni di punti di vista” Ribatté Dean, facendo spallucce.
Rimasero in silenzio con gli sguardi incatenati l’uno nell’altro per quella che parve un’eternità incalcolabile. Nell’aria c’era un’elettricità insolita, che nessuno dei due seppe decifrare. Erano sul punto di prendersi a calci o piuttosto era una momentanea alzata di bandiera bianca da parte di entrambi?

“Dov’è il tuo branco?” Incominciò Derek, allacciando le braccia al petto.

“In giro” Rispose l’Alpha, guardandosi intorno e appoggiandosi alla Camaro. Derek alzò leggermente un sopracciglio, stupito dalla risposta e dal comportamento di quello sconosciuto, lo squadrò con l’ira che si accendeva nelle sue iridi liquide e Dean capì di essersi mosso in modo sbagliato e si allontanò velocemente dalla macchina.

“Eravamo” Cominciò, schiarendosi la voce e passandosi nuovamente una mano tra i capelli. “Piuttosto preoccupati della tua possibile reazione nel vederci tutti insieme.” Continuò, guardandolo con sguardo vacuo. “Perciò hanno mandato me”

“Perciò tu non sei il capo” Concluse Derek, soddisfatto di essere temuto da un branco di Alpha.

“Cosa? Il capo?” Chiese retorico, negando subito con un gesto del capo. “No, affatto. Non abbiamo un capo, siamo piuttosto come i Cavalieri della Tavola Rotonda, ecco!” Concluse con sarcasmo e lasciandosi scappare un mezzo sorriso divertito. Derek lo fissò privo di espressione, odiava il sarcasmo e a malapena riusciva a sopportare quello di Stiles, purtroppo lo sconosciuto non lo sapeva.

“Insomma, siamo tutti uguali” Si affrettò ad aggiungere, mentre il sorriso svaniva sul suo volto e la mascella si induriva come i suoi occhi verdi. Derek Hale non era affatto un tipo divertente.

“E cosa volete?” Domandò nuovamente Derek, sperando di ricevere la risposta che si aspettava.

“La tua amicizia.” Ripeté Dean, fissandolo. “Sai che sono sincero, Derek. In questo mese non abbiamo arrecato niente di grave a questa cittadina e avremmo potuto farlo con estrema facilità” Aggiunse, sorridendo beffardo, incrociando le braccia al petto. “Vogliamo soltanto la tua amicizia” Ribatté. Derek lo fissò per qualche istante. “Perciò non volete un altro Alpha con voi.” Chiese, ponendo la questione che da tempo vagava nella sua mente.

“Anche questo” Rispose con estrema sincerità e sorridendo affabile.

“E allora la vostra amicizia sai dove potete infilarvela?” Chiese retoricamente. Dean annuì con falsa parsimonia.

“Penso di intuirlo” Rispose, assottigliando lo sguardo e sorridendo a mezza bocca.

Derek fece qualche passo con l’intenzione di andarsene, ma le ultime parole dell’Alpha lo piantarono sul posto, nuovamente scosso dall’ira che sembrava essersi assopita.

“E allora ci costringerai ad agire nel peggiore dei modi, Derek. Non devi tenere poi molto ai tuoi amici…”
Quando si trasformò nel lupo, con la rabbia che lo inondava da capo a piede, si girò verso l’Alpha che lo aveva appena minacciato, ma quest’ultimo era già scomparso tra gli alberi della foresta che circondavano casa Hale. Si guardò intorno e annusò l’aria, Dean era già lontano e Derek non aveva voglia di rincorrerlo.
Avrebbe dovuto fare attenzione, la loro prima mossa era stata appena scoccata.


 
*


 
Arrivati a destinazione, Stiles non riusciva più a trattenere l’entusiasmo del migliore amico che farneticava e peggiorava ogni passo in più che compiva verso la porta di casa Martin. Stiles si girò giusto in tempo per vedere Scott mentre coglieva un fiore dalla pianta arrampicante che circondava l’atrio .

“Ti rendi conto di che cosa è quello?” Affermò, avventandoglisi contro e strappandoglielo dalle mani.

“Il fiore che darò a Allison appena entriamo” Rispose Scott, sorridendo come un perfetto ebete.

“Ma certo! E lo sai che dandogli questo” Si fermò, fissando con cattiveria il raro fiore di strozzalupo che stringeva tra le mani. “Gli dai anche l’ultima possibilità di ucciderti senza pietà?” Continuò con il filo di voce che gli restava, agitato all’idea di una scatenata cacciatrice che li uccideva senza esitazione. Stiles Stilinski non poteva morire, non a casa di Lydia Martin, quando aveva un impegno la sera che includeva del sesso.  Cacciò dalla sua mente quella fastidiosissima idea che lo rendeva elettrico ed esagitato e fissò il suo migliore amico mentre raccoglieva un altro bocciolo di strozzalupo.

“D’accordo quello dallo a Lydia” Rispose Scott, facendogli l’occhiolino e suonando il campanello. Stiles si affrettò a buttare lo strozzalupo dietro le sue spalle, il volto di un irritato Jackson e di un incontrollabile Derek, che lo avrebbero fatto fuori senza troppe storie, naufragarono nella sua mente e lo spaventarono a tal punto da preferire l’idea di presentarsi a mani vuote. Si guardò intorno aspettando che qualcuno venisse ad aprirli con l’agitazione a scorrergli nelle vene. Tuttavia quando Allison li accolse con un sorriso, che scemò presto alla vista del suo ex ragazzo e del fedele Robin alle calcagna, tutta l’agitazione svanì. Al suo posto fece capolinea il timore che la sua idea dell’omicidio di gruppo non fosse poi tanto inverosimile.
Scott fece un passo nella direzione della cacciatrice, allungando il fiore che aveva in una mano. Allison si lasciò scappare un sorriso, quello che spesso assumeva prima della morte della madre, ma si indurì velocemente in una smorfia di dolore. Guardò il suo ex ragazzo con gli occhi umidi e si allontanò verso lo spazioso salone.

“Che ci fanno questi due qui?” Chiese, senza farsi troppi problemi di essere sentita, lanciando il fiore di strozzalupo sul tavolo. Lydia lo prese tra le mani e lo annusò lentamente.

“Li ho invitati io” Rispose Lydia, sorridendo ai due ragazzi che erano entrati molto lentamente all’interno dell’enorme villa.

“Lydia!” Urlò Allison, rimproverandola e lasciandosi cadere sulla sedia. “Sei…” Tentò, ma lasciò cadere il discorso con una sonora sbuffata.
Stiles fissò il suo migliore amico e intuì che quest’ultimo aveva deciso intenzionalmente di lasciare l’entusiasmo fuori dalla porta di quella casa. Come un cane bastonato, Scott si trascinò verso il tavolo e si sedette su una sedia, stando ben attento a non avvicinarsi troppo alla sua ex ragazza. Stiles pensò che Scott avesse iniziato a credere realmente alla sua idea iniziale. Sarebbero morti quel giorno? In realtà ne avevano passate di situazioni peggiori…

“Perfetto, ora che siamo tutti possiamo iniziare a studiare” Iniziò Lydia prendendo il libro di Economia, mentre lanciava uno sguardo di intesa a Stiles.


 
*

 
“Chi era quel tipo?” Chiese Isaac, appena Derek mise piede all’interno della tana. “Nessuno di importante” Borbottò mentre eclissava l’argomento, oltrepassando il beta e incamminandosi verso una poltrona vecchia e trasandata.

“Quel tipo c’era quando ci hanno trovati nel bosco…” Iniziò Erica, abbracciandosi in una stretta forte e rabbrividendo al ricordo. Boyd le si avvicinò velocemente e l’abbracciò con vigore. Annuì e guardò l’Alpha che aveva chiuso gli occhi e serrato la mascella. “Derek” Tentò Boyd.

“Sì, era uno degli Alpha” Biascicò, cercando di calmare l’adrenalina che gli scorreva nelle vene. “Ma non cercavano voi due per sistemare i conti, potete stare tranquilli” Concluse, fissandoli uno per uno.

“E cosa volevano?” Chiese, gli occhi ripieni della tipica curiosità che spesso Derek aveva visto spuntare felina sul volto di Isaac.

“Quello per cui sono venuti, Isaac. E ora smettiamola di parlarne, non è importante” Tagliò corto, lanciando uno sguardo furioso ai tre beta che lo circondavano. Erica e Boyd si allontanarono verso l’autobus, senza proferire altro. Isaac rimase vicino all’Alpha, con lo stesso sguardo a dipingergli il volto. Derek alzò gli occhi al cielo. “Abbiamo sentito tutto” Cercò di continuare Isaac, ma l’Alpha lo frenò prendendolo per un polso. Gli occhi rossi si accesero quando iniziò a parlare: “Sistemerò tutto, ora lasciamo perdere”
Isaac annuì e lo fissò per qualche istante prima di aprire nuovamente bocca. “Dovresti annullare l’addestramento con Stilinski” Concluse, guardando l’Alpha con sincera preoccupazione. Derek ricambiò lo sguardo alzando un cipiglio d’incomprensione. Isaac Lahey sapeva tutto, Derek non capiva come fosse successo, ma restava il fatto che sapeva di loro. Si alzò velocemente dalla poltrona, fronteggiando il ragazzo con un’impavida determinazione. Isaac lo guardò alzando un sopracciglio, accorgendosi che forse aveva osato troppo.  

“Isaac queste sono questioni che non ti riguardano, apri bocca con qualcuno e ti faccio fuori” Ululò, sapendo tuttavia che il suo beta aveva ragione.
Doveva annullare l’addestramento, se ancora di questo si poteva parlare. Doveva stare lontano da Stiles Stilinski.
Fu limpido il pensiero di aver dato un’incredibile vantaggio al branco di Alpha, senza nemmeno rendersene conto. Gli tornarono in mente le parole di Peter, quelle di non dare nessun pretesto per essere attaccato. E lui aveva permesso che ciò accadesse, gli aveva mostrato una debolezza. Era convinto, difatti, che se aveva un segreto con il Branco, allora gli Alpha sapevano già tutto. Sapevano della sua debolezza, Stiles Stilinski.
Colpì con forza il tavolino sulla sua destra, rompendolo in mille pezzi. Isaac si allontanò di poco e guardò l’Alpha cedere nei suoi stessi pensieri. Si rattristò, sapendo che il dolore che stava provando, l’aveva affrontato anche lui. Faceva male il senso di impotenza e di rinuncia che ti abbraccia come acqua fredda e che risveglia la ragione, indolenzita dai sensi che hanno avuto – per troppo tempo – la meglio. Lui lo sapeva. Doveva essere una scelta facile, distaccarsi dalle emozioni, essere neutrali e razionali. Ma una volta che si cede all’ebrezza di provare quella sensazione, tornare sui propri passi non era mai una scelta così semplice da compiere. Isaac Lahey lo sapeva bene.
Lo guardò con tristezza, Derek lo fissò con sguardo vacuo per una manciata di secondi, poi si raddrizzò sul posto, serrò i pugni e uscì senza aggiungere nient’altro. Isaac Lahey sapeva bene cosa significava perdere qualcuno che ti aveva allontanato dalla monotonia della solitudine e sapeva bene cosa significava per Derek essere felice e, poi, non doverlo essere più.

 
*

 
Lydia tornò alla realtà, distogliendo l’attenzione dal libro di Economia, gettò immediatamente lo sguardo verso la sua amica Allison che, di tanto in tanto, lanciava occhiate indescrivibili verso Scott. Stiles sembrava essersi buttato, anima e corpo, allo studio. Anche se, di tanto in tanto, commentava qualche frase del libro che gli faceva storcere il naso,  provocando l’ilarità dei ragazzi che lo circondavano. Scott, spinto in un angolo per paura di essere troppo vicino alla cacciatrice, aveva l’aria sconsolata di chi non capisce nulla di ciò che sta studiando e, con una mano a sorreggerli il capo e gli occhi agitati e tristi per la pesantezza della situazione, ogni tanto guardava Allison con la speranza che ancora tentava di ingannarlo. I loro sguardi, d’altra parte, non si erano mai incrociati.
Lydia si lasciò scappare uno sbadiglio e si alzò velocemente dalla sua seduta, stirandosi velocemente il vestitino a fiori che aveva indossato per quell’occasione.

“Io vado a preparare qualcosa da mangiare, che ne dite?” I commensali annuirono con poco entusiasmo, gettandole un breve sguardo svogliato per concordare con la sua proposta.
Tossì per riprendere la loro attenzione, ma soltanto Scott e Allison alzarono il capo per darle ascolto.

“Em, Stiles, ti dispiacerebbe darmi una mano in cucina?” Chiese con scarso successo, poiché la risposta del ragazzo le fece alzare gli occhi al cielo. “Finisco il capitolo e ti raggiungo…” Borbottò, senza nemmeno distogliere l’attenzione dal libro. Allison era pronta per offrirsi volontaria, ma Lydia non gliene diede modo.

“STILES!” Urlò, difatti, facendo saltare dallo spavento i tre ragazzi ancora seduti. Sorrise soddisfatta di essere riuscita a cogliere la sua attenzione. “Ora. In cucina.” Continuò, perentoria. Stiles Stilinski saltò dalla sedia e, a passo svelto, seguì la ragazza minuta che camminava davanti a se, voltandosi soltanto per un secondo ad osservare il suo migliore amico con sguardo atterrito. Prima di scomparire, dietro la porta della cucina, sillabò a Scott: “E ora cosa ho combinato?” Il licantropo si lasciò andare in una risata incontrollabile che sciolse il nervosismo, creatosi da quella imbarazzante situazione. Tuttavia morì sul suo viso quando Allison lo fissò con un sopracciglio alzato, sorrise a mezza bocca e tornò a fissare il modello di Domanda che tentava di decifrare da quando aveva iniziato a studiare.

“Cosa vedi, Stiles?” Chiese Lydia, affacciandosi furtivamente dalla porta della cucina che dava sul salone. Stiles la imitò e prima di rispondere si diede del tempo.
“Un lupo mannaro e una cacciatrice che non si scannano?” Rispose con una domanda retorica, guardando il viso della rossa con la speranza di aver dato la risposta giusta. Il pugno che ricevette sul braccio, gli fece intuire di aver sbagliato. Si massaggiò il punto indolenzito con una mano e la fissò con circospezione.

“Ritenta”

“Due ex che riescono a condividere lo stesso spazio senza scannarsi?” Tentò nuovamente. Certo, aveva cambiato qualche parola ma il senso era sempre lo stesso. L’occhiataccia di Lydia gli fece capire di aver sbagliato nuovamente. “Vuoi davvero aspettare che io arrivi a ciò che stai pensando, Lydia?” Chiese. “Temo che faremo notte” Continuò, sorridendo impacciato. Lydia lo fissò pensierosa e poi concordò con la richiesta del ragazzo facendo spallucce.

“Io vedo due ragazzi che si amano e si respingono” Sussurrò, nascondendosi dietro la porta per paura di essere vista da Allison.

“Se stai descrivendo l’atteggiamento di Scott con il verbo ‘respingere’, tecnicamente stai sbagliando. Allison lo respinge, altrimenti quel lupo le sarebbe già avvinghiato come una cozza” Borbottò, ricordandosi d’improvviso che il migliore amico poteva sentirlo benissimo. “Scusa Scott la verità fa male, lo so!” Aggiunse, sotto lo sguardo accigliato di Lydia. Fece spallucce e spinse la ragazza vicino al frullatore, lo azionò e tornò a parlare.

“Qual è la tua idea?” Lydia sorrise maliziosa a quella domanda, Stiles rabbrividì pentendosi di averla proposta.

“Ho un’idea ma faccio prima a mostrartela piuttosto che a spiegartela. Anche perché temo che anche con questo affare” Affermò, indicando il frullatore che rumoreggiava a vuoto. “Scott riesca a sentirci lo stesso” Continuò, mentre disattivava l’aggeggio rumoroso. Stiles annuì frettolosamente e Lydia gli indicò la porta che dava all’esterno, sillabandogli e mimandogli di uscire e di chiuderla a chiave. Quando Stiles uscì e sparì fuori dalla porta, Lydia chiuse le grate della finestra e tolse la chiave, infilandosela velocemente nella tasca del vestito. Quando, guardandosi intorno, capì che non c’era modo di scappare da quella stanza, gettò un urlo e si mise accanto all’ultima porta rimasta aperta, quella che Scott e Allison si affrettarono ad attraversare spaventati dalle urla improvvise della ragazza. Mentre i due ragazzi si guardavano intorno, cercandola, uscì dalla porta e la chiuse dietro di lei, serrandola a chiave e allontanandosi velocemente di qualche passo, quando i ragazzi iniziarono a colpirla con violenza.

“LYDIA!” Urlò Allison. “Facci uscire immediatamente di qui” Lydia si limitò a negare con la testa, senza aprire bocca, mentre sorrideva soddisfatta di essere riuscita a mettere in atto la sua geniale idea.
Andò velocemente ad aprire la porta d’ingresso a Stiles che, entrando, capì subito cosa fosse successo durante la sua assenza. Strabuzzò gli occhi davanti alla porta della cucina che veniva ripetutamente colpita da quella che, a suo parere, doveva essere una Allison veramente infuriata.

“Scott butta giù la porta!” Sentirono i due ragazzi, Stiles si portò velocemente la mani sul viso, disperato all’idea della situazione che, presto, avrebbero dovuto affrontare. I signori Martin, difatti, non sarebbero stati molto felici, quando di ritorno da una giornata lavorativa, si fossero ritrovarsi la sagoma ‘mancante’ di un licantropo al posto della lussuosa porta di mogano.

“Allison mi stai forse comandando come fossi un cane?” Ribatté un insolito Scott furibondo. Da quando il suo migliore amico era diventato così permaloso? Si ritrovò a pensare che, forse, la vicinanza della notte di Luna piena doveva giocare in lui qualche strano scherzo. Il sorriso di Lydia, se possibile, si fece più ampio e Stiles si rilassò, sapendo che Scott – anche se al momento fuori di sé – non avrebbe mai sfondato quella porta, visto che per lui doveva essere un piacere ritrovarsi, in quella stanza, da solo con Allison.

“Non è che Allison ha con se qualche oggetto contundente?” Affermò Stiles, voltandosi a guardare la rossa. Lydia fece spallucce. “Sono in cucina, Stiles, è pieno di oggetti affilati” Rispose saccente, allontanandosi verso il divano. “Vieni, sediamoci” Continuò, colpendo con un buffetto lo spazio del sofà accanto a se.  “Ci aspetta un lunghissimo pomeriggio” Concluse con uno strano sorriso ad incorniciare quel bellissimo viso. Stiles ingoiò la saliva in eccesso e acconsentì, sedendosi accanto alla ragazza e guardandosi intorno, impacciato per quell’atipica situazione.

“Stiles?” Lo chiamò la ragazza, cercando il suo sguardo. Quest’ultimo le gettò un’occhiata istantanea, tornando, poi, a mostrare tutta la sua attenzione all’acquario, distante qualche metro da entrambi. “Stiles? C’è qualcosa che non va?”

“No, no, affatto” Si affrettò a dire, guardandola con un sorriso forzato.

“Pensi mai al bacio che ci siamo dati alla festa?” Sbottò con nonchalance Lydia, prendendo il volto del ragazzo per il mento e voltandolo verso di lei. Stiles sbarrò gli occhi, meravigliato e imbarazzo allo stesso tempo, ancorato alla stretta della piccola mano della ragazza. “A-a volte” Rispose, ingoiando aria e confusione. Lydia sorrise e annuì semplicemente, lasciando lentamente la presa sul volto del ragazzo. “A-spetta, Jackson lo sa?” Si affrettò ad aggiungere, spaventato alla sola idea.

“Certo, c’era anche lui” Rispose, alzando un cipiglio pretenzioso. “Giusto, giusto” Concordò Stiles, allacciando le mani l’una all’altra e torturandole in una stretta smorzata. “E sa che tu ci pensi, insomma, come faccio io, ogni tanto”
Lydia negò con la testa e arrossì lievemente. “Non ho mica detto che ci penso solamente alcune volte…” Lo corresse, accentuando il suo sorriso da furbetta. Stiles strabuzzò nuovamente gli occhi, sorpreso da tutta quella situazione e si alzò velocemente dal divano avvicinandosi all’acquario e osservandolo come se fosse la cosa più interessante che avesse visto in tutta la sua vita.

“Stiles guarda che l’ho capito” Affermò, avvicinandosi velocemente al ragazzo. Quest’ultimo si girò a guardarla accigliato.

“Che ti stai vedendo già con qualcun altro” Continuò, fissandolo con gli occhi carichi di curiosità. Stiles si chiese se sapesse davvero, oppure il suo fosse solamente un modo per scoprirlo. Rabbrividì al pensiero che conoscesse il segreto che condivideva con l’Alpha.

“Non capisco…” Mentì il ragazzo e fortunatamente con Lydia poteva farlo senza farsi scoprire. Se avesse scoperto di lui e Derek, come glielo avrebbe spiegato?

“Ti stai vedendo con Erica, lo so” Sentenziò quest’ultima, abbassando lo sguardo. La bocca di Stiles si spalancò maggiormente, per poi annuire velocemente e assumere l’atteggiamento di chi era stato scoperto in fallo. “Eh sì, come sei sveglia… E noi che volevamo tenerlo nascosto!” Concluse il ragazzo, ridendo in modo forzato; si allontanò dalla rossa, mimando al vuoto un: “Che diavolo…?!”

“COSA? Ti stai vedendo con Erica?” La voce di Scott da dietro la porta della cucina, risuonò per tutta la stanza. Stiles alzò gli occhi al cielo e intuì che quella situazione, come se niente fosse, era diventata ingestibile.

 

*

 
Una volta liberato l’animale e la cacciatrice – che sembravano non aver cavato nemmeno un ragno dal buco – Stiles si dileguò dagli sguardi curiosi e furiosi che, di tanto in tanto, gli lanciavano i suoi amici. Era già sera quando rincasò in casa, suo padre avrebbe fatto il turno di notte, perciò si preparò velocemente qualcosa da mangiare e spese il tempo dell’attesa a guardare una vecchia partita di football.
Derek Hale era un abitudinario, perciò di solito arrivava alla finestra di casa Stilinski verso le dieci, ma quella sera sembrava aver cambiato idea poiché a mezzanotte non c’era ancora nessuna traccia di lui. Stiles attese invano, cadendo un paio di volte nel dormiveglia, spossato dalla stanchezza di un’intera giornata in movimento. E quando Stiles intuì che, senza nessun preavviso, il licantropo non sarebbe venuto, sbuffò e si girò nel letto con l’intenzione di dormire. Anche quel tentativo fu vano perché la preoccupazione che gli fosse accaduto qualcosa lo teneva sveglio, così all’una di notte indossò una tuta e uscì di casa.
La Jeep lo portò fino al sentiero all’interno della foresta, poi a passo svelto si diresse verso casa Hale.
Quando arrivò davanti alla casa in macerie, non tentò nemmeno di entrare, si sedette su uno dei quattro scalini dell’atrio e attese. “Lo so che mi stai osservando, esci Derek. Mi devi una spiegazione” Brontolò al vuoto, sapendo benissimo di essere ascoltato dall’Alpha. Infatti, dopo nemmeno cinque minuti, l’ombra di Derek si posizionò al suo fianco. Stiles non alzò nemmeno lo sguardo per accertarsi che fosse lui, ma quando vide il lupo sedersi al suo fianco, ne ebbe la conferma.

“Cosa sei venuto a fare fino a qui?” Chiese Derek con voce atona.

“Non hai il diritto di porre domande, te ne rendi conto?” Biascicò Stiles, puntando le iridi ambrate davanti a se, verso il vuoto. Derek non rispose, imitando i suoi gesti e guardando l’oscurità che li avvolgeva. “Perché non sei venuto? Anzi no, non mi interessa sapere la tua scusa, avresti potuto avvisarmi. Io come un cretino ti ho aspettato fino ad ora” Gettò fuori con rabbia, infervorito soprattutto dalla tranquilla indifferenza che dimostrava il licantropo al suo fianco e dal suo nervosismo che, al contrario, era percepibile anche per un oggetto inanimato.

“Non dobbiamo vederci più” Ordinò l’Alpha, senza accennare alla volontà di dare delle spiegazioni alle sue mancanze. Stiles alzò gli occhi al cielo e annuì, sconsolato e deluso, sorridendo con rammarico. “È pericoloso anche il solo fatto che tu sia qui” Continuò Derek con asprezza, continuando a guardare tutt’altro ma non il volto dell’essere umano.
Stiles Stilinski non lo poteva intuire, ma doveva essere davvero difficile per il licantropo mantenere quell’atteggiamento. “Non penso che sia diventato così pericoloso da un momento all’altro. È successo qualcosa che non so?” Chiese, voltandosi a guardarlo con un’improvvisa curiosità che lo fece anche rabbrividire.

“No, non è successo nulla. Ma dobbiamo chiudere questa cosa. Adesso.” Continuò con voce sicura e tagliente. Il battito del cuore irregolare l’avrebbe stanato, ma Stiles era solo un essere umano; così si ritrovò soltanto ad annuire mestamente, credendo che quella fosse la verità. Faceva male. “D’accordo” Affermò, come se stessero concordando una gita in montagna.
Tuttavia non stava accadendo nulla che alla parvenza sembrasse felice. Loro si stavano lasciando. Stavano rompendo ogni cosa che avevano costruito, per quanto non importasse se fosse giusto o sbagliato. Loro stavano chiudendo, stavano stipando nel passato qualcosa che li rendeva pieni, vivi e felici. E lo stavano facendo con il rancore dentro, mentre indossavano velocemente l’indifferenza come armatura.

“Ora va a casa” Ordinò ancora l’Alpha, alzandosi e dirigendosi verso la porta. Stiles si affrettò ad alzarsi e ad afferrare Derek per un polso, il quale si girò a guardarlo con l’aria di chi doveva essere teso per qualche motivo. Lo baciò sulle labbra, con un gesto sbrigativo e pieno di amarezza. Infine si staccò e si allontanò senza aggiungere altro, lasciando piantato sul posto l’Alpha, che lo fissò mentre spariva dietro la fitta foresta.
Se non si erano detti Addio, perlomeno avevano chiuso la loro ‘storia’ con un bacio.

 
*

 
Quando Derek Hale tornò dal lago, la mattina dopo, trovò Scott McCall davanti la porta d’ingresso della sua casa. Isaac gli faceva compagnia con l’aria sconsolata. Alzò gli occhi al cielo, seccato della presenza del lupo, ma quando vide i loro volti preoccupati, ogni senso si ridestò sotto il suo controllo e il primo pensiero andò a Stiles Stilinski.

“Stiles ha passato la notte con te?” Chiese con un filo di voce, alludendo a l’addestramento. Derek prima di rispondere, guardò un momento Isaac, che senza aprire bocca gli fece intuire di non aver detto nulla del loro incontro notturno, e infine si limitò a negare con un gesto della testa. In quel momento capì che era troppo tardi. Che aveva sbagliato tutto.

“Hanno ritrovato la sua Jeep alla fine del sentiero, nella foresta, a questo punto non so cosa ci facesse lì. Pensavo fosse con te.” Disse velocemente, con tono disperato e gli occhi lucidi. “È scomparso, Derek. Qualcuno ha preso il mio migliore amico.”
 
 
Continua…



 
Allora premettendo che odio terminare i capitoli con suspance, perché quando mi capita di leggerli mi sale un’angoscia snervante, volevo scusarmi per chi ci rimetterà le penne alla fine di questo capitolo, concluso moooolto male.
Oltre a questo, volevo rendere omaggio al personaggio di mia invenzione ‘Dean’, l’Alpha, e dirvi che ad ispirarmi è stato Jensen Ackles, perciò perdonatemi se l’idea non vi piacerà. (‘Dean’ perché ho preferito il nome del suo personaggio in Supernatural, piuttosto che il suo vero nome!^^’’)  Inoltre, non sarà l’unico personaggio di mia invenzione e anche questo sarà un omaggio ad un altro attore. A questo punto potete immaginare chi potrà essere!
Nel prossimo capitolo penso inizierò a narrare la famosissima – ormai – festa! Contenti? XD
Infine, ringrazio tuttttte le bellissime recensioni! Anche le 19 persone che hanno aggiunto questa storia tra le preferite, le 43 che l’hanno aggiunta nelle seguite e le 3 nelle ricordate. Siete splendidi tutti quanti!
Alla prossima Domenica con il nuovo aggiornamento!
Un abbraccio,
DolceVenereDiRimmel

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Capitolo 6
*** Mentre - La Festa (Parte Prima) ***


After, before and now...
about a story of a man with a werewolf.


Mentre - La Festa ( Parte Prima)



Era trascorsa una settimana da quando avevano ritrovato Erica e Boyd nella foresta e quest’ultimi, anche se con grandissima difficoltà, erano riusciti a riprendersi.
Il merito andava al Dottor Deaton che aveva compiuto un miracolo, aiutando il processo di guarigione a procedere per il meglio.
Perfino Stiles aveva notato una tacita riconoscenza nei suoi confronti da parte di Boyd che, una volta tornato a scuola, lo salutava con un semplice gesto del capo, spesso preceduto dal sorriso laconico di Erica.
Ciò nonostante quell’evento aveva scosso gli animi di tutti.
Derek era intrattabile, anche più del solito, e apriva bocca solo se era costretto a farlo. E spesso lo faceva per minacciare la gente che gli si avvicinava troppo.  
Anche Scott era diventato guardingo in ogni circostanza; perfino quando girovagava per la scuola era spaventato all’idea che qualcuno li attaccasse o idea ancora più malsana, se la prendesse – senza un valido motivo – con la sua Allison.
Ah, l’egocentrismo!
Quelli che, a parere di Stiles, dovevano essere giustificati in comportamenti strani, folli e sconsiderati potevano essere soltanto Boyd e Erica. Eppure i due avevano ripreso il corso della propria vita come se tutto ciò non fosse mai accaduto. Nonostante i segni del trauma fossero visibile, sembravano quelli che ne erano usciti illesi. Insomma, era impazziti tutti quanti. Tutti. Tranne chi aveva tutti i motivi per farlo.
Stiles, d’altra parte, non poteva di certo lamentarsi. Conviveva con la sua insonnia e i suoi attacchi di panico quotidiani e li smorzava con l’addestramento. Derek Hale era diventata la sua arma contro la paranoia.
Pensò a quello che aveva appena pensato e rise privo di consolazione. Derek Hale lo stava aiutando. Rise ancora, mentre passeggiava per il corridoio della scuola accanto al suo migliore amico.
Senza contare il fatto che dopo tutto quello che era successo Derek – che aveva tutte le buone ragione per annullare la promessa di aiutarlo – non aveva fatto nulla di ciò, piuttosto aveva aumentato i loro incontri notturni. I muscoli delle spalle protestarono a quell’evidenza, provocandogli un dolore acuto che portò Stiles a stiracchiarsi  in modo indecoroso e senza farsi troppi problemi sotto lo sguardo di mezza scuola. Sbadigliò, lanciando nel medesimo istante uno sguardo al migliore amico che lo fissava con un sopracciglio alzato.

“Derek si diverte a torturarmi” Borbottò, giustificandosi e guardandosi intorno. Lydia passò in mezzo ai due ragazzi come un razzo, salutandoli in modo sbrigativo. Stiles si chiese come facesse a quell’ora ad essere così energica e la fissò fino a quando non la vide avvicinarsi insolitamente al gruppetto di licantropi formato da Isaac, Boyd e Erica.  Strabuzzò gli occhi e diede una gomitata a Scott, assorto tra le nuvole, che quando rinsavì brontolando un ‘Ahia!’ infastidito.
Stiles prese quella lamentela come un pretesto per tornare a parlare, così chiese al migliore amico: “Cosa si stanno dicendo?” Mentre con il capo indicava il gruppetto di licantropi e Lydia, la quale aveva nel frattempo intrapreso con entusiasmo una conversazione con una Erica particolarmente stralunata.

“Io non origlio le conversazioni altrui” Borbottò Scott asciutto, incamminandosi dalla parte opposta. Stiles lo seguì con il solito sorrisetto saccente, che indossava quando voleva palesare la sua totale ragione su un argomento.

“Sì che lo fai, Scott. Sei un impiccione sarcasticamente fortunato nell’avere un udito super sviluppato, perciò ascolta quella dannata conversazione!” Gli ordinò Stiles, urlando e attirando l’attenzione dei passanti. Scott sorrise impacciato alle matricole, che parevano venerarlo sempre da lontano e che lo seguivano ovunque andasse, per poi lanciare uno sguardo infastidito al migliore amico.

“Lydia vuole essere amica di Erica e le sta proponendo una festa di bentornata, insieme al suo ragazzo Boyd.” Affermò con nonchalance, mentre allungava l’orecchio verso il punto di suo interesse. “Erica ha appena detto che Boyd non è il suo ragazzo, ma che sarebbe felice di esserle amica.” Continuò, facendo una pausa e origliando ancora la conversazione. “Erica, inoltre, dice che l’idea della festa è meravigliosa! E Lydia ha appena detto che si farà a casa sua, il tempo di invitare le persone.” Concluse Scott. Stiles tentò di aprire bocca ma Scott lo fermò, poggiando l’indice sulla bocca del migliore amico, poi aggiunse: “Ha appena invitato Isaac e ora sta per venire da noi”

“L’avevo detto io che quei due stavano insieme!” Aveva urlato una delle matricole sul punto di una crisi di nervi. Scott e Stiles si voltarono a guardarla, senza sciogliere la disdicevole scenetta che avevano portato avanti fino a quel momento. Poi si guardarono, fissando principalmente la mano di Scott sulla bocca di Stiles e si affrettarono a eliminare ogni tipo di motivazione che aveva portato quella ragazzina a crederli due amanti.  
 

*
 

Ringraziava il cielo che per colpa dell’insonnia non riuscisse a dormire altrimenti, se avesse avuto un briciolo della forza di un’Alpha, avrebbe sicuramente strozzato quello che, alle due di notte, era venuto a turbarlo nella sua stanza.
Non poteva lamentarsi principalmente per due motivi. Il primo era il più palese: era stato lui a chiedere a Derek di addestrarlo, ora borbottare per la scelta dell’orario era inutile e fuori discussione – anche perché Derek non era il tipo da farsi persuadere.
Il secondo motivo era classificabile come ‘la motivazione idiota’. Era lui il coglione che lasciava, puntualmente, la finestra della stanza socchiusa. Difatti con un po’ di accortezza, bastava che tenesse chiusa quella fottuta finestra e le sue nottate sarebbero state  decisamente più tranquille.
Anche se, pensandoci bene, Stiles sapeva che poco importava se la finestra fosse chiusa o aperta, Derek avrebbe trovato il modo per entrare in quella stanza e buttarlo giù dal letto.

“Oggi ho visto Erica e Boyd, sembra stiano meglio” Si era ritrovato a dire, mentre passeggiavano con andatura veloce nella foresta. Derek rispose a mezza bocca con un ‘Si’, poco credibile nonostante fosse la verità, e dopo la sonora sbuffata dell’essere umano, provocata dalla pochissima voglia del licantropo nell’intraprendere una conversazione, Derek si voltò a fissarlo aggiungendo sbrigativo: “Il Dottor Deaton dice che sono stati fortunati”

“Perciò hanno deciso di restare a Beacon Hills?” Convenne con un sorriso sincero. Derek, dopo una breve alzata d’occhi, decise di non rispondere. D’altro canto non era da lui perder tempo in chiacchiere. Stiles sbuffò nuovamente, ma questa volta l’Alpha non cedette alle sue proteste e tirò dritto verso il lago. In realtà, non aveva mai portato nessun altro in quel luogo, in cui spesso si era ritrovato a nascondere i suoi problemi, ma quando Stiles ci si era fiondato, la prima notte dell’allenamento, era diventata accettabile l’idea di condividerlo con qualcuno. Sebbene quel qualcuno fosse proprio il fastidiosissimo Stiles Stilinski.

“Lydia sta organizzando una festa per il loro ritorno” Sentì uscire dalla bocca dell’essere umano tra un’affermazione e l’altra. Fece una smorfia e continuò a camminare, si fermò soltanto quando arrivò sulla cunetta rialzata, che dava direttamente al lago, per attendere che l’altro gli venisse accanto.
Tuttavia se pensava che Stiles lo raggiungesse in pochi secondi, così non accade e quando tentò di girarsi per controllare che fine avesse fatto l’idiota, era già troppo tardi. Stiles, difatti, da quando aveva messo piede nella foresta, camminava guardandosi attorno e spesso si voltava per controllare che nessuno li seguisse, agitato alla sola idea che in quel bosco si nascondesse il branco di folli e presunti assassini che aveva attaccato Erica e Boyd.
Naturalmente a sua discolpa c’era il fatto che non sapesse nemmeno dove fossero diretti e ne quanto fossero vicini alla meta. Per questo motivo, ignaro del fatto che fossero giunti a destinazione, si era semplicemente voltato nel momento sbagliato, continuando a camminare senza preoccuparsi di dove mettesse i piedi.
In parole povere andò a sbattere esattamente contro il lupo. Derek, d’altro canto, colto alla sprovvista, riuscì soltanto a dire due parole prima di perdere l’equilibrio e di cadere nel vuoto, due parole dirette al ragazzo che lo aveva appena spintonato: “Figlio di…” E cadde inesorabilmente all’interno delle acque gelide del lago.
Stiles credette davvero di rivivere un déjà-vu, ricordandosi poi che quella scena era già avvenuta nella piscina della scuola e che, stavolta, salvare la vita al licantropo non sarebbe bastato per salvare la sua.  Si portò velocemente le mani sul viso e gli occhi sbarrati descrivevano alla perfezione la sua faccia terrorizzata. Quando Derek tornò in superficie, lo fece con una sguardo infuriato rivolto verso la sua prossima preda. Gli occhi rossi descrivevano alla perfezione la sua furia.

“Dove diavolo guardi quando cammini?" Ululò con voce roca, mentre si spingeva a fatica verso la riva. Stiles cercò di raggiungerlo e inciampò sui suoi stessi passi un paio di volte prima di riuscirci.

“Non basterà dirti che mi dispiace tantissimo d’averti fatto cadere, vero? Nemmeno supplicarti di lasciarmi vivere, lo so! Tu mi strangolerai, comunque, poi lascerai il mio corpo sbranato in questo lago e qualche animalaccio mi mangerà, trovandomi molto appetitoso.” Farneticò, senza il coraggio di guardare la faccia furente di Derek che lo stava analizzando da capo a piedi, domandandosi – sicuramente – da che parte iniziare a sbranarlo. Stiles lo vide avvicinarsi con passo felino, così iniziò a indietreggiare inesorabilmente, ritrovandosi ben presto con le scarpe zuppe. Come diavolo era riuscito a indirizzarlo verso il lago?

“Oh, certo! Hai deciso di affogarmi!” Urlò Stiles, annuendo e alzando le braccia e riabbassandole velocemente. Derek continuò a procedere in avanti e lo fece fino a quando Stiles, che continuava a camminare all’indietro, inciampò cadendo in acqua. A quel punto Derek incrociò le braccia al petto, particolarmente soddisfatto di avergli restituito il danno arrecato.
Quando Stiles Stilinski tornò in superficie cercò immediatamente il lupo, con il respiro affannato. Tossì per cacciare la sensazione di fastidio in gola, causato dall’acqua del lago, e fissò con ostinazione le spalle di Derek, il quale stava già tornando verso riva.
Si accertò che il suo collo non fosse spezzato, circondandolo con entrambe le mani e si guardò per accertarsi che nessuna parte del suo corpo fosse rotta. “Non mi ha toccato”  bofonchiò, sussurrando a se stesso. Soltanto qualche secondo dopo capì le vere intenzioni di Derek e ne sorrise, piuttosto contrariato. “Bravo, davvero una reazione matura Derek!” Sbraitò, alzandosi velocemente e seguendo la scia dell’altro verso il bagnasciuga. Si sedettero sulla sabbiolina terrosa, uno accanto all’altro, con la notte oscura che li circondava, e attesero in silenzio che si asciugassero, per togliersi di dosso quella sensazione di essere improvvisamente ingrassati di venti chili. 

“Senti, ti parlo sinceramente” Sbottò dopo nemmeno trenta secondi di quiete, facendo una breve pausa e voltandosi a guardarlo. Derek continuò a fissare davanti a sé, con la mascella serrata e la tentazione di ucciderlo – ma sul serio questa volta – che famelica lo stava divorando. “Io preferivo quando aprivi bocca e, certo, lo facevi per minacciarmi ma almeno parlavi! Questo silenzio è imbarazzante. E poi che ci facciamo qui? C’è un motivo? Certo che c’è, ma se tu non apri bocca e non me lo spieghi come faccio a saperlo?” Stiles non ce la faceva proprio a convivere con il bagaglio enorme dei suoi pensieri, al contrario Derek ci riusciva alla grande. I suoi pessimi pensieri e la sua profonda amicizia con il silenzio erano tutto ciò che aveva e che amava. Erano agli antipodi, come potevano andare d’accordo?
Derek rimase in silenzio per un bel po’ prima di rispondere, con lo sguardo di Stiles ad importunarlo. Si girò a fissare le iridi dell’altro che, con la poca luce della Luna, riluccicavano dorate in attesa della sua risposta. Disse ciò che pensava, forse influenzato dal luogo che segretamente custodiva tutti i suoi pensieri, o forse suggestionato dalla Luna quasi piena. Sta di fatto che si spiegò, usando ancora una volta soltanto due parole: “Siamo diversi”.
Stiles lo fissò interdetto, sperando di non aver frainteso quelle poche parole che il lupo-che-non-parla-mai aveva appena affermato; la bocca si era – nuovamente – spalancata, come se volesse chiedere tacitamente un ‘Eh?!’, che invece non ebbe il coraggio di dire. Così si limitò ad annuire e a sussurrarsi: “In toto”.
Derek lo fulminò con lo sguardo e, dopo un segno veloce di negazione con la testa, tornò a guardare il lago.
Dannazione! Era un idiota capace soltanto di lamentarsi e di dire stronzate, quando quel licantropo invece aveva aperto bocca dopo un lungo tragitto fottutamente silenzioso. Decise di ritentare. “Scusami, non riesco a trattenermi purtroppo. Sono anche stato visitato dai migliori specialisti, se è per questo, ma ironia della sorte non ho niente che non va…Proprio nien” Si fermò, rendendosi conto di essere tornato a farneticare. “Cazzo!” Borbottò, guardandosi i piedi. “Ok, parla, io giuro che starò in silenzio” Concluse, sigillandosi la bocca in una morsa delle labbra.

“Tu, Stiles, preferisci rincoglionire le persone con tante parole, anche se le cose che pensi veramente non sempre le tiri fuori. Io no.” Tagliò corto, abbracciando una gamba e allungando quella libera verso la riva. Era sfinito e questo l’avrebbe portato ad essere debole, a cedere. Ma Derek Hale non era un debole e, soprattutto, non si fidava di nessuno.
Stiles accentuò la morsa sulle labbra per evitare di parlare e annuì con vigore. Derek si voltò a guardarlo, sorpreso dal fatto che il ragazzo riuscisse ad essere così taciturno, e si lasciò scappare un inconsueto sorriso divertito quando vide il volto rosso di Stiles e il suo tentativo mal riuscito di restarsene zitto  ad ascoltare.

“Tu… sei divertito?!” Chiese aprendo finalmente bocca, mentre con sguardo allibito fissava il lupo. Era perfino più affasciante, quell’Alpha, quando sorrideva. Perché diavolo non lo faceva più spesso? Il dispiegarsi delle labbra attorno a quel volto fin troppo spesso bruno, segnato da quella lontana tragedia, era una visuale tremendamente affascinante. Insomma, quelle labbra, sì, quelle labbra incorniciate dalla barbetta incolta di qualche giorno, lo rendevano così assurdamente irresistibile. Insomma, più del solito.
E lui lo sapeva, oh sì che lo sapeva! Come quando scelse di sua spontanea volontà di distrarre l’agente della Centrale – in modo che Stiles potesse riuscire a liberare Isaac – , e, ironia della sorte, ci era riuscito grazie a quel sorriso.

“Io? Sono divertito esattamente quanto è spontanea la tua volontà di riuscire a stare zitto.” Disse con sarcasmo, tentando in fretta di tornare serio. Possibile che quella faccia rossa non se ne andasse dalla sua testa? Sorrise ancora.
Stiles continuò a fissarlo con la bocca semiaperta. “E fai anche del fottuto sarcasmo? Tu chi diavolo sei? Cosa ne hai fatto di Derek, non-rido-mai-e-minaccio-tutti-quelli-che-si-avvicinano, Hale?” Continuò, alzandosi improvvisamente e allestendo una patetica scenetta. Derek lo guardò andare avanti e indietro alla finta ricerca del ‘vecchio’ Derek, senza parole. Come sempre Stiles Stilinski esagerava.

“Ok, Stiles, se dirai a qualcuno di questa cosa considerati morto.” Lo minacciò con tono scuro, alzandosi e fronteggiandolo, con l’indice a puntargli il petto.

“E bentornato al vecchio Derek! Quasi ti preferivo divertente, sai?” Affermò, afferrandolo per una spalla. Derek continuò a guardarlo con diffidenza, alzando appena un sopracciglio. “D’accordo non lo dirò a nessuno, parole di lupet…Em, parola di Stiles!” Biascicò, mentre il licantropo fissava con sospetto la mano che Stiles poggiava – ancora – sulla sua spalla. Quando il ragazzino la tirò indietro, si affrettò ad allacciarla insieme a quella libera e a dimenticarsi di aver fatto un gesto simile.

“Comunque saremo anche diversi ma so che c’è qualcosa che ti preoccupa da quando abbiamo trovato Erica e Boyd e, per quanto possiamo detestarci a vicenda, Scott è mio amico ed è legato inevitabilmente a te. Perciò, se vuoi, puoi considerarmi qualcuno di cui ti puoi fidare. Un amico, insomma” Concluse il ragazzo dall’animo buono. Era più forte di lui, spesso si era ritrovato a pensare – ma anche ad affermare con ostinata sicurezza a chiunque glielo chiedesse – di levarsi di mezzo quell’Alpha pericoloso. Spesso aveva detto a Scott di non fidarsi di Derek Hale, tuttavia era stato lui il primo ad andare a chiedere il suo aiuto. Ciò significava che nella completa sfiducia, lui si era ciecamente fidato di Derek? Era assurdo, certo, ma ora che si era ritrovato in quella situazione, offrire la sua amicizia non gli era affatto pesato.
Derek fissò le iridi gialle dell’altro e annuì prima di allontanarsi verso gli alberi della fitta foresta. Stiles sapeva che l’Alpha avrebbe reagito in quel modo, ma non la considerò una reazione negativa. Tutt’altro.  Ora, per lo meno, Derek sapeva che quel tipo strano era pronto ad ascoltarlo, nonostante fossero diversi e spesso non si sopportassero.

“Ne abbiamo già uno di Isaac” Pronunciò dopo pochi passi Derek, deridendolo.

“Mi stai dando del Lahey?” Bofonchiò il ragazzo, rincorrendo il lupo mannaro e fermandosi a pochi passi di distanza. Stiles non poteva saperlo, ma immaginò nuovamente quel sorriso sul volto del lupo. “Io non sono mica un lupo impiccione” Borbottò, continuando la sua lamentela. Derek alzò gli occhi al cielo e tentò, da quel momento in poi, di non ascoltare le successive repliche di Stiles Stilinski, che senza dubbio sarebbero continuate fino all’alba.
 

*

 
Quel sabato sera davanti casa Martin un grande cartellone, con su scritto “Bentornati Erica & Boyd”, giustificava il baccano e la musica ad alto volume che provenivano dall’interno della villa. Stiles e Scott erano appena arrivati quando Lydia era già immersa in una profonda conversazione insieme a Allison ed Erica; un trio che, a guardarlo da lontano, pareva la rivisitazione delle Charlie’s Angels. Stiles pensò a chi potesse essere il fortunato ‘Charlie’ della situazione e, per quanto potesse essere vergognosa l’idea, fu più forte di lui, si ritrovò a fantasticare allo sciocco pensiero di lui circondato da quelle tre bellezze: la rossa, la bionda e la mora.

“A cosa stai pensando?” Gli chiese il migliore amico, che aveva notato il sorriso ebete dipinto sul volto di Stiles. Così si riscosse e guardò Scott, senza sapere cosa dover rispondere, dato che, immerso nei suoi sogni, non aveva nemmeno ascoltato la domanda che gli era stata posta. “Lascia perdere” Si affrettò ad aggiungere Scott, guardandosi intorno. “Perché ho la vaga sensazione di non conoscere quasi nessuno?”

“Si chiama poca attitudine alle relazioni sociali, Scott. Pensavo che diventando capitano della squadra di lacrosse avresti condotto una vita sociale più… affermata. Ma da quando ti sei lasciato con la cacciatrice” Disse, indicandola con la testa mentre si abbandonava ad una squallida danza a ritmo di musica. “Sei retrocesso ancora di più scomparendo completamente dalla grande Piramide dei Ruoli Sociali” Continuò, mentre passavano davanti al tavolo dei drink. “Un po’ di punch?” Chiese con lo stesso tono, sorridendo e continuando a muoversi a ritmo. Scott lo osservò accigliato per una manciata di secondi, tentò di aprire bocca, ma la richiuse senza sapere come rispondere. Poi, scocciato riuscì a dire: “Perché continuo ad ascoltarti ogni volta che parti per la tangente?” prendendo, infine, il bicchiere di punch che il migliore amico gli stava offrendo.

“Perché io ti resto affianco mentre affondi nei meandri dell’impopolarità e tu mi ascolti quando…Ehi!” Brontolò, realizzando di essersi fatto appena dare del ‘pazzo’. Trangugiò con ingordigia il bicchiere in tinta rossa, scoccando uno sguardo infastidito verso Scott.

“Solita lite tra innamorati?” Ironizzò Jackson, fermandosi davanti ai due ragazzi. Scott sorrise divertito, mentre Stiles decise che strozzarsi con il punch fosse la soluzione perfetta per rendere ancora più attendibile la presunta relazione amorosa tra i due. Il sorriso sul volto di Whittemore aumentò notevolmente e si allontanò dai due, diretto verso la sua ragazza. “Ho l’impressione che sarà una lunga serata, questa.” Borbottò Stiles, alzando gli occhi al cielo e buttando giù l’ultimo goccio rimasto nel suo bicchiere.

“Stiles, posso parlarti un attimo?” Chiese Erica, che all’arrivo di Jackson, si era allontanata dalla rossa per raggiungere il licantropo e l’essere umano. Stiles la guardò, annuendo impercettibilmente. “Magari in un posto dove posso anche percepire i miei pensieri” Continuò la bionda, lanciando un sorriso timido che la rappresentava veramente pochissimo. Stiles annuì nuovamente e la accompagnò verso la cucina. Poi si voltò a guardarla e attese che ricominciasse a parlare. L’ultima volta che le era stato così vicino, Erica era completamente cosparsa del suo sangue e in fin di vita. Rabbrividì, cercando di togliere quell’immagine dalla sua testa.

“Stiles, volevo ringraziarti per avermi salvato la vita” Iniziò, avvicinandosi al ragazzo e diminuendo notevolmente la distanza che li divideva.

“Oh, io… non ho fatto nulla! Insomma, ti sono caduto addosso mentre scappavo da Derek perciò...è stata una botta di cul…Em, decisamente sei stata fortunata!” Farfugliò, imbarazzato dall’esile distanza che impediva ai loro corpi di toccarsi.
Erica si fece ancora più vicina e gli sussurrò, con un sorriso languido a incorniciare il bellissimo volto: “Sei il mio salvatore, Stiles, sapevo che eri tu...” E, eliminando la poca distanza rimasta tra i loro visi, lo baciò.

Quando la lupa si allontanò, dopo pochi secondi, gli regalò l’ennesimo sorriso e se ne andò con passo elegante verso il salone. Dalla porta della cucina Stiles Stilinski – con la bocca spalancata e ancora stordito per l’improvviso bacio ricevuto – poté vedere i volti del suo migliore amico, di Lydia e di Jackson che lo stavano fissando e che, descrivendo le loro espressioni sbalordite, sembravano non essersi persi affatto quella scena.

 
*

 
Da quando aveva messo al mondo tre mutaforma, Derek Hale era diventato piuttosto apprensivo. Tutto ciò si era fortificato nell’animo del lupo, quando uno di loro era finito in galera con l’accusa di aver ucciso il padre, ma soprattutto quando gli altri due erano finiti nelle mani di un branco di Alpha e stavano per rimetterci la pelle. Pareva plausibile, quindi, l’idea di non aver fatto la scelta giusta quando si era deciso a trasformali.
La sua fortuna era che agli occhi della gente non trasparisse nessuna delle preoccupazioni che lo attanagliavano. Anche se era vero che Isaac e Stiles avevano incominciato a capirlo.
Difatti loro due sapevano riconoscere quell’impercettibile ruga in mezzo alla fronte che gli spuntava quando era notevolmente preoccupato. Di conseguenza, era ancora più difficile nascondere il suo reale stato d’animo a chi ormai iniziava a conoscerlo.
Eppure ostentava ancora nell’andare in giro con la sua maschera di finta indifferenza quando era chiaro a tutti, oramai, il fatto che Derek Hale avesse difficoltà ad ammettere che una cosa non andava bene o che era difficile da affrontare, oppure che aveva bisogno di aiuto.
Isaac, che conviveva con l’Alpha, si era limitato ad essere presente ogni volta che se ne presentava il bisogno. Anche se Derek non chiedeva il suo parere, lui era lì a darglielo.
Quella sera Derek era su di giri, non riusciva a stare fermo in un punto nemmeno per cinque minuti e Isaac, stanco di osservarlo gironzolare per la tana, si era limitato a chiedergli cosa avesse. L’Alpha lo aveva trucidato mentalmente in mille modi differenti, ma alla fine aveva solamente sbuffato e aveva ricominciato la passeggiata nell’enorme buco in cui vivevano.
Così Isaac si era ritrovato, annoiato, ad alzare gli occhi al cielo, mentre si sedeva sulla poltrona – quella che l’Alpha reputava di sua proprietà.
Quella sarebbe stata una lunga e noiosissima nottata, Isaac ne era certo. Appena si lasciò cadere sulla poltroncina malandata, Derek lo raggiunse e gli fece segno di spostarsi. Alzò nuovamente gli occhi al cielo, attentando alla finta e inesistente pazienza del licantropo e si alzò, infine, sedendosi su una sedia. Lo fissò per una dozzina di secondi, con l’intento di farlo arrabbiare al tal punto da farlo parlare, ma Derek sembrò non accorgersene affatto – troppo preoccupato da chissà quali pensieri – e si alzò di malavoglia, ritornando a passeggiare intorno all’autobus. Isaac, d’altra parte, seccato all’idea di essersi alzato per nulla, attese che Derek comparisse dietro l’enorme pullman giallo per tentare di nuovo di farlo fiatare.

“Se magari mi dicessi cosa c’è che non ti fa stare tranquillo, potrei aiutarti”  Derek lo fissò quasi sul punto di confessare i suoi timori, ma poi tornò sui suoi passi e continuò la maledetta passeggiata che stava ostentando l’enorme pazienza del Beta.

“Dannazione! La vuoi smettere?” Ululò a quel punto Isaac,  alzandosi e fronteggiando l’Alpha. Derek ringhiò sommessamente e spintonò il ragazzo che aveva davanti. Di lì a poco la situazione andò peggiorando, finendo bruscamente in un combattimento tra lupi. Quando, però, l’Alpha affondò Isaac sul pavimento, la tensione sembrò allentarsi velocemente e, riprendendo la lucidità persa in pochi istanti,  Derek aiutò con finta indifferenza il Beta ad alzarsi da terra.
Isaac, infine, interpretò la pacca ricevuta su una spalla come un gesto di scuse e annuì semplicemente.

“Vuoi andare a cercarli?” Chiese, asciugandosi una ferita sulla guancia che stava già guarendo. Derek non rispose e si affrettò ad uscire, Isaac alzò nuovamente gli occhi al cielo e decise che seguirlo fosse la soluzione giusta, sebbene fosse molto dannosa per la sua incolumità.
Iniziò a ricredersi quando vicino alla casa di Lydia Martin, la Camaro di Derek si arrestò placida. Derek fissò il cartellone di Benvenuto con aria scettica e ricordò in un lampo l’affermazione di Stiles della notte precedente. Si era preoccupato per nulla e mentalmente si diede dell’idiota. A quel punto avrebbe potuto fare inversione e tornarsene a casa, ma avrebbe dato l’ennesima dimostrazione a Isaac di essere stato uno sciocco; perciò girò la chiave e la estrasse, infilandosela velocemente nei jeans, mentre entrambi scendevano dall’auto. Isaac sorrise trionfante e l’altro sembrò notarlo perché finalmente si decise a parlare: “Non siamo qui per la festa” Si giustificò il lupo, camminando verso la porta d’ingresso.

“Certo” Affermò con aria sarcastica l’altro, che camminava al suo fianco. Derek lo fulminò con lo sguardo e Isaac fu contento di essere riuscito – in un modo che all’inizio riteneva impossibile – a portare l’Alpha alla festa. D’altronde Isaac Lahey sapeva bene che quel diavolo di Derek non sarebbe mai venuto ad una festa piena di adolescenti di sua spontanea volontà, perciò anche se era dovuto arrivare ad una scazzottata, ora sapeva che ne era valsa la pena.

 
*

 
Passata la mezzanotte erano rimasti veramente in pochi, poiché la maggior parte della gente si era già eclissata per un’altra festa. I presenti, che potevano contarsi sulle dita delle mani, erano: Stiles e Scott, le Charlie’s Angels e Jackson, Boyd e Danny. Quando Derek e Isaac bussarono alla porta, Stiles si affrettò ad andare ad aprire ai nuovi arrivati, ma quando davanti ai suoi occhi si palesarono i volti dei due lupi rimase scioccato per qualche secondo.

“Siete arrivati giusto in tempo per la fine della festa!” Affermò quando prese coscienza di essere davanti a una porta ad accogliere dei nuovi arrivati e che rimanersene imbambolati a fissarli era alquanto stupido e indecente.
Isaac sorrise al ragazzo e cercò subito con lo sguardo il volto di un altro lupo. Quando lo trovò poco distante dalla porta d’ingresso, il suo sorriso si accentuò.

“Ho portato anche Derek, spero non sia un problema” Disse il Beta, guardando Scott e ricevendo l’occhiataccia dell’Alpha in risposta. Quando anche Derek prese la decisione di fare capolinea all’interno della casa, Stiles chiuse in fretta la porta e raggiunse il tavolo dei drink, per prendere subito un bicchiere di Jack Daniel’s. Per quei nuovi arrivati occorreva qualcosa di forte da mandare giù.

“Che ne dite a questo punto di fare un gioco?” Cominciò Lydia, abbassando notevolmente il suono della musica e guardando tutti i personaggi che la circondavano e che, ora, la stavano fissando con circospezione. Wow, era riuscita a spaventarli. “Niente di pericoloso, ragazzi!  Solitamente si fa per divertirsi. Chi ci sta?” Nessuno si azzardò a rispondere e la rossa decise di accogliere quel silenzio come un consenso.

“Perfetto, dobbiamo fare dei bigliettini con su scritto i nostri nomi e poi ognuno deve riempirsi un bicchiere di whisky.” Continuò, ma nessuno sembrò realmente ascoltarla.

“Erica, tu puoi pensare a preparare i bigliettini, per favore?” Chiese, voltandosi verso la bionda, la quale le sorrise accondiscendente. Quando poi la vide avvicinarsi allo scrittoio della stanza per cercare carta e penna, sorrise e continuò: “Io penso ai bicchieri. Intanto voi sedetevi in cerchio qui” E indicò il posto dove si trovava, prima di spostarsi verso il tavolino delle bevande.  
Una volta preparati tutti i bicchieri e riposti in un vassoio, Lydia tornò sui suoi passi e il sorriso le si accentuò quando vide quasi tutti i ragazzi seduti in cerchio accanto alla televisione. Derek e Boyd, invece, si erano seduti sul divano, restando comunque poco distanti dal gruppo. Con una smorfia di disappunto li guardò indispettita, quei due non avrebbero giocato ma  c’era da aspettarselo. Soprattutto da uno come Derek, mentre Boyd faceva troppa paura per tentare di essere anche solo in disappunto con lui, così si stampò nuovamente il migliore dei sorrisi e si diresse verso il cerchio.

“Bene, il gioco funziona in questo modo” Iniziò, passando ad ognuno i bicchieri di Jack Daniel’s. “A turno si fa una domanda a qualcuno, questa può rispondere oppure rifiutarsi. Se rifiuta deve bere il bicchiere di Whisky. Quando, però, tutti quanti hanno bevuto il proprio bicchiere, per ogni risposta che non si vuole dare, bisogna pagare pegno. Il pegno dipende principalmente anche dal biglietto che la persona, che deve pagarlo, pesca. Avete capito?” Chiese, dopo aver spiegato lentamente le regole del gioco, tutti quanti annuirono, guardandosi guardinghi.
Derek alzò gli occhi al cielo con il pensiero in testa che quei maledetti giochi portavano soltanto guai. Per fortuna lui se ne era tirato fuori e Boyd aveva avuto l’accortezza di imitarlo. Lanciò uno sguardo di rimproverò a Isaac e Erica, i quali si limitarono a sorridere, contenti di trascorrere quel momento così normale rispetto alla loro vita diventata ormai tanto diversa e, sicuramente, più difficile.
Il primo giro si concluse velocemente e tutti bevvero l’unico bicchiere di Whisky che avevano a loro disposizione. Lydia sorrise sapendo che quel gioco, dopo quel breve riscaldamento, stava cominciando da adesso. “Ora tocca di nuovo a me, la mia domanda è per Allison.” Iniziò, fissando la ragazza con un sorriso languido.
Se le domande fino a quel momento erano state pudiche e banali, adesso che il gioco aveva preso inizio e tutti quanti erano un po’ brilli, si poteva iniziare a far sul serio. Lydia adorava fare sul serio.

“Provi ancora qualcosa di forte per Scott?” Chiese, mentre il silenzio calava in tutta la stanza. Allison sbarrò gli occhi e fissò il bicchiere vuoto davanti a sé. Poteva rispondere oppure doveva pagare il pegno? Optò per la seconda scelta, perché sapeva che rispondendo finiva per ferire il suo ex ragazzo.

“Pago il pegno, Lydia” Affermò, fissandola con volto serio e spaventato. La rossa, in risposta, le indicò il vaso che conteneva i biglietti. “Dovrai chiuderti nel ripostiglio della cucina con il fortunato o fortunata che andrai a pescare. Per cinque minuti.” Affermò, sperando con tutta se stessa che, per una volta, il Destino fosse dalla sua parte e che Allison pescasse il nome di Scott.
Allison si avvicinò all’urna e pescò velocemente uno dei biglietti. “Witthemore” lesse con un filo di voce, una volta aperto. Lydia sbarrò gli occhi, scoppiando in una risata. “In effetti te ne dovevo una, Alli” Continuò la rossa, volgendo un rapido sguardo a Scott e alludendo al bacio che si erano dati molti mesi prima. “Noi, se non vi dispiace, andiamo avanti durante i vostri cinque minuti” Cinguettò, come se il ragazzo che si stava per rinchiudere nello stanzino con la sua amica non fosse affatto il suo fidanzato.
Jackson si alzò con il sorriso sghembo a padroneggiare sul suo volto, guardò trionfante il co-capitano di lacrosse e, con una veloce alzata delle sopracciglia, lo sfidò a reagire. Scott, che era sul punto di farlo, fu bloccato da Stiles che lo trattenne per un braccio. “Sta calmo, non succederà nulla” Sussurrò all’orecchio di Scott, come se questo fosse sufficiente a non farsi udire dagli altri e come se a circondarli, insomma, non ci fosse un branco di licantropi.
A dimostrazione del fatto che Jackson l’avesse udito, passando accanto all’essere umano, si chinò appena per domandargli: “Puoi scommetterci?”
Mentre Allison e Jackson erano rinchiusi nello stanzino, toccò a Danny che pose la sua domanda a Isaac. Tuttavia né Stiles né tantomeno Scott ascoltarono con attenzione, troppo preoccupati per il pegno che Allison stava pagando con Jackson.
A quella domanda sconosciuta, però, Isaac rispose con un impacciatissimo ‘Sì’, che fece sorridere Danny. (*)

Quando i due ragazzi rinchiusi nello sgabuzzino tornarono nel cerchio, toccò subito a Allison che, per vendicarsi della situazione in cui si era ritrovata, chiese a Lydia: “Durante la rottura con Jackson, hai avuto qualcun altro?”
Allison sapeva la risposta, eccome se la sapeva. Purtroppo, però, sapeva quella sbagliata.
Lydia sbarrò gli occhi spaventata al ricordo del giovane Peter e del loro bacio. Ancora trascorreva le notti a domandarsi se quel bacio fosse stato reale, oppure fosse stato soltanto frutto della sua immaginazione.
Comunque restava il fatto che qualcun altro c’era stato.

“Pago il pegno” Affermò con falsa impassibilità, cercando di far intuire alle persone che la circondavano, che si sarebbe divertita di più all’idea di non rispondere e pescare il biglietto, piuttosto che farlo.  Allison sorrise, soddisfatta di aver ricevuto - comunque - ciò le spettava di diritto e affermò velocemente: “Un bacio con la persona che c’è sul bigliettino, Lydia”
Lydia, sorrise e si avvicinò all’urna. Una volta pescato, lesse velocemente il foglietto e alzò gli occhi al cielo. “Stilinski” Borbottò, fissando il ragazzo che si era ritrovato a spalancare la bocca dalla sorpresa. Lydia guardò il suo fidanzato e sbuffò quando non vi trovò ciò che si aspettava. Si alzò per raggiungere Stiles, mentre quest’ultimo, ripresosi dalla sorpresa iniziale, lanciava una smorfia beffarda a Jackson.

“Facciamolo!” Disse il ragazzo, avvicinandosi velocemente alle labbra e prendendo con una mano il mento della rossa. Lydia tentò di alienarsi dalla situazione che stava inevitabilmente vivendo, ma quando le labbra umide di Stiles toccarono le sue, fu difficile mantenere ancorata a sé la convinzione che non aveva mai desiderato quelle labbra, né tanto meno quel bacio.
E quell’assurda idea fu ancora più lontana, quando le loro lingue si incontrarono. Stipato in chissà quale luogo sconosciuto, lei aveva voluto quelle labbra e aveva desiderato quel bacio.
Erica, con una smorfia di disgusto, li fissava con una punta di invidia. Jackson era piuttosto sorpreso di scoprirsi geloso della sua fidanzata, mentre Isaac sorrideva alla vista di un’Alpha che, d’un tratto, sembrava essersi interessato, in maniera inconcepibile, a quella scena.

“D’accordo, ora smettetela” Borbottò ad alta voce Jackson, suscitando l’ilarità di chi lo circondava. Stiles si staccò di malavoglia dalla bocca di Lydia e la guardò, sorridendole con un leggero affanno. Due baci in una sera, cosa desiderava di più? Ma, soprattutto, aveva baciato finalmente la ragazza di cui era innamorato dalla terza elementare, finalmente poteva dirsi di essere soddisfatto.
Quando Lydia si allontanò con passo incerto verso il suo posto, Stiles guardò velocemente il ragazzo che li aveva ‘interrotti’ e gli sillabò: “Geloso?”, con un sorrisino divertito a concludere la sua perfetta vendetta. Jackson lo fulminò con lo sguardo, la rabbia a percuoterlo da capo a piedi e la mascella ad indurire il suo volto. Se non ci fossero stati così tanti testimoni, quelle sarebbero stati gli ultimi momenti di vita di Stiles Stilinski.

 “Stiles ora tocca a te” Affermò Scott, cercando di temperare la situazione critica che si era venuta a creare.

“Oh, davvero?” Chiese, guardandosi intorno. “Ok, ho una domanda…” Continuò schiarendosi la voce. “Chi mi trova particolarmente attraente?” Affermò di getto, guardando uno per volta i volti dei ragazzi attorno a lui.
Ci fu un’alzata generale di occhi al cielo, Jackson lo guardò con una smorfia a padroneggiare il volto quadrato e soltanto le ragazze si erano lasciate scappare una risata divertita.
Eppure Stiles voleva una risposta a quella fottuta domanda, perché non ne riceveva mai una?

“Ok, chi è il prossimo?” Chiese Jackson, per passare avanti a quella ridicola scenetta. “Credo tocchi a Erica”  Continuò, subito dopo.
Erica annuì e si guardò intorno sebbene sapesse già a chi fare la domanda. “Isaac voglio che tu mi dica chi ti piace” Alla prima domanda che gli era stata posta, Isaac non aveva avuto problemi a rispondere, lui non era solito farsi molti problemi a dire quello che pensava. Tuttavia, di fronte ad una dichiarazione che lo avrebbe reso debole e discutibile agli occhi di tutte quelle persone, la sua spavalderia crollò inesorabilmente. “Pago il pegno” Affermò con diffidenza, lanciando un’occhiataccia alla bionda. “Un bacio con la persona che andrai a pescare” Affermò la bionda, particolarmente soddisfatta.

“Questi baci iniziano a stufarmi…” Borbottò Jackson, sbadigliando di proposito, mentre Isaac pescava il bigliettino. Lesse velocemente il nome e sbarrò gli occhi per la sorpresa. Dannazione, qualcuno doveva avercela proprio con lui. Maledisse nuovamente Erica e la guardò, lanciandole l’ennesima occhiataccia.

“S-cott” Balbettò, girandosi a guardare il ragazzo con titubanza. “Okay, potrei ricredermi” Si corresse Jackson con sarcasmo e sorridendo divertito, mentre fissava i due ragazzi che si lanciavano sguardi preoccupati. “Forza, baciatevi!” Civettò Erica, sorridendo con malizia. La fortuna era dalla sua parte quel giorno, decisamente.
Scott e Isaac si baciarono veramente, sotto lo sguardo di una Allison che proprio non sapeva come reagire a quella scena. Certo, un bacio che all’inizio sembrava tutto fuorché un bacio, ma che tuttavia con lo scorrere dei secondi prese le sembianze di quello che poteva considerarsi un vero bacio appassionato.

Quando qualcuno disse loro di fermarsi, fu subito la volta di Isaac, ancora piuttosto impacciato. “Stiles, la mia domanda è per te” Affermò, mentre tramutava il suo sguardo da ‘lupo imbarazzato’ a ‘lupo impiccione’. “Qual è il tuo vero nome?”
Stiles fissò il ragazzo biondo per un paio di secondi, con la speranza di aver ascoltato male. “Sì, Stilinski, qual è il tuo vero nome?” Continuò Jackson, sorridendo beffardo.

“Em” Farfugliò l’essere umano. Scott lo guardò preoccupato, lui era l’unico a sapere il nome del suo migliore amico, ma sapeva anche che Stiles non l’avrebbe mai detto a nessun altro. “Pago il pegno” Rispose, infatti, poco dopo. Si avvicinò all’urna e pescò l’ultimo biglietto posato sul fondo del vaso. “Ma sì, un altro bacio” Affermò Isaac, sorridendo spavaldo.

“Certo, non c’è due senza tre!” Ironizzò Stiles Stilinski, mentre apriva il foglietto con estrema lentezza. Spalancò gli occhi, terrorizzato e stupito alla vista di quel nome. Certo, si sentiva brillo, ma gli occhi non potevano giocargli uno scherzo simile. Sul biglietto compariva, con la calligrafia elegante di Erica, il nome di un ragazzo.

“E-erica, hai inserito anche i nomi di chi non gioca?” Chiese a quel punto il ragazzo, guardandola con la speranza di essersi sbagliato. Erica sorrise e annuì nello stesso momento. “Ho inserito i nomi di ognuno di noi. Anche quelli che poi non hanno partecipato al gioco”
Tutti si voltarono a guardare Derek e Boyd che sembravano non aver ancora colto ciò che stava accadendo. Scott si allungò per leggere il foglietto che Stiles teneva tra le mani e si lasciò scappare una risata. “Non te lo permetterà mai” Esclamò, lanciando uno sguardo divertito verso il divano.

“Forza, che nome hai pescato?” Chiese seccato Jackson, fissando Stiles con i suoi occhi azzurri , pronti a deriderlo in qualsiasi momento.

“Posso rifiutarmi?” Chiese Stiles, mandando giù a fatica la saliva in eccesso. Tutti negarono con la testa e Isaac intervenne: “Puoi sempre dirci il tuo vero nome”
A quel punto Stiles Stilinski si alzò da terra e si avvicinò al divano. “Ti prego, non uccidermi” Farfugliò, mentre fissava con riluttanza il volto dell’Alpha, che  nel frattempo lo stava squadrando da capo a piedi. Solo in quel momento Boyd sorrise, rincuorato di non essere il prescelto.
Derek si alzò poco prima che Stiles lo raggiungesse e indietreggiò. “Non fare un altro passo o te ne pentirai” Brontolò, pentendosi di ritrovarsi in quella situazione. Perché non se ne era ritornato alla tana?
Stiles sembrò bloccarsi sul posto con uno sguardo agghiacciato ad incorniciargli il volto. Derek Hale sapeva che le sue minacce incutevano, nell’animo delle persone che le ricevevano, una sorta di spontaneo terrore, ma intuì immediatamente che Stiles non era scosso a causa della minaccia, ma bensì da qualcos’altro.

“Mi fai schifo. Sei solo un essere umano.” Aveva, difatti, sentito Stiles mentre fissava il volto dell’Alpha che ricambiava con una smorfia disgustata. “Non vali nulla come persona, né tanto meno come amico” Sentì, voltandosi a guardare il suo migliore amico.
Stiles aveva già vissuto una scena simile, aveva visto suo padre sbraitargli di essere la causa della morte della madre. Tuttavia non si rendeva conto che tutto ciò che i suoi occhi gli stavano mostrando, non facesse parte della realtà.

“LYDIA, cosa diavolo hai messo nel Jack Daniel’s?” Urlò Scott, avvicinandosi all’amico e ricordandosi dello strozzalupo messo nel punch alla festa di compleanno della rossa.
Derek la fulminò con lo sguardo, intuendo il fatto che  la ragazza ne avesse combinata un’altra delle sue, mentre afferrava per un polso il ragazzo che aveva a pochi passi di distanza. “Scott, pensa agli altri prima che inizino ad avere anche loro gli effetti” Ordinò l’Alpha, chiedendo poi con tono perentorio alla rossa dove fosse un bagno.
Strattonò fino al piano di sopra il corpo di Stiles che, con lo sguardo perso nel vuoto, continuava ad avere chissà quale scena impressa nella mente. E una volta entrato nel comodo ambiente, accese la luce e cercò la doccia. Lo gettò, con poca cura, sotto il getto dell’acqua fredda e attese che l’essere umano riprendesse i sensi.
Dopo qualche secondo, Stiles tornò in sé e fissò il volto preoccupato di Derek con circospezione, si chiese mentalmente che cosa fosse successo e si rispose, consolandosi nel medesimo momento, che tutto quello che aveva vissuto, fino ad ora, era stato solo frutto della sua fervida immaginazione. Nessuno lo aveva deriso o offeso. Si lasciò sopraffare da un sospiro liberatorio, mentre l’acqua scorreva ancora sul suo corpo, percuotendolo in forti brividi di freddo.
Forse fu colpa dell’alcool ancora in circolo nel suo corpo o semplicemente il senso di gratitudine nei confronti dell’uomo che lo aveva riportato alla realtà. Oppure fu la confusione della situazione appena vissuta che gli fece credere di dover dare ancora il bacio all’Alpha. Insomma, furono molti i motivi, ma sta di fatto che Stiles afferrò Derek per la maglietta e lo attirò a sé sotto l’acqua. E soltanto dopo aver fissato la bocca del licantropo per un paio di secondi ed essersi morso un labbro, baciò il lupo con foga.
 



Continua.

(*) Non volendo esplicitare la domanda che Danny fa a Isaac, lascio a voi la possibilità di immaginarvela! ^^  
 


Angolo Delirio:
Ahah, mi viene da ridere - per non piangere - perché questo capitolo è terribile. No, non mi piace per niente e c’ho messo un’eternità a scriverlo. Perciò basta, si vede che doveva andare così. Chiedo perdono a chiunque lo troverà pessimo.
Ringrazio tutti quelli che recensiscono la storia, siete meravigliosi. E ve l’ho già detto, certo, ma dovevo ripeterlo! E per questo motivo ho pubblicato la storia un giorno prima, un piccolissimo regalo! ^^
Ci vediamo con il ‘dopo’, appena finirò di scriverlo!
Un abbraccio,
DolceVenereDiRimmel


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Capitolo 7
*** Dopo. ***


After, before and now…
about a story of a man with a werewolf.
 


Dopo.


 
“Ciao Stiles, è un piacere conoscerti” Aveva detto il lupo, che si era appoggiato sulla Jeep nell’attesa del suo arrivo. Stiles tentò di squadrarlo da capo a piedi, ancora scosso per quello che era successo con Derek Hale, pochi istanti prima, a molti chilometri di distanza da quel luogo.
Si asciugò frettolosamente il viso che scoprì involontariamente bagnato da alcune lacrime,  e ringraziò il cielo che fosse notte e che il buio nascondesse il suo viso agli occhi dell’estraneo.

“Chi sei?” Aveva chiesto, fermandosi allo stesso tempo sul posto. Aguzzò lo sguardo, tentando nuovamente di mettere a fuoco l’uomo alto che aveva a pochi metri di distanza. Tuttavia Stiles Stilinski era soltanto un essere umano con una banalissima vista da dieci decimi, perciò fallì miseramente nell’impresa di capire chi fosse e attese la risposta di quest’ultimo; il quale sembrava stesse cercando le parole giuste prima di rispondergli.

“Mi chiamo Dean” Rispose con affabilità. Soltanto in quel momento Stiles Stilinski intuì chi avesse davanti e rabbrividì. “Sono davvero dispiaciuto per quello che è successo…” Affermò l’Alpha, incrociando le braccia al petto. Stiles si sentì improvvisamente nudo, sotto lo sguardo di due occhi magnetici che lo fissavano indisponenti.

“Temo sia accaduto a causa mia…” Aggiunse poco dopo, sorridendo laconico. Stiles alzò entrambe le sopracciglia, stupito da quell’ultima affermazione e si avvicinò al lupo senza paura.

“Perché mai dovrebbe essere colpa tua?” Chiese, sinceramente curioso di sapere la risposta. Dean accentuò il suo sorriso e alzò le braccia, riallacciandole immediatamente al petto.  Stiles avvampò impacciato e furioso al pensiero che quel tipo fosse il nuovo ‘amante’ dell’Alpha.

“T-tu stai con…lui?” Balbettò, puntando i piedi sul posto.

“Cosa?! No, no” Si affrettò a precisare il lupo, ridendo divertito. “Lasciamo perdere. Sono qui per chiederti un favore, Stiles” Continuò, tornando serio.

“Ok, parla pure” Rispose, con calma, il ragazzino.

“Devi venire con me” Continuò a quel punto l’Alpha, avvicinandosi all’essere umano e sistemandosi velocemente la giacca di pelle. Fissò il ragazzo e sorrise nuovamente, serrando la mascella in attesa di una risposta.

“Venire con te? D-dove?” Balbettò Stiles, rabbrividendo alla tranquillità dell’Alpha. “Non è importante” Farfugliò velocemente il lupo.

“E il motivo è importante?” Chiese Stiles, alzando gli occhi al cielo. “Mh, sì lo è. Ma non è importante che tu lo sappia” Affermò sordone Dean, allacciando le sue iridi verdi in quelle ambrate di Stiles.

“Fantastico! E… se mi rifiutassi?” Tentò il ragazzino, sorridendo indeciso sul da farsi. Dean alzò gli occhi al cielo per poi passarsi velocemente una mano tra i capelli. “Dovrei costringerti, Stiles. E odio farlo” Borbottò, puntando gli occhi rossi fiammeggianti sul viso sbalordito del ragazzino.
Stiles indietreggiò di qualche passo e alzò le mani in segno di resa. “D’accordo, mi hai convinto!” Si affrettò ad aggiungere con voce roca.
Le iridi dell’Alpha tornarono del loro colore naturale. “Seguimi, allora” Farfugliò in fretta Dean, oltrepassando la Jeep di Stiles.
Camminarono a passo lento per un paio di chilometri, fino a quando il ragazzino non poté scorgere in lontananza una macchina costeggiata lungo la strada.  Possibile che ogni Alpha psicopatico possedesse un’auto tanto bella da far paura?

La suddetta macchina era nera, come quella di Derek, e sembrava d’epoca. Soltanto quando Stiles si avvicinò a quest’ultima poté constatare, anche alla poca luce della Luna, che era esattamente come aveva creduto. Alzò gli occhi al cielo, appuntandosi mentalmente che se avesse voluto riconoscere un licantropo Alpha, gli sarebbe bastato controllare direttamente che tipo di macchina possedesse.
Aprì lo sportello e la puzza di pesce avariato arrivò all’istante alle sue narici, fece una smorfia e guardò l’altro, dall’altra parte della macchina, il quale lo fissava con la stessa espressione dipinta in volto.

“Cos’è questa puzza tremenda?” Boccheggiò Stiles, indietreggiando appena. Gli occhi di Dean fiammeggiarono come saette e la smorfia si tramutò in uno sguardo iroso.

“Jared” Abbaiò il lupo a denti stretti, dirigendosi verso il portabagagli. Stiles lo seguì con lo sguardo accigliato e rimase impalato sul posto a domandarsi chi fosse il colpevole e d’istinto pensò che chiunque fosse stato, non l’avrebbe sicuramente passata liscia.

“Mi dispiace per quest’odore” Sentì uscire dalla bocca del lupo, mentre si affrettava a ripulire i sedili posteriori dell’auto.

“Oh, non preoccuparti” Disse Stiles con nonchalance, pensando che si riferisse a lui. Dean alzò lo sguardo verso il ragazzino e lo fissò con un cipiglio d’incomprensione.

“Non parlavo con teAggiunse subito dopo, riferendosi quindi alla macchina, e affermando tutto ciò come se fosse un’ovvietà.

“Sali in macchina, dobbiamo andarcene di qui” Continuò, subito dopo, in tono brusco. Questo ‘Jared’ aveva rovinato l’umore placido dell’Alpha, che lo aveva appena rapito.
Ah già, quello era un rapimento. E Stiles Stilinski era stato capace di dimenticarlo. Certo, un rapimento che non sembrava proprio esserlo.

Arrivarono nella tana del branco di Alpha dieci minuti dopo e, a causa del buio, Stiles si era perso dopo nemmeno due minuti di viaggio.
Quindi Stiles non sapeva nemmeno dove quel branco di Alpha si nascondesse. Tuttavia, pur pensandoci, chi sarebbe andato a salvarlo? Il padre? Non lo avrebbe mai trovato. Scott? Se avesse messo il muso fuori dalla propria vita, forse avrebbe potuto avere una possibilità. Derek? Lo aveva appena piantato, perciò non sarebbe mai venuto a cercarlo. In effetti, cosa  e chi aveva a cuore la sua vita?
Non aveva nessuna speranza di uscire da quella situazione e se quel gruppo di Alpha fosse stato innocuo nei suoi confronti come lo era stato fino a quel momento, non sarebbe stato difficile, per Stiles, conviverci finché gliene sarebbe stata data la possibilità. Perché era certo di una cosa tra tante insicurezze: sarebbe rimasto vivo fino a quando sarebbe stato conveniente per gli Alpha. E se avesse avuto ragione il Dottor Deaton, allora, avrebbe potuto considerarsi morto fin da subito.
Derek Hale non sarebbe mai caduto nella loro trappola per salvare Stiles Stilinski. Per salvare lui, soltanto un essere umano.

“Ciao Stiles, io sono Jared” Affermò il primo Alpha che gli si parò davanti. Stiles si ritrovò ad alzare il capo per guardare il volto dell’uomo che aveva di fronte. Si ritrovò, nell’attimo successivo, incantato da quel sorriso ingenuo e fresco che Jared gli stava concedendo e lo imitò, con un sorriso confuso, prima di stringergli la mano che, nel frattempo, il lupo gli aveva allungato.

“Mentre quelli sono Camila e Aymon” Continuò a bassa voce, con uno strano sorrisetto in volto. “Lei è costantemente in fase mestrua-lunatica, quindi stalle lontano. Lui è francese, ma è okay” Concluse, mentre Stiles adocchiava gli altri due Alpha seduti su un divano malandato. Stiles vide Camila fare una smorfia contraddetta, mentre fissava la spalle del gigante buono, che aveva davanti ai suoi occhi.

“Jared, siamo a 3” Borbottò Camila, salutando l’essere umano con un’occhiataccia. “Di solito arriva a 5 e tenta di azzuffarsi con me” Si giustificò, mentre osservava il ragazzino accigliato. “Non ci riesce mai” Commentò immediatamente, sorridendo languido. “Volevo chiederti una cosa” Affermò con slancio, senza dare un minimo accenno di volersi togliere di mezzo o di trattarlo come, in teoria, uno che era appena stato rapito doveva essere trattato. “Mio fratello ha scoperto il regalino che gli ho lasciato nell’auto?Chiese, sorridendo divertito. Stiles si limitò ad annuire, fissandolo con cipiglio.

“Sì, Jared, l’ho trovato. E questa me la paghi, lo sai che baby è sacra” Borbottò, con astio, il lupo, oltrepassando i due e senza degnarlo nemmeno di uno sguardo. Il sorriso di Jared aumentò notevolmente e Stiles si ritrovò a osservare la scena, senza sapere bene come qualificarla. “Tu, siediti dove vuoi. Basta che non fai casino” Continuò Dean, poco dopo, con tono autoritario.

“Non preoccuparti, non è arrabbiato con te. In questo periodo è un po’ nervoso perché il suo angelo l’ha piantato” Gli sussurrò Jared, facendogli subito dopo l’occhiolino. Dean li sorpassò, trucidando il fratello con uno sguardo furibondo, mentre si dirigeva con una pezzetta e lo spray verso la sua macchina. “Lo capisco benissimo” Farfugliò a denti stretti.  Poi guardò la scena, senza saper cosa altro pensare. Quello poteva definirsi un rapimento? ‘Azione di prendere qualcuno con la forza’, avrebbe potuto leggere su un dizionario. E, decisamente, quello non poteva considerarsi un rapimento.
Era una situazione inverosimile. Fece immediatamente un parallelismo con quello che aveva dovuto subire a causa di Gerard e si sentì sollevato, in qualche modo – non sapeva assolutamente come – gli era andata bene.
Fino a quel momento, per lo meno.

 
*

 
“Erica lo ha saputo?” Chiese Scott, sedendosi su uno degli scalini di casa Hale e rivolgendo immediatamente lo sguardo di fronte a lui, dove Isaac lo fissava dall’alto, con le braccia allacciate al petto.

“Erica?” Chiese Isaac, alzando un sopracciglio. Scott lo guardò, aggrottando la fronte.

“Sì, Stiles mi ha detto che si frequentano…” Affermò, mentre si guardava intorno con la sensazione di essere osservato. Avevano cercato per ore all’interno della foresta, ma l’odore di Stiles e dello sconosciuto che lo aveva rapito, li riportavano sempre allo stesso luogo, per poi disperdersi improvvisamente.

“Oh no, no, Erica non si frequenta con Stiles” Affermò, fissandolo con l’incertezza nella voce e con la paura di  aver parlato troppo. Scott continuò a guardarlo interdetto, eppure aveva sentito bene quando, a casa di Lydia, Stiles aveva detto di frequentare la bionda. “E perché mi ha mentito?” Chiese, come se la concezione di sapere che il suo migliore amico avesse mentito, senza un valido motivo, fosse una assurdità.

“Forse perché si vedeva con qualcun altro e non voleva che si sapesse in giro?” Disse, mordendosi immediatamente la lingua. Sicuramente, ora, aveva parlato troppo.
Scott si guardò in giro e vide Derek spuntare dalla fitta foresta e avanzare verso di loro. Aveva la faccia stanca e abbattuta, le ricerche erano iniziate con le prime luci dell’alba e si erano interrotte soltanto alla sera. Erano partiti dalla Jeep, abbandonata alla fine del sentiero nella foresta. E benché sia Derek che Scott avessero sentito l’odore di un estraneo, oltre a quello di Stiles, le ultime tracce che avevano trovato erano state lungo la strada statale, dove un’impressionante puzza di pesce avariato confondeva l’odore dell’Alpha e dell’essere umano.
Sebbene anche lo sceriffo avesse iniziato le ricerche del figlio nella foresta, Derek Hale sapeva che Stiles era ben lontano da lì e sapeva anche, tuttavia, che nella testa di Stilinski Senior, lui era il primo sospettato a cui presto sarebbe andato a chiedere del figlio. 

“Tu sai qualcosa, Isaac? Intendo di questa qualcun’altra che frequenta…” Chiese Scott, mentre aspettava che l’Alpha si avvicinasse ad entrambi. Isaac spalancò gli occhi, affrettandosi a negare, mentre un battito irregolare del cuore smascherava la sua patetica bugia. Scott si alzò e si avvicinò al ragazzo, afferrandolo per la maglietta, sorpreso dalla sua stessa ira, che provava alla sola idea di tutte quelle bugie che lo stavano circondando.

“Isaac, dimmi chi è. E se c’entra con la sua scomparsa, infilerò in mezzo anche te nella lista delle persone che farò fuori” Affermò, digrignando i denti. Isaac fece velocemente un passo indietro e allontanò la presa del licantropo dalla sua maglia, poi si stirò velocemente i vestiti e lo fissò indispettito. Gli occhi di Scott si illuminarono alla luce fioca della notte e Derek fece in tempo ad arrivare per allontanarli l’uno dall’altro.

“È colpa mia, Scott, è inutile che tu te la prenda con Isaac” Ruggì l’Alpha, afferrando il ragazzo per la maglietta e allontanandolo dal suo Beta. “È colpa mia perché ci hanno visti insieme, ieri notte” Bofonchiò, con la stanchezza addosso e l’irrefrenabile desiderio di risolvere la situazione, al più presto.
Di riavere con sé l’essere umano, al più presto.

“Perciò mi hai mentito, perché?” Ringhiò Scott, aizzandosi contro Derek, il quale si affrettò a bloccarlo, afferrandolo per le spalle.

“Perché Stiles non frequentava qualcun’altra, Scott” Borbottò con voce roca, abbassando per un solo istante gli occhi verso il basso. Scott lo guardò con circospezione. Naturalmente nel momento in cui avrebbe dovuto essere il meno ottuso possibile, Scott McCall decise di non comprendere le parole sottointese del lupo mannaro. Fortunatamente intervenne Isaac, che tentò di spiegare la situazione, intuendo che l’Alpha non avrebbe mai aggiunto niente di più di quello che aveva già detto. “Frequentava lui” Affermò, indicandolo. Scott guardò prima Isaac e poi il volto bruno dell’Alpha e finalmente capì. Il pugno che sferrò sul viso dell’Alpha non fu bloccato, poiché Derek Hale sentiva di meritarselo.

“È colpa tua se il mio migliore amico è stato rapito. E se dovesse succedergli qualcosa, Derek, la colpa ricadrà su di te.” Affermò con disprezzo, mentre l’Alpha lo fissava con sguardo vacuo. Il labbro spaccato già si stava risanando, mentre l’anima – semmai l’avesse avuta mai, nonostante la sua natura di bestia – quella, era impossibile ricucire.

“Isaac, vai a chiamare Peter” Borbottò qualche secondo dopo, cercando di stemperare la situazione divenuta fin troppo critica. Naturalmente non era nelle sue doti quella di affievolire i momenti tragici, perciò Scott continuò a fissarlo con il petto che si alzava e abbassava velocemente. Isaac si limitò ad annuire, mentre Derek Hale iniziò subito ad allontanarsi verso la foresta.

“Dove vai?” Gli urlò Scott, da dietro le spalle. Derek si limitò a girare appena il capo e a guardarlo torvo. “Vado a cercare il tuo amico” E si dileguò in fretta, lasciando il ragazzo a fissarlo senza sapere cosa fare.
Prima che Isaac si muovesse per sparire anche lui dietro gli alberi della foresta, fissò il volto ancora furibondo del licantropo che aveva davanti, senza sapere bene anche lui cosa dire. Scott si rilassò quel poco per permettersi un minimo di lucidità e guardò sconsolato l’altro lupo mannaro. “Mi dispiace, Isaac” Disse con un filo di voce. Il biondino si limitò a sorridergli e ad annuire, lieto di aver ricevuto delle scuse. Poi si avvicinò al ragazzo, quel tanto da potergli sussurrare a bassa voce e a pochi centimetri di distanza dal viso: “Non mi piace litigare con te”.
Si fissarono per qualche secondo e, senza lasciargli modo di chiedere spiegazioni a quella frase così ambigua, Isaac riprese parola: “Quando tutta questa storia finirà, avrò bisogno di parlarti, Scott” Continuò, con la voglia di baciarlo che lo spingeva irrefrenabilmente ancora più vicino alle labbra dell’altro lupo. Si frenò in tempo, riacquistando coscienza e rimproverandosi del fatto che quella non era affatto la situazione giusta per lasciarsi andare ai suoi desideri. Perciò si affrettò ad allontanarsi da Scott e a salutarlo con una breve alzata di testa.

 
*

 
Si ritrovò nel medesimo posto in cui le tracce di Stiles si perdevano a causa di una tremenda puzza di pesce andato a male, seguì a passo svelto la lunga strada statale, tentando invano di cercare l’odore del ragazzino che, ventiquattro ore prima, aveva piantato in asso per evitare che accadesse esattamente una situazione simile. Eppure aveva sbagliato lo stesso, Derek Hale.
Per anni, dopo la dannosa storia con la cacciatrice, aveva deciso di non cedere più a certe debolezze e, invece, quell’essere umano chiacchierone e irritante fino all’inverosimile, era entrato nella sua vita in punta di piedi, facendo un gran baccano tra le vecchie scorie del suo pessimo caratteraccio, e si era insinuato fin sotto la pelle come un’ancora, lanciata in mare durante il momento più brutto di una tempesta. E nonostante l’avesse lasciato andare via, per tentare di salvargli la vita, lo aveva condotto nell’epicentro del pericolo.
Avrebbe dovuto comportarsi come se, d’un tratto, non gli importasse più nulla. Come se, da sempre, avesse avuto con il ragazzino soltanto una serie di incontri di sesso.
Tuttavia aveva a cuore la vita di Stiles e, soggiogato dalla ragione, sempre troppo severa e imperscrutabile, aveva convinto se stesso che, senza quell’impertinente essere umano sarebbe, comunque, riuscito ad andare avanti. E allora perché, adesso, non riusciva a darsi pace?

“Sta bene, se ti interessa” Una voce dietro alle sue spalle lo riportò alla realtà. La riconobbe subito, anche se aveva sentito quel tono basso e profondo, una sola volta nella sua vita. Gli occhi rossi si accesero sul volto bruno dell’Alpha che si girò ad affrontare Dean.

“Dov’è?” Sbraitò infuriato, avvicinandosi agilmente al corpo slanciato dell’altro licantropo. Dean pose immediatamente le mani avanti per fermare il licantropo che stava per aizzarsi contro di lui, e sorrise di slancio.

“Calmati, in questo momento sta cenando con mio fratello. Non gli è stato torchiato nemmeno un capello ed è venuto di sua spontanea volontà” Affermò velocemente, serrando le mani sulle spalle di Derek. “Beh, diciamo che un pochino è stato costretto, ma non gli è stato fatto del male. Non è nostra intenzione, penso tu l’abbia capito” Continuò, quando la stretta di Derek aumentò notevolmente sul suo giubbino di pelle. Dopo un breve istante a fissarsi in cagnesco l’uno e con un sorriso sghembo l’altro, Derek si allontanò dal lupo, lisciandosi velocemente la giacca di pelle. In qualche modo voleva credere alle parole dell’Alpha. Per il bene di chi lo facesse, però, non lo sapeva.
Dean lo imitò e sospirò, passandosi una mano tra i capelli per tentare di risistemarseli.

“Va bene mi unirò a voi, ma lasciate andare il ragazzo.” Tagliò corto Derek, sapendo benissimo che quella era l’unica soluzione per far tornare Stiles alla vita normale. “Suo padre e i suoi amici lo stanno cercando da questa mattina. Sono preoccupati” Borbottò, fissando l’Alpha con le iridi ancora iniettate di rosso. Dean annuì velocemente, serrando la mascella. Ci pensò un’istante.

“I suoi amici sono preoccupati e anche suo padre, certo, e tu invece Derek? Qual è il tuo stato d’animo?” Chiese d’istinto, sorridendo mellifluo. “Insomma, hai deciso all’improvviso di far parte della nostra famiglia, quando, ricordo bene, l’ultima volta che hai esplicitamente detto di infilarmi la mia richiesta in un luogo ben preciso” Ironizzò l’Alpha, accentuando il suo sorriso sghembo. “Lo dobbiamo forse a quell’essere umano?” Chiese velocemente, con una smorfia a dipingergli il volto. Derek fece fatica a seguirlo a causa della velocità con cui aveva parlato, ma tornò presto a guardarlo in cagnesco. Digrignò i denti, serrando i pugni con una tale forza da riuscire a sentire il sangue sulle punta delle dita.

“Non farò mai parte della tua famiglia, sia chiaro. Ora, senza perderci in altre chiacchiere, possiamo andare?” Sentenziò Derek, fissando l’Alpha con determinazione, il quale ricambiava con uno sguardo leggermente scettico.

“Andare? Ah, siamo piuttosto di fretta, vedo. Perciò ti sta davvero a cuore la vita di quel ragazzino, non lo fai soltanto come atto eroico” Commentò il lupo, con un nota di disprezzo nel tono di voce e un sorriso sprezzante sul volto, iniziando a incamminarsi verso una stradina nascosta alle sue spalle.

“Non sono un eroe” Biascicò sconsolato Derek che, infine, lo seguì senza aggiungere altro. Dopo qualche passo si girò a guadare alle sue spalle, sentendo nelle vicinanze l’odore di qualcuno che conosceva molto bene e che, all’apparenza, sembrava non aver dato nessun segnale di sospetto all’Alpha che, in quel momento, gli stava dando le spalle.
Camminarono velocemente per una dozzina di minuti, fino a quando nella completa luce della Luna – non ancora perfettamente piena – Derek riuscì a vedere un casale abbandonato.

“Noi lupi abbiamo un’attrazione irrefrenabile per le costruzioni in macerie” Ironizzò Dean, voltandosi a guardare l’altro Alpha, il quale, però, non dava nessun segno di essere divertito dalla squallida battuta. “Mi chiedo cosa ci trovi in te di così dannatamente affascinante, il ragazzo” Borbottò poco dopo, chiedendolo più a se stesso, piuttosto che a Derek.

“E lo domandi proprio tu, Dean?” Sentirono a qualche metro di distanza da loro. Derek Hale si allarmò all’istante, bloccandosi sul posto e rimanendo all’erta. Dean, sbuffando sonoramente, invece, alzò semplicemente gli occhi al cielo e con voce gutturale si limitò a rispondergli: “Taci, Jared! Dov’è il ragazzino?” Ancora piuttosto innervosito dallo scherzetto che il fratello gli aveva fatto trovare nella sua preziosissima auto.

“Se non lo avessi intuito, io sono Jared, il gemello eterozigote di Dean” Si presentò l’omone alto, con un sorriso sincero ad incorniciargli il volto ed evitando accuratamente di non rispondere alla domanda spazientita del fratello. “Eterozigote perché siamo diversi in tutto, per fortuna!” Continuò con una risata roca, mentre Dean lo squadrava privo di espressione.
Derek fissò la mano che Jared gli aveva offerto, come segno di presentazione. Poi lo guardò con la chiara intenzione di non aver nessuna voglia di offrire la sua.

“Esattamente, Dean, questo è il tipo di persone che trovi attraente” Rispose tagliente Jared, lanciando un’occhiataccia al fratello che ricambiava con uno sguardo torvo, offeso dalla chiara e palese frecciatina che Jared gli aveva appena lanciato e che alludeva al suo ex ragazzo.

“Dov’è il ragazzino?” Domandò nuovamente, fissandolo truce. Jared lo guardò con la determinazione di non volergli rispondere, poi alzò gli occhi al cielo, sbuffando sonoramente, e rispose: “Dentro con Camila e Aymon” A quella rivelazione Dean sorpassò il fratello, seguito a ruota dall’altro Alpha.

“Quando avrai intenzione di dirmi dove hai nascosto il mio Pc?” Gli urlò di rimando Jared, continuando nella ricerca, che aveva abbandonato con l’arrivo dei due ragazzi.

“Mai!” Ululò Dean, accentuando notevolmente il suo sorriso soddisfatto.
Quando Derek entrò all’interno del casale in rovina non ebbe il tempo di mettere a fuoco la situazione, poiché si ritrovò spinto da una strana forza innaturale contro l’unica donna presente all’interno della casa; difatti quest’ultima stava, intenzionalmente, per sgozzare la gola dell’essere umano, fin troppo spesso circondato da mutaforma.
Le andò incontro, correndo il più veloce possibile, spostò con poca cura il corpo di Stiles strappandolo dalle mani della donna, per dedicarsi infine a Camila, digrignando con rabbia i denti già pronti per mordere e sgozzare. Dean intervenne per dividere i due, strappando anche lui dalle mani di Derek il corpo di Camila e spingendola contro un muro.

“Lascia fare a me, Derek. Questioni di famiglia” Ringhiò, gli occhi rossi a imporporargli il volto sadico e perfetto. “Cosa diavolo ti è saltato in mente, Cam?” Chiese, il volto da lupo terrificava anche la donna che, improvvisamente, sembrava essere diventata piccola di fronte all’imponenza dell’Alpha, che la stringeva contro il muro. “Parlava troppo” Affermò a fatica la donna, guardando terrorizzata il lupo, con l’innocenza di chi non aveva fatto nulla di male. In effetti, non era mai stato un problema, per lei, uccidere un’inutile essere umano. Perché doveva iniziare ad esserlo ora?
Derek si voltò a guardare Stiles con sguardo rassegnato. In qualche modo, se non ci fosse stata di mezzo l’ira a contrastare i suoi pensieri, avrebbe potuto compatire quella donna. Perché Derek Hale sapeva benissimo cosa intendeva Camila per ‘Parlava troppo’, se queste due paroline si associavano a quel viso indisponente. 
Nel frattempo Jared, sentendo il frastuono, si era affrettato ad entrare nella stanza per accertarsi che non fosse successo nulla di strano. Fissò indifferente la prima scena che gli si parò davanti: Dean che teneva stretto il corpo di Camila al muro. Si concentrò con più attenzione su Derek – dietro suo fratello – che respirava affannosamente, tentando di gestire la rabbia e, infine, spostò lo sguardo verso Stiles che, seduto per terra, fissava la scena con gli occhi sbarrati e terrorizzati.

“Le avevo soltanto chiesto se ci fosse qualcosa tra lei e Aymon” Si giustificò Stiles, alzandosi lentamente e girandosi a guardare il francese che fissava la scena con indifferenza, ancora seduto sul divano trasandato. Jared alzò gli occhi al cielo, prima di scoppiare in una risata divertita. Derek si limitò ad una alzata di occhi. Possibile che anche in situazioni simili, continuasse – impertinente – ad essere il solito impiccione? L’ira che sembrava scorrergli nelle vene si ristabilì lentamente, mentre continuava a fissare il ragazzino per accertarsi che non gli fosse stato fatto del male.

“È l’esatta domanda che non va mai posta ad una donna innamorata della persona sbagliata”  Concluse Jared, avvicinandosi a passo svelto al fratello. Tentò di calmarlo con una pacca sulla spalla e cercando di allontanarlo dal corpo della donna. “Dai, fratello, lasciala andare. Tutto risolto” Farfugliò con un sorriso gentile, mentre lo afferrava per un braccio. Dean si lasciò trasportare dal fratello, mentre il suo volto tornava lentamente umano. Camila si lasciò cadere lungo il muro, lasciando uscire rumorosamente tutta l’aria che fino a quel momento aveva trattenuto dentro di sé.
Derek, finalmente rilassato, si avvicinò a Stiles e lo prese per il mento, fissando centimetro per centimetro con una innaturale attenzione. Stiles lo lasciò fare, guardando gli occhi verdi del licantropo con terrore.

“Che c’è?” Domandò a fatica, poiché il lupo stringeva in una presa che arricciava le sue labbra come se fossero pronte a baciare qualcuno. Derek voleva sorridere, ma tentò di mantenersi serio. E ci riuscì. “Stai bene.” Affermò, rincuorato ma cercando di mantenere un tono neutrale. Stiles annuì e si guardò intorno.

“Ci stanno fissando, Derek, non so quanto ti possa interessare” Borbottò con la stessa fatica di prima, considerato che Derek continuava a tenerlo con lo stesso vigore. L’Alpha si guardò alle spalle e lasciò andare la presa, poi tornò velocemente sui suoi passi, andando in direzione di Dean con sguardo serio. Doveva muoversi bene, altrimenti quella situazione non sarebbe mai andata a finire per il meglio.

“Ho intenzione di riportare Stiles a casa, poi tornerò da voi. Come stabilito.”

“C-cosa?” Urlò il ragazzino, da dietro le spalle del suo salvatore.

“Taci, Stiles. Non è il momento!” Ordinò Derek Hale, senza nemmeno voltarsi a rimproverarlo. Il suo tono di voce, lo sapeva, sarebbe bastato a zittirlo.

“Ci penserà Jared a riportarlo a casa” Affermò con tono autoritario, guardando un momento il fratello che annuì impercettibilmente.

“La mia non era una richiesta, Dean” Continuò con la stessa sicurezza nel tono di voce, mentre i suoi occhi lo guardavano con perspicacia. “Lo porto io, poi tornerò qui.”
Dean sembrò pensarci per qualche istante, poi facendo spallucce, annuì con un sorriso enigmatico stampato in volto. “Se non tornerai, Derek…”

“Non c’è bisogno, tornerò.” Lo bloccò immediatamente l’Alpha, avvicinandosi nuovamente all’essere umano e prendendolo per un braccio, con l’intenzione di trascinarlo – anche con la forza, se necessario – al di fuori di quel casale.

 
*

 
“Che intenzioni hai? Di andartene con loro?” Chiese con disperazione l’essere umano, mentre tentava di seguire a passo svelto il lupo che lo precedeva.
Derek si limitò a rispondergli con un ‘Sì’, senza nessuna emozione evidente a contrassegnare la sua risposta. Stiles tentò di raggiungerlo per afferrarlo per un braccio, ma Derek si affrettò a sciogliere la presa e digrignare i denti con finta rabbia. “Mi unirò a quel branco, Stiles. Fine della discussione!” Ululò, fissandolo con determinazione. Stiles lo guardò con rabbia – la sua era vera, a differenza del licantropo – e si limitò a fare dietro front e a tornare verso il casale trasandato.

“Dove diavolo vai?” Ringhiò Derek, tornando sui suoi passi e oltrepassando l’umano, che evitava il suo sguardo sbigottito.

“Me ne ritorno lì dentro ad aspettare qualcuno che non sia uscito letteralmente fuori di sé” Urlò Stiles, alzando le braccia al vento. “Non lascerò che tu vada con dei pazzi, soltanto per salvarmi le chiappe, chiaro? Non potrei mai più vivere con me stesso!” Continuò con rabbia, cercando di allontanare il licantropo con uno spintone. Derek indietreggiò impercettibilmente, mentre lo fissava stupito. “Tu sei un pezzo di deficiente, Derek! Pensi soltanto a te stesso, come se tutto questo toccasse soltanto te! Non è così, okay? Non si tratta solo di te, cazzo! Hai morso altri tre ragazzi, che ora dipendono da te e non puoi abbandonarli!” Urlò, con la rabbia repressa dentro di sé dalla sera prima. “Tornerò lì dentro perché starò meglio con me stesso a vivere con un branco di lupi, piuttosto che tornare alla mia fottuta vita sapendo che un’egoista ha dato la sua per la mia!” Concluse, spingendolo nuovamente. Ringraziò nuovamente che fosse buio e che quest’ultimo nascondesse le sue lacrime infuocate da un’ira che, nemmeno lui, sapeva di possedere.

“E sei proprio convinto che riuscirai a tornare lì dentro, sapendo che io non te lo lascerò mai fare?” Borbottò Derek, afferrandolo per le spalle. Stiles ingoiò a fatica la saliva in eccesso, annuendo con vigore. “Ti sbagli, comunque.” Continuò, sorridendo melanconico. “Non lo faccio per salvarti la vita, lo faccio per rimediare ai miei errori” Tagliò corto, mentre un battito del cuore irregolare lo tradiva.

“E l’errore sarei io? Oh, che cazzo, ora si che mi sento meglio” Borbottò, alzando gli occhi al cielo e lanciando un urlo, immediatamente dopo, quando un Derek impazientito lo prese di peso sulla propria spalla. “Che diavolo stai facen…? Mettimi giù, Derek. Ora!” Ululò, colpendolo ovunque nonostante sapesse che ogni pugno che lanciava alla schiena del licantropo, faceva più male a lui che a Derek.
 
Arrivarono a casa Stilinski mezz’ora più tardi, tra gli schiamazzi di Stiles e il silenzio assordante dell’Alpha che non aveva nessuna intenzione di metter giù il corpo dell’umano, nonostante le minacce di quest’ultimo.
Derek si fermò sotto un albero, poco distante dalla casa circondata da tre macchine della polizia e, soltanto in quel momento, mise giù il ragazzino.

“Va a casa, racconta ciò che vuoi. Puoi anche dare la colpa a me, sono sicuro che tuo padre mi abbia già segnalato come primo sospettato” Borbottò, guardandosi intorno e accertandosi di non essere visto. Stiles cercò i suoi occhi, spaventato all’idea che quella fosse l’ultima volta che avrebbe visto Derek Hale, l’uomo più assurdo che avesse mai conosciuto – escludendo se stesso – e al quale si era incondizionatamente affezionato. Un battito del cuore in più lo avvertì che in qualcosa stava cercando di mentirsi. Tuttavia Derek sembrò non accorgersene.

“Non puoi farlo veramente…” Farfugliò Stiles, rinunciando all’idea di acquistare l’attenzione dell’Alpha su se stesso. Difatti Derek lo guardò di sottecchi, per tornare immediatamente a guardare oltre le sue spalle.

“Vai! Non c’è tempo” Tagliò corto con tono sbrigativo e seccato, indicando la casa alle spalle dell’umano. Stiles annuì sconsolato, e si voltò con l’ira dissipata negli angoli. Con un licantropo, Alpha, era innaturale e del tutto assurdo tentare di rivoluzionarsi.
Ciò nonostante, dopo nemmeno due passi, si sentì trascinato indietro per un braccio e si ritrovò ben presto a fissare il licantropo che, animato da un’emozione sconosciuta, si avventò sulle sue labbra. Derek lo baciò con irruenza, con una passione violenta e inspiegabile per un uomo così razionale, come era sempre stato descritto. Con quel bacio tentò di spiegargli tutto ciò che non poteva, tutto ciò che non sapeva dire. Stiles portò velocemente entrambe le mani sul volto di Derek, il quale lo avvolse con la stessa irruenza in un abbraccio, mentre il loro bacio si trasformava in qualcosa di più compromettente.
Il bacio divenne salato quando alcune lacrime dell’essere umano scivolarono lungo le sue gote innocenti per morire sulle labbra incastonate a quelle del licantropo. Fu Derek a staccarsi per primo, asciugando le lacrime dal viso del ragazzo con un gesto veloce della mano. “Ora torna a casa” Ordinò, girandolo su se stesso e spingendolo verso casa Stilinski.
Quella sarebbe stata veramente l’ultima volta? Si erano ritrovati a chiedere silenziosamente entrambi, mentre ognuno prendeva la strada che il Destino aveva tracciato al posto loro.
Tuttavia quando Derek riprese la strada verso il casale non vide Stiles Stilinski deviare immediatamente verso il buio dell’ombra e tornare sui suoi passi. Le intenzioni dell’essere umano erano delle più disparate, ma era certa una sola cosa: non sarebbe tornato a casa, non fino a quando non avesse avuto la certezza che Derek Hale non si sacrificasse a causa sua.

 
*

 
Scott McCall aveva seguito Derek e l’Alpha fino al Casale malandato, ma riconoscendo il fatto che entrando a salvare il suo migliore amico si sarebbe immolato, di sua spontanea volontà, senza la possibilità di portare al sicuro Stiles, tornò indietro a chiedere l’aiuto degli altri. Trovò Peter e Isaac mentre parlavano con Boyd e Erica e intuì, tra le poche frasi che ascoltò, che cercavano di scoprire dove il branco si nascondesse. Perciò, mentre si avvicinava al gruppo, sorrise contento di avere la soluzione alle loro domande.

“So dove si trovano, ho seguito Derek e uno degli Alpha fino alla tana” Affermò, ottenendo l’attenzione di tutti. Isaac sorrise, annuendo. Peter lo fissò con circospezione prima di lasciarsi trasportare da un’indecifrabile contentezza. Mentre Erica rabbrividiva all’idea di dover rincontrare coloro che l’avevano condotta vicino alla morte. Boyd l’abbracciò, tentando di consolarla, come spesso si era ritrovato a fare dopo quell’avvenimento, mentre la sua mascella si induriva, fiero all’idea che presto avrebbe ottenuto vendetta.

“Derek ha deciso di unirsi al branco per salvare la vita di Stiles, ma non penso che il branco lo lascerà andare facilmente” Continuò, fissando il volto di Peter che si apriva in un sorriso sereno. Scott intuì qualcosa di incomprensibile in quel volto, come se tutto quello che stava accadendo andasse di pari passo con un piano sconosciuto del vecchio licantropo. Isaac seguì lo sguardo di Scott ed ebbe la stessa intuizione, Scott glielo lesse negli occhi che, da quando lo conosceva, sembravano essere diventati un libro aperto per lui.

“La mia idea è di andare tutti lì, saremmo in superiorità numerica e lo lasceranno andare senza troppe discussioni” Continuò Scott, voltando lo sguardo verso Erica e Boyd. Erica tremò nuovamente, sotto la stretta vigorosa dell’omone che aveva accanto. Boyd annuì, concordando immediatamente con l’idea del licantropo.

“E mio nipote?” Chiese Peter Hale prima che potesse farlo Isaac, l’unico al quale – forse – interessava veramente dell’Alpha che lo aveva trasformato.

“Io devo salvare il mio migliore amico e non colui che lo ha messo nei guai” Tagliò corto Scott, lanciando uno sguardo iroso verso Peter. Quest’ultimo annuì, sorridendo languido.

“Vuol dire che ognuno penserà ai proprio interessi! D’accordo, ci sto” Rispose enigmatico, annuendo infine con vigore. Scott alzò un sopracciglio sapendo che, in un momento completamente diverso da quello, avrebbe dovuto dare un peso differente alle parole di quel lupo che, ogni volta, pareva saperne sempre una in più del diavolo. Si girò a guardare Isaac che annuì, senza nessuna espressione a decorare il suo volto furbo.

“Seguitemi, allora”
 
Arrivarono con una velocità sovraumana e si fiondarono all’interno della casa, con la fretta di scivolare via da quella pessima giornata. Sbagliarono con l’irruenza, poiché quando entrarono trovarono i quattro componenti del branco di Alpha con l’aggiunta di Derek, ma non vi era nessuna traccia dell’essere umano. Scott si guardò intorno, cercandolo con la disperazione a segnargli il volto stanco. Camila e Aymon li circondarono seguendo le regole basilari e invisibili, che dovevano eseguire in casi come questo. Jared allacciò le braccia al petto, sorridendo sornione e Dean si avvicinò a Derek, come se volesse confermare che quello – ora – fosse di sua proprietà.

“Siete in leggero ritardo” Convenne Dean, sorridendo beffardo. “E siete di più” Continuò, fissando Peter Hale con un cipiglio curioso. “Ho sentito parlare di lei” Concluse, con sguardo fiero. Peter ricambiò, fissandolo orgoglioso.

“Dov’è?” Ringhiò Scott, guardando Derek con scarsa pazienza e l’ira che già saliva alle stelle. “È  a casa, al sicuro” Borbottò l’Alpha, senza nessuna espressione concreta sul volto.

“Perciò siete venuti senza motivo, vi siete introdotti in una casa che non è vostra. Come ci si comporta in casi come questo, fratello?” Chiese Dean, voltandosi verso Jared e attendendo una sua risposta.

“Li si scorterebbe in modo gentile verso l’uscita…” Convenne l’uomo alto, accentuando il suo sorriso divertito.

“Ritenetevi fortunati, quindi, del fatto di aver avuto la fortuna di avere a che fare con delle persone dabbene. Andate, quella era la porta!” Affermò, indicandogli la porta che avevano buttato giù, poco prima.

“Mio nipote, deve venire con noi” Incominciò Peter, mentre uno Scott con al coda tra le gambe si allontanava silenziosamente. Dean e Jared risero divertiti, Derek fissò lo zio, facendo un segno di diniego con la testa e tentando di convincerlo silenziosamente ad andarsene senza fare troppo casino. Camila digrignò i denti, pronta a sferrare il primo colpo alla ragazzina che aveva già avuto modo di attaccare. Boyd la fissò, pronto anche lui ad attaccarla qualora si fosse fatta avanti, mentre Isaac teneva d’occhio Aymon, il quale sembrava aver puntato la figura di Scott e che d’improvviso sembrava essersi animato, divertito dalla situazione che gli si prospettava davanti.

“Suo nipote ha concordato con noi di entrare a far parte della nostra famiglia, in cambio della vita dell’umano” Rispose Dean, sotto lo sguardo inquisitorio di Derek, che non era affatto concorde a far parte di quel branco ma che, piuttosto, si era ritrovato costretto.

“Per quanto le gesta eroiche di mio nipote mi rendano orgoglioso, sono costretto a dissentire. Oggi mio nipote verrà con me, con o senza il vostro volere.” Aggiunse con forza, mentre la trasformazione lo tramutava in un licantropo.

“Temo che nemmeno vostro nipote creda alle vostre parole, Peter Hale, tornato al mondo dal Purgatorio per un motivo ben preciso” Convenne Dean, mentre i suoi occhi diventavano rossi e il suo volto fiero si trasformava in quello di un lupo altrettanto orgoglioso. Jared lo imitò, pronto ad attaccarlo. Anche in versione animale il suo sorriso spiccava intramontabile sul suo volto.
Scott si ritrovò inevitabilmente braccato dall’Alpha, Aymon, ma a coprirgli le spalle – fortunatamente – trovò Isaac, sempre pronto a sostenerlo nelle peggiori delle situazioni. Boyd e Erica, poco distanti dai due Beta, avevano subito il primo attacco di Camila, la quale aveva tentato di aizzarsi contro la bionda e che si era ritrovata, invece, a dover combattere contro l’omone nero.
Jared si era gettato contro Peter, al seguito di Dean che, tuttavia, fu bloccato dal braccio di Derek. “Tu combatti con me” Ringhiò, mentre anche la sua trasformazione procedeva trasfigurandolo in un licantropo dagli occhi innacquati di un rosso spento.

“Con mio grande piacere” Accettò di buon cuore Dean, sorridendo beffardo.
Tuttavia se Boyd ed Erica se la cavavano piuttosto bene con Camila, Isaac e Scott furono più sfortunati. Aymon, difatti, si avventò con una velocità incredibile sul corpo di Isaac ,che andò a sbattere irrefrenabilmente contro il muro. Le intenzioni di Aymon, però, non erano delle più signorili, poiché non diede nemmeno il tempo al ragazzo biondo di rialzarsi. Così  tentò di avventarsi nuovamente contro Isaac per graffiarlo, ma Scott lo fermò giusto in tempo. Lo prese per le spalle e lo scaraventò lontano dal suo amico, colpendolo con un calcio, che lo fecero andare contro la parete opposta della grande stanza.
Gli Hale, invece, sembravano combattere all’unisono, aiutandosi come una perfetta famiglia – che loro non erano più da tempo, ormai. Il colpo sferrato da Jared, che avrebbe messo a terra lo zio di Derek, venne deviato dall’Alpha e, subito dopo, il calcio di Dean, che irrimediabilmente avrebbe colpito il corpo del nipote di Peter, fu bloccato con una presa istantanea dell’ex Alpha. 
Continuarono a difendersi l’uno con l’altro fino a quando perlomeno Peter non vide Camila – la sua preda fin dall’inizio – messa alle strette da Boyd e Erica. Difatti, quando i due beta si allontanarono dal corpo privo di sensi delle donna Alpha, Peter abbandonò il nipote, senza troppe esitazioni, per attuare il suo piano. Derek si girò velocemente a guardare lo zio, con la chiara espressione stupita in volto. Jared e Dean lo imitarono, anche se nel loro volto c’era un’emozione ben diversa. Loro sapevano.
Messo alle strette da due Alpha, Derek si ritrovò in una situazione complicata fino a quando Boyd non lo aiutò, combattendo contro Jared. “Il tuo amichetto non ha speranze con mio fratello” Sentenziò Dean, lanciando  uno sguardo divertito verso il Beta, con cui aveva avuto il piacere di combattere qualche settimana prima. Derek Hale sapeva che quell’uomo aveva ragione, lanciò un’occhiata, rammaricata, verso il suo beta prima di colpire con un pugno il viso di Dean.
Poi tutti presenti si bloccarono quando le urla di Camila agghiacciarono l’intero ambiente. Peter la stava sgozzando.
Peter Hale voleva ciò che, come lui stesso credeva, quella donna possedeva senza il pieno diritto di averlo. Peter Hale voleva essere un’Alpha. D’altro canto, lui era tornato al mondo per quel motivo, più di ogni altra cosa.
Sembrarono essersi tutti incantati a quella scena, tuttavia, Dean – che avrebbe dovuto preoccuparsi, più di chiunque altro, riguardo alla vita di un componente del suo branco – attaccò Derek, sbattendolo a terra. Era finito, nessuno in quel momento avrebbe potuto aiutarlo. Scott combatteva ancora contro Aymon, anche lui indifferente alla morte di Camila. Isaac era privo di sensi. Boyd e Erica tentavano di fermare Jared, l’unico che, in realtà, si era preoccupato della vita della compagna di branco.
Dall’alto della sua vittoria, Dean lo guardò con un sorriso beffardo, pronto a azzannarlo per vendicarsi dell’offesa subita.
Benché non ci fosse più nessuna speranza per lui – e Derek era convinto di questo, visto le circostanze – fu salvato proprio da colui che spesso aveva finito per toglierlo dai guai. Proprio quell’essere umano che lo aveva salvato dal kanima o dall’annegamento. Esattamente quel ragazzino impiccione che l’aveva soccorso quando era stato avvelenato dal proiettile di strozzalupo.
Quel ragazzino al quale era più che riconoscente, anche se faceva di tutto pur di non dimostrarlo agli altri e a se stesso.
Stiles Stilinski, spuntando fuori dal nulla, colpì il licantropo con una padella. E Dean, nonostante la sua forza sovraumana e la sua licantropia, cadde a terra perdendo i sensi. “Nessuno può scampare a un colpo di padella” Boccheggiò Stiles, sorridendo vittorioso e alzando con orgoglio la padella arrugginita.

“Dove diavolo hai trovato quella padella?” Si affrettò a chiedere Derek, aggrottando la fronte.

“Oh, sul serio, Derek? Ti salvo la vita, di nuovo, ed è questo che vuoi chiedermi?” Borbottò il ragazzino, aiutando l’Alpha ad alzarsi.  Derek ci pensò un secondo, poi lo rimproverò con lo sguardo. “Dopo tutte le lezioni che ti ho dato, tenti di metter fuori gioco un lupo con una padella?” Ritentò, Stiles lo fissò bieco. Non ci riusciva proprio a ringraziarlo. Lui lo sapeva meglio di chiunque altro. “E poi che diavolo ci fai qui? Non ti avevo detto di andartene a casa?” Ululò, prendendolo per la maglietta.

“Temo che questo non sia il momento di gettare rimproveri. Io ti ho salvato la vita, un grazie potrebbe bastare” Continuò con determinazione, togliendosi di dosso le mani del lupo e lisciandosi i vestiti. “Allora, chi altro devo colpire qui?” Continuò, alzando nuovamente la mano con cui stringeva l’arnese. Derek alzò gli occhi al cielo, prima di voltarsi verso suo zio, il quale lo fissava con un sorriso soddisfatto.
Gli occhi di Peter Hale era rossi, nuovamente.

“Sbaglio o il tuo caro zietto è diventato un Alpha?” Farfugliò Stiles all’orecchio di Derek.
Dean, riprendendo coscienza, si alzò massaggiandosi la testa, mentre tutti quanti si voltarono a guardare il nuovo e vecchio Alpha. “Con cosa mi hai colpito, ragazzino?” Chiese l’Alpha, guardandolo stonato. Stiles lo fissò con sopracciglio alzato. “Non è il momento adatto, abbiamo un problemino ben più grave. Qui qualcuno che non doveva assolutamente tornare Alpha, ha appena ucciso una persona per ottenere il suo più ardito desiderio!” Affermò, alzando di proposito il tono della voce.  Peter annuì velocemente e sorrise.

“Eravamo in vantaggio già quando siamo arrivati, voi siete in inferiorità numerica.” Iniziò il nuovo Alpha, gettando uno sguardo al corpo senza vita di Camila. “Ora ce ne andremo, ma voi, soprattutto, ve ne andrete al più presto da Beacon Hills. Senza fare più ritorno” Continuò, fissando i due fratelli. Dean e Jared si lanciarono un’occhiata d’intesa e poi annuirono lentamente. Infine guardarono Aymon e gli ordinavano silenziosamente di mettersi da parte, il quale gli ubbidì all’istante. Scott si affrettò a prendere sulla propria spalla il peso del corpo, privo di coscienza, di Isaac, mentre Boyd e Erica lo seguirono al di fuori del casale. Derek prese per un braccio Stiles e lo trascinò verso la porta d’uscita e, per finire, Peter si incamminò dietro di loro.

“Venga con noi, Peter” Affermò di slancio Dean, poco prima che quest’ultimo scomparisse dietro la porta.

“Anche se i fatti spesso  non lo dimostrano, qui c’è tutto ciò che ho a cuore. Qui c’è la mia famiglia. La mia casa.” Concluse l’uomo, uscendo dal casale accompagnato dall’eco dell’ultima battuta di quella lunghissima giornata.  

 
 
 
 
NB Ho revisionato il capitolo, ma sono sicura di essermi fatta scappare qualche errore, vi chiedo umilmente scusa e se ne trovate molti vi prego di avvisarmi. Grazie.
NBB Ogni allusione a Supernatural è voluta, perciò perdonatemi nuovamente per chiunque non le intuirà.
 
 
Angolo ozioso:
Notizia dell'ultima ora: Innanzi tutto dopo aver creduto che la storia fosse stata segnalata per plagio e aver capito in seguito che fosse un problema del server di Efp, volevo annunciarvi la mia morte e la mia resurezione nel giorno 21/10/2012 verso le ore 16 del pomeriggio. :/ Ora, 22.04, finalmente il capitolo è online! Gioia! 


Comunque *trallala, finge di non aver saltato una settimana senza aggiornare* No, seriamente, chiedo pietà ma questo capitolo è stato un travaglio. La parte del ‘combattimento’ diciamo che è molto arrangiata, poiché la sottoscritta e le scene d’azione non sono proprio la medesima cosa. Perciò, non so, ditemi voi. Io lo trovo solo un susseguirsi di azioni e non mi piace moltissimo. Ma, sul serio, quando mai sarà contenta di ciò che scrivo? T.T
La storia sta per volgere al termine. E ora direte: Ma come???
Ebbene sì, sapevo fin dall’inizio che non sarebbe andata per le lunghe e infatti ci saranno, più o meno, altri due capitoli. Ovvero la seconda parte della festa e l’epilogo.
Nonostante questa pessima notizia, ho deciso che probabilmente se non riuscirò a scriverlo nella seconda parte della festa, ci sarà uno spin-off tra Scott e Isaac ( perché inizio ad amarli troppo ) e spero che, finita questa storia, seguirete quella piccola shot…e chissà altre mie storie su questo fandom.
Per il resto, non mi resta che ringraziarvi tutti. Siamo arrivati alle 900 visualizzazioni del primo capitolo, a tantissime belle persone che seguono questa storia ( includendo anche i preferiti e le ricordate ) e le meravigliose anime che commentano questa storia. Vi ringrazio e questo capitolo è tutto vostro.
 
Un abbraccio grande,
DolceVenereDiRimmel

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Capitolo 8
*** Mentre - La Festa (Parte Seconda) ***


After, before and now...
about a story of a man with a werewolf. 



Mentre - La Festa (Seconda Parte)






Il getto dell’acqua teneva fresche le parole inespresse dell’essere umano, che ringraziava il cielo – nuovamente nell’arco di quella strana giornata – di essere ubriaco e di non essere costretto, quindi, a dover giustificare le sue avventate azioni nell’arco di quei ultimi minuti. Pensava solamente a quanto fossero calde le labbra di Derek e a quanto avesse desiderato baciarle. Era strano, comunque, perché non si ricordava di aver mai pensato di voler baciare quell’Alpha. Eppure era eccitato all’inverosimile. Strana parola da usare con Stiles, considerato che ‘inverosimile’ era la giusta espressione per descriverlo. Perciò eccolo lì, l’inverosimile Stiles Stilinski, mentre prendeva coscienza del fatto che baciare quel lupo fosse fottutamente eccitante e che, da chissà quanto tempo, quel desiderio si fosse annidato dentro di lui.

Dall’altra parte, Derek Hale pensava al fatto che non si era mai ritrovato in una situazione simile, prima d’ora. Solitamente era lui a padroneggiare una situazione e, invece, in quel preciso istante, non sapeva proprio dove tutta quella… cosa lo stesse conducendo. Eppure, c’era stato un attimo in cui aveva potuto decidere come lasciar correre quella tremenda circostanza. Difatti, il ragazzino lo aveva afferrato e spinto sotto l’acqua, ma non lo aveva baciato immediatamente. Anzi, si era limitato a fissarlo con quelle enormi iridi dorate e si era semplicemente morso un labbro. E Derek lo aveva capito all’istante, era stato proprio quel maledetto gesto ad avergli resettato la mente. Altrimenti, ne era certo, avrebbe saputo prendere una decisione, in modo più coscienzioso. Purtroppo – però – Stiles si era morso il labbro e qualcosa dentro di lui si era animato e agitato, scatenando nel suo stomaco una centrifuga ineccepibile.

Insomma, la sua ultima storia risaliva alla sua vecchia vita, quella che aveva abbandonato per scoprire chi avesse ucciso sua sorella. La sua ultima avventura era stata con una donna, più che altro.
Da quando gradiva baciare le labbra di un uomo? In effetti, non si era mai posto il problema. E ora era troppo tardi, perché la situazione lo aveva condotto ad un fatto bello e compiuto. A Derek Hale facevano effetto – anche – le labbra di un uomo. Di quel ragazzo. O forse era soltanto disperato dopo tanti mesi di astinenza?
No, in un momento ricordò il bacio di Erica e capì di sbagliarsi, poiché se avesse avuto ragione e, quindi, fosse stato spinto soltanto a causa dell’astinenza, baciare la sua Beta gli sarebbe dovuto piacere. Invece non era stato così. A Derek piacevano quelle labbra, quella lingua. Quel corpo.
Considerò la situazione in cui si trovava: le labbra di Stiles erano fredde e sapevano di Jack Daniel’s, il sapore della sua bocca era piacevole, sebbene spesso anche il solo odore dell’alcool gli desse tremendamente fastidio. La sua lingua curiosa, come lo era il soggetto che lo stava baciando, aveva bussato presto alla sua bocca e il licantropo gli aveva dato – senza troppi scrupoli – il permesso di approfondire quella problematica situazione. Perché era chiaro che fosse un problema. Fottutamente eccitante, ma problematico fino all’inverosimile. Inverosimile. Si era ritrovato a pensare a Stiles con quell’espressione, fin troppo spesso. Infatti era vero, quella parola lo descriveva alla perfezione.

Nonostante i suoi pensieri fossero così contrastanti l’uno dall’altro, Derek si era alzato e aveva trascinato con sé il corpo del ragazzino.

Il mugugno che Stiles fece, quando Derek lo costrinse contro la parete della doccia, lo destabilizzò ulteriormente. Perché quella situazione era così eccitante? Era assurdo. Avrebbe dovuto staccarsi immediatamente, fissare con disgusto quel essere umano e scappare via. Avrebbe dovuto, certo. Invece cercò di spogliare il ragazzo, togliendogli la maglietta. E questo perché anche un semplice gemito di dolore – o forse di piacere – dell’altro, lo aveva condotto verso l’irrefrenabile lussuria di viversi quel momento.
Si staccò con rammarico dalle labbra di Derek e si lasciò spogliare e fissare, senza il coraggio di guardarlo in faccia. Si morse nuovamente il labbro, senza nemmeno rendersene conto. Il lupo, però, al quale quel gesto faceva uno stranissimo effetto, continuò a fissarlo con uno sguardo furibondo. Stiles rabbrividì, nonostante l’acqua fosse ghiacciata sapeva che non era la temperatura dell’ambiente la causa di quelle strane emozioni.
Non si era mai posto il problema di cosa o chi gli piacesse. Fin dalla terza elementare provava qualcosa di forte per Lydia Martin. All’inizio era quell’amore incosciente che si prova da bambini, poi aveva creduto di amarla sul serio e, infine, si era ritrovato a provare un’irresponsabile eccitazione – benché questo fosse accaduto nell’età adolescenziale e si suppone sia cosa normale a quell’età.
Tuttavia era anche vero che i ragazzi non gli erano mai stati del tutto indifferenti. Insomma, i bei ragazzi. E nonostante questo, non si era mai posto la domanda: ‘Stiles Stilinski, sei etero, omo o bisex?’ Ma questo perché in realtà, fino ad allora, non c’era mai stata l’occasione che la sua eterosessualità –convinta, per modo di dire – fosse messa alla prova.

Perciò si era ritrovato a baciare le labbra dell’Alpha senza un valido motivo. Certo, si era messo in testa l’idea che avesse agito a causa del Jack Daniel’s. Ma, andiamo, chi diavolo voleva prendere in giro? L’aveva baciato perché la doccia era sempre stata una delle sue fantasie erotiche preferite e Derek Hale non era, affatto, il tipo che passa indifferente.
Anzi, ora che ci pensava era giusto appunto il suo ‘ipotetico’ tipo: Capelli scuri, occhi verdi e sguardo indescrivibile; dal carattere tenebroso, piuttosto silenzioso e, raramente, sarcastico. Certo, aveva moltissimi difetti e il più grande era il fatto che fosse un licantropo sempre pronto a sbranarlo, ma Stiles trovava eccitante anche questo. O era semplicemente una scusa – anche questa – per convalidare l’idea che ci fosse un valido motivo, che lo aveva spinto fino a quella incredibile situazione?

Toccò il labbro inferiore del lupo con le sue e lo morse con i denti. Derek lanciò una protesta con un brontolio, poco convinto, che fece sorridere il ragazzino. Ciò nonostante, Stiles si scusò, baciando le sue labbra con un casto bacio, poi tornò a guardare le iridi del lupo, con estrema curiosità. Dove aveva trovato tutto quel coraggio? I suoi pensieri poco pudici lo stavano conducendo troppo in là, ne era sicuro. Accarezzò velocemente le spalle, scendendo lungo le braccia dell’Alpha. I loro corpi erano irrimediabilmente a contatto stretto, l’uno contro l’altro, mentre Derek studiava con una mano il torace ben definito dell’essere umano. Con il desiderio, espresso in volto, di approfondire quelle piacevoli carezze in qualcosa di più compromettente, entrambi fissavano le labbra dell’altro.

Quante volte si erano ritrovati nella medesima situazione a fissarsi indecentemente le labbra? Spesso, ma stavolta la situazione era ben differente. Stavolta c’era di mezzo una elettricità incontrollabile che li aveva spinti l’uno contro l’altro. Difatti, dopo qualche istante a fissarsi, si baciarono con foga. Di nuovo.


Il getto dell’acqua si riscaldò, poiché Derek si affrettò a girare la manopola dell’acqua calda. Tuttavia, quando tornò a fissare il ragazzino, i pensieri razionali tornarono immediatamente a padroneggiare nella sua mente, come se la temperatura dell’acqua lo avesse reso d’un tratto più coscienzioso.
Derek Hale aveva appena riacquistato coscienza e si domandò cosa ci facesse in quella situazione. Stiles lo fissò con cipiglio, domandandosi anche lui cosa stesse accadendo nella testa del lupo. In effetti, era stato lui a baciarlo e, sebbene si fosse dimostrato piacevolmente colpito dalla sua dimostrazione ‘d’affetto’, sapeva che l’Alpha poteva, da un momento all’altro, cambiare idea e scomparire dietro la porta del bagno.
Difatti, i pensieri del ragazzo divennero ben presto realtà. Derek Hale lo fissò con uno sguardo indecifrabile, sebbene fosse carico di una passione che a stento riusciva a trattenere, per poi uscire dal bagno a passi veloci. Lo aveva piantato in asso, sotto l’acqua calda che stava facendo ribollire la sua insoddisfazione. La sua testa era occupata soltanto da una grande domanda: Che diavolo aveva combinato?
 
 
*

 
Quando tornò al piano inferiore, zuppo dalla testa ai piedi, vide Scott che gettava dell’acqua sul viso impallidito di Isaac. Il beta, infatti, aveva gli occhi svuotati e incantati da qualcosa che soltanto lui poteva vedere. Quando l’acqua fredda lo colpì in pieno, però, si ridestò velocemente e fissò il ragazzo, che aveva davanti, con gratitudine.

“Isaac, andiamo!” Ordinò in fretta l’Alpha, avvicinandosi al ragazzo, mentre Erica e Boyd – i quali sembravano, anche loro, essere appena ritornati alla realtà – si avvicinarono a Derek, con l’intenzione di abbandonare, al più presto, quella casa. Isaac lo fissò con un cipiglio curioso per un breve istante.

“Perché sei completamente bagnato?” Chiese Scott, mentre Isaac aveva appena aperto bocca per domandare la stessa cosa. Derek lo fulminò con lo sguardo e Isaac sorrise, immaginandosi cosa fosse tacitamente accaduto al piano di sopra. Era ancora piuttosto confuso, ciò che aveva visto lo aveva spaventato da capo a piedi, ma, solamente a guardarlo, Derek Hale sembrava essere in condizioni peggiori di lui.

“Ti raggiungo dopo, resto per aiutare gli altri” Farfugliò, mentre tentava di rialzarsi. Le gambe che tremavano ancora, lo fecero sprofondare nuovamente a terra. Scott lo tenne per un braccio, mentre Lydia e Allison – la quale di tanto in tanto lanciava degli sguardi preoccupati nella direzione di Scott – aiutavano un Danny piuttosto confuso a riprendersi. Derek intuì che il suo beta non riuscisse ancora a mettere a  fuoco la realtà, ma sapeva anche che appena si fosse ristabilito, sarebbe tornato alla tana senza troppi scrupoli; perciò si limitò ad annuire e a fissare gli altri due beta, prima di scomparire dietro la porta d’ingresso.

“Ti senti meglio?” Gli chiese Scott, fissandolo sinceramente preoccupato. Nemmeno una volta si era girato a guardare la sua ex ragazza per sincerarsi che stesse bene. La sua attenzione era passata dal suo migliore amico, Stiles, all’intero gruppo, per poi concentrarsi sul primo che aveva iniziato ad avere un’allucinazione, Isaac Lahey.
Il licantropo annuì incerto, rabbrividendo alla visione di suo padre che tentava di afferrarlo per picchiarlo. Scott lo vide sbiancare e si affrettò ad aggiungere: “Qualsiasi cosa hai visto, ricordati che non era reale”, mentre stringeva la presa ferrea sulla spalla del lupo. Isaac sorrise rincuorato. Già, non era più reale, ma c’era stato un tempo in cui lo era stato e aveva fatto male. Rabbrividì ancora, mentre tentava nuovamente di alzarsi. Fortunatamente, grazie all’aiuto del moro, riuscì a mantenersi in piedi e a controllare la situazione. Lydia era passata dall’aiutare Danny allo stringere con rassicurazione Jackson Whittemore che, nonostante anche lui fosse tornato alla realtà, tremava come una foglia. “Non sei più un kanima, Jackson. Mi dispiace, mi dispiace. Non ho considerato tutto questo, pensavo solo che potessimo divertirci tutti quanti, nessuno escluso” Farfugliò, baciandolo con estrema tenerezza sulle labbra. Isaac alzò gli occhi al cielo e vide Scott imitarlo, poco dopo, per lo stesso motivo. Si fissarono con un sorriso insolito nello sguardo, senza saper bene cosa dirsi. Fino a quando, per lo meno, Scott non sbiancò e non lo fissò con gli occhi sbarrati.

“Cosa hai detto?” Borbottò il moro, indietreggiando. Isaac lo fissò scioccato e, senza pensarci molto, lo afferrò per un braccio, conducendolo velocemente in cucina. Prese un bicchiere e lo riempì d’acqua, la quale finì subito sul viso del licantropo, che aveva iniziato già a tremare.

“Scott, forza, non è la realtà!” Gli ululò, scuotendolo, mentre il ragazzo accigliava lo sguardo e tentava bruscamente di mettere a fuoco la situazione.

“LASCIAMI ANDARE!” Urlò il lupo, strattonandosi dalla presa dell’altro. Isaac lo lasciò fare, mentre velocemente apriva l’acqua del rubinetto. Poi, prese Scott per un braccio, trascinando con violenza la sua testa sotto l’acqua. Soltanto in quel momento, Scott tornò alla realtà e Isaac si lasciò andare in un sospiro.

“Grazie, amico… Lo strozzalupo è incredibile, anche se pochi minuti fa ti ho aiutato, non ho saputo proprio distinguere la realtà dall’allucinazione…” Affermò, pochi secondi dopo, con affanno. Isaac gli accarezzò velocemente il braccio che, invece, poco prima aveva afferrato con estrema irruenza; ma alcune scosse incomprensibili, che entrambi sentirono, al contatto delle loro pelli, lo fecero arretrare. Se non fossero stati troppo confusi e pudici, avrebbero potuto intuire che ci fosse della chimica tra loro. Tuttavia gettarono quello che era appena accaduto nei meandri della loro mente e tornarono nella sala da pranzo per concludere quell’assurda festa.

 
*

 
Scott lo aveva riaccompagnato a casa, entrambi stranamente taciturni lungo tutto il tragitto. Si erano salutati davanti casa Stilinski, con la promessa di incontrarsi l’indomani per fare qualche tiro di lacrosse.
Stiles pensava a tantissime cose, piuttosto che concentrarsi su la più dolorosa e insoddisfacente. Faceva di tutto pur di non pensarci, eppure la testa tornava a Derek Hale che era scappato dopo essersi lasciato andare ad un bacio poco razionale e molto infuocato. Brontolò a bassa voce, mentre con passo trascinato si dirigeva verso la sua stanza, al piano di sopra. Suo padre russava sul divano, prospettiva che lo ingrigì ulteriormente poiché era segno evidente che, anche quella sera, senza di lui a controllarlo, aveva esagerato con il mangiare.

Quando entrò nella sua stanza, si affrettò a spogliarsi dei vestiti, ancora bagnati, e a ficcarsi dentro la doccia, sperando di congelare i suoi pessimi pensieri.
Dannazione, era eccitato e non c’era niente che riuscisse a calmarlo. Nemmeno la rabbia. Nella sua testa c’era soltanto Derek Hale. Come se, soltanto a causa di un maledetto bacio, ora, fosse imprigionato in un labirinto che conduceva soltanto a dei pensieri indecenti sull’Alpha. Era un ragazzino e si colpevolizzò per la poca capacità di non riuscire a pensare ad altro.
Tutto questo per colpa del sesso e della sua poca attitudine ad esso. Ora che gli era stata aperta una porticina, infatti, non riusciva a tornare indietro facendo finta di non averla mai aperta. Eppure cosa era mai successo? Un bacio, uno stupidissimo e… magnifico, irruento e passionale bacio.

Fottiti, Stiles. Uno stupidissimo e inconcludente bacio. Non c’era stato nessun accenno a qualcosa di più.
La doccia. Sì, quella maledetta fantasia erotica lo aveva destabilizzato e condotto verso qualcosa che, nella realtà, non era successo.
Anche se Derek Hale lo aveva spogliato e aveva tentato di approfondire…

Fottiti anche tu, Derek. Quel cane fifone se l’era squagliata appena aveva fatto capilinea in lui l’idea che stava per fare sesso con Stiles Stilinski, il pezzente essere umano.
Fece una smorfia e uscì dalla doccia che, invece di calmarlo, aveva amplificato il suo malumore. Si infilò frettolosamente un paio di boxer e uscì dal bagno, in direzione della sua stanza.
Con che coraggio, d’ora in poi, avrebbe guardato l’Alpha? Sperò con tutto se stesso che Derek Hale decidesse di andarsene dalla cittadina di Beacon Hills e di non fare più ritorno, ma si maledisse nuovamente per la stupidità dei suoi pensieri, mentre si infilava sotto le coperte.

Non aveva nessuna voglia di dormire, nonostante fossero le due passate, poiché la sua mente era troppo occupata a trovare mille pretesti per non uscire più di casa. C’era la malattia incurabile, la morte istantanea e la possibilità di esser diventato pazzo. Nessuna delle opzione, però, lo calmò fino al punto di addormentarlo. Soltanto quando, al pensiero di una morte precoce dell’Alpha, i muscoli si sciolsero e la tensione dell’eccitazione non ancora assopita si calmò, Stiles Stilinski cadde in un sonno senza sogni.

 
*

 
Aveva fatto una stronzata, continuava a ripetersi Derek. Tuttavia se il lupo credeva di averla fatta baciando l’essere umano, si sbagliava di grosso. La sua testa, in quel preciso istante, gli stava dicendo che aveva sbagliato ad andarsene. Digrignò i denti e brontolò qualcosa di incomprensibile, mentre si rigirava sul materasso, gettato al centro di quella che, in teoria, era stata la sua stanza. 
Era assurdo che stesse realmente pensando all’idea di aver sbagliato a scappare. Forse il desiderio assopito lo stava ingannando? Si alzò velocemente, afferrando la prima cosa che gli capitò nelle mani e scaraventandola contro il muro. Era arrabbiato per i suoi pensieri inconcludenti.
Doveva mettere in chiaro nella sua testa quello che aveva fatto e il motivo che l’aveva spinto a farlo.
Stiles lo aveva baciato e lui aveva corrisposto. E gli era piaciuto fino al punto di volerlo possedere. Si era ritrovato eccitato come non gli accadeva da tempo, eppure era scappato. Infatti quando aveva fissato – nuovamente – le iridi ambrate dell’essere umano, se ne era andato via. Perché?

Non c’era un motivo, se ne era andato. Punto.

Tentò di giustificarsi, pensando al fatto che fosse pericoloso lasciarsi andare a una situazione del genere, ma sapeva di mentirsi perché, anche se Erica e Boyd erano stati attaccati da un branco di Alpha, questi sembravano essersi dileguati. Era pericoloso, quindi, per lui che si era imposto di non avere più legami? Forse, ma ora il desiderio bruciava fin sotto la pelle e quell’assurda giustificazione non lo placava, né tantomeno lo faceva sentire meglio. Sapeva che, anche a costo di legarsi, avrebbe voluto con piacere continuare a baciare quelle labbra.

Cazzo, ma poteva pensare sul serio ad una cosa del genere? Non era affatto da lui, da Derek Hale. Insomma, quando mai due labbra e un corpo – bagnato – gli avevano fatto questo effetto?
Pensò a Katherine Argent. Con lei aveva sentito le stesse cose, sebbene ci fosse stata di mezzo una vera relazione. Ora si trattava di Stiles Stilinski, il che diceva già tutto.
Con Stiles non era iniziato un bel niente e già si ritrovava in quella situazione ridicola. Lo sapeva bene, Derek, che quando si lasciava andare in qualcosa, questa finiva sempre con il comprometterlo troppo. Perché era più forte di lui, quando si legava a qualcosa era per sempre, nel bene e nel male.

Come il suo essere un licantropo, più o meno. Era un lupo fin dalla nascita e lo sarebbe stato per sempre.  Nello stesso modo funzionavano le sue relazioni. Derek Hale – possessivo fino all’inverosimile – credeva nel ‘per sempre’. Certo, non in quello dove, spesso, c’è scritto ‘e vissero per sempre felici e contenti’, no, il suo era piuttosto un’ideale macabro dell’eternità. Per questo motivo, quando le cose erano andate, come erano andate, con Kate, c’era stato in lui il desiderio di ucciderla. Perché preferiva la sua morte, piuttosto che saperla viva.

Certo, aveva fatto fuori tutta la sua famiglia e questo accendeva il lui il desiderio di vendetta, ma l’essersi legato a lei e l’essersi irrimediabilmente lasciati, questi erano stati i reali fattori che avevano scatenato, nell’Alpha, il desiderio di volerla morta. Perciò ancor prima che uccidesse la sua famiglia.
I licantropi vivevano in questo modo: Sceglievano il compagno e lo facevano per tutta la vita, e se non durava la soluzione era soltanto una: la morte.
Era una visione poco romantica, ma in questo modo il lupo donava tutto se stesso ad una sola persona. E Derek aveva fatto così con la cacciatrice, quindi, perché adesso si stava riaccendendo il desiderio di avere soltanto per lui quel essere umano?

Diede un forte pugno contro il muro e detestò se stesso per quei pensieri che gli giravano irrefrenabilmente all’interno della testa. Era assurdo, tutto questo per un misero bacio?
Sebbene volesse mentirsi, c’era stato di più del misero. Quel bacio aveva riacceso in lui tante cose inspiegabili, prima fra tutte la passione. Soffocò un latrato, mentre le sue iridi si accendevano lussuriose al ricordo delle labbra fredde e alcoliche dell’essere umano. Quel bacio lo aveva destabilizzato perché gli aveva ricordato cosa, in tutto quel tempo, si era negato. Certo, aveva avuto altre storie, ma le aveva avute semplicemente per placare la sua debolezza umana, piuttosto che per qualcosa di serio. A quel pensiero si decise.
Decise che, dopo tutto, non poteva continuare a stare in quel modo, che avrebbe dovuto affrontare la situazione di petto e che sarebbe andato a casa di Stiles pur di trovare pace. Si giustificò della sua pericolosa azione, ripromettendosi che agiva soltanto per soffocare il suo desiderio di sesso e che, quindi, non stava assolutamente scegliendo il ragazzo. Non ci sarebbe mai più stato un ‘per sempre’ nella sua vita. Non dopo quello che era accaduto con Kate.
Ma come si sbagliava, Derek Hale. Difatti, il battito irregolare lo avvertì. Tuttavia lui lo ignorò.

 
*

 
Si sdraiò nel letto di Stiles e attese che questo aprisse gli occhi, allarmato dal rumore che aveva fatto per mettersi accanto a lui. Quando Stiles compì esattamente l’azione che Derek si era immaginato, lo vide sbuffare sonoramente e girarsi dall’altra parte del letto. “Ci mancava che iniziassi a vederti ovunque” Farfugliò con la voce impastata dal sonno. Derek sorrise, alzando gli occhi al cielo, consolato all’idea di non essere l’unico ad essere quasi impazzito.

“Stiles” Lo chiamò a bassa voce, appoggiando la testa sulla mano, che aveva alzato per mettersi comodo. Il ragazzino non rispose, ma Derek lo sentì sbuffare sonoramente. Perciò tentò di nuovo. “Stiles”

“Fottuta illusione, ti sto ignorando ok?” Brontolò quest’ultimo, muovendosi nel letto, senza girarsi verso l’Alpha. “Nemmeno con la cotta per Lydia ho dovuto passare questo strazio. Va a farti fottere, ok?” Continuò con voce roca. Derek sbuffò e afferrò il ragazzino per una spalla, girandolo verso di lui.

“Peccato che io non sia un’immaginazione, idiota” Borbottò con un sorriso sarcastico nel volto. Stiles strabuzzò gli occhi e si affrettò ad accendere l’abatjour sul comodino.

“Cazzo, lo strozzalupo sta ancora facendo il suo effetto.” Brontolò, fissando il licantropo che lo guardava con aria accigliata.

“No” Affermò semplicemente il lupo, tramutando lo sguardo con uno torvo. Stiles avvicinò entrambi le mani al volto di Derek e lo toccò, tastandolo e facendogli qualche buffetto per accertarsi che fosse reale.

“Stiles, smettila o non avrai più modo di toccare altro in vita tua” Lo minacciò il lupo, infastidito dalle piacevoli scosse che, al contatto con le mani del ragazzino, aveva sentito addosso e che lo avevano rianimato inconcepibilmente.  

“Che diavolo ci fai qui?” Urlò il ragazzo, alzando appena la voce. Derek lo fulminò con lo sguardo e gli intimò di fare silenzio, portando un indice davanti alla sua bocca.

“Stai zitto! O vuoi forse farti scoprire a letto con un uomo da tuo padre?” Lo rimproverò Derek, poco dopo. Stiles spalancò la bocca e negò frettolosamente con la testa, sbiancando leggermente all’idea che il padre lo scoprisse a letto con Derek Hale.

“Per favore, potresti spiegarmi cosa ci fai nella mia stanza e nel mio letto?” Sussurrò con gentilezza il ragazzino, fissandolo sbigottito. Derek non rispose, si affrettò semplicemente a spegnere la luce della lampadina, allungandosi e sovrastando il corpo dell’essere umano che, impaurito dalle imprevedibile intenzioni dell’Alpha, si era appiattito contro il materasso del letto e aveva iniziato a trattenere il respiro.

“Voglio continuare quello che abbiamo interrotto” Si giustificò Derek, a corto di voce, mentre ritornava al suo posto, notando l’agitazione del ragazzino che aveva accanto.

“Abbiamo? Vorrai dire: che hai interrotto” Lo corresse Stiles sorridendo, consapevole che il buio fosse suo amico in quella circostanza. Derek, tuttavia, notò il dispiegarsi delle labbra del ragazzo e alzò gli occhi al cielo. “E poi il momento è passato” Aggiunse, sbuffando sonoramente. “Mica sono una macchina che si può accendere e spegnere, insomma, ci vuole la situazione e tu l’hai bruc…” Aveva tentato di continuare, cominciando a farneticare. Tuttavia le labbra di Derek lo bloccarono, posandosi sulle sue con irruenza. Lo baciò perché lo voleva da quando aveva abbandonato il bagno di casa Martin. Lo baciò perché fissarle con determinazione e immaginarsi di baciarle, non bastava più. Lo baciò per farlo smettere di parlare.
Stiles sciolse velocemente il bacio e sorrise, divertito dai suoi pensieri. “Sei un ottimo ricercatore di occasioni, Derek” Commentò, accentuando il suo sorriso. Derek si lasciò scappare un sorriso involontario, che il buio nascose agli occhi dell’umano e tornò a baciarlo con foga.

Ben presto Derek fu sopra il ragazzo, bramoso di sentire i loro corpi a contatto, come era accaduto poche ore prima nella doccia. Lasciò che il ragazzo gli togliesse la maglietta e solo per quel motivo si staccarono l’uno dall’altro. Con il pretesto di non voler smettere di baciarlo si tolse velocemente i pantaloni e poi, contento, tornò a baciare le labbra di Stiles.
Quando le loro lingue si incontrarono nuovamente, danzarono senza una melodia che le accompagnasse e, nonostante questo, contente e fameliche di essersi ritrovate, si intrecciarono mentre i loro padroni si accarezzavano con il desiderio di scoprirsi. Fu Derek il primo a sciogliere il bacio insaziabile per procedere con una lunga corsa di baci roventi sull’addome dell’essere umano. Stiles, nel frattempo, stava esultando mentalmente in tutte le lingue del mondo perché il suo desiderio dissipato, in chissà quale meandro della sua coscienza, quella sera, sarebbe stato saziato. Felice e incredulo che Derek fosse arrivato fino a lì per averlo, sentirlo, baciarlo e possederlo, come lui stesso aveva desiderato quella notte, si ritrovò ben presto a prendere il volto dell’Alpha tra le mani e a riportarlo verso di lui, per poterlo baciare e ringraziare silenziosamente. Prima di questo, però, Derek lo aveva fatto sospirare di piacere, baciandolo intorno all’ombelico, alternando di tanto in tanto i baci ai morsi. Stiles si annotò quel piccolo momento di insaziabile pienezza che i gesti di Derek gli aveva regalato e decise che, prima o poi, lo avrebbe ringraziato ripagandolo con la stessa moneta.

Il gemito roco che, successivamente, Derek emise quando Stiles rovesciò la situazione, portandosi sopra il lupo e mettendo, in questo modo, le loro eccitazioni ancora più a contatto, diede quella scossa in più al ragazzino che agì senza più il pudore ad ostacolarlo. Baciò prima un capezzolo e morse l’altro, per poi scendere a baciare il confine segnato dai boxer dell’Alpha. In quel momento Stiles lo ripagò della stessa moneta e Derek trattenne il respiro, piacevolmente colpito da tutte quelle sensazioni carnali che stava provando grazie al ragazzino. Una volta che Stiles lo ringraziò, tornò eretto a guardarlo dall’alto, con un sorriso strano in volto. Mosse il bacino in modo che le loro eccitazioni si sfregassero l’una contro l’altra e entrambi si lasciarono sopraffare dalle sensazioni effimere, piegando la testa all’indietro.

Quando, tuttavia, il licantropo volle di più, prese per la vita l’essere umano e capovolse, nuovamente, la loro posizione. Tutto ciò, però, li fece inevitabilmente cadere sul pavimento e Stiles si ritrovò a trattenere una risata, divertito dalla situazione goffa che avevano appena vissuto. Derek lo baciò, zittendo il baccano che avevano appena compiuto e che Stiles stava continuando a compiere con il ridere. Baciò l’incavo del collo e leccò il mento, prima di mordere il labbro inferiore del ragazzo. Stiles, da sotto l’imponenza dell’Alpha, alzò il bacino per sentire a contatto con la sua l’eccitazione dell’altro. Derek lo fissò con estrema ingordigia.
La bestia, imprigionata in lui, voleva possederlo fino a morderlo e a sbranarlo. L’uomo, quale era, ancorato alla piacevole sensazione di un corpo caldo ed eccitato sotto il suo tocco, irruento e bramoso, però, lo bloccavano dal compiere un tale gesto efferato.
Così, ben presto, si ritrovò a togliere i boxer di entrambi per compromettere, ancora di più, quella lussuriosa situazione. Si presero entrambi, accarezzandosi velocemente con una mano, per consolare la loro voglia di arrivare al piacere ultimo. E il loro primo orgasmo avvenne, all’unisono, proprio in quel modo. Vennero, soffocando i gemiti l’uno dell’altro, baciandosi con voracità. E successivamente, con il respiro affannato, si fissarono per qualche minuto prima di ricominciare da capo. Non erano ancora sazi.  

Si amarono con più calma e con più desiderio di prima. Si amarono nella completezza di diventare un tutt’uno, quando Stiles permise a Derek di farlo suo.
Derek, razionale e ponderato, si lasciò trasportare dalla irrazionalità e dalla passione di quel momento. Stiles, cocciuto e chiacchierone, aveva perso le parole quando tornò vicino all’orgasmo, per la seconda volta.
Si addormentarono l’uno nelle braccia dell’altro, entrambi sereni per aver consolato i loro desideri.
 
 
 
 
 
Angolo del Delirio.
Ahhhhh, questo capitolo. Bene, siamo quasi giunti alla fine, il prossimo sarà l’epilogo, ragazzi e ragazze! E benché io sia dispiaciuta della fine di questa storia, lo sono ancora di più per le poche recensioni ricevute D:
Vabbè, nonostante questo, eccomi qui con la ‘loro’ prima volta… che ve ne pare? Soddisfacente? Lo spero >.< Ho provato una strana sensazione di SODDISFAZIONE a scrivere ciò che vorrei accadesse nel telefilm. Che depravata che sono >::<
Ok, basta con il delirio…mi aspetto tante recensioni, ragazzi…altrimenti niente epilogo! :P
Ringrazio le 4 persone che hanno commentato, però! Altrimenti sarebbe ingiusto non farlo!
 
Un abbraccio,
DolceVenereDiRimmel

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Capitolo 9
*** Epilogo (After, before and now ) ***


Un piccolo regalo perché siete meravigliosi. Eccovi immediatamente la fine di questa storia!
 

Epilogo

 
Dopo (… la fine della guerra con gli Alpha )
 


Erano tornati alla tana come un perfetto branco ben agglomerato avrebbe fatto – sebbene lo fosse soltanto all’apparenza, considerato che vi erano due Alpha, tre Beta che rispondevano ad un solo capo, un Omega che, invece, non rispondeva a nessuno e un essere umano che era, fin troppo spesso, circondato da licantropi.
Ognuno si era messo all’opera, occupandosi di chi stava in condizioni peggiori. Erica stava tentando di lavare via il sangue essiccato da una guancia di Boyd, il quale la guardava con un sorriso laconico stampato in volto. Scott schiaffeggiava dolcemente il viso di Isaac, ancora privo di sensi. Stiles fissava duramente il volto di Peter Hale che, invece, ricambiava con un sorriso contento, mentre Derek sembrava non avesse occhi che per l’essere umano.

“Cosa dobbiamo fare con lui, ora?” Chiese, continuando a guardare, torvo, lo zio di Derek, ma rivolgendosi all’Alpha che gli stava accanto. Derek spostò lo sguardo verso Peter e alzò, per un breve istante, le spalle.

“Niente, non farà del male come ha fatto in passato” Sussurrò, indurendo la mascella e tornando a guardare il ragazzino, rincuorato dal fatto che fosse di nuovo accanto a se, sano e salvo.

“Non mi fiderei così tanto” Brontolò Stiles, guardando il licantropo che si era, nel frattempo, posto davanti a lui.

“Di me, puoi fidarti?” Chiese con uno sguardo indecifrabile a dipingergli il volto. Stiles fissò le iridi verdi, incastonate in quel volto fin troppo spesso illeggibile e, inconsapevolmente, sapeva che di Derek Hale poteva fidarsi, ma non lo accettava. Come poteva essere fiducioso nei confronti di uno che non si era posto molti scrupoli ad abbandonarlo? Lo guardò torvo a causa di quel pessimo pensiero e senza rispondergli lo oltrepassò, andando verso il suo migliore amico.  

“Come sta?” Chiese Stiles, indicando con una breve occhiata il corpo privo di sensi di Isaac Lahey, seduto per terra e appoggiato malamente ad una colonna. “Le ferite si sono già rimarginate, ma non ne vuole sapere di svegliarsi” Rispose il migliore amico, piegato sulle ginocchia, con la voce spezzata dalla preoccupazione. Stiles, che sentiva puntati addosso gli occhi dell’Alpha, mise una mano sulla spalla di Scott, tentando di rincuorarlo. “Sta facendo un pisolino, d’altronde questo qui ti ha salvato le chiappe!” Bofonchiò, sorridendogli gentile. Scott annuì, sconsolato. Era sempre stato capace di cavarsela da solo. Tuttavia, senza l’aiuto di quel beta, sapeva che non ne sarebbe uscito vivo da quella situazione. Perciò sapeva anche di dovergli la vita.

“Puoi dirlo forte” Borbottò a quel punto Isaac, aprendo finalmente gli occhi e lanciando uno dei suoi migliori sorrisi furbi. Scott sospirò, felice di sapere che il suo amico si fosse ripreso, sorrise al licantropo che gli aveva salvato la vita.

"Finalmente ti sei svegliato” Boccheggiò, il tono di voce che già tornava tranquillo. Stiles sorrise e si allontanò velocemente dai due.

“Certo, dovevo ancora parlarti” Rispose Isaac, massaggiandosi, con cerchi concentrici, il petto.

“Come se questo fosse importante Borbottò contraddetto Scott, dandogli una pacca sulla spalla e sedendoglisi accanto.

“Per me, lo è” Bofonchiò con determinazione il lupo, dandogli una spallata amichevole. Sorrisero entrambi e si guardarono attorno.

“Io me ne vado, ho uno sceriffo che mi sta cercando per tutta Beacon Hills” Affermò Stiles, tendando di essere sarcastico. Tuttavia il tono della voce bassa e spezzata fecero intuire all’intero gruppo di licantropi quanto fosse preoccupato per il padre che, sicuramente, non aveva mai smesso di cercarlo, senza darsi pace.

“Ti accompagno” Sentenziò Derek, facendo un passo verso l’umano. “No, vado da solo.” Ordinò Stiles, fissandolo gravemente. Derek alzò un cipiglio d’incomprensione, perché quel ragazzino si stava comportando in quel modo? Annuì senza vigore e lasciò che Stiles se ne andasse, senza aggiungere altro.
 
Una volta spiegato allo sceriffo di Beacon Hills di essere inciampato in una radice di un albero e di aver perso i sensi per un giorno intero, Stiles decise di preparare da mangiare, nonostante fosse notte inoltrata. Il padre di buon grado lo lasciò fare, subito dopo aver esortato gli agenti, che circondavano la casa, a tornarsene alla centrale visto che suo figlio, finalmente, era tornato sano e salvo.
Stilinski Senior non aveva creduto ad una sola parola del figlio e, nonostante lo avesse cercato disperatamente ovunque, perfino nell’intera zona della foresta, decise di lasciar correre e di concentrarsi sulla bistecca che il figlio gli aveva appena preparato. Senza Stiles si era perfino dimenticato di nutrirsi, come avrebbe fatto senza di lui?
Guardò il figlio, sorridendo melanconico. Non passava giorno in cui quel ragazzo non assomigliasse alla sua defunta moglie, non trascorreva nemmeno un attimo in cui nel vederlo crescere e fiorire in un bel uomo non sentisse la mancanza di sua moglie. Sua moglie sarebbe stata orgogliosa di entrambi i suoi uomini?

“Tua madre sarebbe orgogliosa di te.” Affermò all’improvviso, rispondendo alla sua tacita domanda. Stiles lo fissò, con la bocca piena di un pezzo di carne e leggermente spalancata. “Pà, stai bene?” Chiese, mentre mandava giù il boccone. Suo padre sorrise divertito e annuì con vigore. “Sì, sono solo stanco” Bofonchiò, tagliando un pezzo della bistecca e ficcandoselo immediatamente in bocca.

“Sono sicuro che anche la mamma sarebbe fiera di te” Concluse il ragazzino, guardando con insistenza il piatto, senza il coraggio di spostarlo sul volto sorpreso dell’uomo che lo fissava.
 

Quando quella stessa sera tornò nella sua stanza per lasciarsi cullare finalmente dal suo letto, aveva comunque la sensazione che la giornata non fosse ancora finita. Difatti, quando Stiles aprì la porta della sua stanza, trovò Derek Hale ad attenderlo seduto sulla poltrona vicino alla scrivania, con le gambe accavallate e un libro tra le mani. Alzò gli occhi a fissare il ragazzo, che era appena entrato, e alzò un sopracciglio. “Leggi davvero questa roba?” Chiese sarcastico, mostrandogli la copia di ‘Twilight’ che aveva tra le mani.

“Si chiamano ricerche” Bofonchiò l’essere umano, avvicinandosi velocemente all’Alpha per strappargli il libro dalle mani. “Cosa ci fai qui?” Disse con cattiveria, mentre si lasciava scappare uno sbadiglio, dovuto alla stanchezza.

“Non dovrei esserci?” Chiese Derek, fissando il ragazzo che aveva davanti con un cipiglio d’incomprensione – nuovamente – stampato in volto.

“Andiamo, Derek, sai cosa significa dirsi ‘Addio’?” Chiese, allacciando le braccia al petto, infastidito dall’Alpha che non si faceva capire e agiva sempre senza preoccuparsi troppo degli altri. Il solito egoista.

“Ah” Borbottò Derek, abbassando lo sguardo e sorridendo sordone. “Ci siamo detti ‘Addio’?” Chiese con lo stesso sorriso, mentre si alzava per contrastare l’altro.

“Per ben due volte, idiota” Tagliò corto l’essere umano, sentendosi padrone della situazione. Derek annuì e si avvicinò ulteriormente all’umano. “Era dovuto alle circostanze…” Si giustificò, allacciando le iridi verdi in quelle gialle di Stiles. Era sincero. Il corpo di Stiles si agitò di conseguenza alla vicinanza del lupo, aprì la bocca e la richiuse un paio di volte. Balbettò, perfino, mentre cercava qualcosa di senso compiuto da dire. Poi all’improvviso capì come avrebbe dovuto agire.

“E ora le circostanze cosa ti dicono?” Chiese, alzando un sopracciglio, sinceramente curioso di sapere come l’Alpha avrebbe sviato quella richiesta. D’altro canto, Derek Hale decise di dire la verità.

“Dicono che ti sto scegliendo, Stiles” Affermò l’Alpha, senza nessun segno di fastidio nell’ammettere che quella scelta – che sapeva solo lui quale peso portasse con sé – fosse difficile da dover dire e affrontare. Tuttavia era vero, non sapeva come e non sapeva perché, ma Derek Hale aveva scelto Stiles, nel bene e nel male.
D’altra parte, Stiles non diede lo stesso peso alle parole dell’Alpha, ma il cuore gli fece lo stesso una trottola contenta, perché anche se le sue parole erano come sempre enigmatiche, i suoi occhi erano sinceri. E Stiles poteva fidarsi, perché le cose sarebbero state diverse.
Lo baciò senza irruenza, senza fretta e privo della sensazione di rammarico che aveva sentito le ultime volte che aveva toccato quella labbra calde. Derek lo baciò con la consapevolezza di aver appena dato il permesso a se stesso di legarsi, come fino ad allora si era ripromesso di non fare. Ora, Stiles Stilinski era suo. Nel bene e nel male.
E il Destino non aspettò molto tempo prima di metterli alla prova, dato che ancora legati dal dolce bacio, non sentirono la porta della stanza aprirsi. Si accorsero della presenza di un’altra persona soltanto quando la voce dello sceriffo padroneggiò all’interno dell’ambiente, congelando come due statue i due ragazzi che vi erano dentro e che si stavano baciando. “Cosa diavolo succede qui?”
 

*
 


Mentre( …L’alba del giorno dopo la festa )


 
 
Quando Stiles aprì gli occhi, vide Derek mentre si rivestiva velocemente. Strabuzzò gli occhi, all’improvviso spaventato all’idea che il lupo se ne andasse per dimenticare tutto ciò che era successo.

“Dove vai?” Chiese con voce roca e preoccupata. Derek si voltò a guardarlo un’istante, girandosi nuovamente verso la finestra, mentre indossava velocemente una scarpa.

“Alla tana, prima che qualcuno inizi a chiedersi dove sia finito” Borbottò tranquillo, alzandosi velocemente. Stiles rimase in silenzio, senza sapere cosa controbattere. C’era una cosa che voleva dire, ma non aveva il coraggio di farlo, perciò preferì restare in silenzio.
Cosa ne sarebbe stato di quella notte? Non seppe che risposta darsi, finché il lupo non si voltò nuovamente a guardarlo.

“Ci sentiamo in giornata, per l’allenamento…” Affermò veloce, avvicinandosi al suo viso e baciandolo in modo sbrigativo.
Aveva avuto le sue risposte, Stiles, perciò poteva considerarsi soddisfatto. Derek Hale non aveva intenzione di smettere, non aveva intenzione di far finta di nulla. Avrebbero continuato a fare sesso in grande stile, alleluia!

“Quindi, dato le circostanze, devo dedurre che tu mi trovi attraente…giusto?” Ironizzò l’umano, non riuscendo più a trattenere la sua innaturale gioia a tale evento e allacciando entrambe le mani sotto il capo, prima che il lupo scomparisse dietro la finestra. Derek alzò gli occhi al soffitto, come poteva trovare attraente quel ragazzino?

“Taci, Stiles”
 


*
 


Prima ( … del fattaccio che li volle insieme. )
 


“C-cosa dovrei fare?” Balbettò l’essere umano, battendo i denti a causa del freddo. Erano le due di notte, Derek si era – nuovamente – intrufolato nella sua stanza e lo aveva condotto fino a lì per chiedergli cose assurde.

“Devi sorprendermi, Stiles. Non mi sembra una richiesta tanto difficile da capire”

“No, concordo. Ma in che senso intendi che devo sorprenderti?” Chiese ancora, alzando le braccia al vento. Derek indurì la mascella e infilò velocemente le mani nelle tasche del giubbotto nero. Prima o poi l’avrebbe sorpreso lui, tagliandogli la gola da parte a parte per smettere di farlo parlare in modo del tutto inconcludente.

“Andiamo, trova un modo per attaccarmi di sorpresa.” Tagliò corto il lupo, fissandolo con determinazione. Stiles si guardò in giro, si grattò perfino la testa, tentando di cercare un’idea originale che potesse funzionare. Poi si avvicinò a Derek senza parlare, fissandolo con serietà. Aveva qualcosa in mente, qualcosa di pericoloso ma di fottutamente sorprendente. Quel gesto avrebbe sicuramente accontentato la richiesta del lupo.
Eliminò tutta la distanza che lo divideva da Derek e si avvicinò repentinamente al viso dell’Alpha, che strabuzzò gli occhi quando comprese l’intenzione dell’umano. Si affrettò a interporre tra lui e il ragazzo le proprie mani, tirandole fuori dalle tasche e posandole sul petto di Stiles. “Che diavolo stai facendo?” Ululò, con gli occhi completamente fuori dalle orbite.

“Tento di stupirti” Rispose con nonchalance il ragazzino.

“BACIANDOMI?”

“Vedi? Dal tono direi che ci sono riuscito” Affermò soddisfatto, sorridendo divertito. “E non hai nemmeno visto la parte migliore” Continuò, sorridendo e ammiccando scherzosamente.

“Sei un’idiota” Lo rimproverò Derek, allontanandosi velocemente dal ragazzino indisponente, che aveva appena tentato di baciarlo.
Era incredibile, però, il fatto che Stiles Stilinski fosse veramente riuscito a sorprenderlo. Era incredibile che Derek Hale fosse riuscito a stupirsi da solo, pensando di voler davvero sentire che sapore avesse la bocca di Stiles.
 
 


Fine.
 



Angolo del Delirio:
Volevo concludere questa storia in grande stile, scrivendo un epilogo particolare. Spero di esserci riuscita.
Allora, spiego, il ‘Dopo’ avviene subito dopo essersene andati dalla tana del branco di Alpha.
Il ‘Mentre’, invece, accade  subito dopo la prima volta di Derek e Stiles.
E, infine, il ‘Prima’ è uno piccolo momento che intercorre in quella settimana trascorsa dopo il ritrovamento di Erica e Boyd.
Detto questo, spero di essere riuscita a soddisfare le aspettative che avevate su questa storia. Io mi ritengo soddisfatta, comunque, perché è raro che io riesca a portare a termine una long in così poco tempo. La fortuna è stata principalmente dovuta al fatto che questi due ragazzi non mi stancano mai. Scriverei di loro ancora e ancora e, difatti, ho già in testa una nuova storia, che presto inizierò a scrivere.
L’idea di una Isaac/Scott è ancora nella mia testa e, sicuramente, ci scriverò su. Purtroppo in questa storia ho dovuto lasciarli in questo modo, perché avrei rischiato di concentrare l’attenzione su di loro e non era questo che volevo.
Per il resto, spero davvero di cuore che questa storia resti nei cuori di chi l’ha seguita, mi rendo conto che il modo in cui l’ho scritta sia stata una scommessa e, anche se molti di voi si sono lamentati riguardo alla difficoltà di seguire tutti i passaggi, mi ritengo soddisfatta del lavoro. Probabilmente, però, non affronterò mai nessun’altra storia in questo modo, perché soltanto QUESTA poteva essere raccontata in questo modo.
Ringrazio chiunque lascerà un commento, chi la terrà tra le preferite/seguite/ricordate. Siete tutti quanti pezzi del mio cuore.
Un abbraccio,
DolceVenereDiRimmel 

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