A temporal Helter Skelter

di weasleywalrus93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 42 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Is there anybody gone to listen to my story
all about the girl who came to stay?
She's the kind of girl you want so much
it makes you sorry,
Still, you don't regret a single day.
Ah girl, girl
{Girl}


Liverpool, Marzo 2012.

Quella giornata di scuola fu forse la peggiore nella storia. Prima litigai con l'insegnante di storia per via di una cosa che gli avevo fatto notare, e poi sfuriai col preside solo perchè io avevo ragione ad arrabbiarmi col professore. Poi Jeremy decise che per quella giornata era ancora troppo poco e alla ricreazione litigammo perchè lui, da bravo fighetto, non poteva farsi vedere con una hippie anacronistica ancora convinta di poter cambiare il mondo. Appena fuori da scuola mi diressi verso l'unico posto in tutta Liverpool dove mi sentivo veramente a casa. La strada era quella dove prima esisteva il vecchio Cavern, distrutto poi da un incendio e ricostruito altrove. Poco più avanti c'era il mio paradiso: un negozio di musica. Vendevano di tutto, dai primi dischi in vinile con registrazioni di gente che non conosceva nessuno tranne i collezionisti alle ultime uscite in commercio. Adoravo quel negozio perchè metteva a disposizione musica vera, niente delle schifezze che propinavano e continuano a propinare in radio. Il proprietario mi conosceva meglio di quanto mi conoscesse mia madre e non diceva nulla se passavo ore seduta in un angolo del negozio a studiare e intanto ascoltavo con le cuffie qualcosa preso dagli scaffali. In realtà inizialmente mi avventurai in quel buco perchè sapevo bene che era il negozio di Brian Epstein, ma Jim s'era rivelato la persona migliore che avessi mai incontrato in tutta la mia vita. Con le cuffie nelle orecchie mi fiondai verso la sezione vinili. Cercavo disperatamente il vinile di Abbey Road. Quella copertina aveva un potere strano su di me. Mi calmava. Solo che non c'era verso di trovarla. O Jim l'aveva spostata o qualcuno aveva comprato il disco. Se era la seconda opzione era pronta a un collasso mentale. Jim non poteva vendere quel disco! Sapeva che per me era tutto! La sua storia, le sue canzoni, la sua copertina... Quell'LP era sacro! Con le cuffie nelle orecchie stavo per l'appunto ascoltando Here comes the sun a ripetizione. La mia canzone preferita. Mentre rovistavo freneticamente tra gli LP alla ricerca del MIO disco, trovai un vecchio vinile di Elvis: Jailhouse rock. Quando lo afferrai mi resi conto che lo aveva afferrato anche un'altra persona.

Liverpool, Marzo 1958.

Ce l'avevano tutti con me quel giorno. Prima Cynthia si lamentava che fossi ancora un bambino e che dopo un mese avrei dovuto ricominciare la vita di sempre, almeno per distrarmi. Lei non aveva perso sua madre cazzo. Lei non era stata abbandonata da sua madre quando era piccola e aveva cominciato a conoscerla solo pochi mesi prima che un fottutissimo poliziotto ubriaco la portasse via solo perchè aveva deciso di guidare quel giorno. Poi tutti gli altri che mi dicevano di prendere esempio da Paul Nonmiscompongomaiancheseèmortamiamadre. Lui aveva un rapporto con sua madre. Sua madre se n'è andata perchè una fottutissima malattia aveva deciso di portarsela via. Ormai non facevo altro che ripetere "sono due cose diverse" ma nessuno sembrava darmi ascolto. L'unico posto in cui potermi rifugiare senza che nessuno venisse a rompere le palle? Un negozio di musica. Musica. In realtà io volevo solo fare quello ma era un terribile mix tra felicità e dolore. Era tutto collegato alla musica, mia madre che mi insegnava a suonare il banjo, i Quarrymen, e poi Paul. Credevo fosse l'unico con cui potevo condividere la musica, ma non la musica con cui si sballavano quei deficienti che mi circondavano. La musica vera, di quella che ti entra nelle vene e non puoi scacciarla più e ti fa sentire Dio. Ma in quel momento sembrava essere il Dio di tutti, l'essere perfetto a cui devi assomigliare se vuoi essere paragonato a un essere umano. Passai davanti al Cavern e i miei pensieri svanivano così come erano venuti. Dio quanto mi sarebbe piaciuto suonare in quel locale, invece delle solite feste di quartiere. Continuai a fumare la sigaretta fin quando non arrivai di fronte a un negozio di musica. Era il negozio di quell'Epstein. Un tipo simpatico. Di certo non era di quelli che ti tiravano un calcio in culo solo perchè osservavi qualcosa. Solo una cosa lo faceva incazzare seriamente: portare mozziconi di sigaretta accesi dentro al negozio. Era dietro al bancone intento a osservare il negozio, ma quando mi vide avvicinarmi alla porta mi squadrò da capo a piedi facendomi capire che in quel momento non ero desiderato. Buttai a terra la cicca e non mi preoccupai nemmeno di spegnerla. Ci avrebbe pensato la pioggia che cominciava a scendere piano. Entrai e mi diressi subito verso la sezione rock&roll. Doveva essere arrivato il nuovo LP di Elvis dall'America. Era l'unica cosa di cui mi importava veramente in quel momento. Cominciai a cercare febbrilmente un vinile che non conoscessi già con in copertina la figura del Re. Finalmente lo trovai. Poteva essere mio se non l'avesse afferrato anche una stupida ragazzina.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


I've just seen a face
I can't forget the time or place
Where we just meet,
She's just a girl for me
and I want all the world to see
We've met.
{I've just seen a face}


Alzai gli occhi verso lo sconosiuto. Assomigliava terribilmente a... No. Impossibile. Doveva essere un patito degli anni 50 e 60 per conciarsi in quel modo. I capelli biondi scuri fissati in un accurato ciuffo alla Elvis, maglietta bianca e giubbotto di pelle.

Era la ragazza più strana che avessi mai visto. Nessuna ragazza all'epoca portava giubbotti di pelle, se non quelli dei tizi che si scopavano, e rigorosamente neri. Indossava una cuffia a striscie gialle e rosse e con uno strano leone disegnato sopra, gli occhiali e questo giubbotto di pelle color cuoio.

-Ti dispiace?-

-Prego?-

Levai le cuffie dalle orecchie. Sembrava scorbutico. Non ero di quei tipi che pretendevano di essere trattate come nobildonne, ma almeno pretendevo la cortesia se non l'educazione. Specie se era uno stronzetto che si credeva Elvis.

Già mi stava antipatica. Sul volto le si era impressa un'espressione di sdegno. Odiavo le ragazze che volevano essere trattate da principessine tutte fiori e unicorni sbrilluccicanti e lei sembrava proprio una di quelle.

-Questo vinile è mio-

-Già sopra c'è inciso il tuo nome?-

-E se anche fosse?-

-Ritornatene negli anni 50 che ci fai più figura-

Il suo tono non mi piaceva per niente. Così ricambiai il suo tono velenoso. L'ultima frase m'era uscita con un picco di acidità che poche volte nella vita avevo esternato.

La sua ultima frase mi lasciò di stucco. Cosa voleva dire "ritornatene negli anni 50"? Noi eravamo negli anni 50.

Sul suo viso si era dipinta un'espressione indecifrabile, tra lo stupito e l'indignato. Probabilmente avevo esagerato.

Prima disse di tornare agli anni 50, poi sembrava dispiaciuta. L'ho sempre pensato che le uniche volte in cui le donne devono bere è quando te le vuoi scopare fino a scoppiare.

-Perchè scusa? Secondo te dove siamo? E' il 1958! Dovresti evitare di mettere troppo whiskey nel caffè irlandese mocciosa-

1958? Come cazzo facevo ad essere nel 1958 se fino a 5 minuti prima ero nel 2012?

Approfittai del suo, da me incompreso, stupore e le sfilai il disco dalle mani.

-Ciò non toglie che questo l'avessi preso prima io-

Mi sporsi quanto bastava per riprendere il malloppo.

La odiavo. Questo era quanto. Di solito le ragazze appena mi vedevano mi cadevano ai piedi come mosche. Lei continuava a fare imperterrita l'impertinente e la cosa mi mandava in bestia.

Scrutai quanto bastava a far innervosire il mio irrequieto interlocutore il vinile.

-Tieni non mi interessa più-

Me lo sventolava sotto il naso. Fui costretto a prenderlo perchè a furia di agitarlo lo avrebbe buttato a terra e frantumato in mille pezzi. E già sapevo che avrei dovuto pagare io.

Ripresi le mie cuffie e le rimisi nelle orecchie, mentre mi dirigevo verso l'uscita del negozio.

Una ragazza con i jeans. Era come dire: ragazzi ho visto la regina farsi una canna in topless. E delle scarpe da uomo. Doveva soffrire di problemi di identità. Senza contare quello stupido zaino mega colorato che aveva sulle spalle.

Fuori dal negozio, un emerito bastardo mi sfrecciò vicino con una moto che tutto era, tranne degli anni 50. Ripensai al tizio la dentro. No, non poteva essere lui. Guardai la mia felpa. Un simpatico sottomarino giallo faceva capolino da un angolo per immergersi in quelle acque che lo avrebbero portato a Pepperland. Sotto avevo una maglia con un volto stampato sopra e accanto le parole di una canzone.

Doveva aver capito di essere completamente ridicola vestita così. Girare con quella specie di maglione dove era disegnato quello che sembrava un sottomarino. Giallo per di più! La droga non è per tutti. Certa gente ne soffre maledettamente anche con la prima dose.

Mi girai verso la vetrina del negozio. Mi stava ancora fissando. Doveva essere qualcuno che lo ammirava talmente tanto da esserne diventato il suo fottutissimo sosia.

Mise le mani in tasca, mi guardò un ultima volta negli occhi e poi scomparve dopo la vetrina. Mi rigirai tra le mani quel disco, che per me ormai non era più tanto attraente. Cioè, lo sarebbe stato di più se me lo avesse portato Jayne Mansfield in completo intimo. Avrebbe perso di importanza comunque, ma almeno mi avrebbe ricordato una bella scopata. Lasciai il disco la dov'era e uscì per strada, ansioso di fumare una sigaretta. Scrutai entrambe le direzioni della strada cercando di scorgere uno stupido zaino più colorato di un unicorno per bambine, ma niente.


Spazio autrice
Salve! XD la inserisco qui perchè nel prologo quando mi ero accorta che mancava lo spazio autori era già troppo tardi o.o comunque questa è la mia primissima FF e spero che non vi dispiaccia (tra parentesi non so nemmeno io perchè la sto pubblicando... diciamo che mi hanno costretto XD) boh non so che scrivere o.o spero che la seguiate, che vi piaccia e che la commentiate :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


I'm so tired I don't know what to do
I'm so tired my mind is set on you


Liverpool, 28 Marzo 2012.

Erano passati diversi giorni da quello strano episodio al negozio di Jim. Vi ero ritornata tutti i giorni appena uscita da scuola, come al solito dopotutto. Non che quel tizio fissato con gli anni 50 talmente tanto da pensare di viverci mi fosse mancato. Anzi. Il poter cercare i vinili senza dover litigare con nessuno era una cosa meravigliosa. Però era anche vero che quel tizio m'avesse incuriosito, e non poco. Cioè, cosa ti può spingere a crederti un perfetto Teddy boy per giunta così somigliante a uno dei 4? Mancanza di affetto? Mancanza di una figura paterna? O semplice fissa mentale?

I'm so tired, I haven't slept a wink
I'm so tired, my mind is on the blink


Liverpool, 28 Marzo 1958.

Fortunatamente non avevo più incontrato quella scassapalle al negozio di Brian. Solo a ripensarci mi ribolliva il sangue nelle vene. Agitare in aria il nuovo LP di Elvis. Almeno agita in aria il reggiseno se proprio ci tieni, non un vinile del Re! Tanto mi aveva mandato in bestia che non avevo nemmeno più voglia di scopare. Non che Cynthia non fosse brava, era una bomba, ma ogni volta mi riappariva davanti agli occhi quella mocciosa che aveva il vizio di maltrattare i dischi dei geni. Eppure non potevo fare a meno di strappare ogni giorno il foglietto del calendario che indicava la data con tanto di anno per dimostrare a qualcunque altra pazzoide che non ero io il matto. Un idiota mi passò accanto dandomi uno spintone sulla spalla, facendo si che la cenere della sigaretta finisse sulla giacca della divisa. E ora chi la sopportava quella sclerata di Mimì? Stavo per rispondere quando mi accorsi di essere davanti al negozio di Brian. Aveva degli strumenti davvero belli la dentro. Lo zio George mi regalò la mia prima armonica comprata in questo negozio. Buttai la cicca a terra e la calpestai entrando nel piccolo locale. Passai in mezzo a tutte quelle signore con la puzza sotto al naso che mi ricordavano troppo Mimì e mi avvicinai alla sezione rock'n'roll. La bella notizia era che non c'erano rompipalle in giro!

You'd say I'm putting you on
But it's no joke, it's doing me harm
You know I can't sleep, I can't stop my brain
You know it's three weeks, I'm going insane
You know I'd give you everything I've got
for a little peace of mind
{I'm so tired}

Entrai nel negozio tirando un sospiro di sollievo per il calduccio che vi regnava. Jim mi rivolse un gran sorriso e io risposi con un cenno intrizzito della mano. Fortunatamente si avvicinava Aprile, il che significava giornate lunghe, temperature meno rigide e un po più di tempo da passare con Jeremy, con il quale ero giunta a una tregua temporanea. Mi avviai a passo spedito verso la sezione vinili, quando fui costretta a bloccarmi. C'era di nuovo quello strano tizio. Per un attimo fui tentata di uscire da quel locale prima che si accorgesse della mia presenza. Ma quando nella mia vita mi ero spaventata di qualcuno? Così a passo deciso mi avvicinai e cominciai a guardare i dischi.

Sentì il parquet scricchiolare. Alzai leggermente gli occhi per vedere chi fosse. Era la schizzofrenica. Stava li a guardare i dischi come se io non esistessi. Non che me ne importasse qualcosa. Di pazze come lei meglio perderle che trovarle. Però il fatto che una ragazza non mi osservasse con interesse mi dava parecchio fastidio.

-Hai intenzione di sventolare all'aria qualche altro vinile?-

La sua voce era fredda. Alzai gli occhi per osservarlo. Guardava distrattamente lo stesso vinile per cui avevamo discusso l'ultima volta che ci eravamo visti.

Tenevo quel disco tra le mani solo perchè sapevo che mi stava osservando e non avevo voglia di guardarla in faccia.

Tirai fuori del tutto il vinile che stavo osservando e lo misi in modo che anche lui potesse vederlo, cosa che ovviamente non faceva perchè troppo orgoglioso.

-E tu hai intenzione di sfilarmi anche questo dalle mani?-

La odiavo. L'avrei giurato in quell'istante. Quel tono spavaldo, acido, cattivo, sardonico e sadico era la cosa che più odiavo al mondo. Alzai gli occhi verso di lei e vidi che teneva un disco fra le mani con un tizio mai visto prima stampato sulla copertina.

-E chi sarebbe questo? Tuo nonno?-

-E' un genio della musica imbecille!-

Ripresi il disco e continuai a osservarlo. Jim doveva averlo messo li apposta. Sapeva che adoravo Ravel e la sua registrazione del Bolero era rarissima. L'aveva messo nel rock'n'roll perchè fosse sicuro che io lo vedessi e magari mi decidevo a comprarlo. Ma sapevo che sarebbe costato un occhio della testa e avrei fatto prima a partire volontaria nella guerra in Africa piuttosto che ottenere tanti soldi dai miei genitori.

Era odiosa. Anche più di Mimì forse. Ma non poteva vincere lei. Estrassi il foglietto stropicciato dalla mia tasca recante la data odierna. Marzo 28 1958. Era il mio ultimo tentativo di averla vinta su di lei.

-Tieni squilibrata! Cerca almeno di avere una cognizione temporale invece di sparare stronzate a destra e a manca!-

Presi il foglietto poggiato sulle copertine dei dischi. Marzo 28 1958. Che cazzo stava succedendo?

Era confusa. Sentivo il dolce sapore della vittoria già in bocca.

Cercai freneticamente in tasca ed estrassi il cellulare. Segnava chiaramente 2012 nella data.

-Guarda qua pezzo d'antiquato!-

Stavolta sotto il naso mi mise uno strano aggeggio, luminosissimo, tanto da dar fastidio. Non riuscivo a capire.

-E levami sta lampadina da sotto gli occhi!-

Mi scansò la mano con un gesto brusco, tanto che il cellulare stava per volarmi via di mano.

-Idiota! Non è una lampadina, è un telefono! Guarda la data!-

E da quando in qua i telefoni erano così? Questa era tutta matta. Presi quell'aggeggio infernale e lo fissai. Era... strano. C'erano numeri e simboli da tutte le parti. Era una cosa da matti, adatto alla proprietaria. C'erano dei numeri più grandi che segnavano quella che sembrava la data. 28 marzo 2012. Un momento. 2012?

Doveva aver visto la data. Aveva stampata in viso un'espressione incredula, la stessa che dovevo avere io quando mi disse che ci trovavamo negli anni 50.

-Ridammi il mio telefono! Me lo sono comprato con i miei soldi e non voglio che un idiota come te me lo butti a terra!-

Si riprese in fretta quell'arnese. Aveva un'espressione preoccupata in viso. Dopo averlo osservato un po lo ripose in una qualche tasca dei jeans. Si perchè ancora aveva i jeans da perfetta aliena qual era. Non poteva mettere la gonna come tutte le ragazze normali, altrimenti nessuno l'avrebbe presa per una celebrolesa.

-Sono John, comunque-

Lo guardai stupita. Mi stava tendendo la mano.

-Judy-

Stringeva la mano con l'intento di stritolarmi le dita. Non diedi segno di cedimento e risposi alla stretta poderosa. Con mio grande stupore non battè ciglio.

Ci lasciammo le mani. Aveva cercato di rompermi le dita, ma non mi massaggiai le dita indolenzite dopo la stretta. Lui fissava me. Io fissavo lui.

Era uno studiarsi continuo. Eravamo entrambi troppo orgogliosi per ammettere che eravamo curiosi l'uno dell'altro. Solo in quel momento mi accorsi che dietro gli occhiali si nascondevano due occhi verdi.

-Quindi vieni dal... futuro?-

-O sei tu a venire dal passato-

-Non avrebbe senso-

-Perchè? Una che spunta dal futuro dove si vive meglio ti sembra più razionale?-

L'avevo sparata grossa. Nel futuro non si stava meglio. Si stava decisamente peggio. Quest'enorme bugia ebbe il potere di sottrarmi a quegli occhi color nocciola che avevano attratto magneticamente i miei.

Si era messa con le spalle al muro da sola. La mia rivincita personale. Sul mio volto apparve un ghigno maligno.

-Allora raccontami un po di questo futuro. Sarò famoso?-

Famoso? E' uno di quei ragazzi che per decenni verranno osannati da tutto il mondo. Persone di tutte le età avrebbero fatto follie per vedere lui e i suoi compagni. Famoso per essere ucciso dalla pistola di un pazzo omicida. La cosa migliore?

-Mah... non saprei... Può darsi che avrai un po di successo ma nessuno si ricorderà di te-

Ci rimasi di merda. Non so se più per la notizia che io per il mondo sarei rimasto un emerito signor nessuno senza prendermi la mia rivincita o per l'indifferenza con cui disse il tutto.

Dissi forse la più grande bugia della storia. Io stessa in quel momento indossavo una maglietta con sopra lui intento a suonare al pianoforte con il testo di una sua canzone accanto.

Avevo solo voglia di andarmene, allontanarmi da quella persona che, non so bene come, mi aveva dato una pugnalata al cuore. Avevo bisogno di fumare. Senza nemmeno guardarla uscì fuori con la sigaretta già in bocca. Poco mi importava delle urla che Brian mi indirizzava.

L'unica possibilità di incontrare il mio mito andata in fumo dalla mia stupidità. Decisi di uscire da li. Il caldo mi stava uccidendo. Misi le mani nelle tasche dei jeans. Soldi. I miei soldi del pranzo. Rimasi li qualche momento, poi tornai indietro e li misi dentro la custodia dell'LP di Elvis. Tornai verso l'uscita e appena fuori il vento gelido mi tagliò il viso. Fuori era tutto normale, ovvero il 2012.

Fumai non so bene quante sigarette, poggiato al muro del negozio. L'odore acre mi aveva riempito la gola e in un certo senso anche sopito anche la delusione di prima. Rientrai dentro solo perchè fuori si gelava e non avevo nessuna voglia di tornare da Mimì. Per fortuna non c'era più nessuno. Per davvero stavolta. Quasi di controvoglia ripresi l'LP di Jailhouse Rock. Avevo voglia di ascoltarlo. Di certo Brian non si sarebbe seccato se avessi acceso il giradischi. Estrassi il disco per metterlo sul piatto quando sentì tintinnare qualcosa sul fondo della scatola. Posai il disco con cura e versai il contenuto sulla mia mano. Erano soldi, quelli necessari a comprare il disco. L'avevo capito sin da subito che quella ragazza doveva essere tutta matta.



Spazio autrice.
Ecco il nuovo capitolo! mi fa piacere che sia stata apprezzata ^^ Ringrazio 365dayswiththeBeatles e Val_ per aver recensito e CheccaWeasley, MaryApple e Val_ per aver inserito la storia tra le seguite ^^ è un onore per me. E' ancora un po incasinata lo so però vedrete che col tempo (ironia della sorte XD) il tutto diventerà molto più chiaro e inquadrato. ^^ Buona lettura :)

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


And this time I know it's for real
The feelings that I feel
I know if I put my mind to it
I know that I really can do it


Liverpool, Aprile 4 2012.

Ero andata tutti i giorni al negozio, tranne quelle poche volte che riuscì a passare del tempo con Jeremy. Forse avevo esagerato con John e volevo scusarmi. Mi trovavo accovacciata proprio sotto il giradischi, di fronte l'espositore dei vinili. Simon&Garfunkel mi facevano compagnia mentre mi scervellavo su cosa mai Joyce avesse voluto dire quando scrisse l'Ulisse. In realtà più che sforzarmi di capire, picchiettavo la matita sul libro ascoltando Mrs Robinson e buttavo delle occhiate speranzose verso la porta. Ma non avevo idea se quella bolla temporale esisteva solo li in quei cinque metri quadri o si estendeva a tutto il negozio. Scossi la testa nel tentativo di concentrarmi una buona volta sul libro e abbassai la testa con l'intenzione di leggere seriamente.

It's gonna take time
A whole lot of precious time
It's gonna take patience and time, ummm
To do it, to do it, to do it, to do it, to do it,
To do it right


Liverpool, 4 aprile 1958.

Quella mocciosa aveva il potere di farmi saltare i nervi anche con una sola frase. Quel suo tono saccente e strafottente ti faceva venire voglia di metterle le mani al collo e strozzarla. In fondo poteva avere ragione. Insomma, anche se veniva dal futuro poteva essere vero che non mi conoscesse e che fossi un perfetto signor nessuno. Ma la cosa più irritante era stato il modo in cui l'aveva detto: guardando altrove e come se non le importasse nulla. Era il mio futuro cazzo! Come l'avrebbe presa se io le avessi detto che nella vita sarebbe stata una nullità? Alla fine il disco l'avevo preso. Era da matti non prenderlo quando trovavi i soldi esatti che servivano a comprarlo e lasciare li tutto. A quest'ora lo avrebbe avuto in mano un coglione. Brian era stupito di vedermi li a comprare qualcosa. Gli dissi che me l'aveva regalato la tizia appena uscita e sbarrò gli occhi dicendo che non aveva visto uscire nessuna ragazza dal negozio. Che cazzo stava succedendo? Ci pensavo proprio mentre entravo nel piccolo negozio e la vidi li rannicchiata a leggere un libro mentre ascoltava il vecchio giradischi sullo scaffale più in alto. Mi avvicinai e mi misi di fronte a lei, in modo che non le arrivasse nemmeno la poca luce emanata dalle grandi finestre.

I got my mind set on you
I got my mind set on you
I got my mind set on you
I got my mind set on you
{(Got my mind) Set on you}


La poca luce che mi permetteva di mettere a fuoco le parole scomparve improvvisamene. Alzai gli occhi e me lo ritrovai davanti. Ciuffo alla Elvis, camicia rosso fuoco, giubbotto di pelle, mani in tasca, jeans e stivaletti di pelle. Non mi sarei stupita se dalla tasca posteriore dei jeans fosse spuntato un pettinino come quello di John Travolta in Grease.

Non mi stava osservando. Mi stava studiando. Lo potevo capire da quegli occhi verdi che mi fissavano con un misto di freddezza e infantile curiosità. Mi piaceva uscire curato! Perchè? Nel futuro sono tutti barboni come lei?

-La buona educazione insegna a salutare le persone che conosci e incontri per strada-

Tolse la puntina dal vinile e fui costretta a togliere le cuffie.

-Sei tu che ti sei messo qui davanti, tu che mi hai visto. Quindi, caro il mio gentleman, toccherebbe a te salutarmi-

-Non saluto quelli di cui conosco solo il nome-

-Ti sei presentato tu solo con il nome-

Stronza. Stronza acida e meschina. Per tutta risposta mi buttai vicino a lei e presi il libro in cima alla pila che schiacciava lo zaino. Doveva essere una secchiona. Il libro era pieno di scritte fitte su tutti i bordi, i testi erano perfettamente sottolineati e spesso vi erano delle note aggiuntive scritte a mano. Avevo a che fare con un mostro?

-Se vuoi te lo posso regalare. E' filosofia e la odio-

-Ma dai! Per un attimo ho pensato che volessi essere gentile con me!-

-Hai cominciato tu ad essere cafone!-

-Solo perchè tu avevi preso l'LP che volevo io-

-Non c'era scritto il tuo nome la sopra-

-Ciò non ti autorizzava lo stesso a darmi i tuoi soldi per comprarlo-

Lo guardai stupita. L'aveva preso davvero?

Mi voltai verso di lei. Aveva gli occhi sgranati. Sogghignai.

-Mi credevi davvero così stupido da lasciare un LP di Elvis quando qualcuno mi lasciava i soldi per comprarlo?-

Mi stupì della mia ingenuità. In fondo parlavamo di John, mica di un Teddy boy qualunque.

Mi riconcentrai sul libro. Volevo sapere a tutti i costi il suo cognome. Non volevo dargliela vinta chiamandola per nome. Era qualche pagina dopo la copertina.

-Ti chiami Granger... Bel cognome-

-Visto che il mio ti piace tanto, perchè non mi dici il tuo?-

Chiusi il libro con un tonfo. Era ormai inutile continuare a tentare di studiare. Lo guardai in faccia, aspettando.

-Lennon. E un giorno tutto il mondo lo urlerà-

-Pff... illuso!-

-Ecco cosa odio di te! Cerco di avere una conversazione normale, dicendoti cosa penso e quale sarebbe il mio sogno e tu hai il potere di distruggerlo in un secondo! Ci credo poi che non hai amici e stai rintanata in questo buco a studiare invece di ubriacarti e farti una sana scopata con qualcuno!-

Balzai in piedi. Era incredibile. Ti faceva cambiare umore dicendo una sola parola. Me la sarei scopata se non fosse che nel bel mezzo avrebbe potuto dire "Non sei poi tutto questo granchè"

-Tu non sai nulla di me! Non viviamo nemmeno nella stessa epoca quindi come pretendi di poter sparare giudizi su di me?-

Mi alzai pure io guardandolo dritto negli occhi. Sembravano maledetti tanta era la rabbia che ci leggevo dentro. Lo vidi allontanarsi con aria sconfitta. Abbassai lo sguardo.

-I miei genitori mi hanno sempre detto che io ero uno sbaglio, che non ero in programma, che quando si sono accorti che io ero già in viaggio verso questa vita era ormai troppo tardi-

Le sue parole uscirono come un sussurro. Mi voltai verso di lei. Fissava le scarpe tenendo le mani nelle tasche dei jeans. Perchè mi diceva tutto questo? Perchè lo diceva a me poi? Non aveva una qualche fottutissima amica a cui raccontarlo?

Sentì i suoi passi verso la mia direzione, fermarsi a pochi centimetri da me, nel punto che avevano lasciato poco prima. Lo sentì scivolare fino a sedersi a terra e presto lo imitai.

-Non hai amici a cui raccontarlo?-

-Pensavo di averli... Se non lo avessero raccontato a tutta la scuola e non avessero cominciato a chiamarmi rifiuto umano. L'unico che mi è rimasto vicino è stato Jeremy-

-Un tuo amico?-

-Il mio ragazzo-

Non so per quale motivo ma sentì una mano gelida afferrarmi il cuore e strapparmelo da dove era situato. Non dovevo dimostrarmi debole.

-Allora perchè non te la fai una bella sveltina con lui? Ti fa balzare l'umore a mille!-

-Oddio ma tu non pensi proprio ad altro!-

Allungai le gambe sul pavimento e lasciai cadere le mani su di esse.

Mi voltai verso di lei. AVEVA FATTO UNA BATTUTA. Stava anche ridendo. Il mondo sarebbe crollato da un momento all'altro.

-Non avevo notato che tu avessi i capelli corti-

-Tante ragazze ce li hanno nel futuro-

-Sono... strani-

-Per essere una con le contropalle ora bisogna avere i capelli alla principessa Sissi?-

Mi voltai verso di lui con un'espressione tra l'incredulo e il perplesso.

-Visto? Se ti lasci andare non sei poi tanto male-

-Nemmeno tu, quando non fai lo spaccone-

-Ma come cazzo fai a studiare in un posto come questo?-

-Sempre meglio che studiare sentendo i tuoi genitori litigare dalla mattina alla sera-

Tornò a fissare il mobile davanti a noi. Il sorriso di prima se n'era andato per lasciare il posto a un viso mesto e triste.

-Se può consolarti, anch'io porto gli occhiali-

Lo guardai. Stava cercando di consolarmi. Ammirevole.

-Allora mettili. Voglio vederti con dei tappi di bottiglia sul naso-

Con sufficienza li estrassi dalla tasca e li posizionai sul naso. Già la vedevo meglio.

Di colpo sentì vibrare la tasca dei jeans. Era Jeremy. Serata assieme. Bowling più pizza. Gli risposi in fretta e poi cominciai a rimettere i libri nello zaino.

-Ehi cosa...-

-Jeremy-

Risentì la mano gelida di prima all'altezza dello stomaco risalire verso dove prima c'era il cuore per ributtarlo senza pietà nella sua posizione originaria.

-Stai bene con gli occhiali. La prossima volta voglio vederti da subito così-

Mi rizzai in piedi mettendo lo zaino in spalla. Mi imitò.

-Quando ci rivediamo?-

-Beh... contando che viviamo in anni diversi... quando capiterà-

Continuavo ad odiarla per quella sua indifferenza nel dire le cose. Doveva essere un qualcosa così radicato in lei da non rendersi nemmeno conto di quanto fosse irritabile.

-Allora alla prossima Granger-

-Alla prossima Lennon-

Mi porse la mano. Sputai sulla mia prima di stringergliela forte.

-Fai schifo!-

-Abituati-

E sparì tra la folla del negozio. Rimasi ancora un po li a osservare quei vinili. Improvvisamente sentì picchiettare sulla vetrina. Era Cynthia. Col sorriso sulle labbra uscì. Stavolta ero sicuro di non andare in bianco.

Spazio autrice
Rieccomiiiiii :D buh non so cosa scrivere ._.' *i ringraziamenti cretina!* ah si! grazie Lennon! ora torna a cuccia. sisi i ringraziamenti. Allora intanto ringrazio mia mamma, mio papà, mio nonna, mia nonna, i miei vicini di casa... *non ringrazi il Padre Eterno?* Lennon ti avevo detto a cuccia! Dopo aver ringraziato il Padre Eterno ringrazio 365withtheBeatles e Val_ per aver commentato, Elejjkk e malandrini _xs per aver inserito la storia tra le seguite, otrop per averla inserita tra le preferite, e malandrini _xs per averla inserita tra quelle da ricordare :D ps. so che la canzone è solo di george e non dei beatles però mi sembrava azzeccata ^^

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Capitolo 5
*** capitolo 4 ***


What would you think if I sang out of tune,
Would you stand up and walk out on me?
Lend me your ears and I'll sing you a song
And I'll try not to sing out of key.


Liverpool, 10 Aprile 2012.

Avevo fatto pace con Jeremy, conoscevo meglio John, i miei genitori non litigavano più tanto, forse perchè nessuno dei due restava più di 2 minuti nella stessa stanza con l'altro. Poco mi importava. Era forse il periodo più felice della mia vita. Mi ritrovai più di una volta di sera, sdraiata a letto, a fissare il libro che John mi aveva momentaneamente rubato quel giorno. Dopo qualche sera di dubbio, decisi di prendere il libro e con mio grande stupore sentì che faceva odore di colonia maschile, sigaretta e brillantina. Sicuramente era solo la mia mente che lavorava troppo di fantasia. Un libro non poteva conservare tutti quegli odori. Sapevo solo che se volevo parlare con lui, il che stava diventando un bisogno impellente, quasi vitale come respirare, dovevo solo andare a rifugiarmi sotto gli LP e aspettare che varcasse la soglia. Jer aveva gli allenamenti con la squadra della scuola, quindi, senza nemmeno tornare a casa, mi fiondai direttamente nel negozietto di musica sulla strada del vecchio Cavern e con quello che potrebbe essere definito un moto di gioia, lo trovai seduto al muro, con le gambe incrociate e stava... STUDIANDO?

Would you believe in a love at first sight
Yes, I'm certain that it happens all the time
What do you see when you turn out the light
I can't tell you but I know it's mine


Liverpool, 10 Aprile 1958.

La mia vita sessuale aveva ripreso alla grande. E non solo con Cynthia. In quella sola settimana riuscì ad affermare alla Liverpool School of Arts tutta la mia potenza sessuale, scopandomi metà delle ragazze della scuola, praticamente quando mi capitavano a tiro. Un solo sguardo ed erano ai miei piedi. Però per quante ragazze mi facessi, non ero mai... soddisfatto. Non so se facevo sesso perchè ne avevo voglia, perchè quelle ragazze mi attirassero, o semplicemente per rabbia. No. Rabbia per niente. E di cosa dovevo essere arrabbiato poi? Una stronza acida come lei meglio perderla che trovarla. Non era male, solo che quando si ci metteva faceva ribollire il sangue nelle vene. Una sera, mentre ero sdraiato nella mia stanza a osservare il soffitto bianco sopra la mia testa, Mimì prese un disco e lo fece partire. Era Jailhouse Rock, di Elvis. Di colpo mi rivenne in mente quel momento in cui, seduti sotto i dischi, aveva cominciato a ridere. E per molto poco non ridevo anch'io. Alla fine scossi la testa. Mi stavo comportando come una mocciosa alla sua prima cotta. Continuai a picchiettare le dita sul petto seguendo il ritmo della canzone per distrarmi e mi concentrai solo sulla sua acidità e sulla sua strafottenza. Qualche giorno dopo, dopo scuola, andai subito da Brian. Mi scocciavo a sentire Mimì che blaterava cose senza capo ne coda e decisi di provare a... studiare restando in un negozio di musica. Cosa pressocchè impossibile in quanto c'erano strumenti e dischi dappertutto e ragazze che passavano in continuazione. Di colpo sentì un ghigno e me la ritrovai a pochi centimetri del viso.

Oh, I get by with a little help from my friends
Mm, I get high with a little help from my friends
Mm, gonna try with a little help from my friends
{With a little help from my friends}
 

Mi accocolai davanti a lui e mi scappò un risolino ironico. Lennon che studiava? Alzò lo sguardo e mi ritrovai un paio di occhi leggermente a mandorla che mi fissavano dietro due grosse lenti.

-Hai gli occhi da cinese-

-Come sarebbe a dire gli occhi da cinese?-

-Si. Ce li hai a mandorla-

-E tu al posto degli occhi hai due fari del porto. Non c'è niente nel futuro che possa ridimensionare gli occhi in proporzione alla faccia?-

La guardavo imperterrito, proprio come lei faceva con me. Le si dipinse un'espressione indecifrabile sul viso. Si morse le labbra e credetti stesse per scoppiare a piangere. Con una ragazza non si sa mai. Invece scoppiò a ridere.

-Stavolta mi sei proprio piaciuto Lennon-

Mi sedetti accanto a lui e incrociai le gambe, mentre posavo lo zaino a terra e levavo il giubbotto. Mi sporsi un po per guardare cosa stava leggendo. Forse una delle storie che più odiavo al mondo.

-Devi fare Giulietta e Romeo?-

-Si... perchè questo tono pieno di pena nei miei confronti come se fossi appena stato condannato a morte per fucilazione?-

-Perchè la storia è forse una delle più pallose, diabetiche, inutili e inutilmente incasinate che si possa immaginare-

La guardai esterrefatto. Una ragazza che odiava Giulietta e Romeo? Tutte le ragazze farebbero follie per un tizio che prima di farsele per bene gli declami metà dell'opera e poi forse gliela danno. Lo stupore si trasformò presto in una smorfia di ammirazione.

-E così tu cosa leggi di così eccelso, o scaricatrice di porto del mio cuor?-

Rimasi impietrita. Era per la domanda, per il tono in cui l'aveva detto, o per l'avermi posta, per citare le sue parole, nel suo cuor? Sentì il viso avvamparsi a quest'ultima idea, ma non ci feci tanto caso e cominciai a rosicchiare le unghia, tanto da sembrare Eddie dell'Era Glaciale.

-Carroll. Lewis Carroll. E poi cose che tu non puoi conoscere.-

-Scrivono così tanto nel futuro?-

-Beh diciamo che ormai nel futuro scrive chiunque, basta che abbia un nome conosciuto e una storia banale e commerciale, il cui fine è solo di vendere il più possibile. Per fortuna in mezzo a tante schifezze qualcosa di buono lo trovi sempre.-

Lo sguardo mi cadde sul ciondolo che portava. Sembrava uno strano occhio.

-Futuro?-

-Si. Sai, nel futuro siamo in molti ad avere questo simbolo e ad adorare chi l'ha creato. Ma non voglio svelarti nulla-

Sapevo che in realtà gli avrei potuto raccontare tutto, in quanto non se lo sarebbe mai goduto, ma non mi sembrava il caso di svelare troppo. Non avevo idea di come la potesse prendere.

-Su dammi quel libro che ti do una mano-

Prese il libro dalle mie mani, lo poggiò sulle gambe e cominciò a sfogliare e a leggere velocemente. Il tutto mentre continuava a divorare le unghia della mano sinistra. Di colpo mi concentrai sulla sua figura. Le gambe strette, la schiena piegata e il volto concentrato. Aveva un aspetto abbastanza naturale, e sembrava innocua così.

-Sai qualcosa sulla trama?-

-Veramente... ora che mi ci fai pensare... no-

Lo guardai con aria sconvolta. Stringeva non troppo le ginocchia fino al petto e si dondolava avanti e indietro. Doveva essere tipicamente suo essere completamente rilassato quando scopriva di non sapere nulla su un argomento.

-Ok per dirla in breve... E in modo che anche tu possa capirla...-

SI mise in ginocchio di fronte a me e agitava le mani in modo teatrale. Aveva ripreso quel suo tono saccente da so-tutto-io. Solo che stavolta era più... divertente.

-Sono tutto orecchie milady-

Accennò un inchino con la mano, facendomi sorridere.

-Allora... ci sono questi due che si conoscono per caso, sono di famiglie rivali, loro si innamorano... cioè, innamorano... l'amore non esiste quindi diciamo che volevano scoparsi a vicenda... le famiglie si mettono in mezzo e questi due si uccidono... Dovrebbe esserci tutto... Si c'è tutto-

-Secondo te quindi l'amore non esiste?-

Mi odiavo quando seguivo l'istinto e non ascoltavo il mio cervello prima di parlare. Ci guardammo per qualche secondo negli occhi. Aveva messo anche il sesso nella trama per, secondo lei, rendermela più facile, e io mi impuntavo su una sua considerazione. Fece spallucce.

-Beh vedi... non è che io abbia avuto dei grandi esempi d'amore... I miei sono stati assieme solo perchè sono arrivata io tra capo e collo e con me non sono stati proprio il massimo... Quindi io non credo esista...-

La mia mente galoppò veloce indietro negli anni, fino a quando non mi trovai piccola durante una mia festa di compleanno. Mentre giocavo con gli altri, la festa fu interrotta dalle urla dei miei genitori. Di colpo fui introdotta nel discorso senza che lo volessi e anche gli altri sentirono le considerazioni che avevano su di me le persone che mi avevano messo al mondo. Sentì gli angoli degli occhi pizzicare e abbassai lo sguardo. Mi morsi violentemente il labbro, nel tentativo di ricacciare le lacrime. Ci riuscì, ma sentì un sapore amaro riempirmi la bocca. Si era riaperta la ferita sul labbro.

-Scusa... non volevo...-

-No figurati... Non è mica colpa tua...-

Non sapevo cosa le passasse per la testa, ma capì perchè diventava così scontrosa e acida con chi incontrava. O perlomeno, cercai di capire. Ripensai a quando i miei genitori litigarono davanti a me e poi mi chiesero con chi volessi andare dei due. Inguenuamente scelsi mio padre, ma solo dopo mi accorsi che non avrei più rivisto mia madre. Così corsi fuori e la supplicai di non andarsene. Fu in quel momento che Mimì mi prese con se. Poi tutte le bugie raccontate da mia madre su mio padre e su come era andata veramente. E infine la sua morte.

-Beh pensa a quanto erano stupidi sti due...Se volevano solo scopare potevano benissimo andare con qualcun'altro per far felici le famiglie e poi in gran segreto lui la poteva aprire in due come un apriscatole-

Lo guardai incredula. Scoppiammo a ridere quasi nello stesso istante. Shakespeare di certo non aveva pensato a questo finale.

Vederla sorridere grazie a me alleviò quel peso che si era formato quando toccammo quell'argomento un po spiacevole, e che si era notevolmente ingrandito ripensando a Julia. Ci risedemmo con le spalle al muro, e stavolta mi si avvicinò molto più di prima. Se non fosse stato per i vari indumenti, le nostre braccia si sarebbero sfiorate.

Lo guardai ridere di gusto ancora per una buona mezz'ora. Non sapevo bene cosa fosse per me quel ragazzo, ma di sicuro in lui avevo trovato un amico. Un vero amico.


 

Spazio autrice
Rieccomi :D *in realtà sono Lennon! sta bestia non riesce manco a fare dei ringraziamenti decenti... allora ringrazio mia mamma e mio papà per avermi fatto così bello e impossibile...* LENNON! scusatelo. manie di protagonismo u.u allora intanto vorrei avvertirvi che non ho nulla contro Romeo&Giulietta ma non mi piace assolutamente e ho messo un bel po di mio nel testo ^^ fan della tragedia non prendetevela a male :) allora ringrazio Val_ e 365withthebeatles che puntualmente hanno recensito e Miss_Riddle Starkey (accoppiata strana ma terribilmente affascinante u.u) per aver inserito la storia tra le seguite :) al prossimo capitolo! ^^ *HEHEHEHE non vi libererete di me tanto facilmente!!* Lennon! A CUCCIA! scusatelo nuovamente ^^

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


I don't need to hug or hold you tight
I just want to dance with you all night
In this world there's nothing I would rather do
'cause I'm happy just to dance with you


Just to dance with you
Is everything I need
Before this dance is through
I think I'll love you too
I'm so happy when you dance with me
{I'm happy just to dance with you}


Liverpool, 16 Aprile 1958/2012.

-Ahia Lennon! Mi hai distrutto un piede!-

-Mica è colpa mia se le tue barche sono sempre dove non devono stare!-

-Da che pulpito viene la predica! Sei di poco più alto di me e porti il 44 mentre io il 40... Potresti anche evitare quei cazzo di stivaletti alla Teddy boy con il tacchetto! Sfracellano i piedi!-

-Rinunciare alle mie scarpe? No dico, quanto whiskey metti nel tuo caffè irlandese la mattina, Granger? Piuttosto sei tu che ti metti quelle pezze di stoffa ai piedi che non riparano nulla!-

-Continua a insultare le mie scarpe e giuro che ti strappo la faccia a morsi!-

Ero poggiata al bancone dove si trovavano gli altri vinili, massaggiandomi il piede destro, pestato poco prima da quell'animale del mio amico. Perchè prima insisteva a insegnarmi a ballare il rock'n'roll quando nemmeno lui sapeva come mettere i piedi?

Rock'n'roll o algebra? Ovvio che è meglio il rock'n'roll! L'avevo praticamente obbligata ad alzarsi da terra dopo aver messo Twenty Flight Rock di Eddie Cochran. Era visibilmente impacciata e dalla sua espressione capì che avrebbe preferito scomparire sotto terra piuttosto che ballare con me. Non che io fossi tanto felice di quella follia messa in atto da me medesimo, ma cercavo di mascherarlo con un sorrisetto maligno. Inavvertitamente, poi, le avevo pestato un piede.

-Almeno la matematica non ti riduce in farina le ossa dei piedi.-

Mi risedetti vicino al quaderno che avevo lasciato poco prima e ripresi a mordicchiare la penna concentrandomi sull'esercizio lasciato a metà. Tutto pur di distrarmi dal dolore che mi trafiggeva il piede.

-Con te sembra di essere in compagnia di quella dell'elasticità o come cazzo si chiama... Frankestein?-

Mi sistemai vicino a lei osservando il quaderno scarabocchiato di simboli e numeri a me incomprensibili. Mi guardava con aria terrorizzata.

-Che ho detto?-

-Hai appena offeso la scienza. La teoria è della relatività e il fisico è Einstein! Frankestein è il dottore che crea il mostro!-

Scoppiai a ridere. Le sue battute mi mettevano sempre di buon umore, anche se sapevo che alcune non erano assolutamente volontarie.

Ritornò di nuovo sul suo quaderno. Era bello guardarla studiare. Emanava tranquillità. Tranne quando faceva algebra. Diventava nervosa, quasi isterica, quando non le riusciva qualche esercizio e addio alla pace e alla tranquillità! Ti ritrovavi nel bel mezzo di un'esplosione atomica. Lo sguardo mi cadde su quello che doveva essere il suo diario. Spuntavano tante di quelle che sembravano foto da esso. Afferrai le immagini e le studiai.

-Le hai fatte tu?-

-Eh?-

Fu come risvegliarsi da uno stato di trance. Teneva in mano le mie fotografie. Nei suoi occhi riuscivo a leggere la curiosità di volerle osservare, studiare e infine di immergersi dentro quelle foto.

-Sono.. foto?-

-Si. Sono il frutto del forse unico vero regalo che mi fecero mai i miei genitori. Mi regalarono qualche anno fa una macchina fotografica di quelle professionali. Pazzesco! Non ho idea di cosa gli girasse per la testa in quel periodo visto che mi fecero un regalo del genere. So solo che gliene sono grata per avermela data.-

Odiava parlare dei suoi genitori. Lo sapevo bene. Mi concentrai sulle foto. Rappresentavano per lo più il cielo, nei vari momenti della giornata e con le varie immagini che le nuvole si divertivano a creare. In numero nettamente minore c'erano i paesaggi e i particolari, e quasi rare, le persone. Mi chiedevo cosa pensasse quando scattò quelle foto. Alcune sembravano frutto di una giornata fuori a dipingere. Erano davvero belle.

-Sei brava-

Lo fissai un attimo. Sentì il viso andare a fuoco. Cercai di contenermi.

-Grazie-

Accennò un sorriso impacciato. Risposi. Mentre posavo le foto lo sguardo mi ricadde sul suo diario. Alzai appena lo sguardo. Era di nuovo concentrata su quel quaderno. Alzai leggermente la copertina e sfogliai silenziosamente le pagine. Guardai la data del suo compleanno. Era tra pochi giorni. Perchè non mi aveva detto nulla?

-SI! Matematica zero, Judy Granger uno!-

Chiusi con un tonfo libro e quaderno nello stesso momento, creando una forma indescrivibilmente disordinata, la lasciai a terra e alzai le braccia in segno di vittoria, abbandonando la testa sul muro.

-Credo che ora tocchi a me metterti in imbarazzo-

Si alzò in fretta senza nemmeno degnarmi di uno sguardo. Fortuna sfacciata. Chiusi in fretta il diario e la osservai mentre rovistava freneticamente fra i dischi.

Cercavo cercavo fin quando non trovai una copertina con due uomini in un vestito scuro tranne per la camicia bianca, occhiali da sole neri e capello in testa. Estrassi il disco e lo misi sul piatto poggiandoci sopra una puntina. Ci metteva un po a leggerlo. L'importante era che lo leggesse. Mi misi davanti a lui e gli porsi le mani.

-Che vuoi fare?-

-Farti ballare. Prima tu mi hai distrutto i piedi e io ora voglio vendicar.. cioè, rimediare-

Vidi un lampo sadico passare nei suoi occhi. Se pensava di "comprarmi" così, aveva decisamente sbagliato persona.

-Te lo scordi! Io non mi alzo!-

-Io ti ho fatto felice prima-

-E chi mi assicura che non storcerai un braccio o non mi farai slogare una caviglia? Devo ricordarti che ho una band e il mio corpo mi serve?-

-Sese la band. Tutte scuse. Lo sappiamo benissimo entrambi a cosa ti serve il braccio e la caviglia deve solo reggerti in piedi quanto basta per attracare qualcuna. Ora muovi quelle chiappe da li. Subito!-

La musica era già partita. Odiavo perdere l'inizio di quella canzone travolgente.

-Almeno si può sapere che cazzo hai messo su?-

-I Blues Brothers fratello! Tu non puoi conoscerli ma sono dei veri miti! Fidati di me-

I suoi occhi diventarono quelli di un cucciolo bastonato. Aveva vinto. Le afferrai le mani e mi lasciai tirare su. Appena mi alzai, lei ricadde a terra.

-E ora perchè ti sei riseduta?-

-Beh tu prima mi hai ridotto in poltiglia un piede e ora per convincerti ad alzarti sono rimasta in piedi sforzandolo e ora mi fa maledettamente male. Quindi mi rialzi tu-

Con un gesto teatralmente esasperato, mi prese per i polsi e mi alzò, sbuffando e facendo finta di dover sollevare chissà quale carico. In piedi cominciai a muovermi a ritmo cercando di coinvolgerlo. Sapevo benissimo che i Blues Brothers erano completamente anacronistici, ma noi stessi eravamo anacronistici... a noi stessi. Quindi perchè non approfittarne?

Aveva orecchio per la musica. Quella roba era fenomenale. Non avevo idea di chi fosse il cantante ma di certo quella era una canzone che spaccava alla grande. Le presi una mano e cominciai a farla girare su se stessa. Stavolta aveva vinto lei. Ma era una vittoria meritata, specie dopo quello che aveva messo su. Era bello per una volta vederla sorridere spensierata mentre ogni tanto riprendeva le parole della canzone e ballavamo insieme. Verso la fine avevamo cominciato a ballare più vicini, ma niente di serio. Sempre scherzando. Io avevo una mano sul suo fianco, lei sulla mia spalla. In fondo eravamo solo due amici che scherzavano assieme.

Ridendo e scherzando si possono dire tante cose. Ma se ne possono fare altrettante. Trascinati dalla musica, ci eravamo ritrovati quasi abbracciati a ballare, mentre continuavamo a ridere per i continui pestamenti di piedi da parte di entrambi. Non so perchè , non so come, alla fine fu tanto "audace" da farmi fare un caschè. La sua mano non mi aveva preso bene. Mentre scivolavo, mi aggrappai alla sua spalla, tentando di restare in equilibrio. Il risultato? Entrambi a terra e John con la manica del maglione tirata a tal punto che stava per scucirsi. Riprendemmo a ridere come matti per la caduta, quando mi cadde lo sguardo sul grande orologio che si trovava su una parete del negozio. Guardai fuori. Era già sera inoltrata.

-Io devo andare... Sai... Jeremy.. pizza... qualche bevanda.. i suoi amici... devo andare!-

Raccolse tutte le sue cose in tempo record e senza darmi il tempo di ribattere mi disse un qualcosa che assomigliava tanto a "non provare mai più a sfracellarmi i piedi o ti pesto a sangue" e poi sparì, inghiottita nella notte. Rimasi li come un coglione a fissare fuori. Brian dovette buttarmi fuori a calci prima di chiudere. Come finire bene quella serata? Una bella bevuta allo Ye Crackle con la band.


Spazio autrice
Rieccomi tra voi con il nuovo capitolo :) Come potete vedere le cose fra i due vanno evolvendosi lentamente. Però sono già buoni amici. Ho scelto di far approfondire la loro amicizia perchè ritengo che nessun rapporto possa esistere senza aver alla base n buon rapporto d'amicizia. La canzone a cui ho pensato è... una canzone dei Blues Brothers XD non ve la dico perchè ognuno può immaginare quella vuole ^^ Boh che dire?? ho già detto grazie troppe volte che mi sembra anche di esagerare quindi faccio ringraziare quel grande uomo di Lennon. *grazie grazie grazie... Si lo so di essere stupendo e tutto... sisi ho capito però ora basta con gli applausi non c'è bisogno! se proprio volete farmi felice cominciate a far tintinnare la vostra gioielleria* Lennon dopo questa EVAPORA! allora ringrazio Val_, 365daywiththebeatles e Miss_Riddle Starkey per aver commentato e anche chi segue la storia senza commentare ^^ grazie ancora :) spero di aggiornare presto ^^

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


Close your eyes and I'll kiss you.
Tomorrow I'll miss you,
Remember I'll always be true.
And then while I'm away,
I'll write home everyday
and I'll send all my loving to you.
{All my loving}


Liverpool, 22 Aprile 1958/2012.

Quel giorno Jeremy aveva gli allenamenti fino a tardi e poi serata tra ragazzi. Il che non mi interessava poi tanto. Già stavamo tanto tempo a scuola insieme, sapevo che gli faceva bene stare con i suoi amici e io avrei guadagnato del tempo da passare con John. Nonostante ancora ci dessimo addosso come leoni dentro una gabbia, avevamo legato molto. Lo avevo obbligato a leggere Romeo e Giulietta anche se lo detestava per poter alzare almeno un po la sua media in letteratura. Era scandalizzante quella F ormai perenne. Soltanto il primo giorno finimmo a leggere l'opera dando una voce buffa ai personaggi: dal giorno seguente avevo cominciato a portare un mio libro da casa e leggerlo mentre eravamo assieme, in modo che fosse costretto a leggere anche solo una scena dell'opera. Stavo leggendo "il fu Mattia Pascal", libro italiano terribilmente affascinante. Ma già sapevo che con una mente bacata come quella di John era meglio se non affrontavo direttamente un argomento delicato e appassionante come quello.

-Basta! E' insostenibile! Ma cosa si era fumato sto stronzo prima di scrivere queste cazzate?-

Chiusi il libro con forza e con altrettanta rabbia lo lasciai cadere sul pavimento. Come fanno certe persone a farsi venire il diabete così? E' masochismo allo stato puro questo. Strinsi le ginocchia al petto e appoggiai la testa contro la parete.

-Quanto ne hai letto?-

-Una scena... Quella del balcone... Ma non capisco perchè tutti questi giri di parole. Bastava che Giulietta dicesse: "Ehi Romeo! Mi piace il tuo culo!" E il gioco era fatto! Invece no! Rompere le palle con tutti questi puccipuccicicciciccipipìpopò!-

-Guarda che più avanti scoperanno per la tua felicità-

-Si ma chissà come lo descriverà questo menomato... "La sua pelle era vellutata come una pesca, liscia come la seta e bianca come l'alabastro" Ma per favore!! Scommetto che era più nera di quei cosi che mi hai raccontato la... I Tritamorte o come cavolo si chiamano... E questa nemmeno si depilava. Ispida come un porcospino! Se proprio vogliono gliela faccio io una dimostrazione!-

-Per la cronaca quelli sono i Mangiamorte e no... Quelli tutti neri che ti tirano via la felicità sono i Dissennatori... Ma tanto tu oltre al sesso non capisci nulla!-

Continuai a leggere approfittando del suo silenzio post-sfogo. Quello era un libro da leggere con un silenzio tombale. Sapevo che in realtà non aveva ancora capito la differenza tra le due categorie ma al momento mi interessava solo che rimanesse zitto come una mummia.

Come facesse a leggere così tanto era un mistero per me. Stava li, con la schiena poggiata al muro, le ginocchia strette vicino al petto, a leggere, leggere, leggere. Ero sicuro che se non ci fossi stato io li con lei, avrebbe letto per ore intere, senza distrarsi mai. Prima o poi le si sarebbero consumati gli occhi. Già aveva dei fondi di bottiglia per occhiali. Avrebbe dovuto usare un binocolo direttamente. Guardandola così era strano pensare che dentro nascondesse un mostro di acidità che esternava solo con chi non conosceva.

Fine capitolo. Avevo gli occhi che bruciavano leggermente per via dello sguardo concentrato a decifrare i piccoli caratteri che avevo tenuto per troppo tempo. Misi un segnalibro e posai il libro dentro lo zaino.

Lo sguardo m'era caduto sui suoi capelli. Erano di un colore strano.

-Toh! Riesci a farti anche una treccia con quelle verdure morte che ti ritrovi per capelli?-

Cercai di incenerirlo con lo sguardo. Era vero. I miei capelli non erano granchè ma proprio verdure morte no. Avrei sfidato chiunque a trovare delle verdure tra il castano e il biondo con i riflessi color rame. Era una delle poche cose che mi piacevano di me.

-Hai scoperto una mia abilità. Fare treccie con capelli corti-

-Se la ritieni un'abilità questa...-

-Fammi provare con i tuoi capelli allora-

-Te lo scordi!-

Allungò la mano verso i miei capelli. Era pazza se credeva di rovinarmi il mio ciuffo alla Elvis per farmi una stupida cosa con i capelli.

Mi afferrò la mano e la spostò con forza. Ormai mi aveva provocata e di certo non sarei rimasta li a dargliela vinta.

-E' il minimo che puoi fare per ripagarmi i danni dell'offesa Lennon-

-Granger tu sei da rinchiudere. Strano che ancora non l'abbia fatto quel santo del tuo ragazzo.-

-Ma lui non ha dei capelli che dicono "suuuuuu fammi la treccia" come i tuoi-

Mi si buttò praticamente addosso, scompigliando i miei capelli gellati e rovinando così il mio ciuffo. Mi ritrovai steso a terra cercando di liberarmi da lei che nel frattempo continuava ad agitare le mani fra i miei capelli. Sembrava fosse eternamente in quel periodo con i suoi repentini sbalzi d'umore.

Cercavo di tenerlo fermo stringendo le ginocchia sul suo busto, ma continuava a dimenarsi. Le mani intanto mi correvano veloci sui capelli, che cercavo di scompigliare, con qualche difficoltà, vista la gran quantità di gel che aveva messo. Improvvisamente sentì le sue mani sui miei fianchi e prima che potessi accorgermene ero intrappolata tra lui e il pavimento. Le sue dita cominciarono a muoversi velocemente sul mio corpo.

-Ti prego! Tutto ma non il solletico!-

Era l'unico modo per tenerla buona. Cominciò a ridere senza ritegno. Intanto un rigido ciuffo di capelli mi cadde sugli occhi.

-Ora non ci vedo più bene per colpa tua. Questa me la paghi, cara la mia stronzetta!-

Ormai non riuscivo più a controllarmi. A dir la verità non riuscivo nemmeno più a respirare per via del troppo ridere. Improvvisamente ebbi un attimo di tregua, anche se un fianco faceva male da morire. Nonostante continuasse a farmi contorcere agitando le sue dita su di me, riuscì a farlo cadere da quella posizione di potere. E fu così che cominciammo a rotolare in quello spazio angusto.

Aveva ripreso a scompigliarmi i capelli. Per tutta risposta, feci aumentare la sua dose di risate, tanto che in certi momenti trascinò pure me. Era un continuo tira e molla. Prima era lei ad averla quasi vinta, e il secondo dopo si contorceva ancora sotto le mie mani. Improvvisamente prese le mie mani e mi buttò a terra, tenendomi imprigionato. Fu così che ci ritrovammo più vicini di quanto volessi.

Le risa mi morirono in gola. I nostri nasi si sfioravano. I suoi occhi quasi a mandorla avevano attratto i miei come una calamita attira il metallo. Ma sapevo che non stava guardando i miei occhi. Impulsivamente cominciai a mordermi il labbro inferiore imbarazzata, ma ciò non fece altro che aumentare la sua attenzione. Abbassai di poco lo sguardo e mi ritrovai a fissare quelle che dovevano essere le sue labbra.

Cazzo. Non ero un'adolescente in calore che si lasciava emozionare da momenti smielati come questo. Era un caso. Stop. Eravamo finiti in quella situazione per caso. Fissavo le sue labbra solo perchè non volevo fissare i suoi occhi e poi perchè non mi ero mai accorto di quanto fossero rosse. Niente di più.
"Idiota. Se proprio vuoi baciarla fatti avanti coglione. Sei John Lennon, il Playboy di Liverpool. Le ragazze farebbero a gara per ritrovarsi in una situazione del genere con te. O ti mancano le palle per baciare lei?"


-Scusa-

Mi rialzai in fretta, maledicendomi di quanto fosse appena successo. Eravamo entrambi impegnati. Almeno, io lo ero. Mi sentivo una perfetta idiota, perchè sapevo di non essere di quelle che baciano subito un tizio, pur essendo fidanzate.

-No-non è stata colpa tua... E' successo-

Mi misi a sedere e la osservai. Mi dava la schiena. Sapevo che i sensi di colpa la stavano divorando. Sapeva lasciarsi andare, ma mai del tutto. In fondo, eravamo amici. Un bacio non avrebbe cambiato nulla. O no?

Sapevo che mi stava osservando. Sentivo il suo sguardo indagatore su di me. Presi lo zaino e feci scorrere lentamente la cerniera. Restare ferma era uno strazio che dilaniava lentamente.

Guardai l'ora. Avevo un appuntamento con i ragazzi per suonare in un locale. Cazzo. Questa non me l'avrebbero perdonata. Oppure... Sistemata la situazione a mio favore...

-Io devo andare-

Lo sentì alzarsi e mettersi la borsa sulla spalla. Mi sentivo una perfetta idiota, ma dovevo chiederglielo.

-E quello che è successo?-

Si alzò in piedi. Aveva il viso che andava a fuoco per l'imbarazzo.

-Non so... per te è successo?-

-Beh.. non puoi cancellare niente di ciò che è successo...-

-In senso metaforico Granger... Non prendermi sempre alla lettera...-

-Se vuoi...-

-Se voglio...-

-Può restare tutto qui-

-Copriti bene che fuori fa ancora freddo, Judy-

Con due dita mi strinse la guancia e lo vidi uscire dal negozio. La mia mano stava toccando il punto in cui mi aveva sfiorato. Che cazzo mi succedeva? Era un amico. Amico. Punto. Ci eravamo ritrovati in quel modo per caso. E poi... Non era successo niente. Fortunatamente. Già sentivo un peso allo stomaco così. Figuriamoci se la cosa fosse andata avanti. In più sapevo che non poteva funzionare. Lo sapevamo entrambi. Mentalità ed epoche troppo diverse. Già era strano che fossimo diventati amici. Ma diventare qualcosa di più era follia pura.
"Eppure Judy, tu non dici sempre: 'Scherzando si possono dire tante cose. Ma se ne possono fare altrettante' Voi non stavate solo scherzando?"
Stupida coscienza moralista che non aveva altro da fare al momento!

Spazio autrice:
TADAAAAAAAAAAN! eccomi di nuovo tra voi! :D dalla canzone pensavate che si baciavano vero??? è invece no! belli i miei scherzi vero?? BAZINGA! *cretina! ora spunta quel palo isterico dicendo che secondo il grande capo pippa mentale della tribù degli yuppipippolosi gli dobbiamo i diritti per il bazinga!* Lennon sei una palla! allora i miei ringraziamenti, quelli del qui presente Lennon e anche del dotto Sheldon Cooper vanno a 365dayswiththebeatles e Miss_Riddle Starkey per aver puntualmente recensito la storia e a tutti voi che anche senza commentare la state seguendo :)

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Words are flowing out like endless rain into a paper cup,
They slither wildly as they slip away across the universe.
Pools of sorrow, waves of joy are drifting through my open mind,
Possessing and caressing me.
Jai guru deva om

Nothing's gonna change my world...
{Across the universe}


Liverpool, 3 Maggio 1958/2012.

Sapevo che era il suo compleanno. Lo sapevo anche se non me l'aveva detto. Non ci sarebbe stato bisogno nemmeno di sbirciare a sua insaputa il suo diario per scoprirlo, visto che il giorno prima era una bomba a orologeria, anche se non voleva dirmi il motivo. Non sapevo nemmeno se farle un regalo o meno. In fondo, lei mi aveva praticamente regalato un disco senza nemmeno conoscermi. Si. Un disco doveva andare bene. Il rock'n'roll piace a tutti. Anche nel futuro. Anche se da quel che mi ha raccontato ci saranno canzoni pessime in circolazione. Un buon disco di Buddy Holly annienta tutte quelle checche che si credono cantanti. L'altra sorpresa gliel'avrei data dopo. Entrai nel negozio di Brian. Nessuna tizia strana proveniente dal 2012 o giù di li. Buono a sapersi. Mi avvicinai e cominciai a rovistare tra i vinili. Elvis, Eddie Cochran, Little Richard, Fat Domino, Gene Vincent... Ma non aveva niente di Buddy Holly in quel buco? Continuai a camminare vicino al bancone con l'intenzione di vedere tutti i dischi che avevano. Percorrendo però al contrario la lunghezza del bancone dal lato opposto, mi ritrovai davanti, sul pavimento, una figura rannicchiata. Aveva le ginocchia strette al petto, chiuse in una morsa dalle braccia e la testa piegata sulle ginocchia, con il chiaro intento di nascondere il viso tra le braccia.

-Evapora Lennon!-

Non doveva vedermi in quello stato. Ne quel giorno, ne mai. Nonostante la mia chiara provocazione, sentì il parquet scricchiolare accanto a me. Illuso. Stavolta neanche lui con le sue battutine sarcastiche e irriverenti sarebbe riuscito a mettermi di buon umore. Nessuno ci sarebbe riuscito. Ne in quel momento, ne fra un paio di millenni. Ma sapevo che Lennon in fondo era uno spericolato, a volte anche masochista. Odiava essere ignorato, ma se l'era cercata lui.

Le parole le uscirono fuori come veleno. Forse anche un po più di quanto lei stessa voleva. Aveva un tono duro, secco e alterato. Probabilmente stava piangendo, ma sapevo che era troppo orgogliosa per ammettere una debolezza. E così si chiudeva in un riccio impenetrabile per chiunque. Ma non sapeva che io sapevo e quel giorno sarei stato più paziente del solito. Cominciai a battere con le dita un ritmo che mi passava per la testa ma che non aveva alcun significato. Lei restava li, immobile, con la testa a lanciare chissà quali maledizioni verso chissà chi. Rimanemmo così per un tempo indeterminabile. Un po guardando di fronte a me, un po osservandola, sperando che una buona volta capisse che chiudersi in quel modo non avrebbe risolto un emerito cazzo. Era testarda come una bambina che si impunta con una bambola o con un dolce. Più cercavi di farle cambiare idea, più impuntava i piedi su quell'idea e non riuscivi a fargliela cambiare.

-Lennon... cosa si prova ad essere abbandonati?-

La domanda mi era sfuggita dalle labbra, involontaria. Mi sembrava una domanda infantile, eppure sentivo il bisogno vitale di farla. Nella mia mente si andarono affollando e susseguendo in modo caotico tutte le pazzie che mi erano successe quel giorno. Il giorno del mio compleanno. Un giorno che non desideravo fosse assolutamente perfetto, ma migliore degli altri. John nemmeno lo sapeva, e di certo io non gliel'avrei detto in quello stato che era il giorno del mio compleanno. Non rispose, ma sentivo il suo sguardo su di me.

-Ci siamo lasciati oggi... o almeno, non so chi abbia mollato chi, ma se vedi il tuo ragazzo divorare la faccia di una troietta qualsiasi non credo che la cosa si regga in piedi no? Ah dimenticavo... I miei hanno deciso di divorziare. Me l'hanno detto appena sono tornata a casa-

Cazzo. Che merda di compleanno. La sua anzi era stata una rezione ragionevole e razionale. Tipicamente sua. Se succedeva a me sapevo che avrei distrutto mezza Liverpool per la rabbia. Lei invece no. Si nascondeva sotto un polveroso bancone di un negozio di dischi a piangere silenziosamente.

L'aver detto tutto mi aveva fatto realizzare ancora di più quanto il tutto fosse reale. Sentii gli occhi bruciare, mentre calde lacrime uscivano sul viso già infuocato. Ripresi a mordere il labbro inferiore. Un fiotto di sangue mi inondò nuovamente la bocca. Poco mi importava se mi avevano appena rimesso i punti per l'ennesima volta. Avevo la necessità di affondare i denti nella carne, anche se ciò significava mettermi contro l'intera equipe medica della città.

Me ne accorsi solo in quel momento. Per la prima volta da quando ci conoscevamo la vedevo con un vestito addosso. Sapevo quanto odiasse metterli, ma se li metteva lo faceva per qualcuno. Sicuramente quel gran bastardo doveva averle promesso una gran giornata se lei aveva fatto così tanta attenzione ai vestiti. Non seppi spiegarmi quell'ondata di rabbia che mi pervase quando realizzai cosa le fosse successo. Rabbia incomprensibile verso quello stronzo che nemmeno conoscevo. Automaticamente le misi una mano sulla spalla e tornai a guardare un punto indefinito di fronte a me.

Sentii la sua mano poggiarsi sulla mia spalla. Istintivamente spostai la testa. Non volevo bagnargli la mano con le mie lacrime. A quella reazione, sentì la sua mano stringersi lievemente sulla mia spalla, come per confortarmi. Fu come se un enorme peso mi venisse levato dallo stomaco. Era rimasto li, nonostante lo avessi cacciato. Perchè? Eravamo amici, ma non fino a quel punto. "Sicura che per te sia solo un amico?"
Ecco ora si ci metteva anche la mia coscienza. Con tutti i problemi che avevo dovevo pensare pure alla mia amicizia extra-temporale. Lui era li. Questo era quanto. E a me bastava.

-Ci si sente così-

Quasi avessi acceso una miccia, mise la sua testa nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla. Sentii la solita mano fredda passarmi sulla schiena, mentre dentro sentivo una cascata di liquido bollente invadermi. La strinsi più forte a me, aumentando la stretta alla sua spalla. Aveva abbattuto quel muro che era solita costruirsi. Si stava lasciando andare.

In quel momento rappresentava la mia ancora di salvezza verso la caduta libera in quell'oblio in cui tutti mi stavano trascinando. Mi aggrappavo a lui con tutte le mie forze, sia metaforicamente che fisicamente. Mi faceva sentire come in una bolla protetta in cui niente e nessuno avrebbe più potuto farmi del male.

-Ti sto rovinando tutta la camicia...-

-Fa niente... non è nemmeno fra quelle che mi piacciono... solo che Mimì mi costringe a metterla...-

Aveva alzato leggermente la testa e cercava di asciugare con la mano la spalla bagnata della camicia. Una terribile fitta mi chiuse lo stomaco a vederla così.

Sentii improvvisamente l'irrefrenabile impulso di baciarlo, ma cercai di trattenermi. Era solo la delusione portata dalla giornata che mi spingeva verso quell'azione e sapevo che me ne sarei pentita subito dopo. Ripoggiai la testa sulla sua spalla, mentre sentivo la lotta crescere dentro di me. Farlo o non farlo? Questo era il problema.

Rimanemmo in quel modo per un tempo interminabile. Ogni tanto sentivo dei fiotti caldi inondarmi la spalla e sapevo che aveva ricominciato a piangere silenziosamente. Cercava di nasconderlo a tutti i costi, ma non si può nascondere l'evidenza. Mi limitavo solo ad accarezzarle il braccio. Dopo quelle che dovevano essere ore, in quanto fuori era buio pesto, percepii i suoi muscoli rilassarsi, la sua testa abbandonarsi completamente sulla mia spalla e il respiro e i battiti tornare regolari. Si era addormentata. Non mi andava di lasciarla li da sola. Non volevo lasciarla li da sola. Le misi il mio giubbotto sulle spalle e mi limitai a darle un bacio sulla fronte, stringedola con entrambe le braccia.

-Buon compleanno, piccola Judy-



Spazio autrice.
Non sono morta tranquillezza :D allora scusate la cortezza (?) del capitolo ma non c'ho potuto fare nulla. questo m'è venuto così ^^ spero vi piaccia lo stesso anche perchè è uno di quelli che mi è piaciuto di più da scrivere :) *m'hai fatto troppo pappamolla* e ancora non hai visto nulla caro il mio Lennonuccio <3 ringraziamenti: ovviamente sempre a Miss_Riddle Starkey che commenta a qualsiasi ora io aggiorni (XD) e BohemianScaramouche per averla inserita tra le seguite :) al prossimo capitolo ^^

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Little darling, it's been a long cold lonely winter
Little darling, it feels like years since it's been here
Here comes the sun, here comes the sun
And I say it's all right
{Here comes the sun}


Liverpool, 4 Maggio 1958/2012

Un odore intenso di sigaretta, dopobarba e colonia maschile riempì le mie narici non appena riaprii gli occhi. Sentivo un peso sulla testa e come una morsa che impediva al mio busto di muoversi. Avevo gli occhi impastati dal sonno e gli occhiali storti. Con un po di fatica riuscì a sistemare alla meno peggio gli occhiali e a ripulirmi un po gli occhi. Ma muovere la testa era impossibile. Ci misi un po' a capire che il peso sopra la mia testa altro non era che la testa di un addormentato Lennon e che la morsa in cui mi trovavo erano le sue braccia. Il suo giubbotto di pelle nera di certo non semplificava le cose, anzi. Scivolava facilmente e senza morivo di freddo. Riuscii alla fine a sistemarlo alla meno peggio, anche perchè impedita dalla mia posizione, mai cambiata perchè non volevo svegliarlo. Era rimasto con me tutta la notte. Alzai leggermente lo sguardo, giusto quello che la sua testa mi permetteva e quanto mi bastava per guardarlo. Gli occhi color nocciola quasi a mandorla erano chiusi in un sonno profondo, il naso perfettamente dritto respirava piano e le sue labbra sottilissime erano serrate. Mi soffermai sulle labbra più di quanto volessi. Improvvisamente risentii quell'impulso irrefrenabile di baciarlo. Se non erano i suoi occhi, erano le sue labbra. Ma quali labbra, visto che erano quasi inesistenti?
"Quelle sono labbra, emerita idiota. E tu vuoi baciarle. Fallo ora cazzo! Se sei così stupida da non volerlo fare quando lui è sveglio approfittane ora che sta dormendo!"
Nella mia testa si diede il via a una lotta silenziosa tra istinto e razionalità. Lotta che venne messa a tacere non appena si svegliò.

Fui costretto a sbattere più volte le palpebre per poter mettere a fuoco. Dormire una notte intera seduti sotto un bancone è una tortura. Chissà se i cinesi ci hanno mai pensato a una tortura del genere. Guarda come avrebbero confessato i loro prigionieri. Mi sentivo la schiena e anche le chiappe indolenzite. Tra le braccia sentii qualcosa muoversi. Spostai leggermente la testa. Sentii un brutto rumore venire dal collo, come uno schiocco. Fra un gemito e una smorfia, abbassai lo sguardo e me la ritrovai a due centimetri che mi osservava con uno sguardo impaurito e confuso.

-Giorno...-

-Siamo rimasti qui tutta la notte?-

-Già...-

-Soli io e te?-

-Si-

-E per caso è successo qualcosa?-

-Ti sei buttata addosso a me dormendo come un ghiro che cade in letargo e non mi hai permesso di poter tornare a casa a dormire sul mio letto. Ho degli acciacchi peggio di quel vecchio che ogni tanto viene a casa per far visita a Mimì... e lui ha 80 anni suonati cazzo!-

-Scusa...-

Mi sentivo un'idiota. Non ne combinavo una giusta. Cercai di liberarmi dalla sua stretta, ma quando stavo per allontanarmi da lui, le sue braccia mi strinsero più forte di prima, tanto che mi ritrovai la schiena contro il suo petto. Riuscivo a percepire anche il suo battito.

-Se tu ti allontani mi fai morire di freddo... e non vuoi che mi venga la polmonite vero?-

Non la volevo lontana da me. Non ora. Era troppo debole, fragile come un cristallo durante un terremoto, pronto a frantumarsi alla prima scossa. Era una scusa stupida, lo sapevo fin troppo bene, ma non mi sentivo ancora pronto a lasciarla andare. Non dopo che aveva passato la notte tra le mie braccia e mi aveva fatto risvegliare col suo profumo.

Impossibilità fisica e mentale. Era esattamente quello che provavo in quel preciso istante. Ne più, ne meno. Volevo restare con lui perchè mi sentivo al sicuro, ma allo stesso tempo volevo scappare perchè sapevo che avrei potuto fare qualcosa di folle. Volevo ringraziarlo per quello che aveva fatto per me, ma non trovavo le parole adatte. Avevo paura di dire più di quanto fosse necessario. Portai la testa indietro e mi lasciai andare contro la sua spalla. Il profumo della sua colonia mi invase completamente.

Un'altra scarica di liquido bollente nelle viscere. Poggiai il mento contro la sua tempia. Scottava.

-Sicuro che non è successo niente stanotte?-

-A quest'ora ti saresti risvegliata come ti sei addormentata ieri sera, vestita di tutto punto?-

-Mi dispiace per quel brutto rumore al collo...-

-Non preoccuparti per me... Pensa piuttosto a risolvere i tuoi problemi senza combinare troppi casini...-

Di colpo ricordai perchè mi trovavo là. Tutti gli avvenimenti del giorno prima mi cadderro addosso come una valanga. L'aveva detto per riportarmi alla realtà, lo faceva per il mio bene. Ma perchè doveva fare così male? Le lacrime protestevano. Urlavano. Minacciavano di venir fuori. Ma con decisione le ricacciai dentro. Ne erano uscite anche troppe per i miei gusti.

-Mi dispiace...-

-E' la seconda volta che lo dici... Ti si incanta il disco Granger-

-E' la verità-

-E per cosa ti dispiace stavolta? Sentiamo-

-Che ti ho costretto a restare qui stanotte. Sicuramente avevi adocchiato qualche bella pollastra da scoparti e grazie a me i tuoi piani sono andati in fumo...-

-Per un'amica questo e altro...-

La sentì sussultare. La strinsi ancora più forte e poggiai le labbra sulla sua fronte. Non era per baciarla o altro. Era per farle capire che tenevo a lei.
"E' solo un'amica. Benissimo. Allora baciala ora se hai le palle e la tiri su di morale! Tanto è solo un bacio, mica una promessa di matrimonio!"
Perchè doveva farmi quell'effetto? Stava guardando un punto impreciso del soffitto. Doveva essere una posizione abbastanza scomoda ma non le dissi nulla. Stava in quel modo per sentire meno il peso dei suoi problemi. Intanto dalle grandi finestre spuntavano i primi sprazzi di luce, che si andavano diffondendo mano a mano in tutto il locale, illuminandolo.


Un'amica. Solo un'amica. Stop. L'aveva detto. La lotta riprese nella mia mente. Ebbe la meglio la razionalità. Come sempre d'altronde. Le sue labbra sulla fronte. Erano sottili e morbide. Improvvisamente l'istinto uscì fuori ruggendo, quasi obbligandomi a baciarle. Mi voltai leggermente verso di lui e mi lasciai stringere ancora di più.

La guardai per un po. La posizione era scomoda, c'era freddo e il pavimento era duro. Eppure non avevo voglia di alzarmi. Volevo solo che quel momento andasse avanti per anni. Il sole ormai aveva lluminato quasi tutto il piccolo locale. L'unica zona d'ombra era il nostro "rifugio".

-Ci mettiamo al sole? Si congela qui sotto-

Era poco più che un bisbiglio, ma mi fece uscire da quello stato comatoso in cui ero caduta. Le immagini veloci della giornata precedente erano svanite in un attimo. Annuì piano.

Mi pentì subito di quanto avevo detto e me ne pentì ancora di più quando la sentì annuire.
"Visto coscienza di sta cippa? Siamo solo amici. Punto. Fine della storia. Ora smettila di sfracellarmi i coglioni."
Allentai la presa delle braccia e mi resi conto solo in quel momento di quanto dolessero i muscoli delle spalle. Scivolò via da me piano, silenziosamente e sinuosamente, nonostante i muscoli intorpiditi. Uscii da quel buco e mi misi in piedi. Bruciava tutto. Lei invece restò lì sul pavimento. Si vergognava di com'era vestita. Glielo si leggeva in faccia. Ciò nonostante, la presi per le mani e la costrinsi a mettersi in piedi.


Odiavo mettere i vestiti. Specie se corti. Attiravano troppo l'attenzione. Infatti Lennon mi squadrava da capo a piedi con aria fin troppo curiosa e attenta.

-Stai bene così...-

-Grazie...-

Abbassò lo sguardo e infilò le mani nelle tasche del maglione. Scese un silenzio imbarazzante e glaciale. Portai una mano dietro la testa e cominciai a scrutare il pavimento.

-Credo dovremmo andarcene...-

-Lo credo anch'io...-

-Ma come?-

-Dalla porta?-

-Spiritosa Granger... Davvero esilarante...-

-Che vuoi ora? Tu non ci avevi pensato!-

-Genio la porta principale sarà chiusa a chiave. O nel futuro lasciano tutto aperto e incustodito perchè i ladri si sono estinti?-

-E allora cosa proponi mente criminale dei miei stivali?-

-Porta sul retro-

-Che?-

-Mi hai capito benissimo-

Afferrò il suo giubbotto e la sua borsa da terra, mi prese per una mano a mi trascinò via. Di colpo ci ritrovammo nel vicolo sudicio che si trovava sul retro. L'aria era impregnata di alcool. Veniva da dove prima c'era il vecchio Cavern.

-Credo sia ora di tornare a casa no?-

-Lo credo anch'io...-

-Prima che Mimì mi dia per scomparso...-

-Prima che i vicini chiamino la polizia per sequestro di persona...-

-Sicura di star bene? Perchè dopo che salto questo muro non ci potremo vedere più per ora...-

-Si sto bene. Una bella camminata mi schiarirà le idee...-

Sentii la solita mano glaciale afferrarmi le viscere. Sorrisi appena, infilai il giubbotto e, borsa in spalla, cominciai a cercare un buon punto dove scavalcare.

Ora o mai più.

-John...-

-Mmm?-

Fu un secondo. Me la ritrovai appiccicata. Mi aveva letteralmente buttato le braccia al collo. Talmente tanto che rischiavo di soffocare. Al contatto del suo corpo con il mio risentii la familiare sensazione di liquido bollente. Solo che stavolta era dappertutto. Dopo i primi attimi di sorpresa, titubante risposi all'abbraccio. Due dita gelide mi sfiorarono la schiena.

-Grazie-

-E di cosa?-

-Di tutto-

Lasciai che l'odore della sua colonia mi stordisse. Per un attimo mi ritrovai quella bolla protetta in cui mi aveva posto la sera prima. Quando percepii le sue mani su di me, sentii un fremito che correva lungo la schiena. Mi separai da lui a fatica. Volevo durasse di più. Ricominciai a mordere il labbro inferiore, in modo molto meno violento. Mi sorrise e scavalcò il muro. Presi la prima svolta che mi consentisse di uscire da quel letamaio. La strada era deserta, l'asfalto bagnato e nell'aria c'era un forte sapore salmastro. Cosa che evitai accuratamente di assaporare in quanto non volevo dimenticare l'odore della sua colonia.




Spazio autrice.
*perchè continui a chiamarlo spazio autrice, scrittorucola dei miei stivali?* Lennon ma farti gli affaracci tuoi no? Saaaaaaaaaalve scusate il ritardo ma c'è stato un inconveniente chiamato dentista *io non ho bisogno del dentista, guarda che sorriso perfetto!* e poi hai anche il coraggio di dire a macca che è lui l'egocentrico?? tralasciando quel "simpaticone" di Lennon... Questo insieme al precedente è uno dei capitoli che mi sono piaciuti di più da scrivere... spero che si veda D: lo so che fa tanto "le bionde trecce e gli occhi azzurri e poi le tue calzette rosse" ma ero in fase la canzone del sole XD perdonatemi XD beh ringrazio Val_ e Miss_Riddle Starkey che sono sempre puntualissime nel recensire ma soprattutto vorrei ringraziare chi segue la storia anche senza recensirla :) un grazie enorme :) alla prossima ^^

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


It's been a hard day's night, and I'd been working like a dog
It's been a hard day's night, I should be sleeping like a log
But when I get home to you I find the things that you do
Will make me feel alright
{A Hard Day's Night}


Liverpool, 16 Maggio 1958/2012.

Loro odiavano me. Io odiavo loro. Se proprio non mi volevano tra i piedi perchè si sono scolati una bottiglia di rhum prima di scoparsi come animali? Ripensavo a tutto questo mentre, con le mani in tasca, giravo per Liverpool nel mio primo tardo pomeriggio di libertà, o per meglio chiamarlo, di evasione. Nel cervello rimbombava "Another brick in the wall" dei Pink Floyd, mentre tiravo calci immeritati ai sassolini che riempivano la strada. Erano stati i dieci giorni peggiori di tutta la mia vita. Non poter uscire solo per fare da babysitter ai miei, se non per andare a scuola, e non poter evadere da quelle quattro mura solo perchè sparita il giorno del mio compleanno. Tirai un forte calcio a un sasso di notevoli dimensioni e per poco non colpì la porta a vetri del negozio di Jim. Decisi di entrare. Mi sentivo in colpa di non aver pensato subito di tornare li, ma in un certo senso volevo starne anche lontana.

Il dubbio? Il mio compagno perenne. O almeno, perenne da quel giorno. Non feci altro che pensare se avevo fatto bene o avevo fatto male a lasciarla andare in quel modo. Inutile dire che ormai le giornate passate a scuola fungevano solo da conto alla rovescia per poter uscire da quella prigione e recarmi nel piccolo negozio di Eppy. Scoprì quanto fosse rilassante disegnare in quel posto ascoltando un disco. L'unica pecca fu che lo scoprì da solo. Lei era sparita. Inghiottita dall'oblio. Non passava giorno senza che recandomi alle prove dei Quarrymen non sentissi un peso sullo stomaco che andava crescendo sempre più. Aveva appena passato una merda di compleanno e io ne avevo approfittato per provarci, anche se non lo feci apertamente. Avrebbe avuto tutte le ragioni di non volermi vedere un po, ripensando al tutto a mente fresca. La matita si muoveva velocemente sul foglio bianco quando sentì la porta tintinnare. Sembrava il fantasma di se stessa.

-Granger!-

Mi voltai verso la voce. Era seduto li, nel nostro angolo, a disegnare. Senza dir nulla, mi avvicinai e poi mi lasciai cadere accanto a lui. Fu un sollievo enorme risentire l'odore di sigaretta di una marca sconosciuta.

-Lennon...-

-Come mai quest'assenza?-

Ritornai a guardare il mio disegno. Non volevo metterla ulteriormete a disagio osservandola perentoriamente. Sospirò.

-I miei si sono incazzati di brutto perchè sono sparita, secondo loro inspiegabilmente, la sera del mio compleanno e mi sono rifatta viva il giorno dopo con del profumo maschile addosso!-

Sentì la rabbia crescere di nuovo dentro. Strinsi gli occhi cercando di calmare la rabbia. Allungai le gambe sul pavimento, mentre lasciavo andare la testa contro il muro e respiravo lentamente per calmarmi.

-Mi dispiace di averti causato tutti questi casini...

Mi dispiace? Il mio senso di colpa partiva da Liverpool, arrivava a New York e faceva ritorno cazzo. Per una volta nella tua vita tira fuori le palle quando servono veramente Lennon! Fui costretto a cancellare una grossa linea che avevo fatto per sbaglio al centro dello schizzo.

-Non sentirti in colpa... Se non era per te chissà cosa avrei combinato...-

-Cosa per esempio?-

-Buttarmi da molo del porto-

Forse esageravo, forse no. Sapevo solo che se quella sera Lui mi aveva tirato fuori dall'oblio in cui stavo inesorabilmente cadendo. Mi aveva trascinato via da quel mostro che con i suoi tentacoli mi attanagliava e mi aveva messo al sicuro, restando con me. Poco importavano i rimproveri e le punizioni. Pur di passare del tempo con lui questo e altro.

-Come mai sei uscita solo oggi?-

-I miei prima mi avevano dato il permesso di uscire, poi se lo sono ripreso. Sono uscita dalla finestra calandomi dall'albero che si vede dalla mia camera-

-Tu sei pazza!-

-Mi avevano impedito di vedere il mio migliore amico, cioè tu!-

Fu un secondo, un attimo. Velocissimo. Mi bloccai, lasciando un tratto di matita a metà. Alzai leggermente lo sguardo, fissando un punto indefinito. Aveva rischiato di rompersi l'osso del collo solo per vedere... ME?

Mi voltai verso di lui. L'avevo detto ad alta voce. L'avevo ammesso a me stessa prima di tutto. Cominciai nervosamente a giocherellare con i braccialetti che mi ricoprivano il polso destro. Non riuscivo a guardarlo veramente in faccia.

Mi girai verso di lei. Fissava il pavimento. Ero il suo migliore amico. O forse, da quel che mi aveva detto, il suo unico amico. Il che era strano, perchè era simpatica, divertente, forse un po troppo maniacale, con una buona memoria, carina quando voleva, attraente... Scossi velocemente la testa a quel pensiero. Ero un amico. Il suo migliore amico. Sentii una punta di orgoglio dentro quando misi a fuoco il tutto.

-Sei pazza!-

-Sta parlando il masochista!-

-Io sarò masochista ma tu hai rischiato di farti raccogliere col cucchiaino da terra!-

-Non sei mia madre-

-E non ci tengo a esserlo! Ma promettimi che non farai più una cosa del genere!-

Lo guardai negli occhi. Per la prima volta da quando lo conoscevo di persona leggevo un'espressione dura e autorevole.

-Si promesso! Cosa disegni?-

Si avvicinò a me e cominciò a scrutare il mio disegno. In realtà non sapevo nemmeno io cosa disegnavo. Mi era uscito fuori solo un tricheco seduto su un cereale che si librava sopra un giardino inglese.1

-Non so... Quello che mi passa per la testa-

Sorrise. Lo guardai estasiata. Aveva appena fatto lo schizzo di una delle canzoni che amavo di più al mondo, per melodia ma soprattutto per originalità e significato del testo. Dovevo avere un'aria da emerita idiota e dopo qualche minuto cominciai a osservare i fogli sparsi ai suoi piedi. Erano tutti disegni. In uno il protagonista era un campo di fragole2, in un altro una mela3. Oppure si potevano vedere diverse costellazioni, tutte estremamente precise. Ma il mondo divenne muto quando arrivai all'ultimo foglio, il più piccolo. Era bianco e al centro regnavano due occhi senza volto. Erano grandi, allegri e dovevano essere di un bel colore vivace, anche se il disegno era in bianco e nero.

Era da troppo tempo che restava ferma e zitta. Sistemai gli ultimi particolari nel mio disegno. Lo avrei colorato a casa. Almeno sarei sfuggito a Mimì. Alzai lo sguardo e sentì il morale cadere senza sentire il tonfo finale. Aveva visto l'unico disegno che non doveva.

Improvvisamente realizzai. Quelli erano i miei occhi. Ma cosa ci facevano fra i disegni di John?

Si voltò a guardarmi con aria esterrefatta. Quella doveva essere la mia sorpresa per il suo compleanno. Non ero riuscito a terminare il disegno perchè avevo perso un sacco di giorni a disegnare gli occhi. Dovevo lasciare quel foglio chiuso nel cassetto della scrivania cazzo!

-Posso chiederti...?-

-E' solo uno schizzo... Lo cominciai durante l'ora di arte... Dovevamo fare uno schizzo di un nudo di una modella e... mi è venuto fuori questo-

Alzai le sopracciglia un po sorpresa. Aveva davanti una donna nuda che aspettava solo di essere disegnata e lui disegnava i miei occhi?

-Non è solo uno schizzo... Sono troppo perfetti...-

-No guarda... Vedi tutti questi segni qui? Sono degli orrori veramente.-

-Non scherzare-

-Non sto scherzando... Al massimo posso averli ritoccati un po mentre aspettavo di fare quattro chiacchiere col preside ma niente di più!-

Ci provai con tutto me stesso a convincerla del contrario, ma era inutile. Impossibile farle cambiare idea.

Continuai a osservare il disegno.

-Sono di qualcuno in particolare questi?-

La domanda mi toccò sul vivo. Come cazzo facevo a uscire da quella situazione?
"Menti Lennon! Mentire alle ragazze è la tua specialità! Hai dimenticato cosa raccontasti a Cindy Smith il giorno dopo essertela portata a letto? Di essere ubriaco la sera prima e non ricordare nemmeno che lei ti aveva dato un bigliettino con il suo numero di telefono quando sappiamo entrambi che avresti fatto follie per scopartela almeno una volta!"
Per una volta decisi di dare ascolto alla coscienza pazza che mi ritrovavo.


-No.. Però se il disegno ti piace puoi tenerlo-

-E' tuo... Non se ne parla-

-Dai te lo chiedo io di tenerlo-

-Te lo scordi Lennon. Il disegno è tuo e a te resta!-

-Quando ti ci metti sei proprio una grandissima rompipalle Granger, lo sapevi?-

-Si sono rompipalle ma non me la sento di tenere roba altrui nelle mie mani-

-Te lo sto chiedendo come una favore-

-Non provare a comprarmi così Lennon-

-Cosa c'è? Non ti piace il disegno?-

Per un attimo vacillai. Ci eravamo passati il disegno di mano in mano come se giocassimo a palla avvelenata. Noi due soli. Il disegno mi piaceva da matti. Nessuno mi aveva mai usato come soggetto per un disegno. Volevo tenerlo ma leggevo nei suoi occhi la voglia di conservare quel disegno per motivi a me ignoti.

-Ti sbagli il disegno è bellissimo... Solo che oggi sono senza zaino, solo con il giubbotto e arriverebbe a casa stropicciato e rovinato. Davvero tienilo tu-

Ci ero quasi riuscito. Le avevo praticamente dato il mio regalo di compleanno anche se non lo sapeva. Volevo che quel disegno lo tenesse lei perchè era per lei, ma non volevo separmene. Negli ultimi giorni lo portavo nella tasca della giacca ed era sempre con me. Era come avere una briciola di lei sempre con me.

-Hai vinto. Lo tengo io. Però la prossima volta te lo prendi. E soprattutto non lamentarti se non sarà esattamente come l'hai visto oggi-

-Si signor capitano!-

Per la prima volta dopo giorni cominciai a ridere. I muscoli della faccia facevano male per via del torpore in cui erano caduti nei giorni precedenti. Lo sguardo mi cadde fuori. Il sole era quasi sparito.

-Io devo andare. E' tardi-

-Hai paura che i tuoi lo scoprano?-

-Esatto. Meglio se vado subito che c'è ancora luce così posso vedere dove metto i piedi per arrampicarmi. E' stata una lunga giornata oggi-

-Almeno ti ho fatto ridere-

-Già... Grazie-

Si alzò in piedi e si avviò verso la porta, sempre con le cuffie nelle orecchie.

-Judy...-

-Dimmi...-

-Non farlo mai più-

-Cosa?-

-Rischiare la vita solo per vedermi-

Lo diceva sinceramente. Era realmente preoccupato per me. All'improvviso mi sentì in colpa per la mia incoscienza.

-Tranquillo... Non succederà più-

1evidente riferimento alla canzone "I am the Walrus"
2riferimento alla canzone "Strawberry Fields Forever"
3riferimento alla Apple e al film "Across the Universe"





Spazio autrice:
*perchè continui a chiamarlo spazio autrice, scrittorucola dei miei stivali?* scusate quel rompiscatole di Lennon.
saaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaalve bella gente! ecco qui il nuovo capitolo, il primo di una serie che io amo chiamare capitoli-cuscinetto, ovvero che a prima vista non sono importanti e fanno solo da tramite per gli eventi davvero importanti però vi consiglio di far caso ai particolari ^^
che dire?? ah si. ringrazio enormemente tutti quelli che seguono la storia :)
alla prossima :) *anche da parte mia!* "ceffone per Lennon"

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Something in the way she moves
Attracts me like no other lover
Something in the way she woos me

I don't want to leave her now
You know I believe her now
{Something}


Liverpool, 30 Maggio 1958/2012.

-"Irride delle cicatrici chi non conobbe mai ferita." E grazie al cazzo. Di certo uno con una gamba rotta non si ammazza dalle risate...-

-Lennon continua!-

-Sisi giusto... "Piano? Che luce irrompe da quella finestra lassù? Lì è l'oriente. E Giulietta è il sole." Ma sicura che già nel '500 non esistesse la droga?-

-Sicurissima. Va avanti.-

-"Levati, o sole bello, a cancellare la gelosa luna/sbiancata e livida di rancore, perché tu, che sei sua ancella,/sei bella, molto più bella di lei." Ma non ha senso! Si era fumato marjiuana questo?-

-No. Continua.-

-Ma sei certa?-

-Certissima.-

-E come fai ad esserlo?-

-Perchè ancora non era arrivata dal Messico.-

-Come fai a ricordarti tutto?-

-Uso il cervello per ricordare certi dati importanti e non per ricordare che misura di reggiseno aveva la barista arrapante che volevo scoparmi.-

Mi era mancato. Mi era mancato tutto. Le battutacce squallide di Lennon, le chiappe doloranti per il troppo tempo passato seduta sul paquet duro, il fiato sprecato per cercare di far concentrare la sua mente su qualcosa che non fosse il sesso, e le conseguenti risate.

-Guarda che non è mica facile ricordarsi le misure di tutte quelle che ti interessano. A Liverpool ce ne sono tante. E tutte molto valide-

-Sei un maiale-

-Secondo me con la giusta dose di birra tu sei peggio di me-

-Non è vero-

-E cara mia... Hai mai provato? Ho visto ragazze molto più chiuse di te che dopo aver bevuto due bottiglie restavano in topless davanti a tutti-

-Beh io non sono loro-

-No, Granger. Tu sei peggio.. Ma parlando di cose più leggere... Come va a casa tua?-

-Alla faccia delle cose leggere!-

-Rispondi... Va davvero meglio?-

-Sisi... I miei sono un po migliorati dopo che gli ho urlato in faccia di crescere e smettere di fare i bambini a cui io dovevo fare da babysitter praticamente da quando sono nata... Non hanno aperto bocca quando sono uscita fuoriosamente da casa e hanno cercato di essere un po più civili in attesa del processo...-

-Almeno hai risolto qualcosa...-

-Già-

-Torniamo al libro?-

-Te lo scordi. Già quella cosa è una palla. Tu che aggiungi i tuoi commenti da rincoglionito lo rende un vero e proprio inferno!-

Chiusi il libro e lo gettai su un punto indefinito del pavimento. Si alzò e fece partire il giradischi. Velocemente tornò vicino a me e si sdraiò sul pavimento.

-Prova. Funziona davvero.-

Adoravo quel brano. Infatti chiamavo Ravel uno dei geni incompresi del Novecento. Nessuno aveva capito il Bolero prima degli anni '70. Lo consideravano stupido e banale mentre consideravano arte delle grandissime cagate che puntualmente finirono nel dimenticatoio.

-Cosa dovrebbe funzionare?-

-Tu fallo e basta-

Amava dare ordini a chicchessia senza dare spiegazioni di alcun tipo. Sbuffando, mi lasciai andare anch'io sul pavimento, mettendo le mani dietro la testa. Partì una musica leggera, soffice, che si sentiva appena.Si ripetè lo stesso motivo di prima. Poi cambiò. Dopo ritornò quello di prima. Era un susseguirsi ipnotico di queste due melodie. Man mano che il brano continuava, aumentava l'intensità. Era un crescendo strumentale, musicale e anche erotico in un certo senso. Quella musica lasciava dietro di se un alone di elegante sensualità.

Misi un braccio sotto la testa e con la mano libera picchiettavo il ritmo sull'addome. Nel frattempo la mia mente volava in alto e man mano incontrava tutti gli strumenti che si susseguivano nel brano, anche se i tamburi erano sempre presenti. Fu come se tutto attorno a me si dissolvesse per lasciare spazio a un mondo fatto di nuvole e suoni, in cui niente è reale e soprattutto dove nulla può farti male veramente.

Capì all'istante cosa voleva dire. Quella musica ti riempiva il petto di una strana forza, un qualcosa che non si riusciva nemmeno a spiegare. Mi voltai verso di lei. Apparentemente stava guardando il soffitto, ma nei suoi occhi si poteva vedere un mondo tutto suo, impenetrabile dall'esterno, qualcosa in cui tutto andava inspiegabilmente bene. Continuai a osservarla e lo sguardo mi cadde sui bottoni slacciati della sua camicia. Rimasi ipnotizzato dal movimento regolare del suo petto. Ero sopra di lei. Le mie labbra sulle sue. Dopo i primi attimi di sorpresa, sentì le sue braccia attorno al collo, le mani che lentamente affondavano nei miei capelli, scompigliandoli. La mia lingua riuscì a intrappolare la sua in una danza travolgente. I suoi fianchi tra le mie mani. Feci aderire il mio bacino con il suo e lentamente cominciai a sbottonarle la camicia. Sentì il suo corpo caldo contro il mio. L'eccitazione cresceva. Mi separai dalle sue labbra e cominciai ad assaporare il suo collo, mentre le mie mani si intrecciavano con le sue. Era tutto perfetto.

-Ehy! Ci sei Lennon?-

Gli agitati una mano davanti agli occhi. Fissava con sguardo assente un punto poco più in alto di dove mi trovassi io. Era come in uno stato di trance. Un rivolo di bava colava da un angolo della bocca. Era abbastanza inquietante.

-Mmm??-

-Stai bene?-

Fu come risvegliarsi da un sogno. Era li davanti a me. Un'espressione preoccupata sul viso. Dovevo sembrare un coglione.

-Sisi!-

Non mi convinceva. Quando colto in flagrante non sapeva mentire. Lo studiai per un po, quando mi accorsi che aveva  i jeans slacciati. Potevo capire che quel brano avesse anche una carica sessuale al suo interno, ma che lo spingesse fino a quel punto era una cosa inaspettata.

-Ehi! Ora che hai da ridere? Oh merda...-

Se la rideva sotto i baffi. Ci misi un po a capire il motivo di tanta ilarità. Peccato che divertente non c'era proprio nulla. In fretta richiusi la patta dei jeans, ma ciò non la fece smettere di ridere.

-Sei una pervertita Granger!-





Spazio autrice:
salve bella gente! *ciao sfigata che non va a vedere magical mistery tour* dopo facciamo i conti Lennon -.-" ecco qua il nuovo capitolo :) come potete vedere ho cercato di descrivere un qualcosa di un po' più spinto... spero di non essere diventata la versione femminile di fabio volo o.o mi scuso per il ritardo ma ho avuto un blocco dello scrittore XD e anche con i fan di romeo e giulietta ma come vi ho già detto a me stanno un poco antipatici XD ne approfitto per ringraziare chi come al solito segue questa storia e chi la inserisce tra le seguite :) grazie di cuore :) alla prossima! ^^

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


I wanna be your lover baby,
I wanna be your man.
Love you like no other baby,
like no other can
{I wanna be your man}


Liverpool, 15 Giugno 1958/2012.

Era vero che era cambiato tutto dagli anni '50 al nuovo millennio. Anche se non era cambiato proprio tutto. Era rimasta la cosa più pallosa, inutile, incocludente e scassacoglioni che potesse esistere, e non mi riferisco alla musica-spazzatura. Gli esami di fine anno della scuola inglese li avrei propinati all'intera Camera dei Lords alla fine di ogni mese. Io e John ci ritrovavamo quasi ogni giorno (causa prove Quarrymen) seduti o sdraiati sul parquet e ripetere le cose. Per meglio dire, lui diceva cazzate a non finire e io cercavo di infilargli in testa qualcosa che non avesse a che fare con Elvis, i Quarrymen, Elvis, il suo imminente successo, Elvis, la barista con la quinta di reggiseno del Casbah, Elvis, Cynthia, Elvis, e tutto ciò che avesse in qualche modo a che fare con il sesso e con Elvis.

Non avevo idea di come facesse a sopportarmi tutti i giorni con le minchiate che sparavo. Lei pazientemente prendeva i miei libri e cercava di rendermi tutto più facile, compito assai difficile in quanto non riuscivo a restare per più di cinque minuti senza ridere. Restava li, decisa a non muoversi fin quando non avessi saputo mettere due parole in croce. C'era riuscita con letteratura, storia e storia dell'arte. Ma non ci sarebbe mai riuscita con l'algebra. Due mondi diametralmente opposti.

-Per l'ennesima volta Lennon... Cos'è il seno?-

-Quello che hai tu ma che io non ho-

-Intendo di un angolo-

-E' quella cosa che arriva fino a quell'altra cosa e non so a che serve-

-Ma se te l'ho detto appena un attimo fa!-

-Allora ripetilo-

-Te lo scordi! Mi stai facendo venire il mal di gola a furia di ripeterti le cose... -

-Tanto tu non devi cantare...-

-Che merda di scusa. Ma tanto è inutile...-

-Cosa è inutile?-

-Continuare a cercare di inculcarti qualcosa in quella scatola cranica disabitata-

-Fammi sentire se la tua è abitata allora!-

Come un lampo si inginocchiò vicino a me, afferrò la mia testa con una mano e con l'altra picchiettò forte sulla fronte.

-EHI! C'E' NESSUNO?-

-Cazzo Lennon fai male! E non sono sorda ancora!-

Mi spinse leggermente le spalle, facendomi ritrovare a terra. Non avevo idea se mi faceva ridere di più la mia azione di prima o la faccia che aveva fatto quando le picchiettai la fronte a pugno chiuso. Però ridevamo. E anche tanto. Ridevamo per mezz'ora, un'ora, o l'intero pomeriggio. Nessuno si accorgeva del tempo che passava, finchè il grande orologio appeso alla parete di fronte non ci riportasse alla realtà.

Mi sarebbe piaciuto restare giornate intere in sua compagnia a ridere e scherzare, ma purtroppo gli obblighi non erano di certo nostri complici. Mi sistemai di nuovo con la schiena appoggiata al muro, a rivedere quegli esercizi che secondo chissà chi ci avrebbero permesso un futuro. Ironico parlare di un futuro tra due persone quando una dell'altra sa già tutto. Anche quando morirà e come. Sentii una strana fitta alla bocca dello stomaco. Avrei voluto urlarglielo di non uscire di casa l'8 dicembre del 1980, ma se dentro urlavo, fuori ero impassibile. Imposi a me stessa di mantenere la calma e di non lasciar trasparire alcuna emozione.

Approfittavo di qualsiasi momento per restare con lei, anche con la scusa più banale. Le poggiai la testa sulla spalla e poco dopo sentii il peso della sua testa sulla mia. Venni invaso dal suo profumo. Senza che me ne accorgessi, avevo già il sapore del suo collo sulle labbra.

Fui colta di sorpresa. Non sapevo cosa fare.
"Non è ciò che volevi? Lui è stato più veloce a fare il primo passo!"
Sentivo la sua bocca vorace sul mio collo. Ero come pietrificata li. Non riuscivo nemmeno a pensare. Restare o scappare via? Mentre dentro di me avveniva questo scontro titanico, me lo ritrovai di sopra. Tornai con i piedi per terra quando sentì le sue mani cingere i miei fianchi. Sentivo la sua bocca sotto l'orecchio, che continuava la sua ascesa verso il mio viso. Riacquistai il controllo del mio corpo quando sentii le sue mani arrivare all'altezza dei miei seni e stringerli in un modo che non mi piacque affatto.

-Cazzo Lennon lasciami!-

Le sue braccia su di me. La schiena contro il pavimento. Un tonfo. Sentii un bozzo crescere nel punto in cui avevo battuto la testa contro il parquet. Portai una mano alla testa dolorante, mentre la vista ritornava chiara e nitida. Era in piedi di fronte a me. Per la prima volta la vedevo arrabbiata. Respirava affannosamente, e negli occhi si leggeva paura e rabbia.

-Ma che cazzo ti prende Lennon? Non sono la tua bambola gonfiabile!-

Stavo tremando. Tremava il mio corpo, tremava la mia voce. La rabbia che ruggiva dentro. Rabbia per come mi aveva trattata. Come se fossi un giocattolo da usare una volta e poi gettare via. Mi sentivo... sporca.

-Pensavi fossi come tutte le altre, pronte a tutto pur di scoparti? Non mi toccare!-

Avevo cercato di afferrarle una gamba per trattenerla, fare in modo che non mi sfuggisse dalle mani, ma aveva indietreggiato con disgusto.
Tu non sei le altre cazzo! Perchè ancora non l'hai capito?
Volevo dirglierlo, urlarlo. Ma riuscivo soltanto a fissare impotente quegli occhi carichi di rancore verso di me. Di scatto prese il suo zaino dal pavimento insieme ai libri e uscì di corsa, sparendo dalla mia vista, lasciandomi da solo mentre il mio senso di colpa mi consumava lentamente.






Spazio autrice.
Rieccomi con il nuovo capitolo :) intanto voglio ringraziare ci ha recensito ultimamente la storia. non credo di meritarmi tutti questi complimenti ^^" ma vabbè me li fate e io li accetto :) *m'hai descritto come un maniaco sessuale scrittorucola da strapazzo!* tu sei un maniaco sessuale caro il mio Lennon! tralasciando... questo è il primo di una serie di colpi di scena che ho voluto inserire nella mia storia :) spero non l'abbiate a male :) "le lanciano i pomodori" >.< ps. scusate per la cortezza di questo capitolo ^^" ma mi è uscito così :)

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


If you don't treat her right, my friend,
You're gonna find her gone,
(You're gonna find her gone)
'cause I will treat her right, and then
You'll be the lonely one.
(You're not the only one)

You're gonna lose that girl.
(Yes, Yes, You're gonna lose that girl)
You're gonna lose that girl.
(Yes, Yes, You're gonna lose that girl)
You're gonna lose that girl.
(Yes, Yes, You're gonna lose that girl)
{You're gonna loose that girl}


Liverpool, 12 Luglio 1958/2012.

-Mi dispiace-

-Non mi interessa-

-Ho fatto una cazzata-

-Non mi interessa-

-Non so cosa mi fosse preso-

-Non mi interessa-

-Mi dispiace-

-Ti si incanta il disco Lennon-

Arida? SI. Era la parola giusta. Da quel giorno di giugno non avevo più fatto in modo di vederlo, evitai quel posto come si evita una malattia virale. Usai la scusa degli esami per non andarci più, ma una volta finito giugno non sapevo più cosa inventare. In più mi mancava rifugiarmi in un posto calmo dove non mi giungessero le liti furiose dei miei genitori. Anche rinchiudendomi dentro l'armadio e chiudendo le ante, mi arrivavano le loro urla dal piano inferiore. Volevo evadere e purtroppo quel posto era l'unico dove potessi rifugiarmi senza sentirmi un rifiuto del mondo. Però la prima volta che decisi di rientrare li dentro, mi aveva trovato li.

Rimorso? Avrei potuto rifornire l'intera Liverpool per qualche millennio. Suonavo male, a scuola mi rompevo le palle più del solito, la giornata non poteva finire se prima non litigavo pesantemente con Mimì. L'unico che sembrò capirmi fu Paul. Nonostante quella sera gli avessi fatto un occhio nero, rimase li con me, senza dire nulla. Semplicemente restando li in silenzio.Gli fui grato proprio per ciò che non disse quella sera. La cosa più brutta? Sentire ancora il suo sapore sulle labbra, respirare il suo profumo e vedere i suoi occhi in quel foglietto che ormai era sempre con me. Volevo finirlo quel disegno. Ma sapevo che non mi avrebbe più guardato in quel modo, non ero in grado di disegnare persone felici in quel periodo. Ero ritornato in quel posto tutti i giorni per cercarla, per scusarmi. C'ero riuscito per caso. Dovevo almeno provarci, anche se sapevo già che la battaglia era persa in partenza.

-E' la verità-

-Non mi interessa-

-Il disco si è incantato a te Granger-

-Non sono affari tuoi-

-Riusciremo mai ad essere di nuovo amici?-

Fu la prima volta che mi bloccai dal mio cercare frenetico fra i vinili. Sospirai, tenendo lo sguardo basso.

-No-

-Ne sei sicura?-

-Cazzo Lennon! Mi stavi usando come se fossi un passatempo. Non riesce a entrarti in quella cazzo di testa?-

Solo allora alzò lo sguardo. Solo allora vidi il rancore che mi serbava. Non avevo mai smesso di fissarla.

-Ti ho già fatto le mie scuse... Cosa vuoi di più?-

-Che tu avessi evitato di farlo-

Lo guardai per un po negli occhi. Aveva imparato a non esprimere emozioni con gli occhi, perchè non riuscivo a leggere nulla dentro di essi. Odiavo non riuscire a leggere le persone, e lui era fra questi. Dopo un po tornai ad abbassare lo sguardo.

Qualcosa dentro cadde inesorabilmente. Sapevo di aver fatto una cazzata, ma il sentirlo dire a voce alta mi fece crollare. Per la prima volta abbassai lo sguardo, tutto il peso sulle braccia che si tenevano a quel mobile di legno. Lentamente mi rimisi in piedi e indietreggiai di qualche passo, fin quando non sentì il muro frenare i miei passi. Con la schiena scivolai contro di esso e mi lasciai andare a terra.

Alzai di poco lo sguardo. Sentii una fitta al cuore a vederlo così. Rimuginavo sul fatto di perdonarlo. Ma quando stavo per decidere di farlo, me lo risentivo di nuovo sopra che approfittava di me. Alla fine mi decisi.

-Forse ho avuto una reazione un po esagerata però mi hai preso in contropiede quel giorno e non sapevo cosa fare...-

Alzai lo sguardo. Era in piedi di fronte a me, mentre fissava alternatamente le sue scarpe e le sue mani.

-Non so cosa mi sia preso quella sera...-

-Credo che nessuno lo sappia...-

-Mi stai perdonando?-

-No ti sto giustificando-

Incrociai le braccia al petto e cominciai a studiare la stanza. Tutto, pur di non vederlo negli occhi.

Mi osservavo le mani, intrecciate fra di loro davanti al mio naso. Era come se una forza invisibile mi tenesse incollato al pavimento. Volevo alzarmi, urlare perchè l'avevo fatto, ma rimasi immobile.

Mi sentivo soffocare li dentro. Sistemai la borsa sulla spalla e feci per andarmene.

Se ne stava andando. Balzai in piedi. Forse non l'avrei rivista più.

-C'è una lontana possibilità di ritornare amici?-

Mi fermai, ma non mi voltai. Misi le mani in tasca sospirando.

-Forse... Ma non ora-




Spazio autrice:
beh che dire??? mi avete fatto aumentare di altri 20 centimetri con i vostri complimenti :) forse perchè è la mia storia e non mi sembra granchè mi sembrano esagerati tutti questi complimenti... però vi ringrazio di cuore lo stesso :) *torna alla storia imbecille* ah si giusto... torneranno amici? non torneranno amici??? si accettano scommesse :D XD spero che questo capitolo vi piaccia come i precedenti :) alla prossima ^^

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Listen,
Do you want to know a secret?
Do you promise not to tell?, Ooh oh, oh.
Closer,
Let me whisper in your ear,
Say the words you long to hear,
I'm in love with you.
{Do you want to know a secret}


Liverpool, 20 Luglio 1958/2012.

Era passata una settimana circa. Una settimana di fuoco per la mia mente, perennemente combattuta su cosa era giusto e su cosa era sbagliato. Lui aveva esagerato e io avevo avuto una reazione un po' eccessiva. Ma avevo fatto bene a non dargli una minima speranza? Una sola? Alla fine lui si era scusato fino a consumarsi la gola. Lui. Il mio pensiero fisso in mente. Qualsiasi cosa facessi avevo la sua figura che mi galleggiava davanti agli occhi. Mi mancava. Lo sapevo ma non avevo il coraggio di ammetterlo. Mi sedetti nel nostro solito angolo sotto il giradischi e cominciai a pensare a una soluzione.

Avevo perso il mio nuovo schizzo, cazzo. Dormivo meglio dopo aver parlato con lei, ma mi sentivo male ogni volta che ripensavo al disegno perso. Chissà quale coglione ce l'aveva al momento. Mimì si era lamentata del casino che avevo fatto in camera mia. Non me ne fotteva nulla. Dovevo ritrovarlo e basta. Non doveva vederlo nessuno. Specialmente lei. Lei, lei, lei. Sempre e solo lei in testa. Era un'ossessione. Un pensiero fisso. Saremmo ridiventati amici oppure no? Decisi di andare a trovare Eppy. Non era male fare una chiacchierata con lui. Poi la vidi li.

-Ti dispiace?-

Alzai lo sguardo. Fu la prima frase che mi disse, in assoluto. Accennai un sorriso.

-Fai pure-

Mi sedetti accanto a lei, ma mettendo un po di distanza fra di noi.

-Mi dispiace per la mia reazione-

-Era giustificata-

-Era infantile-

-Ti ho messo le mani addosso-

-Hai... seguito l'istinto...-

-Ho fatto una cazzata-

-Perchè?-

-Perchè ho perso la tua amicizia-

Persi un battito. Mi fermai a pensare a quelle parole. Cominciai a disegnare dei piccoli cerchi col dito sul pavimento.

-Non l'hai persa...-

-No?-

-Non del tutto...-

-Ho forse perso altro?-

-Si. La mia fiducia-

Mi voltai verso di lei. Poggiai i gomiti sulle ginocchia e il mento sulle mani unite.

-Quindi quello che mi hai detto l'altra volta non vale più?-

-No. Parlava la... rabbia credo. Però non pretendere che passi tutto in un attimo-

-Nono hai ragione... Mi dispiace.-

Alzai di poco lo sguardo. Mi era mancato. E anche tanto. Mi sfuggii un sorriso. Sentii accendersi qualcosa dentro quando ricambiò il sorriso. Per tutta risposta, cominciai a scrutare il pavimento e lo sguardo mi cadde su un foglietto incastrato sotto un grosso mobile di legno. Feci per prenderlo senza strapparlo, anche se era difficile visto che il mobile era pesante e usciva solo un angolino del foglio. Dopo qualche tentativo ci riuscì. Era un foglio di quaderno piccolo, stropicciato e ripiegato su se stesso. Lo aprì e subito riconobbi cosa vi era disegnato all'interno.

Mi sporsi un po per vedere il foglietto. Era il disegno cazzo! Lo avevo perso qui e l'aveva ritrovato lei.

-Perchè sono chiusi?-

-Perchè era difficile disegnare degli occhi carichi di rabbia e non pensavo fosse più possibile che noi due tornassimo amici-

Sentì una strana fitta allo stomaco. Riaffondai i denti nelle labbra. Sentii qualche goccia di sangue solleticare la lingua.

-Senti c'è una bella giornata fuori. Ti va di uscire?-

Era pazza. Questo si sapeva già. Ma ora aveva toccato il fondo.

-Noi due?-

-No. Io e questa formica che sta passando ora-

-Hahaha. Spiritosa. Ma dove ci ritroviamo?-

-Boh. Tentar non nuoce-

Mi alzai. Mi voltai verso di lui aspettando che facesse lo stesso. Mi guardava come se fossi pazza. Senza un pizzico di follia cosa sarebbe la vita? Gli lanciai un'occhiata eloquente e dopo un po mi imitò. Avevo ancora il foglietto tra le mani.

-Questo è...-

-Tienilo. Davvero.-

Stava per ribattere, ma non lo fece. Le presi il foglio dalle mani, lo piegai con cura e glielo misi nella tasca della borsa. Spalla a spalla uscimmo da quel buco. Fuori era il 1958 e il sole splendeva, solo che accanto a me c'era il vuoto.

Appena mi voltai per cercarlo una volta fuori non lo vidi più. Era il 2012. Cominciai a guardarmi intorno nervosamente, cercando un ragazzo con il ciuffo da teddy boy, il giubbotto di pelle e gli occhi quasi a mandorla.

-Lennon?-

-Io sono qui Granger. Tu dove cazzo sei finita?-

La sentivo vicina, la sua voce mi giungeva forte e chiara, ma di lei nemmeno l'ombra. All'improvviso realizzai. Nel 1958 non dovevano essere nati nemmeno i suoi genitori.

Eravamo entrambi nel nostro anno. 54 anni di distanza. Eppure riuscivamo ancora a parlare tra di noi.

-Allora... che si fa?-

-Decidi tu... non voglio che la gente mi pigli per pazzo vedendomi parlare da solo-

Mi accesi una sigaretta per nascondere la bocca mentre parlavo.

-Guarda che la gente prende pure me per pazza-

-Ma per te è normale. Tu sei pazza-

-Sta parlando il sano di mente-

-Decidi e basta-

Sentii un forte odore di sigaretta, anche se nessuno nei paraggi stava fumando. Cominciai a pensare. Un posto in effetti c'era ma non sapevo se lo avrebbe apprezzato quanto me.

-Che ne dici del mare?-

Gettai via il fumo in un soffio. Cadde un po' di cenere per terra.

-Perchè no?-

-Perfetto. Però smetti di fumare che mi stai impestando.-

-Sarà qualcuno da te che fuma sigarette di pessima qualità-

-Tu invece fumi sigarette di alta qualità prodotte artigianalmente eh?-

Agitai la mano davanti al viso per scacciare quell'odore insopportabile. Sistemai la borsa sulla spalla e cominciai a camminare.

-Guarda che ti lascio qui-

Feci un ultimo tiro e poi gettai la sigaretta a terra. Misi le mani in tasca e cominciai a camminare. Era strano camminare con qualcuno che non potevi vedere ma con cui potevi parlare. Mi chiedevo come sarebbe diventata Liverpool nel futuro. Tutta astronavi o altre diavolerie? Vidi un gruppetto di ragazze passarmi davanti. Non capì bene il motivo ma passarono ridendo come delle idiote. Le guardai allontanarsi e sbuffai.

-Sei per caso diventato un treno Lennon?-

-Avevo sperato tu fossi diventata muta-

-Speranza persa allora.-

Risistemai la borsa sulla spalla e continuai a camminare. Non potevo vederlo, ma lo sentivo vicino. Non solo per la voce. Anche a livello fisico. Non mi piaceva la Liverpool del ventunesimo secolo. Troppe macchine, troppi mocciosi che venivano a Liverpool solo perchè la città dei Beatles e non sapevano nemmeno chi erano. Dovetti fermarmi spesso a causa del traffico che attanagliava la città. Era una cosa che detestavo. Avrei voluto essere negli anni 50. Di sicuro il traffico c'era anche in quegli anni, ma non così incasinato. Attraversai il grande cancello che indicava l'entrata del porto. Detestavo il fatto che avessero tolto la vecchia cancellata stile vittoriano per uno stupido cancello elettronico. Mi avviai verso il molo 9. Sapevo che era vicino a me. Mi sedetti sul bordo del molo, i piedi penzoloni a guardare il mare.

-Perchè proprio qui?-

-Non ti piace il posto?-

-E' un normalissimo porto.-

-E con questo?-

-Non capisco il collegamento.-

-Non ci sei mai stato?-

Mi sedetti sul bordo del molo. Ero sicuro che anche lei fosse li, anche se non riuscivo a vederla. Il che fu un bene.

-Solo una volta-

-Quando?-

-L'anno scorso. Quando seppi che mio padre era partito per la Nuova Zelanda-

Lo sentì sospirare. Non mi andava di affrontare quel discorso. Io ero l'ultima persona al mondo a poter dare consigli sui genitori.

-Perchè hai scelto proprio questo posto?-

-Perchè il mare porta via i problemi e porta a riva nuove speranze-

-Però può portare anche brutte notizie e portare via i sogni-

-Solo se si è troppo deboli per lasciarli andare-

-Ancora non mi hai detto perchè sei venuta qui-

-Te l'ho detto-

-Non l'hai fatto-

Non mi rispose. Sapevo che stava guardando un punto impreciso all'orizzonte, laddove cielo e mare si incontrano e non riesci più a distinguerli. Era vero. Il mare dava una sorta di speranza.

-Mio padre mi portò qui la prima volta che caddi dalla bici e mi sbucciai entrambe le ginocchia, le mani e il labbro. Litigò pesantemente con la mamma quel giorno, perchè lei continuava a dargli dell'incompetente perchè mi aveva permesso di andare in bici senza rotelle, quando a suo dire lui non era in grado nemmeno di badare a se stesso. Mi portò qui e mi disse che il mare, nonostante le guerre che ha visto dalla nascita dell'uomo, è segno di vita e di pace. Il mare da una speranza. Una speranza che tutti dovrebbero avere. La speranza di un futuro migliore, fatto di sogni, di allegria, di pace. Niente guerre, niente lotte, niente odio. Insieme pregammo per un mondo migliore, che vivesse assieme in pace e condividesse tutto-

Ogni volta che ripensavo a quel giorno mi sentivo invadere da una strana sensazione. Avevo omesso un piccolo particolare però. Quel giorno papà per la prima volta mentre mi teneva in braccio mi cantò Imagine. La sua Imagine. Mi fece riacquistare la fiducia che avevo perso nel mondo. E lo rifece anche quel giorno, restandomi vicino.

Non c'era una risposta adatta. Non c'era risposta e basta. Non potevi. Se lo facevi, risultavi il più grande coglione della storia. Estrassi il blocco da disegno dallo zaino, mi poggiai al tozzo paletto per ormeggi e cominciai a disegnare.

Non mi rispose. Estrassi la macchina fotografica dalla borsa e, spalle al paletto per ormeggi, cominciai a scattare varie foto. Dopo un po poggiai la mano per terra. Sentii qualcosa poggiarsi sulla mia per ritrarsi subito. Non c'era nulla. O almeno, all'apparenza. Sapevo che era la sua mano.

-Mi sei mancato Lennon-






Spazio autrice:
Buon inizio disettimana a tutti :D ecco il nuovo obbrobbrio... hem capitolo :)
i vari riferimenti al mare non sono propro farina del mio sacco... inun certo senso ho voluto omaggiare un film (e un libro) ovvero La Leggenda del Pianista sull'Oceano, film bellissimo tratto da un'opera di Alessandro Baricco. Se vi capita di vedere il film o leggere il monologo teatrale approfittatene perchè ne vale la pena :)
Ovviamentei riferimenti a Imagine sono lampanti ma non casuali!
Detto ciò... ringrazio chi segue la storia e chi puntualmente la recensisce e anche chi la segue e basta ^^
Alla prossima :)

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Oh please, say to me
You'll let me be your man
And please, say to me
You'll let me hold your hand
I'll let me hold your hand
I wanna hold your hand

And when I touch you I feel happy
Inside
It's such a feeling that my love
I can't hide
I can't hide
I can't hide
{I want to hold your hand}


Liverpool, 30 Luglio 1958/2012.

Altri 10 giorni. Avevo si fatto "pace" con John, ma non era tutto come prima. Era come se ci fosse un muro che ci separasse e ci impedisse di tornare come prima. Era bello stare di nuovo con lui, ma niente più balli, pestamenti di piedi, rotolamenti per terra, o altro. Solo parole. Tante parole e tanti silenzi. Restavo nel mio solito angolo a leggere. Nonostante le giornate fossero lunghe, limpide e calde, non riuscivo a sentirmi a mio agio in nessun altro posto. Di colpo me lo ritrovai davanti.

Avevo già fatto cadere due o tre vecchi, buttato per terra una decina di mocciosi e rischiato di farmi mettere sotto da mezza Liverpool. Non mi importava. L'unica cosa davvero importante era correre, non fermarsi mai. Non mi fermai nemmeno davanti al Cavern, senza imbabolarmi la davanti a pensare come sarebbe stato figo suonare li dentro. Entrai come una furia nel negozio di Eppy. Sapevo che era la. Era sempre la. Mi fermai aspettando che si accorgesse di me.

-E' successo qualcosa?-

-Indovina-

-Qualcosa di brutto?-

-Sei nella Fossa delle Marianne-

-Bello?-

-Mmm... Si diciamo di si-

-Eddai dillo! Lo sai che faccio schifo a indovinare le cose!-

Poggiai il libro per terra e mi alzai in piedi. Non si leggeva nulla sul suo volto. Era impassibile. Per tutta risposta mi prese per i fianchi e mi fece fare un giro.

-Lennon! Mettimi giù cazzo!-

-Promozione senza debiti più complimenti della commissione esterna sulla mia preparazione e i commenti nuovi e originali! E anche un qualche ingaggio per feste di compleanno di adolescenti in calore.-

Finalmente potevo ridere. Restare seri in quell'occasione era pressocchè impossibile. Prima ebbe un'espressione sorpresa. Poi cominciò a ridere. Non disse nulla. Strinse forte le braccia attorno al collo e premette il suo viso contro il mio. Questo era molto meglio di mille parole.

Ero felice per lui. Forse anche troppo. Mi lasciai trasportare dal suo entusiasmo e gli stampai un bacio su una guancia, quasi sulle labbra. Mi allontanai da lui, quanto bastava per vederlo in faccia. Volevo allontanarmi di più, ma allo stesso tempo non volevo. In ogni caso non avrei potuto fuggire così lontano: le sue mani continuavano a tenermi con i piedi staccati dal pavimento.

-Puoi anche farmi scendere ora-

Fu un sussurro. Lasciai che la sua fronte si poggiasse sulla mia. Era strano che nel giro di pochi istanti fossimo tornati esattamente come prima. Lentamente sentì il suo corpo scivolarmi dalle mani.

Lasciai le braccia attorno al suo collo, nonostante avessi poggiato i piedi già da un po. Non riuscivo a guardarlo negli occhi, così tenevo lo sguardo basso. Sentivo il suo sguardo che mi trapanava la testa, continuo, instancabile. Mi decisi finalmente ad alzare gli occhi e me lo ritrovai a pochi centimetri dal viso. Era bello. Non bello come lo si può dire a un modello o a un attore. Lui era bello sia esteticamente sia, e soprattutto, internamente. E gliela si leggeva negli occhi quella bellezza.
"Bacialo! Stavi per farlo. Fallo ora! Ammetti che un po ti è piaciuto ritrovartelo mentre cercava di scoparti! Tira fuori le palle una buona volta nella vita, Granger! Almeno l'unica volta che ti capita una cosa bella come questa!"
Cercai mentalmente di sopprimere la voce della mia coscienza.

Lentamente sentì le sue mani sfiorarmi il collo e poi il petto. Le mie mani ancora sui suoi fianchi.
"Complimenti Lennon! Davvero complimenti! Potevi baciarla e non l'hai fatto! Usi le palle in modo errato lo sapevi?"
No. Quello era un errore che me l'aveva allontanata. Non volevo commetterne di altri, anche peggiori.


-Beh... come l'hai saputo?-

Mi allontanai bruscamente da lui prima di perdere il controllo. Prima gli dicevo che eravamo soltanto amici e poi lo baciavo. Follia pura, oltre che incoerenza alle stelle.

Mi lasciò di stucco il suo comportamente. Ci misi qualche secondo a riprendermi.

-Hanno mandato una lettera a casa. Mimì l'ha aperta senza che io fossi in casa e quando sono tornato me l'ha data. L'ho lasciata in cucina nel bel mezzo di una rara manifestazione d'affetto. Quando tornerò a casa credo che mi massacrerà-

-Io non direi... Insomma sei riuscito a farla felice per una volta. Non credo avrà da obiettare-

-Se lo dici tu...-

-Ti offrirei da bere per festeggiare ma sarebbe sospetto ordinare due birre per una sola persona...-

Sorrisi imbarazzata. Era la verità, ma il fatto che fosse irrealizzabile mi diede il coraggio di dirlo a voce alta. Misi le mani in tasca e aspettai.

-Vabbè... Per te chiuderebbero un occhio... Suonata come sei-

Misi una mano dietro la testa e mi sedetti nel nostro solito angolo. Dopo poco mi imitò. Il silenzio era piombato sopra di noi.

Picchiettavo un motivetto sulle ginocchia. Era Smells like Teen Spirits dei Nirvana. Non sapevo nemmeno perchè proprio quella canzone. Il mio subconscio sapeva benissimo che avrei preferito mille volte American Idiot dei Green Day ma non potevo andare contro il mio cervello. Poggiai le mani a terra. Una continuava a seguire il ritmo, l'altra era bloccata. Avevo urtato la sua. Feci per ritirarla quando sentì le sue dita stringere la mia mano.

-Promettimi una cosa Granger-

-Cosa Lennon?-

-Non propormi più di uscire-

-Perchè? Faccio così schifo agli appuntamenti?-

-No. Sei fantastica. Però... Voglio vederti quando parliamo-

Da dove mi venne il coraggio? Non so dirlo nemmeno io. Volevo dirlo e l'ho detto. In fondo non era così difficile. Continuavo a tenere stretta la sua mano, che dopo un po smise di agitarsi e rimase calma nella mia.

-Hai le mani microscopiche-

-Forse sei tu ad avere delle spatole da muratore Lennon-

-Ecco perchè non riesci a tenerti un ragazzo Granger-

-Centrano le mie mani?-

-Anche... Di più questa tua acidità che fa venire voglia di strozzarti... Ma anche queste manine piccole che di sicuro non riescono a soddisfare nessuno-

Eravamo tornati. La parete era sparita. Sapevo solo che eravamo di nuovo come prima. Non lasciai la sua mano. In fondo mi piaceva il calore e il senso di sicurezza che mi trasmetteva. Poggiai la testa sulla sua spalla, ripensando a quanto fosse bello riaverlo come amico di sempre.





Spazio autrice.
Non so che scrivere ._. *comincia col salutare* ah si. grazie Lennon. Seraaaaa :)
e mo??? ._. *ringraziare magari?*
giusto. boh che dire? un bel grazie a chi segue la mia storia :)
*la prossima volta la recensione la faccio io idiota!*
pps. lo so che il voto è un espediente un po stupido però non mi veniva nulla in mente XD

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


All these years I've been wandering around
Wondering how come nobody told me
All that I was looking for was somebody
Who looked like you

I've got a feeling (Yes you have)
That keeps me on my toes (On your what?)
Oh yeah, oh yeah
{I've got a feeling}


Liverpool, 10 Agosto 1958/2012

-NO! Anche tu hai delle gambe come le ragazze normali e non due pali di legno come pensavo io!-

-Lennon finiscila!-

-Non capisco perchè ti ostini a mettere i jeans con due gambe del genere! Vedessi in giro gli sgorbi che spuntano dalle gonne delle ragazze...-

-Sai benissimo che odio le gonne e oggi sono stata costretta a mettere un vestito perchè mia madre ha aspettato che io le chiedessi un paio di jeans prima di dirmi che ancora erano in attesa di finire in lavatrice!-

-Certo che sei strana!-

-Prova tu a camminare per strada così mentre c'è mezza Liverpool che ti viene dietro sbavando-

-Non hanno tutti i torti-

-Levati quell'espressione da depravato sessuale dalla faccia Lennon!-

Odiavo mettere i vestiti proprio per quella ragione. Improvvisamente tutti si accorgevano di me solo per fischiare o indirizzare complimenti poco eleganti. E la stessa cosa era per Lennon. Perchè gli uomini spesso e volentieri preferiscono ragionare con un organo diverso dal cervello.

-Se proprio non ti piace attirare così tanto l'attenzione perchè allora non restavi a casa?-

Se avessi detto che non mi attirava avrei detto la più grossa minchiata della storia. Mi piaceva ma avevo preferito buttarla sul ridere. L'ultima volta che avevo seguito il mio istinto non ci parlammo per quasi un mese. Colto in flagrante decisi di cambiare argomento.

-Dovevo far sviluppare delle foto ma quell'idiota s'era dimenticato di dirmi che da oggi era chiuso-

Sbuffando mi sedetti sul pavimento, cercando di nascondermi sotto il microvestito che mi trovavo ad indossare.

-E tu perchè non ci andavi un altro giorno?-

-Perchè eravamo rimasti per oggi-

-E se ti vergogni tanto a farti vedere con questo addosso perchè sei venuta qui?-

Mi sedetti accanto a lei, con le gambe incrociate, poggiando un gomito su un ginocchio e la faccia sulla mano stretta a pugno, guardandola con aria incuriosita. Non mi rispose.

-Almeno fammele vedere ste foto no?-

Odiavo quella sua espressione curiosa che doveva far ridere. Sospirando aprii la borsa ed estrassi la macchina fotografica, cominciando a smanettare qua e la.

Fu un attimo. Lo sguardo mi cadde sulla sua scollatura. Sentii di nuovo l'impulso di stringerla a me e farla mia. Scossi freneticamente la testa cercando di allontanare pensieri del genere.

-Dai voglio fartela io una foto-

Prese la macchina fotografica dalle mie mani e cominciò a rigirarsela tra le lunghe dita senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Mi incantai a guardarlo mentre cercava di capire come funzionava. Sarei rimasta a guardarlo per ore senza scocciarmi. In fondo non puoi mai scocciarti in compagnia di John Lennon. Un brutto clack mi riportò alla realtà.

-Come cazzo funziona?-

-Se me la rompi me la paghi Lennon-

-Dimmi come funziona-

-Che devi fare?-

-Una spremuta d'arance. Una foto no?-

-Hahaha. Sei un comico nato Lennon. Dimmi che tipo di foto devi fare-

-Normale. Che tipo di foto dovrei fare io?-

-Allora devi semplicemente premere questo bottone-

-Perfetto. Ora mettiti in posa-

-Che?-

Mi guardava come se fossi folle. Forse lo ero, ma non avevo idea di cosa fare e così mi buttai sulla prima cosa che mi venne in mente. In realtà non sapevo nemmeno io cosa fare.

Era pazzo. Poco ma sicuro. Io in posa? Mi aveva preso per una Barbie?

-Sennò resta qui-

-Ora vado sulla Luna. Forse la viene meglio-

-Eddai cerca di collaborare-

Alla fine si arrese.

-Dimmi che devo fare artista da strapazzo-

Prima che potesse dirmi qualcosa mi sdraiai a terra. Nonostante il vestito restavo un maschiaccio. Non mi piaceva cambiare ciò che ero veramente solo per ciò che indossavo.

-Eddai non sei uno struzzo. Non nascondere la testa sotto terra.-

Arrivammo a un compromesso alla fine. Braccia incrociate e testa poggiata. Si. Era una bella foto.

-Fammela vedere-

Non era male. Una volta tanto che venivo bene in una foto.

-Vieni qua idiota-

Ridendo mise la macchina fotografica sul pavimento e mi trascinò giù col braccio. Il flash mi impedì di vedere per qualche secondo.

-E' venuta bene no?-

Era la nostra prima foto assieme. Era da quando ero piccola che desideravo una foto con uno dei Fab4 e finalmente c'ero riuscita. Nella foto sorridevamo entrambi mentre gli stringevo il braccio attorno al collo.

-Abbastanza. Ne vuoi fare altre?-

-Perchè no? Alla fine la macchina fotografica è stata inventata per questo no?-

Armeggiò non poco con quel mostro di macchina fotografica. La poggiò sul pavimento e ci sbizzarrimmo con le foto. Una in cui ci guardavamo negli occhi, una abbracciati, una in cui prendevamo per il culo le coppiette di pseudo-innamorati. Ce n'erano per tutti i gusti.

-Rifacciamo quella di prima?-

-Perchè? Non è venuta bene?-

-Si ma... Voglio fartela senza questi-

Mi levò piano gli occhiali e li sfilò dal viso. Anche senza vederlo bene sapevo che stava ridendo. Mi lasciai guidare dalle sue mani e presi una posa molto simile a quella di prima. Vedevo delle forme confuse davanti a me, ma non mi mossi. Una forte luce bianca mi disse che la foto era stata fatta senza incidenti per la mia povera macchina fotografica.

Non mi sarei mai stancato di guardarla. Poggiai quell'arnese infernale a terra e mi lasciai andare sul pavimento accanto a lei.

-Dove sono i miei occhiali?-

-Perchè dovrei ridarteli?-

-Altrimenti come faccio a tornare a casa?-

-Pensavo tu non volessi tornare a casa-

-Infatti non voglio però è l'unico posto dove posso andare-

Sentii il suo viso avvicinarsi. Le sue labbra sfiorarono il mio setto nasale, mentre le mie sfioravano involontariamente il suo.

-Vuoi sapere un segreto?-

-Quale?-

-Non voglio che questo pomeriggio finisca-

Le sue parole uscirono come un sussurro. Un sorriso mi increspò le labbra. Per la prima volta ebbi il coraggio di dire qualcosa di realmente serio.

-Ti voglio bene Granger-

Mi sporsi un poco per prendere la mia macchina fotografica e gli scattai una foto a tradimento.

-Anche se non lo direi davanti a nessuno... Anch'io Lennon-







Spazio autrice :D

eccomi di nuovo qui :) nono non sono morta se vi stavate chiedendo questo... it's been a hard weekend's night... si è perfetta :D *che fai scrittorucola da strapazzo? prima mi usi come bambolotto e poi mi stravolgi le canzoni?* torna a leggere playboy lennon, da bravo su! ringrazio tutti coloro che hanno letto la storia, l'hanno commentata e l'hanno inserita tra le seguite e le preferite :) vi ringrazierei tutti uno per uno ma mi si stanno chiudendo gli occhi XD l'inizio di questo capitolo non mi convince granchè ma mi serviva troppo scriverlo :) capirete più avanti ^^

piccolo annuncio: questa settimana comincio l'università *YEPPAAAAAAAAAAAAAAAAAA* quindi non so quando potrò aggiornare... spero il più presto possibile :)

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


You don't realise how much I need you.
Love you all the time and never leave you.
Please come on back to me.
I'm lonely as can be. I need you.

[...]
Please remember how I feel about you, I could never really live without you.
So, come on back and see just what you mean to me.
I need you.
{I need you}


Liverpool, 20 Agosto 1958/2012.

Non avevo idea di come avevo fatto ma ero riuscita ad avvicinare John alla lettura di qualcosa che non siano riviste pornografiche o enciclopedie del rock'n'roll. Stavamo leggendo assieme Il Signore degli Anelli di Tolkien. Io in realtà lo stavo rileggendo per non so quale millesima volta, ma mi piaceva da matti e lo avevo convinto a leggerlo assieme.

Leggere non era mai stata la mia passione più sfrenata. Ma mi piaceva restare a leggere con lei libri assurdi che parlavano di mondi paralleli. Eravamo alla fine del primo libro della prima parte "La Compagnia dell'Anello". Nonostante fosse assolutamente pura fantasia, ti catapultava in quel mondo facendotelo credere reale. Finì di leggere la pagina e alzai lo sguardo. Merda. Dovevi vedermi con Cynthia.

-Granger io ti devo lasciare-

Mi diede un bacio sulla tempia e sentì la sua mano scivolare via dal mio fianco mentre si alzava in piedi.

-Dove vai?-

-Devo vedermi con Cynthia-

-Sempre Cynthia...-

-Che ti prende?-

-Nulla-

Aveva un tono duro, glaciale, interdetto. Accennai un sorrisetto ironico.

-Non dirmi che sei gelosa Granger-

-Gelosa io? Ma che ti fumi?-

-Era una mia impressione...-

-Beh ti sbagli alla grande caro mio-

Mi sentivo punta sul vivo. Ogni volta che stavamo un po assieme scoprivo che doveva vedersi con Cynthia o passarla a prendere per farla assistere alle prove della band. Preferii fare l'indifferente piuttosto che dargliela vinta.

Mi piaceva vederla così. Finalmente sembrava reagire al mondo che per tanto tempo aveva preteso troppo da lei facendola diventare succube di tutti gli orrori che ha dovuto passare.

-Beh... alla prossima Granger-

-Lennon?-

Non poteva andarsene così. O meglio. Non volevo che se andasse.

-Che c'è?-

-Vuoi restare un altro po qui?-

Mi voltai verso di lei. Mi stava pregando di restare li. Avrei voluto restare li per anni se ciò mi avesse assicurato che fossimo rimasti assieme.

-Non ti piace la mia compagnia?-

-No un momento... Che diavolo vai pensando?-

-Ogni volta che ci vediamo poi tu scappi per vedere Cynthia o per la tua band-

-Mica significa che non mi piace stare con te-

Mi sentivo un'idiota per la discussione che avevo appena intavolato. Ripresi il libro solo per sfuggire al suo sguardo indagatore.

-Non credo che Cynthia si arrabbierà per 5 minuti di ritardo...-

Mi risedetti accanto a lei. Si voltò verso di me. Sembrava come rinata.

-Di solito sono io che aspetto circa una mezz'ora che lei finisca di prepararsi... Se per una volta arrivo tardi per di più di 5 minuti non si arrabbierà-

Mi sfuggii un risolino isterico. Scoppiò a ridere.

-Dovresti vedere che faccia hai in questo momento-

Non si lasciò prendere dalla foga del ridere. Si alzò e tornò pochi secondi dopo con una chitarra in mano.

-Canta qualcosa-

-Cosa?-

-Quello che vuoi. Sei un cantante giusto?-

Mi aveva raccontato mille volte del suo gruppo, dei suoi sogni, del suo voler essere "the toppermost of the poppermost", della sua voglia di cantare. Eppure non lo avevo mai sentito cantare. Dal vivo si intende.

Presi la chitarra, senza sapere cosa fare. Poi mi venne in mente.

-C'è una canzone che ho provato a scrivere un po di tempo fa... ma non credo ti piacerà-

-Perchè così scettico?-

-Non sono Chuck Berry-

-Infatti sei John Lennon. Prova-

Cercai di essere incoraggiante, ma sapevo bene che le mie interazioni con altri esseri umani potevano essere ben fraintese. Nonostante tutto, cominciò a suonare. Conoscevo bene quella canzone, ma mi fece uno strano effetto sentirla cantata in quel modo. Forse perchè mancavano gli altri strumenti, le altre voci. Ma mi sembrò molto più bella cantata solo da lui.

My baby says she's trav'ling on the one after 909
I said move over honey I'm travelling on that line
I said move over once, move over twice
Come on baby don't be cold as ice.


Era pessima. Lo sapevo già. La scrissi la sera stessa che mi disse che la linea 909 portava dritti a casa sua. Eppure sembrò apprezzarla.

-E tu che ti vergognavi-

-T'è piaciuta?-

-Si. Secondo me non dovresti lasciarti mettere i piedi in testa da Mimì-

-Tu non la conosci-

-Me l'hai descritta tu-

-Sai non rende granchè descritta se non la conosci bene-

-Rimango convinta dalla mia idea di non farti mettere i piedi in testa-

Poggiò la chitarra a terra. Non potevo farci nulla. Ogni volta che si presentava l'occasione, mi imbabolavo a guardarlo estasiata.

-Che te ne pare?-

-Mi piace. Ha un bel ritmo-

-Sei la prima persona che la ascolta-

Arrossì di colpo. Sistemai la chitarra vicino al muro ridendo.

-E ora... Devo andare-

-Devi proprio?-

-Si. Avevo detto solo 5 minuti-

-Mi sa che vado anch'io-

Mi misi in piedi. Era di fronte a me. Prima di allontanarsi mi afferrò il mento con due dita sorridendo. Rimasi li come una stupida per diverso tempo prima di accorgermi che aveva cominciato a piovere e non avevo nemmeno l'impermeabile.





Spazio autrice ^_^
buonaseraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa :D ecco a voi il mio ultimo aggiornamento da non universitaria :3 *ma perchè? folle come sei ti hanno preso?* si lennon. lo sai che cominciò venerdì con il tedesco. *tedesche? vengo pure io!* no tu resti a casa a leggerti playboy.
tornando a noi... questo capitolo non mi convince granchè perchè è nato tutto attorno alla scena in cui lei gli chiede di cantare. avevo solo quella in testa e ho dovuto creare una situazione verosimile. (anche se la storia di per se è follemente assurda non vedo perchè dovrei stupirmi di questa scelta ma ok!) ringrazio tutti quelli che commentano puntualmente la storia :) e vi invito anche a farmi notare un qualcosa a cui magari non ho dedicato la giust attenzione ^^ non vi mangio mica *ma lo fa nagini al posto tuo!* lennon ti uccido! "si fionda su lennon come buck si fionda sul suo piede chiedendogli cosa ci faccia lui con le calorie" e ringrazio anche chi tiene la mia storia tra i preferiti e tra le seguite :)
ora vi lascio perchè avrete capito dal mio spazio author che stasera non ci sto tanto con la testa XD
grazie ancora :3

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


And now my life has changed in oh so many ways
 My independence seems to vanish in the haze
 But every now and then I feel so insecure
 I know that I just need you like I've never done before
 
Help me if you can, I'm feeling down
And I do appreciate you being round
Help me get my feet back on the ground
Won't you please, please help me
{Help}
 
Liverpool, 31 Agosto 1958/2012.
 
L'ansia mi stava consumando. Facevo avanti e indietro sempre nello stesso punto. Avrei finito con consumare del tutto il vecchio pavimento. Guardavo nervosamente fuori, l'orologio e le mie scarpe che non si fermavano mai. Era sempre la. Per una volta che avevo bisogno di lei spariva?
 
Ultimo giorno di libertà prima di ritornare in quella prigione chiamata comunemente scuola. Aveva ricominciato a piovere a Liverpool. E quando mai a Liverpool non si stava poco più di due giorni senza che piovesse? Entrai nel piccolo negozio di Jim abbassando il cappuccio del giubbotto. Rimasi li dov'ero. Una figura alta e con i capelli biondicci camminava nervosamente avanti e indietro.
 
-Finalmente. Quanto ci hai messo?-
 
-Avevamo un appuntamento?-
 
-Ti devo parlare-
 
-Devo preoccuparmi?-
 
-Stasera suoniamo in un posto-
 
Rimase per un attimo impassibile. Subito dopo mi buttò le braccia al collo ridendo.
 
-Davvero? Ma perchè non me l'hai detto prima?-
 
Ero felice per lui. Sapevo che lo aspettava da tanto questo momento. Accennò un sorrisetto di circostanza e tornò subito serio.
 
-L'abbiamo saputo stamattina-
 
-E' fantastico!-
 
-Già...-
 
-Non mi sembri granchè allegro... Mi aspettavo cominciassi a ballare, saltare, rompermi i piedi, fare il moonwalk...-
 
-Il... CHE?-
 
-Lascia perdere... Mi aspettavo fossi una bomba a orologeria... invece sembra che ti è appena morto il cane...-
 
-No no sono contento...-
 
Mi portai una mano dietro la testa. Era difficile. E se diceva no?
"Provaci Lennon! Non hai nulla da perdere!"
Provare non costa nulla.
 
-Solo mi chiedevo...-
 
-Cosa?-
 
Era nervoso. Si vedeva da lontano. Solo non riuscivo a comprendere il motivo.
 
-Verresticonme?Persentircicosìcimifaidaportafortuna?-
 
Mi uscii tutto troppo velocemente. Non sapevo come avevo trovato il coraggio di dirlo. L'avevo detto. L'unica pecca era che non aveva capito una parola.
 
-Prendi fiato Lennon-
 
-Si... Scusa...-
 
-Non c'è bisogno di scusarsi-
 
-Verresti a sentirci suonare? E' la nostra prima esibizione in un luogo dove non ci sono bambini e gente che ci conoscono e ti vorrei accanto... Come un portafortuna-
 
Persi un battito. Mi voleva con lui alla sua prima esibizione?
 
-Si... Perchè no?-
 
Sentii il peso all'altezza del petto svanire immediatamente. Spontaneamente le rivolsi un gran sorriso, che ricambiò subito.
 
-Allora... Dove suonate?-
 
-Al Jacaranda-
 
-Fantastico! Quando?-
 
-Fra 10 minuti!-
 
-Stai scherzando vero?-
 
-Hai cambiato idea?-
 
-Fuori sta diluviando! E domani dovrei tornare a scuola!-
 
-Resta qui allora!-
 
Mi diede uno spintone sulla spalla passando oltre. Mi resi conto di aver sbagliato. Chiusi gli occhi.
 
-Lennon-
 
-Lasciami in pace-
 
-Vengo con te-
 
Feci dietrofront sistemandomi il colletto del giubbotto. Era la, immobile. Le afferrai una mano e uscii fuori. 
 
Improvvisamente sentii l'acqua picchiettare violentemente sulla testa e sulla schiena. Ma non potei fare nulla. Aveva cominciato a correre, senza lasciarmi la mano.
 
-Lennon mi stacchi il braccio così!-
 
-Se aspetto che vieni tu col tuo comodo arrivi che abbiamo già finito di suonare e siamo già a casa a dormire dopo una bella bevuta-
 
Attraversammo gran parte di Liverpool. La sua mano era bagnata, scivolosa. Stava diluviando. La strinsi ancora più forte e continuai a correre.
 
Arrivammo al vecchio ingresso del Jacaranda. Volevo urlargli di fermarsi ma non feci in tempo. Avevo sbattuto violentemente la testa contro la staccionata in legno che chiudeva l'ingresso del locale. 
 
-Ti sembra il momento adatto per fermarsi?-
 
-Questo club nel mio anno è chiuso e mi hai fatto sbattere contro le assi che chiudono il locale! Oh merda...-
 
Una terribile fitta mi attanagliava la bocca dello stomaco.
 
-Stai bene?-
 
-Si si... E' solo un po di sangue dal naso...-
 
Passai la mano sul naso e vidi che usciva del sangue. Questa non ci voleva. Ma non avrei permesso che non suonasse a causa mia. Cercai di non badare al sangue che colava. Prima o poi avrebbe smesso. Afferrai con le mani le assi di legno e cominciai a tirarle con l'intento di strapparle via. Ci riuscì, ma dopo essere caduta a terra per via del rinculo. Mi alzai e cominciai a scendere nel locale semibuio e deserto. Passai la mano sul naso. L'emorragia si era fermata. Meglio.
 
Era strapieno di gente. Vidi due figure avvicinarsi.
 
-Amico ma che fine avevi fatto?-
 
-Sto bene Macca non fare sempre la mammina-
 
-La tua chitarra?-
 
-L'ho dimenticata-
 
-E ora come facciamo?-
 
-Tranquillo ragazzino un modo lo troviamo... Voi due preparatevi... Ho in mente un'idea-
 
Liquidai in fretta quei due e misi le mani dietro la schiena aspettando di percepire un corpo invisibile agli altri. Nulla.
 
-Granger...-
 
-Dimmi-
 
-Dove sei?-
 
-Su Plutone-
 
-Seriamente... Dove sei?-
 
-Qui in giro-
 
-Vieni qui-
 
Sentivo la sua voce vicina ma non riuscivo a... trovarlo.
 
-E come faccio a trovarti?-
 
-Guarda il muro alla tua destra-
 
Poggiai la schiena al muro, estrassi un carboncino dalla tasca e scarabocchiai qualcosa sul muro.
 
Improvvisamente la vidi. Una scritta emerse sul muro più evidente di altre. "Sono qui. Non lasciarmi". Poggiai la mano sulla scritta e vicino sentì la sua. Lentamente feci risalire la mia mano sul suo braccio e poi le mie braccia si strinsero sul suo addome. Poggiai la testa sulle sue spalle. Mi sentivo come in paradiso. Il suo dopobarba solleticava le mie narici.
 
-Non ti lascio John-
 
Sentì come una scarica elettrica attraversarmi tutta la schiena. Lei era li, non mi avrebbe lasciato. Lo sapevo. Anche se non potevo vederla sapevo che non se ne sarebbe andata. Aveva i vestiti fradici. Mi sentii tremendamente in colpa. Presi le sue mani con la mia e cominciai ad accarezzarle. 
 
-Tocca a noi-
 
-In bocca al lupo!-
 
Mi alzai leggermente sulle punte e gli diedi un bacio sul collo. La sua mano si strinse sulle mie. Pochi attimi dopo, avevo già lasciato scivolare le mie braccia dal suo corpo. Sapevo cosa avrebbero cantato e come. John aveva perso la sua chitarra. Paul e George erano seduti e suonavano, mentre John cantava mettendogli le mani sulle spalle. Doveva avere un certo effetto anche perchè Paul e George suonavano a specchio. Mi sarei persa la visuale di questo spettacolo, che sapevo già come andava a finire, ma almeno avrei avuto l'audio.
 
Feci mettere Paul da una parte e George dall'altra. L'effetto visivo era incredibile, visto che Paul era mancino, quindi suonava la chitarra a specchio. Avevo detto loro di suonare Be Bop A Lula. Sapevo bene che la canzone era perfetta per Paul ma per una volta, quella volta, volevo cantarla io.
 
 
Be-bop-a-lula, I don't mean maybe
Be-bop-a-lula, she's my baby
Be-bop-a-lula, I don't mean maybe
Be-bop-a-lula, she's my baby love
My baby love, my baby love
 
Well, she's the girl in the red blue jeans
She's the queen of all the teens
She's the one that I know
She's the one that loves me so
 
Say be-bop-a-lula, she's my baby
Be-bop-a-lula, I don't mean maybe
Be-bop-a-lula, she's my baby
Be-bop-a-lula, I don't mean maybe
Be-bop-a-lula, she's my baby love
My baby love, my baby love
 
Well, she's the one that gots that beat
She's the one with the flyin' feet
She's the one that walks around the store
She's the one that gets more more more
 
Be-bop-a-lula, she's my baby
Be-bop-a-lula, I don't mean maybe
Be-bop-a-lula, she's my baby
Be-bop-a-lula, I don't mean maybe
Be-bop-a-lula, she's my baby love
My baby love, my baby love
 
La gente ci fischiò. Ovviamente. Gli avevamo propinato del rock'n'roll dicendogli che era jazz. Il proprietario ci prese tutti e tre e ci buttò fuori senza troppi complimenti. 
 
-Niente male come nostra prima esibizione che non sia una festa di paese, un garage o il matrimonio del fratello di George...-
 
-Per favore! Ancora ricordo quando questo bel fusto qui gettò sulla testa l'intera pinta di birra sulla vecchia che aveva cominciato a suonare il piano... Mia madre aveva già attaccato il disco della ramanzina...-
 
-Embè cari miei mica tutti capiscono la bellezza e la profondità del rock'n'roll!-
 
-Lennon di un po... Mi stai diventando filosofo?-
 
-E di un po Macca... Tu mi stai diventando gay?-
 
-Hahaha. Divertente-
 
-Embè Mr Perfettino... E' la pura verità!-
 
-Spicciati moccioso o perdiamo l'autobus. Tu che fai Lennon?-
 
-Io resto ancora un po qui-
 
-Ok. Andiamo moccioso-
 
-Ehi! Ricordati che ho solo 9 mesi meno di te quindi non usare quel tono con me!-
 
-Ma zitto Harrison!-
 
-Ma zitto McCartney che lo sai che suono la chitarra mille volte meglio di te!-
 
-Ma io attiro le pupe ai nostri concerti-
 
-Ma io le incanto con le mie magie sulla chitarra-
 
Vidi quei due allontanarsi. In fondo non erano tanto male. Macca con quel suo bel faccino che attirava la gente e Georgie che, mi dispiaceva ammetterlo, ma con la chitarra era un vero mago. Estrassi un pacchetto dalla tasca, tirai fuori una sigaretta e la misi in bocca.
 
-Granger?-
 
Mi sentii chiamare da fuori quella topaia. Mi strinsi nel giubbotto e, infilando il cappuccio, uscii fuori. 
 
-Sono qui-
 
-Che te n'è parso?-
 
-Siete bravi-
 
-Tanto da poter essere il toppermost del poppermost?-
 
-Si-
 
Era distratta. Lo capivo dalla sua voce.
 
-Qualcosa non va?-
 
-Ripensavo alla canzone...-
 
-Non ti piace?-
 
-Al contrario... è molto bella-
 
-Cosa c'era che non andava?-
 
Volevo chiederglielo. Dovevo chiederglielo.
 
-A chi pensavi quando cantavi "be bop a lula, she's my baby"?-
 
-Secondo te?-
 
Domande a bruciapelo.
 
-A Cynthia-
 
Era per lei. Sapevo che era per lei. Che chance avrei potuto avere io con lui? Era una cosa impossibile.
 
-Il tuo errore Granger è quello di fermarti sempre alle conclusioni sbagliate-
 
-Che vuoi insinuare?-
 
-Non la stavo cantando a Cynthia-
 
-E a chi allora?-
 
Feci uscire una densa nuvola di fumo dalla bocca.
 
-La canzone era per te-
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
saaaaaaaalve o mie muse <3 *scusatela... s'è rincitrullita* "pietrificus totalus per lennon" primo aggiornamento da universitaria... muahahahahhahahahahahahah. ok scusate XD okok lo so che l'eento che ho cercato (maldestramente) di raccontare non avviene assolutamente in questo modo... però mi affascinava e l'ho voluto usare :) "si scansa dal lancio di pomodori" ringrazio tutti coloro che tengono la mia storia tra le seguite e le preferite :) (vi farei una statua **) e anche chi puntualmente la commenta :) non sapete quant'è bello leggere i vostri pareri *_* (e trovare da parte vostra qualche cosa che io ho inserito senza farci caso D: il mio cervello ribolle... non fateci caso) spero di poter aggiornare almeno settimanalmente visti gli orari d schifo che ho ._.' alla prossima :) 
ps. ne approfitto per ringrziare chi ha recensito l'altra storia. scusate se non vi ho risposto ma non avevo le parole per rispondervi quel giorno. spero mi perdoniate :)

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Nowhere Man, don't worry,
Take your time, don't hurry,
Leave it all till somebody else
lends you a hand!
 
Doesn't have a point of view,
Knows not where he's going to,
Isn't he a bit like you and me?
{Nowhere man}
 
Liverpool, 12 Settembre 1958/2012.
 
La tortura era ricominciata, da quasi due settimane ormai. Avevo preso l'abitudine durante l'estate di passare intere giornate fuori, passeggiando per Liverpool o facendo enormi cazzate con John. Purtroppo il tutto era finito, con mio grande disappunto. Passavo le giornate a scuola scarabocchiando gli angoli dei libri e spesso mi ritrovavo a scrivere le parole di Be Bop A Lula, come se fosse John a cantarla nel mio orecchio. Avevamo continuato a vederci, certo, ma non avevamo più parlato di quella sera. 
 
Le avevo cantato una canzone. E cosa avevo concluso? Nulla. Non riuscivo più a disegnare, solo suonare suonare suonare. Avevo consumato le corde della chitarra, miracolosamente ritrovata, e collezionato solo un'altra serie di lamentele di Mimì. L'unico che non si lamentava era quel dottorino che aveva affittato la camera a casa nostra. Anzi, ogni giorno mi faceva i complimenti per i miei "progressi". Cosa ne capisse lui di rock'n'roll rimase un vero mistero per me. Mentre rimuginavo a tutto questo, restavo sdraiato a osservare il soffitto, mentre lei era accanto a me. E come al solito, studiava.
 
Mi chiedevo quanto trovassero divertente i professori far accumulare argomenti su argomenti negli anni precedenti per poi farci sudare sangue l'anno del diploma. Restavo li seduta, a cercare di venire a capo di tutti quegli astrusi ragionamenti che ci propinavano senza nessuna logica. Lui restava li, immobile, a pensare a chissà cosa, incurante del mondo esterno, incurante del fatto che senza una cultura non si fa nulla nella vita.
 
-Ma non ti stanchi mai di leggere?-
 
-No. Tu non ti stanchi mai del dolce far nulla?-
 
-L'hai chiamato dolce far nulla. Ovvio che non puoi stancarti.-
 
-Sicuro?-
 
-Certo. Cosa c'è di meglio di restare senza far niente, senza preoccupazioni, senza nessuno che ti dica cosa fare e quando farlo, immerso nei tuoi pensieri e nei tuoi sogni?-
 
-I sogni non si realizzano di certo oziando tutto il giorno-
 
-Non è detto che tu debba realizzarli per forza. Puoi anche semplicemente averli e stop.-
 
-E che te ne fai di sogni che non vuoi realizzare?-
 
-Mai provato a sognare Granger?-
 
-Un sacco di volte. Mi sarebbe piaciuto tantissimo ricevere la mia lettera per Hogwarts, ma so che non è reale quindi ho smesso di sognarci su-
 
-Dovresti provare a staccarti un po dalla tua iper-razionalità. Ti rovina il cervello-
 
-Anche il non fare niente rovina il cervello. Il tuo ne è un esempio lampante-
 
Chiusi la discussione. Era inutile. Non avevamo punti in comune su quell'argomento. Avremmo potuto discutere per ore senza incontrarci mai. Rimasi ancora un po a fissare il soffitto, sognando folle che mi accogliessero esultanti ovunque andassi e che fossero li solo per la mia musica. Nient'altro. Non mi interessavano gli altri aspetti della notorietà. A me importava solo suonare, far ballare il mondo con il rock'n'roll e scatenarmi sul palcoscenico. Non mi interessavano i soldi, i contratti discografici, anche se importanti, o tutte le pupe che mi cadevano come mosche ai piedi. L'unica cosa per cui davvero valeva la pena diventare famosi era la musica. Un tuono in lontananza mi fece tornare con i piedi per terra. Lentamente mi girai e mi puntellai sui gomiti.
 
-E quale sarebbe il tuo sogno realizzabile Granger?-
 
Ci volle qualche secondo prima che realizzassi che stesse parlando con me. Alzai lo sguardo e posai la penna sul quaderno, incrociando le gambe.
 
-Girare il mondo-
 
-Per far cosa?-
 
-Fotografare-
 
-Cosa?-
 
-E' un terzo grado?-
 
-Non so... Rispondi-
 
-Penso le cascate-
 
-Come mai proprio le cascate? E' acqua che cola-
 
-Sono magiche. In Argentina ci sono le più alte del mondo e fidati... Sono spettacolari!-
 
-Se lo dici tu...-
 
Mi rigirai su me stesso e ricominciai a fissare il soffitto. 
 
Non mi andava di riprendere a fare i compiti. Ormai avevo perso la concentrazione. Misi le mani sulle caviglie e strinsi ancora di più le gambe. Era perfettamente tranquillo, nonostante il suo futuro, ai suoi occhi, fosse un enorme punto interrogativo. Sapevo che avrebbe raggiunto il successo, sapevo che centinaia di persone avrebbero fatto di tutto per vederlo suonare, sapevo che tutti nel mondo conoscevano il suo nome, sapevo come avrebbe lasciato il mondo. Sentii la tristezza invadermi, osservando i suoi occhiali che quel giorno sarebbero stati spruzzati di sangue, così come i suoi vestiti. Cercai di allontanare quei pensieri di morte.
 
.-Quale sarebbe invece il tuo sogno realizzabile Lennon?-
 
"Te".
Non ebbi il coraggio di dirlo ad alta voce, ma quando mi fece quella domanda istintivamente pensai a lei. Continuai a fissare il soffitto. 
 
-Suonare finchè campo-
 
-Mmm... Realizzabile si-
 
Si mise a sedere e mi guardò confuso. Sorrisi appena.
 
-Che c'è?-
 
-Judy Granger che non rovina i sogni altrui... Sogno o son desto?-
 
-Non fare il poeta-filosofo che mi spaventi-
 
-Judy Granger che da persona normale non disintegra i sogni altrui-
 
Mi avvicinai a lei e la presi per le spalle, cominciando a scuoterla.
 
-Lennon non ho scritto addosso "agitare prima dell'uso"-
 
-Sei una persona normale!-
 
-E l'ho capito! Ora lasciami!-
 
Lo presi per il collo, nel tentativo di indurlo a lasciarmi andare. Improvvisamente smise di scuotermi. Ci fissavamo negli occhi. Dopo qualche istante cominciammo a ridere senza controllo. Dovevamo sembrare degli idioti. Feci scendere di poco le mani sul suo collo, ma non le tolsi del tutto. Sempre ridendo prima lasciai andare la mia fronte sulla sua e poi la abbandonai sulla sua spalla. 
 
Ci mettemmo un po a riprenderci. Lasciai che si abbandonasse sulla mia spalla. Le mie mani scesero lentamente sulla sua schiena. Non disse nulla a riguardo. Imrpovvisamente sentii il suo respiro sul collo.
 
-Sei un cane?-
 
-Mi piace la tua colonia-
 
-Grazie. Te la presterei volentieri se fossi un maschio-
 
-Eddai Lennon ti stavo facendo un complimento-
 
Mi allontanai stizzita dal suo sarcasmo e incrociai le braccia al petto. Con due dita mi spostò una ciocca di capelli dal viso.
 
-Lo so. Infatti ti ho ringraziato. Dai aiutami a scegliere che mettere. Sta diventando un mortorio qui-
 
Mi alzai e cominciai a rovistare tra i dischi. Presto mi raggiunse. La guardai un attimo.
 
-Sei una persona normale!-
 
Mi fece prendere un colpo, prima per l'urlo che lanciò e poi per le sue braccia che mi strinsero in una morsa dalla quale non potevo liberarmi. 
 
-Lennon mi manca l'aria!-
 
La baciai qualche centimetro sotto il lobo dell'orecchio. La sentii irrigidirsi tra le braccia e notai che era più rossa in viso.
 
-E questo?-
 
-Compreso. Pacchetto unico-
 
Lo guardai per un attimo. Avevo quel suo solito sguardo furbo, ironico e molto sveglio. Non sapevo perchè l'avesse fatto. Sapevo solo che in quel momento l'avrei baciato.
 
-Sei il solito Lennon!-
 
 
 
 
 
spazio autrice.
salve! sono in coma quindi sarò molto veloce... ringrazio chiunque abbia recensito, mi dispiace che il bacio non sia nemmeno qui ma vi prometto che qualcosa presto arriverà ^^ sono a corte di parole nonostante sappia 2 lingue ._.'' ok prima che cominci a sparare cavolfiori per carciofi vi lascio con il capitolo che è meglio :) 
ps. non fa niente anche se commentate con 3 settimane di ritardo X) mi fa sempre piacere leggere i vostri pareri :)
ora vi lascio veramente perchè non mi reggo più in piedi ._.' sono tornata poco fa ç_ç alla prossima :)

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


She's sweeter than all the girls and I met quite a few.
Nobody in all the world can do what she can do.
And so I'm telling you, "This time you'd better stop."
For I have got another girl. Another girl.
Who will love me till the end.
Through thick and thin
She will always be my friend.
{Another girl}
 
Liverpool, 30 Settembre 1958/2012.
 
Studio, studio, studio. Era troppo anche per me. Non solo le liti furiose a casa per il mio mantenimento, in quanto nessuno dei miei genitori mi voleva con se, si faceva sentire anche la mancanza di amici. John in quel periodo rappresentava la mia ancora di salvezza dalla follia, o peggio, dal suicidio. Riflettendo avevo capito che se non avessi avuto lui accanto avrei già compiuto qualche follia. Spesso di sera mi ritrovavo sdraiata sul letto con le cuffie nelle orecchie ad ascoltare musica, preferendo le canzoni cantate da lui rispetto a quelle cantate dagli altri. Ripensavo frequentemente alla sera in cui mi aveva trascinato al Jacaranda e aveva cantato Be Bop A Lula. Rimanevo la, immobile, a osservare il soffitto, pensando a come sarebbe stato se non ci fosse stato lui. 
 
Stupida ragazza. Ne avevo abbastanza di lei. Sempre pronta a giudicare chi frequentavo e cosa facevo. Non ero il suo stupido peluche. Ero grande e vaccinato. Fra una decina di giorni sarei diventato maggiorenne ma lei doveva continuare a fare la mammina. Sempre. Dava sui nervi il suo comportamento. Finii un intero pacchetto di sigarette per calmarmi un po'. Avevo bisogno di parlare con qualcuno. Ma era inutile continuare a pensare "qualcuno". Sapevo bene con chi volevo parlare.
 
-E' successo qualcosa?-
 
-Perchè dovrebbe essere successo qualcosa?-
 
-Vediamo: hai una faccia da funerale, sei incazzato nero e puzzi come se ti fossi infilato in una ciminiera-
 
Contai il tutto sulle dita della mano sinistra. Lo squadrai per un attimo. Era uno straccio. Si lasciò andare accanto a me. Non mi rispose.
 
-Mi nascondi qualcosa-
 
-Va tutto... Alla grande-
 
Era li, pronta ad ascoltarmi. Ma non avevo il coraggio, forse, di parlare. 
"In fondo è quello che volevi da un bel po' di tempo Lennon. Tira fuori le palle e diglielo!"
Tanto sarebbe inutile. Non è possibile una relazione extratemporale.
 
Era impassibile. Giocherellava con le mani e le fissava come se il resto del mondo non esistesse.
 
Sentivo il suo sguardo trapassarmi come un trapano. E sapevo che avrebbe continuato fino a quando non avrei vuotato il sacco.
 
-Io e Cynthia abbiamo rotto-
 
Alla fine non era niente di che. Lui non stava più con Cynthia... 
"Hey, ci sei? Non sta più con quella bionda tutte curve. Se cerca di scoparti stavolta non tirarti indietro!"
Ci misi un po' a realizzare cosa mi avesse detto. Sentii qualcosa crescere dentro, qualcosa che urlava ed esultava per la felicità. Un qualcosa di molto simile al pubblico dello storico concerto dei Queen all'Arena di Wembley nel 1986. Avevo voglia di abbracciarlo, di baciarlo, ma tenni il tutto per me. Le labbra mi si incresparono in un sorriso e abbassai lo sguardo per non farlo notare.
 
-Mi dispiace...-
 
-Fa nulla... Ormai era tempo sprecato-
 
-Perchè?-
 
Alzai un po' lo sguardo e mi voltai verso di lei. Non mi stava guardando, ma sorrideva di nascosto.
 
-Perchè da un po di tempo ho in mente un'altra...-
 
Improvvisamente l'euforia cessò. Così com'era venuta scomparve. Una mano gelida si insediò nel mio petto e strappò via il cuore. Senza pietà. 
 
-E chi è?-
 
Aveva di nuovo quel tono stizzito nella voce tipicamente suo. Continuai a osservarla. I pugni serrati, le labbra strette e gli occhi fissi sul pavimento. Sorrisi appena. Era più carina quando faceva la gelosa.
 
-Non la conosci-
 
-Almeno dire chi è?-
 
-Tanto non la conosceresti comunque no?-
 
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. La mano gelida buttò il mio organo per terra e lo calpestò con un macigno enorme. Abbassai ancora di più lo sguardo e piano scivolai con la schiena. Mi ero illusa. Ma in fondo dovevo sapere che era impossibile che potesse esistere un noi.
 
-Non dirmi che sei gelosa Granger-
 
-E di cosa dovrei essere gelosa?-
 
La sua voce era di un'ottava più alta per il suo tentativo malcelato di apparire disinvolta. Cominciai a ridere.
 
-E ora cos'hai da ridere così tanto?-
 
-Mi fai ridere tu-
 
-Non sono un clown-
 
-Però mi fai ridere-
 
-Potrei sapere il perchè se non è chiedere troppo al tuo cervello non evoluto-
 
-Beh... Tutti sarebbero gelosi con un tipo come me come amico-
 
Alzò il colletto del giubbotto di pelle, in un modo che somigliava tremendamente a John Travolta, e fece uno sguardo che secondo lui doveva essere sexy. E lo era. Era maledettamente sexy. Seccata da questo suo comportamento, gli diedi uno spintone sulla spalla. 
 
-Va a incantare qualcun altro bello mio-
 
-Ma dai! Tanto lo sai che tu sei la mia amichetta preferita-
 
Detto questo, le saltai addosso e le strinsi le braccia attorno al busto, impedendo alle sue di muoversi.
 
Mi sentivo in trappola. Ero in trappola. Dopo quello che aveva detto, non mi piaceva avere il suo corpo così vicino al mio. Mi sentivo un'estranea vicino a lui. Era come se tutto fosse sbagliato. Finimmo per terra. Io mi dibattevo per cercare di liberarmi, ma la sua presa era indistruttibile.
 
-Lasciami Lennon!-
 
-Non ci pensare neanche lontanamente-
 
Avevo la schiena poggiata a terra. La sua schiena contro il mio petto. Lei continuava ad agitarsi per liberarsi.
 
-Almeno vuoi dirmi perchè non vuoi stare qui con me?-
 
-Perchè non è giusto. A te piace un'altra-
 
-Cioè... Io ti piaccio?-
 
-Come amico-
 
Stavo per cadere nel tranello. Era ovvio che mi piaceva. Più di quanto io stessa fossi pronta ad ammettere. Avevo cominciato a colpirlo a pugni chiusi su ogni parte del corpo che riuscissi a raggiungere dalla mia posizione. 
 
-Stavo scherzando-
 
-Su cosa?-
 
-Prima-
 
-SU COSA?-
 
-Non c'è nessuna ragazza-
 
Si irrigidì tra le mie braccia. Sentii il suo respiro accellerarsi, accompagnato dal suo battito cardiaco. Rimase immobile per un po' di tempo, lentamente i suoi muscoli si rilassarono e lasciò andare la testa sulla mia spalla, dando al collo una curva quasi innaturale. Gli occhiali caddero all'indietro, lasciando il suo profilo libero. Gli occhi persi a fissare il vuoto, le labbra appena socchiuse. Avevo provato e riprovato a disegnare il suo profilo, ma non ci riuscii mai. Si sistemò tra le mie braccia in modo che il suo bacino corrispondesse con il mio.Una scossa elettrica mi attraversò veloce la schiena. Mise le sue mani sulle mie braccia. Sentivo il suo petto muoversi regolarmente. Non riuscivo a staccare gli occhi dalle sue labbra. Avrei voluto baciarle, assaporarle, solleticarle piano.
 
-Prima o poi mi renderai matto-
 
 
 
 
 
Spazio autrice:
ma saaaaaaaaaaalve :3 ecco qui il nuovo capitolo :) piaciuto il nuovo colpo di scena?? u.u scusate un po il ritardo ma è stata una settimana pesante e la prossima sembra anche peggio ç_ç *sisi dici che è l'università... poi chissà che combini* lennon io non sono te sh u.u che altro dire? *spoiler?* no lennon -.- *ringraziamenti?* siii! sei un tesoro! ringrazio chi recensisce puntualmente la mia storia :) davvero sembrate degli orologi svizzeri :D chi la aggiunge alle seguite :) e sgt pepper (album) per avermi dato l'ispirazione XD spero vi piaccia questo capitolo e alla prossima :) 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


You say it's your birthday
It's my birthday too, yeah
They say it's your birthday
We're gonna have a good time
I'm glad it's your birthday
Happy birthday to you.
{Birthday}
 
Liverpool, 9 Ottobre 1958/2012.
 
Un altro anno addosso. Un altro inutile anno. L'età anagrafica è solo una grandissima cazzata. Non si diventa maturi dall'oggi al domani solo perchè compi 18 anni. Puoi restare lo stesso ragazzino imbranato dodicenne anche se compi 80 anni, così come puoi essere la persona più matura a questo mondo e avere solo 15 anni. Io mi collocavo nel primo gruppo. 18 anni e avere paura di dire a una ragazza che mi stava facendo dare di matto. L'avevo pensato ma non avevo di certo il coraggio per dirlo ad alta voce. Insomma, non è poi così difficile. Bisogna andarle davanti e dire:"cavolo mi piaci". George si era presentato a casa mia con una torta da cinque chili preparata da sua madre. Subito dopo questa sua entrata ad effetto, comparirono come per magia tutti gli altri. Non so perchè lo fecero, ma mi tirarono un po su di morale. Ma non avevo ancora visto una persona.
 
Ogni 9 ottobre mi sentivo sollevata. Avevo un motivo per essere felice. Quell'anno ancora di più. L'avrei festeggiato con lui. La scuola sembrò ancora più opprimente, tanto che quando arrivò la tanto sognata campanella scappai via prima che tutti avessero preso lo zaino, attraversando i corridoi ancora per poco deserti. Mi precipitai per la via, correndo e prendendo maledizioni da metà degli automobilisti liverpooliani. Entrai a perdifiato nel piccolo locale e tirai un sospiro di sollievo. Ancora non c'era. 
 
Era lì, ancora con il fiatone. Mi avvicinai piano, senza che mi sentisse. 
 
Sentì i suoi passi alle mie spalle. Sorrisi e mi girai.
 
-Auguri Lennon-
 
Mi spiazzò. Letteralmente. Io non le avevo detto nulla.
 
-Aspetta. Rallenta un attimo. Come...-
 
-Faccio a sapere che oggi è il tuo compleanno?-
 
-Si. Leggi la mente o cosa?-
 
Sorrisi apertamente. Mi piaceva vederlo spiazzato così. Non potevo dirgli che ogni anno festeggiavo sempre il suo compleanno e quello degli altri Beatles.
 
-La mente la lascio leggere a Piton. Ho cercato sui vecchi censimenti del Municipio di Liverpool-
 
-Cosa hai fatto?-
 
-Sono andata in biblioteca e ho cercato gli annuari. Non ci sono tanti John W. Lennon che compiono 18 anni nel 1958.-
 
Era incredibile. Riusciva a meravigliarmi sempre. Aveva un'espressione soddisfatta stampata in viso. 
 
Si lasciò andare sul pavimento e poco dopo lo seguii. Mi voltai verso di lui con la mano tesa. 
 
-Hai un accendino?-
 
-Hai cominciato a fumare?-
 
-Hai un accendino?-
 
-A che ti serve?-
 
-Hai un accendino?-
 
-Tieni. Datti fuoco. Non mi interessa-
 
Estrassi l'accendino dalla tasca e lo posai sulla sua mano aperta. Sorrise e si girò ad armeggiare con lo zaino. Si voltò dopo poco. Aveva in mano un pasticcino con una candelina accesa sopra.
 
-Non c'era bisogno!-
 
-Perchè? Mi piaceva questo pasticcino e mi emanava tristezza solitario in quella pasticceria-
 
-George si è presentato con una torta enorme a casa mia. Era sul punto di piangere quando abbiamo cominciato a fare la lotta di cibo.-
 
-Non si gioca col cibo. Dovresti saperlo.-
 
-Non fare la mammina dai! In fondo ci siamo divertiti-
 
-Beh se proprio non lo vuoi poi lo poso.. Ma almeno spegni la candelina-
 
Glielo misi ancora più vicino. Scoppiò a ridere e si avvicinò.
 
-Esprimi un desiderio-
 
"Sei tu il mio desiderio, cazzo!"
Non faceva differenza se tenevo gli occhi aperti o chiusi. Avevo sempre lei davanti agli occhi. Ad ogni modo, chiusi gli occhi, respirai profondamente e soffiai.
 
-Fatto.-
 
-Questo lo mangi o no?-
 
-Lo mangiamo assieme-
 
-E come?-
 
-Tu da una parte e io dall'altra.-
 
-Come Lilly e il vagabondo?-
 
-Come chi?-
 
-Lascia perdere...-
 
Rimasi un po' interdetta da quella proposta. Ricordavo ancora la conversazione di qualche giorno fa. Accettai lo stesso. Cominciammo a mordere quel malcapitato pasticcino ridendo come idioti. A metà, John levò la candelina e passò la parte sporca di panna sul mio naso. Senza che ce ne accorgessimo, ci sfiorammo appena. Poggiò la sua fronte sulla mia. Tenevo lo sguardo basso, ma lo alzavo a scatti per vedere cosa facesse lui. Piano mi avvicinai a lui e sfiorai con le labbra l'incavo tra le narici e il suo labbro superiore. Separandomi da lui, sfiorai anche il suo labbro superiore.
 
-Lo considero il mio miglior regalo di compleanno di sempre...-
 
Sfiorai delicatamente le sue labbra. Sempre tenendo gli occhi socchiusi, piegai la testa leggermente di lato e mi avvicinai a lei. Si ritrasse subito. Chiusi gli occhi per poi tornarli ad aprire una volta tornato indietro. 
 
-C'è qualcosa che non va?-
 
Tutto. Tutto non andava. In testa avevo solo tanta, troppa confusione. Prima ci provava con me ma io lo rifiutavo, tornavamo amici e basta perchè lui era ancora fidanzato, si è lasciato con la sua ragazza perchè gliene piaceva un'altra, ma subito dopo smentiva. Troppi alti e bassi. Mi sentivo sulle montagne russe.
 
-E' che... Sono io. Tu non devi preoccuparti. Non c'era nulla di sbagliato. E' colpa mia-
 
-Non te la senti?-
 
Mi guardò con aria spaventata. Poggiai il gomito sul ginocchio e portai una mano alla bocca.
 
-Ora no-
 
La voce mi uscì come un sussurro. Le dita che tamburellavano nervosamente sulle ginocchia. Non avevo idea di come l'avrebbe presa. Ero pronta a tutto. O quasi.
 
-Vabbè... Ognuno ha i propri tempi. Questo lo vuoi tu?-
 
Avevo ancora la carta del pasticcino in mano. Ce n'era ancora un pezzo abbastanza grosso. Scosse con forza la testa.
 
-No. E' tutto tuo. Alla fine è il tuo compleanno-
 
Ecco cosa mi piaceva di lui. Che si lasciava andare via tutte le preoccupazioni in pochi attimi, cosa che io non ero mai riuscita a fare. Fece sparire nel giro di pochi secondi l'ultimo pezzo del dolce. Avvicinò la sua mano al mio viso.
 
-Non ti faccio nulla. Hai dei bei baffi però-
 
Si portò una mano sulla bocca e sentì la panna che le era rimasta sopra il labbro superiore. Scoppiammo a ridere assieme. Con un dito le tolsi la panna dalla faccia, disegnando i contorni delle labbra. Le aveva perfette.
 
-Grazie-
 
Fu una sensanzione strana, sentirsi le sue dita sul viso. Lo aveva già fatto altre volte, ma quella volta fu diverso. Sorrisi appena.
 
-Ma che ne dici se mettiamo qualcosa?-
 
-Cosa?-
 
-Rock'n'roll baby!-
 
-Te lo scordi. Sono a pezzi e ancora devo studiare-
 
-Fallo per me su! In fondo è il mio compleanno-
 
Tirai fuori tutto il mio fascino per convincerla. Mi guardò diffidente per qualche momento, sospirò profondamente.
 
-Hai vinto. Ma solo per oggi che è il tuo compleanno!-
 
-Mi rendi l'uomo più felice del mondo, piccola so-tutto-io-
 
Scoppiai a ridere. Mi fece alzare in piedi, mi prese per la vita e cominciammo a girare senza una logica precisa.
 
-L'importante è che non mi sfracelli i piedi. Mi servono!-
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice ^^
ma buon salve bella gente :D allora oggi sono riuscita ad aggiornare perchè non avevo lezioni ** (da settimana prossima addio pacchia -.-") *perchè mi devi ritrarre così pappamolle? ç.ç* o porca miseria lennon non te ne va mai bene una -_-" vabbè qui c'è stato un assaggio del bacio... piaciuto??? :D *non è cibo che si assaggia o che piace imbecille!* lennon o evapori o ti crucio! 
ovviamente ringrazio chiunque legga la mia storia (ancora mi sembra incredibile che qualcuno legga la MIA storia ._.), chi la recensisce, chi la tiene tra le seguite, chi tra le preferite, chi tra le ricordate e chi mi inserisce fra gli autori preferiti ^^ *perchè?? qualcuno ha inserito l'anti-dante tra gli autori preferiti?* si john... qualche folle l'ha fatto! 
che altro dirvi??? :3 aspetto le vostre recensioni puntuali come orologi svizzeri e ci vediamo al prossimo aggiornamento ^^ (che spero avvenga questo fine settimana puntuale ^^)

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Think of what you're saying
You can get it wrong and still you think that it's alright
Think of what I'm saying
We can work it out and get it straight, or say good night
We can work it out
{We can work it out}
 
Liverpool, 20 Ottobre 1958/2012.
 
-Andiamo a chi interessa quando è morto o cosa ha fatto questo? Dovrebbero rendere il compleanno di Elvis festa mondiale-
 
-Elvis che meriti ha?-
 
-Ha creato il rock'n'roll baby-
 
-Elvis non avrebbe mai potuto creare il rock'n'roll senza che alla presidenza ci fosse stato Roosvelt-
 
-E come mai?-
 
-Perchè Roosvelt ha creato le giuste condizioni politico-sociali per la nascita del rock'n'roll-
 
-Chi se ne frega... L'importante è che ci sia il rock'n'roll-
 
-Resta nella tua beata ignoranza.-
 
Era sempre la solita storia. Non si poteva studiare o leggere in pace se c'era John Lennon tra i piedi.
 
Sempre la stessa musica. La musica e il divertimento venivano sempre dopo il dovere e l'impegno. 
 
Avevo la pagina piena di parole davanti. Eppure non riuscivo a leggerla. Mi chiedevo come fossimo diventati così amici.
 
Mi stupivo di come fossi diventato così amico di una specie di robot, dedicato all'impegno e allo studio. Già avevo Paul, ma almeno lui cantava e suonava. 
 
Lui era sempre con la testa fra le nuvole, sempre a pensare a quanto fosse figo suonare il rock'n'roll per il resto della propria vita, scordandosi del resto.
 
Lei era pratica, maniacale, perfezionista, iper-razionale e sempre pronta a non sgarrare una regola. 
 
Eravamo i due opposti.
 
Due linee che non si sarebbero incontrate mai. 
 
-Ma a cosa serve sapere tutte queste cose?-
 
-Ti aiutano a capire cosa succede al giorno d'oggi. No scusa c'è un errore...-
 
Mi impappinai. Dimenticavo che venivamo da due ere completamente diverse.
 
-Fai fai... Sono tutto orecchie-
 
Mi sfregai le mani con una smorfia di soddisfazione stampata in faccia. Me la godevo troppo quando si impappinava su particolari stupidi come questo.
 
Mi metteva a disagio. Non sembrava di parlare con una persona di 18 anni, bensì con un moccioso di 5 anni che fa i capricci sbattendo i piedi per terra.
 
-Per capirci... Tu hai intravisto la seconda guerra mondiale mentre io l'ho vista solo attraverso film, libri e documentari. Però è importante per ciò che succederà. Insomma la bomba atomica spaventerà il mondo per decenni. Anche nel mio anno siamo spaventati dalla bomba atomica. E' importante conoscere il passato per capire il presente e migliorare il futuro-
 
-Ma non devi farti condizionare da tutto! Non puoi passare la vita a preoccuparti di capire cosa sta succedendo e fermarti a riflettere su cosa è giusto o su cosa è sbagliato...-
 
-Dici di cogliere l'attimo?-
 
Ripensai un attimo a qualche giorno prima. Io avevo cercato di cogliere l'attimo, ma sicuramente non era quello giusto.
 
-Si-
 
Sapevo bene a cosa si riferiva. Avevo sempre quel pensiero in testa. Avevo sbagliato quasi sicuramente ad allontanarmi da lui, e ora sentivo un peso enorme all'altezza dello stomaco. Non si sarebbe più presentata un'occasione così... perfetta. Ma avevo ben altro a cui pensare.
 
Si lasciò andare contro il muro ricominciando a leggere. La imitai presto e cominciai a giocherellare con una pallina di carta, creata in un momento di noia mortale.
 
Dovevo dirglielo. L'unico problema era: come?
 
-John...-
 
Non era un buon segno quando mi chiamava per nome.
 
-Dimmi-
 
-TI devo parlare-
 
Il punto di non ritorno. Dopo non sarei più potuta tirarmi indietro.
 
Lo sapevo. Quel suo tono non mi piacque affatto. Rimasi comunque immobile aspettando che cominciasse a spiegarsi.
 
Sospirai profondamente. 
 
-I miei stanno divorziando e non so ancora con chi andrò-
 
-Perchè?-
 
-Nessuno dei due mi vuole-
 
-Ma sei grande abbastanza per vivere da sola-
 
-Non secondo la legge-
 
-Ma ci continueremo a vedere no?-
 
Non mi rispose. Mi voltai verso di lei. Aveva lo sguardo basso e si mordeva con violenza il labbro inferiore. Aveva gli occhi lucidi.
 
-Rispondi-
 
-Credo proprio di no-
 
-Che vuol dire "credo di no"?-
 
-I miei hanno in mente di trasferirsi-
 
-Cambiate quartiere?-
 
-Cambiano città-
 
Una doccia fredda mi cadde improvvisamente addosso. Gli angoli degli occhi cominciarono a pizzicare sempre di più, fin quando una grossa lacrima non venne fuori. 
 
Era solo un sogno. Fra poco Mimì mi avrebbe svegliato, dicendo che come al solito avrei fatto tardi a scuola.
 
-Non puoi convincerli a restare?-
 
-La mia opinione conta meno di niente-
 
-Hai provato a fargli cambiare idea?-
 
Domanda da un milione di dollari. Le lacrime avevano cominciato a scendere silenziosamente. 
 
-No-non proprio...-
 
-Hai provato si o no?-
 
Sentivo la rabbia crescere dentro. La odiavo quando girava attorno alla risposta. Si tormentava nervosamente le dita. 
 
-No-
 
Non sapevo dove avevo trovato il coraggio di dirlo. Uscì come un sussurro e subito mi pentii di averlo detto. Scattò in piedi.
 
-Sono 17 anni che ti fai mettere i piedi in testa da tutti!-
 
-John io...-
 
-Per una volta nella vita tira fuori le palle!-
 
-Non ci...-
 
-Non ci riesci? Tu avresti le palle per affrontare e mettere k.o. tutta la città. Ma ti spaventi. Sei sempre chiusa in te stessa, sempre a leggere, come se i libri fossero la soluzione a tutto. Ma bisogna metterci del proprio per cambiare il mondo! E tu questo non l'hai capito!-
 
Una vena sulla tempia cominciò a pulsare. Si era fatta ancora più piccola mentre io la sovrastavo.
 
-Non è facile-
 
-Tu dici che non è facile. Tutto è realizzabile se solo ci credi veramente. Me lo dicesti tu una volta.-
 
-Era diverso-
 
-No. Non era diverso. Lo dici solo per nasconderti-
 
Mi puntò un dito contro. Scattai in piedi e mi misi di fronte a lui.
 
-Tu dici che io mi nascondo sempre. Allora perchè tu vivi ancora con tua zia se è così insopportabile come dici?-
 
-Cosa centra ora Mimì?-
 
-Anche tu cambi discorso.-
 
-Stiamo parlando di te!-
 
-Perchè se si parla di me tutto è lecito vero, ma guai a toccare la vita del povero Lennon!-
 
-Sei tu quella che non riesce a imporsi sulla propria vita!-
 
-Sei tu quello che non accetta la realtà!-
 
Mi sputò in faccia la verità. Faceva male. Più di quanto immaginassi. Non avremmo più chiacchierato, scherzato, fatto più nulla assieme. Era come una specie di incubo.
 
Ebbi come una strana sensazione. Sentivo che dovevo dirgli tutto. Sapevo di non avere più possibilità.
 
-John...-
 
-Hai cambiato idea?-
 
-Cosa?-
 
-Cercherai di restare?-
 
-Non lo so... Ma ti prego ascolta. Devo dirti una cosa. E' importante.-
 
-Non voglio ascoltare più niente.-
 
Con lo sguardo basso le passai oltre, e nel farlo, la urtai volontariamente con la spalla. Per un attimo fui contento di non vederla più. Niente più litigate inutili, niente più incomprensioni, e soprattutto non l'avrei avuta più per la testa. Avrei ripreso la mia vita di sempre. Come se niente fosse successo.
 
Mi lasciò li, con le lacrime che non avevano mai smesso di scendere. Li da sola, ad affrontare una vita nuova, più grande di me. E soprattutto, senza la sua presenza.
 
 
 
 
Spazio autrice.
saaaaaaaaaaaaaaalve :D aggiornamento un po in ritardo e a tutta velocità (domani ho lezione alle 8 ç.ç) scusate tantissimo il ritardo ma ho avuto un weekend un po movimentato ^^ *sisi ora si chiama weekend movimentato* taci una buona volta lennon! cooooomunque che dire sul capitolo??? che erano secoli che lo volevo scrivere... e quando è giunto il momento l'ho scritto di getto. 10 minuti e puff! eccolo qui :) spero solo che i dialoghi e tutto siano abbastanza reali ^^ ringrazio chiunque continui a tenere la mia storia tra le preferite, le seguite e anche le ricordate ^^ ora devo proprio scappare! alla prossima :)

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


I think I'm gonna be sad,
I think it's today yeah.
The girl that's driving me mad
Is going away, yeah.
{Ticket to ride}
 
Liverpool, 8 Novembre 1958/2012.
Liverpool, 9 Novembre 1958.
 
Mi mancava e mi mandava in bestia allo stesso tempo. Mi mancava scherzare con lei, punzecchiarci e tutte le altre cazzate che facevamo assieme. Ma poi ripensavo alla sua quasi indifferenza sul fatto che non ci saremmo rivisti più e sentivo la rabbia rimontare dentro. C'era riuscita. Mi aveva reso pazzo. Perchè solo un pazzo poteva continuare a stare con una persona che ti dilaniava e allo stesso tempo ti curava le ferite. Avevo evitato in tutti i modi di sentirla, di vederla, di parlarle. Ma avevo sperimentato quanto fosse pallosa la vita di prima, senza le sue battutine sarcastiche, le sue spiegazioni, i suoi tentativi di inculcarmi qualcosa in testa, il suo leggere continuo e perenne, tanto da pensare che andasse in giro con un libro sempre aperto davanti agli occhi, senza guardare dove andasse. Restavo li, ripensando a tutto, a quanto ci eravamo attaccati quando ci eravamo conosciuti, quanto avevamo legato, e quante occasioni avevo buttato al vento. 
Una folata di vento. Un grosso foglio di giornale si fermò sulla mia gamba. Lentamente lo presi in mano. Fu come se il tempo si fosse fermato. Leggevo solo parole confuse, sconnesse fra di loro. Incidente quasi mortale. Diciassettenne in coma. Condizioni gravissime. Da due giorni. E poi vidi la foto. L'avevo scattata io quella foto. Era li, che sorrideva, timidamente. Ci volle un po prima che realizzassi che la ragazza di cui parlavano nell'articolo era la stessa della foto. La stessa Judy Granger che conoscevo io. 
Il mondo mi crollò addosso, senza pietà. Improvvisamente mi pentii di tutto quello che le avevo detto quel giorno. Avrei pagato oro per tornare indietro e passare anche una sola altra ora con lei. Rimasi seduto li, con le braccia sulle ginocchia e quel foglio di giornale tra le mani, lo sguardo fisso nel vuoto, per un tempo indeterminabile. Lentamente fuori si oscurò tutto. La pioggia cominciò a sbattere violentemente contro le grandi finestre. Non importava nulla. Sarebbe morta. E l'ultima cosa che le avevo detto era stata che era troppo debole per tirare fuori le palle e combattere. In fondo sapevo che lei ne aveva molte più di me. Riusciva a tenermi testa. E ciò la diceva lunga sul suo conto. 
Il tintinnìo della porta mi distrasse dai miei pensieri. Alzai lo sguardo. Era buio. Vidi solo una figura alta e scura scrosciarsi l'acqua di dosso. Che fosse tutta una bufala?
 
-Hey... Judy?-
 
-Che fai? Ora mi rubi le canzoni Lennon?-
 
A rispondere, con mia grande sorpresa, fu la voce di un uomo. Doveva essere anziano, dal tono e dalla cadenza che aveva, ma sicuramente di Liverpool. E infatti lo era. Aveva un viso terribilmente familiare, ma non sapevo dove lo avevo già visto.
 
-Come fai a sapere il mio nome?-
 
-So molte cose di te John... So che odi il tuo secondo nome, Winston... So che vivi ancora con tua zia Mimì, che odi apertamente ma in fondo le sei grato per molte cose... So anche che il tuo mito è Elvis e vorresti essere famoso come lui o anche di più... Come dici tu: il toppermost del poppermost.-
 
Mi sorrise. Eppure io sapevo di averlo già visto da qualche parte. Solo che non ricordavo dove. Mi stupì per la mole di cose che sapeva su di me. Odiavo il nome Winston, e solo poche persone sapevano che era il mio secondo nome.
 
-Tu sai tanto di me e io nulla di te. Non ti sembra il caso di essere entrambi allo stesso livello prima che cominci a farmi il sermone, matusalemme?-
 
-Sfrontato come sempre... In fondo, tu sei John Lennon e non saresti tu senza quel lampo di sfida che ti passa dagli occhi... Chiamami James-
 
Mi ricordava una persona ma... Era pressocchè impossibile. Doveva essere il suo pro-pro-prozio o che so io.
 
-Sei un parente di Paul per caso? Perchè lo strascichìo della voce è uguale-
 
Scoppiò a ridere.
 
-Si beh... conosco molto molto bene questo Paul-
 
Si mise di fronte a me, poggiandosi al mobile dietro, e infilò le mani nelle tasche del lungo cappotto nero. C'assomigliava terribilmente. 
 
-Come mai sei qui?-
 
Non rispose. Si limitò a indicare con un cenno della testa il foglio di giornale che tenevo tra le mani. 
 
-Cosa ne sai tu di lei?-
 
-Perchè me ne parlasti proprio tu-
 
Un brivido mi scosse la schiena. Io non avevo mai parlato di lei ad anima viva. A meno che...
 
-Anche tu vieni dal futuro?-
 
-Si... Ovviamente tu non puoi ricordare ma lo farai. Fidati.-
 
-Io so solo che mi stai facendo innervosire amico-
 
Scattai all'in piedi. In uno scontro avrei avuto facilmente la meglio. Ma lui restava li. Fermo e col sorriso in faccia. 
 
-Sempre impulsivo eh? In fondo hai solo diciotto anni...-
 
-Lei ne ha diciassette e non merita di morire solo perchè un coglione non ha visto dove andava! Come...-
 
-Come Julia, forse?-
 
Lo guardai attentamente. Come sapeva anche di Julia? Paul i cazzi propri non se li sa mai fare eh? Sospirò mestamente. Per la prima volta si fece serio.
 
-Intanto calmati. Con la rabbia non si risolve nulla. Vieni qui-
 
Rimasi titubante ad osservarlo. Alla fine mi avvicinai e mi sistemai accanto a... James.
 
-Non sai quanto sono felice di vederti...-
 
-Mai quanto lo sono io... Perchè sei qui?-
 
-Per parlarti-
 
-Mi stai parlando. Contento?-
 
-Si-
 
Continuava a tenermi testa. Anche il comportamento era molto simile a quello di quel perfettino di McCartney.
 
-L'ho vista oggi-
 
Mi voltai in fretta verso di lui. Teneva lo sguardo basso. 
 
-In ospedale?-
 
-Si. All'inizio erano meravigliati dalla mia richiesta. E' davvero come l'hai descritta tu-
 
-Come?-
 
-Bella, sfacciata, col sorriso sulle labbra...-
 
-E scommetto con tanti tubi che la tengono in vita-
 
-Si. Volevo evitartelo-
 
-E perchè? Che differenza fa ormai che so dell'incidente? Dimmi com'era-
 
-Sei sicuro?-
 
-Dimmi com'era-
 
La mia voce era ferma. Decisa. Falsamente decisa.
 
-Ha un occhio nero, le braccia e una gamba ingessate. Ha un respiratore artificiale che le manda aria ai polmoni. Per ora è questo che la tiene in vita-
 
Un tuono in lontananza parlò per me. Pensavo che sapere come stava avrebbe alleggerito il fardello. In realtà lo rese solo molto più pesante. Lentamente scivolai con la schiena lungo il mobile. Una lacrima. Poi un'altra. E un'altra ancora. Scendevano silenziosamente, come a non voler rompere il silenzio che era nato dopo che aveva smesso di parlare. Il viso tra le mani. Lo sconosciuto mise la sua mano sulla mia spalla.
 
-Ce la farai Lennon-
 
-E tu cosa ne sai?-
 
-Supererai cose ben peggiori.-
 
-Ah si? Per esempio?-
 
La mia voce era ritornata forte, dura e minacciosa. Ritornai subito in piedi.
 
-Non posso dirtelo-
 
Lo presi per il bavero del cappotto.
 
-Mi dispiace, ma non le faccio io le regole.-
 
Era rimasto impassibile. Lo guardai con odio prima di lasciarlo. 
 
-E' brutto perdere la ragazza che ami subito dopo aver perso tua madre vero?-
 
-Tu farnetichi-
 
-Non è forse vero che pensi a lei continuamente?-
 
-Ciò non implica per forza l'amore. Può essere anche semplice affetto-
 
-Ma quante persone hai cercato di baciare per più di tre volte, nonostante ti abbiano respinto tutte le volte che tu hai provato a baciarle?-
 
Feci un attimo mente locale. In effetti era vero, ma era solo un'enorme cazzata.
 
-Beh si è fatto tardi... Mi ha fatto davvero piacere rivederti Lennon-
 
Alzò il bavero del cappotto, per affrontare nuovamente la pioggia battente. Capii solo in quel momento.
 
-Paul-
 
Si voltò lentamente, sorridendo.
 
-Non ti si nasconde proprio nulla eh?-
 
-Come sapevi che ero qui?-
 
-E' dove ti sei rifugiato per quasi un anno, dove hai scoperto te stesso per la prima volta, dove hai imparato ad amare le persone e il mondo.-
 
-Devo dirtelo...-
 
-No. Credo sia meglio se tu non mi dici nulla nel 1958-
 
Detto questo sparì dalla mia vista. Mi risedetti a terra, riprendendo il foglio di giornale tra le mani. Guardai la sua foto. Sapevo che non avrei più rivisto i suoi occhi verdi squadrarmi da capo a piedi ogni volta che avrei detto una stronzata. Passai un dito sulla foto. Stava scontando i suoi ultimi giorni e io non potevo passarli con lei. 
Rimasi li tutta la notte, un po guardando la sua fotografia, un po ricordando i momenti passati assieme. All'alba la pioggia avevo smesso di venire giù e uscì un timido sole. Misi il foglio in tasca, sistemai il giubbotto e uscii. L'asfalto era bagnato, In certi punti c'erano delle grosse pozze d'acqua. Non davo tregua ai sassi che incrociavo sulla mia strada. Camminai per diverso tempo, non seppi mai quanto in realtà. Quando arrivai a Penny Lane il sole era già alto e le strade erano di nuovo gremite di gente. Lo sguardo mi cadde sul muretto all'inizio della strada. Una figura familiare era accovacciata sul muretto a osservare le persone che passavano. Quando il suo sguardo incrociò il mio, scese velocemente, mise in spalla il suo zaino inconfondibile e venne verso di me, sorridendo come mai aveva fatto prima.
 
 
 
 
Spazio autrice.
salve gente :D no non è un miraggio il capitolo a quest'ora del pomeriggio :3 semplicemente oggi per colpa della pioggia non sono potuta andare a lezione ergo stamattina mi sono riposata alla grande *e noi invece dobbiamo lavorare?* *sono d'accordo!* lennon tu zitto sfaticato! macca non dargli sempre ragione! beh credo si capisca perchè questo capitolo sia incentrato solo ed esclusivamente sul punto di vista di john :3 *non sono stupidi come te!* taci una buona volta nella tua vita lennon. e poi paul. perchè proprio lui? *perchè sono maledettamente irresistibile!* macca che ne dici se ti trasformo in un furetto come malfoy?? beh i mclennon mi hanno sempre affascinato e trovo che paul sia la persona giusta per dire qualcosa del genere a john :) che altro dire??? grazie a chi commenta puntualmente la mia storia, a chi la tiene tra i preferiti, le ricordate o semplicemente le seguite :) con questo mega weekend penso di fare più di un aggiornamento ma non prometto nulla ^^ alla prossima gente :)

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Penny Lane is in my ears and in my eyes
There beneath the blue suburban skies
I sit, and meanwhile back
{Penny Lane}
 
Liverpool, 9 Novembre 1958.
 
-Ciao Lennon-
 
-Che ci fai tu qui?-
 
Ero felice di essere li. Ero felice di essere nel 1958. Ero felice perchè c'era lui.
 
-Non sei felice di vedermi?-
 
-No. Cioè si... Pensavo...-
 
-Hai saputo vero?-
 
-Si. Ma come hai fatto...?-
 
-A venire qui?-
 
Annuii con forza. Non ci capivo più nulla. Prima era in un letto d'ospedale in fin di vita nel futuro. Poi la ritrovavo che gironzolava per la Penny Lane del 1958.
 
-Un po' di discussione con i piani alti. Ma preferisco non parlarne ora-
 
Indicai con una mano un punto impreciso del limpido cielo sopra di noi. Non aveva cambiato espressione. Aveva gli occhi spalancati, come se avesse visto qualcosa che non si aspettava. Di colpo mi abbracciò forte. Dopo i primi momenti di stupore, ricambiai l'abbraccio, felice che non esistesse più quell'astio fra di noi. 
 
Non mi importava come avesse fatto. L'unica cosa davvero importante era che in quel momento era li.
 
-Come ti senti?-
 
-Un po' scossa ma tutto ok-
 
-TI va di fare due passi?-
 
-Certo-
 
Il sole era pallido, ma riscaldava lo stesso. Non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. Lo stesso faceva lui. Sembrava irreale. Dopo tutti i mesi passati al chiuso, poter passeggiare liberamente all'aria aperta, senza stupide barriere temporali. Passammo davanti a un barbiere. Stupidamente mi fermai. Il proprietario era un uomo basso, tarchiato, con pochi capelli ma un'espressione gioviale dipinta sul volto paffuto. Ci osservava con aria paterna. Lo osservai un po' e dopo lo salutai, agitando la mano. Rispose entusiasta.
 
-Perchè l'hai salutato?-
 
-Mi andava di farlo-
 
Sorrise. Ecco cosa mi mancava di lei. Queste sue azioni senza un preciso perchè. Fatte solo perchè "le andava di farlo". Riprendemmo a camminare, in silenzio. Spesso mi giravo verso di lei. O guardava il cielo limpido, oppure guardava me. Sorridendo. Ci fermammo davanti un ristorante.
 
-Ti va un caffè?-
 
-Perchè no-
 
Mi aprì la porta e mi fece entrare. Sorrisi ripensando a quanto era cambiato da quando ci eravamo conosciuti. Ci sedemmo a un tavolo vicino una finestra, uno di fronte all'altra. Fece segno alla cameriera di portare due caffè. Posai lo zaino vicino a me e mi rannicchiai sul divanetto. 
 
Incrociai le braccia sul tavolino. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Lei continuava a fissare me, e la cosa non mi dispiaceva affatto. Fummo interrotti solo dalla cameriera, una signora alta, robusta, già un po' avanti con l'età, che dopo il nostro grazie borbottato, ci guardò come se avesse saputo come sarebbe andata a finire tra di noi, e ridendo se ne andò.
 
-Ti piacciono gli anni '50?-
 
-Molto meglio di quello che mi aspettavo-
 
Incrociai le gambe sul divanetto e afferrai la mia tazza. Era bollente. Era come vedersi allo specchio. Solo che invece del mio riflesso, vedevo John.
 
-Ancora sorpreso di vedermi qui?-
 
-Tanto...-
 
-Felice?-
 
-Non puoi nemmeno immaginare quanto-
 
Mi sorrise. Anzi. Sorridemmo quasi contemporaneamente. Rigiravo la tazza calda tra le mani. L'afferrai e l'avvicinai alle labbra. Il liquido bollente e amaro mi invase la bocca, per poi infiammarmi la gola. Cominciò a ridere.
 
-Che hai da ridere adesso?-
 
-Mi fai ridere tu-
 
-E perchè?-
 
-Perchè sei tanto stupido da bere il caffè bollente all'istante-
 
Soffiai leggermente sul mio prima di cominciare a sorseggiarlo. Fatica inutile. Sembrava di bere fuoco. Cominciai a tossire.
 
-Allora non sono l'unico stupido-
 
Cominciai a ridere di gusto e misi le braccia dietro la testa. Un acuto dolore allo stinco mi disse che mi aveva appena mollato un calcio. 
 
Fece una smorfia che mi fece ridere. Si girò per prendere una cosa dal tavolo dietro di sè. Era panna.
 
-Non ci provare-
 
Aveva un'espressione terrorizzata. Le riempii il naso.
 
-Dicevi?-
 
Chiusi gli occhi cercando di calmarmi. La sua risata sardonica mi riempì le orecchie. Quando riaprii gli occhi, stava già bevendo dalla sua tazza.
 
-Sbrigati o si raffredda-
 
Ci fu qualche momento di silenzio. Avevamo gli occhi di tutto il locale puntato addosso, e soffocammo le risate col caffè. 
 
-Quanto rimani?-
 
-Non lo so-
 
-Hai dove andare?-
 
-Ora che mi ci fai pensare... No-
 
Abbassai lo sguardo. Ero un'incosciente. Vagavo per la mia città, anche se non era davvero la mia città. Cioè, ero nata li ma l'anno non era il mio. E ancora non avevo pensato a dove andare. Guardai fuori dalla finestra come per aspettare che la risposta venisse dal cielo.
 
-Vieni a casa mia-
 
Le parole erano uscite troppo in fretta, ma non mi pentii di averle dette. Si voltò lentamente verso di me.
 
-Non vorrei essere di troppo-
 
-Scherzi vero? Devo sorbirmi gente con la puzza sotto al naso praticamente ogni giorno... Almeno tu non ti schifi di sederti per terra-
 
Non scherzava. Era allegro, ma negli occhi si poteva leggere la serietà con cui me l'aveva proposto. 
 
-Se non sono di troppo...-
 
-Tu non sei mai di troppo-
 
Lasciai una banconota sul tavolo, anticipandola, e mi alzai. Mi imitò dopo poco. Si avvicinò sempre la stessa donna di prima. Ci guardava sempre allo stesso modo, come se la sapesse lunga su di noi. Guardò Judy e scoppiò a ridere. Aveva ancora il naso sporco di panna. Ridendo, passai un dito sul suo naso, levandogliela tutta, e poi lo misi in bocca per assaporarla.
 
-Grazie-
 
-Di cosa?-
 
-Di esserci... Sempre-
 
Sorridemmo entrambi e uscimmo all'aria aperta. Gli strinsi forte un braccio, poggiai la testa sulla spalla e camminammo in mezza alla gente, noncurante degli sguardi che le donne snob mi rivolgevano perchè ero una ragazza, indossavo i jeans, portavo scarpe da ginnastica da maschio e giravo con uno zaino psichedelico sulle spalle. Penny Lane era un posto magico, che una volta che ti entrava dentro, sapevi non sarebbe uscito più.
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
sera gente :D come promesso doppio aggiornamento in questo maxi weekend ^^ che dire? a questi capitoli ci tengo particolarmente visto che alcuni di questi più che capitoli sono stati parti trigemellari *si ma ora non esagerare* e chi esagera lennon? per alcuni capitoli c'ho messo giornate sane per scriverli. buh che dire? che ringrazio tutti quelli che seguono la mia ff, quelli che la commentano e chi non la commenta, chi ce l'ha tra le seguite o le preferite o chi la segue e basta ^^ non avrei mai pensato che una mia storia potesse avere tanto successo :) grazie davvero e alla prossima ^^

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


I say high, you say low.
You say why and I say I don't know, oh no.
You say goodbye and I say hello
hello hello
I don't know why you say goodbye, I say hello
{Hello goodbye} 
 
Liverpool, 9 Novembre 1958.
 
Menlove Avenue. Sempre stata una bella strada, lo dicevano tutti a Liverpool. Solo che nel 1958 non era così... trafficata. Mi fece uno strano effetto farla con lui, visto che fino a poco tempo prima andavo in quella strada per lui. Sembrava una di quelle vie da tipico villaggio inglese, villette a schiere, tutte con il proprio prato perfettamente curato. 
 
-Troppo da snob eh?-
 
-No... E' bello. Almeno non è una topaia-
 
-Ci sei già stata qui?-
 
-Mmm si... Di passaggio...-
 
Non me la dava a bere. La conoscevo bene. Feci finta di niente e cercai di spingere il cancelletto del 251. Chiuso. Poggiai la mano sul cancelletto e lo scavalcai. Mi voltai per vedere se aveva bisogno di una mano, ma senza il mio stupore stava già scavalcando da sola. La chiave di riserva era solito posto, sotto lo zerbino. Infilai la chiave nella serratura e la feci scattare.
 
-Non vorrai restare la fuori tutto il giorno spero-
 
Mi risvegliò dalla trance in cui mi trovavo. Erano strano essere in quel posto, con lui. Entrai dentro quella casa che avevo già visto centinaia di volte. L'ingresso era in legno e sulla destra si arrivava subito al salotto. 
 
-Sei fortunata... Mimì è fuori-
 
Lessi velocemente il bigliettino che era poggiato sulla mensola sopra il camino e glielo porsi. Presi una sigaretta e l'accesi. Il sapore del tabacco mi invase la bocca e la gola. Mi lasciai andare su una poltrona, mettendo i piedi sul tavolino di legno che era proprio di fronte.
 
-Resti li come una statua?-
 
-E' che...-
 
-Non dirmi che ti vergogni-
 
-Nono... E' solo che... Non mi capitava spesso di stare in casa di un amico quando non c'era nessuno-
 
-E io chi sono? Il vicino della porta accanto?-
 
-Bestia! Non ho detto questo!-
 
-E allora dai! Vieni a sederti-
 
Mi indicò il posto vicino a lui. Posai lo zaino per terra e tolsi il giubbotto, poggiandolo sulla spalliera di una poltrona. Mi sedetti accanto a lui e vidi immediatamente il suo braccio poggiarsi sulla spalliera dietro di me. 
 
-Visto che devo dirti tutto passo passo... Fa come se fossi a casa tua-
 
-Non sono una troglodita come te carissimo-
 
-Sono a casa mia no?-
 
-No. Sei a casa di tua zia il che non fa di questo posto casa tua-
 
-Il tono da saccente non va via nemmeno con la candeggina eh?-
 
-E nemmeno la strafottenza a quanto pare-
 
-Te la senti?-
 
-A far cosa?-
 
-Raccontarmi cosa è successo qualche giorno fa...-
 
Piegò la schiena in avanti e per un attimo ebbi il terrore che stesse vomitando. In realtà si tolse le scarpe e si accovacciò sulla poltrona. Sospirò mestamente.
 
-Non so perchè, papà aveva deciso di portarmi con sè a Blackpool. In fondo in fondo con papà andavo d'accordo... ogni tanto. Mi ha portato spesso a vedere il mare, o le auto d'epoca. Insomma, ci sarei andata. Solo che a sentire questa decisione, mamma è andata fuori di testa. Ha deciso che sarei andata con lei. Tutto pur di non far contento papà. Non era male quando non beveva. Cioè, non ti trattava come se fossi un oggetto ogni santo giorno e dappertutto. Appena tornata da scuola, mi disse di preparare subito lo zaino con le cose indispensabili perchè saremmo partite subito per Birmingham. Avevano deciso tutto senza chiedermi nulla. Ero un oggetto che dovevano contendersi per far dispetti all'altro. Dopo due ore circa ci mettemmo in macchina. Mamma era ubriaca, aveva bevuto tanto quella sera, così non prese la strada giusta per l'autostrada e fummo costrette a girare per le campagne. Non si accorse a un incrocio che era scattato il rosso. Lei continuò a correre con la macchina, nonostante le urlassi di frenare, o almeno di rallentare. E poi... Ricordo solo che due grossi fari bianchi ci venivano addosso da sinistra, il lato dove mi trovavo io. Un prolungato rumore di clacson e poi il nulla.-
 
Senza che me ne accorgessi, avevo il viso pieno di lacrime. Tirai rumorosamente su col naso. Tentai invano di asciugare il viso e gli occhi con la manica della felpa, ma fu tutto inutile. La sua mano sulla mia spalla. Mi avvicinò a sè e mi strinse con entrambe le braccia.
 
-Sto bene... Davvero-
 
-Non mi inganni...-
 
-Non potrei mai-
 
-Stai tentando però-
 
Poggiai la testa sopra la sua. Non ci fu bisogno del continuo per sapere cosa fosse successo. Ricordavo ancora perfettamente quando davanti casa, Julia venne investita da quel bastardo e fece un volo di due metri. Tremava.
 
-Senti... E' stupido che io resti qui creandoti solo casini... Credo che cercherò una pensione o un qualcosa gli vada molto vicino.- 
 
Mi alzai decisa. Presi le scarpe con una mano, misi lo zaino in spalla e con la mano libera afferrai il giubbotto. Mi appoggiai allo stipite della porta per infilare le scarpe.
 
-Tu sei matta-
 
-Perchè non voglio creare ancora casini? Perchè non voglio essere un peso, un obbligo per nessuno? Si probabilmente lo sono-
 
-Tu non sei un obbligo-
 
Mi alzai, ma non sapevo come venirne a capo. 
 
-Ah no? Beh per tutte le persone con cui ho avuto a che fare io sono risultata nient'altro che un fardello da trasportare qua e la-
 
-Non lo sei per me-
 
-Gentile Lennon, ma credimi. Creo solo casini-
 
Riuscì ad infilare finalmente anche l'altra scarpa e uscii dalla stanza diretta verso la porta. Mi scansò velocemente e si parò davanti a me.
 
-Fammi andare-
 
-Te lo scordi-
 
-Ti vengo a trovare. Promesso.-
 
-Tu resti-
 
-Lennon davvero. E' meglio se non mi hai tra i piedi-
 
Mi avvicinai a lei e le presi il viso tra le mani. Aveva ancora gli occhi lucidi.
 
-Ma io voglio averti tra i piedi-
 
Rimasi a fissarlo negli occhi. Lentamente mi avvicinai. Dovetti mettermi leggermente in punta di piedi per arrivare alla sua altezza. Stavo quasi per baciarlo, quando si scansò in fretta e mi baciò sulla fronte. Cazzo. Sapevo che un'opportunità come quella che avevo già avuto non sarebbe capitata più. 
 
-Sarebbe stato un bacio non dato veramente Judy. E so che non lo vuoi nemmeno tu-
 
Chiuse gli occhi e vidi che continuavano a uscire lacrime. La strinsi di nuovo a me, lasciando che si sfogasse. Il cielo era diventato arancione quando finalmente si calmò. Le tolsi lo zaino dalle spalle e lo lasciai cadere a terra. Il giubbotto sopra lo zaino. 
 
-Su, distraiti un po che ne hai bisogno-
 
Mi prese per mano e mi ricondusse di nuovo nel salotto ben curato. Solo allora notai le foto sopra il camino. 
 
-Sei tu qualche anno fa?-
 
-Si. Prima che il rock'n'roll mi rovinasse, a detta di Mimì-
 
-Ha ragione. Eri proprio carino-
 
Fra tutte le foto presenti, la sua attenzione venne catturata da una in particolare. Silenziosamente, mi allontanai e mi risedetti sul divanetto. Mi raggiunse poco dopo con la foto in mano.
 
-Tua madre?-
 
Annuì piano. Teneva una mano sugli occhi. 
 
-Era davvero bella-
 
-Già...-
 
-Ti manca?-
 
Gli occhi pizzicavano. Mi voltai verso le finestra, a guardare il cielo diventare rosso sangue. Le sue dita si intrecciarono con le mie. Non disse nulla. Un rumore soffocato mi disse che aveva poggiato la cornice sul tavolo. Poggiò la testa sulla mia spalla. Improvvisamente la feci spostare da dov'era prima per permettermi di sdraiarmi sul divanetto. Mi guardò confusa prima. Continuando a dire nulla, si lasciò andare vicino a me, senza mai lasciare andare la mia mano. Con la mano libera arrivò fino alla mia spalla. Sapevo che aveva capito. Con le dita giocavo con i suoi capelli. Rimanemmo così fino a quando Morfeo non decise che era il momento di abbandonare quel mondo pieno di dolore per rifugiarsi momentaneamente in uno migliore.
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
avete fatto arrivare la mia storia tra le più popolari :') ieri mi sono quasi commossa ve lo giuro! grazie grazie grazie! dico davvero :) *e tu che all'inizio non volevi nemmeno pubblicarla...* hai ragione lennon! beh che altro dire? questi capitoli che sto pubblicando ora (a partire dal capitolo precedente a quello pubblicato prima di questo) mi stanno particolarmente a cuore (infatti nel mio preferito da quel che ho capito eravate tutti con le lacrime ma vabbè XD) spero si noti :) ringrazio chi ha inserito la mia storia tra i preferiti (permettendomi così di arrivare tra le storie più popolari... grazie ancora ^^) e chi l'hainserita tra le seguite. chi la recensisce puntuale come un orologio svizzero, chi arriva un po dopo e anche chi la legge semplicemente senza recensire. ^^ grazie grazie grazie di cuore :) 
ps. dalle vostre reazioni deduco che posso continuare a scrivere anche altro vero??? :)

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 ***


Blackbird singing in the dead of night
Take these broken wings and learn to fly
All your life
You were only waiting for this moment to arise
{Blackbird}
 
Blackpool, 10 Novembre 1958.
 
-Prendi questa Lennon!-
 
-Ti sto lasciando vincere Granger-
 
-Sisi come no... Continua a illuderti-
 
-Guarda... Mi sto addirittura impegnando a perdere-
 
Era valsa la pena farsi due ore di autobus per vedere la fiera di Blackpool. 
 
Mi stava stracciando nel tiro a segno con le pistole. Diceva che era la prima volta che lo faceva, ma sapevo che non era vero.
 
La gente continuava a fissarci. Un po' per le nostre risate, un po' per le mie Vans scolorite. 
 
Un capannello di bambini si era riunito attorno a noi, curioso di vedere come andasse a finire la partita. 
 
-E' un ragazzo ti dico-
 
-Ha i capelli lunghi. E' una ragazza-
 
-Le ragazze non portano i jeans da maschiaccio-
 
-Forse sono quelli del suo ragazzo-
 
Ci guardammo un attimo negli occhi e trattenemmo a stento le risate.
 
Tutti pensavano che stessimo assieme. L'autista del bus ci chiese se stessimo andando a Blackpool per il nostro anniversario o una di quelle idiozie che si inventano quei coglioni solo per avere un pretesto per slinguazzarsi in pubblico, perchè troppo conigli per farlo solo perchè vogliono farlo senza che ci sia una ricorrenza da festeggiare.
 
-Haha! 50 a 47! Ti ho stracciato Lennon!-
 
-Sono solo 3 punti-
 
-3 punti che mi hanno riportato alla vittoria. Ricapitolando, mi devi un gelato, uno zucchero filato e il biglietto dell'autobus-
 
-Te lo scordi! Te l'ho già pagato stamattina l'autobus!-
 
-Ok. Te lo levo ma devi pagarmi il resto!-
 
-Significa che te lo paghi da sola?-
 
-Significa che ho levato la cosa meno costosa-
 
-Sei odiosa-
 
-Grazie tesoro-
 
Lo abbracciai sotto gli sguardi stupiti dei bambini che mi avevano preso per un ragazzo. Si voltò verso di loro.
 
-Non è la mia ragazza-
 
-E allora perchè l'abbracci?-
 
-Perchè è una mia amica-
 
Ci guardarono scandalizzati, come se stessimo commendo un reato al di fuori della portata umana. Le diedi un sonoro bacio sulla guancia e le loro facce divennero ancora più spaventate. Alcune bambine si portarono le mani davanti alla bocca e cominciarono a ridacchiare dopo che scoppiammo a ridere per via delle loro espressioni buffe. 
 
-Su! Voglio il gelato!-
 
-Ho a che fare con una bambina di 5 anni?-
 
-In realtà di 3-
 
-Meglio ancora!-
 
Mi afferrò le gambe e mi caricò sulla spalla. Cominciai a tirargli pugni sulla schiena.
 
-Mollami troglodita!-
 
-Hai detto di avere 3 anni... E come bambina di quell'età di tratto!-
 
La lasciai dopo poco, non perchè fosse pesante, ma perchè mi doveva aver provocato un livido sulla schiena, a furia di sbattere i pugni. Finalmente prese il suo tanto amato gelato. Si sedette sul bordo del molo, osservando il mare.
 
-Certo che è bello vero?-
 
-Molto-
 
Si sedette dietro di me, le sue gambe che stringevano le mie e il suo petto che aderiva sulla mia schiena. Sentii il suo braccio avvolgermi la vita e stringermi ancora di più a lui. Era una sensazione piacevole. Era come se esistessimo solo noi nel mondo. Noi e il mare di fronte. Un piccolo merlo si posò vicino a noi.
 
-Non lo scacciare. Non fa male a nessuno-
 
-Male no certamente... Ma fa ben altro-
 
-Andiamo. Dopo tutto quello che l'uomo ha fatto alla natura, la natura ha pieno diritto di mancare di rispetto all'uomo.-
 
-Ti piacerebbe vivere in un mondo diverso da quello che conosci?-
 
-Beh non ci sarebbero le guerre... Però te le immagini le pulci che fanno da dittatori?-
 
Si girò e mi guardò con un'espressione seria. Non sapevo se era seria o meno. Scoppiò a ridere. Frantumò con la mano ciò che restava del suo cornetto e lo offrì a quel merlo. 
 
-Prova. Non ti fa male-
 
Mi guardò perplesso e dopo qualche momento mi imitò. 
 
-Sembra che ti fa il solletico.-
 
-Te l'avevo detto-
 
Quel piccolo uccello ripulì le nostre mani, ci guardò negli occhi ed emise un suono acuto prima di volare via.
 
La giornata era quasi finita. Il sole già minacciava di rituffarsi a mare per lasciare quella fetta di mondo all'oscurità più totale. Mi dispiaceva che quella giornata stesse finendo. Era stata perfetta. Di solito mi sarei accontentata di una bella giornata, ma quella fu davvero perfetta. Nonostante ci fossimo alzati per prendere l'ultimo autobus per Liverpool, rimanemmo ancora li a fissare il mare. 
 
Si arrampicò sulla staccionata che faceva da ringhiera al molo e si mise in piedi sul penultimo asse.
 
-Sei matta? Scendi da li-
 
-No.-
 
-Perchè sei salita la sopra?-
 
-Per vedere il mondo da un'altra prospettiva-
 
Non mi rispose. Lasciai che la fresca brezza salmastra mi accarezzasse il viso, scompigliandomi i capelli. Con una mano tenevo stretta l'asse di legno che fungeva da banderuola per le barche. Il suo braccio mi sfiorò la schiena. Era vicino a me e mi guardava con un'espressione indecifrabile. 
 
-Non cambia granchè-
 
-Se lo guardi semplicemente come mare ovvio che non cambia granchè-
 
-E come dovrei vederlo scusa?-
 
-Pensa a cosa ti dissi qualche mese fa-
 
Improvvisamente fu tutto più chiaro. Quella volta il cielo era limpido, cristallino e noi non potevamo vederci. Stavolta il cielo era tinto di un denso color sangue ed eravamo assieme. Veramente. 
 
Un clacson ci riportò alla realtà.
 
-Andiamo altrimenti restiamo qua-
 
Con un balzo tornai per terra. Restava la immobile. C'era un'ombra di paura nei suoi occhi. La presi per i fianchi e la feci scendere da li. Mise le mani sulle mie spalle e si lasciò scivolare lentamente. Le mani mi finirono sotto la sua maglietta. Un brivido d'eccitazione mi pervase. Un lampo di furbizia le attraversò gli occhi. Sorrise e cominciò a correre verso l'autobus. 
 
I suoi passi dietro di me. Le sue braccia mi presero e mi sollevarono in aria. La sua risata nelle orecchie. Un altro suono prolungato di clacson. Le nostre risate alla vista dell'uomo alto e barbuto che ci guardava con la solita aria di chi la sa lunga su di noi. E poi... Il paesaggio inglese scorreva veloce sotto i nostri occhi, mentre il sole spariva e il cielo si tingeva di blu e le stelle cominciavano ad accenderlo. La mia testa poggiata sulla sua spalla, a inebriarsi del suo profumo mentre speravo che quel viaggio non finisse mai.
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
salve bella gente :) scusate se aggiorno ora ma ho avuto una pessima settimana per mille motivi. in più fra due settimane ho la prima prova in itinere di inglese e ancora ho fatto solo mezzo capitolo. ergo sono nella melma e devo mettermi sotto!!! ma passiamo a noi... questo capitolo è forse il mio preferito... non so il perchè ma scriverlo mi è piaciuto da matti. spero piaccia pure a voi :) che altro dire??? *i ringraziamenti idiota!* grazie lennon. ringrazio tutti quelli che seguono la mia storia e la commentano, ma anche chi la legge e basta senza commentare :) per chi la commenta: non so più come ringraziarvi per le belle parole che mi scrivete a ogni recensione. davvero sono la miglior soluzione quando si ha l'autostima sotto le scarpe XD *mo non montarti la testa* no lennon riprendo solo i miei piani per la conquista del mondo.. MUAHAHHAHAHAHAHHAHAHAHAHA. no fermi, la risata non si doveva sentire D: che altro dire?? *saluta che ci fai più figura* lo cruciate voi o lo crucio io lennon?? in ogni caso... al prossimo aggiornamento che spero di fare domenica sempre se non resto troppo indietro con lo studio :) *hai finito ora??? deo gratias* nagini, c'è lennon per cena!

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 ***


Maybe I'm amazed at the way you're with me all the time
Maybe I'm afraid of the way I leave you
Maybe I'm amazed at the way you help me sing my song
Right me when I'm wrong
Maybe I'm amazed at the way I really need you
{Maybe I'm Amazed}
 
Liverpool, 10 Novembre 1958.
 
-I miei toast al formaggio sono i migliori di tutta Liverpool-
 
-I miei sono migliori-
 
-Ma zitta che dopo aver mangiato i miei ti sei leccata i baffi!-
 
Eravamo li, nella cucina del 251 di Menlove Avenue. Forse avevamo combinato un po di casino, ma non c'erano pezzi di formaggio che gocciolavano sinistramente dal soffitto. Nonostante la giornata fosse stata bella a Blackpool, a Liverpool aveva fatto freddo tutto il giorno. Tra uno spintone e il rischio di dare a fuoco alla casa, accendemmo tutto ciò che poteva riscaldare l'ambiente, al piano di sotto. Proprio tutto. Tanto che io camminavo per casa scalza e solo con la maglietta, e lui con la camicia sbottonata e sotto la canottiera che aderiva al petto. Nonostante i jeans rigidi, restavo in equilibrio sulla sedia con le gambe incrociate, mentre lui fumava la sigaretta, appoggiato al mobile sotto la finestra.
 
-E poi spiegami... Cosa centrano in una maglietta tre mammut, un bradipo verde, una tigre, due opossum, un furetto e uno scoiattolo?-
 
-E' l'era glaciale baby! E' una figata pazzesca questo film!-
 
Si agitò sulla sedia con uno strano sorriso sulla faccia. Non riuscivo ancora a comprendere. Aspirai un'altra boccata dalla mia sigaretta ed espirai col naso. La schiacciai sul bordo del lavandino.
 
-Ti va di andare di la a sentire un po la radio?-
 
-Perchè no!-
 
Mi alzai dalla sedia e feci per seguirlo nel salotto. Arrivammo nel corridoio quando si bloccò.
 
-Cazzo!-
 
-Che è successo?-
 
-Le birre!-
 
-Vado a prenderle io, tranquillo!-
 
Mi ero girato, pronto a tornare indietro per prenderle, quando vidi che aveva già fatto dietrofront e, pensando di non essere vista, ballava mentre fischiava una canzone a me sconosciuta. Però orecchiabile.
 
Raggiunsi di nuovo la cucina, mentre mi rimbombava nella testa Send me on my own way dei Rusted Root. Presi le birre dal frigorifero e le aprii coll'apribottiglie, sempre ballando.
 
Avevo voglia di un'altra sigaretta. Frugai nella tasca ma trovai solo l'accendino. Avevo lasciato il pacchetto in cucina! Di controvoglia mi alzai e tornai indietro.
 
Afferrai le bottiglie per il collo, facendo attenzione a non versare nemmeno una goccia sul pavimento lucido. Ero arrivata alla porta quando questa si aprì di colpo, prendendomi in pieno.
 
-Merda!-
 
-Che è successo?-
 
Avevo aperto la porta, pensando che fosse lontana. Era in piedi di fronte a me, le bottiglie in mano, un'espressione sconvolta e la maglietta fradicia. Per un attimo indugiai sulla maglia bagnata, che le si era appiccicata addosso.
 
-Merda è la mia maglietta preferita! Adesso che faccio?-
 
-Se vuoi posso darti una delle mie camicie. Per stasera-
 
Alzai lo sguardo. Avrei fatto follie per avere la camicia di John Lennon in passato. Stavolta, sarebbe stato lui in persona a darmela.
 
-Sicuro? Farà puzza di birra poi-
 
-Almeno profumerà di buono-
 
Presi una bottiglia dalle sue mani e le feci cenno di seguirmi di sopra.
 
Era la prima volta che entravo nella sua stanza, con lui. Rimasi titubante sulla soglia, a osservare la stanza. C'erano tante foto sulle pareti. Ovviamente, la maggior parte erano di Elvis. 
 
-Tieni. Questa dovrebbe andarti bene-
 
Avevo in mano la mia camicia arancione, la stessa che avevo quando conobbi Paul. La prese incerta, le presi la bottiglia dalle mani mentre il suo sguardo si alternava tra me e la camicia. Stava per chiedermi qualcosa. Lo sapevo. E sapevo anche cosa.
 
-In fondo al corridoio, a sinistra-
 
-Grazie-
 
Uscii tentennando dalla stanza e camminai fino al corridoio. Con mano tremante aprii l'ultima porta a sinistra e accesi la luce. Era il bagno. Non mi aveva mandato nella sala delle torture di Barbablu. Chiusi la porta alle mie spalle e per sicurezza diedi un giro di chiave. Levai la maglietta fradicia e che odorava di birra e la buttai sul pavimento. Mi diedi una sciacquata prima di mettere la camicia pulita. Fui costretta a togliere anche il reggiseno, inzuppato anch'esso a opera d'arte. Infilai la camicia. Era enorme. Le maniche mi coprivano interamente le mani e, anche se erano sbottonati solo i primi due bottoni, il colletto stava largo e la scollatura sembrava molto più profonda. Tirai fuori i capelli dalla camicia e mi arrotolai le maniche, prima di ripulire alla meno peggio i miei vestiti. 
 
Mandai giù un sorso di birra, mentre spegnevo le luci al piano di sotto. Ritornato nella mia stanza, mi lasciai andare ai piedi del letto, con la chitarra tra le mani e la bottiglia di birra vuota per metà accanto. Uno scatto di una serratura. Dei passi per il corridoio. Si presentò sulla soglia della mia stanza, con la camicia che le avrebbe potuto fare tranquillamente da vestito. Prese la bottiglia dal tavolo e si sdraiò accanto a me, la testa poggiata sulle mie gambe.
 
-Ti sta un po grande eh?-
 
-Giusto un po'... E guarda da un'altra parte Lennon!-
 
Strinsi forte le braccia al petto, cercando di chiudere la camicia il più possibile. Rise, prese un sorso di birra e cominciò a suonare. Lasciai che il liquido amaro scendesse attraverso la gola, mentre la mia mente si lasciava cullare da quella musica leggera, ovattata, che sembrava danzare con le stelle che si intravedevano dalla finestra. 
 
Non sapevo nemmeno cosa stessi suonando. Lasciavo che le mie dita scorressero veloci sui tasti e sulle corde dello strumento. Rimanemmo così per un po'. Sentivo le gambe un po' intorpidite per via della posa mai cambiata. Le mossi appena.
 
-E' successo qualcosa?-
 
-Mi fanno male le gambe... Nono resta-
 
Ero quasi seduta quando mi fermò. Si sdraiò accanto a me, in una mano la birra e con l'altra mi prese il fianco. 
 
-Cin cin-
 
Le bottiglie tintinnarono e si svuotarono velocemente. Una mano mi tamburellava sul petto, l'altra si muoveva piano sulla camicia, che si arrotolò su stessa, lasciando la pelle scoperta. Mi voltai verso di lei. Aveva la testa bassa, abbandonata sulla mia spalla, e gli occhi socchiusi. Tremò appena.
 
-Hai freddo?-
 
Annuii piano. Lo sentii muoversi in maniera goffa e poi qualcosa di pesante mi coprì. Aprii appena gli occhi.
 
-Lennon... questo è il tuo cappotto buono.-
 
-Si. Perchè?-
 
-Si rovina-
 
-Capirai. Non lo uso mai.-
 
-E tu?-
 
-Fa niente. Basta che stai bene tu-
 
Non finii nemmeno di parlare che si sistemò sopra di me, e poi sistemò il cappotto su di se.
 
O entrambi, o nessuno. Cercai di farmi piccola piccola, in modo che non si sentisse il peso. Sentii qualcosa tra le sue gambe e le labbra si incresparono lievemente. Mi lasciai andare sulla sua spalla. Le sue mani mi presero i fianchi. Lentamente cominciarono a salire, nascondendosi sotto la camicia.
 
-Hai le mani fredde-
 
Fu un sussurro. Avevo provato e avevo fallito. Mossi le mani con l'intento di liberarsi della camicia, quando qualcosa le bloccò. Erano le sue mani. Attraverso il tessuto, le sue dita si intrecciarono con le mie.
 
-Non ti avevo detto che non mi piacevano-
 
Qualcosa di morbido si appoggiò sulla mia tempia. Sapeva quanto mi piacevano questi baci dati un po di nascosto che dicevano tutto ma potevano anche non dire niente e continuava a darmeli. Lo sapeva anche se non gliel'avevo detto apertamente, ma ogni volta mi stampavo in faccia un'espressione da ebete. Mi lasciai andare del tutto, osservando le stelle, e pensando a quanto fosse bello che avessi avuto l'opportunità di passare gli ultimi giorni con lui.
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
ma saaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaalve :D tra un accordo suonato sulla mia chitarra e un'omicidio zanzaroso (?) ecco qua il nuovo capitolo :) lo metto ora anche perchè da domani riparte la settimana d'inferno D: *sisi la chiami di inferno... in realtà chissà come te la spassi te!* non mi chiamo lennon bello mio! comunque che dire?? sono molto affezionata a questi capitoli... è da quando ho cominciato a pensare alla storia che mi vengono in mente così all'improvviso e prepotentemente che li ho dovuti scrivere ^^ spero siano di vostro gradimento :3 sono arrivata alle 81 recensioni e 10 persone hanno la mia storia tra le preferite :') che dire?? mi fate commuovere :'3 sul serio! non so più come ringraziarvi! :) i vostri complimenti mi sembrano un po esagerati a dire il vero ma vi ringrazio lo stesso :) ora io torno a studiare (spero di poter aggiornare in modo regolare le prossime settimane visto che dovrò darmi la prima parte di una materia e preparare quella di gennaio) mentre mio padre s'è intrippato malamente con il signore degli anelli D: ma io ancora ho finito solo il primo libro quindi il film me lo sono visto solo fino a metà u.u colpa dell'uni ç.ç alla prossima popolo italico :) e grazie ancora!

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 ***


If I fell in love with you
Would you promise to be true
And help me
Understand
'Cause I've been in love before
And I found that love was more
Than just
Holding hands
{If I fell}
 
Liverpool, 11 Novembre 1958.
 
Non ricordavo quanto fosse duro il pavimento della mia stanza. Il sole era già abbastanza alto quando mi svegliai. La testa era un po' pesante per via della birra della sera prima. Avevo bisogno di alzarmi e di rinfrescare la faccia. L'unico intoppo era che non potevo alzarmi.
 
-Judy..-
 
Non si mosse. Riprovai a chiamarla più volte e la scossi piano. Mugugnò qualcosa, ma non si mosse.
 
-Judy dai... Ho bisogno di alzarmi-
 
Per tutta risposta si rivoltò su stessa, schiacciandomi sul pavimento. Continuava a tenere gli occhi chiusi.
 
-Granger o ti sposti o ti butto giù-
 
Restò immobile li. La testa poggiata sulla mia spalla e una mano che involontariamente si era intrufolata sotto la mia camicia.
 
-Alla buon'ora Granger-
 
Ci misi un po a mettere a fuoco cosa mi circondava. Sentivo la testa un po' pesante e qualcosa che mi martellava continuamente nell'orecchio.
 
-Che ore sono?-
 
-Davvero pensi a che ore sono? Mi stai soffocando-
 
Alzò la testa, si guardò attorno con gli occhi semichiusi e tornò a riaddormentarsi. Presi i suoi fianchi.
 
-No dai! Non ti riaddormentare!-
 
Cominciò ad accarezzarmi la schiena. Sentii le sue mani fermarsi improvvisamente nel punto dove ci sarebbe dovuto essere il mio reggiseno. Tenendo ancora gli occhi chiusi, abbozzai un sorrisetto. La sera prima avevo avuto come la sensazione che avesse voluto fare sesso, ma avevo attribuito tutto ai pochi fumi della birra. Di certo se ci avesse provato quella mattina non avrei avuto il coraggio nè la stupidità di rifiutare. Anzi. Cominciai a desiderare di farlo con lui. Le sue mani si mossero molto più sensualmente sulla mia schiena, tanto che per un attimo sperai in quella mattina. 
 
-A mali estremi, estremi rimedi-
 
-Nooo-
 
La feci scivolare vicino a me. Mugugnò qualcosa di protesta ma non aprì gli occhi. Mi alzai in fretta e un bruciore mi invase la schiena. Mi voltai verso di lei e vidi che formava un qualcosa di molto simile a un wurstel con il mio cappotto. Uscii dalla stanza prima che mi pentissi di ciò che stavo facendo e, una volta in bagno, mi buttai in faccia una quantità d'acqua gelata sufficiente a farmi svegliare e a calmare i miei bollenti spiriti. Quando tornai nella mia stanza lei era ancora li, sul pavimento, coperta dal mio cappotto, a dormire.
 
-Dai sbrigati. Ti faccio un caffè nero così ti svegli-
 
Tenevo ancora gli occhi chiusi, non perchè avessi ancora sonno. Mi era passato non appena mi aveva buttato a terra. Li tenevo chiusi perchè non volevo che tutto fosse un sogno. Avevo paura che riaprendoli mi sarei ritrovata su un letto d'ospedale e che questi due giorni passati con lui fossero solo frutto della mia mente. Lentamente li aprii. Le palpebre erano ancora pesanti. Qualcosa mi oscurava la vista. Era il suo cappotto. Un po più rincuorata mi alzai stroppicciandomi gli occhi e, scalza, cominciai a scendere le scale, abbottonando un bottone della camicia che si era slacciato durante la notte. Quando entrai in cucina, lo trovai che mi dava la schiena mentre armeggiava ai fornelli. Mi avvicinai silenziosamente e lo abbracciai da dietro. 
 
-E questo da dove viene?-
 
-Perchè? Ora è proibito toccare San Lennon?-
 
-Potrei abituarmici-
 
-Per me non è un problema-
 
La sua voce era bassa, un po roca, ma maledettamente sexy. Le sue mani si intrecciarono sul mio addome e i pollici si muovevano lentamente su e giù. Per un attimo ebbi voglia di girarmi e baciarla, per poi andare oltre, farla mia, ma qualcosa mi bloccò li. Era solo il mio istinto. Probabilmente mi avrebbe respinto come aveva già fatto una volta.
 
-Attenta a non bruciarti. Non voglio portarti in ospedale-
 
Al sentire la parola "ospedale" fu come se mi fossi appena risvegliata da un lungo sonno. Di controvoglia mi separai da lui e mi appoggiai al mobile vicino. Subito dopo tornò indietro. Aprì lo sportello in alto e si appoggiò su di me.
 
-Lennon, sai come si fa sesso vero?-
 
-Mi prendi in giro?-
 
-Sai che i pantaloni si devono togliere altrimenti non succede nulla, vero?-
 
-Si mi prendi per il culo-
 
-Non ti sto prendendo per i fondelli-
 
-A me sa tanto di si... E poi hai anche il coraggio di dire a me che dipendo dal sesso quando tu trovi doppi sensi ovunque.-
 
Poggiai le tazze dietro di lei e mi avvicinai ancora di più. Stavo quasi per baciarla quando sentii qualcosa di freddo e duro contro le labbra. 
 
-Continua a esercitarti così. Magari avrai più successo la prossima volta-
 
Tolsi la tazza da davanti al viso e riuscii a liberarmi dalla sua presa. Mi sedetti e mi versai il caffè.
 
-Ti diverti proprio a rendere la gente matta?-
 
-Ah non lo eri già di tuo?-
 
-Mi ci stai facendo diventare tu-
 
-Secondo me più che di un caffè tu hai bisogno di Freud-
 
-Non dicevi che era un pazzo che sparava sentenze a cazzo di cane?-
 
-Lo sei pure tu. Andreste d'amore e d'accordo secondo me-
 
Mi voltai verso di lei, aspettai pazientemente che ripoggiasse la tazza sul tavolo e mi gettai su di lei. Cademmo a terra e cominciai a farle il solletico.
 
-Sei sadico!-
 
-E tu sei una strega-
 
-Lo prendo come un complimento-
 
-Di quelle con il naso a becco di gufo, vecchie e brutte-
 
-Uffa! Io volevo andare a Hogwarts!-
 
-Scordatela-
 
Ci rotolammo sul pavimento della cucina per una buona mezz'ora. Alla fine ci ritrovammo entrambi ansanti a fissare il soffitto.
 
-Cosa intendevi quando hai detto che faccio impazzire la gente?-
 
-Che sei imprevedibile e a cercare di capirti si rischia di diventare davvero pazzi-
 
-E questo è un bene o un male?-
 
Lentamente girai gli occhi per guardarla. Era seria. Sorrisi.
 
-Per me è la cosa più bella del mondo.-
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
SI! ce l'ho fatta ad aggiornare :D ho detto no allo studio per qualche oretta XD l'altro capitolo non ha avuto recensioni... ok non ci è piaciuto D: accetto anche critiche negative... tranquilli che dallo schermo non vi posso azzannare XD vabbè scherzi a parte... sto morendo di sonno quindi posso scrivere anche enormi cavolate non fateci caso XD spero di poter aggiornare lunedì altrimenti mercoledì (così è già passato per questa settimana il pericolo "stalin in gonnella") che altro dire?? alla prossima gente :D

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 ***


Instant karma's gonna get you,
gonna knock you right in the head.
You better get yourself together,
pretty soon you're gonna be dead.
 
[...]
Well, we all shine on,
like the moon and the stars and the sun.
Yeah, we all shine on,
on and on and on and on.
{Instant Karma}

 
Liverpool, 11 Novembre 1958.
 
Liverpool era bella quando pioveva, era bella quando c'era il sole, con la neve, il caldo, la grandine, il vento. Era bella sempre. Ma raggiungeva l'apice secondo me subito dopo un temporale, quando le ultime gocce continuavano a martellare sulla città e spuntava qualche raggio di sole che tentava timidamente di riscaldare la città.
 
La cosa più bella di Liverpool era che dopo la pioggia le strade erano deserte e si poteva scivolare sull'asfalto bagnato senza correre il rischio di venire investito. Nonostante andassimo alla stessa velocità, continuavamo a darci fastidio, cercando di bloccare l'altro per arrivare primi.
 
-Barare è il tuo forte vero?-
 
-Mi stavi facendo scivolare apposta!-
 
-Tu mi stavi facendo inciampare!-
 
Lo presi per il colletto della camicia, per cercare di frenarlo.
 
L'avvicinai a me stringendole la vita. Non avrebbe vinto.
 
Un attimo di incertezza.
 
Entrambi a terra, contro l'asfalto bagnato.
 
-Sei un animale!-
 
-M'hai rotto una gamba!-
 
-Sei tu che sei caduto!-
 
-E tu sei un peso massimo!-
 
-Pensa per te! Ti sei mai visto la pancia che esce dai jeans?-
 
-Questa me la paghi!-
 
Mi sollevò da terra, tenendomi con un braccio, che teneva premuto contro il mio addome.
 
-Lennon non sono il tuo sacco di patate! Lasciami andare ora!-
 
Si agitava, ma non cedetti.
 
-Chi è il peso massimo?-
 
Non risposi subito. Il suo pugno cominciò a strofinare violentemente sulla mia testa.
 
-Sono io sono io! Ora smettila ti prego!-
 
La lasciai andare. Si rimise in piedi con fatica. Massaggiava il punto dove prima c'era il mio braccio e cercava di incenerirmi solo con lo sguardo.
 
-Sei un animale!-
 
-Piano con gli insulti o stavolta ti faccio male seriamente-
 
Gli lanciai un'altra occhiata velenosa. Scoppiò a ridere, mise un braccio sulle mie spalle e ricominciammo a camminare.
 
-Hai mai provato a cantare per strada?-
 
-Come per strada?-
 
-Hai mai visto Cantando sotto la pioggia con Gene Kelly? Quando comincia a ballare per strada cantando Singin in the rain?-
 
-Dici quel bellimbusto che balla il Tip Tap dappertutto?-
 
-Eddai! E' un bellissimo film-
 
-Si... Perché?-
 
-Non ti viene voglia ogni tanto di cantare per strada come fa lui?-
 
-Perché si dovrebbe cantare per strada? Insomma... Ti prendono per idiota!-
 
-Ma la strada è il più grande teatro della vita-
 
Una fredda brezza marina ci arrivò addosso. Non mi piaceva l'autunno proprio perchè le giornate erano troppo brevi. Aprì il braccio libero, come fa un uccello quando sta per spiccare il volo.
 
-Vuoi provare ora?-
 
-Solo se prima lo fai tu-
 
Il suo era un tono di sfida. Sapevo già che canzone avrei voluto cantare. L'avevo scelta la prima volta che l'avevo ascoltata.
 
Like the sun playing
In the morning
Feel the quiet
Feel the thunder
Oh every ladder
Leads to heaven
Call it ransom
Draw the picture

 
Sing the changes
Oh as you're sleeping
Feel the quiet
In the thunder
Sing the changes
Calling over
Feel the quiet
In the thunder1

 
L'aveva fatto. E io mi ero imbambolato come un idiota ad ascoltare.
 
perché questa canzone?-
 
-Perché è bella, carica di energia ed erano anni che volevo farlo-
 
-Di chi è?-
 
-Non lo puoi conoscere...-
 
Risposi in fretta alla domanda, sapendo bene che non avrei potuto dire la verità.
 
-Lo avevi già fatto?-
 
-Qualche volta... Quando gli anni erano di meno e la gente è meno incline a prenderti come un caso clinico...-
 
-Che canzoni avevi scelto?-
 
-Sono tutte canzoni che non puoi conoscere... cioè sono del futuro-
 
-Dimmi di cosa parlano e vediamo se ne vale la pena...-
 
-Ok. Allora una parla della voglia di essere liberi, senza i pregiudizi di nessuno, e che anche Dio è a conoscenza di questo nostro desiderio e che nessuno può fermarci se siamo determinati.2 L'altra di un uomo delle stelle che entra in contatto con i ragazzi della Terra promettendogli la salvezza del pianeta3-
 
-Ci tieni alla libertà vero?-
 
-Si nota così tanto?-
 
-In effetti no... Dovremmo mettere dei cartelloni pubblicitari-
 
-Così il mio soggiorno nel passato va a quel paese...-
 
Mi diede un pugno sulla spalla, ma sapevo che in realtà le piaceva solo fare la parte dell'offesa. Il sole era ormai tramontato del tutto e il cielo si era tinto di un colore che si avvicinava molto al nero. Un'insegna familiare si presentò ai miei occhi.
 
-Ti va di andare al Cavern?-
 
-Il Cavern?-
 
-E' qua vicino. Non lo conosci?-
 
-Per sentito dire. Nel futuro sarà bruciato e poi ricostruito da un'altra parte.-
 
-Bruciare il Cavern? Che si erano fumati?-
 
-Non chiederlo a me-
 
La fila fuori dal Cavern era già lunga. Si allontanò da me per parlare con quelli che dovevano essere i due buttafuori del locale. Silenziosamente mi avvicinai e sentii parte della discussione.
 
-Il locale è già pieno-
 
-Stronzate-
 
-Convinto te-
 
-Siamo solo in 2-
 
-Se devi scopartela portala a casa tua e non in un locale pubblico-
 
-Amico ti sei fumato qualcosa?-
 
-E tu ancora porti il ciuccio? L'età sembra quella-
 
-E tu hai chiesto il permesso alla mamma prima di venire qui oppure quando torni a casa ti picchia perchè non vuole che il suo cocco bello diventi un bullo?-
 
Sentii solo il peso delle sue nocche chiuse contro l'occhio. Avevo la vista appannata. Una figura si avvicinò velocemente all'ingresso del locale.
 
-Ti credi di essere Dio in terra solo perché sei il buttafuori di questo locale?-
 
-Sparisci ragazzina... Torna a casa prima che la mamma si metta a piangere perché la sua piccolina è fuori casa ed è già buio.-
 
Scoppiarono a ridere entrambi. Mi voltai e diedi una mano a Lennon che si trovava ancora per terra.
 
-Stai bene?-
 
-Tutto ok. Solo un po’ ammaccato. Dai andiamocene.-
 
-Prima devo fare una cosa-
 
Si girò improvvisamente e colpì in pieno naso il bel tipo che mi aveva fatto un occhio nero. Il bestione indietreggiò un poco e poi levò la mano dal naso. Gliel'aveva rotto. La presi per una mano e la trascinai via.
 
-Hey voi due! Potete entrare-
 
Era l'altro che ci parlava. Ci scambiammo un'occhiata e decidemmo di entrare. Eravamo quasi dentro quando qualcosa ci bloccò il passaggio. Era il tipo con il naso rotto. L'avevo conciato piuttosto male. Feci una smorfia.
 
-Provate a dire qualcosa dell'accaduto e giuro che...-
 
-Cosa? Ci spezzi le gambe?-
 
-Modera i toni mocciosa-
 
-E tu pensa al tuo naso. Non voglio che una fontana di sangue mi riempia da testa a piedi-
 
La trascinai via prima che l'altro potesse ribattere. Il locale era strapieno. La calca era quasi insopportabile. Quella sera c'era un gruppo chiamato Rory Storm and the Hurricanes. Non erano poi così male.
 
-Ma dico io sei impazzita per davvero?-
 
-Ti ha mandato al tappeto-
 
-So cavarmela da solo.-
 
-Non direi-
 
-Non dovevi farlo-
 
-Non avrei dovuto aiutarti?-
 
-Si ma in un altro modo... Ora quello ci starà addosso per mesi...-
 
-Può cercarmi quanto vuole... Ci vorranno ancora 37 anni prima che io nasca... Fammi vedere quest'occhio-
 
Lo trascinai vicino al bancone, dove c'era più luce. Qualcosa mi bloccò la schiena. Una mano grande, attenta si era poggiata all'interno della mia coscia e avevo cominciato lentamente a risalire. Mi voltai. Un ragazzo alto, con i capelli neri, scompigliati e l'alito che puzzava fortemente di alcool, mi stava stringendo la gamba, con uno sguardo anche troppo eloquente sul viso. Cercai di allontanarlo, ma aveva stretto ancora di più la presa. Non sapevo come uscirne quando vidi qualcosa scattare vicino a me. Dopo pochi secondi vidi Lennon e quel tizio a terra. Con un bel gancio lo mise K.O. Si rialzò in piedi.
 
-Questo è l'antipasto di cosa succede a chi tocca la mia ragazza!-
 
Silenzio generale. Gli amici di quel maiale, nonostante l'alcool a fiumi, mi guardarono con aria spaventata. Andai verso di lei. Era immobile. Respirava a fatica. Con due dita le spostai una ciocca di capelli dal viso.
 
-La tua ragazza?-
 
-Si. Ti dispiace?-
 
Non riuscii a rispondere. Ebbi di nuovo quella sensazione di coro da stadio dentro che esplodeva. Sorrisi appena e trascinandolo per una mano ci avvicinammo al bancone. Si sedette su uno sgabello e gli osservai il livido. Era davvero brutto.
 
-Forse con il ghiaccio riesco a non fartelo gonfiare più di così-
 
Feci un segno al barman e indicai il livido. Sparì e dopo poco tornò con un grosso cubetto di ghiaccio. Mugugnai qualcosa in risposta e sparì nuovamente.
 
-Dai stai fermo altrimenti ti faccio più male-
 
-Cazzo se da fastidio-
 
-Meglio un po’ di fastidio ora piuttosto che una palla da bowling al posto dell'occhio domani-
 
Mi sedetti esasperata sullo sgabello di fronte a lui, continuando a tenergli sull'occhio il ghiaccio.
 
-Cos'hai da ridere ora?-
 
-Già hai gli occhi piccoli... Con dei lividi diventano invisibili-
 
-Tu invece hai il problema inverso. Con quelle palle da ping pong che hai al posto degli occhi con un livido gli occhi ti diventano di una dimensione normale... Mah... Vuoi qualcosa?-
 
-Tipo?-
 
-Niente birra. Ne ho anche troppa nel sangue che circola-
 
-Detta così mi suona di Barney Stimble...-
 
-Di chi?-
 
-Lascia perdere... Che prendiamo allora?-
 
Sorrisi appena e senza dire una parola feci segno al barista di avvicinarsi. Quando fu di fronte a noi mi rivolsi direttamente a lui.
 
-Whiskey-
 
 
 
 
 
 
1Sing the Chances (Paul McCartney)
2I Want to Break Free (Queen)
3Starman (David Bowie)
 
 
Spazio autrice
Saaaalve :) rieccomi tra voi ^^ sono riuscita a sopravvivere a questa settimana d’inferno D: sembra assurdo ma sono arrivata fino ad oggi pensando “devo aggiornare efp!” XD *sisi continua a leccare i didietro di questi che ti leggono… brava brava!* zitto Lennon dei miei stivali! Buh che aggiungere??? La mia storia è al 3 posto fra le storie con più recensioni positive dell’ultimo anno e fra le storie con più recensioni positive di sempre :’) mi sento onorata :’) per la contentezza vi faccio un piccolo spoiler: la vostra attesa è finalmente finita :D (vedrete il prossimo capitolo) ringrazio tutti quelli che puntualmente (e non) recensiscono questa storia, chi la tiene tra i preferiti e chi tra le seguite :) mi fate aumentare l’autostima :’) detto ciò… io me ne devo tornare a studiare :( al prossimo aggiornamento :) (spero domenica come al solito ^^)

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 ***


Twist and shout
C'mon c'mon c'mon, c'mon, baby, now
Come on and work it on out
You know you twist your little girl
You know you twist so fine
Come on and twist a little closer now,
And let me know that you're mine
{Twist and Shout}

 
Liverpool, 11/12 Novembre 1958.
 
La testa si faceva più leggera ad ogni bicchiere che mandavo giù.
 
10? 15? Forse 30? Avevo perso il conto di quanti bicchieri avevamo già bevuto.
 
Sentivo solo le nostre risate e la musica dei Rory Storm and the Hurricanes.
 
Accasciati completamente sul bancone a tenerci i fianchi doloranti per le risate. Si alzò indicando il batterista del gruppo.
 
-Ma io quello lo conosco!-
 
-Ah si? E come? Te lo sei portato a letto?-
 
-Ma magari! Cioè. Guardalo. Aspetta forse se glielo chiedo mi dice di si... HEY TU! NON TU CANTANTE! TU TORNA A CANTARE! HEY TU BATTERISTA! VERRESTI A LETTO CON ME?-
 
Quella fu la prima volta che persi del tutto la lucidità mentale. Mi strinse con un braccio e mi fece indietreggiare, facendomi sedere sulle sue gambe. Mi fece segno di smettere di ridere. Gli scoppiai a ridere in faccia e presi un altro bicchierino.
 
-Ah! Questa è stupenda! Ti prego la balliamo?-
 
Non mi fece neanche rispondere che si tolse la felpa, rimanendo a maniche corte, mi prese per le mani e mi trascinò sulla pista da ballo.
 
Era Little Bitty Pretty One di Thurtson Harris. A dir poco fantastica. Mi scatenai in pista trascinata dalla musica.
 
Eravamo completamente fradici. Cominciammo a ballare prima un po lontani, poi sempre più vicini, anche grazie alla calca del locale.
 
Quando finì la canzone eravamo senza fiato. Nonostante ciò riprendemmo a ridere come matti. Cominciarono I Put A Spell On You di Jay Hawkins.
 
-TI pregooo. Anche questo che è lento!-
 
Mi era sempre stato difficile dirle di no. Quella sera, forse anche per effetto dell'alcool, fu pressocchè impossibile. Mi lasciai ritrascinare in pista mentre la voce roca del cantante ricominciava a cantare.
 
I put a spell on you
'cause you're mine

 
Fissavo i suoi occhi mentre le sue mani mi stringevano i fianchi e le mie si intrecciavano dietro il suo collo.
 
stop the things you do
I ain't lyin'

 
Aveva uno sguardo strano, pieno di una malizia che non avevo mai visto nei suoi occhi. Si mordicchiava il labbro inferiore.
 
yeah, I can't stand
whoa, no runnin' around
I can't stand
no puttin' me down

 
Ce l'avevo fatta. Mentre ci lasciavamo cullare dalla musica, il mio sguardo cadde sulle sue labbra.
 
I put a spell on you
because you're mine

 
Per un attimo fu come se il tempo si fosse fermato. Mi stava baciando mentre io restavo li immobile come un coglione.
 
stop the things you do
I ain't lyin'

 
Dopo il primo attimo di sorpresa, cominciò a baciarmi pure lui. La sua lingua entrò prepotentemente tra le mie labbra ed esplorò la mia bocca attentamente prima di trascinare la mia lingua in una danza sensuale.
 
oh, no
I love you
I love you
I love you, anyhow
I don't care if you don't want me
I'm yours, right now

 
L'eccitazione cresceva. Le mie mani cominciarono a risalire sulla sua schiena. La maglietta si era arrotolata sotto le mie mani, lasciando scoperta la pelle, calda e molto provocante al tatto. Le sue mani arrivarono fino ai miei capelli, le dita affondarono fra le ciocche e lentamente scesero fino al viso.
 
I put a spell on you
because you're mine

 
Mi strinsi ancora di più a lui, ma il fiato cominciò a mancarmi e a malincuore dovetti separarmi.
 
Era come se niente attorno a noi esistesse. Le nostre teste poggiate l'una contro l'altra. I nostri respiri che diventavano uno solo. Improvvisamente ricominciò a ridere. L'alcool si fece risentire pure su di me e, prima che svanisse il suo effetto, per paura che non avrei avuto più possibilità, la baciai un'altra volta. Le sue labbra erano morbide, erano come una droga: una volta assaporate non puoi più farne a meno. La strinsi ancora più forte e poi ci separammo.
 
-Devo prenderlo come un invito a qualcosa di più Lennon?-
 
-Se proprio vuoi...-
 
Mi sentivo libera, disinibita, senza quelle stupide imposizioni che avevo quando ero sobria. La testa era leggera, senza preoccupazioni. Avevo fatto quello che il mio istinto voleva da mesi, ma la ragione aveva sempre additato come sbagliato. In fondo... Era bello averlo accanto in questo modo. Era... sexy. Provocante. Eccitante.
 
-C'è caldo...-
 
-Vuoi uscire?-
 
La sua voce era più bassa, più provocante. Fece un cenno con la testa. Le risistemai la maglietta, sfiorando un'ultima volta la sua schiena nuda, presi dalla tasca una banconota che lasciai sul bancone, afferrai il mio giubbotto e la sua felpa e la trascinai fuori da quella marea umana.
 
-Dai metti la felpa. Non voglio portartela io-
 
-Ah. Non essere rompicoglioni come quella puttana di mia madre-
 
L'aria fredda della notte pungeva ma non ci facevo caso. Dopo il caldo patito dentro il Cavern, il freddo era un toccasana per la mia pelle che scottava. Respirai a pieni polmoni l'aria salmastra. Persi l'equilibrio ma le sue mani mi presero in tempo.
 
-Che fai? Continui a provarci Lennon?-
 
Non aveva più lucidità. Si reggeva a stento in piedi. La tenevo con un braccio in quanto dopo un po' non riusciva più a reggersi sulle proprie gambe.
 
-Guarda Lennon. Tutto questo nel futuro sarà diverso. Ci saranno degli orrendi palazzi che circonderanno queste strade, i ragazzi saranno più fatti che ubriachi e moriranno come mosche negli incidenti d'auto-
 
-Shh. Parla più piano-
 
-No. Devono saperlo tutti-
 
Inciampai in una piccola fossa e mi aggrappai a lui con tutte le forze. L'aria era diventata sempre più fredda.
 
-Dammi la mia felpa...-
 
-Te l'avevo detto prima e hai rifiutato... Dai ormai manca poco a casa-
 
-Non ho 10 anni bello mio. Dammi la mia felpa ti ho detto-
 
Prese la felpa e la infilò. Scoppiai a ridere sguaiatamente quando rimase intrappolata nella sua stessa felpa senza riuscire a uscire la testa.
 
-Aiuto! Non vedo nulla!-
 
Continuava a ridere. Un paio di mani sconosciute mi tirò giù la felpa. Me lo ritrovai davanti.
 
-Ora vuoi una ricompensa?-
 
-Dipende da cos'è...-
 
Afferrò il colletto del mio giubbotto e mi baciò nuovamente. Ogni volta era come la prima.
 
Eccitante. Provocante. Sexy. Questo era il John Lennon che conoscevo da sobria, ma soprattutto era quel John Lennon che stavo conoscendo quella sera da sbronza.
 
-Potrei abituarmi alle tue ricompense..-
 
-Pure io...-
 
Sorrise provocante. Era il mio punto debole. Era impossibile per me dire o fare qualcosa che a lei non andasse bene. Eravamo davanti Mendips. Avevo solo voglia di buttarmi nel letto e dormire per cercare di scacciare via questo mal di testa che aveva cominciato a opprimermi.
 
Una volta dentro tolsi le scarpe con disinvoltura e le calze e lo raggiunsi nel salotto. Mi sedetti sulle sue gambe e cominciai a giocare con le labbra con il suo orecchio.
 
-Forse è meglio se vai a letto...-
 
Di corsa si alzò e raggiunse le scale. Ci misi un po a realizzare cosa stava succedendo. Di colpo mi alzai e raggiunsi le scale. La testa era pesante. Appena rimisi a fuoco, vidi la sua felpa giacere sui gradini. Salì le scale a due a due e quando arrivai nella mia stanza si stava togliendo la maglietta.
 
-Che stai facendo?-
 
-Beh... Mi hai detto di andare a letto e pensavo ti sarebbe piaciuto farmi compagnia...-
 
Quella notte mi sentivo potente, indistruttibile. Niente mi avrebbe permesso di restare la piccola Judy Granger, sempre perfettina e razionale. Per una volta avrei seguito il mio istinto, che mi spingeva a fare ciò che volevo fare da svariati mesi.
 
Con un sorriso malizioso mi afferrò le mani e le poggiò sul suo seno. L'eccitazione cresceva di minuto in minuto. Fissavo come un idiota cosa stavano stringendo le mie mani.
 
-Non ti piacciono?-
 
-Al contrario...-
 
-Mesi fa avresti fatto di tutto per toccarmele-
 
Non ribatté. Per un attimo li strinse forte, dandomi un brivido di piacere. Scosse la testa. Levò le mani in fretta e mi sentii offesa. Prima diceva che gli piacevano e poi levava le mani. Cominciò ad infilarmi a forza una maglietta.
 
-E' ora di dormire-
 
Mi era costata fatica distogliere la mia mente da quel pensiero, ma non avrei approfittato di lei, specie se era ubriaca fradicia. Le infilai la maglietta nonostante si agitasse per non averla messa.
 
-Aspetta... devo togliere il reggiseno-
 
Infilai le mani sotto la maglietta un po logora e cominciai ad armeggiare con il ferretto. Un bruciore al dito.
 
-Ahia. Devo essermi tagliata. Devi aiutarmi.-
 
Doveva essere uno dei suoi trucchi per riprovarci con me. Poi vidi il suo dito graffiato. Volevo che tutto finisse alla svelta. Infilai le mani sotto la maglietta e sganciai il ferretto. Cominciò ad accarezzare il mio braccio con fare provocante.
 
-Vuoi togliermelo tu?-
 
-No. Ti ho solo aiutato a slacciarlo-
 
Facendo spallucce, feci scivolare le bretelle ed estrassi l'indumento da una manica della maglietta. Lo gettai per terra e poi spinsi il ragazzo sulla sedia dietro di lui.
 
Si sedette sopra di me, con le gambe aperte. Le sue labbra voraci sul mio collo, le sue mani che armeggiavano con i miei pantaloni. Per un attimo lasciai che l'eccitazione avesse il sopravvento. Gettai la testa all'indietro, lasciando che la sua bocca assaporasse il mio collo. Ripresi controllo su di me quando scattò l'apertura dei pantaloni.
 
-E' ora di andare a dormire-
 
-Non dirmi che mi rifiuti Lennon!-
 
Il mio tono era offeso. Anche se era la prima volta che mi lasciavo andare, non pensavo di essere così male. Intanto gli occhi si facevano sempre più pesanti.
 
-Non potrei mai... Ragazza più sexy del mondo che mi stai facendo letteralmente impazzire-
 
L'ultima parte la dissi sottovoce, ma potevo anche evitare. Era letteralmente crollata su di me. La sistemai sulle mie gambe e le sfilai i pantaloni. Le sue gambe erano di uno strano colorito violaceo. Sicuramente era per via del freddo preso. Passai una mano sotto le sue gambe lunghe e magrissime, la presi di peso e la infilai dentro il mio letto. La coprii con le coperte e mi sedetti sul bordo a osservarla dormire. Le spostai una ciocca di capelli dal viso. Mi avvicinai e la baciai nuovamente sulle labbra.Si mosse appena e si rigirò fra le coperte.
 
-Speriamo solo che domani non starai troppo male per ricordarti cosa è successo stasera-
 
 
Spazio autrice.
ma saaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaalve gente :) si sono tornata a scassarvi XD qua c’è l’aggiornamento :) vi dico solo che finalmente quello che aspettavate da tanto (forse un po troppo) è finalmente arrivato ^_^ in effetti avete ragione. Probabilmente vi ho fatto penare un po troppo D: vabbè è inutile che resti qui cercando di scrivere qualcosa di decente mentre ascolto a palla i Deep Purple. Spero solo che il capitolo scorso vi sia piaciuto ^^ (anche se mi dite che v’è piaciuto lo dite solo per non farmi avere dispiaceri u.u ho capito il vostro gioco u.u) ovviamente ringrazio chi segue puntualmente la ff :) (30 visualizzazioni al nuovo capitolo in meno di 4 giorni non le avevo mai ricevute!) e chi la tiene tra i preferiti e le seguite :) grazie mille e alla prossima ^^

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 ***


Woke up, fell out of bed
Dragged a comb across my head
Found my way downstairs and drank a cup
And looking up, I noticed I was late
Found my coat and grabbed my hat
Made the bus in seconds flat
Found my way upstairs and had a smoke
And somebody spoke and I went into a dream
{A day in the life}

 
Liverpool, 12 Novembre 1958.
 
La sveglia suonò ripetutamente. La testa era pesante. Provai ad alzarla ma dovetti riaffondarla tra i cuscini. Allungai il braccio nel tentativo di spegnere quell'aggeggio infernale. Speravo solo che Mimì non tornasse in quel preciso istante, trovando me nel suo letto con una sindrome post-sbornia e una ragazza addormentata, evidentemente molto più ubriaca di me, mezza nuda nel mio. Sbadigliai rumorosamente. Sentivo tutto pesante. Non riuscivo nemmeno a tenere gli occhi aperti. Cominciarono a scorrere davanti ai miei occhi delle immagini sfocate della sera prima. Avevamo bevuto tanto, forse troppo. Improvvisamente ricordai che la sera prima ci eravamo baciati, per la prima volta, e tante altre volte a seguire. Il più delle volte fu lei a baciare me. Strofinai le labbra l'una contro l'altra e, con soddisfazione, sentii il suo sapore. Speravo solo non fosse effetto dell'alcool. C'aveva provato spudoratamente con me, aveva voluto le mie mani sul suo corpo. Strofinai le dita, sperando di sentire la sua pelle, ma non ebbi la fortuna di prima. L'avevo respinta. Non me ne pentii ripensandoci. Era ubriaca fradicia e non me lo sarei mai perdonata se la mattina dopo non si sarebbe più fatta vedere. A fatica mi misi a sedere. La testa pesava come un mattone, il corpo faceva male come se fosse stato schiacciato da un muro. Avevo bisogno di cambiare i vestiti, che puzzavano di alcool, fumo e sudore. Non avevo riabbottonato i pantaloni dalla sera prima. Mi alzai lo stesso. La testa girava vorticosamente ma riuscii a restare in piedi. Mi trascinai fino alla mia stanza. Regnava il caos. Mi voltai verso il letto. Dormiva profondamente. Presi qualcosa di ricambio dalla cassettiera vicino al muro e mi avvicinai a lei.
 
-Hey...-
 
Le presi la spalla e la scossi leggermente. Si mosse appena e affondò ancora di più la faccia sul cuscino.
 
-Si fa tardi-
 
Mugugnò qualcosa ma non si mosse. Controvoglia mi alzai e mi diressi in bagno, dove l'acqua fredda mi fece svegliare del tutto. Mi spogliai, liberandomi dell'odore dell'alcool, e lasciai che l'acqua gelata mi risvegliasse i muscoli intorpiditi e pesanti. Un brivido mi scosse e mi rivestii in fretta. Tornai nella mia stanza. Dormiva ancora. Mi sedetti sul letto e mi avvicinai piano.
 
-Judy...-
 
Qualcosa mi scosse. Tentai di cambiare posizione per vedere meglio, quando sentii un forte mal di testa costringermi a restare dov'ero. Ricordavo solo che la sera prima un maniaco ci stava provando con me, Lennon gli aveva fracassato la mascella e poi avevamo cominciato a bere. E poi il nulla.
 
-Mmm-
 
-Sveglia?-
 
-Quasi... Cosa è successo ieri sera?-
 
-Ti sei presa una bella sbronza mi sa...-
 
-Davvero?-
 
-Già...-
 
Le spostai una ciocca di capelli dal viso e glielo accarezzai piano.
 
La sua mano sul mio viso fece si che il mio cervello in fretta elaborasse delle immagini. Noi due che ridevamo assieme al Cavern, poi cominciavamo a ballare. E ballando... io lo avevo baciato.
 
-Comunque... Alzati su-
 
Le diedi qualche pacca leggera sulla spalla e mi alzai.
 
I suoi passi si attutirono. Era in corridoio. Porta sbattuta. Era in bagno. Lo avevo baciato. E mi era piaciuto. Improvvisamente tutta la serata di ieri ritornò nitida nella mia mente. Ci eravamo baciati, più e più volte. Il sonno era passato del tutto. Riuscivo solo a pensare alla sera precedente. Io... ci avevo provato con lui. Avevo fatto si che avessi le sue mani addosso e poi lo avevo bloccato su una sedia, sbottonandogli i pantaloni. E poi il nulla. Che fosse successo davvero? Inorridita mi misi subito a sedere. Indossavo una vecchia maglietta che non riconobbi come mia, ma non indossavo i pantaloni. Una rapida occhiata alla stanza e vidi il mio reggiseno buttato sul pavimento. Mi alzai piano. La testa ricominciò a girare e a far male. Sorreggendomi ai bordi del letto, presi i miei jeans e la mia maglietta. Puzzava disgustosamente di alcool. Preferii prendere la camicia che John mi aveva prestato qualche giorno prima. Sistemai tutto sul letto. Aspettai di riavere equilibrio sulle gambe e che la testa smettesse di girare. Avevo appena tolto la maglietta quando sentii dei passi dentro la stanza.
 
-Ma che cazzo...-
 
Me ne resi conto troppo tardi. Si girò di colpo verso di me, coprendosi alla meno peggio con la mia camicia. Era... nuda. O quasi. L'adrenalina della sera prima crebbe nuovamente. Restai stupidamente a fissarla, senza chiudere la bocca. Gli occhi che non riuscivano a staccarsi dalla sua figura. Le sue gambe, come mai ne avevo viste a Liverpool, lunghe e dritte come colonne. Lo sguardo risalì piano e non riuscì ad andare oltre il punto che le sue braccia stringevano forte.
 
-Esci-
 
-E' la mia stanza-
 
-Ci sono io-
 
-E chi ti da il permesso di stare... così nella mia stanza?-
 
-Mi ci hai fatto stare tu nella tua stanza... Non hai mai visto una ragazza nuda Lennon?-
 
-Oppure sei tu che non ti sei fatta vedere nuda da nessuno e vuoi rimediare?-
 
Presi una scarpa dal pavimento e la lanciai verso di lui. Chiuse subito la porta così lo mancai.
 
Mi ci volle un po’ per riprendermi. Non che la cosa fosse spiacevole. Tutt'altro. Fu strano che tutto successe nell'arco di 12 ore.
 
Aspettai di sentire i passi arrivare al piano di sotto prima di cominciare a vestirmi. In testa avevo solo tanta confusione, aiutata ulteriormente dall'incredibile mal di testa. Infilai la camicia e l'abbottonai fino al penultimo bottone. Mentre scendevo le scale avevo un solo pensiero in testa. L'avevamo fatto o meno? Quando arrivai in cucina, era già impegnato in tete-a-tete con il suo caffè.
 
-Vuoi tirarmi addosso qualche altra cosa?-
 
Mostrò le mani libere in segno di arresa. Le indicai la sedia. Rifiutò e si mise le mani nelle tasche dei jeans.
 
-Volevo chiederti una cosa...-
 
-Ovvero?-
 
-Cos'è successo... stanotte?-
 
Scese un silenzio glaciale. Ci guardavamo estremamente imbarazzati. Poggiò la tazza dietro di lui, incrociò le braccia e si concentrò su di me.
 
-Tu cosa ricordi?-
 
-Che mi hai... Ti ho baciato.-
 
-Nient'altro?-
 
-Che c'ho provato spudoratamente con te, facendo cose che a mente lucida non avrei mai fatto.-
 
-Ricordi bene per aver preso una sbornia gigantesca-
 
-Ecco... C'è dell'altro...-
 
-Cosa?-
 
Spostava l'equilibrio da un piede all'altro. Mordeva insistentemente le labbra. Cercai di concentrarmi su ciò che stava per dirmi.
 
-E' successo... dell'altro oltre a ciò che ricordo?-
 
-Intendi dire... Se ti ho assecondato?-
 
Annuii con forza. La testa riprese a fare male.
 
-No. Ti ho solo messo a letto perchè mi sei letteralmente crollata addosso.-
 
Mi guardò sollevata. Le feci cenno della tazza poggiata accanto alla mia. Si avvicinò timidamente e la prese.
 
-Volevo chiederti una cosa...-
 
-Ancora? Vuoi farmi un terzo grado Granger!-
 
Mi fece ridere. Come sempre. Era bello, forse anche troppo, stare in sua compagnia. Abbassai lo sguardo.
 
-Quello che è successo ieri sera?-
 
-Che vuoi dire?-
 
-Sai... Quello che è successo al Cavern e poi qui...-
 
La voce si ridusse a un sussurro. Avrei voluto dirglielo quanto fosse stato bello, eccitante, provocante, incredibile, pazzesco e stupendo quello che era successo la sera prima, anche se per effetto dell'alcool.
 
-Eravamo sbronzi entrambi...-
 
-Già...-
 
-E' successo ieri in fondo no? Oggi è un altro giorno-
 
Se oggi significava vivere con lui come se non fosse successo niente, preferivo restare legata a ieri. Nonostante tutto, sospirai, avvicinando la mia tazza alla sua.
 
-Oggi è un altro giorno.-
 
 
 
Spazio autrice.
Salve bellizzimi! :) scusate se non ho aggiornato ieri ma ho avuto una giornata un po’ frenetica D: “sisi tutte scuse” lennon, a cuccia su! In più sappiamo bene che giorno era ieri quindi anche se non c’azzecca na beneamata mazza non mi andava di aggiornare nel giorno in cui si ricorda george *HAHA vedi? Si ricorda di me e di te no* *harrison giuro che ti finisco tutti i biscotti* *non lo farai* *si lo faccio* *non hai il fegato* *gfuadda sto già manfando* *in nome del dio biscotto al cioccolato… BANZAAAAAAAAAAI* scusate ma in questo momento c’è una lotta di wrestling nella mia stanza in cui volano briciole dappertutto senza considerare che i biscotti sono MIEI! Ma vabbè… parlando di cose serie… *ma perché tu parli di cose serie?* jog o ti zittisci o ti nascondo i biscotti! *sei seria* bravo bimbo! Comunque ringrazio tutti quelli che seguono la mia storia (seguita per 18 persone… O_O) e che la recensiscono puntualmente (Helter Skelter, sei meglio di un orologio svizzero te :’D) mi onorate :’) anche perché non avrei mai pensato che questa storia potesse arrivare ad essere una delle più popolari… io avevo il terrore di pubblicarla perché credevo non piacesse… e ho detto tutto! XD vabuò alla prossima belli :) e ancora grazie <3 un bel cuore ve lo meritate tutto :’)

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 ***


Picture yourself in a boat on a river,
With tangerine trees and marmalade skies.
Somebody calls you, you answer quite slowly,
A girl with kaleidoscope eyes.
{Lucy in the sky with diamonds}

 
Liverpool, 12 Novembre 1958.
 

Giornata tranquilla. La sbronza della sera prima si fece sentire tutto il giorno. E anche il rimorso di ciò che avevo fatto da sbronza ma che non avevo il coraggio di fare quando possedevo la mia lucidità mentale.
 
Non ci allontanammo da Mendips. Un po' per il temporale che venne giù tutto il giorno, un po' per i postumi della sera precedente. Al primo cenno di tregua da parte del temporale, la trascinai fuori all'aria aperta.
 
Quell'albero era enorme. Mi piaceva osservare le foglie mosse dal vento. Avevo trovato una vecchia macchina fotografica, ma non gli dissi nulla. La tenevo nascosta sotto la felpa.
 
Era già il quinto o il sesto disegno che stracciavo. Non avevo ispirazione.
 
-John...-
 
-Mmm?-
 
-Pensi che il mondo vivrà mai in pace?-
 
-Dovrà farlo se non vorrà autodistruggersi...-
 
-Non si dovrebbe dare una chance al mondo?-
 
-Sarebbe più giusto dire che deve essere il mondo a dare una chance alla pace-
 
Non sapevo più cosa rispondere. Continuai a fissare le nuvole minacciose attraverso i rami ingarbugliati e quasi spogli dell'albero.
 
Eureka! Si era accesa la lampadina.
 
-Judy...-
 
-Si?-
 
-Potresti... girarti verso di me?-
 
Mi prese alla sprovvista. Mi voltai appena.
 
-Perché?-
 
-Resta ferma così...-
 
La matita cominciò a muoversi veloce sul foglio. Lo schizzo venne fuori da solo.
 
-Cosa stai facendo?-
 
-Lo vedrai... Se resti buona dove sei-
 
Non riuscii a resistere alla curiosità e mi avvicinai a lui. Restai a bocca aperta.
 
-Sarei... Sono io?-
 
Aveva il fiato corto e le pupille dilatate. Si voltava prima a guardare me, poi il mio schizzo, poi tornava a me.
 
-Si-
 
Mi poggiai sulla sua spalla. Gli occhi cominciarono a pizzicare.
 
-Tutto bene?-
 
-Si. E' solo che... Nessuno aveva mai fatto una cosa così bella per me-
 
Si nascose dietro la mia spalla. Aveva gli occhi lucidi. A pugno chiuso le colpii leggermente la spalla. Accennò un sorriso.
 
-Hai degli occhi davvero belli-
 
-Hai sempre detto che sono due palline da tennis-
 
-Due palline da tennis davvero belle... Oserei dire... Caleidoscopiche-
 
-Caleidoscopiche?-
 
-Si. La mia ragazza con gli occhi caleidoscopici.-
 
Persi un battito. Avevo sempre desiderato qualcuno che me lo dicesse. Qualcuno oltre mio padre. Quelle rare volte che mi chiamava così.
 
Poggiò la sua fronte contro la mia. Era sempre più vicina. Stavolta non era dovuto all'alcool o ad altro.
 
Una goccia. Due. Tre. In pochi secondi avevo i capelli bagnati. Cominciavano a bagnarsi anche i vestiti. Mi afferrò il polso e mi trascinò dentro.
 
Eravamo rientrati appena in tempo. Nonostante il tragitto da dove ci trovavamo noi e la casa fosse piuttosto breve, rientrammo in casa bagnati come due pulcini.
 
-Non ne posso più di questa cazzo di pioggia.-
 
-Mica puoi cambiare il tempo-
 
Mi sedetti sul divanetto annesso alla finestra nella veranda, ad osservare le gocce che cadevano a poco a poco. Poggiò l'album sul tavolo e si sedette di fronte a me.
 
Il vetro era freddo e appannato, eppure era piacevole restare a guardare l'acqua che martellava sulla finestra restando dentro le mura riscaldate della casa. Un flash.
 
-M'hai accecato-
 
-Sei già ciecato di tuo-
 
-Dove l'hai presa quella?-
 
-L'ho trovata-
 
-Dove?-
 
-Su Plutone. Qui. Dove sennò?-
 
-Era di zio George.-
 
Mi sentii incredibilmente stupida ad averla presa senza chiedergli il permesso prima.
 
-Mi dispiace... Se vuoi la riposo...-
 
-Nono tienila pure. Scommetto che sarebbe felice di vederla in mano tua.-
 
Sorrise imbarazzata. Non potevo fare a meno di sorridere quando la guardavo. Era bella. Lo era sempre. E non perché avesse sempre la faccia impiastricciata di trucchi o si conciava i capelli in modo elegante o modaiolo con il disperato tentativo di essere sexy. Era una cosa naturale, che non si può acquistare nemmeno nei negozi più costosi. Come la vedevi al mattino, era in quel modo per tutto il giorno. Non aveva bisogno di intrugli vari per mostrare quanto fossero belli i suoi occhi o spontaneo il suo sorriso. Lo erano di natura.
 
Era uno di quei momenti in cui parli veramente con un amico. Non dicendo fiumi di parole inutili, ma parlando con il cuore. Lasciare che attraverso il silenzio si potesse comunicare all'altro tutto ciò che si pensava. Avevo lottato tutto il giorno contro il desiderio di baciarlo nuovamente, senza essere sotto l'effetto dell'alcool, ma non ci riuscii. Avevo paura che il bacio della sera prima gli fosse piaciuto perché eravamo entrambi sotto l'effetto del whiskey.
 
Lasciai andare la testa all'indietro. Il ticchettio della pioggia è rassicurante.
 
Le palpebre si facevano sempre più pesanti.
 
-Io vado a dormire. Credo che la sbornia di ieri ancora non sia passata del tutto-
 
Si alzò, rompendo il silenzio. Immediatamente la imitai.
 
-Dove vai?-
 
-Non avete una stanza degli ospiti vero? Non voglio rubarti ancora la stanza...-
 
-E' tutta tua-
 
-John davvero. Ti sto già creando troppi casini. Con una coperta e un cuscino anche il divano va bene-
 
-Prendi la mia stanza-
 
Il suo tono non ammetteva repliche. Sospirando ripetutamente andai verso le scale. Qualcosa mi afferrò il braccio.
 
-Trovi dei vecchi pantaloni in un angolo dell'armadio. Hanno degli orrendi quadrettoni neri e grigi. Non li metto più da secoli-
 
Non disse nulla. Sorrise e basta. Sorrise e mi baciò sulla guancia.
 
-Notte Lennon-
 
 
Spazio autrice:
si sono ancora viva XD scusate se non ho aggiornato in tempo ma sto passando un periodaccio di quelli che ti mettono davvero K.O.  comunque questo è un capitolo che mi piace ma non mi convince anche perché l’ho inserito solo perché mi serviva un filo conduttore tra il capitolo precedente che già conoscete e quello successivo che sarà il prossimo che pubblicherò. *in realtà tu volevi solo usare lucy in the sky with diamonds… AMMETTILO!* si Lennon un altro dei motivi era questo ma non il principale… siamo a 98 recensioni. Con questo capitolo arriveremo a 100??? *sisi aspetta e spera* Lennon io ti ammazzo ok?? Con tanto ammore <3 comunque sia spero di aggiornare in tempo la prossima volta (anche se non penso proprio… causa interrogazione di russo e imminente seconda prova di inglese che vorrei darmi al più presto) ora sono abbastanza di fretta ma sappiate che ringrazio infinitamente tutti quelli che seguono questa storia… anche chi la segue in sordina. Davvero un bel grazie che viene dal cuore perché mi fate rialzare l’autostima e in questo periodo ne ho davvero bisogno ^^ grazie mille e alla prossima :)

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 ***


Golden slumbers fill your eyes
Smiles awake you when you rise
Sleep pretty darling do not cry
And I will sing a lullaby
{Golden Slumbers}

 
Liverpool, 13 Novembre 1958.
 
Camminavo nel buio. Non sapevo dove mi trovavo. Una luce apparì all'improvviso. Camminai verso la luce. Appena la raggiunsi le urla di due adulti giunsero dritte nelle mie orecchie. Qualcuno mi afferrò per le braccia. Mi strattonavano continuamente. Realizzai di non avere più di 5 anni. Le mani che mi strattonavano e a volte mi picchiavano erano quelle dei miei genitori. Più cercavo di liberarmi, più mi serravano e mi facevano male. Cominciai a piangere. Le unghia di mia madre affondarono nella pelle. Urlai per il dolore ma una mano grande, pesante atterrò sulla mia faccia, zittendomi. Loro urlavano ma non sapevo cosa dicessero. Non riuscivo a capirli. Sapevo che stavano litigando, e la causa ero io. Mi calmai apparentemente. La stretta delle loro mani si allentò fino a lasciarmi del tutto. Con le guance bagnate ripresi a camminare, singhiozzando. Intanto ogni fonte di luce era scomparsa e camminavo lungo un buio corridoio.
C'era una porta. Piano l'attraversai. Riconobbi quella stanza. Era la nostra cucina. I miei continuavano a litigare, lanciandosi tutto ciò che trovavano: posate, bicchieri, piatti, pentole e altro. Improvvisamente mia madre si girò verso di me e mi additò ferocemente. Erano entrambi arrabbiati, ma non sapevo per cosa. Avevo 11 anni. Avanzarono verso di me. Poco prima che mi raggiungessero entrambi furiosi, delle mani grandi e gentili mi presero e mi allontanarono dalla loro furia. Mi girai verso il mio "salvatore". Era Jim. Improvvisamente ricordai. Era successo poco dopo che l'avevo conosciuto. Era diventato il mio fratello maggiore e l'unica figura genitoriale che avessi mai avuto. Mi prese in braccio e si avvicinò alla porta, con l'intento di uscire e di portarmi via da loro. Sentivo già il profumo dei cespugli del giardino, quando degli artigli mi riaffondarono nella carne e delle mani maschili mi trascinarono via da lui. Cominciai a piangere, a urlare, a dibattermi. Volevo liberarmi di loro, della loro stupidità, della loro incapacità di essere dei genitori, ma mi stavano allontanando dall'unica persona che mi stava accettando per ciò che ero. Jim mi prese per le mani, con l'intento di non lasciarmi, ma un forte strattone di mio padre mi allontanò da lui, perdemmo l'equilibrio e cademmo a terra. Ma non ci fu l'impatto. Continuai a cadere per un tempo interminabile.
Non sentii l'impatto con il terreno. Ero di nuovo nel buio più totale. Qualcosa di duro mi disse che i miei piedi erano fermi e in equilibrio su un pavimento invisibile. Qualcosa di freddo mi accarezzò il viso. Vidi una striscia di sangue. Una figura incappucciata veniva verso di me. Dal mantello si intravedevano quattro ferite sanguinanti. Sembravano ferite da arma da fuoco. Era senza volto. Mi passò accanto. La sua mano si avvicinò piano al mio viso e lo accarezzò con il dorso. Era qualcosa di familiare. Mi stavo lasciando andare a quel momento di tranquillità quando le urla si fecero sentire nuovamente. La figura sparì immediatamente. Avevo 17 anni. I miei continuavano a litigare. Appena mia madre mi vide, mi lanciò contro il mio zaino, mi prese per un polso e mi trascinò via. Riuscì a cogliere il dispiacere nello sguardo di mio padre. Mi chiuse in macchina e partimmo. Guidava a una velocità esagerata. Inutilmente le urlavo di rallentare, di calmarsi, ma non mi dava retta. Mi colpì in piena faccia con la sua mano inanellata e i suoi artigli smaltati. Aveva le pupille dilatate. Si era appena drogata. E aveva bevuto. Tanto. Come sempre d'altronde. Un clacson prolungato. Un paio di fari che venivano verso di me. In mezzo all'incrocio che stavamo per attraversare ricomparve la figura incappucciata. Il sangue usciva copiosamente dalle ferite sul corpo. Qualcosa cadde da sotto il cappuccio. Erano degli occhiali. Sporchi di sangue. Avvicinò le mani al cappuccio con l'intento di abbassarlo. Appena lo abbassò del tutto, gettai un urlo.
 
Mi svegliai di soprassalto. La vecchia maglietta appiccicata addosso. Respiravo a fatica. Mi misi a sedere. Una goccia scese dal mio viso. I capelli si erano incollati sul collo, la fronte e attorno al viso. Uno strano sapore in bocca. Qualcosa risalì velocemente dal mio stomaco, attraversò la gola e arrivò in bocca, chiedendo prepotentemente di uscire. Tappai la bocca con una mano e mi alzai di corsa, diretta verso il bagno. Una volta arrivata, mi inginocchiai appena in tempo prima di vomitare anche l'anima.
 
Mi svegliai di soprassalto. Una porta sbattuta. Non c'erano finestre aperte quindi qualcuno si era intrufolato in casa. Mi alzai silenziosamente e vidi la luce del bagno accesa. Stropicciando gli occhi mi avvicinai.
 
-Judy ma che...-
 
La sua voce mi fece sobbalzare. Ero poggiata sul lavandino, col disperato tentativo di lavarmi la bocca e sciacquare la faccia. Alzai lo sguardo e lo vidi riflesso nello specchio. Improvvisamente ricordai. Era lui la figura incappucciata.
 
Mi guardava con degli occhi da pazza, fuori dalle orbite. Dei profondi solchi violacei le segnavano il viso sotto gli occhi, dandole un'ulteriore aria da pazza. Respirava a fatica. Tremava come se avesse la febbre.
 
Si avvicinò a me. Crebbe la paura. E se cercando per casa avesse trovato i suoi occhiali sporchi di sangue, sporchi del suo sangue? Mi prese delicatamente per i fianchi e mi allontanò dal lavandino. Le mie mani ci misero un po’ a staccarsi, nonostante fossero sudate. Le nocche erano diventate bianche per lo sforzo di tenere quell'appiglio il più saldamente possibile.
 
-Hai avuto un incubo?-
 
Annuì meccanicamente. Tremava e aveva ancora gli occhi fuori dalle orbite. Le poggiai le mani sulle spalle con il tentativo di calmarla.
 
Le sue mani gelide furono un balsamo per la mia pelle sudata che tremava. Il respiro si fece più regolare, così come il battito cardiaco.
 
-E' stato...-
 
-Brutto?-
 
-Peggio...-
 
-Cosa hai visto?-
 
-La morte-
 
-Aveva un volto?-
 
-Si-
 
-Che volto aveva?-
 
Non rispose. Riprese a tremare. Istintivamente l'avvicinai a me, in modo che fosse di fronte a me. Si lasciò andare. Un flusso caldo, umido e ininterrotto mi disse che aveva cominciato a piangere. La strinsi con entrambe le braccia, accarezzandole le spalle con le mani.
 
Aveva il suo volto. La morte era la stessa persona che in quel momento mi teneva lontana dalla pazzia. Mi aggrappai a lui con tutte le mie forze. Mi accarezzò i capelli madidi di sudore.
 
-Shh. Era solo un sogno. Va tutto bene-
 
Rimanemmo li per un tempo interminabile. Dopo quella che sembrò un'ora finalmente si calmò del tutto. Continuava a tremare, anche se visibilmente meno.
 
-Ora ti rimetti a letto e ti fai una bella dormita ok? Se vuoi ti do anche qualcuno dei sonniferi che Mimì tiene da qualche parte... Ma riposa va bene?-
 
Mi afferrò le spalle e mi allontanò da sé. Lo guardai negli occhi. Erano caldi, profondi, rassicuranti. Annuii appena.
 
Feci un passo quando le sue mani si strinsero attorno ai miei polsi. Strizzava gli occhi. Aveva ricominciato a piangere e a tremare. Delicatamente la presi in braccio. Appoggiò la testa sulla mia spalla e passò le braccia attorno al mio collo. La misi a letto come si mette a letto una bambina che ha appena sognato l'uomo nero. Mi guardava ancora con aria spaventata. Mi sedetti vicino a lei e le accarezzai il viso. Era ancora madida di sudore. Le palpebre si fecero nuovamente pesanti.
 
-Notte Judy-
 
Mi baciò sulla fronte e si alzò. La paura tornò a impossessarsi di me. Di solito avevo affrontato gli incubi da sola, senza nessuno che mi aiutasse. Ma quella volta avevo davvero paura e mi sentivo al sicuro solo se era vicino a me. Era già sulla porta.
 
-John. Puoi... restare qui?-
 
La sua voce fu un sussurro. Mi bloccai con le mani poggiate allo stipite della porta. Abbassai lo sguardo.
"Non qui. Non ora. Non con lei."
Era riferito al cavallo dei miei pantaloni, ma era meglio se me ne convincevo anch'io. Mi voltai verso di lei. Mi stava supplicando con gli occhi. Lentamente mi riavvicinai al mio letto. Si era appiattita contro il muro, nel tentativo di farmi un po’ di spazio nel letto piccolo. Mi misi anch'io sotto le coperte e mi lasciai andare. Mi voltai verso di lei. Mi guardava ancora con paura. Con un movimento del braccio l'avvicinai a me, lasciando che si poggiasse sulla mia spalla. La sua mano si mosse appena sopra il mio petto. Mi imposi di restare impassibile. Avevo caldo. Incrociai le mani sulla spalla aspettando che Morfeo facesse il suo dovere.
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
Ma salve bel popolo di pazzi che segue questa ff :D poi ce l’abbiamo fatta ad arrivare a 100 recensioni *_* non che io me le meriti ma grazie lo stesso :) scusate se aggiorno così tardi ma questi giorni sono stati di studio iper intensivo. Vabbè l’importante è che ho aggiornato no??? :p sembra un capitolo alquanto corto e banale… in realtà scriverlo è stato più simile a un parto trigemellare in quanto fino all’ultimo ho trovato cose da sistemare, da aggiungere e da togliere… insomma al solito mi piace ma non mi convince :/ per chi invece vuole sapere quanto manca al primo vero bacio tra i due… vedrete intanto il prossimo capitolo :p grazie mille a tutti e alla prossima ^^ (spero domenica visto che giovedì sarà un inferno)

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 ***


It feels so right now.
Hold me tight,
tell me I'm the only one,
and then I might,
never be the lonely one.
So hold me tight,
tonight, tonight,
it's you, you, you, you.
{Hold me tight}

 
Liverpool, 13 Novembre 1958.
 
Ci misi qualche secondo per mettere a fuoco. Ero nella mia stanza. Sentivo un peso sul petto e sullo stomaco. Doveva avere davvero paura. Non doveva avermi lasciato tutta la notte. La testa abbandonata sul mio petto, un braccio che mi stringeva la vita. Anche se i capelli erano legati, qualche ciocca sfuggiva, ricoprendole il viso. Con due dita cominciai a spostargliele dal viso.
 
Qualcosa di freddo, un po’ incallito ma dal tocco delicato mi stava accarezzando il viso. Aprii appena gli occhi, ma quelle carezze erano talmente tanto invitanti che li richiusi subito, con il chiaro intento di addormentarmi nuovamente.
 
-Vedo che non hai più avuto incubi stanotte...-
 
Si irrigidì di colpo. Mosse leggermente in braccio, arrivando fino all'orlo dei miei pantaloni. Si inginocchiò immediatamente sul letto, gli occhi spalancati e il viso rosso come se avesse preso fuoco. Sogghignai.
 
-Stavo scherzando...-
 
Si mise a sedere mentre io sentivo l'imbarazzo crescere a vista d'occhio. Non riuscivo a spiccicare parola. Voleva che lo avessimo fatto quella notte? Mi rivenne in mente l'immagine dell'incubo della notte appena trascorsa. Mi irrigidì ripensando alla sua figura che accompagnava immagini di morte. Mi prese per le mani e mi fece scivolare accanto a lui. Mi intrappolò tra le braccia mentre tirava dei calci alle coperte con l'intenzione di sistemarle.
 
-Sembri una statua-
 
-E' solo che...-
 
-Non sei abituata a dormire con un tizio e la mattina dopo cerchi di levargli innocentemente i pantaloni. Capisco-
 
-E tu invece non riesci ad ammettere di aver dormito più volte con la stessa ragazza senza essere mai andato a segno. O forse sbaglio?-
 
Le pizzicai la pelle nuda con due dita. Una fitta alle costole. Mi aveva tirato un pugno. Fu un botta e risposta fatto di pizzicotti e di pugni.
 
Non so come e in quale modo le coperte ci finirono addosso, nascondendoci al resto del mondo. Nonostante fossi bloccata tra lui e il materasso, continuavo a sferrargli pugni ovunque le mie mani riuscissero ad arrivare. La pelle bruciava. Mi aveva pizzicato tutte le braccia e il collo. Infilò le mani sotto la maglietta.
 
Smise di colpirmi. Lasciò le mani sulle mie spalle, che scesero lentamente fino ad arrivare alle mie braccia. Aveva i pantaloni abbassati. Le mani risalirono di poco, fino arrivare ai suoi fianchi. La pelle era calda, invitante. Lentamente le mie mani cominciarono a muoversi concentricamente sulla sua pelle.
 
Si avvicinò sempre di più a me. La sua fronte combaciò con la mia. Le sue labbra si poggiarono sulle mie. Le sue mani si fermarono per afferrare i miei fianchi e sollevarli, facendo si che il mio bacino combaciasse col suo.
 
Mi baciò a sua volta. Le sue braccia si strinsero attorno al mio collo, mentre una mano si intrufolava tra i miei capelli. Tentai di far entrare la mia lingua tra le sue labbra, ma le teneva serrate. Riprovai di nuovo e stavolta si allontanò da me. Capii al volo. La baciai nuovamente. Non tentai più di entrare nella sua bocca, ma ugualmente disegnai i contorni delle sue labbra con la punta della lingua.
 
Mi stava mettendo alla prova. Lo sapevo. Le sue mani scivolarono fino al mio fondoschiena, spingendo ancora più a fondo il mio bacino contro il suo. Afferrò il mio labbro inferiore tra le sue labbra sottilissime e lo succhiò a fondo prima di lasciarlo. La mia mano era ancora fra i suoi capelli. Erano appena ondulati e morbidi. La stretta sul mio fondoschiena allentò notevolmente e la mia schiena si ripoggiò dolorante sul materasso.
 
Mi lasciai andare sopra di lei. Le ossa del bacino penetrarono nei miei fianchi. Nonostante le magliette, le sue costole si facevano sentire vividamente sul mio torace. Con una mano le accarezzai piano il viso. Chiusi gli occhi.
 
-Sarebbe bello avere un risveglio come questo tutte le mattine della propria vita-
 
-Con una ragazza diversa ogni mattina immagino-
 
-Non fare la stupida-
 
-Non darmi della stupida-
 
-In questi casi non sei solo stupida... Sei anche enormemente ottusa.-
 
Mi prese sul vivo. Riaprì gli occhi e mi abbandonai a osservare le sue iridi color nocciola.
 
-Sai benissimo che vorrei risvegliarmi con te ogni mattina-
 
-Sai che non è possibile... Vero?-
 
-E' bello poterlo immaginare però-
 
Rimasi a contemplare i suoi occhi verde scuro. Il mio indice continuava a fare su e giù sul suo viso. Mi lasciai andare del tutto su di lei. Poggiai la testa sopra la sua spalla, proprio vicino al suo volto. La mia mano scese, con l'intenzione di arrivare sul suo fianco. Le sfiorai il seno coperto dalla maglietta sottile. Un brivido d'eccitazione mi attraversò la schiena.
 
-Forse è meglio che io vada a fare una doccia...-
 
-Stai scherzando voglio sperare-
 
-Ho bisogno di... schiarire le idee.-
 
Mi liberai a fatica dalla sua presa. La sua mano mi accarezzò tutto l'addome fino a quando non fui in piedi. Uscii dalla stanza senza voltarmi. Una volta in bagno, chiusi la porta a chiave, aprii il getto della doccia e mi inginocchiai a terra come sperando che la strada giusta si manifestasse da sola in quel momento.
 
Mi alzai dopo non so quanto tempo, riluttante. Rimasi seduto sul letto e passai una mano sul mento. Avevo bisogno di fare la barba. Ancora più riluttante mi alzai. In corridoio sentii uno scroscio d'acqua. Di controvoglia scesi al piano di sotto. Il bagno era più piccolo ma tutto sommato era bastevole se ci si doveva semplicemente radere.
 
L'acqua scivolava continuamente, trasportando con se le preoccupazioni. Martellava bollente sulle spalle, ma non le diedi troppa importanza. Chiusi il getto d'acqua e inspirai profondamente. Non sapevo quanti altri giorni sarei potuta restare nel 1958. Sicuramente non molti. Presi un asciugamano e me lo avvolsi sotto le braccia, continuando a pensare.
 
Mi sentivo più libero dopo essermi rasato. Salii nuovamente al piano di sopra, dove si trovava la mia colonia.
 
-Hey...-
 
-Hey... Io devo...-
 
-Andare in camera?-
 
-Si... Vedi per-
 
-Vestirti-
 
-Già... Tu invece?-
 
-Colonia...-
 
-Ah...-
 
Ci spostavamo contemporaneamente da un lato all'altro del corridoio, trovandoci sempre l'uno davanti all'altra. Mi prese per i fianchi e ci ritrovammo ognuno dalla parte opposta a prima. Nonostante già a novembre a Liverpool si facesse sentire il freddo che preannunciava l'inverno rigido, una vampata di calore divagò dentro di me.
 
Qualcosa mi diceva di togliere le mani dai suoi fianchi, ma erano come incollate. Lo sguardo mi cadde su una goccia d'acqua che piano scendeva sul suo collo, per poi scivolare sul suo petto fino a insinuarsi sotto l'asciugamano. Strinse ancora di più le braccia, imbarazzandosi e accrescendo la mia attenzione. Un colpo di tosse.
 
-Schiarite le idee?-
 
-Abbastanza-
 
Mi piaceva quando mi guardava. Ma allo stesso tempo veniva voglia di sprofondare sotto terra per paura di non essere all'altezza dei suoi "standard". Abbassò lo sguardo e lasciò scivolare le mani sui miei fianchi. Cominciai a mordermi il labbro.
 
Mi concentrai sulle sue gambe. Lunghe, perfette. Sembravano disegnate da un artista.
 
-Allora...-
 
-Io vado...-
 
-Si... prima che mi busco una bella polmonite-
 
Gesticolando come nelle tipiche scene da film ci allontanammo. Chiusi la porta della stanza e poggiai lo fronte su di essa. Feci una promessa con me stessa: la prossima volta che sarebbe capitata l'occasione avrei reagito da persona adulta, e non da insulsa ragazzina come avevo fatto fino a quel momento.
 
 
 
 
Spazio autrice.
Buon sabato gente :) si ce l’ho fatta ad aggiornare di sabato non sembra vero *-* (per il prossimo aggiornamento ormai si parla di giovedì ^^) beh c’era chi voleva il primo vero bacio tra i due… spero di aver dato una degna anticipazione con questo capitolo :) comunque state tranquilli che fra poco ci sarà da divertirsi ^^ mo basta spoiler O_O che dirvi?? Non so più come ringraziarvi per i complimenti… davvero sono esagerati :’) ringrazio comunque tutti quelli che seguono la mia storia sia commentandola che non :) davvero è bellissimo vedere le visualizzazioni di ogni capitolo che diventano 40 in meno di due giorni :’) grazie davvero <3 ora mi sa che vado a sgranocchiare qualcosa… *CIBOOOOOOOOOOOOOO* harrison, a cuccia!

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Capitolo 35
*** Capitolo 34 ***


Living is easy with eyes closed, misunderstanding all you see.
It's getting hard to be someone but it all works out, it doesn't matter much to me.
Let me take you down, 'cos I'm going to Strawberry Fields.
Nothing is real and nothing to get hungabout.
Strawberry Fields forever.
{Strawberry Fields Forever}

 
Liverpool, 13 Novembre 1958.    
 
Nonostante l'aria fredda e i nuvoloni grigi, era una bellissima giornata, per gli standard di Liverpool.
 
Eravamo sdraiati sul tetto di un autobus che percorreva la città.
 
Andava piano, ma l'aria era pungente. Mi pentii di aver messo come giacca sopra il maglione di John la giacca della sua divisa scolastica.
 
Una curva presa a velocità. Stavamo per cadere di sotto. Sorridemmo beffardi.
 
L'autobus frenò di colpo. Eravamo alla fermata.
 
Approfittammo del tempo di sosta per scendere dall'autobus. Avevamo appena poggiato i piedi per terra quando ci raggiunsero delle risate ironiche.
 
-Non sapevo te la facessi con i maschi recentemente Lennon-
 
-Non sapevo ti imbottissi il cavallo dei pantaloni e ti appiattissi le tette per far credere di essere maschio Crane-
 
Si guardavano in cagnesco. Si misero uno di fronte all'altro. Feci un passo avanti, con l'intenzione di trascinarlo via prima che scoppiasse una rissa. Gli amici di quel Crane mi fecero indietreggiare e uno di loro cominciò a girarmi attorno, fermandosi alle mie spalle. Sapevo bene dove fosse caduto il suo sguardo. Incrociai le mani dietro la schiena, con la chiara intenzione di coprirmi per quanto possibile il fondo schiena, e si parò di fronte a me.
 
-Albert! Io la conosco questa ragazza!-
 
-Te la sei già scopata per bene?-
 
-No ma mi piacerebbe. Eccome se mi piacerebbe. E' quella che ha frantumato il naso al tizio del Cavern qualche giorno fa-
 
-Ah si?-
 
Il suo tono di voce era cambiato, così come la sua espressione. Continuava a fissarmi. Aveva le pupille dilatate e mi guardava come se avesse fretta. Per un attimo distolse lo sguardo e fissò un punto sopra la mia spalla. Tornò a fissarmi. Aveva stampato un sorriso da coglione.
 
-Non ci provare bastardo-
 
-Altrimenti cosa mi fai Lennon? Mi suoni la serenata?-
 
I suoi amici cominciarono a ridere sguaiatamente. La gente passava per la strada ma, piuttosto che fiutare la rissa in arrivo, erano tutti troppo impegnati ad additare e a criticare il mio abbigliamento, decisamente poco femminile, molto più adatto a un Teddy boy che a una ragazza. Infilai le mani nelle tasche della giacca, cercando di rimanere calma.
 
-Almeno io so cantare. Quando canti tu chiamano la protezione civile per maltrattamento di animali domestici vero?-
 
-Mi hai rotto anche troppo le palle Lennon-
 
Estrasse un coltellino svizzero dalla tasca interna della giacca. Rimasi a fissarlo. Si avvicinò e me lo punto alla gola.
 
-Forza. Alla fine basta spingere un po’-
 
-Lennon!-
 
-Tu-resta-dove-sei!-
 
Per un attimo persi quel briciolo di lucidità che mi era rimasta da quella situazione assurda. Scattai in avanti con chiaro intento di trascinarlo via una volta per tutte prima che si facesse male sul serio. Alcune ragazze si nascosero dietro dei muri per osservare la scena nei minimi dettagli. Sospirai rumorosamente per riacquistare la calma. Crane sbottò in una risata acida.
 
-Dai Lennon lasciala avvicinare. Sicuramente è molto meno testarda di te... E soprattutto molto più interessante-
 
Ebbi un conato di vomito a sentire il suo tono mellifluo. Dei passi si avvicinarono. Tolse la lama dal mio collo. Si concentrò sulla figura vicino a me. Ebbi un altro conato di vomito a vedere le sue mani sulla sua faccia.
 
-Sapevo che eri molto ragionevole tu...-
 
Si avvicinava sempre di più alla mia bocca. La sua mano viscida continuava ad accarezzarmi. Lo lasciai avvicinare quanto bastava.
 
-E io sapevo che tu eri il più gran bastardo dell'universo-
 
Lo prese per il bavero della giacca e gli assestò una ginocchiata ben piazzata sui genitali. Si inginocchiò sul marciapiede con una smorfia di dolore, mentre le mani proteggevano il punto colpito. La presi per una mano e cominciai a correre. Dopo i primi attimi di sorpresa, tenne il mio passo sostenuto. Svoltammo un angolo. Poi un altro. Dopo un altro ancora. Passammo davanti una cancellata a me ben nota.
 
-Forza! Qui dentro!-
 
Ci arrampicammo in fretta sulla cancellata rossa. Una volta dentro, mi trascinò dietro uno dei due muri leggermente inarcati che accostavano il cancello. Intravedemmo i ragazzi di prima passare correndo e imprecando. Gettarono una veloce occhiata dentro la cancellata e ci accostammo ancora di più al muro. Dopo un'altra serie di imprecazioni, ripresero la loro corsa. Tirammo un sospiro di sollievo e scoppiammo a ridere, nonostante il fiatone.
 
-Sei stata fantastica!-
 
-Non esagerare-
 
-Sul serio! E' proprio per questo che ti a...-
 
Mi fermai appena in tempo.
 
-Che... cosa?-
 
-Ti stimo.-
 
"Ti amo anch'io"
Lo pensai ma non riuscii a dirlo. Il viso si colorò ulteriormente di rosso. Pregai desse la colpa di questa mia reazione alla corsa e alle risate.
 
-E' lo stesso per me-
 
Restammo la per del tempo, senza parlare. Dei bambini che giocavano con un vecchio pallone da calcio ci raggiunsero, ci osservarono di sbieco e dopo un po' sparirono di nuovo fra gli alberi.
 
-Dove siamo?-
 
-Allo Strawberry Fields-
 
-L'orfanotrofio?-
 
-Si. Proprio quello-
 
-Nel mio anno diventerà una chiesa...-
 
-Non prendermi per il culo-
 
-Sono seria!-
 
Quando seppi la notizia al tempo, ne rimasi scioccata. Non perché avessi qualcosa contro la chiesa, anzi. I religiosi che passeggiavano per la città erano tra i pochi che mi rivolgevano sorrisi sinceri e non auguri di morte precoce.
Si mise in piedi. Lo imitai. Cominciammo a camminare.
 
-C'eri già stata?-
 
-Qualche volta... Ma niente di che. Tu?-
 
-Venivo qua con la banda a giocare. Per anni Mimì non ha fatto altro che ricordarmi che se non era per lei io sarei finito qua, ad aspettare che qualcuno mi adottasse. Ogni tanto quella donna ha ragione-
 
-Solo ogni tanto? Per quanto ne so è come una bocca della verità-
 
-A volte invidiavo i bambini dello Strawberry Fields perché non dovevano sopportare le sue ramanzine del cazzo-
 
-Io ho sempre invidiato i bambini dello Strawberry Fields-
 
-Come mai? Tu vivevi con i tuoi-
 
-Si ma per come la vedo io, è meglio stare in un posto come questo sapendo o meno che fine abbiano fatto i tuoi genitori, piuttosto che vivere con loro ed essere trattata come un oggetto. Non hanno fatto altro che rinfacciarmi tutto quello che loro avrebbero potuto fare se non fossi nata io-
 
-Certo che abbiamo avuto una fortuna...-
 
-Forse era destino-
 
Quando una cosa è fin troppo triste, la cosa migliore da fare è buttarla sul ridere, nei limiti del possibile.
 
A volte restare fermi è impossibile. Così si cammina senza meta, giusto per non far intorpidire i muscoli e per illudersi che nel mondo esista un posto dove si possa stare tranquillamente. Una specie di isola che non c'è.
 
Man mano che si proseguiva si vedevano sempre più ragazzini di età varia che si rincorrevano per il cortile.
 
Gli alberi erano enormi e le radici formavano come delle grotte. Da li si poteva osservare tutta Liverpool, fino al mare.
 
-Sai a volte penso che certi posti siano irreali-
 
-Inserisci questo alla lista?-
 
-Si. Pensa... qua non sarebbe strano vedere un elefante che guida una bicicletta da gelataio e come animaletto domestico ha un boa constrictor.-
 
-Oppure un topo che guida un dirigibile, forse lo Zeppelin, mentre delle aquile ballano il can can in coda-
 
-Perché no? Insomma...-
 
-E' un posto dove niente è reale-
 
-Però dopo è brutto tornare alla vita di sempre-
 
-L'importante è capire perché capitano certe cose-
 
-Altrimenti?-
 
Mi girai verso di lei. Mi stava fissando. Tornai a guardare Liverpool.
 
-Altrimenti chiudi gli occhi e scoprirai quanto è facile vivere disinteressandosi di tutto.-
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
Sisi sono ancora viva :3 (per vostra sfortuna LOL) ecco qui il nuovo capitolo :) vi avviso che comunque ci stiamo avvicinando sempre di più alla fine (non potevo scrivere beautiful) ma avrete un bel regalo di natale da parte mia ^^ (almeno spero che sia gradito XD) che altro dire? *scusate ma l’autrice di questa storia si è completamente rincoglionita* no Macca ma grazie ah! *non c’è di che cara* mo ti faccio portare via dagli Uruk-Khai poi voglio vedere se ridi ancora… vi chiederete perché con me c’è Macca e non Lennon… quel verme se n’è andato alle Bahamas senza dirmi niente lasciandomi con Macca! T_T vabbè non sono particolari che vi interessano XD allora ho provato a scrivere un capitolo in cui i 2 hanno dei contatti con altri esseri umani ma ho l’impressione che faccia un po’ schifo XD anche se in questo momento un po’ di cose vi sembrano scontate a tutto c’è un perché :3 promesso! Che altro dire?? *CIBOOOOOOOOOOOOOO* George! -.- ah si…. Ringrazio chi segue la mia storia :) (al secondo posto tra le più popolari dell’ultimo anno *_*) e anche quei folli da rinchiudere che mi hanno inserito tra le autrici preferite ^^ grazie mille e alla prossima gente! :)
Ps. Ovviamente il prossimo aggiornamento sarà domenica (disguidi vari permettendo)
Pps. la scena dell'autobus è liberamente ispirata alla scena simile di Nowhere Boy. :)

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 35 ***


I want you
I want you so bad
I want you,
I want you so bad
It’s driving me mad, it’s driving me mad.
{I want you (She's so heavy)}

 
Liverpool, 13 Novembre 1958.
 
Se dallo Strawberry Fields si vedeva tutta Liverpool, dalla villa vittoriana più bella di tutta la città la vista celeste era impagabile.
 
C'ero stato miliardi di volte li, quando i proprietari erano in vacanza in Galles a fare la caccia alla volpe con la regina. Da qualche anno si erano trasferiti stabilmente negli Stati Uniti. La solita coerenza della nobiltà inglese.
 
Il parco doveva essere grande quanto tutta la City londinese. Non mi sarei stupita se in quel momento fosse passato il proprietario su un elicottero per arrivare a casa, sgridando il maggiordomo perchè aveva messo il the troppo presto e ora era freddo.
 
C'erano alberi dappertutto. Sembrava di essere nel mezzo di una foresta piuttosto che al centro di Liverpool.
 
-Gente che vive in tutto questo spazio e magari nemmeno lo ha mai visto tutto dal vivo, mentre la maggior parte delle persone vive in case di fango...-
 
-Forse loro vogliono vivere così...-
 
-Sono costretti a vivere così-
 
-E da chi?-
 
-Dalle multinazionali.-
 
-Da... chi?-
 
Mi voltai verso di lui. Aveva un'espressione confusa. In effetti lui non poteva sapere.
 
-Ah si. Dimentico sempre che qui sono nel passato...-
 
-Presente prego-
 
-Sisi come dici tu...-
 
-Fa meno la scassa palle saccente e dimmi chi sono sti tizi-
 
-Ecco... Non sono proprio persone in carne e ossa. Sono delle grandi aziende che vanno in Africa e in Sud America per sfruttare le persone e i territori in cui vivono. Ovviamente senza pagarli e riducendoli alla fame.-
 
-E' come tornare all'epoca dei faraoni-
 
-Che cosa nei sai tu dei faraoni?-
 
Mi guardava sorpresa. Era sul punto di scoppiare a ridere. Sogghignai. E abbassai lo sguardo.
 
-Beh... Non sono così testardo a non imparare... E' solo che non imparo cose che non mi interessano. Tutto qui-
 
Fece spallucce. Adoravo questi momenti in cui lasciava cadere la dura corazza da Teddy boy per mostrare il vero John Lennon.
 
-Come ti è venuta la curiosità di sapere qualcosa sull'Antico Egitto?-
 
-Beh... Ho letto della tresca Cesare-Cleopatra-Marco Antonio!-
 
-Oddio no...-
 
-Ma davvero se li è scopati entrambi e ha avuto dei figli da loro?-
 
-Ma non riesci a distogliere la mente tu?-
 
-Che c'è di male? Insomma. Erano persone. Anche loro avevano bisogno di farlo-
 
-Eh si. Ma ti ho già detto mille volte che non tutto ruota intorno al sesso-
 
-E' un modo di vedere le cose-
 
-Perché?-
 
-Perché può essere che sia il sesso a girare attorno a tutto-
 
-Non ti rispondo più-
 
-Perché? Era una conversazione così piacevole...-
 
Non mi rispose più per davvero. L'enorme villa si presentò davanti a noi, bella e sontuosa come la ricordavo io.
 
Era assolutamente favolosa. Non l'avevo mai vista. Forse perchè il vecchio guardiano prendeva a fucilate chiunque tentasse di avvicinarsi alla cancellata.
 
-Mai vista?-
 
-Già. Il custode spara pallettoni a chiunque si avvicini alla cancellata esterna.-
 
Mi guardava imbarazzata, come se fosse una cosa di cui vergognarsi. Scossi la testa e aprii la grande porta in noce che portava dentro la casa. Restava fuori. Le feci segno con la mano di entrare.
 
-Sei sempre così galante con le dolci donzelle?-
 
-Solo con quelle che mi stanno simpatiche-
 
-Quindi devo dedurre che ti sto simpatica?-
 
-Dopo oggi non credo che tu sia proprio una donzella... Opterei piuttosto per uno scaricatore di porto dolce quanto l'olio di ricino-
 
Lo guardai truce. Nonostante tutto entrai, cercando di nascondere un sorrisetto che, purtroppo, venne subito intercettato e ricambiato.
 
Si guardava attorno, come fa un bambino in un negozio di giocattoli e dolciumi. Entrò in una stanza che conoscevo bene e avevo sempre evitato come la peste bubbonica.
 
-Ennò! Non rifugiarti anche qui in biblioteca!-
 
Era il posto più bello che avessi mai visto. Centinaia di migliaia di libri riempivano gli scaffali dei mobili incassati nei muri alti come una cattedrale.
 
-Cos'hai contro le biblioteche?-
 
-Sono polverose, inutili e senza senso-
 
-Sono belle proprio per questo.-
 
-Cosa?-
 
-Perché sono polverose, inutili e senza senso-
 
Aveva un'aria eccitata mentre si girava da una parte all'altra, cercando di leggere tutti i titoli dei libri che le capitavano sott'occhio. Arrivò fino alla grande vetrata alla fine della stanza, aprì le braccia,si voltò verso di me e poi si lasciò cadere all'indietro.
 
-Questo posto è il paradiso-
 
-Ti piace?-
 
-Ho appena detto che è il paradiso-
 
Sentii dei passi e poi un tonfo sordo accanto a me. Mi girai verso di lui e mi fermai a osservare il suo profilo illuminato dalla luce lunare che entrava dalla finestra. Più che osservare, potrei ben ammettere che lo stavo ammirando. Mi aveva sempre affascinato il suo profilo particolare. Quella luce lo rendeva ancora più unico.
 
-Chissà se becchiamo una stella cadente...-
 
-Lennon...-
 
-Eddai l'hai detto tu che ne puoi vedere una quando meno te l'aspetti e che non passano solo il 10 agosto-
 
Sbuffò. La sentii sistemarsi accanto a me.
 
-Come vuoi tu...-
 
-Bene. Mettiamo il caso che vedi una stella cadente... Cosa desidereresti?-
 
Avevo un solo pensiero fisso in testa. Mi ero ripromessa di agire da adulta in situazioni del genere ma, come sempre, quando ci si ritrova nelle situazioni che spesso si sono immaginate, non ci si comporta mai come si vorrebbe. E così si prendono le scorciatoie.
 
-Mmm... Credo un enorme cono gelato...-
 
-Fai schifo Granger...-
 
-Che c'è? Ho voglia di gelato-
 
-Fai schifo lo stesso...-
 
-E tu invece cosa desidereresti? Scommetto tutta la popolazione femminile Liverpooliana ai tuoi piedi...-
 
-Ma quella ce l'ho già...-
 
-Ah si?-
 
-Si. E comunque...-
 
-Comunque?-
 
-Non desidererei questo...-
 
-Cosa allora?-
 
Mi voltai verso di lei. Le mani dietro la testa, illuminata dalla luce esterna.
 
-Te-
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
Buona domenica e buone feste carissimi :) ecco qui l’aggiornamento ^^ ammetto che non è uno dei miei capitoli migliori e il seguente a questo sarà il mio crollo definitivo come autrice. D:  Come ho già detto nello scorso capitolo ormai la fine della ff è vicina. Per rispondere a una domanda assai frequente:  a quando il primo vero bacio tra i due? Non manca molto ve lo prometto. Però non ho voluto far baciare subito questi due perché prima di farli avvicinare fisicamente ho scelto di farli avvicinare psicologicamente e intellettualmente. Vi starete chiedendo il perché. In giro si vedono fin troppe storie in cui i protagonisti bruciano in fretta le tappe fisiche e ormai si risulta banali nel volerli rendere subito un’unica cosa. Quindi non lapidatemi se ho voluto provare ad essere anti conformista ma ste coppiette che subito si dicono ti amo e così via le detesto XD mi stanno sullo stomaco proprio!  Anche perché credo fermamente che alla base di un qualsiasi rapporto debbano esserci amicizia e fiducia nell’altro per evitare di andare allo sbaraglio. Dopo questo mio sproloquio inutile che non interessa a nessuno *era ora!* Macca tu zitto. Prendi esempio da Ringo che è sempre carino e disponibile *TIE’* Ringo non esagerare. Sfottere va bene ma contegno u.u vi auguro di passare un felice Natale e ci sentiamo giovedì con l’aggiornamento :) che credo mooooooooooooooooolti di voi apprezzeranno largamente :D

 

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Capitolo 37
*** Capitolo 36 ***


I want her everywhere
And if she's beside me i know i need never care
But to love her is to meet her everywhere
Knowing that love is to share
Each one believing that love never dies
Watching her eyes and hoping I'm always there.
{Here, there and everywhere}

 
Liverpool, 13/14 Novembre 1958.
 
Fu un attimo. Trattenni il respiro. L'aveva detto davvero. Non l'avevo sognato. Lentamente mi voltai verso di lui. Mi sentivo osservata, studiata, trapassata dai suoi occhi color nocciola.
 
-Davvero?-
 
-Assolutamente-
 
-Non... Non so cosa dire-
 
-Lo so che t'ho preso alla sprovvista ma mi sembrava giusto dirtelo-
 
-Hai fatto bene... Credo-
 
-Volevo dirtelo da un po', seriamente... Sapevo che la nostra non era solo amicizia.. Anche per te lo era, no?-
 
Mi guardava come se fosse in stato confusionale. Aprì la bocca più d'una volta cercando di parlare, ma non ci riuscì.
 
-Ho capito benissimo-
 
Si alzò bruscamente e uscì con passi pesanti dall'enorme stanza, lasciandomi la da sola. Quando realizzai la cosa, mi alzai in fretta e mi precipitai fuori. Era già in cima alle scale. Quando arrivai in cima vidi che il corridoio era vuoto. C'era una sola porta aperta sulla destra. Era li, mentre guardava fuori.
 
-Sai per un po’ c'avevo creduto...-
 
-John, io...-
 
-Finalmente pensavo di aver conosciuto qualcuno di diverso, con interessi seri, che si prendesse le proprie responsabilità e avesse la testa a posto... Ma si vede che non è così...-
 
Non capivo perché dovessi contenere la rabbia. Alla fine era un rifiuto. Ne avevo ricevuti tanti e di ben peggiori nella mia vita. Eppure questo era quello che faceva più male.
 
-Per un attimo avevo creduto che ti interessavo anch'io...-
 
-Se ti riferisci a qualche sera fa... Era l'alcool a parlare...-
 
-Sisi sempre le solite scuse...-
 
-Le solite scuse? Quando mai ho cercato di scusarmi e di giustificarmi con te?-
 
-Hai fatto tutto da sola-
 
-Ti sei bevuto il cervello?-
 
-Cazzo ancora non l'hai capito che mi piaci?-
 
Quest'ultima frase mi fece irrigidire al centro della stanza. Mi guardava come se avesse perso le staffe. Definitivamente. A grandi passi si avvicinò a me, mi prese il viso tra le mani e mi baciò con forza. Non tentai nemmeno di respingerlo. Mi fece piegare le ginocchia come due stecche di metallo sul braciere ardente. Cercai in tutti i modi di non lasciarmi sopraffare dalla debolezza. Con rabbia si staccò da me, mi fissò ancora negli occhi, ma non riuscivo a sostenere quel contatto visivo. Appena abbassai lo sguardo, si allontanò completamente.
 
-Se proprio lo vuoi sapere, mi piaci da un casino di tempo. Mi piace quel tuo essere saccente, maniacale, perfezionista, a volte egocentrico, a volte convinto di poter cambiare il mondo con la sola forza del pensiero, il tuo sapermi tenere testa, la tua spontaneità, la voglia e la dedizioni con cui fai le cose, anche quelle che ti piacciono meno... Tutte cose che a me mancano-
 
Quella sua indifferenza mi dava sui nervi. La odiavo veramente quando si chiudeva in se stessa e non reagiva alle cose. La rendeva invisibile e facilmente sottomettibile.
 
Tenevo lo sguardo basso. Vedevo i suoi piedi che camminavano avanti e indietro per la stanza. Ogni tanto cercavo di alzare lo sguardo, ma ogni volta coglievo la sua delusione. Avrei voluto rispondergli, ma non trovavo le parole adatte. E anche se le avessi trovate, mi mancava il coraggio per dirgliele. Si fermò davanti a me. Mi alzò il viso con le mani, costringendomi a guardarlo in faccia.
 
-Cazzo. Rispondi almeno-
 
La sua risposta fu... un bacio. Diverso dal mio di prima. Era più dolce, morbido, sensuale e senza rancore. Non sapevo perché lo stesse facendo, ma qualsiasi fosse il motivo mi abbandonai lo stesso a quello stordimento tipico dell'erba che avevo provato in modo diverso solo in un altro momento della mia vita. E ora si stava ripetendo.
 
Le sue mani mi afferrarono le spalle, per poi scendere lentamente, accarezzandomi la schiena, fino ad arrivare ai miei fianchi. Mi strinse a sé. Un brivido mi attraversò la schiena. La sua lingua era riuscita a catturare la mia in una danza interminabile. Le mie mani erano sul suo petto. Scesero lentamente fino all'orlo dei jeans. Spinte dall'istinto, cominciarono a sfilare la sua camicia e la canottiera dai jeans. Fu una sensazione piacevolissima nascondere le mani sotto la sua canottiera, accarezzando per la prima volta il suo addome nudo.
 
-Hey hey. Sai cosa stai facendo? Ne sei... sicura?-
 
Mi prese completamente alla sprovvista. Non che la situazione mi dispiacesse, ma l'idea che fosse solo per farlo mi mandava in bestia. Fece spallucce. Dal suo sguardo capii tutto. Mi venne spontaneo ridere. Rise pure lei prima di baciarmi nuovamente.
 
Le sue mani risalirono la mia schiena, si insinuarono sotto la giacca e la fecero scivolare lungo le mie braccia. Qualcosa dentro di me si accese, riscaldandomi. Non percepii il freddo quando fece scivolare anche il maglione, dopo che gli avevo sfilato il giubbotto da Teddy boy che indossava.
 
Sembrava tutto irreale. Eppure eravamo li. E non lo stavo sognando. Mi passò le braccia attorno al collo, mentre le mie mani scivolavano sotto la sua camicia e sentii il suo addome e la sua schiena sotto la maglietta. Le sue mani massaggiavano i miei capelli.
 
Prese a sbottonarmi la camicia. Sentii appena le sue nocche sul mio petto. Una scossa elettrica mi invase. Armeggiava con la cravatta. Non riusciva a sciogliere il nodo. Spazientito, la fece salire su per il collo, costringendomi a separarmi da lui. Una volta tolta, me la mise davanti agli occhi, la guardò un attimo con aria divertita e poi la buttò via. Mi strappò un sorriso che condivise, prima di baciarmi ancora.
 
Feci scivolare la camicia lungo le braccia. Non erano ruvide per via del freddo. Le accarezzai piano, cercando di fissare un ricordo in modo da non dimenticare mai. Cominciò a sbottonarmi la camicia. La spinsi verso il muro di fronte.
 
Camminai indietro fin quando le assi di legno della parete non mi bloccarono la via. Nascose le mani sotto la maglietta e la sfilò in fretta. Una volta che la testa uscì dal collo della maglietta, si fiondò vorace sul mio collo nudo. Ciò contribuì all'aumento di temperatura del corpo. Il respiro diventava sempre più affannato.
 
Era una goduria accarezzare la sua schiena nuda e assaporare il suo collo e le sue spalle. Le mani arrivarono fino al suo fondo schiena. Lo afferrai con le mani aperte e lo sollevai di poco. Le sue gambe si attorcigliarono alla mia vita. Mi avvicinai ancora di più a lei, con l'intento di bloccarla alla parete per non far si che scivolasse. Tornai in fretta alla sua bocca. Era umida. Mi tolse la camicia.
 
Dopo avermi regalato un'altra scarica di adrenalina, una mano risalì in fretta la schiena, afferrò l'elastico che teneva i capelli raccolti in una coda alta e lo tirò via. I capelli non si sciolsero subito per via della parete dietro. Riprese a esplorare il mio collo avidamente. Piegai la testa di lato, mentre mi aggrappavo con le mani alle sue spalle, e i capelli ricaddero di lato. Le sue dita si persero subito tra di essi.
 
Le mie mani accarezzarono forme che non avrei mai immaginato potesse avere. Una mano persa completamente tra i suoi capelli, l'altra che continuava a esplorare il suo corpo. Piegò la testa all'indietro, abbandonandosi completamente ai movimenti della mia mano. La mia bocca continuava a esplorare insaziabile il suo corpo, scendendo sempre di più, fino ad arrivare all'incavo tra i suoi seni.
 
Riafferrò i miei fianchi e piano mi fece scivolare, costringendomi ad abbandonare la mia stretta sulla sua vita. Lasciai andare la testa in avanti. Un attimo dopo la dovetti rialzare perchè aveva ripreso a baciarmi. Le mie mani tornarono in fretta tra i suoi capelli. Erano come una droga. Scivolavano morbidi tra le dita. Mi allontanò dal muro e, senza separarci, mi fece fare mezzo giro.
 
La spinsi verso il grande letto che troneggiava al centro della stanza. Sempre senza separarci, la feci sedere e subito dopo le bloccai le gambe mentre mi inginocchiavo sopra di lei. Agitandosi di poco, si tolse le scarpe e si sistemò in modo da essere alla mia altezza. Afferrai le sue braccia e le strinsi forte. Infilò le mani sotto la mia canottiera e la sfilò velocemente.
 
Avevo caldo. Il suo addome nudo si poggiò sul mio, aumentando esponenzialmente la dose di calore che mi attraversava il corpo. Mi spinse all'indietro fino a quando non mi ritrovai bloccata tra il materasso e il suo corpo. Le sue mani mi sfiorarono i seni. Un'altra scarica di adrenalina.
 
Ricominciai la mia discesa verso il basso, riassaporando nuovamente il suo collo e lo sterno. Le slacciai velocemente il gancetto del reggiseno e feci scivolare le bretelle lungo le braccia. Lo presi con i denti e lo spostai di poco. La mia testa si abbandonò del tutto nell'incavo tra i suoi seni, mentre il suo profumo mi stordiva. Inarcò leggermente la schiena mentre afferrava i miei capelli.
 
L'eccitazione cresceva. Mi morsi il labbro e tirai di poco i suoi capelli mentre assaporava ogni centimetro della mia pelle nuda. Giocò appena con i miei capezzoli prima di scendere ancora. Lasciò il mio seno umido quando stuzzicò con i denti il mio ombelico.
 
Era una sensazione strana. Era come non far parte più di questo pianeta, essere catapultati in un mondo parallelo dove esistevamo solo noi. Le lenzuola si attorcigliarono e si stropicciarono sotto di noi e senza che lo volessimo cominciarono a nasconderci. I suoi pantaloni lasciavano molta più pelle nuda, che assaggiai scrupolosamente.
 
Era arrivato quasi al mio inguine. La sua bocca mi raggiunse in fretta, catturando la mia. Le sue mani cominciarono ad armeggiare con la chiusura dei miei jeans. Una volta aperti, li fece scivolare lungo le mie gambe. Con due dita mi accarezzò la gamba, facendola piegare e arrivando fino all'interno coscia per risalire fino all'inguine. Tutto ciò non fece altro che far aumentare la mia eccitazione.
 
Respiravamo a fatica. Mi separai da lei un attimo per riprendere fiato. Eravamo entrambi sudati. Una mano risalì tutto il suo fianco, fino a impossessarsi di uno dei seni, imprigionandolo; l'altra si insinuò tra i suoi slip. La stoffa era umida. La sfiorai appena. Si morse le labbra, socchiudendo gli occhi. Appena la penetrai con due dita, gemette rumorosamente.
 
Un piacere inaspettato. Subito tappò la mia bocca con un altro bacio umido. La sua mano che massaggiava il mio seno. La mia schiena che si inarcava sempre di più. Uscì da me. Riacquistai il controllo di me stessa. Le mie mani scesero subito all'altezza dei suoi jeans, glieli slacciarono velocemente e li fecero scivolare lungo le gambe, liberandolo anche delle scarpe.
 
Le sfilai subito l'ultimo indumento che ancora indossava. Giocò un po con l'elastico dei miei boxer e poi fece scivolare anche quelli. Sfiorò delicatamente la mia erezione, facendomi eccitare ancora di più. La guardai per un attimo. Ansimante fece un cenno con la testa e mi guidò tra le sue gambe. Cercando di farle il meno male possibile, entrai dentro di lei.
 
Un'esplosione di piacere. Volevo urlare, ma mi mancava il fiato. Inarcai ancora di più la schiena, spingendo il busto verso il suo. Appena il suo petto sentì su di se il mio seno nudo, entrò ancora di più dentro di me. Stringevo le sue spalle. Le unghia si conficcarono nella carne e si inumidirono. Scesero piano, graffiandogli al schiena, fin quando le mie mani non si poggiarono sul suo fondo schiena coperto dal lenzuolo sottile.
 
Avevo il totale controllo del suo corpo. Si muoveva ritmicamente secondo i movimenti del mio corpo. Il ritmo aumentò assieme all'affanno. Le mani poggiate sulle lenzuola umide. Il piacere cresceva insieme al martellare continuo che ci rimbombava in petto. Mentre continuavo a spingere capii che avevo raggiunto l'apice. Mantenni lo stesso ritmo sostenuto ancora per qualche momento e poi mi lasciai andare del tutto sopra di lei.
 
Lo sentii uscire da me. Il suo ansimare si unì al mio, creando un respiro unico. Poggiò la sua fronte sopra la mia. Eravamo madidi di sudore. Con la mano appena tremante mi accarezzò il viso, spostando i capelli sudati. I respiri tornavano regolari, assieme al battito cardiaco. Respirai a fondo il suo profumo, prima che si lasciasse scivolare accanto a me, fissando il soffitto.
 
Fu un qualcosa di unico, irripetibile. Attesi pazientemente che il respiro tornasse del tutto regolare prima di voltarmi verso di lei. Aveva ancora il fiatone. Rimasi ipnotizzato dal muoversi irregolare del suo petto. Si voltò verso di me, poggiando la testa su un braccio, lasciando che il lenzuolo la coprisse dalla vita in giù.
 
Riuscivo a vedere qualcosa di nuovo nei suoi occhi. Era qualcosa di indescrivibile. Sorrisi quando sentii la sua mano poggiarsi sul mio fianco in alto e risalire attentamente. Con l'indice disegnò una spirale che mi avvolgeva tutto il seno. Mi morsi il labbro. Non smise mai di guardarmi negli occhi. Accarezzò la spalla e risalì il collo. Con il pollice disegnò il contorno delle mie labbra. Si avvicinò a me e mi baciò. La sua mano si poggiò nuovamente sul mio fianco, spingendomi verso di lui.
 
Mentre le nostre lingue continuavano a danzare ininterrotte si sistemò sopra di me, i capelli che ricadevano su una spalla. Con una mano afferrai la sua testa, perdendomi tra i suoi capelli. Con l'altra le disegnai il contorno delle scapole. Con la bocca cominciò ad esplorare tutto il mio collo, arrivando alle spalle.
 
Sapevo cosa si aspettasse facessi. Rialzai lo sguardo verso di lui.
 
-Va tutto bene?-
 
La voce era roca. Si mordeva continuamente il labbro.
 
-Ecco io... Non me la sento.-
 
-Fa niente-
 
-Cosa?-
 
-Ognuno ha i propri tempi. E' stato già fantastico così-
 
Non seppi far altro che sorridere. Rispose al mio sorriso e poi ci coprì entrambi con il lenzuolo. Lo baciai nuovamente, mentre le sue dita scendevano silenziose lungo la mia schiena, percorrendo la linea della colonna vertebrale.
 
-Mmm...-
 
-Cosa c'è?-
 
-Hai le fossette di Venere-
 
-E... Ti piacciono?-
 
-Mi fanno impazzire-
 
La baciai languidamente. Poggiò la testa sul mio petto mentre giocavo con i suoi capelli. Era stato... Non c'era un aggettivo che potesse descriverlo. Rimanemmo così per un po di tempo. Quando pensavo si fosse addormentata, si mosse, con la chiara intenzione di rompere quella campana di vetro che ci aveva allontanato dal mondo esterno per restare nel nostro mondo intimo, privato, solo nostro.
 
Afferrò il mio polso con la mano. Mi voltai a guardarlo. Capii subito cosa voleva dirmi. Sospirai. Mi sdraiai nuovamente accanto a lui, mentre le sue braccia stringevano i miei fianchi in modo possessivo. Sentivo il suo respiro caldo sul collo e aspettai che Morfeo mi portasse via da li.
 
 
 
Spazio autrice.
Bene dopo questo capitolo io mi rifugio nella tana di Gollum e sparisco allegramente dalla faccia della Terra! No seriamente è la prima volta che scrivo qualcosa del genere e ho paura che sia venuta fuori un’emerita schifezza. Forse molti di voi nemmeno ci faranno caso per quello che succede però boh.. non credo sia tutto sto granché XD quindi io vado a rintanarmi con il mio amico Sméagol ad occuparci del suo tessssssssssoro XD se il capitolo vi piacerà e non lo reputerete un porno di serie Z l’aggiornamento sarà lo stesso domenica *sempre su queste reti!* ringo solo perché ora puoi considerarti il signore degli anelli non puoi interrompermi mentre parlo!

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Capitolo 38
*** Capitolo 37 ***


So, Ev'ry day we'll be happy, I know,
Now I know that you won't leave me no more.
 
It won't be long yeah, yeah, yeah
It won't be long yeah, yeah, yeah
It won't be long yeah
'Til I belong to you.
{It won't be long}

 
Liverpool, 14 novembre 1958.
 
Qualcosa mi pizzicava gli occhi. Era la luce del sole. Dovetti mettermi una mano sugli occhi per ripararli. Qualcosa di caldo mi avvolgeva la schiena e mi stringeva i fianchi. Girai appena la testa per vederlo mentre dormiva. Quanto rimpiangevo non avere con me la mia macchina fotografica.
 
-Ben svegliato...-
 
Mi guardava da sopra la spalla. Mi avvicinai e la baciai. Cominciò a ridere.
 
-Non perdi proprio tempo vero?-
 
-Ne abbiamo perso anche troppo-
 
Mi baciò nuovamente. Le sue mani cominciarono a muoversi esperte sul mio corpo. Per un attimo cedetti alla tentazione di lasciarmi sopraffare nuovamente da lui. Una mano si intrecciò con una delle mie, mentre l'altra prese ad accarezzarmi l'interno della gamba.
 
Ero completamente dipendente da lei, da tutto ciò che faceva, diceva, pensava. Anche se restava ferma senza dire una parola mi assuefaceva completamente. Era come farsi una canna. Solo che non ti restava la puzza nell'alito e nei vestiti.
 
Mi costrinse a rigirarmi appena tra le lenzuola. Con la mano libera gli accarezzavo il corpo. La sua mano si muoveva su e giù lungo la mia coscia. Si fermò e l'afferrò saldamente. Il bacio divenne più intenso, mentre le nostre mani si stringevano sempre di più.
 
Mi era costata fatica separarmi da lei, ma se volevo continuare a viverla era meglio separarsi. Rideva come una bambina a cui hanno ridato la sua bambola preferita.
 
-Ti è piaciuto ieri sera?-
 
-Si. Solo che...-
 
-Cosa?-
 
-Ecco. Non so se ero...-
 
Scoppiò a ridere. Sentii il viso andare a fuoco per l'imbarazzo.
 
-Se eri all'altezza? Lasciati dire che sei stata fantastica-
 
Era tesa come una corda di violino. La baciai nuovamente. Era come se ogni volta si assaporasse qualcosa di diverso dalle sue labbra: panna montata, cioccolato, patatine fritte, hamburger, fragole... Succose fragole rosse. Di solito con le ragazze era una botta e via. Con lei mi sarei rotolato su quel letto per il resto della vita. Per un momento non avevo più in mente nemmeno il rock'n'roll. Mi misi in gioco pure io.
 
-E di me invece cosa mi dici?-
 
-Cosa dovrei dirti?-
 
-Non sono forse il migliore?-
 
-E chi lo sa!-
 
-Come sarebbe a dire "e chi lo sa"? Non dirmi che...-
 
Lasciò la frase a metà. L'imbarazzo ebbe di nuovo il sopravvento. Cominciai a mordermi le labbra mentre lui ci pensava su.
 
-Era la pr...-
 
-Prima volta? Si. Primissima-
 
Mi spiazzò del tutto. Per un attimo mi vergognai di me stesso.
 
-Si. Allora... T'è piaciuta come prima volta? Non è stata troppo improvvisata? Non...-
 
-Si. Mi è piaciuta. No. Non è stata troppo improvvisata. Se ben ricordi, l'ho voluto io-
 
-Già. Non ti ho fatto male... Vero?-
 
Per la prima volta lessi preoccupazione nei suoi occhi. Era inutile mentire. Sapeva bene quando mentivo e quando ero sincera.
 
-All'inizio un po’ però dopo è passato tutto. Credo sia stata... Non saprei... Forse la felicità di aver fatto qualcosa che la razionalità mi impediva di fare da mesi-
 
-Da quando se possibile?-
 
-Dalla prima volta che ci siamo quasi baciati sotto un bancone di dischi-
 
Ripensai a quel momento. Era strano perché entrambi stavamo per baciare l'altro ma eravamo impegnati e ci trattenemmo.
 
-Chissà cosa sarebbe successo se ci fossimo baciati allora...-
 
-Il mio senso di colpa si farebbe sentire ancora-
 
-Per chi poi? Per uno stronzo patentato-
 
-Ma allora ancora non lo sapevo. Si, avevo dei prosciutti al posto degli occhi però ancora mi fidavo di lui...-
 
-E di me? Ti fidavi?-
 
-All'epoca forse no...-
 
-E ora?-
 
Non risposi. Lo accarezzai con una mano. Lo baciai. La sua mano lasciò la sua presa e si nascose tra i miei capelli. Mi costrinse ad appoggiare la schiena sul materasso freddo, mentre le nostre mani restavano intrecciate.
 
Un rumore sordo arrivò da fuori. Mi separai da lei, mettendomi sulla difensiva.
 
-Che c'è?-
 
-Non hai sentito?-
 
-Cosa?-
 
-Un rumore.-
 
-Dobbiamo andarcene?-
 
-Toh. Non hai perso il tuo ultimo neurone-
 
Gli strinsi la mano con l'intento di stritolargliela. Non batté ciglio. Mi baciò nuovamente. Mi sovrastò per la seconda volta nel giro di 12 ore e si posizionò sopra di me.
 
-Credevo dovessimo squagliarcela zitti zitti come l'A-team...-
 
-Si mangiano?-
 
-Naaah. Lascia perdere uomo di Neanderthal-
 
Mi lasciò la mano e mi spinse con forza di lato. Si coprì con il lenzuolo.
 
-Cioè... Abbiamo fatto sesso, abbiamo dormito nudi su un letto di perfetti sconosciuti... E ancora ti vergogni di me?-
 
-Sai... Per te è facile parlare, hai ben poco da nascondere...-
 
Avevo appena riacciuffato la mia biancheria intima, quando il cuscino mi arrivò dritto in testa. Lo riafferrai e lo tirai contro di lui, ma lo mancai.
 
Mi fermai a guardarla mentre si rivestiva con la coda dell'occhio, di sfuggita da sopra la spalla. Mi concentrai sul suo sedere, poco prima che sparisse dentro i suoi jeans. Cominciò a infilare i vestiti sparsi per la stanza. Vestiti che odiavo profondamente, in quanto erano capaci, l'uno dopo l'altro, di nascondere sempre di più quel corpo di cui mi ero drogato.
 
Ripresi il mio elastico, che giaceva miseramente sul pavimento, e lo misi in bocca. Tornai vicino al letto con l'intento di mettere le scarpe, mentre con le mani cercavo di rifare una coda alta alla meno peggio. Mi incantai a guardarlo mentre si rivestiva, non solo per ciò che faceva, non mi piaceva più granché il suo corpo coperto, ma il modo in cui faceva le cose. La sua espressione concentrata mentre cerca di ricordare dove siano finiti i suoi vestiti e le smorfie che faceva dopo aver infilato la canottiera congelata. Si sedette accanto a me, sempre con l'intento di mettere le scarpe. Mise una mano sul fianco e mi baciò sotto l'orecchio.
 
-Andiamo. Ancora?-
 
-Si. Non è mai abbastanza-
 
Scoppiò a ridere prima di baciarmi ancora. Un tonfo venne dal piano di sotto.
 
-Cos'è stato?-
 
-Non lo so... Ma è meglio se ce la battiamo alla svelta-
 
Infilò la scarpa in fretta, mi prese per un polso e mi trascinò fuori, facendomi segno di fare in silenzio.
 
Scendendo le scale si facevano sempre più chiare delle voci. Merda. Nella sala da tè c'erano i proprietari con tutti i loro lecchini al seguito.
 
-INTRUSI!-
 
Una delle donne di servizio ci individuò e cominciò a urlare stridulamente come una sirena impazzita.
 
Fummo costretti a uscire correndo come pazzi dalla villa. Mentre correvamo sul vialetto di ghiaia, dei pallettoni preannunciati da colpi di fucile atterrarono davanti a noi. Si fermò all'improvviso.
 
-Sei pazza?-
 
-Devo fare una cosa-
 
-E non puoi farla dopo?-
 
-John non credo che nella mia vita sia possibile prevedere un dopo-
 
Mi voltai verso quel custode che nel futuro mi avrebbe minacciato di chiudermi in una cantina con i topi e le lucertole se mi avesse beccato ancora a cercare di scavalcare la ringhiera. Aprii le braccia e sorrisi. Mi guardò storto e curioso.
 
-Tutto ciò di cui hai bisogno è amore!-
 
Ricominciò a correre seguendo me. La prima volta doveva averla fatta impazzire di brutto. Non immaginavo di essere così bravo.
 
-Amore?-
 
-Amore!-
 
-Ma se tu non ci credevi!-
 
-Può essere che ho cambiato idea-
 
Nel frattempo il numero di pallettoni che cercava di colpirci era aumentato esponenzialmente.
 
 
 
 
Spazio autrice.
Tadaaaaa rieccomi con il seguito! Non vi libererete tanto facilmente di me! *tanto ora scomparirai tu per l’università” molto gentile lennon! *figurati cara!* non potevi restartene alle Bahamas una buona volta? *e lasciare a macca il mio posto? Davvero quanto bevi tu ogni giorno?* *io me lo merito il tuo posto. Non tu che fai il ruffiano* oh no ora si ci mette pure macca a complicare le cose -.- *dai dai allora io e george che ci stiamo a fare?* grazie ringo. *ringo?? Dove sono i miei biscotti??* george a cuccia! No seriamente. Intanto scusate per il ritardo ma tra capodanno e studio m’è sfuggito d’aggiornare (OPS!).  spero che il capitolo precedente vi sia piaciuto e non vi abbia scoraggiata a leggere il finale di questa storia, che ormai è sempre più vicino. Questione di pochi capitoli ^_^ che altro dirvi oltre che questo è il mio primo aggiornamento dell’anno nuovo?? *che non frega a nessuno!!* ringo, visto che sei il signore degli anelli, DISINTEGRA LENNON!  Detto ciò… ringrazio come sempre tutti :) davvero certi complimenti sento di non meritarmeli XD e ci vediamo al prossimo aggiornamento :) se va tutto bene domenica prossima :) buona fine di vacanze gente!

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Capitolo 39
*** Capitolo 38 ***


She don't give the boys the eye,
She hates to see me cry,
She is happy just to hear me say
That I will never leave her.
She don't give the boys the eye,
She will never make me jealous,
Gives me all her time as well as
Lovin', don't ask me why.
{She's A Woman}

 
Liverpool, 14 Novembre 1958.
 
Era strano camminare per Liverpool mentre mi stringeva la mano, quando fino al giorno prima correvamo per la città spalmati sul tetto di un autobus.
 
Non mi interessava nulla delle occhiatacce che mi lanciavano tutte le signore snob somiglianti in tutto e per tutto alla cara Mimì, degli sguardi sbalorditi dei miei compagni di scuola, ne tantomeno degli incenerimenti istantanei che mi mandavano, anzi ci mandavano,o ancora meglio che le mandavano, i gruppetti di ragazze che incrociavamo.
 
I muscoli facciali facevano male, ma non riuscivo a smettere di ridere. Quando incrociavamo un gruppetto di ragazzi con la sua stessa divisa, li guardava con aria di sfida e dopo mi baciava, senza un perchè.
 
-Sai se divento famoso userò un nome d'arte-
 
-Perché? A me piace il tuo nome-
 
-Perché fa figo. Pensa a Elvis The Pelvis-
 
-E' osceno-
 
-E' bellissimo-
 
-Essere famosi per il proprio bacino? E' alquanto squallido-
 
-Tu saresti la prima a svenire per il suo Pelvis...-
 
-Si si convinto te... Allora come ti chiameresti se diventassi famoso?-
 
-Credo Long John...-
 
-Non è che ha a che fare con il tuo...?-
 
-E poi il pervertito sarei io vero?-
 
-Embè che c'è di male? Anche Elvis ha un soprannome per un qualcosa che si trova in basso!-
 
-Haha! Lo sapevo che ti piaceva quella cosa di Elvis. Però ammettilo... Sono stato grande stanotte-
 
-Egocentrico...-
 
Avevamo attraversato buona parte della città. Era più bella, luminosa, limpida del giorno prima. O forse era solo una mia impressione. Mi sembrò fossero passati solo pochi secondi quando arrivammo a Mendips. La porta era aperta. Ma di sicuro non l'avevo lasciata io.
 
La vedevo per la prima volta. Seduta rigidamente sulla poltrona, gli occhiali sul naso che accentuavano ancora di più i suoi lineamenti duri, viso impassibile, capelli neri perfettamente e accuratamente legati e acconciati, unghia rosse ma non volgari, sigaretta tra le dita e sguardo fisso su noi due. Mi fece sentire una nullità.
 
-Che fine hai fatto?-
 
-Sono maggiorenne-
 
-Non mi interessa. Sei sotto la mia tutela legale-
 
-Non sei mia madre cazzo-
 
-Intanto mettiti gli occhiali. In più sai bene che Julia era contenta che tu stessi con me-
 
-Ah si? Gliel'hai chiesto?-
 
-L'ha detto lei-
 
-E' forse una delle tante cose che ancora non ti degni di dirmi?-
 
-Ti ho detto mille volte che sai già tutto. E ora dimmi che ci fai con quella li-
 
Era in piedi. Furiosa. Una mano sul fianco con fare minaccioso mentre indicava un punto sopra la mia spalla. Si era appiattita contro il muro con il chiaro intento di diventare invisibile. Quest'entrata ad effetto nella discussione la fece arrossire come mai.
 
-Lasciala fuori-
 
-Ha la tua divisa scolastica! Non dirmi che è un'altra di quelle puttanelle che ti porti a letto e dopo abbandoni come se fossero giocattoli-
 
Rimase li dov'era. Nel frattempo, attratto dalle urla, era arrivato anche un uomo sulla trentina massimo. Si fermò sulla soglia a guardare impotente la scena. Si voltò verso di me come in cerca di spiegazioni, ma non riuscivo nemmeno a spiccicare una parola. Improvvisamente il ragazzo si mosse, venne verso di me, mi prese il polso e, stringendolo anche troppo forte, mi trascinò al centro della stanza. Sembrava come impazzito.
 
Non ne potevo più della sua mania di comandare tutto e tutti come se fosse Dio in terra. Mi aveva comandato anche per troppo tempo. Buttò la cicca e ci continuò ad osservare in modo anche un po' troppo ossessivo. Nel frattempo lei cercava di allontanarsi senza dare nell'occhio. Di certo aveva tutte le ragioni del mondo: quella donna ne sapeva una più del diavolo per farla fare sotto alle persone.
 
-Ho 18 anni cazzo. Ficcatelo in testa. Non sei mia madre. Decido io con chi uscire e cosa fare. E per la cronaca questa ragazza è forse l'unica persona che riesce a tenermi testa.-
 
-Smettila di fare il bambino!-
 
-Smettila di darmi del bambino!-
 
-Bene comportati da persona adulta. Dici che è l'unica persona a tenerti testa. Dimostralo-
 
Il suo sguardo saettò su di me. Mi avvicinai a lui. Quella donna mi metteva terribilmente in soggezione. Ci squadrava da capo a piedi. Ora capivo cosa volevo dire che non era possibile immaginare come fosse veramente se non la conosci di persona. Si girò improvvisamente, mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Forse con troppa foga.
 
Poggiò le mani sui miei polsi come per allentare la presa. Mi separai da lei e con la coda dell'occhio guardai Mimì. Restava li, immobile, impotente. Sospirò e ci diede le spalle. Nel frattempo le sue mani continuavano a stringere i miei polsi con l'intento di stritolarmeli.
 
-Hai vinto tu. Ma bada bene. Voglio controllarvi sempre-
 
La guardai uscire dalla stanza. Mi girai per essere un po’ più lontana dal suo raggio d'azione. Continuava a tenermi il volto con le mani. Faceva male.
 
-Piccola c'è qualcosa che non va?-
 
Mi avvicinai per baciarla, ma si scansò in fretta. Era fredda, distaccata. Non faceva altro che mordersi le labbra.
 
-Mi hai usata-
 
-Cosa?-
 
Era confuso. Allentò di poco la presa. La mia sui suoi polsi invece aumentò di pochissimo. Mi sentivo svuotata. Un soprammobile. Ecco cos'ero in quel momento.
 
Era come se mi avesse dato uno schiaffo a mano aperta. E faceva ancora più male che me l'avesse detto senza guardarmi in faccia.
 
-Quando l'avrei fatto?-
 
-Proprio ora-
 
-Ma che hai fumato?-
 
-Perché quello che hai fatto ora ti sembrava una cosa fatta da due persone?-
 
Finalmente mi voltai verso di lui. Sentivo la rabbia crescere dentro e la sua indifferenza non fece altro che incrementarla.
 
Mi sforzai di capire la sua reazione ma non ci riuscii.
 
-Ma cosa vai dicendo?-
 
-Ma ti rendi conto di cosa hai fatto?-
 
Arrivai al punto di non ritorno. Strinse nuovamente le mani attorno al viso. Faceva male. Per tutta risposta serrai per quanto potevo i pugni attorno ai suoi polsi.
 
Parlava come se io sapessi di cosa stesse parlando. E il fatto che ancora non diceva chiaramente cosa io avessi fatto mi fece innervosire.
 
-Cosa cazzo ho fatto stavolta?-
 
-Mi hai usato con tua zia!-
 
-Mi hai detto tu di non farmi mettere i piedi in testa!-
 
-Ma non usando me come zerbino porca troia!-
 
-Usato te come zerbino? Che cazzo hai fumato?-
 
-Mi hai ficcato la lingua in gola come fossi una qualsiasi puttana da scopare!-
 
-Tu hai problemi seri-
 
Mi lasciò andare con forza, mi voltò le spalle e si riavvicinò al camino.
 
-Si probabilmente ho seri problemi-
 
-Solo probabilmente?-
 
-Può darsi. Forse mi sono convinta troppo di non essere un oggetto per qualcuno per la prima volta nella mia vita-
 
Mi bloccai. Le parole risuonarono per la stanza ormai deserta ed ebbero lo stesso effetto di una doccia gelata. Misi le mani in tasca.
 
-Tu non sei un oggetto. Lo sai-
 
-Ma mi hai fatto sentire così prima-
 
Non rispose. Misi le mani in tasca pure io e cominciai a camminare senza meta nello spazio che ci divideva. Mise fuori le mani. I palmi aperti verso di me, sulla schiena. Mi avvicinai a lui. Mi lasciai andare contro di lui stringendogli le mani e facendomi stordire dalla sua colonia che ancora si faceva sentire.
 
Le sue braccia si strinsero attorno al mio busto, portando con sé anche le mie braccia. Le sue mani spuntavano appena sotto la mia giacca. Le lasciai solo per poterle prendere meglio, facendole uscire alla luce. Erano fredde. La sua testa poggiata sulla mia spalla. Potevo sentire i suoi battiti. Ci fu un colpo secco.
 
-John devo parlare con lei. Dov'è?-
 
-Sono qui signora-
 
Mi voltai titubante verso il mio inaspettato interlocutore. Quella donna aveva il potere di farmi sentire una merda. Già solo guardandoti imponeva la sua autorità.
 
-Mimì lasciala in pace...-
 
-John non ti immischiare. Quanti anni hai?-
 
-Diciassette-
 
-Da dove vieni?-
 
-Da Blackpool-
 
-Che scuola frequenti?-
 
-Il Liverpool Institute-
 
-Ah quindi dovrebbe conoscere quei tuoi amici... Paul e quel Teddy Boy che ti porterà sulla brutta strada-
 
-George è una specie di statua che suona la chitarra... Non sa nemmeno com'è fatta una ragazza... Come dovrebbe portarmi sulla brutta strada?-
 
-Zitto. Con te facciamo i conti dopo...-
 
-Come se già non fosse bastata la scenata di prima...-
 
-Ora basta. Altrimenti fili immediatamente in camera tua-
 
Sbuffai vistosamente. Quella non era una donna. Era una macchina da guerra. Se fosse partita con l'esercito qualche anno prima, avremmo vinto la guerra perché anche i tedeschi avrebbero gettato la spugna con lei come nemica. Avanzò verso di lei al punto che ricadde sulla poltrona che aveva scontrato mentre indietreggiava e ora restava lì, seduta sul bordo mentre Mimì le girava attorno interrogandola. Sembrava di essere in una stazione di polizia dei film americani. Mimì era l'ispettore instancabile e duro che mette a dura prova i mafiosi.
 
-Dove sono i tuoi genitori?-
 
-Fuori città-
 
-Entrambi?-
 
-Si-
 
-Causa?-
 
-Lavoro-
 
-Quando tornano?-
 
-Non ne ho idea-
 
-Sanno che sei qui?-
 
-Si-
 
-Hanno un recapito telefonico? Così non si preoccupano per la loro figlioletta... Specie ora che è in un'età in cui è legale fare sesso-
 
Stava mettendo a dura prova i miei nervi. Avevo cercato di mantenere sangue freddo per tutta la durata dell'interrogatorio. Non avevo mai smesso di fissarla negli occhi quando era di fronte a me. La mia voce risuonava forte e sicura, ma più di una volta minacciò di crollare. Pregavo sempre che quella fosse l'ultima domanda, ma puntualmente arrivava la successiva a velocità record.
 
-No nessuno. Dove sono andati non esistono linee telefoniche-
 
-Ah si? E dove sono andati?-
 
-Foresta amazzonica-
 
-Davvero? Che lavoro fanno?-
 
-Mio padre ingegnere, mia madre traduttrice-
 
-Che parte della foresta amazzonica?-
 
-Nord brasiliana-
 
-Media scolastica?-
 
-Tutte A, signora-
 
Non le lasciò prendere nemmeno un attimo di respiro. Lei continuava a mentire spudoratamente a testa alta. Ecco perché era così... importante per me. Pregai per lei che quella tortura finisse presto. La squadrò per un attimo. Lei rimase impassibile.
 
-Mi sembri una brava ragazza... Finalmente aggiungo!-
 
-Come finalmente?-
 
-Avresti dovuto vedere con che genere di ragazze usciva... Roba da vergognarsi!-
 
Estrasse un'altra sigaretta da una scatolina d'oro e l'accese. Espirò il fumo della sua sigaretta tutto sulla mia faccia, facendomi arricciare il naso per il cattivo odore. Si voltò e fece per rientrare in cucina.
 
-Può restare qui. Ma letti separati. Anzi. Facciamo camere separate!-
 
 
 
 
Spazio autrice.
Sisi lo so di essere pessima. Scusatemi davvero tanto ma non sono riuscita ad aggiornare prima! Ho avuto un inferno di settimana e la prossima sarà anche peggio quindi per il prossimo aggiornamento dovrete aspettare domenica prossima. Ormai mancano pochissimi capitoli alla fine e visto che dopo questa settimana sarò a casa cercherò di terminare la pubblicazione prima dell’appello per la materia. Andando al capitolo… si ho voluto introdurre Mimì. Quella donna mi ha sempre affascinato perché era dura e tenera allo stesso tempo, intransigente e gentile… insomma per me è stato bellissimo poterla “studiare”. Anche perché ammettiamolo gente: se non fosse stato per lei non ci sarebbe stato nessun John Lennon e niente Beatles. Quindi una mega standing ovation se la merita secondo me. Spero solo di averla descritta abbastanza fedelmente *eeeeeeeeeeeeee anche troppo! Sempre scassa palle!* lennon evapora dal mio angolo. *e perché? È così divertente darti fastidio!* resta allora -.- comunque dicevamo… non so perché ma non mi convince. Probabilmente è per via di Mimì. *visto che a te non convince mai nulla ora ti metti in ginocchio e ti vergogni per una buona mezz’ora!* AVADA KEDAVRA!

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Capitolo 40
*** Capitolo 39 ***


Last night I said these words to my girl
I know you never even try girl.
Come on, come on come on, come on,
Please please me oh Yea,
Like I please you
You don't need me to show the way love
Why do I always have to say love
Come on, come on come on, come on,
Please please me oh Yea,
Like I please you
{Please Please Me}

 
Liverpool, 15 Novembre 1958.
 
Salivo piano le scale, cercando di fare meno rumore possibile. L'aria fredda pizzicava maledettamente sulle braccia. Arrivai davanti la porta della sua stanza. L'aprii piano. Mi affacciai appena per vedere all'interno. Stava ancora dormendo. O meglio. Russava alla grande. Scivolai silenziosamente dentro la stanza facendo attenzione a non fare rumore e chiusi la porta. Aveva il viso affondato per metà nel cuscino ed era aggrovigliato con le coperte. Mi avvicinai a lui e gli scossi leggermente la spalla.
 
-John...-
 
Nulla. Nemmeno un bombardamento lo avrebbe mai svegliato.
 
-John... Andiamo svegliati. La strega cattiva dell'est se n'è andata1-
 
Mugugnò qualcosa ma non si mosse. Una ciocca mi sfuggì dalla coda ormai un po' disfatta.
 
-Va bene John Lennon. A mali estremi, estremi rimedi-
 
Alzai le coperte dal letto e nonostante il poco spazio mi infilai pure io al calduccio. Con una spallata mi fece cadere dal letto, facendomi sbattere un braccio. Stava ridendo.
 
Sentii un rumore venire dal pavimento. Avevo ancora gli occhi chiusi, ma sapevo bene che stava facendo l'offesa, con tanto di muso lungo e braccia conserte. Mi spostai di poco e alzai le coperte, sempre tenendo gli occhi chiusi. Uno scricchiolio e uno strappo alle coperte mi dissero che era accanto a me.
 
-Se dovevi darmi fastidio perché non restavi dov'eri?-
 
Ci fu un tira e molla con le coperte, fin quando non diede uno strattone che trascinò pure me e mi fece finire sopra di lui. Eravamo vicinissimi. Lasciai il mio naso giocare con il suo. Con due dita mi spostò la ciocca ribelle dietro l'orecchio.
 
-Perché con te è più bello fare le cose-
 
Strizzò appena gli occhi quando le baciai la punta del naso. Si sistemò accanto a me, poggiando la testa nell'incavo tra il mio collo e la spalla. Con una mano giocavo con i suoi capelli.
 
Il profumo della sua pelle era troppo invitante, così come il suo collo a pochi centimetri da me. Prima ancora che me ne rendessi conto, la mia bocca si stava muovendo vorace sul suo collo, le mie mani avevano cominciato a sbottonargli la camiciona del pigiama, lasciandolo a torso nudo. Mi sistemai a cavalcioni sopra di lui, mentre le mie mani giocavano con l'elastico dei pantaloni e la mia bocca scendeva piano, assaggiando tutto il suo torace.
 
Rimasi li impassibile, lasciandomi sopraffare da quell'attimo di piacere assoluto. Ero come in uno stato di trance assoluta, dove sentivo solo la mia eccitazione crescere e il suo corpo sopra il mio, mentre lo esplorava. Uscii dallo stato catalettico quando le sue mani si intrufolarono prima sotto i pantaloni e poi sotto i miei boxer.
 
Afferrò i miei polsi e mi ribaltò del tutto, facendomi atterrare pesantemente con la schiena sul materasso. Teneva i miei polsi ben stretti accanto al viso, mentre mi guardava confuso.
 
-Ma che ti è saltato in mente?-
 
-Pensavo ti sarebbe piaciuto-
 
-Si. No. Cioè... Ovvio che mi è piaciuto ma non riesco a capire perché lo stavi facendo-
 
-Perché volevo essere sicura che l'altra notte non fosse stato solo sesso-
 
-Quindi... Come tutte le altre?-
 
-Si-
 
Lasciai i suoi polsi per i suoi fianchi. Li sollevai leggermente fin quando non combaciarono con i miei. Si muovevano all'unisono. Nonostante i vestiti sentivo l'eccitazione di entrambi crescere. Afferrò il colletto della mia camicia mentre si mordeva le labbra. Subito dopo mi lasciai andare sopra di lei. Aveva sempre qualche ciuffo ribelle che le copriva il viso. Con due dita glielo spostai, accarezzandola leggermente. Scottava.
 
-Ficcatelo bene in quella tua testaccia dura. Tu non sei le altre. E le altre non saranno mai te-
 
La sua mano che mi accarezzava il viso. Poggiò la sua fronte sulla mia. Chiusi gli occhi aspettando un bacio che non venne. Si lasciò scivolare accanto a me. La sua mano scivolò dolcemente lungo il mio collo, regalandomi un brivido, mentre l'altra si avvolse attorno al mio fianco e mi strinse.
 
-Toglimi una curiosità...-
 
-Spara-
 
-Dove l'hai pescata questa vecchia canottiera che non vedevo da secoli?-
 
-Me l'ha data tua zia-
 
-Eh?-
 
-Si. Non ci credeva che la maglietta che avevo qua sopra l'avevo già usata. Infatti l'aveva già lavata, scambiandola per un covo di germi. Essendo io stessa secondo lei un covo di germi mi ha dato una cosa vecchia da poter bruciare appena i miei genitori "torneranno" dalla Foresta Amazzonica.-
 
-Non fa una piega...-
 
La mano si nascose sotto la sua canottiera. La sua schiena era come una droga. Liscia, calda, sensuale. Ogni curva era perfetta. I suoi pantaloni lasciavano scoperte le sue fossette di Venere. Erano una delle cose che più mi facevano impazzire. Lentamente la mia mano risalì fino alla fine la sua schiena.
 
-Levami un'altra curiosità...-
 
-Mmm...-
 
-La volta che ti sei ubriacata...-
 
-Si?-
 
-Un attimo... Dicevamo la volta ci siamo ubriacati...-
 
-Arriva al punto Lennon-
 
-Quando ti sei tolta il reggiseno non ci stavi provando con me. Non ce l'hai nemmeno ora-
 
Sospirai rumorosamente cercando a tutti i costi di non ridere.
 
-Entrambe le cose. Ci stavo provando con te però è vero che non riesco a dormire con-
 
-Embè con le punture di zanzara che ti ritrovi-
 
-Eppure qualche sera fa ero convinta che ti piacessero-
 
Si mise a pancia in giù, schiacciandomi il braccio. Poggiò il mento sul pugno chiuso mentre mi osservava con ironica curiosità. Lo sguardo mi cadde più in basso.
 
-Fammele rivedere. Devo rinfrescare la memoria-
 
Avvicinò la mano alla scollatura della maglietta. L'allargò e sbirciò dentro. Con stupore, gliela strappai via cercando di coprire il più possibile. Scoppiò a ridere guardando la mia espressione attonita. La situazione era talmente tanto assurda che cominciai a ridere pure io.
 
-Da quel che ho visto... Piccole si... Ma assolutamente eccitanti-
 
Mi sistemai sotto di lei prima di catturare la sua bocca con un bacio umido. Riconfermai ciò che avevo pensato il giorno prima. Con lei mi sarei potuto rotolare tra quelle lenzuola per il resto della mia vita.
 
-Quindi... Ti piacciono?-
 
-Le più belle di tutta Liverpool-
 
-Addirittura!-
 
-Per me lo sono. Che gli altri si trovino le proprie e non rubino le mie-
 
-Le tue?-
 
-Le tue, le mie... C'est tout la meme chose2-
 
Lo guardai con aria divertita prima di lasciarmi andare sul suo petto.
 
Le mie dita si erano intrecciate con i suoi capelli, mentre la mia mente vagava lontano.
 
-Oggi dovrei fare una cosa. Vorrei che venissi con me-
 
-Di cosa si tratta?-
 
-Vieni?-
 
-Va bene, mister tenebroso "non voglio dire nulla nemmeno alla ragazza che mi sto scopando in questo periodo". Però ho bisogno di una doccia prima di uscire-
 
-Se vuoi posso darti una mano io-
 
-Grazie Lennon ma sono 13 anni che mi faccio la doccia da sola-
 
Gli presi il viso con una mano e gli stampai un veloce bacio sulle labbra. Ero quasi all'in piedi quando le sue mani mi trascinarono nuovamente indietro, il mio corpo bloccato dal suo, mentre ricominciava a baciarmi e per una volta decisi di lasciarmi sopraffare nuovamente da quel piacere che lui solo sapeva darmi e mi faceva toccare il cielo con un dito.
 
 
1Riferimento alla favola Il Mago di Oz. La strega cattiva in questo caso è la “dolce” Mimì.
2sarebbe una frase fatta tratta da Un Americano a Parigi. Purtroppo sono circa 6 anni che non studio più francese quindi posso anche aver scritto male. In tal caso perdonatemi :)
 
Spazio autrice
Buon sabato sera! Ebbene si invece di uscire a combinar danni sono qui ad aggiornare u.u mi merito un biscottino?? No vabbè.. parlando di cose serie *perché? Tu parli di cose serie?* lennon ma non ti avevo ammazzato? *purtroppo si… ma sono sopravvissuto!* e mo diventi buck dell’era glaciale? *chi?* lascia perdere troglodita *non osare a chiamare johnnino troglodita!* scusa macca. Tornando a noi, incursioni beatlesiane permettendo, ormai siamo davvero alla fine… non vi dico quanti capitoli mancano ma vi posso assicurare che si contano sulle dita di una mano… settimana prossima spero di aggiornare due volte (studio permettendo) così per la vostra (non ne sono tanto sicura) felicità potrete leggerla tutta d’un fiato :) per parlare di questo capitolo… non so… sembra inutile però boh… mi piaceva quest’atmosfera e così ho deciso di metterla su pc :) spero sia di vostro gradimento ^_^ buon sabato sera e buon weekend :)

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Capitolo 41
*** Capitolo 40 ***


Julia, Julia, oceanchild, calls me
So I sing a song of love, Julia
Julia, seashell eyes, windy smile, calls me
So I sing a song of love, Julia
{Julia}

 
Blackpool, 15 Novembre 1958.
 
"Julia Stanley Lennon.
1914-1958.
Madre e moglie amata da tutti"

 
Ecco cosa recitava la lapide bianca nel cimitero di Blackpool. Una piccola foto in bianco e nero mostrava una donna sorridente, molto somigliante al ragazzo in ginocchio sulla tomba. Restavo in disparte, con le mani in tasca, poggiata a un enorme angelo in pietra, incapace di dire qualcosa. Non riuscivo nemmeno a immaginare cosa volesse dire provare un simile dolore, in quanto io ho sempre avuto una madre fisica ma che nemmeno conoscevo. Faceva male. Faceva male tutto.
Solo in quel momento capivo cosa voleva dire avere una madre che ti amava davvero, ritrovarla, perderla, il dolore che si provava. Dolore che io non avrei provato mai e viceversa. Per mia madre ero solo una bambolina da picchiare quando un uomo la rifiutava, quando perdeva al gioco, o semplicemente per far andare in bestia mio padre quei pochi momenti in cui era lucido. Ubriacone. Non si rendeva conto che bevendo si era rovinato con le sue mani. Aveva perso il lavoro, aveva perso la famiglia, gli amici e si ritrovava con una moglie pazza e una bambina da crescere. Ma già. Lui voleva un maschio. Ecco perché invece delle bambole mi comprava le pistole o i camion. E se gli dicevo che non erano adatti a me, mi picchiava pure lui. Gli ultimi mesi si era rassegnato, ma si leggeva negli occhi un velo di tristezza. Ogni tanto si non era male, mi portava in giro e mi ha fatto scoprire la musica, la vera musica, ma non aveva il coraggio di affrontare mia madre quando mi picchiava, così spariva di casa per mesi. E io dovevo vedere gente che veniva da ogni parte della contea per scoparsi mia madre. Nessuno avrebbe sentito la mia mancanza.
Tranne una persona. Forse era emarginato come me, ma fu la prima persona ad accettarmi per com'ero, senza tentare di cambiarmi, strappandomi un sorriso dicendo che "il sole è su, il cielo è blu, è bellissimo e lo sei anche tu". Jim fu l'unico vero amico che abbia mai avuto. Era lui che mi metteva i cerotti dopo che gli artigli di mia madre mi graffiavano prepotentemente, lui che mi ha insegnato a distinguere i vari strumenti in una canzone, lui a farmi scoprire davvero i Beatles. Era un patito di musica, come lo ero io. Mi sentii male al solo pensiero di lasciarlo solo al mondo. Lui aveva fatto così tanto per me, mi aveva anche ospitato diverse volte a casa sua, minacciando i miei di portarmi via da casa se avessero continuato a comportarsi in quel modo (forse fu in quel momento che mio padre cominciò a capire). E io invece non avevo fatto niente.
John era ancora li, a fissare la foto della madre. Le mani strette sulle ginocchia. Non era mai stato un amico per me. Era sempre stato il mio rifugio, il mio riparo, il mio confidente, la voce dei miei pensieri. Se ormai non potevo più far nulla per Jim, potevo ancora fare qualcosa per lui. Mi presi di coraggio e mi avvicinai a lui.
 
-Tutto bene?-
 
Non risposi. Non ci riuscivo. Non c'erano parole che tenevano. Era vicino a me, ma la sentivo lontana. L'unica persona che riuscivo a vedere in quel momento era lei. Julia. Mille domande si affollavano in testa. Perché mi aveva abbandonato, perché era ritornata nella mia vita, perché se n'era andata. Qualcosa si era appena poggiato sulla mia spalla. Mi riportò alla realtà. Era la sua mano. Piccola, timida e fredda, mi stava stringendo la spalla. Era lì. Nonostante non le parlassi era li per me e non se ne sarebbe andata.  Poggiai la testa sul suo fianco. Gli occhi pizzicavano. Nascosi la faccia sul suo addome, mentre la sua mano mi accarezzava i capelli. Mi aggrappai a lei con tutte le forze. Le afferrai i fianchi con le mani e mi lasciai andare. Poco mi importava di cosa diceva la gente. Sapevo solo di averne bisogno.
 
Era uno straccio. Lasciai che si sfogasse. Le sue mani stringevano sempre di più, tanto da far male. Ci misi un bel po per riuscire ad allentare la sua presa. Intrecciai le mie mani con le sue e mi inginocchiai davanti a lui. Sentii una terribile fitta alla bocca dello stomaco.
 
-John...-
 
La sua voce era come un sussurro. Lasciò la mia mano. Lentamente mi accarezzò il viso. Piano alzai lo sguardo.
 
-Lei non vuole vederti così. Ne sono sicura.-
 
Era una cazzata enorme. Una frase di circostanza trita e ritrita in occasioni del genere. Ma fu l'unica cosa che riuscii a dire in quel momento.
 
-E se davvero non vuole perché se n'è andata?-
 
-John non siamo noi a decidere quando andarcene. Non l'ho deciso nemmeno io, eppure sono qui con te.-
 
Alzai del tutto lo sguardo. Avevo dimenticato che lei non apparteneva a quell'anno ed era li per un scherzo del destino.
 
-Lei ti voleva bene-
 
-Ormai non fa differenza-
 
-E invece la fa! Una persona non è mai morta veramente se c'è anche solo un individuo che la ricorda. Julia non morirà mai dentro di te. Sarà sempre con te, ti aiuterà a decidere, a fare delle scelte, sarà con te nei momenti felici e in quelli bui. Non ti lascerà mai.-
 
Guardava altrove. La mia mano aveva continuato ad accarezzai suoi lineamenti perfetti.
 
-E io come faccio a sapere che non mi lascerà mai?-
 
-Questo non lo so... Qualcosa te lo dirà... Un'onda dell'oceano, un uccello, un soffio di vento, una piuma bianca1... Qualsiasi cosa.-
 
Più stavo con lei, più ne avevo bisogno, più non riuscivo a capire come nessuno l'avesse accettata così com'era. Riuscì con poche parole a dirmi tutto ciò che gli altri non erano riusciti mai a dirmi dopo la morte di Julia. La presi per i fianchi e l'avvicinai a me. Poggiai la mia fronte contro la sua. La sua mano continuava a sfiorarmi.
 
-Grazie-
 
-Di cosa?-
 
-Di non avermi lasciato-
 
-Te l'avevo promesso. Ricordi?-
 
Per la prima volta da quando eravamo li, accennò un sorrisetto. Le nostre voci erano come sussurri, come a non voler disturbare la quiete di quel posto. Mi venne in mente Stuart. Da lì a pochi anni sarebbe morto anche lui. E quello sarebbe stato un altro colpo. Cercai di restare impassibile. Non si può consolare una persona di una perdita preannunciandogli che nel giro di pochi anni sarebbe morto qualcun altro.
 
-Dai andiamo. Per oggi hai sofferto anche troppo.-
 
Mi prese le mani e mi mise all'in piedi. Non sapevo dove stavo andando, mi lasciavo guidare da lei. Camminavamo vicini, entrambi con le mani in tasca. Ogni tanto lei poggiava la testa sulla mia spalla. Forse era per farmi capire che era ancora li. Anche se non ce n'era bisogno. Camminammo per un tempo interminabile. Non seppi mai quanto in realtà. Sapevo solo che quando mi decisi ad alzare lo sguardo, avevo di fronte il mare.
 
-Perché qui?-
 
-Perché aspettiamo un segno da Julia-
 
Il mare era la mia risposta a tutto. Alla gioia, alla felicità, alla tristezza, alla malinconia, alla rabbia, alla depressione, all'euforia... A tutto. Indicò un tizio alle nostre spalle che vendeva cappelli di tutti i tipi.
 
-Venni qui la prima volta con Julia quando la rividi dopo anni. Mi mise un capello in testa con la scritta 'Baciami'. Mi riempì la faccia di rossetto2-
 
-Forse questo è il primo segno-
 
-Cioè?-
 
-Forse lei ci ha guidati da questo tizio per farti ricordare la prima volta che avete passato del tempo assieme quando vi siete riavvicinati.-
 
Mi voltai a guardarla. Non sapevo da dove tirava fuori queste sue uscite. Sapevo solo che le apprezzavo e che mi piacevano da matti. Mi prese per mano e mi trascinò verso quello strano tizio.
 
-Forse questo ti sta bene...-
 
Riconobbi quel suo inconfondibile cappello da viaggio che amavo tanto. Non fece nulla quando gli appiattii i capelli sulla fronte prima di mettergli il capello sulla testa.
 
-Secondo me ti sta bene...-
 
-La sua ragazza ha ragione-
 
Credevo che quel tizio fosse muto. Mi voltai verso di lui. Mi stava indicando uno specchio. Mi avvicinai. In fondo era vero, ma non avrei mai rinunciato al mio ciuffo alla Elvis per un cappello.
 
-Embè. Cosa non mi sta bene?-
 
-Egocentrico-
 
Scocciata gli tolsi il berretto dalla testa. Io cercavo di tirargli su il morale e lui cosa faceva? Si pavoneggiava tronfio con un galletto. Sorrise e riprese a camminare. Avevo ancora il cappello in mano. Cercai nella tasca dei jeans, presi i pochi soldi che avevo ancora in tasca, li lasciai nella mano aperta del signore, che sorrise benevolo, e lo raggiunsi correndo.
 
-Che c'è?-
 
-Un regalo-
 
-Cosa?-
 
-Si. Ti stava bene e ho deciso di regalartelo-
 
Presi in mano il cappello e lo rigirai tra le mani. Forse era proprio questo suo entusiasmo che mi piaceva di lei. Sapevo perché lo aveva fatto.
 
-Grazie-
 
-Figurati. Io ti sto occupando la casa. E' il minimo-
 
-Vabbé te l'ho chiesto io-
 
-Ma sto sempre a casa tua. Andiamo a prendere qualcosa da mangiare?-
 
-Pensi solo al cibo tu?-
 
-Hey! Ho fame!-
 
-Va bene va bene.. .Però prima...-
 
Mi infilò a forza il cappello in testa, coprendomi anche gli occhi. Si era incastrato. Ci misi un po’ a toglierlo. Quando riuscii nuovamente a vedere, stava già correndo tra la folla di Blackpool.
 
-Non credere di fuggire così facilmente John Lennon!-
 
 
1Riferimento a ciò che successe veramente a Julian Lennon dopo la morte del padre. (Per chi non lo sapesse John una volta disse al figlio che se avesse avuto bisogno di lui avrebbe trovato una piuma bianca. Diversi anni dopo Julian si trovava in Africa o Australia non ricordo e il capo della tribù di cui era ospite gli regalò una piuma bianca. A me piace pensare che quella piuma gliel’abbia data suo padre)
2Riferimento al film “Nowhere Boy”

 
Spazio autrice.
Buonasera :) si ce l’ho fatta ad aggiornare a metà settimana *O* *e ora vuoi un applauso?* lennon zittisciti una buona volta! Sisi so che questo capitolo fa abbastanza schifo… sono una persona particolarmente ottimista e razionale e scrivere il dolore mi viene malissimo. Però mi piace Julia (non come Mimì ma mi piace) può sembrare una cattiva madre a prima vista ma mettendosi nei suoi panni e con la mentalità degli anni 40… beh molte madri in quel periodo hanno fatto di peggio! Come ben sapete, siamo molto vicini alla conclusione. Vi do un piccolo consiglio: tenete d’occhio la data nel prossimo capitolo. Ps. Non so come ringraziarvi per aver fatto arrivare la mia storia terza tra le più popolari. No davvero quando l’ho visto e dopo 5 minuti l’ho realizzato (si vado molto a rilento) mi sono commossa :’) non pensavo che una mia storia potesse piacere così tanto (specie dopo i trascorsi del 4 e 5 liceo dove inspiegabilmente prendevo a stento 5 ½ /6 nei compiti di italiano ._.’) e anche le recensioni: troppe belle parole sul serio <3 grazie mille e al prossimo aggiornamento :)

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Capitolo 42
*** Capitolo 41 ***


One day, you'll know
I was the one
But tomorrow may rain, so
I'll follow the sun
And now the time has come
And so, my love, I must go
And though I lose a friend
In the end you will know
Oh-oh-oh
{I'll Follow The Sun}

 
Liverpool, 16 Novembre 1958/2012.
 
Era mattina e il silenzio regnava. Mimì doveva essere uscita presto, come al solito. Lei dormiva, la testa poggiata sul mio petto, un braccio che passava sul mio torace, la spalla sotto tensione per via delle mie mani che stringevano. Non sapevo perché, ma quella mattina ero ancora più riluttante a separarmi, anche solo brevemente, da lei. Con due dita le spostai un ciuffo di capelli che le copriva il viso. Non si svegliò. Mi avvicinai e la baciai sulle labbra. Dopo pochi attimi si svegliò e rispose al bacio.
 
-Mmm...-
 
-Giorno...-
 
Mi diede un bacio sulla fronte. Avevo una strana sensazione. Avevo paura ad aprire gli occhi. Era come il suo corpo fosse meno materiale al tatto. Strinsi ancora più forte il braccio attorno al suo addome, per paura che il suo corpo sparisse da un momento all'altro. Continuavo a tenere gli occhi chiusi.
 
-Nono signorina. Non mi incanti. Dai che sennò oggi non facciamo nulla...-
 
Mi alzai a fatica. La sua mano mi accarezzò tutto l'addome ed ebbi come la sensazione che alla fine avesse tirato la mia maglietta, come a non lasciarmi andare. Uscii dalla stanza passandomi una mano tra i capelli e arruffandoli ancora di più. Avevo bisogno di un caffè nero e molto forte.
 
Non riuscivo a muovermi. Sapevo che ormai ero alla fine. Stava per finire tutto. Di controvoglia aprii gli occhi per osservare un'ultima volta quella stanza che amavo tanto e dove erano successe tantissime cose. Riluttante mi alzai dal letto e cominciai a vestirmi. I vestiti sembravano molto più freddi di come erano in realtà. Sistemai anche le cose nel mio zaino, che subito dopo misi sulle spalle. Una busta bianca usciva appena dalla tasca anteriore. Sulla soglia mi voltai un'ultima volta a guardare la stanza. Le pareti erano tappezzate di foto di Elvis, un'anta aperta dell'armadio rivelava una chitarra nera e rossa, il pavimento era molto più libero senza le mie cose. Trassi un bel respiro prima di girarmi e scendere le scale, abbandonando quella stanza che un po ci aveva visto crescere. Scesi silenziosamente. Lo trovai in cucina che si preparava un bel caffè nero come piaceva a lui. Posai lo zaino per terra e infilai il giubbotto. Si voltò verso di me.
 
-Perché hai il giubbotto?-
 
Aveva lo sguardo fisso sul pavimento. Le mani infilate nelle tasche del giubbotto mentre spostava alternatamente il peso del corpo da una gamba all'altra. Feci qualche passo verso di lei. Per tutta risposta guardò fuori.
 
-Ti devo dire una cosa-
 
Strinsi le spalle e mi decisi finalmente a guardarlo in faccia. Mi guardava con aria confusa. Non mi fece nemmeno cominciare a parlare.
 
-Sei...? Per caso sei...? E' successo l'altra sera?-
 
-Cosa? Nono niente di tutto questo... O almeno... No non lo sono-
 
Mise subito le mani avanti come per discolparsi. Tirai un sospiro di sollievo. Mi guardava, cercando di comunicare con gli occhi che si facevano via via sempre più lucidi. Improvvisamente capii.
 
-E' ora vero?-
 
Il respiro si faceva sempre più affannoso. Il cuore rimbombava in petto come un tamburo. Si voltò verso la finestra, poggiò le mani sul davanzale e abbassò lo sguardo.
 
-Non c'è niente da fare?-
 
-John io...-
 
-Lascia perdere le tue solite scuse... Non avrai mai le palle di scegliere sulla tua vita-
 
-Ma non è una cosa che dipende da me!-
 
-NON DIPENDE MAI DA TE SE TI SI STA A SENTIRE-
 
Qualcosa cadde ai miei piedi, frantumandosi in mille pezzi. Non mi importava. Aveva sussultato alla mia reazione. Stava indietreggiando lentamente, mentre, inconsapevolmente, avanzavo verso di lei.
 
-Non posso decidere su una cosa del genere... Cerca di capire-
 
-L'unica cosa che mi stai facendo capire è che tu stai per andartene. Per sempre. Dopo quello che è successo-
 
-Doveva succedere così... Non spetta a me scegliere...-
 
-Non hai mai scelto nella tua vita. Hai sempre aspettato che fossero gli altri a decidere per te-
 
-In realtà ho fatto fuoco e fiamme per passare gli ultimi giorni qui con te!-
 
Qualcosa dentro mi diceva di dire tutto, senza pentirmi. La paura stava sparendo, sostituita forse da un pizzico di pazzia. Mi avvicinai a lui. Mi prese le spalle e le strinse a tal punto da farmi male.
 
-E allora scegli di restare qui. Potrai stare bene qui. Riesci a tenere testa a Mimì, hai fiuto per la musica, sei intelligente... Questo è il posto per te.-
 
Il volto rigato di lacrime. Mi guardava come se fossi pazzo. Scosse impercettibilmente la testa. Chiusi gli occhi quando le lasciai andare le spalle.
 
-Non ti voglio vedere più...-
 
Fu un colpo al cuore. Dovevo dirgli tutto. Tutto quanto.
 
-John ti prego ascoltami-
 
-LASCIAMI IN PACE!-
 
Mi afferrò il braccio. Con violenza lo scossi e finì sul pavimento. Gli occhi bruciavano.
 
-Non ti rendi conto di cosa mi stai facendo? Vattene!-
 
Di certo non gliel'avrei lasciata vincere. Dovevo dirglielo. Sapevo solo questo.
 
-John ti prego ascoltami. L'8 dicembre del 1980 non uscire di casa. Ti prego!-
 
-Perché? Cosa succederà?-
 
La mia voce era spezzata, ma comunque ironica. Le davo le spalle. Ci mise un po a reagire.
 
-Morirai-
 
-Beh sai che ti dico? Che non me ne fotte un beneamato cazzo! Anzi sai cosa farò quel giorno? Starò fuori tutto il giorno e magari mi farò ammazzare per una canna. Non è bello morire così? Almeno sarò io a decidere quando morire!-
 
Le sue parole fecero male. Molto male. Tornò a girarsi verso la finestra, poggiò le mani sulle ante chiuse e posò la testa su una mano. Silenziosamente, mentre le lacrime continuavano a scendere, uscii dalla stanza, mentre un peso orribile gravava sul mio stomaco. La busta bianca spuntava candida dalla tasca dello zaino. La tirai fuori. Mi voltai verso di lui. Era ancora lì. Rientrai nella stanza, posai la busta sul tavolo e uscii nuovamente. Zaino in spalla. Davo un'ultima occhiata a quella casa che amavo tanto. Mi sarebbe mancato tutto. Lo specchio all'ingresso, l'orologio a cucù del soggiorno, la grande quercia dietro la casa, la casetta sull'albero. Menlove Avenue era deserta e l'asfalto era umido. Misi le mani in tasca e mi avviai verso il centro della città. Tutto si muoveva a una velocità spaventosa. Vedevo solo figure sfocate che si muovevano freneticamente attorno a me. Continuavo a camminare, non badando a cosa diavolo potesse succedere attorno a me. Enormi palazzi venivano su a una velocità sorprendente. Le macchine aumentavano sempre di più. Attraversai Penny Lane. Le lacrime ricominciarono a uscire. Era cominciato tutto lì. Mi strinsi ancora di più nel mio giubbotto e ripresi a camminare. Un enorme edificio bianco si presentò improvvisamente di fronte a me. "Liverpool City Hospital". Questo era ciò che indicava la grande scritta sopra il portone principale. Con entrambe le mani spinsi la grande porta di vetro e mi ritrovai nell'atrio dell'immenso ospedale. Anche qui tutti si muovevano a una velocità incredibile. Mi avvicinai a un gruppo di persone che aspettava l'ascensore. Questo arrivò davanti a noi, ma c'ero solo io. Le persone erano sparite. Entrai nello spazio angusto, sempre piangendo silenziosamente. 4 piano. Un tintinnio mi annunciò che ero arrivata. Sulla destra c'era una porta aperta. La 16b. Sospirai a fondo prima di entrare. C'era un solo letto, circondato da enormi macchinari. Sul letto era stesa una figura immobile, il volto sfigurato dai lividi e dai tagli, gli arti ingessati. Il collo era aperto per permettere a un tubo di mandare la giusta quantità di ossigeno ai polmoni. Gli occhi erano chiusi. John li aveva disegnati maledettamente bene. John. Con aria sconfitta, lasciai cadere lo zaino a terra, scoprendo che era ormai senza consistenza. Mi sedetti sul bordo del letto, scoprendo che anch'io ero esattamente come lo zaino. Mi sdraiai sul letto, facendo si che il mio alone combaciasse alla perfezione con la figura stesa sul letto. Nella stanza c'era un ticchettio insopportabile. Fissai il soffitto bianco per diversi secondi. Poi chiusi gli occhi. Il ticchettio finì per lasciare il posto a un unico lungo e assordante suono.
 
Paziente: Juditte Francise Granger
Anni: 17
Data del decesso: 16 Novembre 2012
Ora del decesso: 10:06
Causa del decesso: morte cerebrale.
Parenti presenti durante il decesso: nessuno.

 
 
Spazio autrice
Devo rintanarmi da qualche parte per non essere linciata da voi dopo aver visto come ho deciso di finire la ff??? *si è meglio che ti rintani* grazie lennon sei un tesoro! *ma figurati. EHY! Se la volete linciare o lapidare guardate che è qui!* lennon io ti ammazzo! Bene dopo aver dato a lennon una lezione che si meritava anche da troppo tempo *al diavolo il pacifismo! Questa è sparta!!* ennò basta liberatemene!! *pietrificus totalus!* grazie silente :3 *figurati cara* non è che mi manderesti gandalf eh?? *chi?* lascia perdere… dicevamo, incursioni beatlesiane, potteriane e ardiane a parte, (ho cambiato tastiera e questa nuova è spettacolare… scrivere è un piacere quindi sopportatevi tutte le mie follie) ah si… ora mi linciate vero???  Però avevo già immaginato questa scena e un’altra e non potevo non scriverle. Senza contare che se lei fosse rimasta nel passato i cari beatles non sarebbero stati (secondo la mia fantasia) come noi li abbiamo conosciuti. Non sono molto sicura del capitolo perché ho provato a descrivere qualcosa più grande di me e ho paura di non aver scritto tutto in modo da far percepire agli altri ciò che volevo trasmettere. Spero di esserci riuscita. Ci sentiamo al prossimo capitolo e per favore non linciatemi!

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Capitolo 43
*** Capitolo 42 ***


But of all these friends and lovers
There is no one compares with you
[...]
Though I know I'll never lose affection
For people and things that went before
I know I'll often stop and think about them
In my life, I'll love you more
{In My Life}

 
Londra, Royal Albert Hall, 16 Novembre.
 
Avevo il controllo del mio corpo. Sapevo solo questo. Aprii appena gli occhi. Una densa nebbia avvolgeva tutto. Mi trovavo dentro una nuvola. L'unica cosa di cui ero cosciente era di essere sdraiata su un fianco su questo pavimento quasi inconsistente. Lentamente mi misi a sedere. Avevo gli stessi vestiti che avevo nel 1958. La densa nebbia era dappertutto. Ancora più lentamente mi misi in piedi, curiosa di sapere dove diavolo mi trovavo. Le pareti bianche sembravano allontanarsi sempre più a ogni passo che facevo. Ogni tanto uno spiffero caldo mi accarezzava il viso. Era una sensazione alquanto piacevole. Dopo alcuni passi constatai che il pavimento sotto di me era alquanto consistente e resistente e con passo più deciso, cominciai a cercare qualcuno che potesse darmi una spiegazione su cosa ci facevo li.
I contorni degli oggetti attorno a me cominciarono a comparire. Non sapevo bene cosa stesse per comparire. Solo che delle forme anche confuse mi davano sicurezza.
Improvvisamente sentii dei passi venire dietro di me. Il panico si impossessò di me. Lentamente feci dietro-front. Davanti a me si parò l'ultima persona che avrei voluto vedere all'altro mondo.
 
-Jim!-
 
Il panico sparì all'istante, sostituito da una sorta di follia. Senza nemmeno pensarci, gli buttai le braccia al collo, facendolo barcollare pericolosamente e quasi cadere a terra.
 
-Che cosa ci fai qui?-
 
-Beh... la stessa cosa che ci fai tu-
 
-Si ok ma per quale motivo sei qui?-
 
-Lasciami andare e te lo spiego... Mi stai togliendo il fiato-
 
Gli tolsi le braccia dal collo, che massaggiava freneticamente. Fece qualche passo e si sedette. Mi fece segno di raggiungerlo e mi avvicinai.
 
-Ora vuoi dirmi perché sei qui?-
 
-Vedi qualche giorno fa sono venuti degli strani tipi li nel negozio e beh... Volevano rapinarmi, ho cercato di difendermi e... Mi hanno ucciso-
 
Lo guardai con aria triste. Era il mio unico vero amico e non avrei voluto che se ne andasse così.
 
-Non volevo che tu morissi...-
 
-Neanche io volevo che tu te ne andassi... Eppure eccoti qua-
 
Mi indicò, sorridendo mestamente. Mi accarezzò piano il volto. Aveva gli occhi lucidi.
 
-Sei cresciuta così tanto da quando ci siamo conosciuti...-
 
-Sei stato tu a crescermi-
 
-Lo ricordo. Eccome se lo ricordo.-
 
-E se non era per te sarei arrivata qui molto tempo fa-
 
-Shh. Non pensarlo nemmeno. Pensa soltanto che c'è chi ti ha voluto davvero bene quando ancora eravamo li-
 
-Non so come ringraziarti... Davvero! Mi dispiace troppo che tu te ne sia andato così-
 
-Capirai... Da quando ho saputo del tuo incidente vivevo a metà. Passavo la maggior parte del mio tempo in ospedale a farti compagnia. I tuoi genitori non sono mai venuti a trovarti. Però sono venute delle persone che non avrei mai immaginato di conoscere, ma sembravano conoscere te incredibilmente bene.-
 
-Chi erano queste persone?-
 
Abbassò lo sguardo. Lo faceva sempre quando mi diceva qualcosa a cui sapeva non avrei creduto mai.
 
-Tanto non ci crederesti mai...-
 
-Non avrei mai creduto nemmeno di morire a quest'età quindi spara-
 
-Beh la sera dopo l'incidente sono spuntati Paul e Ringo...-
 
-Frena frena frena! Quei Paul e Ringo?-
 
-Te l'avevo detto che non mi avresti creduto!-
 
-Nono ti credo. Continua-
 
-Ecco poi è spuntata la Ono a braccetto con un ragazzo che non era il figlio. Mi sa che era proprio Julian-
 
-E perché sarebbero venuti a vedere proprio me?-
 
-Non ne ho idea. Gliel'ho chiesto più di una volta ma non mi hanno mai risposto. Mi hanno fatto piuttosto diverse domande su di te.-
 
-Che tipo di domande?-
 
-Il tuo nome, anche se sembrava che lo conoscessero già, cosa ti piaceva e non ti piaceva fare... Cose del genere-
 
-Capito... Poi perché venire a vedere proprio me?-
 
-Boh... Credevo ci fosse un errore all'inizio ma loro sostenevano che volevano davvero vedere te.-
 
Improvvisamente realizzai. John. Sussultai appena quando mi venne in mente. Fortunatamente, Jim non se ne accorse.
 
-E' tardi. Io devo andare. E' stato bellissimo rivederti-
 
-Dove vai?-
 
Balzò in piedi. Lo imitai pochi secondi dopo.
 
-Mi stanno aspettando i miei genitori. Sai tutti i nuovi hanno bisogno di una specie di guida per ambientarsi. Ho chiesto di essere io la tua guida ma non mi hanno accettato. Troppo fresco.-
 
Sorrise appena. I miei occhi pizzicavano. Gli volevo davvero bene. Avevo voluto così bene solo un'altra persona. Aprì le braccia. Immediatamente mi ci fiondai, nascondendo il viso sul suo petto. Silenziosamente mi accarezzò i capelli.
 
-Grazie. Davvero-
 
-In realtà sono io che dovrei ringraziare te. Non so come mi sarebbe finita se quel giorno al parco non ti avessi preso prima che ti buttassi dal ponte-
 
Mi baciò sulla fronte e si allontanò. Poco prima di sparire agitò la mano in segno di saluto.
 
Era li, proprio come la ricordavo io. Dovetti aspettare ben 54 anni prima di rivederla da vicino. Si guardava attorno con aria smarrita. Lentamente mi avvicinai.
 
Sentii dei passi avvicinarsi alle mie spalle. Lentamente mi voltai. Un ragazzo di non più di 22-23 anni, con giacca e cravatta, stivaletti, occhialoni da vista neri e un inconfondibile taglio di capelli si stava avvicinando. Rimasi immobile fin quando non si avvicinò del tutto.
 
-Ciao-
 
-Ciao-
 
-Allora... Alla fine era vero-
 
-Si... Era vero-
 
Teneva lo sguardo basso. L'ultima volta che ci eravamo visti non ci eravamo salutati in modo pacifico.
 
Con due dita mi rialzò il mento. I suoi occhi mi osservavano da molto vicino. Erano sereni.
 
-Ci sediamo?-
 
Annuì piano. Ci buttammo a terra proprio come facevamo spesso.
 
-Quindi tu saresti...-
 
-La tua guida esatto-
 
-Perché proprio tu? Insomma. Quando ci siamo lasciati mi odiavi a morte-
 
-Cerca di capirmi.-
 
-Già fatto-
 
-Allora?-
 
-Esagerato. Come al solito-
 
Con il pugno chiuso mi diede un leggero spintone sulla spalla, che mi fece sorridere. E che me lo fece amare ancora di più.
 
-La rabbia di quel giorno mi ha accompagnato per diverso tempo. Ce l'avevo con te. Solo dopo diversi anni ho capito che in fondo non era colpa tua-
 
-Quando l'hai capito?-
 
-Quando ho incontrato la mia seconda moglie-
 
-Davvero?-
 
-Si. Fu la prima persona a riuscire a leggere il segreto che mi portavo dentro. Fu la prima persona a cui parlai di te. Dopo ovviamente ne parlai anche agli altri, ma lei fu la prima. Ne parlai pure a Julian. Me lo consigliò Yoko. Questo segreto tra noi due ci avvicinò decisamente come padre e figlio-
 
-Allora... Le persone che mi sono venute a trovare in ospedale... Sapevano chi ero-
 
-Lo sapevano bene. Ho mostrato loro le foto che hai lasciato sul tavolo della cucina di Mendips 54 anni fa-
 
-Le hai viste quindi?-
 
-Si. Rimasero su quel tavolo per anni. Fu Mimì a ridarmele. In uno scatto di follia aveva aperto la busta e aveva visto noi due. Si era ricordata di te. Le stavi simpatica a proposito.-
 
-Posso... Chiederti dove sono ora le foto?-
 
-A New York. Dove c'è il mio memoriale-
 
-Vuoi dire... Lo Strawberry FIelds?-
 
-Esatto. Dissi io una volta così per caso a Yoko che se morivo volevo andare in un posto dove nulla è reale-
 
Mi guardò tristemente. Sapevo cosa stava pensando. Che era tutto troppo esagerato per lei. Lei che era abituata ad essere un fantasma per le strade della sua città, lei che veniva sempre presa in giro, lei che era un soprammobile tra le mani dei genitori, lei che in classe era poco più che un'ombra. Improvvisamente si rendeva conto che le sue foto riposavano nel memoriale di uno dei cantanti più famosi della storia.
 
-Chi è stata la tua guida quando sei venuto qui?-
 
-E' stata Julia. Te la farò conoscere. Le piacerai tantissimo-
 
-Ma quindi se anche Julia è qui...-
 
-C'è anche George esatto-
 
Qualcosa dentro di me esultò. Non sapevo bene il perché. Sapevo solo che avrei conosciuto un altro dei miei miti. Erano tutti li. Non dovevo far altro che avvicinarli e parlargli. Nel frattempo i contorni attorno a me si facevano sempre più nitidi.
 
-Dove siamo?-
 
-Questo è il posto che hai scelto tu-
 
-Sembra un teatro-
 
-La Royal Albert Hall per essere precisi-
 
-Ma... perché?-
 
-Tu stessa hai detto che il marciapiede è il più grande teatro della vita. A teatro ti metti a nudo davanti al pubblico e diciamo che ora ti stai mettendo a nudo davanti a un pubblico che però conoscerai dopo-
 
-Quando?-
 
-Troppa fretta signorina... Con calma e lo saprai-
 
La osservai per un attimo. Non mi sembrava nemmeno vero di poterla rivedere dopo tutti quegli anni. Avvicinai la mano al suo viso. Si lasciò accarezzare mentre teneva lo sguardo fisso nei miei occhi.
 
-Ti ho vista crescere...-
 
-Cioè...-
 
-Si ho visto tutta la tua vita da qui...-
 
-Papà ha sempre detto che mi hanno chiamato Judy perché quando sono nata è partita inspiegabilmente Hey Jude... Solo che poi hanno sbagliato a trascriverlo e così mi hanno chiamato Judy...-
 
-Che non è nemmeno il tuo vero nome-
 
-Odio il mio vero nome! Ma mi piace Francise-
 
-Piace anche a me... C'è una cosa che devi sapere...-
 
-Cosa?-
 
-L'ho messa io quella canzone quando sei nata-
 
-Davvero? E come hai fatto? Cioè.. E' impossibile-
 
-Lo è per te. Mica per me-
 
Aveva sempre quello sguardo di furbizia che lo rendeva così unico. Mi lasciai andare sulla sua mano. Era calda e morbida.
 
-Però c'è una cosa che non riesco a capire...-
 
-Cosa?-
 
-Perché hanno fatto incontrare proprio noi due in quel passaggio temporale?-
 
-Forse era destino... Ma dopo aver origliato qua e la credo sia perché avevano capito che saremmo andati d'amore e d'accordo... Solo che eravamo troppo lontani temporalmente-
 
-Quindi ci saremmo incontrati lo stesso vero?-
 
-Probabilmente si... Si è fatto tardi. E' meglio se andiamo-
 
Mi alzai all'in piedi e lei mi seguì subito dopo. Eravamo quasi alle quinte del teatro quando mi fermai.
 
-Il giorno che mi hanno sparato ho pensato a te, a quello che mi avevi detto-
 
-John io volevo dirtelo...-
 
-Nono è colpa mia... Volevo solo farti sapere che non ti ho mai dimenticato-
 
-Davvero?-
 
-Si. Speravo che tu un giorno sentissi le mie canzoni perché la maggior parte erano per te-
 
Quell'ulteriore notizia mi fece tremare le ginocchia. Ebbi come una fitta alla bocca dello stomaco. Si voltò verso di me.
 
-Ho sempre amato le tue canzoni-
 
-Lo so-
 
-E ho sempre amato i tuoi modi di fare come nient'altro al mondo-
 
-Beh... Devi sapere solo che nella mia vita non ho mai amato nessun altro come te-
 
 
 
 
Così finiscono due storie che apparentemente sembrano distinte, in realtà si fondono assieme creandone una sola. Perché entrambe si completano a vicenda, ogni storia è completamente dipendente dall'altra, così come lo sono le persone. Anche la persona più famosa o più potente ha bisogno di una fonte di ispirazione che però resta nell'ombra. Il mondo vedrà sempre le grandi cose che ha fatto il grande, ma si fermerà li. Non si accorgerà mai della fonte delle idee e delle ispirazioni che portano alle grandi azioni o alle grandi parole. C'è chi ha entrambe le personalità dentro di se e sa gestirle in modo equilibrato. Ma la gente ferita nell'orgoglio, con tanti difetti, tante delusioni e poco affetto da parte degli altri cercherà sempre la propria fonte di ispirazione ma si accorgeranno di averla trovata solo quando questa sarà costretta a lasciarla.
 
Fine.

 
 
 
 
 
 
Spazio autrice
Ebbene si miei discepoli. È finita. Intanto mi scuso enormemente per il ritardo ma ho avuto diversi inconvenienti (e poi un po’ mi dispiaceva concluderla… mi ero affezionata tanto a questi due :3). Ma parliamo di cose più serie… vorrei ringraziare tutti voi per aver letto la mia storia, per averla recensita e per avermi sommerso di parole stupende che non credo nemmeno di meritarmi.  Andando per ordine,  ringrazio: binsaneBohemianScaramoucheCheccaWeasleyDoxa9011ElejjkkGnufolettaHelter SkelterLisa_PanLondon_CallingMiss_Riddle StarkeyphoessgtpeppersuliaTeardropTholomewV for VirginiaVal_phoenix__lovelyrita per aver inserito la storia tra le seguite. Grazie davvero :) ringrazio: London_CallingTholomew per averla inserita tra le ricordate. Ringrazio inoltre: Doxa9011I_me_mineLadyLealee, LenmacLilliSheeranLittle WillowLu_and_LiotropQuella che ama i BeatlesStreetsOfLoveTeardropTheFlyingPaperTholomewV for Virginiawithyou92xdonniedarko__lovelyrita per averla inserita tra le preferite. Infinitamente grazie <3 ringrazio anche:  365dayswiththeBeatlesQuella che ama i BeatlesTheFlyingPaperTheNowhereGirlOfYesterdayV for Virginia per avermi aggiunta come autrice preferita. Davvero non avevo mai pensato che il mio modo di scrivere potesse piacere a qualcuno :’) ringrazio anche: 365dayswiththeBeatles, Val_phoenix, Miss_Riddle Starkey, Helter Skelter, phoes, _Nice, Lisa_Pan, I_me_mine, _lovelyrita, SweetDispotinionever, Teardrop, Lady Madonna, Lenmac, A Taste Of Beatles, TheFlyingPaper, V for Virginia, Little Willow, Quella che ama i Beatles, StreetsOfLove per aver recensito la storia. Chi puntualmente chi anche un solo capitolo… mi ha fatto molto piacere leggere i vostri pareri. J non avrei mai immaginato che la mia storia potesse essere la 5° più popolare del fandom. Graizegraizegrazie <3 dopo il successo di questa storia credo che continuerò a scrivere… anche perché le idee non mi mancano XD vabbè che altro aggiungere??? Grazie mille a tutti *grazie grazie* sparisci lennon sono io che ringrazio! *tu mi hai utilizzato come bambolotto lasci che ringrazi anch’io* vabbè fate un bell’applauso a lennon altrimenti non me lo scrollo più di dosso. Scusate il papiro ma ci tenevo a ringraziarvi tutti uno per uno :)

 

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