L's secret

di Portuguese_D_Ace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Liste nere e oggetti importanti. ***
Capitolo 3: *** Visioni e preoccupazioni inaspettate. ***
Capitolo 4: *** Un'altra visione. Cosa vorranno mai significare? ***
Capitolo 5: *** Si può essere preoccupati per una persona che ti odia? ***
Capitolo 6: *** Sorprese gradite e...non gradite! ***
Capitolo 7: *** Ricerche incondizionate ***
Capitolo 8: *** Non è possibile ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

Lily

Presentare voi stessi e la propria vita in poche righe. Che razza di compito è?!  Capisco che è un supplente, ma non si dovrebbe fare questo nell’ora di inglese, giusto? Questo professore Brown mi sta già sul cavolo; da quando ha varcato quella porta si è guadagnato la mia antipatia. Bene, un'altra persona da aggiungere alla mia lista nera. Se parlo in questo modo sembro una psicopatica…respira Lily, respira. Finisce che in questo foglio scrivo quattro parole contate. Inspira, espira. E’ in questi momenti che si ha bisogno della propria migliore amica. Dove sei quando servi, Ellie? Un altro respiro. Cerco di immaginarmi la sua voce. Su Lily, scrivi qualcosa sulla tua vita e levati il pensiero. Faccio scattare la penna nera e comincio a scrivere qualcosa, di molto banale.

Sono la fatina Lily, abito in una casetta su una collina e faccio la brava contadinella. Aiuto sempre i miei genitori e sono una bravissima fatina. Tutte le fatine, nel mondo delle fate ovviamente, mi adorano, sono la loro leader. La mia vita è tutta rosa e fiori e polvere magica e…

Questo si che sarebbe un bel compito da consegnare. Sorrido e strappo il foglio, trovandomene un altro bianchissimo davanti.

Sono Lily Gray e ho sedici anni. Sono figlia unica e abito con i miei genitori , con i quali vado parecchio d’accordo. Amo il pattinaggio sul ghiaccio, sport il quale ho praticato fino a due anni fa. La mia migliore amica si chiama Ellie Collins. Ci siamo conosciute in prima media e da allora siamo diventate inseparabili. Lei è la sorella che non ho mai avuto, la mia confidente e la ragazza più solare che conosca. Io, invece, sono simpatica (almeno credo) ma non molto modesta. Socievole e, alle persone che lo meritano, so dimostrare il bene e la gratitudine che provo per loro. Almeno questa è la faccia buona della medaglia; so anche essere scontrosa, acida e antipatica. Ma non accade spesso. Oltre al pattinaggio, amo la musica e stare in compagnia. Mi piace scoprire nuove cose e fare sempre attività diverse. A scuola vado bene e non lo scrivo solamente perché sto svolgendo un compito.
 Questa è la mia vita.


Strappo il foglio dal centro del quaderno, lo piego in due e scrivo il mio nome. Direi che quello che ho scritto può bastare ed avanzare. La campanella suona. Tempismo perfetto. Prendo il libro, mi alzo dal mio banco e poso il foglio sulla cattedra, insieme agli altri.
                                                                                                                             

Luke

Presentare voi stessi e la propria vita in poche righe.Possibile che questo nuovo supplente voglia sapere i fatti nostri? In questo momento mi alzerei e gli sbatterei in faccia il foglio immacolato, senza nemmeno una parola.  Sospiro. Che scocciatura questi compiti, preferisco una noiosa lezione della nostra amabile professoressa che si è rotta una gamba in un incidente casalingo. La prima cosa che mi sono chiesto è stata: “Come ha fatto a rompersi una gamba in casa? E’ caduta dalla sedia o si è messa a sciare sul pavimento lucido utilizzando un cuscino del divano?” Questi si che sono i misteri della vita. Aspetta ci sono! E’ caduta dalle scale, ne sono certo. Su questo ci sarebbe da fare un compito, sono sicuro che le supposizioni sulla caduta della professoressa Bailey si rivelerebbero sicuramente più interessanti della mia vita. Prendo in mano la penna ancora lasciata sul banco e inizio a scrivere qualcosa.

Sono Luke Bennett e ho sedici anni. Non c’è molto da dire sulla mia vita. Non ho fratelli o sorelle e vivo semplicemente con i miei genitori. A scuola vado d’accordo con tutti, grazie al mio carattere aperto e socievole. Non ho degli amici con cui sono particolarmente legato, con cui ho un rapporto “speciale”, però non mi mancano le persone che mi aiutano nei momenti di bisogno e che mi ascoltano quando sono nervoso o preoccupato. Mi appassiona lo sport, e raramente riesco a stare fermo senza fare niente. A scuola me la cavo, abbastanza da avere tutti i voti alti. Ho dimenticato che so essere anche molto modesto?
Nonostante le molteplici amicizie che possiedo, mi piace stare da solo. Specialmente quando ho bisogno di riflettere su una cosa in particolare. La mia presentazione finisce qua (lo avevo detto che non c’era granché da dire) spero che possa bastare.


Piego il foglio precedentemente strappato e trascrivo il mio nome. Non importa se ho scritto qualche frottola, non se ne accorgeranno di certo. Io non vivo con i miei genitori, mi sono trasferito a San Diego tre anni fa. Mi nauseava ormai abitare nella stessa casa dei miei genitori, la situazione faceva fin troppo schifo. Così lasciai Chicago e loro non mi pregarono nemmeno di rimanere.  Dopotutto, non erano nemmeno i miei veri genitori: sono stato adottato. Me lo raccontarono quando avevo dieci anni. Allora per me fu un duro colpo, ma poi mi ripresi e col tempo capii che quello non era il posto dove dovevo stare. La campanella suona, distogliendomi dai miei pensieri. Mi alzo e raggiungo velocemente la cattedra, dove dispongo il mio compito insieme agli altri.
 
 
 
 

Due vite possono essere sconvolte?

 

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Capitolo 2
*** Liste nere e oggetti importanti. ***


Capitolo 1

 

Lily

Per quanto possa essere lunga la mia lista nera, lui è senza dubbio al primo posto. Luke Bennett. Non c’è essere su questa terra che possa irritarmi alla sola vista quanto lo fa lui. E’ il mio acerrimo nemico. Alcune volte penso che sia venuto al mondo solamente per farmi saltare i nervi, uno ad uno. Antipatico, egocentrico, cretino…che rabbia. Quando mi passa accanto non può mai fare a meno di esporre una nuova battutina che possa far ridere il suo ricco seguito. Per quanto possa essere perfido, tutti a scuola lo ammirano e gli sono tirapiedi. In particolare, le ragazze. Molto banale la cosa. Un gruppo di oche è riunito intorno a lui puntualmente ogni giorno, dall’inizio alla fine della giornata scolastica. Insomma, ha i capelli castano chiaro che alla luce acquisiscono dei riflessi biondi e gli occhi verde intenso, che mi ricordano tanto un bosco color smeraldo. Fisico asciutto e slanciato. Diciamo che dentro non è bello quanto lo è fuori. E ci tengo a precisare che il fatto che mi stia antipatico, non vieta che lo osservi per bene. Apro il mio armadietto, ripongo al suo interno tutti i libri che non mi servono, prendo la tracolla azzurro scuro e la indosso. In questo momento, per qualche sfortunatissima coincidenza, si appoggia all’armadietto accanto al mio la persona per me più odiosa. Luke, stranamente solo, mi guarda con un sorrisetto che ancora non ho saputo decifrare.
<< Smamma, Bennett. >> Scandisco bene io senza nemmeno girarmi a guardarlo.
<< Perché devi sempre essere così acida, Lily? >> Quanto mi irrita! Deve pronunciare il mio nome sempre con una grazia innata che mi fa innervosire più di quanto io non lo sia già. Chiudo l’armadietto, con calma apparente, per fargli vedere che delle sue provocazioni non me ne importa niente. Comincio ad incamminarmi verso l’uscita e sento i suoi passi dietro di me. << Sai che quando parli con una persona devi sempre guardarla negli occhi? >>
<< Ma io non sto parlando con te. >> Sbotto io. Passo falso. Io ho parlato con lui.
<< Però ora lo stai facendo.>> Classica risposta da Bennett. Presa dall’ira (sto diventando davvero isterica) mi giro verso di lui e gli punto un dito contro.
<< Pensi di potermi lasciare stare per, non lo so…tutta la vita? >> Sono sicura che ha una laurea nella materia “come fare innervosire Lily Gray”.
<< Con te è troppo facile, Lily. >> Mi sorride, mi scocca un bacio sulla guancia e se ne va. Mi tocco la guancia dove poco prima lui aveva posato le sue labbra. Ma questo è deficiente?! Ora vado e lo ammazzo, non m’importa se passerò il resto della mia vita in una cella al buio e al freddo, ne sarà valsa la pena.  Perché tutte a me devono capitare? Capisco che sono il bersaglio preferito della sfortuna, però così non va affatto bene. Sfrego la mano sulla guancia, rendendo leggermente rosata la pelle. Inspiro ed espiro profondamente e m’incammino verso il parcheggio della scuola. Raggiunta la mia bella Citroen blu elettrico (ho insistito un sacco perché mio padre mi regalasse la macchina di questo colore) apro lo sportello e sprofondo nel comodo sedile del guidatore. Poggio le mani sul volante e cerco di rilassarmi.
Possibile che ogni giorno debba essere più pesante dell’altro?

 

Luke

E’ troppo divertente farla innervosire! Lily Gray, ragazza incredibilmente carina e acida come il latte aperto una settimana fa, è la mia fonte di divertimento, alla quale attingo puntualmente ogni giorno. Capelli mossi e rossi e occhi azzurro scuro che alcune volte mi appaiono grigi. Non è né troppo alta né troppo bassa, è snella e ha un sorriso fantastico. Ovviamente non sorride di certo con me, io sono la persona che più odia (anche se non me lo ha ancora detto esplicitamente, ne sono certo) ma quando è con le sue amiche sprizza felicità da tutti i pori. Prima di salire sulla mia macchina, la vedo entrare nella sua, restare un attimo ferma a fare non so cosa e partire per ritornare a casa sua. Quando l’ho vista per la prima volta, ho subito pensato che fosse una ragazza come le altre, come le tante che formano la mia schiera. Invece, è totalmente diversa e il che la rende interessante. Entro anche io nella mia macchina e sistemo gli specchietti retrovisori. E’ sincera e schietta. Se qualcosa non le va bene, lo dice apertamente, senza timore o vergogna. La stimo per questo. Eppure non posso nemmeno dire che io l’abbia trattata bene. Le battutine sarcastiche davanti a mezza scuola non sono mai mancate. Io sono fatto così. Non riesco mai a mantenere un buon rapporto con una persona, prima o poi la tratterò sempre male, proprio come la gente ha sempre fatto con me. Non la biasimo se mi odia. Un giorno ero arrabbiato con tutto e tutti e ci siamo scontrati nel corridoio, entrambi con una faccia da funerale. Ora che ci ripenso, può essere che anche lei avesse la luna storta…ma non è questo il punto. In mano avevo una lattina di coca cola, che le si è versata tutta addosso. Nonostante io non l’avessi fatto a posta, ne approfittai per scaricare la rabbia e le dissi: << Sai che la coca cola versata sulla maglietta ti dona? Ti fa sembrare meno orribile. >> Tutti quelli che erano lì intorno si misero a ridere, mentre lei mi mandò a quel paese con una parola e un gesto parecchio espliciti. Prendo la mia medaglietta tra le mani. Mi infonde sempre calore e conforto. Credo sia l’unica cosa riguardante i miei veri genitori che possiedo. Me la diede la mia mamma adottiva, dicendomi: “Questo è un ricordo dei tuoi veri genitori. Conservala con cura. Tua madre ha insistito tanto affinché io la prendessi e te la consegnassi, un giorno.” Da allora, questa catenina non ha più abbandonato il mio collo. Si tratta di una medaglietta in oro bianco con una grande L intagliata. La cosa che mi ha sempre affascinato di questo ciondolo è la parola che è intagliata nel retro: Ylli. Mi sono sempre chiesto cosa potesse significare, però non ho mai trovato una risposta a questa domanda. Per non mostrarla mai agli altri, la nascondo sotto la maglietta. Le domande richiedono delle risposte e le risposte implicano uno scambio d’informazioni che, a sua volta, potrebbe rivelare molto, anzi, troppo sul mio conto. E questo non deve succedere.

Lily

Non m’interessa se ha la febbre, né tantomeno se vomita ogni cinque minuti in una bacinella. Io ho bisogno di sfogarmi, quindi, invece di girare a destra, cosa che mi permetterebbe di arrivare a casa mia, giro a sinistra imboccando una strada statale che, dopo qualche metro, mi porterà nella bella casa della mia migliore amica Ellie. Devo proprio calmarmi, oggi sono particolarmente nervosa. Accosto di fronte casa di Ellie e prendo la mia medaglietta tra le mani, sfiorandone con l’indice il dorso. Una volta, mentre frugavo di nascosto tra le cose di mia madre, trovai questo ciondolo che m’incuriosì molto. Lo presi, me lo misi al collo e non lo tolsi più. Quando mia madre vide che lo stavo indossando si arrabbiò un po’ e poi mi guardò con sguardo triste: non potrò mai dimenticare quell’espressione. Il ciondolo è davvero particolare, per questo mi è piaciuto subito. Ha intagliata una L nell’oro bianco, anche per questo ho sempre pensato che fosse destinata a me, e nel retro, sempre intagliata, vi è una parola: Ukle. Non sono mai riuscita a comprenderne il significato, sono arrivata addirittura a pensare che fosse una parola in qualche strana lingua. Mia madre dice che era della sua bisnonna e che si era tramandata. Nemmeno lei e mia nonna ne capirono il significato. Slaccio la cintura di sicurezza, rimetto il ciondolo sotto la maglietta, dove lo tengo sempre e scendo dalla macchina. Mi dirigo verso la porta di casa e suono il campanello. Mi apre una signora sulla quarantina, dai capelli castani, gli occhi nocciola e un viso rassicurante: la madre di Ellie.
<< Lily! >> Mi abbraccia. Ormai la conosco da un sacco di tempo e una signora così simpatica, non può non divenire una seconda mamma per te. << Tutto bene oggi a scuola? >>
<< Certo, Claire. >> Quando l’ho conosciuta, ha messo subito in chiaro una cosa: non voleva che la chiamassi “signora” o per cognome. Non voleva nemmeno che le dessi del lei. Mi raccomandò semplicemente: << Chiamami col mio nome di battesimo, ovvero: Claire. E non darmi del lei! >> Inizialmente mi sembrò strano, poi però ci presi l’abitudine. Mi conduce verso la cucina, dove si rimette all’opera.<< La professoressa Bailey…>>
<< Chi? L’arpia nel mondo di inglesolandia? >>  Sorrido. Ho dimenticato di dire che è una mamma molto moderna? Ci credo che lei e mia madre vanno molto d’accordo. Sono parecchio simili; stessi gusti, stesse idee…diciamo che le madri sono migliori amiche e le figlie altrettanto.
<< Esatto. Si è rotta la gamba in un incidente casalingo, ci hanno rifilato un supplente che ci ha lasciato un compito abbastanza banale e fastidioso. >> Fa una faccia confusa. << Ci ha detto di descrivere noi stessi e la nostra vita brevemente. >> Le spiego meglio io.<< Sicura che non sia uno psicologo inviato in incognito dalla scuola? >> Apro bocca, ma prima di poter iniziare a parlare, un’altra voce a me molto familiare, si intromette nel discorso.
<< Secondo me, non sapeva che farvi fare. >> Mi giro verso la porta che dà sulle scale. Una Ellie dai capelli castani e lisci spettinati e dal pigiama spiegazzato, mi appare davanti. Ha un fazzoletto appallottolato in mano.
<< E’ un angelo quello che ho davanti? Non riesco a guardarlo! Sono troppo abbagliata dalla luce che emette! >> Giro la testa dall’altra parte e mi porto le mani agli occhi, come se fossi veramente stata abbagliata da qualcosa.
<< Ma quanto sei simpatica. >> Fa una smorfia, io e sua madre ridiamo e la guardo nuovamente in faccia. Si è avvicinata e si sta sedendo in una sedia disposta vicino al tavolo. << Qual buon vento ti porta qui, mia cara compagna di avventure? >>

Sbuffo e mi siedo anch’io. << Un vento molto irritante. >>
<< E Luke colpisce ancora, ragazzi! >> Esulta lei tutta contenta. E’ fermamente convinta che io e lui siamo fatti l’uno per l’altra e bla bla bla. Si alza dalla sedia e io la seguo con lo sguardo. << Mamma noi andiamo di sopra. >>
<< Ok, ma non portarla nella tua stanza. Devo pulirla, c’è uno schifo. >> Si lava le mani. << Andate nel salone. >>
<< Va bene, mamma.>> Mi alzo dalla sedia anche io e saliamo insieme le scale. << Allora, Lily, possibile che quel figo debba sempre starti antipatico? >>
<< Ma è antipatico, Ellie! >> Nonostante si riferisca a Luke con la parola “figo”, non gli va dietro (ringraziando il cielo). Non sbava per lui come il novantanove percento delle ragazze della scuola. Si butta pesantemente sul divano. << Lily, Lily, Lily…secondo me ti viene dietro, e pure a te piace un bel po’. >> Non che Ellie sia una grande romanticona, ma quando ci si mette non scherza. 
<< Guardi troppi film. >> Mi butto anche io sul morbido divano bordeaux e scuoto la testa. << Oggi si appoggia all’armadietto accanto al mio. Io, ovviamente, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo…>>
<< Cosa che si merita pienamente. >> Aggiunge lei. Annuisco e continuo a raccontare.
<< Gli ho detto di andarsene e lui se n’è uscito con un “Perché devi essere sempre così acida, Lily?” Continuando a non guardarlo, ho chiuso l’armadietto e mi sono incamminata per l’uscita e…>>
<< Gran bella mossa, amica mia. >> Possibile che mi debba sempre interrompere?
<< Ellie, potresti commentare alla fine del racconto? E poi che mossa e mossa! Io volevo tornare a casa! >> Ride e sta zitta. << Lui mi ha detto che quando si parla con una persona bisogna guardarla negli occhi. Allora io gli ho replicato che non stavo parlando con lui. >>
<< Questa però non è stata una bella mossa. Non va bene, Lily. >> La fulmino con lo sguardo, ricordandole che mi ha interrotto per l’ennesima volta.
<< Naturalmente, il signorino non ha perso l’occasione per farmi notare che effettivamente, stavo parlando con lui. Arrabbiata…>>
<< …come al tuo solito. >> Sospiro. Mi sventolo con la mano, rendendomi conto in quel preciso istante che in quella stanza fa davvero caldo. La guardo male (un’altra volta) e continuo a raccontarle.
<< Mi sono girata verso di lui, l’ho guardato negli occhi, gli ho puntato il dito contro e gli ho chiesto di lasciarmi in pace per il resto della mia vita. >> Scoppia a ridere. Cosa ci trova di divertente? << Io sono disperata e ti faccio ridere?! >> Le domando con enfasi. Per tutta risposta continua a ridere come una deficiente talmente tanto che le escono le lacrime dagli occhi e diventa tutta rossa.
<< Con il suo sorriso smagliante. >> Continuo io, non curandomi della risata continua della mia migliore amica. << Mi ha detto “con te è troppo facile, Lily. >> Lo imito io malamente. << E mi ha dato un bacio sulla guancia. Ora, ti sembra normale?>> Ellie smette di ridere e mi guarda con la bocca aperta. Con la mano destra gliela chiudo e con un gesto la incito a parlare. Infine si alza, salta ed esulta ripetendo << Avevo ragione! >> oppure << Lo sapevo, lo sapevo! >> Ma è impazzita? Io vengo da lei perché mi faccia rinsavire e, invece, trovo una persona di gran lunga meno normale di me. Ora mi trovo uno psicologo. Si risiede e mi guarda sorridente.
<< Io lo sapevo, Lily! Lo sapevo che gli piacevi! >>
<> Sembra pensarci un attimo, poi mette il broncio, delusa.

<< Perché devi rovinare le mie fantasie? Comunque io avrei un’idea. >> Bene, Ellie ha un’idea. E quando Ellie ha un’idea, la situazione promette bene. Annuisco e ascolto quello che ha da dirmi. << Scopri cosa da fastidio a lui e torturalo. Insomma, devi fargli capire che deve lasciarti in pace. Ammetto di essere dell’opinione che insieme stareste una favola, però se proprio non lo sopporti…>> Tombola. Ellie ha ragione! Come ho fatto a non pensarci prima? La abbraccio e la stritolo bene per un po’, mormorando << Grazie, grazie, grazie! Questo si che è un buon piano. >>
<< Lily? Mi stai stritolando e poi…devo andare a vomitare. >> La lascio immediatamente e la guardo correre verso il bagno. Povera Ellie.
***
Dopo aver seguito Ellie in bagno e averle tenuto i capelli mentre, ehm…rigurgitava (non pensate che sia stato un bello spettacolo) ho salutato lei e sua madre e sono risalita in macchina. Sono a malapena le cinque del pomeriggio e ancora non vi è traffico nelle strade. Mi fermo al semaforo e osservo l’ambiente intorno a me. Essendo una strada principale, qui non vi è altro che negozi. Negozi di abbigliamento, di make-up, di arredamento, di musica, ristoranti…un attimo. Io devo comprare delle cuffie, ieri ho messo le mie K.O. Svolto a destra e parcheggio la macchina in un vicolo ceco utilizzato appunto per parcheggiare i mezzi di trasporto, in quanto questa sia una zona abbastanza commerciale. Mi dirigo verso il negozio di musica che avevo visto prima. Ha una bella insegna dal colore rosso brillante, sulla quale sono state disegnate una chiave di violino e delle crome che fanno di cornice alla parola “Muzik”. Entro e penso subito di trovarmi in paradiso. Ho sempre amato i negozi di musica, ho sempre amato gli strumenti musicali in generale, ma non ne ho mai potuto suonare uno; mio padre è fermamente contrario a quest’idea. Dopo vari tentativi di convincimento da parte mia e i relativi e ripetuti “no” da parte sua, mi sono arresa, accettando l’evidenza. Mi guardo intorno. Uno scaffale pieno di cd si estende sulla parete opposta all’entrata. Accanto, invece, sono sistemati dei vecchi dischi e un grammofono dall’evidente valore, in quanto tenuto come meglio si può. Chitarre classiche, acustiche ed elettriche appaiono agli occhi come un’armoniosa esplosione di colori. Un pianoforte a coda nero, di marca “Yamaha” è posto nel lato destro dell’enorme negozio. Alcune batterie, di cui anche elettriche, sono disposte in fila nel lato sinistro della stanza. Alcune persone sono sedute nello sgabello e le suonano, incuranti delle persone intorno. Piatti per batteria, bacchette, triangoli, conga, bongos e altri strumenti da percussione sono esposti in vetrina e messi ad ornare l’ambiente del fantastico negozio. Degli scaffali al centro della camera, attirano la mia attenzione. Mi avvicino e noto che vi sono quaderni pentagrammati, poggiapiedi ed ergo play che servono per suonare la chitarra classica, plettri di tutti i tipi e i colori e, finalmente, delle cuffie da collegare al computer. Devo sceglierne un paio abbastanza economico, ma pratico. Mentre rifletto, sento in lontananza un suono soave che richiama immediatamente la mia attenzione. Mi guardo intorno, spaesata, cercando di capire da dove possa provenire quella melodia. Ascolto attentamente il suono e cammino automaticamente, seguendone l’intensità. Arrivo davanti ad una porta, vicino alla cassa. E ora come faccio? Tecnicamente alla cassa non c’è nessuno e l’unico dipendente in negozio è impegnato a servire un ragazzo. Mi aggiro furtivamente e apro la suddetta porta silenziosamente, la oltrepasso e me la chiudo alle spalle. Butto fuori un sospiro. Voglio vedere adesso come faccio ad uscire… Sono andata a finire in un lungo corridoio in penombra, dove il suono è sempre più intenso, sempre più coinvolgente, sempre più presente. Mi muovo verso sinistra e trovo una porta socchiusa dalla quale proviene quella musica meravigliosa. Sbircio dalla fessura: un ragazzo sta suonando un magnifico pianoforte a coda bianco. Una flebile luce proviene da un piccola finestrella, illuminandone leggermente il profilo delicato e i capelli che alla luce sembrano quasi biondi, che si arricciano leggermente all’altezza delle orecchie. Gli occhi sono chiusi e il corpo si muove un po’, lasciatosi trasportare da quelle molteplici note. Lo osservo rapita. Questa melodia racchiude in sé una malinconia e una tristezza incredibili, credo che rispecchi i sentimenti interiori del ragazzo misterioso. Continua a suonare, noncurante del fatto che lo sto ascoltando mentre nella mia mente prende forma un’immagine. La pioggia e la grandine che battono incessantemente alla finestra. Una stanza buia, illuminata solamente da una candela. Due persone, di cui una ragazza dai capelli rossi come i miei sta cullando un piccolo fagotto, canticchiando dolcemente una ninna nanna. Un uomo, dagli occhi color tempesta e i capelli castano chiaro poggia entrambe le mani sulle spalle della ragazza. Ella alza gli occhi e sorride felicemente. Accanto a loro scorgo una culla bianca e dal delicato velo rosa. Ad un tratto, il bambino in braccio alla madre comincia a piangere, sofferente e talmente tanto forte da produrre abbastanza rumore per due neonati. Un fulmine cade proprio vicino alla loro casa, la giovane coppia è allarmata e…io mi sento cadere a terra. In questo stesso ed identico momento, odo un accordo stonato e un imprecazione pronunciata a fior di labbra. Sento lo strisciare dello sgabello sul parquet e i suoi passi avvicinarsi a me. Non alzo lo sguardo, per vedere che viso ha. Sono ancora troppo scossa e confusa dalla visione di prima. Il ragazzo s’inginocchia accanto a me e mi mette la mano sulla spalla; percepisco distintamente i suoi movimenti.
<< Lily? >> Esclama tutto ad un tratto. Mi giro verso di lui e lo riconosco immediatamente.
<< Luke?! >>

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Capitolo 3
*** Visioni e preoccupazioni inaspettate. ***


Luke

<< Lily, ti sei fatta male? Hai per caso sbattuto la testa? >> Porto la mia mano, ancora sulla sua spalla, dietro la sua testa, scostandogliela con attenzione dal muro. Lei mi guarda negli occhi per un periodo interminabile. Ho sempre pensato che il colore dei suoi occhi fosse particolare e interessante. Penso che quell’azzurro così intenso che alcune volte fa a pugni con il grigio scuro, rifletti esattamente la sua personalità: simpatica, acida, ironica, gentile… un carattere composto da tratti opposti, che in lei si fondono stranamente in modo perfetto. Ad un tratto, distoglie lo sguardo e leva malamente la mia mano da dietro la sua testa.
<< No, sto bene e ce la faccio anche da sola. >> Giusto, ho dimenticato che è terribilmente orgogliosa? Se poi sono io a volerla aiutare (cosa che non capita quasi mai) il suo orgoglio triplica. Si alza e la vedo barcollare, portandosi una mano alla testa. Mi metto velocemente in piedi anche io e la sostengo, cingendole un fianco e mettendole una mano sul braccio.
Sorrido impercettibilmente. << Non direi. >> Resta in silenzio e si lascia aiutare, anche perché se in questo momento la mollassi, cadrebbe a terra di peso. La conduco nella stanza dove prima stavo suonando e la faccio sedere sul divanetto posto accanto alla parete. A proposito…lei cosa ci faceva qui? Bisogna passare vicino alla cassa per arrivare qui e questa è una zona dove i clienti possono entrare solamente accompagnati dal personale. Sicuramente, in quel momento Cole era impegnato e Lily, presa dalla curiosità di cosa ci fosse dietro la porta, è sgattaiolata qui e mi ha visto suonare. Pensare che nessuno mi ha mai sentito suonare…non suono mai per nessuno. Quando abitavo a Chicago, prendevo lezioni di pianoforte. Ho iniziato quando avevo precisamente sei anni. I primi quattro anni, durante i quali non studiavo cose così elaborate, facevo ascoltare i miei progressi ai miei genitori, fiero e  saltellante. A dieci anni, dopo la scioccante rivelazione di essere stato adottato, mi chiusi in me stesso e non suonai loro più niente, nemmeno un misero Do.
All’infuori del mio maestro, nessuno, da quel giorno in poi mi sentì suonare. Nemmeno il mio collega Cole, che mi permette di utilizzare questo meraviglioso Steinway & Sons bianco, ha avuto il piacere di ascoltarmi. Gliel’ho vietato categoricamente. Una volta a settimana il mio maestro (una delle poche persone che mi vuole bene veramente) viene a San Diego per farmi lezione, proprio qui, in questa stanza e con questo pianoforte che ormai sento come mio. Non mi fa nemmeno pagare niente, è un vecchietto davvero amabile, lo considero un nonno. Lavoro in questo negozio semplicemente perché devo mantenermi, da solo, indipendentemente dai miei genitori.
<< Lily? >> La chiamo io, rompendo il silenzio. << Stai bene? Ti gira ancora la testa? >>
<< Come fai a sapere che mi girava la testa? >> Nemmeno un “grazie Luke per esserti preoccupato”. Non so nemmeno io perché mi sono preoccupato. Tecnicamente siamo nemici, soggetto uno delle battute e dell’ironia dell’altro.
<< Stavi cadendo a terra. >> Scandisco bene. Non penso che barcollasse perché si voleva mettere a ballare la samba. Sbuffa e io faccio finta di non sentirla. << Hai sbattuto la testa? >>
<< No, cioè, non lo so. Ad un certo punto ho sentito le gambe cedere e la forza abbandonare il mio corpo.  Sono caduta a terra, ma in quel momento ero così confusa che non ho fatto caso a niente. Tranne che al tuo accordo fuori dai programmi, alla tua imprecazione e ai tuoi passi. >>
<< So che sono un tipo che attira parecchio l’attenzione. >> Sdrammatizzo io e lei fa una smorfia, senza degnarsi di guardarmi. << Ma mentre cadi, non avresti dovuto far caso a niente, nemmeno a me. >>
<< Scusami tanto "Mr. Guardatemi tutti". >> Incrocia le braccia. << Non pensare che sono in vena di complimenti. Con te non sono mai in vena di complimenti, ficcatelo bene in testa. Ma… >> Si ferma un attimo. << …suoni davvero benissimo. Quella melodia era affascinante e meravigliosa. E tu eri così concentrato, così preso dalle note. Si vede che ti piace da morire suonare il pianoforte.>>
<< Già, è la mia passione. >>
<< Eppure, quella musica conteneva una malinconia pazzesca. Scommetto che tieni un grande peso nel cuore, un peso carico di tristezza e incomprensione. >>
Possibile che Lily mi debba comprendere con la stessa facilità con cui una persona schiocca le dita?
<< Non porto nessun peso, tranquilla. >> Mi sforzo di sorridere. Però non riesco a capire quest’improvviso interessamento da parte sua. Non siamo mai stati interessati ai fatti l’uno dell’altro. << Tu come ti senti? E per favore, non fammelo ripetere altre dieci volte. Rispondi e basta. >> Alza lo sguardo sorridendo davvero e, improvvisamente, mi ricorda la donna della visione che poco fa ho avuto. Non avevo minimamente percepito la sua presenza; mentre suonavo ad un certo punto, mi sono apparse in mente delle persone. Una donna dai capelli rossi come quelli di Lily, stava cullando tra le sue braccia un bambino canticchiando una ninna nanna e suo marito le poggiava le mani sulle spalle. Lei alzava il viso e gli sorrideva, felice come non lo era mai stata. Poi si vedeva una culla dalle lenzuola rosa e si sentiva il bambino iniziare a piangere insistentemente. Pioveva e loro si trovavano in una stanza buia, illuminata scarsamente da una candela. Un fulmine si stagliava proprio vicino alla casa e la visione finiva in quel modo. Per la sorpresa, ho sbagliato la posizione delle mani e il pianoforte ha prodotto un suono stonato e distorto. Poi mi sono girato e mi sono accorto che una persona  era appena caduta a terra davanti alla porta. Adesso, quando Lily ha alzato lo sguardo, mi è sembrata proprio quella donna.
<< Si, Luke. Adesso sto bene e grazie per prima. >> Ora svengo. Lily Gray mi ha ringraziato? Lily Gray mi ha sorriso? Lily Gray si è lasciata aiutare da me? Questo si che è strano.
<< Tu hai sbattuto la testa sicuramente. >> E anche molto forte.
<< Perché scusa? >>
<< Come mai sei venuta qui? >> Mi siedo anche io sul divanetto.
<< Ero nel negozio perché dovevo comprare delle cuffie e ho sentito una melodia. L’ho seguita e sono arrivata qui. >> Tutto ciò è impossibile. Lei non può aver sentito la melodia semplicemente perché il suono non riesce a propagarsi anche in negozio; il corridoio è insonorizzato.
<< Lily tu non puoi avermi sentito suonare dal negozio. >>
<< Ok che forse ho battuto la testa, ma non sono pazza, Luke. >> Un momento, è la terza volta che mi chiama col mio nome oggi. Adesso chiamo un’ambulanza, magari è sotto shock. << Io ti ho sentito suonare.>>
<< Il corridoio è insonorizzato. Per questo non puoi avermi sentito. >>  Mi guarda, sorpresa.
<< Ma io ho sentito la canzone che stavi suonando. E no, non era un’altra melodia. La sentivo distintamente, come se le voci delle persone del negozio e i rumori della città fungessero solamente da sottofondo. >> Non sta mentendo, lo sento dalla sua voce e lo vedo dal suo sguardo. Dopotutto, perché mai dovrebbe mentire?
<< Strano. E comunque questa è una zona dove i clienti non possono entrare se non sono accompagnati dal personale. Com’è che hai infranto le regole, Lily? >> Provo a provocarla. Se non mi risponde per le rime, la porto io stesso al pronto soccorso.
<< Ah, stai zitto! Non ho infranto nessuna legge. E poi scusa, tu non sei un santo. >> Sta bene.
<< Lily è tornata. >> Mi metto le mani sotto la testa, ridacchiando leggermente.
<< Che vorresti intendere? Lily c’è sempre stata. >> La guardo incredulo  e poi chiudo gli occhi rilassandomi.
<< Allora, hai detto che suono bene. Quindi sono stato di tuo gradimento? >>
<< La musica è stata di mio gradimento, non tu. >> Sta benissimo, penso rassegnato. Tra poco comincerà a chiamarmi nuovamente per cognome.
<< Quindi non sono stato di tuo gradimento anche quando ti ho raccolto da terra? >>
<< Mi sono alzata da sola. Tu mi hai…sostenuta, Luke. >> Mi ha chiamato di nuovo per nome! Devo dubitare della sua sanità mentale, per caso?
<< Lily, perché mi chiami per nome? Non lo hai mai fatto, come mai d’improvviso questo radicale cambiamento? >> Eppure, devo ammettere che è insolitamente piacevole sentire il mio nome uscire dalla sua bocca, pronunciato con la sua voce. E’ piacevole quanto strano.
<< Non ha senso che io continui a chiamarti Bennett. E poi, il nome “Luke” mi piace. >> Apro gli occhi di scatto e la guardo sorpreso come non mai. Il nome “Luke” le piace? E da quando in qua? Le tocco la fronte. Non è calda.
<< Lily, quanti sono questi? >> Alzo tre dita, come si fa quando giochi a mosca cieca con qualcuno e devi assicurarti che non veda niente.
<< Sono tre. Perché…>> Sospira e abbassa la mia mano con la sua.
<< Lo sai chi sono io, vero? Sono Luke Bennett, la persona che più odi al mondo. Il mondo reale ti sta reclamando, ritorna facendo contenti tutti, compreso me. >> La guardo serio negli occhi, che in questo momento sono azzurro scuro intenso.
<< Luke, torna tu nel mondo reale. Ti chiamo per nome, non c’entra niente il fatto che io ti odi. E comunque, io avrei bisogno di un paio di cuffie. Aspetta, ma tu che ci fai qua? >> Lo sapevo che prima o poi me lo avrebbe chiesto.
<< Ci lavoro. >> Mi alzo dal divano. << Quindi adesso alzati e andiamo a prendere queste cuffie. >>
Si alza pure lei e sembra notare il cartellino attaccato alla maglietta, dove c’è stampata una chiave di violino e il mio nome. Esco dalla stanza e attraverso il corridoio quel poco che basta per arrivare alla porta che conduce al negozio. Cole sta servendo un altro cliente, quindi non nota il mio rientro in negozio. Lui è il figlio dei proprietari; siamo buoni amici, per questo alcune volte mi permette di suonare nelle pause. Entra in negozio anche Lily e dopodiché chiudo la porta e le faccio segno di seguirmi. Raggiungiamo lo scaffale dove sono esposte le cuffie.
<< Dimmi, quale vuoi? >> Le domando.
<< Non lo so. >>
<< Io ti consiglio queste. >> Le indico un paio di cuffie nere. << Sono economiche e durano molto. Conta che io le ho comprate quattro mesi fa e sono ancora tutte intere, cosa strana perché sono un distruggitore di cuffie patentato. >>
<< Ho rotto le mie ieri. Erano le terze in tre mesi. >> Mi sorride. << Prendo queste. E guarda che se si rompono subito, vengo a lamentarmi. >> Sta scherzando, sta scherzando! E non con quella ragazza dai capelli scuri con cui la vedo sempre, ma con me! Questo si che è un evento epico.
<< Prendi queste, allora? >> Le chiedo io, ancora confuso per il suo comportamento.
<< Si. >> Prendo il pacchetto di cuffie e vado alla cassa. Gli levo l’allarme, le metto in una bustina e gliela porgo.
<< Se non mi dici il prezzo non posso pagare. Luke, stai bene? >>
<< Sto benissimo. E comunque, le cuffie te le regalo io. Vedilo come un dono da un amico, o da un nemico, se preferisci. >>
<< Ma…>> La interrompo prima di poterle far continuare la frase.
<< Ma niente, Lily. Sono deciso, davvero. >> Ora che fa, mi ringrazia un’altra volta?
<< Ok, allora ci vediamo domani a scuola. E grazie, Luke. >> Niente, devo andare io all’ospedale. In ricovero per undici giorni. Possibile che quando è caduta a terra, il suo cervello si sia ribaltato? La guardo allontanarsi e uscire dal negozio. Pochi minuti dopo, Cole mi si avvicina.
<< Tutto bene, Luke? Hai una faccia! >>
<< Si, tutto a posto, non preoccuparti. >>

 

Lily

La faccia di Luke resterà per sempre impressa nella mia mente! Era a dir poco sconvolto! Una mia regola intrascendibile è quella di chiamarlo sempre e solo per cognome, ma alla fine mi sono detta: “Se devo giocare al suo stesso gioco, perché non chiamarlo per nome?” Direi che ho fatto un ottimo lavoro. Ammetto che inizialmente, quando l’ho chiamato la prima volta per nome, quando gli ho spiegato cosa mi era successo, quando l’ho ringraziato, quando gli ho sorriso…non stavo affatto scherzando. Ero come in una specie di trance. Mi sentivo totalmente a mio agio con lui, talmente tanto che in quel momento gli avrei parlato con naturalezza per ore. Era come se mi trovassi con una persona che conosco da sempre e di cui mi posso fidare in tutti i sensi. Poi, però, mi sono ricordata che quello era Luke Bennett e non un angelo sceso dal cielo, quindi mi sono imposta di non continuare a provare quelle sensazioni e quei sentimenti di fiducia verso di lui. Ancora non mi capacito di quello che mi è accaduto; la visione, la caduta improvvisa , le sensazioni strane in presenza di Luke…cosa mi sta succedendo? Parcheggio nel vialetto di casa, sfilo la cintura di sicurezza e prendo le chiavi dalla tracolla. Scendo dalla macchina e apro la porta di casa. Tutto è in ordine, come al solito. A mia madre piace sempre ordinare la casa, non può vedere disordine, nonostante sua figlia e suo marito lascino le cose dove meglio capita. Non sono mai stata una patita dell’ordine e non credo che lo sarò mai. Quando cerco qualcosa non trovo mai niente e se solo non fosse per mia madre che la sistema almeno due volte a settimana, non saprei nemmeno dove trovare una semplice penna. Butto la borsa e le chiavi sul tavolo, apro il frigorifero e verso in un bicchiere un bel po’ di acqua fresca. In casa non c’è ancora nessuno, in quanto i miei genitori lavorano fino a tardi. Ripenso alla visione avuta in negozio. Che senso ha? Ad essere sincera, non è la prima volta che mi capita una cosa del genere. Un giorno, ero sempre con quell'essere (Luke) a scuola. Lui stava mettendo in mostra il suo fascino umoristico davanti alle sue seguaci e all'improvviso mi è apparsa in mente sempre questa ragazza dai capelli rossi che allattava un neonato. Ricordo che quel giorno ho sentito la testa martellarmi finché la sera non sono andata a dormire.  Terribile, semplicemente terribile. Prendo le mie cose e salgo in camera mia, dove accendo immediatamente il computer. Mentre si carica, osservo per bene le mie cuffie nuove; non vedo l’ora di provarle. Un po’ di sana musica riuscirà a distrarmi da tutto e tutti e dalla stranezza che sia stato Luke a farmi questo regalo. Mah, io la gente alcune volte non riesco proprio a capirla. Anzi, credevo che quando mi avrebbe vista a terra sarebbe scoppiato a ridere e che subito dopo si sarebbe arrabbiato perché lo avevo guardato di nascosto mentre suonava. Invece, è stato…gentile. Ah ma cosa vado a pensare!L’importante è che il mio piano fili liscio.

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Capitolo 4
*** Un'altra visione. Cosa vorranno mai significare? ***


Luke

Che bella dormita! Mi dispiace quasi alzarmi dal letto per andare a scuola. Almeno oggi non mi aspettano stupidi compiti lasciati da supplenti impiccioni. Mi sfrego gli occhi con le mani, per abituarli alla luce che filtra dalla serranda della finestra leggermente aperta. Deciso, balzo giù dal letto e mi reco in cucina, dove bevo un bicchiere di tè freddo alla pesca. Ormai sono quasi completamente sveglio. Aggiusto la collanina con la medaglietta; mentre dormo, il ciondolo si sposta e va sempre a finire dietro il collo. Non sono un tipo che è molto legato alle proprie cose, ma per questa medaglietta farei di tutto: è la cosa più preziosa che abbia. Mi reco nel salone e mi avvicino alla libreria. Ne prendo un album fotografico in cui vi sono delle foto di me da piccolo con i miei genitori adottivi. Ammetto che con loro ho passato davvero dei bei momenti, sono sempre i miei genitori. Perché negli anni le cose devono cambiare? Odio i cambiamenti, con tutto il mio cuore. Sospirando, apro l’album al centro e prendo alcune carte piegate che ho conservato lì per sicurezza. Le spiego e leggo, per la milionesima volta quello che c’è scritto.

Stato della California
CITTA’ E CIROSCRIZIONE DI SAN DIEGO

 

LUOGO DI NASCITA                             Stato della California

CERTIFICATO STANDARD DI NASCITA
Città e circoscrizione di   
            SAN DIEGO                          (No.  _____________________)
NOME INTERO DEL BAMBINO     Luke Evans
ELEMENTI PERSONALI E STATISTICI
SESSO DEL                                                                          DATA DI
BAMBINO                                                                                  
                  Maschio                                                            NASCITA          Novembre         28          1995
                                                                                                                        (mese)        (giorno)       (anno)

 
 
E poi, niente di niente. Non sono specificate le informazioni dei genitori, la loro firma,il timbro dell’ospedale e la stessa firma del dottore. Perché? Perché il certificato di nascita è stato strappato. Una casella accanto al sesso del bambino è stata completamente cancellata dell’inchiostro nero di una penna, sia davanti che dietro. Inoltre, non è nemmeno stato scritto il nome dell’ospedale dove sono nato e non è che San Diego sia così piccola. Poi se gli dicessi che sono stato adottato, non mi ristamperebbero mai e poi mai il certificato. Sono riuscito a prenderlo, una volta quando i miei genitori non erano in casa. Tenevano nascosto questo foglio in una scatola dove, a loro detta, c’erano solamente vecchie sciarpe di mia madre. Io, però, non sono stupido. Non lo sono mai stato. Come informazione rilevante ho solamente il mio vero cognome: Evans (che suona davvero benissimo col mio nome). Il fatto è che dovrei cercare tra tutti gli Evans dell’America e non solo, perché si sarebbero potuti trasferire in qualche altra città nel mondo. E’ una ricerca a dir poco impossibile, per questo non ho mai provato a cercare i miei veri genitori. E poi, anche se li trovassi, cosa gli direi? Ehi ciao, sono vostro figlio Luke, vi ricordate di me? Sarebbe assurdo. Mi chiedo anche perché qualche volta abbia delle visioni, oppure dei dejà- vu inspiegabili.
Ieri non è stata la prima volta che mi accadeva di vedere in visione quella ragazza dai capelli rossi. Una volta, l’ho visualizzata mentre allattava un neonato, un’altra volte mentre metteva un bambino nella culla sistemandogli per bene le coperte. Ripiego il foglio e lo sistemo nuovamente nell’album fotografico che, però, lascio svogliatamente sul tavolino. Ritorno nella mia stanza e prendo i vestiti da indossare quest’oggi. Una nuova giornata mi aspetta.
 

Lily

L’ora di educazione fisica. Quanto la odio! Non facciamo altro che correre, correre, correre, correre e correre, correre, correre e bere e correre. Solo una parola: asfissiante. La nostra professoressa poi è una cretina. Ci impartisce un ordine e poi sta negli spalti a parlare al telefonino e a limarsi le unghie. E’ già da cinque minuti che stiamo correndo. Lei, invece, critica una certa “Ashley” che l’ha insultata pochi giorni fa perché non le aveva fatto gli auguri di compleanno (il mio udito sa essere sopraffine, quando vuole). Che discorsi insulsi…
Cassidy, una ragazza dolce come lo zucchero e gentile mi si avvicina.
<< Mamma mia, Lily, Non ce la faccio più a correre e sono solo passati cinque minuti! >>
<< A chi lo dici, Cassie! >> Si fa chiamare così dalle sue amiche, dice che Cassidy le sembra troppo formale. << Che ne dici se ci fermiamo? Tanto a quella non interessa niente di quello che
facciamo. >> Annuisce ansimante e ci fermiamo vicino agli scalini, lontane dalla professoressa pettegola. Mi sorride e i suoi occhi chiarissimi, quasi trasparenti si illuminano.
<< Cosa mi racconti, Lily? >>
Le sorrido anche io. << Ah, non saprei. Tu, invece? >>
<< Ieri ho finito di leggere un libro fantastico e…>> Si ferma a metà frase e io capisco anche il perché: il grande Luke, seguito da Josh e Miles (che lo accompagnano in tutto e per tutto) si stanno avvicinando ridendo e scherzando.
<< Ah, sono così carini. Soprattutto Luke. >> Li guarda, con sguardo perso e ricco di ammirazione. Cassie è una ragazza intelligente, che in queste cose si perde in un bicchiere d’acqua. Quei tre fanno “battere il cuore” a tutte le ragazze della scuola. Persino a Ellie piace Josh. Pft, ma dove devo vivere? L’unico che, più o meno, mi va a genio è Miles. Sembra più vero degli altri due.
<< Lily. >> Luke pronuncia il mio nome e mi guarda sorridendo malizioso. Io, per tutta risposta, giro gli occhi. Si volta a guardare Cassie. << Cassidy. Ops, o dovrei dire Cassie? >> In faccia ha stampato sempre quel sorrisetto, ma negli occhi ha qualcosa in più. Sa che piace a Cassidy.
<< Chiamami pure come vuoi. >> Gli risponde piano lei, con un tono che le sento usare di rado. Che scena nauseante…ora vado a casa di Ellie per vomitare insieme a lei. Almeno le faccio compagnia.
<< Ok, Cassie. >> Gradasso.
<< Bonjour, mademoiselles. >> Questo è Josh, che si sente attraente a parlare in francese. Buffone.
<< Ciao, ragazze! >> Ci sorride tutto contento Miles. Esemplare di ingenuo. Con esemplare di ingenuo, intendo un ragazzo che alla fin fine tanto ingenuo non è.
Cassie li saluta con un gesto della mano e intanto continua a fissare Luke. Sta praticamente sbavando! Che schifo.
<< Ciao a tutti. >> Li saluto svogliata io.
<< Che entusiasmo, Lily. >> Miles si siede sugli scalini accanto a me. << Stai saltellando dalla
 gioia. >>
<< E certo! Non vedi come sono contenta? >> Tutti che vogliono fare dell’ironia. Ah che scocciatura. << Invece tu sei tristissimo. Hai sempre quel muso lungo…e sorridi ogni tanto! >>
<< Per te, tutto quello che vuoi. >> Mormora lui. Con Miles eravamo amici alle medie. Ma non amici da un saluto e basta, amici da raccontarsi cose, da parlare, ridere e scherzare. Poi quando siamo entrati alle superiori, qualcosa si è spezzato. Crack. E da allora parliamo, occasionalmente e nient’altro. Puro rispetto reciproco. Ora, però, con questa frase sussurrata mi sento leggermente arrossire. Sono una stupida, una deficiente stupida. Che c’è da arrossire? Bah. Se ormai non mi capisco nemmeno io, non c’è più niente da fare. Mi alzo di fretta e furia.
<< Io ricomincio a correre. Ciao. >> Scappare dalle situazioni indesiderate non è una grande cosa, però, in certi casi è la migliore. Comincio a correre e mi allontano velocemente. Mi godo l’aria fresca sulla pelle e sento gli uccellini cinguettare. Dopo un po’, avverto dei passi dietro di me e so già di chi si tratta. Luke.
<< Le cuffie alla fine andavano bene? >> Appunto.
<< Si, funzionano perfettamente. Per ora. >> Ridacchia e scuote il capo. I capelli castano chiaro sono leggermente attaccati alla pelle a causa del sudore.
<< Vedrai che funzioneranno bene anche dopo. >>
<< Si spera. >> Restiamo in silenzio. Mi viene sempre complicato iniziare un discorso o semplicemente trovare un argomento di cui discutere con persone che non conosco bene.
<< Ti piace Miles? >>
<< Eeeehhh???!!! >> Gli urlo io, inevitabilmente sconvolta.
<< Prima sei arrossita, quindi mi chiedevo se ti piacesse Miles. >> Punto uno: a lui che interessa? Punto due: mi stava fissando? Punto tre: perché tutte a me?
<< Sono arrossita? Davvero? >> Cerco di fare l’indifferente.
<< Si, Lily. E poi sei scappata. >> Questo qui non si lascia sfuggire niente.
<< Non sono scappata. La professoressa già mi odia, se mi vedeva parlare con voi…>> Ho dimenticato di dire che quella pettegola mi odia con tutta sé stessa? Non mi può vedere, questo è certo.
<< Già, però mi adora quindi non ti avrebbe rimproverato. >> Si come no. Il signorino qui presente avrebbe riso al richiamo e dato ragione alla professoressa tanto per farmi un dispetto, come sempre. Sbuffo.
<< Insomma, ti sto davvero così antipatico?! >> Che cosa? Mi volto verso di lui, con un espressione incredula e apro la bocca per rispondere, quando nella mia mente appare un’altra immagine, proprio come ieri. Un uomo dai capelli biondi si trova in una stanza in penombra, con la luce che filtra da una grande finestra. E’ seduto vicino ad un tavolo in legno e sorseggia distrattamente un caffè mentre, con l’altra mano, dondola una culla canticchiando una melodia poco comprensibile. La culla non è come quella dell’altra visione. Non ha veli e altri fronzoli, solamente una giostrina colorata. L’uomo alza lo sguardo e sorride. I suoi occhi grigio scuro s’illuminano: nella stanza è entrata anche la donna dai capelli rossi che sta a sua volta sorridendo. In mano ha un bambino avvolto in una copertina giallo chiaro. E allora nella culla chi c’era? Chi il marito della ragazza stava dondolando? Chissà di che colore sono gli occhi della donna…se solo alzasse lo sguardo! Si avvicina al suo compagno, gli sussurra qualcosa e poi…la visione svanisce. La mia vista è offuscata, sento Luke tossire vicino a me, ma è come se fosse lontano un chilometro. Inizio a sudare freddo e mi sento sempre più spaesata. Tutto intorno a me inizia a girare terribilmente, sento improvvisamente freddo e dopo vedo tutto nero.




  

Lo stupido angolo dell'autrice  

Buongiorno a tutti! Anzi, buonasera, perchè in realtà, è sera. Ma tutto ciò non importa ;)
Oh, il mio primo stupidissimo angolino :') sono commossa.
Bene, spero davvero che la mia storia vi piaccia e anche
se so che è seguita solamente da due persone, sono ugualmente 
felice. Grazie mille, davvero. Ho provato una felicità immensa quando
ho visto il nome di Domi_Loves_Lou e Merida nella tabella delle
seguite. Grazie, graize, grazie, grazie.
Spero che contiuiate a seguire la mia storia e che
vi soddisfi sempre.
Vi ho lasciato sulle spine ih ih ih ih ih
ma non preoccupatevi, posterò presto. 
Ciaooooooooooo

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Capitolo 5
*** Si può essere preoccupati per una persona che ti odia? ***


Luke

Mi metto in ginocchio, privo di forze e inizio a tossire, mentre la visione scompare fulminea. Sempre quella coppia, sempre quel bambino. Cosa vorrà significare? Stavolta era l’uomo a dondolare una culla diversa da quella che vedo di solito. Era bianca e decorata solamente da una giostrina dotata di pupazzetti colorati. Canticchiava una melodia e sorseggiava un caffè. Poi in camera entrava quella ragazza dai capelli rossi con in braccio un bambino addormentato. Ciò non ha senso. Se il bambino era nelle braccia della madre, il padre chi stava dondolando? La donna si avvicinava al marito che intanto le sorrideva e gli sussurrava qualcosa che non sono riuscito a comprendere. E poi niente. Mi sono dovuto inginocchiare perché le gambe non riuscivano più a reggere il peso del mio corpo e ho cominciato a tossire. Riprendo fiato e, fortunatamente, smetto anche di tossire. Un momento…Lily! Cosa avrà pensato vedendomi in questo stato? E perché non sta dicendo nemmeno una parola? Mi volto e vedo Lily inerme a terra. Mi avvicino a lei e le alzo delicatamente la testa.
<< Lily! >> Le do dei piccoli schiaffetti in faccia. << Lily!! >>  Niente, è svenuta. Cosa si deve fare quando una persona sviene? Mi guardo intorno; dei ragazzi stanno correndo tranquillamente, ignari che qualcuno qui a bisogno di aiuto. Metto la testa di Lily sulle mie ginocchia e faccio cenno con la mano a quei ragazzi.
<< Ehi!! >> Urlo forte io. Mi notano e corrono più velocemente verso di me. Li riconosco: sono Miles, Josh, Cassidy e Jenny, un’altra ragazza della nostra classe. Mi raggiungono e colgo la preoccupazione nei loro volti.
<< Cos’è successo? >> Chiede serio e preoccupato Miles.
<< Non lo so. All’improvviso Lily è svenuta. Non sono nemmeno riuscita a prenderla prima che cadesse a terra. >> Ero troppo impegnato a tossire. << Andate a chiamare la professoressa,
presto! >> Mi annuiscono e cominciano a correre. << Miles tu resta qua! >>
<< Che c’è? >>
<< Cosa si deve fare quando una persona è svenuta? >>
<< Ti sembro un esperto?! Non lo so! >> Siamo così preoccupati che urliamo come due cretini.
Mi si accende una lampadina in testa. << Cerca su Google! >>
Sfila il cellulare dalla tasca della tuta da ginnastica azzurra e bianca della scuola e comincia a digitare qualcosa. I suoi occhi si muovono veloci e dopo un po’ comincia a dire: << Allora, le dobbiamo alzare le gambe, in modo che il sangue affluisca verso il cervello. >>
<< E che aspetti?! >> Lo sgrido io. Mi guarda come per dire: << Non gliele puoi alzare tu le
gambe? >> Ora si mette pure a fare il timido! << Miles muoviti! >> Scandisco bene. << Io le sto tenendo la testa! >>
<< Non possiamo fare scamb… >>
<< MUOVITI! >> Abbassa lo sguardo e finalmente alza le gambe di Lily. Sbraitare funziona sempre.
<< Lily! >> Le do altri schiaffetti sulla guancia. << Lily!! >> Niente non si riprende.
<< C’è scritto che uno svenimento in norma può durare due minuti, altrimenti bisogna chiamare un medico. >> Mi spiega Miles.
<< Sicuramente adesso la porteranno in infermeria. >> Osservo Lily. In questo momento è pallidissima e i suoi morbidi capelli rossi legati in una coda alta giacciono sparpagliati sulle mie ginocchia.  Finalmente gli altri arrivano accompagnati dalla professoressa.
<< Oh santo cielo! >> Esclama stizzita. << Povera ragazza! Dobbiamo subito portarla in infermeria. Siete stati comunque bravi ragazzi. >>
<< La porto io in infermeria. Voi non preoccupatevi. >> Dico io. Miles mi rivolge un’espressione indecifrabile e gli altri annuiscono.
<< Bene, grazie Luke. >> La professoressa sbatte le mani. << E voi ricominciate a correre! >> Poi volte le spalle e se va, con il telefonino sempre all’orecchio. Non si è nemmeno preoccupata per Lily, ma che razza di professoressa è? Dopotutto è una cosa accaduta durante la sua ora, avrebbe dovuto importarle almeno un po’.
<< Sicuro che non hai bisogno di una mano? >> Mi domanda Cassidy. Le sorrido.
<< Non preoccuparti. Andate pure. >> Annuisce e ricominciano a correre. Intanto, prendo in braccio Lily e mi dirigo verso l’edificio principale. Sono davvero agitato. Quando le accade qualcosa mi preoccupo sempre. Probabilmente, in due soli giorni Lily mi ha fatto preoccupare molto di più di quanto io lo faccia in un anno. Arrivato all’edificio scolastico principale, vado verso l’infermeria e quando la raggiungo, busso alla porta.
<< Avanti! >> Abbasso la maniglia e apro piano la porta.
<< Signora Ross, Lily Gray, una mia compagna di classe è svenuta poco fa. >>
<< Da quanto tempo? >> Prepara per bene il lettino dell’infermeria e mi fa segno di far distendere Lily lì.
<< Penso che saranno passati quasi cinque minuti. >>
<< Cinque minuti! Santo cielo! >> La dottoressa Ross è davvero una signora simpatica. Un po’ paffuta, con il camice bianco un po’ spiegazzato e i capelli castani con qualche punta di grigio, segno della vecchiaia imminente, che sono sempre raccolti in uno chignon, gli occhiali perfettamente sistemati sulla punta del naso e una penna sempre nel taschino.
<< Tu, ragazzo. >> Mi indica con il dito. << Tienile alzate le gambe. >> Le leva le scarpe. << Serve per far affluire il sangue al cervello, che, in caso di svenimento, arriva difficilmente. Io devo misurarle la pressione. >>  Si allontana e io prendo le caviglie di Lily, alzandole le gambe.
<< Anche poco fa gliele abbiamo alzate. Abbiamo cercato su internet. >>
<< Ah, questi ragazzi di oggi. >> Borbotta lei. Si avvicina al viso di Lily. << Allora già che ci sono t’insegno qualcosa. >> Ma che bello! Una lezione era proprio quello che ci voleva! Che noia.
<< Quando una persona sviene, oltre che ad alzarle le gambe e darle schiaffi in faccia per favorire il risveglio, si può anche cercare di far odorare al soggetto qualcosa di molto forte e si deve, in qualsiasi caso, togliere qualsiasi oggetto che possa stringere il collo. Nel caso della tua amica, il girocollo della maglietta non è stretto e così deve essere. >> Si avvicina ancora a Lily e le leva una collanina dal collo. << Ma porta una catenina che potrebbe essere d’intralcio. >> La alza, però io non riesco a vederla bene. << Bella medaglietta. >> Prende il misuratore di pressione e glielo mette al braccio. << E poi bisogna comunque chiamare un medico o l’ambulanza. >> Restiamo un po’ in silenzio e la sento sussurrare che la pressione è piuttosto bassa. << E quando la persona svenuta si sveglia, bisogna farle bere o mangiare qualcosa contenente zuccheri. >> Le leva la fascia elastica dal braccio. << Certo, la tua amica è svenuta da un po’, ma presto si riprenderà. Quando lo farà le faremo bere un po’ di te freddo che c’è in frigo. >> Mi giro e noto che effettivamente c’è un piccolo frigo appoggiato al muro. << Tu se vuoi puoi andare ragazzo. >>
<< No no, voglio rimanere. >> Ok, ammetto che voglio restare qui anche per marinare l’ora di ginnastica, però sono veramente preoccupato per la mia “amica”, come dice la dottoressa                     << Capisco. E’ bello quando si è giovani e innamorati. Puoi anche lasciarle le gambe adesso. >> Che cosa va a pensare questa vecchia? Mica io sono innamorato! Stupidi vecchiacci che devono vedere cose che in realtà non ci sono. Faccio come mi ha detto e mi affretto a chiarire la situazione.
<< No, guardi che io e lei siamo solo amici. E nemmeno quello, praticamente ci odiamo. >>
Mi sorride. << Si, certo. >>
All’’improvviso (proprio prima che io potessi ribattere) si sente un annuncio al megafono. Il preside vuole vedere la dottoressa Ross. Meno male, non la sopportavo più, con queste insinuazioni infondate.
<< Ragazzo, devi rimanere per forza qui, perché io devo andare dal preside. Mi raccomando, quando Lily si sveglia falle bere il tè e non preoccuparti per le lezioni! Parlerò io con i professori. >>
Si volta ed esce dall’infermeria, richiudendosi la porta alle spalle. Mi guardo intorno; in questa stanza non c’è niente di colorato. E’ tutto bianco. Infine, il mio sguardo va inevitabilmente a posarsi su Lily. Le sciolgo la coda, pensando che potrebbe darle fastidio e cerco la collanina che poco prima la dottoressa le ha levato, per posare l’esastico accanto ad essa. La trovo posata sulla scrivania piena di carte e non posso fare a meno di stupirmi. Quella collanina ha come ciondolo una medaglietta identica alla mia. Il mio battito cardiaco aumenta, in preda all’ansia che prende vita dentro me e d’istinto porto la mano alla mia medaglietta. Quando mi assicuro di averla ancora al collo, mi calmo e prendo in mano quella di Lily. E’ identica alla mia e non ho bisogno di confrontarle per dirlo. Conosco quel ciondolo meglio di me stesso. La giro, per vedere se nel retro vi è intagliata la stessa parola che è presente nella mia e resto spiazzato. La parola è diversa. Ukle. Questo c’è scritto. Come fa ad avere Lily la mia stessa medaglietta? Che poi non è nemmeno identica. La parola, quella parola che mi ha sempre affascinato, quella parola che mi ha fatto credere che potesse esserci qualcosa di più, qualcosa sotto a tutto, è diversa. E ciò mi fa pensare che ci sia veramente qualcosa che non so. Devo scoprire assolutamente quello che sta succedendo. Sento improvvisamente Lily mugugnare qualcosa e decido di portare la sua medaglietta con me, in modo che a casa possa controllarla per bene e, magari, trovare qualcosa d’interessante. Non se ne accorgerà nemmeno, tanto per le ragazze una collana vale l’altra. Me la metto in tasca e faccio finta di niente. Vedo che Lily apre piano gli occhi e mi sento sollevato, come se un peso che portavo da tanto sul cuore si fosse dissolto.
<< Lily? >>

 

Lily

Porto una mano alla testa, che mi fa male terribilmente. Cerco di mettermi seduta, ma una fitta di dolore alla testa mi assale e mi costringe a restare coricata. Quando ho aperto bene gli occhi e sono riuscita a focalizzare l’ambiente intorno a me, mi rendo conto di trovarmi nell’infermeria della scuola, da sola con Luke.
<< Luke? Cosa mi è successo? >> Si alza e  apre il piccolo frigo a lato. Prende una bottiglia di tè freddo alla pesca e un bicchiere di plastica trasparente, dove versa la bevanda. Me lo porge e io lo fisso spaesata. Gira gli occhi.
<< Sei svenuta. L’infermiera mi ha detto di farti bere del tè quando ti saresti svegliata, perché è ricco di zuccheri. >> Prendo il bicchiere e inizio a sorseggiare la bevanda fredda. Un toccasana per la mia gola secca.
<< Sono svenuta? Non ricordo niente. Ho memoria solamente della nostra piccola discussione. Quella dove tu mi chiedevi se le cuffie andavano bene e se…mi piaceva Miles. Dopo niente, buio più totale. >> In realtà, ricordo anche quando Luke mi ha chiesto, un po’ arrabbiato, se mi stava davvero così antipatico, però non ho voglia di tirare in ballo quell’argomento, non ora. 
<< Dopo che sei svenuta, ho chiamato Miles e gli altri che hanno avvertito la professoressa. Io e Miles abbiamo cercato su Internet come fare quando una persona sviene, perché non avevamo idea di come agire e…>> Scoppio a ridere. Immagino lui e Miles sbraitare nel panico e cercare su Internet come fare quando una persona sviene. << E tu ridi? >> Inevitabilmente, scoppia anche lui a ridere. Wow, io e Luke stiamo ridendo insieme! E pensare che la cosa più carina che abbiamo fatto l’uno per l’altra è stata ignorarci. Almeno fino a ieri. 
<< E la professoressa? >> Domando io. Lui mi guarda e fa una smorfia.
<< Se n’è completamente fregata. E’ venuta e ha esclamato un “oh, povera ragazza”. >> Cerca di imitarla riproducendo una voce da smorfiosa e io non posso fare a meno di ridacchiare. << Poi ha detto che dovevamo portarti in infermeria. Le ho detto che ti ci avrei portato io e se n’è andata parlando ancora al cellulare. >> Lo fisso sconvolta. Lui mi ha portato in infermeria? Da solo?
<< Perché questa gentilezza? >>
Perché mi preoccupo per te. Questa frase mi balena nella mente, come se lui l’avesse appena detta ad alta voce. Scuoto la testa, è praticamente impossibile.
<< Perché provavo compassione a vederti a terra. >> Appunto. C’era da aspettarsi una risposta del genere da parte sua. << Anche io posso provare pena per qualcuno, no? >>
<< Tu non devi provare pena per me. >>
<< Andiamo Lily, tu non mi avresti aiutato? >> Sto un attimo a riflettere e dopo un po’, apro la bocca per rispondere che lo avrei aiutando quando lui mi blocca con un gesto della mano, scuotendo la testa. << No, non rispondere. >>
<< Guarda che ti avrei aiutato, cretino. >> Bevo l’ultimo sorso di tè. Sorride, compiaciuto. << E tu perché non sei a lezione? >>
<< Perché io ero molto molto in pensiero per la mia amica. >> Mi risponde, ironico.
<< Per oggi basta ironia. Grazie. >> Lo guardo male, per rendere più credibile la frase. Per quanto io stessa possa amare l’ironia, non sopporto quando se ne fa troppa. Non ha senso. Lui, per tutta risposta, sospira.
<< L’infermiera doveva andare dal preside, quindi sono rimasto con te. E per tua informazione sarei rimasto anche se lei ci fosse stata. >>
<< E perché mai? >> Ad un certo punto la porta si spalanca e la dottoressa Ross compare.
<< L’infermiera è tornata! >> Esclama pimpante. << E vedo che la nostra bella addormentata si è svegliata! >> Si avvicina a me. << Come ti senti, cara? >>
<< Mi fa un po’ male la testa, però sto bene, grazie. >> Luke si alza dallo sgabello accanto al letto e sorride all’infermiera. Poi dice: << Va bene, io vado. Tu ce la fai a guidare? >> Mi guarda e annuisco.
<< Oh, cara. Adesso ti faccio un permesso per uscire da scuola. Ritorna a casa e riposati. >> Luke si avvia verso la porta, la apre e prima che esca, esclamo: << Grazie, Luke. >> Si gira ghignando e sussurra: << Di niente. >> Poi esce dall’infermeria. Rivolgo la mia attenzione all’infermiera che seduta alla scrivania, sta trafficando per trovare una penna.
<< Signora Ross, è pericoloso svenire? >> Ridacchia leggermente.
<< Se non hai avuto mai problemi del genere, non  devi preoccuparti. Alcune volte può capitare di svenire. Anche se tu sei stata in stato d’incoscienza per un bel po’, però non dovrebbe essere niente di grave. >> Trova una penna sulla scrivania e comincia a scrivere su un foglio. Poi si alza e me lo porge. << Portalo in segreteria e ritorna a casa. Mi raccomando, guida con prudenza! >>
<< Non si preoccupi e grazie anche a lei. >>
<< Di niente, cara. >>

Lo stupido angolo dell'autrice 

Salve gente, come va la vita?
Finalmente vi faccio scoprire quello che è successo, anche se credo che voi lo avevate già capito che Lily era svenuta.
Poverina, semrpe che la faccio cadere! :') Meno male che accanto c'è Luke (si, lo adoro) che si preoccupa per lei ù.ù
E il personaggio che, a grandi linee, vi piace di più qual è? Sono molto curiosa di saperlo. A me piacciono cose differenti
sia di Luke che di Lily, ma credo sia normale, dopotutto li ho inventati io!
Grazie tante a Domi_Loves_Lou che l'ha aggiunta anche nelle preferite! Grazie mille :''''')) ma ovviamente, ringrazio anche
Merida! Grazie. Senza voi due, non saprei per chi pubblicarla questa storia.
Spero che anche questo capitolo vi piaccia. Ciaoooooooooooooo

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Capitolo 6
*** Sorprese gradite e...non gradite! ***


Lily

Sfilo le chiavi di casa dalla tracolla e la indosso, dopodiché esco dalla macchina e mi dirigo verso la porta di casa. Dopo essermene andata dall’infermeria ed essere passata dalla segreteria, sono andata a cambiarmi negli spogliatoi e sono tonata a casa. Mi sento ancora un tantino intontita, ma per i resto va tutto bene. Stranamente sento delle voci provenire da dentro, ma è praticamente impossibile, perché io sono tornata prima da scuola e i miei genitori lavorano sempre fino alle sette e mezza di sera. Apro la porta ed entro in casa. 
<< Mamma? >> Urlo io. Mi dirigo verso la cucina e mi rendo improvvisamente conto del perché sentissi tutte quelle voci. << Zia! >> Esclamo raggiante. Mia zia Layla apre le braccia e mi accoglie in un familiare abbraccio al profumo di lavanda. Sono sempre andata molto d’accordo con mia zia, la sorella di mia madre. Ci stacchiamo e mi guarda con sguardo fiero, dopodiché mi scosta con la mano un ciuffo rosso dagli occhi. << Tesoro…come cresci in fretta! Sei fantastica. >> 
Le sorrido. << Grazie zia. >> 
<< Lily, perché sei tornata a casa un’ora prima della fine delle lezioni? >> Mi aspettavo questa domanda da parte di mia madre. Mi sfilo la tracolla e la poso sul tavolo.  
<< Mamma, quando ti spiegherò quello che è successo non cominciare a dare i numeri, però. >>
Mi scruta confusa e apre la bocca, ma l’entrata in scena di mia cugina la blocca. Evelyn ha dodici anni ed è sempre stata una persona piuttosto…dispettosa. E scocciante. E insopportabile. Ma questo è il passato, giusto? Sono sei mesi che non la vedo, forse è maturata più di quanto io mi aspetti veramente. 
<< Lily! >> Saltella allegra e mi viene ad abbracciare anche lei. Ok, diciamo che è un buon inizio.
<< Evie. Come stai? Sei cresciuta un sacco! >> E’ vero. I capelli lisci e neri sono più lunghi e gli occhi azzurri scintillanti come quelli di mia madre e di sua madre non l’abbandonano mai ed  è anche un po’ più alta. Ci stacchiamo e lei mi osserva sorridente. 
<< Io sto bene! Anche tu sei cresciuta dall’ultima volta che ti ho vista! Sbaglio o sei più alta? >> Ridacchio e mi siedo su una sedia, piuttosto stanca. 
<< Ritornando al discorso di prima. >> Comincia mia madre. << Ti hanno messo una nota disciplinare? >>
<< No, mamma. >> Ora parte a macchinetta, tirando fuori almeno dieci ipotesi su quello che possa essere successo a scuola. 
<< Ti hanno sospesa. >> 
<< No! Come potrei farmi sospendere?! >> Scuote la testa e io frugo nella tracolla, alla ricerca del certificato medico della dottoressa Ross. Lo prendo e glielo porgo. Legge velocemente e si avvicina preoccupata toccandomi la fronte e le guance con la mano. << Come t senti, Lily? >>
<< Mamma sto bene. >> Le prendo le mani con le mie e gliele abbasso. << Non ho la febbre e non è niente di grave. >>
<< Sei svenuta! Com’è successo? >> Anche mia zia ed Evelyn si avvicinano. 
<< Mamma, non ricordo. Non preoccuparti. >> Guardo anche loro. >> Davvero, non dovete preoccuparvi, sto benissimo. >> Mia madre si siede e di fronte a me e anche mia zia e mia cugina la imitano, curiose che io gli racconti com’è andata. 
<< Raccontaci com’è andata. >> Sospiro e comincio a raccontare. 
<< Stavo correndo e parlando con un mio compagno. >> Mi astengo dallo specificare anche il nome del cosiddetto “compagno”. << Quando mi sono sentita svenire. Ho visto tutto nero e ho perso i sensi. Mi sono risvegliata nell’infermeria della scuola. >>
<< Eri da sola? Non credo. L’infermiera dovrebbe essere stata con te. >> Proferisce mia zia. 
<< Veramente. >> Non posso fare a meno di balbettare. Stupida me. << Nella stanza c’era solo il ragazzo con cui parlavo prima di svenire. >>
<< E il nome di questo ragazzo? >> M’incalza mia madre. Niente, sono costretta a specificare il nome del “ragazzo”. Possibile che tu debba sempre c’entrare in tutto, Luke?
<< Luke. >> Noto l’espressione sorpresa di mia madre.
<< Quel Luke? >> Annuisco.
<< E’ il tuo fidanzato? >> Domanda Evie. Mi volto sconvolta verso di lei.
<< Cosa? No! Assolutamente no! >>
<< Ma non vi odiavate, Lily? >>
<< Sono confusa quanto lo sei tu. >> Sussurro io.
<< E chi ti ha portato in infermeria? >> Domanda ancora.
<< Luke. >> 
<< Pure! >> Mia madre sospira e sorride. << Si è preoccupato. >>
<< Non si è preoccupato. >> Dico io infastidita. << Dice che provava compassione a vedermi a terra. >>
<< Si, e io sono la regina d’Inghilterra! >> Esclama mia zia. << Te la sei bevuta, tesoro? >>
<< Zia, non sai quello di cui stai parlando. Ci odiamo! Quello che ha fatto è stato un gesto puramente umano. Tutto qua e ora vorrei andare a riposare, mi sento intontita. >> In realtà, non voglio andare a dormire. E’ che non sopporto questo discorso. Mi ha aiutata, ok. Non c’è bisogno di farne un articolo di stampa. Salgo velocemente le scale e m’infilo nella mia camera, ma quando vado a chiudere la porta noto che qualcosa, o meglio, qualcuno la sta bloccando.
<< Evelyn vattene. >> 
<< Per favore, Lily. Fammi entrare. >> Sbuffo e le tengo aperta la porta. Quando è entrata, la chiudo a chiave e automaticamente, mi vado a buttare sul letto. Mi metto un braccio sugli occhi, nel vano tentativo di addormentarmi, quando sento che Evelyn sta toccando qualcosa. Mi metto seduta velocemente. Ha in mano i miei pattini, i miei bellissimi pattini bianchi. Mi alzo e glieli prendo dalle mani; non mi piace che qualcuno li tocchi e poi ho paura che lei stessa si possa fare male. Quando i pattini sono nelle mie mani, dopo tanto tempo, avverto una scossa elettrica, come se mi stessero incitando a indossarli e a ricominciare a volteggiare in quella pista di ghiaccio. Scuoto la testa e li rimetto al loro posto. 
<< Perché hai smesso, Lily? >> Abbasso lo sguardo. Parlare di quest’argomento mi rende sempre un po’ cupa. 
<< Una gara. Promettevo bene, se non avessi sbagliato niente, sarei arrivata addirittura prima in classifica. Poi caddi, una brutta caduta. Mi ruppi una gamba. La delusione e il dolore furono talmente tanto forti che smisi di pattinare e non misi più piede in una pista di pattinaggio. >> Vado a risedermi sul morbido letto. << Tu? Vai ancora a danza? >>
<< Certo! Sto imparando un sacco di cose nuove e mi farebbe davvero piacere se tu quest’anno venissi al mio saggio. >> La osservo. Ha un faccino implorante e gli occhi brillanti. Ora che ci penso, non l’ho mai vista danzare. 
<< Ovvio che ci vengo. >> Saltella contenta e mi viene ad abbracciare. Cosa è successo alla vecchia Evelyn? Quella che voleva copiarmi in tutto, che faceva i capricci perché non le facevo toccare niente di mio, quella che mi dava pizzicotti e poi piangeva dicendo che le avevo dato uno schiaffo ingiustificato? Ci sciogliamo dall’abbraccio e si sente un cellulare squillare. Evie va verso la sua borsa e prende il cellulare.  << Il fidanzatino? >> Fa una smorfia e io ridacchio. A quanto pare è una sua amica. Esce dalla stanza per non darmi fastidio e decido di riposare un po’. Questa giornata è stata davvero spossante.
 
 

Luke 

 
E’ incredibilmente identica. Non un solo particolare differente, niente di niente. E devo dire che è anche tenuta molto bene. Spero davvero che non si accorga di non averla più al collo. Perché tutte queste coincidenze? Perché ogni volta che sono insieme a Lily ho una visione? Perché lei si sente male proprio dopo che le ho? Perché non riesco a trovare una risposta a tutte queste domande? Devo parlare con lei. Le dirò della collana e cercherò di farle capire che c’è qualcosa che né io né lei sappiamo. Oltretutto, oggi pomeriggio non devo nemmeno andare a lavoro. Prendo il cellulare e le chiavi ed esco di casa. Salgo nella mia macchina e dopo essere partito, mi chiedo dove viva. Sono uno stupido. Parto in quarta e alla fine non so nemmeno dove abita. Prendo il telefonino e mando un sms a Miles; so che erano parecchio amici alle medie. Mi risponde pochi minuti dopo, nel messaggio ha scritto l’indirizzo dove abita Lily, ma non gli rispondo rivelandogli il perché le voglia andare a fare visita. Nonostante sia mio amico, non sa nemmeno dove abito; non gliel’ho detto. Pensa solamente che tre anni fa mi sia trasferito qui a San Diego con la mia famiglia, da Chicago e che viva, come ogni sedicenne, con i propri genitori. Quante cose non sa di me…
Cosa le posso dire quando arrivo a casa sua? Ciao Lily, io e te abbiamo qualcosa in comune!
No no, così la faccio svenire un’altra volta. Lily! Come va con le cuffie?
No, così sembro fissato! Ehi Lily, come stai?
Perfetto. Almeno sembro interessato alla sua salute, non a delle cuffie. Eppure il fatto è proprio questo: il mio interesse verso di lei. Quando oggi l’ho vista a terra mi sono spaventato e non avrei dovuto farlo. Insomma io e lei non siamo nemmeno amici!  Svolto a destra e mi ritrovo in una zona completamente abitata. E ora qual è casa sua? Sto seriamente pensando di tornare indietro. Allora, il suo cognome è Gray. Magari sulla cassetta della posta è intagliato il suo cognome. Vado avanti lentamente con la macchina e alla fine, fortunatamente, vedo intagliato in una cassetta della posta rossa, il cognome “Gray.” Parcheggio la macchina accanto a quella di Lily e mi dirigo verso la porta di casa. Suono al campanello e viene ad aprirmi una signora sulla quarantina dai capelli corti e lisci e gli occhi color ghiaccio. 
<< Ehm…chi sei? >> Sorride confusa e io mi riprendo.
<< Scusi. Sono Luke, un amico di Lily. Non ho sbagliato casa, vero? >> Le porgo la mano che lei stringe calorosamente. Ridacchia.
<< No, Luke. Non hai sbagliato casa. Prego entra. >> Si sposta e mi fa spazio per entrare in casa. Si sente la voce di Lily che urla dicendo: << Mamma chi è alla porta? >>
<< Vieni a vedere. >> Poi guarda me. << Grazie per oggi, per quello che hai fatto per mia figlia, voglio dire. >> Così glielo ha raccontato.
<< Non si preoccupi. >> Lily mi appare davanti, con una ragazzina bionda dell’età di almeno undici anni al fianco. Non sapevo che avesse sorelle. Fa una faccia seria
<< Che ci fai qui? >> Il ciao sta diventando un optional, ormai ne sono certo.
<< Lily, non fare l’antipatica. >> La riprende sua madre. Lei la guarda truce e poi rivolge nuovamente lo sguardo verso di me, in attesa di una risposta. Ghigno.
<< Sarò pure autorizzato a chiederti come stai, o no? >>
<< Ho capito! Lui è il ragazzo che ti ha raccolto da terra! >> Esclama la bambina accanto a lei. Lily fa una faccia imbarazzata e io scoppio a ridere. 
<< Ebbene si, ho raccolto da terra tua sorella. >> Faccio l’occhiolino alla ragazzina sorridente.
<< Lily non è mia sorella. >> Trilla tutta contenta. << Lei è mia cugina! La sono venuta a trovare. >>
<< Vabbè io vado. E’ stato un piacere Luke. >> La madre di Lily si accinge a tornare verso la cucina. 
<< Anche per me, signora. >>
<< Non chiamarmi signora! Nessuno deve. Chiamami semplicemente Cher e dammi del tu. >> Entra in una stanza e guardo Lily. << Come stai? >>
<< Guarda che non devi fare per forza il carino. >> Sospira. << Non capisco proprio il motivo delle tue attenzioni. >> Figurati se lo capisco io.
<< Ti da così fastidio? >> Sono sbalordito. E pensare che qualsiasi altra ragazza al posto suo sarebbe l’essere più contento al mondo! Ma devo ricordarmi che Lily non è “qualsiasi altra ragazza”.
<< Si, Luke. Cosa vuoi da me? >> Ad un certo punto la ragazzina inizia a parlare. 
<< Non dovete litigare. Lily, ti ha chiesto come stai. >> 
<< Non t’intromettere, Evelyn. >> Lily la guarda severa e la bambina sostiene il suo sguardo. 
<< I bambini possono essere molto ostinati. >> Dico io.
<< Chi hai chiamato bambina? Per tua informazione ho dodici anni! >> Si mette le mani sui fianchi, il broncio stampato in faccia. 
<< Davvero? Pensavo ne avessi undici. >> Il broncio diventa più pronunciato e io non posso fare a meno di ridacchiare. Guardo nuovamente Lily. I suoi occhi sono di un azzurro scurissimo. 
<< Come stai? Non voglio niente da te, solo sapere come stai. >> Mi osserva con espressione stupita, però risponde. 
<< Sto bene. Prima ho riposato un po’, però sto bene. >> E ora come cavolo faccio ad introdurre il discorso della medaglietta? A parte che c’è la bamboccia di mezzo, mentre io volevo parlarle da solo. Dopotutto è una questione privata. Ma come faccio a parlarle? C’è sempre il rischio che qualcuno come la bamboccia o la madre e il padre di Lily o i genitori della bamboccia, irrompano proprio mentre io sto spiegando il tutto a lei. Meglio non parlarle adesso. 
<< Bene, volevo sapere solo questo. Ci vediamo domani a scuola. >> Mi prenderà per pazzo, ma devo andarmene. Le faccio un cenno di saluto e lei mi accompagna alla porta. Non è andata come speravo, ma presto le parlerò. Molto presto.
 

Lily

Mi richiudo la porta alle spalle, sbalordita. Luke viene a casa mia, che tra l’altro non gli avevo mai detto dove si trovasse, fa l’educato con mia madre, scherza con mia cugina, mi chiede sinceramente come sto perché, a quanto pare, è interessato alla mia salute, e se ne va. Certo che io non riuscirò mai a capire i ragazzi. Sono strani e penso che lui in stranezza batta tutto e tutti. 
Mi dirigo verso la cucina, dove ci sono mia madre e mia zia e sento che Evie mi sta seguendo.
Le due sorelle stanno ridacchiando amorevolmente. 
<< Lily, wow. >> Osservo confusa mia zia e mia madre prende la parola. 
<< Capelli biondi...>>
<< Sono castano chiaro.>> Bisbiglio io, sicura che nessuno mi abbia sentito. Quando alzo lo sguardo, invece noto che mi stanno fissando tutte e tre.
<< Oh, scusa. Allora ricomincio. >> Mia madre si schiarisce la gola. << Capelli castano chiaro che si arricciano adorabilmente sopra le orecchie, occhi verde intenso e sorriso smagliante. Lily, sicura che vi odiate? Sembra un angelo. >>
Guardo mia madre, rassegnata. << Non c’è bisogno che tu me lo descriva, lo conosco abbastanza bene. E sarai felice di sapere che non appare così bello solamente ai tuoi occhi. Tutte le ragazze della scuola sbavano letteralmente per lui. E sarai anche felice di sapere che tua figlia non fa parte di quelle oche. >> Giro gli occhi impaziente della sua risposta.
<< Ho solo dodici anni e i miei compagni di classe fanno mettere le mani ai capelli, non che m’interessi, sia chiaro. Per me vedere uno come Luke è stato come un sogno, una visione. Davvero, Lily. >> Ridacchio per la faccia di Evie. 
<< Hai presente le fate? >> Evie mi osserva confusa e scuote il capo. << Le fate sono esseri che hanno ereditato la bellezza degli angeli e il carattere dei demoni. Non penso che sia così cattivo, ma di certo non è così buono e coccoloso come sembra. >> 
Mia zia sorride. << Tua madre è tornata in cucina tutta trillante, raccontandomi di questo famigerato Luke. E’ davvero così carino come dice? >>
Annuisco. << La sua bellezza non è da mettere in discussione. >>
<< Nemmeno la tua. >> Guardo Evie, che ha appena detto la cavolata del secolo. Io bella? Ma fatemi il piacere! 
<< E’ vero, Lily. >> Conferma mia madre.
<< Tu sei mia madre. E’ sottinteso. >> 
<< Lily, la zia dice la verità. >> Evie si siede accanto a sua madre. << Con quei capelli rossi e mossi in maniera perfetta, totalmente naturali. E i tuoi occhi…quelli sono stupendi. Lineamenti delicati e bocca rosea. Inoltre hai dei modi di fare aggraziati.  Ma ti sei vista bene? >>
Resto zitta per un periodo interminabile. Non so che dire. Non ho mai pensato di essere bella, anche se dalla descrizione di Evie non posso che sembrare altrimenti. Poi, io aggraziata? Ma se alcune volte mi sembra di essere sgraziata come un ippopotamo e delicata come un elefante (si, lo so. I miei paragoni sono insuperabili)! Gli unici momenti in qui mi sentivo aggraziata e delicata era mentre pattinavo. Sembrava quasi di volare… No, non devo pensare a queste cose. Il pattinaggio non farà più parte della mia vita, almeno non come prima. 
<< Comunque sia.>> Mi siedo accanto ad Evelyn. << Cosa si mangia stasera? Sto morendo di 
fame. >> Come prova di quello che ho appena detto, il mio stomaco comincia a brontolare. Tutte ridiamo insieme e mia madre annuncia che possiamo cominciare ad apparecchiare la tavola. Quella che mi aspetta è una bella serata in famiglia e direi che l’idea non mi dispiace affatto.
 

 

Lo stupido angolo dell'autrice

Bonjour! Anzi, guten Tag! Anzi, Hola! Anzi, Kon'nichiwa!
Insommaaaaaa, salute gente! :DDDD
Come state?? 
Io tutto bene, no, non sono morta :') In riferimento a questo,
volevo dirvi che cercherò di aggiornare ogni 4 giorni.
Mi impegnerò ^.^ ma, ovviamente, può essere che 
quanlche volta non riuscirò ad aggiornare, oppure a volte potrò anche pubblicare
prima del previsto! :D 
Ringrazio sempre Domi_Loves_Lou, Merida e topilu98, una nuova lettrice :')
Grazie milleeeeeeeee :''''''')))))
Oggi sono in vena di faccine >.< (ma dai???) 
Comunque sia, non credete che la mamma di Lily sia fantastica?
La adoro, poi quando fa la descrizione molto wooow di Luke!
Voi che ne pensate???? 
Ci sentiamo presto
Arrivederci mia cara gente ;))))))    
                                                                        (devo finirla con questi saluti strani -.-)
Ciaooooooooooooooooooo

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Capitolo 7
*** Ricerche incondizionate ***


Lily

Dov’è? Dov’è? Dov’è??!!
Possibile che l’abbia persa? E’ la cosa a cui più tengo, come ho potuto non accorgermi della sua assenza? La mia medaglietta, la mia amata medaglietta, non è più al mio collo. Non tintinna leggermente quando cammino, non mi rilassa quando sono nervosa, non mi fa sentire il suo rassicurante calore sulla pelle. Non me la levo nemmeno quando dormo, solamente quando faccio la doccia, il che mi fa pensare che da quando l’ho trovata non me ne sono più separata. E’ il mio piccolo tesoro, ho sempre creduto che lo fosse. Eppure non avevo mai pensato all’eventualità che questo tesoro potesse essere scovato e portato via dai pirati. Stamattina, appena mi sono svegliata, ho portato le mie dita al mio collo, nell’abituale gesto di stringere tra le mie dita il ciondolo d’oro e quando non l’hanno fatto, mi sono alzata di colpo dal letto e sono scesa al piano di sotto agitata, chiedendo a tutta la mia famiglia se l’avessero vista. Ho persino chiesto a Evie se ieri me l’avesse vista al collo, nonostante lei non conoscesse nemmeno l’esistenza di questo piccolo oggetto tanto importante per me. Ho cercato in tutta la casa, anche nei luoghi più nascosti e impensabili, ma niente. Per oggi le lezioni sono finite e sono intenzionata a chiedere all’infermiera e a quella di ginnastica se per caso hanno trovato una collanina incustodita ieri. Mi dirigo correndo verso il campo di atletica e scorgo una figura, dai capelli cotonati e dal profumo che si sente a cinque chilometri di distanza: la mia professoressa. Nonostante insegni educazione fisica si veste sempre elegante, con tanto di gioielli e tacchi alti. La raggiungo.
<< Buongiorno, professoressa. >>
<< E tu chi sei? >> Mi squadra sa testa a piedi con fare altezzoso. << Ah si, quella che ieri è svenuta. Non dovresti recitare per farti notare dai ragazzi. Io ho fatto finta di non capire, ma che non si ripeta! >> Spalanco la bocca, sorpresa da questa sua risposta-cavolata. Si può sopportare una persona così stupida? Qualcuno potrebbe riuscirci, ma io cerco di reprimere quel mucchio di insulti osceni che mi stanno pregando di uscire dalla mia bocca. Come posso rispondere a questa snob colossale?
<< Io, veramente, sono svenuta davvero. Da cosa deduce che fingevo? >> Dico infine.
<< Intuito femminile. Il mio non sbaglia mai. >> Fa una smorfia e mi guarda con aria di sfida.
Vuole sapere cosa dice il mio intuito femminile? Che lei è una stronza, ecco cosa mi dice. Questa si che sarebbe stata una risposta degna di un applauso, come al solito però, cerco di rimanere calma e rispondere educatamente.
<< Evidentemente, questa volta si è sbagliato. >> Apre la bocca, probabilmente per farne uscire qualche altra “supposizione intelligente dovuta al suo spiccato intuito femminile” e io, non volendo ascoltare quello che ha da dire, la blocco continuando a parlare. << Me lo dice il mio intuito femminile. >> Sorrido falsamente e ironicamente, pensando che sono stata educata ma pungente. Questo ovviamente non è nemmeno un quarto di quello che le vorrei dire, ma è tutto ciò che le posso dire. Non dice niente, colpita (e affondata nei più profondi e oscuri abissi) e io passo al punto. << Comunque, ero venuta qui per chiederle se per caso nel campo o negli scalini aveva trovato una collanina con una medaglietta. La porto sempre al collo e stamattina mi sono accorta di non avercela più. >> Sta a pensare un attimo, poi muove \la mano, facendo tintinnare rumorosamente i numerosi bracciali che ha al braccio.
<< No, non ho trovato niente di niente. Non dovresti indossare gioielli mentre fai ginnastica, potresti perderli, come ti è successo ora. >> Il trucco che ha sulla faccia è talmente tanto che potrebbe essere pari all’antipatia che si porta dietro. Per non parlare dei gioielli che porta lei: dieci bracciali in un braccio, dodici nell’altro, collana dalla catenina pesante e dal ciondolo abbastanza grande e orecchini più lunghi della sua faccia. Quadretto adorabile. Giro gli occhi.
<< Grazie comunque, arrivederci. >> Giro i tacchi e me ne vado. Lei è la seconda persona nella mia lista nera, mi fa irritare quasi quanto fa Luke. Pazzesco, è una professoressa così, così, così…grrrrrrr. Cammino velocemente verso l’infermeria, l’ultimo posto dove può essere la mia medaglietta. Busso alla porta e la dottoressa Ross mi dà il permesso di entrare. Si volta verso di me e subito sorride, qualche ciocca che sfugge dal perfetto chignon.
<< Cara. >> Si alza dalla sedia di morbida pelle nera, l’unica macchia di colore in quella stanza completamente bianca. << Cosa ti porta qui? Innanzitutto, ieri sei stata bene? >>
<< Si, ieri poi mi sono sentita bene, non si preoccupi. >> Entro nella stanza chiudendomi piano la porta alle spalle. << Ero venuta per chiederle se, per caso, ieri ha trovato una collanina. L’avevo al collo e solo stamattina mi sono accorta che non c’era più. Però a casa non c’è, quindi dovrebbe essere qui. >>
Assume un’espressione pensierosa, poi il suo sguardo s’illumina. << Ah si, ricordo che ieri ti ho tolto una collanina con una medaglietta dal collo! >> Cammina lentamente e si ferma accanto al lettino dove ieri ero stata distesa. << L’ho posata… >> Si guarda intorno. << Proprio qui. >> E poggia una mano sulla scrivania.
<< E c’è? >> Domando impaziente.
<<  No, stranamente no. >> Prende a controllare tra le carte, sul lettino e io mi abbasso per guardare a terra. Purtroppo non c’è. Sospiro delusa. << Grazie davvero dottoressa Ross. >>
<< Oh cara, non fare quella faccia. >> Agita le mani in modo simpatico. << Mi dispiace tanto per la tua medaglietta, ci tenevi molto? >>
<< E’ la cosa per me più preziosa. >> Rispondo automaticamente, rendendomi conto che mi manca più di quanto un oggetto possa mancare ad una persona.
<< Sono desolata. Se per caso la troverò, ti cercherò immediatamente. >> Sorride amorevolmente e io ricambio il sorriso, un po’ tirato, a causa della tristezza che mi opprime e rea un peso all’altezza del petto.
<< Grazie, arrivederci. >> Le faccio un cenno di saluto con la mano ed esco dall’infermeria. Mi dirigo verso l’uscita, essendo appena terminate le ore di lezione. Non ho per niente voglia di tornare a casa; per ora ci sono troppe persone e io voglio stare da sola, almeno adesso. Mi dirigo sconsolata verso la macchina e guido senza meta, quando vedo che vi è un parco con un bel prato curato, degli alberi e dei giochi per bambini. Parcheggio, prendo la tracolla ed entro nel parco. Qualche bambino sta giocando felice; chi sullo scivolo, chi sul prato, chi sull’altalena. Decido di sedermi all’ombra di una grande albero. Appoggio la testa al tronco e chiudo gli occhi, godendomi il leggero venticello che mi muoveva piano i capelli. Mi piace stare qui, all’aria aperta, facendo defluire i pensieri come se fossero semplice acqua. Porto istintivamente la mano al mio collo e, quando le mie mani stringono il nulla, capisco che devo ragionare e trovare assolutamente la mia medaglietta. Dove può essere andata a finire? All’improvviso, mi appare in mente il viso di Luke, che sorride beffardo. Apro di scatto gli occhi e mi alzo velocemente. Ho il presentimento che ci sia qualcosa sotto, che sia stato lui a prendere la mia medaglietta per non si sa quale motivo. Come ho fatto a non pensarci prima? Era ovvio che stesse architettando qualcosa alle mie spalle. Eppure, non credevo che avesse mai notato quel ciondolo che non ha mai abbandonato il mio collo. Raggiungo la macchina e, dopo essere entrata, metto in moto. Comincio a guidare, ma dopo un po’ mi rendo conto che non so dove sto andando, perché io non so dove abita quel cretino di Luke.
Però so dove abitano i suoi amici, so dove abita Miles. Svolto di colpo a destra e mi dirigo verso casa di Miles. Lui mi dirà sicuramente dove vive Luke, dopotutto, anche se non siamo amici come prima, quando siamo da soli abbiamo una certa confidenza. Cerco con gli occhi la casa del mio “amico” e, avendola trovata, parcheggio nel vialetto. Scendo dalla macchina e suono il campanello. Mi viene ad aprire un Miles assonnato, dai morbidi capelli neri scompigliati. Con una mano si sfrega gli occhi color grigio chiarissimo, così diversi dai miei. << Miles. >> Lo saluto con un gesto della mano. Mi osserva e poi si raddrizza, come se mi avesse notata proprio in quest’istante. La maglietta nera è stropicciata ed è senza scarpe. Rido sotto i baffi. << Stavi dormendo? >>
<< Mi sono addormentato mentre stavo guardando la tv. >> Sorride e mi fa spazio per entrare. Quando ho varcato la soglia di casa, lui chiude piano la porta. Che strano senso di familiarità. Sono tre anni che non entro in questa casa, prima ci venivo spesso. Alcune volte studiavamo, altre giocavamo ai videogiochi e altre ancora stavamo semplicemente insieme a parlare. Adoravo stare con lui, era una delle poche persone che mi capivano con solo un’occhiata, nonostante mi conoscesse da poco tempo. In realtà, io e Miles abbiamo fatto anche l’asilo insieme, solo che abbiamo cominciato a parlarci solo in quinta elementare.
<< Vuoi qualcosa da bere?  >> Mi siedo sul divano e scuoto la testa. Lui si siede accanto a me. << Come mai sei venuta qui? Cioè, non che mi dispiaccia… >> Mi guarda serio. << Ma è da tanto tempo che non…ehm..come posso dire? >> Si porta una mano dietro la testa, leggermente imbarazzato.
<< Grazie anche a te per ieri. >> Dico all’improvviso, nonostante non sia questo il motivo della mia visita. << Luke mi ha detto che lo aiutato. Grazie. >> Sorride.
<< Di niente. >> Sposta lo sguardo e io mi ritrovo ad osservarlo. In questi anni, Miles è cresciuto molto. Prima, quando eravamo in terza media, lui era alto quanto me, portava gli occhiali e i lineamenti del suo viso erano decisamente più delicati. Adesso invece, io gli arrivo a malapena sotto il viso, non porta più gli occhiali e gli zigomi sono più marcati. Lo sguardo, però, è sempre quello. E’sempre quello sguardo che sa riscaldarti immediatamente se sei consapevole del bene che ti vuole. E Miles è un ragazzo che sa volerti bene sinceramente, senza malizia o doppi fini; se ti è amico, significa che vuole esserlo e se fa qualcosa per te, significa che gli importa di te. Perché non sono più sua amica come prima? Perché ho lasciato che un’amicizia del genere si sgretolasse?
<< Miles, in realtà sono venuta a chiederti una cosa ben precisa. >> Annuisce. << Dove abita Luke? Ho bisogno di chiedergli una cosa. >>
<< Non gli puoi chiamare? Se vuoi ti do il numero di telefono. >>
<< No! >> Esclamo a voce un po’ troppo acuta. << Io…devo vederlo. >> Al telefono negherebbe tutto e sono sicura che lo farà anche dal vivo, ma almeno posso assicurarmi che non ce l’abbia davvero lui.
<< Ok. >> Sospira. << Ma io non so dove abita Luke. >>
<< Cosa?! >> Sbotto io. Come fa a non sapere dove abita?! Sono amici, o no? Miles sembra leggermi nel pensiero, infatti, si affretta a precisare.
<< Siamo buoni amici, ma lui non ha mai fatto riferimento alla sua vita familiare, tantomeno alla casa dove abita. >> E ore come faccio? Miles è sincero, si vede. Eppure non pensavo che Luke fosse così riservato. Che abbia qualcosa da nascondere? No, ma cosa vado a pensare.
<< Davvero Miles? Non lo sai, veramente? >> Annuisce e mi guarda intensamente.
<< Lily…>> Si ferma un minuto, come se debba pensare attentamente a cosa dire. << …perché? >>
Lo guardo confusa e lui si affretta a continuare a parlare. << Perché non siamo più amici come prima? >> Lo osservo anche io e il suo sguardo non fa altro che sembrarmi così…così…triste. No, nessuno merita di avere una tale tristezza negli occhi, soprattutto Miles. Circa quattro anni fa, suo fratello James è morto in un incidente stradale. Brutto impatto di sera con un ubriacone. Miles era molto legato a lui e ci rimase molto male; ricordo che si chiuse in se stesso, mettendo in mostra un guscio duro e impenetrabile, anche con me. A quei tempi, eravamo diventati amici da nemmeno un anno e non parlò più neanche con me, però io, da brava amica, gli sono sempre stata accanto: andavo a casa sua e facevamo i compiti insieme, anche se stavamo quasi sempre in silenzio, ritornavamo insieme da scuola e gli telefonavo sempre, cercando di farlo aprire, di farlo ritornare il Miles di sempre. E piano piano lui ricominciò a parlare, a sorridere, ad essere Miles. Ricordo che gli feci compagnia al funerale e che gli tenni la mano per tutto il rituale. Lui non oppose resistenza e tutt’ora mi sento felice al pensiero che, per quanto potesse essere stato brutto quel periodo, io gli ho dato almeno un po’ di forza. Non voglio che Miles soffra, lo ha già fatto abbastanza. E quella tristezza stona con i suoi occhi, così mi decido a poggiare la mia mano sulla sua e a fargli uno dei miei sorrisi migliori. Inizialmente, lo sento irrigidirsi, colpito dal mio gesto improvviso.
<< Siamo stupidi. >> Comincio io. << Siamo due stupidi che per qualche motivo hanno permesso che il loro fantastico rapporto non avesse più importanza. >>
<< E se ti dicessi che per me questo rapporto è ancora importante? >> Sospira. << Lily, io non dimentico quello che tu hai fatto per me. Non potrei. >>  Intreccia le sue dita alle mie e stringe forte. << Lily, perché non recuperare l’amicizia che avevamo? >> Sorride e i suoi occhi brillano; finalmente quell’odiosa tristezza è andata via. Sorrido nuovamente anch’io.
<< Non potrei chiedere di meglio. >> Si alza e le nostre mani si allontanano. Sono felice di essere venuta da Miles. Non immaginavo che avremmo ripreso i contatti, proprio come un tempo. Mi metto in piedi anche io.
<< Scommetto che adesso devi andare. >>
<< E scommetti bene. >> Sospiro.
<<  Ti accompagno alla porta. >> Ci incamminiamo verso la suddetta porta e io gli chiedo di Jason, il suo fratellino più piccolo. Ha solo due anni ed è adorabile. Quando sua madre scoprii di essere incinta, si convinse che quello era un dono inviato dal cielo, in memoria di James. Per questo diedero al bambino un nome iniziante per “J”, per la memoria, che non può essere in qualche modo cancellata. Miles mi risponde che sta bene e che quando piange è una cosa insopportabile, ma che, tutto sommato, dona un po’ più di allegria a quella casa.
Apre la porta di casa e proprio quando siamo sulla soglia, lo saluto. << Ci vediamo domani a scuola. >> Lui mi sorride e mi si avvicina. Intontita non capisco cosa stia cercando di fare, poi, però, sento che qualcosa si sta posando sulla mia guancia. Le sue labbra calde sfiorano delicatamente la mia pelle e un brivido mi percorre giù per la schiena. Si stacca lentamente e sento il suo respiro su di me. << Ci vediamo. >> Sorride e io mi giro velocemente, dirigendomi verso la mia macchina. Cos’è questa storia? C’è la moda dei baci sulla guancia per ora? Sento che sto arrossendo e quando entro in macchina, dopo aver controllato che Miles avesse chiuso la porta, osservo il mio riflesso allo specchietto retrovisore e in effetti noto che un lieve rossore si staglia sulle mie guance mettendo in evidenza le mie lentiggini. Metto in moto mentre penso a come posso contattare Luke. Forse dovevo prendere il suo numero di telefono...oppure, posso andare nel negozio dove lavora! Lì sanno sicuramente dove abita. Guido  verso il negozio e parcheggio nello stesso posto dell’altra volta. Quando entro, noto che vi sono poche persone e che è in servizio solamente dai capelli castani dell’altra volta. Mi avvicino e notando che lui non alza lo sguardo dal foglio che sta guardando, mi schiarisco la gola. Mi squadra con i suoi occhi marroni e dice: << Posso esserti utile. >> Avrà pochi anni in più di me, se non la mia stessa età.
<< Ehm..a dire il vero, si. Sono un’amica di un ragazzo che lavora qui: Luke Bennett. >> Dopotutto, perché non definirmi anche io come una sua “amica”?
<< E allora? Volevi sapere se è qui a lavoro? >> Sorride mostrando i denti perfettamente bianchi. << Mi dispiace, ma questo è il suo giorno libero. >> Per mia fortuna, ovviamente.
<< E non è che puoi dirmi dove abita? >> Mi guarda storto, inarcando un sopracciglio.
<< Perché dovrei? Sicura di essere una sua amica? >> Cavolo.
<< Certo che lo sono. E’ che Luke non parla mai di queste cose. >> Mi mostro il più disinvolta possibile. << Adesso ho bisogno di vederlo, quindi volevo sapere dove abita, visto che non me l’ha mai detto. >> Fa uno sguardo ironico, leggermente divertito. Certo che non è un ragazzo facile da convincere.
<< Se non ti ha detto niente significa che, evidentemente, non vuole che scopri dov’è casa sua. >> Ma guarda a questo! Io non mi arrendo, gli farò sputare il rospo.
<< Per favore, ho davvero bisogno di vederlo. >> Lo guardo seria e lui, rimanendo impassibile, non abbandona quella maschera di ironia mista a divertimento. << Luke non ti ammazza se mi dici dove abita. >>
<< Senti, ragazzina. Non ho tempo da perdere con te e non ti andrò a raccontare i fatti di Luke. Sei solo la sua nuova conquista, niente di più. >> Bisbiglia lui. Questo qui che si è messo in testa? La sua nuova conquista? Ma chi, io? Per favore! Ora gli faccio vedere io.
<< Punto uno: ragazzina a chi? Non mi sembra che tu sia più grande di me! >>
<< Ho diciassette anni. >>
<< Ecco, e io ne ho sedici. Il che vuol dire che non sono poi così tanta ragazzina, no? >> Sbuffa e gira gli occhi. << Punto due: non sono la nuova conquista di Luke e mai lo sarò. Non farti strane idee, non mi conosci affatto. Ora vediamo se mi dai questo maledetto indirizzo, così la finiamo qua e tu puoi continuare a sprecare il tuo “preziosissimo tempo” a non fare niente. Ok? >> Faccio un sorrisino falsissimo, cercando di sembrare il più antipatica possibile. Ho detto tutto ad un fiato e ripensando alle mie parole, devo dire che non sono stata niente male. Sembra sbalordito; evidentemente non si aspettava una simile reazione. Probabilmente, credeva che fossi una delle tante ragazze zucchero a velo e coniglietti. Beh, ha pensato male.
<< Dimmi una cosa di Luke che sanno pochissime persone. >> Non si arrende! Ora cosa gli dico? Che è egocentrico, modesto, rompi scatole e odioso? No, non posso rispondergli così…
Che prende voti alti a scuola quando sembra fregarsene bellamente? No, nemmeno questo va bene. Un momento, Luke suona il pianoforte. Luke sa suonare magnificamente il pianoforte. Ho ancora in mente le dolci note dell’altro giorno, quanto mi piacerebbe riascoltarlo…no, adesso che sto andando a pensare?
<< Luke suona il pianoforte. >> Cole (è questo che c’è scritto sulla targhetta attaccata alla maglietta) sgrana gli occhi. Ho colpito nel segno. << L’ho sentito suonare l’altro giorno ed è…semplicemente fantastico. >> Riduco la mia voce ad un sussurro e mi guardo le mani, intrecciate sul bancone. Alzo lo sguardo e noto che Cole è ancora impalato, completamente sconvolto. << Allora, me lo dai il suo indirizzo? >> Ingoia rumorosamente e annuisce.
Vittoria. 

Lo stupido angolo dell'autrice

Ciao a tutti!!!!!! Come va???
Ed eccoci al sesto capitolo!!! Spero davvero che vi piaccia :') 
E, soprattutto spero di aver reso al massimo l'amicizia perduta tra Miles
e Lily. Si, lo so, quello che è accaduto a Miles è così triste.
Però ho scoperto che sono brava ad inventare passati tragici e carichi di tristezza, 
quindi, perchè non sfruttare questa dote? 
Mi piace l'idea che Lily ci sia sempre stata per Miles e adoro il fatto che lui
gli sia tuttora grato. Amo il rapporto che c'è tra loro due e mi chiedo se anche a voi piaccia.
Allora, cosa ne pensate di Miles? Vi piace l'amicizia tra lui e Lily e l'idea che possa essere recuperata?
Se vi va, rispondete a queste mie domande nelle vostre recensioni :D
Come avrete notato, questo capitolo è raccontato interamente dal punto di vista di Lily e il nostro
caro Luke non è apparso completamente! Ma non preoccupatevi, diciamo che ho dato spazio anche ad altri contesti,
però già nel prossimo capitolo accadranno cose che non solo porteranno avanti la trama principale della storia, ma 
che ci avvicineranno, se non ci faranno entrare, nel parte fantasy della storia.
Grazie mille a chi segue questa storia. Grazie a Merida, a topilu98, a luxaar e a Domi_Loves_Lou (sono sicura che 
non hai recensito perchè non hai avuto tempo, ma non importa, aspetterò con ansia anche una tua recensione ;) )
Grazie grazie 
Bene, adesso vi lascio
ciaooooooooooooooooooooo


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Capitolo 8
*** Non è possibile ***


Capitolo 7

Lily

Quinto piano. Santissimo ascensore! Cosa farei senza di te? Mi trovo nel palazzo dove vive Luke e chiedendo ad una signora che ho incontrato a piano terra, sono riuscita a venire a sapere anche il suo piano d’abitazione. Eppure, non posso fare a meno di chiedermi cosa dovrei dire a Luke. Sicuramente in casa ci sarà qualcuno della sua famiglia, come un fratello rompi-scatole o sua madre o suo padre. Come farò a spiegargli il tutto per bene? E se Luke non è in casa e viene ad aprirmi sua madre che s’insospettisce, mi fa entrare dicendomi che lui sta arrivando e, intanto, mi tortura con quaranta mila domande? Forse è meglio tornare indietro…no! Dopo tutta questa fatica non posso mollare! E poi, farei davvero di tutto per quella medaglietta. Le porte dell’ascensore si spalancano e io cerco con lo sguardo qualunque cosa possa farmi capire che quello è l’appartamento di Luke, ma purtroppo non trovo niente. Esco definitivamente dal piccolo ascensore e comincio a leggere le targhette dietro le porte. Non c’è il cognome “Bennett”. Bene, davvero bene! La fortuna è sempre dalla mia parte, no? Alzo lo sguardo al soffitto e sospirando rassegnata, sbatto in un segno di rassegnazione le mani sulle mie gambe. Solo quando abbasso lo sguardo, noto che su una porta non vi è nessuna targhetta. Possibile che sia quello l’appartamento di Luke? Proviamo, tanto con la fortuna che ho, faccio una delle mie bellissime figure. Una in più o una in meno ormai non fa differenza. Suono il campanello e attendo. Niente di niente. Adesso, invece, sento dei passi, distinti e abbastanza forti da sembrare che ci fosse qualcuno dietro di me. D’istinto mi giro, ma sono con piacere e inquietudine al tempo stesso, di essere da sola. Riporto la mia attenzione alla porta, mentre quei passi, veloci e leggeri continuano a farsi sentire. Ad un tratto di fermano e il silenzio torna a regnare dentro di me. Come volevasi dimostrare, nessuno viene ad aprirmi. Eppure una flebile vocina rimbomba nella mia testa e mi induce a rimanere lì, ferma come una cretina, davanti a quella porta. Non ho ancora capito da dove provenivano quei passi e tanto meno a chi appartenevano e la cosa mi fa riflettere parecchio, almeno fin quando non sento la serratura scattare. Finalmente, la porta si apre e due pozzi verde intenso si fissano nei miei azzurro scuro.
E’ Luke. Rimaniamo così, a fissarci, come se niente fosse, come se già il fatto che io abbia trovato casa sua non fosse abbastanza strano. Lui distoglie improvvisamente lo sguardo, facendomi sentire intontita e riportandomi alla mente il vero motivo per cui sono qui in questo momento.
Adesso si che mi sente.

 

Luke

Lily. Lily. Lily Gray.Questo dice la vocina fastidiosa che talvolta mi ronza in mente. Lily Gray è davanti alla porta di casa mia, del mio appartamento, nonostante nessuno a scuola sappia dove abito. Mi ha seguito? Non penso. Questo si che è inquietante. Siamo qui, l’uno di fronte all’altra, con lei che mi rivolge uno sguardo carico di rabbia e di odio. Quando ha suonato il campanello, non mi sono neanche degnato di alzarmi dalla comoda poltrona sulla quale ero seduto. Nessuno mi fa mai visita, solo il mio insegnante di pianoforte, che qualche volta, s’interessa della mia vita, all’infuori delle lezioni di musica. Dopo un po’, però, ho deciso di andare a vedere chi era, perché percepivo una strana presenza dall’altra parte della porta, come se la persona che aveva precedentemente suonato il campanello, fosse rimasta ad attendere pazientemente. E, strano ma vero, avevo ragione. Ho guardato dallo spioncino per riuscire a comprendere l’identità della persona che aveva suonato il campanello e quando ho visto una ragazza dai capelli rossi e mossi, ho capito subito che era Lily, anche perché dentro di me avevo una strana sensazione di familiarità, di stare attendendo che lei venisse, che lei venisse da me. Dopo un attimo di esitazione, le ho aperto la porta, consapevole che non si sarebbe mossa da lì così facilmente. Presto i nostri sguardi si sono incatenati, come attirati da una qualche strana forza, come se cercassero qualcosa l’uno nell’altro. E adesso siamo qui; nessuno dei due si azzarda a rompere il silenzio instauratosi.
<< Posso entrare? >>  Annuisco e mi sposto di lato, facendola entrare nel mio appartamento e chiudendomi la porta alle spalle. La guido verso il “salone” ovvero una stanza con un comodo divano marrone di pelle pieno di morbidi cuscini e un televisore di media grandezza. Quando entro nella suddetta stanza, mi accorgo che è molto più disordinata di quello che ricordavo. La Play-Station regna silenziosamente accanto al televisore, come sempre e le custodie dei videogiochi sono disordinatamente sparpagliate sul tappeto chiaro. Sul tavolino ancora il cartone della pizza che ho ordinato ieri sera e una lattina di coca cola con una cannuccia di plastica mangiucchiata infilata dentro. Vi sono anche dei tovaglioli appallottolati e qualche briciola ancora sulla superficie vetrata del mobile. Ok, devo fare ordine. Osservo Lily che però non sembra affatto sorpresa e devo dire, che questo mi stupisce parecchio. Di solito alle ragazze non fa schifo la “tana” disordinata di un maschio. O è strana o è abituata al disordine. Mi schiarisco la gola.
<< Allora. >> Sembra risvegliarsi da un sogno ad occhi aperti, lo noto dal suo sguardo adesso un po’ più nitido. << Posso sapere il motivo della tua visita? E poi, come fai a sapere dove vivo? >>
Ghigna leggermente e si appoggia con disinvoltura al bracciolo del divano.
<< Ti cercavo. >> I suoi occhi sono di un grigio scuro e profondo. << E ti ho trovato. >>
<< E si può sapere perché mi cercavi? >> Continua a ghignare, con un’espressione in volto non tipica di lei. E’ stranamente cupa, disinvolta e tagliente.
<< Perché hai qualcosa che non è tuo. E che non ti saresti dovuto azzardare a toccare. >> Accentua e scandisce bene quell’azzardare e mi osserva severa. Ha capito tutto. Cerco di rimanere impassibile.
<< Tutto quello che vi è in questa casa è mio. Non ho nulla che non sia di mia proprietà. >> Cerco di essere il più convincente possibile e lo sono anche, eppure sento che lei non crederà mai e poi mai a questa mia affermazione. E’ come se riuscisse a leggermi l’anima e non so se sia una cosa negativa o positiva.
<< No, Luke. >> Si stacca dal bracciolo del divano in pelle e mi si avvicina lentamente. << Sbagliato. Tu non hai semplicemente qualcosa che non ti appartiene, tu hai qualcosa dimio. >> Il suo sguardo è freddo e distaccato. << Avanti, restituiscimi quello che devi. >>
<< Io non devo assolutamente restituirti niente. >> Non voglio che mi scopra; al massimo domani metto il ciondolo nel suo zaino senza farmi notare.
<< Ah davvero? >> Il suo tono di voce, che fino a poco fa era cauto e spiazzante, adesso lascia trasparire le sue emozioni. Irritazione, rabbia, fastidio e ironia. << Tu pensi di potermi ingannare? Ti sbagli e anche di grosso. Non sono stupida, non sono una delle oche senza cervello che ti vanno dietro. Io ce l’ho un’intelligenza e forse è anche troppo acuta per avere a che fare con uno come te. >> E’ furiosa e non la biasimo; avrei dovuto essere sincero con lei.
<< Lily, io… >>
<< “Lily, io” un corno! Io ti odio! Non avrei mai dovuto conoscerti, non avrei mai dovuto darti confidenza, ti avrei dovuto semplicemente lasciare stare, fare l’indifferente! Però, in questo modo, il tuo ego si sarebbe gonfiato il triplo di quello che già non sia. Sei un’egoista e lo sai anche tu! >> Sta praticamente urlando, non con una voce acutissima e fastidiosissima, però. Con la sua voce, più alta di “qualche” ottava. Apro la bocca per parlare, ma mi blocca nuovamente.
<< Usi una persona finché ti serve, finché può aiutarti a raggiungere i tuoi scopi. Tu non sei mai stato preoccupato per me, volevi semplicemente infliggermi una nuova ferita, una nuova preoccupazione, perché non sei mai stanco di far soffrire le persone, non è vero Luke? Puoi farmi di tutto: insultarmi e anche tirarmi uno schiaffo se vuoi; io mi so difendere e tu lo sai. Ma non puoi assolutamente toccare quella medaglietta! >> Fa un bel respiro e io capisco che la sfuriata è terminata. Sento un grande vuoto dentro, come se qualcuno mi avesse appena fatto un buco nel cuore. E’ forse dolore? E’ la stessa sensazione che ho provato a dieci anni quando i miei genitori mi rivelarono che ero stato adottato e che, di conseguenza, non ero sangue del loro sangue. Non avevo mai più provato una sensazione del genere, sono sempre rimasto indifferente agli insulti, ai pensieri e ai pregiudizi della gente. Con lei, invece, è diverso. Perché deve esserlo? Perché non posso ignorare anche le sue idee? Devo spiegarle il perché ho preso il suo ciondolo; devo dirle la verità.
<< Lily, sei una stupida. >> Faccio un passo indietro, allontanandomi ulteriormente da lei. << Io non so perché, davvero, non chiedermelo, ma mi preoccupo seriamente per te. Quando sei svenuta, non provavo compassione a vederti inerme a terra; provavo ansia, preoccupazione e un’incredibile voglia che ti svegliassi e che aprissi gli occhi. Non voglio niente da te. Non sono io che voglio provare queste sensazioni; le provo e basta. >> Sgrana gli occhi. Evidentemente, non si aspettava una simile risposta.
<< Sarei stupida se credessi a queste frasi. >> Stringe la mano in un pugno. << Ora, passiamo al dunque. Dov’è la mia collana? >> Sospiro e mi avvicino alla libreria, quella dove tengo il mio album fotografico con dentro il certificato di nascita. Ho nascosto la medaglietta lì. Sfilo l’album e prendo la medaglietta. Ritorno di fronte a Lily e gliela porgo. Lei me la prende malamente dalla mano e se la stringe prontamente al petto, chiudendo gli occhi e sospirando sollevata. Almeno è contenta. Adesso devo solo spiegarle che ho una medaglietta uguale alla sua.
<< Lily? >> Apre improvvisamente gli occhi, osservandomi con sguardo assassino. Andiamo bene…
Si avvicina con uno strano sorrisetto e quando è vicinissima a me si ferma. Ha ancora quello sguardo e quel sorrisetto, il che mi fa pensare ancora una volta al suo carattere contrastante. Alza di poco il braccio destro e prima che possa rendermi conto di cosa voglia fare, mi arriva un bello schiaffo vicino alla spalla. Devo ammettere che è forte e non è la prima volta che me ne rendo conto. Me lo sono meritato, ma…cavolo! Fa male!
<< Sei cretina?! >> Sbotto io mettendomi una mano nel punto dove mi sono stato colpito. Sorride e si allontana.
<< No, sono intelligente. Per questo ti ho dato questo schiaffo, mio caro Luke. >> Faccio una smorfia; non è il momento di mettersi a litigare, ho ben altro da dirle.
<< Senti, Lily. Devo dirti una cosa, abbastanza importante. >> Sospira rumorosamente.
<< E se io non volessi ascoltarti? >> La ammonisco con lo sguardo, severo.
<< Non fare la bambina, Lily. >> Sta zitta, forse riuscendo a comprendere che le devo veramente dire qualcosa d’importante. Porto entrambe le mani dietro il mio collo, nel prodigioso tentativo di sganciare la collanina. Questi gancetti sono degli aggeggi infernali. Per mia fortuna, si sgancia e adagio la medaglietta con tanto di catenina sul palmo della mano destra. Gliel’avvicino lentamente. Lei fa una faccia confusa e io mi affretto a parlare.
<< Guarda. È’ identica alla tua. >> Me la prende delicatamente dalle mani e quando la sua pelle sfiora il metallo della medaglietta io avverto una scossa dentro di me. La osserva attentamente e dopo un po’ borbotta un: “Non è possibile…”
<< Si, che lo è. >> Fissa nei miei occhi i suoi un po’ più chiari di prima.
<< Come…hai fatto? >> Sussurra lievemente.
<< Quando sei svenuta…>> Incomincio io. << La dottoressa ti ha sfilato la collanina, per paura che potesse darti fastidio. Quando se n’è andata io l’ho guardata e non ho potuto fare a meno di notare che era identica alla mia. L’ho presa e l’ho portata con me. Non sapevo che ci fossi così affezionata. >>
<< Andiamo, finiscila. >>
<< Che cosa? >> Sbotto io guardandola scettico.
<< Finiscila d’inventare tutte             queste scuse! Provi divertimento a farmi arrabbiare? A farmi scherzi di cattivo gusto? >> Si avvicina al tavolino e vi sbatte sopra la mano, lasciando lì la mia adorata medaglietta. E pensare che non l’ho mai fatta toccare a nessuno, tranne alla mia mamma adottiva quando me l’ha data. << Io me ne vado. >> E parte in quarta, camminando velocemente verso la porta d’ingresso. Stringo il pugno: ecco perché non mi apro completamente mai con nessuno. Quando senti di poterti fidare di qualcuno, quel qualcuno ti si rivolterà sempre contro e il tuo bel regno andrà a pezzi. Ho sempre preferito osservare il mondo per quello che è, con i nudi occhi della verità. Stavolta, evidentemente, la mia vista si era offuscata; avevo pensato di poter scoprire qualcosa sulle mie origini e che magari l’unica ragazza della scuola che mi odia avesse potuto aiutarmi, sostenermi, diventare mia amica, la mia migliore amica. E, invece, quella stessa persona alla quale stavo per dire anche troppo di me, se ne sta appena andando, senza aver nemmeno tentato di fidarsi di me, non pensando alla delusione che sto provando in questo momento. Però io mi sono sempre comportato male con lei; la verità? Che me lo merito, che mi merito tutto quello che mi è successo e tutto quello che mi succederà, merito di essere deluso. Perché io sono cattivo, perché io faccio soffrire le persone. Sento la porta aprirsi. Stringo talmente tanto il pungo che sento le unghie conficcarmisi nella pelle. Chiudo gli occhi. E’ fatta: ho perso la questa possibilità. Sto pochi secondi in questa posizione, con gli occhi chiusi e il respiro affannato senza un apparente motivo logico, eppure non sento la porta chiudersi e qualcosa rinasce in me. Io non posso sprecare quest’occasione! Sono combattivo, non mi arrenderò. Apro gli occhi e proprio quando spalanco la bocca per urlare il nome di Lily, la porta si chiude con un tonfo. Dannazione! Con uno scatto, comincio a correre e sblocco in fretta la serratura della porta d’entrata. Esco nel pianerottolo e noto che lei non c’è già più. Come può essere? Non mi risulta che sia flash…scendo in fretta le scale, notando che non ha preso l’ascensore e quando arrivo al terzo piano, scorgo una testolina rossa a distanza di due rampe di scale. Mi affretto a raggiungerla e quando sto per chiamarla, m’interrompe dicendo: << Cosa vuoi ancora? >> Sospiro; almeno sono riuscita a fermarla. << Lasciami Luke. Finiamola qui, non dobbiamo per forza parlarci. >> La sua voce stanca e quasi supplichevole mi induce a lasciarla andare, ma fortunatamente riesco nuovamente a focalizzare l’obiettivo e a non rinunciare. Non ci sarà un’altra occasione.
<< Lily ti prego, fammi spiegare. >> La guardo negli occhi e lei guarda me. Scuote il braccio, come per dirmi di lasciarmi andare, poi sbuffa.
<< Dai, saliamo a casa tua e sentiamo quello che hai da dirmi. >> Sorrido, niente ghigni. Un sorriso vero, solo per lei che, nonostante l’antipatia che prova verso di me, sta per ascoltarmi. Cerca di restare impassibile, però dopo un po’, non può fare a meno di rivolgermi anche lei un timido sorriso. Salgo gli scalini e sento, con grande sollievo, i suoi passi dietro di me. Entriamo in casa, la cui porta è restata bellamente aperta, a causa della mia immensa fretta nel raggiungere Lily. Ritorniamo nel salone e io prendo l’album fotografico lasciato sul tavolino, dove sono custoditi il mio certificato di nascita e alcune mie foto da piccolo. Prendo il certificato e glielo porgo. Lo prende, scettica, legge quello che c’è scritto e dopo un po’ alza lo sguardo dicendo: << E allora? >>
<< Quello è il mio certificato di nascita. >>
<< Lo vedo. >> Sospiro, un po’ scocciato dalla sua poca perspicacia.
<< Lily, non noti che in questa casa oltre a me non c’è nessuno? >> Si guarda intorno.
<< Hai ragione! I tuoi genitori sono a lavoro? >> Sorrido tristemente; magari fosse così.
<< No, io abito da solo. >> Fa una faccia sorpresa, ma resta in silenzio. << Ti ho dato il mio certificato di nascita per un preciso motivo. Sai che io credevo di essere nato il 22 dicembre? >>
<< Che significa? >> Da di nuovo un’occhiata al certificato di nascita.
<< Io sono stato adottato, non vivo con i miei genitori. >> Resta muta e immobile; sono consapevole del fatto che non si aspettasse una simile reazione. Nonostante ciò, decido di continuare a parlare. << Io non ho passato l’infanzia qui a San Diego. Ho sempre vissuto a Chicago. Quando ebbi compiuto dieci anni, i miei genitori mi rivelarono che non ero loro figlio naturale, che mi avevano adottato. Una rivelazione scioccante per un piccolo e allegro bambino, non credi? >> Annuisce shoccata. << Tempo dopo, la mia madre adottiva mi diede questa medaglietta. >> La prendo tra le mie mani. << Mi disse che gliel’aveva data la mia vera madre, la quale l’aveva pregata di darmela, un giorno. >> Mi siedo sul divano. << Capisci perché quando ho visto la tua medaglietta, sono rimasto così colpito? >> Si avvicina a me e anche lei si siede sul divano di pelle.
<< Stai dicendo la verità, giusto? >>
<< Si! >> Dico alterato io. << Perché pensi che ti stia mentendo? Non ho mai detto a nessuno questa cosa. Non ti sei chiesta perché nemmeno Miles sa dove abito. Almeno, immagino che tu sia andata da lui. >>
<< Si… >> Sorride impercettibilmente. E’ andata da lui.
<< Lo so che ti piace Miles. >> Sobbalza lievemente e la sento innervosirsi.
<< Sei fissato allora! Non mi piace Miles! >>
Ridacchio. << Peccato, Miles ne sarebbe molto content… >> Non faccio tempo a finire la frase che mi dà una cuscinata in faccia. << No, dico…ma sei pazza? >>
<< Ti conviene star zitto se non vuoi che ti soffochi con questo cuscino. >> Rabbrividisco pensando che sarebbe capace e scuoto la testa sorridendo. Incredibile come con  lei stia così bene. E poi, è vero che Miles sarebbe contento. E’ praticamente cotto di lei.
<< Chi ti ha detto dove abito? >> Mi sistemo malamente i capelli stravolti dalla forte cuscinata.
<< Ho convinto quel tuo amico. Aspetta, come si chiama? Ah, si, Cole. >> Fa una smorfia, il che mi fa pensare che estorcergli questa informazione non sia stato tanto facile. Cole è un ragazzo serio e discreto; sa della mia situazione, perché mi permette di studiare pianoforte lì al negozio dei suoi genitori. Già, Cole è il figlio dei proprietari e, poiché non è uno scansafatiche, lavora anche lui lì.
<< Abile la ragazza. >> Mi slaccio la catenina. << Slacciala anche tu; ti faccio vedere che sono praticamente identiche. >> Annuisce e se la slaccia, prendendola in mano. Le avvicino la mia mano: adesso le medagliette sono l’una accanto all’altra.
<< E’ pazzesco. >> Mormora. << Sono uguali. Luke, girala. >> Faccio come mi ha detto, probabilmente anche lei ha sempre trovato strana quell’incisione sul retro del ciondolo. Vedo i suoi occhi scorrere, per leggere quella strana parola. Riporta l’attenzione alla sua medaglietta e gira anche quella. << Questa, però… >> Indica l’incisione. << …è diversa. >> Le poggia sul tavolino e mi guarda dolcemente. Aspetta, dolcemente? Non è da Lily.
<< Mi dispiace. >>
<< E per cosa? >> Scuoto leggermente la testa. Non può provare pietà per me, non è quello che voglio. Sarà proprio per questo che non racconto la verità a nessuno. Quegli sguardi carichi di compassione…non li sopporto proprio. Secondo me, non vi è motivo di provare pietà, tristezza nei miei confronti. Dopotutto sono stato solo adottato, non maltrattato. Il rapporto con i miei “genitori” non è nemmeno stato così cattivo. I problemi, i distacchi, la paura sono sentimenti che si sono battuti dentro di me dopo la rivelazione, o forse, solo dopo aver aperto gli occhi ed essere maturato abbastanza per capire la verità. E’ come lasciare un filo al quale è attaccata la tua vita, come sentirsi versare un secchio d’acqua ghiacciata addosso, come cadere nel vuoto mentre si sta dormendo.
<< Perché… >> Si interrompe. Sospira. << Perché ti sei trasferito qui? >> Sorrido amaramente.
<< Perché l’affetto che la gente prova per te non è sempre così profondo come sembra. >>
<< Non potevano non volerti bene, ti hanno cresciuto dopotutto! >> E’ decisa e mi osserva in attesa di una risposta.
<< E’…complicato. >> 
<< Niente è così complicato come sembra. >> Mi dice con voce apprensiva.
<< Questo lo è. >> Rispondo altrettanto gentilmente. << Il tuo comportamento nei miei confronti non deve cambiare, non ti ho detto tutto questo per farti pena. >> Cerco di mantenere un tono duro e distaccato. << Ma io tengo parecchio a questa collana, ho sempre pensato che in qualche mondo avrei potuto ritrovare i miei genitori, parlare con la donna che mi ha messo al mondo e discutere di sport con il mio vero padre. E se sta succedendo tutto questo, ci deve essere un perché, dannazione. E io voglio scoprirlo questo perché, voglio sapere cosa c’è sotto. Per farlo, però, ho bisogno di un aiuto, del tuo aiuto. >> La guardo negli occhi, quasi supplicante. << Adesso la vera domanda è: mi aiuterai? >> Rimane in silenzio, a riflettere probabilmente. Abbassa lo sguardo e si guarda le mani. Chiaro segno di indecisione. Sono uno stronzo e lo so, però voglio rimediare. Forse sono anche un po’ egoista; non credo che avrei cercato di aggiustare le cose con lei se niente di tutto ciò fosse accaduto. Lei avrebbe continuato ad odiarmi (non che adesso non lo faccia) e io avrei continuato a farle i dispetti. Semplici e stupidi adolescenti. Io non voglio più che continui così; mi preoccupo per lei e non è normale: io non mi preoccupo mai per nessuno. Sembrerò insensibile, ma non posso farci niente. Qualcuno potrà pensare che sono un pezzo di marmo, freddo e duro e io gli potrò anche dare ragione. Se gli altri non si preoccupano per me, perché mai io dovrei preoccuparmi per loro? Eppure, con lei è diverso. E’ qualcosa d’incondizionato.
Improvvisamente, sento un rumore, un rumore di metallo che striscia su un’altra superficie. Osservo ciò che c’è intorno a me, ma non vi è niente di nuovo. Poi sento che la mano di Lily stinge il mio braccio all’altezza del gomito e mi giro di scatto. Lei mi indica sconvolta le nostre medagliette.


Non è possibile.      




 

Lo stupido angolo di una stupida e vergognata autrice
 

Ok, sono mesi che non aggiorno questa storia.
Ok, forse non ve la ricorderete nemmeno.
Ok, forse non lascerete nemmeno una recensione.
Ok, sono una ritardataria cronica.
Ok, Luke è fantastico.
Ok, il punto precedente non c'entrava niente.
Ok, mi dispiace.
Ok, basta con questi ok.
Ehilà! Vengo in pace auhhuahuahuahua 
seriamente, non è che non ho voluto continuare questa storia,
è che il blocco dello scrittore mi ha travolta, nel vero senso della 
parola. Ho inziato due nuove storie (probabilmente per 
sfogare il nervosismo giornaliero), ma non riuscivo mai a continuare questa.
Adesso sono lieta di annnciarvi che il blocco dello scrittore sembra avermi
abbandonata e io non posso che sfruttare questo fantastico periodo.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, come al solito, 
ringrazio chi segue questa storia e chi solo la visualizza.
Sono rimasta scioccata da quante visualizzazioni ha continuato a
"collezionare" nonostante io non aggiornassi. 
Pubblicherò presto il prossimo capitolo
Vi saluto! 
P.S. auguri a tutti:)

 

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