Il migliore secondo di sempre

di VAleMPIRE
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Antefatto ***
Capitolo 2: *** Capitolo primo: La fine di tutto ***
Capitolo 3: *** Capitolo secondo: Orrore ***
Capitolo 4: *** Capitolo terzo: Voci ***
Capitolo 5: *** Capitolo quarto: Scusa ***
Capitolo 6: *** Capitolo quinto: Disinganno ***
Capitolo 7: *** Capitolo sesto: Cambiamenti ***
Capitolo 8: *** Capitolo settimo: Scontro ***
Capitolo 9: *** Capitolo ottavo: Sguardi ***
Capitolo 10: *** Capitolo nono: Due solitudini ***
Capitolo 11: *** Capitolo decimo: Strane sensazioni ***
Capitolo 12: *** Capitolo undicesimo: Bugiardo ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodicesimo: Muro di vetro ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredicesimo: Regalo ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordicesimo: Possibilità ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindicesimo: Vertigini ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedicesimo: Brividi e carezze ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassettesimo: Allo specchio ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciottesimo: Inafferrabile ***
Capitolo 20: *** Capitolo diciannovesimo ***
Capitolo 21: *** Capitolo ventesimo: L'unica via ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventunesimo: In corsa ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventiduesimo: Tutto e niente ***



Capitolo 1
*** Antefatto ***


Ciao a tutti! Ho scritto spesso fan fiction sulla Twilight Saga, ma non sono quasi mai riuscita a completarle nè ho mai pensato di volerne pubblicare. Questa, dunque, è la prima che mi accingo a far leggere a qualcuno. Ho buttato giù la prima bozza circa due/tre mesi fa, ma l'ho ripresa da poco. Non posso assicurarvi che la finirò, ma finora le idee non mi mancano e spero di chiudere almeno questa storia! Di seguito, la trama in breve.

Edward e Bella non sono riusciti ad avere il loro lieto fine. Il vampiro è così tornato più solitario e triste che mai. Medita il suicidio, ma per varie ragioni non arriva ad abbracciare questa estrema soluzione. Tra i motivi anche una inaspettata e piacevole novità di nome Lyla Cornell, che tornerà a “fargli battere il cuore”. Il problema è che anche lei è una mortale…

Antefatto

Bella

Isola Esme, Agosto 2006.

Il silenzio innaturale non era rotto che da un battito di cuore galoppante, impazzito. Il mio. 
E da un respiro lento, forzatamente regolare. Il suo.   
Io avevo già smesso di respirare.                                                                                  
Nella penombra vedevo solo il luccicare ardente dei suoi occhi dorati, attenti ed apprensivi. 
A ogni mio lieve sussulto rispondeva con tentennamento. Il suo volto di nuovo espressione del caos. 
- No, ti prego. Non cambiare ancora idea. - gli ho sussurrato, cercando di mantenere ferma la voce. 
Era rimasto muto e, dopo un lungo sospiro, aveva ripreso ad accarezzarmi lentamente lungo tutto il corpo. 
Ci eravamo scambiati un intenso sguardo che diceva più di mille parole, carico di mute promesse, passione e dolcezza. Non avevo più paura. E il mio coraggio, mi aveva detto, avrebbe cancellato la sua.  
Ma allora perché la leggevo, così prepotente, nei suoi occhi, mentre si preparava ad essere finalmente dentro di me?

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Capitolo 2
*** Capitolo primo: La fine di tutto ***


CAPITOLO PRIMO: LA FINE DI TUTTO

Edward

Forks, 2006.

Nulla ha più senso. Continuare ad “esistere”, avere l’affetto della famiglia, la ricchezza, la bellezza, andare ancora a scuola, studiare, leggere, viaggiare …         
Non ha più senso tutta la mia “vita”. Ogni cosa dei miei tormentati, vuoti, lunghi e spesso noiosissimi anni era stata solo un’inconsapevole attesa della mia seconda rinascita. La prima, a 17 anni, nel lontano 1918, era stata opera di Carlisle, che mi aveva dato la vita eterna quando quella terrena si stava spegnendo.  
E poi, quando ne avevo oltre 100, era arrivata lei, così fragile e inaspettata, a ridarmi un senso. Adesso sono come morto di nuovo. 
Senza di lei non sono che quel solitario e inquieto vampiro che esisteva prima del nostro incontro. Non riesco a credere che la nostra felicità insieme sia durata soltanto appena due anni. Cosa sono due anni in un arco di tempo infinito? Nulla, un secondo. Ma è stato il migliore secondo di tutta la mia esistenza.
Ed anche se ero giunto controvoglia a quell’egoistica soluzione - trasformarla – alla fine ero quasi stato grato al destino, o qualunque cosa fosse, per aver messo quell’angelo sulla mia strada. Perché mi completava, eravamo l’uno parte dell’altra. Un legame troppo profondo per essere spiegato con le parole. 
Che ci aveva fatto superare insieme mille avversità e si era rafforzato a tal punto da portarci entrambi a credere che null’altro ci avrebbe ostacolato o diviso, dopo il matrimonio. Ma avrei dovuto ragionare di più sul fatto che non potesse essere così facile … Arrivare ad avere la mia anima gemella totalmente e per sempre in appena due anni! Quel tempo era stato solo un' illusione. Un crudele, ingannevole gioco del destino: avvicinarmi tanto alla perfezione solo per un attimo per poi distruggerla. Cosa mi resta, ora, di quei due anni con la mia amata Bella? Il dolore, il rimorso e la rabbia per averla persa.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo secondo: Orrore ***


CAPITOLO SECONDO: ORRORE

Uccisa.                                                                                                                                

Certe volte evito di pensare questa parola. Ci provo, almeno …                                      
Preferisco pensare che se n’è andata, che si è persa o che è scomparsa. Non posso credere di essere io stesso l’artefice della mia rovina. Di averlo fatto in un momento così privato e romantico, per di più. Privato, ma non esattamente intimo. Io e Bella non siamo nemmeno riusciti ad avvicinarci tanto l’un l’altro da confondere i nostri corpi. E’ morta vergine. Per come eravamo entrambi, per come sono e sarò per sempre.      
Il mio ultimo ricordo, se mai un giorno mi troverò sul punto di morte, sarà il suo corpo nudo, freddo e insanguinato. La mia fresca e giovane sposa morta pochi attimi prima della nostra unione totale. Per colpa mia. Per la mia bramosia letale, in meno di un minuto. E l’ultima cosa che lei ricorderà, ovunque sia andata, sarà il mostruoso ed incosciente neomarito con la bocca coperta del suo sangue. Quel vampiro che credeva un angelo tramutato di colpo in demonio. 
E, se le ha sentite anche nello stato acuto di dolore, magari ricorderà pure le mie patetiche parole.
Non temere amore, è tutto a posto. Va tutto bene, Bella, ti salverò! Va tutto bene...

Non sono certo che le abbia sentite, i suoi occhi erano così cristallizzati dal terribile attimo in cui aveva preso coscienza della gravità dell’accaduto…           
Quando mi aveva visto il rosso tra i denti. Non ha detto una parola, è andata via senza dirmi nulla. E’ logicamente rimasta troppo sconvolta per reagire in alcun modo. La sua testarda ed immeritata fiducia nei miei confronti tradita così drasticamente in un soffio. Nessun tipo di orrore può eguagliare quello che ho provato in quella notte, stampato nella mia memoria come una fotografia. Il suo corpo candido, con la giugolare recisa, la chiazza di sangue sul cuscino. Il letto sul quale dovevamo per la prima volta fare l’amore era diventato il letto di morte. Della sua, ma anche della mia, in un certo senso.   
Il sangue di Bella è in assoluto la migliore sostanza che abbia mai introdotto nel mio organismo in oltre un secolo di esistenza. Non ha eguali. Il sangue di altri umani che ho bevuto in passato non è nulla in confronto, è come acqua. Il suo era una vera e propria droga, una volta assaporato. Più ne bevevo e più ne desideravo. Lo volevo come non mi era mai successo prima. Ma al contempo sapevo che non dovevo lasciare che il mostro prendesse il sopravvento. 
Non poteva e non doveva vincere sul quel briciolo di razionalità che mi restava. Ma il sangue era dappertutto. Sul suo collo, sulle sue spalle, sul cuscino, le mie mani, la mia bocca. Ed io, perdendo del tutto il controllo, l’ho bevuto e l’ho prosciugata. Era uno spettacolo maledettamente affascinante. Non avrei mai voluto vederlo, né provocarlo soprattutto. Sono stato egoista, mostruoso, avido, folle. E non sono ancora aggettivi abbastanza negativi per descrivermi.                       
Ucciderla è stato peggio che condannarla all’eternità da vampira.                          
L’unica magra consolazione è che non mi ritroverà: se davvero esistono un inferno e un paradiso … non ci incontreremo mai più.

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Capitolo 4
*** Capitolo terzo: Voci ***


Dimenticavo di ringraziare Fannysparrow che è stata la prima ( e finora l'unica ) a lasciarmi il suo parere su questa storia! A tutti gli altri, dico che mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!  Ammetto che forse non è esattamente il tipo di storia che le fan di Twilight vorrebbero leggere, ma spero possiate comunque trovarla interessante.

CAPITOLO TERZO: VOCI

Saint John’s ( Terranova, Canada), Settembre 2010.

Cosa mi abbia trattenuto davvero dal tentare seriamente il suicidio non saprei ( l’affetto della mia famiglia, il volermi punire soffrendo e pagando per l’eternità quello “sbaglio”? ), ma adesso so per certo due cose. La prima è che non potrò mai scordare Bella. La Bella viva, dolce, fragile ma coraggiosa e forte. 
E la Bella morta, inerme, bianchissima e fredda. La seconda è che non potrò provare ancora qualcosa di simile all’amore verso un’altra. 
Sono troppo furioso con me stesso forse per preferire il suicidio. Non è la soluzione più giusta, devo punirmi.                            
Carlisle non è così sereno all’idea che io non riesca più a fare nulla , però, senza quest’opprimente e costante fantasia. Lui mi definisce ufficialmente “depresso ed apatico”. Lo medito spesso il suicidio, ma oltre a non essere la scelta migliore, è anche un atto piuttosto complicato per un vampiro. Non è neppure il caso di tornare dai Volturi, dato che, l’ultima volta in cui stato da loro, Aro si è mostrato eccessivamente affascinato dalla mia dote particolare. La mia capacità di leggere i pensieri altrui. Jane non ci metterebbe nulla a torturarmi sino a convincermi di restare a Volterra e a quel punto non sarebbe facile uscire dal segreto covo dei Volturi. Quindi no, il suicidio è escluso. Ma l’idea mi frulla comunque per la testa …             
La mia famiglia è sempre inquieta, perché, anche se Alice potrebbe prevederlo, non sa mai cosa potrei fare d’istinto. Temono che agisca senza premeditare.
O che vada dall’altra parte del mondo per isolarmi e infine uccidermi senza dargli il tempo necessario per raggiungermi. Certi giorni più di altri sono palesemente attratto dall’oscuro nulla che potrei trovare togliendomi la vita. E’ una tentazione fortissima. Ma sarebbe troppo facile se riuscissi a risolvere tutto in quel modo. Devo continuare a convivere per l’eternità con il dolore. E , nel frattempo, non cedere al forte richiamo consolatorio della morte, cercando di tenermi occupato il più possibile. Leggendo, suonando, viaggiando, stando coi miei cari… 
Da quest’anno frequento la“S. John’s High School”, nella città di Saint John’s, capitale dell’Isola di Terranova, Canada. Questo è il primo anno, dalla scomparsa di Bella, in cui torno a recitare la parte dell’alunno adolescente. Io e i miei siamo l’ennesima nuova famiglia nell’ennesima nuova città. 
Questa volta però gli abitanti sono più numerosi rispetto a quelli dell’ultima cittadina in cui abbiamo vissuto, Forks, dunque diamo un po’ meno nell’occhio. 
Il clima è l’ideale per quelli come noi: inverni lunghi con temperature sotto lo zero, nebbia e neve. Solo nell’estate, per qualche settimana, si raggiungono i venti gradi.                                    
Altra “distrazione”, poi, sono tutte le voci che sento ovunque vada. Fra tutte quelle che invadono la mia testa , ultimamente, una è nettamente sopra le altre.
Quella di una certa Lyla Cornell, una delle mie compagne di classe. Il primo giorno è stata seduta di fronte a me in modo così composto da risultare quasi fastidioso, per quanto fosse in contrasto col turbinio dei suoi pensieri. Sin da subito mi sono reso conto che la maggior parte delle persone che hanno lezioni in comune con le mie sono ragazze. Bene. In genere le donne parlano e pensano molto più degli uomini, quindi più distrazioni per me.
Ma di solito, in mia presenza, pensano troppo spesso  e poco pudicamente a come conquistarmi o trascinarmi nelle loro camere da letto. 
Dunque non così bene…

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Capitolo 5
*** Capitolo quarto: Scusa ***


In questo capitolo si comincia a conoscere il personaggio ideato da me, la protagonista femminile della storia, Lyla.

CAPITOLO QUARTO: SCUSA

Negli ultimi quattro anni non ho quasi interagito con gli umani. Sono stato per lo più da solo e con la mia famiglia. Uscendo di casa solo per cacciare o altre cose strettamente necessarie. Ma poi è arrivato il momento di cambiare: tenermi impegnato, trovare qualcos’altro da fare, per non impazzire del tutto. Sono stati principalmente Carlisle ed Esme a convincermi di tornare tra i banchi di scuola.
Questa mattina di metà settembre non sono proprio riuscito ad ignorare Lyla Cornell. Nelle prime ore non ha fatto che pensare a me e a quanto odiasse la materia che stavamo seguendo, chimica. E’ stata seccata perché, arrivando in ritardo, l’unico posto libero che ha trovato era in un banco di fronte al mio, dunque non ha potuto guardarmi. E’ poco più bassa di me e piuttosto magra. Ha lunghi capelli lisci color rame, non la sua tonalità naturale, e una carnagione molto chiara, con qualche lentiggine. I suoi occhi sono blu e grandi, le labbra piene e naturalmente rosse. 
Al cambio dell’ora ha raccolto rapidamente le sue cose per non perdermi di vista e scoprire quale altra lezione avessi. In corridoio mi ha camminato dietro, fingendo di non sapere dove dovesse andare. 
Avanti, buttati, idiota! E’ un ragazzo come tutti gli altri, che ti prende?... No, no, ok: non è affatto come tutti gli altri...Ma buttati comunque. 
Per l’ennesima volta mi sentivo definire “diverso dagli altri”, ma la cosa non riusciva più a strapparmi neppure mezzo sorriso. La maggior parte lo pensa, ma per qualche motivo appaio poco simpatico oppure li metto in soggezione. Per cui non arrivano mai a conoscermi abbastanza per iniziare a formulare teorie sulla mia vera natura. Nessuno lo ha mai fatto, tranne Bella, ovvio. Finora l’unica, tra gli umani, ad avermi conosciuto davvero in ogni mio aspetto. 
- Scusa! – è poi riuscita finalmente a chiamarmi la ragazza, a pochi passi dall’aula e da me. 
- Si? 
Oh cavolo. Così vicino è anche peggio... 
- Qualche problema? - ho chiesto, evitando di guardarla negli occhi. 
Un tempo mi divertiva alimentare quei tipi di pensieri nelle ragazze. Vederle andare in tilt. Era un diversivo, un modo per spezzare la monotonia scolastica. 
Ma ormai non ricordo più come ci si diverta. 
- Ehm…si. Non riesco a capire dove si trova quest’aula. - mi ha spiegato Lyla, indicandola sulla piantina dell’istituto che si portava dietro.                                 
- Sei arrivata. - l’ho informata, spostando gli occhi sulla porta di fronte a noi. 
- Ah. Che sciocca! Non ne capisco mai nulla delle piante! Grazie! 
Così dicendo mi ha sorriso e poi siamo entrambi entrati in aula in silenzio. Era ancora mezza vuota. Sarebbe stato più difficile , stavolta, evitare di trovarmela accanto. 
Aspetto che si sieda e mi metto vicino al suo posto. Scommetto che sceglierà un banco vuoto. Sembra un tipo così asociale… 
Bene. Ho fatto il contrario di ciò che si aspettava e ho scelto di sedermi accanto a un ragazzo apparentemente tranquillo, il tipico secchione. Era l’unico che stava già leggendo un libro di testo, ascoltando musica con un mp3. Gli ho chiesto se potevo occupare il posto vicino al suo ed ha acconsentito con un cenno noncurante della mano. La voce mentale di Lyla, però, ha continuato a torturarmi… 
Uffa! Possibile che mi trovi già antipatica senza nemmeno conoscermi? 
Come fanno in fretta gli umani a trarre conclusioni, per loro certe, basandosi solo sulle impressioni! 
Magari è uno di quei tipi noiosi che solo perché hanno la fidanzata snobbano tutti...
Per fortuna, in pochi minuti, l’aula si è riempita e i suoi pensieri si sono fatti meno predominanti. E almeno durante quell’ora è stata attenta alla lezione.
Era quella di storia, la sua materia preferita.

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Capitolo 6
*** Capitolo quinto: Disinganno ***


CAPITOLO QUINTO: DISINGANNO

Nell’ora di mensa l’ho evitata chiudendomi dentro la mia auto. Ho messo la musica a tutto volume, ma poi mi ha raggiunto qualcun altro. Ovviamente sapevo già cosa stesse per dirmi… 
- Apri! - ha detto, bussando sul vetro. 
Ho aperto solo per non vedermi la portiera ridotta in frantumi. Mio fratello Emmett rideva ammiccante, divertito dal fastidio che mi provocavano i suoi pensieri.  
- Ho visto come ti guarda la rossa… Come sempre hai già fatto colpo, complimenti! 
- Smettila di pensare quello che stai pensando. 
Ridendo, è salito sull’altro sedile anteriore. 
- Avanti, parliamone! 
- Non c’è nulla da dire…Né da ridere. 
- Ok, scusa! - ha esclamato Emmett con finta aria innocente. Poi si è fatto un po’ più serio e io ho voltato la testa dal lato opposto, guardando fuori. 
- Senti, abbiamo già affrontato questo discorso senza senso. Non ripetermelo ogni volta che una ragazza mostra interesse nei miei confronti.- l’ho rimproverato, irritato.  Anche se stava zitto, nella sua mente non c’era silenzio…
- E’ che sono davvero stufo di vederti così musone! Ok, è stata una vera tragedia, ma impazzirai sul serio se non fai qualcosa per dimenticarla! 
- Non posso dimenticarla. In alcun modo. L’ho ripetuto un milione di volte. E lo sai che è vero. 
- Ma se non ci provi nemmeno! Ucciditi allora. 
A quel punto stavo per uscire dall’auto, ma mi sono bloccato sentendo di nuovo i pensieri di Lyla: si stava avvicinando. 
- Che succede? - ha chiesto mio fratello, incuriosito. 
- Mi sta cercando…
- E vuoi evitarla ancora. 
- Sarà meglio. Non mi va di essere sgarbato. 
- Tu?Sgarbato? Nah, non sai esserlo davvero. Più che altro credo che ti vedano come…un sociopatico. Magari avessi una reazione più energica ogni tanto! 
Ti fai scivolare tutto addosso. 
- Emmett. Emmett. Basta. Ok? Non frequenterò quella ragazza. Né nessun’altra. E parlo sia di umane che di vampire. 
Precisando quest’ultima cosa, ho ripensato a quello che era accaduto qualche mese prima. Io, Jasper ed Emmett ci eravamo recati a cacciare nelle foreste del Quebec e vi avevamo incontrato per caso le tre sorelle del clan di Denali, Tanya, Irina e Kate. Tramite Carlisle erano state messe al corrente della morte di Bella già da qualche anno e , come me, erano evidentemente a disagio. Non ci vedevamo dal giorno del matrimonio. Non sapevano cosa dirmi, ma Tanya si spiegava abbastanza bene e meglio delle altre coi pensieri. Senza aprir bocca, mi si era avvicinata dicendomi che non avrei dovuto sentirmi in colpa per l’eternità e che potevo contare su di lei per qualunque cosa. Chiaramente non era ancora rassegnata all’idea che un giorno avremmo potuto essere una coppia. Una coppia come Carlisle ed Esme o come quelle formate dai miei fratelli adottivi. Anche con lei ho dovuto così discutere a lungo del fatto che non volessi e non potessi più legarmi a nessuno. Jasper ed Emmett si erano allontanati per proseguire la caccia, mentre Kate ed Irina, dopo avermi salutato, avevano iniziato a rincorrersi per dare sfogo a tutta la loro sovrannaturale velocità. Una cosa che anche io, prima, facevo molto più spesso. Un vampiro ha bisogno, a volte, di comportarsi come tale a 360°, lontano dagli umani. Io e Tanya, rimasti dunque soli, ci eravamo seduti su una roccia larga e piatta vicino un torrente. Era quasi il tramonto. 
- Quando Carlisle me lo ha detto… - aveva esordito - …non riuscivo proprio a crederci. Avrei voluto parlare per telefono anche con te, ma mi ha spiegato che non volevi saperne. Non ti ho dato torto, ma avrei davvero voluto sentirmelo dire dalla tua voce. Ancora adesso mi sembra impossibile. Vi ho visti al vostro matrimonio ed eravate così…perfetti. Complementari. Mi ero convinta per la prima volta che un amore impossibile potesse esistere e durare. 
- Anche io. Ed ero sicuro di poterlo coltivare senza problemi. Ma evidentemente ho chiesto troppo a me stesso… 
- E’ la tua natura, in fondo. La nostra anzi. E’ quello che siamo. 
- Io per lei ero cambiato. Ero riuscito a scacciare via i miei demoni. 
- Ma alla fine hanno vinto. Ammettilo: non è stata una cosa poi così imprevedibile…
- No, certo, l’avevo messo in conto il rischio. Lo facevo sempre, ogni volta che la sfioravo o la baciavo soltanto. Ma il fallimento totale, quello no, non l’avevo considerato. 
- Comunque sono felice che… tu non abbia preferito di farla finita.- ha proseguito Tanya dopo un lungo silenzio. 
Io ho sorriso amaramente, lanciando un sasso in acqua.
- Considerato quanto sei melodrammatico…mi aspettavo un’uscita di scena teatrale sinceramente. O meglio, la temevo, ecco.- ha precisato guardandomi con un sorriso. 
- Avrei potuto e voluto. Ma alla fine ho deciso che mi merito di soffrire. Lo pensava anche Jacob, l’amico licantropo di Bella. E’ per questo che non è venuto a cercarmi per uccidermi dopo che abbiamo lasciato Forks. 
- Doveva proprio essere molto più speciale di quanto abbia mai potuto capire, allora, questa ragazza. 
- Neanche te lo immagini…
- E tutti gli altri che la conoscevano?
- I Quileute hanno accettato di non scatenare una guerra solo a patto che noi Cullen non ci saremmo più fatti vivi per l’eternità. La versione ufficiale della sua scomparsa, per gli umani, è una malattia. Tutti sanno che in Brasile è stata colpita da un virus letale sconosciuto. I suoi genitori ovviamente sono ed erano a pezzi. I compagni di scuola e gli insegnanti sconvolti. Mentre i Volturi…beh loro sono molto dispiaciuti per non aver potuto sapere che particolari poteri avrebbe avuto una volta trasformata. Fremevano dalla voglia di unirla alla loro congrega. Ho distrutto non solo Bella e me stesso, ma anche la sua e la mia famiglia. Non mi sentivo tanto mostruoso neppure quando per anni uccidevo volontariamente gli umani per nutrirmi. 
- E cosa fai da quando…? 
- Provo a fare le cose che ho sempre fatto. E ogni minima cosa mi ricorda lei. Ho composto una ventina di lamenti dopo la sua morte. 
- Non ti aiutato nemmeno aver cambiato aria, eh? 
- Sono passati solo quattro anni. E in ogni caso il passare del tempo non cambierà nulla. Non arriverà nessun’altra che potrà salvarmi di nuovo.
- Io ti vorrei ricordare una cosa: mai dire mai. Anche prima che conoscessi Bella dicevi sempre che non avresti mai trovato la tua anima gemella. E invece poi ti sei innamorato, ricambiato. Dopo è andata come è andata, ok, ma magari non eravate destinati a stare insieme per sempre. Non eravate davvero anime gemelle forse. Ci hai mai pensato a questo? Magari la tua relazione con lei è stata solo…una specie di “prova”. 
- Cosa vuoi dire esattamente? 
- Nel senso che potresti aver incontrato ed amato lei solo per capire che puoi amare ed essere amato, proprio come tutti gli altri. Per farti capire che non sei il mostro che credi di essere. 
- Quante altre umane credi che potrebbero amare un vampiro? 
- Non mi riferivo mica solo alle umane… 
C’è una vampira, qui, che ti vuole tanto bene da un sacco di tempo. 
Questo pensiero era stato accompagnato da uno sguardo languido ed ironico allo stesso tempo. Io mi ero girato di spalle, sospirando e scuotendo il capo. 
Ok, lo so. L’amore dovrebbe essere reciproco. Ma potremmo provare a stare insieme comunque. Magari scopriresti delle cose di me che ancora ignori. 
E potrebbero piacerti. 
- Tanya, io non voglio ferirti ancora. Sai benissimo che per me sei come una sorella o un’amica, al massimo. E poi se non riuscivo a vederti come più di questo prima…figuriamoci adesso. Il mio cuore ormai è una pietra. Non mi innamorerò mai più di nessun’altra.

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Capitolo 7
*** Capitolo sesto: Cambiamenti ***


CAPITOLO SESTO: CAMBIAMENTI

Con Alice le cose sono un po’ cambiate. Tra tutti i componenti della mia famiglia, è forse quella che è rimasta più delusa da me. Ovviamente non aveva avuto una visione della tragedia, in quanto non preceduta da azioni o scelte consapevoli. Ma poco dopo l’inizio della fine di Bella, quando ancora dall’Isola Esme non avevo chiamato casa, aveva comunque avuto un’altra terrificante previsione: il funerale della neosposa. Questa l’aveva naturalmente messa in allarme e mi aveva subito chiamato, precedendomi di pochi minuti. Quando avevo risposto, ero ancora sotto shock, incapace di parlare. Poi, a turno, avevo sentito tutti e tutti avevano reagito in modo diverso. Alice era incredula, come gli altri, ma in modo più tangibile. Ero il suo fratello preferito da sempre, eravamo complici ed amici, oltre che fratelli. Era stata la prima ad accettare con entusiasmo la mia relazione con Bella ed era andata al settimo cielo quando ci eravamo ufficialmente fidanzati. Lei e un’umana, tanto diverse l’una dall’altra, erano diventate migliori amiche! L’idea di averla persa per sempre l’ha devastata. Ora è molto più silenziosa e meno solare. Mi dispiace tantissimo persino aver spento la luce che le faceva brillare gli occhi quando vedeva anche solo un nuovo paio di scarpe. 
Jasper, invece, è quello che ha reagito in modo più composto. Mi aveva detto che non se lo aspettava, ma che tutto sommato era una cosa che purtroppo non si sarebbe dovuta escludere del tutto. Emmett, come sempre, aveva cercato di sdrammatizzare e di non colpevolizzarmi troppo. Ma, oggi, è comunque molto triste dentro di sé, per aver perso quella che chiamava la sua “cognatina preferita”. Rosalie mi aveva detto che la colpa era stata anche di Bella, perché non avrebbe dovuto fidarsi a tal punto di me. Da allora pensa che tutta la nostra storia non sia stata altro che un abbaglio, un errore sin dall’inizio. I più addolorati sono miei genitori, che, parlandomi al telefono, in quella notte orribile, non sapevano se consolarmi o accusarmi. Perché erano arrivati ad amare Bella tanto quanto amavano me da sempre. 
Per sentirmi meno soffocato da loro, ho dunque deciso di andare a vivere per conto mio, già poche settimane dopo la scomparsa della mia amata. Da allora, Carlisle ed Esme vengono a trovarmi quasi ogni giorno. Alice non molto spesso, invece, soprattutto i primi tempi e mai senza Jasper. Con lui, almeno, riesce ad essere di un umore più sereno. Emmett mi cerca più che altro per cacciare insieme, ma non facciamo più le gare di velocità. Rosalie, infine, viene solamente quando tutta la mia famiglia ha intenzione di fare una visita collettiva. Mi fa piacere sentire il loro affetto, ovvio, ma mi irrita sapere, percepire quanto gli costi mantenere l’equilibrio che ho rotto. Quando sono solo, suono il pianoforte e compongo, oppure leggo, ascolto musica, guardo film. Le ore che passo a scuola sono le uniche in cui interagisco maggiormente con gli umani…se salutare e rispondere all’appello può definirsi “interagire”. Limito anche gli interventi durante le lezioni. Non sono più il primo della classe, sono stanco di esserlo. Per una volta voglio provare a non essere tra i più bravi. Questo ha anche un vantaggio: le ragazze hanno una scusa in meno per tentare di corteggiarmi. Perché quando sei solo il più bello e non il più bello e il più bravo della classe, non ti possono cercare col pretesto di volerti incontrare per “studiare insieme”. Ma anche se sono taciturno ed asociale, c’è sempre qualcuna che muore dalla voglia di conoscermi. E quest’anno, su tutte, è Lyla Cornell.

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Capitolo 8
*** Capitolo settimo: Scontro ***


CAPITOLO SETTIMO: SCONTRO

 

- Hai intenzione di farti bocciare? - mi ha chiesto Lyla di punto in bianco, una mattina, mentre entrambi prendevamo i libri dai nostri armadietti in corridoio.
- Cosa?
Sapevo cosa volesse dire, ma ho dovuto fingere, come sempre. Potevo semplicemente ignorarla, ma ultimamente questa tattica mi si stava ritorcendo contro: 
i suoi pensieri erano sempre più caotici. Dunque forse era meglio darle un po’ di corda…Magari rendendomi ancora più antipatico. Avrebbe smesso di cercarmi. Agire con le donne che mi desiderano è sempre stato un gioco da ragazzi per me, dal momento che conosco ogni loro pensiero.
- Qui sono molto severi, sai? E credo che tu abbia già fatto molte assenze. Senza contare che non hai ancora un’interrogazione sufficiente in ogni materia…- mi ha ricordato, apparentemente preoccupata per me.
Ma solo in apparenza, appunto. In realtà stava già meditando sull’opzione “studiare insieme”. Stupidamente non ci avevo pensato: se non sei tu quello bravo, ma lo è la ragazza che ti vuole, la ragazza può offrirsi di “aiutarti a recuperare”.
- Credo siano affari miei, ti pare?
- Ma qual è il tuo problema?
Me lo ha chiesto con tono quasi esaurito: era da giorni che voleva rivolgermi quella domanda. Ed avere finalmente trovato il coraggio di farlo, per lei, mi è sembrato fosse addirittura liberatorio.
- Perché sei sempre così…scontroso?
Ah, dunque Emmett si sbagliava: sapevo apparire scontroso.
- Mi dispiace. Sto attraversando un periodo…infernale.
- E non puoi nemmeno ringraziarmi per averti dato un avvertimento utile? - così dicendo mi si è avvicinata, guardandomi per la prima volta dritto negli occhi per tutta la durata della frase.
Era inevitabile rivedere Bella, per la sua ostinatezza. Ma quest’altra umana testarda era molto più sicura di sé e non arrossiva. E mio malgrado imparavo anche a conoscere dettagli sulla sua vita sentimentale passata. Guardandomi faceva spesso confronti tra me e i suoi ex fidanzati. Ne ha avuti un paio, a quanto sembra, e sono state relazioni con rapporti anche intimi. Adesso immaginava di averne con me…
- Non ho bisogno di alcun tipo di avvertimento, credimi. Capisco perfettamente come vanno le cose.
- Ah, bene. Allora non mi prenderò più il disturbo di darti consigli.
Che caratteraccio!
Poi ha chiuso energicamente lo sportello dell’armadietto e si è allontanata senza salutarmi. Non me la sono presa, ovvio: non era né la prima né l’ultima a cui stessi antipatico. Quello che mi infastidisce è la fissazione che, dal primo giorno di scuola, ha maturato nei miei confronti. Temo diventi un’ossessione, perché sto capendo che più la respingo più mi desidera. A questo punto le soluzioni possibili sono due: o lasciare la scuola o resistere. La prima sarebbe la più logica. 
Ma è una specie di circolo vizioso: se lascio la scuola sono meno occupato e se sono meno occupato sono più incline a cercare il nulla. Alla fine non sarà così difficile ignorare l’ennesima spasimante inconsapevolmente senza speranza. Quindi continuerò a frequentare la scuola.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo ottavo: Sguardi ***


CAPITOLO OTTAVO: SGUARDI

 

Lyla sembra davvero frustrata all’idea di non riuscire a socializzare con me. Non capisco tutta questa disperazione per un motivo così futile. Siamo di nuovo l’uno vicino all’altra, di fronte gli armadietti della scuola e mi spia con la coda dell’occhio.
Oggi sembra anche più strano del solito…
Forse perché, per la prima volta, ci stiamo spiando a vicenda a lungo. A proposito: perché lo sto facendo anch’io? I suoi pensieri non sono nemmeno così interessanti. Ma c’è qualcosa in questa ragazza che mi incuriosisce, anche se non riesco a capire cosa…Forse semplicemente perché in certi suoi atteggiamenti rivedo Bella. Ha il suo stesso modo di guardarmi, affascinata ma anche sospettosa. Dai suoi pensieri mi è chiaro che inizi a nutrire dei sospetti verso di me. Anche se ancora non ho spostato auto con una sola mano né fatto nulla del genere.
- Senti, io vado al bar qui fuori. La roba della mensa inizia a stancarmi. - mi dice di colpo - …Mi accompagni?
La sua voce è ferma e sicura, ma il suo cuore batte forte come un martello.

Ti prego dì di si, ti prego, ti prego…
Cos’ho da perdere? Forse è la cosa più giusta parlare da soli per chiarire le mie intenzioni.
-Va bene. Fammi strada.
Poco lontano da noi c’è Alice, passeggia con Jasper. Mi guardano entrambi con apprensione e, senza nemmeno volerlo, nelle loro menti torna a balenare il cadavere di Bella. Così gli passo accanto e, senza farmi sentire da Lyla, gli sussurro che è tutto sotto controllo.
Mentre camminiamo verso il bar le chiarisco subito che ho già mangiato prima una cosa al volo, al cambio dell’ora, e quindi non ho fame. Lei prende un cornetto alla crema. Nel frattempo prepara in mente l’impostazione del discorso che vuole farmi. Chissà se anche la mia Bella pensava così tanto prima di parlarmi… 
E’ inevitabile chiedermelo. E ripensarla, ogni volta, mi dà un’aria ancora più triste.
- Qualcosa non va?
- No. Cioè…si. Ma non voglio parlarne.
- Non ti piace qui?
- Non è questo.
- Mi spieghi una cosa? Perché vieni a scuola? Uno che è depresso non dovrebbe venire a scuola, secondo me. Insomma, a me piace la scuola, ma mi pare che a te non piaccia per nulla invece. E posso immaginare che per un depresso sia una tortura. Quindi…perché non la lasci?
- Perché non mi dici chiaramente cosa pensi?
E’ spiazzata, inarca le sopracciglia sottili.
- Cosa? Io? Io ti sto dicendo quello che penso. Sei tu che continui ad essere così evasivo e sintetico. Questa è la prima volta, in circa un mese e mezzo di scuola, che ti sento parlare “così a lungo”.
- Non possiamo solo essere semplici compagni di classe?
Così dicendo mi alzo dallo sgabello e le raccolgo da terra la borsa grigia a tracolla.
-Tra un quarto d’ora inizia la prossima lezione. Rischiamo di fare tardi.
Nel passarle la borsa faccio attenzione a non sfiorare la sua pelle.
-Ti sto antipatica. Dillo chiaramente. Non ne capisco il motivo, ma è evidente. Quindi dimmi tu le cose come stanno e basta.
Questa consapevolezza non sembra infastidirla tanto, vuole provocarmi più che altro. I suoi pensieri sono coerenti alle parole, però esprimono molta più delusione di quanta ne voglia comunicare.
- Usciamo.- le dico brusco.

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Capitolo 10
*** Capitolo nono: Due solitudini ***


CAPITOLO NONO: DUE SOLITUDINI

 

Lyla mi segue in silenzio in attesa di spiegazioni. Ci avviamo all’interno del cortile della scuola. Durante l’ora di chimica, invece di seguire, mi rendo conto di una cosa: Lyla non ha amici a scuola, proprio come me. E’abbastanza solitaria, fa più cose con la fantasia che nella realtà, a quanto ho capito. E’una sognatrice e non si trova veramente bene con nessuno perché sono poche le cose che condivide con gli altri. E’attratta da quelli come me, perché soli come lei. La solitudine non le pesa, ma vuole unire le nostre due solitudini. Sentire continuamente tutto ciò che pensa di me è snervante. Non mi idealizza almeno, a differenza di altre. Mi vede solo per come voglio e riesco ad apparire. E le piaccio comunque. Inizio quasi a sentirmi in colpa per conoscere così bene la sua mente e , di conseguenza, parte della sua vita.
Io,“spiandola”, sto conoscendo praticamente ogni cosa di lei, mentre Lyla di me non sa quasi nulla.
Non che sia il caso di conoscermi a fondo, però …
- Mi daresti un passaggio? - mi chiede mentre usciamo dall’aula.
E’appena terminata l’ultima lezione, sono le quindici e qualcosa. Sta piovendo a dirotto e lei è a piedi. Oggi i miei fratelli sono tutti assenti per la caccia. Io ho preso in prestito la moto di Jasper.
-Temo ti bagneresti comunque. Oggi non ho l’auto, ma la moto.
- Mi piace la pioggia, non è un problema. Non mi va di camminare perché … l’ora di ginnastica mi ha distrutta! - confessa sorridendo.
Di nuovo, sorgono spontanei i confronti con Bella: al contrario di lei, Lyla ama la pioggia, ma anche quest’ultima non è molto atletica
- D’accordo. - mi arrendo con un mezzo sorriso, ascoltando le sue lamentele mentali per via dei muscoli indolenziti.
- Non ci posso credere: hai sorriso! Beh … quasi.
Così dicendo mi si getta letteralmente addosso, circondandomi il collo con le braccia. Io, irrigidendomi, torno serissimo e mi preoccupo se quel contatto eccessivo possa rivelarmi.
- Senti così tanto freddo? - mi sussurra, guardandomi negli occhi e spostando un po’indietro il collo.
Per fortuna almeno in corridoio non è rimasto nessuno. Ho paura che per convincerla a staccarsi potrei farle del male.
Le sue mani stanno raggiungendo la mia nuca.
Quel contatto inizia a farmi sentire a disagio. So cosa ha intenzione di fare. Nei suoi occhi per la prima volta vedo una certa paura. Ma subito la sua mente mi chiarisce che si tratta di una paura sbagliata …

Cavolo, non può essere gay …
- No. - dico, rispondendo al suo dubbio inespresso.
- Mi confondi … - boccheggia lei, ripoggiando i talloni per terra.
- Non lo sono. - ribadisco stupidamente.
- …Come? Non sei cosa?
-Quello che … immagino tu stia pensando.
- Ah … lo hai intuito. Bene, meno male allora! Qualunque sia il motivo per cui tu non voglia baciarmi comunque … ok, lasciamo stare. Scusami. Anzi, credo proprio che andrò a piedi …
- No, aspetta. Credo che accompagnarti a casa sia il minimo che possa fare, considerato come ti ho trattata sin dall’inizio.
La mia cavalleria non è morta col mio cuore. Non riesco ad essere troppo maleducato, soprattutto perché i suoi pensieri mi urlano contro quanto sia delusa.
Ora le mie ultime parole l’hanno piacevolmente sorpresa. Non si sofferma più di tanto a chiedersi perché abbia cambiato idea.
- Non ti capirò mai Edward Cullen. Andiamo!

 

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Capitolo 11
*** Capitolo decimo: Strane sensazioni ***


CAPITOLO DECIMO: STRANE SENSAZIONI

 

Abita parecchio lontano dalla mia abitazione più periferica, ma con i km/h che può raggiungere il mio pezzo non ci impieghiamo moltissimo. Mi assicura che la velocità non la disturba e in effetti non ha paura. Si stringe forte ai miei fianchi soprattutto per il gusto di essermi così vicina. Durante il tragitto pensa pochissimo, più che altro a quanto sia felice del fatto che per la prima volta stiamo insieme oltre gli orari scolastici. Io avverto delle sensazioni bizzarre. Capisco che mi sento quasi colpevole per quello che provo perché … sto bene. Non bene nel vero senso della parola. Bene … in senso fisico. 
Il contatto, la vicinanza a un corpo caldo e pulsante. E’ pericoloso. Potrebbe risvegliare i miei veri istinti sopiti. Ovviamente l’odore del suo sangue non è neppure minimamente paragonabile a quello di Bella. Non mi fa perdere la testa, non ho la tentazione di ucciderla. E’ qualcos’altro.
E’ il suo corpo, è lei a farmi lo strano desiderio di vicinanza , di calore. E le sue fantasie su una nostra ipotetica relazione non mi aiutano.
Chissà se anche Bella aveva sempre pensato certe cose su di noi poco dopo esserci conosciuti … Ho sempre ritenuto terribilmente frustrante non conoscere i pensieri della mia amata, ma ora inizio a convincermi che forse sia stato meglio non averli mai saputi, dopotutto. Avrei sofferto il doppio, perché il suo viso era già molto eloquente. Qualunque sensazione - paura, desiderio, incertezza … - mi sarebbero giunte amplificate. Con Lyla è proprio l’opposto: di lei so molte più cose tramite la sua mente, che dalla sua bocca. Anche se quando parla, seppur non moltissimo, è sempre chiara e sincera.
Appena arriviamo davanti casa sua ha quasi smesso di piovere, ma fa molto freddo. Siamo entrambi parzialmente bagnati, perché, anche se riparati dall’ombrello di Lyla, l’acqua è giunta trasversalmente a causa del vento.
- Spero che non ti prenda un brutto raffreddore.
- Tranquillo, anche se posso sembrarti delicata, ho una salute di ferro.- mi assicura, scendendo dalla moto. - Grazie del casco.
- Figurati. Bene … a domani allora.
- No, aspetta! - mi dice, bloccandomi la mano con cui sto già riavviando il motore.
Mi fermo, pienamente conscio delle sue intenzioni, invece di sfrecciare via a tutta velocità. Che senso ha evitarla e basta se non da risultati? 
Magari facendo quello che vorrebbe facessimo, avvertirà qualcosa, percepirà un che di “strano” o “sbagliato” in me. Tipo la rigidità innaturale o la temperatura corporea troppo bassa.
Nella sua testa non c’è il solito turbinio confuso di idee incoerenti. Vuole solo un mio bacio. E’ focalizzata unicamente su questo.
Così le lascio fare, fermo come una statua. Dapprima mi sfiora appena le labbra granitiche. Non le apre, le tocca anche con le punta delle dita. 
Poi, non ricevendo nessuna reazione da parte mia, si allontana e mi fissa negli occhi con un sopracciglio alzato. Io chiudo i miei e sospiro.
- Ok. Sei fidanzato, vero? - mi chiede con una risata nervosa.
- No.
- Non ti piaccio per nulla allora.
- E’ meglio se rientri a casa. - le consiglio.
Lei incrocia le braccia con un broncio quasi infantile.
-Va bene. Saremo solo compagni di classe. Ma smettila di essere così gentile! Quasi ti preferivo quando eri più sgarbato.
- Ti ho solo dato un passaggio.
- E ti sei lasciato baciare. Eh … ah si, ti sei preoccupato per la mia salute. Solo pochi giorni fa non l’avrei creduto possibile. Quindi qualcosa dentro di te deve essere cambiata.
E’ molto perspicace, su questo nessun dubbio. Ma non abbastanza da ritenermi troppo “diverso” o in qualche modo “poco raccomandabile”. 
Del resto non ho fatto nulla per apparirle così. Per lei sono solo un “depresso taciturno disinteressato”. Sono questi gli aggettivi che mi affibbia più spesso.
- Perché ti interesso se ti do sui nervi? - mi scappa di chiederle, stuzzicandola.
- Perché … - bofonchia - … perché sei … sei così! - guardandomi dalla testa ai piedi - E perché sei l’unico ragazzo della scuola a non somigliare a un altro. 
E anche l’unico a risultare così figo pur avendo un’aria da zombie, credo. Sono abbastanza come motivi?
- Abbastanza insoliti. Comunque insisto: dovresti metterti al riparo adesso. - ripeto, girando la chiave per accendere il motore.
Lyla si sfrega le mani sulle braccia e guarda a terra.
- Perché non entri? Non c’è nessuno in casa.
Ancora? Io e una ragazza che muore dalla voglia di saltarmi addosso soli, nella sua casa? Non è proprio saggio. Ma sento che devo trovare un modo per sbloccare questa situazione. La sua ossessione per me deve essere annullata, anche in modo brusco, se serve. Non mi va che continui a sperare inutilmente.
- Perdonami se ti sembro troppo sfacciata: deve essere colpa dei miei ormoni da diciottenne! - ironizza Lyla di fronte la mia titubanza.
- Penserai che i miei invece siano congelati, immagino.
- Allora hai un po’ di senso dell’umorismo! Ho idea che tu abbia solo bisogno di … scioglierti. - prosegue, togliendosi la sciarpa bianca - Quindi … ci hai ripensato? O vai via?
Qualcosa nel suo modo di chiedermelo, tra il seducente e l’implorante, mentre piega la sciarpa dentro un tasca della giacca, mi fa scattare dal sedile della moto. 
E prendere il suo viso tra le mie mani gelide subito dopo. Lei, col fiato sospeso, ha le gote in fiamme come non le ha mai avute, rosse quasi quanto il suo maglione. Non pensa nulla. Anche io ci provo. 
Voglio cacciare via dalla mia mente tutti i baci con Bella, prima di donare per la prima volta le mie labbra a un’altra umana.
E’ una cosa rischiosa, ma non impossibile. Non ci sarà passione, né desiderio, da parte mia. Servirà solo per provare a convincerla di lasciarmi stare.
Con l’apatia che mi accompagna in ogni mio gesto ormai da oltre quattro anni, incontro la sua bocca morbida e stavolta è lei a restare ferma. 
Ha paura che possa irrigidirmi di nuovo. Non le do un vero bacio, un bacio profondo, ma mi sento nuovamente strano, tra il colpevole e l’appagato.

E’ così …  così … strano, pensa la ragazza assaporandomi.
Spinta dalla curiosità e dalla voglia di “sciogliermi”, si fa più audace e infila la mano destra sotto il mio giubbotto nero. Le sue dita sottili tentano di annullare ogni ostacolo tra la sue pelle e la mia, cercando di infilarsi anche sotto il mio maglione.
- Sei così gelido.- sussurra contro la mia bocca quando mi sfiora la schiena.
- Cos’altro?
- Stai cercando di dirmi o dimostrarmi qualcosa, lo sento … Ma non capisco cosa. E’ solo per questo che mi hai baciata!
Offesa, comincia ad indietreggiare e arriva sotto la piccola tettoia della porta d’ingresso di casa sua. Io, a mia volta, faccio dei passi in avanti per mantenere una breve distanza tra noi. Senza smettere di guardarmi con un misto di emozioni - curiosità, rabbia, paura - estrae un mazzo di chiavi dalla tasca esterna più piccola della borsa. Ne prende la più lunga e, senza voltarsi verso la porta, la gira nella serratura per aprirla.
-Vattene. - scandisce come un ordine.

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Capitolo 12
*** Capitolo undicesimo: Bugiardo ***


CAPITOLO UNDICESIMO: BUGIARDO

 

- Edward, vorrei parlarti.
E’ Carlisle ed è notte. Siamo entrambi nel suo studio, nella grande villa in cui la mia famiglia vive tutta insieme. Lui sta leggendo un libro, io sistemo secondo un altro criterio la disposizione di grossi volumi sugli scaffali. Sono in piedi e di spalle, davanti alla scrivania dietro cui è seduto mio padre.
- So che sai cosa voglio dirti, ma parliamone. Puoi anche restare lì a fare quello che stai facendo.
- Dimmi pure.
- Alice ci ha detto di averti visto … molto vicino a una ragazza. Un’umana, una tua compagna di classe. Sarei felice se anche tu riuscissi ad esserlo di nuovo, almeno un po’, grazie a lei. Però …
- Non ucciderò anche lei. - dico subito chiudendo gli occhi per cercare di cancellare dalla mia immaginazione quell’opzione. - Non arriverò mai così lontano da correre questo rischio.
- Dunque … non vi frequentate?
- Dopo quel bacio non ci siamo quasi parlati. Ci vediamo solo a scuola.
- Se non provi nulla per lei, hai fatto bene. Altrimenti, ecco … non vorrei ti privassi di una seconda possibilità. Capisco che dopo quello che è successo tu abbia paura, ma … Se dovesse esserci anche solo un’opportunità per te di riprenderti, uscire da questa specie di limbo … io ti sarei grato se tu la cogliessi.
- Carlisle, non è proprio il caso. Sei fuori strada. Non potrò più essere quello che ero prima di …
- Capito. Nessun consiglio paterno. Volevo solo chiarirti la mia posizione.
Ringraziandolo con un cenno del capo, esco dalla stanza per uscire poi anche dalla casa. Ho voglia di stare da solo.
- Sicuro di non volere venire con noi? A me pare che tu ne abbia proprio bisogno … - mi dice Emmett, fermandomi sulle scale che portano al piano terra.
- Già, da quanto tempo non ti nutri? - gli fa eco Jasper.
- No, andate pure, tranquilli.
- Come preferisci: più prede per noi!
Ridendo a quell’ultima battuta di Emmett, scendo il resto dei gradini. In salotto ci sono Esme, Alice e Rosalie. Mia madre attira la mia attenzione con lo sguardo.

Vorrei che passassi da noi più spesso.
Cerco di fare una faccia che la convinca che non sto troppo male. Alice e Rosalie guardano alla tv un vecchio film. La prima si alza dal divano per salutarmi prima che vada, mentre l’altra si limita a farlo con gli occhi.
- Avevo visto stamattina che saresti venuto. - mi dice Alice abbracciandomi.
Ricambio il gesto d’affetto accarezzandole i capelli bruni.
- Possiamo andare a cacciare insieme la prossima volta. - le prometto - Adesso non mi va. Vado. A presto. - proseguo, guardando tutte.
Poi esco. Sulla mia vecchia Volvo s6or guido a velocità misurata, con la radio come sottofondo. In altre cento notti come questa sono già stato tentato di accelerare al massimo e lanciarmi da un ripido dirupo.
Non ho voglia di cacciare, posso anche resistere ancora un paio di giorni.
Vagando senza meta, mi ritrovo a riflettere su quanto ho detto a Carlisle.
Non è vero che non provo nulla per Lyla. Non sono innamorato, questo è certo, ma non mi è del tutto indifferente. Riesco ad ammetterlo a fatica solo a me stesso, perché mi sembra troppo strano. Amo ancora la mia povera Bella e non credo riuscirò mai a smettere di amarla. Però con Lyla sto rivivendo, seppur in modo diverso, delle cose che agli inizi ho provato anche per la mia metà perduta. Attrazione, curiosità, voglia di calore umano. 
Cose che ben presto si sono trasformate in qualcosa di profondo: amore e devozione. So che non capiterà lo stesso con quest’altra ragazza mortale.
Ma provare un’attrazione meramente fisica, forse si. Non lo avrei mai creduto possibile perché per me sentimenti e sessualità vanno sempre di pari passo.
E Lyla è attenta, sente che l’attrazione è reciproca.
Per quanto ancora potrò continuare ad ignorare quello che sento?

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Capitolo 13
*** Capitolo dodicesimo: Muro di vetro ***


CAPITOLO DODICESIMO: MURO DI VETRO

 

Il primo trimestre scolastico sta per chiudere e io sono il peggiore della classe. Non mi curo dei richiami degli insegnanti e di alcune altre compagne che si offrono di aiutarmi. Non parlo quasi più con Lyla, che, al contrario di me, è molto presa dallo studio ed ha voti ottimi.
Ha deciso di comportarsi con discrezione verso di me: è rimasta abbastanza disorientata da quel primo ed unico bacio che le ho dato qualche settimana prima. Finge di non essere più interessata a me, ma non ha smesso di pensare al momento in cui le nostre labbra si sono toccate. E mi fissa sempre con inconfondibile desiderio. Io mi sforzo di essere altrettanto distaccato, ma non riesco a guardarla come tutte le altre. C’è tensione quando siamo vicini.
Abbiamo creato un muro tra di noi, ma è un muro di vetro. Avrei fatto meglio ad alzarlo di cemento. Così ci vediamo, sembriamo vicini e invece siamo lontani. 
Si deve porre una distanza netta e definitiva.
Se dovessi frequentarla più spesso, restare da solo con lei, anche solo parlarle di più … potremmo finire col portare il nostro rapporto ad un altro livello, più rischioso. Cosa che non posso permettermi. Perché è contro natura un rapporto tra umana e vampiro … e nessuno può saperlo meglio di me.
Non voglio più essere un assassino. Se ho ucciso Bella, l’unica donna che abbia mai amato, che era diventata la mia ragione di vita, vuol dire che sono un vero mostro, senza possibilità di redenzione. Quello che sono sempre stato dopo la trasformazione, incapace di incanalare i suoi istinti letali e sacrificare la sua sete di sangue perfino per la cosa più preziosa che aveva. Quindi non sarebbe affatto improbabile uccidere anche Lyla. Fare una qualunque altra vittima, dopo l’omicidio di Bella, sarebbe un reato quasi insignificante per me. Sarebbe anche mille volte più facile “sbagliare”, perdere il controllo con un’umana per la quale non provo amore. Sarebbe solo un altro nome nella lista degli umani periti tra le mie zanne.
Ma sarebbe ingiusto, ne porterei il peso di quell’ennesima vita spenta per causa mia. Nei miei anni da neonato ho già fatto troppe vittime e mi sono pentito, in seguito, di averle provocate. Chi sono io per decidere il destino degli umani? Non posso permettermi di distruggere ancora una vita, impedire che qualcuno realizzi sogni o raggiunga obiettivi che si era prefissato da anni, buoni o cattivi che siano. 
Io non sono esattamente il migliore giudice per dire cosa è giusto e cosa non lo è.
Lyla, come tutti, ha tante idee, progetti, speranze. Vorrebbe diventare insegnante di storia e andare a vivere da sola in una metropoli negli Stati Uniti, per esempio.
Ha già messo da parte alcuni soldi, per essere più autonoma, lavorando l’estate passata. Ha intenzione di lasciare Saint John’S dopo il diploma. Dunque tra circa sei mesi la sua vita potrebbe iniziare a cambiare totalmente, prendere una svolta nuova, quella che desidera da tempo. Vedere città grandi come New York o Los Angeles. E chissà cos’altro l’attende fuori da quest’isola che inizia a starle stretta.
L’amore forse, nuovi e veri amici, una famiglia tutta sua, poi dei nipoti, una vecchiaia serena … Tutte cose che avrebbe potuto avere anche Bella se non mi avesse incontrato o se non avessi lasciato maturare i nostri sentimenti. Avrebbe avuto un’esistenza di sicuro più lunga, felice e normale, se solo avessi avuto la forza di non ascoltare il mio cuore morto che tornava a battere. Avrei potuto lasciare Forks, lasciarle vivere la sua vita. Non mi avrebbe più trovato se fossi andato all’altro capo del mondo. Se avessi alzato un muro di cemento tra noi, prima di sparire per sempre. Adesso è quello che devo fare con Lyla.
Con Bella non ci sono riuscito, noi insieme eravamo più forti di ogni altra cosa al mondo … almeno sino a un certo punto.
Sono stato maledetto dalla luce che usciva dai suoi occhi. Stupidamente mi sono lasciato accecare. 
Illuso di poterla amare e basta … come se fossi umano anch’io! I miei sentimenti lo erano, lo sono. Ma non io. E’ questa la mia condanna.

 
(nota: La frase “Sono stato maledetto dalla luce che usciva dai suoi occhi” è la traduzione di una citazione, il verso: “I was damned by light coming out her eyes”, contenuto nella canzone “Let me sign”, uno dei pezzi della colonna sonora del film “Twilight” (2008), scritto e interpretato da Robert Pattinson. )

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Capitolo 14
*** Capitolo tredicesimo: Regalo ***


CAPITOLO TREDICESIMO: REGALO

 

E’ l’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze natalizie. Sono seduto di fronte il preside nel suo ufficio. E’ un uomo sui cinquant’anni, calvo, alto, magro, pacato ed elegante.
- Essendo anche uno dei tuoi insegnanti, sapevo bene che rischiavi seriamente la bocciatura. Però non avrei immaginato di doverti convocare per la tua condotta scorretta e di dirti quello che sto per dire. Mi è stato riferito che sei tu il responsabile dei danni alla sala computer. Non l’avrei mai detto, davvero. Purtroppo le telecamere di sorveglianza erano stranamente disattivate, dunque non c’è la prova. Ma non posso dubitare della testimonianza della migliore allieva dell’intera scuola. A questo punto, mi spiace, ma non posso più tollerare la tua presenza nel nostro istituto. Sei espulso Edward Cullen.
- Dispiace anche a me sig. Stowe. Non mi resta che scusarmi e obbedirle. Ovviamente, prima di andare, le darò i soldi necessari alla riparazione dei danni da me causati.
- Certo. Puoi andare per adesso.
Rinnovando i saluti, esco ed aspetto di vedere spuntare Emmett da dietro l’angolo.
E’ insieme a sua moglie. Per la gente di Saint John’s non sono i coniugi Emmett e Rosalie Cullen, chiaramente, ma due fratelli, con un cognome inventato.
Alice e Jasper si fingono invece cugini.
- Come ci si sente ad essere espulsi per la prima volta da scuola? - domanda sorridente mio fratello, quando mi incontra in corridoio.
- Avresti potuto trattenerti un po’ di più … Faticava a credere che sono stato io.
- Si, forse mi sono un po’ lasciato prendere la mano … Però è stato forte, no? Se l’è bevuta alla fine!
- Anche per merito mio.
- Si, complimenti anche a te , Rosalie. La tua testimonianza è stata davvero convincente.
- Ti abbiamo fatto un bel regalo di Natale. - prosegue mia sorella.
Naturalmente parliamo con un tono di voce non udibile agli umani, ma sembra che un po’ tutti quelli che ci circondano non riescano a ritenermi l’artefice dei guasti ai computer. Lyla è tra i più increduli.
- Rossa in arrivo alle tue spalle a ore dodici. - esclama Emmett, guardando qualche metro più avanti.
- Lo so … Vuole parlarmi.
- Scommetto che vorrà dirti quanto le dispiace non poterti più vedere ogni giorno a scuola …
- Andiamo, Emmett. - lo trascina Rosalie, alzando gli occhi al cielo.
Io mi dirigo al mio armadietto per svuotarlo. Una volta presi tutti i libri, lo chiudo e dietro lo sportello c’è il viso pieno di domande di Lyla. Stringe al petto un paio di quaderni e, prima di parlare, si morde il labbro.
- “Non ho bisogno di alcun tipo di avvertimento, credimi.” , mi dicevi il mese scorso. - inizia, tentando di imitare la mia voce spenta e monocorde.
- Buon giorno anche a te ...
- Non mi pare tu tenga troppo alle buone maniere ormai … Ma che ti è preso?
- Vuoi farmi la predica? Ho sbagliato e la pagherò. Punto. Non devi … sentirti in alcun modo responsabile.
- Questo non l’ho detto.
- Mi sembra che tu lo pensi però.
- Beh, comunque mi dispiace.
- Anche a me, si.
- Per tutto. Per l’espulsione, per come non siamo riusciti ad avere un rapporto sereno.

Per non poterci vedere più … , prosegue in mente, con un velo di tristezza.
- Non dispiacerti troppo. Non si può mica andare d’accordo con tutti.
- No, lo so. Lo so bene. E’ che … di tutti tu mi sembravi quello più adatto a me.
- Non solo come amico intendi, è chiaro. Ma ti sbagliavi. Tanto.
- Già. E sai cos’altro c’è? C’è che ora te ne andrai e mi lascerai con mille dubbi.
- Non sei l’unica, sai? - dico, guardandomi attorno, mentre sento tutte le altre voci.
Lyla non ha nemmeno il tempo di chiedermi “cosa?” che mi allontano lasciandola con la bocca spalancata. Certo che non sarà l’unica. Per un po’ di tempo a scuola anche altri si scervelleranno ancora per cercare di capire cosa ci fosse di strano in me.
E si domanderanno anche come un allievo in apparenza così per bene - seppur non socievole e simpatico - possa essere stato in grado di farsi espellere.
Ma sarò anche io a farmi delle domande, ora che me ne andrò. Non è stata esattamente mia la scelta di farmi cacciare dalla scuola. Si potrebbe dire che è stata un’iniziativa di Emmett. Qualche giorno fa gli ho detto che la scuola stava diventando un incubo e forse era meglio darci un taglio. Così ha pensato di “regalarmi un po’ di adrenalina” - parole sue - con una bella sospensione, invece del solito trasferimento. Adesso è curioso di scoprire se proverò a vedere comunque Lyla fuori da scuola, dal momento che so dove abita. E’ convinto che voglia avere una storia con lei e in un certo senso mi sta mettendo alla prova …

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordicesimo: Possibilità ***


CAPITOLO QUATTORDICESIMO: POSSIBILITA’

 

Adesso che non frequento più la “Saint John’S High School”le mie giornate sono ancora più vuote e silenziose. Non voglio iscrivermi in nessun’altra scuola al momento. Stare in mezzo agli umani non è stata una buona idea. La conoscenza di quella ragazza è stata solo una piccola parentesi. Com’era ovvio dovesse essere. Ogni mio “rapporto” con gli umani - eccetto quello con la mia amata - è sempre stato insignificante e temporaneo. Non potrei stringere, anche volendolo, neppure delle amicizie troppo strette o durature coi mortali: prima o poi si accorgerebbero di essere i soli ad invecchiare tra me e loro, ad esempio. 
Certo, capita che io resti colpito da loro o viceversa, ma poi si dimentica e si viene dimenticati. Io scorderò Lyla e lei scorderà me. 
Io continuerò a trascinare le mie membra immortali nell’eterna dannazione per la mie inespiabile ed inestinguibile colpa, mentre lei affronterà tutto ciò che le riserva il destino e perderà presto ogni ricordo legato a me.
E non ha importanza se non potrò mai sapere come avrebbe potuto essere una relazione con lei. Sarebbe andata male. Perché essere curioso di qualcosa che già si conosce? Avrei potuto ucciderla, oppure no, ma in ogni caso sarebbe stata un’altra storia impossibile. Quindi meglio così. Basta scuola, basta umane con pensieri eccitati, basta tentazioni. Anche Emmett si stancherà di chiedersi, tra non troppo ( spero), che coppia avremmo potuto essere io e Lyla. Al momento, è il 20 Dicembre e lui se lo domanda ancora.
Ma tanto tra pochi giorni partirà con gli altri e la sua assenza mi darà un po’ di tregua. E quando tornerà probabilmente non ci penserà già più. Emmett è un tipo che si stanca piuttosto presto delle cose: non a caso, in famiglia, è quello che ha cambiato più spesso corso di studi e che non è mai riuscito a laurearsi, finora.
Per questo Natale, Esme ha prenotato un viaggio in Islanda. Sono parecchi decenni che non ci andiamo, ma io ho deciso di restare qui.
- Vuoi darmi una mano con la valigia? - mi ha chiesto ieri, affacciandosi in salotto, dov’ero seduto con Alice e Jasper ad oziare davanti la tv.
- Certo. - le ho sorriso alzandomi.
Come mi avevano anticipato i suoi pensieri, la valigia era solo un pretesto per restare soli a parlare.
- C’è qualcosa o qualcuno che ti trattiene qui o non ti piace l’Islanda? - ha iniziato, guardandomi con la coda dell’occhio, mentre apriva una cerniera.
- Nessuna delle due. Voglio solo restare solo.
- Non lo sei già stato abbastanza negli ultimi quattro anni? Ho come l’impressione che tu non ti trovi più bene con noi. - ha proseguito fermandosi a fissare il nulla.
- Mamma … A me piace stare con voi, lo sai. Ma … non è più come prima. Preferisco stare per conto mio. Voi non fate nulla di sbagliato.
Il suo modo di guardarmi e mostrarsi così preoccupata, proprio come una qualunque madre umana, spesso mi faceva quasi dimenticare che fosse una vampira. 
I suoi occhi così dolci, il suo essere così premurosa … lo merito davvero tutto il suo amore? Lei è convinta di si. E pensa persino che meriti ancora un altro tipo di amore.
- Come preferisci. Io ci ho riprovato a farti cambiare idea. E c’è anche qualcos’altro che vorrei dirti. Tu ovviamente lo sai …
Ovviamente. Ma l’ho lasciata parlare.
- Staremo via sino a Capodanno … Quando torneremo quindi sarà l’anno nuovo. Ecco, vorrei tanto che per te fosse davvero un nuovo anno. Promettimi che questo che sta finendo sarà l’ultimo così buio per te. Metticela tutta affinché sia così.
Era come chiedermi di mettermi a dormire. Impossibile.
- Ho smesso di fare promesse dal momento in cui ho infranto la più importante di tutte. - ho risposto con amarezza, ripetendo in mente le parole del discorso fatto alla mia sposa il giorno del matrimonio.
Senza aggiungere altro, ho terminato di piegare un paio di camicie, le ho messe in valigia e poi, dopo essermi lasciato abbracciare da mia madre, sono uscito dalla stanza.
Sembra che tutti vogliano rivedermi felice, al fianco di qualcuna. E che non mi ritengano poi così mostruoso per non meritarlo. I miei genitori ed Emmett, soprattutto. Ma potrei meritarlo veramente? Nella mia condizione non riesco a vedere questa possibilità.
… O forse non voglio vederla?

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Capitolo 16
*** Capitolo quindicesimo: Vertigini ***


Questo capitolo, sin dalle prime bozze cartacee, era già presente e centrale. Qui però ci sono alcune modifiche.

CAPITOLO QUINDICESIMO: VERTIGINI

 

24 dicembre 2010.

La mia famiglia in questo momento sta volando sopra l’Oceano Atlantico. Io sono uscito da casa per andare a cacciare. Sarà una giornata straordinariamente assolata e mite. La passerò fuori, lontano dalla città, qui, tra i boschi. Esme ogni anno vorrebbe che trascorressimo il Natale con lo stesso spirito festoso di chiunque altro. L’aspetto religioso conta solo per lei e Carlisle, gli unici che , nonostante la loro natura, riescono ad avere fede. Io e i miei fratelli l’accontentiamo sempre scambiandoci dei regali. Questo non è il primo Natale che passiamo separati, ma è uno dei pochi in cui resto totalmente solo. 
Non bevo sangue da oltre dieci giorni, i miei occhi sono a poche sfumature dal nero. Ogni volta che il vento mi porta un odore invitante, il mio corpo scatta automaticamente nella direzione da cui esso proviene. Sento i muscoli tesi, la gola inizia a bruciare. Il sole sorgerà tra meno di un’ora. I colori del bosco si fanno sempre più vivi. C’è una brezza leggera che increspa lievemente l’acqua di un piccolo ruscello.
A un tratto avverto un fastidio ancora più pungente alla gola. Dev’esserci qualche animale ferito nelle vicinanze. Anche se … No. Non è sangue animale che sento. Nell’istante in cui realizzo di non essere solo, un improvviso senso di panico mi assale. Sta venendo verso di me e non so che fare. Conosco bene la voce che sento. E’ terrorizzata e confusa, sta scappando da qualcuno ed ansima. Riesce comunque a spostarsi agilmente tra rocce ed arbusti più o meno alti … Beh, per lo meno, pur inciampando, sa come cadere senza finire con la faccia contro il terreno.
Resto immobile con la schiena poggiata a un tronco ricoperto di muschio e cerco di capire. Nella sua testa, altre voci, facce senza connotati, immagini veloci, lei che fugge, coetanei insieme a lei che bevono, una strada buia …
Poi la vedo: esausta e a corto d’ossigeno, giunge a pochi metri da me. Ne vedo il profilo sinistro. Si piega in avanti mettendo le mani sulle cosce. Ha una gonna grigia lunga sino al ginocchio e delle calze pesanti - e strappate -sotto. Sopra un maglione viola. I capelli, sciolti e in disordine, le coprono tutto il viso. 
Quel rosso rame risalta nel predominante verde del bosco. Ma è un altro tipo di rosso che cattura i miei occhi.
Quello vivo ed acceso del rivolo di sangue che scorre da un taglio sulla gamba sinistra. Poi si abbandona di getto all’indietro, stendendosi sulla schiena e portando le mani al petto. Sta cercando di riportare al livello normale la frequenza cardiaca, concentrandosi sul proprio respiro. Non è soddisfatta del risultato e rimpiange di non aver mai imparato come farlo ad un corso di yoga, frequentato qualche tempo fa. Inizia a rimpiangere anche altre cose. 
Ha paura. Paura di … morire!
Mi rendo conto che è una che si lascia prendere troppo dal panico. E la cosa mi sorprende: la credevo più tenace. Non è affatto in pericolo di vita. 
La ferita non è così grave … e io non sono eccessivamente affamato né tentato dal suo sangue.
Potrebbe benissimo rialzarsi ed andarsene per come è arrivata, chissà per quale motivo. Ma non me la sento di lasciarla sola qui in mezzo. Solo a pensarci, mi viene da ridere: un vampiro, che era in procinto di cacciare, si ritrova a “salvare” un’indifesa ragazza che si è persa nel bosco. Però devo farlo. Sembra abbia anche molto sonno e sia totalmente priva di forze per fare anche solo un passo ora. Ha corso tanto. Ha dei violenti capogiri: vedere le chiome degli alberi che danzano, dal basso, come le vede lei, fa quasi sentire frastornato anche me. Per liberare la mente, chiude gli occhi e finalmente ci riesce. Si calma un po’.
Pare che dorma adesso. So dove abita: forse potrei riportarla a casa senza che nemmeno se ne renda conto. Faccio il primo passo verso di lei, muovendomi in modo impercettibile. Con un unico, fluido e rapidissimo spostamento la raggiungo.
Non ha un bell’aspetto: è molto pallida ed ha le occhiaie. I capelli un po’ bagnati dal sudore e sporchi di terra. Ma la trovo comunque affascinante.
Fa un basso lamento con la gola e si rannicchia di lato. Torno a guardare la ferita: il sangue uscito si è quasi addensato e il taglio si è un po’ infettato. 
Guardo l’acqua del ruscello mentre mi strappo un lembo della camicia e poi vado a bagnarlo. Torno dalla ragazza e, chinandomi sulla sua gamba, mi accingo a fasciarla. Nello stesso istante riapre gli occhi di scatto. Ma ancora non mi ha visto, dovrebbe voltare la testa o stendersi sulla schiena per accorgersi della mia presenza.
- Maledizione … - borbotta con una voce roca, rimettendosi a pancia in su.
Ecco, l’ha fatto: adesso mi vedrà. Non appena metterà a fuoco bene …
- Oh, perfetto … - dice con tono ironico, quando incrocia i miei occhi.
- Come ti senti? - le chiedo, cercando di non spaventarla.
- E tu che diavolo ci fai qui? - risponde, aggrottando le sopracciglia e puntellandosi sui gomiti.
- Che ci fai tu qui? Che cosa è successo? Ne ho una vaga idea, ma mi sfugge qualcosa…
- Perché mi sembri … così irreale?
- E’ la circostanza in cui casualmente ci siamo ritrovati a darti questa impressione. - provo a convincerla.
Nella sua mente vedo come mi vede: una figura bianchissima, resa ancora più eterea dalla camicia del medesimo colore, con due occhi scuri come la notte che si stagliano su un volto di pietra. Pensa che somigli a un angelo … merito dell’ “aura” che mi circonda, creata dal sole nascente alle mie spalle.
- Sei talmente bello Cullen … - sussurra, prima di crollarmi addosso, finendo con la testa sulla mia coscia destra.
Ho le gambe incrociate e la schiena dritta. D’istinto mi viene di accarezzarle i capelli, così sto per qualche secondo a passarci in mezzo le dita.
- Lo sei anche tu. - ammetto, sicuro di non essere sentito.

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Capitolo 17
*** Capitolo sedicesimo: Brividi e carezze ***


CAPITOLO SEDICESIMO: BRIVIDI E CAREZZE

 

- Ohi! - esclama Lyla rialzandosi, mentre le stavo ancora accarezzando la testa - Che male! - strofinandosi il palmo di una mano sulla guancia con cui era piombata sulla mia coscia.
- Scusami. - dico con un mezzo sorriso, portando le mani ai fianchi.
- Sei ancora qui? - gracchia confusa, poggiando la testa sulla mia spalla.
- Sei in uno stato pietoso. - rido.

Proprio lui doveva vedermi così?
- Mi spieghi cosa è successo?
- Mmm … non mi va di parlare. Restiamo qui abbracciati ad aspettare che sia l’alba. - sbadiglia, stringendosi al mio braccio.
- Non posso restare.
- Perché?
- Devo andare. E anche tu.
- No, ti prego. Ancora qualche minuto.
- Ma ti sei scordata dove siamo? … Lyla? Dovresti essere a casa. E’ la vigilia. Non dovresti passarla con i tuoi?
Non ricevendo risposte, mi riavvicino alla ferita per fasciarla. Ritrae la gamba quando sente il freddo delle mie dita e del pezzo di camicia bagnata.
- Cosa fai?
- Sei ferita. Se proprio non ti decidi a volertene subito tornare a casa, almeno lascia che la copra, o si infetterà ancora di più. - rispondo, mentre, in ginocchio davanti a lei, le passo attorno alla gamba il lembo della camicia.
Intanto Lyla sembra tornare un po’ più lucida e mi fissa con circospezione.
- Lo sapevo. Lo sapevo che non posso esagerare con l’alcool …
Io scoppio a ridere e scuoto il capo. In effetti mi era parso di sentirle un po’ d’odore di alcool addosso! Questo spiega tante cose. Crede di avere un’allucinazione per la sbronza.
- Ecco, infatti: il vero Edward non riderebbe mai così!
- Perché lo hai fatto? Bere tanto, voglio dire.
- Tanto?! Ho bevuto meno di tutti! E’ che proprio non lo reggo. Per una volta ho voluto passare una serata diversa  e questo è il risultato: mi ritrovo in un bosco con te che ridi mentre mi fasci una ferita …
- Da chi scappavi?
- Non lo so … Era buio. Non ci ho capito più niente. Stavo tornando a casa sola, a piedi e … non so come sono finita qui. Forse per scappare da qualcuno, appunto. Ma tu come lo sai che ero inseguita?
Si, è decisamente più vigile ora.
- Non eri tu … vero?
- Certo che no. Fortuna che sei salva comunque. Chiunque fosse non ti sta più seguendo.
- E come fai a dirlo?
- Fidati. Sarà stato solo qualcuno che voleva approfittare del tuo … annebbiamento, ma che poi ci ha rinunciato quando sei entrata nel bosco per depistarlo. 
E in ogni caso … io ora sono qui.
- Credo di non aver mai avuto tanta paura prima d’ora. - confessa, cercando rifugio tra le mie braccia.
- Ci sono qui io ora. - ribadisco, accarezzandole le spalle.
- Già. Finché non passerà la sbronza, suppongo. L’Edward Cullen che conosco non avrebbe mai fatto nemmeno questo. - dice con tono rassegnato, sbadigliando di nuovo.
I suoi pensieri però sono colmi di gioia e gratitudine. “L’Edward Cullen che conosco”! L’Edward che ha conosciuto a scuola , in quei pochi mesi, era fin troppo silenzioso, solitario e depresso per essere davvero lui. E quello di adesso com’è? Meno depresso, a giudicare dal senso di beatitudine che prova stando abbracciato a questa ragazza malconcia e mezza ubriaca, a terra, in mezzo a un bosco.
Mi piace stare così. Ma … forse è il caso di spostarsi all’ombra. Il sole, sorto da qualche minuto, potrebbe iniziare a rivelarmi. Mi alzo, tenendola in braccio, e mi allontano ai piedi di un albero più alto e più ampio. Mi risiedo per terra, con lei sulle gambe, e restiamo immobili per un po’. Finché … Lyla non inizia a tremare.
- Stai bene? - chiedo, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, per vederla meglio in viso.
- Ho un po’ freddo. - risponde, stringendosi ancora più forte a me.
- Sei all’aperto da parecchie ore. Non vorrei, ma dobbiamo alzarci e tornare a casa.
- Non vorresti? - ripete sbalordita, accarezzandomi il petto.
- No, Lyla. No. Però è la vigilia di Natale. Non è il massimo dover passare le feste a letto con la febbre, ti pare? Su, andiamo.
- Aspetta! - dice schiarendo la voce.
Oh no. Si è accorta che il mio petto … è muto. Oltre che freddo, come il resto del mio corpo, in modo innaturale.
- Edward … ? - sussurra, con l’orecchio poggiato dove si aspetta di sentire il battito.
- Lyla, andiamo via di qui. - dico nel modo più convincente possibile. - Ti prego, hai bisogno di tornare a casa. Non hai con te il cellulare?
- Credo di averlo perso … - risponde, tastandosi le tasche della gonna. - Insieme alla borsa. Insieme alla borsa! Cavolo! Cellulare, documenti e … e soldi e … - prosegue drizzando la schiena e passandosi una mano sulla faccia.
- Stai tranquilla. Facciamo così. Adesso ti riporto a casa, così ti riposi e fai stare tranquilli anche i tuoi. Io nel frattempo cerco la tua borsa.
- Ma che dirò ai miei? Non appena mi vedranno conciata così … E poi … tu, tu come la trovi la borsa? - chiede confusa, alzandosi e camminando nervosamente avanti e indietro.
- Tu non preoccuparti di questo. Non può essere troppo lontana.
Adesso che sono stato così tanto abbracciato a lei, sono in grado di memorizzare il suo odore. Mi basterà seguire il percorso che ha fatto prima di arrivare qui e molto probabilmente incrocerò quello che ha perso.
- Si, ma … - sbuffa guardandosi i vestiti. - Non posso dire la verità a casa. E nemmeno presentarmi con te. Mio dio, che disastro!
Così dicendo perde l’equilibrio, ma prima che cada la sorreggo.
-Tu poi devi ancora spiegarmi perché sei qui! - mi ricorda con un tono improvvisamente severo, puntandomi un dito contro.
Sta cominciando a mettere insieme tutte le cose strane che ha notato in me: la pelle freddissima, gli occhi più scuri, il battito in apparenza inesistente … 
Ma non è neppure lontanamente vicina a una spiegazione che possa portarla a scoprire la verità. Crede solo che io sia molto strano e, al momento, è comunque troppo piena d’altre preoccupazioni. Suppongo che se mai dovesse riuscire a capire cosa sono in realtà, come minimo, perderebbe conoscenza. Mi sembra piuttosto vulnerabile adesso. Non lo reggerebbe un colpo simile.
- Ah, comunque … grazie. - aggiunge Lyla, guardandosi la gamba.
- Di nulla. Avanti, ora andiamo. - dico, riprendendola in braccio.
- Credo di sapere camminare.

Ti prego, non mettermi giù! , la contraddicono subito i suoi pensieri.
Sorrido senza ascoltarla e lei ride con me. Sto attento a camminare sempre sotto l’ombra degli alberi e la Lyla lo nota.

Non mi dispiacerebbe stare un po’ sotto il sole …
So che sente freddo, anche per causa mia, ma non posso mostrarmi alla luce. Lo noterebbe e vorrebbe una spiegazione. E cosa dovrei dirle? 
Lei vorrebbe il sole e io vorrei correre: se tornassimo in fretta a casa sua, rischierei meno di avere addosso i raggi più alti e più caldi del sole, una volta usciti dal bosco, dove mi sarà più difficile ripararmi. Però non posso nemmeno mostrarle la mia soprannaturale velocità.
Spero solo che si addormenti. Poi mi viene un’idea …

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassettesimo: Allo specchio ***


CAPITOLO DICIASSETTESIMO: ALLO SPECCHIO

 

- Andare a casa tua?
- Si … Non è lontana, ci si può arrivare anche tagliando dal bosco stesso. Ti dai una ripulita, ti cambi e poi ti riporto a casa tua.
La sua voce interiore è impazzita.

Ma ci sta provando?!
- Mi cambio? Non ho nulla!
- Penso a tutto io. - la tranquillizzo - Fatti pure un sonnellino durante il tragitto. - continuo, dandole un leggero bacio sulla guancia.
Lyla sgrana gli occhi e arrossisce un po’.
Sta seriamente tentando di sedurmi con questa voce rassicurante e tutte queste gentilezze!
- Ma come mai sei così diverso? Ti fa bene non frequentare la scuola …
- Diverso … in che senso? - fingo di non capire.
- Sei, boh … più … umano?
- Più umano? - rido di nuovo - Ne sei certa?

In effetti no …
- Beh … nei modi.
- Non potevo lasciarti qui.
Mentre lo dico ci guardiamo fisso negli occhi e lei resta con la bocca aperta come se non trovasse il modo di fare uscire le parole.
- Ho un mal di testa pazzesco. - sbotta dopo un po’, facendo scivolare la testa sulla mia spalla.
- Vuol dire che passerò anche da una farmacia.
Poco dopo per fortuna si addormenta, quindi posso permettermi di farla scaldare un po’ al sole. In meno di venti minuti arriviamo a casa mia. Quando si sveglia è già direttamente stesa sul mio letto, più un semplice arredo scenico, incluso nell’appartamento quando l’ho acquistato. Appare disorientata.
- No, non sei nella tua stanza e non è stato tutto solo un sogno. - le spiego, chiarendo i suoi dubbi.
La ragazza deglutisce forte e si guarda attorno. Io sono seduto ai piedi del letto.
- Puoi usare il mio telefono per avvisare a casa che stai bene. Dì che … sei rimasta a dormire da un’amica.
- Non sono mai rimasta a dormire da un’amica. Non ho mai fatto questo genere di cose con un’amica.
- Beh, non c’è nulla di strano comunque, no? Di solito voi lo fate spesso. Voi ragazze. L’importante è che assicuri i tuoi genitori di stare bene. Su tieni. - ripeto, porgendole il mio telefonino.
- Fortuna che i miei non sono super ansiosi. E che so dire abbastanza bene le bugie. Grazie. - si arrende sedendosi e prendendo il cellulare.
Mentre fa la chiamata, vado in un’altra stanza, il bagno, per cambiarmi i vestiti.
Poi preparo i soldi necessari per comprare quello che serve a Lyla: dei vestiti puliti, un antidolorifico, un disinfettante e qualcosa da bere e mangiare. Quando mi guardo allo specchio i miei occhi mi fanno risentire la sete da troppo ignorata. Ma non posso cacciare adesso, non posso perdere altro tempo: Lyla deve tornare il prima possibile a casa.
-Tutto a posto? - chiedo, rientrando nella mia stanza, anche se della conversazione ho sentito ogni singola parola, sua e di sua madre.
- Si. Era un po’ preoccupata ovviamente, ma non a rischio infarto. Si fida di me. Ora è più calma. Le ho detto che torno tra un po’.
- Bene. Ehm … puoi andare a farti una doccia, mentre io sono fuori.
- Dove vai? - chiede subito, alzandosi dal letto e afferrandomi le mani.
- Hai dimenticato in che stato sei? - le ricordo, indicando uno specchio sulla parete opposta.
Lei si sposta un po’ in avanti per riflettersi e si porta entrambe le mani alla bocca.
- Faccio schifo! Dio, ti ho anche sporcato il letto!
- Non importa. Qui c’è un asciugamano pulito, tieni. - dico passandolo nelle sue mani, dopo averlo preso da un cassetto.
- Mi sento in imbarazzo, davvero. - confessa arrossendo - Perché fai tutto questo?
- Lyla … perdonami se te lo dico, ma … non hai un buon odore. - scherzo, per convincerla ad andare sotto la doccia.
Lei si annusa ed annuisce ancora più imbarazzata. Poi stringe forte l’asciugamano e con lo sguardo basso, senza dire una parola, si dirige in fretta in bagno.
-Torno presto. - dico dopo che ha sbattuto la porta.
Prima di andare mi assicuro che stia davvero bene e non crolli o qualcosa di simile.
E’ stranissimo che io ora non sia solo in questa casa. E mi sembra stranissimo il fatto che l’acqua che scorre in bagno non la stia usando io.
Ancor più bizzarro, che di là ci sia un’umana che mi ero ripromesso di non vedere più, soltanto poche settimane fa. Non lo potevo immaginare, neppure Alice lo aveva previsto. Quindi … non oso immaginare cos’altro potrebbe succedere.
Per il momento forse sarà meglio non pensarci. Esco di casa quando comincia a spogliarsi davanti lo specchio.
Prima di comprare ciò che le serve, torno nel bosco per cercare la sua borsa. Come ipotizzato, è facile trovarla: le è caduta, probabilmente nella fretta causatale dalla fuga e la paura, a pochi metri dall’ingresso nel bosco. E’ sporca, ma aprendola noto con sollievo che documenti e portafogli ci sono. Basterà portarla in una lavanderia e sarà come nuova. Il cellulare, invece, lo trovo sfortunatamente dentro una pozzanghera. Provo comunque a farlo funzionare, ma non c’è rimedio.
Così mi avvio in città e raggiungo il centro. Preso tutto, torno a casa: è trascorsa in totale mezz’ora. Quando giro la chiave nella serratura della porta d’ingresso sento che Lyla è appena uscita dal bagno. Ci incrociamo in corridoio. E’ avvolta nell’asciugamano color crema ed è scalza sul parquet di legno.
I capelli bagnati tutti portati da un lato. Quando mi vede è sorpresa ed agitata.
- Ma cosa hai fatto? - esclama ridendo alla vista di tutti i sacchetti che ho in mano.
- Stai meglio? - le chiedo subito, posandoli per terra e avvicinandomi a lei.
- Sto … sto bene. Solo un po’ … frastornata.
- Bene. Andiamo nella mia stanza: ti ho preso alcune cose.
- “Alcune”? Sembra che tu abbia svaligiato un negozio! Cos’è tutta questa roba?!
- Solo quello che ti serve, non ti allarmare.
Lyla mi guarda con un misto di emozioni - ammirazione, fascino, turbamento, desiderio - e poi entra per prima nella stanza. Toglie il copriletto e si siede sul materasso. Ha il battito cardiaco accelerato. Si lecca il labbro superiore, mi guarda e poi mi fa cenno di accomodarmi vicino a lei.
E’ un esplicito invito sessuale. Lo capirei anche se non fossi in grado di leggere i pensieri altrui.

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Capitolo 19
*** Capitolo diciottesimo: Inafferrabile ***


CAPITOLO DICIOTTESIMO: INAFFERRABILE

 

L’ho raggiunta sul letto. Lei, tremante, si protende verso di me con in busto, mantenendo le mani sul grembo. Mi da un bacio sulle labbra e poi mi accarezza la nuca. Io resto fermo. Mi sorride in modo malizioso, divertita per aver capito che deve guidarmi. Le sue mani scendono verso le mie spalle e poi le braccia e si fermano quando incontrano le dita. Me le porta sui suoi fianchi mentre intreccia le gambe dietro la mia schiena. L’asciugamano, la sola cosa che cela la sua nudità, inizia a scivolarle. I nostri bacini ora si toccano. Lei torna a baciarmi con più insistenza e intensità, finché … qualcosa in me fa interrompere la sua fantasia mentale. Questa sequenza così dettagliatamente immaginata da Lyla mi turba.
Forse non è stata una buona idea condurla a casa mia.
- Che ti prende? - chiede, battendo le palpebre come se si è appena svegliata da un sogno.
E’ stata una pessima idea.
- Non stai bene tu ora? - continua, un po’ spiazzata dal mio atteggiamento.
Nella sua mente ora c’è un ragazzo immobile che non batte ciglio e trattiene il respiro. Ciò che ha davvero davanti. Lyla si attorciglia i capelli tra le dita e torna a guardare le buste che ho posato per terra, sulla soglia, dove sono ancora anch’io.
- Cosa mi hai preso? - chiede la ragazza, senza troppo interesse.
Bene. Cambiamo argomento. Ricordo che non le ho disinfettato la ferita, così mi siedo accanto a lei per farlo.
- Stendi la gamba. - le dico, uscendo dal sacchetto più piccolo l’acqua ossigenata.
Lei obbedisce e mi fissa. Non più con ammirazione, anche se mi è riconoscente: mi scruta come per spiegarsi qualcosa che le sfugge.
- Ci penso io. Tu intanto prendi questo. E’ per il mal di testa.
- Grazie. - dice senza staccarmi gli occhi di dosso, prima di inghiottire la compressa.

Sono stanca di dire tutti questi “grazie” …
- Brucia? - chiedo, prima di fasciarle la ferita.
- Sopportabile. E’ qualcos’altro che non riesco più a sopportare.
- Che vuoi dire?
- Non capire chi sei davvero. Sembri un altro rispetto a quando ci vedevamo a scuola.
- A scuola non ti è mai capitato di trovarti in pericolo di vita … - la prendo in giro, ricordando la sua iniziale paura di morire nel bosco, prima che la soccorressi.
- Doveva succedere tutto questo allora per mostrarti per quello che sei realmente? - esclama aggrottando la fronte.
- Tu non pensi di conoscermi nemmeno ora, veramente.
- Si, è così. Ma ora siamo qui.
Quasi non crede alle sue stesse parole.
- Già. - sussurro guardando il materasso per distrarmi dai suoi pensieri.
Sento comunque il suo sguardo addosso, sento la tensione salire. Sento l’invitante calore emanato dal suo corpo umido e profumato. E’ sempre più insostenibile.
Ma non posso evitare di pensare cosa è successo l’ultima volta che mi trovavo a dividere con una ragazza lo stesso letto. Per un attimo chiudo gli occhi e rivedo quelle maledette macchie rosse. Lyla percepisce il mio mutamento d’umore.
- Mi sbagliavo. Io sono qui. - dice delusa.
Ha capito che con la mente sono altrove. Però non può comprendere il motivo della mia improvvisa, profonda tristezza. Pensa che non ha mai visto nessuno con un’espressione come la mia ora. Comincia a sentirsi fuori luogo. Non sa come comportarsi e l’idea di non aver ancora capito che tipo sono le fa quasi paura.
Mi vede “sbagliato” finalmente, troppo lontano e diverso da lei: il mio dolore è un enigma inquietante per lei. Si sente superficiale e comincia a trovare inutile continuare a sperare di avere un rapporto con me.
- Io … io non so che ci faccio ancora qui. Mi sento ridicola. Chissà che mi credevo. Mi stai solo mettendo a disagio comportandoti così. Magari sei … sei uno psicopatico, che ne so?! - si ferma, notando il mio disappunto.
- Lyla, calmati. Stai farneticando. Non ti lasciare prendere di nuovo dal panico. - cerco di tranquillizzarla - Ti do il resto delle cose e ti riporto subito a casa, ok?
Lyla annuisce, ma non è convinta.
- Prendili come dei regali di Natale. Su aprili. - proseguo, mettendo sul letto il resto dei sacchetti.
Con le labbra serrate, segno che non gradisce, li prende e si dirige in bagno quando capisce che la maggior parte di questi contiene capi d’abbigliamento.
Ne esce dopo qualche minuto. Ho indovinato la taglia dei vestiti - un paio di pantaloni neri, una camicia glicine e una giacca sagomata color grigio perla - e anche la misura degli stivali, neri.
- Beh, direi che ora ho un pensiero in meno: so cosa indossare alla laurea. - dice ironica, con una risata nervosa.
- Troppo elegante per i tuoi gusti?
- No, va benissimo, figurati. Nemmeno avresti dovuto. Grazie ancora.
- Di nulla. Hai fame?
- Non molta. Che altro c’è?
- Qualcosa da mangiare. Solo dei cornetti alla crema, so che ti piacciono. E poi … Questo. - rispondo passandole una scatola grigia - Il tuo l’ho trovato, ma guasto. Quindi …
- Ma sei matto?! Mi hai comprato anche un cellulare? Ma avrai speso una fortuna! - esclama stupita rigirandosi il pacco tra le mani.
- Non è un problema, i soldi non sono un problema per me. E non c’è bisogno di ringraziarmi ancora. Né devi sentirti in dovere di ricambiare in qualche modo.
- Avrei tanto voluto "ricambiare in qualche modo" sino a pochi minuti fa. - dice stupendosi del fatto che adesso non vuole più farlo - Ho capito che non succederà, né oggi né un’altra volta. Devi avere una specie di repulsione per il sesso. Ogni volta che ci avviciniamo ti irrigidisci e fai facce strane.
Stavolta nelle sue parole non c’è traccia d’ironia. La guardo cercando di scusarmi.
- Sei troppo strano. Non sei simile a nessuno. Hai qualcosa che sento non riuscirei mai ad afferrare.
Mentre mi parla, lentamente, sposta gli occhi su di me, da destra verso sinistra, dall’alto verso il basso. Si sofferma soprattutto sugli occhi, che vede inspiegabilmente parecchio più scuri di come li ricordasse.
- Sembri di un altro pianeta. Quale ragazzo terrestre spenderebbe tutti questi soldi per una ragazza che conosce a mala pena? O non ci proverebbe con me adesso? - continua, guardandomi con un sopracciglio alzato.
- Non so che genere di fidanzati hai avuto, ma non credo di essere l’unico gentile su tutta la Terra.
- Comunissimi. Sei tu quello insolito.
- Vogliamo andare adesso? - dico sbuffando mentre mi alzo.
Lyla mi segue in silenzio, senza togliermi gli occhi di dosso.

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Capitolo 20
*** Capitolo diciannovesimo ***


CAPITOLO DICIANNOVESIMO: COLPE

 

La principale differenza tra Lyla e Bella, lo sto capendo bene solo adesso, è il loro diverso comportamento di fronte l’ignoto e il mistero. La mia amata, a dispetto dell’apparenza fragile, era abbastanza coraggiosa, e forse anche più incosciente, da spingersi oltre il lecito, rischiare di trovarsi in pericolo pur di scoprire la verità. Quest’altra mortale, invece, perde lucidità facilmente ed ha paura di ciò che non può spiegarsi con la ragione.
O magari ha solo ciò che fin dall’inizio avevo sperato avesse Bella: un maggiore istinto di sopravvivenza …
I sentimenti degli umani sono così complessi e differenti da persona a persona.
Io e quelli della mia specie siamo lontani anche su questo piano: qualsiasi nostro sentimento è assoluto. E curiosamente era così anche per Bella.
Sapevo che ero diventato il centro della sua vita, per quanto fosse inspiegabile.
Una cosa eccezionale - come lei - che non potrà accadere più. Così come Lyla, qualunque altra ragazza non si spingerebbe troppo oltre la semplice curiosità con me. E’ anche per questo che ora siamo nella mia auto e non nella mia stanza. Per fortuna non si è innamorata di me, né io mi sono troppo affezionato a lei.
Tutti si stavano già convincendo del contrario e del fatto che avrei dovuto cogliere l’occasione per “rinascere”, uscire dalle tenebre, mie uniche vere compagne da quando ho perso Bella. Ma non succederà. Lyla è entrata nella mia vita con la stessa velocità con cui ne uscirà. Non rappresenta nulla per me.
Mi ha fatto vacillare, non lo nego. Ha messo a dura prova la mia resistenza. Ma anche se alla fine avessimo avuto un rapporto meramente fisico, non mi avrebbe lasciato niente dentro.
Il mio cuore non sarebbe tornato a gioire di un’emozione così forte e pura da ridarmi la felicità e la pace. Nulla e nessuno potrà ridarmele.
Con Lyla mi sono sentito un po’ meglio a volte, è vero, ma non riuscivo mai del tutto a lasciarmi alle spalle il dolore, l’orrore verso me stesso, la tristezza per la mia miserabile esistenza. Non è passato un secondo senza che non pensassi Bella, quella dei momenti piacevoli e quella dei momenti drammatici.
Sarà per l’eternità dentro di me, una parte di me stesso, indelebile.
- Credo di doverti delle scuse. - dice tutto d’un fiato Lyla, allacciando la cintura di sicurezza.
Ha elaborato a lungo mentalmente come iniziare il discorso. Non vuole più avere nulla a che fare con me, però non vuole nemmeno chiudere così, con un teso e imbarazzante silenzio, il nostro inaspettato e singolare incontro. Le dimostro di essere ben disposto ad ascoltarla.
- Tu sei … sei senza dubbio la persona meno comune che abbia mai conosciuto. Mi ha confusa, turbata, inconsapevolmente sedotta, ma anche soccorsa e trattata come una principessa. E io? Io ti ho provocato - ci ho provato per lo meno - e non ho fatto che ripeterti quanto fossi strano. Senza rendermi conto che non ti piacevo abbastanza e che la tua depressione era un problema serio. E che quindi era tutto inutile. A questo punto mi sento obbligata a chiederti scusa.
Sono una frana con i rapporti in generale, figuriamoci con casi particolari come il tuo. Non saprei aiutarti, sono già complicata io … Ti chiedo scusa per non aver capito subito il tuo problema, o meglio, per averlo sminuito. E poi devo per forza ringraziarti ancora di tutto. Non eri obbligato ad aiutarmi, né a spendere tutti quei soldi. - si ferma guardandosi i vestiti - Di tutta questa storia mi dispiace solo una cosa. - fa un’altra pausa, non certa che la stia ancora seguendo.
- Cosa? - chiedo guardandola con la cosa dell’occhio.
- Averti conosciuto.
E’ serissima e sincera.
- Questo ha abbastanza senso. Non è un’esperienza esaltante per nessuno.
- Tu puoi dire lo stesso?
- No. Potrei dirlo se fosse andata diversamente.
- Che intendi?
- Se ti fossi innamorata di me, per esempio.
- Ti confesso che ho rischiato di andarci molto vicino …
- Lo so.
Adesso è lei a guardarmi di sbieco: è lievemente imbarazzata e ripensa come e quando possa averlo intuito.
- Ma mi dimenticherai presto: quando partirai avrai ben altro a cui pensare.
- Come lo sai che partirò? Non te ne ho mai parlato.
- Beh … voci. Voci che girano.
- Non l’ho detto quasi a nessuno a scuola. E dopo la tua espulsione, ora che mi ci fai pensare …
- Non ho detto che ho parlato con chi lo sa …
- Sembra tu sappia molte cose … - dice con tono sospettoso.
- Comunque sia, mi auguro che tu trovi tutto ciò che ti aspetti. Perché un po’ di bene te ne voglio, sai? - le sorrido.
- Come no, ma smettila …
- Lyla dico sul serio. Mi ha fatto piacere che tu ti sia confidata con me adesso. Sei una brava ragazza, meriti il meglio.
- Ora sei tu a sentirti in colpa?
- Non te l’ho detto per questo. Non parliamo più di colpe, ok? Non ne abbiamo, l’uno verso l’altra.
Resta qualche secondo a riflettere su quest’ultima mia frase: ha notato come ho evidenziato “l’uno verso l’altra” . Capisce che porto un grosso peso e che il nostro “rapporto” è, nella mia vita, come un granello di sabbia nel deserto.
- Che cosa può esserti mai successo di così tanto brutto in soli diciotto anni?
Non so, non posso, risponderle. Un sorriso amaro mi sorge spontaneo.
- Ok, scusa, tasto dolente, capito. Basta con le domande. Non lo voglio sapere, non è importante. Tanto … ci stiamo per dire addio.
- Esattamente tra cinque minuti.
Non mi ero resa conto che siamo già quasi arrivati a casa mia …
- Forse è il caso che lo dica ai miei, così si preparano a vedermi arrivare con te. - dice mentre prende il cellulare da una tasca dei pantaloni.
- Buona idea. Io non scenderà dall’auto, così … non perdiamo altro tempo.
Il sole inizia ad essere troppo alto e la giornata non è particolarmente nuvolosa.
- Giusto … Ecco, è libero. Mamma! Ciao, si sto bene …
Cerco di isolarmi. Per coprire la voce acuta di sua madre, che sentirebbe anche chi non è dotato di sensi ipersviluppati come me, indosso gli auricolari e li collego all’autoradio. Senza volerlo, trovo quasi in ogni frequenza tristi canzoni che suonano come addii …
Ma Lyla nel frattempo è già sorridente e rilassata, nel sentirsi raccontare un banale aneddoto quotidiano qualunque.
E’ rientrata nel suo mondo, parlare con la madre l’ha riportata alla normalità e io ora quasi sono solo un gentile ragazzo che le sta dando un passaggio.
Com’è mutevole la natura umana! Le bastano piccole cose per cancellare le più grandi e le più spiacevoli, a volte.
Il mio riflesso nello specchietto retrovisore e le note musicali, tutte ugualmente malinconiche, intanto, sembra mi urlino contro che l’unico che non cambierà mai sono io.

Eccomi, dopo circa un mese d’assenza in questa sezione, con un nuovo capitolo. Impegni legati soprattutto allo studio mi hanno tolto parecchio tempo e in più ho dovuto superare una vera e propria “crisi della pagina bianca” xD
Spero di non aver deluso chi segue la storia con questa lunga assenza ( e l'ennesima virata pessimista di Edward di questo capitolo ) e di continuare a ricevere recensioni. :)

 

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Capitolo 21
*** Capitolo ventesimo: L'unica via ***


CAPITOLO VENTESIMO: L’UNICA VIA

 

- Allora … addio. - esclama la ragazza, con tono vagamente interrogativo.
Sembra pensi che non sarebbe una sorpresa rivedermi ancora una volta, per caso, come è successo poche ore prima nel bosco. Esperienza che reputa tra le più strane mai vissute. Non sa ciò che intanto sta elaborando la mia mente, ciò che sempre più chiaramente si fa strada in me …
- Si, addio. - rispondo, richiudendo la portiera che le ho aperto per scendere dall’auto.
Anche questi automatici gesti di galanteria ormai mi sembrano quelli di qualcuno che non esiste più da tempo.
- Buona fortuna e … stai lontana da alcool e boschi. - suggerisco scherzosamente, per non salutarci in maniera troppo triste, per lei.
- Ci puoi contare! - sorride grattandosi la testa con un po’ d’imbarazzo, ripensando lo stato in cui era quando l’ho trovata nel bosco.
Si trattiene dal dirmi una cosa che si limita solo a pensare: “E tu fatti curare, mi raccomando!”.
Farmi curare, certo. Non è esattamente una cura che mi aspetta.
Restiamo per qualche secondo a guardarci in silenzio, ognuno coi suoi pensieri inconfessabili. Sembra uno di quei momenti in cui nessuno sa cosa dire ma sente che dovrebbe aggiungere qualcosa. Ma in effetti non abbiamo più nulla da dirci.
- Beh, buona fortuna anche a te! - sbotta poi sbrigativa Lyla, iniziando a girarmi le spalle.
- Grazie.
Ed eccola già correre verso la porta d’ingresso di casa sua, buttarsi con la giusta e sana vitalità dei suoi anni in un nuovo giorno. 
Prima che la porta si richiuda, si volta a guardarmi per l’ultima volta e mi sorride.

“Addio, strano pazzo Cullen.”, pensa scuotendo la testa.
Le rispondo con gli occhi e risalgo in macchina.
E’ finita. Questa piccola, trascurabile pagina si è conclusa. E nel migliore dei modi, per fortuna.
Mentre guido fiancheggiando il bosco, alcune chiome meno fitte fanno si che la mia pelle catturi i raggi del sole. 
Quando vedo brillare la mia odiosa pelle di marmo rivivo il momento in cui, per la prima volta, mi sono rivelato a Bella sotto la luce.
Il modo in cui, incredula e rapita, mi guardava senza paura, come se fossi un angelo. E il modo in cui mi faceva sentire, finalmente libero di essere me stesso, senza segreti. Libero. Da quanto tempo non mi sento così? Libero dal tormento, le colpe, i pesi. Forse alla fine è proprio questo che voglio: sentirmi libero. 
Forse non è la cosa più giusta, come sostegno da quando mi sono macchiato del mio peccato peggiore, ma inizio a pensare che diventare niente potrebbe essere altrettanto punitivo. Paradossalmente, conoscendo Lyla, che, così vitale, avrebbe potuto aiutarmi almeno in parte a uscire dal buio, ho invece maturato l’idea di annullarmi definitivamente. Tutti quei brevissimi momenti meno tremendi del solito trascorsi con lei non erano nemmeno una copia sbiadita dell’amore che ho conosciuto con Bella.
Non sarebbe servito prolungarli. Tutto ciò che di buono e umano avevo da dare è morto con Bella. Lyla mi ha fatto capire che davvero non ho alternative al nulla.
Sarà un gesto egoistico, ferirò i miei cari, adesso troppo lontani per potermi fermare, ma voglio farlo. Sono stanco, inutile, un peso per chi mi ama e soffre della mia condizione. Qualunque cosa mi accadrà dopo, se continuerò in qualche modo ad essere, sarò di sicuro ancora giustamente dannato.
Quindi perché continuare ad esserlo tra i vivi, fingendomi uno di loro?
Si, ormai ne sono convinto: voglio abbracciare l’oscuro mistero della morte.

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Capitolo 22
*** Capitolo ventunesimo: In corsa ***


CAPITOLO VENTUNESIMO: IN CORSA

 

Mentre guido verso casa pianifico tutto nei dettagli. Devo farlo il più in fretta possibile, non perché temo di poterci ripensare, ma perché finchè resto qui Alice potrebbe prevedere qualche mia mossa. 
Alice: quanto le ho voluto bene e quanto spero possa tornare quella di sempre quando non ci sarò più … Quanto spero che tutti possano essere più tranquilli dopo e che superino in fretta il dolore. Non credo rimarranno particolarmente scioccati: tante volte in questi anni ho pensato al suicidio e loro ne sono consapevoli. Saranno però senza dubbio più tristi, addolorati, si sentiranno in colpa, li conosco. Ma l’eternità è un tempo così lungo che cancellerà anche la tristezza, il dolore e i loro inutili sensi di colpa. 
So che li ferirò, ma in fondo è meglio così, che esca di scena. Torneranno ad essere pian piano una famiglia felice, come un albero finalmente privo di quel ramo malato che ha in parte contagiato pure gli altri.
Carlisle, il seme di quell’albero, quanto è stato importante per me: pensare che da neonato quasi lo odiavo per avermi condannato all’immortalità adesso mi sembra assurdo. Senza di lui non avrei mai conosciuto tutto l’amore e l’affetto di nuovi genitori, di una sorella, di un fratello, di un amico e infine di una donna. Esme, la mia seconda madre, amorevole e premurosa quanto una biologica, sempre incondizionatamente dalla parte del bene di tutti. Jasper, quello che meglio comprendeva i miei tormenti legati alla sete e non solo. Emmett, con la sua impareggiabile spensieratezza, sempre pronto a far ridere. Rosalie, tanto ostile ed egocentrica quanto intimamente profonda. Sono stati tutti fondamentali alla mia sopravvivenza sino ad oggi. Ma ora è il momento di lasciarli.
Mi restano solo un paio di cose da fare prima …

Giunto a casa mia, prendo carta e penna da un cassetto. Scrivo di getto le ragioni della mia scelta e do a tutti un ultimo saluto. Ovviamente non mi importa a chi destinare i miei beni materiali ( le auto, l’appartamento qui a S. John’S, i libri, i dischi … ), non è un testamento che sto scrivendo, potranno farci ciò che meglio credono. Poi metto la lettera in una busta, esco, risalgo in macchina e guido sino alla villa della mia famiglia. Una volta entratovi, la lascio su un tavolino vicino l’ingresso con accanto il mio cellulare spento. Guardo i miei cari felici, nei ritratti incorniciati appesi alle pareti. Riesco, parcheggio la mia vecchia Volvo in garage e inizio a spostarmi verso la mia prossima, ultima meta: Forks.
Non mi nutro da circa due settimane, ma ho comunque il vigore e la potenza necessari a correre quasi alla mia velocità massima. 
Mi sposto come un fantasma tra i boschi, senza fermarmi. Uscito dall’isola di Terranova, giunto al piccolo stretto che la separa da Labrador, lo attraverso a nuoto. 
Mentre il sole si prepara a tramontare per la seconda volta da quando ho lasciato S. John’S, sto per andarmene dal territorio canadese. Arrivato negli Stati Uniti, mi dirigo allo Stato di Washington per entrare infine nella cittadina di Forks. Dove giacciono i poveri resti mortali della mia amata.
Non sono andato a trovarla che una volta al cimitero, pochi giorni dopo la sua morte: in preda al delirio e ancora incredulo, vi sono piombato nel cuore della notte per accertarmi di nuovo che il suo corpo fosse davvero lì sotto. Non l’ho mai detto a nessuno.
Adesso - ed è, dopo la lettera, la seconda cosa che farò prima di uccidermi - devo accertarmi di un’altra cosa: che Bella viva ancora nei ricordi dei suoi cari.
Gli umani sono soliti mostrare di continuare a pensare chi non c’è più portandogli un fiore sulla tomba. Quando entro nel cimitero di Forks è di nuovo buio, quasi notte. Ricordo perfettamente dov’è la sua lapide e ritrovarmela davanti mi provoca un dolore ancora più grande. Se fossi umano starei versando tante lacrime da innaffiare i fiori, crollerei sulle ginocchia per un capogiro. Noto con piacere che i fiori sono freschi e avverto tracce di presenze umane altrettanto recenti. Distinguo chiaramente anche l’indimenticabile, fastidioso odore di Jacob attorno alla tomba. Dalla foto ovale Bella mi sorride e la sfioro rischiando di graffiarla per la rabbia che mi assale. Io non le lascio né fiori né preghiere, non fa parte dei miei usi, e di sicuro non alleggerirebbe la mia coscienza. Mi basta sapere, o meglio, avere la conferma, che nessuno l’ha dimenticata.
Adesso non mi resta che compiere un gesto per me nuovo e risolutivo: violare uno dei divieti stabiliti nell'antico patto tra vampiri e Quileute, ovvero invadere il territorio nemico. Mi spingo fino alla riserva dei secolari mutaforma e subito le loro scie mi fanno bruciare le narici. Spero di incrociare proprio lui, Jacob, forse l’unico in grado di annientarmi in fretta e con la meritata ferocia. 
Per ora non avverto il suo odore. Ci sono troppe tracce di licantropi che, non annusando da tempo e somigliandosi molto tra loro, non riesco ancora a separare le une dalle altre.
Poi, tra alcuni arbusti non lontani dalla piccola casa in legno dei Black, ecco che sento la voce di Billy. Mi stranizza sentirlo rientrare a quell’ora, ma presto capisco che era solo uscito un minuto per pregare il figlio di non andare.
Bene: a quanto pare, Jacob, furioso per qualche litigio, è uscito di casa. Quindi è più che sicuro che avvertirà la mia presenza.

“Conosco questa puzza!”, pensa infatti, arrestando la corsa e già in forma di lupo.
Gli ci vuole un po’ per riconoscere che la puzza è la mia e decido di aiutarlo. Avanzo verso di lui.

Non è possibile! Non può essere quello schifoso!
- Jacob! - lo chiamo, con calma ma ad alta voce.
Allora sei proprio tu, succhiasangue!
Mentre lo urla nella sua testa mi si avvicina. Anche sotto la folta pelliccia ramata sono ben visibili tutti i muscoli tesi e pronti a scattare.
Sento Billy muoversi in cucina per bere un bicchiere d’acqua, che gli cade per terra rompendosi nell’istante in cui suo figlio emette un ringhio assordante.
Trascinandosi con la cigolante sedia a rotelle verso la porta per uscire, ha in testa mille pensieri pieni di odio e paura.

Quella voce è terribilmente familiare! E Jacob non ha emesso un simile verso straziante se non quando …
Nelle vicinanze, intanto, percepisco in arrivo altri licantropi.
Tra pochissimo mi troverò circondato da un branco di enormi lupi furiosi.
Perfetto.

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Capitolo 23
*** Capitolo ventiduesimo: Tutto e niente ***


CAPITOLO VENTIDUESIMO:  TUTTO E NIENTE

 

Le mie orecchie sono piene della rabbia e dell’aggressività dei lupi. I loro occhi scintillano di odio.

Avevi giurato di non tornare mai più!
Hai ucciso un’umana, hai ucciso Bella! E adesso hai pure il coraggio di entrare nel nostro territorio?!
Non si vedevano vampiri da anni qui, perché sei tornato?
- Guardatemi bene! - dico, sovrastando i loro versi.
Solo Jacob obbedisce. Sam, invece, seguito da Paul ed Embry, accorcia le distanze pregustando il massacro.
-Vi sembro forse intenzionato a scatenare una battaglia?
Jacob scorge nei miei occhi un tormento che mi logora e che in lui provoca sia pietà che godimento. Capisce che mi sto passivamente offrendo come carne al macello. Mi odia abbastanza da potermi uccidere da solo e inoltre è anche più grosso rispetto all’ultima volta che l’ho visto.
Meriteresti di soffrire ancora, ma sappi che se non fossero intervenuti gli anziani della tribù quattro anni fa, ti avrei ucciso anche allora! Quindi adesso non hai scampo.
- Lo so. Ed Alice, mia sorella, non può vedermi. Le sue visioni si annullano in vostra presenza.
Mentre lo dico, Billy esce di nuovo e quando mi vede resta di pietra.
- Brutto succhiasangue. - sibila tra i denti stringendo i pugni - Uccidetelo!
"Non chiedo altro", dico tra me e me inginocchiandomi. Nello stesso istante iniziano a cadere le prime gocce di quello che si preannuncia un bel temporale. Chiudo gli occhi e quasi sorrido: sarà tutto finito tra breve.
Spero esista l’inferno, dice Jacob con un ghigno. Sarà un onore vendicare Bella di persona.
- Non voglio e non posso continuare senza di lei. Forse tu saresti davvero stato migliore di me per Bella. - dico in un sussurro che so lo farà arrabbiare ancora di più.
Non continuare a dirlo, oramai non ha più senso!
Urlando queste parole, infatti, mi si scaglia addosso con un solo balzo di quasi dieci metri e mi sento staccare la mano destra dalle sue fauci enormi.
Quello è solo il primo brandello di me che lascia il mio corpo. Billy non resta a guardare oltre il secondo.
Mi sento già fuori da me stesso. Sento solo dolore, un dolore nuovo che però mi lascia ancora cosciente. Almeno sino a quando non vedo avvicinarsi il rosso vivo del fuoco, acceso perché protetto dalla pioggia sotto qualcosa che non capisco cos’è.
In quel rosso rivivo tante cose: il colorito delle guance di Bella quando si emozionava … il colore di una sua camicetta … il sangue uscitole dalle ferite causate da James … i capelli di Victoria … i mantelli a Volterra nel giorno di San Marco … gli occhi dei Volturi … e infine il peggiore dei rossi: quello del sangue di Bella versato per causa mia, sul mortale letto della “luna di miele”.
Mi sembra così giusto e normale, adesso, lasciare questo mondo, soffrendo, proprio come lei. Tutto accade piuttosto rapidamente, pare: ormai ho perso la cognizione del tempo. Ma nella mia mente passa tutta la mia vita. Ogni singolo ricordo legato a Bella. Mentre divento niente mi sento … più vivo.
Mi sento al mio posto.
Vedo lei, così chiaramente, forse anche perché la vedo pure nei pensieri di Jacob. Questo ragazzo-lupo ormai uomo, mio eterno nemico per natura e rivale in amore, amico insostituibile della mia amata, e infine mio assassino.
Adesso verso di lui non provo più nulla. Ma quanto amore invece ho ancora per Bella! Tutti i miei ultimi pensieri sono per lei.
Lei … che, insieme a questo, è stata il mio migliore secondo di sempre.

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